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La Rivista del Consiglio
Giurisprudenza e pareri del Consiglio e del CNF
n. 3/2008
GIURISPRUDENZA E PARERI
DEL CONSIGLIO E DEL CNF
a cura di Remo Danovi
1. Tenuta albi - Iscrizione all’albo e condotta specchiatissima e illibata del
praticante
In caso di accertata responsabilità penale del praticante per fatti commessi nell’esercizio di funzioni al medesimo affidate in ragione della sua
appartenenza al mondo della professione, consistenti nell’abuso di quelle
funzioni con relativa appropriazione di denaro aggravato dall’entità delle
somme trattenute, deve ritenersi legittima, sulla base di principi che presiedono all’appartenenza al ceto forense, il diniego di iscrizione dell’incolpato all’albo degli avvocati, configurando le riferite condotte un illecito di tale gravità specifica da escludere, forse senza possibilità di rimedio,
che l’agente possa mai assurgere a livelli etici tali da assumere la veste di
avvocato.
(Consiglio naz. forense, 21 novembre 2006, n. 123)
2. Tenuta albi - Richiesta di iscrizione nell’elenco avvocati per il patrocinio
a spese dello Stato e pendenza di un procedimento disciplinare
La decisione con cui il C.d.O. locale, ai sensi dell’art. 81 d.p.r. 30
maggio 2002 n. 115, respinga la richiesta di iscrizione nell’elenco degli
avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, poiché al richiedente è stata
inflitta la sanzione disciplinare della censura, va annullata nel caso in cui
la sanzione sia stata impugnata dal professionista innanzi al C.N.F. e
questo non si sia ancora pronunciato sul ricorso. Invero, atteso che l’art.
50 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 stabilisce che il ricorso al
C.N.F. avverso sanzioni disciplinari «ha effetto sospensivo», la sanzione
inflitta al ricorrente, fino a quando non diverrà definitiva, non potrà essere valutata come condizione ostativa alla richiesta iscrizione.
(Consiglio naz. forense, 15 dicembre 2006, n. 172)
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3. Procedimento disciplinare - Fase preliminare e richiesta di deduzioni da
parte del C.d.O.
In quanto essenzialmente finalizzata a consentire all’iscritto di esercitare tempestivamente il suo diritto di difesa, la semplice richiesta di deduzioni nella fase preliminare del procedimento disciplinare (la quale va tenuta distinta dalla richiesta di «chiarimenti, notizie o adempimenti» che,
se inevasa, è idonea ad integrare l’illecito disciplinare sanzionato dal
comma 2 dell’art. 24 c.d.) non comporta, in caso di mancata risposta,
alcuna sanzione disciplinare. Siffatta omissione, invero, rientra nella previsione del primo comma dell’art. 24 del codice deontologico, secondo
cui nell’ambito di un procedimento disciplinare, la mancata risposta dell’iscritto agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e di difese non costituisce autonomo illecito disciplinare, pur potendo tali comportamenti essere valutati dall’organo giudicante nella formazione del proprio libero convincimento.
(Consiglio naz. forense, 11 novembre 2006, n. 106)
4. Procedimento disciplinare - Prescrizione e atti interruttivi con effetti
istantanei
Il procedimento disciplinare promosso dal C.d.O. nei confronti dell’avvocato ha natura di procedimento amministrativo, durante il quale il decorso del termine di prescrizione è soggetto ad interruzione, con effetti
istantanei, per effetto non soltanto dell’atto di apertura del procedimento,
ma anche di tutti gli atti procedimentali di natura propulsiva, probatoria
- quali, ad esempio, l’interrogatorio del professionista sottoposto al procedimento - o decisoria, secondo il modello dell’art. 160 c.p., nonché, stante la specialità della materia, di atti provenienti dallo stesso soggetto passivo, ancorché diretti non a riconoscere il diritto, ma a contestarlo.
(Consiglio naz. forense, 11 novembre 2006, n. 107)
5. Procedimento disciplinare - Rapporti tra procedimento disciplinare e penale
In tema di rapporti tra giudizio disciplinare e giudizio penale, qualora
sia pendente, nei confronti dell’incolpato, anche il procedimento penale
per i medesimi addebiti contestati dal C.d.O., il procedimento disciplinare - conformemente al recente revirement delle sezioni unite della
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Corte di cassazione (Cass., sez. un., 8 marzo 2006, n. 4893) - deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c. .
(Consiglio naz. forense, 21 novembre 2006, n. 120)
6. Procedimento disciplinare - Composizione del collegio giudicante
Secondo un principio ormai del tutto pacifico, al fine di ritenere legittima e valida la decisione del C.d.O., è sufficiente che sussista un numero minimo legale uniforme di componenti del consiglio che abbiano
partecipato a tutto lo svolgimento del giudizio disciplinare. Invero, il
principio della invariabilità del collegio giudicante è applicabile soltanto
al procedimento giurisdizionale dinnanzi al C.N.F., mentre davanti al
C.d.O., considerata la natura amministrativa di questa organo e la funzione amministrativa dallo stesso svolta, e sufficiente il requisito del quorum, ancorché tale quorum sia costituito in concreto con la partecipazione, alla fase deliberativa, di alcuni soltanto dei componenti che abbiano
partecipato all’audizione dell’interessato.
(Consiglio naz. forense, 23 novembre 2006, n. 131)
7. Procedimento disciplinare - Mancata notifica dell’apertura del procedimento al pubblico ministero
La mancata partecipazione del p.m. nel giudizio disciplinare davanti al
C.d.O., che ha natura amministrativa, non determina alcuna nullità procedimentale, atteso che gli artt. 62 e 65 del r.d. 37/1934 attribuiscono
al p.m. la semplice facoltà di intervenire, senza prevedere alcun obbligo
in tal senso. Deve conseguentemente ritenersi che l’omessa preventiva
notifica al p.m. della delibera di apertura del procedimento disciplinare
può essere eccepita, quale causa di nullità, soltanto dallo stesso pubblico
ministero, essendo tale prescrizione disposta nel suo esclusivo interesse.
(Nella specie, il C.N.F., pur confermando nel merito la responsabilità
disciplinare dell’incolpata in virtù dei comportamenti dalla stessa tenuti
nell’esercizio dell’attività difensiva, palesemente in contrasto con la prudenza e il rigore imposti dalle norme deontologiche al professionista forense, ha ritenuto di comminare la meno severa sanzione della sospensione dall’esercizio professionale per anni uno, in luogo della cancellazione, anche a motivo delle particolari condizioni di salute della ricorrente).
(Consiglio naz. forense, 23 novembre 2006, n. 131)
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8. Procedimento disciplinare - Illegittimita` della sospensione cautelare inflitta senza motivazione
È illegittima, e va pertanto annullata, la decisione con cui il C.d.O.
deliberi la sospensione del professionista ai sensi dell’art. 43 l.p.f., senza
allegare al provvedimento motivazione alcuna. Invero, la motivazione,
costituendo presupposto necessario del provvedimento, deve essere sempre portata a conoscenza dell’interessato, al fine di consentirgli un pieno
esercizio del diritto di difesa. Essa, inoltre, deve essere puntuale e corretta con l’enunciazione delle ragioni per le quali si ritiene - da parte del
Consiglio locale - che possa configurarsi per il comportamento del professionista, una situazione di allarme per il decoro e la dignità della classe forense. Mancando anche uno solo dei suddetti presupposti, pertanto,
il provvedimento deve ritenersi illegittimo.
(Consiglio naz. forense, 24 novembre 2006, n. 132)
9. Procedimento disciplinare - Sospensione cautelare - Presupposti e disciplina
La sospensione dall’esercizio della professione, disciplinata dall’art. 43
r.d.l. 1578/1933, nel testo novellato dall’art. 4 della legge 91/1971, rappresenta, per costante insegnamento giurisprudenziale, la necessità e opportunità di salvaguardare l’Ordine forense dalla menomazione di prestigio che dal solo fatto dell’assoggettamento dell’incolpato al procedimento
penale per determinati reati o comportamenti può derivare all’intera categoria. Essa, pertanto, non è una forma di sanzione disciplinare, come
tale suscettibile di applicazione soltanto dopo il procedimento disciplinare, ma costituisce, al contrario, un provvedimento cautelare incidentale
di natura amministrativa non giurisdizionale a carattere provvisorio, svincolato dalle forme e dalle garanzie del procedimento disciplinare, nel
senso che non richiede la preventiva formale apertura di un procedimento disciplinare, e che viene adottata dal C.O.A. nella sua piena discrezionalità, al fine di tutelare se stesso e i terzi in genere dal pericolo derivante dall’esercizio della professione forense da parte di chi, allo stato, non
si trovi in possesso di quei requisiti prescritti dalla legge per lo svolgimento di quella funzione di pubblico interesse. In altri termini; con la
sospensione cautelare non si presume mai la colpevolezza del giudicabile
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ma si realizzano soltanto le garanzie per l’ipotesi che, nella competente
sede, la colpevolezza venga accertata e definitivamente dichiarata.
(Consiglio naz. forense, 6 dicembre 2006, n. 137)
10. Norme deontologiche - Informazioni sull’esercizio professionale e attivita`
di consulenza on-line
L’attivazione di un sito web per l’esercizio di consulenza on-line non
integra un comportamento deontologicamente rilevante, sotto il profilo
dell’asserita violazione dell’art. 17, c.d.f., qualora esso sia idoneo a rappresentare all’utente la sostanziale identità e coincidenza tra sito e studio,
in capo agli stessi professionisti e siano altresı̀ chiaramente differenziati
prestazioni, mezzi e strumenti operativi.
(Consiglio naz. forense, 21 novembre 2006, n. 113).
11. Norme deontologiche - Rapporti con la stampa e pubblicazione di una
lettera inviata alla controparte
Viola il dovere di riservatezza proprio della professione forense (art. 9
c.d.f.), nonché il divieto di sollecitare articoli di stampa o interviste su
organi di informazione, spendendo il nome dei propri clienti (art. 18
c.d.f.), il professionista che, attraverso le pagine di un quotidiano locale,
divulghi il contenuto di una sua lettera inviata alla controparte per conto
dei propri assistiti. Integra, altresı̀ violazione dei principi di correttezza e
riservatezza, nonché del divieto di pubblicità, propri della professione forense, il professionista che, in ordine al contenuto della predetta missiva,
renda ad un giornalista dichiarazioni poi pubblicate su un quotidiano locale, al fine di pubblicizzare la propria attività professionale, utilizzando
in tal modo, per la tutela degli interessi dei propri assistiti, strumenti diversi da quelli previsti dall’ordinamento, quali la divulgazione alla stampa di censure e critiche al comportamento della controparte.
(Consiglio naz. forense, 6 dicembre 2006, n. 139)
12. Norme deontologiche - Espressioni sconvenienti e offensive
Posto che l’attribuire alla controparte la prospettazione di circostanze
false costituisce una evidente manifestazione della dialettica processuale,
che ha il limite del divieto di espressioni sconvenienti od offensive (art.
89 c.p.c,) autonomamente valutabile in sede disciplinare, devono ritener23
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si non lesive della dignità e del decoro professionale le affermazioni di
malafede processuale (peraltro, parola usata dall’art. 96 c.p.c., ai fini della responsabilità aggravata) e di deduzione di false circostanze, rivolte alta controparte, in quanto non sconvenienti né offensive ed altresı̀ appartenenti al diritto di difesa nell’ambito del processo.
(Consiglio naz. forense, 21 novembre 2006, n. 125)
13. Norme deontologiche - Rapporti con i colleghi e mancata attesa del collega in udienza
Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante, in violazione degli artt. 14 e 22 del codice deontologico forense, il professionista
che, senza informare il collega avversario della propria unilaterale iniziativa, discuta in sua assenza con il magistrato per rappresentare a quest’ultimo fatti tra l’altro non corrispondenti a verità.
(Consiglio naz. forense, 21 novembre 2006, n. 124)
14. Norme deontologiche - Dovere di lealta` e correttezza con i colleghi
Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante il professionista che, avendo ricevuto al terminale del proprio studio un fax del
collega avversario invece indirizzato al suo domiciliatario, non solo non
si adoperi per avvertire il medesimo dell’errore trasmissivo, ma utilizzi
nell’interesse del proprio cliente quanto erroneamente inviatogli proprio
nel procedimento civile di opposizione monitoria promosso dalla controparte. (Nella specie, il Consiglio ha ritenuto congrua la sanzione della
censura).
(Consiglio naz. forense, 6 dicembre 2006, n. 144)
15. Norme deontologiche - Rapporti con la parte assistita - Richiesta di prestito di danaro al cliente
La richiesta di un prestito di denaro al proprio cliente costituisce illecito disciplinare, poiché comportamento contrario al dovere di probità e
correttezza che il professionista iscritto all’albo professionale deve rispettare in ogni occasione e, quindi, anche nei rapporti strettamente privati
e personali.
(Consiglio naz. forense, 11 novembre 2006, n. 102)
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16. Norme deontologiche - Rapporti con i testimoni e invito a dire la verita`
Non integra violazione dell’art. 5 c.d.f, il comportamento del professionista che, nel corso dell’udienza, si limiti a rivolgere ai testimoni in
attesa di rendere la propria deposizione un mero invito a «dire la verità
», senza aggiungere altra espressione idonea a rappresentare un significato di minaccia, tale da incutere timore o da subornare i testi, e dunque
semplicemente sollecitando i testi a riferire al magistrato la verità dei fatti.
(Consiglio naz. forense, 11 novembre 2006, n. 103)
17. Norme deontologiche - Inadempimento di obbligazioni assunte nei confronti di terzi
L’art. 59 c.d.f., ai sensi del quale l’avvocato è tenuto a provvedere regolarmente all’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti dei
terzi, non intende indicare soltanto un obbligo giuridico, ma soprattutto
l’obbligo deontologico di generale adempimento delle obbligazioni assunte, obbligo che dev’essere tanto più sentito quanto più percepito nell’ambito esterno, come, evidentemente, nel caso in cui il professionista
rilasci cambiali in adempimento delle obbligazioni assunte. Ne consegue
che il comportamento consistente nel mancato pagamento dei titoli rilasciati, il quale assume connotazione particolarmente negativa a causa della pubblicità che ne viene data dagli organi competenti, costituisce infrazione disciplinare indipendentemente dalla natura «privata» o «professionale» del debito assunto ed indipendentemente dal fatto che si tratti di
un debito proprio o della assunzione di un debito altrui attraverso una
fideiussione o un avallo.
(Consiglio naz. forense, 21 novembre 2006, n. 109).
18. Norme deontologiche - Rapporti con la controparte e aggravio della posizione debitoria con iniziative giudiziarie onerose e sproporzionate
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, che
merita la sanzione dell’avvertimento, il professionista che intraprenda
un’iniziativa giudiziaria sproporzionata, in relazione alla tutela delle ragioni creditorie del proprio cliente, ed inutilmente onerosa, cosı̀ pregiudicando ingiustamente la parte debitrice. Tale condotta, invero, in quanto giustificata unicamente da una finalità emulativa, e altresı̀ idonea ad
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ingenerare discredito del debitore dando luogo a dubbi sulla solvibilità
dello stesso, deve ritenersi lesiva dei principi di lealtà e correttezza, cui è
tenuto il professionista nei confronti non dei soli colleghi avversari ma
anche delle controparti.
(Consiglio naz. forense, 21 novembre 2006, n. 112)
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