Programma del festival

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Programma del festival
Programma del festival
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Domenica 03 luglio
Romina Mondello in ALICE da Lewis Carrol - regia di Matteo Tarasco
Alice non è uno spettacolo per bambini. Se i libri di Alice hanno acquisito la certezza
dell’immortalità, questo è perché continuano ad essere letti e gustati dagli adulti. I bambini a volte
si trovano disorientati dall’atmosfera dark dei sogni di Alice. Lewis Carroll, con il rigore del
matematico, e lo scrupolo di un chierico, ci conduce in un viaggio nel profondo dell’animo umano,
ove le contraddizioni più aspre si fondono, per restituire un’immagine del mondo vividamente
controversa. Un mondo di meraviglie osservato attraverso lo specchio della propria coscienza, che
sempre ci restituisce un’immagine distorta e traslata dell’essere.
Lo spettacolo ci ricorda che Alice potrebbe essere la sorella di Amleto: lo specchio rappresenta un
confine, al di là del quale tutti noi possiamo credere di essere o di non essere principi, re e regine.
Se Amleto scappa e si rifugia e nella finzione della follia, Alice scappa e si rifugia nella follia della
finzione, dove tutto può essere o non essere, ma nulla è un problema, bensì un enigma, che altro non
è che un problema senza soluzione, come gli indovinelli del Cappellaio Matto, come gli
interrogativi del principe di Danimarca.
La scena è la stanza di Alice nel Manicomio di Wonderland, una vecchia stanza abbandonata, un
fetido rimasuglio dell’epoca vittoriana, che lo spettatore scruterà attraverso il pavimento sfondato
del piano superiore, in una prospettiva distorta: la parete di fondo della scena è il pavimento della
stanza, che è al contempo il luogo dove il male di vivere fa risuonare le proprie urla, nonché il
regno di una creatura speciale che vede al di là delle cose che si vedono.
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Venerdì 15 e sabato 16 luglio
Corte de’Miracoli in PENE D’AMOR PERDUTE di William Shakespeare - regia di Matteo
Tarasco
Pene d’amor perdute è una delle prime commedie che Shakespeare scrisse appena arrivato a
Londra, alla fine del cinquecento, una commedia romantica, una commedia di sentimenti e di
passioni. Ma è anche una sorta di rituale di iniziazione verso l’età adulta, un romanzo di formazione
che coinvolge giovani ed adulti, un rituale, dove il più potente degli dei –Eros– governa le menti e i
corpi di tutti i personaggi, fiaccando la volontà e l’intelletto.
Questa messa in scena concentra l’attenzione sull’idea di contemporaneità: ovvero, così come
Shakespeare scelse di raccontare una storia a sé contemporanea, con riferimenti ad eventi storici e
sociali di pochi anni antecedenti, così si è scelto di ambientare la storia nella nostra
contemporaneità, riferendoci ad eventi di qualche anno fa.
Ed è così che la Navarra -in cui Shakespeare ambienta la commedia- diviene il Salento; il Re
Ferdinando è un boss della Sacra Corona Unita, che contrae un patto di sangue con i suoi uomini
più fidati, decidendo di dedicarsi per tre anni ad una condizione ascetica e rigorosa. Tale patto di
sangue implica l'astensione dalla frequentazione delle donne. Ma l’arrivo della bella Principessa di
Francia, la figlia di un boss rivale -che comanda una masnada di fanciulle malavitose, armate e
aggressive- rovinerà i piani del Navarra.
Lo spettacolo è ambientato negli anni Ottanta, quando la musica pop furoreggiava, e l’edonismo
imponeva mode e modi grotteschi; canzoni famose rielaborate e suonate dal vivo, trasformeranno la
commedia in una opera pop, a metà tra il gangster movie e la love story.
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Sabato 23 luglio
Giuseppe Pambieri in EDMUND KEAN. GENIO E SREGOLATEZZA di Raymund
FitzSimmons - regia di Giancarlo Zanetti
Messo in scena per la prima volta nel 1989 con l’interpretazione di Ben Kingsley, racconta la
travolgente vita di Edmund Kean. Nello spettacolo Kean è concepito come un mostro, un uomo
sfrenatamente ambizioso, perennemente alla ricerca di una fama immediata, un uomo convinto in
modo paranoico che tutti cospirino contro di lui, un megalomane che non permette a nessuno di
splendergli accanto, un uomo sinistro, un vulcano di rancore accumulato, un temporale di veleno,
un torrente di bile: un uomo con una spinta incontenibile all’autodistruzione che già a trent’anni si è
completamente consumato. Sì, Kean è un mostro, abbrutito dall’alcool e sifilitico. Ma Kean è il
primo grande attore romantico e l’ insuperabile interprete di Shakespeare.
Tutto lo spettacolo oscilla tra il suo carattere e quello dei personaggi che interpreta sulla scena,
temprati dalle esperienze della sua vita. Le sue ambizioni riecheggiano nel Riccardo III. La sua
misantropia sempre più profonda evoca Coriolano e Timone. Quando la sua mente è sconvolta si
trasforma in Re Lear. L’addio di Otello (“Addio per sempre, pace dell’anima mia, addio felicità del
cuore!”) è visto come la chiave per comprendere la sua vera personalità. Per Kean non c’è
tranquillità né appagamento. Nell’addio mette a nudo la sua anima tormentata.
Fra tutte le paranoie, le megalomanie, le fanfaronate, le sbornie, le storie con le prostitute, è
comunque una grande voce che chiede implorante pietà e comprensione.
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Mercoledì 27 luglio
Elisabetta Pozzi in CASSANDRA da Seneca, Eschilo, Euripide, Baudrillard - regia di
Elisabetta Pozzi e Aurelio Gatti
Un lavoro dedicato ad una figura tra le più fragili tra le eroine classiche. Attraverso il mito di
Cassandra si giunge all'idea di una consapevolezza "solitaria" del percepire l'imminente, quasi a
suggerire l'esistenza di una empatia universale, in cui la tragedia non è quanto avviene, ma l'
"impotenza" nel comunicarlo.
Una messa in scena che restituisce una lirica del tragico, scarna ed essenziale, in cui la
contemporaneità "passa" attraverso l'interprete diventando significato del presente.
La figura di Cassandra ha sempre affascinato e nello stesso tempo turbato. Profetessa non creduta,
suggerisce la visione di un personaggio estremamente vivo che può arrivare ai giorni nostri per
raccontarci qualcosa che ci riguarda molto da vicino.
La consapevolezza (ora come allora) degli errori commessi nel passato dai padri , la porta ad essere
talmente cosciente e lucida sul futuro che avverte l'inadeguatezza del linguaggio per dire del vivere
nel presente all'ombra della distruzione.
Questa nuova Cassandra è una donna contemporanea che attraverso un viatico " straordinario"
ripercorre la veggenza inevitabile della conoscenza attraverso il mito e attraverso il racconto di
questi si fa ella stessa Cassandra, ritrova le sue parole che pian piano diventano parole di oggi , il
racconto di un mondo in cui la proliferazione di una tecnologia spesso distruttiva annulla il futuro,
elimina ogni visione e prospettiva.
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Sabato 30 luglio
Compagnia Factory in SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE di William
Shakespeare - regia di Tonio De Nitto
Questo Sogno è come un grande cartoon, dove gesti meccanici e burattineschi si ripetono di
continuo lasciando che gli attori li facciano credere ogni volta unici.
Nel delicato intreccio, sei personaggi rincorrono l'amore, lo confondono e giocano sotto un influsso
magico. Ma che cos'è l'amore se non un incantesimo capriccioso?
E poi ci sono strane apparizioni, creature indefinibili, siparietti musicali ed improbabili attori alle
prese con un'altra tragicomica commedia.
Tutto questo è un sogno.
Ce ne è abbastanza per far emergere tutta l'ambiguità del testo shakespeariano: l'amore sì, quello
giovane e spassionato, ma anche gli scherzi del destino e le allusioni ad una dimensione di violenza
e prevaricazione nascosta dietro il rapporto amoroso.
La lingua shakespeariana è attraversata dalle molte lingue che compongono lo spettacolo che, senza
mai far perdere il filo, giocano a restituire i differenti piani dell’azione: la spigolosità del serbocroato per le schermaglie di Oberon e Titania, l’improbabile inglese usato ogni tanto come lingua
comune e inflazionata, il continuo gioco di cambi e scambi degli amanti che sotto influsso magico
perdono e scambiano anche la propria connotazione linguistica, la musica stessa e le canzoni si
sostituiscono in più di una scena all’originale drammaturgia di Shakespeare.
Questo allestimento con nove interpreti provenienti da diversi paesi, nato all’interno di un progetto
speciale di cooperazione delle Regioni Puglia e Abruzzo con i paesi dei Balcani, è riallestito grazie
al sostegno del progetto Teatri Abitati e di Terrammare Teatro.
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Domenica 07 agosto
Massimo Giordano in PAPA GALEAZZO - VITA, MORTE E MIRACOLI di Giovanni Delle
Donne - regia di Matteo Tarasco
La storia dell’arciprete di Lucugnano, Domenico Galeazzo, vissuto nel ‘500, è storia folkloristica, a
metà tra realtà e leggenda. E lo stesso personaggio di Papa Galeazzo vive in quel territorio di mezzo
tra fantasia, sogno, mistificazione e vita vissuta; in quel territorio dove la maschera si confonde con
il volto, dove la tradizione orale incontra la Storia.
Il ritratto di Papa Galeazzo restituitoci dai “Culacchi” -gli aneddoti ad esso riferiti- è materia di
grande interesse per il teatro, che è appunto un mezzo di comunicazione a metà tra realtà e
leggenda, proprio come il protagonista di questa storia, che è memoria viva di un territorio e della
sua tradizione.
Ma non c’è la rappresentazione scenica del personaggio, in quanto Papa Galeazzo è -e deve
rimanere- icona della tradizione umoristica salentina: ha il volto che ciascuno di noi gli vuole
conferire, non può essere “imprigionato” nel volto di un singolo attore che lo rappresenta sul
palcoscenico, perché, altrimenti, migrerebbe dal territorio della fantasia e perderebbe la sua valenza
di figura popolare.
E pertanto lo spettacolo è un racconto delle gesta di Papa Galeazzo, un racconto affettivo, offertoci
da un umile sacrestano che ha vissuto da vicino questo mito, ma che ne conosce anche limiti e
difetti. Costui diviene così, per una sera, come Omero, il cantore delle mitiche gesta di un eroe
atipico, burlone e irriverente, quel Papa Galeazzo da Lucugnano che è immortale, come le maschere
della commedia dell’arte, e che è certamente un antenato della moderna commedia all’italiana.