Scarica questo file PDF
Transcript
Scarica questo file PDF
de genere Rivista di studi letterari, postcoloniali e di genere Journal of Literary, Postcolonial and Gender Studies http://www.degenere-journal.it/ @ Edizioni Labrys -- all rights reserved ISSN 2465-2415 Lampião da Esquina. * L’uscita dal “gueto” del movimento di liberazione omosessuale brasiliano Nicolò Pezzolo Università degli Studi di Genova [email protected] O Lampião da Esquina è la prima rivista apertamente omosessuale dal contenuto non porno-erotico circolata in Brasile dal 1978 al 1981, voce pioniera del movimento di liberazione omosessuale brasiliano, su cui scrissero i creatori di SOMOS, la prima associazione nata in Brasile in difesa dei diritti LGBT. Il lavoro propone una riflessione sull’alterità, specie sul rapporto colonizzatori-colonizzati del Brasile di quegli anni, e sulla decostruzione dello stereotipo dell’omosessuale, la cui definizione, nei vari numeri della rivista viene continuamente rinnovata, rivelando l’assimilazione delle critiche e del discorso scientifico da parte della redazione. Nonostante sia un giornale orientato alla difesa di un’onnicomprensiva categoria di “omosessuali”, si percepisce come il discorso della rivista (cfr. Foucault 1971) soggiaccia a poteri invisibili che fanno emergere contraddizioni e come esso sia indirizzato, benché indirettamente, a una classe erudita e letterata, a causa della composizione della redazione, bianca e colta. Comunque, O Lampião da Esquina è stato la voce di una minoranza resa “soggetto del discorso” (cfr. Preciado 2002) e ha proposto una analisi improntata a prospettive teoriche multidisciplinari che mostrano il legame diretto tra la storicità dell’omosessualità e la discorsività letteraria sulla sessualità omoerotica. Nicolò Pezzolo è dottorando DOSS della Scuola di Scienze Sociali dell’Università degli studi di Genova XXX ciclo, ed è laureato in Antropologia Culturale e Etnologia presso la stessa Università. * Il nome del giornale tradotto in italiano, significa letteralmente “il lampione all’angolo”. Tutte le traduzioni dal portoghese incluse in nota sono mie. NICOLÒ PEZZOLO, L’USCITA DAL “GUETO” DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE OMOSESSUALE BRASILIANO Introduzione Em nossa sociedade, devido à hegemonia branca, masculina, heterossexual e cristã, têm sido nomeados e nomeadas como diferentes aqueles e aquelas que não compartilham desses atributos. A atribuição da diferença é sempre historicamente contingente, ela é dependente de uma situação e de um momento particulares.1 (Louro 1999, 49) Il seguente articolo presenta l’inizio di una ricerca ancora parziale sui movimenti sociali di liberazione LGBT. In questo caso si presenterà un’analisi sulla stampa alternativa brasiliana, riguardante in particolare gli anni tra il 1978 e il 1981, periodo di pubblicazione della rivista Lampião da Esquina. Si cercherà di prendere in considerazione, attraverso un’analisi metodologicamente variegata, l’espressione culturale e letteraria di una minoranza subordinata. Il periodico vide la pubblicazione di trentotto numeri, alcuni dei quali sono presi in considerazione come fonte d’analisi. Attraverso un’indagine di stampo storiografico, filologico e filosofico, cercherò di raggiungere un’oggettivazione della pratica discorsiva proposta dal giornale: una voce contro in una società, quella brasiliana, che stigmatizzava e mistificava la figura dell’omosessuale durante gli ultimi anni della dittatura militare. Cercherò inoltre di cogliere i limiti discorsivi della rivista, mostrando come tra le sue pagine si possa cominciare a leggere una definizione di omo-normatività. Lampião da Esquina rappresenta comunque un primo importante tentativo di de-costruire lo stereotipo omosessuale, processo che implica la comprensione della condizione che occupa la figura dell’omosessuale in un dato periodo e in un dato contesto, in relazione a rapporti di potere da cui emergono risvolti storici, sociali e culturali.2 L’articolo si propone di indagare la definizione di soggettività omosessuale che emerge dalla lettura dei numeri del giornale, esaminando la costruzione sociale e culturale di tale categoria. Il condizionamento dovuto al periodo e al luogo di uscita, che si può ricondurre al paradigma dicotomico homo/etero, rivela dinamiche di potere egemoniche, che a loro volta diventano visibili nel momento in cui si procede all’analisi della costruzione del discorso. Il lavoro di Foucault orienta il flusso di quest’articolo; dalla sua opera provengono gli spunti d’analisi principali con cui si prende in considerazione la relazione tra discorso, verità e potere nella costruzione della sessualità (Foucault 1972 e 1978). Si tiene inoltre in considerazione l’enorme lavoro critico dei gender studies, che hanno inaugurato un programma di ricerca orientato a decostruire il “modello etnico” di omosessualità (Butler 1993 e 2005). Lampião da Esquina, come suggerisce Beatriz Preciado (2002), diventa strumento della minoranza per emanciparsi e rendersi soggetto del discorso. 1 “Nella nostra società, a causa dell’egemonia bianca, maschile, eterosessuale e cristiana, sono stati nominati e nominate come diversi quelli e quelle che non condividono questi attributi. L’attribuzione della differenza è sempre storicamente contingente, è dipendente da una situazione e da un momento particolare.” 2 Una piccola parentesi va aperta sui termini usati in questo articolo. Simões e Facchini (2008) rilevano che quello che oggi è comunemente chiamato “movimento LGBT” e precedentemente “movimento gay”, negli anni in cui il giornale vide la luce era chiamato “movimento omosessuale”. La parola gay non era accolta positivamente, forse a causa della sua origine statunitense (sui giornali brasiliani apparve scritta “guei”). La decisione, in quest’articolo, di riferirsi al giornale e ai movimenti politici con il termine “omosessuale” è quindi suggerita dal fatto che era il termine usato allora. 94 DE GENERE 1.1 (2015): 93-106 Il giornale, nel corso dei suoi tre anni di vita, diventò uno degli elementi catalizzatori del movimento di liberazione omosessuale brasiliano, oltre a fornire spunti per analizzare il movimento nel suo stato attuale stabilì un dialogo con i suoi lettori, con la comunità gay e con la società in generale. Cercando di dare coscienza e visibilità ai suoi lettori e di promuovere lo scambio di esperienze, Lampião costruì una piattaforma comunicativa che generò dibattiti, riflessioni e immagini che agirono sulla soggettività omosessuale. L’analisi degli articoli e dei temi proposti dalla rivista rivela una continua speculazione sulle relazioni di genere nel Brasile di quegli anni: la forza del discorso eterosessuale-maschilista influisce su queste relazioni “gerarchizzandole e verticalizzandole”, e infatti anche all’interno del movimento omosessuale il femminile viene stigmatizzato e sminuito. La lettura e l’analisi del Lampião da Esquina permettono di individuare alcuni elementi della cosiddetta microfisica del potere all’interno di un neonato movimento di liberazione omosessuale brasiliano. Attraverso il suo progetto comunicativo e politico la rivista riuscì, in quegli anni, a costruire e forgiare nuove identità affermative. Contesto e storia Durante il processo di ri-democratizzazione del Brasile che iniziò durante il governo Geisel (1974-1979), attraverso una distensione lenta e graduale, il dialogo tra il governo e i nuovi movimenti sociali, dopo più di dieci anni di dittatura militare, riprese vigore. In un certo senso l’elezione di rappresentanti attenti alle problematiche sociali incentivò la partecipazione delle minoranze alla vita politica del paese. Questa distensione fece in modo che alcuni gruppi di individui agissero collettivamente per rivendicare i propri diritti in quanto cittadini. Si formarono così movimenti sulla base di obiettivi e interessi comuni, che agivano attraverso una riappropriazione delle pratiche sociali del loro quotidiano. Nel caso dei movimenti omosessuali brasiliani, gran parte della produzione scientifica e letteraria inizia e si accresce nel corso degli anni ’70, contestualmente alla già menzionata distensione politica. Nel maggio del 1978 uscì nelle edicole delle più grandi città del paese Lampião da Esquina, una rivista destinata a diventare una pietra miliare nel panorama del movimento di liberazione omosessuale. Prima del Lampião vi furono altri progetti di stampa alternativa diretta ad un pubblico omosessuale o ad altre minoranze: in Brasile, come dicono gli stessi editoriali del Lampião, già all’inizio degli anni ’60 comparvero alcuni giornaletti che facevano riferimento al mondo dell’omosessualità (all’epoca si preferiva frequentemente il termine homossexualismo al posto del più attuale homossexualidade). Si trattava di giornali a bassa tiratura, dedicati più che altro a questioni culturali, artistiche o legate alle pratiche di aggregazione sociale, che non si dedicavano ancora al tema della sessualità come campo d’indagine. Nello stato di Rio de Janeiro erano già comparse alcune pubblicazioni come La Femme, Gente Gay, Eros, Aliança de Ativistas Homossexuais, Suburbio a Noite, La Saison, O Centauro, O Vic, O Grupo, Darling, Gay Presse Magazin, 20 de Abril, O Centro e il famoso periodico Snob, in stampa dal 1963 al 1969, che può essere considerato il precursore del Lampião da Esquina come riferimento alla costruzione dell’identità omosessuale brasiliana. Nonostante la tiratura estremamente limitata di questi giornali, l’importanza che rivestirono fu notevole. La loro diffusione mostrò la formazione e l’articolazione di un vero e proprio movimento gay, tanto che fu creata un’Associação Brasileira de Imprensa Gay (ABIG) dagli editori delle riviste precedentemente citate, che venne però chiusa dopo l’avvento della dittatura militare. 95 NICOLÒ PEZZOLO, L’USCITA DAL “GUETO” DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE OMOSESSUALE BRASILIANO Vi sono alcuni titoli che permangono anche nel corso degli anni ‘70: alcuni degli editori di Snob fondarono Gente Gay nel 1976, mentre nel 1977 a São Paulo comparve Entender che durò solo pochi numeri. Questi giornali spesso circolavano per mezzo di fotocopie e mancavano all’interno delle redazioni quelle figure professionalmente affermate che avrebbero caratterizzato Lampião da Esquina. Non si trattò però solo di stampa alternativa: nel biennio 1976-1978 alcuni periodici della stampa generalista diedero spazio a rubriche dedicate apertamente a un pubblico omosessuale: la Coluna do Meio di Celso Curi era una di queste. Oltre a dedicarsi a tematiche prettamente intellettuali e d’intrattenimento, si discuteva al loro interno sulla maniera in cui definire e simbolizzare le manifestazioni di una sessualità diversa che non rientrava nello schema dell’eteronormatività. Fino a questo momento il registro che agisce sul discorso intellettuale brasiliano sull’omosessualità è quello dell’antinomia tra maschile e femminile, in cui l’omosessualità maschile si trovava ingabbiata in termini femminizzanti dispregiativi come bicha o boneca.3 Quando, in seguito, l’inquietudine dovuta a queste forme di dominio iniziò a essere esplicitata anche sulle pagine del Lampião, si iniziò ad abbandonare quell’autoironia dissacrante e demistificante legata alle espressioni dell’estetica camp4 che il giornale proponeva. La questione identitaria diventa centrale con la comparsa del Lampião da Esquina. Una delle caratteristiche che rendeva innovativo il giornale era la composizione della redazione: ne facevano parte giornalisti affermati omosessuali ed esclusivamente di sesso maschile, e nessuna delle artiste e giornaliste contattate decise di collaborare, adducendo come motivazione l’assenza di donne all’interno della redazione, secondo quanto riporta João Silverio Trevisan (2007). La redazione non mantenne la stessa formazione per tutto il tempo della pubblicazione a causa di divergenze legate alla linea editoriale, e le defezioni di alcuni membri rappresentarono una delle cause della chiusura. La nascita del giornale è legata alla allora già ben sviluppata stampa gay nordamericana: la sollecitazione per la costituzione del giornale arrivò dall’editore statunitense Winston Leyland, che dirigeva una pubblicazione rivolta ai gay chiamata Gay Sunshine. Il primo numero del Lampião da Esquina fu distribuito in cinquemila unità ed ebbe grande successo anche perché era stato preceduto nel mese di aprile da una sorta di anteprima chiamata “numero zero”. Il nome originariamente era solo “Lampião”, dal primo numero in poi fu aggiunto “da esquina” per questioni legate ai diritti d’autore.5 Una delle caratteristiche era la sua diffusione a livello nazionale, ma soprattutto il fatto che si potesse trovare nei banchi delle edicole, a differenza dei giornali precedenti citati che normalmente erano distribuiti nei locali frequentati da un pubblico omosessuale. Letteralmente: “biscia” e “bambola”. Il termine camp si riferisce all’uso deliberato, consapevole e sofisticato del kitsch nell’arte, nell’abbigliamento, negli atteggiamenti. 5 La disponibilità di tutti i numeri in versione digitalizzata è merito del lavoro del Grupo Dignidade, un’organizzazione non governativa dello stato del Paranà, più precisamente di Curitiba. Il gruppo è pioniere nel movimento di liberazione e emancipazione LGBT, e si batte per la difesa dei diritti di travestiti, transessuali, lesbiche, gay e bisessuali. In seguito, le citazioni dalla rivista saranno seguite dal riferimento a numero, anno e pagina tra parentesi. 3 4 96 DE GENERE 1.1 (2015): 93-106 Il manifesto d’intenti della redazione era dare voce a tutte le minoranze sociali, tra le quali si contemplavano le donne, i neri e gli indios. Si voleva inoltre dimostrare che l’omosessuale brasiliano viveva ostaggio di un pregiudizio stereotipato, legato a priori al concetto di omosessualità: Lampião da Esquina proponeva di abbattere questo pregiudizio promuovendo la creazione di una “coscienza omosessuale”, che accomunasse tutta la categoria. Questo progetto identitario proponeva un modello totale, legittimizzante, resistente e progettuale (Castells 1997) mirando a una presa di coscienza, visibilità e scambio di esperienze. A questo riguardo sono significativi gli editoriali del numero zero e del secondo numero (“Saindo do gueto” e “Homossexualismo: que coisa é essa?”): Nossa resposta, no entanto, é esta: é preciso dizer não ao gueto e, em consequência, sair dele. O que nos interessa é destruir a imagem padrão que se faz do homossexual, segundo a qual ele é um ser que vive nas sombras, que prefere a noite, que encara sua preferência sexual como uma espécie de maldição, que é dado aos ademais e que sempre esbarra, em qualquer tentativa de se realizar mais amplamente enquanto ser humano, neste fator capital: seu sexo não é aquele que ele desejaria ter.6 (n°0, 1978, 2) Por essa razão a maioria dos homossexuais tem desejado ser ‘normal’ e durante toda a vida recalca e esconde seus sentimentos verdadeiros, numa tentativa de condicionamento nessa normalidade.7 (n°2, 1978, 2) Per quanto riguarda la grafica del giornale non vi sono da fare particolari osservazioni: era semplice e rispecchiava in parte quella dei giornali generalisti dell’epoca, e a parte la prima pagina in due colori per richiamare l’attenzione sulla copertina il resto delle pagine era in bianco e nero senza immagini particolari. Gli articoli erano scritti con caratteri piuttosto piccoli per sfruttare ampiamente le poche pagine a disposizione. L’uscita del giornale diede l’input per la formazione del gruppo di militanza politico di sinistra “SOMOS Grupo de afirmação homossexual”, che lottava per l’ottenimento del riconoscimento politico della minoranza e la fine delle violenze di stampo omofobo. La storia del giornale può essere divisa in alcune fasi determinate dal contesto politico e culturale. La prima fase, quella di uscita e diffusione del giornale, fu quella in cui furono individuati e introdotti i temi da trattare, per esempio i vari stereotipi religiosi o medici costruiti sulla figura del soggetto omosessuale, segnata anche dal processo contro il giornale per attentato al buon costume che durò fino all’uscita del diciottesimo numero. La seconda fase vide il giornale dedicarsi prevalentemente alla lotta contro l’omofobia (anche un membro della redazione del giornale, Antonio Chrysostomo, fu vittima di un grave caso di persecuzione giudiziaria dettato dall’omofobia) e per il riconoscimento dei diritti dei cittadini omosessuali, e interessò i “La nostra risposta è questa: bisogna dire no al ghetto e, di conseguenza, uscirne. Quello che ci interessa è distruggere l’immagine modello che si fa dell’omosessuale, secondo cui è un essere che vive nell’ombra, che preferisce la notte, che affronta le sue preferenze sessuali come una specie di maledizione, che è costretto a recitare una parte di un copione che non gli appartiene e si rifà sempre, in ogni tentativo di realizzarsi in quanto essere umano, allo stesso fattore: il suo sesso non è quello che vorrebbe avere”. 7 “Per questa ragione la maggior parte degli omosessuali ha desiderato essere ‘normale’ e durante tutta la vita ricopre e nasconde i suoi veri sentimenti, in un tentativo di condizionarsi a questa normalità”. 6 97 NICOLÒ PEZZOLO, L’USCITA DAL “GUETO” DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE OMOSESSUALE BRASILIANO numeri dal diciotto fino agli ultimi, usciti nel 1980. La terza fase fu quella più “adulta” del giornale, in cui si abbandonò il tono più militante per dedicarsi a interviste e articoli di approfondimento sui grandi pensatori e teorici che parlavano di omosessualità in quegli anni, da Sartre a Hocquenghem. Analisi discorsiva L’analisi discorsiva qui elaborata si riferisce ad alcuni numeri del giornale, da cui sono stati tratti passaggi utili per mostrare le modalità di costruzione del discorso. Ne emerge una comparazione di diverse prospettive sulla natura del discorso offerta dal giornale. In Brasile il delinearsi di un “movimento gay” provocava inquietudine, soprattutto per l’incapacità di inserirsi negli schemi politici tradizionali: Vocês querem saber se o movimento guei é de esquerda, de direita ou de centro não é? Pois fiquem sabendo que os homossexuais estão consciente de que para a direita constituem um atentado moral à estabilidade da família, base da sociedade. Para os esquerdistas, somos um resultado da decadência burguesa. Na verdade, o objetivo do movimento guei é a busca da felicidade e por isso é claro que nos vamos lutar pelas liberdades democráticas.8 (n°10, 1979, 9) Va anche considerato che, nel corso della sua esistenza, il periodico cercò sempre di mantenersi indipendente da ogni associazione o movimento politico: la sua pretesa era invece quella di imporsi come punto di riferimento e diffusione di notizie sull’attività dei vari gruppi. La richiesta di più spazio da parte degli attivisti, e la volontà da parte della redazione di mantenere la stessa linea editoriale, ebbero come esito una sorta di ripudio da parte del giornale nei confronti dell’attivismo. Da una prima analisi dell’uso e della definizione di omosessualità nel corso delle uscite dei primi numeri, si può capire come vi sia stato, da parte dei curatori del giornale, un costante sforzo per capire e spiegare a cosa davvero ci si riferisse quando si utilizzava il termine. Questo concetto presuppone che vi fossero una conoscenza e una riproposizione del discorso scientifico da trasmettere al lettore, quest’ultimo considerato un soggetto omosessuale aperto alla riflessione sul concetto di omosessualità. A questo proposito è interessante notare come le inquietudini legate alla naturalizzazione delle differenze tra categorie e alle relative chiusure identitarie, che avrebbero segnato il pensiero di autori post-strutturalisti come la già citata Judith Butler, siano già riscontrabili nel dibattito intellettuale brasiliano alla fine degli anni ’70. In particolare Peter Fry, antropologo che farà parte della redazione della rivista, è autore di alcune importanti ricerche effettuate nel corso degli anni ’70 (pubblicate soltanto all’inizio del decennio successivo) in cui la discussione sull’omosessualità è legata alla critica delle identità. Fry individua nella società brasiliana un modello gerarchico composto da tre sistemi tassonomici: il primo basato sull’opposizione maschilità/attivo vs. femminilità/passiva, il secondo sistema riferito all’omosessualità definita dalla scienza medica del tempo basato sulla contrapposizione normalità vs. anormalità/patologia, e il terzo sistema, 8 “Volete sapere se il movimento gay è di sinistra, di destra o di centro? Dunque sappiate che gli omosessuali sono coscienti che per la destra costituiscono un attentato morale alla stabilità della famiglia, base della società. Per i militanti di sinistra, siamo un risultato della decadenza borghese. In verità, l’obiettivo del movimento gay è la ricerca della felicità e per questo è chiaro che lotteremo per le libertà democratiche.” Questo è lo stralcio di un intervento raccolto durante la “Semana das Minorias” organizzata dall’Universidade de Sao Paulo nel marzo del 1979. 98 DE GENERE 1.1 (2015): 93-106 derivante dal secondo, basato sull’opposizione omo/etero, ma ridefinendone il valore e contestandone lo stigma patologizzante (Fry e McRae, 1983). Al lettore contemporaneo risulteranno chiare le affinità con il lavoro di Foucault, e il suo impatto è evidente sulla letteratura brasiliana già dalla seconda metà degli anni ‘70. La storia della sessualità, pubblicato in Francia nel 1976, venne tradotto in portoghese e distribuito in Brasile già nel 1977, prima ancora che negli USA (1978) e nel Regno Unito (1979). Questo è l’incipit del già citato editoriale del secondo numero dal titolo “Homossexualismo: que coisa é essa?”, firmato da João Antonio Mascarenhas: Ajustar o homossexualismo a uma exata classificação genética, endócrina ou psíquica, não só é difícil mas impossível e, com todo o avanço da ciência, ainda não se obteve uma definição de suas verdadeiras origens e motivações.9 (n°2, 1978, 2) Questa definizione si riferisce alla figura dell’omosessuale delineata nella seconda metà del XIX secolo, esito di un discorso scientifico che descrive la pratica sessuale di un soggetto patologicamente affetto. È proprio questa prima definizione che incatenerà, anche in Brasile, l’omosessualità e il soggetto omosessuale a un’accezione prettamente negativa. Lampião da Esquina considerava la lotta contro la “verità” patologizzante dell’omosessualità come una funzione del discorso giornalistico, nel momento in cui trasponeva l’argomento dal territorio delle “verità scientifiche” a quello dell’informazione e della notizia. In linea con gli sviluppi dei lavori scientifici sul tema, negli anni ’70 ci si riferiva al termine omosessualità più comunemente come al fondamento delle istanze di una categoria sociale, sottolineandone il carattere culturale. È in questi anni che emerge la consapevolezza e la necessità di analizzare i rapporti e le relazioni tra il potere e l’alterità, tra colonizzatori e colonizzati. Con queste parole Francisco Bittencourt commenta il primo incontro nazionale del “povo guei”: E quisemos fazer isso antes que se encerrasse a década de 70, isto é, como uma homenagem aos anos que marcaram o inicio da luta das minorias oprimidas e, especificadamente, da política do corpo. Conseguimos nosso objetivo?10 (n°20, 1980, 7) Già dagli editoriali dei primi numeri, era manifesta la necessità di analizzare le categorie sessuali, che venivano vissute come delle gabbie in cui si reiterava l’antica polarizzazione maschile-femminile, ed è proprio la parola “gabbia” (gaiola) a essere usata nell’editoriale del primo numero in cui si associa la situazione dei gay brasiliani a quella delle altre minoranze: As lutas das mulheres, dos negros, dos homossexuais, dos índios, dos prisioneiros – categorias historicamente silenciosas – têm nos ensinado que a História tem sujeitos e objetos, aqueles que falam e aqueles de quem se fala, mas também que os sujeitos variam ao longo deste processo. [...] Essa fala, no entanto, ao mesmo tempo que revolucionaria é conservadora por ser parte de uma linguagem, desta 9 “Accostare l’omosessualità ad un’esatta classificazione genetica, endocrina o psichica, non solo è difficile ma impossibile e, nonostante il progresso della scienza, non si è ancora ottenuta una definizione delle sue vere origini e motivazioni.” 10 “E abbiamo voluto farlo prima che si concludessero gli anni ’70, questo è come un omaggio agli anni che hanno segnato l’inizio della lotta delle minoranze oppresse e, nello specifico, della politica del corpo. Siamo riusciti nel nostro obiettivo?” 99 NICOLÒ PEZZOLO, L’USCITA DAL “GUETO” DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE OMOSESSUALE BRASILIANO mesma linguagem que por tanto tempo manteve invisíveis as categorias de pessoas que agora começam a tentar um autoreconhecimento tentando afirmar se como sujeitos de sua própria historia.11 (n°1, 1978, 2) L’intento era di creare un fronte identitario comune che unisse trasversalmente il soggetto omosessuale maschile e femminile. La riflessione sul concetto di sessualità sembra essere un discorso che nella seconda metà degli anni ’70 prende piede in diversi paesi, sollecitata dal successo dell’opera di Foucault (1976). Quello che rende interessante e innovativo il discorso del Lampião da Esquina è il fatto che, per la prima volta in Brasile, si sente una voce che si contrappone apertamente al dispositivo egemone etero-normativo individuato dallo stesso Foucault. Il discorso sulla sessualità proposto dal giornale sembra però ricalcare quello stesso dispositivo attraversato da fitte e sottili relazioni di potere, in cui il concetto di omosessualità è sovrapposto specularmente a quello di eterosessualità. In altre parole si assiste alla costruzione di un’omo-normatività che non sfida le istituzioni e i valori etero-sessisti, piuttosto li mantiene, sostiene e cerca inclusione dentro questi (Duggan 2003). Diventa quindi possibile individuare una pratica discorsiva analoga a quella egemone etero-normativa, che determina un discorso deduttivamente militante, ma comunque indirizzato a un’ulteriore minoranza della minoranza. Un discorso che si munisce di dispositivi già rodati dagli ingranaggi del potere, che ricalca e reitera narrazioni ideologiche legate alla militanza politica (si veda di nuovo l’editoriale del primo numero del giornale). La voce del Lampião fa in modo che il discorso si presenti come una configurazione di potere, dando voce al soggetto di cui si erge a portavoce, ma allo stesso tempo diventando elemento repressore e manipolatore, utilizzato e prodotto da chi detiene il potere. Scrivere e produrre mensilmente un giornale era una maniera di ribaltare le relazioni e cambiare le regole del potere e della produzione di verità: Lampião deixa bem claro o que vai orientar a sua luta, nós nos empenharemos em desmoralizar esse conceito que alguns nos querem impor que a nossa preferência sexual possa interferir negativamente em nossa situação dentro do mundo que vivemos.12 (n°0, 1978, 2) Secondo Bourdieu (1998) il movimento omosessuale avrebbe prodotto una delle più tragiche antinomie della dominazione simbolica, ovvero la creazione di ulteriori distinzioni, invece che l’incentivazione di una lotta per un nuovo ordine nel quale le differenze sessuali fossero indifferenti. Questa ipotesi che Bourdieu, chiama “invisibilità visibile”, rende ipoteticamente il soggetto omosessuale un buon soldato, un buon cittadino e un buon coniuge per potergli garantire i diritti minimi. Nonostante fosse un giornale diretto alla totalità del pubblico omosessuale, sembra che il processo di decostruzione dello stereotipo dell’omosessuale comportasse una costruzione altra “La lotta delle donne, dei neri, degli omosessuali, degli indios, dei detenuti – categorie storicamente silenziose – ci hanno insegnato che la Storia ha soggetti e oggetti, quelli che parlano e quelli di cui si parla, ma anche che i soggetti variano nel corso dei questo processo. [...] Questo discorso è allo stesso tempo rivoluzionario e conservatore nel momento in cui fa parte di un linguaggio, di questo stesso linguaggio che per tanto tempo mantenne invisibili le categorie di persone che oggi iniziano a tentare un auto-riconoscimento provando ad affermarsi come soggetti della propria storia.” 12 “Lampião esprime molto chiaramente ciò che orienta la sua lotta: ci impegneremo a de-moralizzare quel concetto che alcuni ci vogliono imporre secondo cui la nostra preferenza sessuale possa interferire negativamente nella nostra situazione all’interno del mondo in cui viviamo.” 11 100 DE GENERE 1.1 (2015): 93-106 dell’identità sessuale omoerotica, che in certi casi arrivava a stigmatizzare comportamenti che non si allineavano. In questi casi emergono alcune pretese di normalizzazione dell’omosessualità, ovvero di diffondere un’immagine omogenea di come essere omosessuale in Brasile alla fine della dittatura militare. In quest’ottica si può parlare di costruzione da parte del giornale di un discorso omo-normativo, considerando l’omo-normatività come un processo escludente, in cui l’inclusione è riservata a corpi selezionati: possibilmente bianchi, borghesi e maschili, che abbiano accesso al mercato e che abbiano più da guadagnare da una rispettabile performance di una maschilità gay (Collins, 2009). Riporto qui il frammento dell’articolo di João Antonio Mascarenhas, un’ipotetica risposta a chi accusava il giornale di disprezzare i travestiti e le “bichas pintosas” (termine che si riferisce ai gay più appariscenti, quelli che oggi in Italia chiameremmo volgarmente “checche”): Quando o homossexual fala com voz de falsete, faz aldemanes alambicados, dá gritinhos e requebra os quadris, ele, sem se dar conta, está, de um lado, imitando a mulher objeto-sexual, a mulher cidadã de segunda classe, a mulher idealizada pelos machistas e, por outro lado, por deixar de aceitar sua orientação sexual com naturalidade (pois a efeminação é evidentemente artificial) acha-se a fornecer argumentos aos machistas que se negam a admiti-lo como um homem comum, que usa sua sexualidade de forma não convencional. Além disso, a bicha pintosa é agressiva, agressividade que, diga-se de passagem, se compreende pelas pressões que ela sofre, mas que não se justifica, em meu ponto de vista. Afinal, a velha história: dois erros não fazem um acerto. […] O estigmatizado curva-se ante o opressor e passa a julgar-se obrigado a usar a marca que o ferreteador escolheu para ele. O travesti, então, leva essa atitude ao paroxismo, chegando a submeter-se a operações cirúrgicas para ocultar a identidade.13 (n°4, 1978, 9) Traspare una tendenza a naturalizzare i comportamenti sulla base della dicotomia maschile e femminile. È proprio dall’individuazione di questa “micro-fisica del potere” che possiamo oggi analizzare i saperi, i discorsi che regolano o hanno regolato la sessualità. Questo atteggiamento normalizzante è riscontrabile in altri contesti, come ad esempio nel numero 16 in cui un articolo presenta l’evento Miss Gay che si era tenuto nella regione di Minas Gerais. L’autore Adão Costa si riferisce alle concorrenti della gara come “quem se traveste numa boa”, senza usare il silicone, come chi lo fa solo per piacere di divertirsi, senza uscire dalla competizione desiderando di essere un transessuale. In merito a questo articolo, due numeri dopo, venne pubblicata una lettera di protesta di cui riportiamo alcuni stralci: 13 “Quando l’omosessuale parla in falsetto, fa gesti pomposi, fa gridolini e sculetta, egli, senza rendersene conto, sta da una parte imitando la donna oggetto sessuale, la donna cittadino di seconda classe, la donna idealizzata dai maschilisti e, d’altra parte, quando smette di accettare il suo orientamento sessuale con naturalezza (infatti l’effeminatezza è chiaramente artificiale) si mette in condizione di fornire argomenti ai maschilisti che si rifiutano di considerarlo un uomo comune, che usa la sua sessualità in maniera non convenzionale. Oltre a ciò, la checca è aggressiva, aggressività che, diciamo transitoriamente, si comprende per le pressioni di cui soffre, ma che secondo me non è giustificata. Alla fine la solita storia che due errori non fanno una verità. [...] Colui che è stigmatizzato si piega al giudizio dell’oppressore e si gratifica ad usare marchi che il sarto gli ha cucito addosso. Il transessuale porta quest’attitudine al parossismo, arrivando a sottoporsi a operazioni chirurgiche per nascondere la propria identità.” 101 NICOLÒ PEZZOLO, L’USCITA DAL “GUETO” DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE OMOSESSUALE BRASILIANO Querido Lampião. É a primeira vez que leio este jornal (n.16). […] Só tem uma coisa que me deixou meio cabreiro: o repórter Adão Costa, me pareceu muito longe de ter preconceito contra travestis, e isto me deixou com medo, por que dentro das minorias, nós os travestis, somos a menor, e se os homossexuais declararem abertamente a sua antipatia pelos travestis, nós estamos perdidos. Eu acho o preconceito contra os homossexuais uma coisa descabível, mas infelizmente eu sou travesti e sinto isso na carne. Portanto eu gostaria de pedir que se vocês não puderem dar as mãos aos travestis pelo menos, façam silêncio em relação a nós e não façam comentários do tipo: “O interessante desta festa é que os rapazes estavam numa boa, não usavam silicone e pelo que parece não sonham em virar mulher”, e se sonhassem? Seria crime realizar seus sonhos através do silicone e outras coisas? A outra frase: “é bom lembrar que todos saíram do clube sem querer ser travesti”. Não queriam ou não tinham coragem? [...] Eu sou travesti apenas porque tenho um pouco de busto à custa de hormônios, tenho o rosto bem feminino e cabelos compridos, mas se você vier a me conhecer verá que sou uma pessoa sensível, inteligente a ponto de, se eu escrevesse esta reportagem, jamais escolheria aquelas frases tão sem necessidade que o senhor escreveu.14 (n°18, 1979, 9) L’inquietudine che il transessualismo suscita per il suo appropriarsi di una femminilità che viene considerata artificiale emerge nuovamente nella chiusura della risposta di Adão Costa alla lettrice: Um detalhe de sua cartinha: você diz que é travesti porque usou hormônio, tem rosto feminino e cabelo comprido? Conheço muitos rapazes que tem rosto feminino e cabelos compridos e são machões. Não seria o processo homossexual independente da aparência externa?15 (n°18, 1979, 9). Queste sessualità, allora considerate “altre”, sono identificate come una sovversione delle norme di genere nell’invenzione e nella costruzione di significati: un’altra espressione dell’omo-normatività, come tentativo di esprimere il doppio senso di marginalizzazione e rimozione che s’incontra all’interno dell’attivismo politico e culturale trans (Stryker 2008). Il soggetto transessuale, la sua costruzione culturale e storica ci suggeriscono un’ulteriore contestazione delle convenzioni di genere e quindi una produzione altra di relazioni, ri-significazioni e scambi. Si tratta di un soggetto che trascende le consuetudini anche secondo il percorso identitario omosessuale promosso dal Lampião. 14 “Caro Lampião, è la prima volta che leggo questo giornale (n. 16). [...] C’è solo una cosa che mi ha fatto arrabbiare: il reporter Adão Costa mi è sembrato molto distante dal non avere pregiudizi contro i transessuali, e questo mi ha fatto un po’ di paura, perché all’interno delle minoranze, noi transessuali siamo la minore e se gli omosessuali stessi cominciassero a dichiarare la propria antipatia nei confronti dei transessuali saremmo perduti. Credo che il pregiudizio nei confronti degli omosessuali sia una cosa deprecabile, ma io che sono transessuale sento questo sulla mia carne. Per questo mi piacerebbe che, se non riuscite ad aiutare i transessuali, almeno faceste silenzio a riguardo, evitando commenti del tipo: ‘la cosa interessante di questa festa è che i ragazzi erano contenti, non usavano silicone e non sognavano di diventare una donna’: e se invece lo sognassero? Sarebbe un crimine realizzare i propri sogni attraverso il silicone e altre cose? L’altra frase è: ‘è bene ricordare che sono usciti tutti dal locale senza desiderare di essere transessuali’. Non volevano o non ne avevano il coraggio? [...] Io sono transessuale perché ho un po’ di seno per via degli ormoni, ho un volto femminile e i capelli lunghi, ma se mi conosceste vedreste che sono una persona sensibile e intelligente al punto che se scrivessi un reportage non scriverei mai quelle frasi che ha scritto il signore, così senza necessità.” 15 “Un piccolo dettaglio della sua lettera: tu dici che sei transessuale perché hai usato ormoni, hai un volto femminile e i capelli lunghi? Conosco molti ragazzi che hanno un volto femminile e i capelli lunghi e sono dei maschioni. Non sarà che il processo omosessuale è indipendente dall’apparenza esteriore?” 102 DE GENERE 1.1 (2015): 93-106 Ma dentro questo percorso si critica d’altra parte l’ostentazione parossistica e quasi carnevalesca di mascolinità e virilità tra il pubblico gay, che in quegli anni andava così di moda negli Stati Uniti (si pensi al gruppo disco dei Village People). In un articolo precedentemente pubblicato sulla rivista gay statunitense Cristopher Street, in cui si descrive l’ambiente di una discoteca gay del Greenwich Village di New York, l’attenzione dell’autore è catturata dal dominante culto estetico della virilità: A idéia da masculinidade é tão conservadora que quase chega a ser primitiva. Que os homossexuais se sintam atraídos por ela, achando-a gratificante, não chega a ser uma surpresa.16 (n°8, 1979, 8) Anche in questo caso, sebbene sia più evidente l’approccio critico, il discorso è assoggettato al dualismo maschile-femminile, che si lega alla locuzione semplicista “uomo dominante versus donna dominata” (Louro 1999). In questo caso la ricerca di una mascolinità esasperata è rappresentata non solo come una contraddizione del soggetto omosessuale che, oppresso dal sistema etero-normativo, lo riproduce attraverso questo comportamento, ma anche come una stigmatizzazione operata dalla maschilità egemone che relega queste espressioni in un contesto di semplice imitazione ludica. L’autore dell’articolo propone invece una via diversa per uscire da quest’inquietudine: […] a real alternativa para as crianças não é necessariamente a homossexualidade, mas a rejeição das velhas verdades sobre a masculinidade e feminilidade.17 (n°8, 1979, 9) Lampião critica quindi tutto ciò che esce dagli schemi della sua proposta omogeneizzante dell’omosessualità, ma allo stesso tempo cerca di accettare queste sessualità “altre” come mezzi di sovversione della società eterosessuale, come risulta dalla predilezione per l’estetica camp, molto in voga in quegli anni. Il giornale, nonostante le premesse, sembra esplicitamente diretto a un pubblico erudito. Questo posizionamento è notato da alcuni lettori e diventa oggetto di discussione nel quarto numero, in cui è pubblicata una lettera nella sezione Cartas na Mesa (Lettere sul tavolo) firmata da Gide Guimaraes. Acho também que o Conselho Editorial precisa discutir suas posições dentro do jornal, para os leitores. […] É preciso também criar cismas, acabar coma manutenção do status quo de bicha assumida e erudita que não precisa de ninguém nas suas investidas intelectuais. […] (Taí uma das maneiras do exercício do poder). Não esqueçam que o LAMPIÃO também é nosso, que não entramos com o capital para sua implantação, mas que o mantemos vivo de uma maneira ou de outra.18 (n°3, 1979, 17). “L’idea della maschilità è così conservatrice che arriva quasi ad essere primitiva. Non stupisce che gli omosessuali se ne sentano attratti arrivando a trovarla gratificante.” 17 “[…] la vera alternativa per i bambini non è necessariamente l’omosessualità, ma il rifiuto delle vecchie verità sulla maschilità e sulla femminilità” 18 “Credo anche che il Consiglio Editoriale debba discutere le proprie posizioni all’interno del giornale, per i lettori. […] È necessario creare spunti, abbandonare il mantenimento dello status di ‘frocio’ dichiarato e erudito e che non ha bisogno di nessuno nelle sue investiture intellettuali. […] (è lì una delle forme di esercizio del potere). Non dimentichiamoci che il Lampião è anche nostro, che non partecipiamo alla sua costruzione con il capitale, ma che lo manteniamo vivo in un modo o nell’altro.” 16 103 NICOLÒ PEZZOLO, L’USCITA DAL “GUETO” DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE OMOSESSUALE BRASILIANO Le lettere dei lettori rivelano la natura contraddittoria del discorso portato avanti dalla redazione del giornale, ma allo stesso tempo la loro pubblicazione dimostra la volontà della stessa di mantenere i propositi iniziali di rappresentatività. Durante i suoi tre anni di vita, Lampião da Esquina pubblicò regolarmente la sezione Cartas na Mesa, in cui furono pubblicate più di trecento lettere dei lettori. L’esistenza di questa sezione, oltre a mostrare che in tutto il Brasile esistevano omosessuali dichiarati che s’interessavano e partecipavano alle vicende del movimento, rappresentava un indice di credibilità e responsabilità giornalistica per legittimarsi agli occhi del lettore e dell’opinione pubblica. Le lettere rivelavano un’ulteriore pratica del giornale per impossessarsi delle briglie del discorso: a ognuna di queste seguiva infatti una risposta da parte della redazione. Si trattava di un meccanismo di controllo volto a padroneggiare l’evento aleatorio del discorso stesso e a operare una selezione tra i soggetti parlanti, mostrando un’altra volta che il discorso non è solo una pratica ma è anche ciò per cui si lotta, il potere di cui ci si vuole impossessare (Foucault 1972). Volgendosi verso osservazioni meramente pratiche, il fatto che il giornale si rivolgesse ad un pubblico appartenente ad un ambiente elevato si deduce da un’osservazione più semplice e immediata sul prezzo del giornale che non tutti potevano permettersi (15 cruzeiros). Anche l’analisi della sezione dedicata al pubblico rivela, soprattutto per via del linguaggio usato, l’appartenenza dei lettori ad una classe erudita e colta. Anche se la redazione del giornale era composta da intellettuali e giornalisti affermati e stimati, il registro del linguaggio che si cercava di mantenere era volutamente colloquiale ed erano utilizzati termini appartenenti al linguaggio di strada. L’apparato simbolico proposto non è di difficile assimilazione, anzi lo sdoganamento di termini volgari come viado, bicha, sapatao è mirato a demistificare e sdrammatizzare i termini che facevano parte del quotidiano dell’omosessuale brasiliano. Secondo Judith Butler, dare un nuovo significato a termini offensivi e macisti è un modo di rendere positiva la pratica denigratoria di insultare gli omosessuali (Butler, 1993). Questa posizione riflette l’immaginario di un gruppo che desiderava inserirsi nelle gerarchie della società etero-normativa: il discorso teorico proposto esercitava quindi un effetto regolatore e disciplinante. La costruzione di una soggettività omosessuale comportava l’individuazione di confini, restrizioni e schemi predefiniti. Secondo quest’ottica era la scelta del partner/oggetto amoroso che definiva l’identità sessuale, per cui un omosessuale o una lesbica era chi aveva rapporti con una persona del suo stesso sesso. In questo senso potremmo definire il discorso portato avanti dal Lampião come “assimilazionista”, in quanto cercava l’accettazione e l’integrazione di gay e lesbiche nell’ordine sociale. Questa politica dell’identità, individuale e collettiva, portava a mettere in secondo piano le rivendicazioni di “bisessuali, sadomasochisti e transessuali” rivelando una natura marginalizzante ed escludente (Louro, 1999). Va comunque detto che dopo il 1980 Lampião da Esquina cominciò a distaccarsi dai principali gruppi appartenenti al mondo dell’attivismo gay. In un articolo sul trentaquattresimo numero, Trevisan esplicita questo pericolo di rendere il movimento una religione dogmatica: 104 DE GENERE 1.1 (2015): 93-106 […] duas portas por onde ingressa no movimento homossexual um ideal institucionalizador e vao se articulando objetivos estratégicos, tàticas proselitistas, formas centralizadoras, no melhor estilo de disputa do poder.19 (n°34, 1981, 6) Conclusione Il discorso proposto da Lampião da Esquina tra il 1978 e il 1981 rappresenta un interessante case study per analizzare i meccanismi che partecipano alla costruzione dell’identità del movimento omosessuale brasiliano. In quanto voce di un movimento sociale emergente abbiamo visto come, nonostante sia sorto come una voce innovatrice di protesta contro la dittatura e la stigmatizzazione della figura dell’omosessuale, abbia proposto un messaggio normativizzante ed egemonico. Per concludere ritengo sia significativa questa citazione di Peter Fry, antropologo e membro della redazione: Afinal negar a inevitabilidade da fronteira que separa os ‘homossexuais’ dos ‘heterossexuais’ colocaria em questão a propria noção de uma identidade homossexual que, para muitas pessoas, representa um modo de dar ordem às suas vidas…20 (Fry e McRae 1983, 120) Bibliografia Bourdieu, Pierre. 1998. Il dominio maschile. Milano: Feltrinelli. Butler, Judith. 1996. Corpi che contano. I limiti discorsivi del sesso. Milano, Feltrinelli. Butler, Judith. 2004. Scambi di genere. Milano: Sansoni Butler, Judith. 2005. La vita psichica del potere: teorie della soggettivazione e dell’assoggettamento. Roma: Meltemi. Castells, Manuel. 1997. The Power of Identity, The Information Age: Economy, Society and Culture Vol. II. Cambridge: Cambridge University Press. Collins, Dana. 2009. “‘We’re There and Queer’ Homonormative Mobility and Lived Experience among Gay Expatriates in Manila.” Gender & Society 23.4: 463-493. Duggan, Lisa. 2003. The Twilight of Equality: Neoliberalism, Cultural Politics, and the Attack on Democracy. Boston: Beacon Press. Facchini, Regina. 2005. Sopa de Letrinhas?: movimento homossexual e produção de identidades coletivas nos anos 90. Rio de Janeiro: Garamond. Foucault, Michel. 1972 [1970]. L’ordine del discorso; i meccanismi sociali di controllo e di esclusione della parola. Torino: Einaudi. Foucault, Michel. 1978 [1976]. La volontà di sapere. Milano: Feltrinelli. 19 “[…] due porte dalle quali entra nel movimento omosessuale un ideale istituzionalizzante e si articolano obiettivi strategici, tattiche proselitiste, forme centralizzanti, nel miglior stile della competizione per il potere.” 20 “Alla fine, negare l’inevitabilità del confine che separa gli omosessuali dagli eterosessuali metterebbe in questione la propria nozione di un’identità omosessuale che, per molte persone, rappresenta un modo di dare ordine alla propria vita...” 105 NICOLÒ PEZZOLO, L’USCITA DAL “GUETO” DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE OMOSESSUALE BRASILIANO Fry, Peter. 1982. Para Inglês Ver: Identidade e Política na Cultura Brasileira. Rio de Janeiro: Zahar. Fry, Peter e Edward McRae. 1983. O que é homossexualidade. São Paulo: Brasiliense. Kucinski, Bernardo. 1991. Jornalistas e revolucionarios da imprensa brasileira. São Paulo: Escrita editorial. Louro, Guacira Lopes. 1999. Genero, sexualidade e educação; uma perspectiva pósestruturalista. Pétropolis (Rio de Janeiro): Vozes. Preciado, Beatriz. 2002. Manifesto contra-sessuale. Milano: Il dito e la luna. Scott, Joan. 1993. “The Evidence of Experience”. In The Lesbian and Gay Studies Reader, edited by Henry Abelove, Michèle Barale, and David Halperin, 397-416. London: Routledge. Sedgwick, Eve. 1990. Epistemology of the Closet. Berkley: University of California Press. Stryker, Susan. 2008. “Transgender History, Homonormativity, and Disciplinarity.” Radical History Review 100: 145-157. Trevisan, João. 2007. Devassos no Paraiso. São Paulo: Record. Sitografia Grupo Dignitate. http://www.grupodignidade.org.br. Ultimo accesso 4 dicembre 2015. 106