08_Rassegna - Bonetti - Recenti Progressi in Medicina

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08_Rassegna - Bonetti - Recenti Progressi in Medicina
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Recenti Prog Med 2015; 106: 618-628
Le terapie anti-tumorali a base di farmaci analoghi del platino
Andrea Bonetti1, Jacopo Giuliani1, Franco Muggia2
Riassunto. Nel corso degli ultimi 50 anni l’oncologia ha
vissuto notevoli cambiamenti, come quelli che hanno consentito il trattamento di patologie tumorali con caratteristiche altamente fatali, come le neoplasie testicolari a cellule
germinali, rendendole neoplasie potenzialmente guaribili.
Questa pietra miliare è stata giustamente attribuita all’identificazione del cisplatino da parte di Barnett Rosenberg
nei suoi esperimenti risalenti al 1965. Durante il 50° anniversario di questa scoperta abbiamo deciso di affrontare i
seguenti punti chiave riguardanti le terapie anti-tumorali a
base di farmaci analoghi del platino: 1) la biografia di Barnett Rosenberg; 2) la ricerca di analoghi meno tossici del
cisplatino, che ha portato allo sviluppo del carboplatino;
3) la ricerca clinica finalizzata alla riduzione delle tossicità
del cisplatino; 4) l’oxaliplatino e l’estensione dello spettro
terapeutico dei farmaci derivati del platino; 5) i numerosi
studi focalizzati al superamento della resistenza ai farmaci
derivati del platino.
Platinum antitumor complexes.
Parole chiave. Barnett Rosenberg, farmaci analoghi del
platino, resistenza ai platini, tossicità da platini.
Key words. Barnett Rosenberg, platinum analogues, platinum resistance, platinum toxicities.
Introduzione
so di affrontare i seguenti punti chiave riguardanti
le terapie anti-tumorali a base di farmaci analoghi
del platino: 1) la biografia di Barnett Rosenberg; 2)
la ricerca di analoghi meno tossici del cisplatino,
che ha portato allo sviluppo del carboplatino; 3) la
ricerca clinica volta alla riduzione delle tossicità
del cisplatino; 4) l’oxaliplatino e l’estensione dello
spettro terapeutico dei farmaci derivati del platino; 5) i numerosi studi focalizzati al superamento
della resistenza ai farmaci derivati del platino.
Nel corso degli ultimi 50 anni l’oncologia ha vissuto notevoli cambiamenti, come quelli che hanno
consentito il trattamento di patologie tumorali con
caratteristiche altamente fatali, come le neoplasie
testicolari a cellule germinali, rendendole neoplasie potenzialmente guaribili1. Questa pietra miliare è stata attribuita all’identificazione del cisplatino da parte di Barnett Rosenberg nei suoi esperimenti risalenti al 19652. Il cisplatino è stato successivamente approvato per ulteriori indicazioni
e la sua attività anti-tumorale promette ulteriori
progressi. In un classico esempio di spirito collaborativo, chimici, ricercatori di base e clinici si sono
perciò riuniti con cadenza di circa 4 anni in una
serie di International Symposia of Platinum Coordination Complexes (ISPCC – soprannominati anche “Platinum Olympics”) avendo come obiettivo
l’aggiornamento continuo e lo scambio di idee relativo allo sviluppo clinico dei farmaci analoghi del
platino. Gli studi più rilevanti emersi durante tali
simposi sono riassunti nella tabella 1, nonché nei
proceeding3-12 e in una precedente overview13. Nel
50° anniversario di questa scoperta abbiamo deci-
Summary. In the last 50 years the oncology has experienced remarkable changes resulting in transforming malignant germ-cell testicular tumors from highly fatal to nearly uniformly cured neoplasms. This clinical landmark was
justly attributed to the identification of cisplatin by Barnett
Rosenberg in his experiments dating to 1965. On this 50th
anniversary of this discovery, one is reminded of the following key aspects in cancer therapeutics: 1) the life-story of
Barnett Rosenberg and his legacy that included organizing
nearly quadrennial “platinum” meetings incorporating advances in cancer biology into evolving therapeutic strategies; 2) the search for less toxic analogs of cisplatin leading
to the development of carboplatin; 3) clinical research into attenuation of cisplatin toxicities; 4) oxaliplatin and the
expansion of the therapeutic spectrum of platinum compounds; and 5) the ongoing multifaceted investigations
into the problem of “platinum resistance”.
Barnett (Barney) Rosenberg (1926-2009):
una breve biografia
Barnett (Barney) Rosenberg nacque a Brooklyn
(NY) nel 1926. Seguendo il percorso di altri giovani talentuosi dell’epoca, dopo la laurea al Brooklyn
College, continuò gli studi alla New York University (NYU) per ottenere i titoli di MS (1950) e Ph.D.
(1955) in Fisica. Il suo mentore durante il dottorato
di ricerca, Paul Kallman, aveva studiato sotto il
tutoraggio di Albert Einstein, e Barney era orgoglioso di essere il “nipote accademico” di Einstein,
che considerava come “l’ultimo pensatore”. Dopo
1
Dipartimento di Oncologia Medica, Ospedale Mater Salutis, AULSS 21 Regione Veneto, Legnago (Verona); 2New York University
School of Medicine and Cancer Institute, New York, NY, USA.
Pervenuto il 15 novembre 2015. Accettato dopo revisione il 27 novembre 2015.
A. Bonetti et al.: Le terapie anti-tumorali a base di farmaci analoghi del platino
Tabella 1. International Symposia on Platinum Coordination Compounds in Cancer Chemotherapy (ISPCC): selezione dei punti chiave
nel periodo compreso tra il 1971 e il 2012.
Anno
Luogo
Organizzatori
Punti salienti selezionati (bibliografia)
1971
Praga
Barnett & Rosenberg
Cisplatin: discovery and preclinical activity (unpublished, based on3)
1973
Oxford
Tom Connors & John Roberts
Interactions with DNA; excision repair; analogue development4
1976
Dallas
Joseph Hill
Preclinical and clinical studies in solid tumors and leukemias by the
Wadley Institute and NCI5,6
1983
Burlington
Irving Krakoff
Carboplatin introduced (unpublished)
1987
Padova
Mario Nicolini
Biochemistry, toxicology and expanding clinical indications7
1991
San Diego
Stephen Howell
Chemistry; molecular effects; toxicity protection; Calvert formula
for carboplatin dosing8
1995
Amsterdam
Herbert Pinedo & Jan Schornagel Preclinical and clinical comparisons of cisplatin, carboplatin, and
other
analogs in clnical study9
1999
Oxford
Lloyd Kelland
New useful platinums: oxaliplatin, a 1,2-diaminocyclohexane
(DACH) platinum in Phase III trials10
2003
New York
Nicholas Farrell & Franco Muggia
Copper transporters; mature clinical results in gynecologic and colorectal cancers (unpublished)
2007
Verona
Andrea Bonetti & Roberto Leone
Modulation of DNA repair; detection of platinum cellular damage11
2012
Verona
Andrea Bonetti & Roberto Leone
Neuro-, nephro- and ototoxicity protection by Organic Cation Transporter inhibitors22
Modificata con il permesso di Muggia13.
una borsa di studio post-dottorato conseguita alla NYU, presso l’Istituto di Scienze Matematiche
(1955-56), lavorò alla Westinghouse Electric Corporation (1956-58) come Senior Research Physicist, per poi tornare nel 1958 alla NYU in qualità di
Research Scientist-Project Director, impegnandosi
in studi biofisici con il contributo dello Stato. Nel
1961 entrò a far parte della Michigan State University (MSU) come co-fondatore del Dipartimento
di Biofisica con Leroy Augenstein; rimase quindi
presso l’Istituzione dapprima come professore del
Dipartimento di Biofisica (1961-79) e successivamente presso il Dipartimento di Chimica (198097), da cui si ritirò ufficialmente nel 1997. Nel 1982
fondò il Barros Research Institute di Holt, MI, dove
diresse una vasta gamma di progetti di ricerca fino
alla sua morte, avvenuta all’età di 82 anni.
Il cisplatino
La scoperta del cisplatino e delle sue caratteristiche biologiche, che si è evoluta da esperimenti di laboratorio nel 1965, ha fornito la base per i
suoi studi e ne ha accompagnato tutta l’esistenza.
Tale scoperta è stata frutto di un lavoro di squadra che ha incluso anche l’eccellente lavoro di Loretta Van Camp, così come quello di Tom Krigas,
Eugene Grimley e Andrew Thomson, che hanno
contribuito in modo significativo alla scoperta.
Questa complessa storia di impegno quinquennale
include: la scoperta dell’inibizione della divisione
cellulare batterica, ma non la crescita cellulare;
la ricerca intensiva e continua dell’agente causale;
la scoperta del “back-door” dell’attività biologica.
L’attività del cisplatino è stata scoperta da Barnett Rosenberg mentre studiava gli effetti della
corrente elettrica sulla crescita dell’Escherichia
Coli. Il batterio, infatti, cessava di riprodursi dopo
l’esposizione a un composto generato da un elettrodo in platino2. Il tutto è iniziato con la scoperta
fortuita che, in condizioni di normalità, l’E. Coli
B (figura 1A), una volta esposto a un campo elettrico generato utilizzando elettrodi di platino (Pt)
in un flusso continuo, forma filamenti (figura 1B)
200-300 volte la loro lunghezza normale14,15. Ciò ha
contribuito a iniziare la ricerca intensiva del mediatore di questo effetto, ricerca che si concluse con
l’identificazione del cisplatino e la dimostrazione
delle sue potenzialità come agente anti-tumorale.
In un’altra sorprendente scoperta, Loretta Van
Camp osservò che le soluzioni di (NH4)2PtCl6 venivano sottoposte a variazione fotochimica14; il
prodotto di questo cambiamento risultò essere
il cis-[Pt(NH3)2Cl4]. Sia il cis-[Pt(NH3)2Cl4] che il
A
B
Figura 1. Le diverse forme di Escherichia Coli: normale (A) e filamentosa (B).
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cis-[Pt(NH3)2Cl2] inibiscono la divisione cellulare
in vitro; in collaborazione con il National Cancer
Institute (NCI) Chemotherapy Program, sono stati
successivamente testati in vivo: il cis-[Pt(NH3)2Cl2]
ha dimostrato un’attività anti-tumorale superiore.
Citiamo di seguito Rosenberg in merito a questa
scoperta: «After 2 years of work it was determined
that these chemical species are cisplatin and/or its
platinum (IV) analog. This chemical had first been
synthesized in 1845 and was known as Peyrone’s
chloride. The elucidation of its structure by Werner was a major contribution to the establishment
of a firm basis for coordination chemistry. Thus,
cisplatin has indeed had a noble history. Our work
showed for the first time that this class of chemicals also had significant biologic actions»15.
Di conseguenza, gli effetti sul DNA batterico
hanno esortato a esplorare l’attività anti-tumorale
del cisplatino attraverso la collaborazione con il
NCI e il programma di chemioterapia (poi rifondato come Division of Cancer Treatment) diretto da
C. Gordon Zubrod. Al cisplatino è stato perciò attribuito il National Service Number NSC # 119.875
ed è stata iniziata la sperimentazione in modelli
animali murini che si basavano principalmente su
leucemie cancerogeno-indotte. Dopo la pubblicazione2, il NCI iniziò a testare il Pt contro alcuni tumori
e la Michigan State University vendette il brevetto, non tanto del cisplatino (già noto) ma della sua
applicazione alla Bristol-Myers. I successivi studi
hanno rivelato la presenza di attività contro una
vasta gamma di tumori indotti sperimentalmente
e, sotto la costante sollecitazione di Barney (come
citato da Stephen Carter, il suo contatto all’NCI
Chemotherapy Program, con cui era settimanalmente in contatto alla fine degli anni ’60: «How is
my drug doing?»), è stato velocemente indirizzato
verso lo sviluppo clinico (nel 1970 iniziarono i primi
studi clinici). Il suo studio di fase I è stato contraddistinto dalla presenza occasionale di gravi danni
renali al raggiungimento del dosaggio di 40 mg/m2,
così come dalla quasi costante comparsa di nausea
e vomito e dall’occasionale ototossicità.
Successivi studi sono stati facilitati dalla scoperta che il danno renale si poteva prevenire grazie
a un’abbondante idratazione16. È importante sottolineare il fatto che il farmaco ha iniziato a produrre
risultati senza precedenti contro i tumori a cellule
germinali del testicolo (considerati quasi universalmente letali)17 ed è quindi stato prontamente
incorporato in regimi chemioterapici di combinazione in studi prospettici condotti da Einhorn1,18.
È altresì riconosciuta la superiorità del cisplatino
nel trattamento dei tumori epiteliali dell’ovaio19. A
partire dal 1977, il NCI’s Cancer Therapy Evaluation Program (CTEP) ha riassunto, per i clinici, il
potenziale terapeutico del cisplatino, nonché le tossicità, quali l’ototossicità, l’intensa nausea e il vomito e le neuropatie periferiche20. Un incontro che
riassumeva lo stato del cisplatino quale farmaco
anti-tumorale (e pubblicato in un volume di Cancer
Treatment Reports) si tenne a Washington, DC,
nel 1978, sotto l’egida di CTEP, NCI21 come Coo-
perative Research and Development Agreement
(CRADA) award per i Bristol Laboratories (later
Bristol-Myers Squibb), e l’approvazione del cisplatino, da parte della Food & Drug Administration
(FDA) riguardò il trattamento dei tumori avanzati
del testicolo, dell’ovaio e della vescica. Da allora, il
cisplatino è stato approvato per altre indicazioni e
promette ulteriori progressi nell’ambito dei farmaci analoghi del platino.
La ricerca di analoghi meno tossici del cisplatino:
il carboplatino
Immediatamente dopo la sua approvazione,
una priorità assoluta era quella di individuare un
analogo meno tossico del cisplatino, pur mantenendone la stessa attività. Una scoperta in collaborazione tra l’industria e il mondo accademico,
unitamente alla collaborazione tra Johnson Matthey Plc (JM) e l’Institute for Cancer Research
(ICR) di Londra, ha fornito un importante passo
in avanti grazie all’identificazione del carboplatino (cis-diammine-[1,1-cyclobutanedicarboxylato]
platinum(II)). Tutto ciò ha portato a un incremento dell’indice terapeutico nei trial clinici condotti
dalla Bristol Myers-Squibb (BMS), che ne ha consentito l’approvazione da parte della FDA verso la
metà degli anni ’8022.
L’ipotesi che il cyclobutanedicarboxylato, lasciando il gruppo del carboplatino, potesse conferire minore tossicità senza perdere la propria efficacia anti-tumorale si è rivelata corretta23. Rispetto
al cisplatino, il carboplatino è essenzialmente privo di nefrotossicità ed è significativamente meno
neurotossico. Il carboplatino24 è risultato, inoltre,
essere significativamente meno emetizzante rispetto al cisplatino, come era stato previsto dal
modello animale sul furetto utilizzato da Ken
Harrap22. Inoltre, la previsione degli effetti farmacologici del carboplatino ha facilitato il suo successivo sviluppo clinico: la trombocitopenia, ossia
la tossicità dose-limitante, è stata infatti successivamente utilizzata come surrogato degli effetti
farmacodinamici del farmaco da parte di Merrill
Egorin25 e di A. Hilary Calvert, sia per gli adulti26
sia per i bambini27. Le formule per il dosaggio del
carboplatino basate sulla funzionalità renale sono
state esaustivamente validate da Canetta et al.28
alla BMS sia in pazienti naïve da chemioterapia
sia in pazienti pre-trattati28. Mentre i DNA-addotti formati dal cisplatino e dal carboplatino sono
identici, il tasso di formazione di addotti durante
l’esposizione al carboplatino è 10 volte più lenta e
richiede una concentrazione di carboplatino 20-40
volte maggiore per produrre lo stesso numero di
addotti del cisplatino29. La maggiore tollerabilità
del carboplatino rispetto al cisplatino ha permesso
di estenderne l’utilizzo ai pazienti in cui la presenza di comorbilità precludeva l’utilizzo del cisplatino. Inoltre, grazie al suo profilo di tossicità, il
carboplatino ha gradualmente sostituito il cisplatino in diverse patologie30. Per esempio, l’introdu-
A. Bonetti et al.: Le terapie anti-tumorali a base di farmaci analoghi del platino
zione di paclitaxel, sempre grazie alla BMS, con la
combinazione di paclitaxel e carboplatino è stata
ampiamente studiata per il trattamento di diversi
tipi di tumore, quali il carcinoma polmonare non
a piccole cellule, unitamente ai tumori a partenza
ginecologica e gastro-esofagea, in combinazione
con l’impiego della radioterapia. Curiosamente, il
recupero da tossicità ematologiche dose-limitante
(in prevalenza trombocitopenia, ma anche neutropenia) è stato accelerato dall’associazione con il
paclitaxel31.
Sorsero in seguito dubbi se la maggiore tollerabilità del carboplatino fosse ottenuta a prezzo
del sacrificio dell’efficacia del cisplatino32. Tuttavia, nel carcinoma ovarico, l’attività del carboplatino nei confronti del cisplatino come trattamento
up-front è stata dimostrata in uno studio di fase
III33, divenendo il trattamento di scelta in pazienti con recidiva da carcinoma dell’ovaio “platinosensibile”11. In altri tumori maligni, la mancanza
di vantaggio terapeutico del carboplatino nel confronto vis-à-vis con il cisplatino è stata oggetto di
dibattito34, ma, con l’eccezione dei tumori a cellule
germinali1,34, gli studi di confronto necessari per
risolvere questo problema non sono stati effettuati
e il carboplatino è gradualmente diventato il farmaco analogo del platino più utilizzato nel nostro
armamentario farmacologico oncologico. Attualmente il cisplatino è ancora il farmaco preferito
per il trattamento dei tumori a cellule germinali1,
per il trattamento adiuvante del tumore del polmone non a piccole cellule35, per la terapia di prima linea del cancro avanzato della vescica36 e dei
tumori avanzati del distretto testa-collo37; inoltre,
trova il suo spazio nel tumore avanzato della cervice uterina in combinazione con la radioterapia38
e nei casi in cui i farmaci vengono somministrati
per vie non comuni, come la via intraperitoneale
(IP)39. Il carboplatino si è anche dimostrato efficace
nel trattamento chemio-radioterapico del tumore
esofageo40, ed è attualmente in corso di valutazione per via IP nel tumore dell’ovaio in trial clinici
di fase III versus (vs) regimi a base di cisplatino
somministrati per via IP.
Diversi sistemi per attenuare le tossicità del cisplatino hanno incluso l’incapsulazione in liposomi
e l’introduzione di un certo numero di farmaci analoghi del platino, che sono stati approvati in taluni
paesi principalmente per la loro attività simile al
cisplatino, ma con minore nefrotossicità.
Mentre altri analoghi (come l’iproplatino) sono stati pubblicizzati come aventi analoghe riduzioni di tossicità, in un trial randomizzato di fase II condotto dal Gynecologic Oncology Group24,
il carboplatino è risultato essere significativamente meno emetizzante, come era stato previsto dal modello animale sul furetto utilizzato da
Ken Harrap22. Altri analoghi, come il lobaplatino
(1,2-diamminomethyl-cyclobutane-platin +(II)lactate (Germania)9, il nedaplatino (cis-diammine
glycolato platinum) (Giappone)9, il SKI-223 (cismalonato[(4R,5R)-4,5-bis(aminomethyl)-1,3-dioxolane] platinum(II) (Korea)41 e altri, si affermaro-
no nei paesi designati mantenendo l’attività del
cisplatino, però con meno nefrotossicità. Tuttavia,
altri mercati non hanno adottato questi farmaci,
soprattutto a causa della mancanza di vantaggi
dimostrabili rispetto al carboplatino.
Applicando il NCI COMPARE program per vari analoghi del platino, Fojo et al.42 hanno creato
un sistema per lo sviluppo di farmaci analoghi del
platino, come gli analoghi transplatino, poiché il
loro spettro di attività differisce dai farmaci definiti. Nuovi concetti nello sviluppo dei farmaci analoghi del platino, come i platini bi- e tri-nucleari, gli
azirido-platini e il satraplatino orale12, procedendo
oltre i trial clinici di fase I, dovrebbero competere per eventuali indicazioni di trattamento con
un indice terapeutico superiore non solo nei confronti del cisplatino, ma probabilmente anche del
carboplatino. Comunque, gli 1,2-Diaminocyclohexane analogs (DACH platinums) hanno attirato
l’attenzione a causa della loro attività nei tumori
cisplatino-resistenti43. Questi analoghi avevano
inizialmente evidenziato problemi inerenti sia il
cambiamento di formulazione sia la solubilità44.
Tuttavia, l’interesse per questi composti ha portato allo sviluppo dell’oxaliplatino (vedi sezioni successive). D’altra parte, l’evoluzione verso composti
attivi per via orale45 e derivati del platino, come
il satraplatino46, non è stata trattata oltre, visto
il fallimento di quest’ultimo agente nell’ottenere
l’approvazione della FDA, nonostante un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione rispetto al trattamento standard per il cancro
della prostata in fase avanzata di malattia. Come
discusso in seguito, i meccanismi unici di formazione di addotti, il superamento della resistenza
al cisplatino, lo spettro di tossicità favorevole e/o
i vantaggi unici nella formulazione farmacologica
forniscono il razionale per lo sviluppo di farmaci
analoghi del platino.
Altre strategie per affrontare le tossicità
da platino
L’emesi acuta e ritardata prodotta dal cisplatino, anche a dosi di soli 20 mg/m2, ha portato allo
sviluppo di potenti agenti anti-emetici. Gralla et
al.47, al Memorial Sloan-Kettering, hanno eseguito
gli studi iniziali dei farmaci per la protezione nei
confronti dell’emesi acuta da alte dosi di cisplatino, basandosi sui metodi per quantificare la nausea e il vomito negli studi di Moertel alla Mayo
Clinic. Questi metodi sono stati replicati in studi
successivi che hanno portato all’approvazione del
primo di diversi anti-HT3, ondansetron48, per poi
seguire con l’approvazione di analoghi ad azione
prolungata, granisetron e palonosetron. Mentre la
tossicità acuta ora può essere eliminata nella maggior parte dei pazienti che ricevono una terapia
altamente emetogena, la nausea e il vomito ritardati persistevano nonostante l’utilizzo di farmaci
anti-HT3. Gli studi che si concentravano su questi
sintomi ritardati hanno portato all’approvazione
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di aprepitant che, insieme con i glucocorticoidi, e,
più recentemente, alle formulazioni a lento rilascio di granisetron, costituiscono le base delle attuali linee-guida di trattamento49.
Oltre all’emesi e allo sviluppo dei farmaci antiemetici, la tossicità renale da cisplatino, inizialmente imprevedibile, oggi è notevolmente più gestibile grazie all’introduzione dell’idratazione con
soluzione salina e con la diuresi “forzata” con o
senza mannitolo o con diuretici dell’ansa, come dimostrato dapprima in modello-animale di cane da
parte di Esteban Cvitkovic all’Istituto Mario Negri, che l’ha poi applicato clinicamente al Memorial Sloan-Kettering ai pazienti affetti da tumore
del testicolo50; procedure previste per l’escalation
di dose oltre i 40 mg/m2 ogni 3 settimane sono state
ampiamente studiate in studi di fase I. Il loro utilizzo ha permesso l’escalation di dose del cisplatino
da 40 mg/m2 ogni 3 settimane, a dosi ripetute di
120 mg/m2 ogni 3 settimane o di 100 mg/m2 al g.1 e
g.8 o addirittura 40 mg/m2 ogni 6 ore al giorno per
3 giorni ogni 3 settimane. Queste dosi elevate, anche se ritenute tollerabili dalla maggior parte dei
giovani pazienti adulti, non pre-trattati, con tumori a cellule germinali, sono al di sopra delle dosi
suggerite dalle linee-guida del 2015 sul trattamento della maggior parte delle neoplasie. Un precedente trattamento con alcuni farmaci, compresi gli
altri platino-analoghi, le ciclosporine e gli antibiotici aminoglicosidici predispongono a nefrotossicità cisplatino-indotta51. Il trial clinico randomizzato
GOG132, che ha confrontato il cisplatino somministrato in monochemioterapia al dosaggio di 100
mg/m2 vs la combinazione di cisplatino e paclitaxel
al dosaggio di 75 mg/m2 nel carcinoma ovarico, ha
fornito l’evidenza della comparsa di insufficienza
renale in queste pazienti in relazione alla dose del
cisplatino: la percentuale di eventi avversi a livello
renale nelle pazienti che ricevevano la dose di 100
mg/m2 è stata del 15% (4% di grado 3 e 4), mentre non superava il 2%, considerando tutti i gradi, nelle pazienti che ricevevano la dose di 75 mg/
m2,52. Anche se un dosaggio di 100 mg/m2 per un
massimo di 4 cicli ha un forte margine di sicurezza
nell’insorgenza di tossicità renale in pazienti giovani con tumori a cellule germinali, osteosarcomi
e altri tumori solidi dell’infanzia, usando queste
“alte dosi” in altre circostanze, come nel carcinoma
ovarico, si è avuta una diminuzione dell’insorgenza di tossicità renale52. Gli inibitori del trasporto di
cationi organici 2 (OCT2) potrebbero svolgere un
ruolo nella protezione nei confronti sia della nefro sia dell’ototossicità da cisplatino: la cimetidina
previene la glicosuria, la proteinuria e l’accumulo
di platino nelle cellule corticali renali e nelle cellule ciliate cocleari, nella stria vascularis e nell’organo del Corti53-55. Tale riduzione dell’ototossicità
sarebbe particolarmente auspicabile nei bambini
e negli adulti con deficit uditivo preesistente. L’espressione di OCT2 nelle cellule dei gangli spinali, dove si accumulano sia il cisplatino che l’oxaliplatino, assieme alla protezione offerta dalla
cimetidina in topi esposti all’allodinia indotta da
freddo o da agenti meccanici, suggerisce il fatto
che OCT2 possa svolgere un ruolo nella neuropatia
acuta indotta da oxaliplatino56. Dal momento che
pochi tumori umani esprimono OCT257-59, presumibilmente mediante modificazioni epigenetiche
relative agli oncogeni, il considerare OCT2 come
possibile bersaglio farmacologico richiede ulteriori
approfondimenti, ma ha il potenziale di migliorare
la tossicità platino-indotta, senza sacrificare l’efficacia del trattamento60.
Con l’approvazione nell’utilizzo dei taxani, la
neurotossicità emerge come una delle principali
tossicità cumulative da cisplatino. L’insorgenza
della neuropatia sensoriale ha infatti notevolmente complicato l’utilizzo del cisplatino in associazione ai taxani, mentre il carboplatino si è dimostrato
meno neurotossico; inoltre, nella combinazione del
carboplatino con il paclitaxel questi problemi clinici sono spesso transitori61. Sfortunatamente, i farmaci neuroprotettivi e le manovre neurorigenerative non hanno dimostrato sufficiente efficacia per
consentirne l’approvazione da parte delle agenzie
di regolamentazione.
L’espansione dello spettro terapeutico
del cisplatino: l’oxaliplatino
Mentre il carboplatino si imponeva come il farmaco dominante tra gli analoghi del platino, l’oxaliplatino emergeva come il farmaco più utilizzato
tra gli analoghi del platino di terza generazione.
L’oxaliplatino è stato originariamente sintetizzato
in Giappone da Yoshinori Kidani62; le osservazioni
precliniche e cliniche inerenti il tumore del colonretto da parte del gruppo di Georges Mathé63 e successivamente da Aimery de Gramont64 in Francia,
ne ha portato al successivo sviluppo clinico. L’oxaliplatino, come il cisplatino (e il carboplatino) forma
addotti di guanina intraelicoidale (5’GG) nel DNA,
ma con un differenti carrier ligandi: diammina
per il cisplatino e il più ingombrante diaminocicloesano per l’oxaliplatino (figura 2)65. Sono emerse
notevoli differenze negli effetti cellulari e nel riconoscimento degli addotti da parte delle proteine di
riparazione del DNA: le differenze più significative
riguardano il modo in cui gli addotti interagiscono
con le proteine con dominio HMG (per es., HMGB1,
LEF-1, TBP e Hubf)66-68. Di conseguenza, le differenti affinità delle proteine HMG per gli addotti
del DNA del cisplatino e dell’oxaliplatino presumibilmente contribuiscono ai rispettivi effetti cellulari69. In particolare, HMGB1 inibisce la sintesi degli
addotti del cisplatino in misura maggiore rispetto all’oxaliplatino70; dal momento che il livello di
espressione HMGB1 è elevata nei tumori colorettali71, ciò può spiegarne la resistenza intrinseca al
cisplatino, ma non all’oxaliplatino72,73.
Inoltre, la presenza di mismatch repair (MMR)
difettosi è associata a resistenza al cisplatino,
ma non all’oxaliplatino74,75. Fin dall’inizio, infatti, l’aggiunta dell’oxaliplatino a regimi a base di
fluoropirimidine ha prodotto un reale beneficio
A. Bonetti et al.: Le terapie anti-tumorali a base di farmaci analoghi del platino
Cisplatino
Addotti di DNA
Oxaliplatino
Addotti di DNA
con ingombro del solco maggiore
Figura 2. Addotti di DNA del cisplatino e dell’oxaliplatino che illustrano
le principali caratteristiche distintive; il carboplatino subisce reazioni
di clorurazione nei fluidi biologici che portano alla formazione di addotti del DNA identici al cisplatino.
Modificato da Scheeff et al.65.
per i pazienti con carcinoma colorettale avanzato, come citato da Misset et al.8: «Risultati molto
promettenti sono stati ottenuti nel carcinoma del
colon-retto avanzato», mentre gli effetti del cisplatino sono stati deludenti quando combinati con il
5-FU nei trial clinici inerenti il carcinoma colorettale76. I regimi a base di oxaliplatino sono stati
ulteriormente rafforzati con l’aggiunta di altri farmaci tradizionali come l’irinotecan o le targeted
therapy, quali gli anti-vascular endothelial growth
factor (VEGF), bevacizumab e aflibercept, o gli anti-epidermal growth factor receptor (EGFR), cetuximab e panitumumab. Questi trattamenti hanno
consentito importanti miglioramenti in termini di
outcome nei pazienti con carcinoma colo-rettale
metastatico e nelle forme resecabili77. Inoltre, la
familiarità acquisita dagli oncologi nei confronti
delle combinazioni a base di oxaliplatino e fluoropirimidine sta portando a un allargamento delle
indicazioni anche ai tumori pancreatici78 e ai tumori dello stomaco e del tratto gastro-esofageo79,80.
Questi risultati clinici sono illustrativi della complessità di fattori chimici e biologici che possono
rendere un cancro suscettibile a un particolare
tipo di platino e ciò contribuisce a sensibilità o resistenza nei confronti di un analogo del platino.
Sensibilità al platino e inversione di resistenza:
risultati clinico-laboratoristici
Nel corso degli ultimi 3 decenni sono stati condotti diversi studi per determinare le cause di re-
sistenza intrinseca e acquisita nei confronti del
cisplatino. I meccanismi implicati sono numerosi
e ciascuno di essi varia in accordo a una particolare linea cellulare o tipo di tumore. Questi possono
essere principalmente categorizzati in riduzione
dell’assorbimento di farmaco, neutralizzazione
da parte dei tioli intracellulari e metallotionine e
tolleranza al danno al DNA81-83 e hanno dato vita
a strategie che cercano di interferire con specifici
meccanismi. Studi correlati hanno dimostrato la
quasi assoluta cross-resistenza tra il carboplatino
e il cisplatino e l’ancor più variabile cross-resistenza tra questi e l’oxaliplatino84. Modelli murini con
specifiche mutazioni di BRCA1 nel tessuto mammario hanno mimato le caratteristiche dei tumori
mammari umani con fenotipo basal-like (triple negative)85. Questi tumori murini sono eradicati dal
cisplatino, sottolineando l’importanza dell’inattivazione irreversibile di HR come determinante
della sensibilità al cisplatino86,87. Studi clinici hanno confermato che tumori ovarici portatori della
mutazione BRCA hanno una maggiore sensibilità
al platino e ad altri agenti che agiscono danneggiando il DNA88; la maggior parte dei tumori della
mammella con mutazione di BRCA1 evidenziano
una risposta patologica completa a regimi a base
di cisplatino in setting neoadiuvante89. Al contrario, la resistenza al cisplatino compare in seguito all’acquisizione di ulteriori mutazioni nei geni
BRCA che ripristinano la normale funzione della
proteina90. Carenza di HR (HRD) conferisce sensibilità ad altri agenti dannosi su DNA e la poli (ADP-ribosio) polimerasi (PARP) inibitori, che
portano la cosiddetta “letalità sintetica” quando la
funzione di BRCA è persa91-93. La recente approvazione di olaparib da parte della FDA e di altri inibitori di PARP hanno stimolato lo sviluppo di test
diagnostici per la determinazione di HRD al fine di
identificare al meglio i pazienti che potrebbero beneficiare maggiormente sia degli inibitori di PARP
sia dei farmaci analoghi del platino. Attualmente
sono in corso studi clinici con farmaci inibitori di
PARP-1 nei tumori ovarici, mammari e polmonari
con mutazioni di BRCA1. Infatti, olaparib, il farmaco inibitore di PARP-1 diretto contro HRD, ha
dimostrato, in uno studio clinico controllato confrontato contro placebo, di prolungare la sopravvivenza quando somministrato come terapia di
mantenimento in un sottogruppo di pazienti con
recidiva di cancro sieroso dell’ovaio platino-sensibile con mutazioni germ line di BRCA94: è stato
infatti ottenuto un significativo aumento della progression free survival (PFS) nei confronti del placebo nel gruppo di 136 pazienti (sui 256 totali) con
mutazioni germ line di BRCA (11,2 vs 4,3 mesi;
HR 0,18; 95 % CI: 0,10-0,31; p<0,0001). Questi risultati hanno portato all’approvazione di olaparib
in monoterapia da parte delle autorità regolatorie
negli Stati Uniti (FDA) e in Europa (EMA) per il
trattamento di mantenimento dei pazienti adulti
con ripresa di malattia platino-sensibile BRCAmutata (linea germinale o somatica) ad alto grado
istotipo sieroso-epiteliale dell’ovaio, tube di Fallop-
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624
Recenti Progressi in Medicina, 106 (12), dicembre 2015
pio o carcinoma peritoneale primitivo che abbiano
evidenziato una risposta completa o parziale alla
chemioterapia a base di platino. Ulteriori evidenze
che l’inibizione di PARP possa potenziare l’effetto
citotossico dei farmaci metilanti il DNA, gli inibitori delle topoisomerasi 1 e le radiazioni ionizzanti, sta portando a ulteriori test clinici sui farmaci
inibitori PARP come agenti singoli o in combinazione per il trattamento di pazienti con recidiva di
carcinoma ovarico93.
Altri meccanismi di riparazione del DNA che
influenzano la sensibilità ai farmaci analoghi del
platino includono la riparazione per escissione dei
nucleotidi (NER) e lo stato di MMR. Le proteine
NER, e in particolare ERCC1, sono conosciute fin
dalla fine del 1980 per riconoscere e riparare la distorsione dell’elica causata dal cisplatino95-97. Studi
preclinici e clinici hanno indagato l’mRNA, i livelli
di espressione proteica, la variazione genetica in
ERCC1 (escissione riparazione croce complementazione gruppo 1) e altri componenti del pathway
di NER come determinanti dei risultati di outcome
derivanti dalla chemioterapia a base di cisplatino;
l’eccezionale sensibilità del tumore del testicolo al
cisplatino è stata attribuita a tale deficit nei meccanismi di riparazione del DNA98. La relazione tra
la deficienza nei sistemi di riparazione di MMR e
la platino-resistenza è stata principalmente dimostrata in laboratorio. Negli esseri umani, almeno
4 proteine (MLH1, MSH2, MSH6, PMS2) sono implicate nel correggere l’incorporazione nel DNA in
presenza di slittamento di una base o di un gruppo
di basi. La perdita della funzione di MMR porta
ad alti tassi di mutazione in geni codificanti e non
codificanti e, come dimostrato (per quanto riguarda la perdita di MLH1 o MSH2), per ridurre la
sensibilità al cisplatino e al carboplatino, ma non
all’oxaliplatino99. In uno studio clinico, una ridotta
colorazione immunoistochimica per MLH1 è stata
evidenziata nel 66% dei carcinomi ovarici pretrattati con farmaci platino-derivati100. L’inibizione
delle chinasi Wee-1 permette di superare la platino-resistenza nei carcinomi ovarici con mutazione
di p53 e attualmente sono in corso studi clinici nei
confronti di altri tumori epiteliali, sottolineando il
ruolo della fase G2 del ciclo cellulare nella riparazione delle lesioni letali da platino ed evidenziando
un possibile meccanismo p53-dipendente di platino-resistenza101. Infine, basandosi principalmente
su modelli preclinici, la resistenza al cisplatino e al
carboplatino è stata costantemente correlata alla
diminuita captazione del farmaco all’interno delle
cellule tumorali. La loro polarità contribuisce alla
scarsa diffusione attraverso le membrane lipidiche così come alla loro stabilità nelle formulazioni
liposomiali. La perdita dell’affinità di legame per
CTR1 in S. cerevisiae ha portato a resistenza nei
confronti del cisplatino a causa di una riduzione
nella captazione. Studi successivi in numerosi tipi
di cellule umane e murine hanno confermato il ruolo chiave di CTR1 nell’assorbimento del farmaco e
nella sensibilità nei tumori umani102-104 (figura 3).
La perdita di CTR1 in alcuni tipi di cellule porta,
Figura 3. Le diverse vie di trasporto cellulare utilizzate dai platini.
sia in vivo che in vitro, a una resistenza nei confronti del cisplatino e l’iperespressione di uno dei
2 trasportatori ATP7A e ATP7B riduce l’accumulo del cisplatino e rende le cellule resistenti105. Il
cisplatino entra chiaramente nelle cellule tramite
altri meccanismi, così come il trasporto organico
cationico 1 (OCT1), espresso principalmente nel
fegato, e OCT2, espresso principalmente a livello
renale106. La maggiore affinità dell’oxaliplatino per
questi trasportatori e la loro presenza nei tumori
del colon potrebbe spiegarne l’utilità in questo tipo
di patologia in contrasto con gli altri analoghi del
platino107. Come osservato in precedenza, il trattamento con cimetidina, un substrato OCT, è in grado di ridurre la formazione di addotti del DNA e
di proteggere parzialmente contro la nefrotossicità
del cisplatino54,55 e la neurotossicità indotta dall’oxaliplatino56. Il glutatione intracellulare può regolare la quantità di platino trasportato, così come
un’aumentata espressione di CTR1 può portare a
un aumento del trasporto del platino108.
Conclusioni
Gli analoghi del platino sono farmaci attivi contro diversi tipi di tumore e rimangono tra i farmaci
più utilizzati in oncologia. Come tali, essi continueranno a essere parte dei regimi di trattamento
ottimali per molti tipi di tumore anche negli anni
a venire, in particolare per quelle forme in cui gli
analoghi del platino sono considerati curativi. A
differenza di molti altri farmaci in grado di inibire
bersagli specifici, i meccanismi in grado di determinare la sensibilità e la resistenza agli analoghi del
platino rimangono non ben definiti; tuttavia, essi
coinvolgono processi fondamentali per la sopravvivenza delle cellule tumorali maligne. I potenti
strumenti genetici, genomici, molecolari e biologici
attualmente disponibili probabilmente ci permet-
A. Bonetti et al.: Le terapie anti-tumorali a base di farmaci analoghi del platino
teranno di continuare a identificare le interazioni letali sintetiche degli analoghi del platino con
i farmaci target e con le terapie immunologiche,
con l’obiettivo di eradicare completamente il tumore in alcune tipologie di pazienti. È importante
sottolineare che le recenti scoperte relativamente
ai trasportatori di cationi possono effettivamente
portare a proteggere selettivamente i tessuti normali e a valorizzarne l’indice terapeutico.
A oggi, la comprensione frammentaria della
resistenza al platino ha ostacolato l’applicazione
di concetti di “precisione terapeutica” nella selezione dei pazienti che possano beneficiare più di
altri dell’utilizzo dei platini. Tuttavia, ciò che contribuisce a un’insolita suscettibilità nei confronti
del platino è diventato più evidente in seguito alla
comprensione dei meccanismi di funzionamento di
HRD e dei modelli murini di carcinoma mammario
“triplo-negativo”, basandosi su mutazioni di p53 e
BRCA1 che condizionano la sensibilità al cisplatino. Dopo le esperienze negative degli anni ’90, con
l’aumento della dose del carboplatino e il trapianto
di midollo autologo per i tumori dell’ovaio platino-sensibili e il successo variabile nel tumore del
testicolo, l’attenzione si è spostata verso l’identificazione di HRD come surrogato della platino-sensibilità. L’affinamento nella selezione dei pazienti
negli studi clinici con farmaci analoghi del platino
potrebbero aprire la strada a un utilizzo ottimale
dei 3 derivati del platino nella pratica clinica quotidiana; a oggi, infatti, i criteri di selezione per la
maggior parte dei tumori solidi hanno considerato il sito di origine e l’istologia come determinanti
fondamentali e meno i meccanismi molecolari.
Il successo dei farmaci analoghi del platino,
unitamente agli sforzi straordinari per ridurre la
tossicità del composto originario e alle intuizioni
per un futuro sviluppo, recano tributo alle capacità
intellettuali, alla curiosità scientifica e alla tenace persistenza del dott. Barnett Rosenberg e dei
suoi colleghi, che 50 anni fa introdussero una serie di farmaci totalmente nuovi in un settore della
medicina che aveva un disperato bisogno di nuovi
agenti terapeutici.
Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto
di interessi.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Jacopo Giuliani
Dipartimento di Oncologia Medica
ASL 21 Regione Veneto
Via Gianella 1
37045 Legnago (Verona)
E-mail: [email protected]
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