Dossier Legambiente Lazio Il Nuovo “Piano Casa

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Dossier Legambiente Lazio Il Nuovo “Piano Casa
Dossier Legambiente Lazio
Il Nuovo “Piano Casa” della Regione Lazio
proposto dall’On. Ciocchetti?
Non vende sogni, svende i Parchi e le Aree
Agricole, sfigura i Centri Storici,
deindustrializza le aree per le Piccole Imprese.
Però offre solidissime realtà: di cemento
Analisi della proposta di Piano Casa approvato
dalla Giunta Regionale
Si ringraziano per i dati gentilmente forniti:
Ente Regionale RomaNatura, Ente Regionale Parco di Vejo e CNA - Area Metropolitana di Roma.
Premessa
Con la proposta di Legge Regionale, approvata dalla nuova Giunta Regionale, concernente le
modifiche alla precedente Legge n. 21 dell’11 Agosto 2009 –il Piano/Casa, per comodità espositiva-,
siamo già al quarto anno di vigenza delle “Misure straordinarie per il settore edilizio ed
interventi per l’edilizia residenziale sociale”: il primo anno, dovuto alla precedente legge,
ulteriori tre anni a partire dall’approvazione eventuale del nuovo testo (le domande potranno
essere presentate entro il Dicembre 2013). Quel che quindi avrebbe dovuto essere un
provvedimento temporaneo e straordinario, sta invece diventando “pratica ordinaria” in materia di
urbanistica, Prg dei Comuni e norme edilizie.
Il tutto, alla faccia del Federalismo Comunale, stabilito per legge Regionale.
A) C’erano una volta le Aree Agricole…
Fin dall’incipit, ossia Capo I – Disposizioni generali/Art. 1 (Oggetto e Finalità) la proposta di
Legge Regionale concernente le modifiche al precedente provvedimento datato 11 Agosto 2009 n. 21
– il Piano Casa, per comodità espositiva – svela il suo impianto aggressivo nei confronti delle ragioni
fondanti di politiche del territorio basate sul concetto di sostenibilità. Infatti il precedente testo
premetteva che le “misure straordinarie ed urgenti per il rilancio del settore edilizio” dovessero
trovare applicazione nel “rispetto dei vincoli relativi ai Beni Culturali, Paesaggistici, Ambientali,
nonché della normativa sulle Aree Agricole”. Ebbene il nuovo testo, espunge il rispetto della
vigente normativa Regionale sulle Aree Agricole, mantenendo, per così dire, come vedremo poi ,
l’impegno alla tutela per i Beni Culturali, Paesaggistici, Ambientali, beni questi ultimi sovraordinati
da Leggi Statali, e quindi non suscettibili di modifiche in sede di Legislazione Regionale. Ad essere
colpita, è quindi la Legge Regionale n. 38 del 1999 “Norme in materia di governo del territorio”,
nella sua parte afferente l’edificabilità nelle Aree Agricole, e, in particolare, l’Art.
54/Trasformazioni urbanistiche in zona Agricola – laddove viene sancito al comma A il divieto
nelle zone agricole di “ogni attività comportanti trasformazioni del suolo per finalità diverse da
quelle legate alla produzione vegetale, all’allevamento animale e alla valorizzazione dei relativi
prodotti “-, l’Art. 55/Edificazione in zona Agricola – dove si stabilisce al comma A che “in via
prioritaria nelle Aree Agricole si deve procedere al recupero delle strutture esistenti”, e che,
come previsto al comma B, “ le nuove edificazioni in zone Agricole sono consentite soltanto se
necessarie alla conduzione del fondo e all’esercizio dell’attività Agricola”, e, ancora, e soprattutto,
da quanto sancito al comma C, ossia che “ gli edifici esistenti possono essere demoliti e ricostruiti
per una volta sola, con incremento massimo della Superficie Utile Lorda fino al 10% in più,
nelle sole parti ad uso residenziale e soltanto per motivi di adeguamento igienico sanitario”.
Tutto ciò avrebbe dovuto rappresentare un buon freno, quindi, a quello strisciante ma continuo
processo di peri– urbanizzazione delle Aree Agricole che da tempo attraversa e sconvolge il territorio
Regionale: si pensi che secondo i dati Istat elaborati dalla nostra Associazione la Regione Lazio, nel
periodo 1990/2005, nella triste classifica nazionale delle Regione mangia/suoli, si colloca al 6° posto,
dopo, nell’ordine, Liguria, Calabria, Emilia Romagna, Sicilia e Sardegna: infatti, su un’estensione
complessiva di 1.720.700 ettari nel 1990 risultavano quali superfici libere 1.193.220 ettari, pari al
69% dell’intero territorio regionale, mentre, al 2005, risultano quali superfici libere 967.280 ettari,
pari al 56% dell’insieme territoriale. Ne discende che nel quindicennio in esame, l’attività edilizia si è
“mangiata” 225.940 ettari, con un “contrazione” pari al 18,93% rispetto alla situazione del 1990.
Dobbiamo inoltre considerare che tra i “suoli mangiati” – come detto, 225.940 ettari - nel
quindicennio detto ci sono, sul piano Regionale, ben 129.000 ettari a destinazione agricola
irresponsabilmente “riconvertiti” all’edilizia: 129.000 ettari significa una quantità di territorio pari alla
città di Roma.. Ancora: nella classifica delle Regioni con Comuni più “larghe di manica” dal punto di
vista delle concessioni edilizie rilasciate nel biennio 2004/2005, il Lazio si piazza al 4° posto, dopo
Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna: pur con l’avvertenza che tale classifica è condizionata
dall’estensione delle singole Regioni, dal numero di residenti e dal numero dei Comuni presenti nelle
singole Regioni, occorre dire che la nostra Regione è messa “male”: 4° posto, infatti, vuol dire mc
18.900.800 a destinazione d’uso residenziale, e mc 1.198.800 a destinazione d’uso non residenziale,
per un totale di mc 20.099.600. Quel dato – mc 20.099.600 realizzati nel biennio 2004/2005 – vuole
dire che nella nostra Regione sono stati attivati mc 27.533 al giorno, e che, conseguentemente, è stato
consumato suolo per mq 9.177 al giorno: detto in altre parole, in quel biennio, si è consumato suolo
per una superficie quasi equivalente ad un campo di calcio. Uno al giorno, si badi, per ognuno di quei
730 giorni che compongono il biennio. E tutto ciò, senza aver risolto il problema del disagio abitativo:
si sono costruite abitazione per la speculazione, non per il bisogno casa. Tutto ciò è avvenuto
attraverso il disinvolto uso degli Accordi di Programma in variante urbanistica , ai quali ha, altrettanto
disinvoltamente , partecipato, sia pure per un tempo limitato, in veste di Assessore all’Urbanistica
della Giunta Regionale guidata dall’On. Storace, l’attuale titolare dell’Urbanistica Regionale, ossia
l’Assessore On. Ciocchetti, proponente dell’attuale Piano Casa. Il testo proposto del nuovo Piano
Casa, attraverso la cassazione delle Aree Agricole quali aree meritevoli di tutela, alla pari dei Beni
Culturali, dei Beni Paesaggistici e dei Beni Ambientali, fa sparire quel freno posto dalla Legge
Regionale n. 38, e consegna, a dispetto dei dati appena elencati, le Aree Agricole al “solito” destino di
aree da riservare alla trasformazione urbanistica ed edilizia, alla stregua delle aree edificabili. Infatti,
secondo il testo proposto, nelle Aree Agricole sarà possibile ampliare gli edifici, cambiarne la
destinazione d’uso - anche da Agriturismo a Residenziale? Secondo l’attuale testo è possibile anche
questo…. – categorie d’intervento edilizie , queste, non previste dalle attuali normative Regionali in
materia di Aree Agricole, come abbiamo precedentemente analizzato.
Scompare così, fin dall’Art. 1, ma anche oltre, come analizzeremo in seguito, l’elemento sostanziale
secondo il quale il solo soggetto abilitato ad effettuare trasformazioni nelle aree Agricole siano gli
imprenditori agricoli, come definiti dall’Art. 2135 del Codice Civile. Con il nuovo testo, i grandi e
piccoli “pirati dell’Agro”, i rentiers lottizzatori delle campagne, gli “agricoltori della domenica” con
seconda casa, si vedono premiati. Ad essere puniti, al contrario, i cittadini ligi alle normative, gli
operatori/costruttori seri, ossia coloro che stanno sul mercato intervenendo nelle aree edificabili dei
Prg, pagando fior di soldi per gli oneri di urbanizzazione, che, come è noto, non sono invece previsti
nelle aree agricole.
B) Condono Edilizio: tana libera tutti?
Ancora più pesanti e sostanziali, rispetto a quanto precedentemente analizzato, le modifiche apportate
nel nuovo testo al Capo II/Misure straordinarie per il settore edilizio/Art. 2 – Ambito di
applicazione. Nel nuovo testo si conferma, rispetto al precedente testo, che gli interventi sugli edifici
esistenti, di ampliamento – Art. 3 - , di adeguamento sismico – Art. 3bis -, di cambio di
destinazione d’uso da non residenziale a residenziale – Art. 3ter - , di sostituzione edilizia con
demolizione e ricostruzione – Art. 4 -, di recupero degli edifici esistenti – Art. 5 , sono realizzabili
non solo sugli edifici per i quali è stata presentata ai Comuni la dichiarazione di ultimazione dei
lavori, ai sensi del DPR 6 Giugno 2001, n. 380 ( Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia), ma gli interventi citati, che più oltre analizzeremo specificatamente
nel rispettivo dettato normativo, vengono estesi, come per altro prevedeva anche il recedente testo,
anche ad edifici che abbiano ottenuto la concessione edilizia in sanatoria a seguito del silenzio –
assenso formatosi per decorrenza dei termini previsti dall’Art. 35 della Legge 47/85 – il I° Condono
Edilizio -, dell’Art. 39 della Legge 724/94 – il II° Condono Edilizio -, e dell’Art. 32 del decreto Legge
n. 269/2003 – il III° Condono. Tutti e tre gli sciagurati provvedimenti condonativi hanno infatti
stabilito in 24 mesi dalla data di presentazione dell’istanza per la richiesta di concessione in sanatoria,
il tempo atto alla formazione del silenzio/assenso, in mancanza di intercorso provvedimento di diniego
da parte dei Comuni, ossia reiezione/respingimento dell’istanza presentata. La Legge Regionale n. 12
dell’( Novembre 2004 – Disposizioni in materia di illeciti edilizi – ha esteso a 36 mesi la data di
formazione del silenzio – assenso, a partire dalla data del 31 Dicembre 2005. Sia chiaro: l’istituto del
silenzio – assenso è stato introdotto nella legislazione di ordine nazionale, dalla Legge 241, una legge
nata e pensata per “avvicinare” i cittadini alla Pubblica Amministrazione, troppo spesso lenta nonché
latitante nel dare risposte alle istanze avanzate dagli stessi cittadini. E sia altrettanto chiaro che il
termine dei 36 mesi non è un termine perentorio per i Comuni, che per legge sono il soggetto
istituzionale chiamati al rilascio delle concessioni edilizie in sanatoria. Il punto è che l’inefficienza dei
Comuni nell’analizzare le istanze presentate per il rilascio delle concessioni edilizie in sanatoria
presentate ai sensi dei tre sciagurati Condoni Edilizi non deve essere assunto ad alibi per un
generalizzato “tana libera tutti”. Sono noti e clamorosi i dati inerenti la gestione dell’Ufficio Speciale
Condono Edilizio di Roma, il mancato funzionamento del quale dipende sommamente dalle
precedenti Amministrazioni Capitoline, anche se l’attuale Giunta Capitolina è in carica già da due
anni.: 597.000 Istanze di Condono presentate complessivamente, 417.000 relative al I° Condono,
94.668 al II° Condono, 85.132 relative al III°. Mancano ancora da espletare le pratiche relative a
212.240 Istanze, 130.000 relative al I° Condono, 25.000 relative al II°, 57.240 relative al III°.
Inoltre, si pensi che l’analisi delle Istanze di Condono effettuate dai tecnici dell’Usce nei primi 4 mesi
del 2010 ha permesso di appurare che su 28.072 Istanze di Condono analizzate, ben 3.173 – pari al
13,2% - sono risultate afferenti a lavori svolti dopo la scadenza temporale del 31 marzo 2003, data
questa che fissa la soglia temporale di condonabilità stabilita dal III° Condono Edilizio. Se a questo
dato aggiungiamo, sul totale delle Istanze analizzate, le 6.503 Istanze di Condono risultate non
condonabili, poiché opere realizzate su aree vincolate, e le 2.099 Istanze di Condono altrettanto non
condonabili, perché riguardanti opere realizzate all’interno dei Parchi, arriviamo così a 11.775 Istanze
di Condono, per le quali è e sarà obbligatorio per il Comune di Roma emettere gli “atti di reiezione”,
ossia mancato accoglimento dell’Istanza di Condono, e successiva demolizione.
Poiché - dato Istat – la dimensione media della famiglia romana è pari a 2,8 unità per famiglia, ne
discende che – per il solo residenziale – le 11.775 Istanze di Condono non accoglibili, possono
riguardare qualcosa come più di 30.000 persone, ossia una “città abusiva/fantasma” grande come
Piombino. Una rapida stima urbanistica ci dice che – dato un indice pari a 80 mc stanza/persona
insediata/insediabile – l’ampiezza della “città fantasma” è stimabile in più di 2,5 milioni di mc, su una
superficie stimabile in più di mq 800.000/80 ettari. Davanti a questi numeri ci chiediamo e chiediamo,
quanti controlli sono stati effettuati dai 378 Comuni della Regione Lazio per verificare la congruità tra
le opere effettivamente realizzate e quanto formalmente dichiarato nell’istanza presentata? E quanto
controlli sono stati effettuati per verificare se le opere dichiarate sono state effettivamente realizzate,
giacchè nella nostra esperienza “sul campo” più e più volte ci siamo trovati davanti a casi di opere
abusive dichiarate, ma neanche cominciate, trucco questo che permette di abbattere notevolmente i
costi, considerato che i costi del condono non sono minimamente paragonabili ai costi di una
permesso a costruire/concessioni edilizia? E ancora: quante reiezioni/respingimenti delle Istanze, per
opere avvenute in aree vincolate e non edificabili, sono state emesse dai Comuni? E quante
demolizioni sono state effettuate dagli stessi Comuni, a seguito dell’avvenuta emissione delle
reiezioni? Ed ancora: quante acquisizioni al Pubblico Patrimonio sono state effettuate dagli stessi
Comuni? Sono domande queste alle quali non ha fornito risposta il precedente Piano – Casa, e alle
quali non fornisce alcuna risposta neanche l’attuale: eppure prima di scrivere la nuova Legge/Piano
casa sarebbe stato doveroso chiedere ai Comuni un rapporto dettagliato in tale senso. Snellire le
procedure, cosa doverosa in un Paese pieno di Leggi delle quali, magistratura a parte, nessuno
controlla la corretta applicazione, non può e non deve significare l’abbassamento dell’”asticella della
Legalità” , tanto più quando si parla di abusivismo edilizio. Torneremo a parlare di questo tema,
analizzando altre parti del testo Regionale proposto, parti nelle quali è palese il tentativo di effettuare
un pernicioso “tana libera tutti” sui Condoni Edilizi.
C) Il Piano/Casa e i Parchi Regionali : è in arrivo la “soluzione/assalto finale”?
L’aspetto comunque più grave ed inquietante, e nuovo rispetto al precedente testo legislativo
Regionale, è l’ingresso dei Parchi Regionali nel Piano Casa: infatti al comma C – Capo II – Misure
straordinarie per il Settore Edilizio – si stabilisce che gli “interventi di ampliamento,
adeguamento sismico, ristrutturazione, sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione,
cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, recupero degli edifici
esistenti”, previsti agli Art. 3, 3bis, 3ter, 4 e 5, possono essere eseguiti “nelle Aree Naturali
Protette”, in specie “nelle zone di promozione economica e sociale individuate dai Piani di
Assetto vigenti delle Aree Naturali protette,ovvero, in assenza dei Piani d’Assetto, delle zone B
individuate dalle Leggi istitutive delle Aree Naturali protette, ai fini dell’applicazione delle
disposizioni di salvaguardia”. Cosa significano queste disinvolte nonché asciutte 4 righette?
Sembrano 4 righette, ma sono molto pesanti: abbiamo quindi provato “a mettere su carta” quelle 4
righette, sia rispetto ai Parchi con il Piano d’Assetto vigente, sia rispetto ai Parchi tutt’ora privi di
Piano d’Assetto, ma con zone B individuate dalle Leggi istitutive. La nostra analisi si è soffermata
- per il primo gruppo - sulla Riserva Naturale di Monte Mario, sulla Riserva Naturale dell’Insugherata,
sulla Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi, Parchi questi provvisti del Piano d’Assetto, e con
Zone di Promozione Economica e Sociale individuate dagli stessi Piani, e, - per quanto riguarda il
secondo gruppo - i Parchi privi di Piano d’Assetto, ma con zone B individuate dalle Leggi istitutive, la
nostra analisi ha riguardato la Riserva Naturale di Decima – Malafede, la Riserva Naturale della
Marcigliana, il Parco Regionale di Vejo e il Parco Regionale di Bracciano. Prima di esporre i dati
desunti per singolo Parco, è bene prima esporre brevemente cosa prevede l’attuale normativa
Regionale , ossia la Legge n. 29 del 1997, in materia di Aree di promozione economica e sociale
individuate dai Piani d’Assetto, nonché chiarire, altrettanto brevemente, cosa siano le Aree B
individuate nelle Leggi istitutive dei Parchi Regionali.
C1) Le Aree di Promozione Economica e Sociale nelle Legge 29/97
Come detto nel precedente punto C, la revisione del precedente Piano Casa consente nelle Aree di
Promozione Economica e Sociale individuate dai Piani di Assetto dei Parchi/Riserve Naturali
Regionali approvati dal Consiglio Regionale interventi di ampliamento, adeguamento sismico,
ristrutturazione, sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione, cambiamento di
destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, recupero degli edifici esistenti”, previsti
agli Art. 3, 3bis, 3ter, 4 e 5,”. Nulla da dire sugli interventi di adeguamento sismico, come sugli
interventi di recupero degli edifici esistenti – peraltro già possibili nel dettato normativo stabilito dalla
Legge Regionale 29/97 . Al contrario abbiamo molto da dire sugli interventi di ampliamento,
ristrutturazione, sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione, cambiamento di destinazione
d’uso da non residenziale a residenziale, tutti interventi questi non consentiti dalle normative
contenute nella Legge Regionale 29/97, ossia la Legge Regionale che ha codificato il Sistema
Regionale dei Parchi e delle Riserve Naturali. Infatti l’attuale normativa di riferimento relativa alla
formazione dei Piani d’Assetto prevede per i Parchi/Riserve Generali 4 zonizzazioni, e ossia:
1) le Aree /zone di Riserva Integrale, nelle quali l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità
– e queste sono le Zone A. Il nuovo Testo esclude queste aree dalla “platea” del piano/Casa proposto.
2) Aree/Zone di Riserva Generale, nelle quali è vietato realizzare nuove opere edilizie, ampliare le
costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere consentite le opere
necessarie allo sviluppo dell’attività agricola, le infrastrutture strettamente necessarie, gli interventi
sulle risorse naturali a cura degli Enti Parco di gestione, e gli interventi di adeguamento igienico –
sanitario e strutturali del patrimonio edilizio esistente per finalità agro – silvo – pastorale ed
agrituristiche m- e queste sono le Zone B. Anche queste aree sono escluse.
3) Aree/Zone di Protezione , nelle quali incentivare le attività agro – silvo – pastorali, secondo i
metodi dell’agricoltura biologica, e dove incentivare la produzione artigianale di qualità e l’attività
agrituristica – e queste sono le Zone C. L’esclusione riguarda anche queste aree.
4) Aree/Zone di Promozione economica e sociale, individuate dai Piani di Assetto quali aree più
caratterizzate da intensi processi di antropizzazione, nelle quali le azioni previste sono contenute, oltre
che nello schede/progetto che costituiscono parte integrante dei Piani d’Assetto, nel Programma
Pluriennale di Promozione Economica e Sociale, redatto dagli Enti di Gestione. In queste aree/ambiti
possono svilupparsi “in armonia con le finalità di tutela” dell’area Parco azioni e progetti tese a
“migliorare la vita sociale e culturale delle collettività locali ed il godimento delle aree da parte
dei visitatori” – e queste sono le Zone D. Come detto, il Piano/Casa permette interventi in queste
aree. Come è del tutto evidente, l’attuale normativa Regionale definita dalla Legge n. 29 del 1997, in
materia di Aree di Promozione Economica e Sociale individuate dai piani d’Assetto vigenti dei Parchi
Regionali, non consente ampliamenti degli immobili esistenti, sostituzioni edilizie, demolizioni e
ricostruzioni, cambi di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, come invece previsto
dagli Art. 3, 3 bis, 3 ter, 4, e 5, ma consente soltanto il recupero degli edifici esistenti, e le opere
necessarie alla manutenzione ordinaria e straordinaria, o nel caso di immobili vincolati, il restauro
conservativo. In altre parole, le trasformazioni possibili devono “svilupparsi in armonia con le finalità
di tutela”: questo vuol dire che le aree di Promozione Economica e Sociale sono le aree dove ospitare
e realizzare i servizi per i Parchi, ossia agriturismi, le strutture ricettive “diffuse”, le strutture ricettive
“concentrate”. Come è evidente, non è vero che nei Parchi Regionali non si possa fare nulla: si
possono fare le opere necessarie, nonché compatibili, alla piena e rispettosa fruizione pubblica delle
aree del Parco. Tutto ciò è ribadito anche dall’Art. 32 – Incentivazioni, laddove, al Comma 3, si
stabilisce che “al fine di garantire e promuovere l’economia e l’occupazione”, ai Comuni, alle
Province, alle Comunità Montane ricadenti territorialmente nel Parco, “ è attribuita la priorità nella
concessione di finanziamenti Regionali, anche provenienti da Fondi Comunitari e Statali, per
promuovere e gestire progetti miranti a valorizzare attività tradizionali e realizzare iniziative
produttive o di servizi compatibili con le finalità di tutela, finalizzati alla promozione,
valorizzazione e alla migliore fruibilità delle Aree naturali protette”.Quanto detto finora significa
che o il Piano/Casa, nel nuovo testo proposto, elimina questa parte relativa all’estensione del
Piano/Casa stesso nelle Aree di promozione Economica e Sociale individuate dai Piani d’Assetto
vigenti, oppure la “prima vittima” del Piano/Casa sarà la Legge Regionale n. 29 del 1997, che dovrà,
in conseguenza, “essere adeguata” al Piano/Casa stesso. Ha quindi pienamente ragione l’Assessore
Regionale all’Ambiente, l’On. Mattei, nel dire che non è sua intenzione “toccare” i perimetri dei
Parchi Regionali: infatti, con le nuove regole stabilite dal Pian/Casa, ci sta pensando il suo collega di
Giunta, ossia l’On. Ciocchetti.
C2) – La situazione attuale dei Piani d’Assetto dei Parchi/Riserve Naturali gestite
dall’Ente RomaNatura.
Quanto segue è il prospetto della situazione dei Parchi Regionali gestiti dall’Ente RomaNatura in
relazione allo stato di approvazione dei Piani d’Assetto.
Tab. n. 1 – Stato di approvazione dei Parchi Regionali gestiti dall’Ente RomaNatura.
Parco/Riserva
Riserva
Monte Mario
Riserva Decima
Malafede
Riserva Laurentino
Acquacetosa
Riserva
Tenuta dei Massimi
Riserva
Valle dei Casali
Riserva Tenuta di
Acquafredda
Riserva Marcigliana
Riserva
Valle dell’Aniene
Riserva Insugherata
Parco del Pineto
Parco di Aguzzano
Adozione Consiglio
Direttivo
RomaNatura
o Istituzione con
Legge Regionale
Delibera
5 Novembre 2001, n.
52
Delibera
25 Novembre 2002,
n. 45
Delibera
30 Luglio 2001, n. 47
Delibera
8 Aprile 2002,
n. 8
Delibera
1 Luglio 2002
n. 23
Delibera
3 Marzo 2003,
n. 15
Delibera
10 Febbraio 2003, n.
5
Delibera
24 Marzo 2003,
n. 21
Delibera
28 Gennaio 2002,
n. 4
Istutito con Legge
Regionale
23 Febbraio 1987, n.
21
Pubblicazione
proposta di Piano
d’Assetto
Controdeduzioni
Consiglio Direttivo
RomaNatura
Approvazione del
Consiglio Regionale
con Legge
Regionale
Pubblicazione sul
Bollettino Ufficiale
13 Aprile 2002
Delibera
23 Dicembre 2002,
n. 52
Delibera
12 Maggio 2005, n.
16
Delibera
1 Agosto 2002, n. 28
Delibera
28 Marzo 2003, n.
26
D.C.R. 12/11/2008,
n. 55
Suppl.Ord. n. 1
Burl n. 3,
21 Gennaio 2009
-
23 Maggio 2003
21 Gennaio 2002
13 Dicembre 2002
28 Marzo 2003
23 Aprile 2003
25 Ottobre 2003
31 Marzo 2004
12 Agosto 2002
Delibera
16 Febbraio 2004,
n. 5
Delibera
30 Giugno 2009, n.
18
Delibera
10 Febbraio 2009, n.
3
Delibera
7 Agosto 2008,
n. 28
Delibera
13 Gennaio 2003,
n. 2
Istruttoria Regionale
in corso
Istruttoria Regionale
in corso
D.C.R.
13 Marzo 2009,
n. 61
Istruttoria Regionale
in corso
Suppl. Ord.n. 6
Burl n. 15
21 Aprile 2009
-
Istruttoria Regionale
in corso
Istruttoria Regionale
in corso
Istruttoria Regionale
in corso
D.C.R. 12 Luglio
2006, n. 27
Suppl. Ord. n.1
Burl n. 25
9 settembre 2006
Piano approvato
con Legge Regionale
24 Novembre 1997,
n. 43, modificato
con D.C.R.
1 Marzo 2000,
n. 6672
Istituito con Legge
Regionale 8 Agosto
1989, n. 55
Piano approvato con
Del. Consiglio
Comunale di Roma
15 Marzo 1991, n. 74
Regolamento
attuazione approvato
in Accordo di
Programma
pubblicato su Burl n.
19, 19 Luglio 1995
Fonte: sito Ente Regionale RomaNatura
Come è del tutto evidente, la tabella n. 1 ci dice che mentre i Consigli Direttivi dell’Ente Roma Narura
succedutisi dal 1998, anno di istituzione dell’Ente Regionale RomaNatura, hanno fatto per intero il
loro dovere – ossia redazione dei Piani d’Assetto, pubblicazione, controdeduzioni, invio in Regione
per la definitiva approvazione - al contrario la Regione Lazio e gli Assessori all’Ambiente competenti
succedutisi nel frattempo, hanno decisamente peccato di “accidia ambientale” nell’approvazione dei
Piani d’Assetto. Considerando che, come illustrato dalla tabella, il Parco del Pineto è stato istituito nel
1987, con apposita Legge regionale, e che il Parco di Aguzzano ha seguito un altro iter, indipendente
dalla Legge Regionale n. 29 del 1997, e questo perché il Parco di Aguzzano, a seguito delle avvenute
compensazioni urbanistiche previste dal Prg , è un Parco tutto pubblico, il quadro è decisamente
sconfortante: 3 soli Piani d’Assetto approvati, dal 2002 ad oggi. Sono quindi passati 8 anni dall’invio
in Regione dei primi Piani d’Assetto, un tempo sufficiente a costruire 7 km di metropolitana, ma
evidentemente non sufficiente per gli assessori all’Ambiente succedutisi in questi anni per la
definitiva approvazione dei Piani d’Assetto dei Parchi Regionali.
Fatta questa doverosa considerazione, torniamo all’analisi specifica della proposta di modifica del
Piano/Casa Regionale.
Come si diceva, l’attuale testo, al contrario del precedente, permette l’applicazione del Piano/Casa
“nelle Aree Naturali Protette”, in specie “nelle zone di promozione economica e sociale
individuate dai Piani di Assetto vigenti delle Aree Naturali protette”.
La “platea” del Piano/Casa nei Parchi Regionali riguarda quindi i tre Parchi con il Piano d’Assetto
definitivamente approvato dal Consiglio Regionale: e quindi, la Riserva Naturale di MonteMario, la
Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi e la Riserva Naturale dell’Insigherata.
Abbiamo provveduto ad analizzare e “cartografare” i Piani d’Assetto di queste tre Riserve Naturali,
evidenziando con il campito di color blu le Zone di promozione economica e sociale individuate dai
piani d’Assetto. - e quindi alleghiamo al Dossier le cartografie in formato A4 scala a 20.000.
A) Riserva Naturale di Monte Mario
Il perimetro totale della Riserva Naturale di Monte Mario misura 204 ettari, e si pensi che il Parco di
Monte Mario , tanto caro alla nostra Associazione che l’ha ostinatamente voluto, è disciplinato quale
area N – Verde Pubblico da ben 69 anni, ossia fin dal Prg della città datato 1931, il Piano redatto dal
Saint – Just: occorrerà prima o poi dirlo anche all’Assessore On. Ciocchetti, e di rimando anche
all’Assessore all’Ambiente, On. Mattei… Il Piano d’Assetto definitivamente approvato nel 2008
individua quali Zone di Promozione Economica e Sociale/Zone D nella Riserva Naturale di Monte
Mario mq 31.7000, ossia 31,70 ettari. Quali sono gli ambiti territoriali nei quali saranno possibili gli
interventi edilizi previsti nel Piano/Casa? Quel che segue è il quadro territoriale d’insieme:
1) Varie aree ricadenti nel comprensorio di Monte Ciocci, sito ai piedi di Via Angelo Emo. Monte
Ciocci è noto per essere stato il set del film di Ettore Scola “Brutti, sporchi e cattivi”, con, tra gli altri
Nino Manfredi. E’ una triste e drammatica storia di una famiglia italiana immigrata dal Sud che vive
in una delle tante baracche esistenti, fino al 1970, nel borghetto, poi risanato. Quindi possiamo anche
dire che il Piano/Casa Regionale è “brutto, sporco e cattivo”;
2) Aree interne al Parco lungo l’incrocio tra Viale delle Medaglie d’Oro/Via di Domizia
Lucilla/Piazza Giovenale/Via Appiano;
3) All’altezza della Panoramica, area detta dello “Zodiaco” – noto ristorante – a fronte del Forte di
Monte Mario. Siamo sicuri che il ristoratore titolare sia pentito di non aver fatto il costruttore nella
vita: che ci sta a fare, infatti, un ristoratore dentro un Parco Regionale, quando è possibile fare il
palazzinaro anche dentro un Parco Regionale?
4) Area ex Borghetto Farneto/parte aree afferenti Via della Camilluccia
5) Via della Camilluccia all’altezza di Via dei Monti della Farnesina.
Come è evidente, si tratta di luoghi urbani dove, come anche l’On Buontempo, Assessore Regionale
alla Casa sicuramente converrà, il disagio abitativo così presente nella nostra città si rappresenta in
tutta la sua drammaticità…
B) Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi
Il perimetro totale della Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi si estende per 774 ettari e il Piano
d’Assetto definitivamente approvato dal Consiglio Regionale nel 2009, come illustra l’allegata
cartografia di riferimento, disciplina quali Zone di promozione economica e sociale/Aree 4 mq
279.000, ossia 27,90 ettari. Questi gli ambiti territoriali interessati:
1)Lungo la Via Portuose, località Casetta Mattei/Somaini;
2) Aree a fronte del Monte delle Piche;
3) Aree a fronte l’Infernaccio/Fosso della Magliana;
4) Aree in Località Torretta dei Massimi;
5) Aree prospicienti Via di Brava/Casale di Brava;
6) Aree in località Villa S. Francesco;
7) Aree prospiciente la Torre dei Massimi.
La Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi si estende dalla Via Portuense fino alle aree
prospicienti la Roma – Fiumicino: la Tenuta dei Massimi è quindi la sola “parte non costruita” in quel
settore urbano. Perché non fare quindi un bel “completamento urbano” con il Piano/Casa, come
direbbero gli urbanisti colti? Gli ambientalisti ignoranti, al contrario, qual noi siamo, sostengono
invece che i polmoni verdi residui in una città che, archeologia a parte, è caratterizzata da ben 750
milioni di mc di costruito residenziale, dovrebbero essere “lasciati in pace”.
C) Riserva Naturale dell’Insugherata
Il perimetro totale della Riserva Naturale dell’Insugherata, posta tra la Via Cassia e la zona del
quartiere dell’Acqua Traversa, si estende per 697 ettari. Il Piano d’Assetto definitivamente approvato
nel 2009 individua quali Zone di promozione economica e sociale/Aree 4 mq 473.200, ossia 47, 32
ettari. Questi i luoghi territorialmente interessati:
1)Aree a ridosso del complesso del S. Onofrio;
2) Aree a fronte dell’Ospedale S. Filippo Neri, naturalmente esterno al perimetro della Riserva, a
fronte del Colle di S.Agata;
3) Aree afferenti la località Monte Arsiccio;
4) Aree ricadenti lungo Via Panettoni/Acqua Traversa;
5) Aree di fregio alla Via Cassia, in prossimità della località Pascolaretto.
Qui vogliamo fare una sola considerazione, analoga a quanto detto in relazione all’area dello
“Zodiaco”, nella Riserva Naturale di Monte Mario, precedentemente analizzato. Infatti le aree al punto
2 sono le aree dove, tra l’altro, opera la Cooperativa Agricola Cobragor, attiva fin dal 1977. Anche
questa Cooperativa Agricola, ha quindi sbagliato mestiere…..
Riassumendo il quadro: 47 ettari all’Insugherata, 28 ettari alla Tenuta dei Massimi, 31 ettari a
MonteMario: e siamo quindi a mq 1.060.000, ossia 106 ettari. Ma non finisce mica qui, poiché,
come detto precedentemente, la proposta di modifica del Piano/Casa Regionale prevede la possibilità
di applicare le categorie d’intervento edilizio previste anche in quei Parchi Regionali, privi di Piano
d’Assetto, ma che abbiano, nei loro perimetri, Zone B individuate dalle specifiche Leggi Istitutive. In
questa “casistica” , secondo l’analisi da noi svolta, rientrano la Riserva Naturale di Decima Malafede
e la Riserva Naturale della Marcigliana, per concludere con i Parchi gestiti dall’Ente RomaNatura.
Prima di analizzare nel dettaglio i dati specifici per queste due Riserve Regionali., occorre prima
chiarire cosa siano le Aree B individuate nelle Leggi Istitutive.
Le Zone B inviduate nelle Leggi Istitutive dei Parchi/Riserve Regionali
Detto in estrema sintesi, il processo che porta alla definitiva approvazione di un Piano d’Assetto di un
Parco Regionale, come stabilito dalla Legge Regionale n. 29 del 1997, si articola nelle seguenti fasi. Il
Comma 4 dell’Art. 7 della citata Legge – Art. 7 – Piano Regionale e Piani Provinciali delle Aree
Naturali Protette – prevede che “la Giunta Regionale, sentita la Sezione Aree Naturali Protette, adotta
uno schema di Piano, con allegata cartografia, il quale indichi:
a) i territori dove siano presenti formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche che
abbiano rilevante valore naturalistico, paesaggistico ed ambientale;
b) all’interno dei territori individuati, la suddivisione provvisoria – ossia in attesa della definitiva
approvazione del Piano d’Assetto – in zone A, ossia aree di rilevante interesse naturalistico,
paesaggistico e culturale, con inesistente o limitato grado di antropizzazione, e in Zone B, ossia aree
di valore naturalistico, paesaggistico e culturale caratterizzate da maggior grado di urbanizzazione”.
A questo punto, il Consiglio Regionale vota la Legge Istitutiva del Parco/Riserva Regionale, e, in
conseguenza, comincia la fase di redazione dei Piani d’Assetto, a cura dell’Ente di Gestione.
I Parchi/Riserve Generali gestite dall’Ente RomaNatura , privi di Piano d’Assetto, ma con zone B
individuate dalle leggi istitutive dalla nostra analisi, risultano essere la Riserva Naturale di Decima –
Malafede e la Riserva Naturale della Marcigliana. Vediamo ora “ i numeri e i luoghi” di queste
Riserve dove il Piano/Casa consente di intervenire.
D) Riserva Naturale di Decima – Malafede
Con i suoi 6.145 ettari di estensione, la Riserva Naturale di Decima – Malafede è la più estesa tra le
Riserve gestite dall’Ente RomaNatura. La legge Istitutiva della Riserva, istituita nel 1997/1998,
individua mq 290.000, ossia 29 ettari, quali Aree B. Il luogo interessato, si tratta di una sola area,
come illustra l’allegata foto/immagine sulla quale abbiamo “disegnato” il perimetro, ricade lungo la
Pontina/lato Ovest, in una striscia di terreno che parte dalle aree limitrofe a Castel Romano e termina
alle aree prospicienti la Macchia di Capocotta. La Riserva di Decima – Malafede, non soltanto per la
sua notevole estensione, è indubbiamente l’area più ricca di valori naturalistici ed ecologici tra le
Riserve gestite dall’Ente RomaNatura.
E) Riserva Naturale della Marcigliana
4696 ettari: questo è il perimetro di estensione della Riserva Naturale della Marcigliana. La legge
istitutiva della Riserva individua, come illustra la foto/area con il perimetro “disegnato, disciplina
quale area B una sola area, estesa per mq 400.000ettari,ossia 40 ettari. Si tratta di un’area che risulta
interclusa tra il Gra e Via di Settebagni.
In conclusione, il “bottino” complessivo del Piano/Casa sulle aree gestite dall’Ente RomaNatura, tra
Parchi con Piani d’Assetto approvati e, quindi, con le zone di promozione economica e sociale
individuate dal Piano stesso, e Parchi/Riserva, prive di Piano d’Assetto, ma con zone B individuate
dalle Leggi Istituive è quindi il seguente:
1) Riserva Naturale di Monte Mario: 31,70 ettari
2) Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi: 27,90 ettari
3) Riserva Naturale dell’Insugherata:47,32 ettari
4) Riserva Naturale di Decima – Malafede: 29 ettari
5) Riserva Naturale della Marcigliana: 40 ettari
Totale: mq 1.7600.00, ossia 176 ettari. Ma non finisce mica qui… E già perché tra i Parchi Regionali
privi di Piano d’Assetto, ma con zone B individuate dalle rispettive leggi istitutive, c’è il Parco
Regionale di Vejo e il Parco di Bracciano. Cominciamo quindi la nostra analisi dal Parco Regionale di
Vejo.
F) Il Parco Regionale di Vejo, il Piano/Casa e le zone B individuate dalla Legge istitutiva.
Il Piano d’Assetto del Parco Regionale di Vejo è stato approvato dal Consiglio Direttivo dell’Ente di
Gestione il 9 Dicembre del 2009, ad esito di una contrastata votazione che ha visto alcuni Consiglieri
assenti – con la motivazione di essere proprietari di terreni nel Parco - , e quindi una ridotta presenza
del Consiglio Direttivo. Il Piano ha visto il voto contrario del rappresentante delle Associazioni
Ambientaliste, espresso da Legambiente Lazio, con motivazioni non certamente riassumibili
brevemente – i principali punti critici erano, e sono, le zone C individuate dal Piano d’Assetto e il
rapporto tra Piano del Parco e il Piano Territoriale Paesistico Regionale, adottato dalla precedente
Giunta Regionale. – anche se è estremamente apprezzabile che il perimetro del Parco sia cresciuto
nelle zone A per più di 2.000 ettari. Poiché, come ampiamente detto, il Piano/Casa prevede la
possibilità di intervenire nelle zone B individuate dalle leggi istitutive nei Parchi Regionali privi del
Piano d’Assetto, abbiamo fatto richiesta all’Ente Parco Regionale delle superfici dei singoli Comuni
che compongono la Comunità del Parco individuate dalla Legge Istitutiva del Parco di Vejo quali aree
B. Prima di illustrare i risultati, analizziamo la tabella n. 2, che illustra, per i Comuni ricadenti nel
Parco, le superfici interessate al perimetro. Sono 9 i Comuni che compongono la Comunità del Parco
di Vejo: Campagnano di Roma – 772 ettari su 4.607, pari al 17% del territorio comunale -,
Castelnuovo di Porto – 1.068 ettari su 3.084, pari al 35% del territorio comunale -, Formello – 2.203
ettari su 3.111, pari al 71% del totale del territorio comunale - , Magliano Romano – 465 ettari su
2.114, pari al 22% del totale del territorio comunale - , Mazzano Romano – 515 ettari su 2.884, pari al
18% del totale, Morlupo – 269 ettari su 2.386, pari all’11% del totale – , Riano – 134 ettari su 2.535,
pari al 5% del totale-, Sacrofano – 2.369 ettari su 2.849, pari all’83% del totale, e , infine, Roma 7.214 ettari.
Tab. n. 2 - Quadro riassuntivo delle superfici del Comune di Roma e dei Comuni della Provincia di Roma ricadenti in tutto o
parzialmente all’interno del Parco Regionale di Vejo
Comune
Estensione Comuni
Superfici Comunali ricadenti nel Parco- % sul totale
4.607 ettari
772 ettari – 17%
Campagnano di Roma
3.084 ettari
1.068 ettari – 35%
Castelnuovo di Porto
3.111 ettari
2.203 ettari – 71%
Formello
2.114 ettari
465 ettari – 22%
Magliano Romano
2.884 ettari
515 ettari – 18%
Mazzano Romano
2.386 ettari
269 ettari – 11%
Morlupo
2.535 ettari
134 ettari – 5%
Riano
2.849 ettari
2.369 ettari – 83%
Sacrofano
129.000
7.214 ettari Roma
152.570 ettari
15.009 ettari
Totali: 9
Il prospetto fornito dall’Ente Regionale di Vejo, che naturalmente ringraziamo per i dati forniti ci
indica che i Comuni ricadenti nel perimetro del Parco di Vejo, e con aree B individuate dalla Legge
istitutiva, sono i Comuni di Campagnano di Roma, Sacrofano e Roma. Gli altri Comuni non
presentano, nelle aree ricadenti nel Parco, zone B. E questi sono i numeri: nel Comune di
Campagnano circa mq 160.000, ossia 16 ettari risultano disciplinati quali zone B dalla Legge
Istitutiva, nel Comune di Sacrofano circa mq 390.000, ossia 39 ettari, e , infine nel Comune di Roma
circa mq 2.525.000, ossia ben 252, 5 ettari. Il totale del “bottino” del Piano/Casa in riferimento al
Parco Regionale di Vejo è quindi pari a 3.075.000 mq, ossia ettari 307,5, in larga parte ricadenti nel
Comune di Roma. Quali sono i luoghi, in riferimento al Comune di Roma?
1) Borghetto S. Carlo – 18,3 ettari circa;
2) Giustiniana – 10,8 ettari circa;
3) Ospedaletto Annunziata – 9,5 ettari circa;
4) Parco Volusia – 43.7 ettari circa;
5) Grottarossa – 149,6 ettari circa;
6) Castel Giubileo – 12,1 ettari circa;
7) Sepolcro dei Nasoni – 8,5 ettari circa.
Ma non è ancora finita, per i Parchi Regionali: perché c’è anche il Parco Regionale di Bracciano.
G) Il Parco Regionale di Bracciano, il Piano/Casa e le zone B individuate dalla Legge istitutiva:
la “scomparsa” di un Parco Regionale.*
*Si ringrazia il Dott. Andrea Bonamico per la collaborazione alla redazione della cartografia relativa al Parco di
Bracciano
Rispetto alla situazione del Piano d’Assetto, la situazione del Parco Regionale di Bracciano è analoga
a quella del Parco di Vejo: il Parco non ha un Piano d’Assetto approvato. In conseguenza, per il Parco
di Bracciano, vale la norma, precedentemente analizzata, contenuta nella nuova proposta di
Piano/Casa, , che estende la possibilità di intervenire “nelle zone B individuate dalle Leggi istitutive
delle Aree Naturali protette”. Ci sono aree classificate quali Aree B nell’attuale perimetro del Parco
Regionale di Bracciano? Eccome se ci sono. Ma prima di esporre i dati relativi alla consistenza
territoriale di queste aree, è bene ricordare quanti Comuni appartengono alla Comunità del Parco, e
quanto, dei loro territori, sono interessati dal perimetro del Parco.
La sottostante tabella n. 3 illustra le superfici Comunali ricadenti nel perimetro del Parco: per i tre
Comuni Lacuali – ossia Trevignano Romano, Anguillara Sabazia e Bracciano -, abbiamo provveduto
ad espungere le superfici lacuali, giacchè vincolate da leggi superiori – Legge Galasso, Siti di
Importanza Comunitaria/SIC, come è il Lago di Bracciano – e quindi, a meno che non si vogliano
realizzare palafitte sui laghi, queste aree sono fuori dalla “platea” della proposta di Piano/Casa
Tab. n. 3 - Quadro riassuntivo delle superfici del Comune di Roma e dei Comuni della Provincia di Roma e della Provincia di Viterbo ricadenti
in tutto o parzialmente all’interno del Parco Regionale di Bracciano
Comune
Estensione Comuni
Superfici Comunali ricadenti nel Parco- % sul totale
7.491 ettari
3.780 ettari – 50% Area Lacuale: 1.412 ettari – 2.268 ettari : 32%
Anguillara Sabazia
14.250 ettari
5.044 ettari – 35% Area lacuale: 3.400 ettari – 1.644: 12%
Bracciano
4.607 ettari
652 ettari: 14%
Campagnano di Roma
2.379 ettari
89 ettari– 4%
Manziana
3.944 ettari
3.585 ettari – 91% Area Lacuale: 1.188 – 2.397: 61%
Trevignano di Roma
3.705 ettari
398 ettari – 11%
Bassano Romano
1.075 ettari
90 ettari – 8%
Monterosi
1.920 ettari
226 ettari – 12%
Oriolo Romano
6.085 ettari
1.070 ettari - 18%
Sutri
129.000 ettari
778 ettari
Roma
15.612 ettari
Totali: 10
Detto questo, occorre a questo punto cominciare a rispondere alla domanda precedente: quanto di
queste aree dei Comuni interni al Parco sono individuate dalla Legge Istitutiva del Parco quali Aree
B? Questi sono i risultati della nostra verifica: anche per il Parco di Bracciano alleghiamo una
cartografia particolareggiata nella quali si evidenziano – attraverso le diverse campiture colorate, i
singoli Comuni. I numeri interni alla campitura sono riferiti alle aree B. Sono tre i Comuni che
presentano Aree B nella loro “porzione” di appartenenza al perimetro del Parco Regionale di
Bracciano. E sono:
1) Il Comune di Anguillara Sabazia, su 2.268 ettari complessivi, registra in Area B ettari 636.819 ,
articolati in 3 aree – n. 8., n.9,n.10;
2) Il Comune di Bracciano, su 1.664 ettari complessivi, registra in Area B ettari 76.549, articolati in 3
aree – n. 3, n.12,n.14:
3) Il Comune di Trevignano Romano, su 2.397 ettari complessivi, registra in Area B ettari 362, 87,
articolati in 6 aree - n. 2,n.3, n. 4, n.5, n.6, n.7
Il totale quindi della “platea” di intervento nelle Aree B individuate dalla Legge Istitutiva del Parco
Regionale di Bracciano è pari a ben 1.076 ettari, ossia mq10.760.000. In pratica, il Parco Regionale di
Bracciano viene ridotto alle aree lacuali, se pensiamo che i tre, Comuni lacuali assommano ettari
6.000 complessi quali aree lacuali. C’era una volta il Parco Regionale di Bracciano?
Riassumendo, nel concludere questa parte del Dossier dedicato ai Parchi Regionali: quale è la “platea”
complessiva di intervento del Piano/Casa proposto interna ai Parchi Regionali, provvisti di Piano
d’Assetto e relative Zone di promozione economica e sociale, e Parchi privi del Piano d’assetto, ma
con Zone B individuate dalle Leggi Istitutive del singolo Parco? La sconfortante tabella n.4 illustra
tale situazione complessiva
Tab. n. 4 – Tabella riepilogativa della “platea” complessiva di intervento della proposta di Piano/Casa all’interno dei Parchi Regionali
Riserva Naturale di Montemario - Piano d’Assetto approvato – Aree di Promozione economica e sociale individuate dal Piano : ettari 31,70
Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi - Piano d’Assetto approvato – Aree di Promozione economica e sociale individuate dal Piano : etta
27,90
Riserva Naturale dell’Insugherata Piano d’Assetto approvato – Aree di Promozione economica e sociale individuate dal Piano : ettari 47,32
Riserva Naturale di Decima – Malafede – Zone B individuate dalla Legge Istitutiva: ettari 29
Riserva Naturale della Marcigliana – Zone B individuate dalla Legge Istitutiva: ettari 40
Parco Regionale di Vejo - – Zone B individuate dalla Legge Istitutiva: ettari 307,5
Parco Regionale di Bracciano - – Zone B individuate dalla Legge Istitutiva: ettari 1.076
Totali ettari : 1.559
155.590.000 mq, ossia 1.559 ettari, ossia quasi 10 volte la superficie di Villa Doria Phamphili –
187 ettari complessivi di estensione: questa è la “platea” del Piano/Casa nei soli Parchi Regionali
analizzati. E’ impossibile quantificare in mc il danno che quel numero può produrre per l’equilibrio
ambientale dei Parchi – dipende tutto dal numero delle adesioni al Piano/Casa – ma certamente non si
tratta di numeri secondari o irrilevanti. Può essere questo il “biglietto di presentazione” sui Parchi
della neo eletta Giunta guidata dall’On. Polverini?
H) Il Piano/Casa sfigura la Città Storica di Roma
Torniamo ora all’analisi di un’altra parte dell’Art. 2 – Ambito di applicazione, poichè la proposta di
modifica del Piano/Casa stabilisce che gli interventi di ampliamento, sostituzione edilizia con
demolizione e ricostruzione degli edifici, cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a
residenziale, non si applicano:
punto A) nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal Piano Territoriale
Paesistico Regionale – PTPR;
punto B) nelle aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta.
Il combinato disposto tra il punto A) e il punto B) fa si che, in riferimento a Roma, la tutela dei tessuti
e degli edifici storici della Città, si limita al perimetro urbano interno alle Mura Aureliane, ossia ettari
1.430. Torniamo così alla vecchia dizione di Centro Storico, mentre il nuovo Prg, in uno dei suoi punti
più qualificanti estendeva il concetto di Centro Storico alla Città Storica, ossia la città nata nell’800 e
nel ‘900. Già, perché nella stratigrafia storica della città di Roma esiste la Roma Archeologica ed
“Imperiale”, la Roma Medioevale, la Roma Rinascimentale, la Roma Barocca, la Roma Rococò – si
pensi al quartiere Coppedè - , e la Roma dell’800 e del ‘900, ossia la Città Moderna – Garbatella, Eur,
la Città Giardino di Montesacro, la Città Giardino della Garbatella, Gianicolense, Prati, Flaminio.
Sarebbe questa la Roma dove necessita la sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione?
Oppure non sarà che le parti “brutte” di Roma sono proprio la Città contemporanea, ossia quella nata,
anche e soprattutto abusivamente, dalla metà del 1950? Il nuovo Prg estendeva quindi il livello di
tutela, nel Prg del 1965 limitato al Centro Storico/Mura Aureliane, anche alla Città Storica/Città
Moderna, nata nell’800 e nella prima metà del ‘900. A tal fine il Prg di Roma allega la Carta della
Qualità, nella quale sono censiti 25.000 edifici/siti meritevoli di tutela, illustrati in 34 Tavole, esterni
alle Mura Aureliane, e insistenti su complessivi 5.570 ettari. In pratica, questa è la “platea” territoriale
di intervento del Piano/Casa sulla Città Storica di Roma.
E’ possibile che occorra rivedere il Prg di Roma proprio in uno dei suoi punti più qualificanti ed
innovativi, ossia l’estensione della Tutela ai Tessuti e agli edifici realizzati nella Città Storica? E
perché il Ptpr adottato dalla precedente Giunta Regionale non ha esteso alla Città Storica di Roma il
livello della tutela paesaggistica, conformandosi quindi al Prg, e limitandosi anch’esso al “vecchio”
Centro Storico/Mura Aureliane, così come definito dalla Legge 1444 – Zona A? Ci sembra
paradossale che il Ptpr Regionale si sia sostanzialmente acconciato alle previsioni edificatorie
massicce e sovradimensionate contenute nel Prg di Roma, ed abbia “scoperto” una qualche autonomia
culturale e politica quando si è trattato di regredire nella tutela della Città Storica di Roma.
I) Art. 3 – Interventi di ampliamento degli edifici
L’Art. 3 del nuovo testo al Comma A ricalca sostanzialmente nelle qualità edilizie il precedente testo:
20% in più per gli interventi di ampliamento negli edifici ad uso residenziale, uni/pluri familiari, fino
ad un massimo di 200 mc, equivalenti a mq 62,5 per l’intero edificio. Al Comma B, al contrario, c’è
una modifica sostanziale. Infatti l’ampliamento per gli edifici a destinazione non residenziale –
artigianato, piccola industria, esercizi commerciali di vicinato – viene ampliato dal 10% al 20%, ma la
cosa più grave è che dal nuovo testo scompare la prescrizione, contenuta invece nel precedente testo,
di “mantenere la specifica destinazione d’uso per almeno 10 anni”. Nel nuovo testo sarà così
possibile implementare la cubatura di un capannone, ma coloro che accederanno al Piano/Casa non
avranno più l’obbligo di mantenere la destinazione d’uso originaria, ossia quella precedente
all’ampliamento. Potranno chiedere, se ricadenti in aree dove sia possibile fare cambi di destinazione
d’uso, il passaggio da non residenziale a residenziale appena terminato il lavoro di ampliamento. Si
tratta, come vedremo più compiutamente analizzando altri articoli del testo proposto, di una norma
che rischia di implementare quel processo di dismissione che sta sconvolgendo il mondo delle Piccole
Imprese Romane. Siamo d’accordo all’aumento dal 10% al 20% per il non – residenziale, purchè
venga ripristinata quella clausola.
L) Art. 3 – Interventi di ampliamento degli edifici
Il precedente testo non permetteva “ampliamenti attraverso sopraelevazioni” degli edifici: il nuovo
testo, al contrario – Comma 3, punto B) - permette l’ampliamento innalzando l’altezza degli edifici:
addio sky – line della Città, così come l’abbiamo conosciuto finora…
M) Il Piano/Casa deindustrializza le aree per la Piccola e Media Impresa
Art. 3 ter – Interventi finalizzati al cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a
residenziale.
Gravissime le modifiche apportate dal nuovo testo del Piano/Casa in relazione alla possibilità di
effettuare interventi finalizzati al cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a
residenziale. Quest’articolo può suscitare una nuova “ondata” di dismissione di quel micro – tessuto di
Piccole e Medie Imprese – il mitico “popolo delle partite IVA”, i cosiddetti “padroncini”- , micro –
tessuto che costituisce il nerbo portante dell’economia romana e regionale.- a meno che non si pensi
che economia e produttività vuol dire solo costruttori ed operatori edilizi…..
Abbiamo chiesto alla CNA – Area Metropolitana di Roma i dati riferiti all’andamento delle Piccole e
Medie Imprese: nel tornare a ringraziare la CNA per il tempestivo ed esauriente quadro trasmessoci,
occorre dire che secondi i dati Infocamere, al 31 Dicembre 2001 risultavano attive nel Lazio 91.274
imprese artigiane, 35.488 operatori dell’industria, 112.403 del commercio, per un totale di 338.836. Al
31 Dicembre del 2008 il numero delle imprese è cresciuto in tutti i comparti citati arrivando a 101.685
per l’artigianato, 40.758 per l’industria, 140.994 per il commercio, per un totale di 461.416 imprese. Il
Cresme, per conto della CNA, ha effettuato uno studio sulle superfici destinate ad attività produttive e
rispetto al censimento 2001, e rispetto al censimento 2008. Nel 2001, quindi, secondo il Cresme,
industria e artigianato occupavano nel Lazio 16.238 milioni di mq di superficie, mentre al 2008
risultano occupate 20.088 milioni di mq., mentre il comparto del commercio passa da 14.520 milioni
di mq al 2001, a 17,107 milioni di mq al 2008.
Questo vuol dire che le imprese attive sono cresciute, dal 2001 al 2008 del 36%, mentre, nello stesso
periodo le aree destinate a tali attività hanno visto una crescita pari soltanto al 21%. C’è quindi,
secondo la CNA una domanda di spazi produttivi ed artigianali nella Regione Lazio, quantificabile in
800.000 mq: una indagine condotta per la CNA ci dice che su 2.000 imprese artigiane, il 10% è
interessato a trovare maggiori spazi per la propria attività. Davanti a questo quadro, cosa suggerisce il
Piano/Casa al citato Art. 3ter Comma1?
Viene data la possibilità di effettuare cambi di destinazione da non residenziale a residenziale,
con il 30% di incremento rispetto alla superficie utile iniziale, per edifici di superficie utile
massima pari a 20.000 mq, aventi destinazione non residenziale”. In altre parole, mentre le
Piccole Imprese domandano nuovi spazi, il Piano/Casa incentiva la dismissione da quegli stessi
spazi, offrendo la possibilità di effettuare cambi di destinazione d’uso da non residenziale a
residenziale. E’ vero che tale articolo contiene alcune norme “a freno” e di interesse pubblico:
occorre infatti che l’attività produttiva risulti dismessa alla data del 30 Settembre 2010 – e nel Paese
dell’autocertificazione questo non è proprio una garanzia granitica -, il cambio di destinazione deve
interessare almeno il 75% della superficie utile esistente, almeno il 30% delle superfici deve essere
destinato ad alloggio a locazione per gli studenti fuori sede, per almeno 20 anni, e dopo 10 può essere
riscattato ed entrare nella proprietà dell’affittuario. Ma queste norme di “raffreddamento” della norma,
contenute nei Comma A), B) cadono davanti a questi semplici numeri, derivanti da una micro –
inchiesta fatta dalla nostra Associazione. Abbiamo infatti consultato diversi siti di vendita di
capannoni ad uso produttivo – artigianale nella zona della Via Anagnina, nel X Municipio, zona
questa particolarmente caratterizzata dalla presenza di capannoni per piccole imprese. Ebbene il
prezzo proposto di vendita per un capannone ad uso commerciale di 21.000 mq – e quindi al di sopra
della soglia minima stabilita in almeno mq 20.000 di estensione – è pari alla ragguardevole cifra di
Euro 52.500.000. A questo punto, ci siamo interessati al prezzo di vendita, nella stessa zona
Anagnina, di un appartamento, sito in una palazzina di quattro piani, di mq 50: il prezzo proposto è di
Euro 200.000.
Proviamo a simulare cosa succede se il proprietario di quel capannone di mq 21.000 decidesse di
aderire al Piano/Casa, e quindi trasformare in appartamenti lo spazio produttivo. Poiché lo spazio è
mq 21.000, e poiché è possibile l’ampliamento fino al 30% di superficie in più, - e quindi si parte da
mq 28.000 – ciò significa che è possibile ricavare 660 appartamenti del taglio di mq 50, che, ai prezzi
di zona significano un valore complessivo del nuovo edificio pari ad Euro 132.000.000. E’ vero che il
30% della superficie complessiva è destinato alla locazione in affitto per gli studenti, ma il “range
economico” che si crea dal passaggio da non residenziale a residenziale - nel caso quasi il triplo, ossia
il 300% del valore iniziale – ci sembra spropositato. E poi: è mai possibile che si possano costruire
660 appartamenti, che significano almeno 1.800 nuove persone/insediate/insediabili, senza uno
straccio di Piano Particolareggiato, o di un qualche altro strumento urbanistico attuativo previsto dal
Prg? Il difetto di base del Piano/Casa proposto è quello di ridurre l’urbanistica a materia
puramente edilizia. Come si dice: il difetto è nel manico.
N) Art. 4 – Interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici. Arriva
la norma per la paventata demolizione e ricostruzione di TorBellaMonaca: ampliamento fino al
60%, a condizione che venga mantenuto il precedente numero di unità immobiliari. 60% in più:
riqualificare o edificare “TorBellonaMonacona II”?
L’Art. 4, relativo agli interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici,
al Comma C indica che “per edifici plurifamiliari a destinazione residenziale superiori a mq 500
in stato di degrado, l’ampliamento previsto è fino al 60%, a condizione che venga mantenuto
almeno il precedente numero di unità immobiliari”. Questo Comma sembra scritto su misura per il
caso di TorBellaMonaca dove, come è noto, il Sindaco di Roma proposto di demolire e ricostruire il
quartiere pubblico di TorBellaMonaca. Poiché il dimensionamento attuale del Quartiere di
TorBellaMonaca è pari, per il solo residenziale, a mc 2.200.000, demolizione e ricostruzione con
ampliamento del 60% vuol dire arrivare a mc 3.400.000, appartamenti più grandi, ma stesso numero.
In quel quartiere le parole d'ordine devono essere risanare, riqualificare, riammagliare, anche
sostituendo alcune parti. Non capiamo perché il Sindaco ritenga più facile e conveniente costruire un
nuovo quartiere da mc 3.400.000, piuttosto che prendersi cura di un quartiere nato male (nel piano del
1965 quelle aree erano agricole, ecco cosa significa costruire in agro insediamenti così poderosi), a
cominciare dal restituire senso e uso agli spazi pubblici. Sta per nascere quindi TorBellonaMonacona
II°? La precedente versione del piano casa prevedeva politiche per le periferie di “riordino
urbano” con premio del 40% per interventi su tessuti urbani e non sulla singola palazzina (era
previsto lo strumento del programma integrato, ora abrogato): ora il premio diventa 60%, e
non più riferiti a quartieri, ma a singoli edifici, che, a quel punto potranno vedere raddoppiare i
propri residenti con un aggravio rispetto al carico urbanistico e alla qualità della vita piuttosto
che un sollievo. Il tema delle periferie è tema urbanistico, non edilizio
Art. 9 – Programma Integrale di Riqualificazione Urbana e Ambientale
Legambiente Lazio condivide, ed è una delle nostre proposte avanzate nel documento sul Piano/Casa
elaborato in occasione della approvazione da parte della Regione del precedente Piano, il ricorso ai
Programmi Integrati per dare vita ad operazioni di recupero ambientale, riqualificazione edilizia,
delocalizzazione , anche con aumento di cubatura, in specie dagli ambiti costieri, nella nostra Regione
incrostati di cemento, peraltro di pessima qualità. Ne siamo convinti soprattutto perché la Regione
Lazio si è da anni dotata di una specifica Legge Regionale, n. 22 del 1997, relativa ai Programmi
Integrati, e quindi, il tema è ben posto: la liberazione delle fasce costiere è tema ambientale e
urbanistico, non edilizio. Nel testo attuale, però, si prevede negli ambiti costieri addirittura
l’incremento del 100% delle superfici per chi si delocalizza, la possibilità di cambiare la destinazione
d’uso degli edifici sulle “aree di atterraggio”, e soprattutto, mentre il precedente testo prevedeva la
cessione delle aree “di partenza” al Comune, al contrario il testo attuale parla di “fruizione pubblica”:
fruizione pubblica è cosa infatti ben diversa dal dire proprietà pubblica. Ma se il testo proposto
dall’On. Ciocchetti pone un incremento del 100% delle superfici quale premio per la disponibilità alla
delocalizzazione negli ambiti costieri, c’è anche chi propone il 400% di premio in superfici: è infatti
recente un bando emesso dal Comune di Pomezia – governata dal Centro – Sinistra, per la cronaca. –
relativo alla delocalizzazione di parti dei 7,5 Km del lungomare di Torvajanica, dove insistono edifici
non illegali, ma costruiti rispettando un Prg sbagliato. E’ il caso di dire, a questo punto, se ci sono
Sindaci dei Comuni Costieri che offrono di più…… Inoltre non vorremmo che la delocalizzazione
dalle coste dalle troppe e incongrue funzioni ad oggi insistenti su quegli ambiti ambientali di pregio,
scatenasse l’ennesimo attacco alle Aree Agricole, individuate dai Comuni quali “aree di atterraggio”.
Art. 18 – Standard per l’edilizia residenziale sociale
Le modifiche apportate dall’Art. 18 sono invece migliorative rispetto al testo precedente,. Infatti al
Comma 5 il precedente testo stabiliva che “nell’ambito delle percentuali di area fondiaria
edificabile destinate all’edilizia residenziale sociale, i Comuni riservano almeno la metà delle
stesse alla realizzazione di interventi di edilizia residenziale sovvenzionata”. Nel nuovo testo si
stabilisce invece che “i Comuni devono riservare una quota”, e non più la metà obbligatoria. Ci
sembra una giusta modifica: occorre costruire case per le fasce povere e deboli, non per le solite
Cooperative in regime di proprietà (sempre che la nuova quota sia inferiore al 50%!).
Art. 18 – Disposizioni transitorie per l’acquisizione di aree per l’edilizia residenziale sociale.
Con questo nuovo Comma 1, inserito nel nuovo testo, il famoso Bando per il reperimento di Aree
agricole per l’Housing sociale emesso dalla Giunta Capitolina, riceve un duro colpo. Infatti il nuovo
Comma si stabilisce che “i Comuni Capoluogo di Provincia e quelli con popolazione superiore a
25.000 abitanti inclusi negli elenchi dei Comuni ad alta tensione abitativa sono obbligati ad
emettere Bandi per il reperimento di aree da destinare alla costruzione di alloggi di edilizia
residenziale pubblica e sociale”
Nel Comma 2 si stabilisce che le “aree sono cedute gratuitamente al Comune, unitamente a una
quota non inferiore al 70% dell’edificabilità complessiva, e la rimanente quota di edificabilità
resta a disposizione del proprietario per la realizzazione di alloggi di edilizia residenziale”
Approvato il nuovo Piano/Casa, ci auguriamo radicalmente modificato, La Giunta Capitolina sarà
costretta ad emettere un secondo Bando, a condizioni ben diverse dal primo Bando.
Dirimente che il Bando per il reperimento di aree emesso dai Comuni escluda le zone omogenee E,
ossia le aree agricole.
Art. 18 – Disposizioni per favorire il recupero dei nuclei edilizi abusivi e definizione delle
domande di sanatoria edilizia. Condono Edilizio: sempre più tana libera tutti?
Si ricorderà quanto esposto in materia di abusivismo edilizio e gestione amministrativa condoni edilizi
all’inizio di questo Dossier, e si ricorderanno anche i numeri relativi al Comune di Roma – Usce.
Ebbe, la conferma alle nostre preoccupazioni si trova purtroppo all’Art. 1 – Comma a), laddove si
stabilisce che “i soggetti che hanno presentato istanze per la concessione in sanatoria, ancora
pendenti, ai sensi dei 3 Condoni Edilizi, possono presentare al Comune anche un’attestazione
del tecnico abilitato dell’avvenuta formazione del silenzio – assenso”.
Entro “trenta giorni dal ricevimento dell’attestazione, i Comuni, verificano la vericidità di
quanto affermato nell’auto certificazione, e in assenza di altri provvedimenti del Comune, il
titolo abilitativo in sanatoria si ritiene formato”.
Trenta giorni: come è possibile per Comuni che non hanno controllato la veridicità delle Istanze in
sanatoria ricevute dal 1987 al 2004, fare tutto ciò, ora in trenta giorni, e sulla base di
un’autocertificazione.? Nel caso invece di richiesta di documentazione integrativa avanzata dal
Comune a seguito della ricezione della autocertificazione, “i tempi per la formazione del silenzioassenso sono di 60 giorni per i Comuni con popolazione inferiore a 50.000 residenti, 90 giorni
invece per i Comuni con popolazione superiore”.
Il Comune di Roma, approvata tale norma, dovrà entro 90 giorni fare ciò che non ha fatto in 15 anni.
Legambiente Lazio concorda nell’esigenza di non vessare i Cittadini con controverse procedure
amministrative e con provvedimenti che non hanno mai fine: ma che c’entra con questa esigenza
l’edilizia illegale?
Art. 21 – Modifiche alla Legge Regionale 11 Agosto n. 15, Art. 29, – “Vigilanza sull’attività
urbanistico – edilizia”
Sono gravissime, infine, le modifiche apportate dal nuovo testo in materia di “Vigilanza sull’attività
urbanistico edilizia” – si tratta della Legge Regionale con la quale si rafforzava e si mettevano a
disposizione dei Comuni strumenti e finanziamenti atti ad incentivare le politiche di repressione
dell’abusivismo edilizio e a velocizzare le acquisizioni delle opere abusive da parte degli stessi
Comuni. Ebbene il precedente Art. 29 della Legge n. 15 istituiva il Fondo regionale per le spese di
demolizione e di ripristino: sono noti i costi delle demolizioni, costi che vengono anticipati dai
Comuni, e quindi, anche su nostra richiesta, la Legge n. 15 conteneva il dispositivo per il quale i
Comuni avrebbero potuto attingere a fondi regionali, per così dire, “anticipati” dalla Regione, in attesa
che i Comuni siano rimborsati “ dei costi delle demolizioni dai “soggetti demoliti” . la legge stabilisce
infatti che la demolizione è a carico economico degli abusivi.
Le modifiche apportate sono sin nel titolo: quel che era il Fondo Regionale di rotazione per le
spese di demolizione e ripristino, nella proposta di modifica del Piano/Casa diventa Fondo
Regionale di rotazione per le spese connesse alle attività di prevenzione e repressione
dell’abusivismo edilizio. Scompare quindi la parola demolizione dal titolo del nuovo testo regionale:
è solo un caso? No, poiché l’ulteriore modifica apportata al Comma 1 dello stesso articolo aggrava la
situazione. Il precedente testo infatti stabiliva che “ “Ai fini di concedere ai Comuni anticipazioni,
senza interessi, sui costi relativi agli interventi di demolizione delle opere abusive e di ripristino dello
stato dei luoghi, è istituito, presso l’Assessorato regionale competente in materia urbanistica, un
apposito fondo regionale di rotazione”.
Il nuovo testo, dopo le parole “lo stato dei luoghi”, inserisce la modifica secondo la quale, tale Fondo,
è destinata anche “all’acquisizione al patrimonio comunale degli immobili abusivi” – e fin qui può
anche andare bene”, quale inserimento/modifica del testo precedente. Quel che non va assolutamente
bene, è invece il fatto che il Fondo regionale è finalizzato anche “alle spese afferenti alla
predisposizione degli strumenti urbanistici relativi ai nuclei edilizi abusivi”. Dopo il danno,
quindi, arriva la beffa: quanti saranno i Comuni che attingeranno al Fondo con questo secondo scopo,
e non per lo scopo primario per il quale è stato istituito il Fondo di Rotazione? E’ facile
immaginarlo…
Conseguentemente a ciò, il nuovo testo modifica anche l’Art 38 del precedente testo – Disposizioni
finanziarie”. Qui quel che era il “Fondo regionale di rotazione per le anticipazioni relative alle spese
di demolizione” diventa – al Comma 1 e al Comma 2- “Fondo regionale di rotazione per le
anticipazioni relative alle spese connesse alle attività di prevenzione e repressione dell’abusivismo
edilizio”. Il che vuol dire che un Comune può usare quei Fondi anche per acquistare nuove divise per i
vigili urbani – sono spese connesse alle attività di prevenzione e repressione, in fondo...