La tesi di Tommaso Amendola

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La tesi di Tommaso Amendola
UNIVERSITÀ POPOLARE A.I.C.T.O.
ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DI CLINICA E TERAPIA OLISTICA
TESI DI DIPLOMA IN NATUROPATIA OLISTICA:
Il farro Monococcum,
l’importanza del grano tradizionale.
Prevenzione e terapia alimentare,
perché limitare l’utilizzo di farine “00”.
CANDIDATO: TOMMASO AMENDOLA
RELATORE:
MARCO SARANDREA
CORRELATORE:
DOTT.SSA PAOLA ALCINI
ANGUILLARA SABAZIA , 19-10-2014
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NATUROPATIA E ALIMENTAZIONE NATURALE
1964-2014
Scienza e tradizione in cucina,
per la prevenzione e terapia dei disturbi di origine alimentare.
A 50 anni dall’introduzione dei grani moderni
Il farro Monococcum,
l’importanza del grano tradizionale.
Prevenzione e terapia alimentare,
perché limitare l’utilizzo di farine “00”.
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1.
Il grano raffinato e ricco di glutine nell’alimentazione e nutrizione di oggi
1.1 Introduzione
pag. 4
1.2 Perché abbiamo il grano raffinato e ricco di glutine
pag. 7
1.3 Direttive INRAN per limitare il consumo di farine “00”
pag. 9
1.4 La comunità scientifica e la filiera agro alimentare
pag.10
1.5 La dieta a zona e la farine raffinate
pag.14
1.6 L’epigenetica e i micronutrienti
pag.15
2.
L’importanza dei grani tradizionali e il Farro Monococcum
2.1 Schema della domesticazione del grano e biodiversità
pag. 18
2.2 Struttura della cariosside e molitura
pag. 21
2.3 Il farro monococcum
pag. 23
2.4 Il farro monococcum nella sperimentazione del progetto Monica
pag. 25
2.5 La macinatura del farro monococcum a pietra antica
pag. 26
2.6 La pasta madre e la lunga lievitazione
pag. 29
3. Prevenzione e terapia in medicina funzionale
3.1 Tabella riassuntiva delle principali differenze tra grani tradizionali e grani moderni
pag. 33
3.2 Differenze nutrizionali tra grani tradizionali e gran moderni
pag. 34
3.3 L’importanza del Metabolismo dei carboidrati
pag.36
3.4 Proposta di consulenza naturopatica
pag.39
3.5 Conclusioni
pag.45
3.6 Invito alla lettura
pag.48
3
1. Il grano raffinato e ricco di glutine nell’alimentazione e nutrizione di oggi
1.1 Introduzione
Quando ci troviamo tra gli scaffali di un supermercato, seduti al ristorante o in un bar per un veloce
spuntino è fondamentale comprendere come, le nostre scelte alimentari, influenzano il benessere
personale e sociale. Attualmente la produzione industriale per pane, pizza, pasta e prodotti da forno
utilizza pochissime varietà di grano, con conseguente perdita della biodiversità. Le ricerche mediche
dimostrano che, l’eccessivo utilizzo di farine raffinate “00” e ricche di glutine, determinano
l’aumento di disturbi e patologie di origine alimentare. Diviene quindi necessario riordinare le
metodologie di produzione e trasformazione del grano per valutare il loro reale impatto ecologico,
economico e sanitario nella nostra società. Nell’indagine della filiera di produzione di pane e pasta
viene messo in risalto il confronto tra farine molto raffinate e farine integrali, tra i grani moderni e
i grani tradizionali, tra il lievito di birra e il lievito madre, tra quantità e qualità rispondendo al
rinnovato interesse dell’opinione pubblica per le caratteristiche dietetico-nutrizionali degli
alimenti. Il risultato è anche una maggiore informazione per le imprese agricole e di trasformazione
alimentare, per il rispetto di norme e tecniche, che permettono la produzione e distribuzione di
alimenti naturalmente funzionali. Come in fitoterapia è fondamentale assicurarsi dei processi
produttivi, a salvaguardia dei principi attivi delle piante, per il grano diviene indispensabile
comprendere, in chiave moderna, le tradizioni e le tecniche di coltivazione, lavorazione e
trasformazione, per mantenere un elevato apporto di nutrienti nel prodotto finale E’ necessario
salvaguardare il concetto di qualità di un prodotto alimentare che si estende a diversi aspetti quali
la sicurezza igienico sanitaria, le caratteristiche organolettiche e sensoriali, le proprietà nutrizionali,
le caratteristiche tecnologiche, l’impatto ambientale. Il meccanismo di tutela passa attraverso le
ricerche e studi sui macro e micro nutrienti del grano, dalla coltivazione alla produzione alimentare
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finale, con l’impatto sul nostro metabolismo di base e sulle interrelazioni con i nostri geni, grazie
agli studi dell’epigenetica. Negli ultimi 50 anni l’utilizzo della genetica, della chimica, delle nuove
tecnologie e il potere economico della rete di distribuzione, hanno determinato cambiamenti
radicali, offrendo prodotti con farina raffinata tipo”00” (senza germe e strato aleuronico), ricche di
glutine e lievitate con lievito di birra. Per questo è necessario avere riferimenti attendibili su chi
coltiva il grano, chi lo macina e chi lo lavora. Per una corretta informazione alimentare, la
coltivazione richiede la rintracciabilità del seme che, con gli studi sulla mappatura genetica e i
ritrovamenti archeologici, ci permette di distinguere i grani tra grani moderni e grani antichi. Il
passaggio alle coltivazioni moderne (1960 circa), con il lavoro di Ernest Borlaug, ha determinato la
diminuzione della biodiversità, definendo le varietà di grano in disuso “antiche”. Ma questa
definizione non è sufficiente a informare-tutelare il consumatore finale, quindi parlerò di grani
tradizionali includendo sia i grani antichi che le Cultivar di Nazareno Strampelli (sopravvissute
grazie alla tradizione locale). Altri aspetti produttivi da tutelare e codificare sono la macinazione e
la lavorazione dei grani tradizionali, con soltanto una raffinazione tipo”2” o “1”e una fermentazione
con pasta madre. Per la raffinazione si sono ottenuti ottimi risultati con l’utilizzo di mulini a pietra,
che fondamentalmente devono lavorare rispettando la temperatura nella macinazione e curando la
manutenzione del mulino. Infatti il problema della macinazione dei grani moderni è la profonda
raffinazione tipo “00” e “0” e le elevate temperature della macinazione a cilindri, che determinano
la perdita di molte sostanze nutrienti. Per rafforzare i vantaggi dell’utilizzo dei grani tradizionali,
nella lavorazione finale è necessario l’utilizzo della pasta madre e una lunga lievitazione, che
arricchisce il prodotto di nutrienti, di gusto e aumenta la conservazione. Mentre nei grani moderni,
con il lievito di birra e una veloce lievitazione, ritroviamo la causa di fastidiosi gonfiori addominali
ed un rapido deperimento del prodotto. Riordinare e codificare la filiera di produzione del pane (
ma anche pizza, pasta, dolci ) permette di ottenere risultati positivi come quelli del prof Benedettelli
in Toscana, del progetto MonICA in Lombardia, del prof. Berrino e del prof.Dinelli, con i progetti
Diana in Lombardia, Emilia-Romagna e Sicilia. I risultati evidenziano come un’alimentazione a base
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di grani tradizionali macinati tipo “”2”, a basse temperature e a lievitazione naturale, previene da
ipertensione, diabete, infiammazioni, adipe in eccesso, irritazioni del colon e regolarizza il
metabolismo dei glucidi. Il naturopata e il medico hanno un valido strumento per un’efficace azione
di prevenzione e cura delle patologie, da integrare con la terapia più idonea. Il pane certificato
ottenuto con farine di grani tradizionali come il farro monococcum, macinati a pietra (tipo 2) o
(tipo1) e con l’utilizzo di lievito di pasta madre, risulta un prodotto equilibrato nei suoi nutrienti, di
supporto a terapie alimentari e una scelta consapevole per il consumatore, che determina
conseguenze ambientali e sociali, come il mantenimento della biodiversità in forma exsitu. (Exsitu
in Farm : tra le forme di conservazione di sementi con la coltivazione e la produzione autoctona che
coinvolge tradizione e tecnologia antica)
Grani Moderni
Coltivazione
Gra.Tradizionali
Tipo”00” / “0”
Lievito di birra
Lavorazione
Trasformazione
Tipo ”2” / ”1”
Lievito madre
Figura 1
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1.2 Perché abbiamo il grano raffinato e ricco di glutine?
Nello scenario mondiale dei primi anni 30 del 900 tra crisi economiche, carestie e guerre si
rafforzava la tendenza generale, già delineatasi durante la prima Guerra mondiale,
all’autosufficienza delle nazioni nella produzione di grano. Con la cosiddetta “battaglia del grano”,
presentata al senato da Benito Mussolini nel 1925, iniziò un progetto politico e sociale che coinvolse
tutti gli italiani e in particolare l’agronomo e genetista Nazareno Strampelli, il quale selezionò in
forma Culti-var (basate sulla singola linea pura) diversi tipi di grani denominati “eletti”. Il progetto
consisteva nel rendere autonoma la produzione di grano in Italia e dopo anni di dazi doganali,
bonifiche, conversione di terreni alla coltivazione del grano e innovazioni tecnologiche al servizio
della produttività e gli studi da parte di Nazareno Strampelli, nel 1931, l’Italia registrò una
produzione di grano pari a 16,1 quintali per ettaro. La produzione statunitense, fino ad allora
considerata la prima, raggiungeva gli 8,9 quintali di grano per ettaro.1 Il lavoro svolto da Nazareno
Strampelli fu esportato in Giappone e Messico permettendo, alla fine della guerra, lo sviluppo di
sementi sempre più produttive. Nel 1944 l’agronomo statunitense Norman Ernest Borlaug, con i
soldi della fondazione Rockefeller, sperimentò nuovi metodi di coltivazione e l’utilizzo di varietà di
piante geneticamente selezionate, con il supporto di fertilizzanti e pesticidi. Iniziò così la
“Rivoluzione Verde” con l’obiettivo di ridurre la carenza di cibo che si presentava in vaste aree del
mondo, selezionando varietà di sementi in grado di dare un’alta resa, organizzando vasti
appezzamenti di terreno a monocoltura2. Nel 1964 l’agronomo statunitense Norman Ernest Borlaug
ottienne il “frumento del miracolo”, quali la Sonora e il Lerma Rojo, le prime varietà nane di
frumento al cambio industriale, che vennero subito distribuite gratuitamente a livello mondiale e
per l’Italia iniziò, simbolicamente, l’era del grano moderno/dwarf. Alla modifica dei sistemi di
selezione e coltivazione si sviluppano tecniche di macinatura (farina “00”) e di lavorazione (lievito
di birra), più veloci e selettive. Per legittimare questo successo Norman Borlaug riceve il premio
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Nobel per la pace nel 1970 “per aver dato pane ad un mondo affamato”, e diventa ufficialmente il
“padre” della Rivoluzione Verde. L’ottimismo tecnologico e le troppe certezze sull’argomento sono
stati oggetto di severa critica da parte di un ampio movimento di pensiero. La Rivoluzione Verde, in
quanto promotrice delle monocolture, provoca tra l’altro l’erosione della biodiversità agricola,
insieme alla scomparsa dei sistemi agricoli tradizionali. Nella difficile definizione del ruolo da
attribuire alla biodiversità riporto, da uno studio dell’istituto ISPRA sulla Il valore economico della
biodiversità e degli ecosistemi - Economia della conservazione ex situ le seguenti note “Dal
momento che la biodiversità è stata riconosciuta come la più importante risorsa del pianeta,
coincidente sostanzialmente con il capitale naturale e definita come l’insieme di informazione
genetica, quantità e varietà degli ecosistemi e delle funzioni che in essi si realizzano (Pearce e Turner
1993), individuare le cause della sua erosione significa oltrepassare il limite della mera
quantificazione della perdita in termini di specie o di habitat e riconoscerle la caratteristica di
“metarisorsa” (Marino 2001), cioè di valore primario trasversale alla sfera ecologica, economica ed
etica in un contesto di sostenibilità” e prosegue “dal Millenium Ecosystem Assessment (2005)con il
rapporto che individua chiaramente nella biodiversità e nei servizi ecosistemici il presupposto
indispensabile per lo sviluppo socioeconomico; è ben supportata l’evidenza che la loro perdita è
fonte di maggiore insicurezza alimentare, peggioramento delle relazioni sociali, maggiore
vulnerabilità economica e in alcuni casi diminuzione o totale perdita di libertà di scelta e di azione”.
L’erosione della biodiversità viene considerata responsabile dell’aumento del consumo di
fertilizzanti e fitofarmaci, e di conseguenza, dell’inquinamento delle falde e della sempre maggiore
dipendenza del mondo agricolo da fonti energetiche non rinnovabili come il petrolio. Con la
Rivoluzione Verde si è imposto un modello di produzione a bassa intensità di lavoro e ad alta
intensità di capitale che marginalizza i piccoli contadini. La Rivoluzione Verde è stata, quindi, il
cavallo di Troia con cui l’industria è entrata nel mondo agricolo, modificandone profondamente i
caratteri e favorendo l’inversione dei rapporti di forza tra i due settori nella società. 3 Dal 2000 è il
turno delle biotecnologie, strumento per affrancare l’umanità dallo spettro delle carestie, facendo
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fronte all’aumento demografico. Per enfatizzare questo passaggio le biotecnologie vengono
identificate come Nuova o Seconda Rivoluzione Verde. Lo stesso Norman Borlaug ha suggellato
questo legame a più riprese nei suoi frequenti interventi pubblici e lo ha confermato alla prima
Conferenza sulla globalizzazione della ricerca agricola, tenutasi in Costa Rica nel2002. “La
biotecnologia è la continuazione della Rivoluzione Verde” ha detto lo scienziato, sottolineando la
validità degli Ogm come strategia per combattere la fame nel mondo. L’esperienza della Rivoluzione
Verde suggerisce che il problema alimentare – paura della fame al Sud e paura del cibo al Nord - è
legato ad un errato modello di sviluppo, e non può pertanto essere risolto solo tecnologicamente. Il
Premio Nobel Amartya Sen, ha già denunciato come la scarsità alimentare non sia dovuta tanto alla
mancanza “assoluta” di cibo, ma alla marginalità sociale e alle ridotte disponibilità economiche delle
popolazione malnutrite, in particolare le donne. Essere esclusi dal mercato alimentare e non avere
risorse proprie con cui sfamarsi ha come unica conseguenza la fame 4.
1.3 Direttive INRAN per limitare il consumo di farine “00”.
Le informazioni necessarie a conferma della limitazione di farine raffinate 00 e 0, secondo le linee
guida del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e forestali, si possono consultare sul sito
INRAN ex Istituto Nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione soppresso dal governo Monti
e inglobato nel Consiglio per la ricerca e sperimentazione in Agricoltura(CRA) diventando una
nuova divisione denominata CRA-NUT (nutrizionale).
Nell’ ultima pubblicazione del 2003 in attesa di revisione dal 2013, “Linee guida per una sana
alimentazione” per quanto concerne i cereali indica: il consumo regolare di pane, pasta, riso e altri
cereali (meglio se integrali), e indica comportamenti come:” Quando puoi, scegli prodotti ottenuti a
partire da farine integrali e non con la semplice aggiunta di crusca o altre fibre (leggi le etichette)”.
Pg25
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1.4
La comunità scientifica e la filiera agro alimentare
Gli effetti negativi dell'impiego abituale di farina 00 nella propria alimentazione sono stati posti in
luce dal Professor Franco Berrino, ex direttore del Dipartimento di medicina predittiva e per la
prevenzione dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e consulente della Direzione scientifica.
Egli sottolinea come provochi un aumento della glicemia e il conseguente incremento dell'insulina,
fenomeno che nel tempo porta ad un maggior accumulo di grassi depositati e ad un indebolimento
generale dell'organismo, rendendolo maggiormente esposto nei confronti delle malattie, tumori
inclusi. L’Alternativa alla farina raffinata è la farina integrale e semi-integrale (farina di tipo 2).
Meglio ancora ricorrere a farine artigianali acquistate nei molini. Inoltre il prof. Berrino, da molti
anni, ha attivato un laboratorio di cucina per sperimentare l’utilizzo di cibi con finalità terapeutiche
per prevenire e curare diverse malattie, non solo tumori ma anche diabete, osteoporosi, malattie
cardiache, obesità e demenza senile; tale progetto è stato chiamato “progetto DIANA”. In riferimento
all’ultimo progetto Diana (2014), con responsabile la dott.ssa Adele Traina e il maestro panificatore
Ottavio Guccione, si ribadisce il recupero di grani tradizionali come la Tumminia con macinazione
a pietra e pasta madre, con sperimentazione di proprietà antitumorali e antidiabetiche del pane di
Tumminia . Nel 2005 la scuola di Medicina di Harvard ha rivisto la piramide alimentare
statunitense e riadattata alle nuove conoscenze, ribaltando diversi elementi e indicando cosa si
dovrebbe mangiare per avere una dieta sana ed equilibrata. Alla base della piramide troviamo
l’esercizio fisico e il controllo del peso. Non sono certo alimenti, ma il loro inserimento nella
piramide ne testimonia l’importanza, soprattutto per lo stile di vita sedentario. Poi abbiamo frutta,
verdura, grassi buoni (come l’olio d’oliva e.v.o.) e cerali integrali che costituiscono la base
dell’alimentazione. I prodotti con farina raffinata vengono messi in cima alla piramide alimentare
al pari di carna rossa e burro. fig 1. Come ulteriore caratteristica della raffinazione “00”, troviamo
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farine ricche di glutina e gliadina cioè il glutine causa della celiachia e intolleranza. La celiachia è
aumentata in Europa in poco più di vent’anni da una media di un abitante su 180 al rapporto attuale
di uno su 100. Lo conferma anche il numero degli intolleranti al glutine che in Italia sono tre milioni
e mezzo (il 6% della popolazione). Ulteriori ricerche da sviluppare riguardano gli studi sul il grano
duro “creso” del 1974, ottenuto con tecniche di “mutazioni indotte” sui geni esistenti, mediante l’uso
di radiazioni come i raggi gamma. Per Prof Luciano Pecchiai, appare fondata l’ipotesi che la
modifica genetica di questo frumento sia correlata ad una modificazione della frazione proteica del
grano stesso, in particolare della frazione di gliadina, proteina basica responsabile dell’enteropatia
infiammatoria e quindi il malassorbimento caratteristico della celiachia. Alla luce di dati sempre
più in crescita il 16 maggio 2014, a Loreto, s è svolto un congresso sulle allergie alimentari intitolato
“Le reazioni avverse agli alimenti dalle ipersensibilità alle intolleranze alimentari”, organizzata
dalla Società Italiana di Allergologia, Asma ed Immunologia Clinica, Sezione Regionale UmbriaMarche e dalla UOC di Allergologia di Civitanova Marche, diretta dal dott. Stefano Pucci, con oltre
100 partecipanti tra specialisti, associazioni pazienti e operatori del settore. Negli ultimi anni si è
verificato un importante incremento dell’incidenza di reazioni avverse ad alimenti legato in parte
anche ai cambiamenti delle abitudini (introduzione di cibi e spezie provenienti da altri paesi,
utilizzo di OGM), ai nuovi sistemi di coltivazione (produzione di grani più ricchi in glutine) ed al
mancato rispetto delle norme di conservazione e produzione della filiera alimentare. La complessità
di tali patologie richiede competenze di alta specializzazione e l’interazione tra più figure
professionali (allergologi, gastroenterologi, pediatri, nutrizionisti) in grado di garantire un
approccio diagnostico e terapeutico mirato e l’attuazione di misure preventive efficaci”. Lo
evidenzia il dott. Stefano Pucci sostenitore dell’iniziativa la “carta dei desideri”, un documento in
forma di appello promosso dalle principali “associazioni italiane pazienti” per chiedere a istituzioni,
aziende e attività commerciali di specificare, sempre e comunque, tutto quello che in un piatto o
una preparazione alimentare contiene. Tra le varie iniziative si riporta il lavoro della regione
Emilia-Romagna con il finanziamento al progetto del Bio-pane coordinato dal prof. Giovanni
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Dinelli. Il lavoro si articola su un progetto di filiera corta per l'agricoltura biologica e biodinamica
e gli accordi tra categorie come il Pane a Qualità Controllata, garantito dal marchio QC della
Regione Emilia-Romagna che è stato possibile grazie l’accordo per la produzione di pane QC, valido
per il triennio 2012-2014, tra le associazione dei panificatori (Unione regionale panificatori, CNA,
Confartigianato), le imprese molitorie e le organizzazioni dei produttori cerealicoli.
Figura 2
Utile è la visione del piatto Figura 3
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Un pane buono, sano e naturale. E’ il Pane a Qualità Controllata, garantito dal marchio QC della
Regione Emilia-Romagna, può essere acquistato grazie a una mappa dei forni che lo producono
consultabile on line sul sito della Regione (http://www.ermesagricoltura.it/La-pagina-delconsumatore/Il-pane-QC) che invito a consultare per ulteriori dettagli e curiosità.
Il Pane a qualità controllata significa: farine emiliano-romagnole poco raffinate per garantire un
adeguato apporto di fibre, proteine, vitamine; sale iodato (ma in una percentuale ridotta del 50%,
in linea con le raccomandazioni del Ministero della Salute); olio extravergine d’oliva; nessun ricorso
a congelamento o surgelazione; totale assenza di additivi e di agenti chimici per la lievitazione che
è esclusivamente a base di lievito madre, bighe e pasta di riposto.
Il tutto garantito da materie prime sicure per l’ambiente e per la salute perché prodotte secondo i
disciplinari di produzione integrata. La ricetta prevede anche pezzature non troppo piccole, in
genere superiori ai 200 grammi, per garantire una maggiore morbidezza, una migliore
conservazione e dunque anche minor spreco.
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1.5 La dieta a zona e la farine raffinate
Un’interessante strategia alimentare sviluppata da Barry Sears, ovvero il fautore dalla “Dieta a
Zona”, descrive la sindrome del “grasso tossico”. Come descritto da Barry Bears, il benessere di
ogni individuo dipende dalla capacità di ridurre il grasso cattivo nell’organismo e, di conseguenza,
bloccare l’evoluzione di questa sindrome con una lunga lista di patologie croniche come ad esempio:
allergie, asma, malattie autoimmuni, neoplasie, malattie cardiache, malattie infiammatorie, malattie
neurologiche, diabete di tipo II. La comparsa di ognuna di queste malattie croniche può essere
considerata una differente manifestazione della sindrome del grasso tossico. Questa sindrome non
è imputabile solo ad un singolo fattore dietetico, ma alla combinazione simultanea di tre fattori
tipici delle società occidentali moderne: carboidrati raffinati (cereali “bianchi” presenti oggi in
commercio e usati per la produzione di pane, pasta, pizza, dolci ), olii vegetali a basso
costo (abbondantemente presenti nei cibi lavorati) e calo del consumo di olio di pesce (ricco di
Omega 3). La sindrome del grasso tossico genera obesità e questo perché la tendenza ad ingrassare
sarebbe una delle prime forme di difesa dell’organismo nei confronti di questa infiammazione
silente che viene prodotta dall'eccesso di grasso tossico. Infatti il meccanismo dell’insulina permette
di catturare questo grasso tossico presente nel sangue e di “intrappolarlo” all’interno delle cellule
adipose. Il problema è che alla lunga questo meccanismo non funziona più e il grasso “intrappolato”
torna libero nell’organismo, aggravando questa forma di infiammazione asintomatica che dà luogo
alle malattie croniche sopra citate. L’azione decisiva viene realizzata nell’incontro nel sangue tra
l’ormone insulina e gli acidi grassi Omega 6, che genera la produzione di acido arachidonico, che
è appunto il cosiddetto grasso tossico. L’unica risposta a questa situazione è un regime alimentare
antinfiammatorio che va mantenuto per tutta la vita. Secondo Barry Sears solo una nutrizione
equilibrata, in grado di regolare l’azione dell’insulina, può portare a una perdita di peso stabile e
duratura e soprattutto può evitare l'insorgenza di malattie croniche. Per questo l’utilizzo di cereali
integrali è una valida prevenzione alla cosiddetta sindrome del grasso tossico.
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1.6 Epigenetica e micronutrienti
Con la teoria dell’epigenesi, termine che risale al 17°sec si inizia a indagare riguardo lo sviluppo di
un organismo. Con le scoperte sul DNA, dal xx sec, si approfondisce la genetica e nasce l’epigenetica,
che indaga sulla variazione nell’espressione genica nel corso dello sviluppo degli organismi. Una
interessante definizione è quella di Thomas Jenuwein (Vienna, Austria): "La differenza fra genetica
ed epigenetica può essere paragonata alla differenza che passa fra leggere e scrivere un libro. Una
volta scritto il libro, il testo (i geni o le informazioni memorizzate nel DNA) sarà identico in tutte le
copie distribuite al pubblico. Ogni lettore potrà tuttavia interpretare la trama in modo leggermente
diverso, provare emozioni diverse e attendersi sviluppi diversi man mano che affronta i vari capitoli.
Analogamente, l'epigenetica permette interpretazioni diverse di un modello fisso (il libro o il codice
genetico) e può dare luogo a diverse letture, a seconda delle condizioni variabili con cui il modello
viene interrogato". Grazie all’ epigenetica abbiamo studi su come quello che mangiamo comunica
con le nostre cellule (geni), cioè attiva e disattiva alcuni geni e quindi permette al nostro organismo
di adattarsi anche a quello che mangiamo e a modificazioni della comunicazione tra mondo
vegetale e noi. Un individuo alla nascita ha le informazioni dei propri genitori e non solo, Infatti
con la fecondazione abbiamo il definirsi del genotipo, che attraverso la fase embrionale, costruisce
tutti i sistemi e gli organi del corpo. 'L’Epigenetica è il settore della genetica che studia l’insieme
delle attività cellulari preposte a modulare l’espressione del DNA (concorrono a creare il fenotipo)
senza provocare mutazioni nei geni (senza interferire con il genotipo). Attualmente dalla ricerca,
arrivano numerose conferme del ruolo fondamentale rivestito dall’epigenetica, nell’attività di
regolazione di processi essenziali, come la trascrizione del DNA, l’espressione genica, lo sviluppo
embrionale, etc.. In questa attività riveste un ruolo determinante la cromatina; infatti I meccanismi
epigenetici riguardano in generale il controllo dell’espressione dei geni che non è influenzato nelle
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sequenze di DNA, ma da fattori come la conformazione della cromatina. I meccanismi più indagati
sono le modificazioni locali o estese della struttura della cromatina a opera di molecole che si legano
al DNA, e le modificazioni del DNA stesso come la metilazione (addizione di gruppi metile). A parte
nello sviluppo embrionale, tra le situazioni in cui si hanno effetti epigenetici, dovuti allo stato di
metilazione del DNA, individuiamo la trascrizione (per la maggior parte dei geni il controllo più
importante è quello della trascrizione, che assicura che non vengano sintetizzate molecole
intermedie superflue). Come riportato da Stefano Govoni, l’attenzione alle risposte molecolari ha
portato a scoperte che permettono di dimostrare come i nutrienti possono modulare il controllo
dell’espressione dei geni con micronutrienti che modificano l’espressione dell’RNA messaggero
correlato all’invecchiamento e all’infiammazione. I fitoestrogeni, come gli Isoflavoni e i Lignani,
possiedono la proprietà di impedire la differenziazione e la riproduzione di cellule maligne
bloccando altresì la creazione di nuovi vasi sanguigni, principio rilevante per lo sviluppo di un
tumore. I fitoestrogeni sono dotati anche di un’attività antiossidante capace di limitare i danni
provocati dai radicali liberi, che sono una delle cause dell’invecchiamento e sono anche capaci di
fornire una modesta attività antiipertensiva ed antiinfiammatoria. I meccanismi epigenetici sono
influenzati da diversi fattori e processi, tra cui lo sviluppo del feto in utero e durante la sua infanzia,
prodotti chimici ambientali, farmaci e prodotti farmaceutici, l'invecchiamento, e la dieta. La
metilazione del DNA si realizza quando i gruppi metilici, un fattore epigenetico rilevato in alcune
fonti alimentari, segnando il DNA, attivano o reprimono i geni. Gli istoni sono proteine attorno al
quale il DNA può concludere per la compattazione e regolazione genica. La modificazione degli
istoni si verifica quando il legame di fattori epigenetici a istoni "code" altera la misura in cui il DNA
è avvolto attorno gli istoni e la disponibilità di geni nel DNA per essere attivato. Tutti questi fattori
e processi possono avere un effetto sulla salute delle persone e influenzare la loro salute
considerevolmente con conseguente cancro, malattie autoimmuni, disturbi mentali, o il diabete.
National Institutes of Healt.
16
Figura 4
Figura 5
Concezione artistica della
cromatina, commissionata da
Geneviève Almouzni. Le coppie di
basi (giallo) si allineano lungo lo
scheletro del DNA (rosa), che si
avvolge strettamente intorno alle
proteine istoniche (blu e bianco)
per formare cromosomi (rossi)
nel nucleo. Immagine grafica di
Nicolas Bouvier
17
2. L’importanza dei grani tradizionali e il Farro monococcum
2.1 Schema della Domesticazione del grano e biodiversità
Ploidia e
(n=14; AA)
(2n=28; AABB)
(2n=42; AABBDD)
Genomi
diploide
tetraploide
esaploide
Ag.Tauschii
genoma-DD
SELVATICI
T.M.boeoticum+
(Vestiti)
T.Turgidum
T.M. Aegelopoides
Locus23s
T.Timopheevii
T.Zhukovsky
Ag.Speltoides
genoma-BB-SS
COLTIVATI
(Vestiti)
T.turgidum
dicoccoides e
dicoccum
T.Monococcum
T.M.Urartu AA
T.Turgidum
durum
COLTIVATI
(Svestiti)
.
Ibridazione
Verticale
Cultivar1900
COLTIVATI
saragolla- kamut
(Svestiti)
T. Spelta
T. Aestivum
Grani teneri
Grani dwarf1960 tipo creso coltivazioni
alterate
Grani duri
Ibridazione orizzontale
Tommaso Amendola AICTO 2014 Figura 6
18
Le ricerche genetiche e archeologiche hanno permesso di differenziare la domesticazione del grano
potendo definire geneticamente le differenze tra il grano attuale (commerciale) e il grano
tradizionale, determinando così una genealogia del chicco di grano. Dagli anni ’70 in molti Stati
sono nati centri per la conservazione del germoplasma in risposta alla crescente consapevolezza
delle minacce alla variabilità genetica vegetale. Le approfondite ricerche sulla genealogia del grano
evidenziano numerose differenziazioni delle specie. Come riportato nello schema abbiamo la zona
di origine del grano denominato “T.Boeticum” nella mezza luna fertile della Turchia, che attraverso
ibridazioni spontanee, operate dall’uomo e le ulteriori combinazioni tra i due, chiamate aegelops,
permette all’uomo di coltivare le prime specie monococco (T.Monococcum, T.Arartu). Nel corso di
13.000 anni con l’ibridazone del T.M.Moncocco e il T.M.Arartu con Ae.Speltoides (genoma BB-SS)
si sviluppano diverse specie di grano duro con la differenza tra i chicchi vestiti (farro dicocco) e
chicchi svestiti di grano duro (T.Turgidum etc..) Con la necessità di adattamento climatico e
produttivo le specie si differenziano ulteriormente, in forma esaploide, in un grano tenero (T.Spelta,
T.Aestivum, T.Zukosvsky) facile da lavorare e versatile nella trasformazione, che determina la
nascita di numerose specie autoctone.
19
Figura 7
Con la domesticazione del grano negli ultimi 50 anni, si evidenzia una drastica diminuzione
dell’utilizzo di molte varietà locali, con perdita di biodiversità, come potenzialità di adattamento alle
condizioni ambientali. Nella tabella ( fig.7) si può notare ,quantitativamente, come dalla selezioni
dei chicchi di grano migliori, la domesticazione produce una coltivazione evoluta da una
popolazione naturale (landraces), per passare agli inizi del 900 (con Nazareno Strampelli) a una
selezione di varietà cultivar (linee pure), varietà coltivata, che permettono una coltivazione basata
sulla singola linea pura ottenuta con metodi di ibridazione verticale, selezionata per adattarsi
all’ambiente, mantenendo il concetto di popolazione eterozigote. La numerose varietà di grani
tradizionali permettono sempre di trovare nuove combinazioni che si adattano all’ambiente. A
differenza delle landreces, le cultivar moderne con la sperimentazione sostenuta da studi genetici e
la mappatura del DNA, aumenta notevolmente la produzione per ettaro. Dagli anni 50 la genetica
(Norman) con la creazione di semi denominati “dwarfing genes” (RHT) permette di manipolare i
cromosomi che corrispondono a precise funzioni, come quelli del gene gai rht1, geni nanizzati del
frumento tenero giapponese, norin 10 sul 4° A cromosoma con metodi di ibridazione cosiddetta
“orizzontale” che creando popolazioni omozigoti porta ad adattare l’ambiente alle potenzialità del
seme. L’ibridazione verticale segue il percorso della riproduzione sessuale naturale, mentre
l’ibridazione orizzontale modifica la struttura del DNA con diverse tecniche, ma sempre ottenendo
semi sterili. Nell’ibridazione orizzontale inserisco anche i grani trattati con raggi gamma e tutte
quelle sostanze non note al consumatore. Abbiamo un cambiamento dei rapporti che passano da i
grani tradizionali con adattabilità del genotipo eterozigote all’ambiente, cioè una popolazione, ai
grani moderni e la forzata modificazione dell’ambiente alle caratteristiche del genotipo omozigote
e una drastica diminuzione delle varietà coltivate. Questo comporta l’utilizzo di concimi chimici,
pesticidi, anticrittogamici, e sistemi di conservazione con additivi, conservanti e la sperimentazione
di nuove forme di ibridazione.
20
2.2 Struttura della cariosside e macinazione
Figura 8
Nel chicco o cariosside del grano sono presenti tre parti ovvero la crusca (epidermide,
spermoderma, ipoderma), l’endosperma (strato aleuronico, l’endosperma amilifero) e il germe
(embrione centrale, scutello) evidenziando una struttura e composizione chimica diversa, con valori
nutrizionali e funzionalità differenti. I principali componenti nutritivi del grano sono carboidrati,
proteine, lipidi, vitamine e minerali, sostanze bio-attive o funzionali per il mantenimento della
21
nostra omeostasi . La crusca pari al 7-10% dell’intera cariosside, è costituita da diversi strati cellulari
la cui funzione protettiva è garantita dalla composizione ricca di fibre cellulosiche ed
emicellulosiche. L’endosperma rappresenta la parte preponderante della cariosside (85-90%) ed è
composto da due parti: lo strato aleuronico esternamente e l’endosperma amilifero internamente.
Lo strato aleuronico è costituito da uno o più strati di cellule ricche di proteine di elevato valore
biologico, vitamine, sali minerali, proteine solubili ed enzimi. L’endosperma amilifero è formato da
un elevato contenuto di carboidrati(amido) e proteine di riserva (proteine del glutine nel caso dei
frumenti). Vi è un gradiente di concentrazione inverso per amido e proteine nell’ambito
dell’endosperma amilifero. L’amido aumenta progressivamente passando dalle cellule esterne alle
cellule interne e viceversa le proteine diminuiscono significativamente dalla periferia al centro
dell’endosperma. L’embrione o germe (pari al 3-5% della cariosside) rappresenta l’abbozzo della
futura plantula separato dall’endosperma da un rivestimento esterno, detto scutello, preposto a
fornire nutrienti per la germinazione. L’embrione presenta, perciò, un elevato contenuto di lipidi,
proteine, minerali, zuccheri solubili e vitamine liposolubili. La composizione chimica e la
distribuzione dei diversi costituenti la cariosside è di fondamentale importanza per comprendere i
fenomeni e le modificazioni che avvengono durante i differenti processi tecnologici di
trasformazione dei cereali molitura
La Molitura
Con la Molitura dei grani moderni si ha l’allontanamento degli strati periferici della cariosside
(tegumenti, strato aleuronico e germe) e di conseguenza una significativa riduzione del valore
nutritivo degli sfarinati raffinati rispetto alla granella integrale. La composizione chimiconutrizionale degli sfarinati dipende dal grado di abburattamento inteso come quantità di farina che
si ricava da 100 kg di granella. Le farine con più alto tasso di abburattamento (farine 00) saranno
pertanto le più povere in fibra alimentare, sali minerali e vitamine. Tuttavia con l’aumentare del
grado di raffinazione si consegue un miglioramento dell’attitudine alla trasformazione dello
sfarinato secondo metodologie industriali e tempi ristretti. La presenza di proteine del glutine e la
22
raffinazione “00” offrono uniformità del colore, assenza di parti di crusca che interferiscono con lo
sviluppo e la strutturazione del reticolo proteico permettendo una rapida lievitazione.Al contrario
la cariosside del grano tradizionale lavorata con una raffinazione tipo “2” è legata a costi e tempi di
trasformazione triplicati, ma offre un sistema eterogeneo per composizione e distribuzione dei
nutrienti che fornisce il giusto apporto di nutrienti.
2.3 Il farro monococcum
Il Triticum monococcum L appartenente come pianta alla famiglia delle graminacee (polacae), il
genere triticum fu utilizzato da 13.000 anni fa con la coltivazione selettiva di questo cereale che
produce frutti dai quali si ottiene la farina. Triticum monococcum L. è una pianta di taglia media,
in genere più alta dei frumenti teneri, con un più lungo ciclo vegetativo (circa 11 mesi). Si tratta
di un seme vestito adatto a suoli pedologicamente poveri e aridi; sulla spiga, ogni spighetta
contiene in genere una sola cariosside fertile. Le ibridazioni con il genere Aegilops hanno dato
origine ai frumenti evolutivamente più recenti, con più alti valori di glutine. E’ stata evidenziata la
sua rusticità, l’adeguatezza a tecniche colturali a basso impatto ambientale, l’ottima resistenza alle
malattie, i bassi livelli di concimazione ed una elevata adattabilità a svariati ambienti colturali
Oggi la coltura del farro monococcum o piccolo farro è di tipo locale, utilizzata con suoli poveri,
dove non è difficile coltivare altre specie di frumento. La diminuzione drastica della coltura del
piccolo farro è dovuta alla preferenza verso altri tipi di frumenti più produttivi e di più facile
trebbiatura. Il lavoro di ricerca del prof. Francesco Salamini con la tecnica di marcatura
molecolare ha consentito di confrontare diverse accessioni provenienti dall’ Europa di
T.Monococcum e ricollegarle alla domesticazione del T.Boeticum selvatico, e del tipo aegelops
come ibridazioni tra forme coltivate e selvatiche. Gli habitat primari della specie selvatica
Triticum monococcum subsp. Boeoticum si trovano nella cosiddetta Mezzaluna fertile. È in queste
23
regioni, tra il sud-est della Turchia e il nord-ovest dell'Iraq, che l'agricoltura fu inventata e si
espanse, fino a raggiungere tutto il mondo occidentale. In particolar modo Nella regione delle
montagne del Karacadag esistono insediamenti neolitici nei quali sono stati rinvenuti semi di
triticum monococco. Dal luogo di origine si è dato il via all’utilizzo di questo cereale (uomo con
semi nel mantello ghiacciato) in tutta la zona nord-Africa, Asia con differenziazioni che si sono
poi presentate nei luoghi di origine. Il fattore ambientale e climatico rende ancora più difficoltosa
la catalogazione dei semi poiché influenza notevolmente la sopravvivenza e la differenziazione di
grano che appartiene allo stesso genere.
Nella ricerche archeologiche i primi centri agricoli hanno restituito un considerevole numero di
resti di piante da raccolto configurabile intorno attorno al 7000a..c. Dal punto di vista
archeobotanico, i reperti rinvenuti nei diversi siti esaminati, sono stati determinati sulla base della
morfologia della cariosside e della spighetta. Le cariossidi sono caratterizzate da un forma allungata
e stretta, complessivamente più alte che larghe, con le estremità che si assottigliano. Nella storia
della domesticazione del grano, tra i vari tipi di Triticum è possibile distinguere quelli con seme
ricoperto da gluma (vestito) e quelli con seme nudo. Il termine farina (dal nome latino della pianta,
far, deriva l’italiano farina) comprende anche le specie Triticum dicoccum (da triticum, macinato e
dicoccum per le due cariossidi contenute nelle spighetta) e Triticum spelta, o spelta o granfarro. Nel
grano monococcum (Triticum monococcum, farro piccolo) e grano dicocco il seme è fortemente
racchiuso da una gluma rigida e quindi è necessario un trattamento particolare per liberare i
chicchi, quale l’essicazione o. la battitura. Nelle specie con chicchi nudi, spelta, al momento della
maturazione i semi possono essere facilmente liberati dalle spighe mediante la sola trebbiatura. I
resti carbonizzati del grano di questa specie presentano problemi di identificazione, mentre non è
possibile distinguere tra i resti del grano duro (Triticum durum) e quelli del grano tenero o comune
(Triticum aestivum)
La popolarità del farro è data dalle varie specie note agli antichi egizi e ai romani. Il farro ha
rappresentato un alimento di base per i romani, che con la sua farina preparavano una specie di
24
polenta (puls) usata come pane, e lo impiegavano anche con significato simbolico in cerimonie e
riti. I chicchi del farro (spezzato) sono utilizzati per la preparazione di minestre; la farina è adatta
alla panificazione e alla produzione di biscotti e pasta. La struttura del granulo di amido del farro
non determina iperglicemia, ed è indicato nell'alimentazione degli sportivi, quando vi è bisogno di
un apporto energetico prolungato. Dopo un lungo periodo di declino, questo cereale ha ora una
nuova popolarità, nel quadro del recupero della cucina naturale e vegetariana, e perché la relativa
abbondanza di crusca contenuta nei chicchi, che fu probabilmente una delle cause della sua
sostituzione con il frumento, è invece nello strato aleuronico un apporto importante di nutrienti.
Tab. A
2.4 Il farro monococcum nella sperimentazione del progetto Monica
Con il progetto sul -Monococco per l’Innovazione Cerealicola ed Alimentare finanziato dalla
regione Lombardia è stato possibile verificare i vantaggi economici e salutari per un reinserimento
di coltivazioni e prodotti alimentari con farina di farro monococcum. Dalla sperimentazione si
evidenzia come è necessaria una collaborazione da parte di tutte le componenti della filiera agro
alimentare così da migliorare ed evolvere, sistemi di coltivazione, trasformazione e conservazione.
L’analisi dei nutrienti che compongono le differenti linee di farro monococcum permettono di
sperimentare diverse caratteristiche del chicco che possono agevolare la produzione senza
l’alterazione del prodotto (es.chicco svestito). Sono state coltivate quattro linee di farro monococcum
e una linea di grano tenero Blasco. In seguito all’ analisi dei nutrienti e la produzione di pane e altro
è stato possibile sperimentare l’adattabilità ambientale del farro e la risposta dei consumatori. Si
riportano le tabelle con i dettagli delle quattro linee e le conclusioni di laboratorio, evidenziando
come il ruolo degli oligoelementi e delle sostanze bioattive, possano determinare ulteriori differenze
25
metaboliche nell’ambito dello stesso tipo di grano, come la tolleranza al glutine della linea Monlis,
che ha la stessa quantità di glutine del tipo Blasco
Linee di monococco utilizzate
Le quattro linee di monococco scelte per la sperimentazione sono state: la cultivar Monlis, le
popolazioni ID1395 ed ID331 e la linea avanzata a seme nudo SAL98-32-2. Una quinta linea,
SAL98-38-8, non ancora ben stabilizzata ma molto interessante per precocità e facilità di svestitura,
è stata aggiunta in tutte le prove. Come frumento tenero di controllo è stata utilizzata la cultivar
Blasco. In entrambi gli anni sono state realizzate quattro prove agronomiche, due con metodi
tradizionali (a S. Angelo Lodigiano e Roma) e due in agricoltura biologica (a S. Angelo Lodigiano e
Leno). Possiamo ritrovare nel dettaglio i valori delle proteine, ceneri, lipidi, minerali tab.3 e dei
carboidrati complessi tab.4
Tabella 10. Composizione centesimale - proteine, ceneri, lipidi e minerali Proteine
Ceneri
Lipidi
Acidi Grassi
Saturi
Mono
insaturi
Poli
insaturi
Monoins.
-saturi
Poli ins.
-saturi
Insaturi.
-saturi
% ss.
% ss
gr/ kg
%
%
%
MONLIS
18,2
2,6
43,4
18,7
28,2
53
1,5
2,8
4,3
ID1395
17,7
2,3
40,1
19,4
27,6
53
1,5
2,7
4,2
ID331
18,5
2,6
40,5
19,4
27,5
53
1,4
2,7
4,1
SAL98-38-8
19,5
2,6
40
20,6
26,2
53,2
1,3
2,6
3,9
SAL98-32-2
20,5
2,7
43,7
18,9
29,2
51,9
1,6
2,8
4,3
BLASCO
11,2
1,7
24,9
24,5
19,2
56,3
0,8
2,3
3,1
26
Minerali
Mn
Cu
Zn
Fe
Ca
Mg
P
K
gr/ kg
gr/ kg
gr/ kg
gr/ kg
gr/ kg
gr/ kg
gr/ kg
MONLIS
40,9
8,8
58
42,5
550
1420
4834
3430
ID1395
39,6
7,6
63,9
48,5
448
1349
4661
2607
ID331
44,9
7,8
65,3
51,8
448
1343
4742
2729
SAL98-38-8
39,4
8,7
79,4
50,6
430
1280
5226
2699
SAL98-32-2
48,5
7,7
80,3
53,4
322
1456
4846
3534
BLASCO
27,1
4,9
31,1
31,7
419
1007
2771
1789
Tabella 9. Composizione centesimale - amido, betaglucani, fruttani, pentosani ed antiossidanti
Amido
solubile
Amido
resistete
Amido
totale
Amilosio
Betaglucani
% farina
% farina
%farina
Amido
totale
g/kg
g/kg
g/kg
MONLIS
53,6
2,326
55,9
28,6
0,43
1,63
56,40
2,56
ID1395
54,9
2,656
57,6
28,7
0,33
1,88
57,80
2,59
ID331
53,7
2,364
56,1
28,3
0,35
1,72
55,10
2,73
SAL98-38-8
52,6
2,501
55,1
29,5
0,36
1,66
62,40
2,10
SAL98-32-2
53,8
2,345
56,2
27,8
0.33
2,00
60,90
2,53
BLASCO
60,8
7,042
67,8
29,5
0,57
1,21
69,80
2,16
Luteina
Alfa
Alfa
Tocoferoli tocotrienoli
Fruttani Pentosani
Fibre totali
Beta
tocoferoli
Beta
trocotrienoli
Tocoli
totali
Attività
antiossidante
mg/ kg
mg/ kg
mg/ kg
mg/ kg
mg/ kg
mg/ kg
NMTE/ mg ss
MONLIS
8,88
15,03
18,34
5,38
41,85
80,61
0,81
ID1395
7,34
13,13
13,66
4,93
41,85
73,57
0,71
ID331
5,88
9,18
10,67
3,47
46,60
69,92
0,74
SAL98-38-8
6,88
11,59
11,02
4,75
35,47
62,82
0,68
SAL98-32-2
6,02
15,13
16,79
4,10
43,50
79,52
0,63
BLASCO
1,15
13,12
4,58
7,27
25,23
50,20
0,49
27
Principali conclusioni del progetto MonICA
I numerosi esperimenti condotti nell’ambito del progetto MonICA, con particolare attenzione alla
tolleranza del glutine, dimostrano che il grano monococco non presenta alcuna attività citotossica
o Immunogenica verso la mucosa celiaca, con la sola eccezione della varietà Monlis che sembra
comportarsi come il frumento tenero. Nel grano monococco, varietà Monlis inclusa, non si
riscontra il peptide P31-43 ad attività citotossica. Pertanto, la citotossicità della varietà Monlis per
la mucosa celiaca è associata a peptidi diversi dal P31-43. Nel grano monococco si riscontrano
numerosi peptidi con sequenza simile a quella del peptide immunogenico “33-mer”. Tuttavia, con
la sola possibile eccezione della cv. Monlis, questi peptidi non sono in grado di stimolare il sistema
immunitario del celiaco. Nel grano monococco non è presente la sequenza peptidica protettiva
QQPQDAVQPF (P10 mer) che si riscontra in grano duro. Pertanto, il grano monococco contiene
peptidi protettivi con struttura primaria ancora sconosciuta.
2.5 La macinatura del farro monococcum a pietra antica
Per quanto riguarda il farro tradizionale, descritto sino ad ora, si utilizza la macinatura/molitura a
pietra antica a temperatura controllata per ottenere il risultato migliore. Questa fase rappresenta
una lavorazione molto importante del grano, per ottenere la farina. L’utilizzo del mulino a cilindri
industriale ha sostituito completamente il mulino a pietra. Ma alla luce dei risultati e delle
controindicazioni per una raffinazione tipo”00” e “0” e quindi del mulino industriale, è necessario
contribuire allo sviluppo di una macinazione a pietra, che sia possibile realizzare in ambito
commerciale, mantenendo un giusto rapporto tra quantità e qualità prodotte. Per questo descriverò
le fasi preparatorie alla macinazione evidenziando le problematiche della macinazione a pietra
antica e moderna. Anche nella macinazione tradizionale è presente una differenza tra le pietre
28
tradizionali e pietre moderne perché l’esigenza di produrre sempre di più è valida sia che si parla
di grano tradizionale, che di grano moderno. Quindi anche quando compriamo una farina di grano
tradizionale è necessario sapere che tipo di macinazione viene utilizzata e deve essere nota la
temperatura di lavorazione della pietra non superiore ai 30 gradi. Una breve descrizione ed esempi
di aziende con tecniche differenti saranno una valida informazione per comprendere la lavorazione
del grano e le sue possibili evoluzioni tecnologiche. Nell’ambito della macinazione a pietra è
necessario sottolineare che i molini a pietra non sono tutti uguali, a partire dal tipo di pietra che si
utilizza, e che di conseguenza anche le farine che se ne ottengono, hanno caratteristiche diverse tra
loro. Esistono due tipi di molini a pietra, quelli antichi e quelli moderni; entrambi si basano su due
dischi di pietra orizzontali messi uno sull’altro, uno fisso e l’altro rotante. La parte centrale dei dischi
di pietra rompe i chicchi di grano grossolanamente, la parte periferica produce la farina. I dischi
hanno dei canali incisi a raggio verso l’esterno, che servono per far fuoriuscire le farine, e delle
incisioni meno profonde, appena accennate, tra un canale e l’altro, che vengono chiamate righe,
che sono un po’ come le lame di tanti coltelli, che servono a ridurre i chicchi in farina. Le righe sono
molto importanti, perché se si consumano troppo la farina viene schiacciata e quindi bruciata
invece che “tagliata”. Nei molini moderni la macina è fatta con un agglomerato di smeriglio, selce e
magnesite. Il maggior produttore italiano dei molini a “pietra moderna” è la ditta Partisani. Questo
tipo di pietra agglomerata è più duro e più duraturo della pietra vera e propria e le macine sono
chiuse in una struttura di metallo. Questa pietra agglomerata, oltre a non necessitare di
rabbigliatura, (periodicamente ricreare i canali scolpiti nella pietra), è garantita per macinare circa
700/1000 tonnellate di cereali o legumi; raggiunto questo quantitativo bisogna riportarla alla
fabbrica per ripristinare i canali (operazione che può essere fatta al massimo 4 o 5 volte). La pietra
antica, a differenza di quella moderna, fatta con la Selce molare ha bisogno di molta cura e il modo
in cui vengono scolpite le righe dà una vera e propria impronta alla farina, ogni mugnaio imprime
così la sua impronta alla propria farina.
29
In tutti i tipi di macinazione a pietra sono necessarie anche altre macchine, ad esempio prima di
macinare a pietra è importantissima la pulitura e la selezione delle granaglie, perché quello che
entra tra le macine lo ritroviamo poi nella farina. Quindi è necessario, oltre alla selezione per
grandezza e per speso specifico, ricorrere anche alla selezionatrice ottica la quale riesce a scartare
anche chicchi di eguale grandezza e peso specifico apparentemente ottimali; ad esempio la segale
cornuta è un tipo di grano velenoso, ma per fortuna è nera, quindi la selezionatrice ottica riesce ad
eliminarlo con l’aiuto di una telecamera e di un software; identifica le particelle di colore non
conformi, e le elimina con un getto d’aria. Oltre alla pietra differente che viene utilizzata, e alla
struttura che la racchiude, che in un caso è di metallo e nell’altro di legno (anche se esistono delle
vie di mezzo, tipo la macina dei Floriddia che è a pietra antica ma racchiusa in una struttura di
metallo), la differenza tra i due tipi di molini sta anche nel fatto che quelli a pietra antica lavorano
più lentamente
In questo modo il mulino a pietra antica (bassa velocità) riesce a mantenere grano e farina a una
temperatura bassa, se la pietra è regolare. Questo particolare è molto importante, perché se il grano
si scalda le vitamine e altri nutrienti vanno persi, oltre al fatto che la farina irrancidisce più
facilmente. Per fare un esempio la macina (a pietra antica) del molino dei Floriddia, ha un diametro
di 1 metro e 30 centimetri e fa 94 giri al minuto. In questo modo riesce a macinare 2 quintali di
grano ogni ora, e le farine raggiungono una temperatura tra i 28 e i 31°C. Le macine di Filippo
Drago hanno un diametro di 1 metro e 20 centimetri; fanno 100 giri al minuto e macinano circa 1
quintale e mezzo di grano duro ogni ora e le farine raggiungono una temperatura di circa 36°C.
Un molino a pietra moderna di Partisani, con una macina di un metro di diametro, fa circa 400/500
giri al minuto e riesce a macinare il doppio, cioè 4 quintali di grano ogni ora. In questo modo la
farina si scalda molto di più perdendo irrimediabilmente molte delle sue proprietà nutritive. Un
compromesso utilizzato dai grossi produttori di farine macinate a pietra come il molino Quaglia
(Vighizzolo d’Este – Padova) è quello di contenere le mole all’interno di una contenitore stagno
refrigerato che tiene bassa la temperatura di macinazione. I processi produttivi delle farine di
30
frumenti tradizionali sono quindi diverse e necessitano di più attenzione e cura durante la
macinatura. Altra cosa da sapere riguardo la macinazione del grano, è che prima di macinarlo
bisogna apportargli una certa umidità facendolo passare in una macchina che si
chiama bagnagrano che un tempo, quando questa macchina non esisteva, l’umidità si apportava
manualmente spruzzando il grano in modo approssimativo. La macchina bagnagrano per prima
cosa controlla elettronicamente l’umidità già presente, e poi aggiunge quella desiderata, a seconda
del tipo di macinazione che si intende fare, in modo da abbassare ulteriormente la temperatura.
Con i molini a pietra antica basta un’umidità massima del 13%, mentre con quelli moderni, che
girano più velocemente e quindi creano più attrito, il grado di umidità deve essere più alto (ad
esempio nei mulini a cilindri ci deve essere più del 16% di umidità). Meno umidità si riesce a dare
al grano, meglio è: il motivo per il quale il grano deve essere più asciutto possibile è che l’umidità
attiva la germinazione dei chicchi; se l’ambiente è umido, dopo il riposo canonico di 8-10 ore
comincia a spuntare la punta del germoglio, a quel punto la farina può irrancidire, quindi il germe
va necessariamente rimosso. È necessario che i mulini controllino il risultato finale per ottenere un
buon prodotto di qualità.
2.6 La pasta madre e l’acido fitico
.
Con la lavorazione della farina di grani tradizionali si utilizza la pasta madre, un impasto acido
costituito da farina e acqua, fermentato ad opera di microrganismi naturalmente presenti nello
sfarinato e nell’ambiente di lavorazione e quindi senza l’intervento di microrganismi aggiunti
deliberatamente. L’impasto acido è ottenuto grazie a una serie successiva di “rinfreschi” che hanno
la funzione di ottimizzare e stabilizzare la capacità di acidificazione e lievitazione. L’impasto acido
è pertanto caratterizzato, al contrario del processo di lievitazione normale che impiega il lievito
compresso e una fermentazione alcolica e acetica, da una complessa popolazione microbica
31
composta da lieviti e batteri che determinano una fermentazione lattica, alcolica, acetica e
propionica. Mentre i lieviti producono alcool e anidrite carbonica, i batteri acidificano l’impasto
con una probabile combinazione tra diverse specie Saccharomy e Candida e tra i batteri lattici
lactobacillus, leuconocston, pediococcus e weissella. Questa acidificazione permette la scissione
dell’acido fitico e si liberano i minerali che diventano biodisponibili. La tecnologia che utilizza
l’impasto acido è alla base della produzione di numerosi prodotti da forno e ha una significativa e
favorevole influenza sugli alveoli dell’impasto (struttura), sull’aroma, la durabilità e proprietà
nutrizionali e funzionali. In particolare i batteri lattici, protagonisti della fermentazione acida,
donano un aroma caratteristico, contribuiscono a potenziare l’attività antiossidante, degradare i
composti antinutrizionali, favorire la biodisponibilità dei nutrienti (minerali) e l’attività proteolitica
con ripercussioni positive sulla digeribilità proteica e sull’indice glicemico (esempio di alimento
funzionale naturale).
I contributi scientifici hanno permesso di acquisire un’approfondita conoscenza delle
caratteristiche microbiologiche degli impasti acidi e di individuare il ruolo e l’importanza dei
microrganismi che sono presenti nell’ impasto acido.
3. Prevenzione e terapia in medicina funzionale
3.1
Tabella riassuntiva delle principali differenze tra grani tradizionali e grani moderni
32
Tabella riassuntiva con la Composizione, localizzazione e attività delle sostanze bioattive
Tommaso Amendola AICTO 2014
Struttura del Macronutrienti e
chicco di grano
emilcellulosa
Parte
%
%
GERME
3/5%
Strato
Scutello
Embrione
Carboidrati
Proteine
Lipidi polinsaturi
Pentosani
Minerali
20
38
15
22
5
Composti
bioattivi
Strato Amilifero
Strato
Aleuronico
Carboidrati
Proteine
Lipidi
Pentosani
Minerali
Carboidrati
Proteine
Lipidi
Pentosani
Minerali
83
11
33
2
1
12
32
8
38
10
Grani
tradizionali
Antiossidante
Vitamine A e Vit.E
Abbassa il
Vit B1.B5.B6
colesterolo
Calcio
Il germe viene eliminato Abbassa la glicemia
Fosforo
e riutilizzato
Magnesio
Acidi grassi
Alcoli grassi.PPG
Aminoacidi
Vit.C
Carotenoidi
ENDOSPERMA
85-90%
Strato
Grani
moderni
Amilosio
Amilopectina
Gliadina
Glutenina
Albumine
Globuline
Vit.B9
Lignani
Bioflavonoidi
Oligoelementi
Aumenta la glicemia con
alto val glicemico
Alza il colesterolo
Sindromemetabolica
Ecosanoidi cattivi
Ipertensione
Interferoni indebolimen
sist. immunitario
Carboidrati a lenta
assimiazione.
Omeostasi
metab.base
Lo strato aleuronico
viene eliminato con la
crusca
Regola metabol
proteine
Riduzione LDL
Regolazione
passaggio intestino
La crusca viene
eliminata e riutilizzata
Sol-Gel. Regolano la
funzione ormonaleaiutano
l’assorbimento
intestinale della
insulina-regolano il
colesterolo
CRUSCA
7/10%
Strato
Epidermide
Testa
Ipodermide
Carboidrati
Proteine
Lipidi
Pentosani
Minerali
14
12,8
2,4
65,2
5,6
Fosforo
Magnesio
Potassio
Ferro
Lignani
Vit.gruppo B
Oligoelementi
Isoflavoni
33
3.2 Differenze nutrizionali tra grani tradizionali e grani “moderni
In riferimento alla tabella 1 si possono individuare le differenze di nutrienti, che si vengono a
determinare con i differenti processi di lavorazione, tra grani moderni e grani tradizionali. Con
l’eliminazione della crusca, nella lavorazione dei grani moderni, si tolgono diversi strati della
cariosside ricchi di minerali, sostanze bioattive e emicellulosa. Tra i vari strati la perdita dello strato
aleuronico determina l’assenza di magnesio, potassio, fosforo e ferro, fondamentali nella struttura
e attivazione di molti enzimi e coenzimi, e regolazione della funzione intestinale. L’eliminazione
dello strato aleuronico nei grani moderni, inoltre, determina la carenza di proteine solubili e
minerali che bilanciano il metabolismo del glutine che, con la presenza soltanto della proteina del
glutine, determina intolleranze e probabili allergie. All’ equilibrio delle proteine nei grani
tradizionali contribuiscono le albumine e le globuline che regolano il metabolismo delle proteine
stesse in presenza di nutrienti al completo, determinando una azione antinfiammatoria con una
riduzione di LDL. La presenza di fibra nella farina di Tipo2 permette la regolarizzazione del transito
intestinale che con la presenza di Lignani, permette l’eliminazione di tossine e scarti metabolici dal
nostro corpo. Nella macinazione dei grani tradizionali, il mantenimento del germe del chicco di
grano, determina la presenza di proteine, lipidi polinsaturi, vitamina E” tocoferolo”, vitamine del
gruppo B che rappresentano un importante gruppo di nutrienti indispensabili per metabolizzare
gli alimenti stessi e attivare una infinità di attività enzimatiche necessarie per il nostro equilibrio. A
differenza nei grani moderni, l’eliminazione del germe, determina la carenza di apporto di nutrienti
come minerali, acidi grassi, vitamine a-e- gruppo b e sostanze bioattive come polifenoli e flavonoidi
che permettono la comunicazione con le nostre cellule come dimostrano gli studi di epigenetica. Le
ricerche dimostrano come quello che mangiamo comunica con le nostre cellule (geni), cioè attiva e
disattiva alcuni geni e quindi permette al nostro organismo di adattarsi anche a quello che
34
mangiamo e a modificazioni della comunicazione tra noi e il mondo vegetale. La parte centrale del
chicco è rappresentato dallo strato di endosperma amilifero che è mantenuto sia nei grani
tradizionali che moderni e caratterizza buona parte del grano. Ma per i grani moderni in assenza
di altri nutrienti, l’amido viene assimilato velocemente creando squilibri di glicemia, produzione di
LDL, aumento colesterolo e ecosanoidi cattivi con una alterazione del catabolismo/anabolismo di
base, stress ossidativi e alterazione del PH. Il metabolismo dei carboidrati in una dieta ricca di amidi
raffinati induce l’aumento della glicemia, turba l’equilibrio metabolico e sottopone l’organismo a
fasi di distress. La glicemia è la concentrazione di glucosio nel sangue e rappresenta il carburante
per le nostre funzioni, ma la rapida assimilazione determina un picco di glicemia che richiama la
produzione di insulina da parte del pancreas. L’azione dell’insulina è quella di trasporto degli
zuccheri nelle cellule e quando introduciamo una eccessiva quantità di zuccheri semplici, ad alto
valore glicemico, la iperproduzione di l’insulina determina un rapido calo degli zuccheri con
l’organismo che passa da l‘iperglicemia all’ipoglicemia con l’alterazione di sistemi di controllo che
coinvolgono la glicogenogenesi e la glicogenolisi e tutte quelle sostanze bioattive che sono i mattoni
costituenti gli enzimi e coenzimi. La difficolta di metabolizzare i carboidrati porta all’indebolimento
del sistema immunitario evidenziando così l’importanza dei polifenoli, flavonoidi come
antiossidanti e attivi nella regolazione dei sistemi di selezione della membrana cellulare e di
trascrizione genetica nel nucleo. L’alternarsi delle fasi determina nel tempo un graduale
esaurimento del pancreas di secernere insulina e quindi il diabete. Ma i sistemi di controllo
coinvolti al mantenimento del nostro metabolismo degli zuccheri sono molteplici e oltre al
carburante per le funzioni vitali, sono indispensabili al nostro cervello. I dati riportati nella tabella
determinano quindi un apporto di amido e glutine eccessivi nei grani moderni. Nei grani
tradizionali si può notare un apporto equilibrato di amido e glutine, bilanciato dalla presenza di
fibra, proteine solubili, vitamine, minerali, oligoelementi e grassi insaturi che collaborano alla loro
trasformazione, con il nostro metabolismo.
35
3.3 L’importanza del Metabolismo dei carboidrati
I carboidrati e l’energia del nostro corpo.
Quando mangiamo cereali, verdure, frutta, legumi, frutta secca e semi il nostro corpo digerisce i
carboidrati presenti e li trasforma in glucosio. I carboidrati sono composti di carbonio, ossigeno e
idrogeno che si legano tra loro a formare catene di molecole di varia lunghezza e forma
differenziandosi in tre tipi: monosaccaridi, disaccaridi e polisaccaridi che determinano differenti
tempi di assorbimento da parte del paziente. L’amido presente nell’endosperma amilifero del chicco
è un carboidrato complesso formato da migliaia di oligosaccaridi e viene idrolizzato attraverso
l’azione di enzimi (amilasi) presenti nella saliva, nei succhi pancreatici e nella membrana della
superficie dei microvilli della mucosa intestinale, con ulteriori enzimi (oligosaccaridasi). Dalla
masticazione al passaggio allo stomaco, con l’azione dell’enzima ptialina (α-amilasi), si ottiene
l’idrolizzazione in percentuali sempre maggiori dell’amido, nel disaccaride maltosio e isomaltosio.
Con il passaggio del chimo dallo stomaco al duodeno abbiamo gli enzimi pancreatici che con
un’azione più forte scindono gli amidi presenti, prima che raggiungano il digiuno. Gli enzimi
dell’epitelio intestinale scindono i disaccaridi presenti con l’azione di una serie di enzimi (maltasiisomaltasi-lattasi-saccarasi) che permettono di ottenere glucosio pronto per essere assorbito
dall’intestino e indirizzato al fegato che ne regola il metabolismo.
Utilizzo del glucosio
Una volta che il glucosio entra nella cellula si combina con un radicale fosfato e da inizio alla
fosforilazione che blocca il glucosio all’interno della cellula. A Questo punto in base alle necessità
può essere immagazzinato con la glicogenogenesi o liberare energia tramite glicolisi, con
formazione di acido piruvico. La sua conversione in acetil-coenzima A e il successivo stadio di
degradazione del glucosio con il ciclo di Krebs permette il guadagno di energia sotto forma di ATPADP-AMP e calore. La molecola del glucosio è essenziale come fonte di energia per le nostre cellule
36
con la produzione di ATP e in particolare per alimentare il sistema nervoso e la midollare del
surrene. Nel fegato è fonte di energia e svolge un’azione indiretta per la regolazione del metabolismo
dei grassi e delle proteine e inoltre per gli eritrociti, essendo sprovvisti dei sistemi enzimatici
associati al ciclo di krebs, sono dipendenti dalla glicolisi per il loro metabolismo energetico.
Mantenimento del livello di glucosio nel sangue
Il livello di glucosio nel sangue, o glicemia, è mantenuto costantemente in equilibrio dall’intervento
di diversi ormoni pancreatici come l’insulina, il glucagone, oltre che l’adrenalina e la somatostatina.
L’insulina è responsabile del passaggio del glucosio all’interno delle cellule e si attiva nel caso di
livelli elevati di glucosio nel sangue. L’adrenalina e il glucagone sono responsabili delle
riconversione del glicogeno, depositato nel fegato, in glucosio che viene immesso nella circolazione.
Se invece è in eccesso il fegato trasforma il glucosio in glicogeno e viene depositato per essere
utilizzato in caso di necessità. Quando i depositi cellulari sono completi il glucosio in eccesso viene
convertito in acidi grassi e trigliceridi, per essere immagazzinato come tessuto adiposo. Ma l’ipo o
iperglicemia sono legati a stati di adattamento del nostro corpo ad uno stile alimentare o adattamenti
alla richiesta di energia da parte dell’ambiente e questo determina il coinvolgimento di tutti quei
sistemi necessari al mantenimento del metabolismo basale e allo stesso momento l’eccesso di
insulina porta al blocco del glucosio nel passaggio della membrana encefalica. Inoltre può
determinare insulino- resistenza, e formazione di LDL con un eccesso di ecosanoidi cattivi. Anche
in questo caso tra HDL e LDL, tra ecosanoidi buoni e quelli cattivi deve esserci equilibrio perché n
eccesso di HDL e quindi una carenza di carrier per il colesterolo e può determinare un accumulo
nel sangue e patologie cardio-respiratorie. L’insulina è un ormone collegato al SNV e al sistema
endocrino in maniera complessa.
37
Regolazione del metabolismo del glucosio
Il fattore di tolleranza al glucosio (GFT) regola il metabolismo del glucosio stimolando e
migliorando le funzioni dell’insulina. Il GFT è una molecola formata da cromo trivalente,
niacina(vitb3) e tre aminoacidi glicina, cisteina e acido glutammico. La sua azione funge da
contatto tra l’insulina e la cellula così che la carenza dei micro nutrienti come il cromo influenza
negativamente il metabolismo del glucosio.
Micro nutrienti necessari al metabolismo dei carboidrati
Il cromo trivalente come fattore GFT, è presente per una corretta produzione e secrezione di insulina
ma anche lo zinco attiva gli enzimi per il metabolismo dei carboidrati. Il magnesio è indispensabile
per il metabolismo del glucosio all’interno della cellula (ciclo di krebs). Il manganese che è possibile
sostituto del magnesio in caso di carenza, e il ferro che è in grado di entrare nelle fosforilasi
ossidativa. La differenza tra lo strato amilifero e lo strato aleuronico si sintetizza in un apporto di
carboidrati complessi per i grani tradizionali e per i grani moderni un apporto di alte
concentrazioni di amido privo di nutrienti di supporto.
Fattori che influiscono sul metabolismo dei carboidrati
I fattori che influiscono sono abitudini legate al nostro stile di vita, come il fumo e il caffè, e la nostra
reazione alle fasi di distress nella sindrome di adattamento del Seyle perché possiamo avere un
innalzamento della secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia nel
sangue. Il collegamento con il sistema nervoso determina una ulteriore influenza delle relazioni che
riporta ai sistemi tampone per il mantenimento dell’equilibrio del metabolismo di base, il rapporto
tra anabolico e catabolico con i seguenti valori di acidosi.
Anche il consumo di alcool danneggia il fegato e la vitb3 influendo sul metabolismo epatico dei
carboidrati e il consumo di dolciumi, bibite gasate dolci e carboidrati raffinati alzano la glicemia
velocemente e creano uno squilibrio energetico, poiché per metabolizzarli necessitano di nutrienti
che non ritroviamo nella lavorazione dei grani moderni.
38
3.4
Proposta di consulenza naturopatica
Attraverso l’indagine sui sistemi di coltivazione, lavorazione e trasformazione si è sottolineata
l’importanza di materie prime non alterate, con la raffinazione del grano tipo “2 o 1” e la lievitazione
naturale, per ottenere un prodotto naturalmente funzionale. In medicina funzionale è importante
ristabilire il metabolismo base e il corretto funzionamento del sistema insulina-glucagone del
paziente e per questo si analizza il suo stile di vita e le sue caratteristiche costituzionali, che
permettono un’azione mirata nella scelta dei rimedi più efficaci, integrati a cambiamenti delle sue
abitudini alimentari con l’utilizzo di pane, pasta, pizza e prodotti da forno ottenuti con farine
tradizionali. Diviene quindi necessario partire dalla sicurezza alimentare per una proposta di
consulenza naturopatica che si affianca a un modello di scheda personale del paziente che riporta
la sua storia e le sue peculiarità, la sua anamnesi familiare, remota e prossima con la definizione
delle predisposizioni costituzionali, di terreno individuale e verifica le condizioni attuali della
persona. L’obiettivo della proposta di consulenza si evidenzia nella parte di terapia, con gli aspetti
essenziali dell’intervento naturopatico e le azioni mirate al mantenimento del nostro equilibrio del
metabolismo base e un rafforzamento del nostro sistema PNEI:
Metabolismo
Fig.A
Rappresentazione grafica dei fattori fondamentali che mantengono in equilibrio l’individuo.
39
Con i dati raccolti con l’anamnesi del paziente è possibile una terapia ad personam utilizzando
strumenti come, gli oligoelementi, la fitoterapia, gli integratori alimentari e suggerimenti sul
comportamento alimentare. Nella visione globale del paziente (fig.A) è importante mantenere in
equilibrio anche le funzioni strutturali e psichiche, (pur non essendo separate), che potranno essere
maggiormente integrate con specifici interventi di kinesiologia, riflessologia e la scelta della
floriterpia di E. Bach.
La consulenza naturopatica si struttura con:
1) Anamnesi del paziente e definizione della sua costituzione con le sue diatesi (biotipo)
2) Individuazione delle alterazioni del suo metabolismo base in relazione ai disturbi
alimentari, per l’utilizzo di farine raffinate 00-0 e osservazione del sistema
Psiconeuroendocrinoimmunitario coinvolto nella risposta adattiva alla vita.
3) Prescrizione dell’utilizzo di cereali semi-integrali tradizionali nella prevenzione, nella cura
e nella rieducazione alimentare da intolleranze al grano e al glutine.
4) In relazione alle risposte del paziente si prescrivono rimedi, che in base al terreno
individuale, aiutano il sistema emuntorio e il sistema psico-neuro-endocrino-immunitario.
Il risultato di una dieta priva di cereali raffinati porta il paziente a :

Riequilibrare il SNC, elemento fondamentale per le interrelazioni del sistema PNEI,

Ridurre l’acidosi tessutale e gli stress ossidativi (PH-RH-resistività).

Ridurre gli stati infiammatori e aiutare il sistema emuntorio
40
Il lavoro svolto (in assenza di fattori patogeni morbosi) porta ad un riequilibrio delle funzioni extra
cellulari e intracellulari (SOL-GEL) permettendo al paziente di rafforzare il proprio terreno
individuale, con risposte ottimali alle fasi di risposta reattiva da agenti patogeni endogeni o esogeni
e nelle fasi reattive della sindrome da stress definita da Seyle.
Anamnesi del paziente e definizione del terreno individuale
Con la scheda del paziente possiamo annotare gli aspetti familiari dei disturbi da parte paterna,
materna, con i fratelli e poi definire la diatesi, con il suo modo reattivo alle patologie e quanto questo
sia presente nel suo passato con gli interventi chirurgici, le vaccinazioni, le allergie o le terapie
praticate. Il motivo della visita è parte integrante dell’anamnesi prossima del paziente con le sue
sensazioni, i sintomi mentali, i disturbi del sonno, le funzioni vitali e tutte quelle avversioni e
desideri alimentari che arricchiscono i dati importanti come l’età, l’altezza, il peso, massa grassa e i
valori riportati dal medico come il PH, RH e la resistività dell’acqua correlate ad analisi laboratorio,
senza valori in patologia. La definizione delle predisposizioni costituzionali sarà valorizzata
attraverso l’analisi della costituzione secondo la definizione del biotipo di Martiny (Ento-mesoEcto-Cordo) e Bernard (carbonico, sulfurico, fluorico, fosforico). Con le caratteristiche uniche che
contraddistinguono ognuno di noi ci sarà la lettura del nostro temperamento e del nostro carattere
attraverso la morfopsicologia di Corman, l’emotività di Le Senne, la capacità di reazione di Moretti
e la psicologia di Jung. Una indagine di questo tipo ci porta ad esempio a visitare un biotipo
prevalentemente Ecto-longilineo stenico, con diatesi psorica tubercolinica vicino al il biotipo
Fosforico omeopatico e il biotipo Metallo secondo la MTC. In questo caso le griglie biotipologiche
definiscono un soggetto, (con le varianti dell’età e del suo stile di vita), tendenzialmente magro, con
un temperamento “Nervoso” che viene supportato da un sistema nervoso pronto alla risposta veloce
e con un appetito che lo porta a dover regolare l’apporto di alimenti stimolanti. La ricca banca dati
per la definizione del terreno del paziente a disposizione del terapeuta, permette una scelta mirata
41
per le terapie più adatte a risolvere quei disturbi del metabolismo base del paziente, con il
contenimento dei sintomi vaghi e aspecifici denominati MUS ( Medical Unexplained Symptoms),
che dietro diagnosi medica si collocano come ulteriore guida diagnostica, pur mantenendo le
caratteristiche uniche del paziente.
Aspetti essenziali del riequilibrio psico-fisico del paziente
Nella compilazione della scheda del paziente si è definito il biotipo e come terapia si eliminano i
cereali raffinati sostituendoli con cereali semi-integrali. I rimedi e le terapie olistiche adottate in
sinergia ai cambiamenti alimentari mirano a:

Azioni di drenaggio del mesenchima e azioni specifiche su un organo

Riequilibrio acido – base, riduzione ossidoriduzioni e diminuzione acidosi tessutale

Riequilibrio del terreno del biotipo e studio del suo metabolismo, con consigli alimentari
mirati al mantenimento delle funzioni cataboliche /anaboliche nell’arco delle 24 ore. Con la
limitazione delle farine raffinate tipo 00 e 0 abbiamo una regolarizzazione delle funzioni
intestinali, il miglioramento della digestione, diminuzione degli stadi infiammatori. Pag. 32
Un paziente che si alimenta con carboidrati raffinati ad alto valore glicemico può presentare
sintomi come insonnia, gastriti, psoriasi, intolleranze, alterazione dell’umore. Un biotipo
prevalentemente Ecto con predominanza del sistema neurovegetativo alle risposte adattive
all’ambiente, con la continua sollecitazione del sistema PNEI determina un indebolimento del
sistema immunitario e una maggiore esposizione a carenze enzimatiche e di demineralizzazione.
Evidente è l’inserimento del biotipo nel ritmo circadiano e la sua risposta del suo metabolismo
determina gli aspetti principali dell’intervento con una azione di drenaggio, di riequilibrio acidobase, di consigli alimentari mirati. Riprendendo il biotipo prevalentemente con costituzione Ectofosforico e la gestione degli zuccheri necessita di una indagine a livello di matrice extra cellulare e
42
parenchima. In presenza di un terreno individuale in equilibrio le nostre risposte ad agenti patogeni
esogeni o endogeni si distinguono in due fasi evolutive e di adattamento:

Ecccitazione e deritmia del SNC e periferico

Depressione con ipoeccitabilità con alterazione delle funzioni endocrine
Le varie fasi di adattamento si alternano per mantenere in equilibrio il sistema, che coinvolgono
inizialmente il sistema circolatorio con turbe sensoriali per poi attivare/disattivare reazioni di difesa
del sistema neuro vegetativo e neuroendocrino a risposta di uno stadio di stress ripetuto, con
disequilibrio del metabolismo base. Si agisce sul metabolismo base evidenziando lo stile di vita, gli
alimenti (come vengono preparati, conservati e quando e con che cosa vengono mangiati) e in base
alla cartella medica si interviene con integratori alimentari e fitoterapia. Un biotipo Nux-vomica o
mercurio con uno stile di vita che lo porta a saltare i pasti e assumere quantità giornaliere di
carboidrati raffinati risponde con una grande disponibilità di energia (adrenalinica), una
accelerazione metabolica e reattiva che può determinare una forte presenza di tossine e una
tendenza ad una acidosi tessutale e stress ossidativi che rappresentano la prima fase (allarme) di
risposta alla sindrome da stress del Seyle. Nell’ambito della terapia della consulenza naturopatica
per la risoluzione di disturbi si prende in esame una giornata tipo con la consapevolezza delle
caratteristiche del biotipo Ecto-metallo. La gestione dei farinacei, nella prescrizione di consigli
alimentari, deve essere combinata con uno stile di vita regolare e con la sostituzione dei carboidrati
raffinati nell’arco della giornata.
Nell’arco delle 24 ore il nostro metabolismo base svolge le sue funzioni primarie di mantenimento
della nostra omeostasi (Termoregolazione). Tutti noi abbiamo un dispendio di energie che riguarda
il metabolismo base e rispondiamo alle necessità interne ed esterne al nostro corpo. Nell’esempio di
un biotipo prevalentemente Ecto-fosforico con disturbi del metabolismo base e sintomi mattutini
come difficoltà di concentrazione e iperattività sarà fondamentale prescrivere alimenti semiintegrali Quando ci alziamo la mattina il nostro metabolismo è pronto per prepararci all’azione ma
43
se il paziente ha abitudini alimentari come i carboidrati raffinati possiamo constatare un’alterazione
del metabolismo degli zuccheri con senso di spossatezza, alterazione dell’umore e la necessità di
caffè per proseguire la giornata. La possibilità di iniziare la giornata con una colazione a base di
prodotti semi-integrali inserendo pane da grani tradizionali, leggermente tostato con olio evo e sale,
permette di utilizzare carboidrati a lento rilascio che meglio si adattano alle intense giornate. Il
paziente nell’arco della mattina farà spuntini a base di frutta fresca, frutta secca e semi oleosi per il
mantenimento dell’omeostasi e coadiuvato da fitoterapici e floriterapici per bilanciare il sistema
emuntorio e le sue emozioni dato che si sconsiglia il caffè e le bevande gasate. Il pranzo offre una
percentuale di nutrienti con il 50-60% di carboidrati semi-integrali come pasta, pane, pizza. Si
consiglia di non abusare di alcol che distrugge in particolare la vit.b3, non abusare di dolci che
accelerano il metabolismo dell’insulina e limitare le quantità di cibo nei piatti. Nella dieta di un
paziente si farà riferimento alle sue abitudini di vita consigliando (se assente) di adoperarsi nella
scelta e nella preparazione almeno di un pasto nell’arco della giornata. La particolare attenzione
alla preparazione del cibo è supportata dalla certezza del ruolo dei procedimenti di trasformazione
e cottura che possono condizionare il risultato finale (Bioterapia Nutrizionale). A metà giornata, in
base alle condizioni del terreno individuale, avremo un affievolirsi della spossatezza alternata ad
una iperattività e i primi risultati importanti si otterranno con la perdita della necessità del riposino
orizzontale pomeridiano. Il metabolismo base del paziente nelle ore pomeridiane prepara il corpo
al riposo notturno e quindi le funzioni di una alimentazione serale devono tendere a limitare le
proteine (dopo le ore 20) e riempire il nostro piatto anche con cereali tradizionali nelle infinite
ricette e forme proposte dalle nostre tradizioni. Una ricetta gustosa e diversa è la preparazione del
farro spezzato arricchito con verdure e proteine vegetali che se fatto in abbondanza può risultare
un pasto sicuro e nutriente per il giorno successivo.
44
3.5
Conclusioni
Dai dati riportati nella tesi, il ruolo del grano e la sua trasformazione devono essere rivisti e
codificati, così da ottenere un prodotto naturalmente funzionale. E’ evidente allo stesso momento
che gli eccessi alimentari, in ogni caso, devono essere risolti con un cambiamento dell’attuale stile
di vita e di alimentazione. Se il paziente mangia troppo per le sue necessità è indubbio che, sia il
grano moderno che quello tradizionale, risultano essere la causa di diversi disturbi e patologie. Il
lettore può riflettere sulla quantità di farinacei che ingerisce in diverse forme durante la giornata e
quindi valutare l’importanza del giusto apporto di grano nella sua dieta. In ogni caso le differenti
proprietà nutritive determineranno risposte fisiopatologiche con decorsi fisici e mentali differenti.
Nell’ informazione alimentare, nel libro:” la dieta grano zero” del dr. William Davis, di grande
successo in America, vi è un forte attacco al grano di produzione industriale, ma le risorse italiane
dimostrano come la nostra tradizione può cambiare le carte in tavola. La relazione medica è
dettagliata ed efficace definendo ampiamente e correttamente quali sono le conseguenze di una
alimentazione a base di grano. Ma quello che non si prende in considerazione sono le tradizioni
con i metodi di lavorazione (non si parla di germe, strato aleuronico e pasta madre) che influiscono
nel prodotto finale e il suo indice glicemico. Con la tradizione del pane in Italia il processo di
fermentazione-lievitazione con pasta madre, con presenza anche di alfa-amilasi, permette la
produzione di acido-lattico a differenza della sola lievitazione del lievito di birra, con la
preponderante presenza di beta-amilasi e la produzione di alcol e gas. Questo determina la
presenza di sostanze non metabolizzate che sono causa di stadi infiammatori e squilibri del
metabolismo base. I grani integrali, dei quali dichiara un alto indice glicemico (ma con minore
carico glicemico), non sono un mostro da distruggere ma un valore da gestire, secondo le corrette
procedure di produzione e le differenti esigenze del paziente. Allo stesso momento sottolinea la
“impressionante differenza” tra i grani antichi e i grani moderni, come da lui stesso riportato a
45
pagina 42 e auspica un utilizzo di grano antico (piccolo farro o farro medio) a pagina 266. A questo
proposito concordo sulla necessità di diminuire la dipendenza dal grano e di variare maggiormente
la propria alimentazione, ma colgo l’occasione per valorizzare il farro e le corrette metodologie di
produzione Nell’ambito della valorizzazione dei grani tradizionali desidero riportare le ulteriori
ricerche svolte dal prof. Dinelli che in un articolo di Furio Stella descrive come nei tre anni di lavoro
i ricercatori dell’università di Bologna, con le ricerche sui grani, hanno prodotto alcune immagini
molto belle, che assomigliano un po’ alle famose foto dei cristalli d’acqua di Masaru Emoto. Hanno
cercato di dare una valenza il più possibile scientifica, facendo prima l’analisi cristallografica su
una varietà moderna e su cinque varietà antiche. Poi hanno cercato di mettere a punto sul software
un sistema, che nell’interpretazione dell’immagine, fosse legato non solo all’occhio del valutatore,
ma a una sorta di analisi frattale. Il risultato? Nel confronto, le figure formate dai cristalli dei
frumenti antichi sono più chiare e complesse, con forme stellate o pentagonali, apprezzabili
esteticamente e segno di una «migliore organizzazione» della materia.
Possiamo essere i custodi di tradizioni autoctone che evidenziano come il passato può essere scienza
e conoscenza. Una riflessione sul nostro stile di vita ci accompagna a rivalutare il grano tradizionale
e le sue ricette, potendolo definire un valido alimento, che ci permette di nutrirci correttamente,
con gusto e riportarci ad antichi sapori. Il recupero di competenze dimenticate e la valorizzazione
46
del “Made in Italy” di qualità devono essere il volano di spinta per la crescita di valori economici e
sociali.
3.6
Invito alla lettura
IL NOSTRO PANE di Antonio Marques
“Nel grano si ritrova l’uomo in tutte le sue parti costitutive, nel pane, tutti gli elementi cosmici.”
Nell’antichità il pane non era utilizzato solo come alimento, ma aveva anche un significato religioso.
Durante la settimana si mangiava il pane lievitato di orzo o di segale. Era l’alimento di base degli
schiavi e dei gladiatori: zuppa di pane; la domenica, giorno consacrato al Signore, si mangiava il
pane azzimo, non lievitato e non lavorato. Questo pane è rotondo e piatto. Nessuna offerta di cereali
in sacrificio a Jehovah dovrà essere preparata con lievito.” (Levitico 2, 11) I cereali furono sviluppati
dalle graminacee selvatiche nell’epoca dell’Antica Persia (circa 5.000 anni a.C.). Il grande maestro
Zaratustra solcava il terreno con un aratro d’oro affinché la luce del sole fecondasse le “primigenie
sementi” lanciate nella terra. Le alte quantità di Silicio presenti nei cereali indicano la loro relazione
con la luce. Per questa ragione è necessaria molta luce solare affinché crescano sani e salutari. Il
Silicio funziona come un’antenna che cattura le forze cosmiche e, nel corpo umano, agisce nella
formazione di tutto l’organismo e fin nel tessuto connettivo. In questo senso i cereali – riso, mais,
orzo, miglio, avena, segale e frumento – sono “alimenti solari” per eccellenza e devono essere
l’alimento dell’uomo moderno. L’orzo contiene una grande quantità di Silicio (70%), oltre a proteine
(15%) e pochi grassi (2%): per questo è indicato per fortificare il sistema nervoso e gli organi di
senso, la pelle, le unghie, i capelli e le mucose (nei raffreddori, per esempio). Per questa stessa
ragione era il cibo dei gladiatori. L’avena contiene una maggior quantità di grassi (11%), proteine
e Magnesio: è indicata per la dieta del diabetico. La segale cresce meglio in un clima freddo: è stata
47
la base dell’alimentazione dei contadini del Nord Europa per moltissimi anni. Il pane è sempre stato
la base dell’alimentazione umana, sia fisicamente che spiritualmente. Per capirne l’importanza è
necessario conoscere il modo in cui si prepara il pane, a cominciare dalla coltivazione dei cereali,
passando poi alla macinazione, alla fermentazione fino ad arrivare a conoscere come il pane agisce
sul processo digestivo. Anticamente si aveva l’intuizione giusta per eseguire tutto ciò: l’intero
processo era permeato da un rituale, e solo oggi cominciamo a capirne il profondo significato. Si
raccoglieva il cereale (specialmente la segale), si lasciavano riposare i chicchi per un po’ di giorni e
poi lo si macinava lentamente con macine di pietra, per conserve così tutta la sua qualità di farina
integrale. Poi si lavorava la pasta con le mani in ciotole di legno; nel successivo periodo di riposo, la
cui durata dipendeva dalla temperatura e dalle condizioni climatiche, l’impasto fermentava
naturalmente e lentamente. In tedesco è chiamato sauerteigbrot (pane acido); da noi è conosciuto
come pane lievitato (da non confondere con il pane lievitato artificialmente) Una piccola quantità
di pasta (pasta madre) era tenuta in serbo per far fermentare il prossimo impasto e così di seguito.
Cosa vuol dire far “fermentare il pane”? Vuol dire: trasformare i carboidrati in acido lattico per
mezzo dell’enzima alfa-amilasi, che è lo stesso enzima prodotto dal pancreas. Per questo le feci dei
bambini piccoli hanno un odore acido; quando il bambino cresce, nell’intestino si sviluppa la flora
intestinale (batteri coliformi) e produce l’odore caratteristico delle feci dell’adulto. Il pane così
preparato è quello che si mangiava tutti i giorni: il pane lievitato e fermentato. Cosa mangiamo
oggi? Il passaggio dalla segale al frumento sta a indicare la preferenza per una produzione rapida;
il frumento cresce in regioni calde, mentre la segale preferisce climi più freddi. Con il frumento è
possibile fare una maggior varietà di pane, torte e biscotti. Dato che lo stoccaggio precoce del germe
(grassi insaturi e albumine) bisogna trasformarlo in farina bianca, un prodotto praticamente morto.
Visto che la pasta è insipida, bisogna aggiungere creme o ripieni perché diventi gradito al palato. Il
frumento non possiede uno degli amminoacidi essenziali, la lisina, così si aggiungono preparati
chimici per rendere il pane più ricco in proteine e vitamine. Inoltre, l’utilizzo di macine metalliche
ad alta velocità di rotazione produce temperature molto elevate, oltre i 1000°C, il che provoca la
48
distruzione delle vitamine termolabili oltre a rilasciare molecole metalliche nella farina. L’antico
sistema di impasto richiede molto tempo e lavoro, allora si è ricorsi alla fermentazione alcolica con
l’uso di funghi o lieviti che si trovano in abbondanza in natura; sono abbondanti nella buccia della
frutta che contiene zucchero. Questo processo è iniziato nel Medio Evo e si sono sviluppate
monocolture estremamente selezionate di lieviti (es. funghi del genere Saccharomyces della classe
degli Ascomiceti) il cui compito è far crescere il pane il più rapidamente possibile; in tal modo il
pane si riempie di aria, diventa morbido e facile da masticare. Il processo di base è a carico degli
enzimi beta-amilasi che trasformano i carboidrati in alcol e gas. La formazione di alcol e gas è
comune in natura (vino e aceto), ma questo processo non deve avvenire nell’intestino umano
(questo contiene alfa-amilasi, che ha il compito di trasformare i carboidrati in acido lattico, come
abbiamo detto). Quando un paziente si lamenta di flatulenza, per prima cosa è perché non digerisce
bene i cibi, specialmente i carboidrati. Tutte le volte che ci sono gas, c’è anche presenza di tenore
alcolico nell’intestino e ciò è dannoso alla salute perché produce una riduzione della capacità di
selezione della mucosa intestinale, che potrà assimilare prodotti tossici, sovraccaricando in tal modo
il fegato nella sua funzione di disintossicare l’organismo eliminando tale sostanza. Questo disturbo
si chiama “dispepsia fermentativa”. Inoltre, attualmente, il grande consumo di zucchero
contribuisce alla proliferazione eccessiva di fermenti (funghi) nell’intestino con un aumento di alcol
e prodotti intermedi, come oli amilici e acidi grassi saturi. Lo stesso disturbo avviene quando una
persona non digerisce bene le proteine. Queste molecole sono complesse e hanno bisogno di tre
enzimi per essere digerite; le frazioni intermedie, non ben digerite, possono seguire due vie: venir
trasportate erroneamente fino al fegato e/o arrivare all’intestino crasso, dove vengono demolite
dalla flora batterica e trasformate in amine biogene (tossiche), che saranno assorbite dal fegato. In
entrambi i casi il fegato si sovraccarica nel tentativo di depurare l’organismo. Questo disturbo si
chiama dispepsia putrefattiva, perché le proteine, non ben digerite, subiscono putrefazione
nell’intestino crasso Nel caso in cui il fegato non sia in grado di trasformarle, queste frazioni
proteiche raggiungeranno la corrente sanguigna e arriveranno ad altri organi e alla pelle. Si
49
manifestano così le famose allergie al latte, al frumento ecc..... con sintomi di cefalea digestiva,
stanchezza cronica, malessere, bronchite, sinusite, eczema e numerosi altri sintomi clinici. Un altro
problema digestivo più serio è in relazione con il sistema immunitario; nel corso di una digestione
difficile anche il sistema immunitario sarà compromesso. Questo avviene perché anche gli anticorpi
devono “digerire” i nemici del corpo. Si immagina che i “soldatini dell’organismo sparino una
pallottola” contro virus o batteri. Quello che realmente avviene è un processo di “digestione” da
parte degli anticorpi; sono loro che in realtà “mangiano” (fagocitano) il nemico. È per questo che si
raccomanda di non bere liquidi durante i pasti per non diluire i succhi gastrici, rallentando in tal
modo il processo digestivo. La soja, (essendo una leguminose come fagioli, ceci, piselli, lenticchie...)
deve essere utilizzata con una certa cautela, perché fermenta facilmente nell’intestino (gas e alcol)
e in caso di uso prolungato può provocare decalcificazione ossea. Per questo è controindicata per i
bambini e per le donne in menopausa. L’uso di complessi vitaminici può essere giustificato in una
persona debilitata o nelle convalescenza post-operatoria. Utilizzarli senza necessità, provoca
l’eliminazione del cibo ingerito in eccesso e, molte volte, l’organismo elimina ciò che tiene come
riserva. Un comportamento corretto consiglia di tenere in casa il polivitaminico e di utilizzarlo solo
se necessario (quando ci si sente esauriti, di quando in quando...) È sempre utile ricordare la
raccomandazione del “padre della medicina”, Ippocrate: “Fai del tuo alimento la tua medicina e della
tua medicina il tuo alimento”. Questi argomenti sono proposti qui come “campanelli d’allarme” per
renderci conto che processi unilaterali che non si adeguino allo sviluppo di quelli naturali possono,
a lungo termine, portare malattie nell’umanità. Nel caso si persistesse a utilizzare il lievito artificiale,
come si fa oggi con il “pane bianco”, possiamo aspettarci, in futuro, un aumento dell’incidenza del
diabete, come già diceva il dr. Otto Wolff.. Quanto si è detto è direttamente in relazione con il
processo della fermentazione alcolica del pane che si trova in commercio: comune, integrale o di
cereali misti, sono tutti trattati con lievito artificiale. Il problema è il contatto quotidiano con “il
processo di fermentazione alcolica” nel tubo digerente. Naturalmente non esiste alcol nel pane,
perché l’alta temperatura lo fa evaporare, ma il pane, con la lievitazione artificiale, è passato
50
attraverso il processo di “produrre” alcol. Questo processo conduce a produrre alcol e non acido
lattico; per questa ragione non ha relazione con la vita, non è fisiologico, anzi può predisporre
l’organismo a malattia. Nell’organismo umano, così come nel pane azzimo, la fermentazione
alcolica è repressa, evitata; nel pane comune è invece “liberata” con formazione di alcol e gas vari.
Il processo del vero pane lievitato naturalmente citato prima, si pone tra questi due estremi e il
procedimento per ottenerlo è più complesso. Per ottenere un buon pane con formazione di acido
lattico, è necessaria la presenza IL di “batteri lattici” che preparino l’ambiente perché, in seguito, i
lieviti, alimentandosi di essi, decompongano correttamente i carboidrati. Avviene una lievitazione
lenta, provocata dalla “pasta madre” di segale, miele e sale. Questa lievitazione fisiologica inizia con
l’aiuto di un po’ di miele, che è una sostanza passata per l’organismo dell’ape ed è ricca di enzimi
adatti alla flora intestinale. Dopo che è iniziata la lievitazione, non si aggiunge più zucchero
all’impasto ed è possibile fare un buon pane senza zucchero e senza grassi. Questo procedimento
garantisce una grande varietà di microrganismi, simili a quelli della nostra flora intestinale. L’aroma
della segale si sviluppa liberamente e i carboidrati diventano più digeribili. Dato che l’amido della
segale si decompone più lentamente di quello del frumento, esso ci fornisce energia duratura per
un lungo giorno di attività, alleviando così il lavoro del fegato, che riceve gli elementi nutritivi in
un flusso più lento. Dalla Finlandia ci è giunta la notizia che in alcune case di cura sono stati
sperimentati diversi tipi di pane nell’alimentazione dei pazienti e si sono visti diminuire i casi di
cancro se i pazienti mangiavano per molto tempo solo pane di segale. Anche ricerche recenti hanno
dimostrato che un’alimentazione a base di segale può combattere il cancro. Suona come un allarme,
ma informare sulla qualità alimentare è una questione di salute pubblica. Il nostro scopo è quello
di cercare di informare i consumatori su ciò che è salutare perché l’uomo di domani non soffra dei
nostri disturbi alimentari. La conseguenza delle nostre abitudini alimentari è che l’essere umano sta
diventando sempre più debole, con il tessuto connettivo flaccido (come si constata nei bambini).
Quando non si riesce a controllare la demolizione dei carboidrati attraverso un processo fisiologico,
i lieviti (funghi), che nel tubo digerente sono inoffensivi e si sviluppano, non solo nell’intestino, ma
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anche nei polmoni, possono provocare disturbi nei vari organi. Oltre a ciò, il comune pane lievitato,
a lungo andare, è altamente tossico per la vita umana, perché il processo di fermentazione è
“alterato”, e l’acido lattico (benefico per l’organismo) viene sostituito da sostanze inorganiche:
fosfato di ammonio, solfato di ammonio e ammoniaca. Con questi si distrugge la base vitale (eterica)
dell’organismo umano. Di conseguenza l’anima, non riuscendo a permeare la sfera metabolica
attraverso gli enzimi digestivi, si ritirerà e andrà a “disturbare” il sistema neuro-sensoriale,
provocando stress, ansietà, aritmie respiratorie e circolatorie, ecc. Salutare è il pane lievitato
naturalmente Solo il pane sottoposto a questa trasformazione naturale ha le seguenti qualità: fisiche
(attraverso la qualità dei diversi cereali), vitali-eteriche (attraverso la presenza di acido lattico),
animiche (per mezzo dell’azione dell’aria dei lieviti) e spirituali (dovute al processo di cottura al
momento giusto e alla giusta temperatura). Come dice Veronica Brunis: “Il pane è un mistero
profondamente cristico”. Traduzione di Mariola Aldé da Forum tres, Anno 13 N°87, 2003 (giornale
del Centro de Pesquisa da ciencia dedutiva Goetheanistico-Steineriana
52
Scheda di valutazione per
prodotti da forno a base di
farina di monococchi
Nome e Cognome:
Codice:
Prodotto:
Data:
ASPETTO ESTERNO. Esame visivo.
1 2 3 4 5 6 7 8 9
Gradevolezza della forma esterna
Gradevolezza del colore (cromaticità)
Giudizio Sintetico
ASPETTO INTERNO. Esame visivo
1
2 3 4 5
6 7 8 9
1
2
3 4
5 6 7 8
9
1
2
3 4
5
9
Gradevolezza della struttura interna
Uniformità di struttura
Giudizio Sintetico
ESAME OLFATTIVO/RETROLFATTIVO
Profumo di Frumento-Farina
Fragranza (ben cotto e fresco)
Intensità olfattiva
Equilibrio aromatico
Giudizio Sintetico
ESAME GUSTATIVO-TATTILE
6
7
8
Dolce
Salato
Lievito
Croccantezza
Friabilità
Deglutibilità
Giudizio Sintetico
53
Bibligrafia e rierimenti
Perché abbiamo il grano raffinato e ricco di glutine?
1Bibliografia Domenico Preti, Storia Economica Contemporanea, CEDAM, 2003
2 Bibliografia Joel K. Bourne, JR. Il piatto piange, p. 20
3 Bibliografia Riccardo bocci 2002 rivisitazione della rivoluzione verde
4 ibidem
Associazione consumatori utenti ACU
Direttive INRAN per limitare il consumo di farine “00”
LINEE GUIDA PER UNA SANA ALIMENTAZIONE ITALIANA 2003
La comunità scientifica e la filiera agro alimentare
-- Alimentazione di Furio Stella 30 settembre 2013
--Emilia-Romagna con il finanziamento al progetto del Bio-pane coordinato dal prof. Giovanni Dinelli.
--l Professor Franco Berrino, ex direttore del Dipartimento di medicina predittiva e per la prevenzione dell'Istituto
Nazionale dei Tumori di Milano e consulente della Direzione scientifica.
--Ispra il valore economico della biodiversità e degli ecosistemi –univ.molise dr Davide Marino
La dieta a zona e la farine raffinate
“Dieta a Zona”, Barry Sears
Epigenetica e nutrienti
Enciclopedia Treccani Lessico del XXI Secolo (2012)
Il manifesto della vita di Paolo Marandola e Francesco Marotta Sperling&kupfer
pag 400 polimorfismi
Schema della domesticazione del grano e biodiversità
Nota su triticum e aegelops La classificazione del genere Triticum è complessa ed è stata oggetto di numerose ricerche.
Alcuni studiosi hanno suggerito l’unificazione con il genere Aegilops, la cui ibridazione ha dato origine, nel tempo, a
54
nuove specie di frumenti. Il genere comprende diverse tipologie a seconda del numero di cromosomi e della
composizione genomica ). Ci sono 6 specie biologiche di grano a 3 livelli di ploidia: diploide ( T monococcum riticum ,
genomi A m A m e T. Urartu , genomi AA), tetraploide ( T. turgidum , genomi BBAA e T. timopheevii , genomi GGAA), e
esaploide ( T. aestivum , genomi BBAADD e T. zhukovskyi , GGAAA m A m ). Relazioni genoma mostrano
che T. monococcum , T.timopheevii , e T. zhukovskyi formano una linea separata irrilevante per l'evoluzione del
principale lignaggio frumento, che è formata da T. Urartu, T. turgidum e T. aestivum. T riticum turgidum evoluto da
ibridazione diT. Urartu con un parente stretto di Aegilops speltoides (genomi SS) (Sarkar e Stebbins 1956 ; Nishikawa
1983 , Dvorak e Zhang 1990 ; . Dvorak et al 1993 ). L'addomesticamento del farro selvatico risultante ( T.
turgidum ssp dicoccoides ) ha dato luogo a farro addomesticati ( T. turgidum ssp. dicoccon , genomi BBAA), da cui privo
di trebbiatura del frumento tetraploide, come duro ( T. turgidum ssp. duro ) evoluta. Jan Dvorak ,
--- Per una storia della cerealicoltura in Italia settentrionale dal Neolitico all’Età del Ferro: strategie adattive e
condizionamenti ambientali Dott.ssa Marialetizia Carra
---Il Mondo dell'Archeologia (2002) Willem van Zeist, La domesticazione delle piante e l'agricoltura sel vicino
Oriente ed Egitto
--Varietà coltivata. Treccani
--Il frumento monococcum e l’origine dell’agricoltura di Francesco Salamini
--biodiversità nelle specie coltivate.cultivar ed evoluzione varietale nel frumento duro Prof Rosella Motzo- dip.di
Scienze agronomiche e Genetca vegetale agraria-univ.Sassari
Struttura della cariosside e molitura
----La decorticazione pre-macinazione del
frumento: aspetti tecnologici ed igienico sanitari
Il farro monococcum
Prof Stefano Benedettelli, Università di Firenze
Varietà di frumento di antica costituzione ed effetti salutistici sull'uomo
(progetto Semi rurali) e per conto del Prof. Giovanni Dinelli (Università di Bologna) Progetto BioPane
--Il frumento monococcum e l’origine dell’agricoltura di Francesco Salamini
Farro monococcum nella sperimentazione del progetto Monica
Nel 2008 (Progetto MonICA –Monococco per l’Innovazione Cerealicola ed Alimentare) l
Università degli Studi del Molise Inaugurazione Anno Accademico 2012-2013 Prof. Emanuele Marconi
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La pasta madre e la lunga lievitazione
Il manuale dei cibi fermentati di michela Trevisan ed. Terranuova
U. Degli Studi del Molise- Inaugurazione Anno Accademico 2012-2013 Emanuele Marconi
Prevenzione e terapia in medicina funzionale
Tabella riassuntiva delle principali differenze tra grani tradizionali e grani moderni
Prof Stefano Benedettelli, Università di Firenze
Differenze nutrizionali tra grani tradizionali e gran moderni
Principi di biochimica Albert L.Lehininger- Zanichelli
Trattato di Fisiologia Medica A.Guyton, Piccin
L’importanza del Metabolismo dei carboidrati
Dietetica olistica .Prof.Corrado Bornoroni
Fondamenti di Nutrizione Catia Trevisan
Proposta di consulenza naturopatica
Biotipologia La Scienza dell’individualità umana –Prof. Corrado Bornoroni
Medicina Funzionale , Raffaele Vincenti AICTO
Conclusioni
-La dieta zero grano di dr william davis” mondadori 2014
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Parole chiarite
Il DNA
_tratto da La genetica di Saverio Forestiero _
DNA significa “acido desossiribonucleico”; si tratta di molecole estremamente lunghe, formate da molte migliaia di
desossiribonucleotidi di quattro tipi differenti. I nucleotidi che le compongono sono unità elementari che si condensano in polimeri
lineari, gli acidi nucleici, con la funzione di immagazzinare e trasmettere le informazioni genetiche. La sequenza in cui sono legate le
molecole di DNA è caratteristica per ogni dato tipo di organismo: infatti il DNA è il substrato molecolare dell’informazione genetica,
codificata nella sequenza lineare della sua molecola polimerica. Il compito di realizzare la trascrizione e la traduzione in molecole
proteiche dell’informazione portata dal DNA spetta poi a un altro acido nucleico, l’RNA. I nucleotidi che stanno alla base dei due acidi
sono molto simili fra loro e formati dagli stessi componenti: una base eterociclica azotata, o purinica (adenina e guanina, a cui ci si
riferisce con le lettere A e
G) o pirimidinica (citosina e timina nel DNA, e citosina e uracile nell’RNA, indicate con le lettere C, T e U), uno zucchero a 5 atomi
di carbonio (desossiribosio nel caso del DNA e ribosio nel caso dell’RNA, da cui i nomi) e acido fosforico. Come è stato scoperto nel
1953 da J. Watson e F. Crick, la molecola di DNA è costituita da una doppia elica, simile a una scala che si avvolge su se stessa, in cui
l’impalcatura è costituita da due filamenti lineari appaiati ma con orientamento opposto e avvolti attorno a uno stesso asse. Gli
immaginari pioli di questa scala sono costituiti dalle basi azotate, che sporgono da ciascun filamento all’interno dell’elica e uniscono
le due catene con ponti idrogeno: la base azotata G si accoppia sempre alla base azotata C, e la base azotata A si accoppia con la base
azotata T. Grazie a questa specificità di accoppiamento, nel DNA le sequenze nucleotidiche delle due catene sono complementari, e la
sequenza delle basi su un’elica determina anche la sequenza sull’altra. Ciò spiega le due funzioni fondamentali che il materiale genetico
svolge nella cellula: l’auto duplicazione e la direzione della sintesi degli altri materiali cellulari, in primo luogo delle proteine.
La replicazione del DNA avviene infatti secondo un meccanismo semi conservativo: la doppia elica del DNA si apre in punti precisi
nei quali si inserisce il complesso enzimatico della DNA polimerasi, che catalizza la sintesi della catena complementare spostandosi
lungo tutta la molecola. Le due eliche originali perciò fungono ciascuna da stampo per la formazione di due nuove sequenze
complementari, così da avere un filamento nuovo e uno vecchio in ogni nuova doppia elica. Il DNA poi, con un meccanismo analogo
a quello della auto duplicazione, dirige anche la sintesi dell’RNA
Genotipo e fenotipo
I due termini sono stati introdotti nel lessico della genetica da Johannsen. Il genotipo indica la costituzione in geni di un individuo (o
di una popolazione), cioè il suo patrimonio di caratteri ereditari, contenuti nei cromosomi; il fenotipo è l’espressione visibile delle
caratteristiche genetiche. Tra i due possono esservi differenze, dovute in particolare alla presenza nel genotipo di caratteri recessivi,
che cioè non sempre si manifestano visibilmente, e di coespressioni geniche, che modificano l’espressione fenotipica dei singoli geni.
Inoltre il fenotipo è determinato anche dalle interazioni fra i geni e l’ambiente, che può condizionare decisamente il risultato finale. Il
fenotipo, dunque, non è solo un indizio della costituzione genetica, ma è l’espressione finale di un equilibrio dato dal patrimonio
genetico dell’individuo e dagli scambi informativi che instaura con l’ambiente.
I geni
Un gene è l’unità funzionale del materiale ereditario, che costituisce una porzione di cromosoma; a livello molecolare, rappresenta
l’intera sequenza di acidi nucleici necessaria per codificare la sintesi di un polipeptide o di una sequenza di RNA. Accanto a queste
sequenze, i cosiddetti geni strutturali, sul cromosoma sono presenti sequenze che hanno una funzione esclusivamente regolatrice,
controllano cioè il livello di espressione dei geni strutturali: per esempio forniscono segnali di accensione e spegnimento della
trascrizione questi ultimi, in seguito a stimoli provenienti dall’interazione con l’ambiente. Nell’insieme, tutti i geni presenti nel
nucleo costituiscono il patrimonio genetico o genotipo di un individuo, ereditato per metà dalla madre e per metà dal padre. Infatti,
poiché le cellule di un nuovo organismo hanno origine dalla fusione dei due gameti, uno paterno e l’altro materno, conterranno tutte
due copie, o alleli, di ciascun gene. Se gli alleli sono identici, l’individuo si definisce omozigote per quel gene; se invece gli alleli
sono differenti, l’individuo viene detto eterozigote. In generale e semplificando, in un individuo eterozigote uno dei due alleli (quello
cosiddetto dominante) tende a manifestare il proprio effetto, conferendo un particolare carattere (fenotipo) all’individuo e
mascherando l’effetto dell’altro allele, che viene detto recessivo.
L’azione dei geni dipende in primo luogo dalla loro costituzione chimica, data dalla sequenza dei nucleotidi, ma anche dalla
posizione che il gene occupa sul cromosoma e dai suoi rapporti con gli altri geni: essa, infatti, si manifesta mediante la trascrizione
dell’RNA messaggero, che diventa il substrato per i ribosomi responsabili della traduzione dell’informazione genica. Queste grosse
unità aggregate di proteine e RNA ribosomale leggono i nucleotidi dell’RNA messaggero a tre a tre, determinando la corretta
sequenza aminoacidica delle proteine. Va però sottolineata una differenza fra igeni procariotici e quelli eucariotici: i primi sono
costituiti da una sequenza codificante unica e il futuro RNA messaggero ricalca l’intera sequenza di DNA. I geni eucariotici, invece,
sono formati da sequenze codificanti, gli esoni, intervallati da introni, che non contengono nessuna informazione genetica, ma sono
fondamentali per l’esatta formazione dell’RNA messaggero.
I cromosomi
__
I cromosomi sono corpi granulari che derivano dalla condensazione del DNA nucleare nelle cellule eucariote e hanno la funzione di
conservare e trasmettere l’informazione genetica. In interfase, durante la normale fase di vita cellulare, l’elica di DNA contenuta nel
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cromosoma è poco condensata e si trova unita a proteine basiche, chiamate istoni. Questi complessi prendono il nome di nucleosomi
e si organizzano uno dietro l’altro a formare “un filo di perle”: si tratta di una prima fase di condensazione che permette all’elica di
DNA di passare da uno spessore di 2 nm a uno di 10 nm, per poi riavvolgersi a spirale dando vita a cilindri spessi 30 nm, che
costituiscono la fibra di cromatina.
Questo stato è fondamentale per lo svolgimento delle funzioni del metabolismo cellulare, poiché fa sì che i geni presenti sui filamenti
di DNA siano facilmente accessibili ai fattori che concorrono al processo di trascrizione.
Durante la duplicazione della cellula, la cosiddetta metafase, continua la condensazione: le fibre di cromatina si organizzano in ampie
anse che si attaccano a un’impalcatura proteica acida. Particolari sequenze, dette SAR – scaffold attachment regions – guidano
l’adesione di queste all’impalcatura. Questa con diametro di 600-700 nm (per ogni singolo cromatidio), dando vita alla struttura
finale del cromosoma come viene visto al microscopio. Solo in questa fase infatti i cromosomi sono facilmente osservabili al
microscopio ottico nella loro forma e individualità e possono essere contati, studiati e confrontati perché intensamente colorabili con
alcune sostanze. In ogni cromosoma, la sequenza del DNA lineare contiene sempre tre elementi: i lunghi tratti della molecola di
DNA contenenti i geni e denominati ARS (dall’inglese Autonomously Replicating Sequences,
sequenze replicate autonomamente); un centromero (o cromocentro o cinetocoro) cui si connettono le fibre del fuso durante la
divisione nucleare; infine i telomeri, cioè le parti terminali del cromosoma, che hanno la funzione di consentire la replicazione
completa del tratto di DNA lineare. Fondamentale per il riconoscimento dei singoli cromosomi è la posizione del centromero (verso
la parte centrale o verso quella apicale), che è costante per ogni cromosoma. In metafase i cromosomi appaiono fessurati
longitudinalmente (a eccezione del loro centromero), così che ognuno risulta formato da due parti identiche, dette cromatidi.
Il numero, la dimensione e la forma dei cromosomi possono variare ampiamente negli organismi eucarioti appartenenti a specie
diverse, ma costituiscono uno dei caratteri di maggior costanza per tutte le cellule degli individui appartenenti alla medesima specie; i
cromosomi hanno le stesse forme e dimensioni e sono uguali a due a due (cromosomi omologhi). In ognuna di queste coppie, uno
deriva dal padre e l’altro dalla madre; essi conservano la propria forma di generazione in generazione. In molti animali e in molte
piante si osserva poi una coppia di cromosomi particolari, d’aspetto diverso nei maschi e nelle femmine:
si tratta dei cromosomi sessuali (o eterocromosomi o allosomi), mentre gli altri sono detti autosomi
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