Quei trucioli da amare

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Quei trucioli da amare
Orizzonti
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Quei trucioli da amare
Il poeta piazzese presenta ai pomeriggi letterari,
Sfanfùgghiuli, la sua nuova raccolta di poesie e prose in
vernacolo.Eclettico, artista multiforme, poeta, pittore e
attore, Pino Testa ha vissuto due vite parallele: la prima
quella del suo lavoro, condotto per anni con correttezza e
dignità nei polverosi uffici del comune, l`altra vita, quella
della fantasia, delle passioni e della malinconia, vissuta
d`estate nel suo terrazzino nel quartiere Monte, in
compagnia di cinguettanti canarini e di strane elisioni,
troncature e versi dal sapore antico, usati con straordinaria
maestria, per dare forma a lucide invettive del suo spirito
civico e della sua irruenza politica, o per offrire il colore del
delicato sentimento di uomo innamorato della sua donna,
della sua terra, della antica cultura dei padri. Il meglio di sé
Pino Testa lo sta regalando a piene mani nella sua tarda
età, ora che è a metà tra gli ottanta e i novanta, ogni
occasione nella quale il poeta ci offre una sua opera e il
privilegio di sentirla interpretata dalla sua voce, è un dono
prezioso che si scolpisce nel cuore. Lo ha fatto nella
rassegna letteraria estiva all`ombra dei gelsi, del Convento
di Sant`Anna, con intorno altri tre straordinari artisti, Lucia
Todaro, Tanino Libertino e Tanino Platania, convenuti per
celebrare il maestro, in occasione della pubblica
presentazione della sua ultima opera (ma ci auguriamo non l`ultima): «Sfanfùgghiuli». Trucioli, sfanfùgghiuli,
rimasti sul banco da lavoro, dopo la fatica di straordinarie «P`nz`ddiadi», con le quali Testa aveva raccolto delicate
poesie e indignate invettive che, tutte, tratteggiano un amore grandissimo per questa nostra straordinaria e
martoriata città; l`amore per Ciazza, benedizione e maledizione di chi vi è nato. La più contrastante tra le contrade
di Sicilia, terra di enormi speranze e di cocenti delusioni, ricchezza immensa e povertà, grande passato e
miserabile presente.Sfanfùgghiuli sono carte sparse, pensieri in rima, perduti per cassetti, qualche verso che non ha
trovato posto in altre raccolte, qualche dolore ritrovato, un ricordo birichino, uno scritto corsaro e impenitente, lo
sfottimento ironico di un personaggio, il ricordo di come vivevamo un cinquantennio addietro, l`avvertimento di un
cambiamento dell`età, la suggestione potente di un distacco che s`avvicina. Il pomeriggio piazzese
postferragostano è perfetto: non c`è caldo, il cielo è azzurro, qualche volo d`uccelli scandisce l`attesa nel cortile
del convento. Tanino Platania prova l`amplificazione. L`ora fissata è appena trascorsa, le diciotto e trenta, un`ora
che si addice all`età del maestro. Ma lui ancora non c`è. Mentre altri convenuti arrivano frettolosamente, pensando
di essere in ritardo, qualcuno sollecita l`autore: «Ma Testa non esce?» Dalla platea una voce sorniona e indistinta,
precisa: «Sta dando gli ultimi ritocchi al trucco». Nessuno ci crede. Poi eccolo, entra in scena accolto da un applauso
come una diva, gli tremano un poco le mani e le parole. Ma chi ha visto Pino Testa esibirsi, anche in altri tempi, sa
che quella emozione è del tutto normale, dura pochi minuti, poi esce fuori un altro personaggio che padroneggia la
mimica e la voce. Un veloce saluto, quindi è Lucia Todaro ad offrire agli ospiti un breve saggio sul Galloitalico, farà
da dotta introduzione al volteggiare della poesia, affidata non solo all`autore ma all`interpretazione dei due
Tanini, il Libertino e l`altro, il Platania. Quest`ultimo non disdegna neppure d`indossare i panni di un carrettiere
siciliano, con tanto di mantella e di coppola, per dare ai versi del collega Pinuzzu maggiore realismo. La
performance strappa calorosi applausi. Tanino Libertino, compassato e serio, offre un caldo tono della voce e una
dizione perfettamente adatta ai versi del poeta. Ogni volta che uno dei due finisce la sua lettura, Pinuzzu si alza e lo
bacia, con particolare insistenza per il Platania, che è sembrato compiacersi non poco di quest`atto d`amore del
maestro. Ma a scanso d`equivoci e per fatto di giustizia, è da dire che Pino Testa ha baciato più volte anche Lucia
Todaro, voce femminile del trio dei lettori, custode severa dell`ortodossia vernacolar-grammaticale, e vera
animatrice culturale dell`attuale lunga stagione di una lingua morta nel parlato, ma ancor viva nella produzione e
nello studio del mondo accademico. Lucia Todaro aveva molto insistito, nella sua introduzione, sulla straordinaria
capacità di Pino Testa, di riportare alla memoria, suoni e luci di tanti anni fa, di una Piazza che non c`è più ma che
fa parte del nostro bagaglio emozionale e della nostra cultura. Un sapore, tutto legato ai suoni della lingua, che in
Pino Testa scaturisce dalla sua capacità di usare i versi come se fossero pennelli, guidati da una sensibilità di poeta
e di interpretare in chiave lirica il paesaggio. Una caratteristica, per certi aspetti unica, nella quale il poeta
raggiunge lusinghieri risultati e della quale la raccolta «Sfanfùgghiuli» è ampiamente disseminata. La polemica
politica è un altro punto forte di Testa: U ciàng a Cattadràu, A funtana dû Ciang â Staziöngh`, Rrazza&. ndannàda,
U rr`ddogg` dû Palazz` dû Senatu, ne sono eloquenti esempi. Ma Pino Testa ha raggiunto l`apoteosi,
naturalmente al termine dell`evento, con la sua straordinaria interpretazione della bellissima «Vuléss dorm`
&ancöra»: lacrime per tutto l`uditorio e applausi, misti ai saluti, col groppo in gola.Maurizio
Prestifilippo ______________________Pino Testa - Sfanfùgghiuli Poesie e Prose in Galloitalico PiazzeseEdito in proprio
dall'autore - ¬ 10.00 (Nelle librerie di Piazza Armerina)
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