rassegna internazionale della letteratura in materia di servizi per l
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RASSEGNA INTERNAZIONALE DELLA LETTERATURA IN MATERIA DI SERVIZI PER L’IMPIEGO Laura Incagli e Manuel Marocco “Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego”, n. 12/2003 ISFOL – RP(MDL)-12/03 Elaborazione grafica di ANNA NARDONE a cura di ISFOL – Area Mercato del Lavoro Con le monografie sul Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego, vengono presentati e divulgati in forma sintetica, i principali risultati di studi realizzati dall’Area di ricerca “Mercato del lavoro” e dell’Area “Politiche sociali”, dell’Isfol. Direzione scientifica della collana: Diana Gilli e Antonello Scialdone Isfol – Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori Via G. B. Morgagni, 33 - 00161 Roma Tel. 06/44.59.01 – Fax 06/44.59.06.85 Indirizzo Internet http://www.isfol.it 2 ISFOL – Area Mercato del Lavoro RASSEGNA INTERNAZIONALE INTERNATIONAL LITERATURE DELLA LETTERATURA IN MATERIA DI SERVIZI PUBBLICI PER L’IMPIEGO PUBLIC EMPLOYMENT SERVICES SINTESI ABSTRACT Lo scritto che segue è il risultato dell’incontro di studi, promosso dall’Isfol – Area Mercato del lavoro, il 19 marzo 2003, al fine di discutere le tendenze più recenti riscontrabili nella letteratura scientifica, avente ad oggetto la materia dei Servizi per l’impiego. In questo volume sono stati raccolti i contributi dei relatori ivi presenti. Il primo paper presentato è frutto di uno studio relativo a quella parte della letteratura che si è principalmente occupata delle riforme di “adeguamento”, da più parti avviate, dei servizi all’impiego. Tali riforme possono essere raggruppate in due principali settori di intervento: da una parte, l’ampliamento del mercato ai privati, mediante il superamento del monopolio pubblico del collocamento e, dall’altra, la ristrutturazione delle forme di organizzazione e di funzionamento delle istituzioni, soprattutto attraverso il decentramento organizzativo e l’offerta di servizi maggiormente customer oriented. Il contributo seguente è collegabile a questa seconda tendenza di riforma e di ammodernamento dei Servizi pubblici per l’impiego. All’interno di esso, difatti, trova collocazione quella letteratura scientifica che si è principalmente occupata della adozione di sistemi di monitoraggio e valutazione delle attività svolte dagli Spi – con particolare attenzione alla definizione di appositi indicatori di valutazione di performance –, necessaria in un rinnovato sistema pubblico che entra in “concorrenza” con agenti privati. Segue un’analisi della recente, e tutt’ora in corso, riforma circa il mercato del lavoro in Germania. Tale scelta è riconducibile all’interesse espresso a riguardo dalla dottrina italiana, che si avvia ad una profonda modifica della vigente disciplina in materia, introducendo istituiti che sembrano ispirati proprio all’esperienza tedesca (per esempio le cd. agenzie di personal service). The present publication is the result of a study meeting, promoted by Isfol – Labour Market Area, (held on the 19th March 2003), aimed at a discussion about the most recent tendencies in the scientific literature concerning the employment services. In this volume discussants’ contributions are collected. The first paper presented is the outcome of a study on that literature about the PES modernization reforms, that have taken place recently in several Countries. These restructurings can be summarized in two principal intervention sectors: on one side, the market opening to private subjects, through the public monopoly abolition and, on the other, the PES organization and functions change, through public service decentralization and the more customer-oriented services production. The second document is linked to this last mentioned PES reform and modernizing tendency. This paper examines the scientific literature concerning the adoption of monitoring and evaluation systems of the Pes activity – focusing on the specific indicator definition for the performance evaluation –, necessary in a modern public system that get into competition with private agents. The last contribution focuses on the very recent, and still going on, German labour market reform. This choice is due to the expressed interest in this reorganization by the Italian law, that is going to deeply modify the actual regulation on this issue, introducing elements very similar to the German experience (such as the personal services agencies). It has been necessary, for the first two papers, an analysis on the scientific literature about Pes, of which the most important elements (from our point of view) are reorganized in “reasoned schemes”, collected in the appendix. ON 3 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Per la realizzazione dei primi due contributi, come detto, si è resa necessaria un’analisi della letteratura scientifica in materia, i cui spunti a nostro avviso più interessanti sono stati riorganizzati sotto forma di “schede ragionate”, allegate in appendice. 4 ISFOL – Area Mercato del Lavoro INDICE Sintesi – Abstract pag. 3 1 Introduzione “ 6 2 Il superamento del monopolio pubblico “ 8 3 Monitoraggio e valutazione delle attività dei Servizi pubblici per l’impiego “ 32 Indicatori di valutazione di performance dei Servizi pubblici per l’impiego “ 39 Riforma del collocamento in Germania: maggiore efficienza e credibilità attraverso la modernizzazione o la privatizzazione “ 42 “ 42 “ “ “ “ “ “ “ 44 46 47 48 49 51 55 Appendice 1: schede relative alle opere consultate “ 56 Riferimenti bibliografici “ 120 4 5 5.1 L’alto tasso di disoccupazione e lo “scandalo del sistema d’intermediazione” quali motivazioni per l’avvio di riforme delle politiche del mercato del lavoro 5.2 Problemi d’efficienza e d’immagine, quale incentivo per una riforma 5.3 Esperienze internazionali 5.3.1 Privatizzazione o modernizzazione? 5.3.2 Riforme mediante la modernizzazione 5.4 Da autorità ad ente erogatore di servizi 5.5 Portata di una riforma globale 5.6 Contributo per il ridimensionamento della disoccupazione 5 ISFOL – Area Mercato del Lavoro 1. INTRODUZIONE Lo scritto che segue è il risultato dell’incontro di studi, promosso dall’Isfol – Area Mercato del lavoro, il 19 marzo di questo anno, al fine di discutere le tendenze più recenti riscontrabili nella letteratura scientifica, avente ad oggetto la materia dei Servizi per l’impiego. Oltre al paper presentato in tale occasione ed alle schede relative alle opere consultate (Appendice 1), questa pubblicazione contiene anche uno scritto dal titolo Riforma del collocamento in Germania: Maggiore efficienza e credibilità attraverso la modernizzazione o la privatizzazione? di Regina Konle-Seidl e Ulrich Walwei, ricercatori dell’Istituto di ricerca sul mercato del lavoro e le professioni (Iab) di Norimberga, il secondo dei quali è intervenuto personalmente al seminario. La scelta di invitare Ulrich Walwei e di inserire in questa monografia tale ultimo paper, oltre a discendere dall’importanza del ricercatore appena ricordato, è riconducibile all’interesse, espresso anche dalla dottrina italiana, verso la riforma del mercato del lavoro in corso in Germania. Come è noto anche nel nostro paese, a seguito della approvazione della l. 14 febbraio 2003, n. 30, “Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro” (cd. legge Biagi), ci si avvia ad una profonda modifica della vigente disciplina in materia. In particolare anche il provvedimento italiano, all’art. 1, interviene, liberalizzandola, sulla normativa relativa ai servizi privati per l’impiego, introducendo istituiti che sembrano ispirati all’esperienza tedesca (si intende riferirci nello specifico alle cd. agenzie di personal service); per taluni altri aspetti – si pensi soprattutto al cd. staff leasing – la riforma italiana pare addirittura andare oltre1. Fatta tale premessa, pare necessario, a fini ricostruttivi, affermare sin da subito che le principali linee di tendenza della letteratura sul tema indagato appaiono coerenti con quelle già definite come riforme di “adeguamento”, da più parti avviate, dei servizi all’impiego. Tali riforme, difatti, possono essere raggruppate in due principali settori di intervento: da una parte, l’ampliamento del mercato ai privati, mediante il superamento del monopolio pubblico del collocamento e, dall’altra, la ristrutturazione delle forme di 1 Peraltro, in senso difforme, va segnalato che la nuova disciplina tedesca ha deregolamentato profondamente alcuni aspetti della disciplina del lavoro temporaneo, tra l’altro, abolendo il regime autorizzatorio che, invece, il Legislatore italiano ha preferito mantenere. 6 ISFOL – Area Mercato del Lavoro organizzazione e di funzionamento delle istituzioni. Sommariamente, si ricorda che: la tendenza generale verso la deregolamentazione e la riduzione del peso dello Stato nell’economia, prodottasi nella maggior parte dei paesi, ha investito anche il mercato dei servizi del collocamento, i cui erogatori pubblici sono stati progressivamente, e con diverse modalità, affiancati da agenzie private; con riguardo all’altro spettro di intervento, vale a dire il modus operandi dei Servizi pubblici per l’impiego (Spi), è possibile individuare la tendenza verso un decentramento organizzativo e l’offerta di servizi maggiormente customer oriented. Per tale motivo si è inteso in particolare focalizzare l’attenzione su due aspetti, i quali – ci sembra – rivestono particolare rilevanza, anche alla luce delle riforme che ci si appresta ad apportare alla organizzazione del mercato del lavoro italiano. In primo luogo, è stata studiata quella parte della letteratura che si è occupata della abolizione del monopolio pubblico del collocamento, dei diversi sistemi di coesistenza pubblico-privato adottati di conseguenza e degli effetti, in termini di efficienza ed efficacia del mercato lavoro, di tale liberalizzazione. In secondo luogo, quella parte della letteratura che ha analizzato l’adozione di markettype mechanism nella gestione e nella organizzazione dei Servizi pubblici per l’impiego modernizzati, in particolare attraverso l’adozione di sistemi di monitoraggio e valutazione degli stessi, allo scopo definendo appositi indicatori di valutazione di performance. Si desidera ringraziare nuovamente il Dr. Walwei per la disponibilità e la comprensione sempre dimostrata, la Dr.ssa Regina Konle-Seidl per l’aiuto e la gentilezza mostrata ed, infine, il Dr. Gilberto Dall’Agata e il Dr. Filippo Maria Salvo, per l’apporto fornito nella raccolta e stesura delle schede delle opere consultate. 7 ISFOL – Area Mercato del Lavoro 2. IL SUPERAMENTO DEL MONOPOLIO PUBBLICO di Manuel Marocco Come è noto, a partire dai primi anni 90 e in diversi paesi europei e non, è stato affrontato il tema della riorganizzazione dell’assetto istituzionale e dei metodi di gestione dei Servizi pubblici per l’impiego (Public Employment Services, Pes). L’opportunità di riorganizzare i Pes è stata anche, e continuerà ad essere, fortemente influenzata dall’ingresso di operatori privati nel mercato dei servizi all’impiego (Private Employment Services, Pres), condizionando la riconsiderazione del ruolo dei primi. Ciò se non altro perché le agenzie private possono essere viste come concorrenti, complementi o, addirittura, cooperanti dei Pes, ma, in ogni caso, la coesistenza dei due giustifica la concentrazione di limitate risorse pubbliche su quei settori che sono serviti dal mercato (Walwei, 1996). Il monopolio dei Pes, mai recepito da alcuni importanti paesi (Australia, Irlanda, Regno Unito, Svizzera, Stati Uniti) nonostante le indicazioni ricavabili dagli standard Ilo di cui si dirà, è comunque venuto meno formalmente in un grande numero di nazioni sviluppate tra la fine degli anni 80 e l’inizio del decennio successivo. Peraltro, in molti paesi in cui sussiste il monopolio (Francia ad es.) è comunque autorizzata l’attività delle Temporay work agencies (TWAs), le quali hanno rappresentato la prima fase della liberalizzazione nei paesi in cui sussisteva detto monopolio (Thuy, Hansen, Price, 2001). Da un punto di vista teorico l’abolizione del monopolio genera un incremento dell’offerta complessiva di un dato mercato, la riduzione di prezzi, un incremento della qualità e una maggiore efficienza del sistema produttivo (De Koning, Denys, Walwei, 1999). Un primo modo in cui questo può verificarsi deriva dal fatto che le agenzie private possono inserirsi in segmenti di mercato non coperti dai Pes, dato che non necessariamente i servizi proposti coincidono con i bisogni, in termini di servizi per l’occupazione, espressi dalle persone in cerca di lavoro e dagli imprenditori. Una seconda ragione che sostiene i benefici della rottura del monopolio statale riguarda l’incentivo alla maggiore efficienza ed efficacia dei Pes che deriva dalla competizione delle agenzie private. Un terzo elemento è originato dall’implementazione delle pratiche dell’outsourcing 8 ISFOL – Area Mercato del Lavoro con le quali dei servizi pubblici sono affidati ai privati sulla base di aste competitive. Ciò, in via di principio, induce una riduzione dei prezzi e un miglioramento della qualità. Ai Pes in questo caso rimarrebbero delle funzioni di controllo2. Nella letteratura è sottolineato che la deregolamentazione dei Pes sembra una naturale conseguenza del ridimensionamento dell’intervento pubblico sul sistema economico e, in particolare, dell’adozione di politiche di tipo Keynesiano (demand driver policies). Ciò deriva, sostanzialmente, dal fatto che nonostante il massiccio intervento pubblico la disoccupazione ha raggiunto, durante gli anni 70 e 80, i livelli più alti a partire dal dopoguerra (De Koning, Denys, Walwei, 1999). Gli stessi autori sottolineano inoltre che in molti casi, gli enti territoriali, una volta entrati sul mercato dei Servizi per l’impiego, in seguito ai processi di decentramento organizzativo da più parti avviati, non sempre ricorrono ai Pes per l’erogazione dei loro servizi, anzi, spesso, si avvalgono di agenzie private3. Dal punto di vista giuridico, la tendenza al superamento del monopolio pubblico, d’altronde, ha trovato prima riscontro, a livello internazionale, nel VIo Rapporto, elaborato nella 81ª Conferenza internazionale del lavoro del giugno 1994, The role of private employment agencies in the functioning of labour markets e poi base giuridica nella Convenzione Ilo n. 181 del giugno 1997, Private Employment Agencies Convention, che revisiona la Convenzione n. 96 del 1949, Fee-Charging Employment Agencies Convention e stabilisce de jure la fine del monopolio dei Pes. Nel Rapporto citato l’Ilo ha adottato una classificazione di 16 diversi tipi di agenzie, raggruppate in tre categorie, in base al rapporto tra queste ed il loro cliente. Queste categorie sono: intermediaries: il cui fine è il contratto di lavoro tra il datore e il candidato; skill providers: in questo caso l’agenzia è il datore di lavoro che introduce il suo impiegato ad una terza parte la quale attribuisce un compito al lavoratore controllandolo, senza essere il datore di lavoro; direct service providers: svolge i servizi collegati all’occupazione per un datore di lavoro o un candidato. Questa classificazione è stata usata (Sansier M., Boutonnat D., 1997) per esaminare le modalità di lavoro di questi operatori a favore del candidato e del datore di lavoro, e stilare la seguente sotto classificazione. 2 3 Si veda in proposito Il processo di modernizzazione dei Servizi pubblici per l’impiego in Europa e in Italia, in Isfol, Servizi per l’impiego. Rapporto di monitoraggio 2001, di Gilli D., Landi R. e Perri G., “Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego”, n. 3/2002, Roma, p. 14 e ss. Per una dettagliata analisi circa l’evoluzione dell’intermediazione privata di manodopera a livello internazionale ed italiano si veda lo studio Isfol, I Servizi privati per l’impiego. Il caso delle Agenzie di collocamento, Linfante G. (a cura di), “Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego”, n. 4/2002, Roma. 9 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Intermediaries Fee-charging agencies: questo tipo di agenzia lavora come intermediaria tra quanti offrano e quanti cerchino un’occupazione. Non divengono parte del contratto di lavoro e sono specializzate in particolari tipologie di lavoro, lavoratori o settori dell’economia. Agencies for employment abroad: sono specializzate nel reclutamento di lavoratori che devono andare all’estero. Agencies for the recruitment and placement of foreign nationals: selezionano lavoratori all’estero per datori di lavoro presenti nella nazione in cui si ritrova l’agenzia. Executive search and selection agencies (headhunters): sono pagate da parte del datore di lavoro per le loro ricerche di personale, spesso con una percentuale del salario e, in caso di servizio prolungato, con una somma diversa. Training and placement institutions: organizzazioni che offrono agli studenti un servizio di placement e ricerca di lavoro. Skill providers Temporary work agencies: qualunque persona fisica o morale che, in base alle disposizioni della legge nazionale, svolge un servizio di reclutamento di lavoratori con l’obiettivo di metterli in contatto con una terza parte, che dirige il lavoro e con cui l’agenzia ha concluso un contratto specifico. Manpower lending services: queste agenzie aiutano piccole aziende nella gestione del loro personale in cambio di una somma prestabilita. Job shops: sono formate da un personale di varia qualifica, vendono il loro servizio alle aziende per periodi variabili. Career management agencies: alcuni tipi di professionisti, quali gli appartenenti al mondo dell’arte, della moda o dello sport, pagano queste agenzie per gestire la loro carriera e negoziare i contratti. Employment companies or intermediary associations: la finalità di queste agenzie è trovare lavoro per il proprio personale con l’obiettivo di inserirlo nel mercato. Offrono anche lavoro temporaneo e sono non-profit. Direct service providers Outplacement agencies: sotto pagamento e in base alle richieste di un datore di lavoro, l’agenzia fornisce una serie di servizi ad uno o più lavoratori non più occupati. Aiutano il lavoratore a potenziare i propri skills e a scegliere un corso di formazione. Job search consultancies: agenzie che hanno elaborato mezzi e tecniche che guidano chi cerca un impiego a trovare lavoro e prepararsi al colloquio. 10 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Staff management consultancies: alcune di queste sono consulenti nei settori manageriali, ma la maggior parte si limita alla ricerca ed al reclutamento del personale. Agencies which manage job advertising space: gestiscono spazi in cui compaiono inserzioni di lavoro. Agencies using employment databases: si occupano di ricerche e reclutamento utilizzando sistemi informatici. D’altronde, l’evoluzione dell’atteggiamento dell’Ilo in materia può essere considerato sintomatico di quanto avvenuto negli ordinamenti degli Stati. L’Organizzazione internazionale si è mossa così dalla “Unemployment Recommendation” 4 del 1919, approvata all’indomani della costituzione della stessa Organizzazione internazionale, in cui si affermava che: The General Conference recommends that each Member of the International Labour Organisation take measures to prohibit the establishment of employment agencies which charge fees or which carry on their business for profit. Where such agencies already exist, it is further recommended that they be permitted to operate only under Government licences, and that all practicable measures be taken to abolish such agencies as soon as possible, sino ad arrivare, da ultimo, alla Convenzione 181/975, nell’ambito della quale l’attività dei Pres è sottoposta a dettagliata regolazione e pienamente legittimata. Sinteticamente si ricorda che essa stabilisce che gli Stati aderenti devono: scegliere la forma giuridica delle agenzie e le condizioni cui è subordinata la loro attività; prevedere misure a tutela della libertà di associazione e del diritto alla contrattazione collettiva dei lavoratori; stabilire il divieto di utilizzare lavoro minorile, di discriminazione dei lavoratori e l’obbligo di protezione dei dati personali dei lavoratori; disporre la gratuità del servizio per i lavoratori; assicurare la cooperazione tra Pes e Pres. Sempre in ambito internazionale, deve considerarsi pure l’attività in materia dell’Unione europea, anche alla luce degli strumenti di regolazione adottati, di hard o soft law. Nel primo ambito devono essere fatte rientrare, innanzi tutto, le pronunce in materia della Corte di Giustizia: oltre al caso Macroton (n. 41/90) del 23/4/1991, con riguardo al 4 5 L’attività normativa della Conferenza internazionale si realizza a mezzo di: raccomandazioni, che possono equipararsi a proposte di legge; convenzioni (rectius progetti di convenzione), che hanno il valore di trattati internazionali, in forza dei quali però gli Stati sono vincolati all’emanazione, entro un anno, di una legge di ratifica sono cioè “fonti mediate del diritto del lavoro dei singoli Stati”. Tale strumento è entrato in vigore il 10.5.2000 ed è stata ratificata dal nostro paese il primo febbraio 2000. 11 ISFOL – Area Mercato del Lavoro monopolio pubblico tedesco, anche la Job Centre II (n. 55/96) del 11/12/19976; la Corte ha ivi affermato l’illegittimità del monopolio pubblico italiano del collocamento, per sfruttamento abusivo di posizione dominante. Nel dettaglio, ha dichiarato che: “Lo Stato membro che vieti qualunque attività di mediazione e interposizione tra domanda e offerta di lavoro che non sia svolta da uffici pubblici trasgredisce” il combinato disposto dagli artt. 86 e 90, n. 1, “qualora ricorrano i seguenti presupposti”: gli uffici pubblici di collocamento non sono palesemente in grado di soddisfare, per tutti i tipi di attività, la domanda esistente sul mercato del lavoro; l’espletamento effettivo delle attività di collocamento da parte delle imprese private viene reso impossibile dal mantenimento in vigore di disposizioni di legge che vietano le dette attività comminando sanzioni penali e amministrative; le attività di collocamento di cui trattasi possono estendersi a cittadini o territori di altri Stati membri”. Sempre in tale ambito deve essere ricordata la Direttiva 91/383/Cee, del 25 giugno 1991, che stabilisce le disposizioni applicabili ai lavoratori temporanei in materia di sicurezza e salute sul lavoro, ma soprattutto la proposta di direttiva relativa alle condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei7. Come il rapporto di lavoro a tempo parziale e quello a tempo determinato sono stati oggetto di Accordi-quadro ad opera delle parti sociali di livello europeo, poi recepite in apposite Direttive comunitarie (rispettivamente la n. 97/81/CE del 15 dicembre 1997 e la 99/70/CE del 28 giugno 1999), altrettanto doveva avvenire anche per il lavoro temporaneo. Difatti, le organizzazioni intersettoriali a carattere generale – ovvero l’Unione delle confederazioni dell’industria e dei datori di lavoro dell’Europa (Unice), il Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica (Ceep) e la Confederazione europea dei sindacati (Ces) – avevano informato la Commissione circa la loro intenzione di avviare il procedimento previsto dal Trattato di Amsterdam, il quale riconosce la possibilità che, appunto, una determinata misura, finalizzata allo sviluppo dell’occupazione, possa essere definita e perfezionata attraverso un procedimento di elaborazione di natura convenzionale piuttosto che legislativo. Tuttavia, il 21 maggio 2001 le stesse hanno riconosciuto che i loro negoziati sul lavoro temporaneo non avevano condotto ad un accordo. Sotto l’altro profilo, quello della soft law, rileva soprattutto la Strategia europea per 6 7 Per un commento a tale pronuncia si veda Roccella M., “Il caso Job Center II: sentenza sbagliata, risultato (quasi) giusto”, in Rivista giuridica del lavoro, 1998, II; Di Francesco A., Liberalizzazione della mediazione di manodopera: dalla sentenza della Corte di Giustizia europea alla riforma della legislazione italiana, “Diritto del Lavoro”, 6, 1998. Per un commento si veda Colucci M., “La proposta di direttiva comunitaria sul lavoro temporaneo”, in Diritto delle relazioni industriali, 4, 2002. 12 ISFOL – Area Mercato del Lavoro l’occupazione (Ees). In tale ambito, ed in particolare nel pillar dedicato alla occupabilità, continua a rivestire grande rilevanza l’approccio preventivo: proprio tale opzione metodologica riverbera i suoi effetti su di un innovativo ruolo affidato ai Pes, vale a dire quello di fondamentali istituzioni dei mercati del lavoro nazionali, in quanto principali veicoli di attuazione concreta della strategia occupazionale comunitaria. Peraltro, proprio nella versione per l’anno 2002 dello stesso pilastro, paiono trovare riconoscimento i Pres. Difatti, nella decisione del Consiglio europeo del 18 febbraio 2002, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2002 (2002/177/CE), gli Stati membri sono invitati a migliorare l’occupabilità dei disoccupati ed in tale contesto si afferma che essi: “dovrebbero incoraggiare la collaborazione con altri fornitori di servizi, in modo da rendere più efficace la strategia di prevenzione e i attivazione”. Ancor prima nel documento The future of the public employment services. Joint Mission Statement of Pes in Europe (EU/EEA): a proposal of the High Level Prospect Group of the Pes, del 5 dicembre 2000, i temi legati alla relazione con i privati erano ampiamente discussi. In particolare pare interessante sottolineare quanto affermato sul fronte della domanda di lavoro. È ivi riconosciuto che, nel momento in cui vi è scarsità di forza lavoro, i servizi alle imprese dei Pes devono essere in grado di offrire sia più assistenza nella ricerca di personale sia più consulenza in materia di risorse umane, formazione e qualificazioni professionali. Ciò richiede l’azione di esperti consulenti per lo sviluppo delle risorse umane ma anche la capacità di fornire dei consigli per sfruttare al massimo le possibilità offerte dalle risorse umane disponibili (ad es. utilizzando i lavoratori anziani). In questo contesto per ottenere la massima efficienza, i Pes devono sempre tenere in considerazione la possibilità di affidare, in tutto o in parte, l’erogazione dei servizi a terzi, pur continuando a gestire il processo. Svolte tali indispensabili premesse, passiamo ora a considerare le modalità con cui concretamente singoli stati europei hanno implementato il modello di interazione tra Pes e Pres. La letteratura (Konle-Seidl, Walwei, 2001) suggerisce in proposito la classificazione in tre modelli base, variamente articolati: il primo è quello del monopolio statale. Questo può essere di due tipi differenti. Esiste, infatti, il monopolio in senso stretto, caratterizzato dalla esclusione totale dei Pres e dall’obbligatorietà della registrazione delle vacancies, oppure un monopolio moderato, in cui le agenzie private sono tollerate in casi ristretti e l’uso del Pes non è obbligatorio ma facoltativo. Il modello della coesistenza legittima la collaborazione tra pubblico e privato. Anche in questo caso, esistono due sottoclassificazioni: quello della coesistenza regolamentata e quella libera. Nel primo caso avremo la presenza privata per tutte le forme di occupazione, ma in base ad una regolamentazione più o meno rigida. Questa consiste nella previsione di sistemi di licenza e di standards di qualità. I primi sono diretti alla 13 ISFOL – Area Mercato del Lavoro creazione di barriere artificiali al mercato atte ad impedire l’ingresso di soggetti privi di scrupoli, interessati solo al raggiungimento di profitti nel breve-medio periodo. Nel secondo caso, il Pres agisce senza alcuna licenza o permesso rilasciato dalla autorità pubblica ed fa ingresso nel mercato come qualsiasi altra società commerciale. Un terzo e ultimo modello è quello del sistema di mercato. In tale sistema solo i Pres erogano i servizi di mediazione di qualsiasi tipo, anche se ciò non comporta la completa assenza di un intervento statale, ad es. sotto forma di contracting out delle attività di matching da parte del Pes al favore del Pres. È possibile comunque distinguere tra sistemi di semi-mercato e di mercato puro. Il primo implica la presenza pubblica nelle attività di ricerca, al contrario nel secondo è assente qualsiasi tipo di intervento pubblico. Utilizzando tale classificazione si ha che negli anni 80 la maggioranza dei paesi deteneva un sistema di monopolio moderato e pochi erano quelli con sistema di coesistenza regolata. Negli anni 90, invece, la situazione è cambiata considerevolmente e i Pres sono ammessi incondizionatamente nei paesi prima dotati di monopolio, con l’eccezione della Francia. Pure le agenzie di lavoro interinale (TWAs) sono ora legalizzate in tutti i paesi della Ue, anche se con notevoli differenze. In conclusione allo stato attuale la maggioranza dei paesi europei detiene un sistema di coesistenza regolata, ad esclusione della Danimarca. Un’altra classificazione proposta in letteratura (De Koning, Denys, Walwei, 1999) si sofferma sui sistemi di regolamentazione di liberalizzazione del mercato, considerando, oltre al sistema di licenze per l’accesso al mercato già ricordato, la legislazione civilistica; l’autoregolamentazione attraverso i contratti collettivi e quella attraverso i codici di comportamento; ed, infine, le pratiche di outsourcing. Difatti, si sottolinea che l’esistenza della disciplina commerciale, di quella lavoristica, ovvero la presenza di forme di autoregolamentazione di vario tipo, contribuiscono comunque a definire il quadro di riferimento entro cui la deregolamentazione si svolge. Laddove il sistema di licenza esiste, diverse sono le forme di regolamentazione che sono state sviluppate. In generale, le differenziazioni derivano dalla diversa combinazione con cui sono applicati tre principi: quello della idoneità, solvibilità e affidabilità. Le differenze dipendono sia dalla “forza” con cui i criteri sono applicati sia dalla tipologia di servizi che sono destinati a regolamentare. Un aspetto importante del sistema è relativo agli obblighi che impone alle agenzie in termini di protezione dei lavoratori. Quattro appaiono fondamentali: gratuità del servizio per chi cerca un’occupazione; divieto di inviare lavoratori presso aziende in sciopero; divieto di pratiche discriminatorie; rispetto della privacy delle persone. Altre differenze sono legate all’ente preposto alla distribuzione delle licenze, che può essere il Ministero competente per materia, ovvero i Pes stessi. I codici di comportamento possono essere utilizzati come forma di auto14 ISFOL – Area Mercato del Lavoro regolamentazione dalle associazioni rappresentative delle agenzie private. Tali codici possono avere una funzione complementare rispetto alla normativa vigente o addirittura possono essere recepiti dalla stessa. In proposito si suggerisce la diffusione di tale ultimo tipo di regolamentazione nel futuro. Anche se, a tale scopo, è necessario che i paesi sviluppino delle rappresentanze forti, dotate di procedure trasparenti idonee a superare le potenziali conflittualità tra gli associati. È interessante notare che l’autoregolamentazione non deve essere vista come alternativa all’intervento pubblico. Si richiama in proposito l’esempio olandese in cui, accanto a strutture rappresentative forti, sussiste un apparato legislativo altrettanto efficace. Mediante la pratica dell’outsourcing l’agenzia pubblica si avvale di aziende private per erogare i servizi. In Europa solo in Olanda e Belgio si trovano esperienze di questo tipo. In generale, questo tipo di organizzazione può essere utilizzato per regolare il mercato attraverso la fissazione di standard. Si riportano di seguito le schede relative a quattro paesi europei – tratte da KonleSeidl, Walwei (2001) – che rappresentano, utilizzando i modelli all’inizio ricordati, un esempio di monopolio moderato (Francia), due di coesistenza regolata (Germania ed Olanda) e uno che pare riconducibile a quello di semi-mercato (Inghilterra). FRANCIA In base al Code du travail, il placement privato è proibito tranne che per speciali categorie professionali, per le agenzie non-profit e per le headhunters. Le TWAs sono state autorizzate ad operare fin dal 1972. La disciplina della materia è stata sottoposta nel corso degli anni a notevoli cambiamenti. Sebbene la normativa in materia di forme di impiego non-standard fosse fortemente rigida, vi furono aperture alle TWAs negli anni 80. Prima del 90 l’attività delle TWAs era ammessa in tutti i settori di impiego, non vi erano limitazioni al numero massimo di rinnovi dei contratti di fornitura e la loro durata massima consentita era piuttosto alta nel panorama internazionale (24 mesi). La riforma del 1990 ha limitato i casi di ammissibilità del lavoro temporaneo (solo in caso di ragioni obiettive), ha previsto solo la proroga dei contratti di fornitura ed ha limitato la loro durata massima a 18 mesi. Pur non essendo previsto un sistema autorizzatorio, vi è un obbligo di informare le autorità e di garanzia finanziaria. È fatto divieto di utilizzare il lavoro temporaneo presso aziende in sciopero ovvero appartenenti a settori che esercitano attività pericolose. Non sono ammesse agenzie polifunzionali (ad es. TWAs che svolgono anche attività di mediazione). Sebbene, la legislazione più recente sia decisamente più restrittiva della 15 ISFOL – Area Mercato del Lavoro previgente, ciò non ha influito nella diffusione del lavoro temporaneo nella pratica. Il Code du Travail vieta ai privati l’esercizio commerciale del collocamento; sono ammesse eccezioni per alcune categorie professionali: l’Apec (Agence de placement des cadres). Si tratta di una agenzia non-profit fondata nel 1996 dalle parti sociali deputata a raccogliere le vacancies e renderle disponibili ai lavoratori; recruitment agencies: organizzazioni private per il collocamento di lavoratori specializzati e del management (headhunters). Più importanti sono però altri enti autorizzati all’esercizio del collocamento, in quanto sottoscrittori di un accordo con l’Anpe o perché autorizzati dallo Stato. Si tratta di istituzioni pubbliche ed enti bilaterali, costituiti dalle parti sociali. Essi sono tenuti al rispetto delle regole fondamentali proprie dei Pes: gratuità del servizio, divieto di pratiche discriminatorie. Tali enti, sebbene possano partecipare al collocamento, non sono responsabili dell’avviamento di cui rimane competente l’Anpe. È stato promosso l’outsourcing di parte delle informazioni sulle vacancies e l’Anpe ha stretto delle partnership con le TWAs. GERMANIA Tra il 1931 e il 1994, in Germania vige un regime di monopolio statale del collocamento affidato al Bundesanstalt für Arbeit (BA), in ossequio al quale le organizzazione private, specialmente quelle a scopo di lucro, sono proibite; solo nel 1994 il monopolio viene superato e viene introdotto il sistema delle licenze. In particolare, le TWAs hanno subito diversi trattamenti di maggiore o minore apertura. Queste, infatti, sono sottoposte ad una nuova disciplina finalizzata al loro monitoraggio a partire dagli anni Settanta, mentre nel 1981 subiscono nuove restrizioni. Nonostante ciò, oggi le TWAs sono le strutture di maggiore preferenza e diffusione. Prima del ‘94 era ammissibile solo: la delega del collocamento a strutture non-profit, organizzazioni caritatevoli, agenzie di spettacolo e di moda; la fornitura di lavoro temporaneo; l’attività delle agenzie di headhunters. Come in altri paesi, il lavoro interinale, permesso poiché non considerato collocamento, è stato regolato con un apposito provvedimento nel ‘72, ispirato all’esigenza di monitorare l’attività delle agenzie e garantire il rispetto di un livello minimo di protezione a favore dei lavoratori interinali. Nel 1981, al fine di contrastare fenomeni di illegalità che si manifestavano nelle costruzioni, fu posto un rigido divieto 16 ISFOL – Area Mercato del Lavoro all’utilizzazione del lavoro temporaneo in tale settore. Altro elemento tipico della disciplina in materia è la previsione di una durata massima del periodo in cui i lavoratori possono essere ceduti in affitto. Tuttavia detto periodo è stato nel corso degli anni progressivamente aumentato: da 3 mesi nel ‘72, a 6 nell’85, poi a 9 nel ‘94 ed, infine, a 12 nel 1997. Tale apparato normativo non è stato influenzato in maniera notevole dalla deregolazione del ‘94, sebbene il cd. synchronisation ban sia stato parzialmente affievolito. Detto divieto impone che la durata del rapporto di lavoro con l’agenzia di lavoro interinale debba almeno eccedere la durata della prima missione presso l’azienda utilizzatrice. La successiva revisione normativa ha considerato non valido detto divieto se il lavoratore interinale viene assunto dalla azienda utilizzatrice immediatamente dopo la conclusione della missione e lo stesso lavoratore è considerato di difficile collocazione dal Pes. Il Legislatore ha imposto che la relazione tra lavoratore e agenzia di lavoro interinale fosse a tempo indeterminato, escludendo la possibilità di utilizzare a tal fine un contratto a termine. Peraltro, ciò non ha nuociuto all’attrattiva dell’istituto che consentiva comunque di scavalcare il collocamento pubblico. La riforma del ‘94 ha previsto una procedura di autorizzazione, gestita dal BA, per le TWAs e le agenzie di ricerca e selezione. Per ottenere la licenza all’erogazione di servizi all’impiego devono essere garantite quattro condizioni: idoneità personale; certificazione dell’assenza di carichi pendenti; assetti societari fissati per legge; locali commerciali adeguati. La cooperazione tra Pes e Pres è stata piuttosto rara, ma recentemente è stata incrementata. Esistono accordi bilaterali tra BA e Pres in molti settori: come in quello dell’uso dei data base sui lavoratori e sulle vacancies, fino alla delega delle funzioni di collocamento ai Pres. PAESI BASSI Prima del ‘91 i Pes olandesi erano costituiti da un Direttorato generale del Ministero degli affari sociali e del lavoro. Tale istituzione, fondata nel 1940, deteneva un monopolio formale del collocamento, 17 ISFOL – Area Mercato del Lavoro gestito centralmente. Nel ‘91, attraverso la riforma dell’Employment Service Act, tale sistema fu trasformato in una struttura fortemente decentralizzata, non governativa ed in competizione con le agenzie private. Prima del 1990, l’Employment Service Act del ‘30 ammetteva solo l’esistenza di agenzie non-profit, sottoposte ad un regime obbligatorio di autorizzazione, sebbene quelle di personnel management non fossero mai state espressamente proibite. Anche prima della fine del monopolio, le TWAs erano diffuse in Olanda, poiché formalmente la loro attività non era considerata collocamento, sebbene nella pratica molte imprese le utilizzassero per selezionare i propri futuri dipendenti e i job-seekers come un canale di ricerca di impiego permanente. All’epoca della fine del monopolio, l’ingresso di agenzie private era sottoposto al rilascio di una licenza a condizione che: i lavoratori non dovessero pagare più del costo reale del servizio di collocamento; l’attività non fosse esercitata nei confronti di imprese i cui dipendenti fossero in sciopero; nessuna discriminazione fosse perpetuata nei confronti dei lavoratori. L’Employment Service Act del 1991 modificò anche la definizione di collocamento, in maniera tale che anche altri mediatori, quali le agenzie di outplacement e di ricerca e selezione fossero soggette ad autorizzazione. La cooperazione tra TWAs o agenzie private e Pes sta divenendo più comune. In particolare, due sviluppi possono essere segnalati. Da una parte si segnala che Pes, Start (che originariamente era una agenzia non profit ma ora è privata) insieme ad una altra TWA, hanno costituito un alleanza strategica per competere con altre agenzie, specialmente TWAs di grandi dimensioni. L’altra area di cooperazione si è sviluppata nell’ambito del nuovo ruolo delle municipalità nelle politiche dell’impiego. Queste sono legalmente obbligate a cooperare con i Pes, ma nei fatti anche agenzie for profit sono coinvolte. REGNO UNITO Le agenzie private non sono mai state proibite nel Regno Unito. Sino al 1973, i Pres non erano regolati nonostante le preoccupazioni suscitate da alcune prassi diffuse nel settore industriale e vari tentativi di introdurre una disciplina normativa in materia. Nel ‘73 fu approvato un Employment Agencies Act. Questo affidava alla autorità pubblica (fino al ‘75 in sede locale, successivamente il Secretary of State for Employment) le competenze in materia di rilascio di licenze, irrogazione multe, poteri ispettivi e altri servizi. Dal 1994, le agenzie private vengono assoggettate al potere autorizzatorio e di controllo del Department of Employment’s – Employment Agency Licensing Office, 18 ISFOL – Area Mercato del Lavoro organizzato su base regionale. Alle TWAs è riconosciuta grande libertà: non esistono restrizioni circa l’uso del lavoro interinale, né con riguardo al rinnovo ed alla durata del contratto di lavoro temporaneo. Il sistema di licenze è stato revocato con effetto dal gennaio 1995 dal Deregulation and Contracting Out Act del 1994. Ciò nonostante gli standard di condotta del ‘73, in particolare con riguardo alla gratuità del servizio di collocamento a favore dei lavoratori, sono rimasti in vigore. In generale, l’impatto della disciplina legale appare minimale e l’Employment Agency Standards Office, opera solo su iniziativa di parte (non di ufficio) in materia di violazione degli standard obbligatori. I dati disponibili circa gli effetti dei processi di deregolazione avviati continuano a ricavarsi, innanzi tutto, da De Koning, Denys, Walwei (1999) aggiornati, ma solo per i quattro paesi appena considerati da Konle-Seidl, Walwei (2001). Riassumendo: la quota di mercato dei Pes è più alta di quella dei Pres. Solo nei Paesi Bassi negli ultimi tempi la situazione pare essersi invertita, in particolare grazie allo sviluppo delle TWAs; Pes e Pres sembrano svolgere un’attività complementare piuttosto che sostitutiva. Ciò è sicuramente vero per le agenzie di intermediazione, le quali offrono servizi per clienti diversi da quelli che si rivolgono ai Pes. In altri termini, tali agenzie, oltre ad esercitare un ruolo limitato in termini quantitativi, si rivolgono ad una clientela diversa da quella dei Pes (lavoratori più specializzati); quest’ultima relazione è meno chiara per le TWAs. Sia i dati amministrativi sia quelli derivanti da indagini presso gli imprenditori rivelano infatti che ci sono aree non marginali in cui l’attività delle agenzie di lavoro temporaneo si sovrappone a quella dei Pes, rafforzando l’impressione che la competizione esista solo tra Pes e TWAs; il problema di comparare la funzionalità e l’efficacia dei diversi canali di intermediazione e di avviamento sembra comunque di difficile e, comunque, non univoca soluzione. Occorre tenere presente, infatti, che indicatori di performance come le quote di mercato indicano solo quante domande di lavoro sono state soddisfatte o quante persone sono state assistite. Nulla dicono invece degli effetti diretti ed indiretti sul mercato del lavoro. In conclusione, se si può affermare che dopo la deregolamentazione c’è stata un’espansione di questi servizi, tuttavia non sembra che le agenzie private ne abbiano particolarmente beneficiato. Infatti, la loro quota di mercato continua a rimanere piuttosto marginale (ad eccezione delle TWAs), mentre i Pes continuano (ed anzi hanno rafforzato) la loro posizione. È difficile, tuttavia, capire se questi effetti sono dovuti alla deregolamentazione o al ciclo economico. Difatti, altri canali (inserzioni sulla stampa e metodi informali) continuano ad essere i predominanti. 19 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Quel che è certo è che la specifica e generale attenzione indirizzata ai Servizi per l’impiego da parte dei decisori pubblici nell’ultimo decennio (tutti i paesi europei li hanno riformati a più riprese, in un’opera di modernizzazione e di infrastrutturazione massiccia) ha contribuito all’aumento della trasparenza del mercato del lavoro e all’accelerazione della sua fluidità: tratti, entrambi, che hanno rafforzato il funzionamento dei Pes e che da questo miglioramento sono stati a loro volta potenziati. Particolarmente rilevante, anche per le indicazioni di policy che se ne possono trarre per l’esperienza italiana, ci sembrano le modalità con cui sono sviluppate le strategie di interazione tra Pes e Pres. La Commissione europea8 ha identificato tre possibili modalità di tale relazione: cooperazione nel campo della informazione, nei servizi di matching di base e di mediazione; complementarità in particolari segmenti del mercato del lavoro o nella fornitura di particolari servizi; competizione nella fornitura di servizi ai datori lavoro, con la possibilità per i Pes di effettuare tali servizi a pagamento. Thuy, Hansen, Price (2001) sottolineano come tutte queste modalità di approccio hanno avuto concreto riscontro nella prassi, peraltro sottolineando i rischi legati a relazioni basate sulla complementarità, le quali potrebbero sfociare in segmentazione dei mercati serviti, rispettivamente, da Pes e Pres, con l’effetto di concentrare l’attività dei primi sui lavoratori meno qualificati. Peraltro, la cattiva reputazione che potrebbe derivare da ciò a scapito dei Pes, renderebbe ancor più complesso il raggiungimento dell’obiettivo di collocare proprio i lavoratori con più difficoltà sul mercato del lavoro, generando un perverso circolo vizioso. Un importante studio analizza le modalità di coesistenza tra Pes e Pres in Francia, Olanda e Regno Unito (Sansier M., Boutonnat D., 1997). Il processo di cooperazione tra pubblico e privato, si nota, conferisce maggiore credibilità e rispettabilità alle nuove agenzie e migliora l’immagine anche del servizio pubblico. Alcuni fattori suggeriscono che la cooperazione sia destinata a crescere, anche se ancora non sviluppata: il trasferimento di tecnologia dal pubblico al privato, il che testimonia che taluni servizi ora utilizzano le stesse basi; la nascita di consorzi multidisciplinari, al fine di rafforzare gli accordi che intercorrono tra Pes e Pres; la nascita di codici di condotta su problematiche del lavoro fanno pensare che, con 8 European Commission: PES-PRES’s relationship in a European framework, presentato al Meeting degli Heads of Public Employment Services, Baden Austria, 16.11.1998. 20 ISFOL – Area Mercato del Lavoro una certa gradualità, la cooperazione si svilupperà. Quanto alla definizione di un codice etico per operatori pubblici e privati, si dovrebbe fare riferimento ad una serie di fattori: riservatezza: mantenere segrete le informazioni su chi cerca lavoro; gratuità del servizio offerto a chi cerca lavoro; eguaglianza nel trattamento; potenziamento dell’informazione sulle carenze di posti di lavoro; rispetto per il ruolo dei diversi operatori; penalità in caso di mancato rispetto del codice di condotta. Si suggerisce l’adozione di un programma comune di misure per combattere la disoccupazione o potenziare il mercato del lavoro, nel nome di una maggiore trasparenza che aiuti a mantenere alto il livello di occupazione. Sarebbe utile, inoltre, stabilire quali operatori possano dare vita ad una proficua cooperazione. Si nota inoltre che le partnership sono promosse attraverso la stipulazione di una serie di contratti e di altri accordi. Questi ultimi sono definiti dettagliatamente e il loro prezzo è stabilito in un allegato finanziario. Essi mostrano il tipo di risultato atteso in relazione alle misure adottate e alle difficoltà del mercato. Di solito l’operatore adempie i suoi compiti e la controparte paga dopo aver visto i risultati. Potrebbe essere possibile utilizzare anche altri sistemi di pagamento. Vengono richiamate in proposito la tecnica del voucher, che permette di scegliere l’operatore, ovvero un’altra possibilità, nel settore del placement, è che gli operatori pubblici e privati vengano pagati, quando trovano lavoro per un disoccupato di lunga durata o un disabile. È anche suggerita l’istituzione di Employment Service Councils. A livello nazionale il Council dovrebbe controllare che le azioni del pubblico e del privato siano integrate nella politica del mercato del lavoro. Un organismo di questo tipo dovrebbe avere una sezione tripartita, che comprende Stato e parti sociali ed un’altra in cui gli operatori pubblici e privati possano esercitare un potere propositivo. Mentre una terza sezione dovrebbe prevedere persone di rilievo nel mondo del lavoro che prendano parte alle deliberazioni del Council nazionale. Le decisioni e le raccomandazioni di tale organismo, che dovrebbero essere successive alle decisioni dell’amministrazione pubblica circa la sua strategia per l’occupazione, dovrebbero riguardare le regole per l’azione di servizi pubblici e privati, nonché aiutare gli operatori a trovare una collocazione strategica nel mercato. Una quarta sezione dovrebbe rappresentare i Governi regionali. Questi ultimi dovrebbero riflettere sul punto di vista di chi usa il Servizio per l’impiego, rispondendo alle necessità del mercato del lavoro locale e fornendo servizi di qualità. Si potrebbe immaginare che la mission dei Council si organizzi attorno a tre azioni fondamentali: assicurare che gli operatori siano riconosciuti come Servizi per l’impiego; dimostrare la professionalità dei servizi pubblici e privati; 21 ISFOL – Area Mercato del Lavoro rispondere alle fondamentali necessità dell’occupazione. A tal fine questi si dovrebbero occupare di definire le condizioni necessarie per esercitare la professione di consulente per l’impiego e il giusto livello di competenza che si deve avere per l’adempimento dei tali compiti. Si potrebbe prevedere, come logico sviluppo di questi organi, strutture che agiscano per la formazione professionale, in collaborazione con le strutture scolastiche ed educative. Un’azione che davvero potenzierebbe la credibilità di tali strutture sarebbe la creazione di un repertorio delle occupazioni e delle competenze necessarie per svolgerle. I consigli regionali potrebbero assolvere questo compito anche per ridurre le distanze tra i datori di lavoro e i candidati. I Consigli dovrebbero inoltre emettere una serie di raccomandazioni, basate su un codice etico, per la pratica delle professioni. Le controversie dovrebbero essere risolte presso questi corpi, ai livelli appropriati, nazionali o locali. Infine, un esempio concreto dell’ultima delle modalità di coesistenza ricordate – competizione nella fornitura di servizi ai datori lavoro – si ritrova in Olanda (Van Yperen, 2000), ove sono espressamente previsti, oltre ad altre più tradizionali attività offerte dai Pes, servizi a pagamento, erogati alle imprese che ne facciano richiesta. Essi comprendono: l’attività di ricerca e selezione di personale intensiva; l’addestramento dello staff; consulenza individuale relativa al reperimento di personale. Questi servizi dovrebbero autofinanziarsi e possono essere prestati anche attraverso convenzioni con agenzie private. Un modello assai particolare di coesistenza, oggetto di grande interesse nella letteratura, è quello australiano perché esso, di fatto, ha condotto ad una quasi completa privatizzazione dei servizi di collocamento. L’impianto teorico in cui si inserisce tale esperienza è ricostruito da Fay G., 1997. L’autore ricorda come in molti Stati dell’area occidentale, la scelta operata sia stata quella di introdurre fattori tipici dell’economia di mercato anche nel settore dei Servizi pubblici per l’impiego; ciò dovrebbe consentire un miglioramento del servizio, attraverso l’introduzione di un sistema fondato sulla competizione fra pubblico e privato. La modernizzazione del settore pubblico dei Servizi per l’impiego incomincia, essenzialmente, dal ripensamento del rapporto “fruitore-produttore” del servizio. In molti settori, infatti, lo Stato assume il duplice ruolo di produttore di un determinato servizio e di fruitore dello stesso, determinando in tal modo distorsioni della concorrenza, in quanto lo stesso centro decisionale può stabilire “cosa” e “quanto” produrre. I mezzi prescelti sono stati vari: la liberalizzazione del settore, le riforme dell’organizzazione del settore pubblico e pratiche di outsourcing, con le quali dei servizi pubblici sono affidati ai privati sulla base di aste competitive. Il contracting out dei servizi pubblici persegue, generalmente, l’obiettivo di acquisire, 22 ISFOL – Area Mercato del Lavoro nell’erogazione degli stessi, alcune delle caratteristiche desiderabili proprie di una economia di mercato regolata dai principi della concorrenzialità (contestabilità); ad esempio capacità di produrre al minimo costo, di innovare e di rispondere efficacemente alle esigenze del mercato stesso. Se questi guadagni di efficienza possono essere raggiunti senza andare a discapito dei principi dell’equità sociale e della qualità dei servizi, allora la pratica dell’outsourcing dovrebbe consentire un accrescimento del benessere sociale e, dunque, dovrebbe (potrebbe) essere adottata (Webster E., Harding G., 2001). Viene, comunque, rimarcata la necessità che la responsabilità per i risultati rimanga in capo all’ente pubblico. Questo dovrebbe essere in grado di esercitare un controllo: sull’effettiva traslazione degli obiettivi generali d’interesse pubblico in servizi dettagliatamente specificati; sull’effettiva produzione dei servizi; sul rispetto dei principi di equità nell’erogazione. A tale scopo è necessario fare chiarezza nella formazione dei contratti d’appalto riguardo alla definizione delle responsabilità e alla valutazione dei risultati. Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione può fornire un grande apporto in questo senso. Nel box che segue – costruito sulle indicazioni ricavabili da Riggs L., 2000 – è descritta tale esperienza. IL JOB NETWORK AUSTRALIANO La gestione individualizzata del collocamento viene introdotta per la prima volta nel 1987 nello stato di Vittoria a seguito del riconoscimento della poca conoscenza da parte dei disoccupati di lunga durata delle possibilità offerte dai vari programmi di assistenza nazionali. Successivamente anche altri stati hanno sviluppato singoli esperimenti di case management, ciascuno orientato su specifici gruppi di clienti (ad esempio lo stato del New South Wales ha orientato il servizio verso i giovani e le persone in età matura dando maggiore importanza alla formazione). Il Governo nazionale ha invece aumentato la sua presenza sul mercato del collocamento e dell’incontro tra domanda e offerta a partire dal 1980, istituendo diversi organismi e dando il via a molteplici programmi di avviamento al lavoro (si pensi ai Job clubs per l’assistenza alla ricerca del lavoro, al Old e New Newstart Programme rivolti a sussidiare la formazione e l’occupazione prima dei disoccupati di lunga durata e successivamente di tutti i senza lavoro). In particolare, tra il 1994 e il 1996 il Governo australiano ha rafforzato il suo ruolo nel campo dei servizi di consulenza nel mercato del collocamento istituendo l’Employment Service Regulatory Authority, Esra. Nello stesso periodo ha dato il via al processo di 23 ISFOL – Area Mercato del Lavoro outsourcing di molte delle sue funzioni di gestione personalizzata dei servizi di collocamento. Dal luglio 1995 la gestione dei servizi personalizzati viene svolta sia da operatori privati che da enti locali. Si tratta nel complesso di 300 agenzie, attive in 550 località, di cui il 40% private, il 50% di enti locali e il rimanente 10% di enti statali o regionali ed istituzioni culturali. Il finanziamento di queste attività, correlato ai risultati ottenuti in termini di persone collocate, ha rappresentato un incentivo al collocamento di quante più persone possibile. Nel maggio 1998 un importante processo di riforma coinvolge il mercato dei servizi di collocamento. Il Commonwealth Employment Service (Ces) viene abolito, il Dipartimento di sicurezza sociale (Dss) trasformato e la grande maggioranza dei servizi di collocamento e dei servizi personalizzati viene privatizzata. Inoltre, il finanziamento di tutte le attività collegate al mercato del lavoro viene ridotto di oltre il 50%. Il vecchio sistema, incentrato sul Ces per l’erogazione dei servizi di collocamento e sul Dss per il conferimento del diritto di accedere ai servizi del Ces e la riscossione dei sussidi, viene modificato con la creazione di un nuovo ente, il CenterLink, che rimane sotto il controllo e la supervisione del Governo (tale ente valuta l’eligibilità e il livello dei sussidi). Il diritto all’assistenza viene valutato sulla base di una procedura formale che mira a classificare le persone secondo una scala a punti. La classificazione permette anche di quantificare il livello di assistenza. Sulla base del punteggio, i disoccupati e coloro che sono in cerca di lavoro vengono indirizzati ad una delle agenzie private che erogano i servizi di incontro tra domanda e offerta, di formazione e di assistenza personalizzata finanziati dal Governo. Tali agenzie sono tutte inserite nel così detto Job Network. Il diritto di accedere a questo network viene accordato sulla base di bandi le cui variabili discriminanti sono il prezzo di offerta e la qualità del servizio offerto. I fornitori dei servizi sono inoltre classificati sulla base di altri criteri: esperienza; qualità professionali dello staff; stabilità; responsabilità fiscale. Le agenzie vengono valutate sulla base dei risultati ottenuti (numero di persone che trovano un’occupazione duratura in lavori non sussidiati). Quanto alla gestione delle risorse finanziarie, esse hanno una certa discrezionalità nel come spendere i proventi governativi derivanti dai successi conseguiti nel collocamento: possono concedere sussidi salariali, sussidi di formazione e organizzare corsi di formazione. D’altra parte 24 ISFOL – Area Mercato del Lavoro possono anche conservare le somme percepite e produrre reddito. Inoltre, i servizi offerti ad imprenditori e persone in cerca di lavoro possono essere a pagamento. Queste ultime pratiche, tuttavia, possono influenzare negativamente i risultati conseguibili e quindi anche le sovvenzioni statali ad essi collegate. Il Governo, tramite i Dipartimenti del lavoro, controlla le procedure di gara per l’affidamento ai privati dei servizi di collocamento e case management, valuta le performance degli stessi, determina i criteri per accedere al Job Network, gestisce i sistemi informativi e dispone i pagamenti ai fornitori dei servizi pubblici. Occorre notare che tutti i disoccupati (ma anche altre categorie come tutti i giovani tra i 15 e i 20 anni) hanno il diritto di accedere ai servizi di incontro tra domanda e offerta. I servizi di case management sono invece riservati solo ai disoccupati che ottengono punteggi molto bassi (in genere si tratta di disoccupati di lunga durata o di quelli a rischio di divenirlo). La prima fase, relativa alla selezione delle organizzazioni sotto la vigilanza del Job Network, venne condotta nel 1997. Il primo periodo di contratti si svolse dal 1 maggio 1998 fino al 27 febbraio 2000. La seconda fase si svolse nella metà del 1999, al fine di selezionare le organizzazioni chiamate allo svolgimento del servizio per il triennio successivo; questa seconda offerta era diretta alle selezione delle best practice e solo le organizzazioni con le migliori performance vennero scelte per diventare membri del Job Network. Il Job Network offre un sostegno di tipo flessibile a quanti siano alla ricerca del lavoro, che muta in base alle diverse necessità. Esso garantisce cinque servizi fondamentali. a) Job Matching: servizi per il lavoro accessibili per la maggior parte dei candidati che lavorano meno di quindici ore alla settimana. Questi servizi, oltre a sollecitare i datori di lavoro verso i candidati, aiutano questi ultimi nel prepararsi a rientrare nel mercato del lavoro, sostenendo circa 400.000 candidati l’anno. b) Job seekers training: quindici giorni consecutivi di tirocinio nella tecnica per la ricerca del lavoro, che può includere tecnica per la presentazione e per il colloquio o altre strategie. Queste strategie, rivolte soprattutto ai disoccupati dai tre ai dodici mesi, vedono una frequenza annua di almeno 90 000 partecipanti. c) Intensive Assistance: assistenza individuale a candidati più svantaggiati. Ci sono diversi tipi di assistenza di questo genere, in base alle diverse necessità. Tale servizio ha riscontrato una partecipazione annuale di circa 235 000 persone. d) New Enterprise Incentive Scheme (Neis): tirocini, servizi, avvisi e 25 ISFOL – Area Mercato del Lavoro notizie per un periodo superiore ai 12 mesi. e) Project Contracting: un progetto che tende ad assicurare che i coltivatori di frutta e verdura abbiano accesso al lavoro di mietitura dei campi. Mentre possono accedere al servizio di Job Matching tutti i disoccupati, per essere ammessi, invece, al Training ed al servizio di assistenza i candidati devono essere nella condizione di ricevere i sussidi per la disoccupazione, o per lo meno avere sostegni speciali per i disabili, ovvero ancora avere un’età compresa tra i 15 e i 20 anni e non avere un’istruzione scolastica completa, o essere australiani indigeni. Nel caso dell’Intensive Assistance, per il secondo periodo di Job Network, si è stabilita la così detta Declaration of Intent (Doi) che indica i servizi che gli offerenti pensano di poter offrire ai candidati. Il Doi è parte integrante del contratto e i fornitori devono sottostare agli impegni presi. Un codice di condotta del Job Network è stabilito per assistere i membri, ma anche per assicurare il miglior servizio ai candidati ed ai datori di lavoro. Il rispetto del codice rientra tra gli impegni sottoscritti nell’ambito del contratto concluso tra Governo e membri. I principi del codice sono: rispetto della deontologia professionale; assistenza accurata; cortesia del servizio; dare la possibilità di esprimere insoddisfazione per il servizio; osservanza del diritto alla privacy; attenzione e cura dell’informazione. È previsto anche un sistema di ricezione delle controversie, attraverso il Customer service Line. All’inizio è prevista la sperimentazione di tentativo per la risoluzione consensuale della controversia. Qualora questa non dovesse essere possibile, il candidato ha la possibilità di contattare il Customer Service Line, che prevede le misure da adottare nei confronti del candidato o del datore di lavoro inadempiente. Sono previste sanzioni nei confronti di membri di Job Network che infrangono il codice. Per assicurare la massima trasparenza e l’equità nel trattamento di ciascun operatore, è stato istituito il Probity Plan controllato da un Probity Adviser indipendente. Il primo contratto di Job Network si concluse il 27 febbraio 2000 e durò 22 mesi, anche al fine di assicurare al Governo la possibilità di mutare, in caso di necessità, gli accordi. Il secondo Employment Service Request fu realizzato nel giugno 1999 e concluso il 30 luglio 1999. L’elemento a cui si attribuì maggior rilievo fu la qualità del servizio che avrebbe dovuto risultare potenziata. Il più importante cambiamento nel secondo contratto fu l’introduzione del Management Price Competition per l’Intensive Assistence. Durante il primo Job Network, per l’Intensive Assistance esisteva un sistema 26 ISFOL – Area Mercato del Lavoro a prezzo fisso; nel secondo, al contrario, tutti i servizi di Job Network adottarono il sistema di Price Competition anche se una soglia minima fu mantenuta al fine di assicurare una certa qualità del servizio offerto. Nel periodo del primo contratto si richiedeva ai membri di Job Network di assistere diverse tipologie di candidati; nel secondo divenne lecita la specializzazione in un singolo gruppo come, ad esempio, quello dei disabili o dei candidati più giovani. Il Centrelink ha il compito di provvedere ai sussidi per i disoccupati che, a loro volta, vengono monitorati e sottoposti ad un Activity test. Da questo strumento si desume quale sia la reale propensione del disoccupato a trovare un lavoro e a seguire i percorsi previsti nel suo Activity Agreement personale. Queste attività sono di vario tipo e possono prevedere tirocinio, formazione teorica o ricerca. Il fornitore dell’Intensive Assistance, per esempio, deve negoziare con ciascun candidato un Activity Agreement in cui si prevedono le attività che il candidato dovrà svolgere. Ciò accade entro due settimane dal contatto tra candidato e fornitore del servizio. Nel caso di mancanze del soggetto all’Activity Test, i membri del Network hanno la possibilità denunciare al Centrelink comportamenti e inadempienze. Sarà il Centrelink ad appurare se esiste realmente una mancanza da parte del candidato o quali siano le reali motivazioni che non gli permettono di assolvere ai propri compiti. Se l’inadempienza è confermata, si prevede la possibilità di adottare misure sanzionatorie più o meno rigide che possono prevedere anche la riduzione dei sussidi. Ricordano Webster E., Harding G., 2001, che allo stato attuale non esistono studi che analizzino in modo approfondito gli effetti della riforma del 1998. Si afferma che in generale, i processi di contracting out portano ad un miglioramento dell’efficienza quando riescono a modificare il management introducendo una più intensa specializzazione e un senso del lavoro più orientato al soddisfacimento dei clienti. In caso contrario una riforma interna dei sistemi di monitoraggio del lavoro e del sistema di incentivi può condurre a risultati anche migliori. Nel caso dei Servizi pubblici per l’impiego il processo di outsourcing seguito in Australia suggerisce che da esso non derivano necessariamente dei miglioramenti delle performance, anche se, allo stato attuale, non ci sono dati sufficienti in proposito. Questa condizione di incertezza nasce dalla considerazione che il contracting out dovrebbe condurre a guadagni di efficienza a parità degli altri fattori i quali, al contrario, non sono mai gli stessi. Da un lato, rimangono, infatti, dei costi in capo all’amministrazione pubblica (legati alla sovrabbondanza di personale, alla perdita di conoscenze e di expertise). Dall’altro, si vengono a formare dei costi per la comunità laddove il mercato competitivo preclude la cooperazione tra diversi soggetti pubblici e privati. 27 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Vi sono studi dell’Ilo (1999) che sottolineano, inoltre, gli effetti perversi della deregolazione avviata in taluni paesi, riassunti nei box riportati di seguito. GIAPPONE Nonostante in Giappone non vi sia un sistema di monopolio dell’intermediazione e dei Servizi per l’impiego, la legge di tutela del lavoro stabilisce una serie di importanti principi e rigide regole in materia di esercizio dell’attività di intermediazione del lavoro. Come, peraltro, accade in numerosi altri Stati, l’istituzione di un’agenzia privata per il collocamento è subordinata al rilascio di una licenza da parte del Governo. Non di meno, a dispetto dei – dettagliati – principi enucleati dalla normativa di riferimento, la prassi ha, sino ad oggi, deluso le aspettative (la disciplina risulta pressoché uniformemente elusa sia dalle imprese richiedenti la prestazione lavorativa, sia dalle agenzie di intermediazione, sia dagli stessi lavoratori). Lo studio sottolinea che l’introduzione delle Agenzie per l’impiego in Giappone ha determinato – e contribuisce, tuttora, a determinare – la crescita esponenziale del lavoro “atipico” o irregolare; tuttavia, ad un incremento sensibile del numero di lavoratori “atipici”, non fa riscontro un miglioramento generalizzato delle condizioni di impiego della popolazione. Per di più, a fronte di un sistema – connotato da evidenti distorsioni – che garantisce in misura insoddisfacente i lavoratori, sta la sostanziale impossibilità di controllo e di intervento da parte delle istituzioni pubbliche. UNGHERIA Il sistema ungherese è – attualmente – caratterizzato dalla compresenza di agenzie private e di agenzie non-profit; tale complessità è dovuta, primariamente, ad un sostanziale fallimento del settore pubblico nella gestione dei Servizi per l’impiego. Il sostrato legale della privatizzazione del Servizi per l’impiego, in Ungheria, è rappresentato dal provvedimento normativo n. VI del 1988 sull’Organizzazione delle imprese private e dal provvedimento normativo n. V del 1990 sugli imprenditori privati. Infine, l’art. 6 del provvedimento normativo n. VI del 1991 sulla promozione dell’impiego e sui benefici in favore della disoccupazione consente a “chiunque” di avviare un’Agenzia privata per l’impiego, indipendentemente dalla forma giuridica 28 ISFOL – Area Mercato del Lavoro dell’esercente (incluse, dunque, le persone fisiche, gli enti religiosi e caritatevoli e, naturalmente, le agenzie private costituite in forma societaria). Negli ultimi dieci anni il numero delle Agenzie private per l’impiego è cresciuto in modo ragguardevole, consentendo, per un verso, la creazione di un mercato competitivo nel settore dei Servizi per l’impiego e per altro verso una grande flessibilità delle stesse agenzie in ordine alla tipologia dei servizi erogati. Attualmente, vi sono poche agenzie private caratterizzate da una presenza stabile – normalmente sono agenzie internazionali di Servizi per l’impiego – ed un ristretto numero di agenzie di medio calibro, normalmente gestite da personale ungherese; ma la stragrande maggioranza delle Agenzie per l’impiego è rappresentata dalle agenzie più piccole, solitamente gestite da una o due persone. Purtroppo, le agenzie di minori dimensioni – che, come detto, rappresentano, la maggior parte delle Agenzie private per l’impiego – sono gestite in modo poco professionale e, qualche volta, anche in modo illegale. Proprio l’assenza di un sostanziale controllo da parte dello Stato e delle altre istituzioni pubbliche – si ricordi, in particolare, che in Ungheria non è necessaria un’autorizzazione per l’esercizio di tale attività, occorrendo la sola registrazione dell’agenzia stessa – rappresenta terreno fertile per l’insorgere di un diffuso stato di irregolarità tra le Agenzie per l’impiego private. Le agenzie non-profit “laiche” e le istituzioni religiose o caritatevoli hanno ottenuto un largo numero di consensi tra le persone in cerca di impiego, principalmente, per due ragioni: hanno una maggiore capacità delle agenzie pubbliche di avere rapporti e di accedere alle informazioni riguardanti alcuni settori della popolazione, particolarmente svantaggiati; il settore pubblico non è in grado di assecondare o di soddisfare la domanda delle persone in cerca di lavoro. L’immaturità del settore pubblico e la quasi completa deregolamentazione del settore privato hanno, infatti, contribuito a creare un sistema pressoché incontrollabile. Secondo opinioni di esperti del settore, la qualità dei servizi offerti è estremamente scadente ed è caratterizzata dal sospetto reciproco delle parti in causa. Il resoconto di tali esperienze permette di richiamare, infine, la posizione di coloro (Walwei, 1996) che continuano a sostenere la necessità della presenza dei Pes nell’ambito dei servizi forniti dallo Stato. In un mercato perfetto non ci sarebbe motivo evidente per l’esistenza di Servizi 29 ISFOL – Area Mercato del Lavoro pubblici per l’impiego, ma ci sarebbero solo intermediari privati (Pres). L’intervento del pubblico sarebbe, infatti, richiesto solo se il mercato non producesse livelli di efficienza e equità sufficienti. Nella realtà, diversi studi hanno evidenziato come gli intermediari privati tendano a concentrarsi sui lavoratori dotati di esperienza (già occupati) ed a localizzarsi nelle aree metropolitane. Ne consegue che le loro possibilità di avere successo crescono in periodi di crescita economica e si riducono in periodi di stagnazione o recessione. In queste condizioni la mancanza dei Pes produrrebbe effetti negativi in termini di efficienza ed equità. Ciò dipende dal fatto che, mentre i Pres tendono a escludere terzi dall’accesso alle informazioni in loro possesso, i Pes offrono indistintamente a tutti gratuitamente il bene pubblico che è l’informazione e favoriscono, quindi, la trasparenza del mercato e l’incontro tra domanda e offerta. Inoltre, mentre i Pres tendono a localizzarsi nelle regioni più prospere, i Pes coprono l’intero territorio nazionale indipendentemente dal ciclo economico. Il fatto che i Pres si concentrino sulle persone in cerca di lavoro più facilmente collocabili causerebbe una maggiore segmentazione del mercato e un incremento dei disoccupati con minore probabilità di essere occupati (hard core unemployment). Questo è uno degli argomenti sociali più forti a sostegno dell’intervento pubblico. Diversi sono, comunque, i limiti di funzionamento del mercato che rendono indispensabile l’intervento dei Pes secondo la letteratura cui stiamo facendo riferimento: l’insufficienza delle informazioni disponibili rende più difficile una ricerca efficace; la mancanza di conoscenze adeguate spesso induce i disoccupati a non agire nel proprio interesse; il comportamento avverso al rischio e la carenza di risorse finanziarie non favoriscono il perseguimento di una strategia atta ad adeguare le proprie competenze professionali o ad avviarsi nel lavoro autonomo; la presenza dei Pes può aumentare le aspettative di trovare un’occupazione; il persistere della disoccupazione di lunga durata è causa di gravi problemi sociali (dipendenza dallo stato, criminalità, ecc.). Inoltre, i problemi strutturali del mercato del lavoro (disoccupazione di lungo periodo e deficit degli skills richiesti dal mercato) non possono essere risolti solamente dando maggiore spazio ai Pres, ma richiedono un intervento complesso e “a tutto campo” da parte del Servizio pubblico, a cominciare dal reperimento e dalla diffusione delle informazioni sul mercato del lavoro, per finire con la messa in opera di politiche e servizi che combinino tra loro le differenti politiche attive per il lavoro. Anche altri (De Koning, Denys, Walwei, 1999), oltre a sottolineare i benefici ricollegabili alla regolamentata, si soffermano anche su altri rischi, cui abbiamo già fatto cenno. In primo luogo, vi è l’ipotesi che, a seguito della concorrenza dei privati, i Pes si rivolgano esclusivamente, o quasi, alle persone che presentano le maggiori probabilità di trovare un’occupazione al fine di aumentare la loro efficacia in termini di quota di mercato. Ne conseguirebbe la penalizzazione delle categorie più deboli. 30 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Un secondo fattore di rischio scaturisce dal fatto che l’aumento dei servizi per l’occupazione non necessariamente conduce ad un aumento dell’occupazione. In altre parole, non è detto che la demonopolizzazione produca un miglioramento del benessere sociale. Al contrario, in principio il settore dei servizi di collocamento è caratterizzato da un gioco a somma zero (a causa degli effetti di sostituzione) e dunque si pone il problema del perché spendere delle risorse in attività che non producono valore aggiunto per la società. Occorre sottolineare, tuttavia, che anche se dai servizi per il collocamento non consegue un beneficio netto positivo per la collettività si possono, comunque, ottenere degli effetti positivi in termini distributivi. Un terzo fattore è connesso, infine, alla pratica dell’outsourcing che genera riduzioni di prezzo e miglioramenti della qualità solo se le autorità pubbliche hanno la capacità di monitorare e valutare i risultati dell’attività affidata ai privati. Ci pare, infine, possibile individuare un ulteriore fattore di rischio che sebbene non esplicitato nella letteratura, pone alcuni rilevanti problematiche, peraltro passibili di maggiore acutizzazione a seguito dell’introduzione delle tecnologie informatiche, ed in particolare dell’Internet, nella erogazione di alcuni servizi. Nell’ambito del più volte richiamato VI Rapporto dell’Oil, grande rilevanza viene attribuita all’informazione sul mercato del lavoro e sono individuate opzioni concrete per ovviare ai difetti di circolazione e diffusione della stessa. Innanzi tutto si raccomanda espressamente di mantenere in capo allo Stato la raccolta e l’elaborazione dei dati, anche costringendo i detentori di informazioni importanti, siano essi pubblici o privati, a renderle accessibili. Peraltro, obiettivo non è quello di istituire un nuovo monopolio sull’uso dei dati, ma quello di realizzarne la massima diffusione, attraverso un ulteriore obbligo, in capo allo stesso Stato, di cedere le informazioni in suo possesso “a favore di tutti gli attori del mercato”. Ebbene, alcuni studi (Konle-Seidl, Walwei, 2001) da ultimo hanno sottolineato che sul fronte delle agenzie private ci sono pochissime informazioni (persino il numero è talvolta sconosciuto) e questo sia perché non vi è, quasi mai, un sistema di licenze sia perché non vi è nessuna norma legislativa in questo senso. Solo in Germania vi è un qualche obbligo, ma, comunque, le informazioni fornite sono pochissime. Anche con riguardo alla valutazione della “produzione” dei Pres l’analisi del settore si scontra con una mancanza d’informazioni che rende impossibile procedere a esaustive comparazioni a livello internazionale. 31 ISFOL – Area Mercato del Lavoro 3. MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELLE ATTIVITÀ DEI SERVIZI PUBBLICI PER L’IMPIEGO di Laura Incagli La necessità di un Servizio pubblico per l’impiego risponde anche al principio di assicurare nel campo del mercato del lavoro servizi qualitativamente e quantitativamente omogenei rispetto al territorio ed agli utenti; a questo fine l’Ocse 9 già nel decennio passato rilevava la tendenza (e l’opportunità) all’introduzione di nuove tecniche di management per obiettivi all’interno di queste istituzioni pubbliche. Ciò si traduce, concretamente, nella fissazione di target delle prestazioni attese dai Pes, la quale dovrebbe integrare l’emanazione di atti normativi più forti10. Proprio nell’ottica della progressiva eliminazione degli squilibri territoriali e sociali, un primo e basilare momento di definizione dei target dovrebbe avvenire a livello centrale, al fine di mantenere standard minimi comuni nel paese. Ciò non toglie che, come suggerisce la Commissione europea 11 , l’ulteriore specificazione delle esigenze locali possa essere comunque assicurata attraverso l’utilizzazione di passaggi definitori e programmatori decentrati, anche sulla base di processi concertativi. Accordi annuali o pluriennali tra amministrazione centrale ed enti periferici potrebbero essere utilizzati per conciliare “direzione programmatica ed indipendenza operativa”. Per di più, il raggiungimento degli obiettivi sottesi ai target è funzionale anche all’aumento della credibilità e della qualità dei servizi offerti dai Pes. Infatti, essendo la loro attivazione richiesta soprattutto nelle regioni meno sviluppate e a favore delle persone in cerca di lavoro maggiormente in difficoltà, essi rischierebbero, se si concentrassero esclusivamente su tali “emergenze”, di veder sminuito il proprio interesse presso le imprese e, conseguentemente, ridimensionata la quantità e la qualità delle opportunità lavorative offerte. Anche a tal fine è di fondamentale importanza la definizione di strumenti per la misurazione delle prestazioni dei Servizi pubblici per l’impiego. Walwei evidenzia inoltre ulteriori vantaggi nell’adozione di un’organizzazione per obiettivi: il coinvolgimento di competenze più ampie; 9 10 11 Oecd, Labour market policies: new challenges. Enhancing the effectiveness of active labour market policies: a streamlined public employment service, 1997. Cfr. ad esempio Tiraboschi M., “Al lavoro ora serve una svolta coraggiosa”, Il Sole 24 ore, 8.3.2003 Si veda COM (1998) 641 def. del 13.11.1998. 32 ISFOL – Area Mercato del Lavoro il maggior spazio per il decision-making a qualsiasi livello e la creazione di un certo grado di concorrenza tra gli uffici; le maggiori motivazioni dello staff; la possibilità di utilizzare i target anche per verificare la soddisfazione dei clienti. Inoltre, per aver successo i servizi pubblici per il lavoro necessitano di un continuo processo di confronto con la fiducia del mercato, che non può prescindere dalla diffusione delle analisi relative alle attività realizzate. Tali informazioni, per di più, possono essere utilizzabili al fine di combinare le politiche per il collocamento con altre politiche attive, contribuendo in tal modo alla riduzione della disoccupazione. Per tutta questa serie di ragioni, un Servizio pubblico per l’impiego moderno ed efficiente non può fare a meno di una misurazione continua dei livelli delle proprie performance. Un processo di valutazione vero e proprio, così come proposto da Walwei (1999), presuppone tre fasi: la valutazione ex-ante, il monitoraggio e la valutazione ex-post. La valutazione ex-ante presuppone una preliminare, e quanto più precisa possibile, individuazione degli obiettivi che ci si propone di perseguire e, conseguentemente, delle politiche più corrispondenti in termini di efficacia ed efficienza. Qualora le informazioni risultassero insufficienti per l’espletamento di tale fase, dovrebbero allora essere effettuati a suo supporto degli esperimenti circoscritti temporalmente e/o localmente12. Successivamente, si passa alla fase della valutazione delle prestazioni, consistente nel monitoraggio delle attività svolte, mediante l’uso di semplici indicatori statistici (come il numero delle persone collocate dai Pes, la loro distribuzione per gruppi specifici, ecc.), al fine di misurare i risultati e l’importanza relativa delle politiche e la soddisfazione degli utenti. Tali indicatori permettono, inoltre, una rapida identificazione dei problemi emersi nell’applicazione delle varie politiche ed aiutano a stimare il livello di efficienza ottenuto con le risorse disponibili. Queste informazioni sono, quindi, necessarie per la terza fase, quella di valutazione ex-post, atta a misurare gli effetti netti delle attività intraprese ed indicare, eventualmente, modifiche o sostituzioni delle stesse13. Tale valutazione consiste nel confrontare i risultati ottenuti per mezzo di una determinata politica con una situazione alternativa, generalmente consistente nell’assenza della politica in esame. Se i primi eccedono i secondi, allora la politica in questione può essere considerata atta al raggiungimento 12 13 Una recente disamina dei problemi inerenti la valutazione delle politiche per l’impiego è svolta in Isfol, Mercato, occupazione e salari: la ricerca sul lavoro in Italia, Lucifora C. (a cura di), Milano, Mondadori, 2003. In particolare si veda nel cap. 6 del vol. II “La valutazione delle politiche e degli interventi” di Curtarelli M. Interessanti interventi ad ampio raggio sul tema anche in Isfol, La valutazione delle politiche per il lavoro, Curtarelli M. (a cura di), Franco Angeli, Milano, 2001, che riporta gli atti di un convegno internazionale tenutosi a Roma nel giugno del 2000. Per un’esposizione più dettagliata del meccanismo di valutazione, si veda Walwei U., Performance evaluation of public employment services, cap. II Ilo. 33 ISFOL – Area Mercato del Lavoro dell’obiettivo preposto. Il complessivo processo di valutazione appena descritto dovrebbe, inoltre, svolgersi ciclicamente, vale a dire attraverso la ripetizione delle tre fasi, dando vita ad un meccanismo di trial and error, grazie al quale le politiche introdotte e gli stessi target sono via via aggiornati e perfezionati. A ciò si aggiunge la necessità, nel caso di valutazione dell’attività dei Servizi pubblici per l’impiego, di misurare anche gli effetti di sostituzione e/o di displacement. In altre parole, se si vuole valutare quanto queste attività contribuiscono alla riduzione della disoccupazione, bisogna verificare se le persone collocate attraverso i Pes non abbiano spiazzato altri soggetti presenti sul mercato del lavoro. In tal caso, l’effetto netto a livello macro potrebbe anche non essere così positivo come emerso dall’intero processo di valutazione precedentemente descritto. È ovvio, a questo punto, che la presenza dei Pes è giustificata solo se da essa se ne trae un beneficio netto per la società, vale a dire se i benefici sociali eccedono i costi sociali connessi. Elementi teorici e studi di economia applicata hanno evidenziato che, in questo senso, il beneficio maggiore si ha quando l’attività dei Pes è diretta verso i disoccupati che appartengono alle categorie più deboli e verso quelle domande degli imprenditori più difficili da soddisfare. Oltre a ciò bisogna aggiungere che, comunque, i Pes garantiscono l’erogazione dei loro servizi senza disparità regionali e indipendentemente dal ciclo economico. Questi argomenti implicano che i Pes, nell’organizzazione dei propri servizi, dovrebbero individuare una scala di priorità. Ad esempio, visto che gli studi mostrano una maggiore efficacia dei Pes nei periodi di recessione e che tali istituzioni non possono essere attivate e disattivate da un momento all’altro, sarebbe opportuno che le risorse fossero comunque reindirizzate in modo da avere degli effetti anti-ciclo. In secondo luogo, dato che i Pes sono generalmente percepiti dalla letteratura esaminata come particolarmente importanti nelle regioni meno prospere14, occorrerebbe tenere conto di questo fattore nell’allocazione delle risorse agli uffici locali. Infine, una questione politica strategica per i Pes è relativa alla scelta se concentrarsi sugli utenti più deboli o servire l’intero mercato. Da questo punto di vista, Bishop (1992), ha evidenziato come negli Stati Uniti l’adozione di strategie di concentrazione degli sforzi verso i disoccupati di più difficile sistemazione abbia avuto, in effetti, dei risultati 14 Questo ordine di considerazioni è stato, nel periodo più recente, in parte ripensato, soprattutto in seguito all’emergere di crescenti problemi di difficoltà di reperimento di manodopera in molti sistemi locali del lavoro europei. Si pensi, ad esempio, che già nel 2000 il Joint Mission Statement of Pes in Europe, dedicato al “Futuro dei Servizi pubblici per l’impiego”, sottolineava come la strategia messa a punto solo due anni prima andasse ri-orientata, essendo stata nel passato troppo indirizzata ad un segmento dell’offerta di lavoro (quello dei disoccupati difficili da occupare), trascurando altri problemi divenuti nel frattempo di primo piano, quali la carenza di manodopera, la necessità di innalzare i tassi di attività della popolazione, il sostegno a politiche che favoriscano la mobilità dei lavoratori. 34 ISFOL – Area Mercato del Lavoro negativi a causa della perdita di credibilità presso gli imprenditori. A tale proposito Dercksen e De Koning (1995) hanno sviluppato la teoria denominata carrier-wave secondo la quale avere un’elevata quota di mercato nel collocamento ed avere rapporti frequenti con gli imprenditori favorisce il collocamento degli utenti più difficili. Nonostante l’evidenza confermi questa teoria, i Pes si trovano a dover affrontare il problema di mantenere un giusto equilibrio tra soddisfare le esigenze degli imprenditori e perseguire i fini sociali propri della loro attività. Mantenere una buona reputazione presso i clienti, di entrambi i lati del mercato, è, dunque, un aspetto essenziale. Imprenditori e persone in cerca di lavoro si rivolgeranno, infatti, ai Pes solo se si aspettano evidenti benefici, maggiori di quanti non potrebbero ricavarne per mezzo del ricorso ad altri canali di intermediazione. In questo senso, il numero delle persone e aziende registrate presso i Pes è da considerarsi un indicatore importante di efficacia e di performance (ad esempio, un numero elevato di domande registrate innalza la probabilità di collocare un disoccupato appartenente alle categorie più difficili). Su questo stesso tema altri indicatori di rilievo (come si vedrà in seguito più in dettaglio) sono il numero di domande soddisfatte, il tipo di servizio utilizzato e il soddisfacimento del cliente. In generale il ruolo degli indicatori di performance è doppio. Da un lato, essi consentono il monitoraggio sia degli input che degli output del processo produttivo dei Pes. Ciò consente di costruire la base informativa su cui effettuare studi d’impatto. Questi a loro volta sono fondamentali per definire il livello di attività e la struttura ottimale dei Pes. Dall’altro lato, gli indicatori consentono di verificare se gli obiettivi assegnati a tali strutture sono raggiunti o meno in un determinato periodo di tempo. Sotto questo profilo particolarmente rilevante sembra l’assegnazione e la sorveglianza di target di performance poiché offrono una misura visibile dell’efficienza. L’utilizzo di sistemi basati su obiettivi di performance per la definizione dell’attività dei Servizi pubblici per l’impiego comporta generalmente l’implementazione di tecniche del management per obiettivi, in opposizione a quello, prevalente nell’organizzazione della pubblica amministrazione di tipo tradizionale, basato sulle direttive e le procedure burocratiche. L’organizzazione di stampo più recente dei servizi pubblici si basa sulla definizione di obiettivi, sia quantitativi che qualitativi, per gli uffici operativi locali, per le diverse unità all’interno di questi e anche per i singoli operatori. Ciò dovrebbe assicurare che l’attività venga svolta in un modo più orientato al mercato, con relazioni più attente e più strette con gli utenti. Dall’applicazione di un simile sistema, si possono ottenere tre principali tipi di vantaggio: miglioramento del servizio offerto, maggiori motivazioni per il personale coinvolto e maggior grado di comprensione del livello di soddisfazione degli utenti. Miglioramento del servizio offerto – Il management per obiettivi, difatti, richiede agli operatori pubblici coinvolti delle competenze mediamente più elevate, in grado di consentire una maggiore partecipazione al processo decisionale a tutti i livelli. 35 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Inoltre, l’erogazione di una molteplicità di differenti servizi a livello locale dovrebbe favorire l’affermarsi di un sistema di competizione tra i vari uffici dislocati sul territorio; concorrenza necessaria per un miglioramento della qualità del servizio stesso. Occorre, d’altro canto, evitare di non eccedere in questi tipi di incentivazioni se non si vogliono creare condizioni di lavoro troppo stressanti, e quindi poco “redditizie”, a causa della definizione di standard di performance eccessivamente stringenti. Maggiori motivazioni per il personale – In secondo luogo, queste tecniche sembrano aver provato di agire per un innalzamento della motivazione dello staff dei Pes, grazie soprattutto all’elevato livello di partecipazione che queste comportano. A tale proposito è però necessario che tutti i soggetti coinvolti siano a conoscenza degli obiettivi e ne abbiano una ampia comprensione. Maggiore comprensione del livello di soddisfazione degli utenti – Infine, la definizione di target e le analisi circa il loro raggiungimento aiutano a comprendere quanto siano stati soddisfatti i bisogni dei clienti, favorendo un approccio maggiormente customer-oriented (approccio imprescindibile per un Pes moderno). Per un’analisi più dettagliata del management per obiettivi si può vedere ad esempio Breyer et al. (2000). Nella sua definizione più generale l’Mbo (Management by Objectives) può essere considerato un sistema di gestione fondato su targets quantitativi, il cui scopo principale consiste nel miglioramento continuo delle performance. Tale sistema mette in risalto le formulazioni ex-ante di obiettivi operativi espliciti e la definizione di misure di output/risultati ex-post. In modo più specifico i principi pratici dell’Mbo consistono: nella definizione di obiettivi; nella realizzazione del decentramento operativo; nel raggiungimento e monitoraggio dei risultati (finali o in atto); nell’elaborazione di conclusioni pratiche fondate su una valutazione delle performance finali. Il primo passo del ciclo di management richiede la definizione di chiare finalità, di ben identificati obiettivi operativi ex-ante (target) e lo sviluppo di corrispondenti indicatori di performance che misurino lo stato di raggiungimento del target. Le finalità rappresentano gli indirizzi generali delle attività, in una prospettiva di medio o lungo termine, e, di solito, non sono quantificate. Per contro, gli obiettivi (target) definiscono aspettative di performance o di benchmark in un tempo relativamente breve e sono, di norma, i tipo quantitativo. Nella sostanza, gli indicatori di performance, definiscono il modo in cui è possibile misurare il grado di “successo” dell’attività svolta in relazione agli obiettivi prefissati. Il secondo elemento cardine dell’Mbo è il decentramento operativo, che si configura nel ricorso alla delega e alla crescente discrezionalità in relazione al raggiungimento degli obiettivi. Nel modello Mbo vi sono poche regole e procedure, quali strumenti guida per i livelli inferiori dell’organizzazione (es. livelli regionali e locali), che possono inoltre 36 ISFOL – Area Mercato del Lavoro allocare le varie risorse in maniera flessibile, tra capitoli di bilancio, per variare il mix di politiche da adottare e disegnarne il contenuto. In contrasto con le tradizionali procedure amministrative, l’enfasi è posta sull’output piuttosto che sul controllo degli input e sulla rigida aderenza alle regole. In terzo luogo l’Mbo richiede un sofisticato sistema di gestione dell’informazione che rilevi regolarmente lo stato degli indicatori rispetto agli obiettivi preposti. Il sistema deve fornire le informazioni che consentono regolari monitoraggi in tempo reale, permettendo in tal modo ai managers d’intervenire immediatamente in caso di under performance (cioè di una forte deviazione dal target predefinito). Il sistema informativo è, dunque, il fondamento per la valutazione delle performance dell’organizzazione nel suo complesso e delle singole unità operative. Infine, la valutazione delle performance avviene alla conclusione di un periodo organizzativo (solitamente annuale). A seconda del tipo di Mbo, i risultati delle performance possono essere discussi tra i diversi livelli dell’amministrazione, o, in organizzazioni fortemente gerarchiche, le valutazioni sulle performance sono semplicemente basate su dati e informazioni provenienti dal Management Information System. Occorre sottolineare che il processo valutativo, nella sua ideale configurazione, dovrebbe anche includere un meccanismo di ricompense o sanzioni (a seconda della qualità dei risultati ottenuti), al fine di creare un sistema di incentivi per i soggetti coinvolti e, quindi, per migliorare la qualità dei servizi offerti. È importante notare poi che, al termine delle valutazioni le finalità politiche, i target operativi e gli indicatori di performance devono essere adeguatamente ridefiniti e/o aggiustati, dando, in questo modo, inizio ad un nuovo ciclo di programmazione. Nell’applicazione dell’Mbo al caso specifico dei Pes, i fattori nodali sono rappresentati dal necessario coinvolgimento rispetto al conseguimento degli obiettivi dei dirigenti, dalla relativa autonomia dei Pes dall’amministrazione centrale, dal superamento dell’eccesso di regole e dalla creazione di nuove unità operative. Il coinvolgimento, rispetto al conseguimento degli obiettivi, dei dirigenti è un elemento imprescindibile per il successo di questo sistema di management, visto che vari studi, sia nel settore pubblico che in quello privato, hanno evidenziato come l’impegno esplicato dai vertici delle organizzazioni sia decisivo per il successo dell’approccio Mbo. Il coinvolgimento personale dei top-managers, tuttavia, non è sufficiente, ma necessita di una continua interazione con i livelli subordinati. Ciò consente, in particolare, di monitorare e di fornire linee guida e suggerimenti con un’efficacia che non potrebbe essere ottenuta con un’interazione indiretta, ad esempio attraverso documenti scritti, metodo ampiamente diffuso ancor oggi nelle amministrazioni pubbliche. Per quanto concerne la relativa autonomia delle unità operative dei Pes dall’amministrazione centrale, le questioni fondamentali da risolvere riguardano la definizione del limite fino a cui può, o deve, essere coinvolto nel sistema manageriale il livello politico e l’opportunità, o meno, di un controllo, da parte dell’amministrazione centrale, nella realizzazione del processo. In generale, occorre notare come, da un lato, 37 ISFOL – Area Mercato del Lavoro l’intervento centrale possa aver luogo solo nella fase di formulazione delle finalità e degli obiettivi generali, all’inizio di ogni ciclo Mbo. Dall’altro, le attività svolte secondo i principi dell’Mbo possono sempre (cioè durante l’intero ciclo organizzativo) essere trasparenti in virtù del monitoraggio e della divulgazione dei risultati. Un intervento “dall’esterno” dell’organizzazione su segmenti specifici di attività sarebbe una interferenza poco opportuna per un’efficace implementazione dell’Mbo nei Pes, i quali necessiterebbero di una relativa indipendenza e di un contesto politico stabile, in cui le finalità e le risorse dei Pes siano definite e certe per tutto il periodo di programmazione. Solo in questo modo le performance dei Servizi pubblici per l’impiego possono essere valutate in termini di “obiettivi operativi concordati”. Data l’esistenza di logiche differenti tra l’attenzione dei decisori, che rispondono agli elettori, e quella degli organizzatori dei servizi, che perseguono risultati verificabili secondo cadenze differenti, occorre che vi sia un accordo operativo tra i Pes e l’amministrazione centrale all’inizio di un periodo di programmazione, che specifichi dettagliatamente sia i target operativi che le ricorse umane e finanziarie a disposizione del servizio decentrato. Condizione necessaria per la creazione di un promettente sistema Mbo nelle agenzie pubbliche è un’effettiva riduzione delle leggi, regolamenti e procedure amministrative. In un contesto di disciplina eccessivamente dettagliata, qualsiasi sistema fondato su Mbo rischia di fallire nel medio periodo (come hanno mostrato vari studi); spesso, inoltre, nell’ambito delle politiche per il mercato del lavoro agisce ancora una tensione tra le pratiche di management rule-oriented e quelle goal-oriented (ad es., quasi tutti i paesi UE condizionano i sussidi di disoccupazione a “diritti/titoli” che, direttamente o indirettamente, influenzano le allocazioni di risorse alle misure attive). Dal momento che l’Mbo comporta elementi di programmazione (basti pensare al management finanziario), una certa formalizzazione del processo è tuttavia inevitabile. Al fine di evitare perdite di efficienza, il monitoraggio delle informazioni deve essere predisposto, così come anche una struttura che se ne occupi. Il numero degli obiettivi operativi e dei corrispondenti indicatori dovrebbe essere limitato: troppi target, difatti, potrebbero minare l’efficacia dell’Mbo come strumento strategico del management, sia nella fase di definizione delle priorità organizzative, sia nella fase di controllo della loro realizzazione. I target quantitativi dovrebbero riflettere le condizioni del mercato del lavoro locale o regionale, al fine di fornire standard comparabili tra le varie unità operative. In caso contrario, la comparazione di qualsiasi risultato di performance sarebbe probabilmente ingannevole e/o iniqua. Inoltre, gli obiettivi dovrebbero essere studiati in modo tale da non risultare “né troppo ambiziosi, né troppo limitati”. Infatti, target troppo limitati non forniscono un incentivo reale e sufficiente al miglioramento delle performance, mentre obiettivi troppo ambiziosi demotivano e possono anche produrre effetti indesiderati. Una buona regola da seguire, al fine di evitare tali problemi, consiste nella definizione di obiettivi che riflettono il livello di performance del periodo precedente. 38 ISFOL – Area Mercato del Lavoro 4. INDICATORI DI VALUTAZIONE DI PERFORMANCE DEI PUBBLICI PER L’IMPIEGO di Laura Incagli SERVIZI Fino a questo punto si è discusso molto della necessità di approntare delle misure in grado di sintetizzare il livello di performance dei Servizi pubblici per l’impiego. Ci sembra, allora, opportuno delineare un breve quadro circa i possibili indicatori utilizzabili, facendo riferimento a Walwei (1999). Per prima cosa è necessario fare riferimento ai dati disponibili (o che dovrebbero esserlo) presso i Pes, che rappresentano già degli indicatori di per sé, seppur basati su valori assoluti: le persone in cerca di lavoro, i posti di lavoro non coperti e i matching effettuati. Questi dati, difatti, permettono un primo esame dell’importanza dei Servizi pubblici per l’impiego con riferimento a tre distinti concetti: l’uso dei servizi di collocamento come canale di ricerca di un lavoro, l’uso dei servizi di collocamento come canale per l’assunzione di nuovo personale e le assunzioni avvenute attraverso i servizi di collocamento. Le persone in cerca di lavoro. Nonostante la maggior parte delle persone che si rivolgono ai Pes siano persone disoccupate, bisogna considerare che le persone in cerca di lavoro che si registrano ai vari Centri possono essere di diverso tipo: disoccupati, persone che desiderano cambiare lavoro, persone che dopo un periodo di inattività desiderano rientrare sul mercato del lavoro, partecipanti a misure attive per il lavoro, ecc. Ovviamente è utile tenere una distinzione delle varie categorie per poter diffondere indicatori il più precisi e dettagliati possibile. Con questi dati è possibile determinare lo stock di persone in cerca di lavoro in un determinato istante, possibilmente anche disaggregato per i vari sottogruppi. Anche l’afflusso di nuove registrazioni può essere impiegato come indice del grado di attrazione del Servizio pubblico nella ricerca di un posto di lavoro. Infine, anche il numero di persone che sono uscite dal registro dei Pes rappresenta un importante indicatore che offre una prima misura di quanti soggetti, attraverso un uso più o meno intenso dei servizi offerti, abbiano trovato un lavoro. I posti di lavoro. Poiché pochissimi paesi impongono alle imprese di comunicare ai Pes i posti vacanti, l’afflusso di richieste di personale da parte delle aziende è un buon indicatore dell’appetibilità del servizio offerto dai Pes. Anche in questo caso sarebbe interessante suddividere questo dato per varie sottocategorie, in grado soprattutto di identificare i vari livelli qualitativi dei posti di lavoro. Altrettanto interessante è la durata media dello stock di posti vacanti, per comprendere il tempo necessario per la 39 ISFOL – Area Mercato del Lavoro copertura dei posti di lavoro, come ulteriore elemento in grado di sintetizzare le performance del servizio pubblico. I matching. Il numero totale dei collocamenti può essere interpretato come una prima, rozza ma diretta misura, dell’attività dei Pes. In questo caso, però, è necessaria una definizione dei collocamenti avvenuti attraverso l’attività dei Pes ed è importante che essa non sia stabilita in modo troppo ampio o troppo stringente, per evitare sopra o sotto valutazioni. Anche in questo caso è utile una disaggregazione per sottocategorie. Ovviamente, il rischi maggiore nell’utilizzo esclusivo di valori assoluti come indicatori di performance dei Pes consiste nell’ignorare il mercato del lavoro ed il suo andamento. Pertanto, è necessario approntare anche indicatori basati su dati relativi. Tasso di registrazione delle persone in cerca di lavoro. Questo indice è dato dal rapporto tra afflusso (o stock) di persone in cerca di lavoro registratosi in un certo periodo di tempo (in un certo istante) presso i Pes e l’aumento (o lo stock) di persone in cerca di lavoro. Più questo tasso è elevato, maggiore è il grado di attrazione del servizio pubblico. Tuttavia, non bisogna dimenticare che questo indice è fortemente influenzato dalla legislazione vigente nel paese (ad es. obbligatorietà di iscrizione per ricevere il sussidio di disoccupazione). Tasso di registrazione dei posti di lavoro vacanti. Questo tasso è calcolabile come il precedente, considerando il numero di posti di lavoro invece di quello delle persone in cerca di occupazione. Esso indica quanto i Servizi per l’impiego siano chiamati in causa dal settore pubblico e privato per far fronte al reclutamento di personale. Tasso di successo. Questo tasso può essere calcolato sia per i posti di lavoro vacanti, sia per le persone in cerca di lavoro. Esso è dato dalla proporzione di posti vacanti coperti sul numero di posti vacanti totali o dal numero di persone che hanno trovato occupazione sul totale delle persone in cerca di occupazione, attraverso l’azione dei Pes. Tasso dei tentativi. Esso è rappresentato dal rapporto tra le coperture dei posti di lavoro proposte ed il numero dei posti di lavoro vacanti. Anche in questo caso il tasso è calcolabile anche per le persone in cerca di lavoro, sostituendo le coperture dei posti di lavoro proposti con i collocamenti proposti e i posti di lavoro con il numero delle persone in cerca di occupazione. Tasso di successo dei tentativi. Tale tasso si determina attraverso il rapporto dei posti di lavoro coperti ed il numero delle proposte di copertura. Quando questo indicatore presenta valori elevati, sottintende un’accurata selezione di candidati per i posti di lavoro vacanti e, quindi, rappresenta una misura di efficienza del servizio pubblico e della sua qualità. Tasso di penetrazione. Anch’esso è calcolabile sia per le persone in cerca di lavoro che per i posti di lavoro vacanti. Nel primo caso esso è il risultato del rapporto tra persone collocate attraverso l’azione dei Pes e il numero di persone in cerca di occupazione registratesi in un certo periodo. 40 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Queste misure relative sono assai utili per una valutazione di quanto le imprese e le persone in cerca di occupazione si affidano ai Pes e per evidenziare i punti di forza e di debolezza degli stessi sull’intero mercato o su alcuni suoi segmenti. Per quanto concerne i problemi per queste misurazioni, essi dipendono principalmente dalla reperibilità di dati affidabili e dalle differenti fonti informative di riferimento. Esempio di queste difficoltà possono essere rintracciate nel caso italiano, come evidenziato da Sestito (2002). Gli iscritti ai Centri per l’impiego, difatti, assai raramente corrispondono al numero di disoccupati presenti sul territorio così come stimati dalle Indagini trimestrali delle forze di lavoro, con conseguente impedimento al calcolo degli indicatori precedentemente menzionati. Tale divario di cifre dipende soprattutto dalla deteriorata qualità e dalle difficoltà di aggiornamento degli elenchi amministrativi dei disoccupati. Pertanto, poiché per una corretta valutazione dell’attività dei Servizi pubblici per l’impiego non si può prescindere da una base dati affidabili, in molti casi si rende necessario anche un ammodernamento della struttura, delle informazioni e dell’aggiornamento degli elenchi in possesso di queste istituzioni. Infine, è da sottolineare l’opportunità di confrontare questi indicatori relativi all’attività dei Servizi pubblici per l’impiego con analoghi indici misuranti l’attività delle agenzie private di collocamento, al fine di favorire un sistema concorrenziale, per quanto possibile, tra queste due istituzioni. 41 ISFOL – Area Mercato del Lavoro 5. RIFORMA DEL COLLOCAMENTO IN GERMANIA: MAGGIORE EFFICIENZA E CREDIBILITÀ ATTRAVERSO LA MODERNIZZAZIONE O LA PRIVATIZZAZIONE? di Regina Konle-Seidl e Ulrich Walwei 5.1 L’alto tasso di disoccupazione e lo “scandalo del sistema d’intermediazione” quali motivazioni per l’avvio di riforme delle politiche del mercato del lavoro Negli anni 90, in Germania il tasso di disoccupazione ha fatto registrare nuovi “record”. Il picco è stato raggiunto nel 1997 con un tasso medio annuo di disoccupazione pari all’11,4% (su scala nazionale). Con l’ultima ripresa economica, verificatasi tra l’autunno del 1997 e la primavera del 2001, il livello di disoccupazione si è abbassato attestandosi su un valore pari al 9,4%. Tuttavia, successivamente a tale periodo, il tasso di disoccupazione ha subito nuovamente un forte rialzo. Secondo le previsioni avanzate dall’Istituto di ricerca sul mercato del lavoro e le professioni (Iab), nel 2003 il tasso di disoccupazione medio annuo raggiungerà il 10,6% (si veda la fig. 1). Il livello di disoccupazione in Germania è caratterizzato da un andamento pressoché costante (isteresi). La sottoccupazione – mantenendosi anch’essa costantemente su un livello elevato nel corso dell’ultimo decennio – ha trasformato una situazione prettamente congiunturale in una situazione strutturale, dando vita a quel fenomeno denominato “disoccupazione di lunga durata”. Oltre un terzo dei disoccupati si trova in questa condizione da un anno o forse più. Nel confronto con l’Italia, la Grecia ed il al Belgio, la Germania presenta la percentuale più alta di disoccupati di lunga durata. Una delle principali cause che ha portato ad una persistente disoccupazione in Germania è stata la mancanza di una dinamica occupazionale, probabilmente conseguenza d’errori passati legati anche alla riunificazione del paese. Rispetto alla consistente offerta di lavoro, l’aumento della percentuale di lavoratori occupati tra il 1997 ed il 2001 (si veda la fig. 1) non è stato sufficiente a controbilanciare la scarsa crescita e la debolezza del mercato del lavoro. Le attuali riforme del mercato del lavoro tedesco non sono rivolte allo scopo di favorire un aumento della domanda di lavoro, ma piuttosto sono incentrate sulla riforma del sistema del collocamento, al fine di raggiungere un migliore equilibrio all’interno del 42 ISFOL – Area Mercato del Lavoro mercato stesso. All’inizio del 2002, in ambito politico, si dava per scontato che a fronte di circa 4 milioni di disoccupati si registrasse un’offerta di circa un milione di posti di lavoro. In un’indagine condotta tra le imprese, circa i due terzi degli imprenditori avevano affermato di non riuscire a trovare un’adeguata forza lavoro. L’inefficienza del sistema d’intermediazione del lavoro era stata bersaglio d’aspre critiche. Fig. 1 - Percentuale di lavoratori e disoccupati in Germania dal 1991 al 2003 ET - Quote in % Alo - Quote in % 71 12 70 Percentuale di disoccupati* 11 69 10 68 9 67 8 Percentuale di lavoratori occupati** 66 7 6 65 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 * Percentuale di disoccupati sul totale degli individui in età lavorativa ** Lavoratori nel segmento di popolazione di età compresa tra 15 e 65 anni. Note: valori relativi al 2003 (variazione media) Fonte: Iab IV/2 Conseguentemente alla divulgazione dei dati occupazionali “edulcorati” forniti dall’Ente federale per il lavoro (BA) e dalle autorità ufficiali del sistema del collocamento, nel febbraio 2002 il miglioramento del matching tra domanda ed offerta di lavoro divenne il fulcro d’interesse per i decisori politici e l’opinione pubblica. Le proposte della Commissione “Servizi moderni sul mercato del lavoro”, la cosiddetta Commissione Hartz, istituita dal Governo federale a seguito dello “scandalo del sistema del collocamento”, mirano sostanzialmente a ridurre la durata della disoccupazione e ad avviare una valida attività d’intermediazione, come momenti decisivi per raggiungere un equilibrio all’interno del mercato del lavoro e dunque sono proiettate a ridurre l’elevato tasso di disoccupazione (Report of the Commission, 2002). Oltre alle proposte mirate a garantire una intermediazione più snella e veloce, anche le strutture organizzative del collocamento sono state messe alla prova. Al fine di ottenere un inserimento più rapido ed efficiente dei disoccupati nel mondo del lavoro, si è inteso mettere a regime servizi flessibili, che potessero far fronte alle inefficienze ed alla errata 43 ISFOL – Area Mercato del Lavoro allocazione delle risorse da parte dell’autorità statale monopolista. Successivamente all’entrata in vigore di due leggi di attuazione dei “principi Hartz”, nel corso di quest’anno il Governo federale provvederà a formulare le direttive per la ristrutturazione dell’Ente federale per il lavoro. Parallelamente, sempre in seno alla struttura BA, si stanno attuando iniziative volte ad accelerare il processo di modernizzazione del servizio. Si tratta di raggiungere una maggiore efficienza operativa mediante un migliore controllo ed una gestione maggiormente differenziata. 5.2 Problemi d’efficienza e d’immagine, quale incentivo per una riforma Con circa 90.000 dipendenti ed un budget superiore a 50 miliardi di Euro, l’Istituto federale per il lavoro rappresenta non solo uno dei principali enti pubblici in Germania, ma anche il maggiore “Public Employment Service” (Pes) a livello europeo. I problemi di immagine e l’insoddisfazione manifestata dagli utenti, già agli inizi degli anni 90, avevano indotto ad avviare un processo di cambiamento del sistema del collocamento. Nel 1994, con l’abolizione del monopolio del collocamento e l’ingresso nel mercato delle agenzie private, si è atteso fiduciosamente un miglioramento in termini di qualità e di efficienza del sistema, derivante da una maggiore concorrenza tra le agenzie private e gli uffici pubblici. Da allora, in Germania vige pertanto un modello di co-esistenza pubblico-privato. Tuttavia, i loro segmenti di mercato si intersecano appena. Mentre le agenzie private in genere intermediano figure professionali di alto profilo, quadri, manager, artisti e – in misura sempre maggiore – anche personale specializzato per il settore amministrativo ed aziendale, l’utenza del BA si compone essenzialmente di forza lavoro non qualificata e di operai qualificati dei settori commerciali ed industriali. La credibilità delle agenzie d’intermediazione “private” da allora è andata crescendo, portando ad una loro rapida diffusione su tutto il territorio. Secondo stime prudenti, circa il 10% di tutte le intermediazioni effettuate sono da attribuire ad esse. La loro quota di mercato, relativa a nuovi rapporti di lavoro instaurati, continua tuttavia ad essere piuttosto bassa (si veda la tab. 1 e Konle-Seidl/Walwei, 2002). Tuttavia verso la metà degli anni 90, né la liberalizzazione né i timidi tentativi di modifica delle organizzazioni in seno al BA sono riusciti ad apportare un miglioramento duraturo in termini di efficienza e di immagine del sistema d’intermediazione “pubblico”. Le nuove strutture organizzative degli uffici del lavoro (Arbeitsamt 2000) e l’introduzione di una gestione economica goal oriented, avevano come obiettivo principale quello di apportare un miglioramento in termini di efficienza e di redditività. 44 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Germania Est Tab. 1 - Inserimento lavorativo e risultati delle varie modalità di ricerca del personale da parte delle aziende (1994, 1996 e 2001) - valori % Germania Ovest 51 6 - 1994 2 38 50 6 - 1996 226 4 27 30 31 - 5 41 50 8 30 2001 100 1 2 12 16 10 1 13 42 3 - 1994 100 1 3 12 15 14 2 13 39 1 - 1996 100 1 3 13 18 7 2 11 37 2 6 2001 132 2 7 18 36 - 2 37 24 6 - 1994 125 1 6 13 28 - 1 49 23 4 - 1996 165 1 9 26 28 - 3 51 25 7 15 2001 100 1 2 17 27 12 1 22 16 2 - 1994 100 0 2 9 18 22 1 34 13 1 - 1996 100 0 2 22 21 9 1 26 14 2 3 2001 Modalità di successo 32 4 17 18 24 - Modalità intraprese Inserzioni per ricerca di personale Risposta ad inserzioni di lavoro Offerte di lavoro tramite internet senza Sis e Ais 2 159 Modalità di successo Uffici del lavoro 3 14 18 25 - Modalità intraprese Intermediazione privata 151 Modalità di ricerca Annunci affissi in fabbrica Concorsi interni Selezione canadidature Segnalazioni di colleghi Nessuna segnalazione Totale 45 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Tuttavia, tali misure non sono state applicate in modo sufficientemente coerente così da potere evidenziare risultati positivi e non si è quindi ottenuto il miglioramento auspicato. Oltre a potenziare il personale degli uffici del lavoro con team di addetti preposti all’orientamento degli utenti, a tali strutture è stata concessa altresì un’ampia sfera di azione per l’espletamento delle loro mansioni. Il concetto di offrire un sistema d’intermediazione ed una consulenza al lavoro avrebbe dovuto dar vita ad una nuova cultura di “servizio” mirato all’utente. Con l’introduzione delle nuove tecnologie, inoltre i sistemi di auto-informazione sono stati fortemente potenziati. Per motivi di natura economica e di competitività, il BA ha cercato di collaborare sempre più con le agenzie private. Nonostante tutte le iniziative di modernizzazione avviate, il BA non è stato in grado di attuare un completo cambiamento, trasformandosi così da agenzia monopolistica in agenzia di servizi, evidenza ancor più aggravata dalla profonda “crisi di fiducia” attraversata nella primavera del 2002. 5.3 Esperienze internazionali Analoghi casi si sono evidenziati anche all’estero. Nella maggior parte degli Stati membri dell’UE – così come avvenuto in Germania – negli anni 90 il sistema del collocamento si è evoluto, trasformandosi da un regime monopolistico ad un sistema di co-esistenza pubblico-privato. Anche negli altri paesi, ben presto si è andata affermando l’idea che la liberalizzazione di per sé non sarebbe stata sufficiente a promuovere l’immagine dei “Public Employment Services” e quindi ad assicurare un’offerta di servizi d’intermediazione qualitativamente elevata. Da diverso tempo, gli Stati membri dell’UE stanno intraprendendo ogni percorso possibile per trovare una soluzione ai problemi di efficienza e di immagine. A livello europeo gli interrogativi fondamentali rimangono comunque gli stessi: quale tipo di struttura organizzativa è in grado di fornire efficienti servizi pubblici e di contenere, od addirittura eliminare, i limiti di una struttura monopolista vincolata da influenze di natura politica e, di conseguenza, di risolvere i problemi della errata allocazione delle risorse e di un sistema inefficiente? Quali approcci sono maggiormente indicati per un miglioramento dell’efficienza e della credibilità del settore: più concorrenza, attraverso la privatizzazione o diversa organizzazione mediante strutture di gestione simili a quelle private, ma operanti all’interno di un sistema pubblico di amministrazione del lavoro? Al fine di poter inquadrare la discussione e le proposte di riforma del BA in un contesto più ampio, è necessario volgere lo sguardo a ciò che accade al di là dei confini. Quali esperienze e quali approcci di riforma sono stati, di recente, adottati dagli altri paesi? In quali Stati la trasformazione ha riscosso maggiore successo? Quali insegnamenti possono essere tratti dagli approcci e dalle esperienze degli altri paesi? 46 ISFOL – Area Mercato del Lavoro 5.3.1 Privatizzazione o modernizzazione? Nei Paesi Bassi tali questioni sono state avvertite in modo più pressante ed ancor prima che in Germania. La gestione pubblica del settore del collocamento da lungo tempo veniva considerata come una sorta di “archivio delle pratiche abbandonate”. Il monopolio pubblico venne meno nel 1990. L’anno successivo, le parti sociali avrebbero dovuto compiere un enorme sforzo di immaginazione (come nel modello tedesco) ed attuare una decentralizzazione delle risorse finanziarie per evitare che poi la nuova struttura amministrativa venisse criticata per la sua “pesantezza”. All’inizio degli anni Novanta, i rapporti conclusivi di molte Commissioni d’inchiesta parlamentari avevano accertato non solo un evidente abuso nell’erogazione dei sussidi di assistenza sociale e dei contributi di invalidità, ma avevano altresì constatato i pessimi risultati conseguiti dal sistema statale del collocamento. Conseguentemente a tali rilevazioni, si avviarono numerose ed importanti trasformazioni. Tra i principali obiettivi non vi erano solo la ristrutturazione del servizio d’intermediazione del lavoro, ma anche la riorganizzazione dell’intero sistema di assistenza sociale. Con queste premesse, si può facilmente spiegare la radicale riforma dell’amministrazione del lavoro attuata nei Paesi Bassi attraverso una parziale privatizzazione. Il 1° gennaio 2002, l’organizzazione pubblica del collocamento, “Arbvo” venne smantellata e sostituita dai “Centri per il lavoro ed il reddito” (Cwi). I Cwi fungono oggi da front office per gli uffici del lavoro, gli enti previdenziali ed i municipi. Essi sono anche considerati “centri di primo contatto” in grado di offrire servizi integrati ai disoccupati, alle persone in cerca di prima occupazione ed ai datori di lavoro. I Cwi, che continuano ad essere a gestione pubblica, offrono unitamente a tanti altri servizi anche quelli di consulenza e di informazione. Tra i loro compiti rientrano la rilevazione e l’offerta di nuovi posti di lavoro. I servizi di reinserimento dei disoccupati di difficile collocamento e di aggiornamento professionale, al contrario, sono stati privatizzati. Le unità attualmente privatizzate concorrono con le altre agenzie del settore per ottenere gli incarichi. Generalmente viene bandito un concorso per un certo numero di posti di lavoro presso i quali l’appaltatore deve necessariamente collocare una percentuale minima (ad esempio il 35%) di lavoratori. Nel caso in cui non riuscisse ad adempiere a tale impegno, i compensi spettanti saranno consistentemente ridotti. Con l’assunzione di questa forma di impegno, si vuole incentivare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Il motto è “reintegrazione nella competitività”. In tal modo si garantisce un’intermediazione efficiente, soprattutto per i gruppi maggiormente svantaggiati. Nell’attuazione della riforma, gli olandesi hanno tratto insegnamenti dagli australiani. Già nel 1998, l’Australia aveva fatto proprio il modello promosso dall’Ocse della “verifica di mercato”. Al fine di garantire condizioni di competitività nell’ambito della politica del mercato del lavoro, è necessario operare una netta distinzione tra fornitori (agenzie d’intermediazione) e gli acquirenti dei servizi d’intermediazione (Esecutivo). Il Governo stabilisce quali debbano essere gli obiettivi ed i risultati da raggiungere per i 47 ISFOL – Area Mercato del Lavoro quali è disposto a pagare e si mette alla ricerca del fornitore più competitivo mediante bandi di concorso. Il miglior offerente può essere un’organizzazione sia pubblica sia privata. Mediante questo sistema viene “testata” la competitività del fornitore pubblico. Una riforma “à la Hollandaise” della gestione del lavoro in Germania indurrebbe una trasformazione radicale della struttura pubblica, poiché le condizioni istituzionali di base dei due paesi differiscono enormemente. Mentre nei Paesi Bassi, la gestione pubblica del lavoro ha una “legittimità istituzionale” piuttosto limitata, in Germania il settore della assistenza sociale è fortemente “legittimato”. All’amministrazione del BA concorrono a tutti i livelli le parti sociali. Questa forma di auto-amministrazione discende, storicamente, dalla natura degli interessi e dalle modalità del finanziamento attuato mediante i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro (50% ciascuno). Le autorità competenti in materia di assistenza sociale e collocamento si trovano a dover operare sotto uno stesso tetto e sono finanziate mediante gli stessi fondi. Al contrario, nei Paesi Bassi, l’amministrazione statale del lavoro è finanziata con il gettito fiscale, mentre la politica del mercato del lavoro ed i sussidi di disoccupazione vengono finanziati con i contributi previdenziali. Nel passato, il sistema del collocamento e quello dell’assistenza sociale erano spesso lasciati in secondo piano. Il modello olandese si potrebbe diffondere in Germania soltanto nel caso in cui il BA venisse scisso in due diversi enti, uno preposto all’intermediazione e l’altro incaricato dell’assistenza sociale, senza partecipazione alcuna delle parti sociali. Solo attraverso questo sistema, si riuscirebbe ad ottenere una netta distinzione tra offerenti ed acquirenti dei servizi d’intermediazione, e si potrebbe delineare così una reale condizione di competitività nel mercato dell’intermediazione. (Konle-Seidl, 2002). 5.3.2 Riforme mediante la modernizzazione Per ragioni storico-istituzionali, in Germania si è parlato sempre più di riforme attuabili attraverso la modernizzazione delle organizzazioni esistenti. Una maggiore predisposizione ai concetti di servizio pubblico e di qualità implica, innanzi tutto, l’applicazione di strumenti di economia aziendale e strumenti di gestione imprenditoriale da parte delle autorità competenti. Dopo l’introduzione del concetto di New Public Management, le autorità competenti devono essere maggiormente customer oriented. Le autorità così “modernizzate” preposte al servizio pubblico non opereranno soltanto su richiesta, ma forniranno attivamente i propri servizi, offriranno consulenza ai loro partner su eventuali soluzioni, assumeranno incarichi ed offriranno i prodotti più adeguati. In Austria, verso la metà degli anni 90, sono state messe in pratica forme efficienti di gestione, controllo e regolamentazione delle istituzioni statali nell’ambito della pubblica amministrazione del lavoro. Sotto la spinta della “Strategia europea per l’occupazione”, l’amministrazione austriaca del lavoro si è vista costretta ad intraprendere un sostanziale processo di “modernizzazione”. 48 ISFOL – Area Mercato del Lavoro L’Ams (Servizio del lavoro), insieme al Pes scandinavo, funge da pioniere nella modernizzazione, sia come modello-guida, sia in materia di gestione dei “servizi” da parte di un sistema del lavoro pubblico riformato. A seguito della legge sui servizi del mercato del lavoro del luglio 1994, l’amministrazione è stata riorganizzata dal Ministero del lavoro e costituita come impresa di servizi di diritto pubblico. Gli uffici territoriali e le agenzie dell’Ams sono contattate come sempre dagli stessi attori (datore di lavoro, lavoratore, enti pubblici). Conseguentemente all’accorpamento di determinati compiti statali concentrati in unità organizzative, si è cercato di adottare un approccio customer oriented attraverso una nuova stesura del catalogo dei servizi pubblici offerti. Inoltre, con la riorganizzazione dell’amministrazione federale è stato introdotto un nuovo concetto di gestione goal oriented, sostanzialmente diverso da quello classico di amministrazione burocratico-centralizzata. Sin dal 1995, in Austria si è cercato di orientare il funzionamento dell’Ams verso il mercato del lavoro attraverso una serie di accordi mirati. A Vienna, il management dell’Ams ha concluso accordi mirati a due diversi livelli, sia con il Governo federale ed il Parlamento, con riguardo all’aspetto strategico, sia con le agenzie locali, con riguardo a quello operativo. Gli obiettivi e gli indicatori relativi ai principi cardine di economia politica sono pertanto rilevanti e si ispirano alle linee guida in materia di politica del lavoro dell’UE. In Austria, gli enti preposti all’erogazione dei servizi pubblici hanno compiuti enormi progressi per affermarsi sul mercato del lavoro. Data la presenza di strutture organizzative private, il fatto che l’Ams non si sia dovuto occupare di attività diverse dall’intermediazione (ad esempio, la rilevazione del lavoro sommerso), gli ha consentito di potenziare ampiamente la sua principale attività moltiplicando in tal modo i contatti con le imprese in cerca di nuovo personale. Gran parte dello staff dell’Ams è preposto a mansioni di intermediazione. L’ottimo rapporto di assistenza (1:200) ed una regolamentazione relativamente semplice delle procedure amministrative offrono i giusti presupposti per un’efficiente attività di consulenza e d’intermediazione user friendly (Konle-Seidl/ Winkler, 2002). 5.4 Da autorità ad ente erogatore di servizi A seguito dello “scandalo del sistema del collocamento”, il Governo federale, ha approvato il 25 febbraio 2002, un “duplice piano di riforma” dei servizi del mercato del lavoro, mirato ad una maggiore competitività e ad una maggiore attenzione all’utenza. In primo luogo, il Codice Civile è stato modificato in alcune sue parti (abolizione dell’obbligo di autorizzazione per le agenzie private, possibilità per queste ultime di richiedere compensi anche ai lavoratori, introduzione dei cd. buoni del collocamento) e la struttura organizzativa del BA è stata pressoché rivista. In sostituzione del presidente e di un dirigente che ricoprivano solo cariche onorarie, dall’aprile del 2002 le agenzie sono 49 ISFOL – Area Mercato del Lavoro gestite da un management a tempo pieno composto da tre attori. Successivamente, sono stati applicati i principi dettati dalla Commissione Hartz, le cui raccomandazioni per il ridimensionamento della disoccupazione e la ristrutturazione del BA sono state tradotte in due distinte leggi. Attraverso il superamento delle tradizionali strutture amministrative, con il conseguente riorientamento della organizzazione e degli incentivi al lavoro, e mediante l’acquisizione di una veste di struttura imprenditoriale, il BA dovrebbe diventare l’attore principale del mercato del lavoro. Ciò dovrebbe implicare anche una maggiore semplificazione della disciplina procedurale. L’istituzione del BA, nato per l’adempimento di compiti statali, si fonda sulla legge fondamentale. Nei suoi 50 anni di vita, il BA si è visto costretto a comprimere l’organizzazione di tutti i suoi compiti in un ambito sempre più limitato. È ora dunque il momento riformare non soltanto la struttura del BA, quanto tutto il sistema di norme secondo le quali operano gli uffici del lavoro. Questo rinnovamento legislativo e dunque un ridimensionamento della “espertocrazia” potrebbe apportare, di conseguenza, una maggiore efficienza di tutti gli uffici del lavoro della Germania. La nuova struttura del BA non rinuncia tuttavia ad essere “auto-gestita” dai lavoratori, dai rappresentanti dei datori di lavoro e degli enti pubblici, anche se numerose ed importanti modifiche sono state già apportate. Oltre alla soppressione degli incarichi onorari, il Consiglio di amministrazione è stato considerevolmente ridotto e le sue funzioni sono state pressoché modificate. Il nuovo Cda gestisce l’operatività delle agenzie in modo autonomo ed imprenditoriale. Oltre ad essere maggiormente libero dal controllo dei “Comitati di autogestione”, esso sta cercando di operare smarcandosi da eventuali pressioni politiche. In passato, il Ministero federale del lavoro esercitava sul BA solo un controllo di legittimità, al fine di garantire il rispetto delle leggi. In realtà, esisteva una profonda commistione nel modo in cui i compiti venivano espletati. La maggiore responsabilizzazione che il Consiglio di amministrazione del BA dovrebbe assumersi implica che il modello britannico di agenzia di “Employment Service”, il cosiddetto agency model, non può essere preso quale modello per il nuovo BA. Il modello britannico di “agenzia” funziona sulla base di una netta ripartizione dei compiti tra il livello strategico (Ministero) e le agenzie (Uffici del lavoro) in quanto unità operative. Come task force governativa l’“Employment Service” mette in atto una politica di governo per mezzo di accordi di rendimento orientati alla produzione. Alle agenzie rimane così da delineare i limitati spazi di gestione dei propri obiettivi o i punti fondamentali della loro attività. Un radicale decentramento delle competenze implica per gli uffici del lavoro una maggiore libertà di gestione attraverso una nuova organizzazione della struttura e delle procedure di funzionamento. In passato, gli aspetti positivi di una gestione fortemente decentrata delle misure di inserimento e di politica economica, si limitavano spesso ad un formalismo numerico che gravava specialmente sugli uffici del lavoro. Ad esempio, 50 ISFOL – Area Mercato del Lavoro l’applicazione delle riforme dell’organizzazione “AA 2000” ha imposto agli uffici del lavoro di costituire team di lavoro organizzati in maniera estremamente dettagliata in termini di composizione del personale e delle funzioni. Altro ostacolo da superare è anche la mentalità gerarchica profondamente radicata ed alimentata da un’impostazione fortemente centralizzata e consolidata del BA. Gli accordi sugli obiettivi, delineati dall’Ufficio Centrale di Norimberga, e conclusi con gli uffici del lavoro, devono attribuire a questi ultimi una maggiore libertà di azione per permettere loro di raggiungere, con propri mezzi, gli obiettivi prefissati. Ciò implica che un ufficio del lavoro, dotato di un budget per la realizzazione di misure concernenti la politica del mercato del lavoro, non solo deve godere di autonomia decisionale in merito al finanziamento di un corso di specializzazione per lavoratori dell’industria metallurgica piuttosto che di un corso di aggiornamento per segretarie d’azienda, ma deve essere anche libero di attuare tali misure in maniera completamente autonoma. “L’ideologia della quantità” – incoraggiata dalla politica e praticata dall’Ufficio centrale – alla fine aveva portato ad evidenziare cifre “edulcorate” sul collocamento. Cifre elevate vengono considerate un “successo”, che è sempre servito a legittimare la costituzione del BA. Da più parti sono state riposte sul BA, in quanto agenzia di servizi, le massime aspettative. Oltre ai clienti diretti del servizio d’intermediazione, vale a dire persone in cerca di occupazione ed imprese, anche gli uffici, i comuni, gli enti parastatali e privati, le società per l’impiego e gli enti di formazione sono interessati alle attività del BA, in quanto anch’essi sono legati a questo organismo. Questo arduo “Gemengelage” di shareholder e stakeholder complica in maniera considerevole l’attuazione di una riforma che mira non soltanto ad una più efficiente amministrazione, ma anche ad uno smantellamento della burocrazia. In vista di un maggiore orientamento verso gli obiettivi fondamentali, la “intermediazione nella formazione e nel lavoro”, i “sussidi di disoccupazione” e la “qualificazione e l’inserimento nel mercato del lavoro” e, nell’interesse dei contribuenti, le attività legate all’assistenza sociale (come le sovvenzioni ai disabili), i corsi di lingua per cittadini dell’ex-Rdt o la lotta al sommerso, non rientrano più nelle competenze del BA, ma vengono finanziate con il gettito fiscale. 5.5 Portata di una riforma globale Una riforma globale della struttura deve individuare le soluzioni adeguate alla risoluzione di problemi fondamentali. I principali campi di intervento del BA sono molteplici: oltre alla adozione di un’organizzazione più snella ed efficiente, finalizzata maggiormente all’utente, l’obiettivo di assumere il ruolo di “agenzia primaria nell’erogazione di servizi nell’ambito del mercato del lavoro”, implica non soltanto che i disoccupati debbano avere la priorità, ma che il BA diventi il “partner di riferimento per tutte le attività lavorative e per tutti gli attori del mercato”. La più importante espressione 51 ISFOL – Area Mercato del Lavoro di questi principali campi di intervento è l’intermediazione. Da un lato, sarà necessario lavorare in modo “maggiormente orientato al mercato” e, dall’altro, l’intermediazione dovrà essere considerata strettamente connessa alla concessione di sussidi e di misure, oltre che al loro controllo. È chiaro che l’ente preposto all’intermediazione necessita di una più ampia sfera di azione e di un tempo più lungo per attuare l’intermediazione stessa, mentre non avrà più competenze in materia di sussidi. Conseguentemente all’ottimizzazione delle risorse nelle operazioni di concessione dei sussidi, attraverso l’uso di procedure standardizzate e di tecnologie informatiche avanzate, altre risorse possono essere acquisite al necessario potenziamento dei servizi d’intermediazione e di consulenza. In Austria tali procedure sono state dettagliatamente analizzate e si è giunti alla conclusione che il personale addetto al calcolo dei sussidi può essere ridotto del 30%. Questo paese rappresenta pertanto un modello valido per la semplificazione della regolamentazione e l’erogazione dei sussidi su base forfetaria. Secondo le valutazioni del BA, circa i due terzi dei compiti che non siano l’intermediazione diretta e la consulenza potrebbero essere delegati al back office degli uffici del lavoro. Una regolamentazione più semplificata delle disposizioni legali ed amministrative permette di prestare una maggiore attenzione all’utente. Quasi la metà del tempo di lavoro di un mediatore viene impiegato per rispondere a questioni di natura giuridica in relazione alle prestazioni. Ciò dimostra chiaramente che un reale potenziamento delle attività d’intermediazione e di consulenza può essere raggiunto se il diritto relativo alla materia sarà consistentemente semplificato. Per raggiungere la relazione, auspicata dal “Rapporto Hartz”, tra il numero di intemediatori e le persone in cerca di lavoro, 1 su 200, si renderà necessaria un’ulteriore ottimizzazione. In passato il rapporto di assistenza, secondo la situazione del mercato, variava tra 1 a 600 e 1 a 800. Un miglioramento potrebbe essere realizzato mediante un ulteriore potenziamento dei servizi computerizzati di auto-informazione ed un più esteso ricorso ad Internet da parte delle agenzie, come ad esempio per la ricerca dei candidati. Si può avere un’idea di quale sia il potenziale ancora da sfruttare se si analizzano le esperienze maturate nei paesi scandinavi nordici ed in particolare nei paesi scandinavi, considerati pionieri del settore. In Svezia è già disponibile su Internet il 40% delle inserzioni di lavoro e l’80% dei profili dei candidati formulati dagli interessati stessi, senza dover far ricorso all’assistenza di un solo impiegato della amministrazione pubblica. Per attuare una chiara strutturazione dei compiti e delle effettive necessità di assistenza, sarà necessario differenziare i gruppi di utenza. Nei Paesi Bassi, ciò è stato realizzato da tempo sulla base del profiling. In seguito ad una delineazione del profilo di inserimento, si decide se è necessario offrire un servizio di consulenza e/o di assistenza. Anche in altri paesi, come l’Austria, i gruppi di utenti sono suddivisi a seconda delle varie problematiche e del grado di assistenza richiesta. Gli “utenti che necessitano di informazioni” sono persone che possono avvalersi di servizi di auto-informazione, di 52 ISFOL – Area Mercato del Lavoro attività assistite o di consulenza di gruppo. Gli “utenti che necessitano di assistenza” hanno bisogno di un supporto nella ricerca del posto di lavoro. A questi ultimi viene assegnato un intermediatore che potrà decidere di applicare determinate misure in base ai problemi di natura professionale o personale dell’utente. Tale ultima tipologia di utenti, che in Austria rappresentano il 20-25% di coloro che ricorrono ad uno specifico orientamento, necessitano di una forma di consulenza intensiva da parte di un manager competente. La riforma del BA prevede una segmentazione dell’utenza simile a quella già adottata in Austria. Nell’ambito dell’intermediazione del lavoro, risulta alquanto innovativo anche l’“approccio del potenziale” proposto dalla Commissione Hartz, che nella pratica si è dimostrato particolarmente efficace. Ad esempio, il metodo “Maatwerk” d’intermediazione, rivolto ai beneficiari di sussidi sociali, si basa su questo tipo di approccio che è finalizzato alla ricerca di posti di lavoro che corrispondano ad un preciso potenziale. Anche le misure tese a risolvere i problemi dovranno essere differentemente articolate, in quanto dovranno prendere in considerazione tutte quelle condizioni di mercato tipiche delle diverse regioni. È per questo motivo che sono stati creati diversi tipi di uffici regionali del lavoro che tengono in debita considerazione le diversità territoriali. In regioni in cui si è registrato un forte aumento dell’occupazione negli ultimi cinque anni, e dove, a fronte di una elevata disponibilità di posti di lavoro, la forza lavoro risulta alquanto scarsa – come ad esempio nella zona di Monaco –, si richiede una qualificazione specifica dei disoccupati ancora presenti nell’area e si presta una particolare attenzione all’intermediazione. In uffici del lavoro di distretti caratterizzati da un elevato livello di disoccupazione e con una esigua disponibilità di posti di lavoro – come ad esempio in Meclemburgo Pomerania Anteriore –, si persegue l’obiettivo di mantenere le qualifiche professionali già disponibili, introdurre nuovi modelli di by-pass e di favorire la mobilità. Il nucleo fondamentale delle proposte espresse dalla Commissione Hartz è indubbiamente il potenziamento dell’efficienza delle attività d’intermediazione. Nella formula “prima, più rapidamente ed in maniera più professionale” si concentrano i principi fondamentali delle indicazioni relative alla stessa intermediazione. Dal punto di vista organizzativo, gli uffici del lavoro saranno collegati con gli organismi comunali, generando i job center. Inoltre, la clientela dovrà essere ampliata comprendendo, tra l’altro, anche i beneficiari di sussidi sociali ancora in età lavorativa. Con la più recente riforma del mercato del lavoro, tutti i lavoratori sono obbligati ad iscriversi in apposite liste immediatamente dopo un eventuale licenziamento e non dopo l’allontanamento de facto dal posto di lavoro, in modo da avviare subito l’attività d’intermediazione. Al fine di promuovere un ruolo più attivo del settore dell’intermediazione, questo sarà tenuto a promuovere una serie di azioni del disoccupato, che andranno sempre più incentivate, attraverso – ad esempio – tempestive e continue attività di informazione, profiling, valutazione delle potenzialità, azioni che dovranno anche dimostrare un forte impegno nella ricerca del posto di lavoro ed una maggiore disponibilità da parte del disoccupato 53 ISFOL – Area Mercato del Lavoro stesso. Anche il servizio di orientamento al lavoro – sovente trascurato in passato – verrà potenziato mediante l’adozione di servizio di matching “orientato al posto di lavoro”. Elementi centrali sono l’orientamento aziendale e settoriale delle attività d’intermediazione, il mantenimento di stretti contatti con le aziende, la realizzazione di una migliore preselezione dei candidati, l’offerta di consulenza più estensiva per chi avvia un’attività imprenditoriale ed una consulenza del lavoro in particolare rivolta alle piccole e medie imprese. Le “Agenzie di personal service” (Psa), costituite con l’apporto delle agenzie di lavoro interinale, ubicate presso i 181 uffici del lavoro, costituiranno un ulteriore servizio offerto ai datori di lavoro. In ogni riforma bisogna tenere in considerazione che l’intermediazione deve essere in grado di realizzare il giusto equilibrio tra criteri di efficienza ed omogeneità. Da un lato, il servizio svolge il compito socio-politico di promuovere l’occupazione di gruppi di disoccupati in situazione di grave difficoltà e, dall’altro, per migliorare la propria immagine, è importante che il servizio svolga adeguatamente il proprio compito, in modo da rispondere alle aspettative delle aziende. Questo difficile equilibrio deve essere garantito anche dalle Psa di recente costituzione. Il lavoro interinale intermediato dalle Psa deve svolgere un compito a metà strada tra impegno sociale ed andamento del mercato. Per avere successo sul mercato, il servizio deve disporre di un pool di disoccupati qualificati che rispondano alle esigenze del mercato. Rientra nei compiti del servizio anche quello di occuparsi delle persone di difficile collocamento e di garantire – oltre ai normali compiti d’intermediazione – servizi supplementari per l’utenza più difficile, come il coaching, la qualificazione e l’acquisizione attiva del posto di lavoro. I nuovi provvedimenti che disciplinano l’assistenza sociale, la disoccupazione e l’istituzione dei job center, quali punti comuni di riferimento degli uffici del lavoro e dei centri locali di assistenza sociale – frutto dell’applicazione del concetto “moderni servizi sul mercato del lavoro” –, mirano a concentrare la promozione dell’occupazione all’interno di un unico organismo. L’obiettivo di creare un punto di riferimento comune, quale motore e piattaforma per l’integrazione di tutti i beneficiari di sussidi sociali ancora attivi, è finalizzato alla eliminazione del parallelismo tra due sussidi assistenziali finanziati con il gettito fiscale (il sussidio sociale gestito dal Comune e quello di disoccupazione di competenza dello Stato federale) e alla incentivazione all’occupazione di questo segmento di popolazione, evitando in tal modo ritardi frutto del mancato coordinamento tra le diverse istituzioni interessate. Anche la prospettiva dell’affermazione del principio “incentivare ed esigere”, rende necessaria la creazione di uno sportello unico. Per permettere di fornire un’ampia assistenza ai soggetti di difficile collocazione, gli uffici del lavoro, in seguito denominati job center, dovranno assumersi i compiti finora svolti dalle autorità comunali, come ad esempio i centri di assistenza giovanile, gli uffici per l’assegnazione degli alloggi, i centri di consulenza per i tossicodipendenti e quelli per la consulenza finanziaria per soggetti con problemi di insolvenza creditizia. Oltre a ciò verranno ampliate le loro competenze che si 54 ISFOL – Area Mercato del Lavoro estenderanno fino all’ambito finanziario, occupandosi altresì dei sussidi di disoccupazione. Se il BA non dovesse ricevere i mezzi (introiti fiscali) necessari per adempiere a tali compiti, i contribuenti si vedrebbero costretti a versare altri oneri contributivi oltre a quelli assistenziali. 5.6 Contributo per il ridimensionamento della disoccupazione Secondo il rapporto Hartz, i problemi che si ripercuotono sul mercato del lavoro vengono per lo più considerati come “problemi di sfasatura del mercato”. L’iscrizione presso gli uffici del lavoro, una riformulazione dei criteri di tollerabilità maggiormente rigorosa, il ritorno all’onere della prova in caso di rifiuto di un’offerta di lavoro, l’adozione di un sistema di bonus, quale incentivo per l’intermediatore, oltre alla riduzione dei tempi di disoccupazione, costituiscono la soluzione migliore per ridurre drasticamente la disoccupazione. È stato scientificamente provato che anche una riforma del BA non ha quel margine d’azione sufficiente per ridimensionare in modo permanente la disoccupazione di massa. Attraverso una riduzione della durata media della disoccupazione, un efficiente sistema d’intermediazione ed un potenziamento delle misure preventive, con ogni probabilità il BA potrà contribuire, seppur parzialmente, al ridimensionamento della disoccupazione. Il presupposto per una sua riduzione permanente è l’aumento dell’occupazione nel suo complesso. Questa cresce nell’economia nazionale solo quando l’incremento della produzione di beni e servizi è superiore a quello della produttività. Quanto più efficacemente si crea nuova occupazione, tanto più efficienti saranno i servizi dell’Ufficio federale per il lavoro. Accanto alla domanda ed all’offerta di lavoro risulteranno decisive tutte quelle condizioni che mireranno ad un positivo sviluppo dell’occupazione e che saranno formulate dalle parti sociali e dal legislatore. Una più intensa attività d’intermediazione ed una politica di livellamento ottimale del mercato potranno sicuramente compensare una crescita della politica del lavoro, ma sicuramente non potranno sostituirsi ad essa. Pertanto, un efficace sistema di intermediazione non può essere soltanto valutato in rapporto alla disoccupazione. Iniziative volte all’incentivazione dell’occupazione, tra queste quelle di semplificazione del sistema pubblico e privato dei servizi per il lavoro, non devono essere né sopravvalutate né sottovalutate. Un’attiva interazione delle proposte di riforma, quali in particolar modo l’adozione di una strategia di intermediazione preventiva, la creazione dei job center, in cui l’intermediatore potrà godere di un elevato grado di autonomia, il rafforzamento delle relative strutture, tra cui le Psa, saranno elementi decisivi per un efficace cambiamento del BA. 55 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Appendice 1: schede relative alle opere consultate Breyer N., Mosley H., Schutz H. (2000) Operational objectives and performance indicators in European Public Employment Services European Commission Il rapporto indaga e compara esperienze nazionali circa l’applicazione di target operativi e indicatori di performance nel management dei Servizi pubblici per l’impiego in alcuni paesi europei. Oltre ad una riproposizione della principale letteratura in materia, il paper presenta sia i risultati di un’indagine sull’uso delle tecniche del Mbo (Management by Objectives) in tutti i paesi della Comunità europea, sia un’analisi comparata dell’applicazione delle medesime nei quattro paesi che hanno una maggiore esperienza al riguardo (Austria, Francia, Gran Bretagna e Svezia). In generale, occorre notare che l’uso delle tecniche Mbo è ampiamente diffuso tra i Spi europei, a causa della disseminazione di tali pratiche nel settore pubblico negli anni 80 e 90 e a causa della politica europea per l’impiego, la quale, fin dal 1998, impone agli Stati membri di sottoscrivere “Piani d’azione nazionale” annuali, che documentino e misurino i progressi verso il recepimento delle linee guida sull’impiego. L’indagine ha rilevato che in ben 10 paesi, dei 18 considerati, i Spi utilizzano il Mbo (Austria, Danimarca, Belgio-Fiandre, Francia, Germania, Gran Bretagna, Finlandia, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia). Questo esito si fonda sull’applicazione di un duplice criterio: a) la definizione ex-ante delle finalità, degli obiettivi operativi e di target di performance quantitativi; b) la misurazione dei livelli reali di performance delle unità operative e la comparazione rispetto agli obiettivi. In altri quattro paesi (Spagna Portogallo, Irlanda e Belgio), se pure sono stati riscontrati elementi di Mbo, comunque, l’uso di target quantitativi ex-ante è selettivo e/o non c’è chiara evidenza che giochino un ruolo centrale nella guida e nel controllo delle performance delle unità operative. L’indagine comparata ha inoltre consentito di individuare tre aree critiche rispetto all’implementazione del Mbo: i prerequisiti necessari per un Mbo di successo; gli aspetti progettuali del sistema di obiettivi operativi e di indicatori performance; il decentramento e l’autonomia politica. Rispetto alla prima tematica, lo studio conferma sostanzialmente quanto sostenuto dalla letteratura. In primo luogo, l’impegno del top management e dei poteri centrali dello stato è condizione necessaria, ma non sufficiente, per il successo del Mbo; l’esistenza di una forte unità centrale di controllo è comunque importante. 56 ISFOL – Area Mercato del Lavoro In secondo luogo, la necessaria autonomia dei Spi non è incompatibile con l’esigenza di un controllo politico centrale che, nelle esperienze europee, si manifesta con diversi gradi di rigidità (dal controllo molto stringente del Regno Unito, a quello meno vincolante dell’Austria). Tuttavia, in molti paesi europei sono stati riscontrati dei fallimenti del Mbo, a causa soprattutto dell’erroneo utilizzo (ad esempio, incapacità di fissare target condivisi, interventi ad hoc rispetto a obiettivi già fissati) del potere di controllo. Ciò appare particolarmente grave, in quanto determina una perdita di credibilità ed efficacia dell’azione dei Servizi pubblici per l’impiego. In terzo luogo, va notato che l’evidenza empirica conferma che un eccesso di regolamentazione può inficiare i risultati del Mbo. Ciò non di meno, un quadro normativo stringente appare importante per alcuni servizi erogati dai Spi (ad esempio, la distribuzione dei sussidi). Infine, sembra esserci una relazione ambigua tra Mbo e quality management. Da un lato quest’ultimo appare, infatti, come elemento integrante del primo, dall’altro esso comporta la necessità di definire standard nazionali; ciò può ostacolare l’applicazione del principio dell’adattamento delle politiche del lavoro ai contesti locali. Deve anche esse notato, che l’implementazione di un Mbo di successo richiede una profonda riorganizzazione e ristrutturazione della gestione delle risorse. Ciò, evidentemente, comporta costi piuttosto elevati, soprattutto a causa della necessità di dotarsi di un adeguato sistema informativo di controllo e valutazione. Rispetto alla seconda area critica individuata (progettazione delle finalità, target operativi e indicatori), lo studio ha evidenziato come un numero non eccessivo di obiettivi operativi sia un elemento fondamentale per il buon funzionamento del Mbo nei Spi. Un secondo elemento importante è la definizione di obiettivi “stimolanti”, ma realistici. Per quanto riguarda il rapporto tra centro e periferia, nella pratica si riscontrano modelli organizzativi con diverso grado di decentramento della definizione degli obiettivi. Il problema principale rimane, comunque, l’individuazione di indicatori che siano effettivamente rappresentativi degli obiettivi operativi. In particolare, al di là delle difficoltà relative alla reperibilità delle informazioni necessarie, l’elemento più critico si riscontra proprio nella definizione di indicatori di facile computo ed interpretabilità. Un ultimo elemento critico, riscontrato nella progettazione del Mbo, concerne la compatibilità tra ciclo annuale del management per obiettivi e ciclo pluriennale della politica. Anche in questo caso, l’evidenza empirica ha permesso di identificare diversi approcci che si estendono dal maggior peso ai principi del Mbo (Regno Unito) al preponderante intervento della politica (Francia). I risultati dello studio suggeriscono che la combinazione della pianificazione su base annuale con quella a medio termine rappresenti la migliore soluzione. Si tratta di definire obiettivi operativi annuali sulla base di target di medio termine, concordati in modo da contemplare le esigenze di pianificazione strategica con quelle della flessibilità. Rispetto, infine, alla terza questione critica (decentramento e autonomia) lo studio ha 57 ISFOL – Area Mercato del Lavoro individuato due modelli chiaramente distinti dell’implementazione del management per obiettivi: quello di “agenzia”, più centralizzato e gerarchico e quello di “autorità del mercato del lavoro”, più decentralizzato. L’evidenza, tuttavia, non consente di esprimere un giudizio di valore sui due modelli. Lo studio ha, infine, tratto alcune considerazioni sulla comparabilità a livello europeo dell’azione dei Spi. Anche in questo caso sono stati evidenziati tre argomenti chiave rispetto ai quali occorre fare attenzione quando si procede ad analisi comparate. 1. Finalità condivise, obiettivi operativi comuni e indicatori concordati. La definizione di criteri (finalità, obiettivi e indicatori) comuni è essenziale per poter svolgere analisi comparate. Nonostante i Spi europei manifestino un’elevata eterogeneità, vi è un sufficiente grado di convergenza sulle finalità specifiche (disoccupazione di lunga durata, numero di collocamenti e qualità dei servizi) su cui basare uno studio di benchmarking a livello internazionale. 2. Disponibilità di dati comparabili. A differenza di quanto accade a livello nazionale, la mancanza di dati comparabili a livello internazionale è il problema critico per l’effettuazione di studi di benchmarking a livello internazionale. La Commissione europea ha dato il via a progetti per la realizzazione di una banca dati internazionale sulle politiche del lavoro e ritiene di giungere alla informatizzazione di dati comparabili, sia sugli input che sugli output, attraverso i NAPs. Tuttavia, allo stato attuale le banche dati disponibili hanno diverse lacune e problematiche. Ciò non di meno, nel lungo periodo gli sforzi della Commissione consentiranno di costruire un sistema informativo più utile. Al momento, analisi di benchmarking internazionali sono possibili solo su temi specifici in relazione agli output: a) performance del mercato del lavoro (dati cross section su occupazione e disoccupazione raccolti attraverso indagini); b) input delle politiche sul mercato del lavoro (la spesa per le politiche attive del lavoro, partecipanti e percentuale di questi che sono disoccupati). Le limitazioni più gravi per la comparabilità dell’attività dei Spi nel complesso riguardano soprattutto i collocamenti, le vacancies registrate, i disoccupati registrati, le qualifiche professionali ed altri dati amministrativi. 3. Obiettivi (benchmark) concordati rispetto ai quali effettuare la comparazione e la valutazione. Nonostante la comparabilità degli uffici operativi dei Spi sia problematica anche a livello nazionale, in ambito internazionale le difficoltà si acuiscono a causa della diversità delle funzioni svolte, dei servizi offerti (sia rispetto al mercato che al tipo di servizio), del grado di outsourcing e dell’ambiente istituzionale. Da ultimo, il paper, nell’ambito delle raccomandazioni mette in risalto la necessità di introdurre il Mbo nei casi in cui non sia implementato in quanto: aiuta a definire le priorità nell’ambito delle politiche sul mercato del lavoro; consente di definire chiaramente i parametri rispetto a cui valutare l’azione dei Spi; sposta l’enfasi dagli input agli output e all’impatto dell’azione dei Spi, fornendo 58 ISFOL – Area Mercato del Lavoro così indicazioni indispensabili al miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle politiche attuate; è lo strumento più appropriato per implementare la politica europea dell’occupazione. Si rileva inoltre l’opportunità di ricorrere alle buone pratiche nell’implementazione del Mbo evitandone i rischi di fallimento. In particolare, le buone pratiche includono: l’uso di un numero limitato di obiettivi chiari e interpretabili; lo sviluppo ed il mantenimento del coinvolgimento dello staff degli uffici operativi; la riduzione dell’intensità della regolamentazione; un sistema informativo affidabile, flessibile e veloce (che produca informazioni in tempo reale); procedure corrette e trasparenti per la valutazione e la revisione degli obiettivi; lo sviluppo di un sistema di quality management complementare. Per quanto attiene la comparabilità internazionale il paper sottolinea la necessità di: procedere verso una standardizzazione a livello europeo; focalizzare l’attenzione sulle attività che più sono simili (servizi di collocamento, formazione e job creation); selezionare un insieme limitato di temi su cui effettuare il confronto (efficienza, soddisfazione dei clienti, collocamenti, ecc.); effettuare studi a livello regionale; integrare gli studi quantitativi con analisi qualitative sugli argomenti più rilevanti. Per quanto concerne le tecniche della gestione delle performance, si possono considerare quattro categorie: il management by objectives, il monitoraggio, il benchmarking ed il quality management. Il monitoraggio e il Mbo sono approcci “puri” del management; mentre però, il monitoraggio soddisfa i bisogni di coordinamento al fine di raggiungere determinati scopi e può includere diversi tipi di strumenti e modelli di implementazione, il Mbo si fonda maggiormente su uno specifico modello incentrato su target e indicatori. Il coordinamento non è invece un punto esplicito nella filosofia Mbo. Il benchmarking è un approccio comparativo (non sempre è cosi per il Mbo), con una forte componente analitica e svolge un importante ruolo per il monitoraggio. In generale, il framework concettuale del benchmarking e del monitoraggio, include un più ampio numero di temi e questioni rispetto al Mbo. Un approccio differente e supplementare a questi tre tipi di performance managing è, infine, quello del quality management che, come appare evidente dalla sua stessa definizione, si propone di integrare la valutazione quantitativa con giudizi sulla qualità dei risultati raggiunti. È opinione diffusa, infatti, che un buon sistema di performance management non possa basarsi esclusivamente sulla misurazione quantitativa dei risultati, ma debba anche includerne gli aspetti qualitativi. L’implementazione di questa strategia manageriale richiede, però, il superamento della questione cruciale di come la qualità dei 59 ISFOL – Area Mercato del Lavoro servizi possa essere misurata. Nella sua definizione più generale il Mbo può essere considerato un sistema di gestione fondato su target quantitativi, il cui scopo è il miglioramento continuo delle performance. Esso mette in risalto le formulazioni ex-ante di obiettivi operativi espliciti e la definizione di misure di output/risultati ex-post. Il primo passo del ciclo di management richiede la definizione di chiare finalità, di ben identificati obiettivi operativi ex-ante (target) e lo sviluppo di corrispondenti indicatori di performance, che misurino il livello di raggiungimento del target prefissato. Le finalità rappresentano gli indirizzi generali delle attività, in una prospettiva di medio o lungo termine, e, di solito, non sono quantificate. Per contro, gli obiettivi (target) definiscono aspettative di performance in un tempo relativamente breve e sono, di norma, quantitativi. Nella sostanza, gli indicatori di performance, definiscono il modo in cui è possibile misurare il grado di “successo” dell’attività svolta in relazione agli obiettivi. Il secondo elemento cardine del Mbo è il decentramento operativo, che si configura nel ricorso alla delega e alla crescente discrezionalità politica, in relazione al raggiungimento degli obiettivi. Nel modello Mbo vi sono poche regole e procedure vincolanti, quali strumenti guida per i livelli inferiori dell’organizzazione (ad esempio per i livelli regionali e locali), e le unità operative possono allocare le risorse in maniera flessibile, al fine di variare le combinazioni delle politiche da adottare ed il contenuto di ciascuna di esse. In contrasto con le tradizionali amministrazioni burocratiche, l’enfasi è sull’output, piuttosto che sul controllo degli input e sull’aderenza alle regole. In terzo luogo, il Mbo richiede un sofisticato sistema di gestione dell’informazione che rilevi regolarmente lo stato degli indicatori rispetto agli obiettivi preposti. Il sistema deve fornire le informazioni che consentono regolari monitoraggi in tempo reale che, a loro volta, permettono ai managers d’intervenire immediatamente in caso di under performance (cioè di una forte deviazione dal target predefinito). Il sistema informativo è, dunque, il fondamento per lo stadio successivo della valutazione delle performance dell’organizzazione nel suo complesso e delle singole unità operative. Quest’ultima fase avviene alla conclusione di un periodo manageriale (solitamente annuale). A seconda del tipo di Mbo, i risultati delle performance possono essere discussi tra i diversi livelli, ovvero, in organizzazioni fortemente gerarchiche, le valutazioni sulle performance sono semplicemente basate su dati e informazioni provenienti del Management Information System. Occorre sottolineare che il processo valutativo, nella sua ideale configurazione, dovrebbe includere ricompense o sanzioni (a seconda della qualità dei risultati). Tuttavia, nella pratica non si assiste ad un approccio uniforme in merito. È importante notare poi, che al momento delle valutazioni, finalità politiche, target operativi e indicatori di performance devono essere adeguatamente ridefiniti e/o adattati, dando, in questo modo, inizio ad un nuovo ciclo di programmazione. Per quanto concerne il monitoraggio, nella letteratura vi sono diverse definizioni e, in modo corrispondente, differenti modelli d’implementazione. Sotto il profilo manageriale, può essere interpretato come un “concetto di management” che si identifica nel coordinamento di distinte funzioni della gestione, piuttosto che nella ricerca di una 60 ISFOL – Area Mercato del Lavoro qualche garanzia dell’assolvimento di particolari target manageriali (differenziandosi in ciò dal Mbo). Concepito in questo modo, lo scopo del monitoraggio è dato dal continuo mantenimento del processo informativo, necessario a realizzare le funzioni obiettivo dell’intero sistema, mediante strumenti e metodi di coordinamento. In questo contesto, si distinguono principalmente le funzioni di monitoraggio systembuilding e system-coupling. La prima riguarda la costituzione delle condizioni necessarie al coordinamento delle funzioni di management e alla programmazione organizzativa. La seconda, per contro, concerne la gestione di concreti e specifici compiti di coordinamento che possono essere conseguenza di cambiamenti o disturbi nell’ambiente. In tal senso, tale funzione può comprendere l’elaborazione di piani e programmi di coordinamento o anche sistemi di comunicazione personale. Il benchmarking, invece, è essenzialmente un approccio valutativo. Indicatori di performance empirici sono analizzati e comparati con il chiaro intento di migliorare l’organizzazione e con l’obiettivo implicito di incrementare le performance. In pratica, il benchmarking comporta: un inventario analitico per spiegare i gap di performance tra le unità organizzative e identificare le best practices; la conversione dei risultati dell’analisi in conseguenze pratiche per la gestione, in termini di target di performance ottenibili (benchmarks quantitativi e/o qualitativi). Passando all’applicazione del Mbo al caso specifico dell’attività dei Servizi pubblici per l’impiego, i fattori più critici sono inerenti: al coinvolgimento, rispetto al conseguimento degli obiettivi, dei dirigenti. In generale, sia nel settore pubblico che in quello privato, l’impegno esplicato dai vertici delle organizzazioni, è decisivo per il successo dell’approccio Mbo. Poiché il processo Mbo è orientato dall’alto verso il basso, la mancanza di coinvolgimento del topmanagement potrebbe condurre ad un suo fallimento. Il coinvolgimento personale dei top-managers, però, necessita di una continua interazione con i livelli subordinati. Ciò consente, in particolare, di monitorare e, se necessario, di fornire linee guida e consigli con un’efficacia che non potrebbe essere ottenuta con un’interazione indiretta; alla relativa autonomia dei Spi dall’amministrazione centrale. Le questioni fondamentali da risolvere riguardano la definizione del limite fino a cui può, o deve, essere coinvolto il livello politico nel sistema manageriale e l’opportunità, o meno, di un controllo da parte dell’amministrazione centrale nella realizzazione del processo. Rispetto alla prima questione, occorre notare come l’intervento politico debba (almeno idealmente) aver luogo solo nella fase di formulazione delle finalità e degli obiettivi, all’inizio di ogni ciclo Mbo. Dall’altro lato, le attività manageriali, svolte secondo i principi del Mbo, dovrebbero essere trasparenti durante l’intero ciclo manageriale, in virtù del monitoraggio e della divulgazione dei risultati. Un intervento politico ad hoc è chiaramente uno stimolo per un’efficace 61 ISFOL – Area Mercato del Lavoro implementazione del Mbo nei Spi, poiché ciò necessita di una relativa autonomia dei Spi e di un contesto politico stabile, in cui le finalità e le risorse dei Spi rimangano costanti nel tempo, oltre il ciclo politico. Solo in questo modo le performance dei Spi possono essere valutate in termini degli obiettivi operativi concordati. Le condizioni a ciò necessarie dipendono dalla struttura organizzativa sottostante l’implementazione delle politiche sociali per il mercato del lavoro e dalla cultura politico-amministrativa. Comunque, data l’esistenza di un conflitto tra la logica politica, che risponde agli elettori e ai dati elettorali, e il ciclo politico annuale o pluriannuale che il Mbo presuppone, occorre un accordo operativo tra i Spi e il Governo all’inizio di un ciclo politico, che specifichi sia i target operativi, sia le ricorse a disposizione del servizio pubblico; all’eccesso di regole. Condizione necessaria per la creazione di un promettente sistema Mbo nelle agenzie pubbliche è un’effettiva riduzione di leggi, regolamenti e procedure amministrative. In un contesto eccessivamente disciplinato, infatti, qualsiasi sistema fondato sul Mbo fallisce inevitabilmente nel medio periodo. Per contro, occorre notare che permane molta incertezza sia rispetto all’individuazione del contesto politico in cui il Mbo è preferibile ad una gestione burocratica, sia in relazione alla quantificazione del limite oltre il quale la regolamentazione danneggia il management per obiettivi. Si può solo osservare come anche nell’ambito delle politiche per il mercato del lavoro vi sia una tensione tra le pratiche di management rule-oriented e quelle goal-oriented (ad esempio, quasi tutti i paesi UE condizionano i sussidi di disoccupazione a “diritti/titoli” che, direttamente o indirettamente, influenzano le allocazioni di risorse alle misure attive); alla creazione di strutture burocratiche. Dal momento che il Mbo comporta elementi di programmazione (basti pensare al management finanziario), una certa formalizzazione del processo è comunque inevitabile. Al fine di evitare perdite di efficienza, deve essere predisposto un monitoraggio delle informazioni. La gestione delle performance quali-quantitative dei Spi richiede la definizione di chiare finalità, che possono essere rese operative in termini di indicatori di performance concordati, per i quali il sistema di monitoraggio sia in grado di ottenere dati attendibili; alla numerosità degli obiettivi operativi. Il numero degli obiettivi operativi e dei corrispondenti indicatori dovrebbe essere limitato; troppi target potrebbero minare l’efficacia del Mbo come strumento strategico del management, sia nella fase di definizione delle priorità organizzative, sia nella fase di controllo della loro realizzazione da parte dei livelli subordinati; all’adeguamento dei target, alle condizioni dei mercati locali. I target quantitativi dovrebbero riflettere le condizioni del mercato del lavoro locale, al fine di fornire standards comparabili tra le unità operative. In caso contrario, la comparazione di qualsiasi performance sarebbe ingannevole. Inoltre, gli obiettivi non devono essere né troppo ambiziosi, né troppo limitati. Infatti, target troppo limitati non forniscono un incentivo reale al miglioramento delle performance, mentre obiettivi troppo ambiziosi 62 ISFOL – Area Mercato del Lavoro demotivano e possono anche produrre effetti indesiderati. Una buona regola da seguire, al fine di evitare tali problemi, consiste nella definizione di obiettivi che riflettono il livello di performance del periodo precedente; al quadro temporale. La questione temporale nasce dalla diversità della lunghezza del ciclo politico e di quello manageriale. Il ciclo Mbo è definito per un periodo relativamente breve (generalmente un anno), mentre le finalità politiche spesso implicano archi temporali più ampi. Sorge così la questione di come le performance manageriali di breve periodo e la ricerca di finalità di lungo periodo siano, o possano essere, effettivamente legate. Da un lato, l’assoluta aderenza ai principi del Mbo porterebbe alla definizione di un intervallo temporale di riferimento troppo breve. Dall’altro, cicli di lungo periodo sono maggiormente soggetti a disturbi a causa di cambiamenti improvvisi del mercato del lavoro e/o all’instabilità del contesto politico. Una possibile soluzione a questo dilemma, è data dalla combinazione di una struttura politica di medio termine e di un business plan annuale più dettagliato; alla corrispondenza di finalità, obiettivi e indicatori. L’aderenza tra finalità, obiettivi e indicatori, è una questione centrale nel Mbo. È possibile che gli indicatori non rappresentino adeguatamente gli obiettivi operativi o i target (tra le varie ragioni, ciò può essere imputabile a problemi di misurazione). Una problematica che spesso caratterizza l’implementazione del Mbo riguarda il fatto che gli indicatori di performance riflettono soltanto delle proxies, basate su informazioni reperibili dal sistema amministrativo. La criticità di questa circostanza discende dal fatto che se i managers di un’unità operativa non riconoscono gli indicatori quali convincenti rappresentazioni di una particolare meta o obiettivo, il loro impegno nel processo Mbo può venir meno. In altri termini il Mbo può degenerare in un processo “come se”, in cui le finalità vengono magari formalmente assolte, ma non riescono a determinare o guidare le attività manageriali. Le due principali soluzioni a questo problema possono essere individuate nello sviluppo di un sistema di monitoraggio specializzato che fornisca indicatori di performance appropriati e puntuali e nel coinvolgimento di tutti i livelli dell’organizzazione nel processo di definizione degli obiettivi operativi e degli indicatori di performance; alla valutazione degli obiettivi. Per quanto espressivi possano essere gli indicatori basati su dati amministrativi, essi non soddisfano gli standard necessari per valutare correttamente l’efficacia degli interventi nel mercato del lavoro. Così, ad esempio, il tasso di collocamento lordo – conseguente l’attività di job broking – non consente di trarre conclusioni sull’impatto netto sul mercato del lavoro poiché è necessario scontare gli effetti di deadweight, di sostituzione e/o di spiazzamento ed inoltre, occorre tenere in considerazione il ciclo economico e gli effetti strutturali. In questo contesto assumono rilevanza due questioni: In primo luogo è necessario chiedersi se nell’interpretazione degli indicatori di performance, da parte degli organi preposti, si debba tener conto o meno delle limitazioni dei dati. In secondo luogo, bisogna valutare l’opportunità o meno d’integrare il modello Mbo con le osservazioni 63 ISFOL – Area Mercato del Lavoro derivabili da una sistematica attività di ricerca valutativa. Dal momento che le finalità politiche sono necessariamente generali, esse possono essere trasformate in obiettivi operativi in diversi modi ed esistono numerosi possibili indicatori con cui misurare le performance. Da un lato, la specificazione di obiettivi operativi e di indicatori necessita di qualche forma di coordinamento centrale al fine di prevenire una frammentazione degli indirizzi di natura generale. Dall’altro, l’implementazione decentrata di queste misure – vale a dire maggiore autonomia delle unità operative a livello regionale e locale – può consentire l’adattamento della politica di intervento sul mercato del lavoro alle particolari condizioni del contesto locale. Nella realtà, sebbene il modello Mbo classico sia di tipo “accentrato” (ad esempio il modello d’agenzia britannico), esistono anche altri modelli Mbo più “decentrati” (ad esempio quello danese). I problemi d’agenzia che sono connaturati nella classica organizzazione del Mbo sul modello “principale-agente” possono essere analizzati in termini del concetto di moral hazard e, in misura minore, di quello selezione avversa. Questi problemi derivano dall’asimmetria informativa a vantaggio dell’agente, che consente a quest’ultimo un utilizzo distorto delle informazioni in suo possesso (ad esempio, modifiche del numero o delle caratteristiche personali dei partecipanti ad un programma, esclusione di dati che ridimensionano il successo di un progetto, ecc.). D’altra parte, anche gli incentivi per minimizzare i problemi di agenzia possono rivelarsi controproducenti, favorendo l’insorgere di effetti negativi come il creaming. In questo contesto, il costo di monitoraggio o di transazione per garantire che l’agente rispetti il contratto, diviene un problema centrale nella definizione dei sistemi Mbo. Un’altra questione importante nell’implementazione dei sistemi Mbo riguarda la necessità, o meno, d’introdurre incentivi di performance addizionali, al fine di agevolare il conseguimento dell’atteso “effetto-guida” proprio di questo modello gestionale. Al riguardo deve essere precisato che verso gli incentivi di performance individuali il dibattito è piuttosto controverso sia sotto il profilo teorico, sia in termini dell’applicazione pratica. Alcuni autori sottolineano come l’uso meccanicistico di questi premi debba esser evitato poiché tali schemi generano incentivi negativi. D’altra parte, in culture piuttosto egualitarie, quale ad esempio quella scandinava, il rifiuto di un sistema di premio/sanzione delle performance può essere molto forte. La ricerca sulla gestione di obiettivi operativi, indicatori di performance e relative pratiche manageriali, presentata nel rapporto, si basa su due fonti principali: documenti informativi dei Spi (rapporti annuali, business plan, rapporti di monitoraggio) e questionari scritti somministrati ai Spi. Inoltre, tali fonti sono state supportate, per quanto necessario, da interviste telefoniche e da informazioni tratte da esperti nazionali del settore. L’indagine ha riguardato i seguenti temi: le finalità politiche dei Spi, target operativi, indicatori di performance adottati e loro livello di applicazione (nazionale, regionale, locale); 64 ISFOL – Area Mercato del Lavoro il processo di definizione dei target e degli indicatori; il Management Information System per misurare l’avvicinamento ai target operativi; la valutazione delle performance dei Spi nel complesso e delle singole unità operative, sulla base di indicatori concordati; le conseguenze di under o over performance per le unità operative (budgets, salari, ecc.). L’indagine ha riguardato tutti i Spi dei paesi membri e la Norvegia. I risultati presentati si concentrano sui dieci Spi europei dotati di un sistema manageriale di tipo Mbo. La diffusione del Mbo risale ai decenni 80 e 90 ed è spiegabile anche con il fatto che, dal 1998, agli Stati membri è stato chiesto di sottoscrivere annualmente un “Piano d’azione nazionale” per documentare la loro attività e le misure necessarie alla realizzazione delle linee politiche europee in tema di disoccupazione. In altri termini, il framework politico europeo ha avuto un’importanza primaria nell’indurre l’adozione di Mbo in tutti i paesi membri. L’indagine ha rilevato che in ben dieci paesi, dei 18 analizzati, i Spi utilizzano il Mbo (Austria, Danimarca, Belgio regione fiamminga, Francia, Germania, Gran Bretagna, Finlandia, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia). Questo esito si fonda sull’applicazione di un duplice criterio: a) la definizione ex-ante delle finalità, degli obiettivi operativi e di target di performance quantitativi; b) la misurazione dei livelli reali di performance delle unità operative e la comparazione rispetto agli obiettivi. In altri quattro paesi (Spagna Portogallo, Irlanda e Belgio-Vallonia), se pure sono stati riscontrati elementi di Mbo, comunque, l’uso di target quantitativi ex-ante è selettivo e/o non c’è chiara evidenza che giochino un ruolo centrale nella guida e nel controllo delle performance delle unità operative. In generale, si può affermare che non c’è una chiara struttura di diffusione geografica del sistema del Mbo, ad eccezione del fatto che è rinvenibile principalmente nel Nord Europa e nei paesi scandinavi. Nella maggior parte dei Spi, l’introduzione del Mbo è stata motivata dalla necessità di regolamentare il sistema di relazioni fra i Servizi pubblici per l’impiego e il livello ministeriale. In particolare, in alcuni paesi (Francia, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Belgio regione fiamminga) è stato concluso un accordo formale, del tipo d’agenzia, tra livello ministeriale (o governativo) e Spi. In altri (Danimarca, Austria, Svezia) ciò non accadde, e in altri ancora (Germania, Francia) la conclusione di un accordo del genere non è stata considerata importante. In generale, occorre dire che il Mbo ha implicazioni ambigue sul decentramento. Può, infatti, essere uno strumento che migliora la “guida centrale” in un’organizzazione basata sul modello “Decisore” (non a caso la Gran Bretagna ha riportato come principale ragione dell’introduzione del Mbo le relazioni tra SpiMinistero), ma può anche essere usato in un contesto di maggiore decentralizzazione (ad esempio in Finlandia). In ogni caso, in ben 8, dei 10 paesi i cui Spi hanno introdotto il sistema Mbo, tale 65 ISFOL – Area Mercato del Lavoro evento è stato accompagnato da un incremento (o introduzione) del decentramento e della autonomia politica dei Spi. Solo nei Paesi Bassi e in Gran Bretagna ciò non si è verificato. Un’altra sezione del rapporto mette a confronto le finalità, gli obiettivi operativi e i target quantitativi nei Spi europei, dotati di un sistema Mbo, nel periodo 1999-2000. In particolare, l’indagine ha riguardato i seguenti elementi: le attuali priorità e il modo in cui sono rese operative in termini di target quantitativi; il grado di convergenza tra i Spi europei in termini di finalità, obiettivi e target perseguiti (tale informazione permette di identificare un denominatore comune per un’analisi comparata di benchmarking a livello europeo); l’impatto delle linee guida europee in materia di politiche del lavoro; il tipo di indicatori scelti per definire i target quantitativi. Le fonti principali su cui lo studio si è basato sono gli accordi di performance conclusi tra i Spi e il livello ministeriale, i business plan annuali e i rapporti di monitoraggio. Inoltre, nei casi in cui questi documenti non fossero disponibili, è stato fatto ricorso a questionari e interviste. Prima di presentare i risultati della ricerca occorre fare un po’ di chiarezza sul linguaggio adottato dato che è stata riscontrata la mancanza di un’interpretazione univoca per i termini inglesi di goals, operational objectives e quantitative targets. In generale: goals si riferisce ad orientamenti strategici molto ampi (finalità); objectives sta per operazioni specifiche; target, che è l’elemento distintivo del Mbo, identifica le linee guida basate su indicatori concordati e formulate sia ex-ante, sia ex-post. Nel periodo 1999-2000, si nota come vi sia una convergenza verso due finalità: lotta all’esclusione sociale (che colpisce gruppi diversi di persone) e miglioramento del funzionamento del mercato del lavoro. Anche il miglioramento dei servizi dei Spi e la lotta alla disoccupazione giovanile, sono finalità comuni del servizio pubblico di diversi paesi. Per quanto riguarda il tema dell’esclusione sociale il generale interesse sembra ricadere principalmente sui disoccupati di lunga durata e, in misura minore, sulla tutela delle minoranze, delle donne, dei disabili e dei lavoratori anziani. Un secondo insieme di risultati riassume gli obiettivi operativi reali raggruppati per finalità perseguite. I principali obiettivi operativi riflettono le finalità prioritarie viste poc’anzi, ossia: lotta all’esclusione sociale, miglioramento dell’incontro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, miglioramento dei servizi e lotta alla disoccupazione giovanile. In particolare, in relazione alla finalità “lotta all’esclusione sociale” c’è una forte convergenza sul target relativo alla lotta alla disoccupazione di lunga durata, nonostante gli indicatori di performance in uso siano molto diversi. Questa convergenza può in qualche modo riflettere l’influenza delle linee guida della UE, nonostante solo la regione delle Fiandre segua esplicitamente questi indirizzi di policy. 66 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Nelle altre aree politiche, la metà delle organizzazioni Spi confrontate utilizzano, quali indicatori di performance, livelli di collocamenti e altri paesi, invece, indicatori del mercato del lavoro sulla disoccupazione giovanile. La convergenza sugli indicatori operativi risulta, invece, molto bassa. Ciò può significare forti differenze nelle priorità tra i diversi paesi, ma può anche essere la conseguenza del fatto che gli obiettivi operativi non riflettono solo le finalità dei Spi ma anche aree di attività in cui il management (e il Governo) ritiene necessario migliorare le performance. Si può allo stesso modo notare che le definizioni degli indicatori usati, sono estremamente diverse nei paesi, poiché si basano su dati amministrativi nazionali che non sono stati inseriti in quest’analisi. Ciò significa che anche laddove vi è un ampio accordo tra gli Stati membri su finalità e obiettivi operativi, i predetti indicatori sono così diversi che una comparazione tra le nazioni non è possibile. Per quanto concerne le caratteristiche degli obiettivi operativi (target) si osserva che il Mbo, è basato su un numero relativamente piccolo di target, di solito tra gli otto e i dieci. Ciò dipende dal fatto che un numero più ampio di obiettivi può esser controproducente: i target richiedono risorse e attenzione organizzativa, quindi l’uso di troppi target riduce il loro impatto di orientamento delle attività delle unità operative. In quasi tutte le organizzazioni dei Spi, obiettivi e target sono formulati a livello nazionale con diversi gradi di coinvolgimento e di influenza da parte del livello regionale. Solo in Austria e Danimarca, le regioni godono di una particolare influenza nella definizione dei target dei Spi, mentre in Danimarca, le finalità strategiche sono concordate a livello nazionale ma i target effettivi sono in molti casi definiti a livello regionale. Le differenze nel range e nella distribuzione degli obiettivi operativi dei Spi, riflettono anche differenze nazionali nel tipo di attività di competenza dei Spi. Così, ad esempio, in Germania, il servizio pubblico è responsabile del collocamento di giovani in apprendistato, della lotta all’occupazione illegale, dell’amministrazione dei sussidi di disoccupazione, e utilizza gli obiettivi operativi anche come controllo in queste aree. Sebbene in alcuni paesi (Austria, Germania, Norvegia) i Spi abbiano una completa responsabilità rispetto alle principali funzioni delle politiche di intervento sul mercato del lavoro (collocamento, gestione di programmi attivi, amministrazione dei sussidi), in altre nazioni vi è una maggiore frammentarietà. In Belgio, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia, l’amministrazione dei sussidi è competenza di agenzie separate. In Gran Bretagna, il servizio pubblico è principalmente responsabile del collocamento (e in futuro della gestione dei sussidi), ma non dei programmi attivi. L’Anpe, in Francia, è principalmente responsabile solo dei servizi di collocamento. Un elemento che accomuna la maggior parte dei Spi considerati è relativo alla base informativa. In quasi tutti i casi, i target sono definiti a partire dalle informazioni rese disponibili dalle amministrazioni locali, il che consente di produrre dati in tempo reale 67 ISFOL – Area Mercato del Lavoro sulle performance. Indicatori più sofisticati, che richiedono indagini specifiche (ad esempio, customer satisfaction) oppure dati non disponibili dal sistema informativo locale (ad esempio, market share), sono elaborati solo ad intervalli irregolari e con notevole ritardo temporale. Tutti i Spi esaminati, ad eccezione di quello olandese e di quello norvegese, riportano un cambiamento nei loro target rispetto a quelli del periodo di programmazione precedente; si tratta di un aggiustamento dovuto a modifiche delle priorità da parte dei Governi o a cambiamenti delle condizioni del mercato del lavoro. Occorre sottolineare che gli aggiustamenti dei target operativi, così come degli indicatori, sono una componente naturale del processo politico. Per quanto concerne l’utilità degli indicatori solo pochi paesi hanno indicato le caratteristiche preferibili ottimali di questi, confermando la necessità di disporre di misure: che riflettano l’effettiva area di influenza; che esprimano anche la qualità del servizio; semplici e di facile comunicazione; comprensibili e ricavabili dai dati amministrativi. La maggior parte delle organizzazioni ha però evidenziato problemi nel trovare indicatori accettabili e comprensibili. Tra i meno utili sono stati menzionati quelli puramente quantitativi; quelli sensibili a fattori non controllabili dai Spi e la semplice misurazione del flusso di uscita (a causa del pericolo di creaming). In tutti i sistemi che impiegano il Mbo, la specificazione di obiettivi operativi, target ed indicatori è soggetta ad un accordo formale che, nella maggior parte dei casi, viene stipulato tra i Spi e il Ministero o, comunque, alti enti dell’apparto governativo. La definizione di quest’accordo formale, insieme al corrispondente processo di monitoraggio, costituisce una prima peculiarità del Mbo. In Austria e in Germania, paesi in cui il servizio pubblico è gestito da un ente completamente autonomo, gli accordi nazionali sono conclusi dai Consigli Amministrativi tripartiti, nei quali è, comunque, rappresentato anche il Ministero. Per quanto riguarda la durata del ciclo Mbo, in diverse organizzazioni la sua implementazione è parte di un processo pluriennale o di medio periodo, mentre in altre il processo di programmazione è annuale. Un altro elemento comune a tutti i Spi considerati, è l’allocazione dei target, definiti a livello nazionale, alle unità operative (locali o regionali) sulla base delle diverse condizioni dei mercati del lavoro locali e delle performance registrate nei precedenti periodi di programmazione. Il riferimento alle performance precedenti trova il suo fondamento nel fatto che non appare realistico attendersi grandi variazioni da un anno all’altro. In un contesto in cui il livello ideale di target sembra essere quello “minimo” (stretching), cioè quello che pur inducendo lo staff al massimo sforzo, sia raggiungibile e percepito come giusto in termini di relazione tra risorse disponibili e condizioni del 68 ISFOL – Area Mercato del Lavoro mercato del lavoro, va notato che tutti i Spi devono affrontare il problema dell’aggiustamento dei target per rispondere a cambiamenti nel mercato del lavoro non previsti e che possono rendere inadeguati il livello di performance pattuito. Tuttavia, solo tre paesi hanno dichiarano di aver aggiustato i target operativi nel corso del ciclo Mbo per tener conto di cambiamenti del mercato del lavoro. Altri paesi rispondono apparentemente alle variazioni dell’ambiente, tenendone conto solo fase di valutazione delle performance. Un altro problema che causa seri problemi nell’implementazione del ciclo del Mbo è quello connesso ai cambiamenti politici di breve periodo. In effetti, dall’indagine risulta che quasi la metà dei Spi dotati di Mbo hanno sperimentato le difficoltà delle interconnessioni tra ciclo politico e ciclo gestionale. Un altro elemento chiave del sistema Mbo è la gestione delle sistema di monitoraggio. Senza dati esaurienti e tempestivi, che consentano il controllo in tempo reale dell’organizzazione, il Mbo non può essere uno strumento efficace per il management. Tuttavia, se da un lato tutti i Spi hanno indicato come prerequisito essenziale il pieno controllo dei target, dall’altro, solo sei hanno segnalato miglioramenti del Management Information System, verso la costituzione di una base di riferimento che consenta un monitoraggio mensile (che sembra essere il periodo minimo per un intervento in tempo reale). Inoltre, tutti i Spi affermano che le rilevazioni dei dati avvengono in tutti i livelli dell’organizzazione. Per contro, l’integrazione tra dati di performance e controllo dei costi, che consentirebbe di mettere in relazione la spesa con il servizio offerto a livello regionale e locale, è effettuata solo in Austria e nei Paesi Bassi. Questo problema rappresenta la nuova frontiera del Management Information System e permetterà ai Spi un sistematico controllo di efficienza e di performance. Tutti i Spi dei paesi dotati di Mbo, ad eccezione della Finlandia, dichiarano di utilizzare il monitoraggio come un segnale per intervenire in caso di performance non soddisfacenti. Il tipo d’intervento più frequente, è l’aumento dei fondi alle unità under performing o la riallocazione a favore di unità più abili nella gestione delle risorse. Va sottolineato però, che nei paesi in cui i dati sono rilevati con frequenza quadrimestrali, questa funzionalità, tipica del Mbo, è alquanto limitata. Tutti i paesi hanno indicato che il sistema Mbo include uno stadio di valutazione delle performance sulla base dei risultati finali. Più differenziato è, invece, il comportamento dei Spi rispetto all’implementazione della fase successiva alla valutazione (ovvero il sistema premio/sanzione in funzione dei risultati conseguiti). Le conseguenze più frequenti sono risultate: la concessione di bonus per le unità operative che abbiano riportato un successo; le ricompense personali ai dipendenti e la gratificazione con premi non monetari. Si può notare come molti paesi adottino più di una forma di ricompensa per i successi conseguiti e come altri non ne contemplino alcuna. Infine, due altri elementi piuttosto comuni a tutti i Spi sono la comunicazione dei 69 ISFOL – Area Mercato del Lavoro risultati delle performance, all’interno dell’organizzazione e, nella maggior parte dei casi, anche all’esterno a mezzo stampa e il tentativo di identificare, di pubblicizzare e trasferire le best practices tra i livelli subordinati dell’organizzazione. De Koning J., Denys J., Walwei U. (1999) Deregulation in placement services: a comparative study of eight EU countries Employment and European Social Fund Il processo di deregolamentazione, che ha caratterizzato le riforme dei Servizi pubblici per l’impiego negli ultimi anni, sembra una naturale conseguenza del ridimensionamento dell’intervento pubblico nel sistema economico e, in particolare, dell’adozione di politiche di tipo keynesiano (demand driver policies). Ciò deriva, sostanzialmente, dalla constatazione che, nonostante il massiccio intervento pubblico, i livelli di disoccupazione hanno raggiunto, durante gli anni 70 e 80, i massimi storici a partire dal dopoguerra. In relazione ai Servizi pubblici per l’impiego, in molti paesi è stato abolito il monopolio pubblico (ad esempio Austria, Belgio, Finlandia, Germania, Svezia) e per migliorare l’efficienza dei Spi, molti paesi hanno introdotto forme di incentivo basate su una gestione di queste istituzioni per obiettivi (Management by objectives). In molti casi gli enti territoriali sono entrati sul mercato dei Servizi per l’impiego e non sempre ricorrono ai Spi per l’erogazione dei loro servizi, anzi, spesso, si avvalgono di agenzie private. Tuttavia, prevale il mantenimento del finanziamento statale e, dunque, sembra che la deregolamentazione prevalga sulla privatizzazione. L’insuccesso dei Spi è testimoniato dalle cifre, ma, forse, deriva dalle eccessive aspettative che si erano poste su di essi in tema di lotta alla disoccupazione (questo accade spesso quando un servizio o prodotto è offerto gratuitamente, generando così una domanda infinita). Comunque, tra il 1985 e il 1995 sembra esserci stata una relazione positiva tra disoccupazione e politiche attive (affidate ai Spi), in contrasto con quanto atteso. Ciò, insieme all’insoddisfazione sia degli imprenditori, che dei disoccupati per la qualità dei servizi erogati, ha generato una crisi del servizio pubblico. Un’ulteriore causa dell’insuccesso dei Spi, è da riscontrare nella circostanza che l’organizzazione del lavoro diventa sempre più flessibile, mentre i Spi sono tradizionalmente legati alla ricerca di occupazioni a tempo indeterminato. Tuttavia, i dati evidenziano come non ci siano state riduzioni strutturali tra il 1985 e il 1995 dei contratti a tempo indeterminato sul totale dell’occupazione. Per contro, nello stesso periodo si può osservare una crescita delle forme di impiego flessibili, soprattutto del lavoro interinale. Questi due fenomeni assieme lasciano intravedere la possibilità che la crescita del lavoro interinale sia avvenuta a discapito di altre forme di lavoro flessibili. In ogni caso, la quota di occupazione generata dalle agenzie di lavoro interinale è piuttosto modesta. Ovviamente, il quadro cambia se, anziché considerare gli stock, si analizzano i flussi. In questo caso la quota delle agenzie di lavoro temporaneo aumenta 70 ISFOL – Area Mercato del Lavoro considerevolmente. Altri elementi che hanno determinato una riduzione del peso dei Spi, sono i cambiamenti strutturali dei sistemi economici (dall’industria al terziario) e il conseguente incremento delle qualifiche professionali richieste sul mercato del lavoro. Nonostante questi cambiamenti strutturali abbiano sottoposto i Spi ad una grande sfida, rimangono aperti alcuni problemi piuttosto sentiti sul mercato del lavoro. In effetti, i dati sulla disoccupazione, disaggregati per diversi gruppi sociali, evidenziano il crescente peso, sul totale dei disoccupati, di quelli di lunga durata, con ridotte qualifiche professionali e dei giovani. Ancora più specificatamente, i problemi dei giovani nel cercare lavoro riguardano soprattutto i ragazzi che non hanno completato gli studi e quelli appartenenti a minoranze etniche. Infine, un problema, che potrebbe tradursi in un breve lasso temporale in una cronica mancanza di forza lavoro, riguarda il fatto che da un lato si tende a favorire l’occupazione giovanile, incentivando la fuoriuscita dal mercato del lavoro delle persone anziane, e, dall’altro, la popolazione continua ad invecchiare. Dunque, le politiche mirate sui lavoratori anziani o sui disoccupati in età matura diventeranno sempre più rilevanti. La deregolamentazione del mercato dei servizi per l’occupazione è un processo in continua evoluzione. Al futuro assetto del sistema normativo che presiede alla liberalizzazione del mercato, compartecipano sia la nuova convenzione dell’Ilo (n. 181) sia, in ambito europeo, la direttiva n. 383 in materia di sicurezza del lavoro temporaneo. In Europa i sistemi della regolamentazione della liberalizzazione del mercato hanno assunto le seguenti forme: sistema di licenze per l’accesso al mercato; legislazione civile ed economica; legislazione in materia di diritto del lavoro; autoregolamentazione attraverso contratti collettivi; autoregolamentazione attraverso codici di comportamento; offerte pubbliche. In generale, solo quattro paesi europei hanno istituito un meccanismo concorrenziale di accesso al mercato. Ciò, però, non vuol dire che la liberalizzazione avvenga senza un quadro normativo di riferimento. L’esistenza della normativa civile, di quella in materia del diritto del lavoro e la presenza di forme di autoregolamentazione, contribuiscono a definire il quadro di riferimento entro cui si evolve la deregolamentazione. Degli otto paesi considerati solo in Austria, Belgio (Fiandre), Germania e Paesi Bassi esiste un sistema di licenze per l’abilitazione alla fornitura del servizio. Nel Regno Unito, il sistema di licenze, che pure era stato introdotto già nel 1975, è stato rimosso a causa dei costi addizionali che imponeva alle aziende ed è stato sostituito con poteri di controllo sul comportamento delle agenzie. Un aspetto importante del sistema di licenze è relativo agli obblighi che si impongono alle agenzie, in termini di protezione dei lavoratori. Quattro elementi appaiono significativi: l’erogazione di un servizio gratuito per chi cerca un’occupazione, il divieto di reclutare lavoratori per le aziende con sciopero in corso, il principio della non 71 ISFOL – Area Mercato del Lavoro discriminazione e il rispetto della privacy. Altre differenze sono legate all’ente preposto alla distribuzione delle licenze. In Belgio è il Ministero, in Germania e nei Paesi Bassi sono i Spi, mentre in Austria il sistema rientra in un più ampio contesto normativo. Una delle pratiche più comuni per gestire il processo di deregolamentazione dei Servizi per l’impiego, è il riferimento alle norme del diritto del lavoro vigenti nei diversi paesi. Ad esempio, il Belgio appare essere il paese con la più stringente regolamentazione; i paesi che hanno istituito un sistema di licenze, invece, sono quelli in cui la normativa è meno rigorosa. I contratti collettivi, invece, con le parti sociali sono utilizzati principalmente nei paesi scandinavi, in Belgio e nei Paesi Bassi, mentre i codici di comportamento possono essere utilizzati come forma di autoregolamentazione dalle associazioni delle agenzie che forniscono Servizi per l’impiego. Questi codici possono avere una funzione complementare rispetto alla normativa vigente o addirittura possono essere recepiti dalla stessa. L’analisi della dimensione del settore rispetto al personale impiegato è piuttosto difficile, sia per il fenomeno della decentralizzazione, sia per la diversa organizzazione dei dipartimenti del lavoro. Inoltre, differenze organizzative si possono avere anche nell’erogazione dei servizi per il collocamento (dalla sola diffusione di informazioni, all’attività di consulenza e di effettivo incontro tra domanda e offerta). Anche in termini di risorse finanziarie disponibili (ovvero delle risorse destinate a tutti i programmi per l’occupazione) vi sono delle notevoli differenze tra paesi. Da un lato, i paesi scandinavi hanno elevati rapporti della spesa pubblica sul Pil, dall’altro Austria e Regno Unito sono caratterizzati da un più modesto intervento pubblico. Sul fronte delle agenzie private ci sono pochissime informazioni (persino il numero è talvolta sconosciuto) e questo sia perché non vi è, quasi mai, un sistema di licenze, sia perché non vi è nessuna norma legislativa in questo senso. Solo in Germania vi è un qualche obbligo, ma, comunque, le informazioni fornite sono pochissime. Le scarse informazioni disponibili consentono, comunque, di individuare nel Regno Unito e nei Paesi Bassi i paesi in cui la quota di mercato delle agenzie private è più rilevante. Ciò è da mettere in relazione sia alla lunga esperienza che hanno questi paesi in merito, sia all’elevata presenza delle agenzie private nel settore. La funzione principale dei servizi per il collocamento è quella di favorire l’incontro tra domanda e offerta fornendo informazioni alle persone in cerca di occupazione sui posti vacanti, cercando di rispondere alle richieste delle aziende che necessitano di personale. In generale, le persone che cercano un posto di lavoro possono essere suddivise in tre gruppi: le persone senza lavoro che sono eleggibili per la riscossione dei sussidi di disoccupazione; le persone senza lavoro che non possono ricevere dei sussidi di disoccupazione ma, comunque, percepiscono altre sovvenzioni; le persone che pur lavorando, sono comunque interessate a cambiare lavoro o sono a rischio di perdere il proprio impiego. Per quanto concerne la misurazione dell’attività dei Spi, le misure dello stock delle persone registrate e del flusso in entrata e di quello in uscita non possono essere 72 ISFOL – Area Mercato del Lavoro considerati degli indicatori dell’effettivo livello di attività. In effetti, poiché la maggior parte delle registrazioni è involontaria, almeno per i senza lavoro, lo stock e i flussi di iscritti indicano esclusivamente l’andamento del ciclo economico. Ciò dipende dal fatto che non tutti i disoccupati ricercano attivamente una nuova occupazione e coloro che lo fanno non è detto si rivolgano ai Spi. Un indicatore più significativo è quello delle registrazioni delle domande di lavoro, tanto per l’attività dei Spi, quanto per quella delle Pres, poiché la registrazione delle vacancies è esclusivamente volontaria e riflette l’attesa di un beneficio. Occorre notare che per un’attenta analisi non è sufficiente disporre del numero di vacancies registrate presso i Spi, ma sarebbe utile poterle distinguere anche in base al loro valore qualitativo. In particolare, è importante distinguere le domande di lavoro secondo la durata dell’impiego offerto e la qualifica professionale richiesta. Una terza misura della produzione del settore, e forse la più rappresentativa dell’attività dei servizi per l’occupazione, è quella relativa ai collocamenti effettivi (sia per i Spi che i Pres). Collocare le persone in cerca di lavoro e colmare le carenze di personale espresse dagli imprenditori è, infatti, la funzione fondamentale del settore. È importante, inoltre, poter distinguere tra collocamenti in lavori sussidiati e non, in quanto ciò consentirebbe di valutare quante volte è necessario partecipare ad un programma attivo prima di trovare un’occupazione non sussidiata. In altri termini, la quota di collocamenti verificatesi immediatamente dopo l’aver partecipato ad un programma formativo, sul totale dei collocamenti, indica il grado di successo delle politiche per l’impiego e del ruolo dei Spi. Un ulteriore elemento da tenere presente è che tali cifre assolute non rappresentano necessariamente il beneficio netto del collocamento. In effetti, c’è il rischio che gli uffici operativi siano orientati a collocare il maggior numero di persone possibile al minor costo, privilegiando le persone che sono disoccupate da poco tempo e che, verosimilmente, avrebbero comunque trovato un’occupazione. L’efficacia dei Spi, difatti, dipende anche dalla percentuale di iscritti appartenenti alle categorie deboli rispetto al totale delle persone in cerca di occupazione. Dunque, sarebbe necessario monitorare sia il numero di collocamenti che riguardano le persone appartenenti a queste categorie sia la loro incidenza sul totale. L’importanza relativa dei Spi e dei Pres nel collocamento può essere valutata con riferimento a tre elementi: a) l’uso dei servizi di collocamento come canale di ricerca; b) l’uso dei servizi di collocamento come canale per l’assunzione; c) la quota di assunzioni via servizi di collocamento sul totale delle assunzioni. Questi concetti trovano una rappresentazione nei seguenti indicatori: a) il tasso di utilizzo dei servizi da parte delle persone in cerca di occupazione, dato dal rapporto tra il flusso in entrata (o lo stock) di job-seekers registrati sul flusso totale (o lo stock) di persone in cerca di lavoro; b) il tasso di registrazione delle vacancies, definito dal rapporto tra il flusso in entrata di vacancies registrate e le assunzioni totali; c) il grado di successo delle vacancies registrate: dato dal rapporto tra le domande soddisfatte e il 73 ISFOL – Area Mercato del Lavoro flusso in entrata delle vacancies. L’analisi delle poche informazioni disponibili (il gap informativo merita ancora una volta di essere sottolineato) relative agli otto paesi europei analizzati, consente di trarre alcune considerazioni. In generale, la quota di mercato dei Spi è maggiore di quella delle agenzie private. Ciò dipende dal fatto che i Spi hanno il compito di contribuire alla maggiore trasparenza del mercato del lavoro, favorendo l’auto-ricerca da parte sia delle persone in cerca di un’occupazione sia degli imprenditori. Un secondo importante risultato è che Spi e Pres sembrano svolgere un’attività complementare piuttosto che sostitutiva. Ciò è sicuramente vero per le agenzie di intermediazione, le quali offrono servizi per clienti diversi da quelli che si rivolgono ai Spi, mentre questa relazione è meno chiara per le agenzie di lavoro interinale. Sia i dati amministrativi sia quelli derivanti da indagini presso gli imprenditori rivelano infatti che ci sono aree non marginali in cui l’attività delle agenzie di lavoro temporaneo si sovrappone a quella dei Spi inducendo, quindi, fenomeni di sostituzione. Una terza considerazione riguarda il collocamento. Nonostante la deregolamentazione abbia generato un’espansione dei servizi privati, sembra che questi non ne abbiano particolarmente beneficiato. Infatti, la loro quota di mercato continua a rimanere marginale (ad eccezione delle agenzie di lavoro interinale), mentre i Spi mantengono (ed anzi hanno rafforzato) la propria posizione. Infine, il problema della mancanza d’informazioni è particolarmente importante nelle valutazioni dell’efficacia delle misure per l’occupazione. Occorre tenere presente, infatti, che indicatori di performance, come le quote di mercato indicano, ad esempio, solo quante domande di lavoro sono state soddisfatte o quante persone sono state assistite, ma nulla circa gli effetti sul mercato del lavoro. Questo problema non è particolarmente rilevante per le agenzie private, poiché si può ritenere che esse operino in modo efficiente rispetto ai costi, visto che offrono servizi a pagamento e che se i clienti non vi trovassero riscontro non vi ricorrerebbero. Diversa è invece la questione per i Spi, giacché essi offrono servizi gratuiti per gli utenti (ma non per la società). È, quindi, evidente che un effetto positivo sul benessere sociale giustifica la presenza del settore pubblico in questo mercato. Occorre allora capire se le persone che trovano occupazione attraverso i Servizi pubblici per l’impiego, l’avrebbero trovata anche senza l’intervento dei medesimi. Per rispondere a questa domanda occorre effettuare studi di impatto, che consentano di definire ragionevoli standard di performance, rendendo possibili le comparazioni tra diversi paesi. Da un punto di vista teorico l’abolizione del monopolio genera un incremento dell’offerta complessiva di un dato mercato, la riduzione di prezzi, un incremento della qualità e una maggiore efficienza del sistema produttivo. Questi effetti dovrebbero, a loro volta, contribuire ad una diminuzione sia della disoccupazione, sia delle vacancies. Tali benefici del processo di liberalizzazione di questo mercato dovrebbero derivare dal fatto che le agenzie private possono inserirsi in segmenti di mercato non coperti dai Spi, dall’incentivo alla maggiore efficienza ed efficacia dei Spi a causa della concorrenza 74 ISFOL – Area Mercato del Lavoro delle agenzie private e dall’implementazione delle pratiche di outsourcing, con le quali alcuni servizi pubblici sono affidati ai privati sulla base di aste competitive. Tuttavia, a fronte di questi benefici vi sono anche dei rischi piuttosto preoccupanti. In primo luogo, vi è l’ipotesi che, a seguito della concorrenza dei privati, i Spi si rivolgano esclusivamente, o quasi, alle persone che presentano maggiori probabilità di trovare un’occupazione, al fine di aumentare la loro efficacia in termini di quota di mercato, penalizzando le categorie più deboli. Un secondo fattore di rischio scaturisce dal fatto che l’aumento dei servizi per l’occupazione non necessariamente conduce ad un aumento dell’occupazione e, quindi, ad un miglioramento del benessere sociale. Occorre sottolineare, tuttavia, che nonostante dai servizi per il collocamento non consegua un beneficio netto positivo per la collettività, si possono, comunque, ottenere effetti positivi in termini distributivi (ad esempio incidendo sulla durata della disoccupazione). Un terzo fattore di rischiosità è connesso, infine, alla pratica dell’outsourcing, poiché questa pratica genera riduzioni di prezzo e miglioramenti della qualità solo se le autorità pubbliche hanno la capacità di monitorare e valutare i risultati dell’attività affidata ai privati. Le analisi empiriche non chiariscono gli effetti dell’apertura ai privati nel mercato del collocamento, ma le poche informazioni disponibili suggeriscono che in quei paesi laddove le agenzie private erano già presenti da lungo tempo (Regno Unito, Belgio, Olanda) non ci sono stati rilevanti effetti in termini di quote di mercato relative al settore pubblico e a quello privato. Inoltre, solo per quanto concerne i Paesi Bassi, uno studio non ha ritrovato alcuna evidenza che la rottura del monopolio statale, avvenuta nel 1991, abbia generato un aumento della quantità totale dei servizi offerti e un miglioramento del funzionamento del mercato del lavoro. Ciò, tuttavia, non implica che non vi siano stati effetti per i Spi. Al contrario si può osservare come i Spi stiano sviluppando tecniche più orientate verso il management per obiettivi e customer oriented; le risorse vengono distribuite in base ai risultati ottenuti e molti servizi sono stati affidati ai privati attraverso procedure di contracting out. Fay R. G. Making the pubblic employment service more effective trough the introduction of market signals Oecd, 1997 Recentemente, molti paesi dell’area occidentale hanno aumentato il grado di concorrenza in alcuni settori dell’economia, tradizionalmente dominati dal monopolio pubblico; anche i Servizi per l’impiego sono stati coinvolti da questa tendenza di rinnovamento. 75 ISFOL – Area Mercato del Lavoro In molti Stati, la scelta operata è stata quella di introdurre fattori tipici dell’economia di mercato anche nel settore dei Servizi pubblici per l’impiego; ciò dovrebbe consentire un miglioramento del servizio, attraverso l’introduzione di un sistema fondato sulla competizione fra pubblico e privato. I mezzi prescelti sono stati vari: la liberalizzazione del settore innanzi tutto, e poi il ricorso alla contrattazione e le riforme dell’organizzazione del settore pubblico. La modernizzazione del settore pubblico dei Servizi per l’impiego incomincia, essenzialmente, dal ripensamento del rapporto “fruitore – produttore” del servizio. In molti settori, infatti, lo Stato assume il duplice ruolo di produttore di un determinato servizio e di fruitore dello stesso; ciò, tuttavia, determina degli squilibri concorrenziali, in quanto lo stesso centro decisionale può stabilire “cosa” e “quanto” produrre. La divisione tra il consumatore ed il produttore del servizio dovrebbe garantire l’effettiva concorrenza nel settore dei Servizi pubblici per l’impiego; tale processo rappresenta anche una fase prodromica necessaria per l’introduzione di meccanismi tipici dell’economia di mercato in questo settore. Tali meccanismi hanno natura piuttosto eterogenea, includendo la contrattazione, i vouchers, la creazione di privative, la contrattazione internazionale ecc., ma proprio a causa della diversità di tali strumenti, non è possibile stabilire con certezza quale di questi sia il migliore. Rimmer sostiene che la contrattazione sia una valida alternativa al monopolio. Non di meno, vi sono alcuni elementi critici per il buon funzionamento dello strumento della contrattazione: l’Oecd ha sviluppato alcune linee guida in merito. In definitiva, se è vero che la contrattazione ha effetti economici positivi (ad esempio, relativamente ai costi per l’apprestamento di determinati servizi), consente la realizzazione di programmi più specifici e un più efficace incontro di domanda ed offerta di lavoro, tuttavia tale strumento non garantisce il perseguimento di tutti gli scopi cui tende l’ammodernamento del Pes. In particolare, non vi è una dimostrazione specifica della riduzione della disoccupazione. Altri meccanismi tipici dell’economia di mercato, introdotti nel processo di ammodernamento del Pes, sono il voucher – che consente di ricercare le opportunità di lavoro tra diversi fornitori (cd. shop around) – e l’imposizione di una tassa di utilizzazione del Pes (ma quest’ultima pratica non ha trovato favorevole accoglimento in ambito internazionale, tanto da essere scoraggiata persino dalla Convenzione n. 96 dell’Ilo). Quanto sopra induce alcune considerazioni in ordine al diverso modo di interpretare l’apertura del mercato dei Servizi per l’impiego anche agli operatori privati. Negli anni passati, si riteneva che lo Stato dovesse conservare il monopolio dei Pes, al fine di meglio tutelare gli strati più deboli della società e di apprestare un servizio uguale per tutti. Recentemente, tuttavia, si è assistito ad una generale inversione di tendenza: con un’adeguata regolamentazione del settore, infatti, sembra possibile aumentare l’efficienza del mercato del lavoro. 76 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Konle Seidl R., Walwei U. Job placement regimes in Europe: Trends and Impacts of Changes Iab Topics, 46, 2001 Questo studio analizza la funzione del placement, facendo riferimento a quanto succede in alcuni Stati europei, quali Francia, Germania, Olanda e Gran Bretagna. L’elemento principale che può rendere immediatamente l’idea dell’utilità del servizio di placement nel mercato del lavoro è la constatazione della difficoltà e della lentezza con cui circolano le informazioni sulle vacancies e sulle opportunità offerte dalle aziende. In questo senso, la funzione principale del servizio di placement è quella di facilitare la diffusione delle informazioni e permettere una condizione di maggiore trasparenza nel mercato. Il placement, quindi, riveste l’importantissimo ruolo di mediatore in grado di coagulare gli interessi dei candidati e delle aziende o dei datori di lavoro. La funzionalità e la buona riuscita di un servizio di placement pubblico dipende, ovviamente, dalle risorse economiche che vengono impiegate. Anche il decentramento e la capacità locale di svolgere questo servizio sono elementi di grandissima rilevanza. Tranne che in casi rari (Belgio, Svizzera e Stati Uniti) il Servizio pubblico per l’impiego viene svolto da parte dall’amministrazione centrale e può risultare più o meno vincolato alle politiche dei Ministeri del lavoro. Alcuni, infatti, sono indirizzati da Decisori locali, altri casi vedono la netta presenza dei poteri centrali. Nella quasi totalità dei casi, i processi di gestione dei Pes vedono la presenza di rappresentanti dei sindacati ed dei datori di lavoro e sono gratuiti. Al di la di questo, è chiaro che esistano innumerevoli differenze tra i vari modelli. Non ovunque, ad esempio, il ruolo del placement si limita alla diffusione delle informazioni sulle vacancies, permettendo la gestione anche di servizi aggiuntivi, utili al sostegno di chi cerca lavoro. La differenza più importante tra i paesi dell’Oecd riguarda l’amministrazione dei sostegni economici per i disoccupati. Se in alcuni casi, infatti, l’amministrazione di tali sostegni viene svolta da parte del Pes, in altri ciò non avviene e altre agenzie sono preposte allo svolgimento di tale compito. Questa differenza dipende dalla maggiore o minore burocratizzazione del Pes. Come mediatore, il Pes può utilizzare diverse procedure che sono: la self-selection, la conditional self-selection, la administrative matching, e la selective matching. Nel caso delle prime due, il Pes svolge un ruolo passivo, concentrandosi solo sulla raccolta delle informazioni sulle possibili vacancies al fine del riempimento di file e database. La self-selection, infatti, si basa sull’uso di terminali ed, ovviamente, della rete Internet. Per maggiori informazioni, i datori di lavoro ed i candidati devono contattare i membri del Pes. Nell’administrative matching, le vacancies sono riferite ai candidati preventivamente registrati da parte del Pes che, per l’espletamento di tale funzione, è dotato di personale specializzato. Nel caso del selective matching, il ruolo del Pes cresce ulteriormente, dovendo svolgere un’azione che va molto oltre la semplice registrazione del candidato, 77 ISFOL – Area Mercato del Lavoro occupandosi anche dell’aspetto dello screening del personale e della selezione di quest’ultimo. La funzione di mediazione è quasi sempre di carattere gratuito; l’iscrizione è obbligatoria quando è connessa al recepimento dei sussidi per i disoccupati. Esistono tre modelli-base di organizzazione dei servizi di mediazione, variamente articolati: il primo è quello del monopolio statale. Questo può essere di due tipi differenti. Esiste, infatti, il monopolio in senso stretto, caratterizzato dalla esclusione totale dei Pres e dall’obbligatorietà della registrazione delle vacancies, oppure un monopolio moderato, in cui le agenzie private sono tollerate in casi ristretti e l’uso del Pes non è obbligatorio ma facoltativo. Il modello della coesistenza legittima la collaborazione tra pubblico e privato. Anche in questo caso, esistono due sottoclassificazioni: quella della coesistenza regolamentata e quella libera. Nel primo caso avremo la presenza di operatori privati per intermediare tutte le forme di occupazione, ma in base ad una regolamentazione più o meno rigida. Questa consiste nella previsione di sistemi di licenza e di standards di qualità. I primi sono diretti alla creazione di barriere artificiali al mercato atte ad impedire l’ingresso di soggetti privi di scrupoli, interessati solo al raggiungimento di profitti nel breve-medio periodo. Nel secondo caso, il Pres agisce senza alcuna licenza o permesso rilasciato dalla autorità pubblica ed fa ingresso nel mercato come qualsiasi altra società commerciale. Un terzo e ultimo modello è quello del sistema di mercato. In tale sistema solo i Pres erogano i servizi di mediazione di qualsiasi tipo, anche se ciò non comporta la completa assenza di un intervento statale, ad es. sotto forma di contracting out delle attività di matching da parte del Pes al favore del Pres. È possibile comunque distinguere tra sistemi di semi-mercato e di mercato puro. Il primo implica la presenza pubblica nelle attività connesse ai Servizi per l’impiego erogati agli utenti, mentre nel secondo è assente qualsiasi tipo di intervento pubblico. Utilizzando tale classificazione si ha che negli anni 80 la maggioranza dei paesi deteneva un sistema di monopolio moderato e pochi erano quelli con sistema di coesistenza regolata. Negli anni 90, invece, la situazione è cambiata considerevolmente e i Pres sono ammessi incondizionatamente nei paesi prima dotati di monopolio, con l’eccezione della Francia. Pure le agenzie di lavoro interinale (TWAs) sono ora legalizzate in tutti i paesi della UE, anche se con notevoli differenze. In conclusione allo stato attuale la maggioranza dei paesi europei detiene un sistema di coesistenza regolata, ad esclusione della Danimarca. Casi di studio europei FRANCIA. La Francia presenta un tasso di disoccupazione non particolarmente elevato rispetto a quello che si registra in altri Stati europei. Dotato di una grande flessibilità, il 78 ISFOL – Area Mercato del Lavoro sistema francese dell’occupazione è noto per aver adottato un sistema basato sulle 35 ore settimanali nel 2000. Il sistema di collocamento pubblico ha subito una continua ondata di riforme. Fino al 1940, l’importante funzione di placement veniva svolta solo a livello locale. Solo nel 1967 l’Anpe (Agenzia nazionale per l’impiego) vede la luce e permette un maggiore accentramento. In questo quadro generale, nascono accordi tra una varietà di enti diversi e l’agenzia nazionale, mentre le società private per l’impiego vengono tollerate limitatamente ad alcune categorie. Nei confronti delle TWAs, soprattutto, il comportamento del Governo è oscillante tra liberalizzazione e controllo, anche in conseguenza di diversi orientamenti politici: se fino al 1990, le TWAs erano permesse per qualsiasi situazione lavorativa, nel ‘90, vengono varate una serie di restrizioni circa la durata del contratto di lavoro temporaneo, che non avrebbe dovuto eccedere i diciotto mesi. Pur non essendo richiesta la licenza, era necessario informare le autorità circa la costituzione di agenzie di lavoro temporaneo. Il servizio pubblico francese continua oggi a mostrare la propria presenza e, soprattutto, la propria forza. Il settore pubblico è caratterizzato da centralizzazione, forte presenza delle parti sociali e frammentazione amministrativa. Il Pes è articolato in diverse organizzazioni: l’Anpe, l’Afpa (Associazione per la formazione professionale), l’Unedic (Unione nazionale per l’occupazione nell’industria e nel commercio) e il Degefp (Delegazione generale per l’occupazione e il training). L’Anpe e l’Afpa presentano una struttura tripartita in cui le parti sociali hanno enormi poteri. Diversamente, l’Unedic è frutto di un accordo tra le parti sociali ed ha una struttura bipartita. Afpa ed Anpe sono collegate all’Dgefp, a livello centrale e al Sete (Servizi esterni per il lavoro e l’occupazione) a livello locale. Il Dgefp è monitorato dal Ministero del lavoro e promuove le politiche a sostegno dell’impiego. L’Anpe ha due missioni principali: quella di assistenza per i candidati, che vengono registrati e quella di sostegno ai datori di lavoro. L’Anpe è organizzato in 22 uffici regionali e 850 uffici locali. Il Consiglio dell’Anpe definisce le politiche strategiche in collaborazione con il Dgefp. Offre agli uffici regionali le risorse necessarie per il proprio funzionamento. Il budget dell’Anpe deriva dallo Stato e da una serie di ulteriori fondi messi a disposizione dal Ministero del lavoro. Nel 1990 si è stabilito che lo staff a servizio dell’Anpe conservasse lo status di Agenti di Diritto Pubblico, qualifica che permette il management delle risorse umane. Con il tempo, l’Anpe ha aumentato non solo le proprie funzioni, ma anche le prerogative, andando verso una maggiore decentralizzazione e favorendo le politiche locali. Una delle lacune che incide sul funzionamento del Pes francese riguarda la difficile connessione e comunicazione tra Anpe ed Unedic, problema che si è cercato di risolvere con le ultime innovazioni normative. Il servizio di collocamento in Francia riguarda tutti i settori e le categorie lavorative, tocca le aree rurali come quelle urbane, ha maggiore forza nella categoria dei soggetti disoccupati e in quella delle aziende piccole o medie. Oggi l’Anpe ha rafforzato i suoi 79 ISFOL – Area Mercato del Lavoro rapporti con i datori di lavoro ed ha introdotto nuovi compiti tra quelli finora svolti dal suo staff, al fine di una migliore gestione dei candidati e delle vacancies. Un Contrats de Progrès, per una durata di cinque anni, è stato stipulato tra Anpe e il Governo. Questo prefigura per l’amministrazione un ruolo più nodale, mediante la definizione di direttive e politiche programmatiche, ma anche la possibilità per l’Anpe di ottenere maggiori sostegni economici. Gli obiettivi individuati dall’accordo si riferiscono ad azioni per l’eliminazione delle discriminazioni e per aiutare le categorie più deboli nel percorso verso l’impiego. In base al Code du travail, il placement privato è proibito tranne che per speciali categorie professionali, per le agenzie non-profit e per le headhunters. Le TWAs sono state autorizzate ad operare fin dal 1972. La disciplina della materia è stata sottoposta nel corso degli anni a notevoli cambiamenti. Sebbene la normativa in materia di forme di impiego non-standard fosse fortemente rigida, vi furono aperture alle TWAs negli anni 80. Prima del 90 l’attività delle TWAs era ammessa in tutti i settori di impiego, non vi erano limitazioni al numero massimo di rinnovi dei contratti di fornitura e la loro durata massima consentita era piuttosto alta nel panorama internazionale (24 mesi). La riforma del 1990 ha limitato i casi di ammissibilità del lavoro temporaneo (solo in caso di ragioni obiettive), ha previsto solo la proroga dei contratti di fornitura ed ha limitato la loro durata massima a 18 mesi. Pur non essendo previsto un sistema autorizzatorio, vi è un obbligo di informare le autorità e di fornire una garanzia finanziaria. È fatto divieto di utilizzare il lavoro temporaneo presso aziende in sciopero ovvero appartenenti a settori che esercitano attività pericolose. Non sono ammesse agenzie polifunzionali (ad es. TWAs che svolgono anche attività di mediazione). Sebbene, la legislazione più recente sia decisamente più restrittiva della previgente, ciò non ha influito nella diffusione del lavoro temporaneo nella pratica. Il Code du Travail vieta ai privati l’esercizio commerciale del collocamento; sono ammesse eccezioni per alcune categorie professionali: l’Apec (Agence de placement des cadres). Si tratta di una agenzia non-profit fondata nel 1996 dalle parti sociali deputata a raccogliere le vacancies e renderle disponibili ai lavoratori; recruitment agencies: organizzazioni private per il collocamento di lavoratori specializzati e del management (headhunters). Più importanti sono però altri enti autorizzati all’esercizio del collocamento, in quanto sottoscrittori di un accordo con l’Anpe o perché autorizzati dallo Stato. Si tratta di istituzioni pubbliche ed enti bilaterali, costituiti dalle parti sociali. Essi sono tenuti al rispetto delle regole fondamentali proprie dei Pes: gratuità del servizio, divieto di pratiche discriminatorie. Tali enti, sebbene possano partecipare al collocamento, non sono responsabili dell’avviamento di cui rimane competente l’Anpe. 80 ISFOL – Area Mercato del Lavoro È stato promosso l’outsourcing di parte delle informazioni sulle vacancies e l’Anpe ha stretto delle partnership con le TWAs. GERMANIA. Di pari passo con i cambiamenti politico-sociali, la Germania ha varato una serie di riforme del sistema per l’impiego arrivando, negli anni Novanta, ad una situazione occupazionale decisamente grave, soprattutto per quel che riguarda la disoccupazione di lunga durata e quella dei candidati più giovani. È ovvio che, nel caso tedesco, le differenze tra una regione e l’altra siano più profonde che altrove tanto che, dopo la riunificazione delle due Germanie, una delle urgenze di fondo è stata quella di introdurre una nuova disciplina del mercato del lavoro. Solo nel 1910 viene introdotto il sistema delle licenze e nel 1922 nasce l’Imperial Office for job placement che aveva in mano il controllo del servizio di placement a livello locale; nel 1933 viene fondato l’Imperial Institute for Job Placement and Unemployment Insurance. Tra il 1931 e il 1994, la situazione tedesca è dominata dal monopolio statale in cui le organizzazione private sono proibite; solo nel 1994 il monopolio finisce e viene introdotto il sistema delle licenze. In particolare, le TWAs hanno subito diversi trattamenti di maggiore o minore apertura. Queste, infatti, permesse dal Governo tedesco, sono sottoposte a nuove norme a partire dagli anni Settanta, mentre nel 1981 subiscono nuove restrizioni. Nonostante ciò, oggi le TWAs sono le strutture di maggiore preferenza e diffusione. Il Servizio pubblico per l’impiego è costituito dal Bundesanstalt für Arbeit (BA), finanziato prevalentemente dai datori di lavoro e deputato a fornire i servizi di placement e di amministrazione dei sostegni economici; è diviso in tre corpi che rappresentano i datori di lavoro, i lavoratori e le istituzioni pubbliche. Per quanto l’acceso ai servizi del BA sia praticamente libero, questo comporta l’obbligo di iscrizione e registrazione se si vogliono ottenere i sussidi di disoccupazione. Il servizio è diffuso nelle aree urbane come nelle rurali, per tutte le categorie di lavoratori. L’obiettivo degli anni più recenti del BA è nella maggiore decentralizzazione e nella minore burocratizzazione, l’uso degli strumenti più avanzati di ricerca, quali Internet e database. Il BA offre strumenti di sostegno alle aziende (placement e training). Al di là di quelli pubblico e privato, nel panorama tedesco un ruolo rilevante è dato da canali, quali giornali ed annunci dei privati. Come in altri paesi, il lavoro interinale, permesso poiché non considerato collocamento, è stato regolato con un apposito provvedimento nel ‘72, ispirato all’esigenza di monitorare l’attività delle agenzie e garantire il rispetto di un livello minimo di protezione a favore dei lavoratori interinali. Nel 1981, al fine di contrastare fenomeni di illegalità che si manifestavano nelle costruzioni, fu posto un rigido divieto all’utilizzazione del lavoro temporaneo in tale settore. Altro elemento tipico della disciplina in materia è la previsione di una durata massima del periodo in cui i lavoratori possono essere ceduti in affitto. Tuttavia detto periodo è 81 ISFOL – Area Mercato del Lavoro stato nel corso degli anni progressivamente aumentato: da 3 mesi nel ‘72, a 6 nel ‘85, poi a 9 nel ‘94 ed, infine, a 12 nel 1997. Tale apparato normativo non è stato influenzato in maniera decisiva dalla deregolazione del ‘94, sebbene il cd. synchronisation ban sia stato parzialmente affievolito (il divieto impone che la durata del rapporto di lavoro con l’agenzia di lavoro interinale debba almeno eccedere la durata della prima missione presso l’azienda utilizzatrice). La successiva revisione normativa ha considerato non valido tale divieto se il lavoratore interinale viene assunto dalla azienda utilizzatrice immediatamente dopo la conclusione della missione e se lo stesso lavoratore è considerato di difficile collocazione dal Pes. Il Legislatore ha imposto che la relazione tra lavoratore e agenzia di lavoro interinale fosse a tempo indeterminato, escludendo la possibilità di utilizzare a tal fine un contratto a termine. Peraltro, ciò non ha nuociuto all’attrattiva dell’istituto che consente comunque al lavoro interinale di scavalcare il collocamento pubblico per volumi di avviamenti realizzati. La riforma del ‘94 ha previsto una procedura di autorizzazione, gestita dal BA, per le TWAs e le agenzie di ricerca e selezione. Per ottenere la licenza all’erogazione di servizi all’impiego devono essere garantite quattro condizioni: a) idoneità personale; b) certificazione dell’assenza di carichi pendenti; c) assetti societari fissati per legge; d) locali commerciali adeguati. La cooperazione tra Pes e Pres è stata piuttosto rara, ma recentemente è stata incrementata. Esistono accordi bilaterali tra BA e Pres in molti settori, come in quello dell’uso dei data base sui lavoratori e sulle vacancies, fino alla delega delle funzioni di collocamento ai Pres. PAESI BASSI. Il decennio che va dal 1970 al 1980, segna un periodo di grave crisi economica per l’Olanda che spinge il Governo verso l’adozione di nuove misure miranti al sostegno del mercato del lavoro. L’intervento più (che risale al 1982 è il Wassenaar Agreement, un accordo tra datori di lavoro, sindacati e Governo, che imprime una svolta nel sistema dell’occupazione e nella direzione di una più accentuata flessibilità. Prima del 1991, il sistema del collocamento era caratterizzato da un forte monopolio statale e da un notevole accentramento. In cima alla piramide del Pes, c’era il Central Board (Cba) e 28 uffici regionali (Rba) che, con il tempo vennero limitati a 18. Nel 1991, il Pes è stato ripartito secondo una struttura che prevedeva la rappresentanza di datori di lavoro, Governo e lavoratori. Nel 1997, in seguito all’Employment Service Act, il Governo inizia una limitata collaborazione con organizzazioni private per l’impiego, al fine di offrire ai candidati una gamma di servizi più vasta. Le agenzie private, e soprattutto le TWAs, acquisiscono quote maggiori di mercato. Il monopolio del Pes si conclude definitivamente nel 1991, anno in cui vengono poste le condizioni cui il servizio 82 ISFOL – Area Mercato del Lavoro privato di placement deve sottostare. Nel 1991, il Pes viene mutato da Direttorato Generale del Ministero per gli affari sociali e l’occupazione ad una istituzione indipendente. La sua finalità è quella di creare un equilibrio tra la domanda e l’offerta di lavoro, con particolare attenzione ai candidati in posizione di maggiore difficoltà. Con il passare del tempo, e con la diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione, il Servizio pubblico per l’impiego inizia ad appoggiarsi al sistema di Internet, dei terminali e dei database. Il sito del Pes comincia a ricevere numerose visite, anche da parte dei datori di lavoro, soddisfatti dalle strutture innovative e virtuali che consentono un rapido contatto con i candidati. Un altro elemento fondamentale nel funzionamento del Pes è dato dal Center for Work and Income (Cwi). Prima del 1990, l’Employment Service Act del ‘30 ammetteva solo l’esistenza di agenzie non-profit, sottoposte ad un regime obbligatorio di autorizzazione, sebbene quelle di personnel management non fossero mai state espressamente proibite. Anche prima della fine del monopolio le TWAs erano diffuse in Olanda, poiché formalmente la loro attività non era considerata collocamento, sebbene nella pratica molte imprese le utilizzassero per selezionare i propri futuri dipendenti e i job-seekers come un canale di ricerca di impiego permanente. All’epoca della fine del monopolio l’ingresso di agenzie private era sottoposto al rilascio di una licenza e prevedeva che i lavoratori non dovessero pagare più del costo reale del servizio di collocamento; che l’attività non fosse esercitata nei confronti di imprese i cui dipendenti fossero in sciopero e che nessuna discriminazione fosse operata nei confronti dei lavoratori. L’Employment Service Act del 1991 modificò anche la definizione di collocamento, in maniera tale che anche altri mediatori, quali le agenzie di outplacement e di ricerca e selezione fossero autorizzate. La cooperazione tra TWAs o agenzie private e Pes è progressivamente diventata più comune. In particolare, due sviluppi possono essere segnalati. Da una parte si segnala che Pes, Start (che originariamente era una agenzia non profit ma ora è privata) insieme ad una altra TWAs, hanno costituito un alleanza strategica per competere con altre agenzie, specialmente TWAs di grandi dimensioni. L’altra area di cooperazione si è sviluppata nell’ambito del nuovo ruolo delle municipalità nelle politiche dell’impiego. Queste sono legalmente obbligate a cooperare con i Pes, ma nei fatti anche agenzie for profit sono coinvolte. GRAN BRETAGNA. Nel 2000 la Gran Bretagna vanta una condizione socio economica invidiabile, caratterizzata da un bassissimo tasso di disoccupazione. Nel 1970 il mercato del lavoro inglese già godeva di una certa deregolamentazione, per via della liberalizzazione dei mercati dei beni e servizi. Il panorama inglese è dominato dal Pes, l’Employment Service, e da una serie di altre istituzioni pubbliche, che si occupano di offrire un servizio di placement multiforme ed 83 ISFOL – Area Mercato del Lavoro adeguato, quali il Careers Advisory Service e il Training and Enterprises Councils. Nel settore privato, invece, troviamo la più vasta gamma di organizzazioni ed agenzie che si occupano di categorie più o meno ampie di candidati. Nel 1974 nascono i Job Centres and Benefit Offices che hanno subito una progressiva liberalizzazione, svincolando lentamente i candidati dai legami di registrazione e di controllo. Nel 1986 nasce il Restart, organo mirato sulle esigenze dei candidati disoccupati di lunga durata, chiamati periodicamente ad affrontare un colloquio sui veri motivi della loro condizione di disoccupati e sulla reale intenzione di trovare un impiego. L’Employment Service è caratterizzato da una struttura che agisce a livello centrale, locale e nazionale. Il livello locale offre i più disparati servizi per i disoccupati ed è dotato di maggiore efficienza e rapidità di azione. Le sezioni regionali (sette sezioni) si occupano del policy making, dell’allocazione delle risorse e dei sostegni economici per i candidati. Il sistema centrale, inoltre, coordina e collega tra loro le sezioni locali, svolgendo un’azione manageriale. Dall’aprile del 1990, il sistema pubblico agisce nell’ambito dell’Employent Departement Group. Ogni anno, il Segretario di stato per l’impiego e l’occupazione stabilisce gli obiettivi per il Pes e amministra le risorse necessarie per il suo sviluppo, così come le linee generali di policy. La Gran Bretagna è lo Stato dell’Ocse che presenta il tasso più basso di spesa nel settore dell’occupazione ed è dotato di una limitata politica di intervento. Se i sondaggi amministrativi mostrano un tasso di penetrazione del Pes più che soddisfacente, caratterizzato da un livello stabile delle registrazioni, i sondaggi condotti da fonti diverse mostrano il progressivo ridimensionamento del Pes, a favore dei più innovativi canali privati o semplicemente degli strumenti informali, quali i bollettini o le riviste che si occupano della pubblicazione di annunci di lavoro. Il Pes, confrontato con questi canali, appare sempre meno in grado di rispondere alle esigenze dell’utenza. Le informazioni che il servizio pubblico offre sono spesso considerate incomplete e non supportate da databases adeguati alle necessità dei candidati. Diversamente appare per il Pres con il quale il sistema pubblico non coopera ma, soprattutto, non compete, rivolgendosi a tipologie di candidati diversi per skills e necessità. Le agenzie private non sono mai state proibite nel Regno Unito. Sino al 1973, i Pres non erano regolati nonostante le preoccupazioni suscitate da alcune prassi diffuse nel settore industriale e vari tentativi di introdurre una disciplina normativa in materia. Nel ‘73 fu approvato l’Employment Agencies Act. Questo affidava alla autorità pubblica (fino al ‘75 in sede locale, successivamente al Secretary of State for Employment) le competenze in materia di rilascio di licenze, multe, poteri ispettivi e altri servizi. Dal 1994, le agenzie private vengono assoggettate al potere autorizzatorio e di controllo del Department of Employment’s Employment Agency Licensing Office, organizzato su base regionale. Alle TWAs è riconosciuta grande libertà: non esistono restrizioni circa l’uso del lavoro interinale, né con riguardo al rinnovo ed alla durata del contratto di lavoro 84 ISFOL – Area Mercato del Lavoro temporaneo. Il sistema di licenze è stato revocato con effetto dal gennaio 1995 dal Deregulation and Contracting Out Act del 1994. Ciò nonostante gli standard di condotta del ‘73, in particolare con riguardo alla gratuità del servizio di collocamento a favore dei lavoratori, sono rimasti in vigore. In generale, l’impatto della disciplina legale appare minimale e l’Employment Agency Standards Office opera solo su iniziativa di parte (non di ufficio) in materia di violazione degli standard obbligatori. Riggs L. Introduction of contestability in the delivery of employment services in Australia” Elsa 2000 Per Job Network si intende la costituzione di un mercato competitivo di servizi per il lavoro. La sua nascita in Australia – maggio 1998 – ha rappresentato un cambiamento fondamentale nel sistema del mercato del lavoro, in cui prima dominava il servizio pubblico: il Commonwealth Employment Service (Ces). Il più importante risultato atteso da una complessiva riforma dei Servizi per l’impiego è quello di consentire ai disoccupati di trovare lavoro, anche grazie all’introduzione di servizi che aumentino la flessibilità del mercato. Al fine di perseguire questo risultato, il Commonwealth Service Delivery Agency, oggi detto Centrelink, combina le agevolazioni economiche del Departement of Social Security, con alcune funzioni del Ces. Attraverso il Centrelink, il Governo australiano è riuscito a provvedere al servizio di registrazione dei candidati, all’amministrazione dei sussidi ed a tutte le strutture organizzative necessarie. Come è naturale, le novità introdotte dal Job Network hanno comportato un periodo di transizione a cui i lavoratori e tutti gli altri attori del mercato del lavoro hanno dovuto adattarsi. Il Department of Employment, Workplace relations and small Business (Dewrsb) è il soggetto responsabile per la sorveglianza del Job Network e dei suoi servizi. La prima fase della selezione delle organizzazioni che si candidavano alla gestione di misure per l’impiego, sotto la vigilanza del Job Network, venne condotta nel 1997. Il primo periodo di “contratti” fu dal 1 maggio 1998 al 27 febbraio 2000. La seconda fase, ha riguardato invece la selezione per i tre anni successivi al 28 febbraio 2000. Per quanto sia ancora prematuro affermarlo, si può sostenere che il Job Network si sia dimostrato superiore rispetto al Ces. Nel 1996, con l’elezione del nuovo Governo (partito liberal-nazionalista) si stabilì di potenziare il sistema dell’assistenza nel lavoro. Il nuovo esecutivo considerava le strategie del passato ormai inadeguate e questa opinione era sostenuta dalla valutazione negativa del precedente “Programma per il lavoro”, in quanto esso: era confluito in una miriade di programmi dalla limitata flessibilità; era eccessivamente complicato, perché si basava su targets e regole e non sui singoli 85 ISFOL – Area Mercato del Lavoro casi individuali; era troppo costoso. Il Governo annunciò la sua decisione di adottare nuove riforme nel mercato del lavoro che tenessero in considerazione i fabbisogni individuali e desse vita ad un sistema più competitivo. Gli obbiettivi di fondo erano il potenziamento dell’assistenza ai disoccupati, il miglioramento dei servizi ed una attenzione più accorta al rapporto costi-benefici. Si stabilirono alcuni principi fondamentali: l’assistenza sarebbe stata flessibile in base alle capacità dei singoli; gli incentivi sarebbero stati utilizzati prima di tutto per mettere al lavoro chi cercava attivamente un impiego; successivamente vi sarebbero stati altri incentivi addizionali per le categorie di disoccupati più difficili da collocare; la fruizione dei sussidi di disoccupazione sarebbe stata sottoposta alla condizione della partecipazione alle misure di attivazione; sarebbero stati fissati degli standard di qualità dei membri del Job Network. Il Governo avviò la riforma prevedendo un periodo di transizione per l’introduzione del Job Network. Tale periodo prevedeva: la chiusura del Ces, mentre si conducevano i primi passi che avrebbero portato al Job Network, mantenendo nel frattempo i servizi per i disoccupati; l’istituzione del Centerlink e del Dewsrb, che lo affiancava per potenziare alcuni servizi come ad esempio la registrazione di chi cercava lavoro; l’istituzione del Employment National, un servizio derivante dall’amministrazione centrale; l’introduzione della legislazione necessaria al sostegno del Job Network; l’adozione una strategia d’informazione che servisse ad illustrare ed a spiegare i cambiamenti futuri. Molti di questi passaggi derivavano dalla decisione del Governo di chiudere comunque il Ces a far data dal 30 aprile 1998 e iniziare le operazioni per il Job Network da subito. Il Job Network offre un sostegno di tipo flessibile a quanti siano alla ricerca del lavoro, che muta in base alle diverse necessità. Esso garantisce cinque servizi fondamentali. a) Job Matching: servizi per il lavoro accessibili alla maggior parte dei candidati che lavorano meno di quindici ore alla settimana. Questi servizi sollecitano i datori di lavoro alla individuazione delle vacancies, aiutano i candidati nell’aggiornare le proprie competenza e sostengono circa 400.000 candidati l’anno. b) Job seekers training: quindici giorni consecutivi di tirocinio nella tecnica per la ricerca del lavoro, che può includere metodi per la presentazione ed il colloquio. Queste strategie, che sono previste per i disoccupati dai tre ai dodici mesi, vedono una frequenza annua di almeno 90.000 partecipanti. c) Intensive Assistance: assistenza individuale a candidati più svantaggiati. Vi sono 86 ISFOL – Area Mercato del Lavoro diversi tipi di assistenza di questo genere, in base alle diverse necessità. L’assistenza intensiva ha visto una partecipazione annuale di circa 235 000 persone. d) New Enterprise Incentive Scheme (Neis): tirocini, servizi, campagne informative per un periodo superiore a 12 mesi, a favore del candidato che abbia un progetto di avvio per un lavoro autonomo. e) Project Contracting: progetto che tende ad assicurare ai coltivatori di frutta e verdura l’accesso al lavoro di mietitura dei campi. L’Intensive Assistance è probabilmente il servizio più complesso perché deve fare perno su operatori molto qualificati, in grado di occuparsi di persone in condizioni di grave svantaggio. Per essere ammessi a questo tipo di servizio, i candidati devono essere nella condizione di ricevere i sussidi per la disoccupazione, o per lo meno di avere sostegni speciali per i disabili, o avere un’età compresa tra i 15 e i 20 anni e non avere un’educazione scolastica completa, o essere australiani indigeni, che partecipano al Community Development Employment Projects. Per il Neis i fornitori specificano sia la somma disponibile, che il numero dei placement previsti. All’inizio di ogni anno essi ricevono il 10% di tutto il valore del contratto, poi il 90% se il partecipante non sta ricevendo più alcun sostegno economico. Gli stessi sono responsabili di reperire e selezionare i candidati. Per il Project Contracting i fornitori sono pagati per offrire un servizio nelle regioni della mietitura. La metà della somma è versata prima che la mietitura abbia inizio, la seconda metà alla fine della stessa. L’attività svolta da parte dei membri del Job Network viene monitorata mediante una serie di indicatori. Sono previste anche sanzioni, nel caso di servizi di bassa qualità o di breve durata. Nel caso dell’Intensive Assistance, per il secondo periodo di Job Network, si è stabilita la così detta Declaration of Intent (Doi) che indica dettagliatamente i servizi che gli offerenti pensano di poter offrire ai candidati. Il Doi è parte integrante del contratto e i fornitori devono sottostare agli impegni presi. Tutti coloro che ricercano un lavoro hanno diritto di aderire al Job Network e di utilizzare le più innovative strutture per la ricerca da esso offerte. Il sistema informatizzato del Dewrsb, detto Integrated Employment System (Ies), facilita il passaggio delle informazioni tra i membri del Job Network, il Dewrsb e il Centrelink. Attraverso lo Ies si possono ricevere informazioni sui candidati, sulle vacancies e sui membri del Job Network. L’Australian Job Search (Ajs) rappresenta la faccia pubblica del Ies e permette a chi cerca lavoro di informarsi sulle offerte di lavoro. L’Ajs, infatti, fornisce informazioni relative ai servizi di Job Network e ai suoi membri. Vi si può accedere tramite 2500 terminali in 750 diverse postazioni, incluso il Centrelink Customer Service Centre, gli uffici dei membri del Job Network e numerosi altri siti. Un codice di condotta del Job Network è stabilito per assistere i membri, ma anche per assicurare il miglior servizio ai candidati ed ai datori di lavoro; esso fa parte del contratto, 87 ISFOL – Area Mercato del Lavoro tra il Governo e i membri, secondo il quale questi ultimi devono attenersi agli standard del codice. I principi del codice sono: etica e rispetto; assistenza accurata; cortesia del servizio; possibilità di esprimere insoddisfazione per il servizio; osservanza del diritto alla privacy; attenzione e cura dell’informazione. È previsto anche un sistema di risoluzione delle controversie, attraverso il Customer service Line. All’inizio si orienta il candidato verso la risoluzione consensuale della controversia; qualora non si riuscisse a dirimerla, il candidato ha la possibilità di contattare il Job Network Customer Service Line, che prevede le misure da adottare nei confronti del candidato o del datore di lavoro inadempiente. Sono previste sanzioni nei confronti di membri di Job Network che infrangono il codice. Nel corso degli anni è cresciuta l’attenzione, da parte degli organi centrali, per la qualità del servizio, che sarebbe dovuta risultare potenziata. Il più importante cambiamento nel secondo Job Network fu l’introduzione del Management Price Competition per l’Intensive Assistance. Durante il primo Job network, per tale servizio esisteva un sistema a prezzo fisso; nel secondo, al contrario, tutti i servizi di Job Network adottarono il sistema di Price Competition, anche se una soglia minima fu mantenuta al fine di assicurare una precisa qualità del servizio offerto. Nel periodo del primo “contratto” si richiedeva ai fornitori di assistere diverse tipologie di candidati; nel secondo divenne lecita la specializzazione in un singolo gruppo come, ad esempio, quello dei disabili o dei candidati più giovani. Il secondo Job Network conta circa 200 membri: più dell’80% sono organizzazioni che hanno partecipato al primo. Il numero di providers è di circa 100 in meno rispetto al primo Job Network: questa riduzione può essere attribuita, in parte, ad una scrematura che ha interessato operatori non sufficientemente professionali ed, in parte, al fatto che alcuni fornitori hanno costituito consorzi unendosi tra loro. Inoltre, per il secondo, si era stabilito di ridurre il numero minimo di fornitori per un dato servizio passando da cinque a due o tre, valorizzando l’integrazione dei servizi forniti per ciascuna area. Mentre si registra una riduzione del numero delle organizzazioni, il numero dei siti Web risulta invece accresciuto in maniera significativa, passando da 1400 a più di 2000. Durante il secondo periodo si è verificata, inoltre, una crescita dei piccoli operatori: se durante il primo Job Network le organizzazioni non-profit raggiungevano il 30%, nel secondo si è invece attestata intorno al 45%. Anche il settore privato è cresciuto, sebbene la presenza del pubblico continui ad essere massiccia. Per assicurare la massima trasparenza e l’equità nel trattamento di ciascun operatore, nel primo Job Network si istituì il Probity Plan controllato da un Probity Adviser 88 ISFOL – Area Mercato del Lavoro indipendente. Questi strumenti, hanno permesso di accrescere la fiducia del pubblico nei confronti del Job Network; secondo le valutazioni dell’Adviser, il primo periodo sarebbe stato condotto nel pieno rispetto dei principi di equità e trasparenza. L’Australian National Audit Office (Anao) ha concluso che il Job Network è stato condotto nel rispetto dei requisiti richiesti dal Governo e che il Dewrsb ha gestito con efficacia i diversi rischi. Il Ces è esistito per 50 anni e la sua attività era ben conosciuta sia dai lavoratori che dai datori di lavoro, pertanto si ritenne necessario avviare una campagna informativa diretta ai disoccupati, ma anche a tutta la collettività. Questa consisteva in ricerche di mercato, statistiche e campagne specifiche per la popolazione indigena o per quella non anglofona. Inoltre fu predisposto un servizio telefonico ed un sito Internet per la massima capillarizzazione delle informazioni. Per il periodo del secondo Job Network si cercò poi di potenziare, tramite un campagna mirata, la diffusione delle informazioni presso i datori di lavoro, anche a livello locale. L’accentramento presso il Centrelink dei servizi prima erogati da due diverse organizzazioni – la funzione di controllo e di sostegno economico, prima svolta dal Social Security Portfolio, veniva ad essere integrata con l’assistenza ai candidati precedentemente offerta dal Ces – creò non poche difficoltà organizzative. A ciò si aggiunga che, l’introduzione dell’obbligo di registrazione e di intervista dei disoccupati, suscitò critiche nei confronti dei membri del Job Network, per l’eccessiva durata dei “tempi di attesa” e per il numero limiti dei soggetti “serviti”. Tra il 1998 ed il 1999, il Dewrsb e il Centrelink tentarono di ovviare a queste difficoltà attraverso l’utilizzazione di supporti informatici che permettessero una registrazione ed un recruitment più veloce. Alcune difficoltà inoltre derivarono dalla scarsa trasparenza dei servizi erogati nell’ambito dell’Intensive Assistance, a causa dell’eccessiva flessibilità dello strumento. Per questo, si decise di introdurre l’obbligo per gli operatori impegnanti nell’erogazione di tale servizio, di dichiarare preventivamente il tipo di assistenza che ciascuna struttura sarebbe stata in grado di offrire ai candidati interessati. Tra l’agosto ed il dicembre 1998, inoltre, si stabilirono altre misure: da una parte, si ampliò la platea dei soggetti inclusi nel servizio di Job Matching, il quale poteva così riguardare anche i disoccupati non beneficiari di sussidi e, dall’altra, si decise, dopo lunghe trattative, di riconoscere ulteriori sostegni economici a favore dello stesso servizio. Furono poi stanziati fondi da utilizzare per lo svolgimento di ricerche di mercato, sondaggi, studi e per il riconoscimento di sostegni per i membri che stabilivano di ritirarsi dal Network. Al 31 gennaio 2000 ben 22 membri, difatti, decisero di ritirarsi, anche se si trattava di piccole organizzazioni. Come anticipato, il Centrelink ha il compito di provvedere alla erogazione dei sussidi di disoccupazione e, al contempo, di monitorare i beneficiari, sottoponendoli ad un Activity test. Da questo strumento si desume reale propensione del disoccupato a trovare un lavoro ed a seguire e svolgere tutte le attività previste nel suo Activity Agreement personale. Queste possono essere di vario tipo e consistere in misure di inserimento al 89 ISFOL – Area Mercato del Lavoro lavoro, formazione ed attività di ricerca di lavoro. Il fornitore dell’Intensive Assistance, per esempio, deve “negoziare” con ciascun candidato un Activity Agreement, in cui si stabiliscono le attività che quest’ultimo dovrà svolgere, a partire da due settimane dal primo contatto. Solo dopo, il fornitore potrà sottoporre il “contratto” all’accettazione del Dewrsb. Ai membri del Network è riconosciuta la facoltà di denunciare al Centrelink le inadempienze del candidato rispetto agli impegni assunti nell’Activity Agreement. È questo il caso di un soggetto che si rifiuti di partecipare ad un corso di formazione o che non si presenti ad un colloquio. Peraltro, sarà il Centrelink ad accertare se il candidato sia incorso in una violazione dell’accordo, o se sussistano ragioni che hanno giustificano l’inadempimento. Solo se questo è confermato, è prevista la possibilità di adottare misure sanzionatorie, più o meno severe, sino ad arrivare alla riduzione dei sussidi. È chiaro che tali misure sono previste al fine di stimolare il candidato ad una reale ricerca dell’impiego. Peraltro fino alla fine del 1999, il Centrelink ha confermato solo una limitatissima parte dei casi di inadempienza “denunciati”. Sansier M., Boutonnat D. (1997) Relations between public and private employment agencies: development of a framework for co-operation Ilo, 1997 L’85a sessione della Conferenza internazionale sul lavoro ha adottato una Convenzione ed alcune Raccomandazioni, relative alle Agenzie private per l’impiego. La Convenzione sancisce che le agenzie private si occupino di tutte le incombenze relative alla ricerca di lavoro, nel pieno rispetto dei principi di eguaglianza. I nuovi standard Ilo stabiliscono le linee guida per la condotta di dette agenzie (Prea), onde evitare qualsiasi tipo di illiceità. L’ultima parte della Convenzione, invece, riguarda i principi di cooperazione tra il Servizio pubblico per l’impiego (Pes) e i Prea. Appare utile, quindi, individuare i tipi di collaborazione esistenti tra questi due attori del mercato del lavoro. A tal fine è stata realizzata un’indagine condotta dal Cabinet Bernard Bruhnes International, che ha preso in considerazione tre Stati: l’Olanda, la Francia e la Gran Bretagna, comparando il modo in cui il sistema privato interagisce con quello pubblico e studiando la possibilità di creare un National Employment Council, proprio indirizzato ad organizzare e regolare detta interazione. In relazione alla Convenzione Ilo n. 88 si può notare che: in Francia, le parti sociali lavorano direttamente di concerto con il servizio di pubblico impiego attraverso tre organizzazioni. Si tratta del Agence nationale pour l’emploi (Anpe), la Association nationale pour la formation professionnelle des adultes (Afpa) e la Union nationale interprofessionnelle pour l’emploi dans l’industrie et le commerce (Unedic). Il Services 90 ISFOL – Area Mercato del Lavoro extérieurs du travail, de l’emploi et de la formation professionnelle (Setefp) rimane un’istituto governativo. Materialmente i servizi all’impiego sono quindi rispettivamente gestiti: matching dall’Anpe, il training dall’Afpa, i sussidi dall’Unedic, finanziamento e supervisione Setefp. In Olanda il servizio di pubblico impiego è un’istituzione semi pubblica dotata di un apparato decisionale tripartito e decentralizzato. Lo Stato è posto in condizione di assoluta parità con le parti sociali ed è rappresentato solo dal Central Employment Council. A livello nazionale il Ministero degli affari sociali detiene il potere di approvazione del budget. Le istituzioni costituite dalle parti sociali sono responsabili della applicazione della disciplina in materia di ammortizzatori sociali, sebbene il Industrial Insurance Administration Office (Gak) si occupi della gestione dei sussidi di disoccupazione. In Gran Bretagna il Pes dipende direttamente dal Governo, sotto la responsabilità del Department of Employment. I Training and Enterprise Councils (Tec) sono organizzazioni istituite dai datori di lavoro e gestite per 2/3 dagli stessi e per 1/3 dai rappresentanti dei lavoratori che si occupano di assicurare che il livello e la accessibilità della formazione sia adeguata, di sviluppare l’economia locale e di gestire l’occupazione a livello territoriale. Se in un’economia sana e in crescita, il controllo e la supervisione dello Stato, unico a determinare le regole, può apparire benefico per tutti gli attori ciò non può accadere in un’economia instabile che, al contrario, necessita la partecipazione anche di altre forze al dialogo sulla strategia da adottare. Queste forze non possono che essere i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, i quali dovrebbero aprire un dialogo con il Governo. Il ruolo dello Stato è ambiguo. Esso, infatti, stabilisce le regole, penalizza chi sbaglia ma, allo stesso tempo, ha un ruolo attivo quale mediatore tra le parti sociali. Al fine della lotta alla disoccupazione, lo Stato deve necessariamente adottare una serie di misure, quali: difendere determinate categorie di lavoratori; dare vita a speciali unità d’azione per quei settori in cui la mediazione ed il reclutamento sono più complicati (manager e giovani); creare unità di azione per il lavoro stagionale e temporaneo; sviluppare tutte le strutture di supporto per chi cerca lavoro. Negli ultimi anni l’azione dello Stato è molto cambiata promovendo lo sviluppo dei servizio al lavoro, decidendo di coinvolgere nel mercato anche nuovi attori privati. In realtà, se agli inizi il contributo di questi era richiesto solo per particolari settori, di seguito esso si è esteso, così come la collaborazione tra questi e il servizio statale. Nella maggior parte degli Stati, la politica del lavoro viene stabilita esclusivamente dal Pes, con una serie di conseguenze negative: una visione “isolata” delle politiche occupazionali, separate dalle altre politiche pubbliche, ed un insufficiente grado di coordinamento con le politiche economiche ed industriali; 91 ISFOL – Area Mercato del Lavoro le difficoltà operative incontrate dagli impiegati pubblici, il cui compito originario non riguardava le politiche occupazionali, ma l’esercizio di funzioni di supervisione e regolazione; la difficoltà di gestire le politiche occupazionali con un’ottica più orientata alle job vacancies e di dare priorità alle esigenze individuali dei job-seekers. Lo sviluppo e l’evoluzione tecnologica, che ha caratterizzato il periodo dagli anni Settanta in avanti, ha condizionato fortemente le aziende, pur creandone anche di nuove. Queste ultime si sono organizzate in unità decentrate, al fine di sfruttare nel miglior modo possibile le innovazioni del sistema del lavoro, anche riducendo i costi, grazie ad una migliore organizzazione delle risorse umane ed al taglio dei posti di lavoro, così contribuendo a creare una più vasta fascia di disoccupati. Prima degli anni Settanta il quadro economico europeo era fortemente caratterizzato dal settore manifatturiero, ma successivamente ciò si è modificato sotto il peso della competizione internazionale. Guadagnare nel sistema produttivo significava soprattutto ridurre i costi del lavoro e sfruttare al massimo le capacità dei singoli impiegati. Da queste premesse, appare più che naturale la conseguente proliferazione del lavoro nonstandard e cioè diverso dal contratto di lavoro full-time e a tempo indeterminato, che aveva rappresentato il fondamento del sistema occupazionale precedente. Con l’introduzione dei nuovi profili e delle nuove forme di lavoro, si è iniziato a parlare di flessibilità, mobilità professionale, adattabilità e training. Il concetto di flessibilità è un fattore in continuo cambiamento. Esso è legato non solo alle modalità del contratto, ma anche alle ore di lavoro. Anche la mobilità è un fattore in continuo cambiamento, che tende a sottolineare la professionalità di un individuo, la sua disponibilità agli spostamenti. L’adattabilità è divenuta la regola se si intende mantenere un’occupazione e la formazione permette al lavoratore di migliorare le sue capacità tecniche, di sviluppare il modo di pensare e di accedere alla cultura dell’innovazione. Altro elemento fondamentale, utile non solo a chi ricerca lavoro ma anche al funzionamento del mercato è quello della circolazione delle informazioni: la mancanza di trasparenza nel mercato del lavoro apre la strada ad abusi a danno dei lavoratori, restringendo la loro libertà di scelta. A tal fine la politica dei Governi si orienta verso la diffusione delle notizie sul lavoro per velocizzarne la ricerca e potenziare la politica economica. Il collegamento tra i cambiamenti dei metodi produttivi, della disciplina del lavoro e della circolazione delle informazioni hanno dato impulso alla revisione dei sistemi per l’impiego. Quando un’impresa soffre di ristagno economico inizia a percepire la necessità di nuovi interventi, al fine di migliorare le proprie risorse umane; è a questo punto che decide di rivolgersi a soggetti esterni che possano risolvere le proprie difficoltà. Essa raramente farà riferimento al soggetto pubblico, preferendo altri operatori. Da una collaborazione univoca tra lo Stato e le aziende si passa, quindi, ad una situazione in cui queste ultime preferiscono la presenza ed il sostegno di un numero notevole di altre istituzioni, organizzazioni e persone giuridiche di vario genere, il cui impegno viene 92 ISFOL – Area Mercato del Lavoro considerato più adeguato alle reali necessità. Queste organizzazioni private, infatti, sono dotate di maggiore elasticità e creatività nella risoluzione dei problemi nel settore lavoro, i loro metodi danno maggiori garanzie e, non a caso, nei tre Stati presi in considerazione, il loro valore è paragonabile a quello dell’organizzazione statale. L’Ilo chiarisce il concetto di agenzia privata, al fine di delineare quegli operatori che, come primaria o secondaria attività, si occupano del settore occupazione. L’espressione “Agenzia privata per l’impiego” fa riferimento a qualunque persona, fisica o ente morale, che, in posizione di indipendenza dal Governo, opera nel mercato del lavoro con il fine di svolgere un servizio per l’impiego. L’espressione “qualunque persona fisica o morale” vuole intendere compagnie o istituzioni o associazioni. L’Ilo ha inoltre adottato una classificazione di 16 diversi tipi di agenzie, raggruppate in tre categorie, in base al rapporto tra queste ed il loro cliente. Queste categorie sono: a) intermediaries: il cui fine è il contratto di lavoro tra il datore e il candidato; b) skill providers: ove l’agenzia è il datore di lavoro che “gira” il suo impiegato ad una terza parte la quale attribuisce un compito al lavoratore controllandolo, senza essere il datore di lavoro; c) direct service providers: che svolgono servizi collegati all’occupazione per un datore di lavoro o un candidato. Rientrano tra gli intermediaries: Fee-charging agencies: questo tipo di agenzia agisce come intermediaria tra quanti offrano e cerchino un’occupazione, senza diventare parte del contratto di lavoro. Si tratta soggetti specializzati in particolari tipologie di lavoro, lavoratori o settori dell’economia. Agencies for employment abroad: questo tipo di agenzia è specializzata nel reclutamento di lavoratori per l’impiego all’estero. Agencies for the recruitment and placement of foreign nationals: queste selezionano e reperiscono lavoratori all’estero per conto di datori di lavoro nazionali. Executive search and selection agencies: sono pagate per le loro ricerche da parte del datore di lavoro, spesso con una percentuale del salario e, in caso di servizio prolungato, con una somma diversa. Training and placement institutions: organizzazioni che offrono agli studenti un servizio di placement e ricerca di lavoro. Rientrano fra gli skill providers: Temporary employment agencies (Tea). Una Tea può essere definita come qualunque persona fisica o morale che, in base alle disposizioni della legge nazionale, svolge un servizio di reclutamento di lavoratori con l’obiettivo di metterli in contatto con una terza parte, che dirige il lavoro e con cui l’agenzia ha concluso uno specifico contratto. Manpower lending services: queste agenzie aiutano piccole aziende nella gestione del loro personale in cambio di una somma prestabilita. 93 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Job shops: emanazione di società di consulenza formate da un personale di varia qualifica che vendono il loro servizio alle aziende per periodi variabili. Career management agencies: alcuni tipi di professionisti, quali gli appartenenti al mondo dell’arte, della moda o dello sport, pagano queste agenzie per gestire la loro carriera e negoziare i contratti. Employment companies or intermediary associations: la finalità di queste agenzie è trovare lavoro per il proprio personale con l’obiettivo di inserirlo nel mercato. Offrono anche lavoro temporaneo e sono non-profit. Rientrano fra i Direct service providers: Outplacement agencies: in cambio di una remunerazione e in base alle richieste di un datore di lavoro, l’agenzia fornisce una serie di servizi ad uno o più lavoratori non più occupati. Aiutano il lavoratore a potenziare i propri skills e a scegliere un corso di formazione finalizzato al ritorno nel mercato del lavoro. Job search consultancies: agenzie che forniscono mezzi e tecniche di ricerca del lavoro e di preparazione ai colloqui di ingresso nelle aziende. Staff management consultancies: solo in alcuni casi si tratta di consulenti globali per lo staffing nei settori manageriali in grandi aziende, mentre nella maggior parte tali agenzie si limitano alla ricerca ed al reclutamento del personale in modo similare alle headhunters. Agencies which manage job advertising space: gestiscono spazi in cui compaiono inserzioni di lavoro. Agencies using employment databases: sono le più veloci nelle ricerche e nel reclutamento, grazie alla utilizzazione dei più moderni sistemi informatici. Il servizio pubblico di collocamento francese è formato da tre Istituzioni sotto il controllo del Ministero dell’impiego e delle parti sociali: il Setefp, che gestisce misure dirette al potenziamento della formazione professionale ed alla riduzione della disoccupazione; l’Anpe, il quale ha come obiettivo l’aiuto alla ricerca di lavoro e l’adozione di misure per lo sviluppo della formazione di chi cerca lavoro. Esso è amministrato da un consiglio e da un direttore generale, ha 22 delegazioni regionali, ciascuna delle quali ha un comitato tripartito dotato di una grande indipendenza; l’Afpa, anche questo organizzato da un Consiglio tripartito che si occupa della formazione professionale; l’Assedic, organizzato dalle parti sociali, e che è l’organo responsabile del pagamento delle indennità ai disoccupati, ma anche della registrazione dei soggetti in cerca lavoro. Per quanto non siano parte del Pes, vanno menzionate anche le autorità regionali che sostengono l’integrazione sociale di alcune categorie di job-seekers. Peraltro, l’attività delle autorità regionali si estende anche oltre, con un’azione che mira al sostegno e potenziamento del mercato del lavoro locale. Come si è visto, il Pes comprende in genere 94 ISFOL – Area Mercato del Lavoro molti organismi e non di rado si creano situazioni di competizione tra questi. L’Anpe ha svolto un’azione coordinata con organi privati e pubblici; tale istituzione basa le sue partnership focalizzando la sua azione in misure utili per lavoratori in difficoltà. Nel giugno del 1995, Anpe ha firmato un accordo con: l’Association pour l’emploi des cadres (Apec) con riferimento alle necessità dei giovani laureati; l’Assotion pour faciliter l’insertion professionnelle des jeunes diplômés (Afij), per facilitare l’ingresso dei diplomati nel mercato del lavoro; i Centri per l’informazione (Paio) cui ha delegato alcune delle sue funzioni di mediazione. Un accordo del 1995 tra Anpe e Unedic trasferì a quest’ultimo il compito di registrare chi cerca lavoro. Successivamente al 1996 le registrazioni vennero trasferite all’Assedic ed a ciascuna organizzazione fu attribuito un ruolo specifico. Le competenze potrebbero essere così ricostruite: Anpe: informazione, consulenza alle aziende, individuazione delle vacancies, aiuto nella ricerca del lavoro; Assedic: pagamento ed amministrazione dei sostegni per i disoccupati; partners: servizi ed assistenza a particolari categorie che ricercano lavoro. Il Pes olandese agisce in modo molto diverso, anche in virtù del un complesso sistema decisionale da cui è caratterizzato, basato su un corpo tripartito, dove le forze sociali hanno lo stesso peso del Governo. Quest’ultimo, nel sistema, è rappresentato nel Central Employment Council (Cba) ove detiene un terzo dei voti. Nei 28 consigli regionali, le municipalità (Rba), indipendenti dal Governo, rappresentano gli interlocutori delle parti sociali. In ciascuno di questi organismi, ogni parte è rappresentata da tre membri. Cba e Rba sono guidate da individui indipendenti con una solida reputazione nella vita pubblica o nel privato, ma non hanno voto. Il Cba stabilisce le linee della politica che devono essere applicate dal Rba nelle rispettive regioni. Nel 1990 la legge sull’occupazione ha potenziato il ruolo delle Rba. Al fine di ideare nuove misure per l’occupazione e di migliorare la ricerca di lavoro le Rba hanno stabilito di stanziare fondi aggiuntivi per il finanziamento delle iniziative poste in essere dalle agenzie private. La Gran Bretagna non ha ratificato la convenzione Ilo n. 96 ed ha, pertanto, un settore privato molto sviluppato. Il Pes si occupa del placement e dell’amministrazione dei sussidi ai disoccupati. La politica pubblica si articola grazie all’azione di due corpi separati: il Training and Enterprise Councils (Tec) che si concentra prevalentemente sul training di chi cerca lavoro ed i Government Regional Offices (Gros) responsabili del coordinamento delle misure adottate da tutti i soggetti coinvolti nel settore del lavoro. Il Pes dipende dal Dipartimento dell’impiego ed è diviso in nove regioni ed in distretti. Negli anni Ottanta il Governo separò la funzione di pagamento dei sussidi di disoccupazione da quella di placement, affidata ad un nuovo network di Centri per l’impiego, nati negli anni Settanta. Nel 1982 l’obbligo legale di registrarsi al fine di 95 ISFOL – Area Mercato del Lavoro ottenere i sussidi venne abolito. I centri persero così i contatti con gli uffici di erogazione dei sussidi. Nell’ultima parte degli ultimi anni Ottanta venne varato un nuovo programma che stabilì la riunificazione delle due funzioni. Tale riunificazione è correntemente il fondamento della strategia britannica per limitare la disoccupazione. Nel 1985 furono varate altre riforme del Pes. Tutte prevedevano azioni più concentrate su chi percepiva i sussidi. Si stabilirono inoltre misure orientate verso il potenziamento della formazione. In base a queste nuove misure, tutti i giovani alla ricerca di lavoro ottengono un voucher che permette loro di svolgere un tirocinio di loro scelta, dopo l’approvazione da parte del servizio pubblico. I Tec sono organizzazioni private gestite dai datori di lavoro e la loro funzione è quella di studiare i fabbisogni formativi e di assicurare che tali esigenze siano adeguatamente soddisfatte. Esse assicurano equilibrio tra domanda ed offerta di formazione; promuovono lo sviluppo economico locale e le misure più efficaci a livello locale. Lo studio dei paesi oggetto di indagine non mostra una vera e propria concorrenza tra pubblico e privato. Questo dipende dal diverso orientamento del primo rispetto al secondo e dai diversi settori di interesse che ciascuno degli stessi ha. Se il Pes, infatti, rivolge maggiore attenzione nei confronti di determinate categorie di lavoratori più svantaggiati, il Prea verso le categorie più “appetibili” sul mercato. Per questo motivo non è raro che il pubblico ed il privato lavorino insieme, dando vita a delle vere e proprie partnership che incidono con maggiore efficacia sull’andamento del mercato e attribuiscono nuova linfa al sistema statale che diventa in grado di rispondere alle nuove necessità di chi cerca lavoro. Servizi nuovi, come ad esempio quelli che mirano al potenziamento degli skills e della formazione del soggetto, si stanno sviluppando. Come già detto, durante gli anni Ottanta, nei tre Stati presi ad esame, la domanda di questi nuovi servizi aumentò tanto da costringere i Governi ad adottare nuove misure, compresa la collaborazione e l’integrazione di organismi pubblici e privati. Nessuno dei tre Stati studiati prevede un istituto che coordini l’azione comune di pubblico e privato. Ad ogni modo, in Francia, Olanda e, in misura minore, Irlanda del Nord esistono organi che si occupano anche di regolare l’attività di tali soggetti e ciò grazie alla possibilità di: concludere accordi; esternalizzare o delegare all’esterno parte delle loro attività; cooperare, o gestire in partnership, operazioni finalizzate alla protezione del lavoro e alla promozione della occupazione. Attraverso la esternalizzazione dei servizi più importanti il Pes può monitorare gli operatori privati; mediante il finanziamento di organizzazioni che si occupano di specifici gruppi può influenzare i loro metodi organizzativi, procedure e pratiche professionali; attraverso la conclusione di accordi formali il pubblico può trasferire alle organizzazioni in partnership metodi e strumenti. Inoltre, in tutti e tre gli Stati considerati esistono organismi che, con le loro decisioni, possono influenzare la cooperazione tra pubblico e privato. Tali strutture, spesso tripartite, ma che possono inoltre comprendere altri decision96 ISFOL – Area Mercato del Lavoro makers, come i rappresentanti delle autorità regionali, hanno permesso alle parti sociali di giocare un ruolo importante nella lotta alla disoccupazione, anche se sono spesso fortemente concentrate su propri gruppi di riferimento. Quelli fra tali organismi che hanno dimostrato migliori capacità sono dislocati a livello locale, tra l’altro grazie alla loro capacità di costruire legami tra operatori pubblici e privati. Nell’indagine vengono, infine, anche rassegnate esempi di sinergie sviluppate nella pratica quali: Placement agreement – Particolari organizzazioni sono autorizzate a raccogliere le job vacancies per metterle a disposizioni dei lavoratori; Cooperation agreement – Gli operatori si impegnano a cooperare con riguardo allo svolgimento di operazioni comuni svolte a favore di particolari gruppi di soggetti; Delegation of service, information – Gli operatori sono autorizzati ad informare i propri clienti delle proposte di lavoro o dei servizi offerti dai Pes e a facilitare l’accesso agli stessi; Delegation of service, operations – Gli operatori sono autorizzati allo svolgimento di tutte le funzioni svolte dal Pes, ad eccezione della registrazione dei disoccupati e della gestione delle liste dei disoccupati; Secondment of staff – Presso gli operatori viene distaccato un membro del Pes, a titolo gratuito o contro il pagamento di una somma, in esecuzione di una misura rivolta ad una particolare categoria di soggetti gestita dal Pes stesso; Framework agreement – Accordi tra istituzioni e partner, spesso grandi aziende, per dare assistenza speciale nel recruiting o nella rioccupazione dei lavoratori in procinto di essere licenziati; Partnership with outside consultants – Contratto per l’erogazione di servizi a favore di lavoratori in cerca di occupazione o imprese, contro il pagamento di una remunerazione prestabilita. Il processo di cooperazione si sta sviluppando, conferendo maggiore credibilità e rispettabilità alle nuove agenzie e migliorando l’immagine anche del servizio pubblico. Alcuni fattori suggeriscono che la cooperazione sia destinata a crescere: il trasferimento di tecnologia dal pubblico al privato, la nascita di consorzi multidisciplinari e accordi di finanziamento, lo sviluppo di codici di condotta in materia di antidiscriminazione fanno pensare che, con una certa gradualità, tale sinergia si svilupperà. È stato già sottolineata l’importanza della collaborazione tra i diversi soggetti del mercato del lavoro, ma è utile anche comprendere come il ruolo dello Stato sia in un certo qual modo “gravato” rispetto a quello degli altri operatori. Esso, infatti, ha l’obbligo di garantire il miglior funzionamento possibile del sistema, definendo le strategie e le linee guida, controllando l’amministrazione dei fondi e delle risorse, garantendo la trasparenza e la circolazione delle informazioni. Nell’ambito della cooperazione risulterebbe utile un programma comune di misure per combattere la disoccupazione o potenziare il mercato del lavoro, nel nome di una 97 ISFOL – Area Mercato del Lavoro maggiore trasparenza che aiuti a mantenere alto i livelli occupazionali. Nella ricerca si suggeriscono, infine, una serie di fattori cui si dovrebbe far riferimento nella definizione di un codice etico per gli operatori pubblici e privati: riservatezza: mantenere segrete le informazioni su chi cerca lavoro; gratuità del servizio offerto a chi cerca lavoro; divieto di disparità di trattamento; potenziamento dell’informazione sui posti di posti di lavoro vacanti; rispetto per il ruolo dei diversi operatori; penalità in caso di mancato rispetto del codice di condotta. Le partnership vengono realizzati mediante contratti o altri genere di accordi. In tale ambito sono dettagliatamente definiti reciproci delle parti e, nell’allegato finanziario, è stabilita la remunerazione per l’attività da svolgere. In essi inoltre è indicato il tipo di risultato atteso in relazione alle misure adottate e alle difficoltà del mercato di riferimento. In genere, è previsto il pagamento dell’operatore solo dopo che sono stati controllati i risultati dell’attività realizzata. Peraltro, potrebbero essere immaginati migliori sistemi di pagamento, quali l’attribuzione di un voucher, che attribuisce il diritto di scegliere l’operatore, ovvero, nel settore del placement, la previsione che gli operatori pubblici e privati vengano pagati con un sussidio, quando trovino lavoro per un disoccupato di lunga durata o un disabile. Sarebbe auspicabile, inoltre, l’istituzione di un nuovo framework istituzionale. A livello nazionale, andrebbe costituito Council chiamato a controllare l’azione del pubblico e privato, il quale dovrebbe avere una sezione aperta ai rappresentanti dello Stato, dei lavoratori e datori di lavoro, di livello “inter professionale”. Gli stessi operatori pubblici e privati dovrebbero, invece, avere potere propositivo in una seconda sezione, mentre una terza dovrebbe riunire esperti di rilievo provenienti dal mondo del lavoro che prendano parte alle deliberazioni del Council stesso. Le decisioni e le raccomandazioni di tale organismo, deliberate successivamente alla determinazioni statali in materia di strategia per l’occupazione, dovrebbero riguardare le regole per l’azione dei servizi pubblici e privati e le modalità con cui assegnare agli stessi operatori un ruolo nelle politiche occupazionali fissate a livello centrale. Una quarta sezione dovrebbe rappresentare le autorità regionali, ove andrebbero fissate le priorità da raggiungere, a secondo dei gruppi di riferimento e gli obiettivi da raggiungere. Tali Consigli regionali dovrebbero riportare il punto di vista degli utenti dei servizi per l’impiego, in modo che essi siano erogati sulla base dei bisogni espressi in tale sede. I compiti fondamentali del Council dovrebbero essere: assicurare che gli operatori, aderenti al codice di condotta, siano riconosciuti come “servizi per l’impiego”; garantire la professionalità dei servizi pubblici e privati, promovendo la loro qualità e controllando i loro comportamenti nei confronti della clientela; rispondere alle fondamentali necessità dell’occupazione. 98 ISFOL – Area Mercato del Lavoro Lo stesso organismo dovrebbe occuparsi di fissare le condizioni necessarie per esercitare la professione di consulente per l’impiego. Logico presupposto sarebbe peraltro la previsione di apposite strutture che agiscano per la formazione professionale, in collaborazione con le strutture scolastiche ed educative. La credibilità di tali strutture verrebbe fortificata ove esse provvedessero alla compilazione ed all’aggiornamento di una classificazione delle professioni e delle competenze. In particolare, i Council regionali potrebbero assolvere questo compito anche grazie alla loro maggior prossimità alle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori. I Council dovrebbero inoltre emettere una serie di raccomandazioni, basate su un codice etico, per l’esercizio della professione. Le controversie dovrebbero essere risolte presso questi organismi, ai livelli appropriati, nazionali o locali. Thuy P., Hansen E., Price D. The public employment service in a changing labour market Ilo, 2001 Gli autori, dopo una dettagliata ricostruzione storico-politico-economica dei Pes, intesi come strumenti di politica nel governo del lavoro, si soffermano sulle problematiche connesse all’evoluzione del mercato del lavoro e al ruolo svolto dagli stessi nell’effettiva collocazione delle risorse umane. Attraverso un processo di astrazione si è giunti ad individuare le funzioni tipiche dei Servizi pubblici per l’impiego, pur essendo differenti le realtà politiche o i contesti sociali in cui si trovano ad operare i Pes dei diversi paesi. I compiti svolti dalle suddette strutture vengono così ad essere raggruppati in macro categorie consistenti in: attività di mediazione fra domanda ed offerta di lavoro alla quale si affiancano tutti i servizi offerti ai disoccupati di lunga data ed alle imprese da lungo tempo in cerca di lavoratori; attività di raccolta, elaborazione e diffusione delle informazioni relative al mercato del lavoro; attività di gestione dei programmi di adeguamento e di inserimento nel mercato del lavoro, fra i quali assumono particolare rilevanza i programmi di formazione ed istruzione. Pur essendo predisposti dagli organi di Governo, tali programmi sono sempre sottoposti alla valutazione dei Pes, i quali attraverso semplici attività di monitoraggio li giudicano in ordine all’efficacia e all’efficienza; attività di assistenza ai lavoratori nelle forme dell’assicurazione contro la disoccupazione (unemployment insurance) e dei sussidi di disoccupazione (unemployment assistence). La prima finanziata attraverso i contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori, mentre i secondi gravanti sulla spesa pubblica. A queste funzioni se ne sono aggiunte delle altre, fra le quali giova ricordare, il 99 ISFOL – Area Mercato del Lavoro collocamento dei lavoratori stranieri, la risoluzione delle controversie in materia di lavoro, il controllo sull’idoneità dei piani di risanamento per le aziende in crisi. Affinché i Pes possono svolgere la loro attività in piena autonomia, ma nel rispetto delle strategie in materia di politica del lavoro è necessario che: tali strutture siano dotate di un’organizzazione di mezzi e persone in grado di realizzare gli scopi dell’Ente; i servizi offerti dai Pes siano fruibili dall’utenza (lavoratori, disoccupati, datori di lavoro, imprese, ecc.); i Governi prevedano forme di finanziamento per l’attività posta in essere; gli organi istituzionali verifichino la rispondenza dell’attività svolta con gli obiettivi fissati dalle legge. Con riferimento alle modalità con cui scelgono di operare i Pes, gli autori sottolineano una nuova tendenza volta al decentramento del potere e delle responsabilità dalle strutture centrali a quelle periferiche. A tal fine, i Pes centrali mantengono le funzioni primarie, quali ad esempio la funzione di raccordo con il Governo, spetta invece ai Pes regionali o locali implementare le strategie politiche volte al soddisfacimento delle esigenze sorte nelle aree in cui gli stessi operano. In questo modo, ad avviso degli autori, i servizi offerti divengono più accessibili e maggiormente rispondenti ai bisogni dell’utenza nei vari segmenti del mercato del lavoro. Tale esperienza è condivisa da paesi quali Belgio, Canada, Danimarca, Italia, Francia, Messico, Nuova Zelanda, Polonia, Svezia, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America. L’ultima parte dell’opera è dedicata ai rapporti fra i Pes e altri organismi comunque coinvolti nel mercato del lavoro. Appare, evidente, infatti, come il declino del monopolio pubblico nei Servizi per l’impiego abbia determinato un forte incremento nelle attività di collaborazione fra soggetti portatori di interessi diversi. In particolare, si segnalano: i rapporti fra Pes e parti sociali; i rapporti fra Pes e soggetti istituzionali; i rapporti fra Pes e enti locali; i rapporti fra Pes e Prea. Van Yperen J. C. Labour Market Policies and the Pubblic Employment Services: Lesson from Recent Experiences and Directions for the Future Marketing to employers in the Netherlands Oecd, Praga, 3 e 4 luglio 2000 Il servizio pubblico per l’impiego olandese è fondato su di una condivisione delle relative responsabilità tra lo Stato, le municipalità e le parti sociali, basata sull’Employment Service Act, normativa di riferimento, adottata nel 1990 e riveduta nel 1996. Lo scopo principale del Pes è di contribuire ad un effettivo incontro di domanda e di offerta di lavoro, apprestando servizi ai disoccupati di lunga data ed offrendo analoghi 100 ISFOL – Area Mercato del Lavoro servizi alle imprese da lungo tempo in cerca di impiegati. Altro scopo del Pes è assicurare la trasparenza del mercato del lavoro (ad esempio, facilitando l’accesso alle informazioni inerenti il mercato del lavoro). Infine, il Pes è competente in ordine al compimento di alcune procedure relative agli aspetti amministrativi del lavoro (ad esempio, la concessione di permessi). Il Pes è strutturato intorno a due servizi fondamentali: i servizi pubblici (fondamentali), che saranno sostituiti ed integrati con i Centri per l’impiego e le entrate (Cwi); i servizi a pagamento. Prima dell’introduzione del sistema tripartito, il Pes poteva essere descritto come una struttura fortemente caratterizzata dall’intervento dell’amministrazione pubblica. La recente “demonopolizzazione” dei Servizi per l’impiego, tuttavia, ha comportato incisivi cambiamenti nella struttura e nell’azione del Pes. La strategia attuale del Pes è basata su: l’apprestamento di servizi per il mercato del lavoro; il raggiungimento di una posizione di forza tra le Agenzie per l’impiego; la cooperazione con diversi settori dell’industria e dell’economia. La strategia del Pes è traslata in un pacchetto bilanciato di attività fondamentali, che attribuisce grande importanza alle necessità di quanti siano in cerca di un lavoro e di quanti siano disposti a fornire un posto di lavoro. La strategia di mercato del Pes comprende: la classificazione delle persone in cerca di lavoro in quattro categorie (a seconda delle esperienze pregresse, della motivazione e delle conoscenze tecniche dei lavoratori); lo sviluppo e l’introduzione dell’assistenza totale per i lavoratori, nonché la cooperazione con le altre Agenzie per l’impiego. Il Pes sviluppa quattro diversi servizi per i differenti gruppi di fruitori: servizi fondamentali per il grande pubblico (essenzialmente, l’incontro di domanda e di offerta); la verifica della fruibilità dei sussidi a favore delle persone in cerca di lavoro; servizi per determinati settori dell’economia e dell’industria; servizi di trasferimento, mobilità per le imprese. a) I servizi fondamentali. La maggior parte dell’attività del Pes è rappresentata dai servizi fondamentali per l’impiego. Questi – totalmente gratuiti – sono resi ai fruitori in più di 200 uffici locali del Pes e comprendono: servizi di informazione sul mercato del lavoro; pubblicazioni – guida sulle disponibilità di posti di lavoro; incontro di domanda e di offerta di lavoro; procedure legali. b) I servizi settoriali. Ma l’aspetto più caratterizzante del sistema olandese è, certamente, rappresentato dai servizi per determinati settori dell’economia; accordi per un determinato gruppo di imprese, rappresentanti di un particolare settore della produzione. Molti “colli di bottiglia” del mercato del lavoro si manifestano, infatti, ad un livello settoriale. Questo concetto, piuttosto inusuale nell’ambito degli stati europei, consente di ritagliare una maggiore conoscenza delle necessità e delle aspirazioni di determinati settori dell’economia e, dunque, di rendere un servizio più confacente ai vari settori. Ad avviso dell’autrice, i servizi basati sulla divisione in settori di intervento è uno strumento rimarchevole per un più efficace svolgimento 101 ISFOL – Area Mercato del Lavoro della missione del Pes; una simile strategia ha, infatti, consentito un accesso ad una più approfondita conoscenza del mercato di riferimento, oltre ad un servizio migliore in favore delle imprese beneficiarie. Tanto è accaduto sin dal 1998, quando un determinato gruppo di settori di mercato – metallurgia, salute, commercio, educazione ed edilizia – è stato fatto oggetto di un programma speciale di intervento. La diretta conseguenza dello sviluppo settoriale del mercato è rappresentata – per l’appunto – dal concetto di servizio totale per l’impiego: gli impiegati del Pes sono, infatti, più vicini alle aspettative delle parti sociali. c) I servizi a pagamento. I servizi a pagamento – erogati alle imprese che ne facciano richiesta – comprendono: l’attività di ricerca e selezione di personale intensiva; l’addestramento dello staff; avvisi individuali relativi al reperimento di personale. Questi servizi dovrebbero autofinanziarsi e possono essere prestati anche attraverso la stipulazione di convenzioni con agenzie private. d) Servizi correlati a determinate categorie di personale. Il Pes si occupa anche delle categorie svantaggiate dal punto di viste dell’inserimento nel mercato del lavoro. In particolare, ci si riferisce alle categorie protette (disabili, disoccupati di lunga data o di età superiore a 40 anni, minoranze etniche ed immigrati extracomunitari). Lo scopo fondamentale è, naturalmente, quello dell’impiego. Van Yperen J., Nederland A. (2002) Marketing to employers in the Netherlands presentato a Praga il 3-4 luglio L’analisi del processo di trasformazione del mercato del lavoro nei Paesi Bassi e, quindi, anche dei Servizi pubblici per l’impiego, acquista una certa rilevanza poiché spesso si parla del “modello olandese”, avendo come riferimento i brillanti risultati conseguiti in termini di riduzione del tasso di disoccupazione. Significative sono in tal senso le seguenti cifre: dal 1994 al 1998 il tasso di crescita annuo dell’occupazione è stato pari al 2,3% e nel 1999 ha raggiunto addirittura il 3,5%; il tasso di disoccupazione nel 1999 si è assestato ad un livello di poco superiore al 3%. Nella molteplicità dei fattori che hanno determinato questo successo, un ruolo di primo piano deve essere attribuito alla riforma del sistema di welfare e dei meccanismi che regolano il funzionamento dei mercati, ivi compreso il mercato del lavoro. Il paper, dopo aver presentato una sintetica descrizione del funzionamento del mercato del lavoro nei Paesi Bassi, dell’organizzazione dei Spi e dei servizi da questi offerti, si sofferma sulle attività di marketing per la promozione del servizio pubblico presso gli imprenditori, mettendo in particolare evidenza i prodotti ed i servizi offerti, le strategie di comunicazione e di marketing ed il supporto offerto. Infine, poiché il processo di riforma è tutt’ora in corso, sono riportate alcune considerazioni sui cambiamenti che, presumibilmente, caratterizzeranno l’organizzazione 102 ISFOL – Area Mercato del Lavoro ed il funzionamento dei Spi in un prossimo futuro. Dagli inizi degli anni 90, i Servizi pubblici per l’impiego dei Paesi Bassi sono stati caratterizzati da un processo di deregolamentazione e di decentramento. Fino al 1991, i Spi erano sostanzialmente un ente burocratico, la cui attività era rivolta solo ed esclusivamente al collocamento dei disoccupati. A seguito di alcune leggi del 1990 e del 1996, i Spi, invece, sono stati trasformati, da un punto di vista organizzativo, in un ente tripartitico che si avvale della co-partecipazione del Governo, degli enti territoriali e delle parti sociali. Agli enti territoriali locali, con il supporto degli uffici regionali, è stata affidata anche l’attuazione operativa delle politiche per l’occupazione. La funzione principale assegnata ai Spi, è quella di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, offrendo servizi sia alle persone in cerca di occupazione, sia alle aziende che necessitano di personale da assumere. Oltre a tale attività, ai Servizi pubblici per l’impiego è stato assegnato anche il compito di garantire la trasparenza del mercato del lavoro, favorendo la circolazione delle informazioni e promuovendo l’incontro tra disoccupati e datori di lavoro. Con riguardo ai disoccupati, i Spi sono tenuti a realizzare colloqui finalizzati alla “misurazione” del grado di occupabilità degli stessi, e di individuare la procedura più idonea per favorire il loro collocamento. Inoltre, a tale istituzione è stata anche delegata la fornitura di alcuni servizi legali (ad esempio quelli relativi ai permessi di lavoro, ai licenziamenti, ecc.). Complessivamente, i servizi offerti dai Spi alle persone in cerca di lavoro si suddividono in due grandi categorie: il servizio pubblico di base gratuito ed i servizi di reintegrazione a pagamento. Le attività di base dei Spi sono coordinate, assieme a quella degli enti locali (responsabili per l’elargizione di sussidi sociali) e a quella delle agenzie per la sicurezza sociale (a cui è affidato il compito del pagamento dei sussidi di disoccupazione e di altri benefici assicurativi), da un organismo denominato Centre for Work and Income (Cwi). Sia la responsabilità individuale di ciascuno di questi enti, sia i loro rapporti reciproci, sono tuttavia ben definiti e regolamentati. Questa organizzazione è in via di implementazione e non ha ancora concluso il processo di riforma. Per quanto riguarda il secondo gruppo di servizi offerti dai Spi, cioè i servizi di reintegrazione a pagamento, occorre sottolineare che il processo di riforma in corso mira alla costituzione di un organismo indipendente, con un proprio status legale e con proprie risorse finanziarie. Tale trasformazione sarà posta in essere al fine di rafforzare la competizione nel campo dei servizi di formazione del personale delle aziende, dei servizi a sostegno della mobilità dei lavoratori (sia interna che esterna all’azienda) e dei servizi di assistenza alle aziende per la rimozione di vincoli o contrasti che possono penalizzare le stesse. I servizi offerti agli imprenditori possono essere distinti in tre grandi categorie: servizi di base a singoli datori di lavoro, servizi gratuiti ad organizzazioni settoriali e servizi a pagamento nell’ambito delle politiche per la mobilità dei lavoratori. I servizi gratuiti a favore degli imprenditori sono finanziati dal Governo centrale e 103 ISFOL – Area Mercato del Lavoro sono erogati, invece, dagli uffici locali. Tali servizi consistono essenzialmente: nella fornitura d’informazioni e suggerimenti, nell’acquisizione e pubblicazione di eventuali posti di lavoro vacanti, nell’agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e nello svolgimento di procedure legali (permessi di lavoro, licenziamenti, ecc.). La prima tipologia di servizio è realizzata: incoraggiando gli imprenditori a registrare le domande di lavoro presso i Spi per via telefonica, o per iscritto o attraverso un incontro nell’azienda; confermando entro le 24 ore successive l’avvenuta registrazione ed i servizi accordati; designando una persona dell’ufficio alla gestione dei rapporti con ogni singola azienda; ridefinendo i profili delle persone cercate dall’azienda, nel caso in cui fossero di eccessivo difficile reperimento; consentendo all’imprenditore la scelta tra una pubblicazione full-open, in cui tutti i dettagli vengono presentati ai candidati, o semi-open, in cui invece sono diffuse solo alcune informazioni concordate con il consulente; conducendo una selezione dei candidati sulla base di criteri oggettivi. I servizi collettivi consistono, sostanzialmente, nella collaborazione con le parti sociali per la stipula di contratti di lavoro collettivi a livello nazionale, regionale ed anche locale. Ciò contribuisce a migliorare la conoscenza da parte dei Servizi pubblici per l’impiego, delle necessità espresse da ciascun settore produttivo, a eliminare conseguentemente eventuali colli di bottiglia sul versante della domanda e a realizzare servizi calibrati su singoli operatori. Proprio per lo sviluppo di questo servizio, è stato approntato dai Spi uno strumento informativo speciale denominato “Sectormonitor”, vale a dire un database, contenente tutte le informazioni settoriali rilevanti, che consente di individuare i problemi presenti a questo livello e quindi di intervenire con misure opportune per correggerli. In generale, i progetti fin qui descritti sono finanziati sia dal Ministero competente, sia dalle parti sociali. Per quanto concerne i servizi a pagamento, vista la loro natura si presuppone che essi siano in grado di autofinanziarsi, e pertanto non sono previsti fondi da parte del Ministero per coprirne eventuali costi. Questi servizi non gratuiti riguardano la selezione ed il reclutamento di lavoratori, la gestione dei lavoratori in mobilità, la formazione dello staff e la consulenza individuale, talvolta anche in cooperazione con agenzie private. I servizi di reintegrazione sono erogati dai Servizi pubblici per l’impiego, solo in relazione a categorie speciali di lavoratori (disabili, ultra quarantenni, extracomunitari, appartenenti a minoranze etniche, ecc.), che incontrano particolari difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro. In particolare, per le minoranze etniche ai Spi è stata attribuita la funzione di controllo dell’applicazione di una legge quadro, che obbliga le imprese ad assumere una quota proporzionale di persone appartenenti a questi gruppi. Gli sviluppi fin qui descritti, rispondono all’esigenza di perseguire una strategia di 104 ISFOL – Area Mercato del Lavoro lotta alla disoccupazione incentrata su tre obiettivi fondamentali: rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, raggiungere un elevato livello di competitività nel mercato dei servizi di collocamento e rafforzare la cooperazione con le organizzazioni settoriali e industriali. Il conseguimento di questi obiettivi generali, ha portato allo sviluppo di un insieme di attività basilari, rivolte ad affrontare i problemi sia dal lato dell’offerta di lavoro, sia dal lato della domanda, cercando di implementare un approccio attivo nell’ambito della gestione dei processi di trasformazione del mercato del lavoro. Per organizzare ed erogare i servizi agli imprenditori, i Spi hanno sviluppato diversi strumenti e metodi di marketing e comunicazione. In particolare, ci si è concentrati sulla condivisione delle informazioni, sulla conoscenza delle possibilità esistenti e sull’incremento dell’uso dei servizi offerti dai Spi per supportare e coadiuvare gli imprenditori. L’implementazione di questa strategia, prevede il ricorso a tutti i mezzi di comunicazione oggi disponibili, vale a dire dalla distribuzione di giornali specializzati, all’utilizzo di siti internet, dalla realizzazione di campagne pubblicitarie di promozione, all’organizzazione di meeting e di visite presso le aziende. Tutto ciò è realizzato secondo un’ottica orientata specificatamente al mercato e al cliente. La distinzione netta tra servizi gratuiti e quelli a pagamento (sempre più accentuata), il bilanciamento tra il soddisfacimento degli imprenditori e quello dei gruppi di disoccupati di più difficile collocazione e l’interazione diretta con gli imprenditori ne sono un esempio. In questo senso, la stessa qualità dei servizi offerti dai Servizi pubblici per l’impiego costituisce di per sé un essenziale strumento di marketing. A garantire il perseguimento di questo obiettivo, è rivolto proprio lo sviluppo dei servizi a livello settoriale, il ricorso al concetto di servizio completo e l’implementazione del cosiddetto market canvassing model nella gestione dei rapporti con gli imprenditori. Walwei U. (1998) Performance Evaluation of Public Employment Services Ilo Questo rapporto dell’Ilo si concentra sull’implementazione delle attività di monitoraggio e valutazione di quella che è, ancora oggi, la funzione principale dei Servizi pubblici per l’impiego: il collocamento. In particolare, il rapporto offre sia una discussione approfondita delle motivazioni razionali che sospingono lo sviluppo di adeguati sistemi di valutazione delle performance, sia delle linee guida per l’implementazione di diversi sistemi di misurazione. I Spi possono essere definiti come dei match makers, in opposizione ai cosiddetti market makers, in quando non partecipano ad attività di scambio sul mercato, 105 ISFOL – Area Mercato del Lavoro ma si limitano a favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta. In quest’ottica, un importante compito assegnato ai Spi è quello di ridurre l’incertezza, su entrambi i lati del mercato, derivante principalmente dall’eterogeneità (segmentazione) del mercato del lavoro, ma anche dal fatto che l’attività lavorativa è un bene d’esperienza (good experience). A causa dell’incertezza, quando i costi di ricerca sono elevati, l’intervento di mediatori comporta un beneficio netto per la collettività. Per contro, quando la ricerca rappresenta un costo contenuto, il ricorso a mediatori può ridurre il benessere sociale. L’incertezza, e il fatto che il lavoro si sviluppi secondo una curva di apprendimento, fanno sì che la reputazione dei servizi di collocamento sia fondamentale per il loro utilizzo da parte di potenziali clienti (imprese e persone in cerca di occupazione). In questo senso, il successo dei servizi d’intermediazione dipende da un continuo processo di confronto con la fiducia del mercato e, quindi, assumono essi stessi la veste di beni d’apprendimento. Ora, in un mercato perfetto ideale non ci sarebbe motivo alcuno per l’esistenza di Servizi pubblici per l’impiego, ma sarebbero presenti solo intermediari privati (Pres). Nella realtà, diversi studi hanno evidenziato come gli intermediari privati tendano a concentrarsi sui lavoratori dotati di esperienza (già occupati) ed a localizzarsi nelle aree metropolitane. Ne consegue che le loro possibilità di avere successo crescono in periodi di crescita economica e si riducono in periodi di stagnazione o recessione. In queste condizioni la mancanza di un servizio di intermediazione pubblico, produrrebbe effetti negativi in termini di efficienza e di equità. Ciò dipende dal fatto che, mentre le agenzie private tendono ad escludere terzi dall’accesso alle informazioni in loro possesso, i Spi offrono gratuitamente ad ogni soggetto presente sul mercato il bene pubblico, vale a dire l’informazione, favorendo la trasparenza del mercato e l’incontro tra domanda e offerta. Inoltre, mentre le Pres tendono a localizzarsi nelle regioni più prospere, i Spi coprono l’intero territorio nazionale e la loro azione è indipendente dal ciclo economico. Il fatto che le Pres si concentrino principalmente sulle persone in cerca di lavoro più facilmente collocabili, genera una maggiore segmentazione del mercato ed un incremento del numero dei disoccupati con minore occupabilità. Questo è uno degli argomenti sociali più forti a sostegno dell’intervento pubblico nell’intermediazione del lavoro. Diversi sono, comunque, i fallimenti del mercato che rendono indispensabile l’intervento dei Spi: la mancanza d’informazioni rende più difficile una ricerca efficace; la mancanza di razionalità dei disoccupati che spesso non agiscono nel proprio interesse; il comportamento avverso al rischio e la carenza di risorse finanziarie non favoriscono il perseguimento di una strategia atta ad adeguare le proprie qualifiche professionali o ad avviarsi nel lavoro autonomo; la presenza dei Spi può aumentare le aspettative di trovare un’occupazione; il persistere della disoccupazione di lunga durata può rappresentare una causa di gravi problemi sociali. Inoltre, i problemi strutturali del mercato del lavoro (disoccupazione di lunga durata e deficit degli skills richiesti dal mercato) non possono 106 ISFOL – Area Mercato del Lavoro essere risolti esclusivamente dando maggiore spazio alle Pres. Per contro, l’intervento dei Spi può essere utile a tal fine, poiché essi dispongono di tutte le informazioni necessarie e possono combinare le politiche per il collocamento con altre politiche attive. Ciò non di meno, l’intervento dei Spi deve essere valutato attentamente in termini di costi e benefici sociali. Nel recente passato l’organizzazione dei Spi, che, occorre ricordarlo, sono ancora i principali fornitori di servizi per l’occupazione, ha subito profondi cambiamenti. Senza scendere nei dettagli, le motivazioni alla base di questo processo di riorganizzazione sono essenzialmente le seguenti: l’innalzamento delle qualifiche professionali richieste sul mercato del lavoro, la riduzione del peso delle attività industriali e, conseguentemente, della grande impresa; l’insoddisfazione degli imprenditori a causa dell’inadeguatezza dei candidati reclutati attraverso i Spi; la crescente domanda di servizi richiesti ai Spi ed i problemi del vincolo di bilancio sofferti, in genere, dalla pubblica amministrazione hanno portato, in molti casi, l’attenzione degli stessi verso compiti non propriamente coincidenti con la loro originaria funzione (collocamento); l’apertura del mercato ai privati ha richiesto la riconsiderazione del ruolo dei Spi: le agenzie private possono essere viste come concorrenti, complementari o, addirittura, cooperanti dei Spi, ma, in ogni caso, la coesistenza dei due giustifica la concentrazione delle limitate risorse pubbliche su quei settori che non sono serviti dal mercato. Le riforme intraprese nella maggior parte dei paesi di area Ocse possono essere semplificate essenzialmente in tre gruppi: la definizione di un servizio più orientato al cliente, il decentramento e i metodi di esercizio delle funzioni di controllo. Rispetto al primo punto, l’obiettivo generale della riforma consiste nel modificare l’organizzazione dei Spi, in modo da non aggravare lo staff che si occupa del collocamento di ulteriori compiti più o meno istituzionalizzati. Ciò dovrebbe consentire, o avrebbe dovuto consentire l’erogazione di un servizio completo al cliente, l’avvio di sistemi computerizzati ed il miglioramento dei contatti con il mondo imprenditoriale (sul modello delle agenzie private). La seconda linea di riforma, il decentramento, trova il suo fondamento nella convinzione che i problemi del mercato del lavoro, si originino soprattutto a livello locale e, conseguentemente, occorre portare i servizi “vicino” agli attori principali del mercato e collaborare con essi. Non si tratta però solo di decentrare la localizzazione degli uffici dal punto di vista fisico, ma occorre soprattutto un decentramento funzionale, che consenta una maggiore flessibilità del processo decisionale (mantenendo la direzione strategica a livello centrale e lasciando autonomia nella gestione delle risorse). Infine, un elemento essenziale delle riforme in atto, concerne la misurazione dei livelli di performance delle attività dei Spi. Ciò appare essenziale sia per quantificare 107 ISFOL – Area Mercato del Lavoro l’efficienza dei Spi rispetto all’attività passata, sia per calibrare in modo migliore gli obiettivi per il futuro. L’implementazione di corretti sistemi di valutazione presuppone, però, l’esistenza di sistemi informativi adeguati e di idonei indicatori. In modo particolare, un set di indicatori propriamente definito: consente di comprendere il livello di efficienza nell’uso delle risorse e di verificare se gli obiettivi sono stati raggiunti; permette di comparare, in termini di efficacia, i diversi uffici (si tratta di una condizione essenziale per gestire il passaggio da un management organizzato in modo burocratico ad uno orientato per obiettivi); costituisce una condizione necessaria per prendere decisioni orientate ai clienti (ad esempio per capire in quale misura un servizio è richiesto dal mercato). Idealmente, la valutazione è un processo dinamico, che si sviluppa parallelamente allo svolgimento delle attività stesse che si intendono valutare, all’interno del quale si possono distinguere tre fasi: valutazione ex-ante, monitoraggio e valutazione ex-post (valutazione d’impatto). La valutazione ex-ante ha un carattere tipicamente politico (è cioè legata al contesto politico di riferimento) e mira, nella sostanza, ad individuare il problema da affrontare e le eventuali soluzioni a disposizione, favorendo la scelta tra le stesse che massimizza il benessere sociale (attraverso l’elaborazione di analisi costi-benefici) e anche a delineare il fabbisogno informativo, necessario per l’effettuazione della scelta, nonché le eventuali attività rivolte all’integrazione del quadro informativo (ad esempio la necessità di effettuare studi sperimentali, ecc.). Il monitoraggio (o valutazione di performance) concerne la valutazione in corso d’opera di una qualsiasi attività, attraverso l’utilizzo di specifici indicatori. Nel caso dei Spi, tipici indicatori sono quelli che riguardano il numero di collocamenti (e la distribuzione tra i diversi gruppi di clienti), la quota di mercato, il grado di successo, il grado di soddisfazione degli utenti, ecc. Tale sistema di misurazione della performance, non solo costituisce una pre-condizione necessaria alla valutazione ex-post, ma consente altresì una rapida identificazione dei problemi emersi nella fase di attuazione delle politiche ed un’analisi del livello di efficienza raggiunto con le risorse disponibili. Infine, la valutazione ex-post (o d’impatto) implica il confronto tra i risultati di una certa attività e una situazione alternativa (generalmente caratterizzata dall’assenza della politica stessa), in modo da ottenere una misura del benefico netto. I risultati di questa procedura di valutazione permettono, quindi, di comprendere se una determinata politica è appropriata, necessita di aggiustamenti, ovvero deve essere sostituita con un’altra. Si tratta, in altre parole, di valutare se questo stesso risultato poteva essere ottenuto senza l’intervento (dei Spi in questo caso), ovvero con una politica alternativa meno onerosa da un punto di vista sociale. Un ulteriore elemento della valutazione d’impatto riguarda la valutazione degli effetti macro (incremento dell’occupazione, decremento della disoccupazione e la riduzione della disoccupazione di lunga durata), che possono essere generati dalle attività dei Servizi pubblici per l’impiego. Poiché gli effetti macro sono da 108 ISFOL – Area Mercato del Lavoro considerarsi positivi solo qualora i posti di lavoro coperti attraverso l’azione dei Spi non sarebbero stati tali senza il loro supporto, o se un disoccupato che ha trovato una occupazione attraverso il servizio pubblico non ha semplicemente sostituito un disoccupato che non ha fatto ricorso ai Spi, questo tipo di valutazione richiede la misurazione del deadweight effect e degli effetti di sostituzione e di spiazzamento. È, comunque, importante ribadire l’interrelazione esistente tra la fase di monitoraggio e quella di valutazione ex-post. Da un lato, infatti, i risultati degli studi d’impatto, poiché consentono di stabilire se e quale servizio deve essere offerto, possono essere utilizzati per definire standard ragionevoli di performance, che consentano di esprimere giudizi sull’efficienza relativa di diversi uffici. Dall’altro lato, l’utilizzo di sistemi di misurazione della performance consentono di sviluppare studi d’impatto basati su “regioni sperimentali” e “regioni di controllo” (ad esempio cambiamenti organizzativi possono essere studiati confrontando la situazione “prima” come opposta a quella “dopo” il cambiamento). L’impatto può così essere misurato attraverso le variazioni degli indicatori di performance. Inoltre, gli indicatori possono essere impiegati anche per valutare effetti macro (ad esempio si può utilizzare la curva di Beveridge, che mette in relazione il tasso di posti di lavoro liberi e il tasso di disoccupazione, per misurare l’impatto di un dato livello di mismatch tra domanda e offerta di lavoro). I servizi di collocamento offerti dai Spi influenzano i costi ed i benefici sia delle attività di ricerca di un’occupazione, sia di quelle rivolte all’assunzione di personale. Inoltre, come si è già avuto modo di anticipare nella premessa, l’attività dei Spi può produrre effetti macroeconomici sull’occupazione, sulla disoccupazione, nonché sullo sviluppo del capitale umano. Evidentemente, questi sono tutti obiettivi perseguibili, in quanto una maggiore occupazione consente maggiori entrate fiscali e maggiori contributi sociali. D’altra parte, se questo incremento si traduce in una riduzione della disoccupazione, vi sarà una minore spesa pubblica per sussidi di disoccupazione e una riduzione degli effetti sociali negativi causati dalla mancanza di lavoro per un lungo periodo. Chiaramente, l’intervento pubblico via Spi, produce un benefico netto solo se esso accresce il beneficio lordo (a parità di costi) o se diminuiscono i costi (a parità di benefici). Tuttavia, la valutazione dei benefici netti dell’intervento dei Spi (in relazione ad altre ipotesi) richiede la considerazione di diversi fattori: il costo dell’accesso alle agenzie (nel caso dei Spi è nullo); il costo di acquisire e selezionare le domande di lavoro; il costo di essere disoccupati o avere un’occupazione inadeguata per un certo periodo; le caratteristiche del lavoro (prospettive di guadagno iniziale o di lungo periodo). Diversi studi, basati sulle tecniche dei “quasi esperimenti” hanno concluso, in modo simile, che l’intervento dei Spi riduce la durata della disoccupazione e aumenta le attese di guadagni futuri. Inoltre, vi è una maggiore efficacia per le donne che non per gli uomini e prima, piuttosto che dopo, il termine del ricevimento dei sussidi di disoccupazione. Poiché il costo diretto dei servizi offerti dai Spi è molto basso, si può 109 ISFOL – Area Mercato del Lavoro concludere che il loro intervento sia efficace in termini del contenimento dei costi sociali. Ovviamente, anche dal lato degli imprenditori vi sono costi e benefici impliciti nell’uso dei Spi per l’assunzione di personale. I fattori più rilevanti sono in questo caso (sempre in relazione ad altri metodi di ricerca): il costo di utilizzo degli intermediari (sempre nullo nel caso dei Spi); il costo opportunità della gestione della ricerca internamente; il costo opportunità di non riempire il posto vacante (o non farlo adeguatamente). Studi d’impatto in questo caso rilevano risultati contrastanti dell’efficacia dei Spi. Un effetto positivo dei Spi è stato rilevato in termini di riduzione della durata media delle vancancies o del tempo richiesto per il soddisfacimento di una domanda. Dall’altro lato, altri studi hanno evidenziato, per l’economia americana, una riduzione di produttività quando l’assunzione avviene attraverso i Spi, rispetto all’uso di altri canali di reclutamento. Tuttavia, un simile risultato si manifesta anche in caso di ricorso ai servizi delle Pres. Ciò deriva dal fatto che il costo in termini del tempo necessario per assumere qualcuno è decisamente minore, quando sono usati canali informali rispetto al ricorso ai Spi o alle Pres. Da ciò se ne deduce che gli imprenditori non sono a conoscenza di quanto poco costi rivolgersi ai Spi e si rivolgono agli uffici pubblici solo quando non sono in grado di coprire il posto vacante. Per quanto concerne gli effetti macro si hanno impatti positivi sui livelli occupazionali quando, come già anticipato, un posto coperto attraverso i Spi non sarebbe stato tale se fossero stati usati altri canali o, comunque, ciò avrebbe richiesto più tempo. Per contro, effetti positivi in termini di riduzione della disoccupazione si hanno qualora un disoccupato non avrebbe trovato un impiego senza il ricorso al servizio pubblico (o avrebbe necessitato di un tempo maggiore). In generale, quindi, l’impatto macro dipende dalla dimensione degli effetti di deadweight, di sostituzione e di spiazzamento. Il primo si verifica quando una persona o un imprenditore avrebbe soddisfatto le sue esigenze in modo eguale anche senza il ricorso ai Spi. L’effetto di sostituzione riguarda, invece, le imprese e le persone in cerca di lavoro che non si registrano presso i Spi. Infatti, molte (o più probabilmente la maggior parte) delle domande di lavoro sarebbero soddisfatte, altrettanto velocemente, anche senza il ricorso ai Spi. Ciò comporta costi a livello macro che consistono essenzialmente nella riduzione dei guadagni di breve e lungo periodo e aumento dei trasferimenti ai lavoratori non iscritti alle liste di collocamento; nell’aumento del tempo richiesto per coprire i posti vacanti e aumento del turnover delle aziende non registrate. Nel caso più estremo i benefici potrebbero essere completamente annullati dai costi imposti su altri lavoratori o aziende. Tuttavia va ricordato che sostituire un disoccupato di lunga durata con una persona che diviene per la prima volta disoccupato, contribuisce a ridurre il costo sociale della disoccupazione, poiché quella di lunga durata è più difficile da contrastare. Infine, l’effetto di spiazzamento si ha quando l’attività dei Spi estromette dal mercato altri intermediari. Uno dei pochi studi sull’impatto macroeconomico dei Spi, con dati relativi agli anni 80 dell’economia canadese, ha evidenziato come, in termini di riduzione dei 110 ISFOL – Area Mercato del Lavoro sussidi di disoccupazione, il servizio pubblico migliori, in modo sostanziale, il beneficio sociale durante i periodi di recessione. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che l’intensità dell’attività di ricerca è correlata al ciclo economico, poiché l’utilizzo dei canali informali non è così efficace nei periodi di recessione. A livello macro, oltre agli impatti diretti, occorre tener conto anche degli effetti indiretti. Tali effetti consistono principalmente nell’aumentare il valore del capitale umano e nel favorire le occupazioni che consentono un migliore utilizzo delle attitudini professionali e, quindi, più produttive. Elementi teorici e studi di economia applicata hanno evidenziato che il beneficio sociale netto maggiore si ottiene quando l’attività dei Spi è diretta verso i disoccupati appartenenti alle categorie più deboli e verso quelle vacancies più difficili da soddisfare. Oltre a ciò bisogna aggiungere che, comunque, i Spi garantiscono l’erogazione dei loro servizi senza disparità regionali e indipendentemente dal ciclo economico. Questi argomenti implicano che i Spi, nell’organizzazione dei propri servizi, dovrebbero assumere delle priorità. Ad esempio, la loro azione è più efficace nei periodi di recessione e che non possono essere attivati e disattivati da un momento all’altro, sarebbe opportuno che le risorse fossero comunque reindirizzate, in modo da produrre effetti anti-ciclo. In secondo luogo, poiché i Spi sono particolarmente importanti nelle regioni meno prospere, occorrerebbe distribuire le risorse agli uffici locali in modo più adeguato. Infine, una questione politica strategica per i Spi è relativa alla scelta se concentrarsi sugli utenti più deboli o servire l’intero mercato. Da questo punto di vista, è stato evidenziato come negli Stati Uniti l’adozione di strategie di concentrazione degli sforzi verso i disoccupati di più difficile collocazione abbia generato risultati negativi, a causa della perdita di credibilità presso gli imprenditori. A tale proposito è stata sviluppata la teoria denominata carrier-wave, secondo la quale avere un’elevata quota di mercato nel collocamento ed avere rapporti frequenti con gli imprenditori, favorisce il collocamento degli utenti più difficili. Nonostante l’evidenza confermi questa teoria, i Spi si trovano a dover affrontare il problema di mantenere un giusto equilibrio tra soddisfare le esigenze degli imprenditori e perseguire i fini sociali propri della loro attività. Mantenere una buona reputazione presso i clienti, di entrambi i lati del mercato, è, dunque, un aspetto essenziale. Imprenditori e persone in cerca di lavoro si rivolgeranno, infatti, ai Spi solo se si aspettano qualche beneficio. In questo senso, il numero delle persone e aziende registrati sono indicatori importanti di efficacia e di performance (ad esempio, un numero elevato di domande registrate innalza la probabilità di collocare un disoccupato appartenente alle categorie più difficili). Su questo stesso tema, altri indicatori importanti sono il numero di domande soddisfatte, il tipo di servizio utilizzato ed il grado di soddisfazione del cliente. In generale, il ruolo degli indicatori di performance è doppio. Da un lato, essi consentono il monitoraggio sia degli input che degli output del processo produttivo dei Spi, consentendo la costruzione della base informativa su cui effettuare gli studi 111 ISFOL – Area Mercato del Lavoro d’impatto, che, a loro volta, sono fondamentali per definire il livello di attività e la struttura ottimale dei Spi. Dall’altro lato, gli indicatori consentono di verificare se gli obiettivi sono raggiunti o meno nell’arco temporale prefissato. Sotto questo profilo, particolarmente rilevante è l’assegnazione di target di performance poiché offrono una misura visibile dell’efficienza. Questo è un concetto estremamente significativo per i Spi perché, se vogliono evitare ulteriori privatizzazioni, o addirittura la scomparsa, essi devono essere in grado di dimostrare, in modo trasparente, la loro capacità di offrire servizi migliori di chiunque altro, a parità di costi. L’utilizzo di sistemi basati su obiettivi di performance deriva dall’implementazione delle tecniche del management per obiettivi, in opposizione a quello, presente spesso nella pubblica amministrazione, basato sulle direttive burocratiche. Gli obiettivi, sia quantitativi che qualitativi, devono essere definiti per gli uffici operativi locali, le diverse unità all’interno di questi e anche per i singoli operatori. Ciò assicura che l’attività venga svolta in un modo più orientato al mercato, con relazioni più aperte e strette con gli utenti. Tre sono i principali vantaggi che derivano dall’applicazione di un simile sistema. Il management per obiettivi richiede competenze elevate, che consentono una maggiore partecipazione al processo decisionale a tutti i livelli. Inoltre, dall’erogazione di servizi diversi dovrebbe conseguire un elemento di competizione tra i vari uffici locali, che è alla base di un miglioramento della qualità del servizio stesso. Occorre, però, evitare di creare condizioni di lavoro troppo stressanti derivanti dalla definizione di standard di performance eccessivamente stringenti. In secondo luogo, queste tecniche hanno la capacità potenziale di motivare lo staff. A tale proposito è, però, necessario che tutti siano a conoscenza degli obiettivi e ne abbiano una piena comprensione. Sarebbe, quindi, opportuno che venissero definiti di comune accordo tra i dirigenti ed il personale operativo, in modo che tutti si sentano più motivati. Infine, la definizione di target, in un approccio customer-oriented, aiuta a comprendere quanto siano soddisfatti i bisogni dei clienti. Webster E., Harding G. (2001) Outsourcing Public Employment Services: the Australian experience in The Australian Economic Review, vol. 34, no. 2 Questo paper è alquanto significativo, in quanto descrive il rapporto tra Servizi pubblici per l’impiego ed istituzioni private in Australia. Tra i paesi dell’area Ocse, l’Australia può essere oggi considerata, come il paese in cui la pratica dell’outsourcing, vale a dire l’affidamento a soggetti terzi privati di alcune attività “pubbliche”, è maggiormente diffusa. In particolare, questo processo ha riguardato non solo il servizio del collocamento, ma anche più in generale tutto il mondo produttivo e, a partire dagli anni Novanta, anche l’erogazione di molti servizi sociali prima prodotti da organizzazioni pubbliche. Dal 1998, con la costituzione del Job Network, tale processo ha coinvolto 112 ISFOL – Area Mercato del Lavoro direttamente l’erogazione dei Servizi per l’impiego. L’articolo, dopo aver enunciato le ragioni teoriche che supportano l’intervento pubblico nel mercato del lavoro, e dopo aver descritto alcuni elementi empirici circa gli effetti dell’outsourcing di alcuni servizi finanziati dal governo, propone un’accurata descrizione delle trasformazioni strutturali che hanno caratterizzato l’offerta dei Servizi pubblici per l’impiego. È, peraltro, posto in evidenza come, ancora alla fine del 2000, le riforme in oggetto non fossero state sottoposte ad un completo processo di valutazione e, quindi, come non sia possibile dare un giudizio circa tale innovazione. Il livello di competizione di un mercato e l’organizzazione della proprietà sono concetti economici collegati, ma non necessariamente conseguenti l’uno dall’altro. Tuttavia, molte attività finanziate pubblicamente hanno anche la proprietà pubblica e sono state, per lungo tempo, protette dalle forze concorrenziali del mercato. Ciò si è verificato piuttosto spesso e ancora oggi si presenta come un carattere persistente nel settore dei servizi sociali. La competizione orienta il lavoro e le altre risorse economiche della produzione in modo tale che i produttori non stabiliscano prezzi superiori ai costi, incrementati di un profitto “normale”, e che i consumatori non spingano i prezzi ad un livello troppo basso, da non consentire ai produttori di spuntare quel prezzo che consente loro di guadagnare il “normale” profitto. Inoltre, la pressione competitiva induce i produttori ad organizzare la produzione sulla base della migliore tecnologia esistente sul mercato (solo in questo modo possono essere efficienti, cioè produrre al minor costo possibile a parità di qualità e quantità, e possono quindi rimanere sul mercato) e ad innovare, evitando i fenomeni di obsolescenza economica e le inefficienze che ne possono conseguire. La moderna teoria economica ritiene che sia sufficiente la minaccia dell’entrata di nuovi competitori per “costringere” i produttori già operanti sul mercato ad agire secondo regole concorrenziali. I mercati nei quali questa minaccia è plausibile sono detti contendibili (contestable markets). Quanto minori sono i costi di entrata ed uscita da un mercato, tanto più contendibile sarà lo stesso e, conseguentemente, tanto più concorrenziale sarà il comportamento degli agenti ivi presenti. Ne consegue che, tanto maggiore è la contendibilità, tanto maggiore sarà l’efficienza del mercato. I costi di accesso e di uscita sono legati all’entità dell’investimento iniziale (prima di iniziare la produzione), alla possibilità di accedere alle migliori tecnologie esistenti e alle informazioni, ai vincoli legislativi, ecc. Nel caso dei servizi sociali, che sono forniti o finanziati dal settore pubblico, spesso la mancanza di accesso alle risorse pubbliche da parte di privati ha fatto considerare tale mercato come non contendibile e, conseguentemente, non competitivo. D’altra parte però, la presenza del settore pubblico è necessaria laddove sono presenti esternalità positive o vi sono questioni di giustizia sociale, perché la sola presenza dei privati condurrebbe ad una fornitura di servizi non ottimale. Ad esempio, un’erogazione 113 ISFOL – Area Mercato del Lavoro di servizi che favoriscono l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro maggiore di quello che accadrebbe in una pura economia di mercato, è necessaria data la presenza di considerevoli esternalità positive generate dal fatto che tutta la comunità si avvantaggia di questi servizi, sia attraverso una riduzione delle tasse pagate (perché si amplia la base produttiva), sia perché si tratta di servizi aperti a tutti. Se però, in alcuni casi, è necessario che lo Stato finanzi certe produzioni, non è altrettanto indispensabile che lo Stato produca direttamente tali beni o servizi. In aggiunta, ciò non impedisce che sia creato un ambiente competitivo tra i fornitori di servizi finanziati con risorse pubbliche. Storicamente, la fornitura di alcuni tipi di servizi da parte dello Stato è stata vista come necessaria perché evita (o minimizza) il bisogno di monitorare la qualità del servizio dei fornitori privati e la soddisfazione dei cittadini che, magari, senza l’intervento pubblico godrebbero di un livello di consumo sub ottimale. In un mercato perfettamente competitivo, questo bisogno di monitorare non sussiste perché se il consumatore non è soddisfatto cambia il fornitore. La perdita di ricavi che ne deriva spinge i produttori a soddisfare i clienti nel modo più efficiente possibile. Per contro, se lo Stato finanzia un servizio ma non lo produce direttamente, sorge il problema di monitorare se i fornitori privati operano in modo efficiente ed efficace. Poiché è comunque lo Stato ad essere responsabile dei risultati, se non è in grado di monitorare l’attività dei privati in modo efficiente è più efficace che sia lo Stato stesso a fornire il servizio. Questa condizione si verifica generalmente quando diviene difficile definire esattamente il tipo di servizio da affidare ai privati, o il servizio viene prodotto nell’interesse della collettività, ovvero è difficile definire un contratto vincolante (con adeguate sanzioni) per il soggetto privato. Da tali difficoltà non consegue, però, che tutti i servizi per cui è difficile misurare l’output e, quindi, svolgere un’adeguata attività di monitoraggio, devono essere prodotti dall’amministrazione pubblica. Infine, occorre notare che la presenza dello Stato (o quale fornitore o quale finanziatore) non impedisce che si crei un mercato concorrenziale. In molti casi la competizione può essere introdotta attraverso un sistema di incentivi, che agisca in sostituzione dei segnali del mercato (ad esempio in molti paesi le scuole, competendo le une con le altre nell’attrarre studenti, definiscono le risorse finanziarie a loro disposizione). D’altra parte, la competizione è spesso in contrasto con la cooperazione e questo può non essere desiderabile in alcuni settori sociali, soprattutto laddove il bisogno di innovazione e di riduzione dei costi non sono elementi chiave del processo decisionale politico. Il contracting out dei servizi pubblici persegue, generalmente, l’obiettivo di acquisire, nell’erogazione degli stessi, alcune delle caratteristiche desiderabili proprie di una economia di mercato, regolata dai principi della concorrenzialità (contendibilità). Tali elementi desiderabili fanno riferimento, soprattutto, alle capacità di produrre al minimo costo, di innovare e di rispondere efficacemente alle esigenze del mercato stesso. Se questi guadagni di efficienza possono essere raggiunti senza andare a discapito dei 114 ISFOL – Area Mercato del Lavoro principi dell’equità sociale e della qualità dei servizi, allora la pratica dell’outsourcing dovrebbe consentire un accrescimento del benessere sociale. Nella pratica, come è stato affermato dalla Commissione per l’Industria Australiana, la maggiore significatività dell’assegnare l’erogazione di servizi pubblici a soggetti privati (tramite procedure di gara d’appalto) risiede nell’indurre le agenzie pubbliche ad una revisione profonda della propria attività, favorendo un cambiamento culturale dell’ambiente di lavoro, che non sarebbe altrimenti raggiungibile attraverso meccanismi burocratici. A fronte di questi fattori a sostegno dell’assegnazione a intermediari privati dell’erogazione di servizi pubblici, è comunque rimarcata la necessità che la responsabilità dei risultati rimanga in capo all’ente pubblico. Esso dovrebbe essere in grado di esercitare un controllo sull’effettiva traslazione degli obiettivi generali d’interesse pubblico in servizi dettagliatamente specificati, sull’effettiva produzione dei servizi e sul rispetto dei principi di equità nell’erogazione. A tale scopo è necessario fare chiarezza nella formazione dei contratti d’appalto riguardo alla definizione delle responsabilità e alla valutazione dei risultati. In Australia vi sono diversi studi che hanno cercato di misurare gli effetti dell’outsourcing in diverse branche dell’attività pubblica (servizi postali, raccolta di rifiuti, ecc.). Tuttavia, la valutazione che di norma viene compiuta, fa riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi di produzione nel breve periodo. In questo senso, molti studi hanno evidenziato una riduzione dei costi unitari di produzione a causa soprattutto di una migliore gestione del servizio, di un accesso a risorse umane più qualificate e di un migliore utilizzo dello stock di capitale. Tuttavia, è stato anche notato che il miglioramento della qualità dei servizi non è sempre la ragione della riduzione dei costi unitari, ma, in molti casi quest’ultima è determinata semplicemente da una riduzione dei salari. Il già citato studio dell’Australian Industry Commission ha identificato sei tematiche che dovrebbero essere considerate quando si desidera assegnare a soggetti privati, attraverso il meccanismo della gara pubblica, l’erogazione di servizi pubblici. 1. Contratti troppo brevi possono limitare la propensione all’investimento non consentendo la remunerazione dei capitali investiti. Dall’altra parte, contratti troppo lunghi riducono le possibilità di controllo sulla performance e la flessibilità delle politiche adottabili dal governo. 2. In mercati piccoli o emergenti la limitata competizione può dar luogo a forme di monopolio, che si traducono nella formazione di prezzi superiori a quelli che consentono di massimizzare il benessere sociale. 3. La perdita di informazioni, di personale qualificato e, quindi, di know-how può ridurre nel lungo periodo la capacità di formulare adeguati indirizzi di politica. 4. I costi di realizzazione delle procedure di gara, di monitoraggio e di valutazione della performance possono essere estremamente elevati, soprattutto laddove sia difficile definire precisamente il tipo di servizio. 115 ISFOL – Area Mercato del Lavoro 5. I costi fissi legati alla sovra abbondanza di personale e al mantenimento di personale dedicato alla supervisione del procedimento di outsourcing possono essere di notevole entità. 6. Può non essere possibile mettere a punto un sistema di incentivi che riduca le possibilità di insorgenza di fenomeni di creaming o di riduzione della qualità dei servizi. Il mercato del job broking in Australia ha visto da molti anni la coesistenza del settore pubblico e di quello privato. Dal 1948 al 1998 il principale attore pubblico è stato il Commonwealth Employment Service (Ces), il quale ha operato congiuntamente ad altre agenzie statali minori. L’obiettivo principale del Ces consisteva nel facilitare il funzionamento del mercato del lavoro, gestendo le domande di lavoro degli imprenditori e fornendo servizi di collocamento gratuiti, sia ai medesimi imprenditori che alle persone in cerca di lavoro. Inoltre, tale ente cooperava con il Dipartimento di sicurezza sociale (Dss) nell’elargizione dei sussidi di disoccupazione (con compiti peraltro di sola notifica dei disoccupati che non rispettavano le regole per la percezione dei benefici). È interessante notare come tra le persone in cerca di lavoro che più facevano ricorso ai servizi del Ces, ci fossero i disoccupati e le persone meno qualificate. Come detto, accanto agli enti pubblici nel mercato del collocamento, operava un’ampia gamma di aziende private, che agivano essenzialmente in mercati di nicchia, fornendo soprattutto servizi a pagamento agli imprenditori. Dal lato dell’offerta, non vi erano obblighi di fornitura del servizio verso chiunque e, quindi, vi era un’attenta selezione delle persone in cerca di lavoro, con la conseguenza che le più rappresentate erano le persone dotate di abilità professionali molto elevate e/o già occupate. Va tuttavia notato, che la maggior parte dei disoccupati trovava lavoro senza far ricorso ai servizi di collocamento pubblici e privati. La gestione individualizzata del collocamento viene introdotta per la prima volta nel 1987 nello Stato di Vittoria, a seguito del riconoscimento della scarsa conoscenza da parte dei disoccupati di lunga durata delle possibilità offerte dai vari programmi di assistenza nazionali. Successivamente, anche altri stati hanno sviluppato singoli esperimenti di case management, ciascuno orientato su specifici gruppi di clienti (ad esempio lo Stato del New South Wales ha orientato il servizio verso i giovani e le persone in età matura dando maggiore importanza alla formazione). Il governo nazionale ha, invece, aumentato la sua presenza sul mercato del collocamento e dell’incontro tra domanda e offerta a partire dal 1980, istituendo diversi organismi e dando inizio a molteplici programmi di avviamento al lavoro (si pensi ai Job clubs per l’assistenza alla ricerca del lavoro, all’Old e New Newstart Programme rivolti a sussidiare la formazione e l’occupazione, prima dei disoccupati di lunga durata e successivamente di tutti i senza lavoro, ecc.). In particolare, tra il 1994 e il 1996 il governo australiano ha rafforzato il suo ruolo nel campo dei servizi di consulenza nel 116 ISFOL – Area Mercato del Lavoro mercato del collocamento, istituendo l’Employment Service Regulatory Authority, Esra. Nello stesso periodo ha dato il via al processo di outsourcing di molte delle sue funzioni di gestione personalizzata dei servizi di collocamento. Dal luglio 1995, la gestione dei servizi personalizzati viene svolta sia da operatori privati, che da enti locali. Si tratta nel complesso di 300 agenzie, attive in 550 localizzazioni, di cui il 40% private, il 50% afferenti ad enti locali e il rimanente 10% gestiti da enti statali o regionali e da istituzioni culturali. Il finanziamento di queste attività, basato sui risultati ottenuti in termini di persone collocate, ha rappresentato un incentivo al collocamento di quante più persone possibile. Nel maggio 1998, un importante processo di riforma coinvolge il mercato dei servizi di collocamento. Il Ces viene abolito, il Dipartimento di sicurezza sociale (Dss) trasformato e la grande maggioranza dei servizi di collocamento e dei servizi personalizzati viene privatizzata. Inoltre, il finanziamento di tutte le attività collegate al mercato del lavoro è ridotto di oltre il 50%. Il vecchio sistema, incentrato sul Ces per l’erogazione dei servizi di collocamento e sul Dss per il conferimento del diritto di accedere ai servizi del Ces e per la riscossione dei sussidi, è modificato con la creazione di un nuovo ente, il CenterLink, che rimane sotto il controllo e la supervisione del governo. Il diritto all’assistenza è valutato sulla base di una procedura formale, che mira a classificare le persone secondo una scala a punti, che permette di quantificare il livello di assistenza necessario. Sulla base del punteggio, i disoccupati e coloro che sono in cerca di lavoro, vengono indirizzati ad una delle agenzie private che erogano i servizi, finanziati dal governo, di incontro tra domanda e offerta, di formazione e di assistenza personalizzata. Tali agenzie sono tutte inserite nel così detto Job Network, che conta circa 300 agenzie: pubbliche, private e municipalizzate. Il diritto di accesso a questa rete è accordato sulla base di aste concorrenziali, le cui variabili discriminanti sono il prezzo di offerta e la qualità del servizio. I fornitori dei servizi sono inoltre classificati sulla base di altri criteri, come l’esperienza, le qualità professionali dello staff, la stabilità e la responsabilità fiscale. Le agenzie che vincono l’appalto sono successivamente valutate sulla base dei risultati ottenuti, in termini del numero di persone che trovano un’occupazione duratura in lavori non sussidiati. Quanto alla gestione delle risorse finanziarie, esse hanno una certa discrezionalità nel gestire i fondi governativi derivanti dai successi conseguiti nel collocamento: possono concedere sussidi salariali, sussidi di formazione e organizzare corsi di formazione, oppure possono conservare le somme percepite e produrre reddito. Il Governo, tramite i Dipartimenti del lavoro, controlla le procedure di gara per l’affidamento ai privati dei servizi di collocamento e case management, valuta le performance degli stessi, determina i criteri per accedere al Job Network, gestisce i sistemi informativi e dispone i pagamenti ai fornitori dei servizi pubblici. Inoltre, le procedure di gara per l’ingresso nel Job Network, la procedura di 117 ISFOL – Area Mercato del Lavoro trasmissione dei candidati dal CenterLink ad un fornitore dei servizi e il modo in cui il Job Network gestisce le persone in cerca di lavoro, sono strettamente vincolate da linee guida precise, da procedure legali e da contratti. Occorre notare che tutti i disoccupati (ma anche altre categorie come tutti i giovani tra i 15 ed i 20 anni) hanno il diritto di accedere ai servizi di incontro tra domanda e offerta. I servizi di case management sono, invece, riservati solo ai disoccupati che ottengono punteggi molto bassi (in genere si tratta di disoccupati di lunga durata o di quelli a rischio di divenirlo). Infine, il sistema prevede una serie di feedback sia tra le agenzie del Job Network e il CentreLink, sia tra le persone in cerca di occupazione e lo stesso CentreLink. Le agenzie hanno l’obbligo di denunciare qualsiasi violazione dei reciproci obblighi, mentre i disoccupati hanno il diritto di esprimere le loro lamentele nei confronti del procedimento di riferimento dal CentreLink all’operatore del Job Network. Allo stato attuale non esistono studi che analizzino in modo approfondito gli effetti della riforma introdotta nel 1998, che ha portato alla quasi completa privatizzazione dei servizi di collocamento e di case management. Tuttavia, esistono rapporti interni di diversi organismi che consentono di trarre alcune considerazioni sulle prime esperienze di privatizzazione in questo campo. Da uno studio interno non pubblicato, condotto nel 1990 sull’esperienza del JobLink, risultava che i più elevati tassi di collocamento erano registrati dalle agenzie private piuttosto che da quelle gestite dagli enti locali (45% contro 39%). Questo esito veniva però attribuito, più che a concetti di efficienza, a diversità territoriali che caratterizzavano il mercato del lavoro. Inoltre, sono stati registrati importanti effetti di creaming, dato che i disoccupati di durata inferiore ai 12 mesi avevano una probabilità quasi doppia di trovare un occupazione, rispetto a quelli di lunga durata. Uno studio successivo condotto dal Department of Employment, Education, Training and Youth Affairs (1996) suggerì come i tassi di collocamento delle agenzie private e di quelle locali erano simili a quelli dei servizi pubblici, se si scontavano le diversità nelle categorie di persone in cerca di occupazione, nelle loro caratteristiche e nella lunghezza temporale dell’esperienza del fornitore del servizio. Inoltre, visto che i servizi pubblici trattavano un numero di persone superiore, circa il 30% in più, rispetto ai fornitori non pubblici, ciò implicava che la produttività del lavoro era maggiore nel servizio pubblico, contrariamente a quanto ci si poteva attendere. Secondo lo studio della Commissione Industriale (1996) tale esito può essere spiegato dal fatto che i guadagni di efficienza derivanti dalla privatizzazione, sono generati dai miglioramenti della gestione e dell’operatività. Tuttavia, la relativa inesperienza delle agenzie non pubbliche (sia private, sia locali) ha creato un contrappeso negativo, che ha annullato i possibili guadagni di efficienza. Infine, per quanto riguarda l’ultima riforma, un ulteriore studio del 2000, ha messo in evidenza una riduzione della performance rispetto all’esperienza precedente la riforma. Tuttavia, ciò potrebbe essere dovuto alla drastica riduzione dei fondi di finanziamento 118 ISFOL – Area Mercato del Lavoro che ha caratterizzato la riforma. In generale, i processi di contracting out generano un miglioramento dell’efficienza qualora essi riescano a modificare il management, introducendo una più intensa specializzazione ed un senso del lavoro più customer oriented. In caso contrario, una riforma interna dei sistemi di monitoraggio del lavoro e del sistema di incentivi, può condurre a risultati anche migliori. Nel caso dei Servizi pubblici per l’impiego, il processo di outsourcing sperimentato in Australia, suggerisce che da esso non derivano necessariamente miglioramenti delle performance, anche se, allo stato attuale, non ci sono dati sufficienti per analizzare a fondo il problema. Questa condizione di incertezza nasce dalla considerazione che il contracting out dovrebbe condurre a guadagni di efficienza a parità degli altri fattori, che, al contrario, variano. Da un lato, rimangono, infatti, costi in capo all’amministrazione pubblica (legati alla sovrabbondanza di personale, alla perdita di conoscenze e di expertise). Dall’altro, si vengono a formare costi per la comunità, laddove il mercato concorrenziale preclude la cooperazione tra diversi soggetti pubblici e privati. Dunque, se non vi è una nitida consapevolezza che il sistema attuale non funzioni in modo adeguato e che i clienti non ricevano un adeguato servizio, allora l’adozione di pratiche quali il contracting out sembra essere poco indicata. 119 ISFOL – Area Mercato del Lavoro RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Berlin (www.bmwi.de/Homepage/download/Arbeit/Hartz_E.pdf). Breyer N., Mosley H., e Schutz H. (2000), Operational objectives and performance indicators in European public employment services, final report, European Commission. De Koning J., Denis J, Walwei U. (1999), Deregulation in Placement Services: a comparative study for eight EU countries, Commissione europea. Fay R.G. (1997), Making the public employment service more effective trough the introduction of market signals, Oecd. Hartz - Report - Commission (2002): Modern Services on the Labour Market. 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Serra n. 1, 2003 Monitoraggio Spi 2002 - Analisi di profondità dei Centri per l’impiego nelle regioni Ob. 1, a cura della Struttura Isfol di monitoraggio Spi 123 ISFOL – Area Mercato del Lavoro n. 2, 2003 Servizi per l’impiego e sistema imprenditoriale. Esigenze ed aspettative dei datori di lavoro, di G. Di Domenico n. 3, 2003 Indagine sulle attività di monitoraggio svolte dai Servizi per l’impiego, di F. Tantillo e M. Ferrara n. 4, 2003 Rilevazione semestrale sulla domanda di lavoro: il percorso metodologico, di L. Incagli, A. De Sanctis e D. Radicchia n. 5, 2003 La rete Eures in Italia - Analisi del quadro normativo-istituzionale, valutazione degli aspetti organizzativi, di M. Bonanni e R. Landi n. 6, 2003 L’organizzazione dei Servizi per l’impiego - Un’analisi sperimentale, a cura di G. Di Domenico n. 7, 2003 L’utenza dei Cpi e il livello di soddisfazione per i servizi erogati, di G. Baronio, C. Gasparini, G. Linfante, G. Natoli e F. Tantillo Supplemento Users of the Employment Centres and the level of satisfaction for the services provided, by G. Baronio, C. Gasparini, G. Linfante, G. Natoli e F. Tantillo Supplement to Issue N. 7/2003 of the “Monographs on the Labour Market and Employment Policies” n. 8, 2003 Formazione del personale Spi: ricognizione ed analisi valutativa delle attività formative 2001-2002, di R. Landi e L. Palomba Supplemento Formazione del personale Spi nelle regioni ob. 1, di R. Landi e L. Palomba, Supplemento al n. 8/2003 delle “Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego” n. 9, 2003 Evoluzione del sistema dei Servizi per l’impiego nelle regioni ob. 1, a cura della Struttura Isfol di monitoraggio n. 10, 2003 Public Employment Services in Europe – Innovative practices in the provision of services: on-line, to companies, and to leng-term unemployed, a cura di G. Di Domenico Services publics de l’emploi en Europe – Expériences innovantes dans l’offre de services: en ligne, aux entreprises, aux chômeurs de longue dureé, a cura di G. Di Domenico n. 11, 2003 Lavoro atipico e Servizi per l’impiego – Studi di caso e modelli di intervento, di M. Curtarelli e C. Tagliavia 124