Il “consolido” ipotecario: problematiche fallimentari

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Il “consolido” ipotecario: problematiche fallimentari
Luglio 2013
Il “consolido” ipotecario: problematiche fallimentari e riflessi penali
Fabrizio Dotti, Simmons & Simmons
Il presente lavoro intende dare al lettore una panoramica delle maggiori tematiche legali
che emergono nell’adozione del cosiddetto “consolido” ipotecario, meccanismo di
dilazione dei debiti bancari diffuso nella prassi, specialmente in questi anni di crisi.
Per “consolido” o “consolidamento” (anche se quest’ultimo termine è più spesso
utilizzato per designare il decorso del termine di revocabilità di una garanzia) si intende,
nel linguaggio bancario, la capitalizzazione di un debito chirografario, normalmente
originato da una esposizione “a vista” a breve termine, e la sua “trasformazione” in un
debito a termine di durata superiore a diciotto mesi.
Tale “consolido” può essere astrattamente realizzato in due modi principali: mediante
una semplice capitalizzazione, accompagnata da una rateizzazione del debito o
mediante un rifinanziamento del debito originario. Ciò si accompagna spesso alla
concessione, da parte del debitore, di una garanzia reale al creditore, di regola
un’ipoteca immobiliare.
Due esempi di tali modalità, che potremmo definire rispettivamente “non novativa” e
“novativa”, chiariscono in termini pratici di cosa si tratta.
Nel primo caso (da me definito modalità “non novativa”), si immagini che la società
Alfa abbia un debito nei confronti della Banca Beta di Euro 1.000.000, per scoperto di
conto corrente derivante da un’apertura di credito (sia essa a termine o a tempo
indeterminato) che il debitore non è in grado di rimborsare. Alla complessiva
determinazione del debito, hanno concorso sia i prelievi dal conto corrente operati dalla
società a valere sull’apertura di credito, che gli interessi e le commissioni via via
maturati. L’origine del debito in conto corrente può essere, in realtà, anche diversa; ad
esempio, può essere dovuta all’addebito di insoluti derivanti da anticipi SBF di fatture
poi non pagate dai debitori di Alfa a scadenza, ma il punto non è questo.
Il debitore Alfa non è in grado di restituire immediatamente l’intero debito di un
milione e, allora, chiede ed ottiene dal suo creditore Beta di rimborsare in via rateale
tale importo. Ad esempio, Alfa ottiene dalla Banca Beta di rimborsare il milione dovuto
in cinque anni, con dieci rate semestrali di Euro 100.000 ciascuna; sul debito
complessivo così rateizzato, il debitore corrisponderà ogni semestre anche un interesse.
1
A garanzia della restituzione del proprio debito, Alfa concede a Beta un’ipoteca su un
proprio bene immobile.
Va detto che tale fattispecie è, in realtà, la meno frequente delle due; anticipando un
attimo le conclusioni di questo lavoro, si può dire che emerga “ictu oculi” la
circostanza che l’ipoteca non è contestuale al debito garantito e che la garanzia è
concessa proprio per rafforzare la posizione del creditore in presenza di difficoltà
finanziarie del debitore, con le conseguenze che poi vedremo in materia di caso di
successivo fallimento di Alfa.
Nel secondo caso (che io chiamo modalità “novativa”), Alfa chiede ed ottiene dalla
Banca Beta un mutuo ipotecario di un milione. Il mutuo viene erogato da Beta dopo
l’iscrizione di ipoteca sul bene posto da Alfa a garanzia; nel caso di un mutuo avente le
caratteristiche per essere qualificato come “fondiario” ai sensi degli articoli 38 e
seguenti del Testo Unico Bancario1, l’erogazione avviene dopo dieci giorni
dall’iscrizione dell’ipoteca, nella convinzione che dopo tale periodo l’ipoteca benefici
dell’impossibilità di assoggettamento a revocatoria fallimentare prevista dall’articolo
39, comma 4, del Testo Unico Bancario.
All’atto dell’erogazione, il mutuo viene contestualmente utilizzato dal debitore per
estinguere il debito sul conto corrente, che quindi viene azzerato. Spesso la banca, per
ovvie ragioni di cautela, imposta quest’operazione condizionando l’erogazione del
mutuo alla consegna, da parte del debitore (nonché mutuatario) di un ordine irrevocabile
di giroconto del netto ricavo del mutuo stesso2 dal conto sul quale viene erogato al
conto nel quale è contabilizzato il debito da estinguere.
Il mutuo sarà quindi oggetto di ammortamento; il che significa che Alfa, nel nostro
esempio, avrà estinto il debito chirografario di un milione, già scaduto ed esigibile,
1
L’articolo 38 del Testo Unico Bancario definisce al primo comma il mutuo fondiario come il
finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili concesso da
banche. Elementi distintivi della fattispecie sono dunque: la parte finanziatrice che deve essere una banca;
il finanziamento che deve avere durata superiore a diciotto mesi, il finanziamento che deve essere
garantito da ipoteca di primo grado su bene immobile (salve le eccezioni ammesse dalla Banca d’Italia in
presenza di determinate garanzie integrative) e l’ammontare massimo finanziato che deve essere definito
in proporzione al valore della garanzia immobiliare. L’istituto, si caratterizza, inoltre, per le condizioni di
favore che sono riconosciute ai crediti e che possono riassumersi brevemente nei seguenti punti:
a)
deroghe alla disciplina di diritto comune delle ipoteche (articolo 39 Testo Unico Bancario);
b) estinzione anticipata e risoluzione del rapporto (articolo 40 Testo Unico Bancario);
c)
cancellazione delle ipoteche (articolo 40-bis Testo Unico Bancario);
d) procedimento esecutivo (articolo 41 Testo Unico Bancario).
2
Per netto ricavo si intende l’importo complessivo del mutuo erogato al netto delle tasse, imposte,
commissioni, costi e spese relative alla concessione del mutuo stesso. Tali voci di costo, a cominciare
dall’imposta sostitutiva dello 0,25% sul capitale mutuato (prevista dal D.P.R. 601/1973) vengono
solitamente trattenute dalla banca all’atto dell’erogazione del mutuo.
2
verso la Banca Beta, e sarà tenuto a rimborsare il debito ipotecario di pari importo a
rate, in un determinato periodo di tempo, corrispondendo un interesse su tale debito.
In entrambi i casi descritti, la Banca Beta farà affidamento sull’ipoteca immobiliare,
quale garanzia della restituzione del debito rateizzato. In caso di mancato rimborso, il
creditore potrà dar corso all’esecuzione forzata sull’immobile ipotecato e soddisfarsi sul
ricavato a concorrenza del credito dovuto.
Questo meccanismo comporta, tuttavia, rilevanti conseguenze legali nel caso di
fallimento del debitore.
Immaginiamo ora per un attimo che, nel momento in cui l’operazione veniva
perfezionata, Alfa fosse in situazione di insolvenza o prossima all’insolvenza e che,
persistendo tale situazione, la società venga dichiarata fallita nell’arco di tempo di
qualche mese.
Nell’ipotesi “non novativa”, non c’è dubbio che l’ipoteca concessa sia suscettibile di
revocatoria fallimentare ai sensi dell’art. 67, comma 1, della legge fallimentare.
Nel caso specifico, il creditore, vista anche la sua natura di soggetto “sofisticato”, al
quale si applica uno standard di diligenza professionale elevato, difficilmente potrà
dimostrare la non conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. Trattandosi poi di
ipoteca concessa per garantire un debito non contestuale, ricorrerà il caso di cui al
numero 3 del comma 1 (revocabilità della garanzia data nell’anno antecedente il
fallimento, se il debito garantito non era scaduto) o di cui al numero 4 del medesimo
comma (revocabilità della garanzia data nei sei mesi antecedenti il fallimento, se il
debito garantito era scaduto).
È proprio il caso che lo spirito della norma intende colpire. Il creditore comprende che il
debitore è in difficoltà e si fa dare una garanzia su un debito pre-esistente, a discapito di
tutti gli altri creditori.
Si segnala poi che, secondo un orientamento giurisprudenziale, in questo caso la
garanzia concessa non contestualmente al sorgere dell’obbligazione potrebbe essere
addirittura riconducibile alla categoria degli atti a titolo gratuito e quindi soggetti ad
inefficacia ai sensi dell’articolo 64 L.F.3. L’inefficacia può essere dichiarata nei
confronti degli atti compiuti nei due anni antecedenti il fallimento.
Da un punto di vista penale, invece, la giurisprudenza ha affermato in talune sentenze
che la trasformazione di un credito chirografario in credito privilegiato, con la
costituzione effettiva di una garanzia in tempi sospetti ed in presenza dello stato di
3
Cass. Civ. n. 12507/2010, nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che “la garanzia prestata dal terzo non
poteva considerarsi una controprestazione in ragione del fatto che essa era sta concessa non già in
funzione dell’attivazione dei rapporti di conto corrente, bensì in un momento posteriore alla formazione
della maggior parte del debito ed al sorgere della esposizione debitoria”.
3
insolvenza, equivalgono alla “simulazione” di un titolo di prelazione prevista dall’art.
216, terzo comma, della L.F. (c.d. “bancarotta preferenziale”).
L’adozione di una nuova garanzia su un debito che, invece, non è nuovo neppure in
parte, conduce, secondo talune corti penali, al medesimo risultato di alterazione della
par condicio creditorum previsto dalla norma per il caso di simulazione vera e propria.
Di conseguenza, sussistendone tutti gli altri elementi costitutivi della fattispecie, non è
da escludere che l’amministratore di Alfa possa vedersi contestato il reato di bancarotta
preferenziale di cui al riferito articolo 216, comma 3, L.F.4. Circostanza più difficile, ma
che non può escludersi in assoluto, qualora si provi che l’operazione è stata così
congegnata dietro espressa indicazione della banca, è che il funzionario della Banca
Beta che ha collaborato con il debitore possa vedersi contestato il concorso nel reato
commesso dall’amministratore di Alfa.
L’ipotesi “novativa” si presenta come più “sottile”. Tuttavia, si può dire, con una buona
approssimazione, che la risposta circa la “difendibilità” in sede fallimentare e penale
risieda in una valutazione di merito: quanto più l’ipotesi è simile nella sostanza
all’ipotesi precedente (come nel mio secondo esempio, volutamente provocatorio, che
vede protagonisti la società Alfa e la Banca Beta) tanto più è a rischio di essere trattata
nel medesimo modo.
Nell’ipotesi di un consolido realizzato con l’erogazione di un mutuo fondiario, il
creditore bancario che fronteggi un’azione tesa a far revocare la garanzia ipotecaria,
potrebbe difendersi eccependo l’avvenuta inattaccabilità dell’ipoteca, in virtù della
norma di tutela contenuta nell’art. 39, comma 4, del testo unico bancario5. Una certa
giurisprudenza6 ritiene che il beneficio del cosiddetto “consolidamento breve” e
dell’esenzione dei pagamenti di crediti fondiari da revocatoria, derivi dall’ampia
definizione di credito fondiario, che sussisterebbe in tutte le ipotesi in cui un
finanziamento ipotecato venga qualificato dalle parti come contratto di finanziamento
fondiario e rispetti i requisiti ai quali la legge riconnette tale qualifica7.
Tuttavia, ad una lettura maggiormente approfondita, un indirizzo giurisprudenziale più
rigoroso rileva che, ciò che va apprezzato nel valutare la qualificazione del
“rifinanziamento” come fondiario, è lo scopo complessivo del negozio posto in essere
dalle parti con il finanziamento fondiario erogato. In particolare, la giurisprudenza in
questione ritiene che un mero rifinanziamento ipotecario di un debito chirografario,
4
Cass. Pen. n. 16688/2004.
5
L’art. 39, comma 4, del decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 (c.d. “testo unico bancario”)
stabilisce che le ipoteche iscritte a garanzia dei finanziamenti fondiari non sono assoggettate a revocatoria
fallimentare quando siano state iscritte dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza dichiarativa
di fallimento (c.d. “consolidamento breve”). Peraltro, la stessa norma stabilisce un’esenzione da
revocatoria fallimentare anche dei pagamenti di crediti fondiari.
6
Cass. Civ. n. 11559/2008.
7
Si veda la nota 1.
4
senz’altra finalità, si tradurrebbe in un negozio-procedimento indirettamente (e soltanto)
solutorio, equivalente ad un pagamento “con mezzi anormali”. In altri termini,
l’operazione di finanziamento fondiario sarebbe soltanto “simulata”, dato che il
mutuatario non conseguirebbe, all’atto pratico, la reale disponibilità della somma
mutuata e, pertanto la garanzia ipotecaria verrebbe a garantire sostanzialmente un
precedente debito chirografario.
Sulla base di queste considerazioni, l’estinzione del debito chirografario, operata con i
proventi del mutuo, in quanto operazione simulata sarebbe revocabile ex articolo 67,
comma 1, n. 2 della legge fallimentare. Parimenti, verrebbe meno la natura “fondiaria”
dell’ipoteca e, quindi, la tutela contro la revocatoria, accordata dal testo unico bancario,
non sussistendo, a tutti gli effetti, una vera operazione di mutuo fondiario (in realtà,
dovremmo dire, non sussisterebbe tout court un’operazione di mutuo), alla quale
l’ipoteca sarebbe connessa8.
La giurisprudenza maggioritaria9 ritiene che, all’interno dello scopo del credito
fondiario, possa anche rientrare la finalità di concedere un prestito in grado di
permettere all’impresa mutuataria di superare momenti di difficoltà, offrendo, ad
esempio, le disponibilità finanziarie per permettere che i processi di ristrutturazione o di
riconversione della produzione avvengano senza procurare squilibri nell’impresa e di
intervenire per reintegrare la liquidità di quest’ultima quando sia stata pregiudicata da
un eccesso di immobilizzazioni. Rientrerebbero, inoltre, in tali ipotesi anche quelle
operazioni aventi lo scopo di sostituire crediti pregressi con crediti nuovi, che quindi
risulterebbero esclusi dall’applicabilità della revocatoria fallimentare10.
Ma allora in cosa si differenzia un’operazione di rifinanziamento (legittima) del tipo
appena delineato, rispetto ad una operazione che può essere fulminata da revocatoria?
La giurisprudenza ci fornisce una serie di indici, da questo punto di vista.
Anzi tutto, assume rilievo il soggetto (bancario) che effettua l’operazione di
rifinanziamento. Se il mutuo ad estinzione del debito pregresso è concesso in toto dalla
medesima banca titolare del debito estinto, l’operazione si presta meno a rientrare
nell’ambito legittimo sopra identificato. Altro elemento determinante è dato dallo scopo
complessivo; un mutuo concesso con plurime finalità (tra le quali, ma non solo,
l’estinzione di debiti chirografari pregressi) è molto più in linea con la definizione sopra
riportata. Un mutuo che sia destinato integralmente all’estinzione di un debito
chirografario è, da questo punto di vista, molto più sospetto.
8
Cass. Civ. n. 11559/2008; si pensi all’ipotesi, in cui la somma mutuata, accreditata sul conto corrente
del cliente, venga contestualmente utilizzata per estinguere pregresse passività del medesimo verso la
banca. L’operazione in questione, infatti, non esprimerebbe altro che la realtà del contestuale ritorno della
medesima somma alla banca mutuante ed estinzione dei suoi crediti.
9
Corte di Appello di Milano del 17 ottobre 2006 come richiamata dalla Cass, Civ. n. 9482/2013.
10
Cass. Civ. n. 11559/2008.
5
Pur potendo senz’altro essere un elemento da rilevare, è viceversa incerto il peso che
assume, in questa valutazione, il vantaggio per il debitore di ottenere, con il
rifinanziamento, la possibilità di un rimborso dilazionato di un debito che, altrimenti
potrebbe essere immediatamente esigibile per intero, così come l’eventuale minor onere
finanziario sul debito (il mutuo potrebbe ben avere, e di solito ha sempre, un tasso di
interesse significativamente inferiore al tasso del debito chirografario rifinanziato).
In sintesi, si può ritenere che l’elemento fondamentale per valutare la legittimità o la
“natura simulatoria” del finanziamento, venga identificato nella finalità economica
dell’operazione complessiva. Tanto più l’operazione di finanziamento risponde ad una
finalità economica sua propria (all’interno della quale può ben essere anche compreso il
rifinanziamento di debiti chirografari pregressi), tanto più essa si presta ad essere
giustificata e non qualificabile come una mera “aggiunta di garanzia” ad un debito
chirografario con problematicità di rimborso.
Dal punto di vista penalistico, va detto anzitutto che esistono ben pochi precedenti al
riguardo. Considerata la grande diffusione della prassi del rifinanziamento ipotecario di
debiti a breve, è forse già possibile leggere in tale circostanza un elemento positivo (per
chi rifinanzia e per chi è rifinanziato).
I pochi precedenti di giudici penali disponibili sottolineano la necessità che l’operazione
di consolido a mezzo di rifinanziamento, per non rivestire natura simulatoria, debba
avere una sua dignità economica, non potendosi ridurre semplicemente ad un
“giroconto” ad apparente estinzione di un debito chirografario, senza nessun ulteriore
elemento economico apprezzabile11.
In un singolo caso, la giurisprudenza di merito ha riconosciuto in capo al dipendente di
banca un possibile concorso anche nell’eventuale ipotesi di reato di bancarotta per
ritardato fallimento compiuto dagli amministratori del debitore fallito (art. 217 L.F.)12.
11
Cfr. Cass, Penale n. 16688/2004 che, pronunciandosi su un’imputazione di concorso in bancarotta
preferenziale a carico di due funzionari di banca, dopo aver statuito il principio secondo il quale la
concessione di ipoteca in una operazione di rifinanziamento ipotecario poteva considerarsi “simulatoria”
di un titolo di prelazione (come previsto dall’art. 216, comma 3 L.F. sulla bancarotta preferenziale), ha
rinviato alla Corte di Appello per un nuovo giudizio di merito.
12
Tribunale di Brescia del 7 dicembre 2006: “gli operatori bancari che deliberando un operazione di
finanziamento nel contesto di un fittizio piano di risanamento, volto in realtà ad un duplice scopo
preferenziale (simulazione di titoli di prelazione e recepimento di pagamenti violativi della par condicio
creditorum) scientemente rafforzino la condotta omissiva degli amministratori, consistita nell’astensione
dal ricorso al fallimento in proprio devono ritenersi concorrenti nell’ipotesi (dolosa) di bancarotta
semplice nella forma dell’aggravamento del dissesto”. Il riferimento parrebbe quindi fatto ad un caso nel
quale il piano di risanamento della società era una mera finzione, della quale sarebbe stato complice o
quantomeno consapevole partecipante l’operatore bancario che aveva realizzato l’operazione di
consolido.
6
Va comunque detto che, soprattutto nella giurisprudenza penale, il principio enucleato
nella sentenza va poi calato nel caso pratico giudicato dalla corte. Leggendo
approfonditamente la (poca) giurisprudenza penale disponibile, viene il dubbio che, in
realtà, i giudici abbiano esaminato casi “estremi”13.
Val la pena di concludere ricordando che, a questo proposito, soccorrono gli strumenti
“protettivi” previsti dal diritto fallimentare, quali il piano di risanamento asseverato (art.
67, terzo comma, lettera “d” L.F.), l’accordo di ristrutturazione omologato (art. 182 bis
L.F.) o il concordato preventivo.
Tali strumenti presuppongono la sussistenza di un piano economico finanziario, atto
proprio a dimostrare l’idoneità delle operazioni poste in essere a permettere il
raggiungimento dell’obiettivo dello strumento stesso (il risanamento, nel caso del piano
ex art 67 L.F., l’attuabilità dell’accordo, con particolare riferimento al pagamento
integrale dei creditori estranei, nel caso dell’accordo ex art. 182 bis L.F. e la fattibilità
del piano concordatario, nel caso del concordato preventivo).
La obiettiva finalità economica dell’operazione di rifinanziamento ben potrà emergere
nella sua dignità, autonomia e legittimità, mediante l’utilizzo di uno questi strumenti di
tutela, che, ricorrendone i presupposti, daranno al creditore il non indifferente beneficio
della tutela di diritto dalle azioni revocatorie e da taluni reati fallimentari astrattamente
configurabili, nell’ipotesi sfortunata di insuccesso del piano e successivo fallimento del
debitore.
13
Lo stesso Tribunale di Brescia, nella sentenza citata in nota 12, pare far riferimento, a proposito del
concorso del creditore nel reato di bancarotta preferenziale del debitore fallito, alla necessità che ricorra
in capo al creditore “…un “quid pluris” rappresentato dalla cooperazione del creditore alla violazione
della “par condicio” nella forma dell’accordo, dell’istigazione, della determinazione e del
rafforzamento del proposito delittuoso”.
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