l`oristanese - Sardegna Turismo
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l`oristanese - Sardegna Turismo
Andrea Campagna L’ORISTANESE Disteso intorno alla fertile vallata del Tirso, l’Oristanese è famoso per la fierezza delle sue donne, eredi della nobile tradizione della giudicessa Eleonora, per i frutti dei pescosi stagni, dalla bottarga di Cabras alle cozze di Arborea, e per la sua pregiata Vernaccia. Ma anche l’interno riserva piacevoli sorprese gastronomiche, figlie di una tradizione genuina e ricca di sapore. 121 PANORAMA - ORISTANESE Un cavaliere al galoppo alla Sartiglia di Oristano, la giostra equestre che si svolge durante il Carnevale. L’obiettivo è infilare con la punta della spada un bersaglio a forma di stella. Dal numero delle stelle colpite gli antichi traevano auspici sia sul raccolto dei campi sia sulle fortune del cavaliere. Il volto è nascosto da una maschera dai tratti misteriosamente femminili. Antonio Saba PANORAMA - ORISTANESE Gianmario Marras Nevio Doz Gianmario Marras PANORAMA - ORISTANESE Gianmario Marras PANORAMA - ORISTANESE In questa foto : due delle originarie colonne del tempio di Tharros, antico porto commerciale all’estremità sud della penisola del Sinis, fondato dai Fenici nell’VIII secolo a.C. Sopra: particolare di una casa del villaggio di Santa Cristina. Pagina accanto, in alto: il paese di Santulussurgiu, situato a 500 metri di altezza all’interno del più grande vulcano spento della Sardegna, nel parco del Sinis-Montiferru. Pagina accanto, in basso : la facciata della basilica di San Giovanni Battista di Sinis, che inserisce nelle sue forme bizantine innesti di ispirazione protoromanica. 124 125 Adriano Mauri PANORAMA - ORISTANESE 126 Gianmario Marras Sopra: angelo dell’altare maggiore della cattedrale di Oristano. Pagina accanto: particolare del celebre complesso nuragico di Santa Cristina di Paulilatino, importante testimonianza della civiltà nuragica germogliata nell’isola all’alba del II millennio a.C. Dario Sequi ORISTANESE per il suo artigianato, si può assaggiare un’altra specialità, sempre derivata dai bovini del Montiferru: il casizolu, formaggio a pasta filata dalla caratteristica forma di pera, con un peso tra i 3 e i 5 chili. Anche in questo caso, una lunga tradizione fatta rivivere ha potuto salvare un prodotto destinato all’oblio. Conosciuto sin dal Medioevo e originariamente lavorato soltanto dalle donne durante l’inverno, ora fa parte della rosa delle specialità gastronomiche della zona. Fresco è ottimo per preparare i primi piatti o i dolci; stagionato diviene leggermente piccante e sa condire carni e ravioli. Altro centro del Montiferru, Sennariolo, altra specialità: qui, e soltanto qui, si produce il miele di rosmarino, arbusto tanto profumato quanto abbondante nelle pianure della Sardegna. In una terra dove fino a cento anni fa esistevano foreste di lecci e sughere impenetrabili, la pianta simbolo rimasta è l’ulivo, da cui si produce uno degli oli più aromatici e vantati della penisola. Cuglieri e Seneghe sono i paesi che dal 1600 basano la loro economia sulla produzione dell’extravergine. Le olive vengono raccolte ancora manualmente e macinate con la spremitura a freddo, come avveniva anticamente. Questo procedi- Oristanese UNA TERRA DI TESORI GASTRONOMICI Alla scoperta delle più preziose delizie per il palato: dalla bottarga, “il caviale dei sardi”, alla dorata Vernaccia, dalle saporite carni della razza sardo-modicana a un olio extravergine tra i più profumati d’Italia DI DANIELE CASALE E EMILIANO FARINA F “ u il primo giorno del mese di maggio, con un tempo magnifico, che visitai gli orti, o piuttosto la foresta, d’aranci di Milis, quest’ornamento della Sardegna che conta più di 50.000 alberi e la cui vicinanza mi fu annunciata da una brezza profumata. (...). Uno strato solido di fiori d’arancio copriva il suolo (...). L’abbondanza dei frutti è prodigiosa: lunghi bastoni e sarmenti sostengono i rami piegati, spesso, sotto il carico delle arance e dei limo- 128 ni, che non ammontano mai, in un’annata media, a meno di dieci milioni”. Il bibliotecario del re di Francia a Versailles Antoine Valéry (1789-1847) fu soltanto uno dei tanti viaggiatori che, tra il Settecento e i primi decenni del Novecento, visitarono la Sardegna e rimasero incantati dall’imponenza degli agrumeti di Milis, impiantati nel 1300 dai frati camaldolesi e ancora oggi, per il sapore dei loro frutti, tra i più pregiati dell’isola. Comincia dalle arance di Milis, quei “globi rossi o do- Terra ancora lontana dai grandi flussi turistici, l’Oristanese “coccola” il visitatore con pietanze eccellenti e molto raffinate: dalla bottarga di tonno (in alto) o di muggine qui a destra l’operazione della salatura), all’olio extravergine (q di oliva di Seneghe (pagina accanto), ottenuto da olive ancora raccolte a mano e spremute a freddo. Antonio Saba Antonio Saba rati” ai quali Valéry dedica un intero capitolo nel suo Viaggio in Sardegna, l’itinerario tra sapori, aromi e gusti nella provincia di Oristano, la più piccola della Sardegna (2631 chilometri quadrati e 160 mila abitanti sparsi in 78 comuni). È anche la meno pubblicizzata nei circuiti turistici internazionali, ma quella che offre al suo visitatore pietanze eccellenti e tra le più raffinate: dalla bottarga di Cabras alle cozze e arselle di Arborea e Marceddì, dall’olio extravergine di Seneghe ai dolci mostaccioli di Oristano, fino ad arrivare ai vini fra cui la pregiata Vernaccia. Ogni prodotto di questa zona ha alle spalle una tradizione antichissima, secolare o millenaria, e con il passare del tempo è riuscito a conservare il gusto originario. Il mare e la montagna, la mitezza del clima e una terra fertile bagnata dal Tirso, il fiume più lungo dell’isola, hanno sapientemente “modellato” i piatti di una cucina semplice di fattura ma allo stesso tempo genuina e ricca di sapore. Dalle pianure del piccolo centro di Milis, meta tra gli altri di Vittorio Emanuele II e di scrittori come Honoré de Balzac, Grazia Deledda e Gabriele D’Annunzio, ai pascoli del Montiferru, il viaggio è breve. In questo altopiano basaltico, dove in tempi remoti sputava fuoco il vulcano più grande della Sardegna, ora si alleva una razza bovina – la Sardo-Modicana – le cui carni sono considerate tra le più saporite d’Italia. A donare un gusto inconfondibile, le erbe profumate dei pascoli in cui si nutrono. Siamo infatti tra i 400 e i 900 metri sul mare e il terreno di origine vulcanica fa sì che l’erba rimanga fresca anche d’estate. Qui si alleva il “bue rosso”, praticamente scomparso fino a qualche anno fa e ora così rivalutato per il gusto intenso che è diventato una vera specialità. Gli allevatori della zona sono riusciti a valorizzarlo e hanno creato un consorzio, di cui fanno parte circa 40 aziende che gestiscono una settantina di allevamenti. Gli animali vivono allo stato semibrado, alimentandosi soltanto di erba fresca. E a tavola la differenza si sente. Chi commercia o serve la carne della Sardo-Modicana consiglia di gustarla come si cucinava in altri tempi, arrosto. Dalle parti di Santu Lussurgiu, piccolo paese rinomato soprattutto ORISTANESE del deserto che rischiava di cancellare interi paesi, si arriva a Cabras, importante centro che sorge sull’omonimo stagno; esteso per più di 2000 ettari, è il regno di una ricca avifauna e di pesce prelibato: orate, spigole e, naturalmente, muggini. Naturalmente perché Cabras è la capitale della bottarga, la sacca di uova di muggine essiccata chiamata anche il “caviale dei sardi”. “Invenzione” dei fenici, grazie agli arabi la battarikh – termine arabo che significa appunto uova salate di pesce – si diffuse dalla Sardegna in tutto il Mediterraneo. Se fino agli anni Settanta del secolo scorso era riservata a pochi, so- DOVE LAGUNE E STAGNI SI INCONTRANO: I FRUTTI DI MARE DI ARBOREA gole veraci (che qui amano chiamare “arselle”) hanno preferito le sabbie soffici e poco profonde della zona per vivere: e la differenza si vede o, meglio, si sente. Anche perché qui il mare, vicinissimo agli allevamenti e sempre limpido grazie all’incessante azione del maestrale, funziona come un depuratore naturale. “Alleviamo e confezioniamo – dice Franco Murgia, responsabile della cooperativa – due tipi di arselle: quelle veraci ma anche quelle provenienti dall’Adriatico (dette ‘filippine’), quando per le prime, per alcuni mesi, vige il fermo biologico. La vongola verace si distingue dalla filippina per il suo guscio molto più sottile e, all’interno, per la polpa molto chiara e soprattutto più morbida. Anche il gusto risulta più delicato e infatti, anche se costa rispetto alla ‘cugina’ mediamente il 30 per cento in più, è la più richiesta sui banchi del mercato. Inoltre, la verace ha due sifoni anziché uno e questo garantisce una migliore depurazione”. Discorso diverso per le cozze: in tutto il Mediterraneo viene allevata solAntonio Saba Ad Arborea, tra due specchi d’acqua separati da una sottile striscia di terra, vengono prodotte e confezionate vongole veraci, cozze e perfino ostriche che arrivano non soltanto sulle tavole dei sardi, ma allietano il palato dei clienti dei ristoranti romani, milanesi, torinesi e fiorentini. Con un marchio di qualità che, dopo severi controlli, garantisce la loro genuinità. Nello stabulario della cooperativa Cpa, nata nel 1969, si lavora sette giorni su sette per garantire una produzione continua e allo stesso qualitativamente eccellente. Come i fenicotteri e tante altre specie di uccelli hanno scelto questi luoghi per svernare, così le von- 130 tanto una varietà di questo mitile, quello originario dell’Atlantico. A settembre, i 30 soci della cooperativa ne acquistano un certo quantitativo e lo trasferiscono nelle acque tranquille e pulite del golfo di Oristano, dove rimarranno fino a inverno inoltrato. Questo particolare trattamento consente alla cozza di perdere la ruvidezza del gusto tipica delle fredde correnti atlantiche, di acquistare il “sapore nostrano”, donato dalle sostanze presenti nei mari sardi e di depurarsi totalmente. Identico processo lo ricevono le ostriche, che in questo modo, anche se hanno origine in mari lontani, possono a tutti gli effetti essere definite locali. E se lo stabulario, a vederlo dall’esterno, sembra un piccolo edificio per lavorazioni artigianali, in realtà viaggia a ritmi industriali: ogni giorno vengono lavorati e prodotti, in inverno, 100-120 quintali di frutti di mare, mentre d’estate si arriva a picchi di 500 e anche 600 quintali. Ogni giorno enormi tir-frigo partono con vongole e cozze verso i mercati e i punti di vendita di tutta la Sardegna, mentre altri due si imbarcano verso il continente. E in cucina? Le vongole sono ottime nei risotti, nelle zuppe e con la pasta, mentre le cozze le ostriche, si gustano gratinate o crude (D.C.). Fotografie di Antonio Saba mento permette all’olio di conservare quel sapore fruttato intenso, che si apprezza meglio se gustato a crudo. La qualità delle olive, il tipo di lavorazione e un aroma inconfondibile hanno regalato ai produttori vari premi e l’apertura verso mercati stranieri, come quello tedesco, francese e addirittura arabo. E Seneghe, ogni anno a maggio, diventa una vetrina nazionale dove si riuniscono i maggiori produttori d’Italia di olio di qualità. Ridiscendendo i pendii del Montiferru e avvicinandosi al mare, oltrepassata l’immensa pineta di Is Arenas, creata durante il fascismo per fermare l’avanzata prattutto ai pescatori e ai nobili, ora questa ambrata leccornia ha conquistato i palati e i mercati di tutto il mondo. La bottarga arricchisce con successo i primi e gli antipasti. Ottima quella prodotta dalla ditta Smeralda: le uova vengono pulite e salate in sale marino, pressate e quindi esposte ad asciugare fino a raggiungere la giusta consistenza. La selezione per tipo e pezzatura consente di raggiungere alti standard di qualità. Del muggine di Cabras non si gustano soltanto le uova: un’altra ricetta tipica ed esclusiva è la merca (sa mreca), anch’essa retaggio della tradizione culinaria della comunità della zona. Tra gli stagni di Cabras e le ampie risaie a ridosso del Tirso sorgono i vitigni ad alberello di Vernaccia, aromatico vino già conosciuto e apprezzato in età romana. Il linguista Max Leopold Wagner narra che questo vino era considerato un ottimo rimedio contro la malaria, piaga che venne debellata nella zona soltanto negli anni Trenta. La Vernaccia, dai 15,5 ai 18 gradi a seconda dell’invecchiamento, viene fatta maturare in botti di castagno o di rovere riempite a metà e lasciata riposare in ambienti di mattoni crudi non necessariamente freschi. Questo conferisce al vino un colore giallo-ambrato, un profumo delicato ma caratteristico e un retrogusto di mandorle amare: accompagna secondi di pesce e, liquoroso dopo due anni di invecchiamento, i dessert. Quanto fosse apprezzata questa bevanda ci riferisce ancora Valéry, nel suo Viaggio in Sardegna: “Gli abitanti di Cabras, per quanto intrepidi bevitori, non si ubriacano, anzi, per loro il vizio di bere è una specie di macchia. Il vino, se non è inacidito, è caloroso. Quando capita una botte di vino di quello buono è una scena da dipingere vedere questa meravigliosa popolazione di contadini e di pescatori svuotarla in meno di un’ora, gli uni intonando canti bacchici, gli altri, più seri, gustando e dissertando”. Il “bue rosso” del Montiferru è una ricchezza dell’allevamento nell’Oristanese interno; dalle carni gustosissime, vive allo stato semibrado alimentandosi di erba fresca. Menu tipico Antipasto Insalata di carciofi alla bottarga (conditi con olio extravergine d’oliva di Seneghe) Primo Sa lorighitta con sugo di cinghiale (pasta fresca di semola di Morgongiori) Secondo Sa mreca (muggine bollito servito freddo in un cartoccio di zibba) Petza imbinada (polpa di bue rosso marinata nel vino del Montiferru) Dolce Trecce di casizolu (sfoglie di formaggio con miele di rosmarino di Sennariolo) Frutta Arance del bosco di Villaflor, nell’agro di Milis 131 ORISTANESE Ristoranti IL MEGLIO IN TAVOLA Una selezione di locali accomunati dall’eccellenza della materia prima ricca di sfumature e di aromi DI DANIELE CASALE E EMILIANO FARINA - FOTOGRAFIE DI ANTONIO SABA N ella provincia di Oristano sono tanti i locali capaci di conservare e offrire i piatti della tradizione, sapientemente rielaborati. Quella che segue è una selezione di posti “che si consigliano agli amici”. Chi ama il pesce e i primi in particolare può assaporare le linguine con gamberi in salsa d’arancio e la zuppa di arselle e cozze del vicino stagno di Marceddì, preparati dai cuochi di Cibò-Qibò (a Terralba, tel. 0783/83730. Poco distante, a Marrubiu, la sosta è d’obbligo a La Risacca (tel. 0783/859115), dove vengono servite la fregola all’astice e gli strozza- preti con i ricci. Da assaggiare anche gli spiedini di gamberi e calamari e la fregola con le arselle di Marceddì. Olio e vino rigorosamente di proprietà. Lasciando la costa e i pesci del golfo, a Seneghe (“capitale sarda dell’olio”) un locale ricavato da un antico caseificio degli inizi del Novecento si distingue per la cortesia dei proprietari e la qualità delle carni: è l’Osteria del Bue Rosso (cell. 338/2369026), così chiamata perché si cucinano solamente carni di razza Sardo-Modicana, allevate nei vicini pascoli del Montiferru. I piatti non sono esageratamente elaborati, proprio per far risaltare l’aroma della carne: tra i più richiesti il filetto ai ferri e gli ossibuchi con polenta. Da assaggiare assolutamente il dessert, le trecce di casizolu (formaggio fresco) con il miele, alternative alla solita seada. È comunque Santu Lussurgiu il regno del casizolu: in questo paese, importante centro culturale della provincia, segnaliamo la trattoria Bellavista (tel. 0783/552045-552170), appena inaugurata e con un’ottima cucina casereccia (da provare la fregola condita all’interno di un cestino di casizolu e il filetto ai ferri in crosta di casizolu). All’Antica Dimora del Gruccione (tel. 0783/550300) Giovanna Belloni propone una cucina basata su prodotti d’eccellenza e sul rispetto delle stagioni. I piatti sono quelli della tradizione più pura ma attenta alle nuove tendenze, per cui accanto alle antiche pietanze a base di carne c’è tutta una lista di piatti per vegetariani. Il recupero della natura, dei vegetali, delle erbe è infatti un pilastro della filosofia della casa, che offre anche corsi di cucina all’insegna del biologico e del rispetto della salute. L’Antica Dimora è un palazzotto secentesco di proprietà degli avi della signora Giovanna e offre, insieme ad altre tipiche case lussurgesi, un serUn angolo dell’elegante ristorante “Cocco e Dessì”, una delle migliori tavole di Oristano. Da provare le immancabili specialità a base di muggine e i tipici dolci della casa. ORISTANESE “LE DUNE”, UN SICURO PUNTO DI APPRODO NEL RISTORANTE DI COSTANZA MARONGIU “Il mio sogno più grande? Quello di vedere la gente mangiare”. È nato così il desiderio di Costanza Marongiu (foto a destra) di aprire un ristorante, unito alla nostalgia di tornare sui fornelli come faceva assieme alla madre e alla nonna, quando con loro abitava a Cabras. La passione per la cucina l’ha portata a cambiare vita, ormai nel lontano 1988, quando decise di chiudere il negozio di artigianato e aprire il ristorante Le Dune, affacciato sul mare di San Giovanni di Sinis. Tra le rovine fenicie di Tharros, rare erbe palustri e stagni pescosissimi, la signora Marongiu ha deciso di tramandare quei piatti della tradizione culinaria cabrarese per riproporli ai suoi clienti, che in tutti questi anni hanno dimostrato di apprezzare facendo del suo locale un sicuro punto di approdo nel mare ventoso di San Giovanni. Con lei, ogni giorno, ci sono il marito e il figlio Cristiano che ha deciso di seguire le orme materne e affiancarla nella difficile arte del “dar da mangiare”. Espressione non casuale, visto che Costanza si definisce una “inappetente cronica” e per lei prima di tutto la cucina è soddisfare un bisogno. Ecco perché i suoi piatti non sono 134 estremamente elaborati, proprio come tradizione sarda vuole. E d’altra parte ciò non significa che nel menu siano assenti ricette esclusive. Una fra tutte: la minestra con le nacchere, mitile tanto grande quanto raro, ormai estinto e presente soltanto in alcuni allevamenti del Sulcis. Conosciute soprattutto per il bisso, sostanza fondamentale per la lavorazione di tessuti e cestini, le nacchere in campo culinario sono state una scoperta di Costanza, che di esse utilizza muscolo e altre parti nobili. Arricchiscono, oltre alla minestra, anche gli spaghetti. Altra specialità e rarità da trovare in ristorante è la merca, il muggine bollito avvolto nella zibba (foto in basso), erba endemica che cresce soltanto negli stagni di Cabras. Piatto dal sapore intenso, “così intenso – dice la signora – che lo serviamo come assaggio, non come portata a sé”. In 15 anni di professione, Costanza ha “dato da mangiare” a molte persone, turisti e non solo, italiani ma anche stranieri, famosi e no. Tra gli altri, nel 1992 arrivò, tra un imponente servizio di scorta che “blindò” il locale, l’ambasciatore israeliano: il menu però fu inversamente proporzionale alla statura politica del personaggio. “Per motivi legati alla religione, mangiò solamente un piatto di spaghet- ti al pomodoro e una spigola bollita”, ricorda sconsolata la cuoca. E alla fine, le migliori bocche “sono sempre quelle di casa nostra”. “Chi viene dal Nord Europa, francesi, inglesi e tedeschi – sottolinea la ristoratrice – è diffidente rispetto alla nostra cucina, mentre spagnoli e giapponesi si dimostrano più curiosi e si affidano, o meglio si fidano, dei nostri consigli. Ma i migliori clienti rimangono gli italiani, che non guardano neanche il menu: mangiano e basta, ovviamente solo pesce”. Nel locale di Costanza, aperto tutto l’anno (tel. 0783/370089), è possibile gustare ogni specialità marinara della zona, anche se la scelta è fortemente condizionata dalle stagioni: “Se un cliente vede sul menu la bottarga con i carciofi quando carciofi non ce ne sono, ad esempio in estate, gli consiglio qualcos’altro. Allo stesso modo, quando non è periodo, spigola non ne servo perché quelle di allevamento qui non arrivano”. Solitamente, i piatti proposti cambiano ogni settimana o a seconda di quello che i pescatori sono riusciti a trovare nelle reti. Daniele Casale ORISTANESE vizio di albergo diffuso (per un totale di 18 posti letto) e di Bed & Breakfast davvero ospitale e ricco di umanità. A Bonarcado, un antico mulino è stato trasformato in ristorante e Bed & Breakfast. La “zuppa bonarcadese” de Sa Mola (tel. 0783/56580), a base di pane, brodo, finocchietto selvatico e pecorino, ha vinto diversi premi per quel sapore così originale e intenso. Qui si prepara, a costate o brasata, la carne d’asinello e, in stagione, il capretto con i carciofi. A Ghilarza, a pochi metri dalla casa-museo di Antonio Gramsci, il ristorante Ai Marchii (tel. 0783/52280) propone menu singolari a base di paste tipiche, come le raffinate lorighittas, e nutriti secondi ricchi di carne, cacciagione e ottimi funghi. Sempre sul Montiferru, ma sul versante che guarda al mare, si trova a Cuglieri l’albergo-ristorante Desogos (tel. 0785/39660), ricavato in un’antica e accogliente dimora del centro storico, che offre ai suoi clienti principalmente cacciagione (lepri, cinghiali) cucinata in umido. Buoni anche i ravioli e i dolci di mandorle. Sempre a Cuglieri, il ristorante Meridiana si distingue per i suoi menu tutti a base di pesce “di seconda scelta”: il rombo al forno con patate, il pesce San Pietro. Ma anche i gamberi al vapore con funghi, le uova di riccio, i granchi con rucola e valeriana (tel. 0785/39400). A Oristano città, vale la pena assaggiare l’involtino di muggine con verza e pomodorini servito da Cocco e Dessì (tel. 0783/300720) e, per dolce, lo spumone all’amaretto con mostaccioli. Vicino alla casa di Eleonora d’Arborea, la trattoria Al teatro (tel. 0783/71672) offre una cucina più tradizionale: da provare i ravioli di asparagi con uova di riccio e i filetti di triglia con semi di sesamo. Decisamente consigliabile è anche il ristorante dell’albergo Mistral 2 (tel. 0783/210389). Per una sosta un po’ più lunga, magari in un agriturismo a contatto con la natura, si può scegliere tra mare o montagna. Chi preferisce alzarsi al mattino col profumo della salsedine può alloggiare da Zenti arrubia (San Vero Milis, località Sa Rocca Tunda, tel. 0783/58010), così chiamato perché nei dintorni – a pochi metri – sono soliti ritrovarsi centinaia di fenicotteri rosa (in sardo zenti arrubia, ovvero la “gente rossa”). L’agriturismo, aperto tutto l’anno, è a duecento metri dal mare di Capo Mannu, immerso nella macchia mediterranea: le specialità sono i prodotti dell’orto, le patate al cartoccio cosparse di bottarga e il liquore cremoso chiamato “latte di fenicottero”, a base di limone e latte di pecora. Le sei camere dispongono di 10 posti letto. Infine, alle falde del monte Arci, si può fare tappa nell’agriturismo Sa Lorighitta (tel. 0783/932117) di Morgongiori, così chiamato in onore della tipica pasta che qui si lavora completamente a mano. Il pranzo-tipo è a base di lorighittas, condita con sugo di pollo ruspante o di forchettone. Due piatti caratteristici della cucina nella zona del Montiferru: i raviolini di carne di bue rosso, della razza bovina sardo-modicana, considerata tra le carni più saporite d’Italia (in alto) , e le trecce di casizolu (formaggio fresco) alla brace con il miele (qui a sinistra). 136