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stato civile | materie generali
La negoziazione
assistita in materia di
famiglia: il punto del
Pubblico Ministero
Intervista al dott. Nicola Cerrato, P.M. a Milano, autore delle utili linee
guida emesse dalla Procura della Repubblica di Milano sulla materia
a cura di Michele Ius
Avvocato in Pordenone e Treviso
Dottore mi permetta di presentarLa a quei pochi lettori che non la conoscono. Lei è Pubblico
Ministero a Milano. Ha una lunga esperienza
come Procuratore Aggiunto. Ha svolto anche
incarichi presso il Ministero di Giustizia. È
stato tra i primi a dare un’interpretazione ufficiale della normativa sulla negoziazione assistita. Si rimanda al Focus di questa Rivista
per una presentazione delle linee guida da Lei
proposte (v. Focus n. 5/2015). Recentemente è
stato anche relatore in un convegno a Milano.
Ci spiega cos’è la negoziazione assistita?
verno, teso, per un verso, a porre il nostro Paese
al riparo dalle pesanti sanzioni minacciate dalla
Commissione UE per i ritardi del nostro sistema
giudiziario; per l’altro, ad adeguare il nostro diritto di famiglia sia ai più moderni modelli e sistemi
giudiziari in vigore in Europa, sia alle dinamiche
sociali e culturali più avanzate.
Per effetto della Legge in esame, dovremmo registrare nel 2015 — secondo le ottimistiche previsioni del Ministero della Giustizia — un calo di
circa 60.000 ricorsi.
Perchè ritiene la stima ottimistica?
La negoziazione assistita in generale, e quella in
materia di famiglia in particolare, è una procedura diretta da un lato, a deflazionare il carico di lavoro della giustizia civile, afflitto da altre cinque
milioni di cause pendenti; dall’altro, a produrre
un taglio dei tempi dei procedimenti in materia
di famiglia (nel 2013, 627 giorni la durata media
di separazioni e divorzi giudiziali; 119 giorni delle separazioni consensuali).
La misura trae ispirazione da un analogo modello francese introdotto nel 2010 e si inserisce nel
solco di un frenetico riformismo dell’attuale Go-
Ritengo tale stima ottimistica ed enfatizzata, alla
luce di qualche criticità già registrata in questo
primo semestre di applicazione. La doppia difesa
rischia di tradursi in un disincentivo. Si consideri
che a Milano presso la Procura sono stati depositati 177 ricorsi da dicembre ad aprile a fine maggio saremo a non più di 255.
Ci può spiegare meglio?
Rispetto alla negoziazione assistita prevista ex
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art. 2 del D.L. 132/2014, convertito con riformulazione nella legge n. 162/2014 (che richiede la
presenza anche di un solo avvocato), in
quella ex art. 6 («coniugale e genitoriale») è richiesta necessariamente
la presenza di due avvocati. Il
dato letterale è inequivocabile. Sostanzialmente ex art.
6 si arriva già alla procedura con un accordo tra
parti e legali. Mentre ex
art. 2 si parte con la procedura per trovare un
accordo. Si è trattato di
un compromesso avente
anche la finalità sottostante di assicurare all’elefantiaca
categoria degli avvocati italiana
una duplicazione di parcella.
E ciò in distonia sia con la disciplina di cui all’art.
2, sia di quella prevista per il procedimento giurisdizionale: un solo avvocato per entrambe le parti, in caso di consensuale. Addirittura nessuno in
alcuni Tribunali, come Milano.
La necessità della doppia difesa è una delle criticità di questa legge, un disincentivo all’affermazione dell’istituto ed un ostacolo al raggiungimento della ventilata ed enfatizzata deflazione
del carico giudiziario.
Ci sono altre criticità? La normativa ha diverse
lacune. Lei, infatti, ha emesso delle linee guida.
Ci spiega?
La negoziazione assistita è regolata ex art. 2 e ss.
del D.L. 132/2014, convertito in legge n. 162/2014.
Il dettato normativo prevede diverse fattispecie.
La disciplina contiene delle previsioni generali
ex art. 2 ss. e una procedura speciale per il caso
«coniugale e genitoriale» ex art. 6. Gli artt. 2 e 3
prevedono poi nell’ambito delle previsioni generali che vi sia una negoziazione assistita obbligatoria a condizione di procedibilità per alcune materie (es. risarcimento del danno da circolazione
di veicoli e natanti; pagamento a qualsiasi titolo
di somme non eccedenti cinquantamila euro, ad
esclusione delle controversie per cui è prevista la
procedura di mediazione civile obbligatori; per le
controversie in materia di contratto di trasporto
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o di sub-trasporto, ecc.). Per le altre materie la
procedura è facoltativa.
Quella prevista ex art. 6 riguarda le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione
degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o
di divorzio. Per quanto non diversamente disposto in esso, l’art. 6 richiama la disciplina generale.
Il richiamo però non è chiaro. Per es. va applicato
l’art. 5, co. 2 per cui gli avvocati devono certificare
l’autografia delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Manca un riferimento alla competenza del Tribunale e del P.M.: per cui deve sopperirsi con quella
civilistica in tema di separazione e divorzio consensuale.
Un altro esempio delle incertezze della legge è
l’art. 6 co. 2 che prevede espressamente un termine di 10 giorni per le sole convenzioni genitoriali.
Termine da intendersi perentorio («deve»). Nulla
è previsto per la negoziazione coniugale. In effetti
la norma ex art. 6 sembra prevedere delle differenze tra il caso «coniugale» e quello «coniugale e
genitoriale». Trattasi di un’infelice formulazione
legislativa, frutto della riscrittura dell’articolo in
sede di conversione, ove venne introdotto il controllo del P.M. Secondo il giudizio ormai prevalente, il termine di 10 gg. va osservato sempre e
comunque per evitare condotte in frode alla legge (in danno di creditori, esecuzioni, fallimenti).
Si pensi all’art. 12 co. 4 legge n. 162/14 che prevede, modificando la legge n. 898/1970 («Legge
sul divorzio»), per il divorzio «la data certificata
nell'accordo di separazione raggiunto a seguito
di convenzione di negoziazione assistita da un
avvocato ovvero dalla data dell'atto contenente
l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile».
A tal proposito l’art. 12 prevede una procedura
avanti all’ufficiale di stato civile. Lì sono contenute le norme di modifica che interessano anche la negoziazione assistita ex art. 6.
La procedura ex art. 6 non va confusa con la disciplina ex art. 12 della legge, rubricata come
«Separazione consensuale, richiesta congiunta
di scioglimento o di cessazione degli effetti civili
del matrimonio e modifica delle condizioni di se-
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parazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello
stato civile», che è infatti regolata in un capo diverso della legge e riguarda casi limitati solo alle
«coniugali»: assenza di figli minori o con problemi e assenza di trasferimenti patrimoniali. Anche
qui probabilmente un’infelice formulazione. So
che lei ha sollevato il problema durante il periodo
di conversione del D.L. sul fatto che le norme di
modifica della legge n. 898/1970 erano contenute
nell’art. 12 che però a differenza dell’art. 6 non
erano entrate in vigore.
Concentriamoci sulla negoziazione assistita ex
art. 6. Ci spiega la procedura e le differenze con
quella generale ex art. 2?
La procedura, ex art. 2, prevede tre fasi.
La prima fase consiste nell’invito alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita,
formulato con raccomandata a/r o con pec, alla
controparte per la risoluzione in via amichevole di una controversia. Tale invito deve indicare
espressamente che la mancata risposta entro 30
gg. dalla ricezione o il suo rifiuto potrà essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio
e di quanto previsto dagli art. 96 c.p.c. per responsabilità aggravata e art. 642, comma 1, c.p.c.
per esecuzione provvisoria. L'invito formale può
essere integrato nella classica lettera di messa in
mora. La parte invitata ha 30 gg. dal ricevimento
della lettera per accettare o rifiutare l'invito. In
caso di rifiuto espresso o tacito (decorsi i 30 gg.),
la parte istante ha facoltà di avviare il giudizio
avendo così soddisfatta la condizione di procedibilità se presente nel caso di specie.
La seconda fase prevede la stipula della convenzione di negoziazione assistita qualora la
parte chiamata alla stipula accetti l'invito. Nell’accordo le parti, assistite anche da un solo avvocato, stipuleranno una convenzione di negoziazione assistita, ovvero un accordo in base al
quale le parti stesse dichiarano di voler cooperare
in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia. La durata della negoziazione è per massimo 3 mesi e, in ogni caso, non
inferiore a un mese.
Segue una terza fase: se la negoziazione si conclude positivamente con il raggiungimento di un
accordo, stipuleranno un contratto che ha va-
lore di titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione di
ipoteca giudiziale. Ove tale contratto non venga
eseguito spontaneamente, la parte interessata potrà metterlo in esecuzione immediata. In tal caso,
l'accordo deve essere integralmente trascritto nel
precetto ai sensi dell'art. 480, comma 2, c.p.c.
La negoziazione coniugale e genitoriale ex art.
6 invece ha una procedura più snella, svincolata dei termini e condizioni della precedente, ma
come si diceva presuppone una volontà già consensuale di pervenire ad un accordo. Ulteriori
differenze, oltre a quella relativa ai due avvocati,
sono che, ex art. 2, la procedura è diretta ad un
giudice; in quella ex art. 6 è diretta al P.M. che
deve intervenire obbligatoriamente, ed eventualmente al Tribunale.
In questo caso la norma non chiarisce tutta una
serie di aspetti come tempistiche e competenze.
Per questo come Procura abbiamo deciso di emanare delle linee guida.
A tal proposito la legge di conversione introduce il controllo del P.M. Secondo Lei perchè?
La ratio del D.L. prevedeva solo la negoziazione
coniugale, senza l’intervento del P.M. La legge di
conversione ha previsto, invece, per la negoziazione coniugale e genitoriale, l’intervento obbligatorio del P.M., ed eventuale del Tribunale. Ciò
per effetto delle spinte di ambienti cattolici dirette a introdurre un controllo pubblico sulla procedura ed assicurare effettività di difesa al coniuge
ritenuto più debole.
Che controlli deve fare il P.M.?
Formali e sostanziali
Tra quelli formali:
— preliminarmente va verificata la competenza
territoriale: la disciplina civilistica in materia di
separazione è regolata ex art. 706 e 711 c.c. e per
il divorzio ex art. 4 legge n. 898/1970. In sostanza
per la separazione sarà competente il tribunale
del luogo di ultima residenza comune dei coniugi; in difetto si considera la residenza o domicilio
del convenuto; se il convenuto è residente all’estero o irreperibile, la competenza sarà del Tribunale luogo di residenza o domicilio del ricorrente; se anche il ricorrente è residente all’estero, a
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qualunque Tribunale della Repubblica; in caso di
divorzio sarà competente il Tribunale del luogo di
residenza o domicilio di un coniuge;
— va poi verificata la presenza di «almeno un avvocato per parte» (ex art. 6 co. 1);
— in terzo luogo va verificato se gli avvocati:
1. hanno certificato l’autografia delle firme e la
conformità dell’accordo alle norme imperative e
all’ordine pubblico come prescritto ex art. 5 co. 2;
2. hanno certificato il tentativo di conciliare le
parti;
3. le hanno informate della possibilità di esperire
la mediazione familiare e dell’importanza per il
minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori (ex art. 5 co. 3);
— se sia stato rispettato il termine entro cui l’accordo, una volta concluso, deve essere trasmesso
al P.M.
— va fatto il controllo della documentazione (v.
linee guida; tabelle sotto riassuntive).
La conseguenza del mancato rispetto è la irricevibilità, con la conseguenza per le parti di dover
ripresentare un nuovo patto.
Tra i controlli sostanziali:
— In primis vanno verificati eventuali patti accessori, traslativi di diritti reali immobiliari,
espressamente previsti dall’art. 5 co. 3 («atti soggetti a trascrizione»). Il P.M. deve controllare che
le parti abbiano fatto ricorso alla tecnica obbligatoria e non a quella reale, che è compito precipuo
del notaio (cui spetta, tra l’altro, l’individuazione
e la verifica catastale), figura professionale scelta
dal legislatore e insuscettibile di interpretazione
analogica;
— in secundis l’affidamento dei minori e il diritto
di frequentazione: condiviso (regola) o esclusivo
(eccezione). Si vedano artt. 155-bis, 337-ter e quater c.c. e 6 Legge sul divorzio. Sui punti valgono i
consolidati principi giurisprudenziali di merito e
di legittimità;
— l’assegnazione della casa coniugale: vedi artt.
337 sexies c.c. e 6 co. 6 Legge sul divorzio. Resta ferma la ratio di tutelare interesse dei minori,
conservare l’habitat domestico (questo vale per i
figli di entrambi i genitori);
— il contributo per il mantenimento dei figli minori (anche da parte di genitori disoccupati, con
eccezioni): vedi artt. 147, 148, 316-bis e 337-ter
c.c., art. 3 legge n. 54/2006 e 12-sexies Legge sul
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divorzio in relazione e 570 c.p. (violazione obbligo corresponsione assegno di mantenimento, che
si perfeziona col semplice inadempimento).
La normativa prevede il nullaosta in mancanza di figli e l’autorizzazione in caso di negoziazione genitoriale. Recentemente il Tribunale di
Torino con ordinanza 15 gennaio 2015 ha ritenuto che in caso di assenza di rifiuto del P.M.
il Presidente del Tribunale inviti i coniugi o ad
accettare i rilievi del P.M. trasformando così
l’accordo in linea con i rilievi fatti o li inviti a
depositare ricorso per separazione consensuale, divorzio congiunto o ex art. 710 c.p.c. o art.
9, legge n. 898/1970 giacchè nessuna «conversione» in altro genere di procedimento possa
ritenersi ammissibile ai sensi della normativa
contenuta nella legge n. 162/2014 (per i lettori probabilmente per quando sarà pubblicata
questa intervista sarà pubblicato nei Focus un
commento). Come funziona? Si parla di prassi
ambrosiana nel senso che il Tribunale di Milano tende più alla ricerca del risultato concreto che al rigido rispetto del formalismo. Anche
nella negoziazione va seguita questa buona
pratica?
La norma distingue, infatti, tra negoziazione coniugale in cui basta il nullaosta e quello genitoriale per cui è richiesta autorizzazione. Non dice
molto di più. Se il P.M. non ravvisa irregolarità lo
rilascia altrimenti lo rifiuta, con provvedimento
motivato.
È opportuno in questo caso a mio avviso una fase
intermedia, di interlocuzione con avvocati (telefono, posta elettronica) con cui si richiedono
chiarimenti, si evidenziano eventuali carenze o
irregolarità, si cerca di sanare il difetto attraverso
correzione di errori materiali o integrazioni (documentali od altro). Deve valere, infatti, un principio di conservazione degli atti, rispetto della volontà del legislatore di semplificare ed accelerare
l’iter di queste procedure.
La legge non prevede un termine di rilascio del
provvedimento.
La legge, infatti, non lo prevede. Nelle linee abbiamo fissato 3 giorni lavorativi dalla presenta-
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zione dell’accordo salvo imprevisti. Mi permetta
di evidenziare che questo è motivo di orgoglio
ambrosiano detenendo noi il record italiano di
maggiore brevità: a Roma 4 gg., a Palermo 10 gg.
Il nullaosta o l’autorizzazione sono condizione
di efficacia dell’accordo: da quando decorrono
gli effetti previsti dalla legge?
Gli effetti decorrono non dalla data di emissione del provvedimento, bensì da quella certificata
nell’accordo stesso, come si desume dall’art. 12
co. 4, legge n. 162/2014, che ha modificato l’art. 3
secondo capoverso lett. b) Legge sul divorzio, relativo al lasso di tempo che deve intercorrere per
la proposizione della domanda di divorzio; questo
è confermato anche dalla Circolare del Ministero
Interni del 1° ottobre 2014. Ricordo che è passata
al riguardo la legge che riduce i tempi di divorzio.
Intende la nuova norma sul c.d. «Divorzio breve»? (Richiamiamo per i lettori le pubblicazioni in merito nella Rivista e nei Focus).
Si. Per effetto della nuova legge n. 55/2015 (pubblicato in «G.U.» 11 maggio 2015), che entra in
vigore il 26 maggio il termine per divorziare è di
12 mesi dalla comparizione delle parti innanzi al
Presidente per le separazioni giudiziali; e 6 mesi
negli altri casi. La norma non è chiara ma riteniamo che questo valga anche evidentemente per le
separazioni attraverso le procedure ex artt. 6 e 12,
legge n. 162/2014.
Quanto costa separarsi/divorziare con la nuova normativa?
A parte le parcelle degli avvocati, la procedura
ex art. 6 in termini di contributo unificato, bolli e imposte, non costa praticamente nulla (salvo
il diritto di cancelleria). La Circolare Ministero
Giustizia del 13 marzo 2015 ha escluso l’esigibilità del contributo unificato e ha ritenuto non applicabile la sospensione dei termini processuali
nel periodo feriale sul rilievo che il P.M. svolge
«un’attività di controllo e verifica con caratteri
di natura amministrativa» e non giurisdizionale,
«in sintonia con lo spirito e la ratio della legge che
ha degiurisdizionalizzato la materia in oggetto».
La Circolare del Dirigente Procura del 13 aprile
2015 ha escluso, con la stessa motivazione, l’esigibilità dell’imposta di bollo, ma non il diritto di
cancelleria (o certificazione).
In realtà in sede di conversione è stato previsto
non solo il controllo del P.M. (che è sempre un
magistrato), ma anche, eventualmente, del Tribunale, in caso di mancata autorizzazione del P.M.
(incidente giurisdizionale).
La procedura secondo Lei come può essere descritta?
Credo sia corretto farla rientrare nella volontaria giurisdizione. Lo stesso Tribunale di Torino (con la sentenza cit. del 20 aprile 2015) ha
concluso proprio in tal senso («procedura nuova e in parte atipica»). Il P.M. (o il Tribunale in
via eventuale) amministra interessi privati per la
rilevanza pubblicistica degli altri interessi coinvolti.
Ringraziamo il dott. Cerrato per il tempo che
ci ha dedicato, sicuro da parte mia che i lettori
apprezzeranno la chiarezza con cui sono stati
trattati gli argomenti oggetto di questa intervista.
(segue tabella)
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stato civile l materie generali
Separazione
Divorzio
Modifiche per
separazione
Modifiche per
divorzio
- Estratto per sunto dell’atto di matrimonio, rilasciato dal Comune in cui
è stato celebrato;
- stato di famiglia;
- certificato di residenza
di entrambi i coniugi
- Stato di famiglia e di residenza dei coniugi;
- copia autentica del verbale di separazione consensuale omologata,
o copia autentica della
sentenza di separazione
con il passaggio in giudicato,
o copia autentica dell’accordo di separazione raggiunto con la negoziazione assistita (ex art. 6),
o copia autentica dell’accordo di separazione concluso e certificato dall’ufficiale dello stato civile (ex
art. 12)
- Stato di famiglia e di
residenza dei coniugi;
- copia autentica della
sentenza di divorzio con
il passaggio in giudicato,
o copia autentica dell’accordo di divorzio raggiunto con la negoziazione assistita (ex art. 6),
o copia autentica dell’accordo di divorzio
concluso e certificato
dall’ufficiale dello stato
civile (ex art. 12)
- Atto integrale di matrimonio rilasciato dal
Comune dove è stato celebrato
- stato di famiglia di entrambi i coniugi;
- certificato di residenza
di entrambe le parti;
- copia autentica del verbale di separazione consensuale con decreto di
omologa
o copia autentica della
sentenza di separazione
con attestazione del passaggio in giudicato,
e copia autentica del
verbale dell’udienza presidenziale, che ha autorizzato i coniugi a vivere
separati,
o copia autentica dell’accordo di separazione raggiunto con la negoziazione assistita (ex art. 6),
o copia autentica dell’accordo di separazione concluso e certificato dall’ufficiale dello stato civile
(ex art. 12)
In tutti i casi con:
- figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti economicamente o maggiorenni portatori di handicap grave:
dovrà essere allegata la dichiarazione dei redditi (o dichiarazione sostitutiva autenticata dal Comune) dei coniugi relativa agli ultimi 3 anni;
- figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave: dovrà essere allegata la relativa certificazione sanitaria;
- figli legalmente incapaci (interdizione, inabilitazione o amministrazione di sostegno) e affetti da handicap
grave;
- figli maggiorenni ma non autosufficienti economicamente (autocertificazione dei genitori come previsto anche da Circolare 19/2014 Ministero Interni)
In tutti i casi dovrà essere allegata Scheda di sintesi di cui all’allegato 2 delle linee guida
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