Dossier Legambiente Lazio Il Nuovo “Piano Casa
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Dossier Legambiente Lazio Il Nuovo “Piano Casa
Dossier Legambiente Lazio Il Nuovo “Piano Casa” della Regione Lazio proposto dall’On. Ciocchetti? Non vende sogni, svende i Parchi e le Aree Agricole, sfigura i Centri Storici, deindustrializza le aree per le Piccole Imprese. Però offre solidissime realtà: di cemento Analisi della proposta di Piano Casa approvato dalla Giunta Regionale Si ringraziano per i dati gentilmente forniti: Ente Regionale RomaNatura, Ente Regionale Parco di Vejo e CNA - Area Metropolitana di Roma. Premessa Con la proposta di Legge Regionale, approvata dalla nuova Giunta Regionale, concernente le modifiche alla precedente Legge n. 21 dell’11 Agosto 2009 –il Piano/Casa, per comodità espositiva-, siamo già al quarto anno di vigenza delle “Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l’edilizia residenziale sociale”: il primo anno, dovuto alla precedente legge, ulteriori tre anni a partire dall’approvazione eventuale del nuovo testo (le domande potranno essere presentate entro il Dicembre 2013). Quel che quindi avrebbe dovuto essere un provvedimento temporaneo e straordinario, sta invece diventando “pratica ordinaria” in materia di urbanistica, Prg dei Comuni e norme edilizie. Il tutto, alla faccia del Federalismo Comunale, stabilito per legge Regionale. A) C’erano una volta le Aree Agricole… Fin dall’incipit, ossia Capo I – Disposizioni generali/Art. 1 (Oggetto e Finalità) la proposta di Legge Regionale concernente le modifiche al precedente provvedimento datato 11 Agosto 2009 n. 21 – il Piano Casa, per comodità espositiva – svela il suo impianto aggressivo nei confronti delle ragioni fondanti di politiche del territorio basate sul concetto di sostenibilità. Infatti il precedente testo premetteva che le “misure straordinarie ed urgenti per il rilancio del settore edilizio” dovessero trovare applicazione nel “rispetto dei vincoli relativi ai Beni Culturali, Paesaggistici, Ambientali, nonché della normativa sulle Aree Agricole”. Ebbene il nuovo testo, espunge il rispetto della vigente normativa Regionale sulle Aree Agricole, mantenendo, per così dire, come vedremo poi , l’impegno alla tutela per i Beni Culturali, Paesaggistici, Ambientali, beni questi ultimi sovraordinati da Leggi Statali, e quindi non suscettibili di modifiche in sede di Legislazione Regionale. Ad essere colpita, è quindi la Legge Regionale n. 38 del 1999 “Norme in materia di governo del territorio”, nella sua parte afferente l’edificabilità nelle Aree Agricole, e, in particolare, l’Art. 54/Trasformazioni urbanistiche in zona Agricola – laddove viene sancito al comma A il divieto nelle zone agricole di “ogni attività comportanti trasformazioni del suolo per finalità diverse da quelle legate alla produzione vegetale, all’allevamento animale e alla valorizzazione dei relativi prodotti “-, l’Art. 55/Edificazione in zona Agricola – dove si stabilisce al comma A che “in via prioritaria nelle Aree Agricole si deve procedere al recupero delle strutture esistenti”, e che, come previsto al comma B, “ le nuove edificazioni in zone Agricole sono consentite soltanto se necessarie alla conduzione del fondo e all’esercizio dell’attività Agricola”, e, ancora, e soprattutto, da quanto sancito al comma C, ossia che “ gli edifici esistenti possono essere demoliti e ricostruiti per una volta sola, con incremento massimo della Superficie Utile Lorda fino al 10% in più, nelle sole parti ad uso residenziale e soltanto per motivi di adeguamento igienico sanitario”. Tutto ciò avrebbe dovuto rappresentare un buon freno, quindi, a quello strisciante ma continuo processo di peri– urbanizzazione delle Aree Agricole che da tempo attraversa e sconvolge il territorio Regionale: si pensi che secondo i dati Istat elaborati dalla nostra Associazione la Regione Lazio, nel periodo 1990/2005, nella triste classifica nazionale delle Regione mangia/suoli, si colloca al 6° posto, dopo, nell’ordine, Liguria, Calabria, Emilia Romagna, Sicilia e Sardegna: infatti, su un’estensione complessiva di 1.720.700 ettari nel 1990 risultavano quali superfici libere 1.193.220 ettari, pari al 69% dell’intero territorio regionale, mentre, al 2005, risultano quali superfici libere 967.280 ettari, pari al 56% dell’insieme territoriale. Ne discende che nel quindicennio in esame, l’attività edilizia si è “mangiata” 225.940 ettari, con un “contrazione” pari al 18,93% rispetto alla situazione del 1990. Dobbiamo inoltre considerare che tra i “suoli mangiati” – come detto, 225.940 ettari - nel quindicennio detto ci sono, sul piano Regionale, ben 129.000 ettari a destinazione agricola irresponsabilmente “riconvertiti” all’edilizia: 129.000 ettari significa una quantità di territorio pari alla città di Roma.. Ancora: nella classifica delle Regioni con Comuni più “larghe di manica” dal punto di vista delle concessioni edilizie rilasciate nel biennio 2004/2005, il Lazio si piazza al 4° posto, dopo Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna: pur con l’avvertenza che tale classifica è condizionata dall’estensione delle singole Regioni, dal numero di residenti e dal numero dei Comuni presenti nelle singole Regioni, occorre dire che la nostra Regione è messa “male”: 4° posto, infatti, vuol dire mc 18.900.800 a destinazione d’uso residenziale, e mc 1.198.800 a destinazione d’uso non residenziale, per un totale di mc 20.099.600. Quel dato – mc 20.099.600 realizzati nel biennio 2004/2005 – vuole dire che nella nostra Regione sono stati attivati mc 27.533 al giorno, e che, conseguentemente, è stato consumato suolo per mq 9.177 al giorno: detto in altre parole, in quel biennio, si è consumato suolo per una superficie quasi equivalente ad un campo di calcio. Uno al giorno, si badi, per ognuno di quei 730 giorni che compongono il biennio. E tutto ciò, senza aver risolto il problema del disagio abitativo: si sono costruite abitazione per la speculazione, non per il bisogno casa. Tutto ciò è avvenuto attraverso il disinvolto uso degli Accordi di Programma in variante urbanistica , ai quali ha, altrettanto disinvoltamente , partecipato, sia pure per un tempo limitato, in veste di Assessore all’Urbanistica della Giunta Regionale guidata dall’On. Storace, l’attuale titolare dell’Urbanistica Regionale, ossia l’Assessore On. Ciocchetti, proponente dell’attuale Piano Casa. Il testo proposto del nuovo Piano Casa, attraverso la cassazione delle Aree Agricole quali aree meritevoli di tutela, alla pari dei Beni Culturali, dei Beni Paesaggistici e dei Beni Ambientali, fa sparire quel freno posto dalla Legge Regionale n. 38, e consegna, a dispetto dei dati appena elencati, le Aree Agricole al “solito” destino di aree da riservare alla trasformazione urbanistica ed edilizia, alla stregua delle aree edificabili. Infatti, secondo il testo proposto, nelle Aree Agricole sarà possibile ampliare gli edifici, cambiarne la destinazione d’uso - anche da Agriturismo a Residenziale? Secondo l’attuale testo è possibile anche questo…. – categorie d’intervento edilizie , queste, non previste dalle attuali normative Regionali in materia di Aree Agricole, come abbiamo precedentemente analizzato. Scompare così, fin dall’Art. 1, ma anche oltre, come analizzeremo in seguito, l’elemento sostanziale secondo il quale il solo soggetto abilitato ad effettuare trasformazioni nelle aree Agricole siano gli imprenditori agricoli, come definiti dall’Art. 2135 del Codice Civile. Con il nuovo testo, i grandi e piccoli “pirati dell’Agro”, i rentiers lottizzatori delle campagne, gli “agricoltori della domenica” con seconda casa, si vedono premiati. Ad essere puniti, al contrario, i cittadini ligi alle normative, gli operatori/costruttori seri, ossia coloro che stanno sul mercato intervenendo nelle aree edificabili dei Prg, pagando fior di soldi per gli oneri di urbanizzazione, che, come è noto, non sono invece previsti nelle aree agricole. B) Condono Edilizio: tana libera tutti? Ancora più pesanti e sostanziali, rispetto a quanto precedentemente analizzato, le modifiche apportate nel nuovo testo al Capo II/Misure straordinarie per il settore edilizio/Art. 2 – Ambito di applicazione. Nel nuovo testo si conferma, rispetto al precedente testo, che gli interventi sugli edifici esistenti, di ampliamento – Art. 3 - , di adeguamento sismico – Art. 3bis -, di cambio di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale – Art. 3ter - , di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione – Art. 4 -, di recupero degli edifici esistenti – Art. 5 , sono realizzabili non solo sugli edifici per i quali è stata presentata ai Comuni la dichiarazione di ultimazione dei lavori, ai sensi del DPR 6 Giugno 2001, n. 380 ( Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), ma gli interventi citati, che più oltre analizzeremo specificatamente nel rispettivo dettato normativo, vengono estesi, come per altro prevedeva anche il recedente testo, anche ad edifici che abbiano ottenuto la concessione edilizia in sanatoria a seguito del silenzio – assenso formatosi per decorrenza dei termini previsti dall’Art. 35 della Legge 47/85 – il I° Condono Edilizio -, dell’Art. 39 della Legge 724/94 – il II° Condono Edilizio -, e dell’Art. 32 del decreto Legge n. 269/2003 – il III° Condono. Tutti e tre gli sciagurati provvedimenti condonativi hanno infatti stabilito in 24 mesi dalla data di presentazione dell’istanza per la richiesta di concessione in sanatoria, il tempo atto alla formazione del silenzio/assenso, in mancanza di intercorso provvedimento di diniego da parte dei Comuni, ossia reiezione/respingimento dell’istanza presentata. La Legge Regionale n. 12 dell’( Novembre 2004 – Disposizioni in materia di illeciti edilizi – ha esteso a 36 mesi la data di formazione del silenzio – assenso, a partire dalla data del 31 Dicembre 2005. Sia chiaro: l’istituto del silenzio – assenso è stato introdotto nella legislazione di ordine nazionale, dalla Legge 241, una legge nata e pensata per “avvicinare” i cittadini alla Pubblica Amministrazione, troppo spesso lenta nonché latitante nel dare risposte alle istanze avanzate dagli stessi cittadini. E sia altrettanto chiaro che il termine dei 36 mesi non è un termine perentorio per i Comuni, che per legge sono il soggetto istituzionale chiamati al rilascio delle concessioni edilizie in sanatoria. Il punto è che l’inefficienza dei Comuni nell’analizzare le istanze presentate per il rilascio delle concessioni edilizie in sanatoria presentate ai sensi dei tre sciagurati Condoni Edilizi non deve essere assunto ad alibi per un generalizzato “tana libera tutti”. Sono noti e clamorosi i dati inerenti la gestione dell’Ufficio Speciale Condono Edilizio di Roma, il mancato funzionamento del quale dipende sommamente dalle precedenti Amministrazioni Capitoline, anche se l’attuale Giunta Capitolina è in carica già da due anni.: 597.000 Istanze di Condono presentate complessivamente, 417.000 relative al I° Condono, 94.668 al II° Condono, 85.132 relative al III°. Mancano ancora da espletare le pratiche relative a 212.240 Istanze, 130.000 relative al I° Condono, 25.000 relative al II°, 57.240 relative al III°. Inoltre, si pensi che l’analisi delle Istanze di Condono effettuate dai tecnici dell’Usce nei primi 4 mesi del 2010 ha permesso di appurare che su 28.072 Istanze di Condono analizzate, ben 3.173 – pari al 13,2% - sono risultate afferenti a lavori svolti dopo la scadenza temporale del 31 marzo 2003, data questa che fissa la soglia temporale di condonabilità stabilita dal III° Condono Edilizio. Se a questo dato aggiungiamo, sul totale delle Istanze analizzate, le 6.503 Istanze di Condono risultate non condonabili, poiché opere realizzate su aree vincolate, e le 2.099 Istanze di Condono altrettanto non condonabili, perché riguardanti opere realizzate all’interno dei Parchi, arriviamo così a 11.775 Istanze di Condono, per le quali è e sarà obbligatorio per il Comune di Roma emettere gli “atti di reiezione”, ossia mancato accoglimento dell’Istanza di Condono, e successiva demolizione. Poiché - dato Istat – la dimensione media della famiglia romana è pari a 2,8 unità per famiglia, ne discende che – per il solo residenziale – le 11.775 Istanze di Condono non accoglibili, possono riguardare qualcosa come più di 30.000 persone, ossia una “città abusiva/fantasma” grande come Piombino. Una rapida stima urbanistica ci dice che – dato un indice pari a 80 mc stanza/persona insediata/insediabile – l’ampiezza della “città fantasma” è stimabile in più di 2,5 milioni di mc, su una superficie stimabile in più di mq 800.000/80 ettari. Davanti a questi numeri ci chiediamo e chiediamo, quanti controlli sono stati effettuati dai 378 Comuni della Regione Lazio per verificare la congruità tra le opere effettivamente realizzate e quanto formalmente dichiarato nell’istanza presentata? E quanto controlli sono stati effettuati per verificare se le opere dichiarate sono state effettivamente realizzate, giacchè nella nostra esperienza “sul campo” più e più volte ci siamo trovati davanti a casi di opere abusive dichiarate, ma neanche cominciate, trucco questo che permette di abbattere notevolmente i costi, considerato che i costi del condono non sono minimamente paragonabili ai costi di una permesso a costruire/concessioni edilizia? E ancora: quante reiezioni/respingimenti delle Istanze, per opere avvenute in aree vincolate e non edificabili, sono state emesse dai Comuni? E quante demolizioni sono state effettuate dagli stessi Comuni, a seguito dell’avvenuta emissione delle reiezioni? Ed ancora: quante acquisizioni al Pubblico Patrimonio sono state effettuate dagli stessi Comuni? Sono domande queste alle quali non ha fornito risposta il precedente Piano – Casa, e alle quali non fornisce alcuna risposta neanche l’attuale: eppure prima di scrivere la nuova Legge/Piano casa sarebbe stato doveroso chiedere ai Comuni un rapporto dettagliato in tale senso. Snellire le procedure, cosa doverosa in un Paese pieno di Leggi delle quali, magistratura a parte, nessuno controlla la corretta applicazione, non può e non deve significare l’abbassamento dell’”asticella della Legalità” , tanto più quando si parla di abusivismo edilizio. Torneremo a parlare di questo tema, analizzando altre parti del testo Regionale proposto, parti nelle quali è palese il tentativo di effettuare un pernicioso “tana libera tutti” sui Condoni Edilizi. C) Il Piano/Casa e i Parchi Regionali : è in arrivo la “soluzione/assalto finale”? L’aspetto comunque più grave ed inquietante, e nuovo rispetto al precedente testo legislativo Regionale, è l’ingresso dei Parchi Regionali nel Piano Casa: infatti al comma C – Capo II – Misure straordinarie per il Settore Edilizio – si stabilisce che gli “interventi di ampliamento, adeguamento sismico, ristrutturazione, sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione, cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, recupero degli edifici esistenti”, previsti agli Art. 3, 3bis, 3ter, 4 e 5, possono essere eseguiti “nelle Aree Naturali Protette”, in specie “nelle zone di promozione economica e sociale individuate dai Piani di Assetto vigenti delle Aree Naturali protette,ovvero, in assenza dei Piani d’Assetto, delle zone B individuate dalle Leggi istitutive delle Aree Naturali protette, ai fini dell’applicazione delle disposizioni di salvaguardia”. Cosa significano queste disinvolte nonché asciutte 4 righette? Sembrano 4 righette, ma sono molto pesanti: abbiamo quindi provato “a mettere su carta” quelle 4 righette, sia rispetto ai Parchi con il Piano d’Assetto vigente, sia rispetto ai Parchi tutt’ora privi di Piano d’Assetto, ma con zone B individuate dalle Leggi istitutive. La nostra analisi si è soffermata - per il primo gruppo - sulla Riserva Naturale di Monte Mario, sulla Riserva Naturale dell’Insugherata, sulla Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi, Parchi questi provvisti del Piano d’Assetto, e con Zone di Promozione Economica e Sociale individuate dagli stessi Piani, e, - per quanto riguarda il secondo gruppo - i Parchi privi di Piano d’Assetto, ma con zone B individuate dalle Leggi istitutive, la nostra analisi ha riguardato la Riserva Naturale di Decima – Malafede, la Riserva Naturale della Marcigliana, il Parco Regionale di Vejo e il Parco Regionale di Bracciano. Prima di esporre i dati desunti per singolo Parco, è bene prima esporre brevemente cosa prevede l’attuale normativa Regionale , ossia la Legge n. 29 del 1997, in materia di Aree di promozione economica e sociale individuate dai Piani d’Assetto, nonché chiarire, altrettanto brevemente, cosa siano le Aree B individuate nelle Leggi istitutive dei Parchi Regionali. C1) Le Aree di Promozione Economica e Sociale nelle Legge 29/97 Come detto nel precedente punto C, la revisione del precedente Piano Casa consente nelle Aree di Promozione Economica e Sociale individuate dai Piani di Assetto dei Parchi/Riserve Naturali Regionali approvati dal Consiglio Regionale interventi di ampliamento, adeguamento sismico, ristrutturazione, sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione, cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, recupero degli edifici esistenti”, previsti agli Art. 3, 3bis, 3ter, 4 e 5,”. Nulla da dire sugli interventi di adeguamento sismico, come sugli interventi di recupero degli edifici esistenti – peraltro già possibili nel dettato normativo stabilito dalla Legge Regionale 29/97 . Al contrario abbiamo molto da dire sugli interventi di ampliamento, ristrutturazione, sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione, cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, tutti interventi questi non consentiti dalle normative contenute nella Legge Regionale 29/97, ossia la Legge Regionale che ha codificato il Sistema Regionale dei Parchi e delle Riserve Naturali. Infatti l’attuale normativa di riferimento relativa alla formazione dei Piani d’Assetto prevede per i Parchi/Riserve Generali 4 zonizzazioni, e ossia: 1) le Aree /zone di Riserva Integrale, nelle quali l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità – e queste sono le Zone A. Il nuovo Testo esclude queste aree dalla “platea” del piano/Casa proposto. 2) Aree/Zone di Riserva Generale, nelle quali è vietato realizzare nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere consentite le opere necessarie allo sviluppo dell’attività agricola, le infrastrutture strettamente necessarie, gli interventi sulle risorse naturali a cura degli Enti Parco di gestione, e gli interventi di adeguamento igienico – sanitario e strutturali del patrimonio edilizio esistente per finalità agro – silvo – pastorale ed agrituristiche m- e queste sono le Zone B. Anche queste aree sono escluse. 3) Aree/Zone di Protezione , nelle quali incentivare le attività agro – silvo – pastorali, secondo i metodi dell’agricoltura biologica, e dove incentivare la produzione artigianale di qualità e l’attività agrituristica – e queste sono le Zone C. L’esclusione riguarda anche queste aree. 4) Aree/Zone di Promozione economica e sociale, individuate dai Piani di Assetto quali aree più caratterizzate da intensi processi di antropizzazione, nelle quali le azioni previste sono contenute, oltre che nello schede/progetto che costituiscono parte integrante dei Piani d’Assetto, nel Programma Pluriennale di Promozione Economica e Sociale, redatto dagli Enti di Gestione. In queste aree/ambiti possono svilupparsi “in armonia con le finalità di tutela” dell’area Parco azioni e progetti tese a “migliorare la vita sociale e culturale delle collettività locali ed il godimento delle aree da parte dei visitatori” – e queste sono le Zone D. Come detto, il Piano/Casa permette interventi in queste aree. Come è del tutto evidente, l’attuale normativa Regionale definita dalla Legge n. 29 del 1997, in materia di Aree di Promozione Economica e Sociale individuate dai piani d’Assetto vigenti dei Parchi Regionali, non consente ampliamenti degli immobili esistenti, sostituzioni edilizie, demolizioni e ricostruzioni, cambi di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, come invece previsto dagli Art. 3, 3 bis, 3 ter, 4, e 5, ma consente soltanto il recupero degli edifici esistenti, e le opere necessarie alla manutenzione ordinaria e straordinaria, o nel caso di immobili vincolati, il restauro conservativo. In altre parole, le trasformazioni possibili devono “svilupparsi in armonia con le finalità di tutela”: questo vuol dire che le aree di Promozione Economica e Sociale sono le aree dove ospitare e realizzare i servizi per i Parchi, ossia agriturismi, le strutture ricettive “diffuse”, le strutture ricettive “concentrate”. Come è evidente, non è vero che nei Parchi Regionali non si possa fare nulla: si possono fare le opere necessarie, nonché compatibili, alla piena e rispettosa fruizione pubblica delle aree del Parco. Tutto ciò è ribadito anche dall’Art. 32 – Incentivazioni, laddove, al Comma 3, si stabilisce che “al fine di garantire e promuovere l’economia e l’occupazione”, ai Comuni, alle Province, alle Comunità Montane ricadenti territorialmente nel Parco, “ è attribuita la priorità nella concessione di finanziamenti Regionali, anche provenienti da Fondi Comunitari e Statali, per promuovere e gestire progetti miranti a valorizzare attività tradizionali e realizzare iniziative produttive o di servizi compatibili con le finalità di tutela, finalizzati alla promozione, valorizzazione e alla migliore fruibilità delle Aree naturali protette”.Quanto detto finora significa che o il Piano/Casa, nel nuovo testo proposto, elimina questa parte relativa all’estensione del Piano/Casa stesso nelle Aree di promozione Economica e Sociale individuate dai Piani d’Assetto vigenti, oppure la “prima vittima” del Piano/Casa sarà la Legge Regionale n. 29 del 1997, che dovrà, in conseguenza, “essere adeguata” al Piano/Casa stesso. Ha quindi pienamente ragione l’Assessore Regionale all’Ambiente, l’On. Mattei, nel dire che non è sua intenzione “toccare” i perimetri dei Parchi Regionali: infatti, con le nuove regole stabilite dal Pian/Casa, ci sta pensando il suo collega di Giunta, ossia l’On. Ciocchetti. C2) – La situazione attuale dei Piani d’Assetto dei Parchi/Riserve Naturali gestite dall’Ente RomaNatura. Quanto segue è il prospetto della situazione dei Parchi Regionali gestiti dall’Ente RomaNatura in relazione allo stato di approvazione dei Piani d’Assetto. Tab. n. 1 – Stato di approvazione dei Parchi Regionali gestiti dall’Ente RomaNatura. Parco/Riserva Riserva Monte Mario Riserva Decima Malafede Riserva Laurentino Acquacetosa Riserva Tenuta dei Massimi Riserva Valle dei Casali Riserva Tenuta di Acquafredda Riserva Marcigliana Riserva Valle dell’Aniene Riserva Insugherata Parco del Pineto Parco di Aguzzano Adozione Consiglio Direttivo RomaNatura o Istituzione con Legge Regionale Delibera 5 Novembre 2001, n. 52 Delibera 25 Novembre 2002, n. 45 Delibera 30 Luglio 2001, n. 47 Delibera 8 Aprile 2002, n. 8 Delibera 1 Luglio 2002 n. 23 Delibera 3 Marzo 2003, n. 15 Delibera 10 Febbraio 2003, n. 5 Delibera 24 Marzo 2003, n. 21 Delibera 28 Gennaio 2002, n. 4 Istutito con Legge Regionale 23 Febbraio 1987, n. 21 Pubblicazione proposta di Piano d’Assetto Controdeduzioni Consiglio Direttivo RomaNatura Approvazione del Consiglio Regionale con Legge Regionale Pubblicazione sul Bollettino Ufficiale 13 Aprile 2002 Delibera 23 Dicembre 2002, n. 52 Delibera 12 Maggio 2005, n. 16 Delibera 1 Agosto 2002, n. 28 Delibera 28 Marzo 2003, n. 26 D.C.R. 12/11/2008, n. 55 Suppl.Ord. n. 1 Burl n. 3, 21 Gennaio 2009 - 23 Maggio 2003 21 Gennaio 2002 13 Dicembre 2002 28 Marzo 2003 23 Aprile 2003 25 Ottobre 2003 31 Marzo 2004 12 Agosto 2002 Delibera 16 Febbraio 2004, n. 5 Delibera 30 Giugno 2009, n. 18 Delibera 10 Febbraio 2009, n. 3 Delibera 7 Agosto 2008, n. 28 Delibera 13 Gennaio 2003, n. 2 Istruttoria Regionale in corso Istruttoria Regionale in corso D.C.R. 13 Marzo 2009, n. 61 Istruttoria Regionale in corso Suppl. Ord.n. 6 Burl n. 15 21 Aprile 2009 - Istruttoria Regionale in corso Istruttoria Regionale in corso Istruttoria Regionale in corso D.C.R. 12 Luglio 2006, n. 27 Suppl. Ord. n.1 Burl n. 25 9 settembre 2006 Piano approvato con Legge Regionale 24 Novembre 1997, n. 43, modificato con D.C.R. 1 Marzo 2000, n. 6672 Istituito con Legge Regionale 8 Agosto 1989, n. 55 Piano approvato con Del. Consiglio Comunale di Roma 15 Marzo 1991, n. 74 Regolamento attuazione approvato in Accordo di Programma pubblicato su Burl n. 19, 19 Luglio 1995 Fonte: sito Ente Regionale RomaNatura Come è del tutto evidente, la tabella n. 1 ci dice che mentre i Consigli Direttivi dell’Ente Roma Narura succedutisi dal 1998, anno di istituzione dell’Ente Regionale RomaNatura, hanno fatto per intero il loro dovere – ossia redazione dei Piani d’Assetto, pubblicazione, controdeduzioni, invio in Regione per la definitiva approvazione - al contrario la Regione Lazio e gli Assessori all’Ambiente competenti succedutisi nel frattempo, hanno decisamente peccato di “accidia ambientale” nell’approvazione dei Piani d’Assetto. Considerando che, come illustrato dalla tabella, il Parco del Pineto è stato istituito nel 1987, con apposita Legge regionale, e che il Parco di Aguzzano ha seguito un altro iter, indipendente dalla Legge Regionale n. 29 del 1997, e questo perché il Parco di Aguzzano, a seguito delle avvenute compensazioni urbanistiche previste dal Prg , è un Parco tutto pubblico, il quadro è decisamente sconfortante: 3 soli Piani d’Assetto approvati, dal 2002 ad oggi. Sono quindi passati 8 anni dall’invio in Regione dei primi Piani d’Assetto, un tempo sufficiente a costruire 7 km di metropolitana, ma evidentemente non sufficiente per gli assessori all’Ambiente succedutisi in questi anni per la definitiva approvazione dei Piani d’Assetto dei Parchi Regionali. Fatta questa doverosa considerazione, torniamo all’analisi specifica della proposta di modifica del Piano/Casa Regionale. Come si diceva, l’attuale testo, al contrario del precedente, permette l’applicazione del Piano/Casa “nelle Aree Naturali Protette”, in specie “nelle zone di promozione economica e sociale individuate dai Piani di Assetto vigenti delle Aree Naturali protette”. La “platea” del Piano/Casa nei Parchi Regionali riguarda quindi i tre Parchi con il Piano d’Assetto definitivamente approvato dal Consiglio Regionale: e quindi, la Riserva Naturale di MonteMario, la Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi e la Riserva Naturale dell’Insigherata. Abbiamo provveduto ad analizzare e “cartografare” i Piani d’Assetto di queste tre Riserve Naturali, evidenziando con il campito di color blu le Zone di promozione economica e sociale individuate dai piani d’Assetto. - e quindi alleghiamo al Dossier le cartografie in formato A4 scala a 20.000. A) Riserva Naturale di Monte Mario Il perimetro totale della Riserva Naturale di Monte Mario misura 204 ettari, e si pensi che il Parco di Monte Mario , tanto caro alla nostra Associazione che l’ha ostinatamente voluto, è disciplinato quale area N – Verde Pubblico da ben 69 anni, ossia fin dal Prg della città datato 1931, il Piano redatto dal Saint – Just: occorrerà prima o poi dirlo anche all’Assessore On. Ciocchetti, e di rimando anche all’Assessore all’Ambiente, On. Mattei… Il Piano d’Assetto definitivamente approvato nel 2008 individua quali Zone di Promozione Economica e Sociale/Zone D nella Riserva Naturale di Monte Mario mq 31.7000, ossia 31,70 ettari. Quali sono gli ambiti territoriali nei quali saranno possibili gli interventi edilizi previsti nel Piano/Casa? Quel che segue è il quadro territoriale d’insieme: 1) Varie aree ricadenti nel comprensorio di Monte Ciocci, sito ai piedi di Via Angelo Emo. Monte Ciocci è noto per essere stato il set del film di Ettore Scola “Brutti, sporchi e cattivi”, con, tra gli altri Nino Manfredi. E’ una triste e drammatica storia di una famiglia italiana immigrata dal Sud che vive in una delle tante baracche esistenti, fino al 1970, nel borghetto, poi risanato. Quindi possiamo anche dire che il Piano/Casa Regionale è “brutto, sporco e cattivo”; 2) Aree interne al Parco lungo l’incrocio tra Viale delle Medaglie d’Oro/Via di Domizia Lucilla/Piazza Giovenale/Via Appiano; 3) All’altezza della Panoramica, area detta dello “Zodiaco” – noto ristorante – a fronte del Forte di Monte Mario. Siamo sicuri che il ristoratore titolare sia pentito di non aver fatto il costruttore nella vita: che ci sta a fare, infatti, un ristoratore dentro un Parco Regionale, quando è possibile fare il palazzinaro anche dentro un Parco Regionale? 4) Area ex Borghetto Farneto/parte aree afferenti Via della Camilluccia 5) Via della Camilluccia all’altezza di Via dei Monti della Farnesina. Come è evidente, si tratta di luoghi urbani dove, come anche l’On Buontempo, Assessore Regionale alla Casa sicuramente converrà, il disagio abitativo così presente nella nostra città si rappresenta in tutta la sua drammaticità… B) Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi Il perimetro totale della Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi si estende per 774 ettari e il Piano d’Assetto definitivamente approvato dal Consiglio Regionale nel 2009, come illustra l’allegata cartografia di riferimento, disciplina quali Zone di promozione economica e sociale/Aree 4 mq 279.000, ossia 27,90 ettari. Questi gli ambiti territoriali interessati: 1)Lungo la Via Portuose, località Casetta Mattei/Somaini; 2) Aree a fronte del Monte delle Piche; 3) Aree a fronte l’Infernaccio/Fosso della Magliana; 4) Aree in Località Torretta dei Massimi; 5) Aree prospicienti Via di Brava/Casale di Brava; 6) Aree in località Villa S. Francesco; 7) Aree prospiciente la Torre dei Massimi. La Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi si estende dalla Via Portuense fino alle aree prospicienti la Roma – Fiumicino: la Tenuta dei Massimi è quindi la sola “parte non costruita” in quel settore urbano. Perché non fare quindi un bel “completamento urbano” con il Piano/Casa, come direbbero gli urbanisti colti? Gli ambientalisti ignoranti, al contrario, qual noi siamo, sostengono invece che i polmoni verdi residui in una città che, archeologia a parte, è caratterizzata da ben 750 milioni di mc di costruito residenziale, dovrebbero essere “lasciati in pace”. C) Riserva Naturale dell’Insugherata Il perimetro totale della Riserva Naturale dell’Insugherata, posta tra la Via Cassia e la zona del quartiere dell’Acqua Traversa, si estende per 697 ettari. Il Piano d’Assetto definitivamente approvato nel 2009 individua quali Zone di promozione economica e sociale/Aree 4 mq 473.200, ossia 47, 32 ettari. Questi i luoghi territorialmente interessati: 1)Aree a ridosso del complesso del S. Onofrio; 2) Aree a fronte dell’Ospedale S. Filippo Neri, naturalmente esterno al perimetro della Riserva, a fronte del Colle di S.Agata; 3) Aree afferenti la località Monte Arsiccio; 4) Aree ricadenti lungo Via Panettoni/Acqua Traversa; 5) Aree di fregio alla Via Cassia, in prossimità della località Pascolaretto. Qui vogliamo fare una sola considerazione, analoga a quanto detto in relazione all’area dello “Zodiaco”, nella Riserva Naturale di Monte Mario, precedentemente analizzato. Infatti le aree al punto 2 sono le aree dove, tra l’altro, opera la Cooperativa Agricola Cobragor, attiva fin dal 1977. Anche questa Cooperativa Agricola, ha quindi sbagliato mestiere….. Riassumendo il quadro: 47 ettari all’Insugherata, 28 ettari alla Tenuta dei Massimi, 31 ettari a MonteMario: e siamo quindi a mq 1.060.000, ossia 106 ettari. Ma non finisce mica qui, poiché, come detto precedentemente, la proposta di modifica del Piano/Casa Regionale prevede la possibilità di applicare le categorie d’intervento edilizio previste anche in quei Parchi Regionali, privi di Piano d’Assetto, ma che abbiano, nei loro perimetri, Zone B individuate dalle specifiche Leggi Istitutive. In questa “casistica” , secondo l’analisi da noi svolta, rientrano la Riserva Naturale di Decima Malafede e la Riserva Naturale della Marcigliana, per concludere con i Parchi gestiti dall’Ente RomaNatura. Prima di analizzare nel dettaglio i dati specifici per queste due Riserve Regionali., occorre prima chiarire cosa siano le Aree B individuate nelle Leggi Istitutive. Le Zone B inviduate nelle Leggi Istitutive dei Parchi/Riserve Regionali Detto in estrema sintesi, il processo che porta alla definitiva approvazione di un Piano d’Assetto di un Parco Regionale, come stabilito dalla Legge Regionale n. 29 del 1997, si articola nelle seguenti fasi. Il Comma 4 dell’Art. 7 della citata Legge – Art. 7 – Piano Regionale e Piani Provinciali delle Aree Naturali Protette – prevede che “la Giunta Regionale, sentita la Sezione Aree Naturali Protette, adotta uno schema di Piano, con allegata cartografia, il quale indichi: a) i territori dove siano presenti formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche che abbiano rilevante valore naturalistico, paesaggistico ed ambientale; b) all’interno dei territori individuati, la suddivisione provvisoria – ossia in attesa della definitiva approvazione del Piano d’Assetto – in zone A, ossia aree di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale, con inesistente o limitato grado di antropizzazione, e in Zone B, ossia aree di valore naturalistico, paesaggistico e culturale caratterizzate da maggior grado di urbanizzazione”. A questo punto, il Consiglio Regionale vota la Legge Istitutiva del Parco/Riserva Regionale, e, in conseguenza, comincia la fase di redazione dei Piani d’Assetto, a cura dell’Ente di Gestione. I Parchi/Riserve Generali gestite dall’Ente RomaNatura , privi di Piano d’Assetto, ma con zone B individuate dalle leggi istitutive dalla nostra analisi, risultano essere la Riserva Naturale di Decima – Malafede e la Riserva Naturale della Marcigliana. Vediamo ora “ i numeri e i luoghi” di queste Riserve dove il Piano/Casa consente di intervenire. D) Riserva Naturale di Decima – Malafede Con i suoi 6.145 ettari di estensione, la Riserva Naturale di Decima – Malafede è la più estesa tra le Riserve gestite dall’Ente RomaNatura. La legge Istitutiva della Riserva, istituita nel 1997/1998, individua mq 290.000, ossia 29 ettari, quali Aree B. Il luogo interessato, si tratta di una sola area, come illustra l’allegata foto/immagine sulla quale abbiamo “disegnato” il perimetro, ricade lungo la Pontina/lato Ovest, in una striscia di terreno che parte dalle aree limitrofe a Castel Romano e termina alle aree prospicienti la Macchia di Capocotta. La Riserva di Decima – Malafede, non soltanto per la sua notevole estensione, è indubbiamente l’area più ricca di valori naturalistici ed ecologici tra le Riserve gestite dall’Ente RomaNatura. E) Riserva Naturale della Marcigliana 4696 ettari: questo è il perimetro di estensione della Riserva Naturale della Marcigliana. La legge istitutiva della Riserva individua, come illustra la foto/area con il perimetro “disegnato, disciplina quale area B una sola area, estesa per mq 400.000ettari,ossia 40 ettari. Si tratta di un’area che risulta interclusa tra il Gra e Via di Settebagni. In conclusione, il “bottino” complessivo del Piano/Casa sulle aree gestite dall’Ente RomaNatura, tra Parchi con Piani d’Assetto approvati e, quindi, con le zone di promozione economica e sociale individuate dal Piano stesso, e Parchi/Riserva, prive di Piano d’Assetto, ma con zone B individuate dalle Leggi Istituive è quindi il seguente: 1) Riserva Naturale di Monte Mario: 31,70 ettari 2) Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi: 27,90 ettari 3) Riserva Naturale dell’Insugherata:47,32 ettari 4) Riserva Naturale di Decima – Malafede: 29 ettari 5) Riserva Naturale della Marcigliana: 40 ettari Totale: mq 1.7600.00, ossia 176 ettari. Ma non finisce mica qui… E già perché tra i Parchi Regionali privi di Piano d’Assetto, ma con zone B individuate dalle rispettive leggi istitutive, c’è il Parco Regionale di Vejo e il Parco di Bracciano. Cominciamo quindi la nostra analisi dal Parco Regionale di Vejo. F) Il Parco Regionale di Vejo, il Piano/Casa e le zone B individuate dalla Legge istitutiva. Il Piano d’Assetto del Parco Regionale di Vejo è stato approvato dal Consiglio Direttivo dell’Ente di Gestione il 9 Dicembre del 2009, ad esito di una contrastata votazione che ha visto alcuni Consiglieri assenti – con la motivazione di essere proprietari di terreni nel Parco - , e quindi una ridotta presenza del Consiglio Direttivo. Il Piano ha visto il voto contrario del rappresentante delle Associazioni Ambientaliste, espresso da Legambiente Lazio, con motivazioni non certamente riassumibili brevemente – i principali punti critici erano, e sono, le zone C individuate dal Piano d’Assetto e il rapporto tra Piano del Parco e il Piano Territoriale Paesistico Regionale, adottato dalla precedente Giunta Regionale. – anche se è estremamente apprezzabile che il perimetro del Parco sia cresciuto nelle zone A per più di 2.000 ettari. Poiché, come ampiamente detto, il Piano/Casa prevede la possibilità di intervenire nelle zone B individuate dalle leggi istitutive nei Parchi Regionali privi del Piano d’Assetto, abbiamo fatto richiesta all’Ente Parco Regionale delle superfici dei singoli Comuni che compongono la Comunità del Parco individuate dalla Legge Istitutiva del Parco di Vejo quali aree B. Prima di illustrare i risultati, analizziamo la tabella n. 2, che illustra, per i Comuni ricadenti nel Parco, le superfici interessate al perimetro. Sono 9 i Comuni che compongono la Comunità del Parco di Vejo: Campagnano di Roma – 772 ettari su 4.607, pari al 17% del territorio comunale -, Castelnuovo di Porto – 1.068 ettari su 3.084, pari al 35% del territorio comunale -, Formello – 2.203 ettari su 3.111, pari al 71% del totale del territorio comunale - , Magliano Romano – 465 ettari su 2.114, pari al 22% del totale del territorio comunale - , Mazzano Romano – 515 ettari su 2.884, pari al 18% del totale, Morlupo – 269 ettari su 2.386, pari all’11% del totale – , Riano – 134 ettari su 2.535, pari al 5% del totale-, Sacrofano – 2.369 ettari su 2.849, pari all’83% del totale, e , infine, Roma 7.214 ettari. Tab. n. 2 - Quadro riassuntivo delle superfici del Comune di Roma e dei Comuni della Provincia di Roma ricadenti in tutto o parzialmente all’interno del Parco Regionale di Vejo Comune Estensione Comuni Superfici Comunali ricadenti nel Parco- % sul totale 4.607 ettari 772 ettari – 17% Campagnano di Roma 3.084 ettari 1.068 ettari – 35% Castelnuovo di Porto 3.111 ettari 2.203 ettari – 71% Formello 2.114 ettari 465 ettari – 22% Magliano Romano 2.884 ettari 515 ettari – 18% Mazzano Romano 2.386 ettari 269 ettari – 11% Morlupo 2.535 ettari 134 ettari – 5% Riano 2.849 ettari 2.369 ettari – 83% Sacrofano 129.000 7.214 ettari Roma 152.570 ettari 15.009 ettari Totali: 9 Il prospetto fornito dall’Ente Regionale di Vejo, che naturalmente ringraziamo per i dati forniti ci indica che i Comuni ricadenti nel perimetro del Parco di Vejo, e con aree B individuate dalla Legge istitutiva, sono i Comuni di Campagnano di Roma, Sacrofano e Roma. Gli altri Comuni non presentano, nelle aree ricadenti nel Parco, zone B. E questi sono i numeri: nel Comune di Campagnano circa mq 160.000, ossia 16 ettari risultano disciplinati quali zone B dalla Legge Istitutiva, nel Comune di Sacrofano circa mq 390.000, ossia 39 ettari, e , infine nel Comune di Roma circa mq 2.525.000, ossia ben 252, 5 ettari. Il totale del “bottino” del Piano/Casa in riferimento al Parco Regionale di Vejo è quindi pari a 3.075.000 mq, ossia ettari 307,5, in larga parte ricadenti nel Comune di Roma. Quali sono i luoghi, in riferimento al Comune di Roma? 1) Borghetto S. Carlo – 18,3 ettari circa; 2) Giustiniana – 10,8 ettari circa; 3) Ospedaletto Annunziata – 9,5 ettari circa; 4) Parco Volusia – 43.7 ettari circa; 5) Grottarossa – 149,6 ettari circa; 6) Castel Giubileo – 12,1 ettari circa; 7) Sepolcro dei Nasoni – 8,5 ettari circa. Ma non è ancora finita, per i Parchi Regionali: perché c’è anche il Parco Regionale di Bracciano. G) Il Parco Regionale di Bracciano, il Piano/Casa e le zone B individuate dalla Legge istitutiva: la “scomparsa” di un Parco Regionale.* *Si ringrazia il Dott. Andrea Bonamico per la collaborazione alla redazione della cartografia relativa al Parco di Bracciano Rispetto alla situazione del Piano d’Assetto, la situazione del Parco Regionale di Bracciano è analoga a quella del Parco di Vejo: il Parco non ha un Piano d’Assetto approvato. In conseguenza, per il Parco di Bracciano, vale la norma, precedentemente analizzata, contenuta nella nuova proposta di Piano/Casa, , che estende la possibilità di intervenire “nelle zone B individuate dalle Leggi istitutive delle Aree Naturali protette”. Ci sono aree classificate quali Aree B nell’attuale perimetro del Parco Regionale di Bracciano? Eccome se ci sono. Ma prima di esporre i dati relativi alla consistenza territoriale di queste aree, è bene ricordare quanti Comuni appartengono alla Comunità del Parco, e quanto, dei loro territori, sono interessati dal perimetro del Parco. La sottostante tabella n. 3 illustra le superfici Comunali ricadenti nel perimetro del Parco: per i tre Comuni Lacuali – ossia Trevignano Romano, Anguillara Sabazia e Bracciano -, abbiamo provveduto ad espungere le superfici lacuali, giacchè vincolate da leggi superiori – Legge Galasso, Siti di Importanza Comunitaria/SIC, come è il Lago di Bracciano – e quindi, a meno che non si vogliano realizzare palafitte sui laghi, queste aree sono fuori dalla “platea” della proposta di Piano/Casa Tab. n. 3 - Quadro riassuntivo delle superfici del Comune di Roma e dei Comuni della Provincia di Roma e della Provincia di Viterbo ricadenti in tutto o parzialmente all’interno del Parco Regionale di Bracciano Comune Estensione Comuni Superfici Comunali ricadenti nel Parco- % sul totale 7.491 ettari 3.780 ettari – 50% Area Lacuale: 1.412 ettari – 2.268 ettari : 32% Anguillara Sabazia 14.250 ettari 5.044 ettari – 35% Area lacuale: 3.400 ettari – 1.644: 12% Bracciano 4.607 ettari 652 ettari: 14% Campagnano di Roma 2.379 ettari 89 ettari– 4% Manziana 3.944 ettari 3.585 ettari – 91% Area Lacuale: 1.188 – 2.397: 61% Trevignano di Roma 3.705 ettari 398 ettari – 11% Bassano Romano 1.075 ettari 90 ettari – 8% Monterosi 1.920 ettari 226 ettari – 12% Oriolo Romano 6.085 ettari 1.070 ettari - 18% Sutri 129.000 ettari 778 ettari Roma 15.612 ettari Totali: 10 Detto questo, occorre a questo punto cominciare a rispondere alla domanda precedente: quanto di queste aree dei Comuni interni al Parco sono individuate dalla Legge Istitutiva del Parco quali Aree B? Questi sono i risultati della nostra verifica: anche per il Parco di Bracciano alleghiamo una cartografia particolareggiata nella quali si evidenziano – attraverso le diverse campiture colorate, i singoli Comuni. I numeri interni alla campitura sono riferiti alle aree B. Sono tre i Comuni che presentano Aree B nella loro “porzione” di appartenenza al perimetro del Parco Regionale di Bracciano. E sono: 1) Il Comune di Anguillara Sabazia, su 2.268 ettari complessivi, registra in Area B ettari 636.819 , articolati in 3 aree – n. 8., n.9,n.10; 2) Il Comune di Bracciano, su 1.664 ettari complessivi, registra in Area B ettari 76.549, articolati in 3 aree – n. 3, n.12,n.14: 3) Il Comune di Trevignano Romano, su 2.397 ettari complessivi, registra in Area B ettari 362, 87, articolati in 6 aree - n. 2,n.3, n. 4, n.5, n.6, n.7 Il totale quindi della “platea” di intervento nelle Aree B individuate dalla Legge Istitutiva del Parco Regionale di Bracciano è pari a ben 1.076 ettari, ossia mq10.760.000. In pratica, il Parco Regionale di Bracciano viene ridotto alle aree lacuali, se pensiamo che i tre, Comuni lacuali assommano ettari 6.000 complessi quali aree lacuali. C’era una volta il Parco Regionale di Bracciano? Riassumendo, nel concludere questa parte del Dossier dedicato ai Parchi Regionali: quale è la “platea” complessiva di intervento del Piano/Casa proposto interna ai Parchi Regionali, provvisti di Piano d’Assetto e relative Zone di promozione economica e sociale, e Parchi privi del Piano d’assetto, ma con Zone B individuate dalle Leggi Istitutive del singolo Parco? La sconfortante tabella n.4 illustra tale situazione complessiva Tab. n. 4 – Tabella riepilogativa della “platea” complessiva di intervento della proposta di Piano/Casa all’interno dei Parchi Regionali Riserva Naturale di Montemario - Piano d’Assetto approvato – Aree di Promozione economica e sociale individuate dal Piano : ettari 31,70 Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi - Piano d’Assetto approvato – Aree di Promozione economica e sociale individuate dal Piano : etta 27,90 Riserva Naturale dell’Insugherata Piano d’Assetto approvato – Aree di Promozione economica e sociale individuate dal Piano : ettari 47,32 Riserva Naturale di Decima – Malafede – Zone B individuate dalla Legge Istitutiva: ettari 29 Riserva Naturale della Marcigliana – Zone B individuate dalla Legge Istitutiva: ettari 40 Parco Regionale di Vejo - – Zone B individuate dalla Legge Istitutiva: ettari 307,5 Parco Regionale di Bracciano - – Zone B individuate dalla Legge Istitutiva: ettari 1.076 Totali ettari : 1.559 155.590.000 mq, ossia 1.559 ettari, ossia quasi 10 volte la superficie di Villa Doria Phamphili – 187 ettari complessivi di estensione: questa è la “platea” del Piano/Casa nei soli Parchi Regionali analizzati. E’ impossibile quantificare in mc il danno che quel numero può produrre per l’equilibrio ambientale dei Parchi – dipende tutto dal numero delle adesioni al Piano/Casa – ma certamente non si tratta di numeri secondari o irrilevanti. Può essere questo il “biglietto di presentazione” sui Parchi della neo eletta Giunta guidata dall’On. Polverini? H) Il Piano/Casa sfigura la Città Storica di Roma Torniamo ora all’analisi di un’altra parte dell’Art. 2 – Ambito di applicazione, poichè la proposta di modifica del Piano/Casa stabilisce che gli interventi di ampliamento, sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici, cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, non si applicano: punto A) nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal Piano Territoriale Paesistico Regionale – PTPR; punto B) nelle aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta. Il combinato disposto tra il punto A) e il punto B) fa si che, in riferimento a Roma, la tutela dei tessuti e degli edifici storici della Città, si limita al perimetro urbano interno alle Mura Aureliane, ossia ettari 1.430. Torniamo così alla vecchia dizione di Centro Storico, mentre il nuovo Prg, in uno dei suoi punti più qualificanti estendeva il concetto di Centro Storico alla Città Storica, ossia la città nata nell’800 e nel ‘900. Già, perché nella stratigrafia storica della città di Roma esiste la Roma Archeologica ed “Imperiale”, la Roma Medioevale, la Roma Rinascimentale, la Roma Barocca, la Roma Rococò – si pensi al quartiere Coppedè - , e la Roma dell’800 e del ‘900, ossia la Città Moderna – Garbatella, Eur, la Città Giardino di Montesacro, la Città Giardino della Garbatella, Gianicolense, Prati, Flaminio. Sarebbe questa la Roma dove necessita la sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione? Oppure non sarà che le parti “brutte” di Roma sono proprio la Città contemporanea, ossia quella nata, anche e soprattutto abusivamente, dalla metà del 1950? Il nuovo Prg estendeva quindi il livello di tutela, nel Prg del 1965 limitato al Centro Storico/Mura Aureliane, anche alla Città Storica/Città Moderna, nata nell’800 e nella prima metà del ‘900. A tal fine il Prg di Roma allega la Carta della Qualità, nella quale sono censiti 25.000 edifici/siti meritevoli di tutela, illustrati in 34 Tavole, esterni alle Mura Aureliane, e insistenti su complessivi 5.570 ettari. In pratica, questa è la “platea” territoriale di intervento del Piano/Casa sulla Città Storica di Roma. E’ possibile che occorra rivedere il Prg di Roma proprio in uno dei suoi punti più qualificanti ed innovativi, ossia l’estensione della Tutela ai Tessuti e agli edifici realizzati nella Città Storica? E perché il Ptpr adottato dalla precedente Giunta Regionale non ha esteso alla Città Storica di Roma il livello della tutela paesaggistica, conformandosi quindi al Prg, e limitandosi anch’esso al “vecchio” Centro Storico/Mura Aureliane, così come definito dalla Legge 1444 – Zona A? Ci sembra paradossale che il Ptpr Regionale si sia sostanzialmente acconciato alle previsioni edificatorie massicce e sovradimensionate contenute nel Prg di Roma, ed abbia “scoperto” una qualche autonomia culturale e politica quando si è trattato di regredire nella tutela della Città Storica di Roma. I) Art. 3 – Interventi di ampliamento degli edifici L’Art. 3 del nuovo testo al Comma A ricalca sostanzialmente nelle qualità edilizie il precedente testo: 20% in più per gli interventi di ampliamento negli edifici ad uso residenziale, uni/pluri familiari, fino ad un massimo di 200 mc, equivalenti a mq 62,5 per l’intero edificio. Al Comma B, al contrario, c’è una modifica sostanziale. Infatti l’ampliamento per gli edifici a destinazione non residenziale – artigianato, piccola industria, esercizi commerciali di vicinato – viene ampliato dal 10% al 20%, ma la cosa più grave è che dal nuovo testo scompare la prescrizione, contenuta invece nel precedente testo, di “mantenere la specifica destinazione d’uso per almeno 10 anni”. Nel nuovo testo sarà così possibile implementare la cubatura di un capannone, ma coloro che accederanno al Piano/Casa non avranno più l’obbligo di mantenere la destinazione d’uso originaria, ossia quella precedente all’ampliamento. Potranno chiedere, se ricadenti in aree dove sia possibile fare cambi di destinazione d’uso, il passaggio da non residenziale a residenziale appena terminato il lavoro di ampliamento. Si tratta, come vedremo più compiutamente analizzando altri articoli del testo proposto, di una norma che rischia di implementare quel processo di dismissione che sta sconvolgendo il mondo delle Piccole Imprese Romane. Siamo d’accordo all’aumento dal 10% al 20% per il non – residenziale, purchè venga ripristinata quella clausola. L) Art. 3 – Interventi di ampliamento degli edifici Il precedente testo non permetteva “ampliamenti attraverso sopraelevazioni” degli edifici: il nuovo testo, al contrario – Comma 3, punto B) - permette l’ampliamento innalzando l’altezza degli edifici: addio sky – line della Città, così come l’abbiamo conosciuto finora… M) Il Piano/Casa deindustrializza le aree per la Piccola e Media Impresa Art. 3 ter – Interventi finalizzati al cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale. Gravissime le modifiche apportate dal nuovo testo del Piano/Casa in relazione alla possibilità di effettuare interventi finalizzati al cambiamento di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale. Quest’articolo può suscitare una nuova “ondata” di dismissione di quel micro – tessuto di Piccole e Medie Imprese – il mitico “popolo delle partite IVA”, i cosiddetti “padroncini”- , micro – tessuto che costituisce il nerbo portante dell’economia romana e regionale.- a meno che non si pensi che economia e produttività vuol dire solo costruttori ed operatori edilizi….. Abbiamo chiesto alla CNA – Area Metropolitana di Roma i dati riferiti all’andamento delle Piccole e Medie Imprese: nel tornare a ringraziare la CNA per il tempestivo ed esauriente quadro trasmessoci, occorre dire che secondi i dati Infocamere, al 31 Dicembre 2001 risultavano attive nel Lazio 91.274 imprese artigiane, 35.488 operatori dell’industria, 112.403 del commercio, per un totale di 338.836. Al 31 Dicembre del 2008 il numero delle imprese è cresciuto in tutti i comparti citati arrivando a 101.685 per l’artigianato, 40.758 per l’industria, 140.994 per il commercio, per un totale di 461.416 imprese. Il Cresme, per conto della CNA, ha effettuato uno studio sulle superfici destinate ad attività produttive e rispetto al censimento 2001, e rispetto al censimento 2008. Nel 2001, quindi, secondo il Cresme, industria e artigianato occupavano nel Lazio 16.238 milioni di mq di superficie, mentre al 2008 risultano occupate 20.088 milioni di mq., mentre il comparto del commercio passa da 14.520 milioni di mq al 2001, a 17,107 milioni di mq al 2008. Questo vuol dire che le imprese attive sono cresciute, dal 2001 al 2008 del 36%, mentre, nello stesso periodo le aree destinate a tali attività hanno visto una crescita pari soltanto al 21%. C’è quindi, secondo la CNA una domanda di spazi produttivi ed artigianali nella Regione Lazio, quantificabile in 800.000 mq: una indagine condotta per la CNA ci dice che su 2.000 imprese artigiane, il 10% è interessato a trovare maggiori spazi per la propria attività. Davanti a questo quadro, cosa suggerisce il Piano/Casa al citato Art. 3ter Comma1? Viene data la possibilità di effettuare cambi di destinazione da non residenziale a residenziale, con il 30% di incremento rispetto alla superficie utile iniziale, per edifici di superficie utile massima pari a 20.000 mq, aventi destinazione non residenziale”. In altre parole, mentre le Piccole Imprese domandano nuovi spazi, il Piano/Casa incentiva la dismissione da quegli stessi spazi, offrendo la possibilità di effettuare cambi di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale. E’ vero che tale articolo contiene alcune norme “a freno” e di interesse pubblico: occorre infatti che l’attività produttiva risulti dismessa alla data del 30 Settembre 2010 – e nel Paese dell’autocertificazione questo non è proprio una garanzia granitica -, il cambio di destinazione deve interessare almeno il 75% della superficie utile esistente, almeno il 30% delle superfici deve essere destinato ad alloggio a locazione per gli studenti fuori sede, per almeno 20 anni, e dopo 10 può essere riscattato ed entrare nella proprietà dell’affittuario. Ma queste norme di “raffreddamento” della norma, contenute nei Comma A), B) cadono davanti a questi semplici numeri, derivanti da una micro – inchiesta fatta dalla nostra Associazione. Abbiamo infatti consultato diversi siti di vendita di capannoni ad uso produttivo – artigianale nella zona della Via Anagnina, nel X Municipio, zona questa particolarmente caratterizzata dalla presenza di capannoni per piccole imprese. Ebbene il prezzo proposto di vendita per un capannone ad uso commerciale di 21.000 mq – e quindi al di sopra della soglia minima stabilita in almeno mq 20.000 di estensione – è pari alla ragguardevole cifra di Euro 52.500.000. A questo punto, ci siamo interessati al prezzo di vendita, nella stessa zona Anagnina, di un appartamento, sito in una palazzina di quattro piani, di mq 50: il prezzo proposto è di Euro 200.000. Proviamo a simulare cosa succede se il proprietario di quel capannone di mq 21.000 decidesse di aderire al Piano/Casa, e quindi trasformare in appartamenti lo spazio produttivo. Poiché lo spazio è mq 21.000, e poiché è possibile l’ampliamento fino al 30% di superficie in più, - e quindi si parte da mq 28.000 – ciò significa che è possibile ricavare 660 appartamenti del taglio di mq 50, che, ai prezzi di zona significano un valore complessivo del nuovo edificio pari ad Euro 132.000.000. E’ vero che il 30% della superficie complessiva è destinato alla locazione in affitto per gli studenti, ma il “range economico” che si crea dal passaggio da non residenziale a residenziale - nel caso quasi il triplo, ossia il 300% del valore iniziale – ci sembra spropositato. E poi: è mai possibile che si possano costruire 660 appartamenti, che significano almeno 1.800 nuove persone/insediate/insediabili, senza uno straccio di Piano Particolareggiato, o di un qualche altro strumento urbanistico attuativo previsto dal Prg? Il difetto di base del Piano/Casa proposto è quello di ridurre l’urbanistica a materia puramente edilizia. Come si dice: il difetto è nel manico. N) Art. 4 – Interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici. Arriva la norma per la paventata demolizione e ricostruzione di TorBellaMonaca: ampliamento fino al 60%, a condizione che venga mantenuto il precedente numero di unità immobiliari. 60% in più: riqualificare o edificare “TorBellonaMonacona II”? L’Art. 4, relativo agli interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici, al Comma C indica che “per edifici plurifamiliari a destinazione residenziale superiori a mq 500 in stato di degrado, l’ampliamento previsto è fino al 60%, a condizione che venga mantenuto almeno il precedente numero di unità immobiliari”. Questo Comma sembra scritto su misura per il caso di TorBellaMonaca dove, come è noto, il Sindaco di Roma proposto di demolire e ricostruire il quartiere pubblico di TorBellaMonaca. Poiché il dimensionamento attuale del Quartiere di TorBellaMonaca è pari, per il solo residenziale, a mc 2.200.000, demolizione e ricostruzione con ampliamento del 60% vuol dire arrivare a mc 3.400.000, appartamenti più grandi, ma stesso numero. In quel quartiere le parole d'ordine devono essere risanare, riqualificare, riammagliare, anche sostituendo alcune parti. Non capiamo perché il Sindaco ritenga più facile e conveniente costruire un nuovo quartiere da mc 3.400.000, piuttosto che prendersi cura di un quartiere nato male (nel piano del 1965 quelle aree erano agricole, ecco cosa significa costruire in agro insediamenti così poderosi), a cominciare dal restituire senso e uso agli spazi pubblici. Sta per nascere quindi TorBellonaMonacona II°? La precedente versione del piano casa prevedeva politiche per le periferie di “riordino urbano” con premio del 40% per interventi su tessuti urbani e non sulla singola palazzina (era previsto lo strumento del programma integrato, ora abrogato): ora il premio diventa 60%, e non più riferiti a quartieri, ma a singoli edifici, che, a quel punto potranno vedere raddoppiare i propri residenti con un aggravio rispetto al carico urbanistico e alla qualità della vita piuttosto che un sollievo. Il tema delle periferie è tema urbanistico, non edilizio Art. 9 – Programma Integrale di Riqualificazione Urbana e Ambientale Legambiente Lazio condivide, ed è una delle nostre proposte avanzate nel documento sul Piano/Casa elaborato in occasione della approvazione da parte della Regione del precedente Piano, il ricorso ai Programmi Integrati per dare vita ad operazioni di recupero ambientale, riqualificazione edilizia, delocalizzazione , anche con aumento di cubatura, in specie dagli ambiti costieri, nella nostra Regione incrostati di cemento, peraltro di pessima qualità. Ne siamo convinti soprattutto perché la Regione Lazio si è da anni dotata di una specifica Legge Regionale, n. 22 del 1997, relativa ai Programmi Integrati, e quindi, il tema è ben posto: la liberazione delle fasce costiere è tema ambientale e urbanistico, non edilizio. Nel testo attuale, però, si prevede negli ambiti costieri addirittura l’incremento del 100% delle superfici per chi si delocalizza, la possibilità di cambiare la destinazione d’uso degli edifici sulle “aree di atterraggio”, e soprattutto, mentre il precedente testo prevedeva la cessione delle aree “di partenza” al Comune, al contrario il testo attuale parla di “fruizione pubblica”: fruizione pubblica è cosa infatti ben diversa dal dire proprietà pubblica. Ma se il testo proposto dall’On. Ciocchetti pone un incremento del 100% delle superfici quale premio per la disponibilità alla delocalizzazione negli ambiti costieri, c’è anche chi propone il 400% di premio in superfici: è infatti recente un bando emesso dal Comune di Pomezia – governata dal Centro – Sinistra, per la cronaca. – relativo alla delocalizzazione di parti dei 7,5 Km del lungomare di Torvajanica, dove insistono edifici non illegali, ma costruiti rispettando un Prg sbagliato. E’ il caso di dire, a questo punto, se ci sono Sindaci dei Comuni Costieri che offrono di più…… Inoltre non vorremmo che la delocalizzazione dalle coste dalle troppe e incongrue funzioni ad oggi insistenti su quegli ambiti ambientali di pregio, scatenasse l’ennesimo attacco alle Aree Agricole, individuate dai Comuni quali “aree di atterraggio”. Art. 18 – Standard per l’edilizia residenziale sociale Le modifiche apportate dall’Art. 18 sono invece migliorative rispetto al testo precedente,. Infatti al Comma 5 il precedente testo stabiliva che “nell’ambito delle percentuali di area fondiaria edificabile destinate all’edilizia residenziale sociale, i Comuni riservano almeno la metà delle stesse alla realizzazione di interventi di edilizia residenziale sovvenzionata”. Nel nuovo testo si stabilisce invece che “i Comuni devono riservare una quota”, e non più la metà obbligatoria. Ci sembra una giusta modifica: occorre costruire case per le fasce povere e deboli, non per le solite Cooperative in regime di proprietà (sempre che la nuova quota sia inferiore al 50%!). Art. 18 – Disposizioni transitorie per l’acquisizione di aree per l’edilizia residenziale sociale. Con questo nuovo Comma 1, inserito nel nuovo testo, il famoso Bando per il reperimento di Aree agricole per l’Housing sociale emesso dalla Giunta Capitolina, riceve un duro colpo. Infatti il nuovo Comma si stabilisce che “i Comuni Capoluogo di Provincia e quelli con popolazione superiore a 25.000 abitanti inclusi negli elenchi dei Comuni ad alta tensione abitativa sono obbligati ad emettere Bandi per il reperimento di aree da destinare alla costruzione di alloggi di edilizia residenziale pubblica e sociale” Nel Comma 2 si stabilisce che le “aree sono cedute gratuitamente al Comune, unitamente a una quota non inferiore al 70% dell’edificabilità complessiva, e la rimanente quota di edificabilità resta a disposizione del proprietario per la realizzazione di alloggi di edilizia residenziale” Approvato il nuovo Piano/Casa, ci auguriamo radicalmente modificato, La Giunta Capitolina sarà costretta ad emettere un secondo Bando, a condizioni ben diverse dal primo Bando. Dirimente che il Bando per il reperimento di aree emesso dai Comuni escluda le zone omogenee E, ossia le aree agricole. Art. 18 – Disposizioni per favorire il recupero dei nuclei edilizi abusivi e definizione delle domande di sanatoria edilizia. Condono Edilizio: sempre più tana libera tutti? Si ricorderà quanto esposto in materia di abusivismo edilizio e gestione amministrativa condoni edilizi all’inizio di questo Dossier, e si ricorderanno anche i numeri relativi al Comune di Roma – Usce. Ebbe, la conferma alle nostre preoccupazioni si trova purtroppo all’Art. 1 – Comma a), laddove si stabilisce che “i soggetti che hanno presentato istanze per la concessione in sanatoria, ancora pendenti, ai sensi dei 3 Condoni Edilizi, possono presentare al Comune anche un’attestazione del tecnico abilitato dell’avvenuta formazione del silenzio – assenso”. Entro “trenta giorni dal ricevimento dell’attestazione, i Comuni, verificano la vericidità di quanto affermato nell’auto certificazione, e in assenza di altri provvedimenti del Comune, il titolo abilitativo in sanatoria si ritiene formato”. Trenta giorni: come è possibile per Comuni che non hanno controllato la veridicità delle Istanze in sanatoria ricevute dal 1987 al 2004, fare tutto ciò, ora in trenta giorni, e sulla base di un’autocertificazione.? Nel caso invece di richiesta di documentazione integrativa avanzata dal Comune a seguito della ricezione della autocertificazione, “i tempi per la formazione del silenzioassenso sono di 60 giorni per i Comuni con popolazione inferiore a 50.000 residenti, 90 giorni invece per i Comuni con popolazione superiore”. Il Comune di Roma, approvata tale norma, dovrà entro 90 giorni fare ciò che non ha fatto in 15 anni. Legambiente Lazio concorda nell’esigenza di non vessare i Cittadini con controverse procedure amministrative e con provvedimenti che non hanno mai fine: ma che c’entra con questa esigenza l’edilizia illegale? Art. 21 – Modifiche alla Legge Regionale 11 Agosto n. 15, Art. 29, – “Vigilanza sull’attività urbanistico – edilizia” Sono gravissime, infine, le modifiche apportate dal nuovo testo in materia di “Vigilanza sull’attività urbanistico edilizia” – si tratta della Legge Regionale con la quale si rafforzava e si mettevano a disposizione dei Comuni strumenti e finanziamenti atti ad incentivare le politiche di repressione dell’abusivismo edilizio e a velocizzare le acquisizioni delle opere abusive da parte degli stessi Comuni. Ebbene il precedente Art. 29 della Legge n. 15 istituiva il Fondo regionale per le spese di demolizione e di ripristino: sono noti i costi delle demolizioni, costi che vengono anticipati dai Comuni, e quindi, anche su nostra richiesta, la Legge n. 15 conteneva il dispositivo per il quale i Comuni avrebbero potuto attingere a fondi regionali, per così dire, “anticipati” dalla Regione, in attesa che i Comuni siano rimborsati “ dei costi delle demolizioni dai “soggetti demoliti” . la legge stabilisce infatti che la demolizione è a carico economico degli abusivi. Le modifiche apportate sono sin nel titolo: quel che era il Fondo Regionale di rotazione per le spese di demolizione e ripristino, nella proposta di modifica del Piano/Casa diventa Fondo Regionale di rotazione per le spese connesse alle attività di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio. Scompare quindi la parola demolizione dal titolo del nuovo testo regionale: è solo un caso? No, poiché l’ulteriore modifica apportata al Comma 1 dello stesso articolo aggrava la situazione. Il precedente testo infatti stabiliva che “ “Ai fini di concedere ai Comuni anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi agli interventi di demolizione delle opere abusive e di ripristino dello stato dei luoghi, è istituito, presso l’Assessorato regionale competente in materia urbanistica, un apposito fondo regionale di rotazione”. Il nuovo testo, dopo le parole “lo stato dei luoghi”, inserisce la modifica secondo la quale, tale Fondo, è destinata anche “all’acquisizione al patrimonio comunale degli immobili abusivi” – e fin qui può anche andare bene”, quale inserimento/modifica del testo precedente. Quel che non va assolutamente bene, è invece il fatto che il Fondo regionale è finalizzato anche “alle spese afferenti alla predisposizione degli strumenti urbanistici relativi ai nuclei edilizi abusivi”. Dopo il danno, quindi, arriva la beffa: quanti saranno i Comuni che attingeranno al Fondo con questo secondo scopo, e non per lo scopo primario per il quale è stato istituito il Fondo di Rotazione? E’ facile immaginarlo… Conseguentemente a ciò, il nuovo testo modifica anche l’Art 38 del precedente testo – Disposizioni finanziarie”. Qui quel che era il “Fondo regionale di rotazione per le anticipazioni relative alle spese di demolizione” diventa – al Comma 1 e al Comma 2- “Fondo regionale di rotazione per le anticipazioni relative alle spese connesse alle attività di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio”. Il che vuol dire che un Comune può usare quei Fondi anche per acquistare nuove divise per i vigili urbani – sono spese connesse alle attività di prevenzione e repressione, in fondo...