GLI ALLEATI IN UMBRIA TERNI (A1)

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GLI ALLEATI IN UMBRIA TERNI (A1)
GLI ALLEATI IN UMBRIA
TERNI (A1)
Terni al momento dello scoppio della Seconda guerra mondiale era da tempo una città industriale.
In essa nel corso degli anni, avevano trovato sistemazione grosse industrie siderurgiche, chimiche
e una produzione elettrica tra le più importanti d’Italia. Questa concentrazione di impianti
strategici aveva fatto si che, già prima dell’inizio del conflitto, si fosse pensato a una serie di rifugi
antiaerei. Purtroppo però, Terni costituiva anche un obiettivo militare importante per quanto
riguardava le comunicazioni ferroviarie. Proprio lo smistamento ferroviario della seconda città
umbra divenne l’obiettivo del primo bombardamento che la regione ebbe a subire. Il mattino
dell’11 agosto 1943, settantadue velivoli B 17 Flying Fortress, di cui quaranta appartenevano al
301st Bomber Group partiti dal campo di Oudna in Tunisia, attaccarono lo scalo ferroviario di
Terni. In tutto furono sganciate 213 tonnellate di bombe. Secondo il successivo rapporto
statunitense, lo scalo venne coperto di crateri di bombe. L’incursione, inaspettata, fece circa 500
morti e 493 feriti. Si parla di altri 500 dispersi in seguito, per gran parte dichiarati deceduti. Appare
evidente che questo bombardamento si possa collocare, anche se l’obiettivo dello scalo ferroviario
era ben delineato, in quella serie di attacchi volti a far pendere il Governo Badoglio e il re verso
una richiesta di armistizio agli angloamericani, come i duri raid su Torino, Milano, Roma e Genova
che si ebbero in nello stesso mese. Il 17 agosto 1943, il Prefetto Antoniucci inviava a Roma una
lunga relazione, dove ribadiva alcune cose che riguardavano l’incursione, che aveva avuto inizio
alle 10,30 e fine alle 12,04 con cessazione dell’allarme alle ore 13,57. L’attacco era stato fatto da
quarantaquattro aerei americani in due ondate, che avevano lanciato oltre 500 bombe e che un
velivolo si era abbassato a mitragliare. In realtà, secondo i piloti statunitensi, l’antiaerea non si
fece vedere affatto o in maniera leggera, e fu un unico B 17 abbattuto. Gli edifici distrutti o
danneggiati nel centro assommavano a 1.200 su 2.500 e, praticamente, tutti i 45.000 ternani che
vivevano in quella zona erano scappati, accampandosi anche, vista la buona stagione , all’aperto. I
soccorsi erano stati tempestivi, ed avevano coinvolto anche gli agenti di Pubblica Sicurezza della
Questura. Tra gli edifici pubblici distrutti o danneggiati, anche la caserma dei Vigili del Fuoco, il
Palazzo di Giustizia, il Magazzino del Consorzio Agrario, diverse scuole, gli Ospedali della Croce
Rossa Principe Piemonte e Civile. Tra i morti di quel giorno ci fu anche il generale Antonio
Passarelli, direttore della Fabbrica d’Armi dell’Esercito, assieme a trentaquattro suoi dipendenti 1.
Il 10 giugno del 1944, due ordini decifrati rivelarono il contenuto delle direttive di Kesselring alle
sue due Armate di ripiegare sulla linea Orbetello, via Rieti e Terni 2.
1
2
C. Biscarini, Umbria: la guerra dal cielo (1941-1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2012, pp. 33-38.
C. Biscarini, Il passaggio del fronte in Umbria (giugno-luglio 1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2014, 59.
AMELIA (A1a)
Vi furono altri atti bellici in Amelia e nel territorio amerino, ma il bombardamento del 25 gennaio
1944 fu il primo e più importante. Interessò in modo particolare la scuola delle Maestre Pie
Venerini e la chiesa parrocchiale di S. Lucia. Don Settimio Laudi, parroco di S. Lucia ricorda come
proprio nel momento di dare inizio alla S. Messa quando da una formazione di bombardieri alleati
(anglo-americani) furono sganciate numerose bombe di rilevante potenziale. Vi era stato, pochi
secondi prima, il suono della sirena d’allarme e si era udito anche il rombo degli aerei; ma questo
accadeva molto spesso già da molto tempo e, poiché nulla era mai avvenuto, non si attribuiva più
molta importanza all’avviso della sirena. Si riteneva, infatti, che Amelia fosse un luogo sicuro, non
essendovi obiettivi così importanti da giustificare un attacco aereo. La casa delle Maestre Pie
Venerini nella parte adibita ad abitazione era completamente crollata. Morirono undici bambine
della scuola elementare; al momento del crollo si trovavano lungo il tratto di scale e corridoi che
dalle aule conducevano all’esterno. Nella casa delle Suore morirono inoltre tre Suore, la Direttrice
didattica ospitata dalle stesse Maestre Pie, una ragazza della scuola di cucito, un operaio 1.
1
Girotti L., Amelia, 25 gennaio 1944 c’ero anch’io., Terni, Tipolitografia Maccaglia, 1994, pp.35-36.
NARNI (A1b)
La marcia della 6th Brithish Armoured Division giunse a Narni, incontrando scarsa resistenza da
parte tedesca. Alle 6.30 del 13 giugno, due Compagnie del 7th Battallion Rifle Brigade della 61th
Rifle Brigade erano entrate in Otricoli. A Narni centro non ci fu opposizione. Nella bella cittadina
umbra, il cui centro storico fortunatamente era intatto, due partigiani del posto, della Brigata
Gramsci, Giuseppe Marivittori e Ernesto Rotini, nel tentativo di eliminare alcune mine lasciate dai
tedeschi, rimanevano uccisi. La popolazione di Narni accolse i soldati inglesi della 6th British
Armoured Division, con manifestazioni di vera gioia. In ventiquattro ore, a Narni, i genieri alleati
costruirono un ponte Bailey in modo da riprendere l’avanzata. Il fiume, in quel punto, era
incassato e non permetteva la marcia dei veicoli. Nella strategia alleata di far avanzare un fronte
compatto, si stavano delineando tre colonne: la prima diretta verso il territorio a occidente del
lago Trasimeno; la seconda che puntava su Perugia e le colline a ovest della città; la terza, si
sarebbe occupata del terreno tra Assisi e la zona orientale della valle del Tevere 1.
Il problema incontrato a Narni fu la distruzione dei due ponti sul fiume Nera. L’ufficiale del Genio
che accompagnava i fanti britannici disse che ne avrebbe riparato uno in ventiquattro ore.
Vennero trovate delle mine presso il ponte est e i Genieri le eliminarono permettendo ai carri del
B Squadron, 2th Lothians and Border Horse, a proposito della presa di Narni e della successiva
avanzata verso Terni2.
1
Biscarini, C., Il passaggio del fronte in Umbria (giugno-luglio 1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2014,
p.115.
2
Cfr., Biscarini, C., Il passaggio del fronte in Umbria (giugno-luglio 1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello,
2014, pp.100-101.
CIMITERO DI GUERRA DI ORVIETO (A2)
La durezza dei combattimenti per la liberazione di Orvieto è testimoniata dalla presenza sotto la
Rupe (in località Sette martiri, presso Camorena) di un cimitero militare alleato. Le battaglie feroci
che si svolsero a nord di Orvieto e lungo la Linea Albert (Trasimeno) indussero a creare ad Orvieto
un cimitero militare britannico. Le sue centonovanta croci che indicano caduti dal 14 giugno al 4
luglio 1944, lo rende uno dei meno estesi fra i trentasette cimiteri che raccolgono in Italia le
spoglie militari dei britannici e del Commonwealth (i deceduti erano quasi tutti britannici, tranne
qualche canadese e sudafricano). La ragione risiede essenzialmente nel fatto che il War Cementery
di Orvieto, analogalmente a quello di Meldola nel Forlivese, viene concepito già nel giugno 1944
come sepoltura sul campo di battaglia1.
1
Rossi, T., Tracce di memoria Guida ai luoghi della Resistenza e degli eccidi nazifascisti in Umbria, vol.1, Foligno,
Editoriale Umbra, 2013, p.385.
ORVIETO (A2a)
La linea ferroviaria tra Orvieto e il ponte di Allerona, divenne oggetto di ripetuti attacchi aerei, e
divenne necessario cercare di organizzare squadre di soccorso, con volontari provenienti da altre
città. Orvieto, posta in alto su una rupe tufacea, era anche una delle città d’arte più importanti
d’Italia, e questo creò subito la difficoltà di mettere in salvo almeno le opere più significative. Il suo
Duomo, iniziato nel 1290, è l’emblema conosciuto in tutto il mondo di un’intera città. Durante
tutto il conflitto, Orvieto aveva visto alternarsi nella sua zona, senza colpire per fortuna il centro
storico, numerose formazioni di velivoli alleati e la sua contraerea, a difesa dei ponti ferroviari e
stradali, era diventata l’incubo dei piloti angloamericani1. Tra l’altro, a maggio 1943 erano arrivati
anche i materiali più importanti dell’Archivio di Stato di Roma che, grazie al Vescovo Francesco
Pieri, erano stati protetti nei locali dell’oratorio della Santissima Annunziata. Esistevano dieci
ricoveri di cui solo quattro a prova di bomba, che potevano accogliere 3.000 persone, circa ¼ dei
residenti, e l’Ufficio tecnico del Comune propose il potenziamento di altri 15 ricoveri. Il 15 aprile
1944, essi saranno 18 di cui 12 pubblici, per una capienza di 8.000 individui. Le capacità di
sicurezza dei ricoveri però furono sempre dubbie. Se il nucleo urbano di Orvieto non ebbe danni, la
frazione di Sant’Anna con la stazione ferroviaria ebbero circa 52 attacchi aerei, e i ponti sul Paglia
centosette, a partire dal 21 ottobre 19432.
Quando gli Alleati arrivarono in vista della rupe, i militari la paragonarono alla Rocca di Gibilterra.
Alcuni Panzer tedeschi si muovevano ancora nelle sue vicinanze. Il 14 giugno 1944, gli effettivi
dell’Imperial Light Horse/Kimberley Regiment, accovacciati sugli Sherman del Prince Alfred’s
Guard, circondavano da ovest la città mentre la 12th SA Mortorised Brigade la prendeva senza
colpo ferire. Poco più a nord, gli uomini del Lancashire Fusiliers Battalion riuscirono a stabilire una
testa di ponte oltre il fiume Paglia. Poi, la C Company del First City/Capetown Highlanders entrò
nei sobborghi, dove alcuni cecchini la rallentarono un poco. A mezzogiorno ormai Orvieto era stata
rastrellata e non c’erano più tedeschi. Il comandante della città Oberstleutnant der Luftwaffe
Alfred Lersen aveva ordinato che non si combattesse nel centro cittadino e aveva nominato il
Vescovo Francesco Pieri responsabile anche come autorità civile rimasta 3.
Il 14 giugno 1944 Orvieto viene liberata dagli Alleati senza combattimenti, grazie ad un accordo,
promosso dal vescovo Mons. Francesco Pieri, tra il comandante tedesco, il Tenente Colonnello
Alfred Lersen e gli inglesi4.
1
C. Biscarini, Il passaggio del fronte in Umbria (giugno-luglio 1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2014,
pp.117.
2
C. Biscarini, Umbria: la guerra dal cielo (1941-1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2012, pp.16-17.
3
C. Biscarini, Il passaggio del fronte in Umbria (giugno-luglio 1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2014,
pp.117-122.
4
www.montegabbione.net
MONTERUBIAGLIO (A3)
Il B Squadron del Pretoria Regiment (Princess Alice’s Own), avanzava con cautela mentre il First
City/Capetown Highlanders occupava Monterubiaglio alle 7,50. Gli abitanti dissero che i tedeschi
erano ripiegati su Allerona. I soldati Alleati proseguirono, incontrando mine e fuoco di armi
automatiche che uccisero il geniere W. Lomax. Fu il Witwatersrand/De La Rey Regiment che
incappò, circa 2 chilometri a sud di Allerona, nella più forte posizione nemica e la A Company, con
il supporto di semoventi Priest , si apprestò a scatenare l’assalto. Il primo Stuart che avanzò fu
colpito, a nord di Monterubiaglio, da un cannone controcarro da 50 mm e tre uomini
dell’equipaggio rimasero uccisi. Dal secondo carro saltò giù il sergente M. L. Viljoen con la sua
cassetta del pronto soccorso, dirigendosi verso uno dei feriti del primo Stuart, ma venne ucciso dal
colpo del fucile di un cecchino. Il Witwatersrand/De La Rey Regiment, al costo di due morti e tre
feriti, aveva catturato 30 nemici e ne aveva uccisi 401.
1
C. Biscarini, Il passaggio del fronte in Umbria (giugno-luglio 1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2014,
pp.126-127.
TODI (A4)
Il 21 aprile 1944 alle 15.30 incursioni nel territorio di Todi in località Ponte Rio e Casino. Vengono
distrutte due abitazioni e altre notevolmente danneggiate, così come il Molino e Pastificio dei F.lli
Cappelletti: 8 morti e 12 feriti. Il 23 maggio 1944 a Pontecuti era stata distrutta la chiesa1. Il 14
giugno 1944, mentre a Pian di San Martino cadevano vittime della violenza nazista, due donne e
tre contadini, i primi reparti canadesi fanno il loro ingresso a Todi su enormi carri armati, sotto il
fuoco di alcune batterie tedesche piazzate a Montecastello Vibio. Il popolo, incurante dei proiettili,
esce fuori Porta Romana ad applaudire gli Alleati: due cittadini, colpiti da schegge, muoiono presso
il muro dell’ex-Convento dei Cappuccini. Le truppe canadesi si accampano al Fornetto, presso
porta Orvietana su di un campo di canapa, già pronta da raccogliere. Il raccolto perso è perdonato
perché gli Alleati distribuiscono alla popolazione sigarette e cioccolato. Fortunato Casei diviene il
primo Sindaco di Todi, dopo l’arrivo degli Alleati2. Il 15 giugno 1944 poi, ci fu un’intensa azione di
bombardamento con pezzi di artiglieria di medio e grosso calibro in diverse zone del comune e
nella zona urbana3.
1
Biscarini, C., Umbria: La guerra dal cielo (1941-1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2012, p.155.
Scuola Media Statale “Cocchi-Aosta”, Todi in cammino verso la Democrazia e la Costituzione, Todi, 2003-2004, p.114.
3
S. De Cenzo, Guerra e pace. Distruzioni e ricostruzione nella provincia di Perugia, ICSIM, Piediluco, pp.135-139.
2
SPOLETO (A4b)
Come si può immaginare i problemi della città non sono certamente da paragonare con quelli delle
città colpite dalle incursioni aeree, ma anche Spoleto ha alla metà del ’43 le stesse preoccupazioni
e sofferenze di ogni contrada dell’Italia in guerra: vi sono sinistrati e sfollati alloggiati in molti degli
edifici scolastici chiusi anticipatamente anche per questo motivo. E vi sono gli orfani dei caduti da
assistere. Per questi motivi, all’inizio del mese il commissario Reale decide di apportare alcuni
ritocchi alle imposte di consumo sia per i razionati genieri alimentari, sia per il materiale edilizio
allo scopo di impinguare le entrate comunali1.
Spoleto fu colpita da un bombardamento l’8 dicembre, gli allievi del Seminario furono trasferiti a
Campello alto presso un convento di Barnabiti2.
Il 10 giugno del 1944, decollavano undici P 47 del 65th FS che andavano a colpire la zona di Foligno
e Spoleto e alle 11,11 sganciarono colpendo un trasporto avversario.
1
Petrillo S., Hanke M., Spoleto 1943: ricordi, testimonianze e documenti, Spoleto, Edizioni dell’Accademia spoletina,
1984, p.44.
2
Cfr., Petrillo S., Hanke M., Spoleto 1943: ricordi, testimonianze e documenti, Spoleto, Edizioni dell’Accademia
spoletina, 1984, p.66.
NORCIA (A4c)
Anche nell’alta Valnerina inizia a ottobre ’43 il flusso di centinaia di ex prigionieri alleati –
britannici, americani, sudafricani, neozelandesi, indiani, jugoslavi, marocchini – diretti verso il
piano di Castelluccio, la valle del Tronto e l’Abruzzo allo scopo di raggiungere l’8° armata.
Giungono nell’alta Valnerina anche una settantina di confinati politici jugoslavi fuggiti dai campi di
Colfiorito e Fabriano. Negli archivi alleati della Patriots Branch si trova un dossier di fonte alleata
che è dedicato alla luminosa figura di Sergio Forti, medaglia d’oro della Resistenza: egli è stato di
grande utilità nell’opera di assistenza agli ex prigionieri alleati nella sua funzione di collegamento
fra il CLN, le bande partigiane e gli ex prigionieri. Egli ha suscitato l’interesse degli alleati per aver
operato valorosamente in una formazione partigiana costituita anche da ex prigionieri angloamericani. La vicenda resistenziale di Sergio Forti ha meritato una citazione anche nel Dizionario
della Resistenza italiana di Massimo Rendina1. In contatto con gli agenti alleati, Forti è riuscito ad
organizzare il traporto di militari tedeschi via mare fino all’Italia liberata. Il dossier contiene
l’elenco nominativo di 32 ex prigionieri alleati assistiti da Sergio Forti. La casistica riferita e la
documentazione di fonte alleata, relative all’aiuto dato a ex prigionieri alleati, pur essendo
sicuramente incomplete, hanno un valore emblematico e mettono in risalto un aspetto della
Resistenza umbra quasi del tutto ignorato dalla storiografia resistenziale. Dopo la liberazione i
governi alleati hanno rilasciato attestati di benemerenza, e in taluni casi hanno anche concesso
compensi pecuniari, alle famiglie che si sono prodigate nel fornire aiuto e assistenza a ex
prigionieri2. Il 17 giugno, dopo la capitolazione di una ventina di soldati tedeschi, Norcia è
occupata militarmente dal battaglione “Tito” al comando di Toso. Dopo la liberazione di Norcia e
l’arrivo degli Alleati gli uomini del battaglione “Tito” fanno ritorno in Jugoslavia per continuare la
lotta partigiana nel loro Paese3.
1
Santi, U., La resistenza a Spoleto e in Valnerina 1943-1944, Spoleto, “Nuova eliografica”, 2004, p.195.
Cfr, Santi, U., La resistenza a Spoleto e in Valnerina 1943-1944, Spoleto, “Nuova eliografica”, 2004, pp.147-148.
3
Santi, U., La resistenza a Spoleto e in Valnerina 1943-1944, Spoleto, “Nuova eliografica”, 2004, p.274.
2
ALLERONA (A5)
Il 28 gennaio 1944 un bombardamento alleato distrusse il ponte ferroviario di Allerona, nei pressi
di Orvieto. Al momento del bombardamento, il Ponte Giulio era occupato da un treno tedesco con
a bordo circa 1500 prigionieri alleati, provenienti dal campo di prigionia di Fara Sabina e diretti in
Germania. Fu una strage1. Sul tetto dei vagoni, una scritta bianca “POW” ne indica i passeggeri:
prigionieri di guerra. Una fermata ad una stazione intermedia e l’improvviso attacco dei
cacciabombardieri P 51 D Mustang dalla stella bianca. Amici, dunque, ma che non sanno di
massacrare, assieme ai tedeschi, anche i loro compagni, che muoiono straziati dai colpi entro i
vagoni2. A bordo dei vagoni i prigionieri si è detto fossero circa 1.000, altre fonti dissero 1.500, tra
sudafricani, inglesi e americani3. Le vittime furono circa 400.
1
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C. Biscarini, Umbria: la guerra dal cielo(1941-1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2012, p.71.
3
C. Biscarini, Umbria: la guerra dal cielo(1941-1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2012, p.78.
2
FICULLE (A6)
Dal 2 aprile al 6 giugno 1944, venne attaccata in maniera prolungata la ferrovia Firenze-Arezzo,
luogo dove i tedeschi scaricavano i rifornimenti, le armi e gli uomini per il fronte sud. Uno dei
bombardamenti più importanti fu quello del 2 aprile del 1944. Ventiquattro B 25 attaccarono
Ficulle, si trattava di velivoli del 321th BG, scortati da ventiquattro P 47, che sganciarono
novantasei bombe da 1.000 libbre dopo aver girato per tre volte sulla zona. L’obiettivo, il ponte
ferroviario a cavallo del torrente Ritorto, era ben camuffato e di difficile individuazione. Un solo
colpo aveva preso il ponte, mentre molte bombe erano cadute a est e sud ovest 1.
Era la tarda mattinata del 6 aprile 1944, quando una formazione di 24 bombardieri alleati
proveniente dalla Corsica si apprestava ad attaccare presumibilmente gli obiettivi abituali, ovvero i
ponti sulla ferrovia; bersagli piuttosto difficili da colpire, e comunque velocemente ripristinati dai
tedeschi (usando braccia italiane) se colpiti, erano ormai da diversi mesi oggetto di regolari
attacchi. Questa volta però sarebbe successo qualcosa di nuovo; proprio nel momento
dell'attacco, il ponte, a pochi metri dalla stazione ferroviaria di Fabro (allora era chiamata Ficulle Carnaiola Scalo) era attraversato da un treno di munizioni tedesco diretto a sud, verso il fronte.
L'esplosione fu tremenda, proiettò frammenti a centinaia di metri di distanza e venne udita a molti
chilometri di distanza; una densa nube di fumo si sollevò verso il cielo.
L'estensione dell'esplosione è paragonabile alla dimensione attuale dell'intero centro abitato di
Fabro Scalo2.
1
2
C. Biscarini, Umbria: la guerra dal cielo (1941-1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2012, p.142.
www.montegabbione.net.
MONTEGABBIONE (A7)
Posta poco a nord di Orvieto, la cittadina sul colle sbarrava la strada verso Città della Pieve alle
forze alleate. I Fallschirm-Korps del General der Luftwasse Alfred Schlemm, nelle prime ore del 14
giugno è sotto acuta penetrazione notturna del nemico sulla linea Acquapendente-stazione di
Allerona. Un attacco rinforzato dal nemico durante il giorno con forze di fanteria e corazzate nel
settore della 26. Panzer-Division è stato molto pesante ed ha esaurito le truppe nell’ultimo
impegnativo combattimento1.
Lo storico Cyril Ray in Algiers to Austria. The History of 78 Division 1942-1956 dice: “Il 15 giugno,
l’11° Brigata aveva sopravanzato la Irish Brigade, aveva attraversato il fiume Paglia ed aveva
continuato ad avanzare. Nel frattempo le truppe più avanzate della Divisione erano un centinaio di
miglia a nord di Roma ed a metà strada per Firenze. Non poteva essere prevista un’avanzata a
questa velocità. Ma i Tedeschi erano intenzionati a farci rallentare prima che ci avvicinassimo
ancora a Firenze, in modo da ritardarci, causarci quanti più danni possibile e salvare la maggior
parte possibile delle loro truppe”.
Lo storico inglese Richard Doherty parla di come l’Undicesima Brigata attraversò il fiume Paglia il
15 giugno, prima che il 5° Reggimento Northamptons, supportato dalla Wiltshire Yeomanry, dalla
artiglieria divisionale e dai mortai da 4.2 pollici del 1° Kensingtons, attaccasse Montegabbione,
circa dieci miglia dal lago Trasimeno. Contro una fiera opposizione i Northamptons ebbero alla fine
la meglio. L’attacco mostrò la considerevole abilità da parte degli ufficiali dei Northamptons,
particolarmente gli ufficiali più giovani. Quando la compagnia che guidava l’attacco –la “A”incontrò un pesante fuoco di fucili, il comandante di compagnia lasciò un plotone indietro a fornire
il fuoco di copertura, mentre diresse gli altri due sulla scuola e su una grande costruzione alla sua
destra. Entrambi gli obiettivi vennero presi, anche se i vincitori furono sottoposti a parecchie ore
di fuoco intenso proveniente dalle costruzioni vicine. Anche la compagnia “C” combatté da parte
sua a parte sua all’interno del paese, e il comandante della compagnia “S” diresse il fuoco dei carri
armati Sherman della Wiltshire [Yeomanry] contro gli edifici ancora occupati dal nemico.
Insolitamente, non ci furono contrattacchi. I tedeschi si ritirarono durante la notte, lasciando il
possesso [del paese] al [Reggimento] Northamptons.”
Il grosso edificio a destra della scuola (visto da sud, che era la direzione dalla quale proveniva
l’attacco) era il palazzo di Alfonso Giulietti. Effettivamente, questo e la scuola erano i due più
grossi edifici in posizione strategica a ridosso delle mura del centro storico, che era saldamente
occupato dai Tedeschi. Alcuni di questi muri, che costituirono un riparo per i soldati inglesi del 5°
Northamptons che quel 16 giugno faticosamente conquistarono il paese, sono ancora oggi al loro
posto, e per molti anni dopo la fine della guerra hanno continuato a restituire segni della battaglia,
sotto forma di bossoli, proiettili e bombe a mano inesplose. Le cartoline d’epoca fanno capire
bene come fossero fatte le pendici del pese teatro della battaglia di Montegabbione.
Sempre Cyril Ray aggiunge dei particolari alla racconto della battaglia che avvenne in questo
borgo:
“A mezzogiorno del 16 giugno i Northamptons lanciarono un attacco contro Montegabbione, a
metà strada tra Orvieto ed il lago Trasimeno, con il supporto dell’artiglieria, della Wiltshire
Yeomanry e di un gruppo di mortai di appoggio. Incontrarono una dura opposizione, e la conquista
di questo piccolo centro si rivelò una delle migliori azioni mai combattute del Battaglione. Il paese
si ergeva su una collina e aveva completo controllo sul nostro avvicinamento. Dopo un
concentramento iniziale la compagnia “A”, il cui compito era catturare il paese, cominciò ad
1
C. Biscarini, Il passaggio del fronte in Umbria (giugno-luglio 1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2014, 133.
L’AVANZATA ALLEATA: CITTA’ DELLA PIEVE (A7a)
I giorni cruciali anche per Città della Pieve e le sue frazioni sono tuttavia i cinque che
accompagnano il passaggio del fronte e l’ingresso degli Alleati, avvenuto il 19 giugno, durante i
quali si contano almeno quindici vittime civili per mano dei tedeschi1.
Il giorno 19 giugno Città della Pieve e tutto il suo territorio furono finalmente liberi ed è di questo
giorno l’ultimo episodio di azione partigiana nella pianura sulle sponde del torrente Maranzano,
ove una pattuglia di tre uomini in perlustrazione per stabilire l’appostamento di una batteria
multipla tedesca che ancora riusciva ad ostacolare l’avanzata alleata, battendo Città della Pieve, fu
improvvisamente attaccata da un gruppo tedesco di retroguardia.
A Città della Pieve i tedeschi fecero saltare alcuni fabbricati e razziarono alcuni cittadini che
trascinarono nella loro ritirata, uccidendoli in località «Le Coste» presso Moiano2.
1
Rossi, T., Tracce di memoria Guida ai luoghi della Resistenza e degli eccidi nazifascisti in Umbria, vol.1, Foligno,
Editoriale Umbra, 2013, p.77.
2
Sacco, S., Storia della Resistenza nella zona sud-ovest Trasimeno, Perugia, Pliniana, 1991, pp.32-33.
VISSO LOC. MACERETO (A10)
Un nucleo di paracadutisti del 185° Nembo, fu messo a disposizione del Servizio Informazioni
Militari, per l’effettuazione di missioni informative dietro le linee tedesche. Il 13 marzo 1944 una
pattuglia di sette paracadutisti, lanciata nei pressi di Visso alla pendici del Monte Bove, nella zona
dei Monti Sibillini, fu costretta ad impegnarsi in combattimento con i tedeschi; il Ten. Italo Castaldi
ed il Serg. Magg. Salvatore Micale, catturati, rifiutarono di fornire informazioni sulla loro missione
e furono trucidati dai tedeschi nei pressi di Norcia. Alla loro memoria fu concessa la Medaglia
d’Oro al Valor Militare1.
Il tenente Giuseppe Carbonaro era al comando di uno dei gruppi che Melis aveva inviato nella zona
di Fiastra. Il 10 marzo 1944 tre squadre di undici uomini ciascuna al comando del tenente Vincenzo
Bartoli si portano dietro ordine di Melis nella zona di Fiastra per congiungersi al maggiore Ferri,
comandante dei partigiani di Fiastra. Dopo essere arrivate sul posto le squadre di Visso, assieme a
quelle di Ferri, si appostarono su un’altura denominata S. Maria del Poggio per tendere
un’imboscata ai tedeschi e ai fascisti che provenienti da Macerata stavano per compiere un
rastrellamento a Fiastra anche al fine recuperare un camion catturato dagli uomini di Ferri. Questi
ultimi che erano stati preavvertiti da qualche spia delle intenzioni del nemico, avevano
abbandonato intenzionalmente il camion in località San Marco predisponendo all’interno cariche
di «gelatina esplosiva». Quando i tedeschi e i fascisti la mattina del 12 marzo, arrivati sul posto,
salirono sul camion per metterlo in moto vi fu una tremenda deflagrazione che provocò la morte
di 14 uomini. A questo punto i superstiti, abbandonata l’intenzione di attaccare Fiastra, se ne
tornarono a Macerata «con il loro carico di morte». Il giorno seguente le tre squadre di Visso si
divisero: una fece ritorno alla base e le altre due si recarono a Pieve Torina e a Macereto per
cercare di recuperare delle armi lanciate dagli aerei alleati. Sulla strada del ritorno a Visso, giunte
in località chiamata Fornaci, si imbatterono in un camion tedesco con a bordo quindici militari. I
partigiani aprirono il fuoco uccidendo otto tedeschi e ferendone quattro. Ma tre riuscirono a
fuggire. Il giorno dopo un migliaio di tedeschi delle SS e altrettanti fascisti con autovetture e carri
armati si portavano a Visso e riuscivano a sbandare i componenti della banda. I comandi venivano
fatti saltare con colpi di cannone portarono via viveri e munizioni dai magazzini2.
1
www.dalvolturnoacassino.it.
M. Marcellini, La banda del capitano Melis sulle montagne umbre dopo l’8 settembre 1943, Milano 2013, Mursia,
pp.96-97.
2
FOLIGNO (A9)
La regione umbra costituiva per le forze aeree angloamericane un obiettivo importante. Era
lambita dalla ferrovia Bologna-Firenze-Orte-Roma, una via di comunicazione importante, snodo
fondamentale per i rifornimenti, nonché dalla presenza dell’Ausa e dello Zuccherificio1. I primi
bombardamenti avvennero nel 1940, continuando negli anni a seguire e dal 22 novembre 1943,
data del primo duro bombardamento, al 12 giugno 1944, si alternarono su Foligno una serie di
attacchi alleati che andarono a colpire le principali vie di comunicazione del territorio2. Le vittime
civili furono 140, in gran parte bambini, e centinaia furono i feriti portati in tutti gli ospedali della
regione. Da quella drammatica giornata del ’43 fino al giugno del ’44, Foligno subì 36
bombardamenti aerei pesanti, che provocarono molti lutti e danneggiamenti, tanto che il 50% del
patrimonio edilizio pubblico e privato del centro storico andò completamente distrutto. Questo
fenomeno creò non pochi problemi al podestà. L’11 maggio 1943, Federico Sorbi, primo cittadino
folignate, denunciava una capacità di soli tre alloggi in città e sei in campagna, davanti a ben 735
sfollati già presenti ed in aumento. La città non aveva strutture per accogliere tante persone e tra
poco sarebbe entrata anch’essa nei mirini degli aerei alleati. Dopo l’armistizio, si riuscì a far
funzionare un Centro di Smistamento nei locali del ricovero per mendicanti, grazie al commissario
prefettizio Benedetto Pasquini. L’afflusso di persone da fuori divenne notevole: il 30 aprile 1944
erano presenti ben 3.236 elementi provenienti da molte città italiane, tra le quali Roma con 680
persone, Reggio Calabria con 273, Napoli con 324, Milano con 98. Con l’inizio degli attacchi aerei,
dovettero sfollare anche molti cittadini autoctoni, e la cifra di persone si sparse per le frazioni o in
altre località anche abbastanza lontane, raggiunse le 6.700 unità. Foligno, ebbe circa quattordici
attacchi aerei che distrussero impianti industriali, ma anche civili abitazioni, il teatro comunale,
danneggiarono il Duomo, il Palazzo Comunale. Il 17 aprile 1945 risultavano ancora distrutti 5.246
vani3. Per commemorare questo tragico accadimento, l’amministrazione comunale di Foligno ha
provveduto ad apporre un monumento alle sofferenze e alla memoria in Piazza don Minzoni; nel
sacello collocato nella chiesa di S. Agostino di via Garibaldi sono invece riportati e ricordati i nomi
di tutti i caduti nei bombardamenti aerei sulla città 4.
Il 16 giugno del 1944, dopo aver liberato Bevagna e Montefalco, le truppe Alleate si diressero
verso Foligno per liberarla, seguendo due direzioni (Montefalco-Torre di Montefalco-CorviaFoligno (entrando da sud-est/sud-ovest) e Bevagna-Foligno (entrando da nord-ovest/nord-est).
Superando la zona di Corvia, costeggiano per un brevissimo tratto il fiume Topino lungo una
carrabile, riprendono la strada statale, giungono nella zona di Ponte San Magno. Quest’ultimo
ponte era stato minato, ma non fatto saltare. Arrivarono nei pressi di Porta Todi per raggiungere
l’obiettivo indicato dal Quartier Generale Tattico, cioè il ponte di (Porta Firenze). Alle ore 13,30 il
plotone giunge a pochi metri dal ponte e sorprende ignari i genieri tedeschi che stavano ancora
lavorando sulle mine per farlo saltare. Il Tenente Wale è il primo in assoluto a combattere per
liberare Foligno. Il Sergente Catling alla mitragliatrice della seconda autoblindo, sta dietro e
accorrerà subito in suo aiuto, dopo i primi colpi. I tedeschi non si accorsero dell’arrivo
dell’autoblindo. Alcuni partigiani di Foligno erano appostati a meno di cento metri dal ponte, sul
terrazzo del palazzo del “Carburo” (posto all’incrocio tra via F. Ciri e Via San Giovanni dell’Acqua),
pronti ad intervenire con le loro armi per evitare che i tedeschi lo facessero saltare. Lo scontro a
fuoco coinvolse i tedeschi posti sull’altra sponda del fiume e altri loro cecchini appostati in qualche
casa vicina; alle ore 14.30 circa i combattimenti erano finiti, con il ponte salvato ed in mano ai
1
Resistenze, Umbria 1943-1944, a cura di Tommaso Rossi e Alberto Sorbini, Foligno, Editoriale Umbra, 2014, p.94.
C. Biscarini, Umbria: la guerra dal cielo (1941-1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2012, p.122.
3
C. Biscarini, Umbria: la guerra dal cielo (1941-1944), Perugia, Fondazione Ranieri di Sorbello, 2012, p.16.
4
www.tuttooggi.info;
2
CIMITERI DI GUERRA MILITARI ALLEATI: RIVOTORTO DI ASSISI (A11)
Nel cimitero di guerra britannico e del Commonwealth a Rivotorto di Assisi riposano le salme di
945 caduti, per la maggior parte provenienti dal Regno Unito alcuni erano aviatori. II luogo dove
sorse il cimitero venne scelto nel 1944. Quasi duecento dei sepolti erano deceduti nell'ospedale
militare britannico basato ad Assisi da agosto 1944 ad aprile 1945, mentre le altre salme
provenivano dai campi di battaglia lungo la Vallata del Tevere e la Linea Albert.