Testo della sentenza

Transcript

Testo della sentenza
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d'Appello di Trento
Sezione Distaccata di Bolzano
Sezione Civile
riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Signori Magistrati:
dott. Heinrich Zanon
Presidente
dott. Renzo Paolo Pacher
Consigliere Estensore
dott. Bernhard Lageder
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di II° grado iscritta sub n. 263/2000 R.G. promossa
da
Y Y Y 1 e Y Y Y 2 , in proprio e nella qualità di genitori esercenti la patria
potestà sul
f i g l i o m i n o r e Y Y Y , rappresentati e difesi dagli avv.ti
Michele Coletti e Gianfranco Fedele di Bolzano, Corso Italia n. 23,
elettivamente domiciliati, giusta delega a margine dell’atto di citazione in
appello dd. 28.11.2000
- appellanti contro
X X X , rappresentata e difesa dall‘avv. Prof. Leonardo Petix e avv. Giuseppe
Petix del foro di Bologna con avv. Gino Azzaro di Merano, Corso Libertà n. 75,
domiciliata presso lo studio di quest‘ultimo, giusta delega a margine della
comparsa di costituzione 12.02.2001
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 2/18
- appellata O g g e t t o : Appello avverso sentenza del Tribunale di Bolzano n. 126/2000 dd.
25 - 30.05.2000 – risarcimento danni –
Causa trattenuta in decisione all’udienza 20.06.2001, con assegnazione del
termine perentorio per il deposito di comparse conclusionali del 04.10.2001 e
quello del 24.10.2001 per il deposito di memorie sulle seguenti
CONCLUSIONI
dei procuratori degli appellanti:
- Con riferimento all’appello principale proposto insistono per il suo
accoglimento in uno a tutte le conclusioni così come rassegnate nel medesimo
atto di appello e conseguente rigetto delle conclusioni e richieste così come
formulate dall’appellata nella comparsa di costituzione e risposta depositata il
15.02.2001;
nella citazione in appello avevano così concluso:
«Voglia l’Ecc.ma Corte d'Appello di Bolzano adversisi reiectis, in
accoglimento dell’antedescritto atto di appello e in riforma della sentenza
emessa inter partes dal Giudice Unico addetto al Tribunale di Bolzano Dott.
Tullio Joppi in data 25-30/5/2000, accogliere le conclusioni così come
rassegnate nella comparsa di costituzione e risposta depositata il 2/1/97 nel
giudizio di prime cure (innanazi riportate), così come integrate dalle
precisazioni significate in sede di precisazione delle conclusioni nel verbale del
3/2/2000 afferente il giudizio di primo grado («In via estremamente gradata ed
esclusa comunque qualsiasi responsabilità per «culpa in educando e in
vigilando» dei genitori YYY1 e YYY2, nella denegata ipotesi in cui si dovesse
ritenere sussitere (ma non si vede come, mancandone i presupposti) una qualche
responsabilità, sia pure concorrenziale, del YYY nella produzione del sinistro,
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 3/18
determinare la stessa in una percentuale non superiore al 20 % o comunque in
quell’altra anche eventualmente maggiore che sarà ritenuta equa e/o di
giustizia»);
- con riferimento all’appello incidentale proposto dalla XXX, se ne chiede:
1) in primis la declaratoria di inammissibilità, stante l’eccepita tardività
essendo stato proposto oltre i termini previsti di 20 gg. prima dell’udienza
indicata nell’atto di appello; il tutto così come significato ed eccepito nel
verbale d’udienza del 07.03.2001;
2) nel merito, il rigetto, perché del tutto infondato e in fatto e in diritto e per
di più privo di alcun riscontro probatorio. Il tutto con vittoria di spese,
competenze ed onorari relativi al doppio grado del giudizio.
dei procuratori dell’appellata:
Respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa,
−
ritenere e dichiarare infondati
i
motivi di
gravame proposti e
conseguentemente rigettare l’appello proposto in via principale dai sig.ri
YYY1 e YYY2, sia in proprio sia quale rappresentanti del figlio YYY contro
la sentenza n. 126/00 del Tribunale di Bolzano, confermando la
responsabilità dei medesimi appellanti;
−
ritenere e dichiarare fondati i motivi esposti nel presente atto e
conseguentemente, accogliere l’appello incidentale proposto e, in riforma
della sentenza impugnata:
In via principale:
accogliere le conclusioni così come già rassegnate
all’udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado del 03.02.2000 e
nella comparsa conclusionale di parte attrice in primo grado, tra l'altro
ritenendo e dichiarando che la sig.ra XXX non ha alcuna responsabilità
giuridica nella causazione del sinistro in cui é rimasta vittima.
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 4/18
In subordine, nella denegata ipotesi che la sig.ra XXX venga ritenuta in
qualche modo responsabile dell’evento de quo: ritenere e dichiarare che
comunque la responsabilità della stessa deve ritenersi concorrente alla
responsabilità degli appellanti principali, e che la responsabilità della stessa
XXX deve ritenersi comunque e conseguentemente „non di grado elevato« e
certamente di gran lunga di grado minore di quella degli appellanti principali
e certamente inferiore al 50%.
In ulteriore subordine: confermare la sentenza impugnata.
In ogni caso: con vittoria di spese competenze ed onorari di causa, oltre
C.P.A., I.V.A. e 10% ex art. 15 della T.P.F., per entrambi i gradi di giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 15.11.1995 l’attrice XXX, dopo aver
premesso che, verso le ore 11,40 del 26.01.1995, mentre si trovava ferma, senza
sci ai piedi, vicino allo steccato della terrazza della «Malga Frommer» in
località Nova Levante/Monte Coronelle, «veniva travolta da un ragazzino di
circa 10 anni (risultato essere YYY) il quale, scendendo con gli sci ai piedi a
forte velocità, era uscito di pista (segnata in rosso sulle carte) e non riusciva a
fermarsi» (cfr. punto 1. dell’atto di citazione in primo grado), per cui citava
avanti al Tribunale di Bolzano sia l’investitore che i genitori YYY1 YYY2,
chiedendo la loro condanna al risarcimento del danno.
Si erano regolarmente costituiti i convenuti, i quali negavano la propria
responsabilità ed il Tribunale, a conclusione dell’istruttoria, attribuiva la
responsabilità del sinistro al paritario concorso dell’attrice XXX e del
convenuto YYY, riteneva che, del fatto illecito commesso dal minore,
dovessero rispondere anche i genitori ex art. 2048 Cod. Civ. e condonava i
convenuti in solido a risarcire a XXX la metà del danno dalla stessa subito, cioè
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 5/18
l’importo di £ 10.489.015, oltre ad accessori ed interessi, nonché alla rifusione
della metà delle spese di lite.
Avverso tale sentenza proponevano appello gli originari convenuti
YYY1 e YYY2, sia in proprio che nella loro qualità di titolari della potestà
genitoriale su YYY, i quali chiedevano la riforma dell’appellata sentenza sia in
ordine al punto in cui è stata riconosciuta la responsabilità del figlio Francesco,
che in ordine al punto in cui è stata accertata la loro responsabilità ex art. 2048
Cod. Civ., che in ordine alle spese di lite.
Gli appellanti avevano indicato come data della prima udienza lunedì
26.02.2001, ma il Presidente, con decreto dd. 15.12.2000, rinviava la prima
udienza al mercoledì 07.03.2001.
In data 15.02.2001 si costituiva in
Cancelleria l’attrice-appellata XXX la quale, oltre a contestare l’appello
proposto dai genitori di YYY, svolgeva appello incidentale volto ad escludere
ogni sua corresponsabilità nella causazione del sinistro e, in via subordinata,
chiedeva che il suo eventuale concorso di colpa venisse opportunamente
ridotto.
Alla prima udienza gli appellanti eccepivano l’inammissibilità
dell’appello incidentale poiché tardivamente proposto, dato che tra la data della
costituzione in causa dell’appellata (15.02.2001) e l’udienza indicata nell’atto
di citazione (26.02.2001) erano decorsi meno di 20 gg., indi, sulle conclusioni
come sopra riportate, la causa veniva trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va esaminata l’eccezione, sollevata da parte appellante,
di inammissibilità ed improponibilità dell’appello incidentale inquanto proposto
tardivamente dall’attrice-appellata XXX.
L’eccezione appare infondata.
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 6/18
Va innanzitutto riconosciuto che il riferimento al 4° comma dell’art.
168-bis c.p.c., contenuto nel decreto presidenziale dd. 15.12.2000 (pag. 5 del
fascicolo d’ufficio), deve ritenersi improprio inquanto il semplice spostamento
dell’udienza dal giorno fissato dall’attore (nel nostro caso dall’appellante) a
quello in cui il giudice istruttore (nel nostro caso il Collegio) tiene udienza,
avviene d’ufficio, senza necessità di emissione di alcun decreto, né di alcuna
comunicazione da parte della Cancelleria. Tra il resto, gli appellanti avevano
fissato la prima udienza di lunedì, quando invece questa Sezione Distaccata di
Corte d'Appello tiene le prime udienza civili esclusivamente di mercoledì,
cosicché, se la prima udienza si fosse tenuta mercoledì 28.02.2001, non vi
sarebbe stata necessità di emettere alcun decreto di differimento dell’udienza.
Nel caso di specie invece, nel termine di 5 gg. dall’iscrizione a ruolo
della causa, il Presidente ha emesso il decreto di differimento d’udienza dd.
15.12.2000, con il quale ha rinviato la prima udienza di trattazione alla
settimana successiva e cioè a mercoledì 07.03.2001, e la Cancelleria ha
provveduto a stilare l’apposita comunicazione ad entrambe le parti già in data
22.12.2000 (cfr. la comunicazione di ordinanza emessa fuori udienza,
comunicazione ritirata in data 28.12.2000 dal domiciliatario degli appellanti
avv. Fedele ed in data 07.02.2001 dal domiciliatario dell’appellata avv.
Azzaro), per cui appare evidente che il Presidente e la Cancelleria hanno
eseguito tutte le formalità previste dal 5° comma dell’art. 168-bis c.p.c., come
novellato dall’art. 12 della legge 26.11.1990 n. 353, e che il termine di 20 gg.,
come previsto dagli artt. 166 e 167 c.p.c., doveva essere computato con
riferimento esclusivamente alla effettiva data della prima udienza e cioè al
giorno 07.03.2001.
La conferma dell’esattezza dell’interpretazione secondo
cui, quando intervenga un qualche esplicito provvedimento del giudice, la data
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 7/18
fissata nella citazione divenga irrilevante, può esser ricavata anche dal fatto che
l’art. 2 del D.L. n. 571/94, convertito nella legge n. 673/94, ha soppresso
l’ultimo periodo del 5° comma dell’art. 168-bis, come novellato dalla legge n.
353/90, periodo che così recitava: «Restano ferme le decadenze riferite alla
data di udienza fissata nella citazione».
Ritenuta pertanto l’ammissibilità dell’appello incidentale, come
proposto dall’attrice-appellata XXX, è ora possibile esaminare la vertenza nel
merito.
Con il primo motivo d'appello gli appellanti principali YYY1 e YYY2
sostengono che l’attrice-appellata XXX sarebbe l’unica responsabile del sinistro
per il fatto di essersi appostata al margine della pista, luogo sprovvisto di
protezione e nel quale essa non poteva sostare, mentre la caduta dello sciatore
YYY sarebbe stata dovuta esclusivamente ad un caso fortuito. Ad avviso degli
appellanti insomma «la perizia o l’imperizia sciistica del YYY perdono di
qualsiasi importanza in considerazione del comportamento posto in essere
dalla XXX quale causa determinante del sinistro, nel senso che se non si fosse
trovata in quel determinato punto della pista, non avrebbe subito danno
alcuno» (cfr. pag. 8 della citazione in appello).
Con il proprio appello incidentale la difesa dell’attrice-appellata XXX
sostiene invece la propria totale assenza di responsabilità nella causazione del
sinistro.
Ciò premesso, ritiene la Corte che l’appello principale sia infondato,
mentre fondato appare l’appello incidentale.
Stante peraltro l’evidente
connessione tra i motivi d’appello testé riassunti, essi possono essere trattati
congiuntamente.
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 8/18
Va premesso che la pista, percorsa dal gruppo di sciatori -quella delle
Coronelle di Nova Levante (BZ)- di cui faceva parte la famiglia YYY, nella
parte superiore, è classificata come «nera», cioè difficile, mentre nella parte
inferiore, è classificata come «rossa», cioè di media difficoltà (cfr. la
deposizione resa da Mahlknecht Ferdinand, direttore della scuola di sci di Nova
Levate) e che, mentre il gruppo guidato da Massa Alessandro stava percorrendo
il tratto di pista qualificato come «rosso», in prossimità della Malga Frommer,
YYY, di anni 9, è caduto ed è andato ad urtare l’attrice-appellata XXX, la
quale, priva di sci ai piedi, si trovava presso la Malga.
Orbene, all’affermazione degli appellanti, secondo cui il comportamento
della XXX sarebbe stato la «causa determinante del sinistro, nel senso che se
non si fosse trovata in quel determinato punto della pista, non avrebbe subito
danno alcuno», sarebbe facile rispondere che anche se lo scolaro YYY fosse
stato a scuola, come avrebbe dovuto essere (il 26.01.1995 era un giovedì e che
non rientrava né nelle vacanze di Natale, né in quelle di Carnevale), la XXX
non avrebbe subito alcun danno. La questione è però più complessa.
La Corte ritiene innanzitutto di non poter condividere l’affermazione
della difesa, secondo cui la caduta di uno sciatore sia un normale evento cui
ogni sciatore sia necessariamente esposto e ritiene invece che, su una qualsiasi
pista da sci, ove non si trovino insidie o trabocchetti particolari (un tanto non
risulta nemmeno dedotto), l’eventuale caduta di uno sciatore non possa essere
attribuita a «caso fortuito», bensì necessariamente all’imperizia dello sciatore
stesso, per non essere riuscito a dominare gli sci ed a mantenere l’equilibrio.
Questa affermazione può essere infatti ricavata dal cosiddetto «decalogo dello
sciatore», nel quale si legge che «ogni sciatore deve tenere una velocità ed un
comportamento adeguati alla propria capacità nonché alle condizioni generali
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 9/18
e del tempo» (regola n. 2) e che «ogni sciatore deve comportarsi in modo da
non mettere in pericolo la persona altrui o provocare danno» (regola n. 1). È
poi di tutta evidenza che, se all’imperizia si aggiunge l’imprudenza, per avere,
ad esempio, tenuto una velocità eccessiva, rispetto alle condizioni della pista od
alla presenza di altri sciatori e/o di altri ostacoli od alle condizioni della neve,
oppure per non essere stato in grado di scegliere la traiettoria più adatta
all’andamento della pista, né di fermarsi tempestivamente, riuscire a mantenere
l’equilibrio diventa ancora più difficile e le eventuali cadute diventano più
frequenti e rovinose. In conclusione, se è vero che tutti gli sciatori corrono il
rischio di cadere, ciò succede o perché sono stati disattenti o non hanno valutato
correttamente la situazione della pista -e vi è quindi colpa per negligenza- o
perché essi si sono spinti oltre le proprie capacità -e vi è quindi colpa per
imperizia e/o imprudenza-, certo è che, vertendo comunque in una situazione di
responsabilità quantomeno colposa, lo sciatore che, cadendo, provoca danni a
terzi, ne deve rispondere.
Venendo al caso di specie va quindi escluso che la caduta del giovane
sciatore YYY sia dipesa da «caso fortuito» e va riconosciuto invece che essa è
dipesa dal fatto che egli non è riuscito a mantenere l’equilibrio, incapacità
dovuta alla sua imperizia consistita nell’aver tenuto, su una pista non facile (si
trattava di una «rossa»), un comportamento non adeguato alle sue capacità.
Che da parte di YYY ci sia stata «colpa» ai sensi dell’art. 2043 Cod. Civ. non
può esser quindi posto in dubbio.
Per quanto riguarda poi la dinamica del sinistro, la Corte ritiene che,
anche volendo aderire alla tesi, accolta dal primo giudice, secondo cui l’attriceappellata XXX si sarebbe appostata al margine della pista, questo non comporti
comunque alcun concorso di colpa da parte della XXX stessa.
Quest’ultima
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 10/18
non ha infatti invaso la pista e non era in movimento, comportamento che
avrebbe potuto disorientare gli sciatori, ma la sua immobile presenza al margine
della pista era facilmente visibile ed equivaleva a quella di un qualsiasi oggetto
inanimato (albero, roccia etc.), oggetto a carico del quale mai potrebbe
ravvisarsi un qualche concorso di colpa.
D’altra parte, se è vero che, in base al
sopra richiamato decalogo, «lo sciatore deve evitare di fermarsi, se non in caso
di assoluta necessità sulle piste...» (cfr. la regola n. 6), dai chiarimenti approvati
nel 1973 al congresso F.I.S. di Famagosta risulta che «la sosta deve essere
effettuata ai bordi della pista», cosicché ad una persona ferma sul bordo della
pista -che abbia o non abbia, in quel momento, gli sci ai piedi- non può esser
mosso alcun rimprovero.
Nel caso di specie poi, poiché la comitiva, di cui
faceva parte YYY, non era diretta verso Malga Frommer, ma seguiva il normale
andamento della pista, sarebbe stata comunque irrilevante la presenza della
XXX in corrispondenza del raccordo tra la pista e la malga.
Ma vi è di più: dal complessivo esame del materiale probatorio raccolto,
la Corte ritiene di poter escludere che XXX, nel momento in cui è stata
investita, si trovasse veramente al margine della pista, nel punto di intersezione
con il tratto di collegamento con l’accesso alla terrazza della Malga Frommer, e
ritiene invece che essa si trovasse proprio sulla terrazza della malga e quindi
completamente fuori dalla pista.
A favore di quest’ultima ricostruzione
dell’incidente militano infatti i seguenti elementi:
− nella deposizione resa da Mahlknecht Ferdinand, direttore della scuola di sci
di Nova Levante, risulta che due sono gli accessi dalla pista delle Coronelle
alla Maga Frommer e precisamente «il tratto che collegala Malga con la
pista è pianeggiante tanto che bisogna spingere.
Vi è tuttavia anche la
possibilità di accedere alla Malga percorrendo una scarpata che quando è
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 11/18
innevata può esser percorsa con gli sci anche se non si tratta della pista
vera e propria» (cfr. deposizione resa dal teste citato all’udienza del
05.11.1998);
− nella lettera dd. 02.03.1995, inviata alla sig.ra XXX ed a firma congiunta
dell’avv. M. Coletti, legale della famiglia YYY, e dell’odierno convenutoappellante YYY1, si legge testualmente che «la causa dell’evento deve
sicuramente ascriversi ad una negligente gestione della struttura sciistica,
dal momento che non è stata prevista, né installata, alcuna barriera e/o
protezione tra la pista e la terrazza ove vi trovavate ...» (cfr. doc. n. 8 del
fasc. dell’attrice-appellata);
− dalle dichiarazioni rese da YYY1 ai Carabinieri di Modugno in data
28.04.1995 ed in presenza dell’avv. Coletti, a distanza quindi da qualche
mese dal fatto, ma prima che iniziasse la presente causa, risulta che il padre
di YYY ha ricostruito il sinistro nel modo seguente: «mio figlio perdeva
l’equilibrio andando fuori pista ed io e l’istruttore abbiamo tentato di
fermarlo senza riuscirci ed il piccolo andava a terminare la discesa su di
una terrazza dove vi era un bar con dei tavolini e vicino ad un tavolino vi
era ferma la sig. XXX Annamaria, che veniva urtata da mio figlio» (cfr. il
verbale inserito nel fascicolo documenti dell’attrice-appellata e prodotto con
la memoria ex art. 183 c.p.c. dd. 10.07.1997);
− un tanto trova conforto nella deposizione del teste Venturoli Gaetano, il
quale ha riferito che la moglie XXX, circa un minuto prima
dell’investimento «si trovava appoggiata ad uno steccato di protezione della
terrazza adiacente alla malga; il punto in cui si trovava [era] in posizione
arretrata rispetto al raccordo tra la pista e la malga; in ogni caso era al
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 12/18
margine in quanto era appoggiata allo steccato» (cfr. verbale d'udienza dd.
19.03.1999);
− poco attendibile appare invece quanto dichiarato dal teste Massa Alessandro
il quale, essendo l’accompagnatore del gruppo di sciatori di cui faceva parte
la famiglia YYY, cerca di minimizzare la responsabilità di YYY ed afferma
quindi che la XXX «si trovava in piedi nel punto di intersezione tra la pista
e il passaggio che conduce alla Malga», come pure quanto dichiarato dalla
teste Labianca M. Rosaria -quattordicenne all’epoca de sinistro e nipote dei
coniugi YYY- secondo la quale il cugino YYY, dopo esser caduto, sarebbe
andato ad urtare «una Sig.ra che trovavasi al limite tra la pista e l’inizio del
viottolo innevato».
In conclusione sul punto, ritiene la Corte che, non avendo la difesa dei
YYY contestato la genuinità né della lettera dd. 02.03.1995 né del verbale
assunto dai Carabinieri di Modugno in data 28.04.1995, atti entrambi redatti
con l’assistenza del proprio difensore di fiducia, essi debbano essere qualificati
come confessione stragiudiziale.
Per quanto riguarda, in particolare, il
riconoscimento che la XXX si trovava non lungo la pista, ma sulla terrazza,
riconoscimento contenuto nella lettera dd. 02.03.1995 indirizzata alla XXX
stessa, per il combinato disposto degli artt. 2733, 2° comma, e 2735, 1° comma,
Cod. Civ., costituisce piena prova nei confronti di YYY1, mentre è soggetto a
libera valutazione del giudice nei confronti degli altri litisconsorti YYY e
YYY2 ed analoga efficacia probatoria va riconosciuta alla dichiarazione resa da
YYY1 ai Carabinieri.
Orbene, nonostante il maldestro tentativo, svolto da YYY1 nel corso del
suo interrogatorio formale (cfr. verbale d’udienza dd. 19.03.1999), di
ridimensionare le proprie confessioni stragiudiziali sopra richiamate, pare
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 13/18
evidente che la valutazione complessiva del materiale probatorio raccolto porti
a concludere che YYY sia praticamente precipitato addosso alla XXX, che si
trovava sulla terrazza della Malga Frommer, dalla scarpata descritta dal teste
Mahlknecht Ferdinand, il ché trova ulteriore conferma nella violenza con la
quale YYY ha urtato e gettato a terra la XXX, tanto che quest’ultima ha subito
la «frattura scomposta fra 1/3 M ed E clavicola destra pluriframmentata» (cfr. i
certificati medici in atti, nonché l’elaborato del C.T.U.), cosicché deve
escludersi che il ragazzo abbia percorso il tratto pianeggiante che collega la
pista delle Coronelle a Malga Frommer, tratto sul quale egli sarebbe stato
costretto a spingere con le racchette e non avrebbe quindi potuto urtare la XXX
con la violenza sopra descritta.
In conclusione sul primo motivo degli appellanti principali e
sull’appello incidentale, la Corte ritiene di dover escludere ogni concorso di
colpa a carico di XXX e di dover quindi attribuire l’intera responsabilità del
sinistro al giovane YYY.
Con il secondo motivo d'appello gli appellanti contestano ogni
responsabilità dei genitori ex art. 2048 Cod. Civ., dato che essi avrebbero
impartito al figlio Francesco, ragazzo di indole «quieta e paciosa» (cfr. pag. 11
della citazione in appello), un’educazione conforme alle sue condizioni
familiari e sociali ed avrebbero svolto nei suoi confronti un’idonea vigilanza,
tanto più che i genitori avrebbero adottato ogni accorgimento utile ad integrare
le regole di prudenza (il gruppo di cui YYY faceva parte aveva un
accompagnatore) e perizia (YYY aveva conseguito dei brevetti come sciatore).
Sempre ad avviso degli appellanti «la prevedibilità o meno della caduta ... è da
ascriversi alla normale sfera dei rischi che qualunque attività umana
comporta» (ivi a pag. 11) e non sarebbe corretto imporre al figlio solamente
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 14/18
divieti, tanto più che quest’ultimo già aveva percorso senza problemi piste
qualificate come «rosse», che erano quindi alla sua portata.
Anche tale motivo pare infondato.
Ritiene la Corte che la responsabilità ex art. 2048 Cod. Civ. dei genitori
YYY1 e YYY2 sia difficilmente contestabile: innanzitutto va ribadito che come meglio spiegato sopra- le cadute con gli sci sono sempre la conseguenza
quantomeno di imperizia dello sciatore, ma a ciò va aggiunto che, all’epoca del
sinistro, YYY aveva compiuto nove anni da pochi mesi (è nato il 07.11.1995),
era poco più che un principiante il quale, abitando in provincia di Bari e
dovendo -di solito- frequentare la scuola, non ha certo potuto praticare
assiduamente lo sport dello sci, come possono invece fare -spesso anche
quotidianamente- i ragazzi che abitano in località sciistiche. È vero che, come
risulta dalla deposizione della maestra di sci D’Alessandro Antonella, in attività
presso la scuola del Passo Lanciano (località sciistica a m. 1306 s.l.m. in
provincia di Chieti), già nell’anno 1992 ha ricevuto qualche lezione di sci e che
ne ha ricevuto un’altra dal maestro di sci Osti Marco di Andalo (TN) durante le
vacanze di Pasqua del 1994 (cfr. la tessera della scuola di sci di Andalo, nonché
la deposizione del teste Osti), ma un tanto non può esser certamente sufficiente
per ritenere che il giovane YYY disponesse di esperienza e capacità tali da
permettergli di affrontare piste che, secondo i criteri adottati nel Trentino-Alto
Adige, sono qualificate come «rosse», cioè come mediamente difficili.
Né
giova sostenere che YYY sarebbe un ragazzo di indole «quieta e paciosa», dal
momento che, per le caratteristiche dello sport dello sci da discesa,
l’imprudenza e l’avventatezza giovanile consistono proprio nel non riuscire a
rendersi conto del pericolo e nel lasciar prendere velocità agli sci, cosicché
l’eventuale perdita di controllo degli stessi, e le conseguenti cadute, diventano
N. 263/2000 R.G.
inevitabili.
YYY + 1 / XXX
pag. 15/18
Se i genitori di YYY avessero correttamente seguito le regole
dettate dalla prudenza, avrebbero dovuto quindi permettere al loro giovane ed
inesperto figliolo -ragazzo che praticava lo sci da discesa certamente non
abitualmente, ma solo per limitati periodi all’anno- di frequentare
prevalentemente dei campi scuola o delle piste qualificate come «blu» mentre,
se gli volevano permettere di avventurasi su piste più difficili, avrebbero dovuto
o affidarlo ad un maestro di sci, oppure obbligarlo a seguire fedelmente la
traiettoria che il padre o uno sciatore particolarmente esperto avrebbero
tracciato, traiettoria che l’affidatario avrebbe dovuto scegliere attentamente
avendo riguardo alle capacità del ragazzo ed alla conformazione della pista, il
tutto praticando curve frequenti al fine di impedire che gli sci del giovane
acquistassero una velocità eccessiva e diventassero quindi difficilmente
controllabili. Così invece non è stato, dal momento che il padre si è limitato ad
inserire il figlio Francesco in un gruppo eterogeneo di sciatori e, proprio in
considerazione della inesperienza del figlio, è giunto ad affiancarlo nella
discesa, comportamento che può esser considerato ancora più pericoloso, dal
momento che, sciando in parallelo con uno sciatore inesperto, aumentano i
rischi di collisione o, quantomeno, di interferenza.
Per la verità, gli appellanti YYY1 e YYY2 giustificano il loro
comportamento sostenendo che tutti seguivano l’accompagnatore Massa
Alessandro ed infatti quest’ultimo, sentito come teste, ha genericamente
confermato di aver guidato il gruppo di sciatori più inesperti, gruppo di cui
faceva parte la famiglia YYY.
Ad avviso della Corte però, tale precauzione
non può essere ritenuta sufficiente per scongiurare i pericoli ed i rischi cui il
giovane YYY andava incontro, dal momento che, in considerazione della
giovane età e dell’inesperienza, su una pista di una certa difficoltà, l’andatura e
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 16/18
la scelta del percorso dovevano essere rapportate specificamente alle capacità
del ragazzo.
In altre parole, su una pista di quel genere i genitori avrebbero
dovuto fare in modo che una persona idonea si occupasse in esclusiva del figlio
Francesco, che gli indicasse la traiettoria più adatta alle sue capacità, che lo
controllasse con la coda dell’occhio per verificare come se la cavava e per
adeguare l’andatura alle sue reazioni, nonché al suo grado di affaticamento,
mentre non può esser ritenuta una precauzione sufficiente quella di inserire il
ragazzo in un gruppo di sciatori il cui accompagnatore doveva occuparsi delle
generiche esigenze e delle capacità sciatorie dei numerosi membri del gruppo.
In conclusione, anche volendo ammettere che al giovane YYY sia stata
impartita un’educazione conforme alle sue condizioni familiari e sociali circostanza peraltro smentita dalla disinvoltura con cui i genitori gli hanno fatto
«marinare» la scuola per un’intera settimana nel gennaio 1995-, la Corte ritiene
di dover condividere la valutazione del primo giudice secondo cui i genitori non
avrebbero fornito la prova di non aver potuto impedire il fatto. E ciò non solo
per averlo portato a sciare su una pista qualificata come «rossa» e quindi
mediamente difficoltosa, ma anche per non aver adottato l’accorgimento di
fargli seguire un percorso e di fargli mantenere una velocità conformi alle sue
capacità sciatorie, accorgimento senz’altro necessario in considerazione del
fatto che i giovani -in questo caso si tratta di un ragazzino di nove anni!- non
dispongono di esperienza e discernimento sufficienti per rendersi conto dei
pericoli, nonché del fatto che, nella pratica dello sci da discesa, l’imprudenza
consiste proprio nel lasciar andare gli sci, mentre la prudenza consiste invece
nell’attivarsi costantemente al fine di contenere la velocità degli sci e
nell’adeguare il proprio comportamento principalmente alle proprie capacità,
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 17/18
ma anche alle caratteristiche della pista, oltre che alle condizioni generali e del
tempo (cfr. la già citata regola n. 2).
Ritenuto pertanto che YYY ed i suoi genitori YYY1 e YYY2, siano
integralmente responsabili, in solido tra loro, dei danni che il primo il
26.01.1995 ha provocato a XXX e che nessuna delle parti ha contestato il
quantum debeatur, come determinato dal primo giudice, non resta che
determinare il danno complessivo subito dalla XXX in £ 20.978.030, il tutto
con gli accessori, come determinati dal primo giudice, fino alla presente
decisione ed oltre agli interessi legali dalla presente sentenza al saldo.
Per quanto riguarda infine le spese di lite, è evidente che a XXX spetti
l’integrale rifusione delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio e, per
quanto riguarda le spese relative al primo grado, esse sono già state liquidate
per l’intero dal Tribunale, per cui va esclusa solo la relativa compensazione per
metà.
Per quanto riguarda invece le spese relative al presente grado di
giudizio, esse vengono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.
P. Q. M.
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa e
reietta, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dall’attrice-appellata
XXX, nonché in riforma della sentenza n. 126/2000 dd. 25-30.05.2000 del
Tribunale di Bolzano,
dichiara
che l’incidente sciistico occorso in data 26.01.1995 sulla pista Coronelle di
Nova Levante, a seguito del quale ha subito lesioni XXX, è dipeso da
responsabilità esclusiva dello sciatore YYY e
condanna
N. 263/2000 R.G.
YYY + 1 / XXX
pag. 18/18
gli attori-appellanti YYY, nonché i suoi genitori YYY1 e YYY2 in solido, a
risarcire integralmente i danni subiti da XXX, danni che determina in
complessive £ 20.978.030, oltre agli accessori precisati nella motivazione della
sentenza di primo grado ed oltre agli interessi legali dalla presente decisione al
saldo;
condanna
altresì gli appellanti YYY, YYY1 e YYY2 in solido a rifondere a XXX le spese
di lite relative ad entrambi i gradi di giudizio, spese che liquida nel modo
seguente:
a) per il primo grado, nella misura già indicata per l’intero dal Tribunale,
esclusa la compensazione della metà;
b) per il secondo grado di giudizio, complessivamente £ 6.280.000, di cui £
1.900.000 per diritti di procuratore e £ 4.100.000 per onorari di avvocato,
oltre agli ulteriori accessori di legge (10 % su diritti ed onorari, I.V.A. e
C.A.P.).
Così deciso in Bolzano il 29.11.2001
IL CONSIGLIERE EST.
IL PRESIDENTE
Dott. Renzo Paolo Pacher
Dott. Heinrich Zanon