“L`esperienza religiosa. Linguaggi, educazione, vissuti”

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“L`esperienza religiosa. Linguaggi, educazione, vissuti”
Presentazione della ricerca esplorativa
“L’esperienza religiosa. Linguaggi, educazione, vissuti”
(Maria Teresa Moscato- Università di Bologna)
Roma – Consulta Nazionale UNESU, 11 febbraio 2016
La ricerca empirica di cui si riferisce brevemente in questo testo costituisce l’ultima parte di uno
studio, avviato fin dal 2010 e ancora in corso, che ha messo a tema l’esperienza religiosa nella sua
concretezza, cercando di individuarne, nel momento storico presente, le forme caratteristiche,
l’educabilità e le trasformazioni. Rimettere l’esperienza religiosa al centro dell’attenzione
pedagogico-scientifica, nel contesto accademico, comporta inevitabilmente non solo una sorta di ricomprensione (che oggi è quasi una riscoperta), della dimensione religiosa come caratteristica
dell’umano; ma induce a rivedere anche le rappresentazioni/ concezioni dell’educazione come
avvenimento, e getta nuova luce sui reali dinamismi dell’educazione religiosa. Inoltre questo tema di
ricerca può sollecitare e costituire anche un rinnovato punto di incontro per il dialogo interculturale
e interreligioso. Riteniamo comunque un tentativo importante, indipendentemente dagli esiti della
ricerca, la scelta di indagare la fenomenologia dell’esperienza religiosa nel vissuto del soggetto,
rispetto all’indagine sui comportamenti religiosi osservabili, perché la religiosità non è in realtà
indagabile fuori e separatamente dal significato che il soggetto conferisce ad essa.
La fase di ricerca empirica esplorativa si colloca quindi all’interno di un percorso più ampio, avviato
da uno studio storico-teoretico1, e l’intera ricerca si caratterizza, in primo luogo, per un tentativo
sistematico e deliberato di confrontare l’approccio pedagogico con la prospettiva delle altre scienze
umane. Il secondo elemento di novità/originalità dell’intero percorso va individuato nel fatto che il
programma è nato dalla collaborazione fra l’Università di Bologna e gli ISSR (Bologna, Forlì e
Rimini) legati alla Facoltà Teologica ER, e ad alcuni docenti di essa in particolare, che ne sono stati
inizialmente promotori e sostenitori attivi: Don Valentino Bulgarelli, nel 2010 Direttore dell’ISSR di
Bologna; Don Guido Benzi, docente in esso, e successivamente responsabile dell’Ufficio
Catechistico Nazionale della CEI, oltre al Padre Fausto Arici, e al Prof. M. Tibaldi, successivi
Direttori dell’ISSR di Bologna, e infine a Don Rosino Gabbiadini, già docente ISSR a Bologna e
successivamente a Forlì e a Rimini, che si è progressivamente coinvolto nel progetto, fino ad inserirsi
attivamente nell’attuale équipe di ricerca2. Questo tipo di collaborazione costituisce, per quanto mi
risulta, un caso insolito, se non unico, nella storia della cultura italiana degli ultimi cinquanta anni.
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A questo percorso si devono ricondurre una serie di pubblicazioni già apparse: M. T. Moscato, R. Gatti, M. Caputo, (a
cura di), Crescere fra vecchi e nuovi dei. L’esperienza religiosa in prospettiva multidisciplinare, Roma, Armando 2012;
F. Arici, R. Gabbiadini, M.T. Moscato (a cura di), La risorsa religione e i suoi dinamismi. Studi multidisciplinari in
dialogo, Milano, F. Angeli, 2014. I due volumi antologici sono i testi più importanti scaturiti dal programma, derivati
anche da due Convegni nazionali, tenuti nel 2011 e nel 2012; fra gli altri nostri contributi apparsi su riviste, segnaliamo:
M. T. Moscato, La religiosità e la sua formazione. Una prospettiva pedagogica, “Orientamenti Pedagogici”, Vol. 60, n.2
(352), aprile-giugno 2013, pp. 327-342; Id., I miei compagni marroncini hanno un altro Dio? Intercultura ed educazione
religiosa, “Parola e Tempo”, Annale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli”, Rimini, a. XIII, n. 13,
2014, pp. 201-222. Si veda anche il focus sul tema “Religiosità e infanzia”, apparso sulla Rivista “Infanzia”, n. 3, mag.
giu. 2015, pp. 163-204. E inoltre: R. Gabbiadini, Conversione adulta come trasformazione auto-realizzativa, “Nuova
Secondaria Ricerca”, n. 10, a. XXXII, giugno 2015, pp. 84-97.
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Va ricordato anche il sostegno convinto del Preside della Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, Padre G. Bendinelli,
e infine vogliamo segnalare che l’attenzione e la sensibilità di Mons. Mariano Crociata, nel momento in cui era Segretario
della Conferenza Episcopale Italiana, sono stati decisivi per questo progetto, anche in termini di incoraggiamento
personale a tutti noi.
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La fase di ricerca empirica in particolare è documentata e descritta in un Report analitico
dettagliato, al momento in corso di pubblicazione3. Si tratta della somministrazione di un questionario
articolato, di oltre 30 item, svolta nel corso di un anno solare, fra il 2013 e il 2014, su tutto il territorio
nazionale, con modalità di somministrazione specifiche, controllate e condotte direttamente
dall’équipe di ricerca. Sono stati somministrati complessivamente 2.675 questionari4. I dati raccolti
ed elaborati sono stati sottoposti a referaggio multidisciplinare, e presentati, insieme alle valutazioni
dei Referee, ad un Seminario nazionale, tenutosi a Bologna nei giorni 24 e 25 settembre 2015. Il
Report viene quindi pubblicato con significative revisioni, proprio a partire da critiche e suggerimenti
ricevuti dai nostri Referee (E. Becchi, A. Bellingreri, M. Corsi, M. Fiorucci, per l’area pedagogica;
L. Cantoni, R. Cipriani, P. Donati5, G. Filoramo, M. Tibaldi, per l’area multidisciplinare) e da altri
contributi di Colleghi intervenuti al seminario (come S. Cicatelli e P. Dal Toso). L’iniziativa del
confronto critico con dei referee e con un contesto mirato di pubblico costituisce anch’esso, nel
mondo scientifico/accademico, un terzo elemento di concreta novità/ originalità (come ci è stato
ampiamente riconosciuto).
Lo strumento questionario è stato scelto perché esso (rispetto a strumenti qualitativi come
l’intervista, la scrittura personale o i focus group6) permette una comparazione dei dati ottenuti,
garantendone l’anonimato, e quindi la libertà di risposta (si poteva rifiutare il questionario o lasciarlo
in bianco). Per un altro verso, la strutturazione del questionario costituisce una sorta di “canovaccio”,
che permette una forma di “narrazione” dell’esperienza religiosa personale. Precisiamo ancora che,
in termini tecnici, il questionario può individuare solo opinioni e atteggiamenti, oltre ad un
inseparabile bagaglio di conoscenze sottese, e quindi esso direbbe poco in termini di ricerca
qualitativa. Ma nel caso di questa ricerca, date le nostre premesse teoriche, abbiamo cercato di
costruire le domande sugli stessi elementi strutturali dell’esperienza religiosa, almeno secondo le
categorie già elaborate e utilizzate dalla fenomenologia della religione7: la credenza/ fede, sondata
attraverso le immagini/rappresentazioni della propria religiosità e le immagini di Dio (domande 3, 4,
5, 5.1), vale a dire il tema del “dio veramente creduto”; il rito (le nostre domande 6, 7, rispetto alla
preghiera e ai sacramenti); e infine il mito (o meglio, quel patrimonio narrativo religiosamente
condiviso che costituisce una “storia sacra”, e che con il rito sistematicamente si intreccia). Occorre
anticipare che, per la verità, non intendevamo indagare conoscenza e uso della Sacra Scrittura, ma
avevamo solo scelto le “storie” dell’Antico e Nuovo Testamento (domande 18-24), come “materiale”
per individuare atteggiamenti religiosi. In realtà il tema della narrazione biblica è emerso
prepotentemente in trasversale da molti dei dati ottenuti, esigendo di essere letto in trasparenza, e con
una riflessione interpretante di secondo livello. Emerge anche il tema del luogo di culto, attraverso le
domande 13, 13.1, 14, 15, relative al culto mariano e alla venerazione dei santi in luoghi specifici.
M. T. Moscato, M. Caputo, R. Gabbiadini, G. Pinelli, A. Porcarelli, L’esperienza religiosa. Linguaggi, educazione,
vissuti, Milano, Franco Angeli, 2016 (in corso di pubblicazione).
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Oltre a un gruppo di confronto di 372 soggetti, non specificamente religiosi, comparabili per età e livello culturale al
nostro campione, raccolti in maniera accidentale nello stesso periodo.
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Il Prof. Pierpaolo Donati ha presieduto l’ultima sessione del lavoro seminariale, partecipando e integrando il dibattito, e
sviluppando alcune considerazioni critiche, rispetto alle nostre categorie di lettura, su cui abbiamo successivamente
lavorato. Lo citiamo quindi fra i nostri Referee sebbene nel volume non appaia un testo firmato da lui.
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Strumenti da noi già usati, in precedenza o in parallelo, per rilevamenti aggiuntivi.
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Ad es. G. Widengren, 1969 (trad. Ital. Fenomenologia della religione, Bologna, EDB, 1984). Sui presupposti teorici,
tuttavia, è perfino difficile distinguere la qualità delle proprie fonti, anche per i riercatori. Per chi scrive è stata essenziale
la lettura di R. Guardini, in cui è difficile scindere il filosofo e il fenomenologo dal teologo cattolico. Ma non può essere
stata irrilevante la conoscenza di molti studi di Eliade e di Ries. Nel nostro tentativo di confronto con l’area delle scienze
sociali è stato spesso difficile evidenziare, e soprattutto condividere, che c’è sempre (e che ci deve essere) una matrice
filosofica pregressa del ricercatore anche nel caso della ricerca empirica.
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E infine tutti questi elementi strutturali del religioso emergono con varia combinazione in tutte le
domande di opinione finale (da 25 a 31), come ad es. le domande Che cosa ‘deturpa il volto della
Chiesa’, o Che cosa ‘risplende sul volto della Chiesa’, risposte in cui la combinazione di parole e
immagini nasconde/tradisce concetti inseparabili dal ‘Dio veramente creduto’, e quindi i criteri di
interpretazione delle risposte diventano molto complessi.
La valutazione relativa al se (e in quale misura) i nostri obiettivi siano stati effettivamente
perseguiti, è quindi ancora oggetto di riflessione, perché alcune elaborazioni sono in corso ed altre
analisi saranno necessarie in tempi successivi. La pubblicazione del Report interverrà comunque in
tempi brevissimi, indipendentemente da altri studi e ricerche che ci riserviamo di sviluppare, allo
scopo di mettere comunque i dati ottenuti a disposizione di tutti i potenziali soggetti interessati.
Le altre aree del questionario richiedono poi informazioni concrete rispetto alla composizione del
campione stesso (sesso, fascia età, titolo di studio e condizione professionale, appartenenze
ecclesiali), e alla sua storia personale di formazione e trasformazione religiosa. Segnaliamo che le
donne costituiscono il 72% circa del campione, e già questo costituisce un elemento su cui riflettere,
perché la loro presenza sovra dimensionata negli ambiti in cui abbiamo cercato i nostri soggetti attesta
come la mediazione adulta rispetto all’educazione e all’istruzione religiosa sia, di fatto,
prevalentemente femminile: catechisti ed educatori parrocchiali, insegnanti in genere delle scuole
cattoliche e insegnanti di religione sono, oggi, prevalentemente donne. Riguardo alla fascia d’età, nel
campione sono presenti tutte le età in termini differenziati, ma la fascia prevalente è quella adultaattiva: i soggetti di età compresa tra 35-44 anni costituiscono il 27% del campione, e quelli di età
compresa fra 45 e 54 anni sono oltre il 28%. Le due fasce d’età, insieme, costituiscono il 55% dei
nostri rispondenti, e questo dato caratterizza quindi le risposte del campione totale. Per un altro verso
la differenziazione interna, per ciascuna risposta fornita, rispetto alla fascia d’età, ci fornisce dati
significativi e anche alcune suggestioni ed ipotesi da verificare8.
Le somministrazioni sono state effettuate sempre in contesti specifici di formazione, in cui si
poteva supporre che i presenti fossero tutti religiosamente convinti e praticanti (gruppi parrocchiali,
IDR, docenti scuole cattoliche o di associazioni cattoliche). In ogni caso, una domanda iniziale del
questionario chiedeva conferma della personale identità religiosa. Sappiamo quindi che i nostri
soggetti si riconoscono e si dichiarano religiosi per il 92% circa dei casi9 (sono presenti anche un
piccolo numero di protestanti). Si tratta dunque di una campione “qualificato” per la sua
composizione specifica, e da ciò la significatività, su diversi piani, dei dati ottenuti10.
La natura esplorativa dello studio permette di individuare anche delle direzioni di lavoro ulteriori e
suggerisce altre ipotesi di ricerca. In alcuni casi, al contrario, il nostro dato conferma ipotesi di lettura
della religiosità contemporanea che sono già presenti nella letteratura di ricerca internazionale. E’ il
caso, ad esempio, dell’accento posto sulla religiosità come ricerca personale continua, di cui l’adulto
credente si assume la responsabilità; del riconosciuto dinamismo dell’esperienza religiosa, espresso
dalla figura del “cammino” (“cammino”, insieme ad “attesa” e a “speranza” costituisce per il nostro
campione una parola chiave nelle rappresentazioni della propria religiosità)11.
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Stiamo già confrontando le risposte delle fasce più giovani (20-24), sia del campione sia del gruppo di confronto, con i
dati di scritture giovanili, raccolte nel 2015, ed in via di analisi interpretativa: ma è già chiaro che i dati combaciano, e le
scritture degli studenti illuminano, ma non smentiscono, il dato ottenuto dal questionario.
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Nel senso che la percentuale residua si dichiara religiosa con dubbi e perplessità, oppure “un credente non praticante”.
Solo un 2% si dichiara “non religioso”, e il dato conferma soprattutto che i soggetti hanno percepito nella compilazione
la libertà di espressione ad essi riconosciuta e la protezione del loro anonimato.
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Vale a dire che esso non è “rappresentativo” in termini tecnici rigorosi, ma piuttosto, usando una terminologia
internazionale, suggerita da Lorenzo Cantoni, si tratta di un purposive sampling (un campione costruito in termini
qualificanti rispetto agli obiettivi dell’esplorazione) e anche di un convenience/ opportunistic sampling (un campione
costituito da soggetti accessibili ai ricercatori).
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Ad es. Beck, 2008, Il Dio personale.
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Un nucleo problematico importante, fra i dati da noi ricavati, attiene alla conoscenza della Sacra
Scrittura e all’uso che i rispondenti sembrano aver fatto di essa nella maturazione della propria
esperienza religiosa. Già il dato di pura conoscenza ci ha indotti a diverse riflessioni, a partire dal
fatto che figure bibliche come Giacobbe e Rut ottengono nel nostro campione un 30% di risposte H
(“Non conosco il testo abbastanza, preferisco non rispondere”), ma anche il testo evangelico delle
Beatitudini ottiene un sorprendente 7.56% della risposta H. Si deve però segnalare che le risposte
fornite dal gruppo di confronto, dove il 30% diventa 60% rispetto a Rut e a Giacobbe, e il 7.56 delle
Beatitudini diventa 40%, portano a concludere che il campione religioso sia di fatto caratterizzato da
una grande familiarità con i testi biblici. Questo nucleo tematico riveste perciò grande interesse, e i
dati da noi ricavati esigono diverse riflessioni ulteriori, proprio rispetto alla dimensione pedagogica
e alle implicazioni educative che essi sembrano presentare.
Nella conclusione di questa breve nota, dobbiamo infine distinguere il valore di significatività del
dato a partire dal punto di vista privilegiato: rispetto all’analisi rigorosamente scientifica, e
tendenzialmente oggettiva, che viene sviluppata nel Report, gli stessi dati offrono una diversa
configurazione e suggestione, all’interno della comunità ecclesiale, soprattutto quando essi vengono
interrogati con riferimento alle prassi comunitarie e all’educazione religiosa in genere. Ad es.
rispondendo ad una domanda relativa alla propria educazione religiosa, i rispondenti segnalano in
percentuali significative l’ambiente familiare (segnato per il 30%), l’incontro con persone
autenticamente religiose, la catechesi ricevuta in parrocchia, e la frequenza di gruppi di coetanei e/o
di associazioni giovanili (queste tre ultime opzioni sempre tra il 14 e il 16%). L’istruzione religiosa
ricevuta a scuola e la lettura diretta dell’Antico e Nuovo Testamento sono invece segnati in
percentuali oscillanti fra il 3.50 e il 4%. Sottolineiamo che questo dato esprime la percezione dei
soggetti rispetto alla loro storia di formazione: è un’opinione soggettiva, non una stima affidabile. E
tuttavia anche come dato d’opinione esso interroga in maniera qualitativamente diversa una comunità
scientifica, o viceversa una comunità religiosa, che ha comunque investito in termini consistenti sulle
proprie opere educative (che si tratti di attività parrocchiali, di scuole cattoliche, o di insegnamento
della religione nella scuola e di formazione degli IdR). Lo stesso si può dire per le risposte fornite ad
una domanda relativa ai contenuti dogmatici della fede cristiano cattolica, che porrebbero al
rispondente “difficoltà di comprensione e/o di accettazione”12; in questo caso rileviamo che “la
resurrezione della carne” e “il peccato originale” vengono segnati per il 12 e il 13%. Dove il
ricercatore accademico si limita a osservare una distribuzione delle risposte non nettamente orientata,
noi abbiamo piuttosto da riflettere sul significato più profondo di tutte le risposte fornite, anche quelle
poco privilegiate dai nostri rispondenti.
Sotto questo aspetto, una parte importante del programma di ricerca complessivo appare
inseparabile dall’uso che di questi dati è possibile fare in ambiti formativi intra-ecclesiali. In altri
termini, il Report in via di pubblicazione contiene molti elementi la cui conoscenza è utile a scopo di
formazione (sia per catechisti, sia per gli insegnanti di religione, sia per presbiteri e seminaristi e per
tutti gli operatori pastorali).
Proposte di lavoro formativo potrebbero riguardare il confronto, in primo luogo,
a) sul “Dio veramente creduto”, come evocato da immagini e parole chiave privilegiate in una
parte del questionario, e le “difficoltà di accettazione/comprensione” di contenuti dogmatici
Questa domanda avrebbe potuto essere formulata distinguendo in partenza l’accettazione dalla comprensione, ed è
importante notare che parte dei rispondenti, nella alternative aperte del questionario, ha “corretto” la domanda
sottolineando che l’accettazione, scaturente dalla fede, può prescindere dalla “comprensione” di un dogma, che non è
necessario “comprendere”. Dal nostro punto di vista, questo dato è significativo perché evidenzia la maturità religiosa dei
soggetti che ci correggono.
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specifici prefigurata in altra parte del questionario. Questo tema può essere integrato
dall’esame dei luoghi di culto indicati (sono prevalentemente santuari mariani).
b) Sull’uso formativo della Sacra Scrittura, come appare percepito dalle risposte dirette e
soprattutto evidenziato dall’uso della narrazioni bibliche proposte dal questionario in termini
di atteggiamento religioso.
c) La rappresentazioni dei rispondenti rispetto alle tappe del loro percorso formativo e delle
trasformazioni della loro religiosità. Questa unità includerebbe il problema della direzione/
accompagnamento spirituale (o della sua sparizione), la tematica degli “esercizi spirituali”
(oggi definiti “momenti forti”), dei pellegrinaggi come spazio di formazione religiosa. E in
genere l’attenzione alla formazione religiosa del giovane adulto per un verso, e al confronto
adulto nelle fasi di trasformazione avanzata della fede. Non c’è dubbio che la posizione di
questi problemi si ricolleghi direttamente o indirettamente anche al tema della formazione
culturale e scientifica dei presbiteri nel tempo presente. Si osservi come l’azione del presbitero
diventa anche modello più o meno implicito del laico, in termini strettamente metodologici,
ad esempio nella conduzione/ animazione di un gruppo di formazione, nel modo di
conduzione di un colloquio faccia a faccia etc.
L’interesse del nostro materiale di ricerca risiede in primo luogo, come abbiamo già detto, nel
tentativo di penetrazione del vissuto delle persone religiose, attraverso la proposta “narrativa” con cui
abbiamo strutturato il questionario. Gli interpellati, del resto, ci hanno risposto con attenzione e
impegno, e questo impegno costituisce un dato di per sé utile, in termini di conoscenza e formazione,
per il resto della comunità ecclesiale.
In parallelo, per un secondo aspetto, i ricercatori, anche in un momento di riproposizione
metodologico/ formativa, hanno bisogno di confrontare le interpretazioni ricavate, le intuizioni, i
dubbi e le nuove ipotesi di lavoro, specificamente all’interno di gruppi religiosi, cioè al confronto con
persone che vivono realmente una esperienza religiosa. Solo da gruppi ecclesiali possono venire
conferme/ dis-conferme di alcune nostre interpretazioni. Sarebbe del resto auspicabile che l’impegno
dell’équipe per un verso, ma anche del campione (che ci ha dedicato generosamente il suo tempo
spesso alla fine di giornate formative molto faticose), potesse confluire in maniera un po’ più capillare
nella nostra cultura religiosa, sollecitando consapevolezze, provocando domande, promuovendo
ulteriori riflessioni e ricerche, nella logica di una “carità reciproca” del continuo “fare la verità”
insieme. Sotto questo aspetto, offrendo a tutti la pubblicazione prossima del Report, e anche la
disponibilità ad incontri ulteriori di studio e di formazione interni alle nostre comunità, siamo
consapevoli che questo implicherebbe non solo un’utile prosecuzione del nostro lavoro di ricerca, ma
anche la spinta ad una formazione religiosa interna alla comunità ecclesiale che sviluppi essa stessa
una dimensione di ricerca auto-espansiva e progressiva.
Grazie a tutti dell’ascolto (e della lettura)
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