La ricostruzione immaginaria della rivelazione fatta da Sauniere a

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La ricostruzione immaginaria della rivelazione fatta da Sauniere a
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La ricostruzione immaginaria della rivelazione fatta da Sauniere a Riviere sul
letto di morte.
Racconto fantastico in 5 parti di Vipom.
Parte prima.
Il Gennaio 1917 era cominciato sotto un freddo pungente
come raramente si era verificato dalle parti di Rennes-leChateau ed il parroco Berenger Sauniere aveva giustamente
sospeso alcuni lavori che aveva cominciato qualche mese
prima. Si narra che avesse intenzione di costruire addirittura
una sorta di Torre di circa 60 metri ispirandosi al modello biblico
della Torre di Babele, un ben strana idea che a Rennes-leChateau era divenuta materia di scandalo e di pettegolezzi
senza fine. Ed in effetti, a chi interessava una costruzione
simile? A cosa sarebbe in realtà servita?
Ma come sempre Sauniere era molto cocciuto nelle sue scelte
apparentemente illogiche e non arretrò neppure di un millimetro davanti alle tante critiche che
riceveva quotidianamente sia personalmente sia da dietro le spalle.
Fu proprio in quei fatidici giorni che il parroco ricevette la visita di una
donna vestita di nero, che entrò con fare misterioso nella canonica e
ne uscì con atteggiamento austero e composto dopo alcune ore. Chi
fosse e perché fosse venuta a far visita all’abate Sauniere nessuno è
mai riuscito a saperlo, anche se la vicenda, sommata allo strano
agguato subito dal parroco ad opera di altrettanti sconosciuti e che a
detta di molti lo spaventò non poco, queste due vicende
immediatamente precedenti l’infarto che lo colpì il 17 Gennaio
1917 rappresentano in sostanza o potrebbero significare che
qualcuno in quel periodo stava stringendo il cappio attorno al
collo del pericoloso prete di Rennes-le-Chateau.
E fu proprio alcuni giorni prima dell’infarto che il prete, forse
presentendo la morte imminente, dette ordine alla fedele perpetua
Marie Denardau di recarsi presso un costruttore di bare locale per
comprarne una per lui. La vicenda in effetti è molto controversa e basata su un documento la
cui data di intestazione potrebbe leggersi sia come Gennaio e sia come Giugno. Ad ogni modo
prendiamo la notizia con le pinze, anche se tutti i particolari sin qui riportati sono
abbastanza indicativi del fatto che la sentenza di morte per il parroco era stata forse
pronunciata da qualche autorità innominabile e ovviamente difficilmente
individuabile.
E veniamo alla data fatidica del 17 Gennaio del 1917. Il parroco, che
a detta di molti testimoni poche settimane prima scoppiava
letteralmente di salute, si sentì improvvisamente male e poco dopo fu
colpito da un attacco al cuore, non proprio fulminante da ucciderlo
all’improvviso ma bastante per assestargli un duro colpo e costringerlo
a letto. Le condizioni dell’abate peggioravano a vista d’occhio, talche si
fu costretti a chiamare da un paesino vicino un certo Riviere, un
parroco che Sauniere conosceva e che era stato chiamato al solo scopo
di dargli l’assoluzione sul letto di morte. Riviere non si fece pregare più
del necessario e dopo alcune ore arrivò trafelato davanti al letto di
Sauniere. Questi cercò di alzarsi per salutarlo ma non ce la fece e
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Sauniere a Riviere sul letto di morte.
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cadde come un peso morto sul letto. A malapena respirava e a malapena riusciva a parlare,
ma si fece forza e fatto avvicinare il confessore alle proprie orecchie, si lasciò andare ad una
lunga confessione che durò una decina di minuti, nel corso della quale avrebbe riferito allo
sconvolto Riviere un mistero sconquassante che naturalmente il collega non si sarebbe mai
sognato di ricevere.
Qui ovviamente non esistono testimoni (lo stesso Riviere si disse che si chiuse in un
silenzio di tomba per tutta la vita) e quindi dobbiamo ricorrere alla fantasia per cercare di
immaginare cosa il Sauniere avrebbe detto al povero Riviere, che non appena sentì la
confessione a quanto pare scappò dalla canonica come un ossesso e quindi cadde in una sorta
di depressione che gli tolse il sorriso per moltissimi mesi.
Parte seconda
«Carissimo il mio Riviere, ti ho fatto chiamare per
avere i conforti religiosi prima di rendere la mia
anima a Dio. Ormai mi restano poche ore di vita, per cui ti
chiedo di ascoltare attentamente quanto ho da dirti,
chiedendoti nel frattempo un piccolo favore, che tu conservi
per te il segreto che fra poco ti rivelerò e prima di morire a
tua volta lo trasferisci ad un nostro confratello affinchè non
si perda per sempre il ricordo di quanto sono riuscito a
sapere dopo tutti questi anni trascorsi a Rennes-leChateau. Mi rincresce di doverti dare un dispiacere, ma
purtroppo la cosa che ho scoperto riguarda
direttamente la figura di Cristo, che secondo la nostra religione rappresenta la
seconda Persona della Santissima Trinità. Ebbene, non è così, Gesù era un uomo né
più né meno di qualsiasi altro nostro umile simile. Ne ho le prove schiaccianti che ho
intenzione di rivelarti. Dunque, andiamo al sodo.
Quando scopersi le famose pergamene, mi recai a Parigi
al Seminario di San Sulpice e qui incontrai noti esperti
di decifrazioni criptiche. In particolare un certo giovane
seminarista Hoffet, esperto in crittografia, si mise a
studiarle al lume di candela e dopo alcuni giorni mi disse
che si trattava di documenti effettivamente sconvolgenti
che riguardavano addirittura un albero genealogico tra
Dagoberto II e i suoi eredi. Ma ovviamente ho
tralasciato di dirgli che in effetti le pergamene non
erano quattro, bensì cinque. Quella non l’ho mai fatta
vedere a nessuno. L’ho conservata in un posto
inaccessibile e dopo la mia morte rimarrà di sicuro
irrintracciabile, perché il suo sito lo conosco solo io. Vorrei comunicarti a te il sito segreto di
questa quinta pergamena, a patto che tu ti impegni nella massima discrezione a farla
conoscere solo a chi di dovere. Molti hanno tentato di convincermi a rivelarne l’ubicazione, ma
io non mi sono fatto incantare e non ho voluto dire niente a nessuno.
Questa è la ragione per la quale mi hanno ucciso, sì, ne sono sicuro, qualcuno che
credevo amico mi ha forse dato da bere, abusando della mia fiducia, qualche
misterioso intruglio velenoso, e poco dopo mi sono sentito male, chiaro sintomo delle
mie ipotesi. Ma adesso non c’è tempo da perdere, devo parlarti di questa quinta
pergamena.
In questa pergamena, vergata per la maggior parte in un latino medievale facilmente
comprensibile, vi era descritta insomma con precisione millimetrica una sorta di mappa con un
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misterioso spezzone di una lettera in copia di un cavaliere templare di nome Vissoux, braccio
destro e luogotenente del Gran Maestro del Tempio del casato dei Blanchefort,
insieme ad un elenco genealogico inverso a quello che parte da Dagoberto II, in
sostanza la linea di sangue che ripercorre a ritroso la sua origine ereditaria fino a
Gesù e ai suoi figli, forse due, forse tre, qui non posso essere più preciso.
Secondo le notizie che sono riuscito a raccogliere, si narra che nel 1644 sarebbe avvenuto un
fatto assai conturbante di cui accenno piccoli dettagli: in sostanza un certo François Pierre,
Barone d’Hautpoul, marchese di Blanchefort e signore di Rennes-le-Chateau, avrebbe
redatto nel novembre dello stesso anno un testamento
misterioso e lo avrebbe fatto registrare da un notaio, tale
Captier di Esperaza, una cittadina non lontana da
Rennes-le-Chateau, in cui si sarebbe accennato ad un
tenebroso Segreto di Stato. In relazione a questo
testamento, nel 1781, il curato di Rennes-le-Chateau di
allora, Antoine Bigou, avrebbe ricevuto una confessione
inquietante da una certa Marie de Negre d’Ables
d’Hautpoul de Blanchefort (la stessa della quale trovai
nel cimitero la sepoltura incisa di caratteri criptici che
comunque hanno rivelato un senso tremendamente
sconquassante), riguardante un terribile segreto di
famiglia molto delicato.
Ho scoperto peraltro che in questo terribile documento vi era inoltre accluso, insieme
all’originale, una sorta di post scriptum riguardante il lascito testamentario di cui sopra. Non
si dimentichi peraltro che sia la Marie de Negre d’Ables d’Hautpoul e sia François Pierre,
Barone d’Hautpoul, marchese di Blanchefort e signore di Rennes-le-Chateau, erano
discendenti in linea diretta del Gran Maestro dei Templari Bertrand de Blanchefort, che
regnò sui Cavalieri del Tempio dal 1156 al 1169.
Il post scriptum in questione afferma che in sostanza il Gran
Maestro dei Templari, celeberrimo suo antenato, aveva a suo
tempo fatto chiamare dalla Germania degli esperti minatori
per scavare un sito non lontano da questo luogo, lo stesso
sito che si trova in linea d’aria da qui non più di cinque
chilometri e precisamente sotto un monte nelle vicinanze di
un Castello Templare di proprietà della stirpe dei Blanchefort,
dove avrebbe allocato, in una sorta di tempio sotterraneo a
cui si accede dopo la percorrenza di centinaia e centinaia di
metri di tunnel oscuri e incrociati che si dipartono
dall’ingresso che si trova in una camera interrata del Castello
di Rennes, ciò evidentemente per depistare eventuali curiosi
ed invasori, avrebbe dunque collocato in quell’antro
sotterraneo nientemeno che la salma di Cristo insieme a
quella della Maddalena, che da quanto mi risulta era la sua
sposa e l’unica donna che ebbe il prestigio di condividere lo
stesso tetto, avendone dunque anche dei figli, ripeto due o tre.
Il sito, nel quale, è inutile nasconderlo, sono stato di persona, contiene in effetti due enormi
sepolcreti, uno, meno spettacolare, sul quale campeggia a caratteri cubitali la scritta
Dagobert II e l’altro più sfarzoso con nella copertura i seguenti caratteri scolpiti e pitturati di
un fine materiale simile all’oro: “Questa è la Santa dimora di Cristo e di Maria Maddalena
sua moglie e qui dentro giacciono per sempre i loro santi corpi”. Poco più sotto
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l’inquietante scritta in greco e latino che avevo scoperto nella tomba della nobildonna Marie
de Negre d’Ables, moglie di François d’Hautpoul de Blanchefort, morta secondo le
cronache il 17 Gennaio del 1781: “Et in Arcadia Ego”, che letteralmente significa “ed io in
arcadia”, ma che in verità deve essere tradotta in questo modo: “La mia tomba divina
contiene i resti del mio corpo ed io giaccio sepolto in quel luogo”, il sito che appunto ho
trovato e visto.
Ricordo di sfuggita che da quanto sono venuto a conoscenza, la Maria de Negre sunnominata
aveva a sua volta confermato tutti questi particolari ad uno dei miei predecessori di quel
tempo, il curato Antoine Bigou di cui abbiamo parlato, nel corso di una confessione spontanea
resa al prete qualche tempo prima della sua dipartita. Ma continuiamo nel nostro discorso».
Parte terza
Scoperchiata
dunque
la
pesante
copertura
del
sepolcreto, scolpito e intarsiato di molti simboli sacri
astrusi e di difficile spiegazione, vidi due scheletri
ricoperti di vesti stranamente ancora ben tenuti e di
moderna fattura, evidentemente ogni tanto qualcuno
andava a sostituirli.
Ma quel che più colpì la mia immaginazione fu che uno di
essi portava ad un dito un ancora ben lucido e massiccio
anello anch’esso ricoperto di strani simboli poco comprensibili,
alla quale vista mi chiesi perché mai la salma lì vicino era
invece sprovvista di tale reperto.
Aguzzai pertanto al massimo il mio ingegno e scoperchiando
l’altra tomba, quella di Dagoberto II, vidi tramortito che
l’identica copia dell’anello di Cristo era al dito del Re
Merovingio, talchè fu giocoforza convincermi che l’anello era stato tramandato dalla
Maddalena ai suoi discendenti fino a giungere a questo rampollo del lignaggio di
Cristo.
La cosa mi sconvolse talmente che quasi caddi dallo spavento.
Ricordo tremebondo che, facendo volteggiare la fiaccola in tutte le direzioni, mi voltai in
quell’antro oscuro a destra e a manca come per verificare se qualcuno stesse presenziando alle
mie mosse, in effetti tremavo come un bambino e temevo veramente di morire da un
momento all’altro ad opera di qualche sinistro sicario.
Fu allora che capii il senso profondo della scritta decodificata di
una delle pergamene: A Dagobert II roi et a Sion est ce
tresor et il est là mort, che significa appunto “questa
tomba […di Cristo] e ciò che contiene appartiene a
Dagoberto II e alla stirpe di Sion ed infatti egli giace
sepolto in quel luogo accanto ad essa”.
Ma veniamo adesso allo spezzone di lettera di cui ti avevo
parlato. Ebbene, essa accennava vagamente al ritrovamento da parte dell’estensore, a
Gerusalemme, di una strana sepoltura trovata sotto le fondamenta del Tempio di questa città
santa, una tomba verosimilmente contenente i resti di Cristo, per una serie di dettagli
che l’autore si riprometteva di chiarire meglio al suo Capo, appunto il Gran Maestro
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Templare Bertrand de Blanchefort, che in quel momento
si sarebbe trovato nei suoi dominii francesi.
Ma c’era qualcosa che non quadrava: dov’era finito l’originale
di quella sconvolgente lettera che compariva nel post-scriptum
solo in copia e per giunta nella forma di un piccolo riassunto?
Qui la mia curiosità si moltiplicò all’infinito e mi misi a cercare
a destra e a manca in quella specie di spelonca sotterranea
che metteva i brividi, scoprendo alfine, dopo concitate ricerche
con il cuore che mi batteva a mille, una specie di ampolla di
vetro depositata all’interno di una piccola cavità di un muro chiusa e apribile da un piccolo
tasto di marmo poco lontano a mò di marchingegno meccanico.
L’ampolla conteneva appunto la lettera in originale, vergata su
fine pergamena, del Conte di Vissoux, amico e stretto
collaboratore del suo Capo Templare di allora, alla quale era
inviata. L’aprii lentamente come per non arrecarle danno e
avvicinata la fiaccola, lessi quanto segue, traducendo
mentalmente il latino medievale scorrevole in francese:
“Dopo tanti sforzi passati a scavare nel
sottosuolo di quello che fu il Tempio
di Salomone, abbiamo scoperto,
Eminente Timoniere dei Templari, uno sfarzoso sarcofago con dentro il
corpo mummificato di Gesù, che in un dito teneva infilato un anello
d’oro massiccio intarsiato con disegni e figure celesti di origine
criptica. Sul coperchio stava scritto quanto segue: “Questa è la
Santa dimora di Cristo, fatto uccidere ferocemente in croce
durante il protettorato di Pilato, e qui dentro giace per sempre
il suo Santo corpo”, una dicitura che collimava alla perfezione con
quella che un attimo prima avevo scoperto, vi era solo l’incongruenza
della mancanza del riferimento al seppellimento nello stesso sepolcro
della Maddalena.
La lettera continuava secondo questa impostazione: “Non potendo ovviamente credere di aver
trovato quanto stavamo cercando con tanta pazienza e tenacia, l’indomani mattina
scatenammo a Gerusalemme e dintorni i nostri più fidati esperti Templari, assai ferrati nello
spionaggio e nella decrittazione di reperti storici, interrogando decine, centinaia e migliaia di
abitanti del luogo, venendo infine a conoscenza del fatto che quello era davvero il
corpo di Gesù e che l’anello che egli teneva nel dito era lo stesso che il nazareno si
era scambiato tanti secoli prima con la Maddalena al momento del matrimonio.
Dopo diversi altri tentativi, venemmo a sapere che la moglie di Gesù
era scappata nel sud della Francia insieme ad almeno un suo
pargolo avuto dal celebre consorte per sfuggire alle persecuzioni
romane dopo la morte del crocifisso, anche per i buoni uffici di
Giuseppe di Arimatea, suo cognato e possessore di una flotta
commerciale con la quale commerciava infatti manufatti ebraici con
diverse regioni della Francia meridionale, e così, dopo avere asportata
la tomba ed averla delicatamente caricata su un nostro possente
vascello, approdammo, dopo alcune settimane di burrascosa
navigazione, nei dintorni di Marsiglia e quindi proseguimmo in
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carrozze capienti verso le Tue Auguste Dimore francesi,
depositando il pericoloso fardello nei dintorni di Arques per
evitare controlli serrati da parte delle autorità vaticane […è la
stessa tomba descritta poi nel seicento dal pittore francese
Nicolas Poussin], dove non a caso allestimmo in breve un grosso
sarcofago all’interno del quale fu calato il sepolcro di Cristo e
quindi, quando ci giunse la notizia che le strade erano sgombre da
spie e curiosi poco fidati, alla fine si decise di trasportare il tutto
nel cimitero locale di Rennes-le-Chateau […trattasi della sepoltura
nella quale giacque per qualche tempo la Marie de Negre perno di
questa vicenda]. Ma grande fu la nostra costernazione allorchè ci
accorgemmo che nel sito dove avevamo deciso di depositare il
corpo di Cristo trovammo infine l’ultima dimora di Maria
Maddalena nella quale abbiamo rintracciato uno scritto aramaico
su un foglio di rame laminato che parlava chiaramente di un anello
che la Santa avrebbe trasmesso ai suoi figli. L’anello era descritto
nei minimi particolari e risulta facilmente identificabile perché di una fattura unica nel suo
genere. Sarebbe abbastanza corposo e all’esterno presenterebbe una serie di precisi intarsi che
descrivono il movimento degli astri, mentre nella parte interna vi sono incise alcune lettere
aramaiche abbastanza traducibili in quanto alludono chiaramente alla data del matrimonio con
Gesù”.
Io tremavo letteralmente dallo spavento e andai a verificare immediatamente se
l’anello al dito di Cristo coincideva con quello di Dagoberto II: uguali come due gocce
d’acqua!!
Tieni presente che la tomba nelle vicinanze di Arques esiste tuttora e a quanto sembra una
lastra della stessa fu trasportata nel cimitero accanto alla Chiesa di Maria Maddalena per
ricoprire quella della Marie de Negre d’Ables, la stessa dimora in cui giacque molto tempo
prima la moglie di Cristo.
Parte quarta.
Ma riprendiamo la lettera del Conte Vissoux: “Non potendo
quindi allocare la tomba di Cristo in quella di Maria
Maddalena, decidemmo infine di trasportarla nelle tue
dimore vicine, e come Vostra Signoria sa alla fine fu deciso
di scavare un tunnel sotterraneo in partenza da un sito
interrato del Castello e terminante in una cripta in cui, per
Vostra insindacabile scelta, creammo un unico sepolcreto
per i due illustri coniugi, provvedendo ad allinearvi anche
quella
del
Re
Dagoberto II, Padre
di Sigisberto IV, che
come
Sua
Altezza
conosce era vissuto per qualche anno nel Nostro
Beneamato Castello di Rennes a partire dall’anno 681,
per
sfuggire
agli
sgherri
che
avevano
ucciso
barbaramente lo sfortunato genitore”.
Non so perché, ma proprio in quel momento mi misi
a piangere dirottamente come se mi avessero tolto
la terra sotto i piedi. Improvvisamente la mia fede
vacillò fino a schiantarsi contro una verità terrificante che, seppure avevo cercato
fino alla morte, adesso mi appariva come qualcosa di talmente sconvolgente e
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scardinante che per diversi minuti divenni preda di una sorta di violento improvviso
capogiro ed in effetti vidi girarmi attorno quel tempio come se mi trovassi in una
giostra dell’orrore.
D’un colpo capii tutto: ero arrivato laddove forse era
meglio che non arrivassi.
Nella mia mente mi passò subito l’altro crittogramma
ricavato dall’altra pergamena che avevo trovato
maledettamente in quel pilastro all’interno della Chiesa di
Maria Maddalena. Maledetto il giorno che Dio mi
concesse di vedere quello che non avrei mai dovuto
vedere!!
Come sai il crittogramma in oggetto recita in questa maniera: Berger Pas de tentation que
Poussin Teniers gardent la clef pax DCXXXI par la croix et che cheval de dieu
j’acheve ce daemon de gardien a midi pommes blues.
Tradotta, vien fuori una sorta di assurdità sintattica praticamente e assolutamente illogica e
priva di senso: Pastorella nessuna tentazione che Poussin Teniers tengono la chiave
pace 681 per la croce e questo cavallo di dio io anniento questo demone di guardiano
a mezzogiorno mele azzurre.
Ripeto che apparentemente sembra un’accozzaglia di
parole senza fondamento, eppure stiamo attenti: Poussin
e Teniers sono due pittori famosi ed io stesso posseggo in
copia due quadri importanti di questi autori (oltre ad uno
di un anonimo del seicento che rappresenta
l’incoronazione di Celestino V, il Pontefice del gran
rifiuto che si dimise misteriosamente dalla sua
carica e poi fu tenacemente ricercato, incarcerato e
forse ucciso in maniera disumana, immortalato
mentre tiene in mano appunto una sorta di chiave;
peraltro, a proposito di questo misterioso pontefice
qualcuno avanza l’ipotesi che quando il suo corpo fu
riesumato il suo teschio presentava uno strano foro,
d’altronde è risaputo che i Templari avevano intrattenuto
con lui, prima e dopo la sua elezione, speciali rapporti di
amicizia, e un foro in un teschio sembra presentare anche
un quadro molto inquietante del Guercino), il 681 è inoltre
la data in cui Sigisberto IV, figlio di Dagoberto II, si recò nel
nostro Castello di Rennes, e per giunta indica un anno fatidico
per la storia della teologia cristiana, la data in cui fu dibattuta in
un Concilio a Costantinopoli una questione appunto molto
bizantina e incomprensibile a proposito della natura e volontà di
Cristo, un fatto molto importante perché rivela che a quel
tempo non era ancora chiaro se Gesù fosse un uomo o un
Dio e questo già di per sé è molto indicativo, senza tacere del
dettaglio molto sinistro che quando trovai le pergamene, nel
pilastro era appunto inciso il numero fatidico, che poi,
capovolgendo la colonna e depositandola all’esterno della mia Chiesa, trasformai in 1891, la
data maledetta del loro ritrovamento.
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Tra l’altro la coincidenza tra i due avvenimenti appena citati (Sigisberto IV che si
nasconde nel nostro Castello e la celebrazione del Concilio di cui sopra) risulta
fortemente sospetta, se si pensa che in fondo i due Regnanti merovingi mostrarono
una sorta di avversità per le prerogative della Chiesa, tanto che si mormora che il
Dagoberto II potrebbe essere stato vittima di un complotto ecclesiastico per togliere
di mezzo un testimone scomodo della piena umanità di Cristo, essendone peraltro un
lontano discendente.
Ancora: come tu sai, all’entrata della mia Chiesa vi è la
statua di un Demone, Asmodeo, guardiano secondo la
leggenda dei tesori di Re Salomone, che sorregge
un’acquasantiera ed inoltre d’inverno un raggio di luce,
attraversando una vetrata con su dipinte delle mele
azzurre,
le
proietta
all’interno
provocandone
uno
spettacolare riflesso.
Ti ricordo poi di sfuggita che non lontano da Rennes-le-Chateau, in aperta campagna, esiste un
luogo molto particolare in cui vi è una sorta di masso a forma di cavallo, appunto “Il
Cavallo di Dio”, un dettaglio non di poco conto e che bisogna attentamente studiare, anche se
la dicitura nella pergamena potrebbe anche contenere un riferimento velato ai Cavalieri
Templari.
Peraltro, secondo diversi esperti da me consultati e secondo
l’opinione che me ne sono fatto osservando di persona il
territorio attorno a Rennes-le-Chateau che tu conosci
meglio di me, sembra che appunto il Teniers, autore di
diversi
quadri
con
Sant’Antonio
Eremita
come
personaggio
principale,
avesse
rappresentato
velatamente nei suoi dipinti precise indicazioni
topografiche del territorio circostante le nostre zone
di campagna e di montagna.
Il cerchio dunque si chiude in questo modo: Pastorella (si
riferisce al personaggio che si può vedere nel dipinto di
Poussin), non avere alcuna esitazione-tentazione […qui il
riferimento chiaro è alle Tentazioni di Sant’Antonio del pittore
belga Teniers], perché nei quadri di Poussin e di Teniers vi
è racchiusa la famosa cifra 681 per risolvere il mistero e
per distruggere il demone che nel nostro mezzogiorno
francese ne impedisce la risoluzione, anche mediante
l’aiuto di indicazioni topografiche quali una croce e una
scultura di un “cavallo di Dio” (che in ogni caso allude
anche ai Cavalieri del Tempio) e dello splendore divino
simboleggiato dal raggio di luce che proietta nella Chiesa di Rennes-le-Chateau delle
mele azzurre anch’esse simbolo di stirpe regale, la stirpe dei discendenti di Cristo,
appunto i Re merovingi.
Parte quinta
La mia mente riandò quasi immediatamente anche alla misteriosa scritta Reddis regis cellis
arcis che si trova incisa su una delle due pietre sepolcrali della marchesa Marie de Negre
d’Ables d’Hautpoul de Blanchefort e anche qui non mi ci volle tanta fatica a capire che in
realtà il crittogramma, redatto in un latino evidentemente e volutamente sgrammaticato,
alludeva chiaramente ad un Re, che a questo punto è secondario individuare in Dagoberto II o
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in Gesù per quello che ho visto di persona, che si trovava appunto
in una tomba sotterranea.
Compresi anche che il nome del monte Cardou, sotto il quale
si trova il sito del sepolcro di Cristo, era in realtà una
contrazione di “Corps de Dieu”, il Corpo di Gesù nascosto
sotto le sue fondamenta.
Fu lì che scappai come un invasato e non ci ritornai mai più.
Questo è quanto avevo in animo di dirti e adesso per favore
restituiscimi la pace, dammi l’assoluzione e benedicimi, affinchè
possa ritornare sano e salvo nelle dimore del nostro Padre Celeste.
Del resto io credo fortemente in Dio, ma a questo punto non
più nella Santissima Trinità, in quanto appare evidente da quanto scoperto che si
tratta di un imbroglio perpetuatosi per circa venti secoli in barba alla Verità, e la
Verità viene prima di ogni altra cosa; non è stato forse lo stesso Nazareno a parlare appunto
dello Spirito di Verità?».
Riviere era talmente scosso da quanto aveva sentito
che era sotto l’effetto di una sorta di pietrificazione
vivente. Non aveva neppure la forza di parlare e il suo stesso
respiro all’improvviso si fece così lento da far temere un
abbassamento fulmineo della pressione sanguigna. Ma poi
ebbe uno scatto repentino, guardò inorridito Sauniere
come si guarda qualcosa che ci provoca dei sentimenti
di forte esecrazione e repulsione, e d’improvviso si alzò
dalla sedia e scappò come un razzo dalla canonica, qualcuno
dice pure che lo si vide addirittura
correre nelle strade e quindi nelle
campagne
finchè
non
arrivò
tramortito
nel
villaggio
di
Esperaza da cui era venuto.
Da quel momento si tappò in casa e non si fece vedere in giro per
almeno due lunghi mesi. Non officiò ovviamente per tutto questo
tempo la messa e per giustificare la sua assenza (in realtà gli venne un
febbrone e una forte depressione lo colse fino a condurlo alle soglie della pazzia) mandò a dire
ai suoi parrocchiani che per ragioni di salute si prendeva un periodo di riposo della durata di
sessanta giorni, un tempo che evidentemente parve molto
sospetto ai suoi fedeli.
Si seppe poi che, dopo che si fu ripreso dalla scioccante
confessione di Sauniere, Jean Riviere procedette ad
alcune decorazioni e modifiche della Chiesa di San
Michele di cui era parroco, provvedendo addirittura ad
allocarvi una misteriosissima scultura che rappresenta
il Cristo sepolto all’interno di una grotta, qualcosa di
talmente inquietante che ci fa capire che in effetti il
punto centrale delle rivelazioni di Sauniere avrebbe appunto riguardato l’ultima
dimora di Gesù sotto le fondamenta di un monte all’interno di una grotta scavata
all’uopo.
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(Pagina 9 di 10) Riti e Rituali: Articoli di Vipom La ricostruzione immaginaria della rivelazione fatta da
Sauniere a Riviere sul letto di morte.
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Vi è poi da menzionare un’altra strana coincidenza: Esperaza è il paese di Riviere, amico di
Sauniere, ma è anche il paese di Captier, il notaio che avrebbe registrato il famoso
testamento del 1644 dettatogli da François Pierre, Barone d’Hautpoul, marchese di
Blanchefort e signore di Rennes-le-Chateau, un documento in cui si parlerebbe di
tenebrosi segreti da tenersi celati per non sconvolgere la pace sociale.
Ce n’è quanto basta per farsi un’dea del ciclopico mistero
che attanaglia quelle apparentemente sperdute zone della
Francia meridionale, che sembrano essere state visitate nel
passato da diverse personalità di alto spessore politico e
religioso, tra cui l’ex Presidente francese Mitterand e
l’allora Nunzio Apostolico Angelo Roncalli, il futuro
Giovanni XXIII.
Perché tutta questa attenzione per un paesino
sperduto di poche anime quale Rennes-le-Chateau?
Per concludere una chicca proprio a proposito di Giovanni XXIII: orbene, in relazione al suo
papato e a ciò che ha rappresento per quei tempi, si dice che egli apportò alla politica vaticana
dei cambiamenti straordinari, se non fosse che rappresentano mosse che fanno pensare che in
un certo senso egli era a conoscenza di certi misteri riguardanti Rennes-le-Chateau; modificò
ad esempio i rapporti tra Chiesa e Massoneria, facendo capire che in sostanza un cristiano
poteva rimanere tale anche se appartenente a determinati raggruppamenti segreti.
Ma ciò che più colpisce l’immaginazione e che getta una luce
sinistra su tutta la vicenda di questo villaggio del sud francese
fu il contenuto di una sua lettera papale misteriosissima
del 1960, nella quale in sostanza parlò della salvezza umana
che si sarebbe ottenuta grazie allo spargimento del sangue
di Cristo.
E’ una lettera molto carica di oscuri significati, perché
affermerebbe (il condizionale è d’obbligo vista la difficoltà
esegetica e l’astrusità del documento in oggetto) che la redenzione dell’essere umano sarebbe
stata ottenuta grazie alle sofferenze e al versamento del sangue di Gesù (qualcuno pensa
che in questa maniera si è messa quasi in secondo piano la teoria della crocifissione
e resurrezione del fondatore del cristianesimo), dichiarazioni e interpretazioni che, se
corrispondessero al vero, risulterebbero fonte perenne di angosce e dubbi tremendi.
Saluti
Vipom
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Misteri e Segreti: http://vipom.splinder.com
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Sauniere a Riviere sul letto di morte.

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