Qui - Cesare Sciabarrà

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Qui - Cesare Sciabarrà
Cesare Sciabarrà
PUPI & PUPARA
Storia di politica mafiosa
A mia moglie Manuela
Senza la quale,
nulla sarebbe la mia vita.
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INDICE
Primo capitolo
Secondo capitolo
pag . 3
pag. 16
Terzo capitolo
Quarto capitolo
pag. 27
pag. 40
Quinto capitolo
Sesto capitolo
pag. 48
pag. 68
Settimo capitolo
Ottavo capitolo
pag. 82
pag. 90
Nono capitolo
Decimo capitolo
pag. 98
pag. 107
Undicesimo capitolo
Dodicesimo capitolo
pag. 134
pag. 140
Tredicesimo capitolo
Quattordicesimo capitolo
pag. 149
pag. 170
Quindicesimo capitolo
Sedicesimo capitolo
pag. 175
pag. 201
Diciassettesimo capitolo
Diciottesimo capitolo
pag. 225
pag. 240
Diciannovesimo capitolo
pag. 250
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CAPITOLO PRIMO
Nella sala da barba di “Gianni U’ Varberi” ogni lunedì
della settimana, giorno dedicato alla chiusura
settimanale, l’On Livasulli, inteso “Panzachiatta”, era
solito incontrare alcuni dei suoi tirapiedi per dare loro
indicazioni su questo o quel da farsi. Gianni U’ Varberi
apriva appositamente la sua sala da barba solo per
l’Onorevole, era infatti consuetudine che il Livasulli
dettasse le sue direttive mentre le mani esperte e
familiari di Gianni lo sbarbavano come solo lui sapeva
fare.
Era il secondo lunedì di giugno e come sempre lo
stridolìo della saracinesca della sala da barba rintronava
in tutto il quartiere. Una sparuta folla di persone
attendeva da una buona mezz’ora per potere conferire
con l’onorevole che sarebbe arrivato da lì a poco.
Disoccupati, impiegati, insegnanti, politici locali,
imprenditori, si mischiavano e si confondevano in un
unico comun denominatore: chiedere “u’ favuri”
all’onorevole.
L’on Lisavulli aveva tante di quelle legislature alle
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spalle che oramai aveva finito di contarle. Era deputato
da oltre tre decenni, e la sua, per così dire “ideologia
politica”, aveva attraversato tutto l’arco costituzionale.
Era stato nella DC, e nel periodo della transumanza era
stato eletto prima nelle file del centro destra e poi in
quelle del centro sinistra. Più avanti sarebbe ritornato
nel centrodestra in attesa che il carro del vincitore
ricambiasse direzione.
Insomma con qualunque partito egli si candidasse,
riusciva sempre ad essere eletto.
Nel paese di Fossalumera, appena ventimila anime, non
vi era persona che per via diretta o indiretta non avesse
ricevuto “Un favuri” dell’On. Panzachiatta.
Egli infatti era conosciuto più grazie al soprannome che
per il vero cognome. Alto poco meno di un metro e
sessanta ed altrettanto largo, con una pancia che portava
in giro con lo stesso orgoglio con cui un culturista
mostra i suoi addominali.
A volte autocitandosi, diceva: “ ah si nun ci pensa
panzachiatta!”, a voler sottolineare che il suo
intervento in ogni dove e in qualsiasi situazione
risultava risolutivo.
A dispetto del suo aspetto fisico e della difficoltà di
trovare abiti che si confacessero alla tortuosità del suo
fisico, l’onorevole era sempre molto elegante.
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Egli infatti era cliente delle migliori sartorie e nel corso
delle sue escursioni romane non disdegnava di
arricchire il suo guardaroba con realizzazioni sartoriali
confezionate con bravura ingegneristica.
Quando arrivava, la scia del suo dopobarba rimaneva
nell’aria per alcuni minuti, insieme all’odore del suo
prezioso e inseparabile toscano.
Aveva iniziato a fumarlo il giorno stesso che, ancora
giovanissimo, era diventato deputato. Lo aveva visto
fare a tanti suoi colleghi di consolidato successo
politico. Lo riteneva uno status dal quale non si era più
separato.
Quel lunedì arrivò con una abbondante ora di ritardo, la
folla di gente che lo attendeva fuori si era ulteriormente
arricchita. Al gruppo si erano uniti alcuni consiglieri
comunali che facevano capo a lui.
La imminente scadenza elettorale per le amministrative
del paese, creava infatti un fermento che si sentiva
nell’aria. La corrente opposta all’onorevole Livasulli
scendeva in campo con una candidatura a sindaco del
paese particolarmente forte.
Aveva infatti fatto il nome del prof. Taverna, un
vecchio professore di matematica da tutti conosciuto e
stimato.
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Questa candidatura avrebbe certamente creato qualche
problema alla parte politica dell’on Panzachiatta.
Ma a lui le sfide erano sempre piaciute….
L’auto blu arrivò facendosi spazio tra la folla accalcata
davanti la sala da barba.
L’autista scese dalla macchina e non fece in tempo a
fare il giro dell’auto che un gruppetto aveva già aperto
lo sportello anteriore dal quale senza non poca fatica
scese l’onorevole.
Indossava un prezioso abito di lino bianco stropicciato a
dovere.
L’autista prese la borsa di cuoio posta sul sedile
posteriore mentre l’onorevole iniziava la breve
passerella che lo avrebbe portato dentro la sala da
barba.
In questi pochi metri avrebbe dispensato baci e pachette
in faccia a quasi tutti i presenti. Una parola per tutti,
una battuta per l’occasione. Poi prima di sparire dietro
la saracinesca del salone che sarebbe stata abbassata a
metà come si fa quando passa un funerale, si fermava
per raccontare un aneddoto, una barzelletta o fare una
battuta che avrebbe suscitato la corale risata di tutti i
presenti. Poi si sarebbe girato verso Gianni “u varberi”
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che lo attendeva tenendo aperta la tenda per le mosche e
stringendogli una delle due guance tra il pollice e
l’indice diceva: “ e comu avissi a fari senza di tja !”.
Poi spariva dietro la tenda. Davanti l’uscio rimaneva
l’autista che, con molta autorità, avrebbe
“amministrato” il turno.
Cu è u primu stamatina? Chiedeva dall’alto dello
scalino posto sull’uscio del salone.
Dal folto gruppo di persone si fece largo un signore
sulla cinquantina, che era stato il primo ad arrivare.
Anche gli altri riconoscendo il suo diritto ad entrare, gli
fecero spazio, mentre un giovane diceva: “facemu
passari u’ zu Decu ca fici matinata !”.
L’uomo aveva l’aspetto dimesso, col viso pieno di
rughe, dimostrava molto più della sua effettiva età, i
segni di un lavoro pesante gli si leggevano tutti in volto.
Aveva indossato la camicia della domenica per
incontrare l’onorevole e si era sbarbato di fresco.
Si fece largo, chinò il capo e si introdusse nel salone
passando sotto la saracinesca abbassata a metà come
una gogna.
L’onorevole si era già tolto la giacca ed accomodato in
una delle tre poltrone presenti nel salone.
L’arredamento era anni settanta, vintage diremmo
adesso, e al muro, poco distante da una foto di padre
Pio, un calendario fermo ad un paio di anni addietro
con le fotografie dell’ Arcuri.
Gianni aveva iniziato a rigirare il pennello nella
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schiuma, con l’aspetto fiero di chi può vantarsi di essere
in qualche modo un uomo di fiducia dell’onorevole.
Era scontato il fatto che tutte le conversazioni
dell’onorevole non diventassero, fino a disposizione
contraria, oggetto di discussione fuori dal salone e
Gianni aveva saputo dimostrare affidabilità nel corso di
questi lunghi anni.
L’onorevole era già comodamente seduto, abbracciato
da un elegante e personale asciugamano quando guardò
il primo interlocutore dallo specchio.
- Onorè bacio le mani! disse l’uomo appena entrato.
L’onorevole uscì fuori la mano sinistra da sotto
l’asciugamano e la pose tra le due mani dell’uomo che
con atteggiamento reverenziale gliela strinse.
-Assettati! Disse l’onorevole invitandolo a sedersi sulla
poltrona accanto alla sua.
- No, onorè arrestu addritta. Gli sarebbe sembrato una
mancanza di rispetto nei confronti del suo illustre
interlocutore.
Poi l’onorevole rivolgendosi a Gianni che aveva
preparato con cura la schiuma disse:
- Decu è u’ chiù massaru do paisi, Giuvà, no comu a tja
ca unni vò mancu cu’ mutu.
Scoppiarono tutti in una sonora risata.
L’onorevole era un maestro nell’ arte di rompere il
ghiaccio, sapeva, infatti, che quell’uomo, forte della sua
dignità, era comunque in imbarazzo.
- Onorè sempri ca babbia è vossia
- Caru Decu, genti allegra Diu l’aiuta. Dimmi chi ha
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bisognu.
continuò l’onorevole.
- Onorè me figliu, Luvici, su ricorda? Ciù presentavu
all’urtimi elezioni quannu ficimu a riunioni a casa di
Francu
- Mu ricordu eccomu..
poi rivolgendosi al barbiere disse:
- un picciuttuni ca di sta porta un ci passa
L’uomo accennò un sorriso di orgoglio per le parole
dell’onorevole.
- Chi avi bisognu u carusu?
- Travagliu, onorè avi bisognu di travagliari. Canuscì
una bedda carusa e si vulissi sistimari.
L’onorevole non si lasciò sfuggire l’occasione.
- E a cu apparteni sta carusa ?
La sua domanda non era per pura curiosità, ma aveva
l’intendo di capire se l’eventuale favore avesse un
ipotetico ritorno elettorale.
- Vossia u canusci a so patri , hannu a mpresa di
costruzioni o Caliatu ( un quartiere del paese)
L’onorevole ancora prima che l’uomo dicesse il nome
della famiglia
- A figlia di Fonziu Maravintanu? Complimenti, so
patri è una degna persona e a carusa sacciu ca è
beddra e seria.
- Grazie onorè, i carusi si vonnu di piccilidri e ora a
cosa addivintà ufficiali.
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- Chi sapi fari to figliu?
- E’ ragiuneri, studiusu e giudiziusu.
- Dicci o me autista ca mu manna in segreteria venerdì,
ca videmu chi si po fari.
L’uomo si accese di gioia, un sorriso solcò il suo viso e
le sue mani andarono alla ricerca della mano
dell’onorevole scomparsa sotto l’asciugamano.
- Onorè chi ce diri? ripetè un paio di volte.
- Nenti, abbasta ca un mi dici paroli.
Replicò l’onorevole con una grassa risata a cui fece eco
Gianni che stava per completare l’insaponatura.
L’uomo uscì dal salone e per la contentezza dovuta alle
parole dell’onorevole, sbattè la testa contro la
saracinesca, ma non sentì alcun dolore.
Il gruppo di persone rimaste fuori lo scrutarono con
attenzione al fine di carpire dall’espressione del suo
viso l’umore dell’onorevole.
L’uomo salutò tutti e si avviò felice per la stradina
antistante con andatura veloce come se volesse correre
a casa per portare la bella notizia.
La processione continuò per tutta la mattina. Totò,
l’autista continuava a smistare la folla come farebbe un
vigilie urbano.
Gianni aveva finito di radere l’onorevole ed era intento
a massaggiare le grosse guance adesso lisce come il
culetto di un bambino con una crema mandata a ritirare
esclusivamente per lui.
L’onorevole se ne stava beatamente spaparanzato a
farsi massaggiare le gote, ascoltando le richieste più
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disparate, dispensando consigli, speranze e certezze per
ogni suo concittadino.
I politici locali avevano disposizione di entrare per
ultimi, glielo aveva imposto l’onorevole perché
solitamente le discussioni si protraevano a lungo e la
gente non la si poteva fare aspettare più del dovuto.
Verso mezzogiorno, il ragazzo del bar solcò l’uscio del
salone con una guantiera così piena di aperitivi, granite
e caffè che stentava a portarla.
- Onorè questo glielo manda u’ dutturi Marsala.
Stamattina si vinni a pigliari u cafè e sapendo della sua
presenza ni Gianni mi ha incaricato di portagli questo
per lei e i suoi amici.
- Pippinè, rispose l’onorevole, ringrazia il dottore da
parte mia e salutami a to patri
- Grazie onorè resta servito.
Gianni u’ varberi conosceva bene i gusti dell’onorevole
e si premurò di servirgli il caffè macchiato con il latte
che era solito prendere.
Mise dentro due cucchiaini abbondanti di zucchero e
glielo servì.
L’onorevole iniziò a girare il cucchiaino dentro la
tazzina, mentre i suoi cinque interlocutori si spartivano
il contenuto della guantiera.
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- Andiamo a noi!
Esordì l’onorevole per dare inizio ai lavori.
Tre dei cinque erano consiglieri comunali, mentre gli
altri due assessori dell’ attuale giunta in carica.
Il sindaco invece, era del partito alleato dell’onorevole
Livasulli che nella passata tornata elettorale aveva
sostenuto.
Questa volta no! L’onorevole Livasulli non sarebbe
rimasto a guardare per lui l’imperativo era: “il sindaco
glielo metto io e basta”.
Ad aprire la discussione ci pensò uno dei tre consiglieri
comunali. Giuseppe Li Valli inteso “u vuciuleru”.
Era un grossista di pesce, da queste parti chiamati
“Cavaddrara”. Il suo soprannome era dovuto al fatto
che egli quando partecipava alle aste del pesce che si
tenevano “o capannuni” del molo di FossaLumera”
gridava come un ossesso, sovrapponendo la sua voce a
quella di tutti gli altri partecipanti.
Aveva preso la terza media serale per potere continuare
l’ attività ereditata dal padre. Il suo punto di forza, un
nucleo familiare così numeroso che la sua elezione era
oramai un consolidato del consiglio comunale del
paese.
Terzo di nove fratelli poteva contare su un numero
spropositato di parenti che vedevano in lui
“l’intellettuale della famiglia”. L’onorevole lo volle
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candidato a tutti i costi. Diceva sempre:
- “Peppi u vuciuleru, unnavi bisognu di manifesti
elettorali, chiddu cu tutti i parenti ca avi ci piglia puru
si si porta pi presidenti da repubblica”
- Onorè chi sava a fari cu sti elezioni? O paisi c’è u
burdellu cu chistu professori.
A questa affermazione seguirono un coro di commenti
anche da parte degli altri presenti.
- Carmaria, per cortesia, carmaria. replicò l’onorevole
mettendo tutti a tacere.
- U professuri è pisciteddru di scogliu, continuò
l’onorevole, è misu drocu pi fallo arrustutu.
Era chiara la lettura politica che aveva fatto
l’onorevole. Il candidato della fazione opposta era un
candidato di comodo e pur in qualche modo
riconoscendo la qualità della persona, la sua esperienza
politica gli faceva presagire che era un candidato
destinato a essere politicamente bruciato.
L’esternazione placò per qualche attimo gli animi. La
lunga esperienza dell’onorevole non dava adito a
repliche. Se L’onorevole asseriva che “u professuri”
non aveva nessuna possibilità di farcela, significava non
solo per lui ma anche per i suoi interlocutori che le cose
sarebbero andate così.
La discussione certamente non si sarebbe esaurita qui,
ma avrebbe aperto prospettive e scenari che avrebbero
alimentato la discussione.
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Infatti intervenne uno dei due assessori. Antonio
Salamone inteso Nenè u racchiu dovuto alla sua altezza
che non superava il metro e cinquanta. Era un
funzionario dell’ufficio idrico della provincia sistemato
lì naturalmente dall’onorevole. Egli era fedele molto
più di un pastore tedesco, disposto a qualsiasi cosa pur
di fare come l’onorevole disponeva.
- L’onorevoli avi ragioni, “U professuri” unnnavi unni
iri. Ci misiru a stu criaturi ca sarà bravu a scola, ma di
politica unnni capisci na minchia, cu rispettu parlannu
disse Nenè u racchiu per fare eco alle parole
dell’onorevole.
- Certu è ca navutri lavissimu accuminciari a pinsari a
cu ciamu a mettiri pi sinnacu
Disse Alfonso Miraglia, geometra in una impresa di
costruzioni, di cui si vociferava l’onorevole essere socio
occulto. Anche lui sistemato lì dall’onorevole e
consigliere comunale.
- Cari amici miei, chistu è pinseri miu, picchi vavutri u
sapiti ca l’onorevoli Livasulli (autocitandosi) po fari
sinnacu puru un pupu di pezza e si decidi ca ciava
pigliari, ci piglia.
I commenti dei suoi interlocutori furono di appoggio
alle esternazioni dell’onorevole, e a seguire battute e
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risate, alle quali partecipava con discrezione lo stesso
Gianni u varberi.
Quando uscirono dalla sala da barba l’orologio della
chiesa segnava le 14.05 e fuori c’erano ancora alcuni
ritardatari che si erano soffermati a parlare con l’autista
dell’onorevole.
-Picciotti ormai è tardu, ni videmu venerdì in
segreteria.
E dopo i baci e gli abbracci di rito, sprofondato sul
sedile della mercedes, l’onorevole scomparve dietro la
curva che faceva angolo con il palazzo comunale.
Il gruppetto che aveva partecipato alla discussione
rimase lì un’altra buona mezz’ora a commentare
l’incontro appena finito.
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CAPITOLO SECONDO
Anche la fazione opposta all’onorevole Livasulli, non
stava certo con le mani in mano.
Infatti lo schieramento capeggiato dall’onorevole
Loiero stava organizzando una serie di riunioni per
promuovere l’ elezione del professore Taverna.
L’on Loiero non aveva certo l’esperienza e lo spessore
politico di Panzachiatta.
Era alla sua prima legislatura. Era diventato deputato
con una incredibile “botta di culo”.
Egli non era che un semplice consigliere comunale
dell’opposizione che aveva condotto una insistente e
apparentemente
ingiustificata
battaglia
contro
l’ampliamento di un ex capanno da contadini
trasformato in un umilissimo e fatiscente villino da
parte di un criaturi, lavoratore che avendo visto tre
quarti del paese edificare abusivamente e poi sanare, si
era permesso di aggiungere qualche stanzino alla
fatiscente struttura rurale al fine di trascorrere i mesi di
grande calura insieme alla famiglia presso la struttura
realizzata.
La cosa era stata presa di mira dall’allora consigliere
comunale Loiero che intraprese la battaglia non perché
non condividesse la trasformazione del capanno, ma
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perché l’ignaro aveva avuto diversi anni addietro un
contenzioso con il padre dell’ex consigliere adesso
deputato.
Coincidenza volle che una sera la panda dell’ex
consigliere Loiero andasse a fuoco, ma per un corto
circuito, tra l’altro annunciato da un’ intensa puzza di
bruciato che aveva convinto il Loiero a recarsi
dall’elettrauto la sera prima.
L’elettrauto aveva fatto presente che vi era un problema
all’impianto elettrico dell’auto, ma che non era nulla di
grave e che avrebbe certamente potuto aspettare
qualche giorno in attesa del completamento di alcuni
lavori da consegnare.
Non andò proprio così, la sera stessa dopo avere
posteggiato l’auto, un corto circuito che covava
all’interno del vano motore, ridusse l’auto in cenere.
Il primo a correre sul posto fu un imbranato appuntato
della locale stazione dei carabinieri che stilò un verbale
dove si dichiarava che l’incendio era di palese matrice
dolosa.
Loiero non fece in tempo a capire cosa stesse
accadendo che il giorno seguente tutti i giornali
parlarono di un attentato intimidatorio nei confronti del
consigliere impegnato in prima linea nella lotta contro
l’abusivismo.
Loiero si trovò circondato da microfoni e da giornalisti
che chiedevano di intervistarlo
Egli sapeva bene che la sua Panda era andata a fuoco da
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sola, ma era già troppo tardi per fermare il circolo
mediatico che si era messo in piedi.
A dire il vero la cosa non gli dispiaceva più di tanto.
In poche ore si ritrovò ad essere un personaggio che da
semplice consigliere, riceveva telefonate e attestati di
solidarietà da tutte le più importanti autorità locali e
regionali.
Pochi giorni dopo il deputato della sua corrente politica
l’on Pumara, gli propose la candidatura alle elezioni
regionali, essendo il simbolo di una politica volta alla
legalità e alla trasparenza.
Ed eccolo deputato, con un mare di voti da parte di
coloro che avevano finito per credere all’attentato
piuttosto che ad un banale corto circuito.
Presto l’On Loiero finì per diventare un uomo simbolo
e per rendere il tutto ancora più teatrale gli venne data
la scorta.
Certo che per un perito elettronico abituato a salire e
scendere le scale dei condomini con vecchi televisori in
braccio da aggiustare, ritrovarsi deputato e per di più
con la scorta, era come vedere un muto
improvvisamente cimentarsi in un’orazione.
Questa cosa non era mai andata giù all’onorevole
Panzachiatta che tra l’altro era diventato anche il
bersaglio preferito dell’illuminato on. Loiero.
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Loiero era solito infatti attaccare pubblicamente l’on
Livasulli, facendo riferimento al suo passato nelle file
della ormai estinta Democrazia Cristiana ed alle diverse
vicende giudiziarie nelle quali era stato più volte
coinvolto nel corso della sua lunghissima carriera
politica.
L’on Loiero faceva capo all’onorevole Pumara suo
capo corrente e da sempre riferimento della fazione
contraria all’onorevole Livasulli.
Ma la politica è l’arte dell’ambiguità e anche loro due
per un periodo avevano militato nella stessa corrente
politica.
Quella tornata elettorale avrebbe comunque aperto gli
argini tra le diverse fazioni politiche.
“Il sindaco” questa volta faceva gola a tutti per la mole
di finanziamenti che erano in arrivo presso il comune di
Fossalumera. Appalti per centinaia di milioni di euro.
Mettere le mani su quella infinita mole di danaro
avrebbe significato tangenti, posti di lavoro, ritorno
elettorale, e tanta, tanta carriera politica.
D’altronde a Fossalumera non arrivavano soldi da
parecchi anni e la fame di lavoro aveva raggiunto livelli
a limite della sopportazione.
Essere alla guida del paese avrebbe fatto politicamente
la differenza.
Mimmo Di Lucia lo sapeva bene. Egli non era un
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politico, ma la politica aveva sempre bisogno di lui in
ogni tornata elettorale. 45 anni, dall’aspetto spocchioso,
capelli neri tirati indietro a mascagna, portava occhiali
neri da sole fino a dopo il tramonto. Elegante, sempre in
giacca anche nei giorni di calura insopportabile.
Custodiva il ferro sotto le preziose giacche che
indossava.
Da tutti conosciuto come Mimì ù torinese perché aveva
vissuto diversi anni in un paesino in provincia di Torino
a soggiorno obbligato.
Poi, finito di scontare la pena, era ritornato a
Fossalumera e lì aveva iniziato a costruire la sua fama
di spietato malandrino.
Era il reggente della cosca vincente della provincia ed
era diventata leggenda la sua efferatezza e il suo modo
sanguinario di trattare i nemici.
Aveva in mano tutti i traffici commerciali del porto di
Fossalumera. Non c’era triglia sulla quale Mimì u
torinese non avesse la tirata.
Ma egli diversificava. Supermercati, in cui era socio
occulto, imprese di calcestruzzi, imprese di trasporti.
Era anche presidente della squadra del paese.
Tutti conoscevano i trascorsi di Mimì, ma in paese si
faceva a gara per chi gli fosse anche lontano parente.
Essere parente di Mimì significava avere rispetto e
considerazione.
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Della politica egli se ne serviva, in consiglio comunale
erano diversi i consiglieri sia di destra che di sinistra
che facevano capo a lui. Anche quelli che non erano
palesemente vicini a Mimì non si sarebbero mai
permessi di contrastare qualcosa che interessasse o
appartenesse a Mimì o a qualche suo amico.
La domenica Mimì andava a messa con la moglie, bella
da togliere il fiato; l’aveva conosciuta durante il periodo
del soggiorno obbligato.
Era moglie di un grosso imprenditore del paesino
piemontese dove Mimì aveva scontato la sua pena.
Pur essendo un sorvegliato speciale era riuscito
comunque a mettere su una organizzazione dedita ai
taglieggiamenti.
La donna lo conobbe in un nigth club, e rimase
affascinata dal quel malandrino che dalle sue parti si era
soliti leggere sui libri o vedere nei film di mafia.
Prima fu un rapporto clandestino, poi lei decise di
lasciare il marito per seguire Mimì al suo paese di
origine. Ottenuto il divorzio, Mimì la fece diventare
sua moglie e gli diede due bambini, un maschietto e una
femminuccia.
Quando passava “La Paola” così la chiamavano in
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paese, nessuno si doveva permettere di guardarla. Era la
moglie di Mimì u’ torinese e non era certo portargli
rispetto lanciare occhiate alla sua signora.
Egli pur essendo un delinquente riconosciuto, un
mafioso in ascesa, godeva di amicizie in ogni dove e in
qualsiasi ambiente.
Spesso lo si vedeva al bar a prendere il caffè con il
farmacista, col sindaco, a volte anche con il maresciallo
dei carabinieri.
Gli onorevoli delle diverse fazioni politiche se lo
contendevano. Sapevano bene che i voti che riusciva a
spostare Mimì erano decisivi in ogni tornata elettorale.
Molta gente si rivolgeva a lui per favori e
raccomandazioni di diversa natura.
Era influente molto più di un deputato locale. Non era
rispettato, era temuto.
L’onorevole Loiero aveva qualche difficoltà a
relazionarsi con Mimì, non tanto per una questione di
natura etica, quanto al fatto che scortato e additato
come uomo simbolo della lotta contro le ingiustizie,
non poteva certo palesare un eventuale rapporto con il
pregiudicato.
Peraltro, Mimì aveva più volte fatto capire che
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quell’uomo gli stava sui coglioni, perché ‘mpami e
sbirru per convenienza.
Quando a volte capitava che i due si trovassero nello
stesso luogo, al bar piuttosto che nella piazza
principale, il Loiero trovava una scusa per dileguarsi.
Mimì si muoveva sempre con al seguito un suo uomo
fidato che gli faceva da autista. Era Gerlando Lo
Cascio, detto “giullannu pedi di porcu” un ex
delinquentello dedito allo scasso di appartamenti che
grazie a Mimì aveva fatto il salto di qualità.
Era la sua ombra, a volte lo seguiva a debita distanza
per guardargli le spalle.
La fiducia Giullannu pedi di porcu se l’era conquistata
su campo, aveva commesso diversi omicidi su
commissione e fuori dalle mura della città su incarico di
Mimì,
uccisioni
commissionate
da
famiglie
appartenenti alla cosca di riferimento di Mimì.
Non era l’unico assoldato da Mimì, infatti egli
disponeva di una vera squadra di carusi disposti a tutto
in cambio di rispetto, soldi e bella vita.
Ma guai a sbagliari cu Mimì. Egli non era disposto al
perdono.
- Cu sbaglia ava pagari
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diceva sempre ai suoi picciotti.
- Carù, rivolgendosi ai suoi tirapiedi, minchia cacata
nenti cu Mimì.
Poi continuava,
- pi vavutri u’ me cori ma cu mi voli futtiri l’aspetta u’
cappottu di lignu
La chiara minaccia di morte non dissuase uno dei suoi
carusi, che nel tentativo di provare a fare da solo, si era
permesso di fare la cresta su alcuni incassi che era stato
incaricato di ritirare.
Si chiamava Carmelo da tutti conosciuto come Melu u’
biunnu per il colore dei suoi lunghi capelli il quale
scomparve nel nulla un venerdì pomeriggio. Di lui si
ritrovò soltanto la sua motocicletta abbandonata sul
ciglio di una trazzera poco fuori dal paese.
Nessuno proferì parola sull’accaduto, neanche i
familiari di Melu u’ biunnu, che capirono subito la fine
che aveva fatto il loro congiunto. In paese se ne parlò
solo per qualche giorno e le indagini furono quasi
subito archiviate.
Insomma in paese non si muoveva foglia che Mimì non
volesse.
Si poteva dormire con le porte aperte, nessun episodio
di delinquenza comune. Mai uno scippo, nè uno scasso,
nè una sciarpa, Mimì aveva interesse che il territorio
non venisse presidiato.
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Quei pochi posti di blocco che la compagnia locale dei
carabinieri faceva sempre negli stessi punti del paese
servivano all’appuntato di turno per fermare qualche
bella fimmina o qualche innocuo pensionato. Niente di
più.
TeleLumera, la televisone locale era il megafono dei
politici locali.
Si vociferava che fosse dell’onorevole Livasulli che
l’aveva affidata a Giacomo Sciacchitano, uno con la
passione per le tecnologie. Due giornalisti pagati a
cottimu per attaccare questa o quella iniziativa politica
che non andasse a genio all’onorevole Panzachiatta.
Spesso egli stesso si faceva intervistare.
- Onorevole Livasulli la procura sta indagando su
infiltrazioni mafiose al comune di Fossalumera, cosa ci
dice a proposito? Chiese il giornalista durante
un’intervista.
- ma quale infiltrazione, quale mafia, Fossalumera è
un’isola felice. Ma poi con tutti questi giornalisti e
scrittori che campano scrivendo di mafia, vuole che sia
proprio io a lasciarli disoccupati. La mafia è come il
coccodrillo nelle fogne di new York, se ne parla, serve
per riempire pile di giornali, trasmissioni televisive, e
per non mandare i fondi che necessitano a questa terra
per riscattarsi. La mafia è una calunnia per spendere i
nostri soldi al nord dai polentoni. Qui che siamo
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mafiosi ci mandano le bucce.
Giornalista - Per la prossima tornata elettorale sembra
che la competizione si prospetti alquanto combattuta,
tanti i temi sul tavolo…
- Dobbiamo lavorare duramente per riportare
Fossalumera al benessere di una volta, dare risposte
significative, posti di lavoro e infrastrutture
Giornalista - Si aspettano importanti finanziamenti…
- Questo grazie all’azione di pungolo che il sottoscritto
da tempo esercita presso le giuste sedi, questo darà una
grande boccata di ossigeno per le imprese presenti nel
nostro territorio e soprattutto ai tanti giovani in cerca
di un’occupazione
- Caro il mio Onorevole, menu mali ca ci si tu
senooooo…
Commentò Mimì stinnicchiato davanti la televisione e
rivolgendosi a Giullannu pedi di porcù
- Giullà dumani ricordami ca emu a parlari
cull’onorevoli, un vulissi ca mischinu ava fari tuttu
chistu senza ca nuddru l’aiuta.
Giullannu rise, e aggiunse:
- nsamasignuri savissi a cumpunniri
26
CAPITOLO TERZO
L’estate era iniziata, il caldo torrido aveva anticipato il
suo arrivo. L’anticiclone delle Azzorre si era
posizionato sopra il cielo di Fossalumera e in tutta la
provincia i vigili del fuoco avevano un gran bel da fare
tra incendi scoppiati per il caldo e alimentati dal vento
di scirocco africano e quelli appiccati da aspiranti
lavoratori della forestale.
Le spiagge di Fossalumera iniziavano a riempirsi di
bagnanti. Il palinsesto degli spettacoli proposto
dall’amministrazione uscente era alquanto denutrito di
fondi che quell’anno non erano arrivati nelle casse del
comune.
Le imminenti elezioni che si sarebbero tenute ad ottobre
non davano certo stimoli a chi di dovere a fare arrivare
finanziamenti per iniziative che avrebbero rafforzato
l’intenzione del sindaco uscente a ricandidarsi.
Il palinsesto delle iniziative annunciava l’arrivo di
qualche cantante oramai scomparso dalla scena, pronto
ad accontentarsi di poche migliaia di euro per esibirsi e
cantare l’unico brano che gli aveva dato una stagione di
notorietà.
27
I bar e i locali del paese avevano riempito i marciapiedi
antistanti il loro esercizio di tavoli , sedie e tanta
speranza che quella stagione fosse migliore delle
precedenti.
Gruppi di emigrati ritornati al loro paese dalla lontana
Germania, sfoggiavano l’ultimo modello della BMW ai
loro compaesani a testimonianza della fortuna e della
non più precaria situazione economica vissuta in tanti
anni passati da disoccupati a strusciare per la piazza del
paese.
Quella apparente tranquillità, solita di un posto dove il
tempo e insieme al tempo il trascorrere degli eventi
sembra essersi fermato,venne ad un tratto interrotta dal
comparire una domenica mattina di una serie di
fotocopie distribuite nelle cassette della posta di alcuni
palazzi contenente delle rivelazioni alquanto
imbarazzanti per i soggetti della missiva.
La notizia ebbe un’eco degna di un colpo di stato e la
sua diffusione in ogni angolo del paese e subito dopo
dell’intera provincia fu pari alla velocità della luce.
L’anonimo autore della missiva era stato
particolarmente spietato nel suo dire, mettendo alla
berlina fatti e personaggi di peso.
Imbrogli, tangenti, corna, sesso, ammucchiate, droga
conditi dai più torbidi particolari disegnavano uno
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scenario inimmaginabile.
Il tutto veniva narrato con lo stile degno dei cantastorie
di una volta.
Il linguaggio chiaro ma non forbito sembrava volere
raggiungere tutti coloro i quali ne avessero preso
visione. L’anonimo sembrava quasi divertito nel
descrivere la sua narrazione, si intravedeva una
morbosità viscerale nel commentare gli intrecci e i
protagonisti. Solamente il nome di uno dei protagonisti
veniva sostituito da “Omissis”.
Era un chiaro segnale, la possibilità celata per un
eventuale ricatto. Il mettere in chiaro il nome omesso
sembrava essere la conseguenza di una condicio non
rispettata.(di un patto non rispettato)
Egli, l’anonimo, sembrava essere sicuro che il
messaggio al mittente sarebbe arrivato forte e chiaro.
Quella originale strategia avrebbe comunque messo in
moto il cosiddetto totonome, al quale nessuno
sicuramente si sarebbe sottratto.
Molti sembravano avere indovinato. Ma il dubbio
rimaneva. L’autore era stato particolarmente astuto,
infatti, nello stilare il suo racconto era riuscito,
fornendo qualche indizio, a fare intravedere la
possibilità di individuare chi fosse, ma nel prosieguo
della storia, metteva in campo elementi contraddittori
29
che confondevano le idee dell’opinione pubblica che
non riusciva a trovare la vera identità dietro cui si
celava quell’omissis.
Chi credeva alla fine del breve racconto di avere
indovinato qualcosa non gli quadrava e ritornava a
torcersi nei propri dubbi.
La lettera iniziava con un profetico: << Vi
nasconderete voialtri che spavaldi del vostro vile
successo avete e continuate a farlo, imbrogliato la
gente, ed essa, inculata, godeva. Voi sguazzando nei
vostri traffici fatti di matriosche tradimenti, gioìte e
ridete. Ma oggi si riderà di voi, delle vostre pecorine
che offuscano mascolinità di cui non siete portatori.
Al sindaco che nottetempo si introduce nel letto di quel
buontempone del dott. Rinallo che mentre è intendo a
fare medicazioni presso l’ambulatorio in cui è di turno,
la sua bella signora strombetta col cazzo del primo
cittadino. Ella suonatrice di flauti di gente di potere
ebbe a provare a render dritto quello dell’ omissis che
a dispetto della sua età, continua a essere estimatore di
figa.
Ma nel frattempo anche la signora primo cittadino
allarga le chiappe all’omissis ma per amore del marito,
affinché egli lo potesse accontentare nel sogno
coronato con la sua elezione anni or sono. E da allora
di tanto in tanto penetrare si fa senza non poca fatica
da omissis.
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La lettera continuava citando consiglieri comunali
corrotti, assessori comunali e provinciali che avevano
preso tangenti, impresari concussi e corruttori, deputati
regionali e nazionali, destra e sinistra in una sorta di
sputtanamento by partisan.
E poi festini a base di coca con partecipanti illustri, club
privè fuori porta, tendenze omosessuali mai dichiarati
dai citati protagonisti.
Insomma una vera bufera che non risparmiava nessuno,
tranne che l’innominato.
Il documento venne immediatamente acquisito dalle
forze dell’ordine e la procura aprì un’indagine.
Ma la bomba era orami deflagrata e i feriti abbastanza
gravi rimasti sul campo erano davvero molti.
Dovunque si andasse non si faceva che parlare della
lettera.
Tra l’altro a termine della missiva si dava
appuntamento ad altre puntate con rivelazioni ancora
più interessanti. L’attesa si era fatta spasmodica e non
passava un giorno senza che si cercasse in giro la
continuazione del racconto.
Ma chi avrebbe mai potuto scrivere tutto questo? Chi
poteva essere a conoscenza di così tanti particolari veri
31
o verosimili su tutta questa gente tirata in ballo? Chi
poteva conoscere passaggi di tangenti e di danaro in
maniera così dettagliata da lasciare intuire che si
trattasse di un addetto ai lavori?
Il caso era più ingarbugliato di quanto non sembrasse
in realtà.
Il commissario Rosario Failla era il reggente del locale
commissariato di Polizia di Fossalumera.
Era lì da circa tre anni. Siciliano anche lui, single, sulla
quarantina; forse per il suo bell’aspetto, poco tempo
dopo il suo arrivo in paese gli avevano attribuito un
paio di relazioni extra coniugali.
Non si poteva certo dire di lui come di uno stingo di
santo.
Sempre elegante, partecipava spesso e volentieri a tutti
gli eventi mondani della provincia.
Nel corso di questi anni si era fatto un discreto giro di
amici.
Spesso lo si vedeva con il direttore dell’istituto di
credito della locale banca di credito siciliano del paese
il Dott. Bernabei, uno del continente, mandato in
missione a Fossalumera e lì era rimasto da un paio
d’anni. La moglie del direttore era una bella milanese,
alta bionda, appariscente.
In paese si vociferava che per il commissario nutrisse
particolare simpatia, elegantemente ricambiata anche da
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parte del poliziotto.
Il marito era ignaro di questa diceria, si sa infatti che i
mariti sono sempre gli ultimi a saperlo.
Spesso li si vedeva tutti e tre seduti alla caffetteria
Trinacria, il bar più antico del paese, da poco
ristrutturato e punto di incontro di tanta gente.
In un paese come Fossalumera bastava poco per
affibbiarti un amante. Era lo sport più praticato.
Il commissario conosceva bene il paese e tutti i suoi
abitanti. Il suo luogotenente l’ispettore Buggera era
infatti di Fossalumera ed era stato trasferito lì, dopo
essere stato per tanti anni al nord, in seguito
all’interessamento dell’onorevole Livasulli.
Era stato lui a raccontare le dinamiche del posto al suo
superiore. In poco più di una settimana gli aveva fatto il
quadro completo della situazione. I delinquenti comuni,
i mafiosi di rango, gli imprenditori, i commercianti, e
tante storie dal contenuto morboso. Insomma aveva
fatto una perfetta planimetria del paese per dare la
possibilità al suo commissario di sapere come
muoversi, con chi parlare e di cosa parlare.
- Caro dottore, il male di questo paese sono i suoi
abitanti, se non ci fossero loro sarebbe come Rimini
ripeteva spesso l’ispettore che evidentemente era un
estimatore della città romagnola, e considerava nel suo
immaginario la città da prendere ad esempio.
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Erano passate alcune settimane dalla comparsa della
lettera che aveva messo sottosopra tutto il paese, ma qui
le cose si dimenticano solo dopo appena tre giorni. Già
non se ne parlava più.
L’onorevole Pumara, capo corrente del Loiero già
presidente della commissione antimafia, aveva
organizzato un incontro a Fossalumera con tutti gli
elettori del Loiero. Una sorta di incontro dibattito che
aveva come finalità il coinvolgimento degli elettori in
prospettiva della nuova tornata elettorale.
Pumara era un deputato particolarmente navigato, con
una grande esperienza. Si era anch’egli costruito una
sua reputazione. Tante promesse, qualche favore, tante
speranze. Aveva visto in Loiero l’uomo giusto al
momento giusto. Lo adoperava come voleva, e Loiero,
dal canto suo, non era solito tirarsi indietro.
Avevano da tempo intrapreso la via delle facili
battaglie, legate all’ambiente, rendendo impossibile la
vita a tanti poveri criatura per diventare il riferimento
o meglio l’ostacolo da superare, per questioni più
grosse. Erano l’incubo degli appaltatori, che dovevano
fare i conti con loro prima di porre anche solo una
pietra. Un giro di mazzette e favori in nome e per conto
dell’ambiente e della legalità.
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Quando l’onorevole Pumara e compagnia prendevano
di mira qualcuno, era la fine. La loro strategia era
scientifica: lo sfiancavano. Iniziavano con denunce
mirate. Alla procura avevano i loro riferimenti che
rispondevano di tacco. Il Cristo di turno finiva per
perdersi nei meandri della burocrazia prima e delle aule
di tribunale poi per dichiarare,alla fine, la propria
sconfitta.
Giocavano di fino, punivano il piccolo con potere
contrattuale marginale per educare il grande, la società
che non poteva certo permettersi di perdere e quindi
disposta a pagare.
Montagne di danaro che viaggiavano sotto forma di
consulenze e incarichi a geometri, architetti, ingegneri
che facevano capo a Pumara. Incarichi dirigenziali e
tanto altro ancora.
Questo era terreno minato, anche per la malavita che
non poteva avvicinarsi. Avevano troppi contatti, con
procure, giudici compiacenti, commissari e molti altri
riferimenti istituzionali.
Loro erano l’orco vestito da babbo natale. Un
meccanismo inespugnabile.
A volte l’imprenditore si ritrovava intrappolato tra la
pressione mafiosa di classica memoria, fatta da
malandrini impomatati dai quali doveva comprare il
calcestruzzo a prezzi improponibili, e l’antimafia che ti
proteggeva da se stessa, dalla stessa legge che
rappresentava. Di buono c’era che almeno questi non
erano soliti usare forme di violenza tradizionale, non ti
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facevano saltare il cantiere, non ti scaricavano una sette
e sessantacinque sull’uscio della porta. Erano più soft, ti
iniziavano a tartassare di controlli, verifiche ispezioni,
affidate a sedicenti funzionari o rappresentanti delle
forze dell’ordine. Ti bloccavano i lavori, ti
sequestravano il cantiere al punto di farti rimpiangere il
più classico dei metodi intimidatori di vecchia maniera.
Era una morte più lenta, forse più dolorosa, piena di
sofferenza e gastrite.
Quei metodi, data la loro non platealità, non erano
conosciuti se non da chi li aveva subiti. Niente sangue,
niente tritolo, solo carta bollata e ingiunzioni.
Calogero Natoli conosceva bene questi metodi. Era un
imprenditore vecchio stampo, di quelli venuti su con la
carriola e la pala. Un muratore con poca scuola e tanto
cervello. All’inizio degli anni settanta in pieno boom
edilizio u zu’ Calò, cosi era conosciuto in paese, fece il
salto di qualità. Firmò un autotreno di cambiali per
costruire la sua prima palazzina, con dieci appartamenti
che vendette tutti sulla carta e sulla fiducia che gli
aveva dato la gente che ne conosceva l’integrità morale.
Da lì fu un crescendo, nel giro di un decennio diventò
uno dei più grossi imprenditori edili della provincia,
con cantieri sparsi in ogni dove.
U zu calò aveva testa e vucca duci, sempre rispettoso di
tutti, non perdeva mai occasione per ricordare la sua
provenienza. Spesso quando arrivava in cantiere in
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giacca e cravatta non ci pensava due volte a tirarsi via
la giacca per fare vedere all’operaio di turno come si
dovesse fare un determinato lavoro.
U zu’ Calò aveva lavorato una vita, gli rimaneva un
sogno da realizzare, un sogno su cui avrebbe puntato
tutto ciò che aveva accumulato in trenta anni di lavoro:
realizzare un Mega Hotel affacciato sullo splendido
mare di Fossalumera. Diceva sempre, affacciandosi su
quel tratto di terra che aveva comprato e che si
affacciava su un tratto di costa bella da togliere il fiato:
“Appena ci viu i luci addrumati, pozzu puru moriri”.
Le cose non andarono precisamente così. Ottenute tutte
le autorizzazioni per la realizzazioni della struttura,
iniziò a edificare. Dovette superare tanti ostacoli prima
di ottenerle.
Anche in questo caso il calcestruzzo aveva dovuto
pagarlo un pò di più, assumere una serie di operai
gentilmente segnalati dalla politica, alcuni da
personaggi a cui non si poteva certo dire di no. Aveva
trascurato un solo particolare.
Quel particolare indossava una giacca color cammello e
una cravatta con tante piccole giraffe. Si presentò da lui
un mercoledì pomeriggio, era maggio. I lavori erano
iniziati da qualche mese, avevano messo giù le
fondamenta e innalzato lo scheletro di due piani.
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- Carissimo ingegnere Cordato, come sta? E un piacere
vederla…
esordì u zu’ Calò ignaro di ciò che stava per piombargli
addosso.
- Caro Sig Natoli, vedo che lei sta bene, sempre in
forma….
L’ing. Cordato era un funzionario dell’assessorato
regionale al demanio, uno di quelli che aveva seguito
l’iter autorizzativo per la realizzazione dell’Hotel.
- A cosa debbo il piacere della sua visita? Venga
accomodiamoci, aspetti che le faccio portare un caffè
- Non si disturbassi, l’ho preso prima di venire qui.
I due si accomodarono nell’ufficio du zu Calò. Le pareti
erano piene di foto di ville e palazzi realizzati nel corso
della sua lunga carriera, li teneva in mostra con grande
orgoglio. Tra tutte una foto in bianco e nero che lo
ritraeva giovanissimo in canottiera con la pala mentre
impastava il cemento.
Cordato si soffermò a guardarla con attenzione,
riconobbe quasi immediatamente in quella foto u zu’
Calò. Si girò a guardarlo e i due si scambiarono un
sorriso
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- U tempu passa e a cira scuaglia
disse u zu’ Calò con una nota di nostalgia nella voce.
- eh si…. Anch’ io sto andando per la sessantina. Mi
creda non vedo l’ora di andare in pensione
Disse il Cordato accomodandosi su una delle
poltroncine presenti nell’ufficio.
Anche u zu’ Calò si accomodò di fronte l’ingegnere.
- Ci sono problemi signor Natoli, sono nate delle
complicazioni
- Chi problemi, mi pare che abbiamo seguito la prassi
come dice la legge, noialtri siamo già al secondo piano,
chi problemi ci sunnu?
incalzò u zu’ Calò quasi impaziente di sapere cosa fosse
successo.
- I soliti, lei li conosce bene! Hanno impugnato una
delle autorizzazioni che abbiamo rilasciato, non lo
hanno fatto ancora ufficialmente, ma mi hanno fatto
presente che lo faranno da qui a poco. Lei lo sa che io
ho i miei contatti con loro e in qualche modo hanno un
occhio di riguardo
U zu’ Calò si passò la mano tra i capelli tirò un
profondo respiro.
- Nu lu capisciu, ho affidato il progetto esecutivo
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all’ingegnere che mi hanno segnalato e rumpinu
ancora i cugliuna. Mi hanno fatto pagare parcelle
stragonfiate … lassamu perdiri và… ma chi bonnu ora?
- Non lo so, l’ho voluta avvertire affinché si possa
adoperare…non vorrei che si ritrovasse con i lavori
bloccati e il cantiere chiuso. Conosco gli sforzi che sta
facendo….
L’ingegnere sembrava apparentemente dispiaciuto di
quanto stesse accadendo.
La situazione ebbe risvolti che mai nessuno si sarebbe
aspettato. Un mattino u zù Calò venne ritrovato
impiccato ad un tubo dell’impalcatura della struttura in
costruzione. Il cantiere era oramai chiuso e sottoposto a
sequestro. Le richieste fatte dal gruppo di potere
sembrava fossero diventate inaccettabili e l’esposizione
finanziaria a cui si era dovuto sottoporre u zu’ Calò
non era stata più possibile tamponare.
La sua dignità di uomo e lavoratore non aveva
sopportato di vedere svanire una vita di duro lavoro.
Aveva preferito farla finita.
Al suo funerale anche i suoi assassini. Lo scheletro
della struttura rimase lì, nessuno se ne interessò più,
adesso l’ambiente era stato salvato e quello scempio
non aveva più potere contrattuale che potesse
interessare ad alcuno.
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CAPITOLO QUARTO
Era la terza domenica di luglio, quella settimana
sarebbero iniziati i festeggiamenti del patrono del
paese.
L’atmosfera era frizzante e il comitato dei
festeggiamenti aveva iniziato la raccolta dei fondi
girando per tutte le attività commerciali del paese.
La piazza si sarebbe gremita all’inverosimile e un
cantante napoletano sarebbe stato presentato come la
star dell’evento.
Orde di ragazzi si sarebbero riversati per le vie, e tutte
le zitelle del paese avrebbero sfoggiato l’abito nuovo
acquistato qualche giorno prima.
Tutti, ma proprio tutti, non si potevano esimere dalla
classica strusciata sul corso principale.
Il Sindaco avrebbe presenziato le iniziative legate
all’evento, con moglie a seguito a testimonianza che la
lettera che era circolata qualche settimana addietro non
aveva certo scalfito il loro matrimonio.
Il parroco del paese Don Luigi aveva davo il via ai
festeggiamenti e in un clima particolarmente pagano
41
veniva portata a spalla dai fedeli la statua del santo
nero.
La processione avrebbe attraversato il paese con una
gran folla di fedeli o presunti tali pronti a correre dietro
il simulacro.
La corsa era ritmata dal suono di trombe e tamburi,
mentre la gente affacciata ai balconi lanciava il pane
non sempre in direzione del santo come prevedeva la
tradizione.
Il comitato era formato da gente di tutte le estrazioni
sociali e forse era l’unica occasione in cui il medico del
paese devoto al santo si ritrovava con la mano
appoggiata sulla spalla del netturbino mentre di corsa in
spalla conducevano per le vie cittadine il santo nero.
Nessuno si sottraeva al rito e bisognava fare lunghe file
e aspettare lunghi turni gestiti dal capo del comitato per
potere portare in spalla il simulacro.
Mimì u’ torinese non era certo persona da fare la fila o
aspettare il turno e quando il simulacro raggiungeva la
piazza principale dove si affacciavano i balconi della
cosiddetta “gente bene” del paese, si introduceva in
mezzo alla folla mentre alcuni dei suoi picciotti gli
facevano da corridoio.
Anche in quella occasione Mimì indossava la giacca,
con una temperatura al limite della sopportazione.
Dopo essersi guardato intorno, lanciò uno sguardo
verso i balconi che si affacciavano sulla via e con
spavalderia mascolina imbracciò sulla spalla all’altezza
42
dei piedi del santo la trave di legno che faceva da
supporto.
La banda procedeva dietro il corteo a pochi passi di
distanza e come era consuetudine in quel tratto di paese
intonava un lento ritmo che richiamava suoni
tipicamente siciliani misti a tonalità etniche.
La gente sembrava caduta in una sorta di trance. Grida,
fischi, spintoni, bambini che piangevano a squarciagola
issati dai genitori fin sopra il viso del santo per fare
dare loro la benedizione dal miracoloso santo nero.
Muffuletti lanciati dai piani più alti raggiungevano la
folla a grande velocità e senza alcuna misericordia
religiosa.
Giullannu pedi di porcu seguiva a debita distanza il suo
padrino.
Il Sindaco faceva da apripista insieme al parroco e la
sua fascia tricolore era letteralmente appiccicata per il
caldo prima alla sua giacca e poi alla sua camicia.
Era quasi il tramonto e il sole non aveva nessuna
intenzione di dare tregua. Il budello della piazza
principale veniva illuminato come l’occhio di bue
illumina il protagonista di uno spettacolo teatrale.
Un mare di fazzoletti multicolori infestavano la piazza e
coprivano la testa dei fedeli che portavano il santo sulle
spalle.
Mimì si notava subito in mezzo alla folla. Non si
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sarebbe certo scombinato la sua nera mascagna con uno
di quei buffi fazzoletti che indossavano tutti gli altri.
Partita la processione si sentì appoggiare la mano di chi
lo precedeva sulla spalla. Si girò per guardare di chi si
trattasse e se lo conoscesse.
Il fazzoletto sul viso gli impediva di capire chi fosse. La
cosa gli creò un attimo di inquietudine. Iniziò a cercare
con lo sguardo sotto gli occhiali neri
il suo
guardaspalle.
La folla era troppa. Pur sapendo che fosse sicuramente
a qualche metro da lui, non riuscì a trovarlo.
Il simulacro dopo una breve sosta riprese il suo
cammino. Fatti pochi metri, l’uomo dietro a Mimì gli si
accostò all’orecchio e “sussurrando ad alta voce”
perché le grida in torno non glielo avrebbero fatto
sentire disse - stavolta u Santu un tinni fici grazia
Mimì non fece in tempo a girarsi che quattro colpi
consecutivi gli perforarono il torace da dietro.
Cadde come una colonna di burro al sole. La sua giacca
di lino bianca all’improvviso si colorò di rosso. Cercò
di appoggiarsi all’uomo davanti che lo precedeva, il
quale si voltò di scatto, quasi a scansarsi. Anche il
simulacro accusò la mancanza di una sua colonna
portante e si inclinò repentinamente verso un lato. A
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pochi metri con sincronia svizzera cadde anche
Giullannu pedi di porcu con due colpi dietro la nuca,
che un complice del sicario di Mimì gli aveva piantato
con precisione chirurgica.
La folla circostante focalizzò l’accaduto solo con
qualche secondo di ritardo. Il Santo fu quasi sbattuto a
terra dai fedeli che fuggirono in tutte le direzioni.
Il simulacro nella fretta di essere posto a terra si inclinò
su un lato in una scena a dir poco surreale.
La folla in men che non si dica scomparve e sulla strada
rimase solo il corpo di Mimì che giaceva a terrà in una
pozza di sangue. Accanto i suoi inseparabili occhiali
scuri e a qualche ventina di metri Giullannu, il suo
luogotenente con il cranio spappolato e sparpagliato
poco distante.
La folla continuava a correre in ogni direzione, una
sorta di forza centrifuga li allontanava dai due corpi che
giacevano a terra. Il Santo rimasto abbandonato, era
tutto inclinato su un lato, quasi in bilico. Sarebbe
bastato un piccolo spintone per farlo giacere a terra
insieme ai due cadaveri.
Il sindaco con la moglie e il parroco trovarono
immediato nascondiglio dietro le vetrine di un negozio
lì vicino, mentre un bambino di circa otto anni gridava
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e piangeva perché aveva perso nel trambusto i genitori.
La pioggia di pane all’improvviso smise di cadere e
l’eco delle sirene della polizia presero il posto di
trombe e tamburi anch’essi spariti insieme ai suonatori.
Un scena inverosimile si presentava
primi poliziotti accorsi sul luogo.
agli occhi dei
Le due pozze di sangue a diversi metri di distanza
sembravano cercarsi per unirsi in un unico rigagnolo e
scarpe perse dalla gente in fuga si confondevano con i
muffuletti lasciati per terra.
Era chiaro che da quel momento in poi a Fossalumera
nulla sarebbe stato come prima.
Con la morte di Mimì andava via un pezzo da novanta.
Certo chi aveva deciso di farlo fuori non lo aveva fatto
certamente per compiere una buona azione.
Probabilmente i finanziamenti che si prospettava
arrivassero a Fossalumera avevano chiaramente
suscitato l’interesse da parte di gruppi che non facevano
capo alla cosca di Mimì.
Gente sanguinaria tanto quanto la loro vittima. Avevano
certamente saputo dei contatti che Mimì aveva avuto
con alcuni personaggi politici e forse avevano voluto
dare un chiaro segnale a tutti quanti.
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Il paese cambiò volto repentinamente, cadde una sorta
di coprifuoco e pur essendo ancora in corso i
festeggiamenti, furono annullate tutte le processioni.
La gente evitava di scendere in piazza, i titolari dei bar
iniziarono a togliere le file di sedie e di tavoli sui quali
avevano deposto le loro speranze di un’ intera annata.
Tutti i tirapiedi di Mimì che erano soliti strusciare per il
corso per intere giornate, scomparvero come i topi
durante la derattizzazione.
Il paese venne presidiato da posti di blocco in ogni
dove.
Alcuni in paese commentavano
- “dopu ca arrubbaru a santa Rosalia ci misiru i
gradi”.
Era palese che fino a quel giorno in paese sembrava
regnare una sorta di anarchia istituzionale, adesso
interrotta dalla scomparsa di Mimì.
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CAPITOLO QUINTO
- Pronto, l’onorevole Loiero?
- Sì chi parla?
- sono il segretario del Cavaliere Pisano, resti un
attimo in linea che Le vuole parlare
Il Cavaliere Pisano era cavaliere del lavoro con decreto
regio dell’allora presidente della repubblica Cossetti,
era il re dell’edilizia in Sicilia, un magnate, ricco a
dismisura. Nell’ambiente era soprannominato “u
piscicani” .
- Carissimo onorevole, come sta? Spero di non
disturbarla…
- Cavaliere Lei non disturba mai, come sta? Non la si
vede in giro da parecchio tempo. Secondo me lavora
troppo.
- Che mi dice onorè… alla mia età l’unica cosa che mi
rimane da fare è lavorare, voialtri picciotti potete
pensare anche ad altre cose…
L’onorevole rise..
- Eh caro cavaliere, sapesse …. In questo momento in
verità non trovo il tempo per grattarmi la testa..
- Spero riuscirà a trovare il tempo per un caffè, avrei
bisogno di parlarle
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Al cavaliere Pisano non si poteva certo dire di no.
L’onorevole Loiero non ebbe alcuna esitazione.
- assolutamente, Le chiedo solo di darmi il tempo di
rientrare, sa oggi e domani sono in commissione
- non c’è alcun problema, mi faccia sapere quando
sarà di ritorno che la voglio ospite a cena da me
- Farò chiamare il suo segretario dal mio per fissare la
data
- Molto volentieri, a presto e … buon lavoro in
commissione
- Grazie, a presto……
Loiero non era certo entusiasta di incontrare il
cavaliere, ma le cambiali scadono e vanno pagate. Era
stato il cavaliere a dargli una grossa mano di aiuto per
la sua elezione, e adesso sembrava chiedere dazio.
I lavori in commissione finirono prima del previsto, e
Loiero sulla strada di ritorno da Palermo fece chiamare
il segretario del Cavaliere.
-Venerdì sera se per il cavaliere va bene…- Un attimo che chiedo, qualche minuto al telefono, Va
bene, aspettiamo l’onorevole a Villa Papino
Villa Papino era la residenza del cavaliere, una
splendida tenuta che sovrastava la spiaggia do furnaru
nella parte sud di Fossalumera.
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Era al centro di un enorme appezzamento di terra
coltivato a vigneto e ulivi che scendeva giù fino al mare
rendendo di fatto un enorme tratto di spiaggia
accessibile solo dalla proprietà del cavaliere.
Alle ventuno in punto i fari della lancia Thesis del
l’onorevole Loiero illuminarono l’immenso viale che lo
avrebbe portato sull’uscio della villa, seguita da una
vecchia croma blindata della scorta.
Ad attenderlo sull’uscio il segretario personale del
Cavaliere.
L’onorevole salì la rampa di scale in marmo di Carrara,
chiudendosi il bottone della giacca.
L’autista con la scorta rimasero fuori.
Varcato l’uscio si introdusse nel meraviglioso salone
che egli aveva già avuto modo di vedere.
Il segretario fece gli onori di casa nell’attesa che
arrivasse il cavaliere.
- Ogni volta che entro in questo splendido salone mi
sorprendo della sua bellezza
- Eh caro il mio onorevole, Lei non è persona che si
meraviglia facilmente, questo significa che i miei
architetti hanno fatto un buon lavoro
esordì il cavaliere che era sbucato all’improvviso da
una delle entrare del salone.
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Baci, abbracci, convenevoli.
- Lei si mantiene sempre picciotto
- E lei mi cugliunìa sempre caro onorevole
Il ghiaccio era rotto, l’atmosfera familiare, in un angolo
del salone una elegante tavola apparecchiata per quattro
persone.
Loiero si chiese subito tra sè e sè chi fossero gli altri
due commensali.
- Venga, accomodiamoci in terrazza, voglio presentarle
due amici che questa sera ci terranno compagnia e che
volevo farle conoscere.
L’on Loiero non fece in tempo a riflettere su chi
potessero essere i due interlocutori che si ritrovò
seguendo il Cavaliere, nella splendida terrazza
affacciata su un mare fermo come un lago sul quale
faceva capolino due terzi di una meravigliosa luna.
I due ospiti erano appoggiati sul davanzale della
terrazza e stavano parlando tra di loro sorseggiando un
aperitivo.
Erano due signori particolarmente eleganti. Uno alto, di
bell’aspetto, con i capelli brizzolati, corti. Indosava un
blazer blu e un pantalone bianco. Una classica tenuta
estiva, come se fosse stato invitato su uno yacht. Non
indossava la cravatta, ma una camicia bianca.
51
Visibilmente abbronzato, sembrava fosse lì più per una
vacanza che per parlare d’affari.
L’altro era più basso, calvo con i capelli ai lati come chi
non si vuole rassegnare a perderli, mentre un timido
riporto gli attraversava la parte centrale della testa.
Portava gli occhiali con le lenti abbastanza spesse. Era
in giacca e cravatta, l’aspetto sicuramente più austero,
da burocrate.
All’arrivo del cavaliere Pisano e del suo ospite i due
interruppero la conversazione e gli andarono incontro.
Eleganti fiaccole definivano gli ampi confini della
terrazza, mentre un piacevole quanto timido vento di
scirocco giocava con esse a disegnare strane figure di
fuoco.
- Cari amici ho il piacere di presentarvi l’onorevole
Loiero, mio amico e uomo di grande determinazione.
Poi continuò:
- Onorevole le presento il dottor Briguglia,
amministratore delegato della Erish power (riferendosi
al signore alto e brezzolato), e l’ingegnere Sanzio, uno
dei massimi esperti di impianti energetici
- Sono felice di conoscerla, esordì il dottor Briguglia
con accento che evidenziava le sue origini
settentrionali.
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- Molto lieto. Rispose Loiero con tono meno
coinvolgente del suo interlocutore.
Poi rivolgendosi all’ingegnere Sanzio
- Ingegnere…
-Lieto di conoscerla onorevole, il cavaliere ci ha molto
parlato di lei
- Spero in bene. continuò Loiero con l’intenzione di
fare una battuta che suscitò il sorriso di tutti i presenti.
- I nostri amici si fermeranno con noi a cena se le fa
piacere. Disse il cavaliere affidando la responsabilità
della decisione, peraltro scontata, dell’onorevole.
- Assolutamente, con vero piacere.
Si stava tentando di uscire dai convenevoli di rito.
Loiero aveva iniziato a capire dove voleva andare a
parare l’incontro organizzato dal Cavaliere Pisano. I
titoli dei due interlocutori erano più eloquenti di
qualunque spiegazione.
Lo spettacolare panorama fu oggetto di discussione per
una buona manciata di minuti, fino a quando non fu
comunicato che la cena era pronta per essere servita e
quindi ci si poteva accomodare.
Dopo i primi commenti sulle prime pietanze servite, il
cavaliere Pisano introdusse l’argomento.
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- Il dottore Briguglia e l’ingegnere Sanzio sono scesi da
Milano per avere chiarimenti sul progetto che si
intende realizzare a Fossalumera. Loro che sono dei
veri esperti nel settore delle energie e del
petrolchimico, intravedono importanti forme di
collaborazione. C’è da aggiungere che il dottore
Briguglia cura anche una cordata di imprese
specializzate in grandi opere e infrastrutture, roba di
alto livello. Poi girandosi verso Briguglia
- mi pare che il vostro sia un gruppo da due miliardi di
euro all’anno di fatturato, o sbaglio?
- Orientativamente.. rispose Brigluglia, lo scorso anno
lo abbiamo superato di qualche decina di milioni di
euro e quest’anno abbiamo commesse che ci fanno
bene sperare di superare anche questo limite .
- Stiamo investendo tantissimo in ricerca e i risultati si
concretizzano con una leaderschip nel mercato senza
euguali, aggiunse l’ingegnere
Loiero ascoltava, si sentì per un attimo pinocchio
quando finì tra il gatto e la volpe. Qui le monete erano
sicuramente molto di più e la balena che lo avrebbe
potuto mangiare sembrava essere proprio il Cavaliere
Pisano, che continuava a versare del prezioso Glicò
fresco da 90 euro a bottiglia, mentre i frutti di mare che
facevano bella vista sulla tavola, sembravano appena
pescati nel mare antistante la villa.
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- Caro Loiero, questa è una grande e irrinunciabile
possibilità per tutta la città di Fossalumera e dintorni,
centinaia e centinaia di posti di lavoro che
risolverebbero la atavica fame di lavoro che c’è in
paese.
- senza dubbio, la situazione è davvero drammatica e
per noi politici è sempre più difficile dare risposte
- Hai voglia di risposte che si possono dare, pensi
quanti padri di famiglia da sistemare, quanti giovani.
Certo se su una situazione come questa dovessero
metterci le mani quattro impresucole locali spalleggiate
magari dal malandrino di turno, allora, mi creda non
se ne farebbe davvero niente…
I due polentoni, non misero bocca sull’argomento.
Capivano che ci si stava addentrando in discorsi di cui
loro sconoscevano le dinamiche, ma dai quali
conoscevano bene i profitti che ne avrebbero tratto.
- Lei può fare molto, moltissimo. I bandi di gara che la
regione dovrà istruire debbono essere fatti seriamente,
da gente competente, che conosce bene l’argomento e
le caratteristiche di chi vi partecipa…
Loiero aveva capito l’antifona e non poteva certo
esternare dubbi o certezze dinnanzi a quei due perlopiù
sconosciuti, anche se da garante si era fatto il Cavaliere.
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La discussione non ebbe a continuare, si cambiò
argomento e si ritornò sulle cose futili da trattare in
questi casi.
Poi dopo un po’ il cavaliere ritornò sull’argomento,
facendo cenno alla imminente elezione del sindaco del
paese.
- Questa è una grande possibilità per sbaragliare
un’intera classe politica, ci vuole una ventata di novità,
visi nuovi, facce pulite, magari anche più donne in
consiglio comunale
- Su questo argomento con me sfonda una porta
aperta. aggiunse Loiero.
- Bisognerà impegnarsi davvero molto in questa
campagna elettorale e lei sa bene che dopo i fatti di
cronaca accaduti in paese, la cittadinanza ha bisogno
di una iniezione di speranza, di aria nuova, di una
nuova ventata…. Come dice lei. Rivolgendosi al
Cavaliere.
La serata continuò tra una chiacchiera ed un’altra, si
erano fatte circa le 23 quando i due ospiti si
congedarono dalla compagnia.
- Domattina abbiamo il volo alle otto e non ci è
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concesso fare tardi, siamo sicuri di rivederla al più
presto. Disse il dott. Briguglia rivolgendosi
all’onorevole.
Il Cavaliere li accompagnò alla porta dando
disposizione all’autista di accompagnare i suoi ospiti in
Hotel.
Loiero si era riportato sulla terrazza, a farsi rinfrescare
la calura dello champagne dalla brezza africana che nel
frattempo si era fatta leggermente più forte.
Si era allentato il nodo della cravatta e sbottonato il
primo bottone della camicia.
Mille cose frullavano nella sua mente, e se pensava che
un banale corto circuito della sua vecchia panda lo
aveva portato in quella terrazza, la cosa gli suscitava un
timido sorriso.
Si era appoggiato sul davanzale della terrazza,
ipnotizzato dai riflessi che la luna creava sull’acqua.
Venne svegliato da quella sorta di piacevole torpore
dalla mano del cavaliere che si poggiò sulla sua spalla.
- Caro Onorevole spero che la cena sia stata di suo
gradimento…
- tutto molto buono, a proposito quelle fettuccine come
erano pesto…..
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- pesto tunisino …continuò l’onorevole, con mentuccia
e gamberetti oltre che il basilico naturalmente
- squisiti, davvero squisiti
Si stava cercando il modo per riprendere il nocciolo
della discussione.
- i due amici che le ho presentato questa sera le
assicuro che sono tra le figure più importanti
dell’imprenditoria nazionale, è gente seria, con le idee
chiare, con la giusta mentalità, di grande spessore…
- Non ho alcun dubbio, replicò Loiero, e poi credo che
il Cavaliere Pisano nel corso della sua carriera abbia
saputo dimostrare il valore delle proprie scelte
imprenditoriali.
- Troppo buono, anche io ho commesso i miei errori e
spesso pagandoli di tasca mia, sapesse…..
- Caro cavaliere, chi non commette errori nella vita?
- C’è anche chi dagli errori sa trarre i giusti
vantaggi…
La frase del cavaliere lasciava presagire un timido
doppio senso che senza alcun apparente e giustificato
motivo fecero sì che l’onorevole pensasse alla sua
Panda.
- Vede caro Onorevole, la società è cambiata, sono
cambiate le dinamiche, i movimenti, la comunicazione
come si sul dire oggi.
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Oggi è tutto comunicazione, la forma ha preso
sopravvento sulla sostanza, non siamo più ciò che in
effetti siamo ma ciò che dicono di noi, ciò che
riusciamo a fare vedere, anche con artificiali illusioni.
Il tono della discussione sembrava prendere una piega
tra il filosofico e il sociologico, ma l’onorevole sapeva
bene che il cavaliere non era certo avvezzo a lezioni di
questa natura e che la discussione avrebbe comunque
avuto una sua evoluzione.
- Mi trova d’accordo, oggi tutto è delegato alla
televisione, ai giornali, alla forza dell’apparire.
- Che ne pensa di un caffè? Chiese il cavaliere con il
palese intendo di tirare fino a tardi
- Volentieri, una conversazione così interessante non
può certo essere interrotta per una botta di sonno…
Disse l’onorevole cogliendo l’invito.
Il cavaliere alzò il citofono, chiamò la cucina e chiese
che gli portassero due caffè.
- Quello che è accaduto a Fossalumera, mi riferisco
all’uccisione di quel malandrino e del suo tirapiedi
apre
uno
scenario
come
dire….
diverso,
più…tranquillo. Disse il cavaliere rigirando il
cucchiaino dentro la tazzina.
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- Certo in paese l’aria era diventata pesante,
irrespirabile, a quanto pare questo…… Mimì come si
chiama… sembra volesse fare il salto di qualità…
Continuò l’onorevole facendo la coda a quanto detto dal
cavaliere.
- Dio vede e provvede… certa gente va fermata prima
che sia troppo tardi
- In questo caso non credo che chi l’abbia fermato sia
tanto meglio dell’ucciso. Aggiunse Loiero
- Non sempre è così, la Sicilia sta cambiando, ma sta
cambiando dal di dentro, nelle sue interiora. Sono
oramai tanti anni che nell’immaginario collettivo
l’immagine della Sicilia è rappresentata da malandrini
che si “annacano” e da politici grassoni che con essi
fanno gli affari. Oggi non è più così, abbiamo imparato
anche noi l’arte della comunicazione. Oggi vanno di
moda le antimafie, gli uomini denuncia, i cortei di
solidarietà. Oggi è necessario vestirsi da buoni per
potere fare i cattivi.
Loiero seguiva con non poca difficoltà il ragionamento
del cavaliere che sembrava cinico all’inverosimile, ma
allo stesso tempo verosimile, ed egli lo sapeva bene.
- Certo il nascere dei fenomeni antimafia sta, di fatto,
60
facendo cambiare la Sicilia e i siciliani… Disse Loiero
in un timido tentativo di smontare il ragionamento del
cavaliere.
- Ah, Ah, ah, Il cavaliere scoppiò in una grassa risata,
poi continuò davanti allo sguardo quasi sbigottito
dell’onorevole. Non vorrà farmi credere che queste
come si chiamano…… iniziative antimafia hanno
davvero cambiato la Sicilia, hanno solo cambiato ciò a
cui credono i Siciliani. Nulla di più. E’ vero anche che
lo sviluppo della nostra terra non poteva essere ancora
oggi delegato agli umori di qualche malandrinello di
provincia con la terza media presa durante qualche
anno di carcere. Caro il mio onorevole…. Oggi la
mafia non esiste più… o meglio non è più quella che
abbiamo immaginato essere fino a qualche anno fa. La
comunicazione!!! Oggi la mafia si rigenera da se
stessa, raffinandosi, studiando, imparando a
comunicare, cercando di essere meno invasiva e
plateale, promuovendo cortei contro se stessa,
istituendo commissioni per metterci dentro i suoi
uomini, partecipando a trasmissioni televisive con la
faccia pulita dell’onorevole di turno.
Loiero balzò dalla sedia, fece un giro attorno al tavolo
come chi è tentato di andarsene poi disse:
- Cavaliere, questo non glielo consento, mi sembra fin
troppo surreale il suo ragionamento… la prego di non
continuare dinnanzi un rappresentate dello stato qual
61
son io, questo tipo di illazioni
Il cavaliere non fece una piega, seduto era e seduto
rimase.
- Vedo che ho urtato la sua sensibilità…
- Sì Cavaliere Pisano, le assicuro che non condivido
affatto il suo ragionamento, c’è gente come me che
combatte quotidianamente in prima linea e cammina
scortato dalla mattina alla sera mettendo a repentaglio
la propria incolumità.
Il tono della conversazione stava prendendo tutta
un’altra piega, la cordialità che aveva caratterizzato
l’intera serate aveva lasciato il posto a toni più forti, al
limite dello scontro verbale.
- La sua incolumità…..Uh, davvero ammirevole. Certo
che se le Fiat fossero costruite con più attenzione la
carriera politica di chissà quanta gente andrebbe a
rotoli…..o magari, continuerebbe ad aggiustare
transistor in qualche scantinato del paese…
- adesso credo che lei stia esagerando…
- Lei vuole far parte di un gioco di cui sconosce le
regole, ma dentro al quale è entrato applicandole. Eh
no mio caro onorevole Loiero, non funziona
esattamente così. E’ troppo facile far passare il
Livasulli per il vecchio politico corrotto in odor di
62
mafia ed entrare a far parte dell’olimpo dei giusti con
un ridicolo quanto fortuito corto circuito. Lo abbiamo
“impupato” noi a lei, lo chieda al suo riferimento
politico. L’onorevole Pumara venne da me per
“impupare” la sua elezione e sapevamo bene come
erano andate le cose. Pensa ancora che certe cose si
debbano fare con la coppola e la lupara?
Loiero era annichilito, si sedette sulla sedia attorno alla
quale prima aveva iniziato a girare innervosito, si passò
la mano tra i capelli e non proferì parola.
- Panzachiatta, Mimì e tutto il resto sono oramai
folklore, sono come i carrettini siciliani, servono solo
ai turisti per fare foto ricordo, non servono più come
mezzi di locomozione.
E’ tutta merce per giornalisti e scrittori che
costruiscono sulla pelle di questi poveri derelitti vere e
proprie fortune.
Servono a fare commissioni dove chi vi sta dentro
prende stipendi da favola e prebende varie. Proprio
come lei…
Quei tre poveri disgraziati che lo aspettano da diverse
ore qui fuori prendono mille e duecento euro al mese e
credono di proteggere qualcuno, ma non sanno che la
debbono proteggere da se stesso.
Ogni tanto prendono un vecchio rincoglionito,
delinquenti del cazzo che non sanno neanche leggere e
gli fanno il vestito del boss. Lo riprendono in
63
televisione durante le fasi dell’arresto e promettono
all’opinione pubblica nomi di colletti bianchi con i
quali questo povero rincoglionito ha gestito cose di cui
lui non conosce neanche l’esistenza.
Mi dica il nome di un solo colletto bianco che a seguito
di questi arresti sia stato fatto. Me ne dica uno, solo
uno, mi dica un cazzo di nome di chi, e lei li conosce
tanto quanto me, gestisce le fila di questa terra
contorta.
Il tono incalzante del cavaliere aveva finito per
prendere il sopravvento sul Loiero a cui le fettuccine al
pesto tunisino iniziavano a salirgli su in una sorta di
acido rigurgito.
- Adesso le racconto una storia, mia personale. Lei
conosce bene le mie imprese, e quanti padri di famiglia
ci lavorino. Da una vita ho sempre cercato di portarle
avanti, con dedizione, sacrificio, senso del dovere. Ho
pagato per anni, tanti anni il pizzo a questo o quel
malandrino di turno. Gente che negli anni si era
succeduta nella gestione del territorio. Partecipavo alle
gare con la certezza di vincerle perché l’interessamento
del boss di turno non lasciava alcuna alternativa. Circa
dieci anni fa agli inizi degli anni Novanta con la
comparsa dei primi pentiti e con l’arresto dei boss,
pensai che tutto sarebbe ritornato alla normalità. Da
un lato la cosa mi preoccupava, la mancata certezza di
un interlocutore che mi assicurasse gli appalti,
64
dall’altro mi sentivo tranquillo. Le mie imprese erano
oramai una realtà consolidata e non avrei certo avuto
competitori all’altezza a preoccuparmi.
Il suo On Pumara fu il primo presidente della allora
neonata commissione antimafia. Lui che certo non
aveva origini anglosassoni. Il papà del Pumara era un
vecchio boss di Vigoreggio un piccolo paesino delle
madonie. Comandava lui da quelle parti. Uomo senza
scuola ma di grande intelligenza. Fece studiare il figlio
e con grande soddisfazione lo fece prima consigliere
provinciale e poi deputato. Morì qualche anno dopo.
Pumara si ricostruì immediatamente una sua verginità.
Conosceva bene i meccanismi in cui era cresciuto e li
sfruttò a suo favore.
Presidente della più importante commissione, la
commissione antimafia.
Mi volle incontrare nel suo ufficio un mercoledì
mattina, nel suo ufficio.
Mi disse che la situazione era cambiata, che nulla era
più come prima. All’inizio stentai a capire cosa volesse
dire. Poi fu più esplicito.
-Deve denunciare i suoi estorsori, dobbiamo sbatterli
in galera, toglierceli dai coglioni
all’epoca era un concetto così lontano dalla realtà
quasi quanto il concetto di perdono prima della venuta
di Cristo.
Mi spiegò con grande capacità di sintesi che le imprese
che non avrebbero denunciato i propri estorsori non
65
avrebbero avuto alcuna possibilità di lavorare e che da
quel momento in avanti l’antimafia sarebbe stata
garante di equilibri acquisiti.
-Cosa significa “garante di equilibri acquisiti”?
chiese Loiero che aveva nel frattempo tentato di
recuperare un postura di sufficiente dignità.
- Mio caro Loiero mi chiede cosa significhi “garante
di equilibri acquisiti”? Diciamo per parafrasare un
autore a noi molto caro, Tomasi di Lampedusa,
“cambiare tutto per non cambiare nulla”. Ecco mi
piace buttarla sulla letteratura, forse le renderà la
pilloletta meno amara.
Ho mandato in galera anche gente che non avevo mai
visto in vita mia e con la quale non avevo mai avuto a
che fare, su commissione, su ordinazione…
- E cosa è accaduto dopo? Chiese Loiero adesso tanto
incuriosito quanto spaventato
dell’evoluzione del
racconto.
- Continuai a partecipare alle gare e a vincerle. Ad
impastirle erano sempre gli stessi funzionari, erano
cambiati solo i mandanti. Adesso avevano facce più
rassicuranti, giacche più sartoriali e nel dare
indicazioni non sbagliavano nè i congiuntivi nè i
condizionali. Tutto qua.
66
Loiero per la prima volta dalla sua elezione intuiva
l’enorme meccanismo all’interno del quale era andato a
finire. Certo stupido non era, ma era stato solo un
misero consigliere comunale. Ciò non significava che
non conoscesse l’arte della manipolazione politica, ma
solo per piccole cose, qualche licenza edilizia, qualche
delibera di qualche amico, cosucce in confronto a
quanto si prospettava adesso.
Il metodo era uguale solo che su larga scala e con
numeri molto, molto più grossi.
Si era fatto molto tardi.
- Credo si sia fatto tardi, disse il cavaliere, i suoi
uomini hanno famiglia e anche lei, non vorrei
prendermi le maledizioni di sua moglie per averlo
trattenuto fino a quest’ora. Ci rivediamo molto presto
Onorevole. Spero perdonerà l’impeto del mio
sproloquiare. Credo che a volte la chiarezza sia alla
base delle lunghe intese…
- Si è davvero molto tardi. Grazie per la cena cavaliere.
Non si preoccupi. Spero che anche lei perdonerà la mia
innocente disattenzione ai fatti, alle cose così come in
effetti stanno.
Loiero sembrava quasi grato, dal tono della sua voce, al
cavaliere per quanto gli avesse detto.
Era come se all’improvviso qualcuno gli avesse tolto le
cataratte davanti gli occhi.
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CAPITOLO SESTO
Hotel San Domenico,Taormina ore 9.30 del mattino, la
Mercedes dell’onorevole Livasulli (panzachiatta) arriva
dinnanzi il portone dell’Hotel. Sull’auto lui e il suo
autista.
Il portiere dell’hotel si precipita ad aprire lo sportello
dell’auto dalla quale scende l’onorevole.
-Bene arrivato onorevole, le faccio portare i bagagli in
camera. L’onorevole Pumara la sta aspettando nella
sala Zeus, venga l’accompagno
- Onorè io parcheggio la macchina, se ha bisogno ho il
cellulare appresso . Disse l’autista porgendo la borsa
da lavoro all’onorevole.
- Fatti un giro a Taormina, se ho bisogno ti chiamo.
- Grazie onorè a più tardi.
Livasullu si mise la giacca aiutato dall’autista e si
incamminò sopra il tappeto rosso che portava alla hall.
Il direttore dell’hotel gli venne incontro.
- E’ sempre un onore averla nostro ospite.
- Caro direttore, lei lo sa che vi preferisco a tutti gli
hotel del mondo, voi mi avete drogato mi sa…..
La battuta suscitò il sorriso anche del facchino che
seguiva a ruota con in mano i bagagli dell’onorevole.
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-Venga l’accompagno nella sala Zeus.
Disse il direttore che anticipava di qualche passo
l’onorevole per fargli strada.
Si salutarono sull’uscio della porta della sala. Lo stesso
direttore chiudendo la porta disse:
- per qualsiasi cosa non esiti a chiamarci.
Pumara era seduto nel salottino antistante e trafficava
con delle carte, stava dando alcune disposizioni al suo
segretario. Alla vista di Livasulli, passò il malloppo di
carte al segretario e lo congedò frettolosamente.
- Ne parliamo dopo che adesso è arrivato il mio miglior
nemico. La frase fu seguita da una grassa risata del
Livasulli.
- Ah… se tutti i nemici fossero come me…
I due si abbracciarono e si baciarono come due vecchi
compagni di scuola che non si vedono da tanto tempo.
- ma è mai possibile che ci dobbiamo vedere
clandestinamente come due amanti?
Disse Livasulli continuando con il tono scherzoso.
- Caro Giovanni, speriamo che le nostre mogli non ci
scoprano… Rispose con lo stesso tono Pumara.
Pumara era in camicia e cravatta, aveva tolto la giacca.
L’aria condizionata al massimo refrigerava l’intera
stanza ma ciò nonostante Livasulli si tolse la giacca per
mettersi comodo
- Dalla a me che te la poso io. Disse Pumara che nel
prenderla sbirciò l’etichetta interna.
- Sempre bene ti tratti, vedo che vai dal mio amico Joè
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a farti vestire.
Joè era un sarto famoso nell’ambiente, vestiva da
sempre tutti gli inquilini del transatlantico.
- Ma come te l’ho presentato io e adesso è tuo amico?
Erano soliti cugliunarisi a vicenda quando i due si
incontravano.
Nel frattempo vennero serviti i caffè.
- Caro Alberto, andiamo alle cose serie
Esordì Livasulli, sono tante le questioni che dobbiamo
affrontare e abbiamo solo due giorni a disposizione.
- Credo ci basteranno, io ho preparato un po’ di
materiale, ci dovremmo un attimo organizzare. Disse
Pumara
- La stanza è pulita? Chiese Livasulli
- Ci ha pensato il mio segretario, in fatto di bonifiche
ne sa più di un investigatore privato.
-Megliu dire chi sacciu ca chi sapiva…replicò Livasulli
- A proposito ma questo Mimì mi era sembrato di
capire che volesse naschiare sul progetto di
Fossalumera…. Avevo sentito dire che iniziava a fare
pressioni su di te.. chiese Pumara all’improvviso
- Infatti come vedi ha pressato troppo. Un carusazzu. Si
era messo in testa di essere un boss. Camminava come
se lo fosse. Nessuno gli aveva spiegato che oggi non si
usano più certi atteggiamenti. Era venuto da me
qualche giorno prima che lo astutassero. “ Onorè, lei u
sapi ca cu mia problemi un ci ni sunnu….” Aveva
cominciato a schifiarisi tuttu. Lo concedai con la scusa
70
di un appuntamento al quale non potevo mancare. Mi
aveva detto che sarebbe tornato a trovarmi la settimana
successiva per parlare con calma.
Da quello che mi era sembrato di capire voleva
‘mpilari u so calcestruzzo nei lavori che partiranno a
Fossalumera.
- Ma chi pensi possa avere avuto interesse a toglierselo
dai coglioni?
Livasulli accennò un sorriso sarcastico, guardò Pumara
- Ada Albè di chi stamu parlannu?? Gli amici tuoi
dell’associazione , Peppe Napoli chi misteri fa?
- Calcestruzzi, ma ha denunciato i suoi estortori due o
tre mesi fa
- Sì e avete mandato in galera un operaio che gli aveva
chiesto i soldi per la disperazione di essere stato
licenziato, vistissivu u pupu insieme ad altri tre ruba
galline. Peppe Napoli non è cristiano che paga
protezione, non ne ha bisogno.
Adesso lo avete vestito di pupu pulito ed entra ed esce
dalla stanza del prefetto, spunta in televisione e sappi
che quando partecipa alle gare il certificato antimafia
glielo spediscono fino a casa.
- Però con noi è sempre preciso…. Puntualizzò
Pumara, non ha mai sgarrato e tu lo sai. A dire il vero
sono stato personalmente io a dargli questo consiglio…
71
si stava facendo una brutta nomina
- Tu u misteri u canusci. Però non è che mi piace tanto
questo fatto che io debbo fare sempre il “tinto” della
situazione…. Devi dire a Loiero che la particina la
deve recitare fino a un certo punto. Mi sa che
ultimamente ci ha preso gusto.
- Giovanni, lo sai bene che è la gente che vuole queste
cose, l’opinione pubblica da sempre fa un’ unica
distinzione: buoni e cattivi. In questo momento tocca a
te la parte del cattivo. Del resto in un modo o nell’altro
riesci sempre a essere eletto o no?
- L’ultima volta se non fosse stato per quel malloppo di
voti che mi hai riversato, ho rischiato di non farcela.
- La Sicilia, i siciliani hanno bisogno di qualcosa che
faccia credere loro che le cose sono cambiate. Quello
che tu rappresenti continua ad andare bene per il tuo
elettorato, per la gente che in cambio di un posto ti ha
comunque promesso fedeltà a vita, ma le nuove
generazioni, quelle credimi, hanno davvero bisogno che
li si prenda per il culo. Sono loro che fanno i moralisti,
gli alternativi, che è una parola che non vuol dire un
cazzo, e poi vivono con i soldi di papà che ha l’impresa
a cui tu fai avere gli appalti. Finita la fase dei capelli
lunghi anche loro vanno a fare segreteria all’onorevole
di turno per farsi impiegare da qualche parte.
72
Livasulli replicò
- questa è terra di pupi e pupara. Devi solo scegliere
quale dei due devi essere. A volte è la vita a farlo per
te, a volte ci si riesce se ci metti impegno.
- Pupi e pupara, hai detto bene. Tu mi insegni che i
bravi pupara sono quelli che fanno parlare i pupi senza
mai farsi vedere dal pubblico….
- Esatto, a volte più idiota è il pupo e più la gente lo
acclama e meglio il puparo lo gestisce.
- A proposito, l’argomento introduce un tema che
dobbiamo affrontare: il sindaco di Fossalumera!
Questa volta non ci possiamo permettere di scherzarci
sopra. Qui con la valanga di denaro che ci arriverà
sopra il pupo deve essere di razza. Tu capisci cosa
intendo…
- Ce l’ hai già…. Fa parte della tua squadra.
- Non mi dire che lo hai già individuato? Tu non ci
dormi sopra, ti conosco bene. Dimmi chi hai pensato…
- Tanino Spoto, l’infermiere, il tuo consigliere
comunale.
Tanino Spoto era un ‘infermiere dell’ospedale San
73
Nicola. Finito il suo turno di lavoro, faceva assistenza
domiciliare a nero. Punture, cateteri, clisteri e qualche
medicazione. Un idiota con la “I” maiuscola, ma
conosciuto da tutti e da tutti voluto bene. Era famoso
per il suo parlare sgrammaticato. Aveva preso la terza
media serale per potere fare il concorso da infermiere.
Era stato Pumara a sistemarlo. Aveva già tre legislature
alle spalle. La sua ignoranza era proverbiale, alcuni si
divertivano a creare veri e propri frasari con le
minchiate che uscivano dalla bocca dell’infermiere.
Aveva da poco compiuto cinquant’anni, sposato con un
figlio maschio ventenne, per il momento disoccupato,
ma che sperava ben presto grazie alla politica di
sistemare.
Pumara rimase sbigottito - Nooo, dai Tanito u
‘nfirmeri,? Ma chi dici? E’ troppo, troppo ignorante.
- Ignorante al punto giusto. Per te farebbe qualsiasi
cosa e da un pò di tempo a questa parte anche per
Loiero che lo cugliunìa con la storia dell’impiego del
figlio. Sarebbe l’uomo giusto al momento giusto.
-Ma pensi che la gente…. lo possa..?
Luvasulli scoppiò in una grassa risata, e aggiunse:
- La gente? Alberto, ma proprio tu mi fai questa
osservazione. Ma dai… la gente voterebbe anche nenè
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u foddri ( un pazzo del paese) se a proporlo siamo noi.
Ma hai mai visto che la gente vota il candidato di
qualità, l’intellettuale, come si suol dire..?
Sono come le pecore. Dove va uno vanno tutti. Tanto è
vero che fa il consigliere comunale da tre legislature.
Un motivo ci sarà? E poi credimi che con quello che si
prospetta a Fossalumera, ho l’impressione che lo
stesso Tanito sia fin troppo “intellettuale”.
Fu Pumara questa volta a scoppiare in una sentita risata.
- Sei incorreggibile, ma chi ti può dare torto…
- Io ho già un’idea. Esclamò Livasulli Mancano pochi
mesi alle elezioni. Dobbiamo iniziare a impuparlo.
- Che pensi di fare?
- Semplice, dobbiamo dargli visibilità. Tu lo sai che
questo non me lo deve insegnare nessuno. In consiglio
comunale si sta discutendo il piano regolatore.
- Lo si discute oramai da dieci anni.. disse Pumara
- In discussione ci sono diverse licenze edilizie. Tra
queste c’è quella di Totò Rasca per quella palazzina di
sette piani in contrada Giumella. Sappiamo tutti che
Rasca non è certo un professore universitario. Se
Tanino che è in commissione si mette di traverso il
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gioco è fatto.
Pumara fece una strana faccia come chi non riesce a
cogliere il ragionamento - Non ti seguo…
- Facciamo trovare la testa di un coniglio e due
proiettili dietro la porta di Tanino e nel frattempo
sguinzagliamo la stampa, tu con i tuoi canali e io con i
miei. Nell’arco di ventiquattrore Tanino u ‘nfirmeri ce
lo ritroviamo il Tanino nazionale. Attestati di
solidarietà a chili e iniziamo a vestire il pupo.
- Ma lui deve sapere…?
- Lui non deve sapere una minchia, il primo a crederci
deve essere proprio lui. Tu lo chiami e gli dai
disposizioni su come votare in commissione e il resto
verrà da sè. Alla sceneggiata ci penso io.
- Giovanni sei un pericolo, meno male che sei mio
amico altrimenti….Ma tu a chi pensi di candidare?
- Io candido il dottore Fasula, che è una persona
preparata ma antipatico pure alla moglie. Mi chiede da
tempo che gli piacerebbe avere un ruolo… importante e
noi glielo diamo. Tanto lo sappiamo che non ha dove
andare… Parla troppo difficile… ma almeno si passa il
piacere.
- E con il professore Taverna a cui avevo promesso la
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candidatura….?
- Gli dici che le condizioni non ci sono e che stai
studiando per lui un sottogoverno di prestigio, sempre
se si impegna in questa campagna per Tanito come se
fosse lui il candidato. Taverna tira per i soldi, lo
conosci bene… ha due figli all’università e con lo
stipendio che prende…
Mi sta bene, la prossima settimana chiamo Tanino,
anzi, lo faccio chiamare da Loiero e li convoco per
dargli disposizioni a proposito del voto in commissione.
Tu ti occupi del resto…
- E’ pensiero mio.
- A proposito di Loiero,replicò Pumara, l’altra sera è
andato a cena da Pisano, sono stato io a consigliargli
di chiamarlo. Il cavaliere è stato particolarmente forte
con il nostro Loiero. Ho preferito che certi discorsi
glieli facesse lui piuttosto che io. L’indomani Pisano mi
ha chiamato per dirmi che Loiero è uscito dalla sua
casa sconvolto, come se gli avessero detto che aveva un
tumore. Ma io lo conosco, è solo paura quella di Loiero
è sempre stato uno scantulino. Ma d’altronde ha voluto
la bicicletta? Adesso deve pedalare.
- Quindi lo sa cosa lo aspetta? Qui il gioco si fa serio
non possiamo certo permetterci di giocare.
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- A proposito disse Pumara ha incontrato i milanesi
che domani ci raggiungeranno. Ho voluto in qualche
modo introdurlo nella faccenda. Non credo ci siano
problemi.
- A che ora è l’appuntamento domani?
- Saranno qui per ora di pranzo.
- Bene, ho il tempo di fare una capatina a Catania.
- Hai il tempo sì. Vai a trovare la nostra amica? Ti fai
spupazzare un poco così torni bello rilassato. Eh
vecchio mandrillone…
- Questi vizi li ho presi camminando con te ..
La discussione riprese il tono scherzoso, era quasi ora
di pranzo e quello era il momento giusto per raccontare
avventure galanti e conquiste che i due tiravano fuori
come farebbero due ragazzini con le figurine panini.
L’indomani i due compagni di merende si incontrarono
di buon’ ora. Avrebbero dovuto mettere a punto alcuni
passaggi prima dell’incontro con i Milanesi.
Il dott. Briguglia e l’ing. Sanzio arrivarono nella tarda
mattinata con un’auto presa a noleggio in aeroporto.
Vennero fatti accomodare nella sala Zeus,
accuratamente bonificata dal segretario del Pumara.
Nulla era lasciato al caso.
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Non fu necessaria alcuna presentazione. I quattro si
conoscevano già e quello era l’ennesimo incontro.
Forse quello decisivo. Molto probabilmente l’esito
dell’incontro era contenuto nella valigetta che il
Briguglia teneva con sè.
I quattro, superati i saluti di rito, affrontarono
immediatamente l’oggetto dell’incontro.
- Noi ci stiamo muovendo nella giusta direzione.
Esordì Briguglia. Abbiamo già ottemperato alla
richiesta di tutte le autorizzazioni. Sappiamo però che
in paese vi è un po’ di agitazione da parte di qualche
pseudo ambientalista. Non vorremmo avere problemi.
Ci è giunta voce che sta animando sparuti gruppetti che
si oppongo alla realizzazione dell’impianto.
- Dottore Briguglia,rispose Livasulli, dalle nostre parti
la mamma dei rompi coglioni è sempre incinta. Non si
ponga il problema. Ci siamo qui noi. Conosciamo bene
i nostri polli.
- Sappiamo chi sono gli artefici di queste iniziative.
Replicò Pumara. Ci stiamo adoperando per isolarli.
Telelumera è di fatto di proprietà dell’onorevole
Livasulli. In ho sul mio libro paga la maggior parte dei
giornalisti che si occupano dei fatti che accadono nel
nostro territorio. Questi salvatori della patria potranno
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dire la loro solo al citofono.
La battuta suscitò una corale risata.
- Noi per quanto ci riguarda andiamo avanti. Ognuno
svolga il proprio ruolo. Disse Sanzio
- Certo è che non stiamo certo andando a realizzare un
campo di calcetto, stiamo parlando di petrolchimico.
Lo sappiamo tutti che fine ha fatto lo stesso progetto
proposto in altri posti….
E’ naturale che i problemi ci sono. Poi col fatto che da
una vita raccontiamo la storiella dello sviluppo
turistico e invece che la terrazza di un hotel oggi
proponiamo canne fumarie alte settanta metri… mi
consentirete che per noi che facciamo politica sul
territorio, non è certo una passeggiata di salute.
Livasulli sembrava volere alzare il prezzo o forse
stimolare i due a svelare il contenuto della valigetta
rimasta fino a quel momento quasi attaccata alla gamba
destra del dott. Briguglia.
- Conosciamo le difficoltà che state incontrando e noi
siamo qui per aiutarvi in qualche modo, a superale.
Contemporaneamente alla fine della frase Briguglia
prese la valigetta, la pose sul tavolino posto davanti ai
divani facendosi spazio tra i bicchieri dell’aperitivo. Il
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rumore, lo scatto dell’ apertura sembrava annunciare
ricchi premi e cotillon.
Girò la valigetta in direzione dei suoi interlocutori.
- Sono settecentomila euro in pezzi da 100 e 500 euro.
Questa è la prima trance come avevamo pattuito. Le
altre due ad autorizzazioni ottenute. Per volere essere
chiari, l’altra trance da trecentomila euro vi sarà
consegnata una volta superato il problema che voi ben
conoscete e che si chiama ministero dell’ambiente. I
rimanenti cinquecentomila euro vi saranno consegnati
con l’inizio dei lavori.
I due onorevoli si guardarono scambiandosi un
impercettibile gesto di assenso.
Pumara, richiuse la valigetta.
- Considerate la faccenda risolta.
I due guardarono Livasulli come a cercare conferma di
quanto appena affermato da Pumara. Livasulli rispose
con una mimica più eloquente di qualsiasi dire.
Poi Pumara, presa la valigetta, chiese il permesso di
allontanarsi.
- Metto questa al sicuro e vi raggiungo.
L’incontro continuò a pranzo. Non tornarono più
sull’argomento, si parlò di tutt’altro.
81
CAPITOLO SETTIMO
Tre giorni dopo Pumara chiama Loiero e lo convoca nel
suo ufficio insieme al consigliere comunale Tanino u
‘nfirmeri.
I due arrivarono di buon’ ora. Erano da poco passate le
nove.
- Caro Alfonso, come stai? Esordì Pumara, poi
rivolgendosi a Tanino - Il nostro grande Tanino…
sempre i culi della gente spurtusi? Riferendosi alla sua
professione di infermiere.
Tanino era impacciato davanti all’onorevole.
- Onorè chistu è u me travagliu…
- Caro Tanino l’importante è lavorare.. e poi nella vita
non si sa mai… a volte è la vita che ci riserva sorprese
inaspettate.
Tanino non intuì affatto il tono sibillino dell’onorevole
Pumara, annuì con l’espressione di chi non ha nulla da
aggiungere.
- Vi ho convocati per un motivo importante.
I due seguirono con molta attenzione il labiale
dell’onorevole Pumara.
- Credo che tra qualche giorno si riunirà la
commissione edilizia. Me lo confermate?
- Si onorè, venerdì, infatti ho chiesto in ospedale di
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spostami il turno. Alle undici mi dissiro.
- Va bene… andiamo al punto. Vi sarà sottoposta una
licenza edilizia da parte dell’impresa di Totò Rasca, mi
pare che si riferisca a una palazzina … indossò gli
occhiali prendendo un foglietto di carta giallo, un post it
- di sette piani in contrada Giumello. Bene questa
licenza non deve passar, .quindi sapete cosa fare.
- Alberto, ma …non capisco,replicò l’onorevole Loiero
mi pare che abbia tutti i permessi.. e tra l’altro ci
doveva fare lavorare un manovale che gli avevo
segnalato.
- Onorè propriu chista di Totu Rasca, chiddru sa
segna, non lo so se lei lo conosce, chiddru è un
malutrispu…disse Tanino con un tono molto
preoccupato
- Forse non mi sono spiegato.. incalzò con tono
sicuramente meno cordiale di quello iniziale. Non ci
sono discussioni. Ve l’ha ordinato il dottore a te di fare
il consigliere comunale e a te di fare l’onorevole?
Allora fatemi il cazzo di favore di non discutere. So
quello che faccio e voi non dovete temere nulla. Per
favore eh.. non ho tempo da perdere.
Si alzò girò attorno alla scrivania, diede una pacchetta
sulla guancia di Tanino e disse:
- Ma di chi ti scanti? Tranquillo che non ti farei fare
83
nulla che ti possa creare problemi. E’ una cosa mia. Lo
sa casomai che sono stato io . Non ti dare pensiero.
Poi rivolgendosi al Loiero - I tuoi manovali falli
parlare con Sergio ( il segretario) li mandiamo a
lavorare da un’altra impresa. Ora fatemi lavorare che
ho un bordello stamattina…
Li mise alla porta come si farebbe con due testimoni di
geova .
I due uscirono senza avere il tempo di replicare. In auto
non si dissero neanche una parola. Era inutile
commentare.
Tanino era visibilmente turbato. Prima di scendere
dall’auto Loiero tentò di confortarlo:
-Tanì non ti prendere pensiero, hai sentito che ha
detto? Rasca u sapi di unni veni u dannu. Tanì
ambasciator non porta pene.
- Mah, speriamo ca un m’a pigliari colari.
Il venerdì mattina Tanino si presentò in commissione ed
eseguì sotto lo sguardo sbigottito degli altri
partecipanti, quanto ordinato dal Pumara.
Nel corridoio del palazzo comunale alla fine della
commissione, gli si avvicinò il responsabile dell’ufficio
tecnico:
- Io non lo so chi ti passa pa testa, ma vidi ca Rasca avi
tutti i carti a posto. Un ci cugliunari. Tu u canusci cu
84
è..
Tanino non rispose e si dileguò per evitare che anche
altri lo invitassero alla riflessione.
Dopo neanche cinque giorni, sull’uscio della porta di
Tanito, proprio sul pianerottolo della palazzina di
cooperativa dove egli abitava, venne recapitata una
testa di coniglio e due proiettili in una busta.
Livasulli non aveva perso tempo. Neanche lo stesso
Rasca che ne avrebbe avuto motivo pensò di essere così
celere.
Quello poteva comunque essere anche un modo per
proteggerlo da eventuali ritorsioni da parte del Rasca
che poverino venne comunque convocato in questura e
tartassato di domande.
Tanino alla vista della testa del coniglio e dei due
proiettili ebbe quasi un mancamento. Fu la sua
dirimpettaia a chiamare la Polizia. Egli non ne avrebbe
avuto le forze.
La macchina mediatica di mise immediatamente in
moto. Orde di giornalisti assediarono quella anonima
palazzina di cooperativa, mentre a Tanino venne
immediatamente “suggerito” dal Pumara di non
rilasciare alcuna dichiarazione se non prima di averne
parlato con lui.
Gli attestati di solidarietà fioccavano da tutte le parti,
una vera maratona by partisan da parte di esponenti
85
politici di qualsiasi estrazione.
Tanino era entrato a gran voce nel meraviglioso mondo
dei giusti, dei coraggiosi, di quelli che sacrificano la
propria incolumità per il bene dell’intera collettività.
Pumara lo fece prelevare e portare dal suo autista a casa
sua. Una volta entrato Tanino ricevette parole di
solidarietà da parte dell’onorevole.
- Come vedi caro Tanino io sono qua con te, non ti
lasciato da solo.
- Onorè io glielo dicevo, cu sti cristiani non si può
cugliunari.
- Bocciare una licenza per una palazzina di sette piani
non è “cugliunari” caro Tanino. Però tu ora mi devi
promettere di tranquillizzarti. E’ tutto sotto controllo.
Anzi ti dirò che ti aspettano grandi novità. Cose
importanti Tanino beddru.
- Onorè Lei mi fa scantare quando parla. Ma chi cosa
m’aspetta ora?
- Calma Tanì, calma. Goditi questo momento di
visibilità. Ti intervisteranno da tutte le parti adesso. Tu
non ti devi mai sbilanciare. Devi essere sereno e
determinato. Devi dire che tu hai sempre svolto il tuo
ruolo di consigliere comunale con dedizione e
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determinazione, che continuerai a farlo in nome e per
conto di tutti quegli elettori che da ben tre legislature
ripongono fiducia in te e poi, ma questo non lo devi
assolutamente scordare, che riponi fiducia nelle forze
dell’ordine e nella magistratura che sapranno
sicuramente individuare e punire i protagonisti di un
gesto così infame come quello che è stato consumato
nei tuoi confronti.
- Maria onorè.. io mi scantu che mi cumpunno davanti
a la telecamera.
- Tanì inizia ad abituarti… e poi chi c’è di cumpunnisi
sono quattro parole.
Tanino venne congedato con la solita pacchetta sulla
guancia.
I giorni avvenire furono un susseguirsi di interviste e
fotografie. Non vi era notiziario in cui non veniva
intervistato Tanino.
- Signor Spoto cosa ci dice a proposito di quanto è
accaduto? Teme adesso per la sua incolumità?
- Sinceramente all’inizio mi sono preoccupato, ma per
risolvere i pobremi di questo paese abbisogna avere
mano ferma. Io che sono consigliere comunale da tanto
tempo ho a cuore i pobremi di questo paese, spero di
continuare a fare il mio dovere. I carrabinieri, la
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polizia insieme alla magistratura troveranno
colpevoli. Io ho fiducia nella magistratura.
i
Pumara aveva appena finito di guardare l’intervista in
televisione che gli squilla il telefono.Era l’onorevole
Livasulli.
- Hai visto che è stato bravo? se la cava il nostro
Tanino.
- Certo uno che lo sente parlare si scorda l’italiano,
ma tutto sommato può andare.
- Va, va, non ti preoccupare che Tanino il tempo che ci
prende confidenza rischi di ritrovartelo in parlamento.
Risata.
- Per favore ci basta Loiero….. Replicò Pumara
-Iniziamo a impuparlo, i tempi si fanno stretti, facciamo
passare le ferie di agosto e chiudiamo l’operazione.
- Mi sta bene, l’importante è che in questo lasso di
tempo i nomi di papabili candidature siano altri. Non
voglio togliere il gusto della sorpresa ai nostri
concittadini.
- Stai tranquillo ……
Quell’agosto fu particolarmente torrido, il paese
strabordava di gente, emigrati tornati per trascorrere le
ferie, turisti e avventori la sera si confondevano sulla
piazza principale insieme ai disoccupati di sempre.
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D’estate Fossalumera sembrava essere apparentemente
un paese felice, sorrideva come sorriderebbe uno colto
da paresi. Le spiagge erano sporche e affollate e i turni
per la distribuzione dell’acqua avevano tempi da terzo
mondo.
La paura che aveva colto gli abitanti a seguito
dell’uccisione di Mimì e del suo tirapiedi si era dissolta
come la nebbia allo spuntar del sole. Le tracce di
sangue rimaste sul selciato avevano preso strani
contorni e disegnato strane figure. La gente ci passava
sopra senza più curarsene.
L’anonimo scrittore di lettere anonime non si era fatto
più vivo. Si vociferava che fosse stato in qualche modo
individuato e affrancato nelle sue richieste.
In molti dicevano che si trattasse di un impiegato
comunale punito e adesso reintegrato nella sua vecchia
mansione.
Qualche altro diceva che si trattava di una vecchia
fiamma dell’onorevole Livasulli che dopo essere stata
scaricata aveva deciso di minacciare l’onorevole per
ottenere un lauto risarcimento per la delusione d’amore.
Il mistero rimaneva e con esso anche la speranza che
l’anonimo ritornasse ad allietare con le sue missive la
noia di Fossalumera.
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CAPITOLO OTTAVO
L’estate volgeva al termine, gli emigrati avevano
iniziato a caricare le loro lussuose auto per fare ritorno
nei freddi paesi che avevano offerto loro la possibilità
di un lavoro e di una vita dignitosa.
Le spiagge iniziavano a spopolarsi e gli ombrelloni
degli stabilimenti balneari si ritiravano come truppe di
soldati dal fronte dopo una sconfitta.
Il vento caldo di scirocco cedeva il posto al meno
tiepido maestrale e sporadiche nuvole piene di pioggia
sostavano sul cielo di Fossalumera come preludio
all’arrivo dell’autunno.
I pontili sul molo si svuotavano dei tanti natanti che
durante l’estate stavano lì come petali di tante
margherite.
I ragazzi, il pomeriggio, avevano smesso di vedersi sul
lungomare e ritornavano ad incontrarsi nella piazza del
paese, mostrando squamate abbronzature di un’ estate
che stava per andare via.
I pochi negozi del paese avevano già riempito le vetrine
di capi invernali, anche se la temperatura, specialmente
durante il giorno, faceva desiderare tutt’altro.
Il bar Trinacria tornava a riempirsi di politici locali e
disoccupati che si cimentavano in concitate discussioni
90
sugli acquisti che aveva fatto la squadra del cuore. A
volte le discussioni sfociavano in vere e proprie liti.
I politici, invece, avevano ben altro per cui litigare. Le
imminenti elezioni comunali aprivano scenari
inimmaginabili.
Il numero dei candidati al consiglio comunale questa
volta sembrava batter tutti i record storici.
Granitiche famiglie che avevano da sempre confluito su
un unico parente, venivano speronate e sgretolate da
subdole operazioni di caporalato politico.
I capi corrente erano alla disperata ricerca di candidati
per potere avere il maggior numero di liste tali da
assicurare loro l’elezione del candidato sindaco a cui
queste facevano riferimento.
Il piano Pumera/Livasulli avrebbe da lì a poco preso
forma e sostanza.
L’on. Pumara appena rientrato dalle vacanze, convocò
Tanino a casa sua insieme ad un gruppo di fidati tra cui
l’on.Loiero.
Li ricevette nello splendido giardino della sua villa,
sotto la tettoia adiacente la casa circondata da palme,
alberi di ulivo e prato inglese con al centro una
meravigliosa piscina illuminata.
In tutto cinque persone, compresi tre consiglieri
comunali che facevano capo alla sua corrente.
Pumara esordì dicendo:
- Cari amici vi ho voluto qui con me oggi per potere
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affrontare l’argomento del momento nella città di
Fossalumera: l’elezione del sindaco. Credo che questa
volta non possiamo certo prendere sottogamba una
elezione così importante in un momento così delicato
per Fossalumera.
I suoi ospiti erano in religioso silenzio e sembravano
pendere dalle labbra dell’on. Pumara. Il numero
ristretto di partecipanti alla riunione li faceva sentire dei
prescelti.
- … Ed è per questo che io ho molto lavorato
ultimamente per individuare una persona che possa
rappresentare la nostra coalizione, che funga da
collante in maniera trasversale per le varie anime che
la compongono. Mi verrebbe da indicare ognuno dei
presenti per potere ricoprire la carica di primo
cittadino, conosco le vostre storie personali e so con
certezza che ognuno di voi ne sarebbe degno.
Gli ospiti nel sentirsi lusingati accennarono qualche
sorriso e qualche timida battuta che non interruppe
certo lo slancio del discorso che stava facendo l’on
Pumara.
-……… Ma questo non mi è possibile, continuò
l’onorevole, mi è possibile invece farmi garante con
ognuno di voi del nome che sto per farvi e qualora voi
doveste essere concordi potrà rappresentarci tutti.
Il taglio della frase sembrava studiato apposta per
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creare la suspance necessaria degna di un gioco a quiz,
quando prima di decretare il vincitore si manda in onda
la pubblicità. E’così fece l’onorevole Pumara che ben
conosceva l’arte della comunicazione.
- Vorrei però a prescindere dalla decisione che uscirà
fuori da questo nostro incontro brindare al nostro
prossimo sindaco.
Le decisioni di Pumara non erano mai state messe in
discussione e figuriamoci se poteva accadere proprio
adesso.
Nel suo discorrere il Pumara riempì i bicchieri posti sul
tavolo attorno al quale si discuteva e aperta una
bottiglia di moet & chandon riempì i bicchieri dei suoi
ospiti. Un gesto di umiltà che lo avrebbe reso ancora
più forte agli occhi dei presenti.
I suoi ospiti, alzati i calici, quasi in una sorta di trance
perché non avevano ancora ben capito cosa stesse
accadendo, aspettavano con impazienza che l’on.
Pumara scoprisse l’arcano.
Egli,infatti,qualche istante dopo, si girò verso Tanino
che sedeva alla sua destra e guardandolo fisso negli
occhi disse:
-Brindiamo alla candidatura a Sindaco di Fossalumera
di Tanino Spoto, uomo di grande coraggio, da sempre
apprezzato da tutti e che saprà certamente darci grandi
soddisfazioni.
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Tanino aveva appena buttato giù il primo sorso, non
aveva ancora ben capito cosa stesse dicendo l’on
Pumara, quando gli andò di traverso. Iniziò a tossire, il
viso paonazzo e gli occhi pieni di lacrime per
l’incidente.
- Tanì ma chi fa t’affucasti? Chiese prontamente
l’onorevole Pumara.
Scoppiò un applauso all’unisono. Tutti gli altri
partirono a complimentarsi con Tanino, mentre egli
cercava disperatamente di darsi un tono, ma lo
champagne andatogli di traverso continuava ad
impedirglielo.
- Io mi sono permesso di fare questa esternazione, ma
vorrei sottolineare che tutto ciò ha validità solo se vede
il vostro consenso. Disse Pumara rivolgendosi a tutti gli
altri, sicuro che nessuno si sarebbe comunque opposto
ad una decisione così diciamo “democraticamente
discussa”.
- Onorè la sua scelta è la nostra scelta. Replicò uno dei
tre consiglieri presenti.
Poi il Pumara guardò Loiero come a dire” e tu che ne
pensi ?”
Loiero diede l’ennesimo sorso al suo champagne quasi
a prepararsi la bocca prima di esordire nel suo discorso:
- Voi tutti sapete la stima e l’amicizia che mi lega
all’onorevole Pumara che nel corso di questi anni ho
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avuto il piacere di conoscere come politico ma
soprattutto come uomo.
La sua preparazione e le sue intuizioni politiche credo
non sia necessario raccontarle. Se a questo aggiungo il
fatto che Tanino è persona seria, coraggiosa, di partito,
mi pare che ho detto la mia.
E giù un altro applauso. Tanino si era ripreso
dall’affucatina e la sua espressione era tra l’incredulo e
lo stordito.
Adesso toccava a lui esprimersi. Avrebbe dovuto fare il
suo primo discorso da candidato a Sindaco. Certo non
si poteva dire che Tanino fosse Vittorio Sgarbi, nè che
maneggiasse la lingua italiana meglio di un clistere, ma
si dovette cimentare.
Prese il coraggio a quattro mani, si schiarì la voce con
due colpi di tosse e alzatosi in piedi disse:
-Caro Onorevole Pumara, caro Onorevole Loiero,
amici, colleghi, questa annuncio, questa notizia, non
me l’aspettavo, tutte cose mi potevo aspettare, ma no
questa cosa. Se il mio cuore potrebbe esprimere la
gioia con le palore, sono sicuro che direbbe un
caloroso grazie all’onorevole Pumara, all’onorevole
Loiero e a tutti voi.
Certo Tanino avrebbe un attimo dovuto rivedere
qualche congiuntivo, qualche condizionale, ma poco
importava.
Il discorso venne applaudito da tutti. La gente vota
l’uomo e non la grammatica, era solito dire l’onorevole
95
Livasulli.
Le pacche sulle spalle di Tanino si sprecarono e per
ogni singolo discorso che ognuno di loro pronunciò a
turno, partirono baci e abbracci. Quella sera se ne
contarono a decine.
L’onorevole Pumara congedò i suoi ospiti, e chiese a
Tanino di farsi rivedere l’indomani per iniziare a stilare
tutto ciò che era necessario fare.
Rimasto solo l’on. Pumara prese il telefono:
- Caro onorevole Livasulli, abbiamo il sindaco.
- Alberto, ma che mi dici? Come l’ha presa?
-Come l’ha presa non lo so, ma dove lo posso
immaginare
.
Livasulli scoppiò in una risata che fece fatica a fermare.
Dall’altra parte gli faceva eco il Pumara che dopo
essersi ripreso disse:
- A parte lo scherzo, tutto bene. Certo quando parla
uno rischia di scordarsi l’italiano, ma poi per il resto
tutto bene.
- Sono contento. Questa è una buona notizia. Loiero ha
fatto qualche obiezione?
- E che doveva dire, si doveva solo permettere e lo
facevo uscire da casa mia con un televisore da
riparare.
Anche stavolta Livasulli scoppiò a ridere.
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- Alberto domani sarò a Palermo se ti trovi in zona
fisso l’appuntamento con Pisano.
- Sì domani sono a Palermo, venite da me in ufficio. Lo
preferisco, tu mi capisci…
- Assolutamente. D’accordo. Facciamo alle cinque del
pomeriggio se a te va bene.
- Benissimo. A domani.
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CAPITOLO NONO
Il giorno seguente il cavaliere Pisano arrivò alle 17,00
in punto nell’ufficio dell’on. Pumara. I due dovettero
aspettare una buona mezz’ora prima che arrivasse
Livasulli.
- Chiedo scusa ma mi hanno trattenuto a questo cazzo
di convegno sull’agroalimentare. Non finivano più.
Eccomi qua.
I tre non avevano bisogno di presentazioni, anche il
rapporto tra il cavaliere Pisano e i due onorevoli era
alquanto informale, si chiamavano per nome. Erano
tanti anni che il trio orchestrava operazioni di una certa
portata.
Si accomodarono attorno al tavolo riunioni poco
distante dalla scrivania. L’ufficio era particolarmente
elegante, pezzi antichi di pregiata fattura si alternavano
a preziosità più moderne. Le sedie in cuoio cucito
chester. Dietro la scrivania l’annuario dell’arma dei
carabinieri, poco distante due aste in ottone lucido
reggevano la bandiera italiana e quella europea. Su un
pezzo accanto alla scrivania una serie di foto con
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personaggi illustri. Una mentre il Pumara bacia la mano
al Papa. E poi ministri, senatori e personaggi di alto
spessore.
Sulla scrivania la foto della moglie e dei suoi due figli.
L’onorevole Pumara aprì la discussione introducendo
futili temi per rompere il ghiaccio:
-E allora Vincenzo, rivolgendosi al cavaliere Pisano,
me la devi vendere questa barca?. Cosa se ne fa uno
come te che lavora dalla mattina alla sera di un 15
metri ormeggiata a Porto Rosa? Mi sa che questa
volta ti convinco.
- E tu che hai bisogno di comprarla la mia barca, non
lo sai che la tengo per te? Sai dove si trova e quando
vuoi la puoi prendere. Tu lo sai che le mie cose sono a
disposizione dei miei amici. Poi rivolgendosi al
Livasulli :
- a te questo non lo dico, so quanto soffri il mare.
- Per carità io sto male solo a guardarle le barche.
La discussione si protrasse per altri dieci minuti prima
di affrontare gli argomenti motivo dell’incontro.
- Dovevate vedere la faccia del Loiero l’altra sera.
Esclamò ad un tratto il Cav. Pisano. Sembrava uno
sceso dalle nuvole. Come se lui si fosse ritrovato dov’ è
per meriti personali. Ma io sono stato chiaro: sveglia
che qui non stiamo giocando. Credo che abbia
afferrato il concetto.
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- Lo credo anch’io, l’ho trovato cambiato, ha un
atteggiamento, come dire…, più massone. Replicò
Pumara.
Anche Livasulli disse la sua.
- Ai miei tempi la politica era diversa. Si era più diretti.
Oggi con tutta questa storia della comunicazione,
dell’opinione pubblica, dei mass media, siamo costretti
a mandare in avanscoperta certi imbecilli…
- Eh caro Giovanni oggi va di moda denunciare. Ai
miei tempi le bottiglie di benzina dietro la porta di casa
servivano per farti cacare addosso. Oggi servono per
farti diventare deputato, personaggio.
Pumara tagliò corto il discorso.
- Andiamo a noi. Il candidato, come tu saprai, ce lo
abbiamo. Rivolgendosi al cav. Pisano
- Sì ho saputo, questo Tanino come si chiama…?
Spoto . Non lo conosco, l’ho visto qualche volta su
Telelumera, mi pare sufficientemente imbecille per fare
il sindaco. Credo faccia al caso nostro. Poi siete voi
lì… che conoscete i vostri polli. Io faccio altro.
- Io credo che come candidato vada bene. E’gestibile.
Vero è che è ignorante, che quando parla …lasciamo
perdere, ma è anche vero che non possiamo metterci in
questa fase uno che pensa con la sua testa. A noi basta
100
la sua firma. Tagliò corto Livasulli.
- E tu chi candidi, o meglio chi mandi al patibolo? Gli
chiese il Cav. Pisano.
- Fasula, il medico. Minchia è da tre anni che mi
rompe i coglioni. L’abbrusciamo e buonanotte.
- Questo è sempre stato una testa di minchia, fin da
quando eravamo ragazzi. Sempre il tic nell’occhio ha?
- Magari in tutti e due ora ce l’ha .
- Abbiamo incontrato i milanesi . Esclamò Pumara
rivolgendosi al cav. Pisano. Ci hanno dato i dettagli
dell’operazione. Noi abbiamo chiesto garanzie per
quanto riguarda tutte le infrastrutture che intendono
realizzare. Tu sai a cosa mi riferisco…..
- A quanto ammonta il totale del lavori?
- A circa 500 milioni di euro.
- Che garanzie vi hanno dato?
- Vincè le garanzie gliele abbiamo dovute dare noi.
Nostra è la patata bollente. Quelli o i lavori li fai tu o li
fa un altro non gliene fotte una minchia. Non lo sai
come sono i polentoni. Business, solo business. Infatti
oggi ti abbiamo voluto incontrare per questo motivo.
- Cioè? Chiese curioso il Cav. Pisano.
Pumara rivolgendo lo sguardo a Livasulli:
- Giovanni spiegaccillu tu .
Livasulli diede un colpetto di tosse per schiarirsi la
voce e scarabocchiando il foglio che aveva davanti con
degli strani geroglifici, volse lo sguardo verso il
cavaliere per poi tornare a guardare il suo foglio.
Ostentava una sorta di indifferenza…sembrava che
101
quello che stava per dire lo riguardasse poco.
- Questa volta il rischio è alto, le pressioni sono tante,
e gli ingranaggi da ungere sono molteplici
Il Cav. Pisano intuì dall’alto della sua navigata
esperienza dove stessero andando a parare i due
compagni di merende.
- Vincenzo questa volta se vogliamo che tutto vada
liscio ci vuole il sei per cento. Scrisse il numero tra i
suoi scarabocchi e lo fece diventare subito dopo un
altro geroglifico.
- Ma che mi dite? Il sei? Ma stiamo parlando….
Pumara lo interruppe.
- Stiamo parlando che se ti va in porto questa tu hai
fatto tredici. Lo sai meglio di me. Poi parliamoci
chiaro… se può essere. Tu lo sai che non abbiamo
problemi.
Cav. Pisano - Eccolo, dopo una vita di …. Ora che mi
rispondi.. “noi non abbiamo problemi” dai Alberto…
- Il sei è il minimo, buona parte si perderà scrivanie,
scrivanie, tu lo sai bene. Ministero dell’ambiente,
ambientalisti, funzionari, qualche magistratino che
vuole ficcarci il naso. Eh.. le cose si debbono guardare
nella loro totalità. I tempi sono cambiati. I rischi sono
aumentati. Aggiunse Livasulli.
-Va bene siete due contro uno.. quindi non ho scampo.
Auguriamoci che non nascano problemi strada
102
facendo. Concluse il Cav. Pisano
- Siamo qui per risolverli. I milanesi sono determinati
a realizzare l’impianto. Soffierebbero l’opportunità al
colosso concorrente. In tutte le altre città chi ha
proposto il progetto è dovuto scappare a gambe
elevate. A fossalumera, invece, sono disperati e
rassegnati. Anche se gli proponessero la costruzione di
una discarica nel centro del paese direbbero di sì.
Quando lasci per così tanto tempo un uomo senza cibo
è disposto anche a mangiare la merda per la fame.
Pumara fu l’unico ad avanzare qualche perplessità:
-Certo è che, detto tra noi, questo impianto è
devastante. Giorni fa parlavo con un mio amico
professore universitario che conosce a fondo la materia
e mi diceva che le conseguenze che ne potrebbero avere
gli abitanti e il territorio sono inenarrabili.
-Il solito catastrofista. Meno male che ha deciso di fare
il professore questo amico tuo…Rispose risoluto
Livasulli deciso a non farsi condizionare da niente e da
nessuno.
-Giovanni credimi che si tratta di un luminare. Se non
fosse che noi abbiamo mille canne di motivi per far sì
che si realizzi… credimi che…
-Alberto d’accordo, ma che minchia ci vorresti fare a
103
Fossalumera ? Il turismo? Ci dobbiamo prendere in
giro anche tra di noi? Quel territorio è stato oramai
devastato dalla industrializzazione degli anni Settanta.
Nessuno sarebbe disposto ad investire su un territorio
come quello, anche se ci sono belle spiagge e via
discorrendo. Il turismo è roba da ricchi. Noi siamo fatti
per essere colonizzati. Lo siamo da secoli.
- All’inizio della mia carriera da imprenditore ci
provai anche io affinché si prendesse una direzione
diversa. I gruppi di potere di allora mi minacciarono di
tagliarmi fuori dai giochi. All’epoca le multinazionali
scesero con le valige piene di soldi e acquistarono
tutto, ma proprio tutto. A trent’ anni di distanza non
contiamo più i morti per tumore. Tutto è passato in
maniera silente. Questi hanno fatto il business e non si
sono degnati neanche di portare via la merda che
avevano fatto. Come vedete sta ancora tutta lì. A
distanza di anni sono tornati. Gli è andata bene la
prima volta e gli andrà bene anche questa volta. Noi ci
stiamo nel mezzo. Che facciamo? Gli diciamo “no
grazie non ci interessano 500 milioni di euro? Non ci
interessano un pò di posti di lavoro? Non ce lo
possiamo permettere. Aggiunse il Cav. Pisano ormai
anche lui deciso ad andare avanti, costi quel che costi.
– E’ proprio così ! Oggi dobbiamo rispondere alle
necessità del territorio in maniera immediata. Questa è
l’unica opportunità che abbiamo. Sul discorso
104
riguardante i posti di lavoro è chiaro che stiamo
bleffando. L’impianto ha una bassissima risposta
occupazionale. Superata la fase di avvio credo che
basteranno non più di trenta, quaranta unità per farlo
funzionare.
- Il paese si aspetta 700 posti di lavoro. I tecnici della
società stanno giocando molto sull’equivoco. Credo
che anche i quaranta posti a cui ti riferisci tu siano in
parte profili specializzati che porteranno loro da altre
parti d’Italia.
-In verità questo sta creando aspettative che
diciamocelo pure tra di noi andranno deluse. Aggiunse
Pumara a cui fece eco Livasulli:
- I cittadini di Fossalumera sono abituati alle
delusioni, anzi se ogni tanto non gliene fai provare
qualcuna rischiano di perdere l’abitudine.
Il suo cinismo era inenarrabile.
Pisano si alzò si diresse verso l’ampia vetrata che si
affacciava su una lussuosa via di Palermo e dando le
spalle ai suoi interlocutori disse:
- Cari amici miei questa terra è stregata, questo popolo
è strano. Pieno di orgoglio all’inverosimile ha in sé
una forma di strano masochismo. La speranza, il posto
di lavoro, la raccomandazione…. Non è mai riuscito a
105
sganciarsi da questa mentalità. E’ come se avesse
paura di osare.
Poi giratosi di scatto guardò i suoi due interlocutori
-I polentoni lo sanno bene che l’impianto lo possono
fare solo qui. Nelle altre città li hanno buttati fuori
subito dopo la presentazione del progetto.
- Lo sanno, lo sanno. Li dovresti vedere come tengono
le ali abbassate quando vengono a trovarci.
Livasulli guardò l’orologio:
- Porca puttana è tardissimo, devo scappare ho un
appuntamento a Fossalumera. Spero di non trovare
traffico.
Saluti, baci e abbracci.
106
CAPITOLO DECIMO
Le elezioni a Fossalumera erano state fissare per il 29
ottobre. Da lì a poco sarebbe partito il grande
carrozzone elettorale.
In paese c’era un fermento mai visto. Le diverse fazioni
politiche avevano cominciato a tirare a lucido le proprie
segreterie. I caporali di ogni partito avevano iniziato a
girare casa per casa, condominio per condominio.
I candidati al consiglio comunale giorno dopo giorno si
moltiplicavano come i pani e i pesci. Non vi era nucleo
familiare che al suo interno non avesse un candidato.
Fratelli candidati in due partiti diversi e opposti, cugini,
cognati, addirittura padre e figlio l’uno contro l’altro.
La battaglia era aperta e senza esclusione di colpi.
I candidati alla poltrona di Sindaco erano quattro:
Tanino che faceva capo alla compagine Pumara/Loiero,
il dott. Fusaro in forza a Livasulli, un certo Pietro
Bartolomeo famoso per i suoi trascorsi da aspirante
terrorista, in forza all’ala della sinistra più radicale, un
disoccupato sognatore con velleità da artista ma di fatto
precario disoccupato. Dalla parte opposta un nostalgico
fascista di settant’anni Adolfo Murrina che era riuscito,
senza non poca fatica, a mettere su una lista con lo
scopo di candidarsi.
107
Il numero delle liste era senz’altro determinante per
l’elezione del sindaco. Risultava palese che lo scontro
almeno in apparenza dovesse essere tra il candidato di
Livasulli,il dott. Fusaro e Tanino.
Anche in questo caso Tanino sembrava palesemente
favorito da un corposo numero di liste a lui affiancate.
L’atto intimidatorio che aveva subito e la visibilità
mediatica che era riuscito a ritagliarsi lo avevano
fortemente aiutato. Pumara di suo, aveva fatto il resto.
Livasulli aveva completato il lavoro.
In paese tutti aspettavano con ansia che iniziassero i
primi faccia a faccia, i primi comizi.
La gente sembrava avere dimenticato tutti i problemi e
l’atmosfera era quasi da palio. Nella piazza principale
avevano già montato il palco dal quale avrebbero
comiziato i candidati. Le date erano già state stabilite.
La vera differenza l’avrebbe fatta la tv locale. Infatti
non vi era cittadino che non seguisse le trasmissioni
politiche che Telelumera aveva messo in palinsesto.
La campagna elettorale era appena iniziata. I big della
politica regionale e nazionale da lì a poco avrebbero
fatto le loro apparizioni.
Pumara si era messo subito in azione. Qualche ministro,
due sottosegretari, qualche assessore regionale. Lui
108
poteva, aveva i contatti giusti.
Livasulli non si impegnò più di tanto. Qualche suo
collega deputato e nulla più.
La campagna elettorale era ufficialmente aperta, le liste
erano state presentate e i candidati erano stati
ufficializzati.
Telelumera aveva annunciato il primo faccia a faccia tra
i candidati. Un giornalista moderatore, quattro
poltroncine e dietro una scenografia degna di tele kabul.
Un quadro raffigurante un tramonto, di quelli comprati
al centro commerciale. Un tappeto finto persiano, una
colonna di gesso bianco con sopra un vaso con dei fiori
finti.
I
quattro
candidati
arrivarono
quasi
contemporaneamente, ognuno con il proprio codazzo.
Quello più nutrito era quello di Tanino. Era stato
organizzato un gran movimento intorno a lui.
Gli studi di Telelumera non avrebbero certo potuto
ospitare tutta quella gente, per cui rimasero fuori a
gruppetti separati tra loro.
I sostenitori di Bartolomeo erano per lo più ragazzi con
i capelli lunghi e la maglietta del Che i quali si
appostarono dietro il giardino dello stabile e iniziarono
a passarsi le canne uno dopo l’altra.
Gli altri,invece, erano goffamente incravattati, come chi
sta per andare ad un matrimonio.
109
I quattro candidati si accomodarono. Tanino sfoggiava
un abito blu, con le maniche della giacca che gli
arrivavano fin sopra la mano.
Bartolomeo si presentò con una consunta camicia fuori
dai pantaloni, la barba lunga e i capelli arruffati e l’aria
di chi si è appena svegliato. Forse anche lui si era prima
soffermato con i suoi sostenitori.
Il Dott. Fusara aveva un classico spezzato con giacca
blu e pantalone grigio ed era evidente che fosse quello
più abituato ad indossare la cravatta. Mentre l’inviperito
Adolfo Murrina sembrava avere spolverato uno di quei
vestiti che non indossava da tanto tempo. Gli altri
candidati ebbero modo di chiedersi cosa fosse
quell’acre odore che si sentiva in studio. Nessuno ebbe
il coraggio di svelare che era naftalina e proveniva dal
vestito di Adolfo Murrina.
Il giornalista aveva avuto chiare disposizioni da parte
del suo editore. Domande dirette e lo stesso tempo a
disposizione per ogni singolo candidato.
Un sorteggio decise chi dei quattro dovesse iniziare.
- Biagio Bartolomeo, 42 anni da sempre militante nel
partito comunista oggi candidato Sindaco per il
comune di Fossalumera. Da cosa nasce la sua
candidatura?
110
- Nasce dalla necessità di fare un’ azione di forte
pulizia nei confronti di una classe politica che ha
ridotto il paese nelle condizioni che noi tutti
conosciamo. Voglio dare risposte che vanno al di là
della politica fetida, fatta di compromessi e ingiustizie.
Una politica per il popolo, per i meno abbienti, per i
giovani.
- Tanino Spoto, lei oramai è un veterano della politica
a Fossalumera, tre legislature da consigliere comunale,
anche a lei chiedo: da cosa nasce la sua candidatura?
Tanino si schiarì la voce con un colpo di tosse che
rimbombò al microfono e prese a parlare:
- Io ho messo la mia persona a disposizione del partito
che mi ha chiesto di dare un contributo al mio paese, di
cui voglio risolvere i tanti poblemi che ha. Il lavoro per
i giovani che manca e che se ne vanno in Germania. La
pulizia…
Il giornalista lo interruppe
-Sig.Spoto il programma sarà oggetto delle prossime
domande.
Tanino non capì bene a cosa si riferisse il giornalista.
- Ho capito dei poblemi ne parliamo dopo. Quindi io
sono candidato a sindaco e dico ai miei concittadini di
contare sul mio impegno e che sono a disposizione di
tutti.
111
Non c’era un solo televisore di Fossalumera che in quel
momento non fosse sintonizzato su Telelumera.
I commenti erano molteplici. I più smaliziati, quelli che
avevano motivo di sorridere sull’italiano maccheronico
di Tanino si contrapponevano a quelli delle case
popolari che vedevano Tanino, uno di loro “Sindaco”.
Fu la volta del dott.Fusaro.
- Credo che questa cittadina abbia bisogno di una
classe politica di alto spessore che sappia come
affrontare sia la questione politica che quella morale.
Una sensibilizzazione delle coscienze in tema di
assistenza, di servizi, di sviluppo. Creare le condizioni
affinché l’amministrazione in carica diventi volano per
lo sviluppo del territorio.
Fusaro era di certo uno che al contrario di Tanino
sapeva bene dove mettere i verbi e i sostantivi. Ma era
noioso, non aveva l’arte di ammaliare, i suoi discorsi
grammaticalmente ineccepibili erano intrisi di contorta
retorica.
- Rag. Adolfo Murrina a settant’ anni decide di
scendere in campo con un’ unica lista diciamolo di…
nostalgici.
- Con questo fatto della nostalgia diciamo che ci avete
stufato. La fiamma tricolore arde di idee e non di
112
nostalgia. Noi vogliamo evitare che il paese vada a
finire nelle mani dei soliti quattro cialtroni e di tipi con
i capelli lunghi. (con chiaro riferimento al Bartolomeo).
-Che è questa cosa dei capelli lunghi? Ma se ne vada ai
giardinetti a dare da mangiare ai colombi Replicò
immediatamente Bartolomeo.
- Ai giardinetti ci mando a chiddri comu a tia
vagabunnu che non sei altro.
Il toni si erano esasperati Tanino e Fusaro erano rimasti
fuori dalla diatriba tra i due candidati estremisti.
Il giornalista nel disperato tentativo di riportare l’ordine
in studio invitò gli ospiti a moderare i toni. Ma l’invito
servì a ben poco.
Gli venne tolta la parola e chiusi i microfoni.
Tanino colse la palla al balzo per differenziarsi dai due
e dare di sè un’ immagine di moderato.
- Credo che il paese di Fossalumara ha di bisogno
calma e serenità. Questi discussioni non fanno certo
bene al paese. Io infatti dico e invito i miei colleghi a
pallare con tranquillità. La sciarra non ha mai fatto
bene a nessuno.
Fusaro - Io essendo un cattolico impegnato in politica,
credo che il dialogo e il confronto sia alla base della
felice convivenza tra i popoli. Credo nella politica della
proposizione, delle iniziative, nella politica dei
113
programmi.
Bartolomeo - Voi credete alla politica dei padroni che
oggi qui rappresentate…..
Il giornalista richiamò per l’ennesima volta all’ordine il
sinistroide. Il vispo Adolfo replicò quasi concordando
la versione del suo più diretto avversario.
- Questi due con queste belle parole vogliono
continuare ad imbrogliare la gente e mi dispiace essere
d’accordo questa volta con Bartolomeo quando dice
“che sono qui in rappresentanza dei loro padroni”.
Tanino iniziava ad innervosirsi e questo gli avrebbe
procurato una leggera balbuzie che lo avrebbe
certamente messo in difficoltà. Capì che l’unica
strategia era non cadere nella polemica e continuare a
mandare il loop che aveva imparato.
- I poblemi, siamo qui per pallare dei poblemi, non per
sciarriarci tra di noi. La gente vuole sentirci per sapere
chi deve votare. Pogrammi, ecco di cosa bisogna
pallare.
Tanino aveva imparato presto. Minuto dopo minuto
acquisiva una disinvoltura che sembrava quasi dire cose
di senso compiuto.
Un’ora e mezza di trasmissione durante la quale “il
nulla” venne trattato in maniera assolutamente
completa.
114
Nessuno dei quattro aveva la più lontana idea di cosa
stesse facendo e perché. Il nulla e nulla più.
Alla fine della trasmissione l’onorevole Pumara chiamò
Tanino:
- Pronto Tanino? Complimenti, te la sei cavata
egregiamente. Hai fatto benissimo a non cadere nelle
provocazioni e nella polemica. Sempre così, mi
raccomando.
- Grazie onorè, certo mi devo ancora abituare, però
l’importante è che ho pallato bene.
- Sei stato grande. Domani penso di scendere in paese,
casomai ti faccio chiamare per vederci.
- Ai vostri ordini onorè .
Intanto Bartolomeo aveva fiutato che la prossima
realizzazione
dell’impianto
petrolchimico
di
Fossalumera potesse in qualche moto essere il lightmotive della sua campagna elettorale. Ebbe così l’idea
di fomentare un gruppo di ragazzi capeggiati da lui per
una
manifestazione
contro
la
realizzazione
dell’impianto.
Per richiamare l’attenzione e fare accendere i riflettori
su di sè, pensò bene di incatenarsi davanti la casa
comunale. Manifesti che descrivevano la pericolosità
115
dell’impianto e
sull’ambiente.
l’impatto
che
avrebbe
avuto
Quella mattina diversi network locali e provinciali
inviarono i loro giornalisti, compresa Telelumera.
- Bartolomeo, una protesta forte la sua contro la più
che paventata possibilità della realizzazione
dell’impianto petrolchimico di Fossalumera. Cosa
pensa di ottenere con questa protesta? Alcuni lo
accusano di speculare su questa faccenda per avere
visibilità, cosa dice a questi signori?
Chiese uno dei tanti giornalisti presenti.
- Dico chiaramente che la realizzazione dell’impianto è
l’ennesimo tentativo di colonizzazione da parte di
gruppi industriali che in passato hanno già mortificato
la nostra terra, capitalisti che ci trattano come se
avessimo l’anello al naso e la sveglia al collo.
Ai signori a cui fa riferimento, dico di smetterla di
svendere la pelle della gente di Fossalumera, al fine di
arricchirsi o per potere personale.
- Sono parole forti queste sue, sta insinuando che ci
possano essere coinvolgimenti politici in questa
faccenda?
- La mia non è una insinuazione, chiederemo alla
magistratura di aprire un fascicolo sulla facilità con
116
cui questo impianto ha avuto rilasciate tutte le
autorizzazioni.
Livasulli stava guardando l’intervista in tv, quando
squilla il telefono.
- Giovanni sono Alberto, stai guardando anche tu…?
- Si la sto guardando, il solito comunista di merda che
ci sta provando…. Vediamo cosa costa. Ci penso io a
risolvere la faccenda. Tu stanne fuori.
- Tu se puoi evita di fare andare le telecamere alle
iniziative di questo stronzo. Io darò disposizione ai miei
amici giornalisti.
Il problema doveva essere risolto nel più breve tempo
possibile. Questo focolaio sarebbe potuto diventare un
incendio indomabile.
Livasulli decise di incontrare Bartolomeo. Conosceva
bene quella tipologia di gente. Sapeva come parlare
loro e di cosa.
Chiamò il suo autista che conosceva bene Bartolomeo,
da bambini erano stati vicini di casa e gli chiese di
fissare un appuntamento per il giorno seguente con il
comunista.
- Digli che ho bisogno di parlargli e lo porti a casa mia
domani sera. Tranquillizzalo, digli anche che di questo
incontro non ne sarà a conoscenza nessuno e che
117
l’oggetto della discussione è prettamente politico. Sai..
stronzo a com’è potrebbe volersi fare pregare.
Non fu esattamente così. Bartolomeo sembrava che
stesse aspettando quell’invito come un parente al
matrimonio del cugino.
Lo prelevò lo stesso autista del Livasulli alle dieci della
sera, per evitare che qualcuno lo potesse vedere. Fu
l’unica condizione che dettò Bartolomeo.
Arrivati, l’autista lo fece accomodare direttamente nello
studio dell’onorevole.
Dopo qualche minuto arrivò Livasulli.
- Caro Bartolomeo, come sta? E’ un piacere
conoscerla. Stia, stia…
Bartolomeo tentò di alzarsi, ma la grassoccia mano
dell’onorevole lo rimise gentilmente a sedere. Livasulli
evitò di sedere dietro la scrivania e si sedette nella sedia
accanto a Bartolomeo, voleva essere un chiaro gesto di
avvicinamento.
- Bene, bene. Vedo che è molto impegnato in questa
campagna elettorale. Come la vede? Che si dice in
giro?
Bartolomeo sembrava non avere portato con sè la sua
disinvoltura, la sua irriverenza. Era impacciato da
quella stanza, dall’onorevole e soprattutto dall’ignoto
motivo di quella convocazione.
- Tutto a posto. Ci stiamo provando Onorè. Certo è
118
dura combattere con pezzi da novanta come voi. Ma ci
stiamo provando.
- In queste cose caro Bartolomeo provarci non basta.
Qui non basta partecipare. In questi casi è necessario
vincere. Ma mi faccia capire… lei normalmente di cosa
si occupa, insomma che lavoro fa?
- Io per il momento lavoro in una cooperativa, mi
occupo di assistenza sociale, con contratti a termine.
Lo faccio per potere vivere perché io mi occupo di
pittura, di musica, ho insomma tante passioni.
Purtroppo fino a quando rimangono passioni… non ci
porti niente a casa.
- Capisco.. eh l’arte… sono pochi eletti che riescono a
farla diventare un lavoro. Ma come sta facendo per
questa campagna elettorale? Per fare queste cose ci
vogliono i soldini.
- Lo so , mi stanno aiutando un po’ i partiti che mi
appoggiano e qualche contributo dei simpatizzanti.
Cosa da poco, stiamo cercando di fare tutto in
economia.
- Capisco. Bene, bene…
Il Livasulli continuava a tenerlo sulle spine. Più graffi
gli avrebbe procurato, più vulnerabile lo avrebbero
reso.
-Bene, io l’ho voluta incontrare per conoscerla, non
avendone mai avuto il piacere. In fondo a me piace la
119
gente passionaria, lei mi ricorda me da ragazzo quando
iniziai a fare politica. I primi movimenti, le assemblee,
gli scontri… eh .. bei tempi. Il tempo poi ti fa da
maestro. Capisci che non puoi cambiare il mondo, ma
puoi solo provare a migliorarlo per te e per la gente
che ti sta vicino. Finisci col capire e ragionare prima di
agire. Ma comunque…
Bartolomeo continuava a fremere. Le sue mani
grondavano di sudore. Aveva la bocca secca.
Livasulli se ne accorse.
- Cosa le faccio portare, un succo, un’acqua tonica, un
caffè?
- Un succo, grazie
Lo bevve quasi tutto d’un fiato. Provò a prendere
l’iniziativa.
- Onorevole Livasulli continuo a non capire il motivo
del nostro incontro.
- Vede caro Bartolomeo a volte si fanno cose, credo in
buonafede, di cui non ci si chiede le conseguenze. Ci si
butta a testa in giù sperando che non ci si rompa la
testa.
- Non la seguo…
- Vengo e mi spiego. La sua performance dell’altra
mattina, con catene al seguito è stata ammirevole, se la
analizziamo da un punto di vista……… diciamo
sociologico. Come impegno personale, come un punto
di vista che in qualche modo vuole che gli altri
conoscano. Fin qui nulla da dire. L’argomento che lei
120
ha affrontato in maniera diciamo plateale è un
argomento molto, molto, molto delicato e le spiego il
perché: quell’impianto è l’unica speranza e se e
quando si farà,è l’unica certezza per Fossalumera. Ci
sono in ballo centinaia di posti di lavoro. Tra diretto e
indotto lavoreranno un mare di gente. Operai, piccole
imprese, trasportatori. Pensi per un attimo cosa
significherebbe per un popolo che da anni annaspa
nella disoccupazione.
Bartolomeo tentò di introdursi nel ragionamento che
stava portando avanti Livasulli, ma egli lo invitò a
seguirlo fino in fondo con attenzione.
- La prego, mi lasci finire. Vero è che anche io come lei
avrei preferito fosse arrivato il Cavaliere Hilton per
realizzare in quella stessa zona una catena di Hotel
cinque stelle, ma è anche vero che in tutti questi anni,
nonostante tanti tentativi, mai nessun gruppo che si
occupi di investimenti turistici è mai stato interessato.
Personalmente io con le mie modeste conoscenze
qualche anno fa portai un noto imprenditore che ha
realizzato grossi investimenti a livello turistico in
diverse parti del mondo e quando è arrivato qui, mi ha
congedato con un sorriso. Adesso dico, lei si rende
conto della responsabilità che si sta prendendo? Ha
un’ alternativa da proporre? Fossalumera oggi non
può dire di “no” a questa opportunità, non se lo può
permettere.
A Bartolomeo si era riasciugata la bocca. Ma avrebbe
comunque dovuto replicare al ragionamento
121
dell’onorevole.
- Il suo ragionamento non fa una grinza, ma
concorderà con me che significa definitivamente
condannare questo territorio, che l’impatto ambientale
sarà devastante e……
- La prego Bartolomeo, la prego. Questo territorio lo si
condannerebbe se non si realizzasse l’impianto. Siamo
alla frutta. L’ambientalismo a cui fa riferimento lei ha
permesso di realizzare cose senz’altro più dannose per
questa terra, la prego…
- Per quando mi riguarda io continuerò a fare la mia
battaglia. Voglio fare accendere i riflettori su tutta la
faccenda. Non sarà certo lei a convincermi con questo
ragionamento che conoscevo già e ho sentito fare da
altri.
A quel punto Bartolomeo si alzò di scatto e tendendo la
mano all’onorevole:
- La ringrazio per la chiacchierata, mi dispiace di non
condividere la sua tesi a proposito dell’impianto. Mi
auguro di rincontrarla.
Livasulli strinse la mano del suo ospita e disse:
- Caro Bartolomeo, l’uomo l’unica cosa di cui si deve
innamorare è della propria donna, guai a farlo delle
proprie idee. Ci vediamo.
L’indomani Livasulli incontrò Pumara.
- Questo coglione di Bartolomeo vuole fare il
protagonista, ieri sera l’ho incontrato è mi ha detto che
vuole continuare a rompere i coglioni.
122
- E’ un morto di fame, se dovesse insistere
sull’argomento vediamo cosa costa. Rispose Pumara
- Io avrei voluto fare qualche accenno ieri sera stessa,
ma ho preferito aspettare l’evolversi della situazione.
Di sicuro è necessario fargli il vuoto attorno. Niente
telecamere, niente comunicati stampa, niente
giornalisti.
- Mi pare una buona strategia, vediamo se capisce con
chi ha a che fare.
La campagna elettorale era in pieno fervore. Ogni sera
vi era un proliferare di riunioni. Non vi era un solo
angolo di muro di Fossalumera che non fosse
tappezzato di manifesti elettorali. Facce da idioti
incravattati, slogan di tutti i tipi e in tutte le salse, spot
televisivi mandati in onda su Telelumera, spazi
autogestiti. La faccia di Tanino te la ritrovavi in ogni
dove, mentre gli altri candidati avevano dovuto
contenere un po’ le spese. Tanino aveva gli “sponsor”.
Tutti in paese lo davano vincente. La gente sapeva che
aveva dietro quel caterpillar di Pumara pur ignorando
che insieme al Pumara gli avrebbe dato un fattivo
contributo anche Livasulli.
Il bar Trinacria continuava ad essere il centro di
smistamento di tutte le notizie, le indiscrezioni, voci di
corridoio.
I tavoli erano sempre occupati dagli opinionisti del
paese, disoccupati, pensionati o impiegati abusivamente
123
fuori dal posto di lavoro.
Mille voci, candidati in ogni dove. Al bancone del bar
un candidato al consiglio comunale stava cercando di
convincere un compaesano a dargli il voto.
- Tu mi conosci.. lo sai che persona sono. Comu si dici,
meglio ad un amico che…
- Sì, lo so, ma non ti dovevi candidare con la coalizione
di Tanino. Dai.. Tanino u ‘nfirmeri, ma chi minchia ava
a fari. Un ignorantone di seria A. Ma chi è, un ci
nerranu chiù. U circastivu ca cannileddra?
L’interlocutore evidentemente non condivideva la
candidatura di Tanino, quando questi arrivò al bar
Trinacria con un folto codazzo dietro. L’interlocutore
fece in tempo ad accorgersi dell’arrivo del candidato
sindaco fino a quel momento duramente criticato, che
giratosi di scatto e lasciato solo l’aspirante consigliere
in cerca di consenso disse ad alta voce aprendo le
braccia
-Eccolo qua il nostro sindaco, Tanì finalmente stu paisi
savissi a vidiri un poco di lustro.
Tanino ignaro dell’antefatto, lo abbracciò e lo baciò.
L’aspirante consigliere rimase a bocca aperta, ma la
richiuse quasi subito dopo. A Fossalumera tutto era
consentito. Mai nessuno si sarebbe inimicato il più
papabile dei candidati. E si dumani haiu bisognu? Si
124
era soliti dire.
Tanino nel frattempo ci aveva preso gusto. Sembrava
essere un’altra persona, la sciatteria del suo solito modo
di abbigliarsi aveva lasciato il posto ad eleganti vestiti
che cambiava quasi quotidianamente. Lui che non
aveva mai indossato una cravatta, si ritrovò sfoggiarle
di tutte le tonalità. Insomma era entrato nel ruolo.
L’onorevole Pumara gli aveva messo alle costole l’on
Loiero e una sfilza di galoppini che lo scarrozzavano da
un posto all’altro del paese.
Poster, manifesti, fac- simili, spot televisivi e interviste
avevano in poco tempo fatto di Tanino u ‘nfirmeri
l’unico uomo capace di risollevare le sorti di
Fossalumera.
L’aspetto più interessante di tutta la vicenda era il fatto
che l’intera collettività sembrava vederlo realmente
diverso da quello che fino a poco tempo fa egli era.
Tanino era stato da sempre oggetto di battute per il suo
modo sgrammaticato di parlare, spesso deriso, e anche
se veniva di volta in volta eletto come consigliere
comunale più per questioni legate alla sua attività di
infermiere che per riconosciute capacità politiche, ora
sembrava avere cambiato pelle. Non che questo fosse
realmente accaduto. Ma era una sorta di stregoneria
mediatica. Uno strano tam tam che rimbalzava da un
angolo all’altro del paese che giorno dopo giorno si era
abituato all’idea di avere Tanino u ‘nfirmeri “Sindaco”.
125
Bartolomeo intanto, cercando di farsi spazio,
continuava a sostenere e portare avanti la sua battaglia
contro la realizzazione dell’impianto petrolchimico.
Egli contava di potere in qualche modo pescare
consensi in quella sparuta fetta di opinione pubblica
sganciata dalle logiche che muovevano le dinamiche
politiche del paese.
Allora tentò il tutto per tutto anche e forse solo con la
speranza che Livasulli lo invitasse nuovamente, magari
per discutere oltre che i punti di vista qualche altra
cosa.
Pensò bene di organizzare un’altra manifestazione.
Fiaccole e striscioni per annunciare il suo personale
sciopero della fame. Sapeva che era l’unico modo per
far sì che i media si interessassero al caso. La vita di un
uomo messa a repentaglio è comunque una notizia che
non si può ignorare.
Un gruppo di ragazzi ignari dei meccanismi della
politica lo aiutarono ad organizzare la manifestazione.
L’iniziativa ebbe eco e solo dopo due giorni di presunto
digiuno, sembrava che la cosa stesse avendo eco.
Questo avrebbe comunque creato disturbo alle
operazioni del Pumara e di Livasulli.
E così Pumara incontrò Livasulli per discutere la
faccenda.
- E’ mai possibile che questo testa di minchia sta
126
attirando così tanto l’attenzione sulla faccenda. I miei
amici giornalisti mi hanno aperto le braccia. Non
possono ignorare una protesta così …forte, e per di più
di un candidato alla poltrona di sindaco.
- Credo che sia il caso di intervenire. Provo a
ricontattarlo, questa volta per risolvere definitivamente
la faccenda. Non intendo rischiare che un coglione di
un comunista ci mandi in fumo tutto quanto. Non ce lo
possiamo permettere. Concluse Livasulli
L’autista di Livasulli creò le condizioni per fare
incontrare di nuovo l’onorevole con Bartolomeo. Stesso
posto, stessa ora.
Bartolomeo arrivò insieme all’autista, scarno in volto
per i tre giorni diciamo di dieta.
- Onorè se continuiamo a incontrarci finirà col far
credere alla gente che vuole passare con il mio partito.
Bartolomeo tentò una battuta di spirito.
- Non mi avrà convocato perché ha cambiato opinione
sull’impianto. D’altronde me lo ha detto lei stesso che
bisogna innamorarsi solo della propria donna e mai
delle proprie idee.
Bartolomeo sembrava più sciolto, quasi irriverente
rispetto alla volta scorsa.
- Bravo Bartolomeo, vedo che il digiuno ha fatto uscire
il lato spiritoso del suo carattere. Bravo, bravo.
127
A dire il vero non ho cambiato opinione sull’impianto
se non fosse che, le ribadisco, abbiamo la grande
possibilità di far vivere diverse centinaia di famiglie di
Fossalumera, ma ho voluto convocarla per affrontare
la questione personalmente con lei.
Lei lo sa bene che se io volessi in qualche modo zittirla
ho i mezzi per farlo. Il suo passato e mi risulta anche il
suo presente non mi pare si possa definire ecumenico…
ecco per usare un termine cristiano. Certo affidare la
guida del paese ad un signore che non disdegna fare
uso di sostanze stupefacenti…. lei mi insegna che…
- Bene onorè vedo che siamo passati alla minaccia.
- Quale minaccia Bartolomeo non usi questi paroloni,
non sono un puritano io, ma la gente a volte lo è. In
amore e in guerra non c’è pregiudizio. Lei sta usando
le sue armi, io la volevo mettere a conoscenza che
anche io ne ho a disposizione.
- Il fatto di farsi qualche spinello lei lo chiama “arma
a disposizione?”
- Detto così con questa leggiadra dicitura no. Ma
sostanze stupefacenti potrebbe suonare, come dire, più
penetrante dal punto di vista della comunicazione. Ma
se lei mi consente di finire questo ragionamento capirà
che l’ho invitata qui per sotterrare l’ascia di guerra.
Le guerre non hanno mai fatto bene a nessuno nè ai
vinti nè ai vincitori. Si faccia pregare da me che ho i
capelli bianchi.
128
Lei per il nostro paese è una risorsa, come l’acqua. Ma
una cosa è che l’acqua si disperda per strada
diventando fanghiglia e un’altra è che possa servire a
innaffiare i campi, a dissetare la gente. Arrivo e mi
spiego. Lei sa meglio di me che non ha nessuna benché
lontana possibilità di essere eletto sindaco di
Fossalumera. La politica ha la necessità che i numeri
corrispondano. Non ha un numero di liste sufficienti
che le possano garantire l’elezione. Se poi spera nel
voto di opinione mi dà la certezza che oltre a non
conoscere la politica, non conosce neanche il suo
paese.
Bartolomeo continuava a seguire il discorso di Livasulli
accarezzandosi la barba, in silenzio, con curiosità.
- Alla luce di quanto fin qui detto, credo che questa
preziosa risorsa sia bene farla confluire nella direzione
giusta. In caso di un eventuale ballottaggio tra il mio
candidato e Tanino Spoto lei certamente dovrà fare una
scelta, credo concorderà come me?
Chiese Livasulli senza neanche aspettare la risposta
- in questo caso si dovrà schierare con uno dei due
candidati. Do per scontato che il Rag. Murrina torni ai
giardinetti. Le vorrei ricordare che tutti e due i
candidati hanno presentato nel programma elettorale
la realizzazione dell’impianto. Anzi l’impianto è al
centro del programma elettorale. A quel punto lei avrà
fatto l’utile idiota. Io, forse lei non crederà alla mia
buona fede, vorrei evitarle tutto questo.
129
Bartolomeo fu messo per la prima volta dinnanzi la
cruda realtà che egli distrattamente aveva in qualche
modo ignorato.
Livasulli aveva ragione. Era in gabbia e con quel
discorso gli aveva fatto sentire il tintinnio delle chiavi
che la chiudevano.
- Riconosco una certa validità nel suo ragionamento.
Poi per non darsi completamente per sconfitto aggiunse
- comunque la politica può riservare sorprese
inaspettate. Sembrava un baro che con due sette tentava
di far credere di avere full.
Ma stava giocando con un vecchio e navigato giocatore
che non prestò alcuna attenzione al disperato tentativo
di Bartolomeo.
- Ok la tolgo dall’imbarazzo e vado al dunque. Lei
smette di trattare l’argomento e continua la sua bella
campagna elettorale. Parli che so, dello sviluppo
economico, dell’assistenza agli anziani, dei giovani,
ecco dei giovani che vedo la seguono abbastanza.
Arrivato al ballottaggio lei si schiererà con uno dei due
candidati. Questo lo decideremo insieme. Per questa
sua, come dire, presa di coscienza, per questa
chiamiamola saggia decisione lei si ritroverebbe a fare
l’assessore nella giunta del sindaco eletto, punto uno,
punto due, verrà nominato membro del consiglio di
amministrazione di una società, diciamo un bel
130
sottogoverno di quelli comodi. Un paio di presenze al
mese nel consiglio di amministrazione, due minchiate,
qualche delibera e 2500 euro al mese. Lei avrà il tempo
di potere, come dire, coltivare le sue inclinazioni
artistiche. E infine, questo lo consideri un regalo
personale, affinché le sue finanze che mi risultano
essere particolarmente traballanti, 25.000 euro per
potere ottemperare a qualche creditore che va in giro a
dire che lei le deve dei soldi.
Bartolomeo venne preso da vampate di caldo e poi di
freddo. Un rigagnolo di sudore gli scendeva lungo la
fronte fino a pendergli sul sopraciglio.
- Se ha caldo accendo il condizionatore?
Poi chiamò col citofono qualcuno dall’altra parte e
dopo pochi minuti venne recapitata nella sua stanza una
guantiera di pezzi di tavola calda mignon, dall’aspetto
irresistibile, ancora caldi. La fece porre sul tavolino
antistante e prendendone uno egli stesso disse:
- Avanti Bartolomeo…., assaggi, sono squisitissimi.
Quelle leccornie sarebbero state irresistibili anche per
uno che aveva appena finito di partecipare al pranzo di
natale, figuriamoci per uno che non mangiava da tre
giorni.
Livasulli sapeva bene che quel gesto avrebbe detto
molto più di mille volte “sì”.
Mentre si
portava alla bocca una di quelle
131
prelibatezze, Livasulli guardò la faccia di Bartolomeo.
La mozzarella calda fuoriusciva da un lato del
manicaretto. Poi con la bocca piena disse:
- Come fa queste cose Rinallo ( una rinomata tavola
calda del paese) nessuno. Provi, assaggi, sono
irresistibili.
Bartolomeo guardò la guantiera piena di ogni ben di
Dio in cerca dello stesso manicaretto che aveva preso
l’onorevole e lo ingoiò tutto in un boccone. Si bruciò
anche il palato per far fronte a quella irresistibile
tentazione.
La mattina seguente Livasulli chiamò Pumara
- Il nostro amico è tornato a mangiare. Tutto a posto
- Conoscendoti non avevo dubbi che tu riuscissi
addirittura ad imboccarlo.
- Io i comunisti li conosco bene. Ne ho visti in vita mia
partiti col mongomery e poi indossare gli abiti di
Armani… Sono maestri nel vendere piccole fette di
povertà con fette più o meno grandi di potere.
Toccava adesso a Bartolomeo cambiare strategia per la
sua campagna elettorale, convincere i più estremisti che
era necessario essere più prudenti, aspettare i tempi
giusti.
Anche in questo caso non fu particolarmente difficile,
bastava poco anche a quel gruppo di facinorosi per farsi
convincere.
Aveva detto che aveva avuto notizia che le
autorizzazioni erano ferme al ministero e aveva
132
sostenuto la tesi che iniziative di qualsiasi genere
avrebbero in qualche modo rafforzato l’iter
autorizzativo piuttosto che ostacolarlo.
133
CAPITOLO UNDICESIMO
Tanino nel mentre andava avanti con la sua campagna
elettorale veloce come un treno in corsa.
Una macchina con il megafono sopra il tetto scorazzava
per tutte le vie cittadine:
“ questa sera alle ore 20.00 in Piazza Roma Comizio
della Lista “ Rinascita di Fossalumera” parleranno
alla cittadinanza: L’onorevole Alberto Pumara, l’on.
Loiero, il candidato Sindaco Tanino Spoto, chiuderà il
comizio il sottosegretario ai lavori pubblici Cosimiro
Pirrotta”.
La voce dell’altoparlante non diede tregua all’intera
città per tutta la giornata, l’auto girò per tutto il paese
per decine e decine di volte.
Furono mobilitati tutti, bisognava dare una evidente
prova di forza. La piazza non avrebbe dovuto poter
contenere la massa di gente che con la sua presenza
avrebbe testimoniato la propria adesione alla elezione
di Tanino.
Quando la piazza si riempì all’inverosimile, l’autista di
Pumara venne avvisato. I big e il loro candidato
potevano arrivare accolti da un’ovazione. Arrivarono
una serie di auto blu a sirene spiegate, facendosi largo a
fatica tra la folla. Le auto arrivarono quasi fin sotto il
134
palco dal quale i quattro avrebbero dovuto comiziare.
Il sottosegretario scese dalla stessa auto di Pumara,
mentre Loiero e Tanino li seguivano a ruota. La calca
era difficilmente contenibile. Poliziotti e carabinieri
fecero non poca fatica per creare una sorta di corridoio
che consentisse ai quattro di raggiungere il palco. In
questo breve tratto di strada, strette di mani, baci,
abbracci. L’atmosfera era quasi da concerto rock. Un
capo clark fece partire un coro da stadio che inneggiava
a Tanino. “Uno di noi, Tanino uno di noi , Tanino uno
di noi”. I quattro salirono a turno la stretta scaletta che
li avrebbe portati sul palco, dove ad aspettarli c’era un
improvvisato quanto tirapiedi presentatore che li
annunciò man mano che i quattro si affacciavano dal
palchetto.
Uno striscione alla base del palco invitava a votare
Tanino Sindaco e accanto il logo di “Rinascita di
Fossalumera” , un gabbiano con un sole dietro.
Il primo a prendere la parola fu Loiero. Infatti in questi
casi si parla per grado di importanza. Il più importante
parla per ultimo, anche se stavolta la chiusura del
comizio sarebbe stata affidata al protagonista della
serata: Tanino.
- Amici, sono fortemente emozionato a vedere una così
folta folla di gente che si mobilitata per sostenere la
nostra iniziativa politica e il nostro candidato Tanino
Spoto.
135
Al pronunciamento di quel nome scoppiò un fragoroso
applauso e il ritornello scandito dal capo ultrà: “Uno di
noi, Tanino uno di noi , Tanino uno di noi”.
Loiero ebbe difficoltà a riprendere la parola, la folla
sembrava impazzita. Taninu u ‘nfirmeri sembrava
essere il Messia incaricato di salvare il popolo di
Fossalumera. Era come se all’improvviso Tanino
avesse ricevuto dei poteri straordinari, come se l’abito
che indossava adesso gli desse gli stessi super poteri
che il costume di Superman dava a Parker
trasformandolo da imbranato giornalista sfigato a super
eroe. Vi era qualcosa di fumettistico in tutto questo.
Loiero continuò a parlare per circa 15 minuti, poi
cedette la parola all’onorevole Pumara.
- Ciò che questa sera vedono i miei occhi mi convince
ancor di più, qualora ve ne fosse bisogno, che abbiamo
riposto la nostra fiducia sull’uomo giusto. Tanino
Spoto, dice bene lo slogan che voi, amici miei, questa
sera continuate a scandire, è uno di noi, Tanino Spoto è
tutti noi.
Pumara era maestro nell’arte di comunicare, di
affabulare, di mandare in visibilio le folle.
- Sono davvero tanti i temi che Tanino Spoto dovrà
affrontare durante il suo mandato di sindaco, perché, e
voi lo sapete bene, Tanino Spoto sarà il prossimo
sindaco di Fossalumera.
Questa volta l’applauso fu così fragoroso che le
colombe appollaiate nelle nicchie della chiesa accanto
scapparono come se mille cacciatori avessero iniziato a
136
sparare contemporaneamente.
Pumara prese per il polso Tanino e gli alzò il braccio in
segno di vittoria.
Pumara continuò a parlare per abbondanti trenta minuti
prima di cedere la parola al sottosegretario il quale fece
uno di quegli interveti standar, preconfezionati per ogni
paese dove egli arrivasse. Alla fine del suo intervento
introdusse la star della serata: Tanino Spoto.
- Amici miei, scusate ma per l’emozione mi fa male la
voce. Io sono emozionato e non mi aspettavo tutta
questa gente. Sono contento che tutti voi credete in
Tanino Spoto, perché Tanino Spoto è uno di voi.
E giù gli applausi. Qualunque minchiata uscisse dalla
bocca di quell’uomo illuminato, veniva sottolineata da
cori e applausi.
- Certo i poblemi di Fossalumera li conosciamo tutti,
primo di tutti la disoccupazione che preoccupa tutti noi.
Tanino Spoto si impegnerà con tutta la forza possibile a
risolvere questo problema.
Il sottosegretario che era di provenienza nordica,
stentava a capire cosa Tanino volesse dire e perché
parlasse di se stesso in terza persona, ma vedendo che
la gente era letteralmente impazzita, non si preoccupò
più di tanto e tenne per sè le considerazione che fece in
quel momento.
- Con Tanino Spoto sindaco sapete che la porta del mio
ufficio sarà sempre aperta per tutti voi, perché Tanino
Spoto è uno che sta in mezzo alla gente, sempre a
137
disposizione di notte e di giorno.
Tanino sembrava essere in una sorta di trance,
considerava la sua persona uno e trino, parlava di se
stesso come se stesse parlando di un altro. Aveva
esaurito tutte le frasi di senso compiuto, aveva
maltrattato una serie di congiuntivi e aveva fatto anche
peggio con i condizionali, quando si avviò alla fine del
suo discorso.
- Se io potrei abbracciarvi tutti oggi lo farei, ma non
potendolo fare vi mando un grande saluto e vi ricordo
che Tanino Spoto è uno di voi.
Sembrava avere molto apprezzato lo slogan e lo aveva
fatto immediatamente suo. Ci mancava poco e si
sarebbe presentato: “piacere, Tanino Spoto, uno di voi”
I quattro alla fine del comizio furono letteralmente presi
d’assalto. Tanino baciò migliaia di persone al punto che
la sua faccia era diventata cosi rossa che sembrava
avere preso una dermatite. Le due auto blu si rifecero
spazio tra la folla e si dileguarono tra gli applausi e i
cori dei sostenitori.
Livasulli dal canto suo stava portando avanti una
campagna elettorale particolarmente sottotono. Il fatto
era evidente. Lo stesso dott. Fusaro rimproverava
all’onorevole lo scarso coinvolgimento emotivo che
mostrava in maniera evidente, defilato e poco presente.
Livasulli,infatti, aveva ben altro a cui pensare, ma un
giovedì mattina tra le cose a cui doveva pensare dovette
138
aggiungere anche Pietro Li vecchi, capo mandamento
della cosca reggente della provincia, riferimento di
Mimì.
139
CAPITOLO DODICESIMO
Quel giovedì mattina se lo vide spuntare in segreteria.
Nella saletta d’attesa piena di persone, ci fu un attimo
di panico. Il chiacchiericcio che è solito esserci in
questi casi, divenne silenzio. Tutti in paese
conoscevano u Zu Pitrinu Li Vecchi. Cinquantenne,
anche se ne dimostrava dieci di più. La faccia da
lavoratore, l’abbigliamento dimesso. Uno all’antica, di
quelli a cui non interessava apparire , ma contare. E u
zu Pietru Li Vecchi contava, altro se contava.
Il segretario era appena uscito fuori dalla stanza
dell’onorevole che vi rientrò subito. Si avvicinò
all’orecchio dell’onorevole che aveva dinnanzi a sè un
poveru criaturi .
- Onorè c’è u zu Pitrinu Li Vecchi, chi fazzu?
Tirò indietro la testa come se quel nome gli avesse
suscitato dolore dentro il timpano, guardò il segretario
- Dovè?
- In saletta.
- Fallo entrare, un attimo solo però
Si rivolse al suo interlocutore che aveva fatto una buona
ora di anticamera
140
- Carmelo tutto a posto. Ti faccio chiamare do
segretariu. Lo congedò in un battibaleno.
Poi fece un cenno con la testa al segretario.
- Zi Pitrì s’accomodassi ci ho tenuto il posto
stamattina.
- Se i signori che aspettano lo permettono, si intende
Il gruppo di gente che aspettava lì da diverse ore rispose
un quasi corale “sì non c’è problema”.
Pietro Li vecchi tutto sembrava fuorché quello che era
veramente. Un mafioso di serie A. Un uomo di rispetto.
Uno di quelli che pesava. Vucca duci e cuteddru no
cori, dicevano di lui. Sempre dall’atteggiamento
garbato, quasi sottomesso, si diceva di lui essere uno
dei più spietati capofamiglia. Sulla carta era titolare di
una piccola impresa di movimento terra, ma di fatto
erano tantissime le attività riconducibili allo Zi Pietro.
Di Mimì era solito dire: - stu carusu sannaca assà, haiu
l’ impressione ca no letto un ci mori
La sua profezia in effetti si avverò.
Don Pietro carissimo, come sta? Ma che mi fa la
sorpresa? Me lo poteva dire che doveva venire, non le
avrei fatto trovare tutta questa fuddra davanti la porta.
- Sapi comu si dice onorè? A genti va unni vidi fuddra.
Dopo uno scambio di battute, i due si accomodarono.
Livasulli lo fece sedere in una delle due poltroncine del
salottino ed egli di rimpetto.
141
- Chi successi, come mai lei che è sempri a travagliu
oggi è ca?
- E caro Onorevole, a volte le cose della vita non
vanno mai per il verso che uno vuole. Sapi, da quando
in paese è successa quella brutta faccenda…. di Mimì
‘u carusazzu, che hanno sparato in mezzo a lu paisi, i
cosi si stanno mettendo malamenti. Lei lo sa che io
sono omo di paci, e che alle volte mi metto di mezzo
per evitare ca sti carusazzi fannu minchiati.
- Don Pitrì conosco la vostra persona e la stima che la
gente ripone in voi…
- Grazie onorè lei è troppo buono..
- Ma qual è il problema, in cosa posso essere utile?
- Sacciu di certo che Mimì qualche tempo prima di
astutallo era venuto da Lei a proposito dell’impianto
che si spera si realizzerà a Fossalumera.
- E’ vero aviva vinuto per chiedere se era possibile fare
lavorare l’impresa di calcestruzzo che lui aveva, io gli
avevo detto che avrei dovuto vedere che possibilità
c’erano, non ho fatto in tempo a darici la risposta.
-Paci all’anima sua …ma comunque io mi sono
permesso di venirla a disturbare per farci sapere che la
142
‘mpresa di Mimì ora sa pigliò un nostro carissimo
amico. Ma più che altro per non mannari a casa i patri
di famiglia che ci lavorano. Fussi importanti che questi
amici nostri putissiru travagliari con questi lavori che
debbono partire a Fossalumera.
Livasulli aveva capito tutto ancora prima che il suo
ospite finisse il ragionamento.
- Don Pitrì per quanto mi riguarda vedrò di agevolare
la vostra richiesta. Lei capisce che non è cosa facile
con i tempi che corrono…
- Capiscio, capiscio ma so che lei è persona che unni si
metti sona e sono sicuro che farà l’impossibile.
Le parole di Zi Pietro erano pesanti come macigni.
- A proposito mi dicissi chi amu a fari per questo
sindaco, lei lo sa che io voto in base alle sue
indicazioni, io e quei quattro amici a cui lo posso
chiedere.
Zi pitrino in realtà, muoveva un numero di voti che lo
avrebbero fatto eleggere Presidente della Repubblica.
La modestia era il suo stile, il suo modo così dimesso
era spiazzante per chi ne conosceva la sua nomea.
- A questo proposito, mi dassi un poco di tempo.
Dobbiamo capire che cosa c’è da fare, se la cosa non
gli comporta problema qualche simana prima delle
elezioni ci sentiamo.
143
- Onorè non c’è problema.
I due si congedarono con la prospettiva di rivedersi
presto.U zu Pitrino, uscendo salutò e ringraziò tutti i
presenti nella saletta d’aspetto.
Il fatto che Pitrino Li Vecchi fosse andato in segreteria
da Livasulli non sarebbe certo passato inosservato in
paese , e lui lo sapeva, voleva essere un chiaro segnale
che la scomparsa di Mimì non significava certo che il
posto sarebbe rimasto vacante .
Quella visita inaspettata impensierì non poco Livasulli
a tal punto che, per il resto della mattinata, sembrò non
pensare altro. Continuò a ricevere persone, ma con la
chiara espressione di chi sta pensando ad altro.
Nel primo pomeriggio, decise di chiamare Pumara per
informarlo della visita che aveva ricevuto.
- Alberto vediamoci che ho bisogno di parlati.
- Giovanni rientro questa sera credo tardi.
- A qualsiasi ora, è urgente.
- Che succede mi stai mettendo in pensiero.
- No, niente, nulla di particolarmente preoccupante, ma
ho bisogno di incontrarti.
- Ti chiamo appena arrivo, ci vediamo a casa mia.
- D’accordo.
Pumara alla fine di quella telefonata si impensierì
144
moltissimo, Livasulli, infatti, non era solito allarmarsi e
dal tono della voce gli sembrò particolarmente
preoccupato.
Quando fu alle porte del paese lo chiamò per avvertirlo
che lo stava raggiungendo a casa.
La domestica lo accolse e lo fece accomodare.
- Buonasera onorevole, l’onorevole Pumara la arriverà
subito, si accomodi.
- Non ho neanche cenato questa sera. Mi hai messo in
pensiero. Disse Pumara trafelato e togliendosi la
giacca.
- Non era mia intenzione metterti in pensiero, ma credo
sia giusto che certe cose si affrontino subito e
soprattutto insieme.
- Andiamo al dunque..
- Oggi in segreteria è venuto a trovarmi Pietro Li
Vecchi.
-Eccolo… me lo aspettavo.
- E’ stato molto esplicito. Sai col suo modo dimesso di
parlare, tagliente come un rasoio che sembra potere
essere utilizzato solo per farti la barba, ma
all’improvviso può anche tagliarti la gola.
- Conosco Li Vecchi,.. .. quello è uno vecchio stampo.
Non si annaca…
- Non te lo devo certo presentare io. Mi ha detto che
era a conoscenza della visita che Mimì mi aveva fatto
qualche settimana prima di essere ucciso. Conosceva
145
anche il motivo della visita. Ha aggiunto che amici suoi
hanno prelevato l’impresa di calcestruzzo di Mimì e se
era possibile aiutare questi “amici suoi” a essere
coinvolti nei lavori riguardanti l’impianto.
- Mi pare che sia stato particolarmente esplicito Don
Pitrino?..
- Sì lo è stato, anche se con tono rispettoso, dimesso,
come è nel suo stile.
- Chi glielo dice ora a Pisano…quello non vorrà sentire
ragioni. I ragionamenti che si erano fin qui fatti erano
altri. Nessun problema e strada spianata.
- Alberto con Pitrino Li Vecchi non si può cugliuniari .
- Lo so, lo so. Ma neanche lui può cugliuniare con noi.
Questo sia chiaro. Ho fatto attaccare gente al suo
livello e magari più in alto. Quindi sarebbe bene che
stia attento anche lui.
- Albè ma che stai dicendo, quello fa santari all’aria
prima a me e poi a te.
- Uh…. che parole grosse, è solo un tinto viddrano
delinquente.
- E’ il reggente della cosca de Testipuntuti, sono
spietati, sono emergenti, organizzati. Sono convinto che
sia stato lui a togliersi dai coglioni Mimì. Era troppo
plateale, si annacava troppo. Questa gente, Li Vecchi,
non l’ha mai sopportata.
- E allora sai che ti dico? Che io un’idea ce l’ho.
- Sentiamo…
- Informiamo della faccenda Pisano, tu parla con Li
Vecchi e ci dici che tu vorresti poterlo aiutare, ma ci
146
sono pressioni da parte di Pisano, se lui può risolvere
la faccenda con Pisano, il problema è risolto.
- Ma rischiamo di giocarci l’accordo con Pisano.
- E no, io nel frattempo parlo con Pisano che essendo
imprenditore che ha denunciato i suoi estortori in
passato, non deve fare altro che ripetere il copione. Noi
facciamo attaccare Li Vecchi e ce lo togliamo dai
coglioni.
- E’ un suicidio, l’organizzazione di Li Vecchi metterà
su una mattanza.
- Li facciamo attaccare tutti prima che si possano
organizzare. Giovanni non possiamo permettere che
quattro trogloditi mandino tutto all’aria.
- Certo, certo, su questo sono d’accordo, è il metodo
che mi lascia un poco perplesso. Ci potrebbero essere
conseguenze che in questo momento non è possibile
prevedere.
- Facciamo una cosa, domani stesso io salgo a Roma,
vado a trovare Avarelli .
- Il magistrato?
- Sì, è un mio caro amico, uno a disposizione, se pensi
che deve fondamentalmente a me la carriera che ha
fatto. Gli chiedo di muovere un pò di carte su Li
Vecchi, di farlo incimiciare lui e i suoi amici. Se si
creano le condizioni, gli tagliamo le gambe prima che
inizi a correre.
- Pensi che Avarelli si adopererà in questo senso?
- Eh caro Giovanni, si vede che tu sei un politico di
altri tempi. Per te era più naturale avere a che fare con
147
quelli come Li Vecchi, parlavate, consentimelo, un
linguaggio simile. Oggi le cose sono diverse. E’ più
importante avere un amico magistrato. Oggi contano
più dei mafiosi. La mafia oggi è roba per ricchi, per
gente colta, per gente che ha viaggiato e ha visto il
mondo. Questi quattro viddrana che hanno vissuto in
un catoio del proprio paese, anche se hanno costruito
delle fortune con i loro traffici, non hanno più motivo di
esistere.
- Credo che tu abbia ragione, oggi mi fa più paura un
avviso di garanzia che una busta con due proiettili.
- Bravo, vedi che hai afferrato il concetto. E’ cambiata
la forma e non la sostanza. Con questo voglio dirti che
il caro Li Vecchi deve stare attento a dove mette i piedi
perché potrebbe scivolare. Come vedi anche noi siamo
attrezzati.
Livasulli sembrava tranquillizzato dal ragionamento e
dalle rassicurazioni di Pumara.
- Allora parti per Roma domani?
- Voglio prima assicurami che Avarelli sia in sede.
Domani lo chiamo e se è possibile incontrarlo parto
domani stesso. Tu per il momento stai tranquillo
rimandiamo di qualche settimana la chiacchierata con
Pisano. Non lo vorrei allarmare senza che sia
necessario. Giovanni il sei per cento, ricordatelo. Uno
che ti deve dare tutto questo malloppo la notte deve
dormire tranquillo.
-Sì, deve dormire tranquillo. Ripetè pedissequamente
Livasulli.
148
CAPITOLO TREDICESIMO
Intanto il carrozzone elettorale a Fossalumera
proseguiva la sua marcia. I quattro candidati avevano
alzato i toni, anzi i tre candidati, perché Bartolomeo
aveva rispettato i patti, le direttive del Livasulli. Aveva,
a poco a poco, iniziato ad ammorbidire la sua
posizione. I suoi stessi sostenitori avevano notato
questo cambiamento di strategia e avevano iniziato a
contestarlo in seno alle riunioni di partito. Bartolomeo
di canto suo non intendeva neanche lontanamente
mettere a rischio quanto offerto da Livasulli, e continuò
a inventarsi i motivi più disparati per giustificare la sua
nuova strategia.
Fusaro, il dottore candidato da Livasulli, aveva iniziato
a percepire che stava svolgendo il ruolo dell’utile
idiota, la scarsa presenza del Livasulli e una
quantomeno approssimativa organizzazione elettorale
gli avevano fatto pensare che fosse stato candidato
senza alcuna intenzione di farlo diventare sindaco. Ma
oramai era troppo tardi per tirarsi indietro e l’unica cosa
che gli rimaneva da fare era tartassare di telefonate l’on
Livasulli che latitava regolarmente le richieste di
Fusaro.
Adolfo Murrina aveva puntato tutto sui pensionati e i
149
nostalgici di un tempo che non c’è più. Egli era l’unico
a non avere la percezione di quanto stesse accadendo,
troppo preso da quello che gli sembrava essere l’ultimo
tentativo di cambiare “l’Italia”.
Tanino era in pole position, si era così fortemente
convinto di essere il candidato ideale per l’intera
collettività che aveva preso a parlare di prospettive di
lavoro, di fanta progetti e di cambiamenti così radicali
al punto che lo stesso Pumara lo aveva per un attimo
richiamato.
Una sera lo convocò a casa sua e invitandolo sulla
terrazza che si affacciava su quasi tutta Fossalumera, gli
indico le luci di ogni singola finestra delle case del
paese:
- Vedi caro Tanino ogni singola luce che tu vedi
innanzi a te è una famiglia, ogni famiglia è un
problema, a volte più di uno di cui tu dovrai farti
carico. Attenzione alle cose che si dicono e come si
dicono. Devi sempre lasciarti il giusto margine.
Tanino sembrava avere fatto ammenda del consiglio di
Pumara, ma spesso si faceva prendere la mano e
iniziava a parlare a ruota libera. Fermarlo non era
facile.
- Buongiorno, desideravo parlare con il dott. Avarelli,
sono l’onorevole Pumara.
- Un attimo in linea onorevole.
- Carissimo Alberto avrei chiamato io se non l’ avessi
150
fatto tu. Come stai?
- Bene Giacomo, tu? La famiglia, tutto bene?
- Diciamo di sì, se non fosse che questo trasferimento ci
ha un pò tutti disorientati.
-Quale trasferimento, che novità è questa.
- Ti avrei chiamato proprio per dirtelo. Mi mandano
dalle tue parti, diciamo che ho tra le mani un caso
particolarmente delicato. Se non fosse per il disagio
diciamo che potrei considerarlo un premio alla
carriera. Questa volta mi hanno affidato un caso
particolarmente delicato. Roba grossa.
- Sarai il nuovo procuratore? Non pensavo che
l’attuale procuratore durasse così poco, saranno
passati circa due anni dal suo insediamento.
- Mi sono meravigliato anch’ io, ma l’evolversi degli
eventi ha fatto sì che ci fosse questo cambio della
guardia . Sarò giù la prossima settimana. Dovrò
organizzare il trasloco.
- Bene, considerami a tua disposizione.
- Ma tu perché mi avevi chiamato, c’è qualche
problema?
- Niente di importante, magari te ne parlo appena ci
vediamo.
La notizia non fece certo piacere
amico Avarelli sarebbe diventato
provincia dove egli operava. Non
situazione comoda per lui. Sapeva
a Pumara. Il suo
procuratore della
sarebbe stata una
bene che con gli
151
sbirri e con i mafiosi si può essere amici fino ad un
certo punto. Quale fosse il “certo punto” non poteva
certo chiederglielo.
Avarelli era stato mandato in Sicilia a seguito di una
indagine incrociata su un traffico di rifiuti tossici
provenienti dal nord e smaltiti in maniera, diciamo
forfettaria, proprio nella provincia di cui faceva parte
Fossalumera.
Il traffico di rifiuti coinvolgeva importanti società del
nord e imprenditori meridionali che stoccavano il
pericoloso carico in siti abusivi. Un giro di centinaia di
milioni di euro. Sembrava che vi fosse anche il
coinvolgimento di importanti colletti bianchi.
Il caso era stato affidato ad Avarelli oltre che per la sua
professionalità, soprattutto per la straordinaria
conoscenza di quel territorio e delle sue dinamiche.
L’inchiesta era top secret ed erano molti i soggetti
sottoposti ad intercettazioni.
Tra questi il dott.Briguglia che oltre ad essere
l’amministratore delegato della Energy power era
titolare di alcune società coinvolte nel traffico sul quale
indagava il Procuratore Avarelli.
Pumara ignorava tutto questo, ma ignorava anche tanto
altro.
Avarelli chiamò Pumara due giorni dopo il suo arrivo
presso la sua nuova sede di lavoro.
152
- Alberto, come stai? sono Giacomo.
- Giacomo sono felice di sentirti, pensavo ci avessi
ripensato a trasferirti qui.
- Tu lo sai bene che con la professione che faccio
posso solo obbedire.
- Dove ti trovi? Dimmi che questa sera sei libero, mi
hanno appena portato una cernia di tre chili, dimmi di
sì e questa sera te la faccio mangiare in crosta di sale.
- Tu sai come prendermi. Come faccio a dire di no alla
cernia in crosta di sale? Lo sai che io per il pesce vado
matto..
- Lo so, lo so. Se me lo consenti allora metto in frigo
una insolia di Pantelleria che ti assicuro è “la morte”
della Cernia.
- Mi hai convinto, non andare oltre, mi hai convinto.
Alle nove sono da te. A proposito io sono solo, la
famiglia mi raggiungerà tra qualche settimana, come ai
vecchi tempi.
- Come ai vecchi tempi. A stasera.
Il neo procuratore arrivò puntuale come era sua
abitudine. La scorta rimase fuori ad aspettarlo.
Ad accoglierlo Pumara in persona. Anch’ egli solo in
casa per l’occasione. La famiglia era rimasta dai suoceri
a Palermo e alla governante aveva dato appositamente
una giornata di riposo.
Pumara adorava cucinare e la cernia in crosta di sale era
una delle specialità che gli riuscivano meglio.
L’accoglienza fu davvero calorosa. I due si
153
abbracciarono come due vecchi compagni di liceo che
non si vedevano da vent’anni. In realtà non è che non si
vedessero da così tanto tempo ma la gioia di rivedersi
fu reciproca.
Il procuratore seguì Pumara che si affrettò a ritornare in
cucina per non rischiare di sbagliare la cottura alla sua
cernia.
Invitò il suo amico a mettersi comodo. Il procuratore
non se lo fece dire due volte. Si tolse la giacca e si
allentò il nodo della cravatta.
- A patto che ti do una mano.
- Eh no caro mio tu vuoi scoprire i segreti della mia
cucina.
Erano tornati indietro nel tempo. Il procuratore stappò
la bottiglia di insolia, ne odorò il tappo e riempì i due
calici posti nella credenza.
Pumara si pulì le mani sul grembiule da cucina che
indossava come farebbe un vecchio oste, prese il
bicchiere, lo sollevò:
- Al tuo arrivo in questa terrà che ha arsura di uomini
come te
- A questa terra, e agli uomini di buona volontà
Dopo il primo sorso il brindisi venne interrotto dal trillo
del forno che annunciava l’avvenuta e definitiva cottura
della cernia.
Pumara la diliscò come un vero professionista, mentre
Avarelli lo scrutava per coglierne ogni singolo
movimento.
- Come pulisci il pesce tu, non lo fa nessuno….
154
- E’ una delle poche cose che mi riescono bene….
- Che modesto…..
Si sedettero a tavola. La cernia era troppo buona per
essere condita da qualsiasi discussione.
- Dimmi e Carla come sta? Lavora sempre per quella
casa editrice ? chiese Pumara riferendosi alla moglie di
Avarelli.
- Sì, è anche questo il motivo per cui lei non è scesa con
me. Deve risolvere alcune cose, forse deciderà di
cambiare lavoro.
- E’ inutile che ti dica che per qualsiasi cosa io ci sono.
Carla qui avrebbe l’imbarazzo della scelta. Deve solo
decidere.
- Grazie non posso dubitare
Finita la cena i complimenti si sprecarono.
I due si accomodarono in terrazza a sorseggiare un
passito anch’esso proveniente dalla perla nera. Poi
Pumara tirò fuori una scatola di preziosi sigari che
teneva custoditi in un apposito contenitore a
temperatura consigliata.
- Questi sono per le grandi occasioni. Questa lo è.
Avarelli si accese il sigaro e affacciandosi dal parapetto
della terrazza che dava sull’intero paese illuminato
come un presepe, tirò un sospiro…
- Questa sì che è aria, a Roma queste cose te le sogni.
- E’ questo il motivo per cui io non mi sono mai
spostato definitivamente, qui mi ci ritrovo, riesco a
155
rilassarmi. Disse Pumara mentre tentava di accendere
il suo sigaro.
-A proposito l’altro giorno quando mi hai chiamato, ho
avuto l’impressione che dovessi dirmi qualche cosa.
- Niente, ho risolto, mi serviva una consulenza
giuridica, ma ho risolto.
Pumara si era ben guardato dal chiedere al suo amico
ciò per cui lo aveva chiamato. Adesso era il procuratore
e oltre a metterlo in difficoltà, pur conoscendolo bene,
non poteva immaginare che tipo di reazione avrebbe
avuto.
- Tu invece mi dicevi di “cose grosse” ma che ti hanno
mandato a fare qui? Non è che mi devi fare stare in
pensiero? Disse Pumara sfoderando tutto il suo senso
di protezione verso il suo amico.
-Non ne potrei parlare, ma si tratta di una indagine
partita da lontano e la cui scia arriva dritta dritta a
Fossalumera.
- Mafia?
- Di quella che indossa cravatte griffate. Temo che
questa volta ci stia dentro anche qualche tuo collega.
- Ma dai…
-Proprio così. Abbiamo faldoni pieni pieni di
intercettazioni.
- Mi stai mettendo addosso una curiosità…
- Te la puoi tenere… non posso proprio, anzi questo
passito mi ha in qualche modo imbrogliato… ho anche
detto troppo.
- Ma che fai non ti fidi di me?
156
- Alberto, ma cosa dici? Lo leggerai presto sui giornali.
Tra l’altro ho tanto di quel lavoro arretrato, credo che
dovrò darci sotto in questi giorni. Ma dimmi qui che
novità ci sono?
Il procuratore tentava in realtà di cambiare discorso.
Pumara lo intuì.
- Qui è la solita vita, si cambia tutto per non cambiare
nulla
- Questa frase credo di averla già sentita.
Scoppiarono tutti e due a ridere.
- Sai probabilmente si sbloccherà una situazione
interessante per Fossalumera.
- Di che si tratta?
- La Energy Power ha pronto il progetto per la
realizzazione di un impianto petrolchimico. Si parla di
grossi investimenti e centinaia di posti di lavoro.
Avarelli che stava sorseggiando il suo passito, al
pronunciare da parte di Pumara il nome di quella
società, gli andò di traverso. Iniziò a tossire, cercando
di dire qualcosa.
Pumara intuì. Aspettò che si riprendesse.
- Mi auguro che tu non abbia a che fare con questi
signori.
Disse Avarelli cambiando tono insieme all’espressione
che fino ad allora era stata particolarmente rilassata.
- Perché che cosa hanno fatto? Conosco
l’amministratore delegato della società..
Non fece in tempo a pronunciarne il nome
- Il dottore Briguglia?
157
- Esatto, mi è sembrato una persona così a modo.
- Ti è sembrato quello che non è.. E’ solo un trafficate
di rifiuti tossici che adesso è entrato nel business delle
energie. E’ un delinquente della peggior specie. Mi
dispiace parlarne così, ma non trovo altre definizioni
per chi come lui è accusato di colpe così gravi….
- Giacomo, ma io ti assicuro che….
- Alberto tu non puoi assicurarmi niente se parliamo
della stessa persona. Io lo conosco come le mie tasche,
ho letto migliaia di pagine di intercettazioni di questo
signore. Se lo conosci stacci lontano. E’ monitorato
anche quando va in bagno. Mi manca l’ultimo mese
della sua vita per essere aggiornato su quello che ha
fatto negli ultimi trenta giorni. Ho i verbali delle
trascrizioni pronti da leggere sulla mia scrivania. So
che ultimamente si è fatto vedere spesso in Sicilia. Mi
auguro di non trovarci anche la tua di voce.
Pumara, iniziò a sudar freddo, non avrebbe mai
immaginato una situazione di questo tipo.
Non sapeva che pesci prendere e a proposito di pesci, la
sua cernia in crosta di sale iniziava a venire su con acidi
conati di rigurgito.
- Sai, io l’ho incontrato un paio di volte, ripeto, mi era
sembrata una persona anche particolarmente
preparata in materia, ma fammi capire di cosa è
accusato?
- Ancora ufficialmente di nulla, ma gli pioveranno
addosso una serie di capi di imputazione che farebbero
impallidire il bandito Giuliano.
158
-La cosa mi inquieta a dire il vero. In verità il progetto
che ha intenzione di realizzare a Fossalumera darà,
sempre che ne avrà la possibilità, una seria boccata di
ossigeno al paese. Pensa un investimenti di oltre 500
milioni di euro.
- Starà pensando bene di pulire tutto il danaro sporco
che ha guadagnato nel corso di questi anni.
- Sarà ma il solo pensiero che questa indagine possa
mandare in fumo questa possibilità, unica per
Fossalumera…. Mi …
-Alberto, stiamo parlando di una banda di criminali!
- Certo, certo. Io vedo la faccenda da politico, tu da
magistrato. Sono due punti di vista diversi.
Il confronto si stava facendo serrato e sembrava che
nessuno dei due fosse disposto a fare un passo indietro.
L’incalzare di Pumara aveva messo il procuratore sulla
difensiva, aveva intuito che il suo amico fosse
coinvolto un po’ più che emotivamente.
- Alberto cosa c’è sotto. Era questa la cosa di cui volevi
parlarmi l’altro giorno?
- No, assolutamente. Era chiaro che Pumara stesse
mentendo.
- Io ho sponsorizzato politicamente il progetto. Stiamo
portando avanti una campagna elettorale per l’elezione
del sindaco del paese, puntando fortemente sulle
potenzialità occupazionali del progetto. Se dovesse
essere diciamo fermato, il fatto comporterebbe una
serie di conseguenze.
159
- Quali? chiese di getto Avarelli.
- Tu manchi da parecchio tempo da questa terra. Siamo
alla frutta. La fame di lavoro ha raggiunto livelli mai
visti e questo fa sì che prolifichi la delinquenza. Qui si
spara per spartirsi il territorio.
La discussione durò tutta la serata, ma non se ne cavò
un ragno dal buco.
Avarelli era un uomo tutto d’un pezzo e anche se
doveva molto della sua carriera a Pumara non era certo
disposto a tradire il suo mandato.
Pumara l’indomani si precipitò ad avvisare Livasulli su
quanto era venuto a conoscenza.
Lo incontrò nel suo ufficio.
- Vincenzo qui la cosa sta prendendo una brutta piega.
Giacomo lo conosco bene, quello è un trattore, non si
ferma davanti a nulla.
- Questo è un imprevisto che non potevamo certo
calcolare. Io sapevo che tra le attività di Briguglia ci
fosse anche lo smaltimento dei rifiuti, ma non potevo
immaginare che svolgesse questa attività in questo
modo.
- Bisogna fare qualcosa.Mi è sembrato di capire che
Giacomo lavorerà sulle intercettazioni dell’ultimo
mese. Credo che dentro ci saremo anche noi. Io ho
sentito Briguglia almeno 5 o sei volte al telefono. Poi lo
abbiamo incontrato e Dio solo sa se non aveva anche
l’ambientale addosso.
- Pensa allora che io mi sarò sentito con lui un giorno
160
sì e uno no.
Replicò Livasulli seriamente preoccupato. Poi continuò
- Ma tu gli hai parlato di Li Vecchi?
- Sei pazzo? Ero quasi lì lì per farlo quando la
discussione prese un’altra piega. Se lo avessi fatto,
avrei fatto una grande minchiata.
- Io un’idea per risolvere la questione ce l’avrei, ma
preparati al peggio.
- Non ti seguo.
- Tu stavi per chiedere ad Avarelli di risolverti il
problema di Li vecchi. Ti sei fermato in tempo e mi
pare chiaro che alla luce dei fatti il vero problema
adesso non è tanto Li Vecchi, ma Avarelli.
- Non capisco dove vuoi andare a parare. Rispose
Pumara.
- Semplice, chiederemo a Li vecchi di risolverci il
problema…. Capisci?
- Vincenzo ma che stai dicendo? Ti rendi conto di cosa
stai dicendo?
- Certo che mi rendo conto. Qui rischiamo che uno
sbirro di merda mandi all’aria un affare di diversi
milioni di euro.
- Tu sei impazzito, mi stai chiedendo…
- Non ti sto chiedendo niente, ti sto solo prospettando
una soluzione. Se tu ne hai altre, ti ascolto.
Pumara sembrava sconvolto dalle esternazioni del
Livasulli. Si passò le mani tra i capelli, poi si accarezzò
le palpebre come chi non dorme da giorni.
- No, non mi trovi d’accordo. Posso provare a parlare
161
con Giacomo. Riconoscerà che se oggi si trova lì lo
deve a me, glielo ricorderò… dovrà comunque mettermi
nelle condizioni, quanto meno, di trovare una soluzione
al problema. Ha tutta una vita davanti per giocare a
fare lo sceriffo.
- Eh caro Alberto, quello è uno sbirro nel Dna, non ti
sarà facile trattare con lui certi argomenti.
- E’ un tentativo che devo fare. Sicuramente è una
eventualità consentimi, più come dire…. “Logica” di
quella proposta da te.
- Sarà, io ho forti dubbi.
Pumara si adoperò il giorno dopo. Chiamò Avarelli per
fissare un appuntamento.
Il procuratore, fece accenno ad una serie di impegni
improrogabili. Pumara insistette per poterlo incontrare.
Alla fine ebbe la meglio. L’appuntamento venne fissato
la sera stessa a casa Pumara.
Il Procuratore arrivò con 40 minuti di ritardo. Si scusò
con lui che, però, lo mise subito a sua agio:
- Non preoccuparti, capisco i tuoi impegni e ti sono
grato per aver trovato il tempo di incontrarmi.
Si accomodarono nello studio di Pumara.
- Ti prego di scusarmi per l’insistenza, ma ciò che sto
per dirti è di enorme importanza e sinceramente non
vorrei che il tempo e alcune decisioni possano creare
situazioni irreparabili.
- A cosa ti riferisci?
162
Chiese Avarelli intuendo già a cosa si riferisse.
- Alla discussione dell’altra sera Giacomo. La faccenda
Briguglia.
- Capisco. C’è qualcosa che devo sapere?
- Nulla che non sei nelle condizioni di sapere
indipendentemente da me. Sei tu l’investigatore. Però
vorrei metterti al corrente di una serie di cose che forse
potranno essere per te e le tue indagini motivo di
riflessione. Prima però, voglio che tu riconfermi
esplicitamente la stima e l’amicizia che ci lega da
sempre.
- Alberto non capisco, che bisogno c’è, lo sai quanto ti
sono amico e quanto ti stimo.
- Vorrei che tu questo me lo ricordassi.
- Mi stai facendo preoccupare… dimmi qual è il
problema.
- Il problema è la tua indagine su Briguglia. Ci
giochiamo tutto sotto una carta se Briguglia dovesse
essere coinvolto in qualche indagine giudiziaria. Sarò
chiaro con te. La realizzazione dell’impianto a
Fossalumera muove interessi così enormi che chiunque
si metta di traverso rischia di suo. Capisci che io non
posso ignorare che la tua incolumità venga messa in
pericolo.
- Ma io col pericolo ci convivo dalla mattina alla sera.
Rispose Avarelli ricordandogli che egli svolgeva una
professione che prevedeva questo tipo di rischio.
- Io ti ho sempre protetto, caro Giacomo, a volte anche
a tua insaputa. Questa volta non posso, questa volta
163
devi aiutarmi anche tu.
- Alberto stai dentro questa situazione? dimmelo
chiaramente, ti prego…
- Giacomo, tu sai cosa ho fatto per te, affinché tu
potessi raggiungere i risultati che hai raggiunto oggi.
Lo sai meglio di me che nel tuo ambiente a dettare gli
equilibri, le posizioni è la politica. E’ la stessa politica
che oggi ti chiede di fermarti. Non potrei più garantirti.
-Alberto ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo?
- Sì me ne rendo conto, ma tu conosci i meccanismi
come li conosco io, se non ancora meglio. Ti sto
chiedendo di soprassedere sulla faccenda. Ci stanno
troppi interessi, troppi soldi, troppe carriere.
- Compresa la tua?
Chiese con tono quasi polemico Avarelli.
- Si, compresa la mia, così come era la tua carriera
quando ho dovuto barattare il mio incarico di
sottosegretario con la tua nomina. Tu lo sai quanto mi
è costata.
Avarelli non trovò il coraggio di replicare, ma si sentì
per un attimo in imbarazzo per ciò che Pumara gli
aveva ricordato..
- E’ vero e di questo io ti sarò grato a vita.
- Mi basta che la tua gratitudine me la dimostri in
questa situazione.
- Lo sai che cosa mi stai chiedendo? Te ne rendi conto?
Rischio di essere trombato e andare a fare il passa
carte in qualche procura di periferia.
- Io ti garantirò! Tu non hai nulla da temere. Io ti
164
garantirò, ti do la mia parola d’onore.
Pumara tese la mano ad Avarelli che dopo un attimo di
tentennamento gliela strinse.
- Alberto non ho ben capito che cosa mi stai facendo
fare, ma ti assicuro che non sarà semplice… Briguglia
è un gran delinquente.
- Giacomo sai meglio di me come funziona la giustizia.
Uno come Briguglia che muove così tanti soldi non è
certo uno che va a finire in galera. Qualche mesetto di
arresti domiciliari e il malloppo in qualche paradiso
fiscale. E noi ci illudiamo di avere salvato l’Italia.
- Io non dovrei dirlo, ma è così. La giustizia in Italia è
come una barca che affonda, e non sarà rattoppare un
buco che la farà galleggiare.
- E’ la vera verità.
I due sembravano giustificarsi a vicenda, in una sorta di
“ma chi se ne frega” collettivo.
Certo per Avarelli non sarebbe stato affatto facile
districare la matassa. Le intercettazioni, prove
schiaccianti e una missione che gli era stata affidata. Lo
fece presente a Pumara, che gli assicurò una copertura
totale presso gli ambienti giusti.
Sarebbe bastato oleare i meccanismi, primo tra tutti un
capitano della Guardia di Finanza che aveva condotto le
indagini. Pumara sapeva le porte a cui doveva andare a
bussare, le sue conoscenze gli consentivano di arrivare
in ogni dove.
Adesso bisognava fare passare Briguglia dalla parte dei
buoni e monetizzare il favore che Pumara gli stava
165
facendo a sua insaputa.
Lo invitò presso il suo studio palermitano.
- Dottore Briguglia,sono l’onorevole Pumara, è
necessario che lei venga giù a trovarmi. Ci sono delle
cose particolarmente delicate di cui le vorrei parlare.
Briguglia non fece passare più di un paio di giorni e
prese il primo aereo per Palermo.
- Dottore Briguglia, mi sono permesso di insistere per
questo incontro perché ci sono novità importanti di cui
voglio metterla a conoscenza.
- Eccomi, come vede il tempo necessario per
organizzarmi e mi sono precipitato.
- Salterò i preamboli e andrò dritto al nocciolo della
discussione, quindi la prego di perdonare il mio modo
di essere diretto. Disse Pumara con piglio molto
autorevole.
- Ma la prego, naturalmente.
Replicò Briguglia
- Lei è sicuramente a conoscenza che vi sono indagini
in corso sulla sua persona…
- Sì, è una vecchia storia che si riferisce ad alcune delle
mie società…
Pumara non gli diede il tempo di finire la frase.
- Rifiuti tossici, stoccaggio di rifiuti tossici. Io non l’ho
convocata per entrare in merito all’argomento, bensì
per prevenire una serie di incombenze che la
vedrebbero in forte difficoltà.
- Non la seguo.
- Le pende sulla testa un macigno che io sono riuscito
166
a trattenere a forza prima che le possa fare male, molto
male.
- La prego onorevole, sia più preciso. A cosa si
riferisce?
- La procura sta indagando su di lei ed è pronto un
avviso di garanzia nei suoi confronti. Questo
comporterebbe un effetto domino su tutte le sue attività.
Penso converrà con me….
Briguglia si allentò il nodo della cravatta come chi è in
forte difficoltà e per un attimo la sua espressione si fece
cupa, preoccupata.
- Capisco, ma non vedo cosa possa fare io per evitare
che ciò accada.
- Lei nulla, io molto, moltissimo. A dire il vero mi sono
già adoperato, ma lei capirà che ho bisogno della sua
collaborazione.
- Sono a sua disposizione.
- Abbiamo bisogno di liquidità da destinare a questa
operazione. Contemporaneamente lei dovrà in qualche
modo passare dalla parte dei buoni…
- Non capisco… dalla parte dei buoni?
- Dobbiamo costruire la sua immagine di imprenditore
antimafia, sa, dalle nostre parti è un requisito
indispensabile.
- La seguo , ma fino ad un certo punto. Mi faccia capire
meglio.
- La cultura antimafia dalle nostre parti sta in qualche
modo diventando uno status di cui chi fa impresa non
può fare a meno. E’ un modo per allontanare
167
preventivamente eventuali avvicinamenti di certi figuri
e soprattutto serve ad aprire porte che altrimenti
rimarrebbero chiuse.
- Ho afferrato il concetto,però continua a sfuggirmi il
metodo.Non capisco come si possa diventare
imprenditore antimafia.
- Questo glielo spiegherò più avanti. Una cosa per
volta.
- Per quanto riguarda il primo argomento: la liquidità.
Mi faccia capire in che termini posso esserle utile.
- Cinquecentomila euro dovrebbero bastare. Dobbiamo
in qualche modo rendere più piacevole la vita a chi
invece di godersela, passa le giornate ascoltando le sue
conversazioni.
- Capisco. Mi dia una settimana di tempo. Le farò
avere l’intera cifra in pezzi di piccolo taglio. Per
quanto riguarda, il resto rimango in attesa di
disposizioni.
- Bene, sarà mia premura informarlo passo passo.
L’antimafia è un prodotto che si vende come il pane, è
come entrare a far parte di uno di quei service di gente
che conta. Paghi la quota è anche tu puoi indossare il
distintivo che ti apre tutte le porte.
Pumara conosceva bene le dinamiche di questo tipo di
operazioni. Era un vero maestro.
Briguglia fu di parola, la settimana avvenire portò egli
stesso il danaro richiesto da Pumara,il quale, dal canto
suo, iniziò un giro di consultazioni con alcuni suoi
168
riferimenti, uomini neri delegati a fare operazioni di
questo tipo. Distribuì buona parte di quel denaro tra
funzionari, ufficiali della guardia di Finanza e
investigatori vari. Sollevò Avarelli da tutta una serie di
incombenze. Presto il caso sarebbe stato declassato a
reato fiscale, con ammende per qualche centinaia di
migliaia di euro. Bazzecole per uno come Briguglia.
Nel frattempo Briguglia aveva ottenuto tutte le
autorizzazioni per l’impianto di Fossalumera.
Tutti i meccanismi sembravano incrociarsi tra loro con
una precisione svizzera. Gli attori principali
sembravano tenere bene la scena circondandosi delle
giuste comparse, foraggiandole come pecore al pascolo.
L’affare era fin troppo grosso perché qualcosa o
qualcuno potesse metterne a repentaglio la
realizzazione.
169
CAPITOLO QUATTORDICESIMO
La campagna elettorale sembrava delinearsi
chiaramente. Tanino era dato vincitore alla prima
tornata. L’ignaro candidato sentiva crescere attorno a sè
un consenso ingiustificabile, egli stesso in qualche e
raro momento di lucidità sembrava chiedersi: “ma
perché io?”. Questa domanda in lui non trovava
neanche il tempo della risposta che un viscerale
convincimento quasi tantrico lo ricatapultava in uno
stato di ipnosi autosuggestiva.
Avete mai visto un pupo domandarsi chi muove i fili
che lo fanno agire. Il pupo ha movenze naturali, ostenta
una sicurezza tutta sua, agita le braccia a prova della
sua esistenza. Il pupo parla e la sua bocca lo fa in nome
e per conto di altri, egli è eroe ed incosciente, vittima e
carnefice.
I pupara invece sono ombre, sagome che si muovono
nella penombra,agiscono dietro le quinte e scrutano
dietro la spessa tenda di velluto chi apprezza le gesta
dei loro pupi, chi ride, chi annuisce, chi dissente. E loro
con i loro trasparenti ma resistenti fili, muovono di qua
e di là i pupi dando loro voce, materia e la falsa
illusione di essere vivi.
170
Le urne si erano chiuse da qualche ora, le strade di
Fossalumera erano affollate da gruppetti di persone che
facevano da spola tra una segreteria ed un comitato
elettorale. Dai primi seggi scrutinati sembrava chiaro
l’andamento della elezione. Non vi era seggio nel quale
Tanino non uscisse con il maggior numero di voti.
L’enorme macchina elettorale messa in moto per
l’occasione sembrava avere girato alla perfezione. La
scientificità del metodo era inequivocabile. A dispetto
delle effettive qualità del candidato, la massa, la
popolazione tutta, sembrava riconoscere in Tanino il
loro primo cittadino.
Una sorta di esperimento memetico applicato alla
politica. Un virus contagioso che sembrava attaccare
l’obiettività di un’ intera popolazione.
Dopo alcune ore, file di auto scorrazzavano per le vie
del paese suonando i clacson e sbandierando bandiere
con su la faccia di Tanino. Tanino era il nuovo sindaco
di Fossalumera.
Il neo sindaco era a casa di Pumara con alcuni fidati.
Tutti lo cercavano dappertutto. Pochi sapevano dove si
trovasse.
- Tanino, sei una vera star e come le star ti devi fare
aspettare. Gli disse l’onorevole Pumara
- Onorè non mi sembra vero questo che mi sta
succedendo. Ci pensa “io sindaco del mio paese? Ah si
171
fussi vivo la bonarmuzza di mio padre.
- Da lì sopra tutto vedono e se oggi sei sindaco
probabilmente lo ha voluto tuo padre.
Era convincente la versione mistica data da Pumara.
Era stato il papà di Tanino a farlo eleggere sindaco.
Pumara chiamò l’autista:
- Accompagna Tanino in piazza e fagli fare questo
bagno di folla. D’altronde sono stati loro ad eleggerlo.
L’elezione a sindaco di Tanino rendeva tutto più facile.
Il personaggio era facilmente gestibile ignaro di quanto
gli accadesse intorno.
Livasulli telefonò a Pumara.
- Prosit, Alberto, prosit. Habemus sindacum….
- Caro Giovanni, questa campagna elettorale non l’ho
neanche sentita… credimi.
- Ti credo, ti credo. So che sei impegnato sul fronte
della nostra faccenda. Facendo riferimento alla
realizzazione dell’impianto.
- A dire il vero negli ultimi giorni la faccenda aveva
preso una brutta piega, ma sono riuscito a risolvere la
cosa….A proposito ho la necessità di incontrarti.
- Ci sono problemi?
- Nulla che tu non possa risolvere.
- Tu mi sopravvaluti, comunque ci vediamo domani a
casa tua. Penso di essere lì nel tardo pomeriggio,
diciamo intorno alle sette, sette e mezzo. Adesso goditi
la vittoria del tuo sindaco.
- Giovanni…. del nostro sindaco..
172
- Hai ragione.. del nostro sindaco.
Nel frattempo Tanino era stato inghiottito da una folla
impazzita. Continuavano a issarlo in aria e a inneggiare
cori per il neo sindaco eletto. Tanino era sconvolto,
stropicciato come un fazzoletto in tasca ad uno
raffreddato. Finalmente fu posato per terra e circondato
da microfoni di svariate emittenti e radio locali.
- Signor Sindaco un commento a caldo su questa
ampia vittoria che lo ha visto vincitore senza la
necessità di un ballottaggio.. Chiese uno dei tanti
giornalisti presenti.
Tanino cercò di ricomporsi aggiustando ciò che
rimaneva della sua cravatta e non fece in tempo a
iniziare a parlare che partì un coro da parte dei
sostenitori così forte che copriva la sua voce. Egli come
un capo popolo che si rispetti li invitò a fare silenzio al
fine di potere rilasciare la sua prima intervista da
sindaco.
- Debbo innanzitutto ringraziare tutta la popolazione di
Fossalumera che ha creduto in me, al mio programma,
alla mia coalizione. Voglio dire che sarò il sindaco di
tutti. Da domani stesso inizierò a occuparmi dei
pobremi del nostro paese, insieme alla mia giunta.
- Sindaco, quale sarà la sua posizione nei riguardi
della realizzazione dell’impianto a Fossalumera?
Chiese un altro giornalista.
- Ho pallato chiaro in campagna elettorale.
Discuteremo in modo tale da creare le condizioni per
potere portare lavoro e sviluppo nel nostro paese.
173
Tanino oramai riusciva a districarsi egregiamente tra le
domande e le interviste. Rispondeva come da ciclostile.
Pumara aveva fatto un buon lavoro su di lui.
174
CAPITOLO QUINDICESIMO
Il paese tornò alla normalità dopo qualche giorno. I
vincitori avevano iniziato a prendere possesso delle
varie stanze del Palazzo di città, mentre i vinti
tornarono, delusi e amareggiati, alla loro vita normale.
Bartolomeo aveva ottenuto una parte delle promesse
fatte da Livasulli e aveva anche iniziato un
camaleontico cambiamento di look. Tutto come da
manuale.
Livasulli si stava occupando su incarico del Pumara di
organizzare una bella sceneggiata. Venne incendiata
una vecchia ruspa nel cantiere dell’impianto dove erano
in corso i primi rilevamenti per l’azione esecutiva del
progetto.
Il valore della ruspa era di qualche migliaio di euro, ma
fruttò a Briguglia e ai suoi compari di merende una
visibilità mediatica di gran lunga superiore alla cifra
investita.
Lo stesso Dott. Briguglia iniziò le sue apparizioni
presso le tv locali. Era lui adesso l’imprenditore del
momento, taglieggiato, che lotta contro i poteri mafiosi
e a cui le istituzioni devono assicurare protezione e
porte aperte.
175
Ma spesso, quando i meccanismi sembrano funzionare
alla perfezione, capita che qualche ingranaggio possa
trovare attrito. Potremmo dire che quando il cielo è
sereno può capitare che vi sia in arrivo uno tsunami.
Si sa anche che gli tsunami partono da lontano per poi
arrivare in luoghi lontani e fare danni inimmaginabili.
Questa volta lo tsunami aveva un nome ed un cognome:
Alessandro Nardi, giornalista, 43 anni, testa rasata e
pizzetto, dimostrava qualche anno in meno della sua
età, il suo era un curriculum di tutto rispetto.
Collaborava con un importante quotidiano nazionale.
Era un giornalista di frontiera. Aveva maturato una
importante esperienza nel campo del malaffare, degli
appalti, della politica. Aveva seguito inchieste
particolarmente delicate e questo gli aveva procurato
non pochi problemi. Minacce, un paio di azioni
intimidatorie, diverse perquisizioni da parte degli
organi inquirenti.
Proprio così. Nardi si doveva guardare da tutte e due le
parti. Negli anni si era occupato di malaffare politico e
a qualcuno della stanza dei bottoni non era certo andata
giù la cosa. Alessandro era un vero giornalista, uno di
quelli che se ne strafotteva del colore politico. La sua
era una missione, una fede. Raccontare le cose così
come erano andate. Aveva cambiato diverse redazioni
prima di approdare alla testata per la quale lavorava.
Lui era e continuava a stare in trincea.
L’ultimo caso al quale stava lavorando era proprio
176
l’inchiesta che riguardava Briguglia. Quando apprese
che tutta la faccenda si era sciolta come neve al sole,
rimase di stucco. Non poteva credere ai suoi occhi
leggendo lo sviluppo e l’esito delle indagini. Non
avrebbe mai immaginato che tutti i traffici, i contatti
con ambienti mafiosi e camorristi che Briguglia aveva
avuto fossero adesso ridotti a un mero reato di natura
civile e qualche ammenda.
Voleva vederci chiaro, voleva scoprire cosa si celasse
dietro questo perentorio cambiamento di rotta da parte
degli inquirenti.
Presto ne ebbe contezza. Ad insospettirlo, fu l’articolo
di un collega siciliano che riportava la notizia
dell’attentato in un cantiere di Briguglia, che lo
dipingeva puro come la Vergine Santa. Nardi non
conosceva personalmente il suo collega. Decise di
chiamarlo per avere chiarimenti sull’articolo. I due
fissarono un incontro la settimana successiva.
Alessandro nel frattempo incontrò il suo direttore al
fine di partecipargli l’intenzione di recarsi in Sicilia a
continuare il lavoro che aveva iniziato sul caso
Briguglia.
Il suo direttore non fu certo entusiasta dell’iniziativa:
- Alessandro, non credo sia una buona idea. Il caso
Briguglia è chiuso. Hai visto anche tu che tutto si è
sgonfiato con un nulla di fatto.
- E’ per questo motivo che voglio vedere cosa sta
accadendo laggiù. Sono sicuro che l’esito della
177
faccenda sia legata a doppio filo con la realizzazione
dell’impianto di Fossalumera. E’ Briguglia che lo
dovrà realizzare e credo che abbia provveduto qualche
sartoria siciliana a procurargli l’abito nuovo.
D’altronde, se qualcuno ti viene a casa a proporti un
affare da 500 milioni di euro, dovrai certamente
preoccuparti di risolvergli qualche problemino… o no?
- Ale, stai calmo. Stai parlando della Sicilia. Attento,
che lì le cose non te le mandano a dire. E’ anche vero
che tu hai grande esperienza, sei stato più volte da
quelle parti e ti sei anche occupato di faccende anche
più delicate, ma non vorrei che ti cacciassi nei guai. Lo
sai che se pesti i piedi a qualcuno i guai mi arrivano
dritti dritti su questa scrivania.
- Lo so, non preoccuparti. Mi muoverò con attenzione.
Voglio solo capire un po’ di più, se lo riterremo lo
faremo sapere ai nostri lettori, altrimenti vorrà dire
che mi hai pagato un soggiorno in Sicilia.
- Io il soggiorno te lo pago volentieri, ma ti chiedo di
essere molto prudente. Ti conosce bene. So di che pasta
sei fatto. Mi servi tutto intero.
Nardi non perse un attimo di tempo. Prenotò il primo
volo disponibile per Palermo e la sera stessa arrivò nel
capoluogo siciliano.
Avrebbe dovuto incontrare il suo collega. Prese a
noleggio una Fiat punto all’aeroporto di Puntaraisi e si
diresse verso l’hotel dove avrebbe alloggiato per
qualche giorno in attesa di spostarsi a Fossalumera.
178
L’indomani i due si incontrarono nella hall dell’hotel.
Il suo collega era molto giovane. Dimostrava ad occhio
e croce una trentina di anni. Si vedeva palesemente che
era ben felice di incontrare Alessandro. Un collega che
lavora per una testata importante fa curriculum. Infatti
si presentò puntuale all’appuntamento.
- Alessandro Nardi, piacere di conoscerti.
- Il piacere è mio, ho letto tantissimi tuoi articoli. Sono
Luigi Di Franco.
I due si accomodarono in un angolo appartato della hall.
Erano le nove e trenta del mattino.
- Cosa ti faccio portare? Chiese Nardi.
Chiamò il cameriere e ordinò due caffè.
Alessandro sapeva bene di esercitare un certo
ascendente sul collega che lavorava per una testata
sicuramente meno importante della sua e come si fa in
questi casi tentò di coinvolgerlo emotivamente.
- E allora che aria tira in questa isola meravigliosa?
Vedo che avete l’attenzione di grossi imprenditori.
- Tu lo sai bene che qui la vita non è facile per quelli
che fanno il nostro mestiere. Replicò Di Franco con una
certa rassegnazione.
- Lo so, lo so. Conosco l’ambiente. Ho lavorato a
diverse inchieste in Sicilia, conosco le difficoltà.
- Come mai ti stai interessando a Briguglia? Qui è
quasi un messia. A Fossalumera è considerato uno dei
tre re magi. Capirai… con la fame di lavoro che c’è
anche se gli vieni a proporre una fabbrica di eternit la
popolazione sarebbe ben contenta di accettare.
179
- Tu hai fatto un articolo sull’attentato che hanno fatto
al cantiere di Briguglia. Cosa è accaduto realmente?
- Hanno bruciato una vecchia pala meccanica, di poco
valore.
- C’erano altri mezzi accanto alla pala?
- Si c’erano molti mezzi nuovi e sicuramente di valore.
- Capisco…hai idea di chi e perché abbia potuto fare
ciò ? Chiese Nardi nella speranza di avere qualche
appiglio dal quale partire.
- Io non ho un’idea ben precisa ma tira una strana
aria a Fossalumera.
- Cioè?
- Si sono appena concluse le elezioni amministrativa. Il
sindaco è un perfetto imbecille che a sentirlo parlare ci
si dimentica la lingua italiana, non è stato necessario
neanche il ballottaggio. E pensare che il suo
antagonista era sostenuto dall’onorevole Livasulli. A
dire il vero non l’ho visto particolarmente coinvolto in
campagna elettorale, anzi mi è sembrato alquanto
defilato.
- Stai forse dicendo che Livasulli non si è dispiaciuto
della vittoria di questo sindaco?
- Credo non più di tanto. In questo momento è l’on
Pumara ad avere il vento dalla sua parte. Lo conosci?
- Sì, per sentito dire. So che è uno antimafia per così
dire.
- Esatto, ha tutte le porte aperte, a tutti i livelli.
- Come si pone il Pumara nei confronti della
realizzazione dell’impianto?
180
- Come vuoi che si ponga uno a cui sta arrivando un
affare del genere nel paese dove ha il monopolio e da
oggi anche il sindaco? E’ d’accordo, anzi credo ne sia
l’artefice.
Di Franco sembrava essere un ottimo osservatore di
quella realtà. Alessandro iniziava a considerarlo un
buon punto di partenza.
- Te la sentiresti di darmi una mano in questa
inchiesta? Voglio precisare che per te potrebbe essere
una buona possibilità per farti conoscere dal mio
giornale. Intendiamoci … è un percorso ma potrebbe..
Alessandro non riuscì a finire la frase che..
- Sono a tua disposizione, per me è una grande
occasione potere collaborare con te.
- Attenzione – replicò Alessandro – guarda che non è
una passeggiata di salute. Stiamo parlando di cose
grosse, potenzialmente pericolose. Io non conosco la
tua esperienza, ma stiamo parlando di prima linea. Ti
arriveranno colpi da tutte le parti, credo ad iniziare dal
tuo direttore. Se ci sei dentro devi essere consapevole
di tutto ciò.
- Sposo la causa, ritienimi a tua disposizione. Sono
disposto a correre il rischio.
- Benvenuto a bordo, allora…
- Quando e da dove si parte.
Di Franco sembrava volersi affidare all’esperienza del
collega. Lui avrebbe messo a disposizione la sua
conoscenza del territorio.
181
- Si parte subito. Mi serve avere un quadro completo
degli ultimi avvenimenti accaduti a Fossalumera. Mi
serve anche avere informazioni dettagliate sui
candidati alla poltrona di sindaco che non sono stati
eletti e le loro posizioni a proposito dell’impianto.
- A questo proposito posso fin da subito dirti che
l’unico che sembrava accanirsi contro l’impianto era il
candidato della sinistra un certo Bartolomeo. Era
partito a mille, si era incatenato e cose del genere. Poi
all’improvviso, iniziò a defilarsi come se qualcuno lo
avesse convinto che era meglio mettersi da parte.
- E adesso che fine ha fatto?
- Credo che abbia trovato sistemazione, un incarico
come consigliere di amministrazione in un ente, di
quelli che ti porti a casa lo stipendio con un paio di
presenze al mese.
- Bravo il comunista! Dobbiamo sapere a chi faceva
capo l’incarico che ha ottenuto. Chi lo ha sistemato
lì…
- Perché vuoi partire da lì?
- Capire da chi sono stati messi alla porta i contrari
all’impianto ci aiuterà a scoprire alleanze che in
apparenza sarebbero impensabili.
- E’ vero, ci aiuterà a fare luce su eventuali accordi
sottobanco. Ma posso chiederti cosa speri di scoprire
da questa inchiesta? Cosa stai cercando insomma..
- Stavo lavorando da parecchio tempo ad una inchiesta
su un giro di stoccaggio di rifiuti tossici. Briguglia era
il principale attore di tutta la vicenda. Appena arrivato
182
in Sicilia a proporre questo impianto, le indagini che lo
avrebbero portato ad una sicura e pesante condanna
hanno all’improvviso subìto una sterzata. Tutto è stato
occultato come polvere sotto il tappeto. Voglio
sollevare quel tappeto e scoprire chi ci ha messo sotto
la polvere.
- Questo sì che è giornalismo.
Replicò Di Franco entusiasta, eccitato per il suo
coinvolgimento.
- Hai voglia di fare i soliti articoletti sulla
inaugurazione della villa comunale? Anch’ io sono
partito da lì, poi il nostro mestiere diventa come la
droga per i drogati e sembra non bastarti più l’ipocrita
realtà che i direttori dei giornali locali, foraggiati dai
politici, ti impongono. Non pensare che questo non
accada anche a livelli più alti. In verità quando ti sei
costruito una tua credibilità nei confronti dei lettori, i
direttori debbono fare i conti anche con te che gli tieni i
lettori sulla corda.
- Mi piacerebbe molto poter dire la mia su tante
situazioni di cui ho dovuto scrivere cazzate che non
rispondevano affatto alla verità.
- Beh, un primo passo lo hai fatto oggi. Si inizia così.
Trovi un incosciente come me che ti trascina nel vortice
… e il gioco è fatto.
Alessandro cercava quasi volere spaventare Di Franco
quasi a volerlo fare desistere dall’invito di partecipare
al servizio. Di Franco sembrò non essere scalfito dalla
battuta.
183
- Non vedo l’ora di poterti dare un effettivo contributo.
Ritienimi a tua disposizione.
- Inizia col chiedere un’intervista a Bartolomeo. Digli
che stai facendo una serie di interviste ai candidati non
eletti al fine di sapere quale sarà il loro prossimo
impegno nel quadro politico di Fossalumera. Non
dimenticare che quando te lo troverai davanti lo devi
incalzare a proposito dell’impianto e dei motivi che lo
hanno fatto desistere dalle sue precedenti posizioni.
Contemporaneamente sarebbe bene accertarsi a chi fa
capo dal punto di vista politico il posto che ha ottenuto
in quel consiglio di amministrazione.
- Chiaro; mi servono un paio di giorni. Chiederò un
paio di giorni di ferie al giornale. D’altronde ne ho
talmente di arretrate….Non vorrei che il mio direttore
si opponesse ancora prima di iniziare l’inchiesta.
- Io,invece -disse Nardi- parto oggi stesso per
Fossalumera, cercherò di partire dal territorio.
- Fai attenzione che una faccia nuova in un posto come
Fossalumera non passa certo inosservata. Qualche ora
dopo, di te, si saprà tutto, compreso il motivo per cui ti
trovi lì.
- Gli eviterò di fare indagini dettagliate. Andrò a
chiedere una intervista a Pumara. Lui conosce la mia
testata, sono sicuro che non gli dispiacerà affatto.
-Allora ci vediamo lì, io alloggio a Villamonte, si
trova a 5 chilometri da Fossalumera. C’è un
184
alberghetto per lo più frequentato da commessi
viaggiatori e camionisti.
- Ottimo, prenoterò anch’ io una camera. Ci si vede a
Villamonte.
I due si congedarono con i compiti da svolgere già
assegnati.
Nardi chiamò la redazione del suo giornale per chiedere
di fissare un appuntamento con Pumara.
Dopo qualche ora l’appuntamento era fissato per la sera
stessa, alle ore 19 presso lo studio di Pumara.
Lungo il tragitto Nardi cercava di focalizzare i punti
importanti dell’intervista, quelle domande che senza
suscitare alcun malumore da parte di Pumara, gli
potessero comunque dare nuovi elementi per la sua
inchiesta. L’operazione non era affatto facile.
All’improvviso squillò il cellulare. Diede uno sguardo
al display. Era il suo direttore.
- Vedo che non puoi fare a meno di me…esordì Nardi
- Alessandro come stai? Ho una notizia che credo ti
possa tornare utile. Ricordi la tua inchiesta su
Briguglia?
- Ci sto ancora lavorando.
- Cosa ti dice Avarello?
- E’ il procuratore che se ne stava occupando.
- Ale,Tieniti forte, è stato trasferito proprio da quelle
parti, dove ti trovi tu in questo momento.
Nardi inchiodò l’auto e si mise da parte
185
- Cosa? Non posso crederci. Mi stai dicendo che
Avarello è il nuovo procuratore della provincia…
-Esatto, si occuperà anche di Fossalumera.
- E’ una coincidenza incredibile. E’ un pezzo di puzzle
che tirerà tanti tasselli a sè come la calamita il ferro.
- Non credo che ci sia bisogno di aggiungere altro.
Credo che le raccomandazioni alla prudenza che ti ho
fatto prima di partire debbano essere risottolineate.
Alessandro, prudenza, molta prudenza.
- D’accordo direttore, non preoccuparti. Ti faccio
sapere. Io sto andando a Fossalumera ad intervistare
l’on Pumara.
- A questo proposito debbo aggiungere una
indiscrezione: Pumara e Avarello sono legati a doppio
filo. E’ stato lo stesso Pumara che ha diciamo
agevolato la carriera di Avarello.
- Direttore se tu non ci fossi bisognerebbe inventarti. Ci
sentiamo.
Il direttore chiuse la conversazione raccomandandogli
per l’ennesima volta “PRUDENZA”.
Nardi riprese la sua marcia in direzione di Fossalumera.
Nella sua testa mille pensieri, mille domande, mille
supposizioni.
Aveva intuito che in qualche modo ci fossero delle
correlazioni tra quanto appena appreso dal suo direttore
e l’insabbiamento dell’affare dei rifiuti tossici che
aveva come protagonista Briguglia.
Nardi arrivò a Villamonte intorno alle 14. Sistemò i
186
suoi bagagli e scese nella hall dell’alberghetto dove vi
era annessa una piccola trattoria.
Una piccola saletta con una cinquantina di posti a
sedere. Data l’ora la saletta era quasi vuota. Su alcuni
tavoli rimanevano gli avanzi di alcuni avventori che lo
avevano preceduto.
Il cameriere gli disse che data l’ora poteva portargli
solo una bistecca ai ferri che egli stesso avrebbe
preparato. Il cuoco era già andato via.
Nardi nell’attesa tirò fuori un piccolo block notes e
mise giù una serie di appunti.
Mangiò la sua bistecca non distogliendo l’attenzione
dal suo taccuino che nel frattempo era quasi coperto da
molliche di pane.
Ritornò in camera per riposarsi qualche oretta e mettere
in ordine gli appunti. Stilò una ventina di domande che
avrebbe posto a Pumara.
Si presentò puntuale all’appuntamento. Pumara
conoscendo di fama il giornalista e la testata per la
quale scriveva, lo ricevette personalmente.
Lo fece accomodare nel suo studio dando disposizioni
alla sua segretaria di non essere disturbato.
Si accomodarono sul salotto di fronte la scrivania. Lo
studio era particolarmente lussuoso con una grande
libreria in legno massiccio piena di libri. Alle pareti
quadri importanti e foto con personaggi illustri. Alle
spalle della scrivania su un pezzo antico, la foto con il
187
Santo Padre e con alcuni politici di alto livello.
- Bene arrivato, sono felice di conoscerla
personalmente.
- Sono felice anch’io ,On. Pumara, di conoscerla.
I due si accomodarono.
- Le faccio portare qualcosa, un caffè?..
- La ringrazio, sono a posto.
Nel frattempo Nardi aveva iniziato a tirare fuori gli
attrezzi del mestiere. Un piccolo registratore digitale, il
suo inseparabile block notes e un foglio con alcune cose
scritte su.
- Mi auguro che sia qui per dare visibilità al nostro
paese. Sa, in questo momento un pò di riflettori su
Fossalumera sarebbero utili anche per far vedere che
la classe politica di questo paese ha progetti ambiziosi.
- Posso accendere il registratore, vedo che stiamo
entrando da subito in argomento.
- Prego, faccia pure.
- Intanto complimenti per l’elezione a sindaco del suo
candidato..
- Abbiamo voluto uno del popolo alla guida della città.
Tanino Spoto è un consigliere comunale di lunga
esperienza e ha saputo portare avanti una campagna di
contenuti, senza mai cadere nelle provocazioni dei suoi
antagonisti.
- Il programma elettorale di Spoto prevede la
realizzazione dell’impianto petrolchimico. Non ritenete
che un impianto così impattante costituisca un serio
pericolo per la popolazione che da quello che mi risulta
188
ha già pagato un prezzo altissimo in termini di
sfruttamento del territorio?
- Mi dispiace contraddirla, ma credo che l’impianto in
questione rappresenti per tutta la collettività un serio
momento di riscatto. Centinaia di posti di lavoro che
andranno a colmare la fame di lavoro di cui purtroppo
soffre atavicamente Fossalumera
Nardi fino a quel punto si era contenuto. Era sua
intenzione entrare in argomento poco per volta.
- Lei conosce i promotori di questa iniziativa
imprenditoriale?
- Ho avuto il piacere di conoscere l’amministratore
delegato della società e alcuni ingegneri del team dei
progettisti.
- Si riferisce al dott. Briguglia?
- Esatto, il dott. Briguglia. Ho avuto il piace di
confrontarmi più volte con lui. In diverse occasioni
anch’ io ho fatto presente alcune mie perplessità, ma le
assicuro che il suo staff fatto dei migliori ingegneri in
questo campo mi ha dato rassicurazioni sia sulla
sicurezza che sull’impatto a cui si riferiva lei.
- Beh, se lo dice Briguglia c’è da fidarsi.
Il tono utilizzato da Nardi lasciava aperte diverse
interpretazioni, sembrava palesemente ironico, ma non
troppo.
- Briguglia è un imprenditore di lungo corso..
- Lei sa che Briguglia è il principale inquisito in un
traffico di rifiuti tossici che coinvolgono oltre che
Briguglia anche alcune cosche mafiose e camorriste?
189
Il tono era improvvisamente cambiato. Anche
l’espressione di Pumara fino a quel momento ben
predisposta si incupì.
- Se è così informato dovrebbe anche sapere che il dott.
Briguglia è stato scagionato da quella accusa e che
tutto il castello accusatorio si è dissolto nel nulla Replicò Pumara con tono di sfida.
- Sì lo so. So anche che il procuratore che stava
curando le indagini all’improvviso sembra essersi,
come dire…. Ravveduto, ravveduto e trasferito. Credo
da queste parti… o no?
- Non capisco che tipo che tipo di allusione lei intenda
fare. Il Dott. Avarello è uno dei procuratori più stimati
con una carriera di tutto rispetto.
- Non lo metto in dubbio. Ma lei non troverebbe strano
che un’indagine con centinaia di ore di intercettazioni è
una miriade di prove, all’improvviso si dissolva come
neve al sole e contemporaneamente il procuratore che
sta portando avanti le indagini venga trasferito, così di
botto, proprio nella provincia dove lo stesso Briguglia
sta per realizzare un impianto come quello in
questione?
- Non lo trovo affatto strano ma le dirò di più, mi
meraviglia non poco che un giornalista di rango quale
è lei lo trovi strano.
- Onorevole, lei sa di cosa stiamo parlando… la prego.
- Ma sono io che la prego di smetterla con insinuazioni
che non hanno alcun fondamento.
- Ha ragione onorevole, ma sa, noi giornalisti a volte
190
abbiamo le traveggole e vediamo anche cose che non ci
sono. Pensi che io ho immaginato che la sua antica
amicizia con il dott Avarello, la cui splendida carriera
in qualche modo la deve anche alla sua persona,
potesse in qualche modo avere influito a stoppare le
indagini su Briguglia
Pumara sorrise in maniera sarcastica e senza scomporsi
per le gravi affermazione di Nardi disse:
- Caro Nardi, mi lusinga pensare che lei mi immagini
un uomo così potente da potere cambiare le sorti di una
indagine così delicata come quella che vedeva
protagonista il dott. Briguglia, ma devo deluderla. Il
dott. Avarello è mio amico da sempre e la sua fulgida
carriera le assicuro è frutto della sua preparazione e
professionalità. Mi creda, il dott Avarello, per come lo
conosco io, non guarderebbe neanche sua madre se
fosse imputata in un processo che lo riguarda.
- Apprezzo quello che sto apprendendo, dovrò un
attimo rivedere le mie congetture sul dott. Avarello. Sa,
tra l’altro mi ero appassionato alle indagini che stava
portando avanti sul caso Briguglia. Il mio è una sorta
di risentimento nei confronti di un uomo dello stato che
sembra essere stato distolto dal compiere fino in fondo
il suo dovere.
- La prego Nardi usciamo da questa antipatica
discussione. Se vuole torniamo a parlare dello sviluppo
di Fossalumera.
Nardi allentò la corda, si era fatto un’idea un pò più
precisa sui rapporti del Pumara
con il resto della
191
compagnia.
L’intervista continuò su toni più tranquilli, anche se
ambedue sapevano che si trattava solo di una parvenza.
La provocazione oramai era stata lanciata. Tutti e due
sapevano che la cosa avrebbe avuto strascichi.. Pumara
avrebbe certamente aspettato l’uscita dell’intervista per
farsi un’idea ancora più chiara sulle intenzioni di Nardi.
- Quando avrò il piacere di leggere il contenuto della
nostra conversazione? domandò Pumara per accertarsi
di non perdere l’articolo.
- Non saprei, conto di completare un giro di interviste
per stilare un corposo reportage.
La parola reportage non ebbe un suono amico per
Pumara.
- Reportage? Credevo si trattasse di una singola
intervista. – Poi aggiunse con tono ironico – per un
attimo avevo creduto che fosse interessato alla mia
attività politica.
- Anche a quello, ma sa, ciò che sta accadendo in
questo posto è degno di attenzione…
- Ma perché che cosa sta accadendo?
- Uno strano vento di fittizio cambiamento. Il mio
intuito di giornalista mi fa pensare che le cose non
sono come appaiono.
La discussione stava prendendo un taglio un po’
sibillino, di quelle discussioni in cui si dice e non si
dice.
Poi Nardi si avviò verso la porta quasi a volere
interrompere quella discussione.
192
Pumara aggiunse:
- Voi giornalisti vedete la notizia dappertutto, ma
d’altronde è il vostro mestiere.
- Una categoria di visionari ….la nostra.
- Assolutamente no, non volevo dire questo.
Nardi tese la mano e con un sorriso ciclostilato replicò:
- Onorevole lo ha detto. Non mi dirà che oltre a vedere
cose che non esistono, sentiamo cose che non si
dicono?... Adesso si è fatto tardi. La ringrazio per la
sua pazienza.
- Ringrazio lei per la sua disponibilità.
Pumara aveva intuito dove voleva andare a parare il
giornalista, e sapeva bene che avrebbe potuto creare
qualche problema.
Non fece in tempo a chiudere la porta che chiamò il suo
amico Avarello.
Pumara chiese ad Avarello se conoscesse Nardi.
- Certo che lo conosco. Nell’ambiente lo chiamano “il
segugio” è uno di quei giornalisti che quando è
impegnato in una inchiesta non ti lascia più in pace.
Stava seguendo il caso dei rifiuti tossici. Ma perché,
cosa è successo?
Pumara raccontò la conversazione avuta col giornalista
per filo e per segno.
La voce di Avarello cambiò tono e il procuratore non
potè nascondere una certa preoccupazione.
Pumara cercò di tranquillizzarlo.
- Non preoccuparti, è pensiero mio.
Egli era sicuro di trovare il tramite per mettere a tacere
193
il giornalista.
- Ti prego di tenermi aggiornato. Concluse il
procuratore Avarello
Nardi era ritornato in albergo. Il portiere lo informò che
era stato cercato da un certo Di Franco il quale
alloggiava nello stesso albergo ma al momento era
fuori.
Il portiere non fece in tempo a finire la frase che alle
spalle di Nardi si materializzò Di Franco.
Il portiere - Eccolo è appena rientrato.
- Luigi, come stai? Mi stavano appunto dicendo che mi
avevi cercato.
- Ci sono buone nuove. Ho appena finito l’intervista
con Bartolomeo. Ma accomodiamoci in saletta che ti
racconto per filo e per segno.
Nardi rivolgendosi al portiere - Ci porti un paio di
birre. Credo che avremo tante cose da dirci che ci si
prosciugherà la gola- continuò rivolgendosi a Di
Franco.
La saletta era vuota, la tv accesa con il volume basso
stava trasmettendo un gioco a quiz.
I due si accomodarono nell’angolo più discreto della
sala, defilati.
Non fecero in tempo ad iniziare la conversazione che il
portiere gli portò le due birre.
- Dimmi tutto. Com’è che il nostro comunista adesso
siede al tavolo del c.d.a. di questa società?
194
- In verità non me lo ha detto, l’ho dovuto scoprire io
attraverso altri canali. Ma quando gli chiesi come mai
la sua battaglia contro la realizzazione dell’impianto
era scemata quasi all’improvviso durante la campagna
elettorale, dopo una partenza eclatante con
l’incatenamento e altre menate varie, lui ha cambiato
colore. Mi ha detto che tutto sommato per potere
contestare l’impianto, data la fame di lavoro, sarebbe
stato necessario proporre un progetto alternativo che
lui non aveva nè poteva proporre. Gli è sembrato più
corretto nei confronti della popolazione non forzare i
toni.
- Gran paraculo. Ma dimmi chi lo ha sistemato lì?
Chiese Nardi
-Di quel sottogoverno, chiamiamolo così.. aveva la
paternità Livasulli, l’onorevole. E’ stato lui a
collocarlo lì. Ma da indiscrezioni so che ha fatto ben
altro.
- Ben altro cosa?
- Il candidato di Livasulli era perdente in partenza.
Voci attendibili dicono che Pumara e Livasulli hanno
chiuso un accordo: un imbecille a sindaco che facesse
comodo a tutti e due. Sul candidato non vi sono state
perplessità: Tanino Spoto
- L’imbecille
- E’ un buontempone, ignorante come una capra e
gestibile come un cane di caccia..
- Il quadro si fa chiaro.
- E l’intervista a Pumara? Come è andata? Domandò
195
Di Franco
- Ha subito intuito il motivo della mia presenza, anche
perché io non gliel’ho mandato a dire. Credo abbia
iniziato a telefonare ancor prima che io finissi l’ultima
rampa di scale. L’ho fatto di proposito. Se arrivano
segnali di un certo tipo… allora significa che siamo
sulla strada giusta.
- Che tipo di segnali?
- Se conosco bene i miei polli domani il mio direttore
mi chiamerà per dirmi che c’è qualche problema.
- E tu che farai?
- Quello che c’è da fare. Continuerò la mia inchiesta.
A proposito, sarebbe interessante conoscere la
composizione
della
commissione
edilizia
di
Fossalumera, sono loro che debbono dare una delle
ultime autorizzazioni mancanti.
- So che la commissione si insedierà la prossima
settimana,-aggiunse Di Franco- ma i giochi sono già
fatti. Sono tutti uomini di Pumara e Livasulli, non ci
sono alternative.
- Fammi capire.. Livasulli con Pumara che tipo di
relazione c’è tra i due?
- Livasulli è l’onorevole vecchio stile, con le mani in
pasta dappertutto,dall’immagine oramai compromessa.
E’ uscito da mille inchieste sempre per il rotto della
cuffia. Ha anche come referenti alcuni malavitosi della
provincia. Ha avuto l’intelligenza di capire che la sua
faccia non è più spendibile. A lui interessa essere
deputato e basta, non vuole visibilità, non gli serve.
196
Anzi più buio c’è intorno a lui e meno si vedono le
marachelle che combina. Pumara invece è la faccia
dell’antimafia, il giusto, il pulito, quello spendibile. Ha
capito che gli accordi con Livasulli avrebbero
monetizzato la sua faccia da bravo cristiano.Sono i
pupari di Fossalumera. Si divertono a fare e sfare
quello che vogliono. Infine c’è l’onorevole Loiero,
quello che cammina scortato. Quello è un pupo in
mano ai pupara. Lo gestiscono come vogliono. Gli
fanno fare manovalanza politica. Non conta un cazzo,
ma fa comodo ai due compagni di merende. Infine, e
con ciò ti completo il quadretto, ci sono alcuni
imprenditori, uno in particolare il Cavaliere Pisano, te
lo raccomando. Lui ci sta sempre. Si è riciclato
denunciando quattro babbi e ora è imprenditore
antimafia. Questa cosa qui gli ha concesso di entrare in
tutti gli appalti dalla porta principale.
- Mi stai dicendo che ha fatto arrestare persone per
potersi costruire questa immagine?
Chiese incredulo Nardi
- Hai capito bene. Io sono nato da queste parti e ti
assicuro che la mafia, quella vera, non ti dà nessuna
possibilità. Sono loro stessi che organizzano le
scenografie, che realizzano la stesura delle
sceneggiature. Ti dirò di più; poco tempo fa a
Fossalumera c’era un certo Mimì che stava prendendo
piede, alla vecchia maniera, quella dei delinquentazzi. I
signori non hanno gradito che le loro preziose camicie
bianche si sporcassero di sangue. Mimì è stato fatto
197
fuori. Evviva la legalità.
- Luigi, stai cercando di dirmi che questi che fanno
“gli antimafia” mettono su questo circolo mediatico
per fare i loro affari indisturbati?
- Non provare a farmelo ridire, lo negherei. La cosa
più grave è che se provi a dire una cosa del genere o ti
prendono per pazzo o ti fanno un bel letto di cemento.
Io non ne ho mai parlato con nessuno. Se dicessi una
cosa del genere al mio direttore, mi manderebbe a fan
culo con tutte le scarpe. Il mio giornale ad esempio
campa grazie ai Livasulli, ai Pumara. Siamo tutti nei
loro libri paga.
- Ma questa è una situazione impossibile da scardinare.
La mafia che attacca se stessa, almeno in apparenza
per rafforzarsi… è incredibile.
- Ma cosa ti aspettavi coppole, lupare e cannoli?, caro
Alessandro, anche la mafia ha capito l’importanza
della comunicazione. A fare scruscio sono rimasti
quattro delinquenti da strapazzo che tornano parecchio
utili in certi momenti. Adesso sai come stanno le cose.
Cosa pensi di fare? Ti diverte ancora il gioco?
Nardi prese a sorseggiare la sua birra, poi si accese una
sigaretta. Trattene per un po’ il fumo in bocca e iniziò a
tirarlo fuori quasi a giocarci. Poi disse:
- Non lo so, ma credo che la questione possa essere
molto interessante..
- Non ti seguo.. che vuoi dire?
Chiese curioso Di Franco
- Sai, la Sicilia vista da lontano è come una bella
198
donna, affascinante, sinuosa, intrigante. Quando ti
avvicini scopri che gli puzza l’alito. Questa è la
Sicilia… una brutta regione in un bel posto. Non so
cosa ci sia da fare, so che devo fare il giornalista. So
solo questo. La devo raccontare, così come me l’hai
raccontata tu questa sera.
- Ale, qui guarda che non scherzano. Questi ti vengono
a trovare fino in culo al mondo e nella migliore delle
ipotesi ti fanno stare seduto per il resto della tua vita.
Nardi lo guardò dritto negli occhi e gli chiese:
- Ti stai tirando indietro? Mi vuoi mettere paura?
- No, voglio solo dirti con chi hai a che fare.
- E tu non hai paura, non credi che possano comprare
due sedie sulle quali farci passare il resto della nostra
vita?
- Io ci sono già su una sedia di quelle, ho fatto quel
passo il momento in cui ti ho incontrato. Come pensi
che si possa sentire uno che crede nel proprio lavoro di
giornalista e gli viene impedito di farlo? Uno che
vorrebbe gridare a tutto il mondo che pezzi di merda
gestiscono la nostra terra e invece li devi riverire e
scrivere di loro il contrario di quello che in effetti
sono?
Luigi aveva gli occhi pieni di rabbia. Alessandro rimase
colpito da quel risentimento. Luigi tremava e gli occhi
si erano riempiti di lacrime. Poi continuò:
- Mio padre è morto quando io avevo quindici anni, è
venuto giù da un ponteggio. Lavorava in uno dei
cantieri di Pisano. Tutti qui lavorano in uno dei
199
cantieri di Pisano. L’impalcatura era fatiscente, non un
solo bullone era a norma. Altri tempi. Fu un incidente,
si concluse lì la faccenda. A mia madre diedero un
posto di bidella e mi fece continuare gli studi. Ho
studiato per scrivere delle falsità su uomini come
Pisano, Pumara, Livasulli.
La vedi adesso la sedia sulla quale mi hanno seduto?
- Scusami Luigi, scusami se non lo avevo capito. Tu
non hai paura. Io non ho paura. Andiamo avanti. Me li
voglio inculare tutti. Hanno trovato pane per i loro
denti. Dormiamoci sopra. Domani affronteremo la
questione con più lucidità.
200
CAPITOLO SEDICESIMO
L’indomani il telefono di Livasulli squillò di buon
mattino.
- Giovanni sono Alfonso, che fa dormivi?
- E tu mi fai uno che a quest’ora dorme? Ma che è
successo, come mai questa telefonata alle 8 del
mattino?
-Non è successo niente, almeno fino ad ora. Che ti dice
il nome Alessandro Nardi?
- Che minchia mi deve dire? Non lo conosco, o meglio
l’ho sentito da qualche parte, ma non ricordo in che
occasione… ma parla chiaro, smettila con gli
indovinelli di prima mattina.
- E’ un giornalista, scrive per una testata nazionale
importante. E’ venuto giù in Sicilia per venire a
scassare la minchia. Mi ha chiesto un’intervista tramite
la sua redazione. Ieri sera l’ho ricevuto e ha iniziato a
fare domande strane, strane allusioni. Poi ho scoperto
che stava indagando su Briguglia, l’indagine quella dei
rifiuti tossici… insomma sento puzza di bruciato.
- Aspetta, aspetta, ieri sera mi ha chiamato
Bartolomeo, il comunista, tutto cacato che un certo Di
Franco, se non ricordo male quel giornalista di mezza
botta che scrive su Fossalumera, lo ha tempestato di
201
domande. Bartolomeo mi ha chiamato subito
preoccupato che potesse esserci qualche problema…
- Ma questo testa di cazzo di Di Franco non lavora
per la Gazzetta locale? Lo sa che lo campiamo noi?
Che minchia si sono messi in testa. Chiudo che voglio
telefonare al suo direttore. Ci sentiamo più tardi. Urlò
dall’altro capo della cornetta l’on. Pumara.
- Alberto non ti agitare, sono cani di mannira
sguinzagliati in cerca di notorietà. Stai tranquillo.
Pumara chiuse la conversazione e chiamò il direttore di
Di Franco.
- Carissimo onorevole a cosa debbo l’onore di questa
telefonata?
Pumara saltò i convenevoli e venne immediatamente al
dunque.
- Dimmi una cosa quel Di Franco che lavora da te, di
cosa si sta occupando in questo momento?
- Credo di come occupare il tempo, dato che si è messo
in ferie, ne aveva un bel pò arretrate…
- In ferie una minchia. Credo che faccia comunella con
un certo Nardi.
- Alessandro Nardi?, ma scherzi .. quello è un
giornalista importante, vuoi che si affianchi Di
Franco..ma che dici?
- Senti non ho tempo da perdere fammi sapere che
cazzo sta succedendo.
- Dammi qualche ora e ti richiamo.
Pumara mise giù il telefono senza neanche salutare.
202
I due colleghi giornalisti stavano prendendo posto nella
saletta dell’albergo per fare colazione che Di Franco
sente il telefonino in tasca vibrare. Sul dispay
“direttore”. Lo mostra ad Alessandro ancor prima di
rispondere. Alessandro accenna una smorfia
- Tranquillo ci può stare.
- Pronto direttore, vedo che non potete fare a meno di
me.. disse col tono di chi ha voglia di scherzare
aggiungendo una timida risata.
- Luigi, che cazzo stai combinando?
Le urla del direttore si sentivano a metri di distanza, a
tal punto che Di Franco allontanò il cellulare
dall’orecchio e anche Nardi potè sentire l’ira del
direttore.
- Non capisco direttore, che si è svegliato col piede
sbagliato stamattina? Che ho fatto?
- Chi ti ha autorizzato a fare l’intervista a Bartolomeo,
chi minchia ti ha autorizzato?
- Ma perché, serviva un’autorizzazione? rispose in
modo ironico Di Franco.
- Fai pure lo spiritoso, bravo, bravo Di Franco, vedo
che con lo sbalzo di temperatura anche i puci hannu a
tussi (anche le pulci hanno la tosse).
Era un modo alquanto dispregiativo per dire che uno
che non contava niente tentava di alzare la testa e dire
la sua.
- Bravo, che fai il freelance ora, o il tuo amico del
continente ( riferendosi a Nardi) ti ha fatto acquistare
punti.
203
Di Franco mise la mano davanti la cornetta e
rivolgendosi a Nardi gli chiese:
- Che minchia devo fare con questo?
- Digli che gli volevi fare una sorpresa e che non hai
fatto in tempo a portagli l’intervista stamattina, ma se
la cosa non la gradisce non se ne fa nulla e torni a
goderti le ferie.
Di Franco colse al balzo il suggerimento dell’amico:
- Direttore, se si calma le posso spiegare. Volevo farle
una sorpresa, un articolo sui trompati alle elezioni,
credevo potesse essere interessante. Ma se la cosa la fa
incazzare non se ne fa niente, anzi torno a godermi le
ferie.
- Di Franco la pigliata per il culo l’ho inventata io.
Di franco fece una smorfia come a dire “ non se l’è
bevuta”
- Ma spiegami che è questa storia di Nardi, cosa
c’entri tu con Nardi?
- Nardi? E chi è?
- Di Franco guarda che mi stai facendo incazzare
adesso. Se non vuoi che ti mandi a fare gli articoli sul
circolo degli anziani di Fossalumera, dimmi che cosa
stai facendo?
A quel punto Nardi tolse repentinamente il telefono
dalle mani di Di Franco
- Direttore, buon giorno sono Alessandro Nardi.
Il direttore rimase basito, non potè fare a meno di
balbettare. Nardi era un giornalista importante e non
poteva certo tenere certi toni con lui anche se il
204
mandante era Pumara.
- Dott Nardi, che piacere conoscerla. Io seguo con
grande attenzione i suoi articoli. Non mi aspettavo..
sa…mi coglie di sorpresa. Ma a cosa dobbiamo l’onore
di averla dalle nostre parti.
- Direttore, la smetta. Di Franco sta collaborando con
me. Avevo bisogno di un supporto locale e avendo
avuto delle ottime referenze sul suo reporter ho ritenuto
opportuno coinvolgerlo. D’altronde si è messo anche in
ferie per continuare a lavorare. La prego di cambiare
tono. Non ho potuto fare a meno di ascoltare le sue
urla. Capisco che avrà ricevuto delle pressioni. Io
conosco le dinamiche di questo lavoro, ma le chiedo di
mantenere un pizzico di deontologia professionale.
Dica ai suoi padroni che non stiamo facendo nulla di
cui possono temere e che ci lascino fare in pace il
nostro lavoro, perché lei forse lo sa che quello del
giornalista è un lavoro.. mi auguro.
Il direttore rimase in silenzio, intimorito, pietrificato,
poi prese il coraggio a quattro mani e tentò un piccolo
accenno di difesa.
- Dott. Nardi, ma che dice? La prego non sia così duro.
Capisco che con i miei ragazzi sono particolarmente
esigente, ma certe sue affermazioni…
- Lei sa meglio di me che le mie affermazioni hanno
fondamento, quindi la prego di troncare qui questa
conversazione. Qualora decidesse di non fare
collaborare più Di Franco con la sua testata le
205
assicuro che a rimetterci sarà lei e i suoi lettori.
Di Franco non sapeva se gioire o disperarsi. Continuava
a mettersi le mani in testa e a ridere, in una sorta di
risata tra l’isterico e il felice.
- Direttore adesso la saluto, abbiamo un sacco di
lavoro da fare io e il giornalista Di Franco, perché
forse lei non se ne sarà mai accorto, ma Di Franco è un
giornalista. Ah dimenticavo, l’articolo sul circolo dei
pensionati di Fossalumera lo scriva lei personalmente,
chissà che non ne venga fuori qualcosa di interessante..
E mise giù.
Era nato un sodalizio, i due non commentarono
l’accaduto. Nardi diede una pacca sulla spalla a Luigi e
disse:
- Per diventare giornalista devi correre il rischio di
diventarlo.
- Che si fa adesso? Chiese Luigi un po’ confuso per
quanto era da poco accaduto.
- Continuiamo la nostra inchiesta, iniziamo col vedere
le carte, tutte le autorizzazioni. Sono sicuro che tra
quelle carte troveremo cose interessanti
Nardi conosceva bene il suo mestiere. I due decisero di
recarsi presso i vari assessorati regionali delegati a
fornire le autorizzazioni necessarie.
La ricerca durò parecchi giorni, senza non poche
difficoltà e ostruzionismo da parte dei funzionari. La
206
richiesta da parte dei due giornalisti di tutta una serie di
carte fece il giro di tutti gli ambienti politici e
imprenditoriali.
Adesso erano tutti in attesa che Nardi scrivesse
qualcosa a proposito dell’argomento. Quel silenzio era
l’aspetto più preoccupante della vicenda.
Era passata poco più di una settimana, quando il
Direttore di Nardi chiamò il suo giornalista.
- Alessandro, come stai? I tuoi silenzi mi preoccupano
e non solo me.. che mi dici?
- Caro il mio direttore, non immagini neanche
lontanamente cosa sta succedendo qui. Noi dovremmo
smettere di raccontare la Sicilia come è oramai
disegnata nell’immaginario collettivo. Quell’aria di
cambiamento a cui tutti fanno riferimento, è solo un
putrido olezzo di menzogna.
- Non capisco .. che vuoi dire?
- Sai le associazioni antimafia, gli imprenditori che si
ribellano, i politici che combattono i mafiosi? Ti sarai
fatto un’idea di tutto questo, o no?
- Certamente credo la svolta in una terra come quella
sia davvero epocale, tu che mi dici? Mi pare di capire
che hai delle cose da dirmi.
- Altro che, qui conoscono le tecniche di comunicazione
meglio di Oliviero Toscani. Sono capaci di raccontarti
l’isola che non c’è. Briguglia qui ha trovato il suo
habitat naturale. Politica, magistratura e imprenditori
collusi fanno parte della stessa sceneggiatura.
In questo momento sono sommerso dalle carte. Le
207
autorizzazioni che il Briguglia è riuscito ad ottenere
sono un trattato di illegalità.
- Vuoi dire che non hanno rispettato i criteri previsti
dalla legge?
- Hanno fatto molto di più. Andranno a realizzare un
impianto petrolchimico a poche centinaia dal centro
abitato, hanno ignorato una serie di dispositivi che
prevedono misure di sicurezza e tanto altro. Ma la cosa
più grave è che hanno ignorato il dispositivo europeo
che impone comunque il referendum popolare.
Qui i tecnici dell’impianto tengono conferenze nelle
scuole raccontando a ragazzi che non hanno i mezzi
conoscitivi per giudicare che l’impianto porterà lavoro
e benessere. Una vergogna. I politici sono tutti coperti
e allineati. La spartizione è già avvenuta.
- E la mafia, insomma le organizzazioni mafiose in che
modo entrano nell’affare?
- La mafia? Forse allora non mi sono spiegato. Qui la
mafia organizza i cortei antimafia, si mimetizza tra
ignari cittadini ben lontani da capire certi meccanismi.
Qui gli imprenditori prendono gli appalti mettendosi
loro stessi le bottiglie incendiarie dietro i cancelli delle
loro imprese e i politici si bruciano qualcosa per fare
carriera. Eh caro direttore, non trovi nè una coppola
nè una lupara neanche a pagarla.
-Alessandro se non ti conoscessi bene direi che sei un
visionario. Ma cosa pensi di fare? A proposito, qui io
ho ricevuto qualche telefonata che non ti sto a dire.
Sono molto preoccupati della tua presenza da quelle
208
parti. A questo punto lo sono anch’ io, per altri motivi
si intende.
- Ero sicuro che ti avrebbero chiamato. Domani avrai
pronto il mio articolo. Ti avverto, sarà al vetriolo.
Metti il telefono fuori posto se non vuoi essere
bombardato di telefonate
-Alessandro, spero ne valga la pena… rimango in
attesa.
Puntuale arrivò l’articolo sul tavolo del direttore.
“L’ARTE DI RICICLARE”
“Cambiare tutto per non cambiare nulla” mai
nessuna frase è stata così attuale come quella che
tanto tempo fa scriveva Tomasi di Lampedusa. In
Sicilia quello di cambiare le cose lasciando tutto al
proprio posto è un’arte.
In
questo
contesto
sedicenti
imprenditori
dall’accento settentrionale trovano terreno fertile
per raccontare di loro ciò che non sono mai stati e
tentare, riuscendoci a colonizzare un popolo che ha
già pagato un prezzo altissimo in termini di
sfruttamento del territorio.
Qui infatti il termine “sfruttamento” viene sostituito
dal termine “valorizzazione”, il termine “impatto”
con “contestualizzazione”, insomma un’altra lingua,
ma la cosa più grave che il termine “mafia” ha solo
209
messo un’appendice “antimafia”.
Il mafioso adesso si indigna dinnanzi a chi commette
attentati e intimidazioni, protesta, denuncia,
partecipa a conferenze per la legalità col vestito
buono della domenica.
I delinquentazzi di una volta, i loschi figuri, i “Don”
e i “Ziu” adesso sono un lontano ricordo, li riconosci
come riconosceresti un carretto siciliano, fanno
parte del folklore tipico di questa terra.
Adesso qui vi è una nuova imprenditoria che
denuncia, una nuova classe politica che sostiene gli
imprenditori che denunciano e con i quali fanno
affari e carriere.
Chi dovrebbe vigilare è condizionato, controllato,
manipolato dalla politica che fa fare loro carriera.
Un circolo a tenuta stagna, dove è difficile entrare
ma dove una volta entrati fai parte dell’olimpo dei
ricchi ma buoni, dei giusti che tutto ciò che chiedono
è giusto che gli si dia perché loro sono “ antimafia”.
L’impianto petrolchimico di Fossalumera nasce con
la benedizione di costoro, personaggi perbene che
dispensano speranze e mazzette mettendo a
repentaglio la propria vita.
Alessandro Nardi
Nardi sottopose la lettura dell’articolo a Di Franco
- Che ne pensi?
210
- Penso che più che un giornalista sei un fotografo. Sai
quanta gente ci rivedrà la propria faccia leggendolo.
Pensi che il tuo direttore lo pubblicherà?
- Dovresti conoscerlo il mio direttore è un pazzo più
incosciente di quanto lo sia io. Credo gli piacerà molto.
Qualche ora dopo Alessandro Nardi ricevette la
telefonata del suo direttore.
- Alessandro ho appena letto il tuo articolo, lo ritengo
nitroglicerina. Lo metteremo in prima pagina domani
stesso. Aspettiamoci il peggio.
- Qui le danze sono appena cominciate, sto spulciando
la vita di tutti i protagonisti, mi sta dando una mano un
giornalista locale, si chiama Luigi Di Franco, te lo
vorrei fare conoscere è uno di quelli cresciuti
giornalisticamente sulla strada.
-Quando vuoi ne parliamo. Adesso goditi le facce che
faranno domani i tuoi amici di Fossalumera.
La pubblicazione dell’articolo fece il giro del paese
ancor prima che il giornale uscisse. Nelle edicole di
Fossalumera non si trovava una copia neanche a
strapagarla.
Pumara convocò immediatamente Tanino neo sindaco e
Loiero.
- Voglio che tutti e due andiate subito a Telelumera a
smentire l’articolo di questo terrorista di Nardi. Niente
mezze misure, sputtanatelo, dite che le sue
dichiarazioni sono frutto di fantasia e la sua smania di
protagonismo lo porta a gettare fango su un paese che
211
sta cercando di risollevare la testa. Siate chiari e
diretti, senza mezze parole. Lo ripagheremo con la
stessa moneta. Io dal canto mio contatterò alcune
testate nazionali. Vedremo se un giornalista del cazzo
arriva qui e vuole dettare legge…
Pumara era infuriato, Nardi sembrava avergli toccato un
nervo scoperto. L’onorevole temeva si potessero
accendere i riflettori sul petrolchimico di Fossalumera.
E così fu.
- Pronto, il dott. Nardi?
- Sono io , chi parla?
- Buongiorno sono la dottoressa Laura Marino, sono il
sostituto procuratore di Brescia.
- Dottoressa buongiorno, a cosa debbo l’onore di
questa sua telefonata?
- Ho letto il suo articolo apparso oggi, lo ritengo
particolarmente interessante. Io sto seguendo un caso
che in qualche modo ha attinenza con quanto lei sta
egregiamente raccontando. Mi sono permessa di
chiedere il suo numero al suo di direttore, abbiamo
degli amici in comune e sa com’è… un giro di
telefonate e l’ho trovata.
- E’ un vero piacere conoscerla. A dire il vero credo di
avere incontrato il suo nome in qualche mia inchiesta
precedente, aspetti…
- L’aiuto io “Briguglia” credo che ci siamo incontrati
su questo nome.
- Esatto. Come avrà capito dall’articolo non ho mollato
l’osso.
212
- Oserei dire che siamo della stessa razza canina.
La battuta suscitò una risata da parte di Nardi
- Credo che sia la prima volta che mi capiti di sentirmi
orgoglioso di essere definito un cane… di giornalista si
intende..
Questa volta fu la Marino a sorridere per la battuta di
Nardi.
- Ho la necessità di incontrarla, al più presto. Credo
che ci siano dei pezzi del suo puzzle che potrebbero
combaciare col mio.
- Sono a sua disposizione mi dica quando e dove e la
raggiungerò.
- Ho un convegno di magistrati tra due giorni proprio
in Sicilia, a Palermo, ci possiamo vedere per
l’occasione. Il convegno durerà due giorni, solo la
mattina. Facciamo che non appena arrivo la richiamo.
- Va benissimo dottoressa. Aspetto una sua chiamata. A
presto e grazie per la telefonata.
- Arrivederla Nardi.
- Caro Luigi buone nuove... incontro il sostituto
procuratore di Brescia, la dott.ssa Marino. Ha letto il
mio articolo e sembra avere informazioni interessanti
che possono combaciare col caso che stiamo trattando.
- Minchia una dottoressa, e magari sarà pure bona..
- Dai Luigi..smettila voi siciliani avete in testa sempre
una cosa.
- Ma perché voi del nord no?
213
I due volevano esorcizzare il momento, la tensione
accumulata.
La simpatica conversazione venne interrotta dal trillo
del cellulare di Luigi.
Di Franco guardò il display, non conosceva affatto il
numero che appariva, dopo un attimo di riflessione
rispose.
- Luigi Di Franco?
- Sono io chi parla?
- Luigi sono l’onorevole Livasullu, che fa disturbo?
- L’onorevole chi? Chiese Di Franco incredulo su chi
lo cercasse dall’altro lato del telefono.
- Sono l’onorevole Livasulli, ma che fa non mi conosci?
- Onorevole mi scusi, ma non l’avevo riconosciuta.
disse facendo dei gesti incomprensibili a Nardi.
Nardi non capì subito. Di franco mise la mano sulla
cornetta e bisbigliò – E’ Livasulli… roba da pazzi
- Mi dica onorevole a cosa debbo l’onore..
- Niente Luigi, avrei bisogno di parlarti, che ne dici di
venirmi a trovare oggi stesso in segreteria?
Nardi ascoltava la telefonata con l’orecchio vicino al
cellulare. Di franco lo guardò quasi a volergli chiedere
il permesso di incontrarlo. Nardì fece dei cenni come a
dire “ vai, vai tranquillo”
- Onorevole se per lei va bene io sarò lì intorno alle 17.
- Va bene Luigi, ti aspetto.
- Ma come te la spieghi questa telefonata? chiese Luigi
a Nardi, aspettando una risposta dal suo interlocutore.
- Me la spiegherai tu dopo averlo incontrato. Mi
214
raccomando, stai sulle tue. Qualsiasi sia l’argomento,
anche se non penso ci voglia grande fantasia per
immaginarlo, prendi tempo. Non ti sbilanciare, nè a
favore, nè contro. Se ti fanno qualche riferimento a me,
se devi, prendi le distanze.
Di Franco aspettò con impazienza che si facessero le
17.00, l’idea che l’onorevole Livasulli per la prima
volta si accorgesse della sua esistenza lo faceva sentire
importante. In realtà l’on. Livasulli conosceva Luigi da
quando era un ragazzino, aveva seguito la tragedia della
sua famiglia, la morte di suo padre.
Solitamente interloquiva con il suo direttore che
pendeva dalle sue labbra grazie ai finanziamenti che
riusciva a procurargli per il giornale.
Nardi gli diede il suo inseparabile registratore digitale.
- Questo anche se lo tieni in tasca registra che è una
bellezza. Gli spiegò come funzionasse e partì per
l’appuntamento.
Arrivò in segreteria puntuale come un innamorato al
primo appuntamento. La saletta d’aspetto era vuota,
insolitamente vuota. Il segretario di Livasulli uscì dalla
stanza dell’onorevole. Di solito a quell’ora la segreteria
era chiusa.
Il segretario fece accomodare Di Franco. Livasulli si
alzò da dietro la scrivania e gli venne incontro. Di
Franco non credeva ai suoi occhi. In quel momento gli
venne in mente la frase che gli aveva detto Nardi
precedentemente “ se vuoi diventare un giornalista devi
215
correre il rischio di diventarlo” Aveva acceso il
registratore ancora prima di salire le scale e lo aveva
messo nella tasca della giacca normalmente destinata
agli occhiali. Era talmente piccolo che era impossibile
vederlo.
- Luviciuzzo bello, come stai?
Luigi andò per stringergli la mano, ma Livasulli lo tirò
a sè per baciarlo.
- Io ti seguo sai, ti leggo, ma sai che sei bravo per
davvero? Sei proprio bravo.
Luigi ancora non aveva aperto bocca.
- Vieni accomodati, mettiamoci comodi.
Poi diede disposizioni al segretario di non esser
disturbato.
Luigi si accomodò nel salotto di fronte la scrivania,
Livasulli nella poltrona accanto.
- Ma che fai per ora, di cosa ti stai occupando? Vedi
che se il tuo direttore ti fa pigliari colari ci tiro i
ricchi… me lo devi dire.
- Grazie onorè, ma non ho problemi col direttore.
- Non è detto che non ne possano nascere. Io te lo sto
dicendo…
Luigi aspettava che Livasulli facesse la prima mossa.
L’onorevole faceva melina. Le sue battute, le sue frasi,
le sue allusioni erano corte e misurate come i passaggi
di una squadra in vantaggio per un gol a tre minuti dalla
fine. Aspettava che fosse Di Franco a spingersi avanti.
Nulla, Luigi non si spostò di un passo. Tratteneva la
voglia di chiedergli il motivo di quell’incontro come
216
uno starnuto alla prima della Scala.
- La mamma come sta? Ah che fimmina to matri.
Grande fimminuni. Vedo che ti ha cresciuto da sola
come meglio non si poteva fare. Me la devi salutare. Mi
raccomando, non te lo dimenticare.
Luigi continuava a stare in difesa.
-Veniamo a noi. Caro Luigi io ti ho mandato a
chiamare per i motivi che tu penso immaginerai.
Attimo di silenzio, nella speranza che Di Franco si
sbilanciasse di qualche millimetro.
- O no?
Chiese
Livasulli
leggermente
infastidito
dall’atteggiamento del giovane reporter.
- Non lo so Onorè. Io scrivo su tante cose, non vorrei
che una di queste potesse essere oggetto di questa
discussione.
- Bravo, ma il problema non lo hai creato tu, ma uno
che mi dicono essere tuo amico.
- Non capisco onorè vuole essere più chiaro per favore.
- Alessandro Nardi non è tuo amico? Insomma vi
conoscete o me lo sto inventando io?
- Ci conosciamo.
- Hai letto l’articolo di questa mattina? Non credo che
tu sia allo scuro di una cosa di cui parla tutto il paese.
Livasulli si stava visibilmente indisponendo.
Luigi intuì il cambio di umore.
- Si l’ho letto, ne parlano tutti. E’ l’argomento del
momento.
- So anche che sei andato a intervistare Bartolomeo, o
217
sbaglio?
- Non sbaglia, l’ho intervistato l’altro giorno. Ma
Onorè qual è il problema? Non capisco? Che sta
succedendo?
- Te lo spiego io che sta succedendo. Tu conosci bene le
condizioni economiche di Fossalumera. Scrivi spesso
sulla disperazione e fame di lavoro che c’è in paese o
no?
- Si, infatti.
- Allora ti dico che l’amico tuo con l’articolo di questa
mattina sta alzando un polverone che può finire negli
occhi di qualcuno. E allora ho pensato bene che tu
potevi essere la persona giusta per farlo ragionare.
D’altronde gli amici servono a questo. Fagli sapere che
qui non è persona gradita. Iddru avi a panza china e
non può capire che vuol dire essere senza lavoro.
Sei d’accordo come me?
- In parte onorè, in parte. Vedo che la disperazione
della gente può creare le attenuanti per realizzare un
impianto che Voi sapete meglio di quanto lo sappia io,
pericoloso, impattante, una vergogna solo pensare di
realizzarlo a due passi dal centro abitato. Impianti di
quel genere realizzati in luoghi sicuramente a distanze
più ragguardevoli hanno già provocato incidenti e
morti.
- Bene, bene. Così sappiamo come la pensa il nostro
Luviciuzzu. Ambientalista ah?
- No onorè perché proprio gli ambientalisti, e credo che
218
a lei risulti, si sono girati dall’altra parte, ho studiato,
mi sono documentato. L’impianto è pericoloso,
dannoso e non si realizzerà
quello scambio
occupazionale che tanto si millanta in giro.
- Siamo quindi millantatori? Luigi, Luigi, parli senza
sapere quello che dici. Il polentone ti ha fatto il
lavaggio del cervello vedo..
A quel punto Luigi si alzò di scatto
- Onorè con tutto il rispetto, non sono venuto qui per
farmi offendere. Se non ha nient’altro da dirmi io
toglierei il disturbo.
Livasulli sorrise, lo prese per il braccio e lo invitò a
risedersi.
- Assettati, chiedo venia se ho turbato la tua sensibilità.
Ricominciamo. Prima abbiamo parlato di aria fritta,
ora parlamu d’arrustu.
Luigi aveva intuito che la conversazione stava per
toccare argomenti scottanti.
- Cercano un bravo giornalista nella redazione della
gazzetta regionale. Punto uno, punto due ti metto a
disposizione cinquantamila euro, ma aspetta, non sono
tutti per te, devi lavorarti questo Nardi. Quello che ti
sto dicendo in questa stanza ava a moriri cu tia. Questo
sia chiaro. Mi spiego Luvì?
Luigi era in chiara difficoltà il solo pensiero che quella
conversazione era già un file mp3 gli faceva venire su
una strana sudorella fredda. Nelle sue orecchie una
frase “ prendi tempo”.
- Onorè la sua proposta è interessante, ma siccome non
219
voglio prendere decisioni affrettate, le chiedo qualche
giorno di tempo per rifletterci.
- Bravo, bravo Luigi, vedo che sei giudizioso. Mi piace
la tua prudenza. E io ti aspetto, ma ti aspetto solo
perché sono sicuro che questa operazione la
chiudiamo… intendiamoci.
- Certo, certo Onorè però è giusto che ci pensi un
attimo.
Poi si alzò, diede la mano all’onorevole che
nuovamente lo tirò a sè e lo baciò sussurrandogli:
- Caro Luigi quannu u trenu passa, ricordati ca si
piglia a volu, picchì un si sapi si ni passa navutru.
Luigi uscì dalla segreteria come se fosse uscito dalla
giostra degli orrori. Si allentò il nodo della cravatta e
man mano che si allontanava dalla segreteria allungava
il passo.
Salì in macchina, poggiò la testa sul poggiatesta come
se fosse scappato a dei cani feroci. In quel momento si
ricordò del registratore. Lo tirò fuori dal taschino
guardandosi bene di tenerlo in mezzo le gambe affinché
nessuno lo potesse vedere e lo stoppò.
Tirò indietro la registrazione e la riascoltò. Lo fece
ripetutamente due o tre volte quasi in uno stato di
trance. Non credeva alle sue orecchie. Aveva in mano
dinamite. Quella registrazione avrebbe potuto mandare
in aria in un solo colpo l’intero petrolchimico. Egli se
ne rendeva conto, a questo era dovuto uno strano
tremolio, un’agitazione mai provata.
Si chiese se era il caso di farla ascoltare a Nardi. Quella
220
sarebbe stata una strada senza ritorno. Gli ritornò in
mente la frase dello stesso Nardi “ se vuoi essere un
vero giornalista devi correre il rischio di esserlo per
davvero”. Mise in moto l’auto e iniziò a camminare,
senza una meta.
Verso tarda sera tornò in albergo. Andò per chiedere la
chiave della stanza, quando si sentì chiamare
dall’angolo più discreto della saletta. Era Nardi seduto
ad un tavolo pieno di carte con una birra a fargli
compagnia.
- Pensavo fossi già in camera. Ti avrei chiamato
domattina.
- Sto rivedendo alcune carte. E poi non sarei potuto
andare a letto senza prima sapere come è andata la
conversazione con Livasulli.
Luigi si lasciò cadere sulla sedia accanto con l’aria
spossata, come quella di chi ha passato una lunga e
faticosa giornata.
- E’ andata.. bene, o meglio non saprei. Adesso me lo
dirai tu.
- Cosa ti ha detto, perché ha voluto incontrarti?
- Lo vuoi sentire dalla sua viva voce?
- Non sarebbe male..
- Ale, ti avverto, è una strada senza ritorno. Quella è
gente che non scherza. Dopo avere ascoltato questa
conversazione nulla sarà come prima.
- Luigi nella mia carriera di giornalista ne ho viste e ne
ho sentite…stai calmo. Decideremo insieme sul da
farsi.
221
Luigi tirò fuori il registratore, si guardò dietro e intorno
per assicurarsi che non ci fosse nessuno, lo mise sul
tavolo e spinse “play”, poi ne regolò il volume affinché
non fosse troppo forte.
Nardi chiuse un fascicolo sul quale stava lavorando e
iniziò ad ascoltare la registrazione. Di tanto in tanto
avvicinava il registratore all’orecchio per non perdere
neanche una parola.
La prima parte della conversazione sembrò non sortire
particolare interesse, fino a quando Livasulli non si
dichiarò palesemente.
Nardi drizzò le orecchie come un cane da caccia, sgranò
gli occhi e all’improvviso nel suo volto si dipinse una
strana espressione.
Luigi, continuava ad abbassare la testa in una sorta di
gesto di assenso come quei cagnolini di plastica che una
volta si mettevano nel lunotto posteriore dell’auto.
I due sembravano non riuscire a proferire parola. La
penombra dell’angolo di quella piccola saletta
sembrava creare un clima surreale.
Finita la conversazione Nardi spinse lo stop. Posò il
registratore sul tavolo delicatamente e si passò tutte e
due le mani tra i capelli. Poi col pollice e l’indice si
strofinò gli occhi come chi non dorme da tempo, tirò
fuori uno sbuffo.
- E adesso? chiese Luigi resosi conto che quella
registrazione sconvolgeva Nardi tanto quanto aveva
sconvolto lui.
- E adesso calma. Dobbiamo ben comprendere una
222
serie di passaggi. Quando tireremo la rete voglio che ci
stiano tutti dentro. Non è facile gestire una situazione
come questa, ma ci dobbiamo almeno provare.
- Tu lo sai che Livasulli aspetta una risposta. E sai
anche che non posso certo dirgli di no. Che si fa?
Come usciamo da questa storia?
- Noi ci siamo appena entrati in questa storia e non mi
pare sia il momento di uscirne. Usa me per prendere
tempo. Puoi dire che non hai avuto l’occasione per
parlarmi e che ti serve qualche settimana. Ma chiamalo
tu, domani stesso. Devi tenerlo in caldo. Non deve
sospettare nulla. Voglio incontrare la Marino, voglio
sapere il motivo per cui mi vuole incontrare. Questo
potrebbe dare una svolta alla vicenda.
Luigi sembrava essere convinto del piano di Nardi.
- D’accordo, prenderò tempo.
- L’onorevole Pumara?
- Si chi parla?
- Sono la segretaria del dott Briguglia. Il dottore
vorrebbe parlarle.
- Me lo passi.
- Onorevole buongiorno, come sta?
- Potrei stare meglio, qui la situazione si sta
incasinando, credo avrà letto anche lei l’articolo di
quel Nardi?
- Si l’ho letto, il bastardo ha avuto l’accortezza di non
fare nomi e quindi non posso nemmeno querelarlo.
Quello è uno che la sa lunga.
223
- L’ho capito ma cosa c’è da fare a questo punto. Io
non posso continuare a risolvere tutti i problemi che
ogni volta si presentano.
- Onorevole, lei è stato eletto per questo, non so se mi
spiego…
- Briguglia non usi questi toni con me, non glielo
consento.
- Onorevole, io non ho bisogno che lei me lo consenta.
Lei e i suoi amici avete ricevuto mezzi a sufficienza per
risolvere i problemi. Non mi faccia dire altro.
- Vedo che la conversazione sta prendendo un tono
particolarmente antipatico. Credo sia il caso di
parlarne di presenza.
- Ci vediamo la prossima settimana. Sarò da quelle
parti per incontrare il cavaliere Pisano. Magari ci
incontriamo tutti insieme. Lo avverta lei il suo amico
Livasulli.
- D’accordo ci si vede la prossima settimana.
224
CAPITOLO DICIASSETTESIMO
-Salve dott. Nardi sono La dottoressa Marino. Sono
arrivata a Palermo da qualche ora. Volevo sapere
quando le farebbe comodo incontrarci.
- Anche questa sera stessa se per lei va bene. Posso
permettermi di invitarla a cena?
- Volentieri, l’aspetto intorno alle 21 io alloggio presso
l’Hotel delle Palme, conosce?
- Certo, sarò lì per quell’ora. A stasera dunque.
Nardi era impaziente di dare un volto a quella voce, di
conoscere la dottoressa Marino, ma era ancora più
impaziente di conoscere il motivo dell’incontro.
Durante il pomeriggio riordinò le carte in suo possesso
e tirò fuori un elegante gessato grigio. Gli abbinò una
cravatta blu, si tirò a lucido come per le grandi
occasioni e partì alla volta di Palermo.
Arrivò con dieci minuti di anticipò. Chiese al portiere
dell’hotel della Dottoressa Marino.
- Credo la stia aspettando nella hall. Vede è quella
signora col tailleur blu seduta di spalle a quel tavolo
giù in fondo.
- Bene la raggiungo, grazie.
I metri che lo separavano dal tavolo della Marino gli
225
consentivano di vedere solo la capigliatura. Era mora, i
capelli ben curati gli si posavano sulle spalle. Nardi si
avvicinò con garbo e girando intorno al tavolo disse
- La dottoressa Marino?
- Dott Nardi è un piacere conoscerla.
- Il piacere è mio dottoressa.
I bei capelli facevano da contorno ad uno straordinario
viso, due occhi neri come la notte e il naso piccolo
aquilino che sembrava essere disegnato per quel viso.
Quarant’ anni circa, ben portati. Quando la dottoressa si
alzò potè notare che era oltre che bella anche alta,
affascinante. La sua voce era calda, aggraziata da un
sottile accento continentale. Nardi si accomodò di
fronte a lei non prima di avere accennato un timido
baciamano.
- Mi auguro abbia fatto buon viaggio. Disse Nardi per
rompere il ghiaccio.
- Tranne il momento dell’atterraggio tutto bene. Un
forte vento lo ha reso particolarmente emozionante,
diciamo. Cosa le faccio portare?
Quello che sta bevendo lei mi pare abbia un ottimo
aspetto.
- E’ un martini con una punta di vodka, se per lei va
bene..
Fece un cenno al cameriere che si avvicinò
velocemente.
- Avevo pensato ad un locale che conosco a qualche
chilometro da qui. Ci vado a mangiare il pesce tutte le
volte che il lavoro mi porta da queste parti.
226
- Bene il tempo dell’aperitivo e andiamo.
In quel breve frattempo si chiacchierò del più e del
meno. Di quanto fosse bella la Sicilia, dei posti che
ognuno di loro aveva visitato, nulla che lasciasse
presagire gli argomenti che da lì a poco avrebbero
trattato.
I due si accomodarono in macchina. Nardi nell’aprire lo
sportello della sua ospite si scusò per la macchina a
nolo che non era certo all’altezza della situazione.
Vi fu uno scambio di simpatiche battute. L’abitacolo
dell’auto prese a profumare del delicatissimo profumo
della donna.
- Vedo che conosce bene questa città. Si muove con la
disinvoltura di chi ci vive.
- Vengo spesso a Palermo. Una volta ci sono rimasto
tre mesi. Mi piace molto come città, è ricca di contrasti
e di contraddizioni. Non smette mai di stupirti.
- Io la conosco appena, è stata la meta di una vacanza
qualche anno fa.
- L’avverto il posto dove stiamo andando non è il
massimo del lusso, anzi è una trattoria, ma si mangia
divinamente.
- A dire il vero se così non fosse le direi di cercarne
una. Adoro mangiare nei posti dove ha più importanza
ciò che si mangia che i quadri appesi alle pareti.
- Ci ritroviamo in questo.
Il viaggio sembrò più breve di quanto in realtà fosse
stato.
La trattoria era a pochi metri dalla spiaggia, la brezza
227
marina inondò le loro narici di un piacevole odore di
mare che lasciò il posto ad appetitosi profumi una volta
entrati in trattoria.
L’ambiente era sobrio e accogliente. Per fortuna Nardi
aveva prenotato un tavolo per due. La saletta principale
era piena di gente, più in là un’altra piccola saletta più
dicreta.
- Dott. Nardi è da tempo che non la si vede da queste
parti. Come sta?
Era Calogero titolare della trattoria, un grosso omone
con dei grossi baffi.
- Le ho riservato il suo solito tavolo, so che lei odia la
confusione.
- La confusione è la tua fortuna caro Calogero.
Rispose Nardi mentre si incamminavano verso il loro
tavolo.
I due si accomodarono. Le pareti erano piene di
fotografie di personaggi famosi che erano passati di lì e
si alternavano a foto di battute di pesca.
Ai tavoli coloratissime tovaglie a quadri rossi e bianchi.
- Se non avete precise richieste da farmi, ci penserei io
a consigliarvi.
Nardi guardò la dottoressa Marino cercando un gesto di
assenso che arrivò puntuale.
- Io mangio tutto ciò che ha a che fare col mare…alghe
comprese..
La battuta suscitò una grassa risata da parte di
Calogero.
- Signora quelle cose le lasciamo cucinare ai cinesi, io
228
mi permetto di consigliare la nostra pasta coi ricci la
cui bontà è stata spesso apprezzata dal dott. Nardi.
- Le assicuro che non la si può descrivere…
Disse Nardi ad avvalorare quanto detto da Calogero.
- Come antipasto, consiglierei gamberetti freschi, crudi
marinati, fiori di zucca con ripieno di scampi e una
frittura di calamairicchi.
- Io mi sono già saziata a solo sentirla parlare.
Disse la Marino
- Per quanto riguarda il secondo ho una cernia di
giusta pezzatura la cui morte assicurata è in crosta di
sale.
- Calogero non ci lasci scampo. Annaffiamo tutto
quanto con la mia insolia preferita. Spero ne avrai
qualche bottiglia.
- Quella può mancare mai ? Con permesso.
I due rimasero da soli. Dopo alcuni simpatici commenti
sul senso di ospitalità dell’oste, la dott. Marino prese
l’argomento che li aveva portati a farli incontrare.
L’insolia nel mentre brillava dentro i loro bicchieri,
fresca e profumata.
- Quella a cui lei sta lavorando è una storia abbastanza
complicata. Io ho intuito dal suo articolo che quanto ho
per ora tra le mani ha un preciso nesso con quanto sta
accadendo a Fossalumera.
- Mi scusi dottoressa, ma come fa ad esserne così
sicura? D’altronde il mio articolo era volutamente
vago anche se alcuni riferimenti sembrano abbiano
suscitato delle reazioni forti nell’ambiente.
229
- Nardi, lei conosce Briguglia tanto quanto lo conosco
io, anche se per motivi diversi. Io mi sto occupando di
smaltimento di rifiuti tossici e anche se l’inchiesta che
stava seguendo il dottore Avarello si è dissolta nel
nulla, quella a cui sto lavorando io continua. Briguglia
ha svolto quelle operazioni di smaltimento per diverse
aziende. Una di queste è stata oggetto di indagini di cui
mi sto occupando io. Ma lei conosce bene le dinamiche
di una indagine. Parti seguendo un tizio e strada
facendo scopri mille magagne con mille coinvolti.
- La seguo vada avanti.
- Tra le intercettazioni che hanno come protagonista
Briguglia, ce n’è una molto interessante. Briguglia
parla al telefono con un certo Pisano.
- Il cavalier Pisano!
- Lo conosce?
- Certo, è un imprenditore prima in odor di mafia, poi
quando le strategie comunicative della mafia sono
cambiate e rischiava di essere tagliato fuori, si è
redento e ha denunciato presunti estortori. Oggi fa
parte della squadra. Partecipa agli appalti vincendoli
tutti, apre la porta del prefetto senza bussare, riveste la
carica
di
presidente
dell’associazione
degli
imprenditori. E’ lui che decide chi deve lavorare e chi
deve chiudere l’azienda.
- Non mi sbagliavo. Noi due abbiamo pezzi di puzzle
che se uniti tra di loro ci danno un quadro completo
della situazione.
- Mi scusi io l’ho interrotta, stava dicendo che…
230
- Briguglia parla al telefono con Pisano, gli dice di
avere incontrato a Taormina Pumara e Livasulli e che
aveva dato loro quanto concordato. La conversazione è
abbastanza colorita. Pisano fa commenti di un certo
tipo su Pumara.
- Cioè?
- Del tipo “ alla faccia dell’antimafia, il nostro Pumara
appena vede soldi non capisce più nulla…, anche se i
termini che usa non mi è gradito ripeterli.
Poi continua dicendo che l’accoppiata Pumara e
Livasulli è comunque una garanzia e cose del genere.
- Tutto questo è parecchio interessante .
- Non siamo arrivati ancora al dunque. Abbiamo messo
sotto controllo i telefoni di Pumara e Livasulli. A
Pumara abbiamo messo anche delle cimici nel suo
studio. Sappiamo come e dove intendono portare il
danaro che hanno preso da Briguglia.
- Quindi le mazzette sono già state date?
- Abbondantemente, stiamo parlando di cifre da
capogiro. Sarà il cognato di Pumara che traghetterà il
danaro in una banca svizzera. E’ un consulente, è
fidato e sa come fare.
La conversazione venne interrotta dall’arrivo degli
antipasti.
- Hanno un aspetto straordinario.
- Mi dica dopo che li avrà assaggiati se hanno solo
l’aspetto straordinario.
Disse Nardi consapevole che la conversazione sarebbe
ripresa da lì a poco.
231
- E’ un peccato parlare di certi tipi dinnanzi a un piatto
come questo. Aggiunse Nardi.
- Concordo. Replicò la Marino
I due interruppero momentaneamente la conversazione
in corso e decisero di assaporare bene quanto proposto
da Calogero.
Solo dopo avere consumato la cernia pasteggiando un
moscato di Pantelleria ripresero l’argomento.
- Io come le dicevo stavo indagando su una cosa che
pur importante diventa marginale. Perché tra quello
che oramai è accaduto e che comunque va perseguito
come reato e quello che sta per accadere a
Fossalumera, credo sia giusto provvedere a fermare
questo scempio.
- Io avevo intuito in parte le dinamiche della faccenda.
Avevo capito che Pumara e Livasulli sono compagni di
merende, mi sfuggivano le nuove tecniche di
comunicazione che bande criminali come nessuno
immagina potessero mettere su una associazione di
questo tipo. Ma la cosa che più mi ha impressionato è
che,a noi che viviamo lontano dalla Sicilia, ci hanno
dato a bere la questione morale, il cambiamento,
l’antimafia. Io avevo creduto nella rinascita della
Sicilia, nella possibilità che il vento stesse cambiando.
Sono stato un ingenuo. E senza volere darmi delle arie,
se sono riusciti ad imbrogliare uno come me con il
lavoro che fa, imbrogliare la gente normale, comune, è
un gioco da ragazzi.
- Vorrei aggiungere una cosa a quanto fin qui detto.
232
continuò la Marino - nelle discussioni che i due
personaggi conducono, si fa riferimento al neo Sindaco
di Fossalumera, non le sto a dire come lo descrivono..
-Lo immagino, ma in questo caso non hanno torto.
Infatti hanno preso un pover’uomo, ignorante come
una capra e lo hanno messo lì Livasulli e Pumara. Gli
servirà per firmare alcune carte. Per loro era
fondamentale avere un sindaco facilmente gestibile.
- A volte mi chiedo cosa avremmo fatto nella nostra vita
se non ci fosse gente come questa. Non mi crederà ma
mi prendono dei sensi di colpa al solo pensare che il
mio lavoro ha motivo di esistere per il solo fatto che
esiste gente come questa.
- Probabilmente si sarebbe occupata di una delle loro
associazioni benefiche se fosse stata brava gente, e io
possibilmente mi sarei occupato di commercio
internazionale o di calciomercato.
La dottoressa accennò un sorriso accompagnato da una
smorfia di rassegnazione.
- Credevo che in Sicilia qualche cosa stesse cambiando.
Mi piaceva pensare di imprenditori che ad un tratto si
ribellavano alle regole della mafia e a politici che
favorissero questo cambiamento, a magistrati dediti al
rispetto delle leggi e non ad aiutare questi delinquenti
ad eluderle.
- Questi sono i nuovi professionisti. Sono i
professionisti dell’antimafia. Questa volta sarà più
difficile smascherarli. Bisognerà agire col bisturi.
Questi sono capaci di fare apparire me un visionario
233
e lei una in cerca di notorietà. Ne hanno i mezzi.
Hanno tanti soldi e tante amicizie.
- Mi rendo conto..
- Posso chiederle per quale motivo, le chiedo scusa a
priori per la domanda, non si è girata dall’altra parte
piuttosto che cercare me. Sono sicuro saprà che qui
non stanno di certo a scherzare. Perché? Chi glielo fa
fare?
Nardi sembrava volere pesare la determinazione della
donna.
- Perché anch’ io mi sono occupata di processi a
personaggi come Briguglia, come Pumara, come
Livasulli e sono stanca di vederli uscire dalle aule di
tribunale con le loro camicie con le iniziali e le cravatte
di Marinella, con quell’aria arrogante di chi sa di
essere intoccabile. Perché io ho passato notti intere tra
faldoni di carte che raccontavano ben altro che la
verità che poi esce dai processi. Perché mi fa schifo
pensare che la gente possa credere ad una rinascita
quando invece siamo in presenza di un aborto. Mio
padre era un avvocato, un bravo avvocato e mi ripeteva
sempre: “ io difendo i clienti di cui credo l’innocenza,
ci devo credere io per primo, altrimenti preferisco fare
altro”. Mi ha insegnato lui a fare le cose in cui credo.
Piuttosto lei, come mai non si è occupato di
calciomercato?
-Io ho iniziato a fare il giornalista fin dai tempi del
liceo. Finito il liceo iniziai a collaborare con una
234
testata locale. Lì non ebbi vita facile. Il direttore non
faceva altro che cestinare i miei articoli, mi continuava
a ripetere che ero un poliziotto piuttosto che un
giornalista e che la notizia va raccontata quando è di
dominio pubblico. Continuava a ripetermi: “ Nardi i
tuoi non sono articoli, sono sentenze passate in
giudicato”.
Rimasi poco a lavorare lì. Iniziai a fare il freelance per
testate un po’ più importatati. Mi pagavano ad articolo,
la cosa mi consentiva di pagarmi gli studi e al
contempo di farmi le ossa.
Venni notato da un capo redattore di una testata
nazionale che mi segnalò al suo giornale. Lavorai per
loro un bel po’ di anni fino a quando il mio attuale
direttore mi chiamò al telefono. All’inizio pensai ad
uno scherzo tiratomi da qualcuno dei miei amici, poi
capii che era la svolta. Adesso mi fanno scrivere
liberamente. Ho i miei lettori, sono quelli la mia forza.
Nel corso della mia carriera ho subito minacce,
intimidazioni, una volta mi hanno addirittura bruciato
l’auto. Ma non mi sono fermato mai davanti a nulla.
Chi fa il mio lavoro, così come lo intendo io, mette in
conto anche queste cose, altrimenti decidi di fare il
cronista sportivo.
La Marino ascoltava il suo interlocutore attenta e
affascinata.
- Sa cosa penso? Che i nostri mestieri in qualche modo
235
si assomigliano. Lei cerca la verità per raccontarla alla
gente che comunque assolverà o condannerà il
protagonista del suo articolo, io la cerco per
raccontarla alla legge, alla giustizia.
- E’ vero trovo anch’io questa attinenza, questa
responsabilità .
- Nardi, noi questa volta dobbiamo fare in modo che i
nostri percorsi portino alla stessa meta. Io non posso
occuparmi di questo caso. Non è di mia competenza
purtroppo, ma farò in modo che comunque la procura
di competenza se ne occupi.
Ha in mente qualcosa?
- Sì, ma dobbiamo scoprire prima chi è rimasto fuori
dall’affare pur potendoci stare dentro.
- Non la seguo.. cosa vuol dire?
- In casi come questo, quando i cosiddetti “furbetti del
quartierino” hanno chiuso le operazioni tra di loro, è
normale che qualcuno ne rimanga fuori, il sindaco per
esempio. Lei mi diceva che sta lì a fare l’utile idiota,
potrebbe essere lui il nostro cavallo di troia.
- Loiero, l’onorevole Loiero, quello sì che, se lo hanno
tenuto fuori, reagirà come un pazzo.
- Chi è Loiero?
- E’ un deputato, il classico portatore d’acqua. E’ la
protesi di Pumara. Si racconta che diventò deputato a
seguito dell’incendio della sua auto, lui era un
consigliere comunale. L’incendio in realtà fu dovuto ad
un corto circuito, ma ne diedero una versione dolosa e
candidarono Loiero alle elezioni che erano prossime.
236
Gli cucirono addosso un bel vestitino antimafia. Oggi si
accontenta di fare il tirapiedi a Pumara. Ha un ruolo
marginale. Credo che lui possa essere la persona
giusta.
- Ha qualcosa in mente?
- Sì me lo lavorerò ai fianchi. Mi inventerò qualcosa.
- Io nel frattempo farò in modo di farle avere la
trascrizione delle intercettazioni. Mi sto fidando di lei
come mai di nessuno in vita mia.
- Le assicuro che non la farò pentire. Capisco cosa sta
facendo e la stimo molto per questo.
- Un magistrato non dovrebbe agire così, non è
deontologicamente corretto, ma i meccanismi a volte ti
costringono.
La serata finì davanti il portone dell’Hotel. I due si
salutarono e si ripromisero di rivedersi presto.
Nardi sulla strada di ritorno pensò a mille cose,
approntò mille strategie. Sapeva che scardinare quel
meccanismo apparentemente perfetto non era affatto
facile.
L’indomani parlò a Di Franco della sua intenzione di
fare sbottare Loiero, facendogli in qualche modo
sapere che era rimasto fuori dall’operazione.
- Da quello che mi pare di capire - Riferì Nardi a Di
Franco- stanno lasciando fuori Loiero. Pumara e
Livasulli stanno conducendo le danze mentre Tanino il
sindaco e Loiero gli servono per mettere i dischi.
- Io un’idea ce l’avrei . Lo interruppe Di Franco
237
- E cosa aspetti a dirmela?
- Io lo sento spesso. Lo conosco abbastanza bene.
Pensa che mi chiama di frequente per fargli uscire dei
pezzi sul giornale. Stavolta lo chiamerò io con la scusa
di un’intervista. Tra il serio e il faceto gli farò sapere
che l’operazione “petrolchimico” sta riempiendo le
tasche del suo amico Pumara e Livasulli e che è stato
personalmente coinvolto il nuovo sindaco il quale
sembra candidato alla scalata politica a discapito di
qualcuno che non è difficile intuire. Credo che questo
basterà per farlo saltare in aria. Ma questa volta per
davvero…
Nardi scoppiò in una risata. Poi si riprese e disse :
- Niente male come idea, ma ricordati che tu devi dare
ancora una risposta a Livasulli, se accetti o no la sua
proposta di corruzione.
- Ci ho pensato a lungo. Credo che sia il caso di
rifiutare dicendo che prima voglio vedere come va a
finire l’affare, se in effetti si chiude l’operazione e
partono i lavori. Per quanto riguarda la proposta
rivolta a te, dirò che non mi è sembrato neanche il caso
di tentare avendo capito che tipo sei.
- Che tipo sarei?
- Di quelli che non si lasciano scalfire, a cui è meglio
non fare questo genere di proposte per evitare di
mettersi nei guai. Che te ne pare?
- Si può fare, mi pare una strategia che forse ci porterà
da qualche parte. Spero tanto sull’effetto “Loiero”
- Lasciamelo lavorare. Conosco bene il tipo. Non farò
238
in tempo a uscire dalla porta che si precipiterà da
Pumara a chiederne conto.
239
CAPITOLO DICIOTTESIMO
Di Franco incontrò Loiero l’indomani dopo aver fissato
con lui un appuntamento.
Loiero - Su che cosa me la devi fare questa intervista?
Che cosa ti stai inventando questa volta?
Chiese l’on. Loiero a Di Franco qualche minuto prima
di iniziare l’intervista
- Onorè lei sa la stima che ho per lei, quanto le sono
vicino sia personalmente che come giornalista.
- Sì lo so, ma dimmi dove vuoi arrivare.
- Mi fa rabbia sapere che un politico come lei, che ha
sempre lavorato bene per la nostra terra, rimanga fuori
dai giochi a proposito del petrolchimico.
- Fuori dai giochi? Ma a quali giochi ti riferisci? Non ti
seguo..
- Onorè quello che sto per dirle me lo negherei anche
davanti “o Bambinu Gesù”. Affido queste confidenze a
lei sicuro che me ne sarà grato.
- Luigi, tu lo sai che ti stimo e che di me ti puoi fidare.
Loiero sembrava alquanto interessato alle rivelazioni a
cui alludeva Di Franco, cercava di tranquillizzarlo, lo
invitava a fidarsi totalmente.
Di contro Di Franco sembrava avere fatto abboccare
240
Loiero nella sua trappola.
- Come lei saprà in questo momento sto collaborando
con il giornalista Nardi. Mi ha voluto accanto per
l’inchiesta che sta portando avanti a proposito del
Petrolchimico. Diciamo che mi ha coinvolto più di
quanto io stesso immaginassi.
- Avevo avuto sentore che tu stessi collaborando con
Nardi.
- Bene la questione si è fatta parecchio complessa e io
so che lei ha appoggiato fin dall’inizio la realizzazione
dell’impianto, ma so anche per certo che lei è rimasto
fuori dai giochi a vantaggio del suo amico Pumara e
del suo nemico Livasulli.
- Ma che vuoi dire?
- Voglio dire che Pumara e Livasulli stanno facendo la
cresta a Briguglia, ben contento di farsela fare.
Parliamo di cifre importanti, molto importanti. Ma la
cosa più interessante è che lei rimarrà fuori dalle loro
logiche politiche nei prossimi appuntamenti elettorali.
Tanino è candidato a prendere il suo posto. Certo
dovrà meritarselo, ma lei sa bene che avrà occasioni
per dimostrare di meritarselo.
- Quello che mi stai dicendo è un vero complotto alle
mie spalle.
- Più che un complotto, direi una strategia per tagliarla
fuori. La sua posizione per loro è scomoda in questo
caso. Non sanno se possono fidarsi fino in fondo e non
vogliono correre il rischio. Questa è la mia opinione.
241
- Cosa pensi accadrà adesso? Credi abbiano chiuso
tutte le operazioni?
- Non tutte, ci sono i margini per metterli in difficoltà.
- Cioè?
- Una bella interrogazione da parte dell’Onorevole
Loiero che mostra qualche perplessità sulla facilità con
cui si è data qualche autorizzazione e poi aggiungerei
la prospettiva di un referendum che coinvolga le
popolazioni interessate dall’impianto. Questa mossa li
disorienterebbe, o meglio creerebbe loro non pochi
problemi.
- Luigi io mi ricorderò di te e di quello che stai
facendo per me.
- Onorè il mio nome non deve uscire fuori per nessun
motivo, noi due non ci siamo mai visti e parlati .
- Stai tranquillo, sarei un ingrato se facessi questo.
- Un ultimo consiglio se me lo consente.
- Per carità…
- Si tenga fuori da questa operazione anche se
dovessero portarle argomenti allettanti… lei mi capisce
vero…?
- Perfettamente.
- Si metta di traverso e si salverà dalla deflagrazione
che avrà tutta la vicenda.
Il tono di Di Franco era sibillino e sembrava preludere
risvolti inimmaginabili. Loiero fu dapprima tentato di
andare da Pumara a vomitargli addosso tutto quanto,
poi, dopo una attenta riflessione sulle parole di Di
242
Franco, decise di muoversi autonomamente.
Preparò un comunicato stampa dove annunciava la sua
interrogazione e le sue perplessità a proposito della
realizzazione dell’impianto invitando i suoi colleghi a
firmare una mozione per il referendum popolare.
Alla lettura di quel comunicato stampa Pumara andò su
tutte le furie e convocò senza troppi convenevoli Loiero
nel suo studio.
La trappola sembrava aver funzionato. Adesso non
rimaneva che buttare benzina sulla scintilla.
Loiero arrivò nello studio di Pumara con lo stesso stato
d’animo di un condannato a morte che arriva sul
patibolo.
L’accoglienza non fu delle migliori.
Pumara lo accolse sbattendogli il giornale quasi in
faccia.
- Che minchia è questa storia? Chi cazzo ti ha
autorizzato a fare questa uscita? Chi minchia sei tu?
Loiero venne letteralmente investito dall’ira di Pumara
che sembrava incapace di contenersi.
Tentò una timida difesa che non ebbe nessun effetto su
Pumara.
- Io continuo a chiederti chi minchia ti ha autorizzato a
fare una cosa del genere? Ma tu lo sai che sei lì grazie
al sottoscritto? Lo sai che staresti ancora ad aggiustare
televisioni se il sottoscritto non avesse deciso di farti
fare il deputato? Lo sai o credi che sia stato il corto
circuito della tua macchina? Loiero sei una testa di
243
cazzo.
-Credo che adesso stai superando ogni limite, non
rimarrò qui per farmi offendere da te.
Tentò di dirigersi verso la porta ma Pumara lo prese con
forza dal braccio.
- Dove minchia vai? Ma che ti pare che qui stiamo
giocando? Qual’è il problema? Credi di essere
rimasto fuori dall’operazione? Per questo ti stai
agitando tutto?
- Alberto, non credo nulla, voglio solo andarmene, non
ho intenzione di continuare questa conversazione.
-E invece io ne ho voglia. E conta quello di cui ho
voglia io. Chiaro?
Il tono di Pumara era minaccioso, quasi intimidatorio.
Loiero provò a sfidarlo :
- Ma perché che vorresti fare? Stai provando a
minacciarmi?
- Ullalà che parole grosse, ma d’altronde tu sei un
deputato antimafia, con te bisogna pesare le parole. Ti
vorrei ricordare che a me bastano un paio di telefonate
per dare fine a questa pagliacciata di cui ti fregi. La
scorta, l’antimafia e cazzate del genere. Tu dimentichi
che queste cose le ho inventate io. Non vorrei che tu
fossi entrato talmente nella parte da crederci?
- Vorrei che questa discussione portasse da qualche
parte.
- Questa discussione ci porta dritti dritti alla
244
bocciatura dell’impianto. Lo capisci o no?
Pumara aveva cambiato leggermente tono, quasi a
volere recuperare il recuperabile.
- Per quanto mi riguarda farò l’interrogazione e
chiederò di indire un referendum come previsto dalla
legge.
- Ma quale minchia di referendum, interrogazione .. ma
che cazzo ti sei messo in testa? Ti avverto che se farai
una cosa del genere te ne pentirai per il resto della tua
vita.
- Questa credo sia una minaccia.
- Lo è! Poi aggiunse - Non mi sarei aspettato un
tradimento da uno che reputavo amico e per il quale ho
fatto moltissimo. Sei un ingrato.
- Credo che mi rimpiazzerai velocemente se non lo hai
già fatto.
- Che vorresti insinuare?
- Avanti il prossimo utile idiota. Adesso io non servo
più.
Loiero sembrava non potere trattenere la voglia di
spiattellargli la verità di cui era venuto a conoscenza.
- Non ti capisco, non vorrei che tutta questa storia fosse
stata messa in piedi da qualcuno che ti ha riempito la
testa di falsità.
- Ti risulta falsità avermi tagliato fuori dall’operazione
petrolchimico? Ti risulta falsità le voci che dicono che
mi rimpiazzerai con Tanino Spoto alle prossime
elezioni? Dimmi sono falsità queste?
Continuò ad incalzare Loiero.
245
- Certo che sono falsità. Chi ti ha riempito la testa?
La discussione stava prendendo una piega diversa. I due
sembravano cercare un punto di incontro, senza
spostarsi dalle loro posizioni. Era come fare avvicinare
due oggetti senza muoverli.
- E’ chiaro che l’operazione “Briguglia “ ve la state
portando avanti tu e il tuo amico Livasulli, è lampante,
lo sanno anche i sassi.
Pumara continuò a negare fino allo sfinimento. La
discussione non andò a parare da nessuna parte.
Loiero andò via sbraitando.
- Vai, vai pure, tanto lo sai che non hai dove andare. E
non tornare mai più a bussare a questa porta .
Pumara aveva dato fondo a tutta la sua pazienza e
sembrava non avere alcuna intenzione di coinvolgere
Loiero nelle faccende che lo riguardavano.
La situazione stava precipitando. Nardi da un lato,
Loiero dall’altro.
Decise di incontrare Livasulli, Briguglia e Pisano al
fine di fare il punto della situazione e accelerare i
tempi.
Fece un giro di telefonate. I quattro si incontrarono
nello studio palermitano di Pumara.
Saranno state le otto della sera. Fuori pioveva a dirotto.
Nello studio erano andati tutti via, segretaria compresa.
Pumara personalmente aprì la porta ai suoi ospiti che
arrivarono
quasi
contemporaneamente.
Si
accomodarono in ordine sparso nella stanza di Pumara.
Fu Pumara stesso ad aprire la discussione.
246
- Si stanno presentando una serie di inconvenienti che
non era facile prevedere. Si stanno accendendo troppe
luci sulla faccenda del petrolchimico. Questo Nardi sta
facendo troppo rumore, ora ci si mette anche Loiero sul
quale ho perso qualsiasi controllo. Insomma vi ho
voluto riunire qui oggi affinché si possano accelerare i
tempi e chiudere la faccenda nel giro di poco tempo
- Te lo dicevo io che questo Loiero è “ cani ca nun
canusci patruni”. Ho letto il suo comunicato stampa.
Bel rompimento di coglioni. Ma tu hai provato a
parlargli? Chiese Livasulli
- Certo che ho provato. Sembra che qualcuno gli abbia
fatto il lavaggio del cervello. Era pieno di risentimento,
diceva di sapere con certezza che il partito se lo sta
giocando e poi lamentava il fatto di essere rimasto
fuori dai giochi a proposito della vicenda
petrolchimico.
Briguglia e Pisano continuavano a partecipare
passivamente alla discussione. Ascoltavano.
Poi fu la volta di Pisano.
- Credo che sia il caso di fare in fretta. Manca solo la
licenza edilizia e poi possiamo iniziare i lavori. Una
volta iniziati i lavori se siamo furbi facciamo
un’operazione di blindatura e così nessuno ci romperà
più i ciglioni.
- Cioè? Che tipo di operazione. Domandò curioso
Pumara.
- La mia idea è semplice. Subito dopo l’inizio dei lavori
247
realizziamo un attentato al nostro cantiere, di quelli
eclatanti. Una gru per esempio. Chiediamo di
intensificare la presenza delle forze dell’ordine,
aggiungiamo di avere ricevuto una serie di minacce e
intimidazioni. Facciamo quadrato tra di noi e facciamo
passare il messaggio che quelli che si oppongo alla
realizzazione dell’impianto sono strumenti di coloro i
quali fanno questo tipo di intimidazioni. Zittiamo tutti e
il primo stronzo che parla dovrà stare attento a quello
che dice.
L’idea trovò d’accordo Livasulli.
- Non mi pare malvagia come idea, finora ha
funzionato.
- Credo non vi siamo altre strade. Dobbiamo
sollecitare la commissione edilizia a chiudere la
faccenda. La firma del sindaco e poi si passa ai fatti.
- Da parte mia non ci sono problemi. Io aspetto solo il
via. Concluse Briguglia.
Ci fu un altro giro di consultazioni ma la sostanza non
cambiò più di tanto. Prima di congedarsi Pumara chiese
a Livasulli di trattenersi.
- Ho incaricato mio cognato di portare i fondi in
svizzera,dovrebbe partire la prossima settimana.
- Va bene. Raccomandagli di essere prudente. Come
vedi tira vento da tutte le parti.
- Lui sa come muoversi, lo sai che non è la prima
volta.
Fu però l’ultima. Il cognato di Pumara venne fermato
poco prima di raggiungere il confine. Una pattuglia
248
della guardia di finanza ad un posto di blocco gli trovò
le intercapedini della sua Audi A6 piena zeppa di
milioni di euro.
249
CAPITOLO DICIANNOVESIMO
- Dottoressa Marino, come sta?Sono Nardi.
- Adesso meglio. Come vede al topo è stato tolto il
formaggio. Il cognato di Pumara ha iniziato a
collaborare con un mio amico procuratore. Hanno già
pronti gli avvisi di garanzia per tutti i furbetti della
banda. Adesso può scrivere liberamente in attesa del
botto.
- Cosa si aspetta? Domandò Nardi.
- La chiusura del cerchio, bisogna mettere nel
calderone il sindaco e i membri della commissione
edilizia. Dalle intercettazioni emergono le pressioni di
Pumara e Livasulli sia sui membri della commissione
che sul sindaco.
- Il petrolchimico salta ancora prima di essere
realizzato… ma la deflagrazione coinvolgerà solo i suoi
esecutori..
- Proprio così. Briguglia ha tanti di quei capi di
imputazione che c’è da riempire una enciclopedia.
Nardi lavorò su una serie di articoli al vetriolo che
erano il preludio di ciò che sarebbe accaduto da lì a
poco.
La commissione edilizia votò all’unanimità la richiesta
250
di concessione edilizia e il sindaco firmò una serie di
atti in favore dell’impianto.
La procura emise una serie di avvisi di garanzia nei
confronti dell’intera commissione, del sindaco, di
Pumara, Livasulli e Briguglia. Pisano fu appena sfiorato
dall’inchiesta.
L’inchiesta durò circa due anni e l’impianto era stato
appena iniziato a costruire
commissariato dalla
regione, quando vennero emesse le condanne, un vero
trattato di impunità.
Pumara e Livasulli patteggiarono la pena e furono
condannati a qualche anno con la condizionale,
Briguglia difeso da avvocati di altissimo livello venne
condannato per concussione e anch’egli patteggiò la
pena. Il Sindaco pagò per tutti con la pena più pesante
che lo costrinse a scontare qualche anno nelle patrie
galere. D’ altronde serviva a questo.
Pisano continuò a fare l’imprenditore con i nuovi
riferimenti politici della zona.
Loiero finita la legislatura tornò a fare il consigliere
comunale con la magra consolazione di continuare a
essere chiamato “onorè”.
Di Franco venne assunto da una testata nazionale, si
trasferì a Roma e continuò la sua attività di cronista
occupandosi di cronaca. Nardi mantenne la sua
promessa, infatti fu egli stesso a segnalarlo.
Mentre lui decise di uscire fuori i confini dello Stato
italiano e quasi per una sorta di rigetto, iniziò a
251
occuparsi di politica estera e precisamente di zone ove
erano presenti focolai di guerra.
- meglio scrivere di cose dove il bianco è bianco e il
nero è nero, piuttosto che scrivere di loschi figuri che
la spuntano sempre - Era solito dire a chi gli chiedeva il
perché di questa scelta.
Fossalumera rimase Fossalumera e i suoi abitanti
rimasero tali e quali aspettando il messia in grado di
moltiplicare come qualcuno fece con i pani e i pesci, i
posti di lavoro.
Il paesaggio già fortemente offeso dalle precedenti
colonizzazioni era stato definitivamente compromesso.
Alti pennacchi di ciminiere fuoriuscivano da terra
ergendosi verso il cielo con fierezza, sputando fumi neri
e fiamme a tutte le ore del giorno.
Il bucato che le massaie erano solite stendere sui loro
balconi ne subiva pedissequamente il grigiore.
I manifesti per le imminenti elezioni alle europee
riempiva i muri e ogni angolo del paese di facce più o
meno note.
Tra queste quelle di Pumara e Livasulli con frasi del
tipo “ il coraggio di cambiare” o epiteti simili.
La saracinesca di Giannu u’ varberi ritornò a sollevarsi
con il suo stridolìo echeggiando nel quartiere tutti i
lunedì mattina, mentre una folla antistante la sala da
barba aspettava l’arrivo dell’onorevole Livasulli.
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