LA BISESSUALITA` NEL MONDO ANTICO Patroclo e Achille

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LA BISESSUALITA` NEL MONDO ANTICO Patroclo e Achille
LA BISESSUALITA’ NEL MONDO ANTICO
Patroclo e Achille sono lontani cugini, per legami di stirpe tra il
padre del primo, Menezio, e quello del secondo, Peleo.
Se leggiamo le fonti antiche, in primo luogo i poemi omerici,
notiamo che il rapporto tra i due è non esclusivamente di parentela,
ma improntato ad una forte amicizia che ad una lettura nemmeno
troppo più attenta diventa relazione omosessuale.
I Greci vivevano i rapporti tra uomini in modo diverso da come li
vivono coloro che fanno una scelta di tipo omosessuale. Per i Greci,
così come per i Romani, amare un uomo non è un’esperienza deviante, ma solo parte di
un’esperienza di vita che comporta ANCHE l’omosessualità, ma non solo, e che coinvolge
comunque solo gli uomini. A parte la testimonianza di Saffo, infatti – cioè a parte la testimonianza di
un periodo precedente alla polis in cui alle donne era riconosciuta la possibilità di dedicarsi ad una
cultura rappresentata da canto, danza, musica - non ci sono esempi che attestino che l’omosessualità
fosse consentita alle donne.
L’omosessualità del periodo greco precedente alla polis non era diretta conseguenza
dell’inaccessibilità delle donne, perché queste (vedi Nausicaa o Andromaca) erano libere di muoversi,
di spostarsi in città e fuori prima e dopo il matrimonio. Le donne vengono relegate in un ruolo
subalterno solo con la polis.
Le origini dell’omosessualità vanno perciò ricercate in un passato più remoto di quello omerico, cioè
in un passato tribale in cui la società era organizzata per classi di età.
In tali società il passaggio da una classe di età all’altra è segnato da riti (detti appunto di passaggio).
L’iniziando deve passare un periodo di tempo lontano dalla collettività, vivendo fuori dalla civiltà in
uno stato di natura. Questo “periodo di margine” è accompagnato in modi diversi da un simbolismo
di morte; al termine del rito, l’iniziando rinasce a nuova vita, come membro della classe superiore.
In Grecia, durante i riti di passaggio, i ragazzi imparavano le virtù che avrebbero fatto di loro degli
uomini vivendo in compagnia di un altro uomo, al tempo stesso educatore ed amante. L’amore
omosessuale svolge la funzione di strumento pedagogico, capace di trasformare il ragazzo in un
uomo.
Tracce di quanto appena affermato si individuano nelle storie di amori omosessuali tra dèi e uomini
(Zeus e Ganimede, Poseidone e Pelope) e nelle usanze di Creta, dove uomini adulti usavano rapire
adolescenti da loro amati per condurli fuori città per un periodo di due mesi, durante i quali
intrattenevano con loro rapporti regolati da leggi molto prescrittive. Dopo tale periodo gli amanti
regalavano ai ragazzi un’armatura militare. Anche a Sparta gli Spartiati a dodici anni erano affidati ad
amanti, scelti tra i migliori uomini di età adulta, per entrare nella comunità dei guerrieri.
Secondo lo studioso E. Bethe, nel suo articolo del 1917, il rapporto omosessuale sarebbe necessario
in quanto in grado di trasfondere nell’amato le virtù virili, comprovate, dell’amante. Secondo altri
studiosi (Knauls), invece, esso indicherebbe un atto di sottomissione del più giovane al più anziano.
Comunque la si veda, è sufficiente dire che l’omosessualità greca era originariamente di tipo
iniziatico, presupposto per la nascita di un nuovo individuo che da quel momento avrebbe potuto
ricoprire il ruolo di guerriero e di marito (e a sua volta di amante verso adolescenti)
L’amicizia maschile tra Achille e Patroclo nei poemi omerici può facilmente essere letta secondo gli
assunti di cui sopra.
Nel libro XVIII dell’Iliade Achille piange disperatamente dopo la morte di Patroclo, e dichiara di
non voler più vivere, di avere solo lo scopo di giacere con lui nella stessa fossa per sempre, dopo la
vendetta. Sembra minacciare il suicidio, al punto che Antiloco deve tenergli le mani. Le
manifestazioni del lutto esulano da quelle normali nel mondo omerico, al punto da far dedurre che
tra i due il rapporto fosse d’amore.
Teti, che interviene a spronare Achille sia nel libro XVIII che nel XXIV, sembra però rimproverare
tutto questo al figlio, ma solo per il fatto che ha protratto troppo a lungo il periodo omosessuale:
l’invita quindi ad assumere il ruolo virile con una donna, come è ben esplicitato nei vv. 127-130
dell’ultimo libro (creatura mia, sino a quando gemente, angosciato / ti mangerai il cuore, senza
pensare più al cibo / né al letto? E’ bello unirsi con una donna in amore