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n. 2 febbraio 2009
Trasferimenti d’azienda,
vincoli stringenti solo per le piccole e medie imprese
Tommaso Siracusano
I vincoli stringenti a favore dei lavoratori, nelle ipotesi di trasferimento d’azienda, restano solo per
le piccole imprese, mentre si rafforza la tendenza all'ampliamento della sfera di flessibilità nella
gestione di questi delicati momenti da parte delle grandi aziende in crisi.
Infatti, un emendamento, alla legge di "Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 23
ottobre 2008, n. 162" c.d. infrastrutture, già approvato al Senato il 20 novembre 2008, prevedeva
che ''Le operazioni di cui ai commi 1 e 2 effettuate in attuazione dell'articolo 27 non costituiscono
comunque trasferimento di azienda, di ramo o di parti dell'azienda ai sensi dell'articolo 2112
c.c''.
Alla Camera però, l'emendamento (a parere di chi scrive esageratamente discriminante) non è stato
approvato, pertanto le ultime modifiche di legge a favore delle grandi aziende in crisi sono quelle
contenute nella legge n. 166/08 che ha introdotto nuove facoltà che di fatto rendono più flessibile
l'utilizzo dello strumento.
Esiste, infatti, la possibilità che con la cessione del ramo d'azienda vengano decisi anche i
trasferimenti dei lavoratori, che i passaggi possano interessare soltanto una parte dei lavoratori
occupati nel ramo che si cede e che gli stessi possano avvenire anche previa collocazione in CIGS
(anche per un solo giorno) o con la cessazione del rapporto e l'assunzione da parte della società
acquirente.
Ma queste nuove opzioni, che si aprono per le difficoltà economiche delle grandi aziende, non
valgono per la quasi totalità delle imprese componenti il panorama economico italiano, cioè quelle
medie, piccole e piccolissime, che continuano a dover rispettare i vincoli stringenti delle garanzie
previste a favore dei lavoratori dall’art. 2112 del codice civile,
Quali sono dunque i vincoli cui deve sottostare la stragrande maggioranza delle aziende italiane che
non hanno la fortuna di chiamarsi, ad esempio, ALITALIA?
Quali sono le conseguenze dei trasferimenti d’azienda sui rapporti di lavoro?
Lo riassumiamo in uno schema per poi passare ad analizzare nel dettaglio la fattispecie giuridica
ponendo particolare attenzione alla responsabilità solidale riferita ai debiti contributivi.
Tutele in caso di trasferimenti d’azienda
prosecuzione del rapporto di lavoro con
il cessionario (primo comma dell’art.
2112 cod. civ.)
tutela della posizione dei lavoratori
Ulteriori tutele oltre la continuità
occupazionale
il passaggio dei lavoratori alle dipendenze del cessionario si produce automaticamente, senza necessità
che i lavoratori manifestino il loro consenso indipendentemente dallo strumento tecnico giuridico
attraverso il quale viene realizzato il trasferimento
l’unica possibilità che il lavoratore ha
per impedire l’automatica
prosecuzione del rapporto di lavoro
alle dipendenze del cessionario, è
quella di dimettersi
risulta nulla la pattuizione in deroga contenente l’esclusione del
passaggio di una quota parte di lavoratori alle dipendenze del
cessionario
- impedire che attraverso una fittizia e fraudolenta risoluzione del
il lavoratore conserva tutti i diritti
rapporto seguita dalla riassunzione alle dipendenze del cessionario
derivanti dal pregresso rapporto di
possa violarsi il diritto all’infrazionabilità dell’anzianità, con
lavoro alle dipendenze del cedente e
conseguenze negative
non soltanto quelli derivanti
- sul piano del trattamento di fine rapporto,
dall’anzianità
- sulla determinazione della anzianità necessaria per l’accesso ai
cosiddetti “ammortizzatori sociali” in caso di crisi aziendale
Responsabilità solidale tra cedente e
opera indipendentemente dalla
cessionario per i crediti del lavoratore conoscenza che questi sia titolare dei
crediti
il lavoratore, avvalendosi delle procedure conciliative di cui agli
articoli 410 e 411 cpc, può liberare il cedente dalle obbligazioni
derivanti dal pregresso rapporto di lavoro
prevista una speciale procedura
trasferimento di aziende con oltre 15
nell’ambito della quale sono chiamate art. 47, L. n. 428/90 con le modifiche introdotte dall’art. 1, Dlgs. n.
dipendenti
ad interloquire anche le organizzazioni
18/01
sindacali dei lavoratori
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Il trasferimento d’azienda comporta:
la continuazione del rapporto di lavoro con il cessionario,
la conservazione di tutti i diritti acquisiti dal lavoratore,
l’obbligazione solidale tra cedente e cessionario dei crediti del lavoratore all’atto del trasferimento,
la liberazione dell’alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro con il tentativo
obbligatorio di conciliazione (art.410 e 411 cpc),
l’obbligo del cessionario di applicare i trattamenti economici e normativi vigenti alla data di trasferimento
e fino alla loro scadenza, salvo la sostituzione con altri applicati dall’impresa del cessionario,
l’obbligo di informazione dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali,
il trasferimento non costituisce motivo di licenziamento, ferma restando la facoltà dell’alienante di
esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti,
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se le condizioni di lavoro subiscono una modifica sostanziale e peggiorativa nei tre mesi successivi al
trasferimento, il lavoratore può presentare dimissioni per giusta causa (art.2119 codice civile),
l’applicazione della sanzione per condotta antisindacale per la mancata informazione, ai sensi dell’art.28
statuto dei lavoratori (legge n. 300/70),
gli obblighi d’informazione e di esame congiunto devono essere assolti anche nel caso in cui la decisione
del trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante.
Trasferimento d’azienda
La responsabilità solidale di cui all’art. 2112 del cod. civ. non applicabilità ai debiti contributivi
Nozione
Ricorre l’ipotesi del trasferimento di azienda quando, in conseguenza di una vicenda traslativa
(vendita, affitto, comodato, usufrutto), muta il titolare del complesso dei beni aziendali.
L’ordinamento prende in considerazione il trasferimento di azienda in funzione dell’esigenza di
apprestare una particolare tutela ai lavoratori.
Tale tutela si estrinseca fondamentalmente nel senso di garantire al lavoratore la continuità del
rapporto di lavoro alle dipendenze del cessionario, rafforzando (con la previsione della
responsabilità solidale del cedente e del cessionario), la tutela dei crediti che il lavoratore aveva al
momento del trasferimento dell’azienda.
In particolare, alla luce dell’articolo 2112 cod. civ. come novellato dall’art. 32, D.Lgs. n. 276/2003,
per trasferimento di azienda si intende qualsiasi operazione che comporti il mutamento della
titolarità di una attività economica organizzata, con o senza fini di lucro, preesistente al
trasferimento e che con il trasferimento stesso conserva la sua identità.
Art. 32 Dlgs n. 276/03
Modifica all'articolo 2112 comma quinto, del Codice civile
1. Fermi restando i diritti dei prestatori di lavoro in caso di trasferimento d'azienda di cui alla normativa di recepimento
delle direttive europee in materia, il comma quinto dell'articolo 2112 del codice civile e' sostituito dal seguente: «Ai fini
e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a
cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza
scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla
tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento e' attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto
di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come
articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal
cessionario al momento del suo trasferimento».
2. All'articolo 2112 del codice civile e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «Nel caso in cui l'alienante stipuli con
l'acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d'azienda oggetto di cessione, tra
appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all'articolo 1676».
Elementi costitutivi
La definizione offerta dalla legge consente di enucleare gli elementi costitutivi della fattispecie.
In buona sostanza il trasferimento di azienda presuppone che, indipendentemente dallo strumento
negoziale all’uopo utilizzato, muti la titolarità del complesso dei beni organizzati per l’esercizio
dell’attività economica. L’elemento caratterizzante del trasferimento di azienda è pertanto costituito
dalla sostituzione del soggetto titolare dei beni destinati all’esercizio dell’impresa.
Tale mutamento può essere conseguito, come già evidenziato, attraverso le più diverse fattispecie
traslative (vendita, affitto, usufrutto, comodato).
Non è necessario che il trasferimento avvenga attraverso un unico atto di cessione, ben potendo la
successione nella titolarità del complesso dei beni aziendali essere realizzata attraverso una pluralità
di negozi traslativi.
L’importante è che tra la posizione del cessionario e quella del cedente sussista un vincolo di
derivazione giuridica.
Conseguenze sui rapporti di lavoro
Prosecuzione del rapporto
Si è già accennato come la più rilevante tutela apprestata dall’ordinamento al lavoratore nel caso di
trasferimento di azienda è costituita dalla prosecuzione del rapporto di lavoro con il cessionario.
Il passaggio dei lavoratori alle dipendenze del cessionario si produce automaticamente, senza
necessità che i lavoratori manifestino il loro consenso (Cass. 30 luglio 2004, n. 14670), per effetto
della disposizione di cui al primo comma dell’art. 2112 cod. civ. e quale che sia lo strumento
tecnico giuridico attraverso il quale viene realizzato il trasferimento.
Il passaggio del lavoratore alle dipendenze del cessionario presuppone, evidentemente, che il
rapporto di lavoro, all’atto del trasferimento, fosse in corso con il cedente (Cass. 2 marzo 1995, n.
2417); deve pertanto escludersi che l’effetto di prosecuzione automatica si produca con riferimento
ai rapporti di lavoro che alla data del trasferimento fossero già esauriti, ovvero legittimamente
risolti. È evidente, peraltro, che ove la illegittimità del recesso sia dichiarata dopo la cessione, tale
sentenza sarà opponibile al cessionario, il quale, subentrando nella medesima situazione giuridica
del cedente, non potrà sottrarsi agli effetti derivanti dalla sentenza dichiarativa della nullità del
licenziamento intimato dal datore di lavoro cedente prima del trasferimento.
Comunicazioni on line al Centro per l’Impiego
Nessun obbligo incombe sul cedente in caso di trasformazione d’azienda o di cessione di ramo di essa nei
confronti del Centro per l’Impiego.
Gli inizi d’anno si caratterizzano spesso per le modifiche aziendali, fusioni, incorporazioni e cessioni,
effettuare i corretti passaggi del personale dipendente tramite il modello Unificato VARdatori evita
l’applicazione di sanzioni da 100 a 500 euro.
Con le indicazioni ministeriali contenute nella nota circolare n. 8371/07 sono state chiarite le regole da tenere
sia in caso di semplice modifica di ragione sociale del datore di lavoro, sia in ipotesi di trasferimento
d’azienda o di ramo della stessa.
Nel primo caso, se non cambia il numero di codice fiscale del datore, sarà sufficiente la compilazione dei
quadri: “datore” e “denominazione precedente”; se cambia si dovrà compilare anche il quadro
“trasferimento”.
Nell’ipotesi di trasferimento d’azienda (art.2112 cc), invece, varia la titolarità dei rapporti di lavoro e gli
stessi continuano con il cessionario il quale possiede sempre un codice fiscale diverso dal cedente. L’evento,
quindi, non ha riflessi sui rapporti di lavoro in essere, la più rilevante tutela apprestata dall’ordinamento al
lavoratore nel caso di trasferimento di azienda è costituita dalla prosecuzione del rapporto di lavoro con il
cessionario. Il passaggio dei lavoratori alle dipendenze del cessionario si produce automaticamente, senza
necessità che i lavoratori manifestino il loro consenso, per effetto della disposizione di cui al primo comma
dell’art. 2112 cc e indipendentemente dallo strumento tecnico giuridico attraverso il quale viene realizzato il
trasferimento.
Il passaggio del lavoratore alle dipendenze del cessionario presuppone, evidentemente, che il rapporto di
lavoro, all’atto del trasferimento, sia in corso con il cedente e deve pertanto escludersi che l’effetto di
prosecuzione automatica si produca con riferimento ai rapporti di lavoro che alla data del trasferimento siano
già esauriti, ovvero legittimamente risolti.
Modello VAR datori
Per le comunicazioni relative ai trasferimenti d’azienda dovuti a cessione o fusione e a cessione di ramo
d’azienda, vanno compilati i seguenti quadri del modello VARdatori: “datore di lavoro”, “trasferimenti”,
“datore di lavoro precedente”, “elenco sedi di lavoro interessate” ed “elenco lavoratori interessati”. Il
modello va inviato dal cessionario telematicamente, tramite i consueti canali regionali al Centro Impiego,
entro 5 giorni dal verificarsi dell’evento.
Per le fusioni il cessionario dovrà inviare tante comunicazioni distinte per quanti sono i datori cedenti,
identificando in ciascuna i lavoratori che hanno acquisito la titolarità dei rapporti di lavoro.
Mutamento della titolarità
In assenza di specifiche previsioni ministeriali per trasferimento d’azienda deve intendersi qualsiasi
operazione contrattuale che comporta il mutamento della titolarità dell’attività economica organizzata
(affitto, usufrutto, successione ereditaria, incorporazione, scissione e anche cessione di contratto art. 1406 del
cc). Ogni evento va indicato nel campo “codice trasferimento d’azienda” selezionando, anche per analogia,
le opzioni contenute nella tabella.
L’unica incombenza a carico del cedente potrebbe essere la comunicazione di cessazione (modello Unificato
Lav) in caso si verifichino licenziamenti o dimissioni di lavoratori prima del trasferimento.
Tutela della posizione dei lavoratori
L’unica possibilità che il lavoratore ha per impedire l’automatica prosecuzione del rapporto di
lavoro alle dipendenze del cessionario, è quella di rassegnare le dimissioni (Trib. Milano 18
novembre 1999). Risulterebbe pertanto nulla la pattuizione che, in deroga, preveda che una quota
parte di lavoratori non passi alle dipendenze del cessionario.
La legge non si limita a garantire la continuità occupazionale. Il lavoratore, infatti, in caso di
trasferimento di azienda, conserva tutti i diritti derivanti dal pregresso rapporto di lavoro alle
dipendenze del cedente e non soltanto quelli derivanti dall’anzianità (Cass. 1° luglio 1998, n.
6428).
Con riferimento precipuo all’anzianità, l’ordinamento vuole impedire che attraverso una fittizia e
fraudolenta risoluzione del rapporto seguita dalla riassunzione alle dipendenze del cessionario possa
violarsi il diritto alla in frazionabilità della anzianità, con conseguenze negative non solo sul piano
del trattamento di fine rapporto, ma anche sulla determinazione della anzianità necessaria per
l’accesso ai cosiddetti “ammortizzatori sociali” in caso di crisi aziendale (Cass. 2 ottobre 1998, n.
9806).
Solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti del lavoratore
L’ordinamento prevede una particolare garanzia per i crediti che il lavoratore aveva al tempo del
trasferimento, consistente nella responsabilità solidale che per tali crediti grava sul cedente e sul
cessionario. Si tratta di una tutela assai intensa; essa, infatti, nei confronti del cessionario, opera
indipendentemente dalla conoscenza che questi abbia dei crediti.
È peraltro controverso se la responsabilità del cessionario si estenda anche ai crediti relativi a
rapporti di lavoro cessati prima del trasferimento, ovvero unicamente ai crediti relativi ai soli
rapporti di lavoro vigenti alla data del trasferimento.
Al riguardo la giurisprudenza di legittimità e quella di merito oscillano tra la tesi che la
responsabilità del cessionario si estenderebbe esclusivamente ai crediti relativi a rapporti di lavoro
vigenti alla data del trasferimento (Trib. Milano 10 giugno 1998), quella secondo la quale per i
crediti relativi a rapporti esauriti anteriormente al trasferimento, troverebbe applicazione l’art. 2560
cod. civ. (responsabilità per i debiti dell’azienda ceduta risultanti dai libri contabili: Cass. 19
dicembre 1997, n. 12899). Ma la responsabilità per debiti altrui ha carattere eccezionale e l’art.
2560 non prevede altre ipotesi al di fuori della cessione d’azienda in senso stretto. Se nella cessione
d’azienda la responsabilità solidale dell’acquirente è giustificata dal fatto che il debitore originario,
l’alienante, ha diminuito la propria capacità patrimoniale, lo stesso non può dirsi nel caso di affitto
di azienda in quanto i beni rimangono pur sempre nella titolarità del affittante. C’è, infine, la tesi
che vorrebbe senz’altro estendere la responsabilità solidale del cessionario a tutti i crediti ancorché
relativi a rapporti esauriti alla data del trasferimento indipendentemente dalla conoscenza o
conoscibilità da parte del cessionario (Trib. Milano 25 marzo 2000).
Il lavoratore, peraltro avvalendosi delle procedure conciliative di cui agli articoli 410 e 411 cod.
proc. civ., può liberare il cedente dalle obbligazioni derivanti dal pregresso rapporto di lavoro.
Esclusione della solidarietà tra cedente e cessionario per i debiti previdenziali
Non sembra essere del tutto pacifica l’applicazione di tale principio in materia di obblighi
assicurativi. Tale incertezza deriva dalla contraddizione tra la sentenza della Corte di Cassazione (*)
e l’art. 15 del D.P.R. del 30/6/1965 n. 1124 (estratto dal Testo Unico delle disposizioni per
l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) il quale recita:
“ Nel caso di trasferimento di un’azienda da un datore di lavoro ad un altro, quest’ultimo
nonostante la denuncia effettuata ai sensi dell’articolo 12, è solidalmente obbligato con il primo,
salvo l’eventuale diritto di regresso del nuovo datore di lavoro verso il precedente, per tutto quanto
risulta dovuto all’Istituto assicuratore per premi o contributi di assicurazione e relativi interessi e
per somme supplementari a titolo di penale, riferentesi all’anno in corso ed ai due antecedenti”.
Tale articolo, secondo la sentenza della Corte di Cassazione non sembra estendersi all’istituto
dell’affitto di azienda.
(*) La disciplina della responsabilità solidale non interviene per i debiti dell’alienante generati
dall’omesso versamento di contributi previdenziali in quanto questi sono debiti inerenti all’esercizio
dell’azienda e restano soggetti dalla disciplina dettata dall’art. 2560 del Codice Civile senza che
possa operare l’automatica estensione all’acquirente (sentenza Corte di Cassazione 29.01. 1992
n.906).
Un ulteriore pronunciamento della Corte di Cassazione
Debiti dell’alienante per omesso versamento di contributi previdenziali - Estensione di
responsabilità all’acquirente ex art. 2112 cod. civ. - Esclusione - Fondamento.
Corte di Cassazione - 26.4/16.6.2001, n. 8179/01 - Pres. Sciarelli - Rel. D’Agostino - P.M. Nardi
(Conf.) - Gestione Case Riposo S.r.l. (Avv. De Angelis) - INPS (Avv.ti Fonzo, Pulli, Coretti).
In caso di trasferimento di azienda, i debiti contratti dall’alienante nei confronti degli istituti
previdenziali per l’omesso versamento dei contributi obbligatori, esistenti al momento del
trasferimento, costituiscono debiti inerenti all’esercizio dell’azienda e restano soggetti alla
disciplina dettata dall’art. 2560 cod. civ., senza che possa operare l’automatica estensione di
responsabilità all’acquirente ex art. 2112, comma secondo, cod. civ., sia perché la solidarietà è
limitata ai soli crediti di lavoro del dipendente e non è estesa ai crediti dei terzi, quali devono
ritenersi gli enti previdenziali, sia perché il lavoratore non ha diritti di credito verso il datore di
lavoro per l’omesso versamento dei contributi obbligatori (oltre al risarcimento dei danni
nell’ipotesi prevista dall’art. 2116, secondo comma, cod. civ.), restando estraneo al cosiddetto
rapporto contributivo, che intercorre fra l’ente previdenziale e il datore di lavoro.
Licenziamento e dimissioni
Logico corollario della disciplina protettiva sin qui illustrata è che il trasferimento di azienda non
costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il licenziamento intimato in correlazione con il
trasferimento di azienda sarà infatti senz’altro nullo. Il cedente ed il cessionario potranno recedere
dal contratto di lavoro unicamente ove ricorrano una giusta causa o un giustificato motivo ai sensi
della disciplina limitativa del licenziamento. Una volta accertata la nullità del licenziamento
intimato dal cedente, graverà ovviamente sul cessionario l’obbligo di ripristinare il rapporto di
lavoro. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una modifica sostanziale nei tre mesi
successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con effetto immediato e
diritto all’indennità sostitutiva del preavviso.
Trasferimento di aziende con oltre 15 dipendenti
Qualora il trasferimento di azienda riguardi imprese con più di 15 dipendenti, la legge (art. 47, L.
n. 428/1990 con le modifiche introdotte dall’art. 1, D.Lgs. n. 18/2001) prevede una speciale
procedura nell’ambito della quale sono chiamate ad interloquire anche le organizzazioni sindacali
dei lavoratori. In tale ipotesi infatti, il cedente e il cessionario venticinque giorni prima che si
perfezioni l’atto di cessione o l’obbligo di procedere alla cessione, debbono fare una
comunicazione alle rappresentanze sindacali aziendali delle unità produttive interessate al
trasferimento ed ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato alle
imprese oggetto dell’operazione. Qualora non vi siano rappresentanze sindacali aziendali la
comunicazione dovrà essere fatta alle organizzazioni sindacali più rappresentative. Tale
comunicazione, effettuata direttamente dalle imprese interessate alla cessione, ovvero per il tramite
della associazione sindacale cui le predette imprese aderiscano od alla quale abbiano conferito
mandato, deve contenere:
- la data del trasferimento ovvero la data proposta per il trasferimento;
- i motivi del trasferimento;
- le conseguenze giuridiche, economiche e sociali che il trasferimento produrrà sui lavoratori;
- le eventuali misure previste in favore dei lavoratori stessi.
L’informazione suddetta è diretta a consentire alle organizzazioni sindacali di chiedere entro i sette
giorni successivi al cedente ed al cessionario di avviare un esame congiunto. Tale esame deve aver
luogo entro i sette giorni successivi al ricevimento della richiesta.
Lo stretto contingentamento dei tempi è ampiamente giustificato dalla necessità di non frapporre
soverchi ostacoli all’iniziativa economica, garantendo nel frattempo che le istanze di tutela
dell’occupazione e delle condizioni giuridiche ed economiche dei lavoratori interessati possano
trovare ingresso ed ascolto nella procedura per il tramite della consultazione degli organismi
sindacali. Pertanto, mentre per un verso il cedente e il cessionario sono senz’altro tenuti ad avviare
la procedura di esame congiunto, per altro verso, decorsi dieci giorni dal suo inizio senza che sia
stato raggiunto alcun accordo, la procedura di consultazione si intende in ogni caso esperita.
Conseguenze del mancato svolgimento della procedura di consultazione sindacale
Per espressa previsione normativa il mancato espletamento della procedura costituisce condotta
antisindacale. Quanto invece alle conseguenze sul piano dei rapporti di lavoro vi sono opinioni
controverse. Al riguardo, infatti, alcuni giudici di merito sostengono che il mancato espletamento
della procedura intacchi la validità stessa del negozio di trasferimento, negozio che in difetto della
prescritta procedura di consultazione sarebbe senz’altro nullo. Per altro verso, si sostiene che
l’omissione della procedura di consultazione incida sulla validità dei provvedimenti connessi al
trasferimento riguardanti i singoli lavoratori, ma non renda nullo o inefficace il negozio di
trasferimento. La Corte di Cassazione a sua volta ha statuito che l’omissione della procedura di
consultazione lede soltanto l’interesse del sindacato, legittimandolo ad agire per la declaratoria di
antisindacalità del comportamento, ma non costituisce presupposto di legittimità e validità del
trasferimento (Cass. 6 giugno 2003, n. 9130).
Assunzioni senza sgravi contributivi in ipotesi di trasferimento d’azienda
I lavoratori posti in mobilità dall’impresa cedente non portano sgravi contributivi per il cessionario
in ipotesi di riassunzione derivante da trasformazione d’azienda.
La recente sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 26391 del 3 novembre 2008
conferma la tesi prevalente secondo la quale è esclusa l’applicazione dei contributi agevolati di
mobilità (contributi previdenziali ridotti e pari a quelli previsti per gli apprendisti) quando i
lavoratori posti in mobilità continuano a lavorare (anche dopo una sospensione) presso la stessa
azienda. Questo è indipendente dal fatto che la titolarità dell’azienda sia cambiata, infatti, non basta
che il datore che li riassume sia diverso da quello che li ha posti in mobilità a seguito dei
licenziamenti. Se l’azienda, intesa come complesso di beni e persone, resta la stessa, come accade
nei casi di trasferimenti d’azienda, l’agevolazione prevista per le assunzioni di lavoratori in mobilità
ai sensi della legge n. 223/91 (art. 25 comma 9 e art. 8 comma 2 e comma 4) non spetta in quanto
l’impresa cessionaria non ha favorito nuova occupazione, ma ha solo adempiuto ad un preciso
obbligo di legge consistente nel mantenimento del posto di lavoro.