Economia dell`informazione, mercati imperfetti e intervento pubblico.

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Economia dell`informazione, mercati imperfetti e intervento pubblico.
COLLEGIO EUROPEO DI PARMA
Borgo Lalatta 14, 43100 Parma
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Diploma Avanzato in Studi Europei (DASE)
IL RUOLO ECONOMICO DELLO STATO
Economia dell’informazione, mercati
imperfetti e intervento pubblico.
Pietro A. Vagliasindi*
Aprile 2004
_______________________________
* Professore di Scienza delle Finanze ed Economia Industriale, Università di Parma
Direttore del Dipartimento di Diritto, Economia e Finanza Internazionale,
Via Università 12, 43100 Parma
Tel: +39-0521-034561 Fax: +39-0521-034562
Email: [email protected]
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Indice
................................................................................................................................. PAGINA
Introduzione ......................................................................................................... 3
A. Scelte in condizioni di incertezza .................................................................... 6
1. Il rendimento atteso e la scelta ottima. .................................................................. 7
2. L’utilità attesa: avversione al rischio e preferenza per il rischio........................... 9
3. Comportamento razionale in un mondo incerto. ................................................. 11
4. La funzione di utilità di Von Neumann e il benessere sociale. ........................... 12
B. Comportamento strategico e analisi economica .......................................... 13
1. Scelte strategiche e razionalità individuali .......................................................... 14
2. Giochi statici, giochi dinamici ed equilibrio di Nash. ......................................... 17
3. Forma estesa, giochi dinamici ed equilibri di Nash perfetti. ............................... 19
C. Monopolio, oligopolio e concorrenza............................................................ 21
1. Il monopolio e l’entrata ....................................................................................... 21
2. L’oligopolio e l’Equilibrio di Nash ..................................................................... 25
3. Competizione a là Cournot, con strategie basate sulla quantità. ......................... 26
4. Competizione a là Bertrand: con strategie basate sul prezzo. ............................. 27
5. Il gioco dinamico a là Stackelberg. ..................................................................... 27
6. Collusione tacita in giochi ripetuti: i supergame di Cournot............................... 28
D. Scelte razionali con informazioni asimmetriche.......................................... 29
1. Individui razionali: informazioni, esternalità ed incentivi .................................. 30
2. Informazioni: soluzione di mercato e intervento pubblico.................................. 32
3. Costi di agenzia, informazioni asimmetriche ed incentivi. ................................. 34
4. Contratti incentivanti. .......................................................................................... 36
E. Azzardo morale............................................................................................... 39
1. Esempi introduttivi. ............................................................................................. 39
2. Il modello standard. ............................................................................................. 40
F. Selezione avversa ............................................................................................ 42
1. Esempi di selezione avversa: sanità ed assicurazione di vita. ............................. 42
2. Il gioco base della selezione avversa................................................................... 43
3. Discriminazione di prezzo................................................................................... 43
4. Un modello di fornitura pubblica. (Laffont-Tirole) ............................................ 45
G. Ancora sull’efficienza dei mercati ................................................................ 48
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Introduzione
La teoria economica di base studia il funzionamento dei mercati, in un mondo certo, dove
le decisioni degli operatori economici comportano valori esattamente prevedibili di costi e
benefici. Dati questi valori (eventualmente scontati per riportarli al presente) è facile
pervenire alla decisione ottima (ovvero, quella che massimizza i benefici al netto dei costi). In
realtà i sistemi sociali ed economici contemporanei sono caratterizzati, in misura maggiore
che in passato, da incertezza e rischio che influenzano notevolmente le scelte più importanti
degli operatori economici e giuridici (e.g. dei consumatori sul risparmio e sulle scelte
contrattuali e fiscali) e di conseguenza è d’importanza fondamentale esaminare le scelte in
condizione di rischio. Mentre in una situazione di incertezza non sono chiare le probabilità dei
diversi possibili stati del mondo, in una situazione di rischio ad ogni stato del mondo può
essere associata una specifica probabilità (oggettiva come nel caso di biglietti di una lotteria,
o soggettiva).
L’analisi delle scelte individuali e collettive in una situazione di rischio diviene più
complessa. Per semplificare il problema si presume che ogni individuo pur non sapendo quel
che accadrà, conosca la probabilità con la quale si realizza ogni outcome (stato del mondo) e
sceglie l’alternativa che offrono il rendimento atteso o l’utilità attesa più elevati. Tale analisi è
alla base della comprensione dei comportamenti economici in un contesto strategico nel quale
operano le imprese e gli operatori privati e pubblici. La teoria dei giochi è lo strumento
analitico fondamentale per capire tali contesti strategici. È infine importante modellare
esplicitamente il ruolo dei problemi informativi e degli incentivi privati nel motivare
comportamenti in contesti strategici. Quando le prestazioni degli agenti possono essere
controllate solo parzialmente, sorgono infatti problemi di selezione avversa e di azzardo
morale. Di conseguenza, bisogna considerare il problema che il principale deve risolvere
(scegliendo opportuni contratti incentivanti) per indurre un agente ad operare come lei farebbe
in assenza di delega.
Per minimizzare il ruolo delle informazioni si sostiene che l’acquisizione delle
informazioni sia, in fondo, solo un costo operativo, cosicché i risultati economici standard
continuano ancora a valere anche con informazioni imperfette, una volta che le informazioni
fossero incorporate in funzioni di produzione, come un qualsiasi altro imput. Ovviamente, le
informazioni sono costose, ma, prendendo in considerazione tali costi, i mercati sarebbero
pareto-efficienti.
Tuttavia, un mercato con informazioni imperfette differisce da quelli con informazioni
perfette perché le azioni (e le scelte) degli agenti economici rivelano delle informazioni. I
partecipanti al mercato sanno questo, e ciò incide sui loro comportamenti. Ad es. La volontà
di un manager di vendere le azioni della propria impresa ad un particolare prezzo fornisce
informazioni dell’insider sulla prospettiva dell’impresa; i.e. del prezzo relativo al rendimento
atteso. La decisione di un’impresa di fornire una garanzia non è solo la conseguenza della
maggiore abilità dell’impresa di assorbire il rischio di una bassa qualità del prodotto; dato che
essa fornisce informazioni circa la confidenza dell’impresa circa la bontà del suo prodotto. La
volontà del datore di lavoro di non eguagliare il salario offerto da un concorrente ad un suo
dipendente fornisce informazioni sul suo giudizio circa l’abilità di quel lavoratore.
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La nuova economia delle informazioni mina quindi alle fondamenta l’analisi neoclassica
dell’equilibrio competitivo; dove l’equilibrio è caratterizzato da mercati dove la domanda
eguaglia l’offerta, lo stesso bene viene venduto sul mercato ad un prezzo unico e competitivo
(uguale al costo marginale). Inoltre, in mercati efficienti, come le borse, i prezzi non
trasmettono tutte le informazioni rilevanti dagli agenti informati ai non informati. Se questo
avvenisse, non ci sarebbe nessuno incentivo per chiunque a spendere dei soldi per raccogliere
informazioni.
Le differenze di prezzo non rappresentano mere differenze della qualità, già in semplici
modelli con costi di ricerca. Se c’è un costo di ricerca piccolo a piacere e pari ad ε, ad es. il
costo di visitare un altro negozio, qualsiasi impresa che addebiti un prezzo superiore di ε/2
non perderebbe clienti. È quindi vantaggioso aumentare i prezzi fino a raggiungere il prezzo
di monopolio. Anche dei piccoli costi di ricerca possono quindi condurre anche un mercato
con molte imprese ad addebitare i prezzi di monopolio. Infine, se ognuno fissasse lo stesso
prezzo, sarebbe vantaggioso aumentare il prezzo per sfruttare i clienti con alti costi di ricerca,
o abbassare il prezzo per rubare clienti ai concorrenti.
Seguendo la prospettiva dell’economia delle informazioni, esistono inefficienze più
pervasive ma più difficili da scoprire sui mercati. In pratica i mercati funzionano male in modi
non sempre evidenti la maggior parte del tempo. Ad es. Smith, anticipando i problemi di
selezione avversa, scrive che un aumento dei tassi di interesse, i possibili debitori migliori
escono dal mercato, dato che chi da a prestito le probabilità di fallimento dei debitori e ad
ognuno di loro non può essere richiesto un appropriato premio per il rischio. In pratica, ad alti
saggi di interessi i denari finirebbero nelle mani di prodighi o visionari, dato che le persone
prudenti disposti a dare per l’uso del denaro i profitti che ne derivano si ritirerebbero dal
mercato.
Dato che i prezzi influenzano “la qualità” (a causa degli effetti di incentivo o di selezione),
le imprese non chiedono tassi d’interesse più alti, anche quando lo possono fare, a causa di un
eccesso di domanda sul mercato del credito, perché così facendo sanno che aumenterà la
percentuale media dei fallimenti e di conseguenza diminuiranno i rendimenti attesi. Il saggio
di interesse è quindi più basso di quello per il quale la domanda di prestiti eguaglia l’offerta e
c’è razionamento del credito.
Analogamente, il saggio salariale è più alto di quello che porta il mercato in equilibrio e
c’è disoccupazione. È infatti probabile che la produttività dipenda dai salari a causa dei
problemi di selezione avversa e di incentivazione. Inoltre, le imperfezioni del mercato del
lavoro – la limitata mobilità del lavoro ed il potere del mercato delle imprese che ne risulta –
incidono sul mercato del lavoro, sia al momento di assumere lavoro che dopo.
Vi sono vari motivi perché il saggio salariale sia più elevato di quello di equilibrio. I
manager attirano i migliori lavoratori pagando salari più alti. Se tutte le imprese pagano il
salario di equilibrio del mercato è conveniente per un’impresa offrire un salario più elevato,
per attirare i lavoratori più capaci. Salari più bassi conducono ad un più alto turnover dei
lavoratori, e perciò a più alti costi di turnover per l’impresa. Con i salari di efficienza, deve
esistere in equilibrio un livello di disoccupazione. Pagando salari alti inoltre si incitano i
lavoratori a lavorare più duramente. In questo caso la disoccupazione è il prezzo che paga chi
batte la fiacca; lo strumento che disciplina i lavoratori e che li costringe a lavorare.
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Essere licenziati fornisce anche informazioni ed è tipicamente un discredito per il
lavoratore. Inoltre, la produttività dipende dal morale di chi lavora e dalla loro percezione di
essere trattati equamente.
La presenza di informazioni asimmetriche esaspera inoltre il problema della maledizione
dei vincitori. Una volta che un individuo lavora per un datore di lavoro, si crea un’asimmetria
informativa e di conseguenza peggiora il funzionamento del mercato del lavoro e la mobilità
del lavoro è bloccata. È possibile portar via un lavoratore dal suo attuale datore di lavoro solo
se offrendo una retribuzione troppo elevata. Se offrono meno della sua produttività, l’attuale
datore di lavoro eguaglierà l’offerta. Un individuo è perciò bloccato in un lavoro e sarà più
cauto nel momento di accettare un’offerta di lavoro. I termini del contratto devono essere
disegnati per riflettere la diminuzione del potere contrattuale dei lavoratori e la ridotta
mobilità del lavoro che segue la stipula del contratto.
Ci sono inoltre degli incentivi da parte degli individui per non rivelare le loro informazioni
private, per mantenere la segretezza e quindi una mancanza di trasparenza. Consideriamo le
asimmetrie informative, tra l’impiegato ed il datore di lavoro. L’impiegato, se sapesse di
avere un’abilità superore alla media, avrebbe un incentivo di rivelare la sua abilità. Ma
qualcuno al fondo della distribuzione delle abilità ha invece un incentivo a non rivelare tale
informazione. Gli individui in generale desiderano di non rivelare le informazioni private non
solo per indurre gli altri a pensare bene di loro ma anche per evitare che possa interferire con
la loro abilità di appropriarsi di una rendita informativa.
Gli individui hanno perciò un incentivo a “mentire”. Conoscendo questo problema, è
probabile che sia possibile disegnare un insieme di scelte che facciano si che gli individui con
caratteristiche diverse in effetti si identifichino attraverso la loro stessa selezione del contratto
più vantaggioso.
Creare informazioni asimmetriche ed imperfette inoltre aumenta il potere delle imprese sul
mercato; che esse possono sfruttare a loro profitto. Le dispersioni del prezzo che esistono nel
mercato sono quindi create dal mercato e non sono solo il risultato del fallimento di mercati
ad arbitrare interamente le differenze di prezzo.
È probabile inoltre che i mercati non provvedano incentivi adatti per l’acquisizione e la
disseminazione delle informazioni, i fallimenti del mercato associati ad informazioni
imperfette sono infatti molteplici e rilevanti. Consideriamo ad esempio i mercati assicurativi;
il premio domandato è associato al rischio medio, ed alla cura media usata da individui simili.
Ogni individuo ignora l’effetto delle sue azioni sul premio; ma quando loro tutti usano meno
cura, il premio aumenta. La mancanza di cura di ognuno esercita un’esternalità negativa sugli
altri. Tali effetti di esternalità pervadono i mercati quando le informazioni sono imperfette o i
mercati incompleti e di conseguenza i mercati non sono efficienti neppure in termini Paretovincolati.
A causa dell’esistenza dei fallimenti di mercato sorgono anche delle altre istituzioni per
adempiere una funzione sostitutiva; ad es. le famiglie forniscono un’assicurazione ai loro
componenti contro una serie di rischi per i quali non si possono comprare un’assicurazione, o
per i quali il premio chiesto dall’assicurazione è troppo alto. Alcuni sostengono che non ci sia
bisogno di un intervento statale perché queste istituzioni non di mercato possono “risolvere” il
fallimento del mercato, o almeno assolvere un ruolo sostitutivo dell’intervento pubblico. In
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realtà, le istituzioni non di mercato potrebbero però anche peggiorare le cose. L’assicurazione
fornita dalla famiglia potrebbe spiazzare il mercato assicurativo che riduce di conseguenza
l’ammontare di assicurazione offerta. Se tali istituzioni fanno un cattivo lavoro nel distribuire
il rischio, il benessere può ridursi. Quindi solo in circostanze molto speciali una combinazione
di mercati e istituzioni non di mercato possono essere pareto-efficienti, di norma simili a
quelle in cui valgono i teoremi fondamentali dell’economia del benessere.
Le implicazioni di quanto visto sono la non-decentrabilità delle soluzioni efficienti di
mercato. Una compagnia di assicurazione non può controllare quanto ognuno fuma, il che ha
effetti negativi sulla salute. Anche il settore pubblico non può controllare il fumo meglio della
compagnia dell’assicurazione, ma può imporre imposte, non solo sulle sigarette ma anche su
altre prodotti complementari al fumo (e sussidi su beni sostitutivi che hanno minori effetti
negativi.)
Quando i fallimenti del mercato dipendono da problemi di agenzia, l’estensione e la gravità
del problema dipende dalla distribuzione della ricchezza e del capitale. Anche il settore
pubblico fronteggia esattamente le stesse costrizioni informative, ma potrebbe migliorare il
benessere col suo intervento, regolamentando i mercati e diffondendo le informazioni. Inoltre,
non si possono più separare i problemi dell’equità dall’efficienza, grazie all’abilità di
redistribuire con imposte non distorsive in somma fissa. Questo ha importanti implicazioni sul
disegno di strutture impositive ed interventi nel mercato atti a cambiare la distribuzione del
reddito prima delle imposte, ora desiderabili perché riducono il compito redistributivo delle
imposte.
A. Scelte in condizioni di incertezza
I sistemi sociali ed economici contemporanei sono caratterizzati, in misura maggiore che in
passato, da incertezza e rischio che influenzano notevolmente le scelte più importanti degli
operatori economici e giuridici (e.g. dei consumatori sul risparmio e sulle scelte contrattuali e
fiscali) e di conseguenza è d’importanza fondamentale esaminare le scelte in condizione di
rischio. Mentre in una situazione di incertezza non sono chiare le probabilità dei diversi
possibili stati del mondo, in una situazione di rischio ad ogni stato del mondo può essere
associata una specifica probabilità (oggettiva come nel caso di biglietti di una lotteria, o
soggettiva). L’analisi delle scelte individuali e collettive diviene più complessa e richiede
alcune semplificazioni. Si presumere che ogni individuo pur non sapendo quel che accadrà, sa
la probabilità con la quale si realizza ogni outcome (stato del mondo).
In un mondo incerto, gli agenti economici massimizzano il loro benessere (o i profitti),
scegliendo l’alternativa che offre il rendimento atteso più alto (o l’utilità attesa più alta), i.e. la
somma di incassi netti (utilità) associati con i possibili diversi outcome, pesati con le relative
probabilità. In quel che segue il lettore si familiarizzerà con le implicazioni dell’incertezza in
termini monetari di “euro” (rendimento atteso) e di utilità attesa “util”, per poter poi
comprendere i comportamenti economici in un contesto strategico nel quale operano le
imprese e gli operatori privati e pubblici.
Nella prima parte presentiamo la teoria cominciando con una descrizione informale del
problema di un gioco testa o croce, uno dei giochi più semplici e comuni per facilitare la
comprensione del concetto di rendimento atteso. Nella sezione 2 formalizziamo l’analisi,
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discutendo dei concetti di utilità attesa e di avversione al rischio. Nella sezione 3 discutiamo
infine il comportamento razionale in un mondo incerto. Nelle appendici applichiamo l’analisi
alle scelte di portafoglio ed approfondiamo poi la funzione di utilità di Von Neumann e le
implicazioni in termini di benessere sociale.
1. Il rendimento atteso e la scelta ottima.
In un mondo certo ogni singola decisione comporta un flusso prevedibile di costi e benefici
distribuiti nel tempo. Convertendo questi flussi in valore presente l’agente economico è in
grado comparare il benefici attuali e scegliere la decisione ottima (ovvero, quello che
massimizza i benefici attuali al netto dei relativi costi).
Una decisione ottima è caratterizzata da un valore presente (PV) positivo:
PV = Σi (Bi-Ci)/(1+r)i = Σi ρi Pi > 0
dove Pi = Bi-Ci denota i benefici netti nel periodo i =1, (ad esempio nel caso di un’impresa i
profitti, dati dalla differenza tra ricavi e spese), r è il saggio di sconto, sicché ai benefici netti
viene attribuito un peso - pari al fattore dello sconto ρi = 1/(1+r)i - tanto minore quanto più
lontani essi sono nel tempo.
Alla decisione ottima deve essere associato un valore presente più alto rispetto a quelli
associati a tutte le possibili decisioni alternative. Altrimenti, intraprendere tale decisione
implicherebbe rinunciare ad un’alternativa con un valore presente più alto (positivo).
In un mondo incerto l’analisi economica delle scelte individuali è più complessa.
Comunque, servendoci di alcune assunzioni semplificatrici possiamo convertire il nuovo
problema in quello precedente che abbiamo già risolto. Specificamente, possiamo presumere
che ogni individuo abbia una distribuzione di probabilità relativa ai possibili outcome (ovvero
i risultati Pij nel periodo i e nello stato del mondo j) di ogni sua decisione. In pratica, il nostro
agente economico non sa con esattezza quello che accadrà (gli stati del mondo futuri nei
diversi periodi), ma conosce la probabilità con la quale si realizza ogni outcome. Il suo
problema è quindi sempre massimizzare il suo benessere (profitto o utilità). Sceglie perciò
l’alternativa che dà il massimo rendimento atteso (o la massima utilità attesa), i.e. la somma di
incassi netti (utilità) associati con i possibili outcome diversi, ognuno pesato in base alla sua
probabilità. In quanto segue, analizzeremo le implicazioni dell’incertezza, in considerazione
del flusso di utilità dalla spesa relativa ad un singolo periodo (e.g. un anno) in modo da
ignorare le complicazioni di scelte multiperiodali. Per rendere più semplice l’analisi,
parleremo di “euro” (in termini monetari) e “util” (in termini di benessere) invece di “euro per
anno” e “util per anno”, i.e. un reddito di x euro/anno per un anno è semplicemente eguale a x
€.
Si consideri il caso nel quale si scommetta se una moneta lanciata in aria dia testa o croce.
Avendo 1 € è possibile scegliere tra un outcome certo (i.e. declinare la scommessa, tenendosi
1 €) od uno incerto (i.e. accettare la scommessa e finire con una somma maggiore o minore di
1 €). Usando una moneta non truccata, metà delle volte verrà testa. Un giocatore d’azzardo
razionale prenderà quindi scommesse che offrono un payoff maggiore di 1 € e rifiuterà tutte le
scommesse che offrono un rendimento atteso minore. Per esempio, se riceve 2 € quando la
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moneta viene testa e paga 1 € se viene croce, accettando la scommessa guadagna in media
0.50 € e quindi dovrebbe accettare. Se gli è offerto 0.50 € e rischia 1 €, accettando la
scommessa in media perde 0.25 € e dovrebbe quindi rifiutare la scommessa.
Prendendo lo stesso rischio molte volte un giocatore d’azzardo sceglie quello con il
maggior rendimento atteso ed è disposto ad accettare ogni scommessa migliore di un gioco
d’azzardo equo, i.e. una con un rendimento atteso positivo. Il caso di un giocatore d’azzardo
che scommette molte volte sul lancio di una moneta può essere generalizzato per descrivere
ogni gioco d’azzardo, seguendo la regola che impone di “massimizzare il rendimento atteso.”
Il rendimento atteso (E R) è la somma, rispetto a tutti i possibili risultati, del rendimento di
ogni singolo outcome pesato per la probabilità che si verifichi tale outcome.
E R = Σi πi • Ri
con Σi πi = 1
πi è la probabilità si verifichi l’i-esimo outcome, Ri è il rendimento dell’i-esimo outcome. Si
noti come la somma delle probabilità degli stati del mondo Σi πi = 1 sia sempre pari ad uno.
Tecnicamente, R è una variabile stocastica nel nostro caso discreta (essa può rappresentare
ad esempio il ricavo di un progetto, nei diversi stati del mondo), data la sua distribuzione di
frequenza - i suoi i = 1, …, n possibili valori (outcome) Ri che si realizzano con probabilità
πi - è possibile calcolare oltre al valore atteso E R la sua varianza, ovvero la somma dei
quadrati degli scostamenti dal valore atteso var R = Σi πi (Ri – ER)2. Tale misura torna utile
per confrontare la rischiosità di un gioco d’azzardo, infatti a parità di valore atteso il rischio è
normalmente positivamente legato direttamente alla varianza che sintetizza in un unico
numero la variabilità degli outcome.
Ogni gioco d’azzardo finisce con il verificarsi di uno degli outcome alternativi; per
esempio, quando si lancia una moneta, deve venire o testa o croce. In questo gioco d’azzardo,
usando una moneta non truccata (fair) le probabilità associate agli outcome testa e croce sono
rispettivamente π1 = π2 = 0.5. Quindi il giocatore d’azzardo guadagna rispettivamente R1 =
2 € e perde R2 = -1 €, con un rendimento atteso pari a 0.50 €.
E R = (π1 • R1) + (π2 • R2) = [0.5 • (+2 €)] + [0.5 • ( - 1 €) ]= + 0.50 €.
Giocando molte volte, guadagna in media € 0.50 ogni volta che gioca. Essendo il
rendimento atteso dal partecipare al gioco d’azzardo positivo, dovrebbe essere vantaggioso
giocare, purché sia possibile ripeterlo molte volte. Lo stesso vale per ogni altro gioco
d’azzardo con un rendimento atteso positivo. Un gioco d’azzardo con un rendimento atteso
nullo è un gioco d’azzardo equo (fair game).
Ora supponiamo che Paula stia giocando una sola volta e che la scommessa sia € 50,000,
i.e. tutto il suo reddito. Se perde, morirà di fame, se vince, guadagna solamente un modesto
aumento di benessere. Credo che il nostro lettore imagini come una riduzione della sua
ricchezza da € 50,000 a zero sia molto più dolorosa di quanto possa essere piacevole un
aumento da € 50,000 a € 150,000. Gli euro che elevano il reddito da zero a € 50,000 valgono
più (per unità) che i 100,000 euro supplementari, partendo da un reddito iniziale eguale a
50,000 €. La regola “massimizzare il rendimento atteso” non sembra quindi più razionale. Si
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pone quindi la domanda di quale sia il comportamento razionale in tale caso.
2. L’utilità attesa: avversione al rischio e preferenza per il rischio.
John Von Neumann, l’inventore di teoria dei giochi ha dato una risposta alla precedente
domanda, combinando l’idea di rendimento atteso usata nella teoria delle probabilità con
l’idea di utilità usata in economia. In tal modo, ha mostrato come sia possibile descrivere il
comportamento di individui che agiscono in situazioni di incertezza.
L’idea di base fondamentale è quella che invece di massimizzare il rendimento atteso in
euro, gli individui massimizzano il rendimento atteso in util, i.e. in termini di utilità attesa.
Ogni outcome i ha un’utilità associata Ui. Von Neumann definisce l’utilità attesa come:
E U(R) = Σi πi U(Ri)
L’utilità che si ottiene dall’i-esimo outcome dipende solamente da quanti soldi (in più o in
meno) sono associati a tale outcome. Se l’utilità aumenta linearmente con il reddito U(R) = a
+ (b • R), come lungo il segmento OE in Figura 1, qualsiasi decisione che massimizza E R
massimizza anche E U.
E U(R) = Σi πi (a + b • Ri) =a Σiπi + b ΣiπiRi = a + b • E R
Quindi, con una funzione di utilità lineare l’individuo che massimizza la sua utilità attesa si
comporta esattamente come il giocatore d’azzardo che massimizza il suo rendimento atteso.
Si può rappresentare graficamente il livello di utilità di ogni outcome su un grafico
bidimensionale, come ad es. lungo la curva ODE in Figura 1. Lungo questa curva è facile
trovare l’utilità del reddito Ri associato con l’outcome i-esimo. Considerando ODE in Fig. 1,
è possibile partendo da R * = 50,000 € scommetterli tutti sul lancio di una moneta (testa si
vince, croce si perde). L’utilità dell’outcome “testa” è l’utilità di € 1,300 (il punto E). L’utilità
dell’outcome “croce” è l’utilità di zero dollari (il punto O).
ODE mostra una relazione dove reddito ha un’utilità marginale decrescente. Ovvero,
l’utilità totale aumenta con il reddito, ma cresce sempre meno via via che il reddito diventa
più alto.
Nel decidere se scommettere € 25,000, si sceglie tra due giochi d’azzardo diversi. Se non si
accetta la scommessa, si ha la certezza (π* =1) di finire con R* = € 50,000. Se si accetta la
scommessa, si ha una probabilità pari a 0.5 di finire con RA = € 25,000 ed una probabilità pari
a 0.5 di finire con RB = € 75,000. Quindi nel primo caso, assumendo U(50,000 €) = 1,000
util, abbiamo:
E U(R*) = Σi πi Ui = π* • U* = 1,000 util
Nel secondo caso, con U(25,000 €) = 600 ed U(100,000 €) = 1,200 abbiamo:
E U(R) = Σi πi Ui = (0.5 • 600 util) + (0.5 • 1,200 util) = 900 util
L’individuo, prendendo l’alternativa con l’utilità attesa più alta non accetta la scommessa.
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In termini monetari, le due alternative sono ugualmente attraenti; producono lo stesso
rendimento atteso R* = 50,000 €, i.e. la scommessa è equa. In termini di utilità, la scelta
sicura U(R*) è superiore a quella rischiosa U(RC). Finché la funzione di utilità ha la forma
mostrata in Figura 1, una certezza di X € sarà sempre preferita ad un gioco d’azzardo con lo
stesso rendimento atteso X €.
Fig. 1
Fig. 2
1,200
U(RB)
1,000
U(R*)
900 C
E U(R)
A
U(RA) 600
B
D
E
U(RB) 1,800
B
E U(R) 1,000
C
U(R*) 800
U(R ) 200
D
A
O
RA
Rc R*
RB
RA
A
R* Rc
RB
Un individuo che si comporta così è definito come avverso al rischio. Tale individuo non
partecipa mai ad un gioco d’azzardo equo ma ne accetta uno che è più favorevole, i.e.
scommette € 1,000 contro € 1,500 sul lancio di una moneta, per esempio.
Tecnicamente, abbiamo a che fare con una funzione di utilità a là von Neumann, dove
U(Ri) l’utilità dell’outcome i è una funzione strettamente crescente della variabile stocastica
R ricchezza monetaria (ossia la derivata prima è positiva U’ > 0, grosso modo U(R+1)-U(R)
> 0). L’avversione al rischio implica che l’utilità del valore medio U(R*) è maggiore
dell’utilità fornita dallo stesso valore atteso E(R) = R*. Si noti come il costo del rischio per
l’operatore sia pari a ρ = R*-Rc essendo U(Rc) = E U(R) = ½ U(RA) + ½ U(RB). In pratica,
l’avversione al rischio implica una un’utilità marginale decrescente, ovvero derivata seconda
negativa U” < 0, grosso modo U(R+1)-U(R) > U(R)-U(R-1).
ODB in Figura 2 mostra invece la funzione di utilità di un amante del rischio, avendosi
un’utilità marginale crescente. Chi ama il rischio è disposto ad accettare un gioco d’azzardo
meno che equo, anche se non ne accetterà uno con rendimento atteso molto basso. Se non si
ama il rischio né si è avversi al rischio si è neutrali rispetto al rischio; i. e. la funzione di utilità
corrisponde alla linea OE, in Figura 1. Si noti come il costo del rischio per l’operatore sia in
quest’ultimo caso nullo a ρ = 0 essendo E U(R*) = ½ U(RA) + ½ U(RB), i.e. l’utilità
marginale è costante e quella seconda nulla U” < 0, ovvero U(R+1)-U(R) = U(R)-U(R-1).
Il grado rispetto al quale qualcuno mostra una preferenza o avversione per il rischio
dipende dalla forma della funzione di utilità, dal livello iniziale del reddito, e dall’importo
della scommessa. Possiamo aspettarci che per piccole scommesse ognuno sia
approssimativamente neutrale; l’utilità marginale di un euro non cambia moltissimo tra un
reddito di 49,999 € ed un reddito di 50,001 € che è la considerazione pertinente per qualcuno
con 50,000 € che sta considerando una scommessa di 1€.
Due utili misure dell’avversione al rischio si basano infatti sulla derivata prima e seconda
(utilità marginale e sulla suo andamento) e sono l’avversione assoluta al rischio
AA = -U”/U’
pari alla derivata logaritmica dell’utilità marginale e l’avversione relativa al rischio
11
AR = -U”R/U’
pari all’elasticità dell’utilità marginale (ovvero alla variazione percentuale dell’utilità
marginale sulla variazione percentuale del reddito). Tali nomi derivano dal fatto che (per
piccoli rischi) l’ammontare assoluto (relativo) al quale l’operatore è disposto a rinunziare, per
eliminare il rischio, è proporzionale alla misura assoluta (relativa) dell’avversione al rischio.
Ovviamente entrambe le misure sono nulle per operatori neutrali rispetto al rischio e positive
(e tanto più grandi) quanto maggiore l’avversione al rischio.
3. Comportamento razionale in un mondo incerto.
Come visto nella sezione precedente, è facile predire il comportamento di qualcuno che
massimizza il rendimento atteso rispetto a quello di chi massimizza l’utilità attesa. Ogni
individuo può massimizzare ancora la sua utilità massimizzando il suo rendimento atteso,
finché può ripetere lo stesso gioco d’azzardo molte volte (dato che i risultati tendano alla
media). Il suo reddito è quindi a lungo andare (pressoché) certo. La sua utilità attesa è
massima quando quel reddito è il più grande possibile, i.e. con il gioco d’azzardo con
rendimento atteso più alto. Massimizzare l’utilità attesa è anche equivalente a massimizzare il
rendimento atteso (come nel caso del giocatore d’azzardo col quale abbiamo iniziato) quando:
(i) l’individuo è neutrale rispetto al rischio, (ii) la misura di guadagni e perdite eventuali è
piccola comparata al reddito (possiamo trattare l’utilità marginale del reddito come costante e
variazioni dell’utilità come proporzionale a variazioni del reddito, sicché si agisce come si
fosse neutrali.
Ci sia ora consentito di considerare un’impresa piuttosto che un consumatore. I Manager,
desiderando aumentare il valore azionario presente di un’impresa massimizzano il valore
atteso del suo prezzo futuro, massimizzando il valore atteso dei profitti futuri. La minaccia di
offerte di rilevamento (takeover) li forza a massimizzare il valore azionario presente di
un’impresa. Se il Manager persegue propri obiettivi la conclusione precedente non tiene. Se le
imprese falliscono, il reddito del dirigente d’azienda può ridursi molto. Quindi, il Manager
non è disposto a prendere un rischio del 50 percento di far fallire un’impresa anche se ha una
probabilità del 50 percento di triplicarne il valore. È quindi probabile che l’assunzione della
neutralità rispetto al rischio non sia sempre valida per le imprese.
L’esistenza di agenti avversi al rischio spiega il bisogno di assicurazioni. Si supponga che
il reddito di Paola sia 30,000 € e ci sia una piccola probabilità (0.01) che un incidente lo
riduca a € 10,000. La compagnia di assicurazione offre di assicurarla contro quell’incidente
per un prezzo fisso di € 200, che lei paga in ogni caso. Se l’incidente ha luogo, la compagnia
risarcisce il suo danno € 20,000 ex post. Lei ha una scelta tra due giochi d’azzardo: comprare
o non comprare l’assicurazione. Comprando l’assicurazione, ha un reddito certo pari a €
30,000 meno € 200 pagati per l’assicurazione. Per il primo gioco d’azzardo: π1 = 1; R1 =
29,800 € e
EU = π1 • U(R1) = 998 util.
Quando non compra l’assicurazione si ha invece: π1 = 0.99; R1 = € 30,000; U(R1) = 1,000
12
util e π2 = 0.01; R2 = € 10,000; U(R2) = 600 util. Questo implica:
E U(R) = [π1 • U(R1)] + [π2 • U(R2)] = 990 util + 6 util = 996 util.
Poiché Paula sta meglio con l’assicurazione piuttosto che senza la compra. Si noti che per
R1 = € 30,000 l’utilità marginale di 100 € è approssimativamente 1 util.
Nel nostro esempio, comperare l’assicurazione era un gioco d’azzardo equo: € 200 sono
pagati in cambio di una probabilità di 1% di ricevere € 20,000. Una compagnia di
assicurazione che fa 100,000 scommesse riceve in media il rendimento atteso, se le
probabilità di queste scommesse sono distribuite in modo indipendente fra loro. Quando
assicurazione è equa, la compagnia di assicurazione ed il cliente vanno pari in termini
valutari, ma il cliente ci guadagna in termini di utilità.
Nel mondo reale, le compagnie di assicurazione incorrono in spese supplementari oltre a
pagare richieste di danni ed offrono giochi d’azzardo meno convenienti di quelli equi ai
clienti. Consumatori sufficientemente avversi al rischio accettano ancora tale gioco d’azzardo
e comprano un contratto di assicurazione che abbassa il loro rendimento atteso ma aumenta la
loro utilità attesa. Nel nostro caso, con un’utilità marginale di 100 € ≈ 1 util, varrebbe ancora
la pena per Paola accettare anche se la compagnia le addebita € 300 invece di 200. Non vale
più la pena invece per € 500.
Comprare un biglietto della lotteria è l’opposto di assicurarsi. Quando Paola compra un
biglietto della lotteria, accetta un gioco d’azzardo ingiusto ma questa volta lo fa per aumentare
la sua incertezza. Infatti, in media, una lotteria paga meno in premi di quanto incassa. Se
Paola è avversa al rischio, può avere senso per Lei comprare l’assicurazione, ma non
dovrebbe mai comprare biglietti della lotteria. Se Paola è un amante del rischio ha senso
comprare un biglietto della lotteria, ma non dovrebbe mai comprare l’assicurazione.
Questo ci porta al paradosso della lotteria-assicurazione. Nel mondo reale, le stesse
persone qualche volta comprano assicurazioni e biglietti della lotteria. Loro al tempo stesso
giocano d’azzardo e comprano un’assicurazione, sapendo che in ambo i casi il gioco non è
equo ma contro di loro. È questo coerente con un comportamento razionale? Possiamo
proporre due possibili spiegazioni. Può darsi che l’individuo sia rischio avverso per un range
di redditi e amante del rischio per un altro, più alto. Inoltre ciò che gli individui ottengono non
è solo una probabilità su un miliardo di un premio di 100,000 €, ma anche, per un po’ di
tempo, il sogno ad occhi aperti (ad un prezzo molto basso) di riuscirci, perché loro hanno
un’opportunità molto magra ma sempre reale di vincere il premio.
4. La funzione di utilità di Von Neumann e il benessere sociale.
Von Neumann ha dimostrato che se la scelta individuale in condizioni di incertezza
soddisfa alcune condizioni di consistenza, è possibile assegnare le utilità agli outcome in
modo tale che le decisioni prese seguono dalla massimizzazione dell’utilità attesa.
Egli considera un comportamento individuale “razionale” o “cosistente” sotto l’incertezza
(i.e. scegliendo fra “le lotterie”: una raccolta di outcome, ognuno con una propria probabilità)
se: (i) date due lotterie A e B, l’individuo o preferisce A a B, o preferisce B ad A, o è
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indifferente tra loro, (ii) le preferenze sono transitive; se si preferisce A a B e B a C, si deve
preferire A a C, (iii) nel considerare lotterie i cui payoffs sono a loro volta delle lotterie gli
agenti combinano le probabilità in una maniera matematicamente corretta, (iv) le preferenze
sono continue, (v) quando l’outcome A è preferito all’outcome B e B a C, c’è una miscela di
probabilità di A e C (una lotteria che contiene solamente questi outcome) equivalente a B; i.e.
dato che U(A) > U(B) > U(C) come l’utilità muove da U(A) ad U(C), ad un qualche punto,
deve essere uguale ad U(B).
Accettando questi assiomi e quindi l’utilità di von Neumann l’asserzione “io preferisco
l’outcome X all’outcome Y il doppio di quanto preferisco Y a Z” è equivalente a “io sono
indifferente tra una certezza di Y ed una lotteria che mi dia due-terzi di probabilità per Z ed
un terzo di probabilità per X.”
Possiamo fare così paragoni quantitativi delle differenze di utilità e paragoni quantitativi
delle utilità marginali. Il principio di un’utilità marginale decrescente è equivalente
all’avversione al rischio. Possiamo essere d’accordo sull’ordine delle preferenze e sulla loro
intensità relativa, ma possiamo ancora non essere d’accordo sullo zero dell’utilità funzioni e
sulla misura dell’unità nella quale noi stiamo misurandole. Ciò significa che le funzioni di
utilità di Von Neumann sono arbitrarie riguardo a trasformazioni lineari. Cambiamenti nella
funzione di utilità che consistono nell’aggiungere lo stesso ammontare a tutte le utilità
(cambiando lo zero), o moltiplicando tutte le utilità per lo stesso numero (cambiando quindi la
scala), o ambo le cose, non cambiano realmente la funzione di utilità, i.e. il comportamento è
precisamente lo stesso.
Gli utilitaristi hanno usato il concetto dell’utilità, determinare il benessere sociale, i.e.
l’utilità totale degli individui che la società dovrebbe massimizzare. Questo è stato criticato
perché non c’è nessun modo di fare paragoni dell’utilità interpersonali, né di decidere se un
cambio dal quale Paula trae profitto e danneggia Alberto aumenti l’utilità totale. Con l’utilità
di von Neumann la regola utilitaria “massimizzare l’utilità totale” è equivalente a “sceglie
l’alternativa che preferisci se fossi una delle persone riguardate dal cambiamento.” Data la
probabilità π = 1/N di essere chiunque; se ci sono N individui, possiamo scrivere l’utilità
dell’i-esima persona come Ui = U(Ri), e considerare l’utilità attesa della lotteria con
probabilità π di essere ogni persona:
E U(R) = Σi πi Ui = Σi π Ui, = π Σi U(Ri).
È facile vedere come Σi Ui è semplicemente il benessere sociale, i.e. l’utilità totale della
società. Questo risultato continua ad essere vero con funzioni di utilità individuali diverse fra
loro. Infatti: E U(R) = Σi πi Ui(Ri) = πΣiUi(Ri)
B. Comportamento strategico e analisi economica
Un sistema socio-economico è essenzialmente un sistema interdipendente. Fin’ora,
abbiamo spinto le interdipendenze sullo sfondo per semplificare e risolvere i problemi.
Abbiamo rappresentato i mercati in termini di un individuo, consumatore o produttore, che
massimizza dato un set di opportunità (e.g. un dato vincolo di bilancio), eliminando
importanti interazioni: contrattazioni, minacce, promesse, bluff, i.e. l’intera serie dei
comportamenti strategici. Come vedremo nell’analisi dell’oligopolio, tale contesto
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semplificato sparisce e l’economia di base si trasforma da teoria coerente ad un insieme
sconnesso di congetture. Infatti il comportamento di ogni attore è condizionato da quello che
si attende essere il comportamento degli altri.
1. Scelte strategiche e razionalità individuali
Analizzare i comportamenti strategici è veramente difficile. John von Neumann, uno dei
più brillanti matematici ed economisti dell’ultimo secolo teoria dei giochi ha creato la teoria
dei giochi, un intero ramo nuovo della matematica, nel tentativo di analizzarli. Il lavoro di
economisti successivi ha portato l’economia più vicina a comprendere cosa gli agenti
economici fanno o dovrebbero fare in contesti strategici. Il comportamento strategico è
particolarmente rilevante avendosi spesso a che fare con interazioni tra due parti.
Proviamo a chiarire la nostra visione con un semplice esempio di monopolio bilaterale,
dove ogni parte mira ad ottenere l’outcome più favorevole possibile a se. Il comportamento da
bullo (picchiare chi non accondiscende) sembra in questo caso il migliore. La strategia è
molto vantaggiosa se nessuno lo contrasta; godrà dei vantaggi e non dovrà sopportare il costo
di realizzare le sue minacce (facendosi male, finendo in prigione …). Ma se molti si
comportano così la strategia non è più proficua. Se l’attore sceglie la propria strategia
razionalmente, a parità di altri fattori (proporzione di bulli nella popolazione) più alta la
sanzione meno vantaggiosa la strategia. Il risultato di equilibrio sarà una proporzione minore
di bulli e meno liti. Questa in breve la logica razionale dei comportamenti strategici.
Siamo quindi interessati nella teoria dei giochi come strumento dell’analisi economica per
capire i contesti strategici. Studiando le interazioni di individui razionali acquisiamo una
migliore conoscenza e siamo in grado di prevedere i comportamenti effettivi. La teoria dei
giochi fornisce un linguaggio chiaro e preciso per esprimere e formalizzare alcune intuizioni e
nozioni di buon senso in modelli (definendo i giocatori e per ciascuno strategie e payoffs, i.e.
una rappresentazione numerica delle preferenze) che possono essere analizzati
deduttivamente, esaminando la loro consistenza logica e trovando da quale ipotesi derivano
date conclusioni particolari. Di conseguenza, presumiamo che gli agenti siano capaci di
calcolare come giocare il gioco e considerare esattamente ogni possibilità, prima ancora di
fare la loro prima mossa. Evidentemente, per la maggior parte dei giochi tale assunzione non
è realistica; ma rende relativamente facile descrivere il modo perfetto di giocare. In fondo,
qualunque sia il gioco, la strategia perfetta è quella che produce il miglior risultato.
È, invece, molto più difficile costruire una teoria di decisioni imperfette di giocatori
realistici con abilità limitate. L’assunzione della razionalità può inoltre essere difesa
ipotizzando che ci sia una sola risposta giusta ad un problema e molte sbagliate. Se gli
individui tendono a scegliere quella giusta, noi potremmo analizzare i loro comportamenti
come se optassero per la scelta migliore.
La teoria dei giochi, fu concepita da von Neumann con l’obiettivo di capire tutti i
comportamenti (economici, sociali, politici) che potrebbero essere strutturati come un gioco.
La sua linea di analisi e soluzione dei problemi implica presentare ogni gioco come un
problema matematico e pensare come un agente dovrebbe giocare perfettamente. In questa
prospettiva, giochi complicati, diventano banali. Tutto ciò che un giocatore ha bisogno di fare
15
è elencare tutti i possibili giochi, annotare il suo payoff, e poi tornare indietro dall’ultima
mossa, assumendo ad ogni passo che, se un giocatore ha una mossa farà quella che conduce
ad un payoff più alto.
Questo è l’approccio giusto, se si cerca un modo comune di descriverli tutti i giochi per
dedurre in che senso abbiano soluzioni e come, in principio, trovarle. Evidentemente, non può
essere una soluzione pratica per molti giochi. Il numero di possibili mosse è molto grande
come il numero di stelle nell’universo, trovando così abbastanza carta (o memoria del
computer) elencarli può essere ancora difficile. Ma, in teoria, possiamo non essere interessati
a queste difficoltà, essendo disposti a ipotizzare un ammontare illimitato di memoria del
computer e tempo per risolvere un gioco.
Ci si permetta di cominciare con una descrizione informale del gioco più famoso e
ricorrente in un contesto economico, per introdurre i comportamenti strategici.
Paula ed Alberto sono concorrenti che cercano di vendere lo stesso prodotto. Possono
colludere fra loro cooperando a tenere alti i prezzi o ridurre i prezzi per rubarsi clienti. In
Figura 1A è riportata la matrice degli outcomes con i payoff espressi in util di Paula ed
Alberto. Una volta che Paula ed Alberto scelgono le strategie (rispettivamente una riga ed una
colonna) possiamo leggere i loro payoffs (UP, UA) in una cella, il primo per Paula, il secondo
per Alberto.
Paula ragiona come segue: (1) Se Alberto sceglie NC e non coopera ed io non lo faccio (C,
NC), mi ritrovo con un utile ridotto UP(C, NC) = 2; se anche io abbasso i prezzi (NC, NC), mi
ritrovo meglio UP(NC, NC) = 3. Se Alberto non coopera, anche io farei meglio a non
cooperare; 3 util > 2 util, (2) se colludiamo (C,C), il profitto è più elevato UP(C, C) = 4.
Questo è un miglioramento, ma posso fare ancora meglio. Se sono solo io non coopero
UP(NC, C) = 3. (3) Quindi qualsiasi cosa fa Alberto la mia situazione migliora scegliendo la
strategia NC.
Fig. 1A
Fig. 1B
A
C
NC
C
4 ; 4
2 ; 5
NC
5 ; 2
3 ; 3
P
A
C
NC
C
4 ; 4
4 ; 3
NC
3 ; 4
3 ; 3
P
È facile mostrare che Alberto fa lo stesso calcolo che lo porta alla medesima conclusione e
quindi entrambe non cooperano. Paula sceglie la sua strategia con l’obiettivo di arrivare al
payoff più alto, siccome questo è solo una rappresentazione numerica delle sue preferenze.
Alberto fa lo stesso.
Questo gioco introduce un concetto di soluzione. Nessuno coopera perché questa è la scelta
migliore, qualsiasi cosa faccia l’altro. In Figura 1A la colonna NC ha un payoff più alto per
Paula che la colonna C, qualunque strategia scelga Alberto. Similmente, la riga NC ha un
payoff più alto per Alberto della riga C qualunque sia la colonna scelta da Paula.
Se una strategia conduce ad un migliore risultato di un’altra, qualunque cosa l’altro
16
giocatore faccia, si dice che la prima strategia domina la seconda. Se una strategia domina
tutte le altre, il giocatore migliora la sua situazione usandola sempre; se entrambi i giocatori
hanno tali strategie dominanti, abbiamo una soluzione del gioco. Quando applichiamo
iterativamente il criterio di dominanza, presumiamo che i giocatori assumono che gli altri non
giocheranno le strategie dominate. Nella misura in cui questa premessa è corretta la
dominanza dà un meccanismo semplice e netto per fare previsioni. Quando la soluzione non
può essere trovata col criterio della dominanza dovremmo ricorrere ad un diverso concetto di
soluzione dovuto a Nash, che presenteremo nel successivo paragrafo.
Ambedue i giocatori agiscono razionalmente nel nostro esempio, e, come risultato,
entrambi stanno peggio. La razionalità individuale, i.e. fare la scelta che meglio risponde alle
finalità dell’individuo, fa si che entrambe gli individui stanno peggio. Il risultato del dilemma
del prigioniero sembra contro-intuitivo, ma ci sono molte situazioni dove comportamenti
razionali degli individui in un gruppo fanno stare peggio tutti.
Loro non cooperano, se la struttura di ricompense e punizioni di fronte a loro non cambia,
come in Fig. 1B dove Paula ed Alberto fanno lo stesso calcolo e giungono alla conclusione di
cooperare. Quindi ambedue cooperano. A volte sono necessari sforzi considerevoli per
elevare il costo delle strategie non cooperative ed abbassare il costo di quelle cooperative.
Questo ovviamente non confuta la logica del dilemma di prigioniero; vuol dire soltanto che i
veri agenti stanno giocando qualche volta altri giochi, come quello in Fig. 1B. Quando i
payoffs hanno la struttura mostrata in Figura 1A, la logica del gioco è cogente e non c’è
cooperazione. P ed A non possono fare un accordo vincolante in quanto loro devono muoversi
simultaneamente ed indipendentemente, cosicché non c’è modo per costringere l’altro o
infliggere una punizione.
Ora si assuma che la natura faccia la prima mossa e scelga il gioco 1A con probabilità 0.2 e
gioca d’azzardo 1B con probabilità 0,8, senza dire a Paula ed Alberto quello che è lo stato del
momdo. Come dovrebbero comportarsi Paula ed Alberto? Dovrebbero usare il payoffs atteso
secondo la teoria di scelta in situazioni di incertezza. L’utilità attesa dalle scelte (C, NC) sarà
data dai payoff 0.2 (2, 5)+ 0.8 (4, 3) = (3,6; 3,4). Si mostri che entrambi coopereranno in
questo caso. In questo caso costruendo una nuova matrice con i payoff le strategie dominanti
sono la riga in alto e la colonna a sinistra.
Fig. 1C
Fig. 1D
Fig. 1E
A
a
b
a
3;5
0;0
b
0;0
5;3
P
A
a
b
a
3;5
0;0
b
0;0
2;1
P
A
c
b
c
5;5
0;8
b
8;0
-5 ; -5
P
La teoria dei giochi fornisce una tassonomia per le situazioni economiche, basata sulla
forma strategica. All’inizio, discutendo la strategia del bullo ci siamo riferiti al gioco noto
come falco e colomba, figura 1E. Altri giochi, come la cosiddetta battaglia dei sessi possono
essere applicati al contesto giuridico. Se Paula ed Alberto produttori di beni complementari,
possono desiderare adottare standard compatibili, anche se possono preferire standard di
genere diverso. In figura 1C i giocatori cercano di coordinare le loro azioni in questo gioco,
17
anche se hanno preferenze contraddittorie. Possiamo avere due soluzioni, dove si adotta lo
standard favorito da Alberto, o quello favorito da Paula. Anche in figura 1D non abbiamo una
strategia dominante, ma qui uno standard emerge come ottimo da preferenze consistenti.
Forniremo gli strumenti per risolvere questi giochi nella parte 3 presentando l’equilibrio di
Nash.
Il successivo paragrafo 2 contiene un’analisi formale (che tuttavia evita definizioni
matematiche), discutendo dei modi nei quali si può “risolvere” un gioco statico e della
applicazioni alla teoria dell’oligopolio. Considerando la teoria non-cooperativa, la unità
dell’analisi sono i giocatori individuali sottoposti a regole e possibilità chiaramente definite
che badano al loro migliore interesse.
2. Giochi statici, giochi dinamici ed equilibrio di Nash.
Per semplicità, consideriamo giochi con due persone. Nel seguito mostreremo come i
giochi possono essere rappresentati in forma ridotta (o normale o strategica) come in Figura 1
e in che senso la forma ridotta di un gioco può essere risolta.
Possiamo pensare ad un gioco dinamico come una serie di decisioni separate; io faccio una
prima mossa, tu rispondi, io rispondo a mia volta, e così avanti. Vedremo più tardi che può
essere rappresentato da un albero in forma estesa. Possiamo descrivere lo stesso gioco in
termini di una sola mossa da ogni lato. La mossa consiste della scelta di una strategia che
descrive quello che il giocatore farà in ogni situazione. La strategia è una descrizione
completa di come io risponderei a qualsiasi sequenza di mosse; che osservo, fatte dal mio
opponente ed a qualsiasi sequenza di eventi casuali, come il lancio dei dadi. Così una
possibile strategia sarebbe cominciare da una data mossa, poi se la mossa dell’opponente è x
rispondere y, se la mossa dell’opponente è invece z rispondere w, e così via
Dato che una strategia determina tutto quanto un giocatore farà in ogni situazione, giocare
qualsiasi gioco consiste semplicemente nello scegliere le strategie. La decisione della strategia
è simultanea; anche se ogni giocatore può osservare le mosse del suo opponente quando
avvengono, perché non può leggere la mente del suo opponente. Una volta che le due
strategie sono scelte, tutto è determinato. Possiamo immaginare i due giocatori che scrivono
le loro strategie per poi sedere a guardare come i computer le eseguono.
Considerato in questi termini, ogni gioco con due persone può essere rappresentato dalla
matrice dei payoff, anche se richiede un numero enorme di righe e colonne. Ogni riga
rappresenta una strategia che P può scegliere; ogni colonna rappresenta una strategia che A
può scegliere. La cella all’intersezione mostra l’outcome di quel particolare paio di strategie.
Se il gioco contiene elementi casuali, la cella contiene l’outcome atteso, il payoff medio di
molte ripetizioni del gioco. Nella teoria dei giochi, questo modo di descrivere un gioco è
chiamato forma strategica o ridotta.
Ci sia ora consentito discutere il concetto di soluzione dato dall’Equilibrio di Nash, una
generalizzazione di un’idea sviluppata dall’economista/matematico francese Cournot
all’inizio del diciannovesimo secolo. Si consideri un gioco ripetuto un numero di volte. Ogni
giocatore osserva quello che gli altri giocatori stanno facendo ed altera di conseguenza il suo
modo di giocare. Così facendo, agisce assumendo che quello che fa lui non incide su quello
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che fanno gli altri. Non prendendo tali effetti in considerazione continua a cambiare il suo
gioco finché nessun ulteriore cambiamento può migliorare il risultato. Tutti i giocatori fanno
lo stesso e l’equilibrio si raggiunge quando ogni giocatore ha scelto la strategia per lui ottima,
date le strategie che seguono gli altri giocatori. Con questa soluzione, chiamata equilibrio di
Nash, John Nash generalizza quanto Antoine Cournot aveva già compreso più di cento anni
fa.
Tutti i giocatori sanno quello che loro e gli altri dovrebbero fare, i.e. per tutti è evidente
come giocare. I comportamenti sono evidenti ed ogni singolo giocatore crede sia chiaro agli
altri; così sceglie la migliore risposta a quanto è ovvio che gli altri stiano facendo. In pratica,
o parlano prima, venendo ad un accordo credibilmente auto-realizzantesi, o sperimentano, o
seguono regole sociali di condotta. L’insieme degli equilibri di Nash raccoglie tutti gli
accordi credibilmente auto-realizzantisi e le convenzioni stabili che è possibile perfezionare.
Si consideri un’attività come guidare l’auto e si ipotizzi che scegliere una strategia consista
nel decidere su quale lato della strada guidare. La popolazione italiana ha raggiunto
l’equilibrio di Nash con ognuno che guida sulla destra (D, D). La situazione è stabile, e
sarebbe anche stabile senza polizia del traffico per consolidarlo. Dato che ognuno guida sulla
destra, ogni giocatore che guida sulla sinistra imporrebbe spese molto grandi su lui (così come
su altri); così è nel suo interesse per guidare sulla destra. In Inghilterra, ognuno guida invece
sulla sinistra (S, S). Per la stessa ragione anche questo è un equilibrio di Nash. Può essere un
sub-ottimale poiché, dato che negli altri paesi si guida sulla destra, le auto devono essere
fabbricate con volanti sul lato destro solo per il mercato inglese. Inoltre i turisti stranieri, che
guidano in Inghilterra, possono andare automaticamente fuori mano e scoprire il loro errore
solo quando incontrano di fronte un conducente inglese. Se tutti i conducenti inglesi
cambiassero, tenendo la destra, tutti starebbero meglio Ma un singolo conducente inglese che
tenta di cambiare di sua propria iniziativa starebbe molto peggio. L’equilibrio di Nash è
quindi stabile rispetto ai comportamenti individuali anche quando conduce a risultati subottimali. Non è stabile contro l’azione congiunta; e.g. un paese che cambia e guida sulla
destra, i.e. quando ognuno cambia la sua strategia allo stesso tempo.
L’equilibrio di Nash non è, in generale, unico; guidare tutti sulla sinistra o sulla destra sono
entrambe equilibri. Parte della sua definizione è che la mia strategia è ottimale per me, date le
strategie degli altri giocatori; io agisco come se quello che faccio non abbia effetto su quello
che gli altri fanno. Ma le mie azioni incidono sugli altri giocatori che rispondono seguendo a
loro volta la strategia di rispondere in modo ottimale. Inoltre, la scelta di una variabile
strategica diversa genera equilibri di Nash diversi per giochi altrimenti identici. Così anche le
regole del gioco dovrebbero essere state concordate.
Ritornando ai giochi 1C, 1D ed 1E, si può facilmente mostrare che (a, a) e (b, b) sono
equilibri di Nash nel gioco in figura 1C. Ciò vero anche per il gioco in figura 1D. Invece, il
gioco in figura 1E non ha un equilibrio nelle strategie pure se l’altro è colomba è meglio
essere falco e viceversa.
Gli equilibri di Nash non coprono tutto quanto un buon giocatore farebbe. Si ignorano
esplicitamente approcci del tipo “rubare le caramelle al bambino”, i.e. le strategie che
lavorano male contro i buoni opponenti ma sfruttano gli errori di quelli incapaci. È difficile
includerle, essendo quasi impossibile definire le strategie migliori contro molti opponenti
19
diversi e i molti errori diversi che questi farebbero. Sembra ragionevole perciò definire una
soluzione come il modo corretto di giocare contro un opponente che gioca correttamente.
Fig. 2A
Fig. 2B
Fig. 2C
A
P
a
P
b
A
a
a
-5; 5
5 ; -5
b
5 ; -5
-5; 5
b
Aa
a
-5 ; 5
a
Ab
b
5 ; -5
b
Pa
a
b
5 ; -5
-5 ; 5
a
5 ; -5
Pb
b
a
b
-5; 5
-5 ; 5
5 ; -5
L’esistenza di una soluzione ovvia per un gioco dipende dalla sua forma ridotta. Ognuno
dei giochi in forma ridotta, mostrati in figura 1, ha una soluzione (salvo la 1E). In ogni caso, il
gioco in Figura 2A, che non ha soluzione in termini di strategie pure ha in ogni caso una
soluzione in termini di strategia mista. Una strategia mista è una miscela di probabilità delle
strategie pure, e.g. un 50% di probabilità di a, un 50% di probabilità di b per Paula, e per
Alberto. Un giocatore che segue la strategia mista perderà, in media zero, chiunque sia il suo
opponente. Un giocatore il cui opponente segue questa strategia vincerà, in media zero,
qualunque cosa che faccia. Quindi la soluzione di von Neumann è per ogni giocatore adottare
quella strategia. Non solo è una soluzione ma è l’unica soluzione; se P segue una strategia
pura (diciamo a) più frequentemente che l’altra, il suo opponente A può vincere più spesso di
quanto perde scegliendo sempre la strategia pura (a) che vince contro quella.
3. Forma estesa, giochi dinamici ed equilibri di Nash perfetti.
La figura 2B rappresenta lo stesso gioco in figura 2A in forma estesa. In questo caso
l’attenzione è rivolta alla sequenza nel tempo di azioni ed informazioni disponibili ai giocatori
quando scelgono ogni loro azione. In un gioco esteso abbiamo una serie di nodi di decisionali
contrassegnati dai nomi dei giocatori la cui mossa viene quando si è giunti a quella posizione.
All’inizio del gioco nel nodo iniziale P i due segmenti contrassegnati con a e b indicano le
alternative tra le quali il giocatore P deve decidere (fra a e b). In generale, queste linee
possono puntare ad un altro nodo (Aa ed Ab) o ad un vettore di numeri (il payoff) quando
quella mossa finisce il gioco. In figura 2B dopo la mossa iniziale di P, viene la mossa del
giocatore A che fa la sua scelta fra a e b, senza conoscere la decisione di P come indicato
dall’ellisse, chiamato set informativo che contiene i nodi Aa ed Ab. Questo vuol dire che A
non sa in quale dei due nodi è quando seleziona la sua risposta. La sua risposta conclude il
gioco. Un gioco in forma estesa è come un albero, che comincia al nodo iniziale e si ramifica
fino a giungere ai payoffs. Infatti, ogni nodo seguente ha precisamente un segmento (una
mossa) che punta a lui ed almeno uno che porta fuori (un’azione disponibile al giocatore).
Conseguentemente da ogni nodo c’è, un solo percorso verso il nodo iniziale ed è impossibile
durante il gioco ritornare in ciclo indietro allo stesso nodo. Nodi appartenenti allo stesso set
informativo hanno lo stesso insieme di scelte e giocatori. Per ogni gioco in forma estesa esiste
un corrispondente gioco in forma strategica, ma ad un gioco in forma strategica possono
corrispondere molti giochi in forma estesa. Scambiando l’ordine cronologico noi possiamo
20
consentire ad A di scegliere prima come in figura 2C.
Rimuovendo l’ellisse presentiamo un gioco dinamico in figura 3A, in cui A apprende la
mossa di P. Questo gioco non corrisponde a 2A e ha soluzioni diverse.
Possiamo rappresentare il gioco in figura 3A in forma normale come in figura 3C una volta
che definiamo le possibili strategie di Alberto come segue: 1 = “A sceglie a sempre”, 2 = “A
sceglie b sempre”, 3 = “A sceglie a se P sceglie a e b se P sceglie b”, 4 = “A sceglie b se P
sceglie a e a se P sceglie b”. La strategia 3, i.e. “A sceglie b se P sceglie a ed a se P sceglie b”
è la strategia dominante per Alberto. Paula è indifferente tra scegliere a o b, da adesso (a, 3) e
(b, 3) è le due soluzioni di strategia pure. Ogni miscela di probabilità delle strategie pure (e.g.
una 50% opportunità di a ed una 50% opportunità di b) per Paula è anche un componente con
la strategia 3 di Alberto di una soluzione.
Ora si cambino i payoff e si consideri il gioco di Stackelberg in figura 3B, dove P ed A
sono gli unici produttori in un mercato che si confronta con una funzione di domanda
decrescente. P si può vincolare (committment) al suo livello di produzione (a=alto, b=basso)
prima che A abbia l’opportunità di agire. A osserva la produzione di P e poi decide che
quantità produrre (a o b). Si supponga che prima che P muova A l’avverte dicendo: “io
sceglierò a qualunque cosa tu scegli”. Se P crede questa minaccia, dovrebbe scegliere b per
ottenere 2 invece di -3. La risposta ottimale alla scelta di a da parte di P è davvero b.
Fig. 3A
Fig. 3B
Fig. 3C
P
P
a
a
-5 ; 5
a
b
Aa
5 ; -5
P
b
Aa
Ab
b
A
1
1
2
3
4
a 5; 2 -3; -3 5; 2 -3; -3
Ab
a
b
a
b
a
b
5 ; -5
-5 ; 5
-3 ; -3
5;2
2;5
4;4
b 4; 4 2; 5
2; 5
4; 4
Se P trova la minaccia credibile e risponde ottimamente ad essa, P sarà felice di giocare b.
Ma è una minaccia incredibile, se P sceglie a, A fronteggia una perdita se mantiene la sua
minaccia e sceglie quindi b in assenza di altre considerazioni. Una minaccia di agire
differentemente dalla risposta ottima non è credibile, dato che la mossa di P è già eseguita.
Possiamo avere anche promesse incredibili. Si supponga che A dice: “io sceglierò a se
scegli a e b se scegli b.” Se P ci crede che ed agisce di conseguenza, A ha un incentivo a
rompere la sua promessa e scegliere a una volta che P ha scelto b. Di conseguenza, P non lo
crede senza avere delle garanzie ed opta per a.
Anche in questo caso il gioco in forma normale è come in figura 3C, una volta definite le
strategie di Alberto come segue: 1 = “A sceglie b sempre”, 2 = “A sceglie a sempre”, 3 = “A
sceglie b se P sceglie a ed a se P sceglie b”, 4 = “A sceglie a se P sceglie a e b se P sceglie b”
Quando P gioca a, A dovrebbe rispondere ottimamente, giocando b, i.e. se è giunto al nodo
Aa il “resto del gioco” (sottogioco con nodo iniziale Aa) sarà giocato nel modo standard, i.e.
agendo nel migliore interesse, date le circostanze. Quindi, (a, b) è l’unico Equilibrio Perfetto
nei Sottogiochi (Subgame Perfect), i.e. rappresenta un equilibrio di Nash in ogni sottogioco
(anche in quelli che non sono raggiunti in equilibrio). Tutti i P.S.E. sono anche equilibri di
21
Nash, viceversa non tutti gli equilibri di Nash sono necessariamente P.S.E. Infatti, (b, a) non è
un P.S.E. perché non è un equilibrio nel sottogioco con nodo iniziale Aa.
C. Monopolio, oligopolio e concorrenza.
Evitando situazioni che conducono a comportamenti strategici, la teoria economica di base
spiega gran parte dei fenomeni di mercato in un contesto semplificato dove non si
considerano le azioni degli altri operatori razionali ma semplicemente le conseguenze. In tale
contesto semplificato, si esaminano due modelli economici standard il mercato competitivo ed
il monopolio. In competizione ciascun individuo è una piccola parte del mercato, che prende i
comportamenti degli altri come dati e non deve preoccuparsi di come ciò che fa incida sui
comportamenti altrui. Il resto del mondo consiste in cose: un insieme di prezzi, al quale può
vendere quel che produce e comprare quel che vuole.
Il monopolista invece è grande e il suo comportamento incide sul mercato ma ha di fronte
una curva di domanda; una massa di consumatori che individualmente non incide sul suo
comportamento. Ogni consumatore compra la quantità che massimizza il suo benessere al
prezzo da lui fissato.
Nel caso dell’oligopolio, una struttura intermedia tra monopolio e concorrenza perfetta,
esiste un piccolo numero di imprese che opera in un mercato, ad es. perché la dimensione
ottima d’impresa (in corrispondenza al quale il costo medio è minimizzato) è così grande che
c’è solamente posto per alcune imprese; questo corrisponde alle curve del costo mostrate in
figura 5A. La situazione differisce dalla competizione perfetta perché ogni impresa è
abbastanza grande per avere un effetto significativo sul prezzo del mercato. Differisce dal
monopolio perché c’è più di un’impresa. Le imprese sono abbastanza poche ed i loro prodotti
abbastanza simili che ognuno deve prendere in considerazione i comportamenti di tutti gli
altri.
1. Il monopolio e l’entrata
upponiamo, nel caso di costi nulli, una domanda aggregata di mercato lineare e
decrescente, che possiamo scrivere come P = a - b Q. Essa mostra le quantità domandate dai
consumatori in corrispondenza ad ogni livello del prezzo Q = (P-a)/b. Partendo da tali
relazioni, è facile ricavare il valore massimo del prezzo PM = a (per Q=0) e della quantità
venduta QM = a/b (per P=0). Inoltre, un aumento della quantità venduta dQ = QB - QA [dQ =
QC-QB] riduce il prezzo dP = PB-PA = -b(QB-QA) [dP = -b(QC-QB)]. In particolare, -b indica
di quanto varia il prezzo al variare della quantità dP/dQ = -b.
Con un’unica impresa, il livello del ricavo totale R = P Q = (a - b Q) Q = P (P-a)/b (pari al
prodotto tra quantità e prezzo) cambia al variare della quantità venduta (o del prezzo di
vendita), lungo la curva di domanda. In particolare, nel grafico di destra il ricavo in
corrispondenza a QA è pari all’area 0QAAPA, o all’area 0QBAPC e 0QCAPC, rispettivamente
in corrispondenza a QB e QC. Riportando i diversi livelli in funzione delle quantità l’impresa
ottiene il grafico a destra, dove il ricavo inizialmente cresce e poi decresce al crescere della
quantità prodotta. L’incremento del ricavo totale generato dalla vendita di una unità
addizionale, è il ricavo marginale Rmg = ∂R/∂Q = p + Q ∂p/∂Q pari al prezzo ricavato
22
sull’ultima unità più la variazione del prezzo sulle unità extra-marginali (Q ∂p/∂Q). Esso da
positivo (quando i ricavi crescono) diviene negativo (quando i ricavi decrescono). Il ricavo
marginale Rmg = P - bQ è associato all’inclinazione del ricavo totale, indicando di quanto
varia il ricavo al variare unitario della quantità (Rmg = ∂R/∂Q = a - 2 b Q = P - bQ). Quando la
quantità venduta è ridotta, il suo valore positivo, indica la possibilità di aumentare i ricavi
aumentando le vendite. Il suo valore negativo, in corrispondenza a quantità vendute elevate,
mostra come i ricavi aumentino se si riducono le vendite. Il ricavo totale è massimo quando il
ricavo marginale è nullo. Questo avviene per un valore di Q pari a a/2b ovvero alla metà di
QM. Il ricavo marginale Rmg, nel grafico a sinistra, è quindi una retta che parte dal prezzo
massimo ed interseca l’asse delle x a metà del segmento 0QM.
Analogo il discorso in termini di elasticità della domanda rispetto al prezzo εD = (dQ/Q)/(dP/P) = -(∂Q/∂P)/(Q/P) = 1/(bQ/P), che indica quanto varia il percentualmente il
prezzo al variare percentuale della quantità. Infatti, essendo lo scarto tra prezzo e ricavo
marginale pari all’inverso dell’elasticità in valore assoluto (P-Rmg)/P = 1/εD, il valore
assoluto dell’elasticità sarà maggiore (minore) dell’unità per valori positivi (negativi) del
ricavo marginale. Ovvero, in corrispondenza a quantità ridotte, la domanda è elastica εD > 1
ed è quindi possibile aumentare i ricavi riducendo i prezzi (aumentando l’offerta). Tuttavia, in
corrispondenza a quantità elevate, la domanda è rigida εD < 1 ed i ricavi aumentano se il
prezzo aumenta (riducendo l’offerta).
In un regime di monopolio privato non regolamentato, l’impresa vende al prezzo PB una
quantità QB con un profitto Π = R - C pari ai ricavi meno i costi (in questo caso nulli) dato
dall’area 0QBAPB. Nel grafico a destra, i ricavi sono pari ad 0R°. Questo è il livello massimo,
al quale corrisponde un ricavo marginale Rmg (la tangente ai ricavi, il cui valore è riportato nel
grafico a sinistra) è pari al costo marginale Cmg (in questo caso pari a zero come il costo
medio CM e totale C). Il monopolista che massimizza il profitto, smette di vendere quando il
ricavo marginale dell’ultima unità è pari a zero (il costo marginale Cmg). Infatti, non è logico
vendere più di QB (né di meno) riducendo i profitti.
P
PM = a
PA
PB
Fig. 4A
P=a-bQ funzione di domanda
}dP
A
B
RB
RA
R Rmg > 0
εD > 1
A
Rmg < 0 Fig. 4B
B εD < 1
R = aQ - b Q2
P-Rmg =-bQ
C
RC
C
PC
dQ
0
Q
QB
QC QM=a/b
Rmg=a-2bQ ricavi marginali
Q
QA
0
QA
QB
QC
QM
Dall’eguaglianza Rmg = Cmg segue che il mark-up o indice di Lerner (P- Cmg)/P = 1/εD è
inversamente proporzionale all’elasticità della domanda. Quando i costi sono nulli il profitto è
massimo quando εD = 1 e quindi i ricavi sono massimi. Quando i costi sono positivi
l’impresa si fermerà ad un livello inferiore di output e ricavi. Ipotizzando infatti dei costi
marginali costanti (c > 0) avremo dei costi totali lineari C = cQ. In questo caso l’eguaglianza
Rmg = Cmg implica che costi e ricavi abbiano la medesima inclinazione (positiva) e quindi un
23
livello minore di output Q* < QB e maggiore dei prezzi P* > PB. Infatti, solo in tale situazione
la distanza tra ricavi e costi è massima.
Nel caso di costi nulli, le pressioni di un mercato perfettamente competitivo porterebbero a
fornire gratuitamente la quantità QM, eguagliando il prezzo al costo marginale P = Cmg = 0.
Ciò è possibile, senza incorrere in deficit, essendo i ricavi pari ai costi e quindi i profitti nulli.
Vediamo di analizzare costi e benefici del precedente mutamento di regime. In
corrispondenza a QM l’area del triangolo 0PMQM (al di sotto della curva di domanda) misura
approssimativamente la propensione a pagare dei consumatori. In monopolio, la propensione
a pagare dei consumatori era 0QBAPM, sicché BQBQM è il beneficio netto ottenuto con
l’intervento pubblico. La rendita persa dal monopolista (0Q°AP° i ricavi estratti dai
consumatori) configura un trasferimento ai consumatori.
Il teorema della mano invisibile debole (weak invisible hand), proposto da Baumol,
Panzar e Willing nel 1982, sostiene che una configurazione industriale è sostenibile con un
prezzo pari al costo medio (eguale a quello marginale in assenza di costi fissi) e che in questo
caso si consegue una soluzione di second (first) best, senza alcun intervento pubblico. Il
teorema presuppone un mercato contendibile in cui la minaccia di concorrenza “hit and run”
fosse credibile: C(q, ts) = Cs(ts) + Cns(q, ts), dove Cs(ts) = 0 individua i sunk-cost (costi non
recuperabili che si devono affrontare per entrare e far parte per un periodo ts del mercato),
Cns(q, ts) rappresenta i non sunk-cost (costi legati al livello di produzione), mentre C(q, ts)
indica la funzione di costo lungo l’orizzonte temporale ts.
In pratica, un mercato è detto contendibile se per qualsiasi impresa risulta possibile
entrarvi e uscirvi senza costo: ciò implica che tutti i concorrenti abbiano accesso alla stessa
tecnologia delle imprese esistenti (incumbent) e che non si manifestino sunk-cost, ovvero che
i beni capitali impiegati nel processo produttivo possano essere impiegati in altre attività
senza aggravio di costo.
Le condizioni di contendibilità (assenza di sunk-costs) rendono possibile una concorrenza
“hit and run”. Ovvero, un entrante per mezzo di reazioni istantanee nei prezzi praticati, può
ottenere profitti temporanei vendendo a prezzi inferiore rispetto a quello praticato dal
monopolista esistente (e superiore al costo medio) per poi uscire rapidamente prima che il
monopolista possa reagire.
Infatti, in questo caso, gli eventuali entranti avrebbero una reale convenienza ad attuare un
prezzo inferiore a quello dell’incumbent, quando quest’ultimo fosse superiore a quello
sostenibile. La condizione di tale credibilità è data da t > ts (dove t indica il tempo necessario
all’incumbent per rivedere il proprio prezzo una volta entrata la nuova impresa e ts il tempo
durante il quale i costi del concorrente potenziale entrante non sono recuperabili). Ciò
equivale a dire che di fatto non vi sono sunk-costs, poiché l’elevato tempo di revisione del
prezzo da parte dell’impresa esitente permette all’entrante di recuperare i costi sostenuti.
Quando l’incumbent si rende conto della strategia razionale dell’entrante troverà conveniente
praticare un prezzo pari al costo medio (o marginale), da cui la soluzione di second (o first)
best.
Tuttavia, spesso nella realtà l’incumbent può aggiustare i prezzi rapidamente (prima che
passi il tempo ts) e i sunk-costs sussitono. In tal caso il teorema della mano invisibile non è
più valido e non è quindi garantito che gli incumbent operino in second best. Infatti non è
24
detto che chi opera ad un prezzo superiore a quello sostenibile di second best venga
necessariamente estromesso dal mercato per effetto dell’entrante. In questo caso nel
fenomeno del monopolio e dell’oligopolio si pongono all’attenzione alcuni aspetti strategici,
che possono essere esaminati solo grazie alla teoria dei giochi.
Consideriamo ora meglio il problema dell’entrata con un gioco standard in forma normale
ed estensiva (dove i payoff indicano i profitti) che descrive la situazione in cui E (l’entrant)
considera se entrare o meno in un mercato dove è già presente un’altra impresa I
“l’incumbent”. Le strategie pure possibili per E sono: EN “entrare” e NE “non entrare”,
mentre I “l’incumbent” può rispondere con GR “guerra di prezzo” o AC “accettare il
duopolio”. Ad (EN, GR) può corrispondere ad una situazione dove i prezzi eguagliano il costo
marginale (come nell’equilibrio di Bertrand) ed (EN, AC) all’equilibrio di Cournot, concetti
che analizzeremo di seguito.
figura 4C
figura 4D
E
E
EN
NE
I
AC
GR
4 ; 4
-2 ; -2
0 ; 10
NE
EN
Ia
Ib
GR
AC
0 ; 10
0 ; 10
0 ; 10
GR
-2 ; -2
AC
4 ; 4
(EN, AC) rappresenta un equilibrio di Nash perché, se E entra, accettare è la risposta
ottima di I ed entrare è la risposta ottimale di E se I accetta. Ma anche (NE, GR) è un
equilibrio di Nash. Tuttavia se osserviamo il gioco sequenziale, in forma estensiva, possiamo
evidenziare come sia E a fare la prima mossa; se E decide di entrare, la risposta ottima per I è
accettare il duopolio. Poiché E è in grado di predire la risposta razionale di I solo (EN, AC) è
un PSE; infatti (NE, GR) implica che l’entrante rinunzi ad un payoff positivo per uno nullo.
La minaccia di una guerra di prezzo non risulta credibile, perché ex post non è razionale per
l’incumbent rinunziare ad un profitto positivo per uno negativo.
Cambiando l’ordine delle mosse, I è invece in grado di vincolarsi alla guerra di prezzo
prima che E decida di entrare, sicché solo (NE, GR) è un PSE. Per rendere credibile la
minaccia I potrebbe investire in capacità in eccesso (utilizzata per opporsi all’entrata); a tal
fine Dixit (1980) introduce un’ulteriore stadio, precedente all’entrata rappresentato in figura
dove I decide tra IN (investire in eccesso) e NI (non investire in eccesso). Con IN i possibili
profitti di I vengono ridotti.
Nel gioco a tre stadi (IN, NE, G) è un PSE. Infatti, il comportamento strategico IN è utile
all’incumbent perché ora se E sceglie EN il payoff che il giocatore I ottiene con GR è ora più
elevato di quello associato ad AC; essendo la minaccia credibile E non entra. Sulla base della
“backward induction”, l’impresa I preferisce vincolarsi ad una capacità in eccesso costosa
poiché il profitto da monopolio (con investimenti costosi) è maggiore di quello da duopolio
(senza investimenti costosi).
25
figura 4E
I
NI
E
IN
E
EN
NE
Ia
EN
NE
Ib
Ic
GR
AC
GR
AC
0 ; 10
0 ; 10
-2 ; -2
4 ; 4
Id
GR
AC
GR
AC
0 ; 5
0 ; 5
-2 ; -2
4 ; -3
In termini di benessere la situazione è peggiorata, anche rispetto a (NE, GR), il prezzo è
quello di monopolio, ma a causa dell’investimento improduttivo il costo fisso aumenta e il
benessere diminuisce.
2. L’oligopolio e l’Equilibrio di Nash
Non resta che considerare il caso dell’oligopolio, una struttura intermedia tra monopolio e
concorrenza perfetta. Gli oligopolisti non hanno bisogno di preoccuparsi dei comportamenti
strategici dei clienti così come i monopolisti. Il problema sorge con i concorrenti. Tutte le
imprese stanno meglio se tengono bassa la loro produzione ed alti i prezzi, ma ogni singola
impresa può poi migliorare la sua situazione aumentando la produzione per approfittare del
prezzo alto.
Si può immaginare almeno tre diversi risultati. Le imprese si comportano
indipendentemente, tentando ognuna di massimizzare il proprio profitto tenendo conto, in
qualche modo, degli effetti di quello che fanno sulle altre imprese. Può emergere un leader e
le altre imprese si comportano come follower. In giochi ripetuti è probabile che le imprese
cooperino, coordinando il loro comportamenti quasi fossero un monopolio.
In un gioco statico, le imprese in un’industria oligopolistica possono parlare di accordo
cooperativo, anche se, come nel dilemma del prigioniero, ognuno viola l’accordo cio è nel suo
interesse. In giochi una tantum, gli accordi non valgono perché, anche se possono essere
contrattati, non possono essere resi effettivi. Ogni impresa massimizza indipendentemente il
suo profitto ed il risultato è un equilibrio di Nash. Ogni giocatore prende come dato quanto
stanno facendo gli altri giocatori decidendo il da fare per massimizzare i guadagni. Ma le
imprese fronteggiano una curva di domanda inclinata negativamente.
È cruciale definire attentamente una strategia, dato che definizioni diverse (quantità o
prezzo) portano a conclusioni diverse. Ogni impresa può decidere quanto vendere e lasciare
che il mercato determini il prezzo; o può scegliere il suo prezzo e lasciare che il mercato
determini la quantità. Considerare un duopolio, ci permette di trovare l’equilibrio di Nash
assumendo che la strategia di un’impresa sia definita dalla quantità che produce, ovverosia. il
caso originalmente analizzato da Cournot.
26
3. Competizione a là Cournot, con strategie basate sulla quantità.
Date le quantità prodotte dalle altre imprese, ogni impresa calcola quanto dovrebbe
produrre per massimizzare il proprio profitto. La figura 5A mostra questa situazione dal punto
di vista dell’impresa 1. D è la curva della domanda per l’industria intera. Q2 è la produzione
delle altre imprese nell’industria (un solo competitore in duopolio). Mostra anche il costo
marginale (MC, definito come l’inclinazione del costo totale, ovvero il costo di aumentare di
un’unità la quantità) ed il costo medio (AC, definito come rapporto tra costo totale e quantità)
dell’impresa 1. Qualsiasi prezzo l’impresa decide di addebitare, ha di fronte la curva della
domanda residuale (domanda totale meno Q2) D1 = D - Q2. Per massimizzare i profitti
l’impresa calcola il suo reddito marginale dalla curva di domanda residuale D1 nel punto al
quale taglia il costo marginale, mentre producendo quantità Q*1, come in monopolio, purché
per quella quantità non sia in perdita. I profitti sono positivi se il costo medio AC è più
piccolo del prezzo P. Se le imprese sono identiche, troveranno la stessa produzione che
massimizza il profitto. In un equilibrio di Nash con due imprese, ogni impresa produce Q*1,
con una produzione totale Q = 2Q*
1.
Con entrata libera se il prezzo è sopra al costo medio abbiamo profitti positivi e nuove
imprese entrano nel mercato. In equilibrio il costo medio eguaglia il reddito marginale ed il
profitto è approssimativamente uguale a zero, come in Figura 5A.
Fig. 5A
Q2
MC 1
MR 1
Q1
R1
AC 1
Q2
P1
Fig. 5B
Q
D1
D
Q *2
E
Q*1
R2
Q1
L’equilibrio di Nash può essere risolto usando le curve di reazione, che mostrano quale
strategia sceglie un giocatore, data la strategia dell’altro. In figura 5A, D1 è la curva della
domanda residuale per l’impresa 1, dato che l’impresa 2 sta producendo una quantità Q2. Noi
costruiamo R1 in figura 5B come la curva di reazione per l’impresa 1 ripetendo il calcolo di
Q1 per valori diversi di Q2. Essa mostra, quanto l’impresa 1 produrrà per ogni quantità che
l’impresa 2 sceglie di produrre. E è il punto calcolato utilizzando la costruzione in figura 5A.
La stessa analisi può essere usata per generare R2, la funzione della reazione che mostra
quanto l’impresa 2 produrrà in corrispondenza ad ogni quantità Q1 che l’impresa 1 produce.
Assumendo che le due imprese abbiano le stesse curve di costo, le loro curve di reazione sono
simmetriche.
L’equilibrio di Nash si raggiunge nel punto E, dove ogni impresa produce la quantità
ottima, data la quantità prodotta dall’altra impresa. Ciò accade solamente nel punto E, dove le
curve di reazione si intersecano, poiché solamente li le strategie sono consistenti, ciascuno
ottima rispetto all’altra. L’approccio delle “curve di reazione” si applica ad una serie di
27
problemi.
4. Competizione a là Bertrand: con strategie basate sul prezzo.
Riprendiamo ora la nostra analisi usando la variabile strategica prezzo. Ogni impresa
osserva i prezzi delle altre imprese selezionano il prezzo che massimizza il suo profitto. Se le
imprese producono beni identici, conta solo il prezzo più basso P1 (il più basso dei prezzi
delle altre imprese). In figura 6 è rappresentata la situazione dell’impresa 1, che in questa
situazione ha tre alternative, come mostrato dalla curva di domanda D1. Può selezionare un
prezzo più alto e non vendere niente. Può scegliere Pl e vendere Q(Pl)/N se ci sono N
imprese che vendono a Pl. Può vendere a un centesimo meno di Pl quanto desidera fino a
Q(Pl). È facile vedere che, se Pl è più grande di AC, l’ultima scelta massimizza il suo profitto.
L’impresa 1 massimizza il profitto producendo Ql(Pl) e vendendolo appena sotto Pl.
In un equilibrio di Bertrand-Nash, ogni impresa massimizza il suo profitto. Le imprese
riducono a vicenda il prezzo e vendono quanto desiderano. Qualunque prezzo gli altri
addebitano, è nell’interesse di un’impresa chiedere un centesimo in meno, finché il prezzo
giunge ad un livello consistente dove il prezzo uguaglia il costo marginale di ogni impresa. Se
imprese identiche possono entrare nell’industria, il processo si ferma quando si arriva al costo
medio minimo e le imprese sono indifferenti tra vendere quanto vogliono o nulla.
Fig. 6A
D
MC 1
Q2
Fig. 6B
AC 1
B
Q2
P1
D1
Q1
O
Q *2
E
Q2
Q 1 (P 1 )
Q(P 1 )
Q*1
Q1
Q1
Le imprese oligopolistiche in competizione a là Bertrand si comportano in un modo molto
competitivo, finendo in B e non in E. Questo sembra peculiare in oligopolio dove grandi
imprese influenzano i prezzi e dovrebbero produrre meno che in concorrenza perfetta.
5. Il gioco dinamico a là Stackelberg.
Consideriamo ora finalmente il gioco dinamico a là Stackelberg usando la quantità come
variabile strategica. L’impresa 1 può impegnarsi a realizzare un dato livello di produzione
prima che l’impresa 2 abbia l’opportunità di agire. L’impresa 2 osserva la sua produzione e
poi decide quanto produrre. In figura 7A mostriamo il gioco a là Stackelberg dalla prospettiva
dell’impresa 1, che può scegliere l’equilibrio di Cournot con produzione Q*1 ma anche livelli
diversi. Sapendo che l’impresa 2 risponderà ottimamente al livello prodotto, cominciando da
Q*1 può migliorare la sua situazione aumentando la sua produzione a Q’1. Infatti, così
l’impresa 2 troverà ottimo tagliare la sua produzione a Q’2 ed il prezzo sarà ridotto di un
28
ammontare limitato. Ripetendo il calcolo dei profitti Π1 per valori diversi di Q1, troverà il
profitto del massimo Π‘1. I suoi profitti nuovi Π‘1 saranno maggiori di Π*1, il livello di
equilibrio di Cournot.
Fig. 7A
Q2
MC 2
P
P’
Fig. 7B
R1
Q1
MR’1
Q’1
MR 2
Q’2 Q2
Q
D2
D’2
D
Q*2
E
Q’2
Q*1
S1
M1
Q’1
R2
Q1
In figura 7B, guardando alla curva di reazione dell’impresa 2, l’equilibrio di Stackelberg si
raggiunge in S1 a destra di E, dove l’impresa 1 produce una quantità maggiore dell’impresa 2.
Nello spazio della quantità, sapendo che i profitti aumentano più vicini siamo alla produzione
di monopolio M1, possiamo disegnare le curve degli isoprofitti per l’impresa 1 (e 2), che
definiamo come le combinazioni di quantità prodotte da 1 e 2 per le quali i profitti
dell’impresa 1 (e 2) sono costanti. Per definizione, esse raggiungono il livello massimo di Q2
(Q1) in corrispondenza alla curva di reazione R1 (R2) - che rappresenta la migliore risposta ad
un Q2 (Q1) dato - dove sono tangenti alle linee orizzontali (verticali). Il punto su R2 che
massimizza profitti di impresa 1 è S1, i.e. quello sulla curva dell’isoprofitto più bassa. In
pratica, Paula, il primo a muovere, anticipa correttamente la reazione del suo concorrente.
Incorporando il problema di massimizzazione del follower, sceglie Q’1. Il follower si comporta
come in Cournot, non aspettandosi ulteriori reazioni. Nell’equilibrio S1 impresa 1 il primo a
muovere sceglie la produzione sulla curva di reazione R2 che massimizza i suoi propri profitti.
6. Collusione tacita in giochi ripetuti: i supergame di Cournot
Risultati collusivi sono sostenibili come equilibri non cooperativi in giochi ripetuti se le
nostre imprese giocano infinite volte a là Cournot. Prima di iniziare il gioco le imprese
selezionano un equilibrio Pareto-ottimale e si vincolano ad una strategia, dopo in ogni stadio
del gioco scelgono simultaneamente i livelli di produzione. Ogni impresa massimizza il
valore presente dei suoi profitti [con ρ = 1/(1+r) = fattore dello sconto].
∞
Πi = Σt ρt Πi(Q1t, Q2t)
Le produzioni (Q1t, Q2t) sono osservate all’inizio del periodo t+1. Le imprese condizionano
le azioni correnti su comportamenti precedenti ed usano la strategia quantità-grilletto (una
deviazione fa scattare l’interruttore e pone fine alla cooperazione): si coopera (producendo al
livello collusivo) se tutti gli altri fanno lo stesso, dopo una defezione si passa alla noncooperazione. La punizione è l’equilibrio di Cournot in una fase infinita di punizione, detta
reversione a là Cournot. Payoffs di ogni stadio del gioco sono rappresentati in figura 8.
29
Fig 8A
P
A
C
NC
C
Π∗ ; Π∗
Πd ; Πb
R1
NC
Πb ; Πd
Πc ; Πc
Fig. 8B
Q2
Q2
Q *2
B
D1 E
C
D2
Q *1
R2
Q1
Q1
L’impresa guadagna Π*/(1-ρ) cooperando (dove Π* = profitto nell’equilibrio collusivo),
deviando Πd+ρΠc/(1-ρ) (dove Πd = profitto quando si devia dall’equilibrio collusivo e Πp =
Πc = profitto con Cournot nella fase della punizione).
Abbiamo un equilibrio collusivo quando: Π* > Πd(1-ρ)+ρΠp
Πd - Π* guadagno uniperiodale da defezione
ρ >  =

d
p
Π -Π
perdite permanenti da punizione
d
c
d
Dato che Π - Π = (Π - Π*) + (Π* - Πc) > Πd - Π* una punizione mite è sufficiente per
ρ vicino a 1. Quando la risposta all’inganno (scoperta e punizione) è rapida ogni vettore dei
payoff migliore per tutti i giocatori rispetto al vettore dei payoff relativo all’equilibrio di Nash
è un equilibrio perfetto di un gioco ripetuto infinite volte, con giocatori pazienti (ρ vicino a 1).
La reversione a là Cournot non è la punizione più severa; comportamenti più competitivi e
credibili (come Bertrand) abbassano Πp e promuovono la collusione.
D. Scelte razionali con informazioni asimmetriche
Nella parte precedente abbiamo iniziato ad esaminare l’analisi economica in situazioni di
incertezza ed in presenza di comportamenti strategici. Finora abbiamo però semplificato i
problemi informativi che difficilmente possono essere trascurati nel mondo reale in cui
operano gli agenti economici (individui, imprese e autorità) ed incidono pesantemente sulle
scelte pubbliche.
Avendo familiarizzato con le implicazioni dell’incertezza e dei
comportamenti strategici così come con gli strumenti e applicazioni della teoria dei giochi
(e.g. teoria dell’oligopolio), resta ora di capire meglio le interazioni tra imprese, consumatori
e concorrenti e le loro reazioni a regolamentazioni e politiche (e.g. volte a favorire la
competizione). A tal fine, abbiamo bisogno di modellare esplicitamente il ruolo dei problemi
informativi e degli incentivi privati nel motivare comportamenti in contesti strategici,
considerando le loro implicazione sul surplus di consumatori e produttori, e quindi sul
benessere sociale. Di conseguenza, obiettivi confliggenti ed informazioni decentrate saranno i
nostri problemi di base nelle analisi che seguono.
Presenteremo prima le informazioni come problema economico, in modo da introdurre con
una descrizione informale i problemi di base. In particolare esporremo perché i costi
30
informativi siano frequentemente associati con problemi di esternalità (e beni pubblici) come
incidano sul benessere sociale e come da questi sorgano fondamentali problemi di fallimento
del mercato e le modalità con le quali possono essere affrontati. In particolare, ci
concentreremo sull’analisi dei costi di agenzia, delle informazioni asimmetriche e degli
incentivi. Quando le prestazioni degli agenti possono essere controllate solo parzialmente,
sorgono problemi di selezione avversa e di azzardo morale. Di conseguenza, bisogna
considerare il problema che Paula, il principale (per esempio il regolamentatore di un
monopolio) dovrebbe risolvere (scegliendo opportuni contratti incentivanti, e.g. price-cap o
ROR) per indurre Alberto, un agente (e.g. il monopolista regolato) ad operare le azioni che lei
farebbe in assenza di delega, compensandolo per la disutilità dello sforzo.
Proveremo poi a formalizzare maggiormente l’analisi, discutendo in particolare i
meccanismi atti a risolvere problemi di azzardo morale e selezione avversa, tentando, per
quanto possibile, di evitare complicazioni matematico-analitiche. Discuteremo quindi
applicazioni vicine alle tematiche dei contratti incentivanti quali la discriminazione del prezzo
in monopolio ed il modello base di fornitura di beni e servizi proposto da Laffont e Tirole.
1. Individui razionali: informazioni, esternalità ed incentivi
Un individuo “razionale” prende sempre le decisioni giuste, i.e le decisioni che
bisognerebbe prendere ove si fosse in possesso di tutte le informazioni rilevanti. In mercati
perfettamente competitivi, produttori e consumatori, confrontandosi con prezzi esogeni hanno
gli incentivi corretti per massimizzare il loro profitto e/o il loro livello di utilità. In presenza di
informazioni perfette la pressione dei mercati competitivi risolve il problema degli incentivi
economici necessari per minimizzare i costi e massimizzare i benefici dell’attività economica
(teorema della mano invisibile). Dati i prezzi, le imprese (gli individui) massimizzano il
profitto (l’utilità), il che implica la minimizzare i costi.
A costo di annoiare il lettore, riprendiamo nuovamente il funzionamento degli incentivi
privati in un economia di mercato. Supponiamo che N consumatori con utilità u = aq - q2/2 e
quindi domanda u’(q) = p = a - q - entrambe espresse in funzione del consumo di q (figura
1A) - abbiano di fronte un prezzo di mercato p° eguale ai costi marginali e medi
(β=MC=AC). Comprando q°=a-p° ogni consumatore massimizza il suo surplus netto o
rendita (l’area Ap°E°) S = aq-q2/2-pq. Si indichi con ∆x=x’-x° la variazione di una
variabile generica, un prezzo più alto p’ riduce il surplus dell’area p’p°E°E ovvero di ∆S =
∆p q° + ∆p ∆q/2; dove ∆p∆q/2 (pari all’area E’BE°) è la perdita secca del surplus netto del
consumatore quando il prezzo è sopra il costo marginale e p’p°DE’ la rendita estratta dal
produttore con potere monopolistico.
Un produttore che si confronta con il prezzo p° in un mercato competitivo produce Oq°,
ma il produttore con potere monopolistico, confrontandosi con la domanda aggregata Aq,
eguaglia in D costi marginale MC e ricavi marginali MR, vendendo qm al prezzo pm, con un
profitto (surplus del produttore area pmp°EM) Π = pm qm - β qm. Il benessere sociale W =
Π + S (la somma del surplus del produttore e consumatore Ap°C) è massimizzato in un
mercato competitivo (dove il prezzo p° eguaglia i costi marginali) e ridotto (di MEC) ad
Ap°EM in un mercato monopolistico.
31
Fig. 1A
A
Fig. 1B
p
p
A
p = a - q = a - Q/N
E’
pm ’
p = a-2q
p°
O
M
pm
MC=AC
D
q’ ’
E°
p° β
β
B
MR
q°
E
=
q
MC
C
AC
F
D
qm
q°
q
Si noti come con MC =AC costante il benessere sociale eguagli la rendita netta dei
consumatori W = S. In figura 1B, con MC crescente il surplus del produttore è p°BC in
competizione perfetta e pmp°EM in monopolio (con una perdita di surplus netto dei produttori
p°BFC). Il valore di W è: W° = p°BFC + Ap°C e Wm = ApmM + pmp°EM.
Ragionamenti simili valgono in un mondo incerto con informazioni simmetriche. Arrow e
Debreu hanno esteso la validità del teorema della mano invisibile; tenendo conto
dell’incertezza, del tempo (ed anche delle esternalità) in modelli di equilibrio generale quando
esistono i necessari mercati competitivi. Questi modelli di equilibrio generale concorrenziale
non sono però in grado di risolvere i problemi generati da informazioni asimmetriche.
In un mondo incerto, un individuo razionale dovrebbe prima prendere la decisione giusta
circa cosa apprendere e poi cosa scegliere, in base al livello di conoscenza raggiunto.
Quest’analisi è adeguata in situazioni dove il costo di ottenere ed usare informazioni è parte
essenziale del problema. Pagando i costi di ricerca si riduce l’incertezza, migliorando in
media i risultati delle decisioni; dato che a maggiori risorse investite nella ricerca
corrispondono informazioni migliori. La regola corretta è dedicare risorse alla ricerca finché
un euro addizionale investito nella ricerca di informazioni è uguale al valore del relativo
aumento marginale nell’utilità attesa da tale investimento.
Consideriamo il caso della ricerca di un impiego. Molte persone cercano un buon lavoro.
Più a lungo lo cercano, migliore in media sarà l’opportunità di lavoro che trovano. La
strategia razionale è continuare a cercare finché ci si aspetta di guadagnare di più da un
supplemento d’indagine di quanto questo costi. La disoccupazione dovuta a tale ricerca
rappresenta una frazione del saggio di disoccupazione totale. Un aumento dei sussidi alla
disoccupazione tende ad aumentare il saggio di disoccupazione, poiché abbassa il costo di
essere disoccupato, mentre si cerca un lavoro. Meno costa continuare nell’attività di ricerca,
più paga farne.
Uno dei costi di comprare un bene è il costo di acquisire informazioni circa cosa si compra.
In alcune situazioni i costi d’informazione sono inclusi nei costi di produzione e consumo di
beni, e così il costo di acquisire informazioni è incluso nell’analisi, come tutti gli altri costi.
Tutti noi compriamo informazioni: guardando la televisione, leggendo periodici specializzati
o, come state facendo, seguendo corsi universitari. Ma nessuno ha il tempo per conoscere tutti
gli argomenti o divenire un esperto in tutte le discipline.
I costi informativi sono spesso associati ai problemi di esternalità e fallimento del mercato.
Ecco perché produciamo spesso informazioni per noi stessi, invece di rivolgerci al mercato.
Questo crea un problema di efficienza. Infatti, un fallimento del mercato è un problema di
32
efficienza piuttosto che di equità. I beni pubblici non sono un problema solo perché qualcuno
ottiene ciò che altri pagano. Le esternalità non sono solamente sbagliate perché ingiuste;
anche se sovente qualcuno ne soffre e qualcuno ci guadagna ingiustamente. Il problema
cruciale e realmente inevitabile è invece l’inefficienza. Per chiarire quanto detto, si
considerino, ad esempio, 1000 individui identici che, con le loro auto, inquinano la stessa aria
che respirano. In termini di beneficio netto non c’è iniquità. Ognuno guadagna dall’utilizzo
della propria auto ed dall’inquinare, ma ci perde dal respirare aria inquinata. Tuttavia, poiché
ogni persona sopporta solamente lo 0,10 percento dell’inquinamento che genera, ognuno
inquina al di sopra del livello efficiente e tutti, come risultato, stanno peggio.
È facile mostrare come ciò sia equivalente all’effetto di un sussidio s su un dato bene, in un
mercato competitivo con costi marginali costanti β = 10 e domanda p-s=a-q=20-q; quando
ognuno riceve in termini di sussidio esattamente quanto paga in imposte T = s q. Ricordando
che il surplus del consumatore è S = u - pq - T con u = a q - ½q2, è possibile calcolare le
quantità q*, qs e il surplus massimizzato S*, Ss quando il livello dei sussidi è nullo s=0 o ad
es. pari a due s=2. Come nel caso delle esternalità il consumatore finisce peggio, non perché
è più povero ma perché sta comprando una quantità eccessiva del bene sussidiato, partendo da
una sottovalutazione del costo del bene sussidiato. In assenza di sussidi, dall’eguaglianza tra
prezzo e costo marginale p=β=10 otteniamo la quantità ottima q* = a-β= 10 e quindi il
surplus del consumatore S = aq-½q2-pq = 200-50-100 = 50. Introducendo il sussidio s=2,
dall’eguaglianza tra prezzo più sussidio e costo marginale p + s = β = 10 otteniamo il prezzo
netto ps = 8 e la quantità di equilibrio qs = a + s - β = 12 e quindi un minor surplus del
consumatore Ss = a q - ½ q2 - p q - T = 240 - 144/2 - 96 - 24 = 48. Una valutazione dei costi
induce ad un errore di valutazione con conseguenze negative in termini di benessere sociale.
Il problema di base, anche con i beni pubblici, è quindi che gli agenti economici non
percepiscono correttamente gli incentivi: nessuno paga e nessuno ottiene il bene, anche se
questo vale più di quel che costerebbe produrre. Le norme giuridiche e di comportamento
sono promosse culturalmente e sono sviluppate col tempo. Plasmando grandemente società e
comportamenti, possono aiutare a risolvere questi problemi. Tuttavia, quantomeno nel breve
periodo è importante riconoscere il ruolo degli incentivi privati nel motivare i comportamenti.
2. Informazioni: soluzione di mercato e intervento pubblico
Possiamo chiederci a questo punto, cosa rende le informazioni un bene difficile da
produrre e vendere sul mercato. Il problema è che è difficile proteggere i diritti della proprietà
di un produttore di informazioni. Se vendo una macchina, chi la compra può rivenderla solo
rinunziando al suo uso. Se fornisco un’informazione, sovente posso usare l’informazione e
renderne partecipi tutti (amici e vicini). Questo rende difficile per chi produce informazioni
venderle per il loro intero valore. Lo stesso problema si manifesta con cd e file musicali, elibri, programmi e software per computer. I diritti di proprietà intellettuale possono essere
pensati come un qualche genere di informazione. Le informazioni sono quindi in parte un
bene pubblico e, perciò sono sotto-prodotte.
Invece di comprare informazioni sulla qualità di beni da qualcuno che si specializza nel
produrre tali informazioni, spesso contiamo sul nome di una marca e su altri metodi indiretti
33
(spesso imperfetti) di valutare la qualità. In sostanza, il nome della marca rappresenta un
genere di capitale informativo. Ci può essere una migliore quantità disponibile da un
produttore ignoto, ma il costo di determinare che sia effettivamente di una quantità migliore
può essere più grande dei probabili risparmi. Non solo pensiamo che il prodotto di marca sia
stato di buona qualità nel passato, ma crediamo che vi sia un incentivo a mantenere la qualità
nel presente e futuro, in modo da non distruggere il valore della marca stessa.
Se compriamo solamente una volta o due all’anno un particolare prodotto, troviamo
difficile giudicare quale produttore sia il migliore. Dettaglianti di marca (catene o
supermercati) risolvono questo problema. Essi non producono cio che vendono ma lo
selezionano. Comprando spesso qualcosa da loro, è facile giudicare se “in media” trattino
merci di buona qualità rispetto al prezzo. La loro attività è imparare quali prodotti siano
validi. Vendendoli con il loro marchio, vendono implicitamente informazioni. Non rivelando
il nome del produttore, prevengono la possibilità che qualcuno rivenda le informazioni ad altri
che comprerebbero la stessa marca in un altro negozio ad un prezzo scontato. Tutto ciò che si
può dire ad altri è comprare da quel dettagliante.
Ora ci si permetta di considerare il mercato di macchine usate. Il miglior modo di scoprire
se una macchina è un bidone è guidarla per un anno o due. Il venditore di una macchina usata
ha fatto così; ma non i potenziali acquirenti. Per semplificare la nostra analisi, supponiamo
che vi siano solamente due generi di macchine: quelle buone ed i bidoni e due generi di
persone: venditori ed acquirenti. Ogni venditore ha una macchina che è interessato a vendere
se può realizzare un prezzo ragionevole. La metà dei venditori ha macchine buone; l’altra
metà ha bidoni. Ad ogni acquirente piace comprare una macchina, se trova il prezzo
ragionevole. Al contrario degli acquirenti, i venditori sanno esattamente che genere di
macchina possiedono.
Acquirenti e venditori, preferiscono le buone macchine ai bidoni. Ogni venditore valuta un
bidone 4,000 € e una buona macchina 8,000 € ed è disposto a venderla ad ogni prezzo
superiore di questa valutazione. Gli acquirenti valutano i bidoni 5,000 € e le buone macchine
10,000€, e sono disposti ad acquistare ad ogni prezzo inferiore a tali valutazioni. In equilibrio
tutte le macchine dovrebbero essere vendute - i bidoni tra € 4,000 e € 5,000, le buone
macchine tra € 8,000 e € 10,000. C’è tuttavia un problema. Gli acquirenti non possono
stabilire, ad un costo ragionevole, se una macchina sia effettivamente buona o sia un bidone. I
venditori lo sanno, ma nessuno di loro ha modo di trasmettere l’informazione, in quando è
nell’interesse dei venditori, per chiedere un prezzo maggiore, dire che la macchina è buona.
Quindi, ogni acquirente in realtà sta partecipando ad un gioco d’azzardo - comprando una
lotteria con una data probabilità di trovare una buona macchina ed una di trovare un bidone.
Le probabilità sono 50 a 50, poiché la metà delle macchine sono bidoni. Quindi, se gli
acquirenti sono neutrali rispetto al rischio, offriranno non più della media dei valori dei due
tipi di macchine ovvero 7,500 €. A questo prezzo, i proprietari dei bidoni saranno contenti di
vendere, ma quelli di buone macchine lasceranno il mercato. Gli acquirenti comprendono
questa logica e ne traggono le conseguenze. Una macchina offerta al prezzo di mercato di
7,500 € non ha una probabilità del 50 percento di essere buona, ma è certamente un bidone,
dato che i proprietari di buone macchine rifiuteranno la migliore offerta che gli acquirenti
sono disposti a fare. Gli acquirenti prendendo questo fatto in considerazione, riducono di
34
conseguenza le offerte sotto 5,000 €. Tutte le macchine valgono più per gli acquirenti che per
i venditori, ma solamente i bidoni possono essere venduti.
Questo è un risultato inefficiente. Una soluzione possibile sarebbe, per il venditore con una
buona macchina, offrire una garanzia, forse di ricomprarla un anno più tardi per il prezzo di
acquisto meno il noleggio di un anno, se l’acquirente decide che la macchina è un bidone.
Tuttavia, la condizione della macchina dopo un anno dipende solo parzialmente dalla
condizione odierna. Su ciò incide indubbiamente il trattamento del nuovo proprietario. Nel
mondo reale, come in questo caso, i problemi di informazioni asimmetriche e di corretti
incentivi tendono spesso una volta cacciati dalla porta a rientrare dalla finestra.
Anche questo caso il fallimento del mercato dovrebbe essere interpretato in termini di
efficienza, piuttosto che di equità. Il costo maggiore della selezione avversa non è dopotutto,
che alcune persone comprino bidoni, credendo di comprare una buona auto. Il costo è che
alcune macchine non sono vendute, anche se in teoria sarebbe possibile e vantaggioso
venderli.
3. Costi di agenzia, informazioni asimmetriche ed incentivi.
In generale, l’economia considera una serie di incentivi: quelli a lavorare, risparmiare,
investire per produrre prodotti di alta-qualità e così via. Di conseguenza, il disegno di
istituzioni che provvedano i corretti incentivi agli individui è divenuto un problema centrale e
lo studio di problemi del tipo principale-agente un’area molto attiva di ricerca dell’economia
pubblica ed industriale.
Da quando gli economisti hanno iniziato ad esaminare dall’interno l’impresa ed il settore
pubblico, gli incentivi sono entrati a far parte dell’analisi economica. La teoria dell’agenzia
(inclusa la teoria dei contratti e del disegno di meccanismi) sorge nell’economia manageriale
e pubblica (a seguito dei contributi di Vickrey e Mirrlees, studiosi di economia pubblica
insigniti del Nobel) per risolvere i problemi di informazioni ed incentivazione. Il direttore di
un ufficio ed il proprietario di un’impresa possono avere bisogno di delegare molti compiti.
Un agente è impiegato per agire per conto del direttore (principal). Questo principio della
rappresentanza è un concetto moderno (non esistente nel diritto romano) e si applica a
direttori, manager, impiegati, fattori, intermediari etc. Il principal disegna un sistema
incentivante (un contratto) in grado di motivare l’agente, ad agire nel suo interesse, facendo
qualcosa che quest’ultimo potrebbe non volere fare. I costi dell’agenzia sono costi di
transazione; riflettono il costo del principal per assicurarsi che agenti agiscano nel suo
interesse. Includono i costi di selezionare l’agente adatto, ricercare informazioni per stabilire
gli standard della prestazione, esaminare agenti e così via. Obiettivi confliggenti ed
informazioni decentrate sono gli ingredienti teoretici di base di questi modelli. Poiché gli
agenti hanno obiettivi diversi, delegare diviene problematico quando le informazioni sono
imperfette, i.e. quando le prestazioni degli agenti possono essere controllate solo
parzialmente. Se l’agente non avesse informazioni private, il direttore potrebbe controllarlo
perfettamente, inducendolo a compiere le azioni che avrebbe scelto agendo personalmente. Lo
stesso varrebbe se si potessero inferire le informazioni private da variabili di riferimento, e.g.
se la produzione y è osservabile ed è y = y(e) una funzione nota solo dello sforzo e
35
possiamo precisamente e senza costi monitorare e. Gli individui possono essere pagati per
compiere un dato compito compensando la disutilità dello sforzo ψ(e), se falliscono non
sono compensati e non sorge un problema di incentivo.
Le informazioni asimmetriche non consentono alla società di realizzare l’ottimo, il first
best, cui si può giungere quando tutte le informazioni sono conoscenza comune. Di solito
l’agente ha informazioni nascoste o compie un’azione nascosta. Si assuma che la produzione
y sia osservabile e sia una funzione nota dello sforzo e e di σ un y variabile casuale non
osservabile y = y(e, σ). Lo sforzo incide sull’utilità del principal e non è osservabile (e quindi
gli incentivi non possono essere basati su quelle azioni), perché è difficile o costoso
monitorarlo. Gli agenti avendo le migliori informazioni sul loro ambiente di lavoro possono
agire in base alle loro informazioni private. Loro sanno bene l’impegno col quale lavorano e
come cambino le condizioni di mercato ed hanno spesso anche atteggiamenti diversi verso
rischio. In ogni caso, avendo migliori informazioni, possono perseguire, in una certa misura, i
loro interessi privati. Inoltre, anche se il principal potesse osservare l’azione non sempre
sarebbe in grado di giudicare se questa era appropriata o meno.
Proviamo ad illustrare e comprendere meglio la situazione appena descritta esaminando il
modello base attraverso il seguente esempio. Data l’utilità del principal EV(y ,t) = v(y-t) = yt, la disutilità dello sforzo dell’agente ψ(e)=e2 e la funzione di produzione y = y(e) =
20+10e, il problema del principal è determinare lo sforzo e* e il compenso ottimo. Ponendo
t=ψ(e*) l’utilità del principal diviene V=20+10e-e2 dalla sua massimizzazione deriva lo
sforzo ottimo e*=5 in corrispondenza al quale avremo un livello ottimo di utilità pari a
V*=45 del compenso pari a ψ(e*)=25 e dell’output pari a y=70. Fin qui il modello è
deterministico e viene risolto come un usuale modello di monopolio.
Osserviamo ora cosa accade introducendo σ una variabile casuale che influenza la
produzione: y=y(e,σ)=10e+ σ (dove σ=±20). Il livello ottimo dello sforzo per il principal
resta e*=5. Se il principal offre ancora un compenso pari a ψ(e*)=25 per un output pari a
y=70 non ottiene però il risultato desiderato. Quando σ=20 l’agente sceglie e°=3 godendo
di una rendita pari a 25-ψ(e°)=16. Quando invece σ=-20 l’agente sceglierà e^=0 essendo
ottimo restare con l’utilità di riserva e non ottenere il compenso pattuito essendo y=0.
Possiamo, quindi, chiederci quale sia il risultato quando si desidera ottenere un output ottimo,
i.e. pari a y=50 ed uno sforzo ottimo con uno stato di natura avverso σ=-20, ovvero quando si
massimizza l’utilità in questo caso. Risolvere il problema di massimo quando σ=-20
significa ottenere sempre un output di y=50, con un compenso ψ(e*)=25. Infatti, con uno
stato di natura favorevole σ=20 l’agente sceglierà e’=1 e godrà di una rendita pari a 25ψ(e’)=24. In uno stato di natura favorevole σ=20, la rendita informativa è massima quando si
esercita lo sforzo ottimo nello stato di natura avverso σ=-20. Se si desidera ottenere anche
nello stato di natura favorevole un output ottimale, i.e. pari a y=90, si deve garantire in questo
caso all’agente la rendita, offrendo un compenso non inferiore a ψ(e*)=25+24=49 quando
l’output è pari a y=90, un livello chiaramente non conveniente da raggiungere in uno stato di
natura avverso.
L’unico modo di eliminare la rendita informativa è rinunziare all’output con uno stato di
natura avverso e richiedere uno sforzo ottimo solo con uno stato di natura favorevole. Per il
principal ciò significa offrire un compenso pari a ψ(e*)=25 solo per un output pari a y=90.
36
Come vedremo, esistono soluzioni intermedie; ma quello che al momento è importante notare
è come vi sia un problema di efficienza e una rendita informativa dell’agente.
Il problema di disegno del meccanismo è una classe speciale di giochi ad informazioni
incomplete. applicato nel disegno di meccanismi di vendita ottimi in monopolio, di regimi di
regolamentazione, nella fornitura di beni al settore pubblico, nel disegno di tassazione
ottimale e nei contratti di lavoro. Consideriamo il modo ottimo per il principal di confrontarsi
con le informazioni private dell’agente. Il principal deve disegnare un meccanismo ottimo,
che incentivi gli agenti a scegliere le azioni più vantaggiose per il principal stesso (i.e.
condiziona la sua azione sulle informazioni private dell’agente). Ma gli agenti hanno bisogno
di incentivi per riportare le loro informazioni e questo è costoso.
Le informazioni private sono di due tipi. (i) azzardo morale o azione nascosta, l’agente
sceglie un’azione non osservata dal principal. Il problema è stabilire un contratto che
incentiva l’agente a scegliere un’azione non desiderata dall’agente, ma dal principal. Un
esempio di azzardo morale è l’offerta di incentivi all’agente per aumentare la sua produzione.
(ii) selezione avversa o conoscenza nascosta, l’agente ha una conoscenza privata relativa alle
sue caratteristiche (costi o valutazioni) ignorata dal principal che fa la prima mossa. Il
problema del principal è offrire un contratto che incentivi l’agente a rivelare il suo vero tipo,
e.g. determinare la sua abilità o disponibilità a pagare.
Nei modelli con segnale, l’agente si muove per primo e ha il problema di scegliere
un’azione visibile che il principal interpreterà correttamente e rivela il tipo dell’agente. Un
esempio di un problema di segnalazione è un agente che sceglie un’azione straordinaria per
segnalare il suo tipo al principal. Un altro tipo di problema informativo nel disegno del
contratto è il caso di non-verificabilità. Principal e agente condividono ex post le stesse
informazioni ma nessuna terza parte e corte di giustizia possono osservare tali informazioni.
4. Contratti incentivanti.
Il principal basa la scelta dei meccanismi per risolvere selezione avversa e problemi di
azzardo morale sui costi ed i benefici degli approcci alternativi. Ci sono due tipi base di
meccanismi: i contratti basati sui comportamenti (comando e controllo) ed i contratti
incentivanti. Considerando questi ultimi, il principal paga, secondo la convenzione contabile
di Laffont e Tirole il costo della produzione dell’agente C =β - e (costo marginale intrinseco
β meno lo sforzo per risparmiare sui costi marginali e) ed un trasferimento T = A - B C, con
una quota fissa A ed una frazione 0≤ B ≤1 di costi sopportata dall’agente, il potere
dell’incentivo (power). Il principal ha due scelte limite. (i) Cost plus T = A con zero power
(B = 0). L’impresa è rimborsata di tutti costi, così nessun incentivo è offerto per ridurre i
costi. Ma è apparentmente ideale per l’estrazione della rendita, perché ogni variazione dei
costi è ricevuta dal principal e non dall’agente. A è stabilito per estrarre pienamente la rendita
dell’agente. Con informazioni complete (full information) il principal può porre A uguale alla
disutilità di sforzo ψ(e*) e chiedere all’agente di esercitare e*, imponendo una forte penale
se non lo fa. (ii) Fixed price contract C + T = A con massimo power (B = 1). L’agente non
è rimborsato dei costi. Tale contratto incentiva il giusto sforzo e*, perché l’agente beneficia
di tutte le riduzioni di costo. In pratica è il beneficiario residuale per ogni risparmio di costo.
37
Proviamo ad applicare quanto visto determinando lo sforzo ottimo e* ed il compenso con
contratti cost plus e fixed price quando la disutilità dello sforzo ψ(e)=e2/8 e funzione del
costo C=β-e=10-e. L’utilità per il principal con contratto fixed price è A = 10 - e + e2/8,
minimizzato per e*=4 e ψ(e*) = 2, sicché avremo A*=2, T=-4; mentre con contratto cost
plus il principal pone e*=4 e T = A = ψ(e*) = 2.
Come ulteriore illustrazione, consideriamo la regolamentazione del monopolio, guardando
agli schemi di regolamentazione più comuni, che consistono nello stabilire: un prezzo
massimo (price-cap) od un rendimento massimo del capitale (rate of return o ROR).
Dato il fallimento del mercato, la regolamentazione cerca di superare lo sfruttamento del
potere di mercato da parte di un monopolista. Negli UK la maggior parte delle imprese di
pubblica utilità privatizzate è sottoposta al price cap (i.e. il prezzo per un paniere definito di
beni che offrono deve essere inferiore un dato livello imposto dal regolamentatore). Con
informazioni complete, imponendo p = p° (prezzo = price cap) tale regola conduce alla
situazione socialmente ottima con trasferimenti (senza trasferimenti si può optare per prezzo =
AC, fissando il prezzo a p*, un second best che rappresenta anche un prezzo sostenibile).
Fig. 3A
A
Fig. 3B
p
OBIETTIVI
M
pm
p*
p°
G
Contratti Power Sforzo Rendita
F
E
B
D
qm
q*
AC
β-e
C
q°
q
R.O.R.
Basso
Price cap Alto
0% 100%
100%
0%
Data la funzione di produzione Q = Q(L, K) dove L e K sono lavoro e capitale,
l’investimento in risparmio di costi ψ(e) ed il ricavo R = R(Q) funzione dell’output, il
monopolista massimizza il suo profitto soggetto al tetto massimo del ricavo medio R/Q.
Max Π = R(Q(K, L)) - C(K, L, e) = pQ - [β(K/L) - e]Q - ψ(e)
s. t. R/Q < p*
Conoscendo il costo marginale, con trasferimenti o senza costi fissi, ovvero quando p*=p°
il monopolista minimizza i costi. Infatti, dato il livello di Q° e la funzione di domanda,
massimizzare [p°-(β-e)]Q(p°) -ψ(e) equivale a minimizzare i costi, i.e. esercitare lo sforzo
finché il suo costo marginale ψ‘(e°) eguaglia i risparmi marginali Q° (fissare e° di modo che
ψ‘(e°)=Q° e k°=K/L cosicché QL/QK> w/r). Quando i costi marginali sono incerti, per
evitare che non si abbia produzione il prezzo sarà fissato più in alto dei costi marginali,
provocando inefficienza allocativa (perdita di parte del surplus netto del consumatore) ma i
costi sono minimizzati (fissando e* in modo tale che ψ‘(e*)=Q*) dato che l’impresa
massimizza [p*-(β-e)]Q(p*) -ψ(e). In pratica, non possiamo evitare, che un monopolista dal
costo basso (tecnologia alta) goda una rendita, per evitare che il monopolista del costo alto
rifiuti di partecipare per non incorrere in una perdita.
Le imprese di pubblica utilità privatizzate negli Stati Uniti sono invece spesso sottoposte al
ROR (situazione analizzata da Averc e Johnson), i.e. il regolamentatore restringe la
percentuale di profitto ad una proporzione dell’investimento in capitale (un rendimento
38
percentuale equo z° = r = (R - wL)/K), di conseguenza il monopolista massimizza il profitto
soggetto al vincolo di un rendimento percentuale massimo. In questo caso lo sforzo ottimo e il
livello del capitale verranno scelti solamente se fissati dal regolamentatore e= e°, K=K°. Con
incertezza sui costi marginali il rendimento percentuale equo diviene z* più grande di r, ciò
produce l’effetto Averch-Johnson di sovra-capitalizzazione k* = K/L > k° essendo QL/QK>
w/r perché una più grande intensità del capitale aumenta il livello consentito dei rendimenti z
K * e permette profitti più alti all’impresa. Per evitare che la produzione si fermi il
monopolista più efficiente (dai costi bassi) può godere di una rendita, distorcendo l’intensità
del capitale. In pratica, abbiamo inefficienza produttiva e allocativa.
In generale valgono le seguenti relazioni. Maggiori le informazioni del principal, più
grande l’incertezza dell’outcome e l’avversione al rischio dell’agente, più alti sono i costi di
misurare l’outcome. La lunghezza delle relazioni è correlata positivamente con i contratti
basati sul comportamento e negativamente con i contratti incentivanti. Invece, l’avversione al
rischio del principal, i costi di misurare il comportamento, e gli obiettivi altamente conflittuali
sono correlati negativamente con i contratti basati sul comportamento e positivamente con
quelli incentivanti.
I contratti incentivanti hanno numerose caratteristiche; le due proprietà principali sono
basate sul comportamento dell’agente che cerca di massimizzare la rendita: (1) il vincolo di
razionalità o di partecipazione, anticipato nella letteratura del management (per essere
disposto per procedere il principal e l’agente devono ricevere un livello di utilità che eccede le
loro utilità di riserva individuali), (2) il vincolo di incentivo-compatibilità o rivelazione della
verità che costringono l’agente a preferire sforzo ad evitarlo o rivelare veritieramente le sue
informazioni o il suo tipo. Questo implica che l’agente può incidere sulla misura della
prestazione ed è in parte un beneficiario residuale dei frutti della relazione. I contratti
incentivanti attribuiscono i rischi agli agenti, in modo che tocchino a coloro che sono neutrali
rispetto al rischio o gli agenti siano adeguatamente compensati per i rischi che devono
affrontare.
Altre utili caratteristiche (o risultati) dei contratti sono: (3) un impegno credibile
(commitment) del principal che implica o enforcement (da parte di un terzo in grado di far
valere l’obbligazione contrattuale) o perfezione nei sottogiochi, i.e. una volta che l’agente
rivela le sue informazioni o il suo tipo; è nell’interesse del principal tenere fede al suo
impegno. (4) efficacia delle aste col secondo miglior prezzo (second-price auctions) nel
selezionare gli agenti. (5) miglioramento delle prestazioni post contrattuali con second
sourcing, (6) compensi basati su prestazioni passate e future migliorano i risultati, ma usare i
risultati passati per porre mete future riduce invece le prestazione.
Si consideri il modello principal-agent dove il principal delega un’azione ad un solo
agente attraverso l’offerta di un contratto del tipo prendere o lasciare. Due ipotesi implicite
sono consuete. Prima, non sorgono problemi di contrattazione; il principal offre un contratto
del tipo prendere o lasciare all’agente. Seconda, una benevola corte di giustizia è disponibile e
capace far valere l’obbligazione contrattuale ed imponendo sanzioni se qualcuno devia dal
comportamento specificato nel contratto. Inoltre, non vi sono restrizioni sui contratti che il
principal può offrire; disegnare un contratto ottimale si riduce così ad un semplice problema
di ottimizzazione. Questo semplice modello accentua il trade-off tra l’efficienza e la
39
distribuzione di rendite informative che derivano dalla presenza di informazioni incomplete.
La semplice esistenza di vincoli informativi può generalmente impedire al principal di
realizzare l’efficienza. Come vedremo con selezione avversa, le distorsioni allocative
risultano dal desiderio del principal di mitigare l’impatto dei vincoli informativi, a causa del
trade-off alla base del modello tra estrazione della rendita ed efficienza.
Il principal semplifica il problema restringendo la sua attenzione ai meccanismi, che sono
accettati da tutti gli agenti, che rivelano il vero stato di natura (principio di rivelazione).
Abbiamo un equilibrio pooling quando le azioni dell’agente conducono allo stesso valore
della variabile osservabile, così che non si può identificare lo stato di natura attuale. C’è un
equilibrio separating se le azioni dell’agente permettono di distinguere lo stato di natura.
E. Azzardo morale
1. Esempi introduttivi.
La maggior parte delle cose contro le quali ci assicuriamo sono, almeno in parte, sotto il
nostro controllo. Questo è vero non solo per la nostra salute e la probabilità che la nostra casa
bruci, ma anche per perdite dovute “a cause di forza maggiore” come inondazioni o tornado.
Ovviamente, non si può controllare l’inondazione, ma si possono ridurre le perdite, e.g.
decidendo dove vivere e che precauzioni prendere.
Un individuo razionale, si cautela, prendendo solamente quelle precauzioni che rendono
più di quanto costano. Una volta che si compra un’assicurazione contro l’incendio, parte del
costo di essere sbadato con fiammiferi e parte del beneficio di installare sistemi di
prevenzione viene trasferita alla compagnia di assicurazione. Il mio costo non è più l’intero
costo, cosicché il risultato non è più efficiente. Se un sistema di prevenzione costa € 10,000 e
produce ad Alberto un beneficio di € 8,000 in riduzione del rischio di essere messo in pericolo
ed un altro di € 16,000 a Paula (proprietaria della compagnia di assicurazione) riducendo la
probabilità di dover sostituire la casa di Alberto, è un valido acquisto. Tuttavia, Alberto non si
assicurerà perché per lui non vale quanto costa. Se una compagnia assicura un edificio per più
del suo valore, la probabilità di incendio può divenire molto alta. Le persone assicurate
prenderanno un numero di precauzioni di quelle efficienti. Questo problema, noto come
azzardo morale è un’inefficienza che è il risultato di una esternalità; dato che è qualcuno altro
a sopportare parte dei costi delle azioni di Alberto.
La compagnia di assicurazione tenta di controllare l’azzardo morale specificando, per
come possibile, le precauzioni che l’assicurato si cauteli. Ad esempio, costringeranno una
fabbrica ad installare e mantenere un sistema di prevenzione antincendio, come una
condizione di provvedere assicurazione contro l’incendio. Un’altra possibilità consiste
nell’usare una co-assicurazione. Assicurando solamente parte del valore il cliente ha almeno
un incentivo parziale per prevenire il rischio contro il quale è assicurato. Se, nell’esempio
precedente, la casa è stata assicurata per metà del suo valore, il sistema di prevenzione
antincendio varrebbe per Alberto più di quanto costa, producendo un beneficio privato di
16,000 €, cosicché lo compra.
Molte relazioni economiche contengono elementi di assicurazione. Un rapporto di credito
40
può essere visto come una forma speciale di assicurazione. L’azzardo morale sorge se ci sono
azioni che possono incidere sulla probabilità di non essere capace di rimborsare il debito.
Questo spiega la presenza di un premio, i.e. la differenza tra il saggio di interesse di un
prestito sicuro (titoli di stato US) e il saggio addebitato su un prestito rischioso.
2. Il modello standard.
Nel problema standard lo sforzo e e lo stato di natura σ assumono valori diversi (eo, e°)
e (σo, σ°). L’agente decide il livello di e. σ è una variabile stocastica (con funzioni di
distribuzione cumulata F(σ) e di frequenza f(σ) note). Con due stati di natura (il buono ed
il cattivo), le probabilità sommano all’unità π1 + π2 = 1.
Il principal propone un contratto, i.e. uno schema di compensazione t(y(e, σ)), basato sulla
produzione osservabile y, che la massimizza l’attesa utilità.
E V(y, t) = v(y - t)
con v’ > 0; v” < 0
Dove y è la produzione e t il trasferimento all’agente.
L’attesa utilità dell’agente dipende dal suo sforzo e ed il trasferimento t che ha ricevuto
E U(e, t) = u(t) - ψ(e)
con ψ‘, ψ“ > 0; u’ > 0; u” < 0
Come il suo reddito t aumenta l’utilità marginale u’ > 0 decresce u” < 0 mentre la
disutilità marginale ψ‘ > 0 aumenta con sforzo ψ“ < 0. L’agente partecipa al contratto
quando il suo vincolo di partecipazione [IR] è soddisfatto, i.e. la sua utilità attesa è uguale o
maggiore il suo livello di riserva U^.
[IR]
E U(e, t(y(e, σ))) ≥ U^
Ne seguono due possibili giochi sequenziali (simili a Stackelberg) rappresentati in fig.4 e
chiamati: (A) hidden actions (azione nascosta) o azzardo morale, quando il principal non può
osservare le azioni dell’agente, (B) hidden information (informazione nascosta), quando
l’agente ha informazioni superiori relative all’ambiente.
Nel primo gioco (in figura 4.A) nessuno conosce lo stato di natura e l’utilità attesa è
massimizzata. Una volta siglato il contratto, dopo l’azione dell’agente (e° o eo), la Natura (N)
decide lo stato (σ° o σo) e si raggiungono i payoff (ΠP, ΠA).
Fig. 4A
P
P
Contract
A1
Contract
A1
Participate
A2
Do not
Participate
Fig. 4B
effort
e
N
state 1
σo
state 2
σo
Do not
Participate
Participate
N
state 1
σo
A2
message
and effort
σ o eo
state 2
σo
A2
message
and effort
σo e o
Il principal disegna un contratto t(y(e, σ)), che la massimizza l’ utilità attesa soggetta ai
vincoli di razionalità individuale (il livello di utilità di agente eccede la sua utilità di riserva) e
di incentivo-compatibilità (che fa si che per l’agente risulti ottimale preferire lo sforzo
desiderato dal principal).
41
Maxt E V(y(e, σ) - t(e, σ))
[IC]
s.t.:
e = Arg Maxe E U(e, t(y(e, σ)))
[IR]
E U(e, t(y(e, σ))) > U^
.
In figura 4.B, con informazione nascosta la Natura (N) decide lo stato (σ° o σo) prima
dell’azione dell’agente (e° o eo). Di conseguenza, l’agente che ha informazioni superiori
decide il suo sforzo e manda una comunicazione sullo stato di natura σ.
Consideriamo il caso seguente. Un agente (con utilità di riserva U^ = 0) valuta il
trasferimento e la disutilità dello sforzo secondo la sua funzione di utilità U = t 1/2/2 – e ed
esercita due livelli dello sforzo e°=1 o eo=0, che incidono sulla probabilità dei possibili
outcome, come mostrato in figura 5A. L’utilità marginale dell’agente di reddito è U’ = 1 /
(2t)½, che decresce col reddito, sicché l’agente è avverso al rischio, mentre il principal è
neutrale rispetto al rischio E V = V = y - t.
Lo sforzo aumenta la probabilità di conseguire un buon livello di produzione; quando
e°=1 (eo=0) il reddito atteso è E y =9/3+28=31 (E y = 6+14 = 22). Proponendo
trasferimenti nulli l’agente non sopporterà alcun rischio ed il principal avrà il reddito atteso E
y =16. Tuttavia, sembra meritevole, dal punto di vista di benessere sociale, compensare
l’agente per il livello più alto di sforzo (imponendo t = 4).
Essendo e non-osservabile il trasferimento può dipendere solo dall’outcome. Per
semplicità ipotizziamo che l’utilità dei trasferimenti sia: z = (t°)1/2 e x = to1/2. L’agente può
sopportare parte del rischio e il suo vincolo di partecipazione [IR] diviene: 2(z/2- e°)/3+(x/2e°)/3 > 0, i.e. 2 z > 6 - x. L’agente partecipa quando t° = 9 e to = 0. Ma questo non
assicura che scelga il livello più alto di sforzo, desiderato dal principal. Infatti, dal punto di
vista dell’agente il livello più alto di sforzo è desiderabile solamente se l’utilità nello
sceglierlo (x–e°)/3+2(z–e°)/3 è più grande rispetto all’alternativa di selezionare eo, i.e.
2(x/2–eo)/3+(z/2–eo)/3. Questo vuole dire x/6+z/3–1 > x/3+z/6 ovvero che il vincolo di
incentivo-compatibilità [IC] è: z > 6+x. Entrambe i vincoli (in figura 5B) sono soddisfatti per
z = 6. Di conseguenza, l’agente parteciperà e sceglierà lo sforzo ottimo quando t° = 18 e to
= 0. Questo risultato non è socialmente ottimale dato che l’agente avverso al rischio sopporta
tutto il rischio, invece del principal che è neutrale rispetto al rischio.
Fig. 5A
Livello di
Fig. 5B
z = (t°)
Output
1 /2
IC
z > x + 1
Sforzo
yo =9
y° =48
eo = 0
π = 2/3
π = 1/3
6
e° = 1
π = 1/3
π = 2/3
3
-6
2 z > 3 -x
3
IR
x = t o 1 /2
Possiamo chiederci quale sia lo sforzo ottimo e* ed il compenso se e fosse osservabile.
Quando il principal compensa l’agente per la disutilità dello sforzo t = 4e2 = 4, il suo reddito
è massimo è E y = 19 (invece che E y = 16), perciò egli impone e*=1 e t = 4. Tale
contratto è ottimo poiché l’agente non sostiene alcun rischio ed il principal, neutrale rispetto
al rischio, sopporta tutto il rischio. Quando e è un’informazione privata, il principal sceglierà
il contratto incentivante < t° =18, to=0 >, dato che la sua utilità attesa è 32-12+3=23
42
maggiore di 22. Infine, se avessimo y°=30, il principal sceglierebbe t° = to= 0, dato che col
contratto incentivante la sua utilità attesa E V(e°) = 20-12+3 =11 è minore di E
V(eo)=10+6=16.
F. Selezione avversa
1. Esempi di selezione avversa: sanità ed assicurazione di vita.
Consideriamo il settore sanitario e assicurativo sulla vita. Il cliente ha informazioni su di se
che la compagnia di assicurazione non può facilmente ottenere, inclusi i problemi medici
avuti nel passato o se sta progettando di dedicarsi a hobby pericolosi nel prossimo futuro. In
particolare, è in grado di stabilire se rappresenta un rischio basso od un alto per la compagnia
di assicurazione. In generale, più elevato il rischio, più alta la probabilità che un cliente
potenziale ha di beneficiare della sua assicurazione, maggiore il suo valore per lui, ed il suo
costo per la compagnia di assicurazione. Se il cliente sa di rappresentare un alto rischio e la
compagnia di assicurazione non lo sa, l’assicurazione è per lui un buon affare.
Il tipo a basso rischio sarebbe lieto di assicurarsi, ma ad un prezzo che rifletta la bassa
probabilità che si ammali o muoia il prossimo anno. Tuttavia, la compagnia di assicurazione
non gli proporrà quel prezzo, non sapendo che è un tipo a basso rischio. Ne risulta che è più
probabile che rischi alti vengano assicurati rispetto a quelli bassi. Le compagnie di
assicurazione, sapendo ciò, provvederanno ad aggiustare di conseguenza le loro tariffe.
Come nell’esempio precedente, il fatto stesso che qualcuno compra l’assicurazione può
essere considerato un’evidenza che è ad alto rischio e dovrebbe perciò pagare un prezzo alto.
Il prezzo più alto dà luogo ad un numero ancora minore di bassi rischi che comprano
l’assicurazione, risultando in un prezzo ancora più alto. Il risultato di equilibrio può essere che
gran parte o tutti i rischi bassi restano fuori dal mercato, anche se c’è un prezzo al quale
sarebbero disposti a comprare l’assicurazione e le compagnie di assicurazione guadagnerebbe
vendendo loro il contratto a quel prezzo. Così come con le automobili usate, è facile costruire
un modello dove solo i rischi più elevati finiscono per essere assicurati, ogni altro rischio
essendo uscito fuori dal mercato. Di nuovo abbiamo una situazione inefficiente.
Le compagnie di assicurazione tentano di controllare questo problema in molti modi,
inclusi controlli medici generali per i nuovi clienti e clausole contrattuali che negano i
pagamenti a persone che dicono falsamente di non avere hobby pericolosi. Un’altra soluzione
consiste nell’unire i rischi (risk pooling), ad es. quando l’assicurazione è venduta a gruppi. Se
tutti gli impiegati di una fabbrica sono coperti dalla stessa assicurazione, la compagnia di
assicurazione ha a che fare con un insieme casuale di rischi alti e bassi. I rischi bassi trovano
l’accordo peggiore di quelli alti, ma, dal momento che sono assicurati, le tariffe
dell’assicurazione riflettono il rischio di assicurare un impiegato medio piuttosto che un alto
rischio. Questo è un caso di equilibrio pooling poiché gli agenti si assicurano,
indipendentemente dal loro tipo.
Se assicurare ognuno è la situazione efficiente, la politica di gruppo produce
un’allocazione efficiente assicurativa, ed una redistribuzione di reddito dai rischi bassi (che
stanno pagando più di quanto costa la loro assicurazione), ai cattivi alti che stanno pagando di
43
meno. Un argomento in favore di un’assicurazione sanitaria universale, governativa è che in
tal modo la politica di gruppo è portata al suo estremo, essendo ognuno nel gruppo. In tal
modo si elimina alla radice il problema della selezione avversa. Un possibile problema sorge
forse se persone con gravi problemi di salute decidono di immigrare per approfittare del
programma. Se l’effetto netto è un miglioramento effettivo dipende dalla capacità del settore
pubblico di trattare gli altri problemi assicurativi.
2. Il gioco base della selezione avversa.
Il gioco con selezione avversa è simile a quello con informazioni nascoste; ora l’agente ha
informazioni superiori sulle sue caratteristiche, piuttosto che sull’ambiente e non c’è di
necessità uno sforzo da esercitare. Sostituiamo lo stato di natura σ con una caratteristica
individuale θ , il tipo dell’agente, ed il livello dello sforzo e con un’azione scelta q.
La natura (N) decide il tipo di agente (θ° o θo) ed il principal propone un contratto t(q(θ)),
basato su variabili osservabili. Come usuale il principal massimizza l’utilità attesa dati i
vincoli di razionalità individuale e di incentivo-compatibilità. Quest’ultimo è detto anche di
autoselezione (self-selection), dato che per l’agente è ottimo rivelare il suo tipo, scegliendo il
livello corretto di q (rispettivamente q° o qo). In base al principio di rivelazione (revelation
principle), il principal semplifica il problema restringendo l’attenzione ai meccanismi
accettati da tutti gli agenti che rivelano il loro vero tipo scegliendo opportunamente q.
Fig. 6
N
type 1
θo
P1
type 2
θo
P2
Contract
A1
Participate
message qo
A2
Does not
Participate
Participate
message qo
3. Discriminazione di prezzo.
Abbiamo discriminazione di prezzo quando due unità dello stesso bene sono vendute a
prezzi diversi (o agli stessi consumatori o a consumatori diversi). Con informazioni complete
avremo la perfetta discriminazione di prezzo (o di primo grado). Il principal (il monopolista
Paula) può fissare un prezzo Ti eguale alla disponibilità a pagare degli agenti (i consumatori
Heidi e Lara, i= H, L) che dipende dalla funzione di utilità U(qi, θi) = θi U(q) e dal parametro
θi che può assumere i valori θH = θ > 1 e θL = 1. In tal modo, Paula estrae l’intero surplus
del consumatore dalle gemelle Heidi e Lara. Con la discriminazione di prezzo di secondo
grado il principal ha invece informazioni incomplete sulle preferenze degli agenti. Quindi può
solo estrarre imperfettamente il surplus del consumatore usando dei meccanismi di
autoselezione, restringendo quindi l’attenzione a meccanismi accettati da tutti i consumatori
che li inducono a rivelare il loro vero tipo.
44
Consideriamo il trade off di base tra il principal e gli agenti: Wi = Πi + Si. Wi è il surplus
sociale composto dai: profitti sul consumatore i-esimo: Πi = Ti - c qi, dove: Ti = T(qi) è una
tariffa non-lineare, c = β è il costo marginale (medio) e dal surplus del consumatore i-esimo,
dato da S(qi, Ti, θi) = θi u(q) - Ti, i.e. il surplus lordo del consumatore θi u(q) meno la
tariffa non-lineare T(qi). Il monopolista si confronta con una popolazione unitaria di
consumatori (indicando la proporzione di ogni tipo i con νi).
max Π =
Σi νi Πi
subject to:
.
[IRi]
S(qi, Ti, θi) = θiu(qi) - cqi - Πi ≥ 0
∇i
.
[ICi] S(qi, Ti, θi) = θiu(qi) - cqi - Πi ≥ S(qr, Tr, θi) = θiu(qr) - cqr - Πr
∇ i and r ≠ i
νi può essere interpretato come la probabilità di soddisfare un consumatore i. L’analisi di
questo nuovo modello rimarrebbe immutata, salvo sostituire la massimizzazione del profitto
con la massimizzazione del profitto atteso.
Si può mostrare che gli unici vincoli cogenti (soddisfatti come eguaglianza dalla soluzione
del problema di massimizzazione) sono [IRL] e [ICH]. Gli altri vincoli sono soddisfatti
automaticamente ex post dalla soluzione del problema. Infatti, guardando la figura 7A
vediamo che se a Lara (il tipo basso) viene offerto un contratto, tale che lei è indifferente tra
accettare o rifiutare L* = < q=q*L, T = BLOq*L >, il vincolo [IRH] è soddisfatto dato che Heidi
gode di una rendita HLBA accettando tale contratto o scegliendo il contratto incentivocompatibile H* = < q =q*H, TH =BLOq*L+Aq*Lq*HC >, ottenuto in base al vincolo [ICH]. D’altra
parte Lara starebbe peggio con il contratto H* disegnato per Heidi, avendo una perdita di
surplus netto pari a ABFC, i.e. [ICL] è soddisfatto quando [ICH] è cogente.
Si consideri ora il problema nello spazio (Π, q). La curva d’indifferenza Si = S* e Πi il
profitto pro capite sono equivalenti per definizione: Πi = Wi - S* Possiamo così rappresentare
il vincolo cogente [IRL] SL = S(qL) = 0 di partecipazione di Lara come ΠL = WL - SL = u(qL)
- cqL.
Fig. 7A
Fig. 7B
u’
Π
m
ΠH
H
L
D
F
C
B
u’(q)
O
q°
L
q*
L
H*
ΠH*
A θ
u’(q)
q*H
β
ΠL*
Π L°
m
H°
ΠH°
D
E
H
IC°H
L*
IC*H
L°
IRL
F
q
q°L
q*L
q*
H
q
Esso parte da 0 (per qL=0) e poi cresce fino a q*L dove il benessere Wi giunge al suo
massimo. Il principal può proporre a Lara il contratto L* = <q*L, Π*L> estraendo l’intera sua
rendita. Il vincolo cogente di incentivo-compatibilità di Heidi [IC*H] passa da L* dato che
l’agente del tipo alto deve ottenere almeno la rendita che avrebbe sottoscrivendo il contratto
45
L*, così gli verrà proposto H* = <q*H, Π*H>. È tuttavia nell’interesse del principal ridurre per
quanto possibile la rendita goduta da Heidi. L’unico modo di farlo è riducendo il consumo di
Lara. Di conseguenza verranno proposti i contratti L° = <q°L, Π°L> e H° = <q*H, Π°H>, che
soddisfano i vincoli [IRL] e [IC°H].
Conclusione: il tipo alto ottiene q*H la quantità socialmente ottima ed un surplus netto
positivo, H°Hm mentre il tipo basso non gode di un surplus netto dalla quantità sub-ottimale
q°H. In termini tecnici, non c’è distorsione in alto ma ce n’è solo in basso (no distortion at the
top e distortion at the bottom).
Determiniamo ora intuitivamente la distorsione ottima in funzione di πi (=0,5) la
probabilità di soddisfare il tipo i. Assumendo, la stessa probabilità di soddisfare qualsiasi tipo
di consumatore πi =0,5 non c’è nulla da guadagnare dall’elevare il prezzo marginale del tipo
basso quando, al margine, la perdita di profitto (se abbiamo a che fare con un tipo basso)
dovuta alla riduzione di FE il consumo del tipo basso è uguale al profitto supplementare (se
abbiamo a che fare con un tipo alto) derivante dall’estrazione della rendita DE. In generale, la
condizione ideale è raggiunta quando al margine la perdita attesa di profitto dovuta ad una
riduzione nel consumo del tipo basso FE (= πL[u’(qL)–c]) è eguale al guadagno DE (=
πH(θ-1)u’(qL)) a causa dell’estrazione della rendita dal tipo alto.
Analiticamente, possiamo risolvere il problema sostituendo i vincoli [IRL] e [ICH] nella
funzione del profitto E Π(θ) = πLΠL+πHΠH = πL(u(qL)-cqL) + πH(θu(qH)+(1-θ)u(qL)-cqL). La
condizione di primo ordine: Eq°L = u’(qL) = c/[1-(θ-1)πH/πL] > c implica un prezzo marginale
e più alto per il tipo basso.
4. Un modello di fornitura pubblica. (Laffont-Tirole)
All’interno dei modelli principale-agente, si consideri ora il modello base di fornitura
pubblica, con quantità data Q=1, proposto da Laffont e Tirole (1986), nel caso di costi dati ed
osservabili. Paula, il funzionario pubblico cerca di massimizzare benessere sociale definito
come la somma pesata di surplus del consumatore e profitto (in funzione di β, il parametro
tecnologico dei produttori)
W(β) = S - (1+λ) (t + β - e) + U = S - (1 + λ)(β - e + ψ) - λU
dove (1+λ) è il costo ombra dei fondi pubblici, U l’utilità dei produttori e ψ(e) la disutilità
dello sforzo. U ≥ 0 è il vincolo di partecipazione. Paula osserva i costi c = c(β, e) = β - e
(come al solito β è il parametro di selezione avversa, un più alto β corrisponde ad una
tecnologia inefficiente, ed e è il parametro di azzardo morale, i.e. lo sforzo o investimento in
riduzioni di costo). I produttori possono scegliere azioni discrezionali che incidono sul costo
del prodotto. Lo sforzo (o l’investimento, etichette generiche per quest’azione e) conduce a
riduzioni nei costi marginali ma è costoso per l’agente.
Il costo totale è più alto più basso è lo sforzo (il parametro dell’azzardo morale e) e
l’efficienza o la tecnologia della impresa è (parametro della selezione avverso β). Come
mostrato in figura 8A, nello spazio costo-sforzo (e, c), un’impresa meno efficiente (βL) avrà
un costo più alto per produrre lo stesso livello di output. Si considerino ora i vincoli [IRL] e
[IRH] nello spazio trasferimento-costo (t, c), i.e. le curve UL=0 e UH=0 in figura 8B. Per lo
stesso trasferimento ottimale ψ(e*) e sforzo eL = eH = e*, abbiamo costi maggiori βL - e* >
46
βH - e* per Lara (impresa a bassa tecnologia).
Ciononostante, i contratti L*= <ψ(e*), βL-e*> e H*=<ψ(e*), βL-e*> sono ottimi per
Paula, dato che la spesa totale associata tie =ci +ti è tangente alle curve di indifferenza più
basse dei produttori (per le quali sono disposti a partecipare). Nell’assenza di asimmetrie
informative si realizza il first best, e l’efficienza allocativa e produttiva è assicurata. Con
informazioni complete Paula non lascia rendita UL=UH=0 ed obbliga i produttori ad essere
efficienti eL = eH = e*. Ciò è possibile con contratti fixed price e cost plus.
Fig. 8A
Fig. 8B
e
teH
βL - e
^te
H
H^
ψ(e*)+ρ(e*)
βH - e
ψ(e*)
∆β
e*
c
βH
βL
0e
teL
L*
H*
βΗ
UΗ = U*
UΗ = 0 UL = 0
βL
Come esempio, ipotizziamo i seguenti valori ψ(e)=e2/36, βL=59, βH=53 e indaghiamo
quanto deve pagare Paula se vuole che ogni tipo di agente scelga di produrre (no
breakdown). Determiniamo prima lo sforzo ottimo e* ed il compenso t=a-bc con
informazioni complete con contratti fixed price e cost plus. Paula per far produrre
sempre deve pagare almeno il costo affrontato dal tipo basso, βL. Quindi, con
contratto fixed price pagherà a=59-e+e2/36, minimo quando e*=18 e ψ(e*)=9, sicché a*L
=50, tL=-cL=-41 (se Paula distingue i due tipi fissa a*H=44, e tH=-cH=-35 per il tipo alto); con
il cost plus fisserà e*=18, tL= tH=ψ(e*)=9.
Passando al caso di informazioni asimmetriche, se vuole assicurare sempre una produzione
positiva, Paula deve offrire il contratto del tipo basso ed il tipo alto Heidi può sempre
ingannare e fingere di essere un tipo basso Lara esercitando uno sforzo sub-ottimale eH=12
per giungere allo stesso livello di costo cH=41.
In sostanza la presenza di informazioni asimmetriche (quando la disutilità dello sforzo
ψ(eH) è un’informazione privata) permette ad Heidi di godere una rendita informativa,
avendo informazioni nascoste sulla variabile esogena (possibilità tecnologiche). Paula osserva
i costi, ma Heidi può nascondere la sua identità scegliendo uno sforzo più basso eH=eL-∆β
(dove ∆β = βH-βL,) e facendo apparire i costi di Lara cH=cL (di modo che Paula che li
osserva, creda di avere a che fare con Lara), incorrendo quindi in una minore disutilità dello
sforzo ψ(eH). In altre parole, dato che H* non è incentivo-compatibile, Heidi sceglierà L*
godendo della rendita ρ(e*) = ψ(e*)-ψ(e*-∆β), facendo finta di essere Lara. Disegnando il
vincolo di incentivo-compatibilità di Heidi, Paula può ridurre costi attesi usando il principio
di rivelazione e proponendo il contratto H^ = <ψ(e*)+ρ(e*), βH-e*> invece di H*. Infatti, la
sua spesa totale con H si riduce, essendo ^teH invece di teL. Il suo bilancio è ora tangente al
vincolo [ICH] di incentivo-compatibilità di Heidi U=U* e non al vincolo [IRH] di
partecipazione, perché la selezione avversa permette ad Heidi di estrarre una rendita.
Uno degli obiettivi di Paula è tentare di limitare questa rendita, perché i trasferimenti sono
47
costosi a causa del costo ombra dei fondi pubblici. Si noti come la rendita differenziale del
tipo efficiente ρ(eL) = ψ(eL) - ψ(eL-∆β), è una funzione crescente e convessa dello sforzo del
tipo inefficiente eL. Di conseguenza abbiamo un trade off tra estrazione della rendita
(minimizzare la rendita di Heidi) e l’efficienza (dare alti incentivi a Lara per investire in
riduzioni dei costi). I contratti ottimi L° e H° in figura 8C implicano l’assenza di rendita ed
uno sforzo sub-ottimale per Lara ed una rendita ed uno sforzo ottimo per Heidi. Infatti,
considerando i contratti L* ed H^ ad una perdita infinitesima dovuta alla riduzione
dell’efficienza di Lara LC corrisponde un guadagno discreto H°H^, dovuto all’espropriazione
di una parte della rendita di Heidi.
Fig. 8C
ψ(e*)+ρ(e*)
H^
ψ(e°)+ρ(e°)
ψ(e*)
H°
0
C
H
L
βΗ
βL
UΗ = U*
UΗ = U^
UΗ = 0 UL = 0
L°
Analiticamente, Paula può risolvere il suo problema sostituendo i vincoli cogenti [IRL] e
[ICH] nella funzione attesa del benessere sociale. Inoltre, la disutilità dello sforzo può essere
espressa come la differenza fra β e c. Data ν la probabilità che l’impresa sia efficiente la
funzione attesa del benessere sociale è
E W(β) = W = ν{S(βL)-(1+λ)[cL+ψ(βL-cL)]-λρ(βH-cH)} + (1-ν){S(βH)-(1+λ)[cH+ψ(βH-cH)]}
Dato che la rendita è costosa (avendo un peso negativo, pari a -λ) è conveniente ridurla.
La condizione di ottimo è raggiunta quando al margine in termine di probabilità la perdita
dovuta alla riduzione dell’efficienza del tipo basso (1-ν) (1+λ) (1-ψ’(eL)) è eguale alla
riduzione del costo ν λ ρ’(eL), per la riduzione della rendita ρ(eL) pagata al tipo alto.
ψ’(eL) = 1 - [λ/(1 - λ)][ν /(1 - ν)]ρ’(eL) < 1
Ciò implica l’inefficienza del tipo basso e°L < e*
L, dato che la rendita è positiva ρ’(e) > 0.
L’equilibrio dipende dalla probabilità di incontrare il tipo basso (1-ν) o il tipo alto ν. Se la
numerosità dei tipi bassi (1-ν) è piccola è conveniente aumentare l’inefficienza del tipo
basso essendo piuttosto probabile incontrare il tipo alto.
Per concludere ritorniamo all’esempio precedente - dove ψ(e)=e2/36, βL=59 e βH=53 - e
proviamo a determinare la rendita che Paula dovrebbe lasciare ad Heidi se vuole che Lara
eserciti lo sforzo ottimo e*. Con e*=18 e ψ(e*)=9, abbiamo ρ(e*) = ψ(e*)-ψ(e*-∆β) = 9-4
= 5. Ipotizziamo ora che la probabilità ed il costo addizionale dei fondi pubblici siano pari al
50% ν=λ=0.5 e determiniamo lo sforzo ottimo e la rendita di Heidi. Dalla relazione ψ’(e°L) =
1 - ρ’(e°L) abbiamo e/18 =1- e/18+(e-6)/18 ovvero e/18 =1-1/3 il che implica e° =12 e
quindi ρ(e°) = 4-1 = 3.
48
G. Ancora sull’efficienza dei mercati
Abbiamo visto come in base ai teoremi del benessere e di Coase l’efficienza dei mercati è
raggiungibile e non dipende dalla distribuzione della ricchezza, ma dalla corretta definizione
dei diritti di proprietà. Date le imperfezioni delle economie contemporanee, resta il problema
di individuare gli strumenti in grado di favorire la realizzazione di un sistema economico con
mercati completi e competitivi. La presenza di economie di scala e di scopo e la non perfetta
informazione degli operatori privati (che genera condizioni di asimmetria informativa tra
compratori ed acquirenti) sono tra le più importanti ragioni teoriche che impediscono ai
mercati di funzionare.
La presenza di poteri monopolistici può comportare problemi di inefficienza allocativa (P
> Cmg) e produttiva (incentivi insufficienti alla riduzione dei costi ed all’innovazione). Come
abbiamo visto dall’asimmetria informativa derivano due fattispecie che modificare
l’efficienza operativa dei mercati: azzardo morale (moral hazard) e selezione avversa
(adverse selection), che riducono la rilevanza pratica dei summenzionati teoremi. Quando i
cittadini dispongono di informazioni private che non sono note alle autorità pubbliche, che si
trovano in condizioni di asimmetria informativa. È quindi meramente teorica la possibilità di
utilizzare i trasferimenti a somma fissa per raggiungere obiettivi di equità. Una possibile
conseguenze dell’impossibilità di utilizzare trasferimenti lump sum è la frontiera non
convessa e fortemente asimmetrica gli ottimi paretiani vincolati, generata redistribuendo
attraverso un’imposta distorsiva sul reddito. Tali problemi possono essere solo in parte
alleviati alternativamente con il ricorso a forme di regolamentazione o di competizione nel
mercato, dato che spesso questi strumenti possono essere parzialmente in conflitto tra loro.
I problemi di asimmetria informativa pongono anche maggiori ostacoli al teorema di
Coase che inoltre trascura: (a) i costi della negoziazione tra le parti (crescenti al crescere degli
operatori economici interessati), (b) il costo per lo Stato di amministrare e far rispettare i
diritti, (c) la presenza di comportamenti strategici e (d) il problema redistributivo e delle
distorsioni (dovuti a mercati imperfetti e l’esistenza di imposte). L’intervento pubblico è
probabilmente auspicabile quando non sono soddisfatti i requisiti presupposti dal teorema di
Coase. Possiamo partire proprio da questo teorema per riformulare una teoria dell’intervento
pubblico correttivo dei risultati conseguiti da mercati imperfetti o incompleti. Se i mercati non
provvedono incentivi adatti per l’acquisizione e la disseminazione delle informazioni,
sorgono effetti di esternalità, le informazioni sono imperfette e di conseguenza i mercati
inefficienti anche in termini Pareto-vincolati.
Il teorema fondamentale del non decentramento (di Greenwald e Stiglitz) mostra come
l’asserzione che lo Stato non possa fare meglio del mercato sia falsa nel contesto di mercati
con scambio imperfetto di informazioni. L’intervento correttivo dello Stato, in questi mercati
dove prevalgono elementi di tipo assicurativo e/o di eterogeneità qualitativa dei prodotti,
diviene un fatto sistematico, ed una condizione di base per un funzionamento più efficiente
del mercato.
Assumiamo che anche il governo abbia informazioni imperfette e debba sostenere costi di
ricerca o di informazione ed esaminiamo l’asimmetria informativa relativa alle caratteristiche
qualitative dei beni. Ad es. la qualità di un prodotto non é nota in situazioni di moral hazard
49
con azione nascosta (ad es. se lo sforzo del venditore non è osservabile), o adverse selection
(ad es. se la caratteristica del bene è un’informazione privata) quando gli acquisti non sono
ripetuti nel tempo. Per fornire un efficace intervento pubblico è utile distinguere innanzitutto
tre tipi di beni con qualità differenti. Nel caso di “search goods”, abbiamo un modello di
ricerca (e.g. Dixit Stiglitz) nel quale il consumatore conosce la qualità prima dell’acquisto, o
viene garantito (warranty goods). Con “experience goods”, abbiamo informazioni
asimmetriche (con moral hazard e/o adverse selection) ed il consumatore apprende la qualità
dopo l’acquisto. Infine, nel caso di “credence goods”, la qualità resta sconosciuta anche dopo
l’acquisto.
Nel caso dei search goods anche se talvolta la presenza di informazione asimmetrica può
risultare nel completo fallimento del mercato (non vi è commercio anche se sono possibili
scambi vantaggiosi) non è sempre necessario un intervento regolamentatore esterno. Infatti, i
problemi possono essere efficacemente attenuati dalla presenza di garanzie, che servono da
assicurazione per gli acquirenti segnalando la qualità del prodotto, o dall’effetto reputazione
(del venditore).
Considerando il problema della qualità eterogenea con experience good, e.g. il caso nel
quale il produttore non può offrire una garanzia né può essere chiamato in giudizio per qualità
difettosa.
In molte situazioni reali il sistema della garanzia è limitato a causa di: 1) azzardo morale o
2) selezione avversa (quando ad es. i beni pienamente garantiti tendono ad attirare utenti
intensivi o con alti rischi) o poiché 3) misurare la qualità può essere impossibile o molto
costoso per una corte di giustizia. In questo caso l’intuizione suggerirebbe che il produttore
abbia forti incentivi a ridurre la qualità al livello più basso possibile. Quindi la qualità fornita
dal mercato è sub-ottimale.
Consideriamo un semplice modello di azzardo morale. Il livello del surplus netto del
consumatore è pari a θs-p se comprano il prodotto al prezzo p altrimenti è pari a 0 il livello
di utilità di riserva. Sia il surplus lordo del consumatore è pari ad 1 nel caso di qualità alta
(con un costo di produzione positivo c1 > 0) e 0 nel caso di qualità bassa (con un costo di
produzione inferiore c0 ∈ [0, c1]). Il profitto del monopolista è Π pari a p-cs se vende il
prodotto al prezzo p o pari a 0 se non vende il prodotto.
Il risultato dipende dal valore del costo di produzione del bene di bassa qualità c0 (nullo o
positivo). In ogni caso, non può esistere un equilibrio nel quale il monopolista vende e
fornisce alta qualità, dato che il monopolista potrebbe risparmiare tagliando sulla qualità
senza ridurre la domanda.. Infatti se c0 = 0 in equilibrio s = p=0. Invece, con con un costo
di produzione positivo c0 > 0 il mercato scompare.
Alternativamente, abbiamo un modello dove il prezzo può funzionare come un segnale di
qualità. L’utilità marginale del consumatore è pari a θ (disponibilità a pagare). Una
proporzione α della popolazione (consumatori informati) compra solo alta qualità
Se anche il consumatore non informato acquista il profitto Π è p-c1 quando produce beni
di alta qualità s=1 ed (1-α) (p-c0) quando produce beni di alta qualità s = 0. Ne consegue
che il produttore fornirà la qualità alta solo se il prezzo è sufficientemente alto: p-c1 ≥ (1-α)
(p-c0) ovvero α p ≥ c1 - (1-α) c0 Ciò implica che un aumento nella frazione di clienti
informati favorisce l’efficienza.
50
Riconsideriamo il modello di Selezione Avversa: Akerlof's (1970). La disponibilità a
pagare dei consumatori è pari a θs. Non riconoscendo il consumatare la qualità il prezzo
deve essere indipendente dalla qualità effettiva. Si ipotizza che disponibilità a pagare del
venditore sia superiore a quello dell’acquirente θv > θa per ogni livello di qualità. Ne
consegue che lo scambio è Pareto ottimale per ogni livello di qualità. Tali parametri sono
ovviamente noti a entrambe le parti. Ne consegue che: (a) il surplus del venditore è pari a θvs
se non vende, o p se vende, (b) il surplus dell’acquirente è pari a θase(p) - p se compra, o 0
se non compra.
Supponiamo che s sia distribuito uniformemente su [0, smax] e chiediamoci se c’è un
prezzo al quale avviene lo scambio. La vendita ha luogo solo se il prezzo è superiore al
surplus del venditore p ≥ θvs. Quindi il livello qualitativo deve essere compreso tra s∈[0,
p/θv] ed il livello qualità attesa se(p) = p/2θv. La qualità media è distorta verso il basso, dato
che se(p) ≤ smax/2 per p ≤ θv smax. L’acquirente accetta se :
θa se(p) ≥ p ovvero se θa ≥
2 θv. Avremo un fallimento completo del mercato se i gusti non differiscono troppo tra loro
θa ≈ θv. L’intuizione alla base del risultato è la seguente: una riduzione del prezzo riduce la
qualità media del mercato. Questo implica una riduzione della domanda invece di un suo
aumento.
Esistono naturalmente possibili soluzioni, quali: (i) l’acquisto ripetuto o la presenza di
garanzie, (ii) la possibilità di contratti multi-dimensionali (con precisa specifica degli attributi
richiesti dall’acquirente), (iii) la presenza di regolamentazione pubblica (con fissazione di
standard e controlli).
Ad es. nel caso di acquisti ripetuti, il consumo passato fornisce informazioni sulla qualità
futura. Si verificano contemporaneamente due effetti: (a) la scelta di produrre beni di alta
qualità aumenta i redditi futuri del produttore (effetto Nelson), (b) la scelta di produrre beni di
bassa qualità riduce le spese correnti del produttore (effetto Schmalensee).
Un prezzo iniziale basso può segnalare una qualità alta. Una costosa campagna
pubblicitaria che non fornisce informazioni dirette può segnalare un’alta qualità. Il consumo
passato può essere informativo sulla qualità futura Una reputazione per alta qualità è una
soluzione al problema dell’azzardo morale.
Nel modello di “qualità premio”, il monopolista offre una qualità alta per paura di
ritorsioni da parte dei consumatori (riduzione degli acquisti). In equilibrio, il livello ottimo di
qualità deve essere tale che il costo delle future perdite di vendite eccede il risparmio corrente
sui costi da tagli alla qualità.
Essendo il modello di informazioni asimmetriche, dato che gli acquirenti hanno
informazioni incomplete sul monopolista, anche una piccola probabilità che il monopolista
non sia onesto lo incentiva a sviluppare una reputazione se il consumatore ripete gli acquisti
sufficientemente spesso (i.e. il suo orizzonte è abbastanza lungo).
Veniamo ai possibili correttivi pubblici. Se le autorità hanno informazioni migliori sulla
qualità dei prodotti ed esprimono preferenze collettive si rientra nella casistica dei beni
meritori.
Assumiamo quindi che l’autorità abbia le stesse informazioni del consumatore. I risultati di
un intervento pubblico potrebbero essere ottenuti seguendo l’impostazione di Coase con
validi contratti privati che prevedano e regolino anticipatamente ed esaustivamente tutte le
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possibili evenienze. Questi tuttavia, per essere efficienti, richiedono informazione perfetta e
assenza di costi negoziali. In presenza di informazione imperfetta e qualità eterogenea, un
equilibrio (privato) non solo non é Pareto-efficiente, ma neppure Pareto-efficiente-vincolato,
cioè efficiente data la struttura informativa, essendovi delle esternalità che non possono essere
corrette. Ad es. i clienti più informati producono esternalità positive e l’intervento pubblico
può far crescere il benessere, riducendo il costo privato dell’informazione. L’intervento
pubblico può quindi migliorare l’allocazione di mercato.
Questo è un caso particolare del teorema fondamentale del non decentramento (di
Greenwald e Stiglitz), che indica come un’allocazione efficiente vincolata delle risorse sia
conseguibile dal mercato solo applicando un appropriato schema correttivo imposte-sussidi.
In sostanza, dato un equilibrio privato esiste un vettore di tasse/sussidi che lascia inalterato il
livello di utilità dei consumatori ed accresce le entrate dello Stato. Poiché nella realtà non
esiste un insieme completo di mercati, le conoscenze degli operatori sono imperfette,
l’informazione è costosa ed esistono molti elementi di assicurazione, il teorema del non
decentramento suggerisce che si possono spesso ottenere miglioramenti paretiani con
l’intervento pubblico.
Il fatto che i mercati sono sottili o assenti aiuta a spiegare perché i mercati del lavoro e del
capitale spesso non funzionino bene. Mercati azionari deboli e volatili impediscono di ridurre
i rischi, ed inducono le imprese (principal) ad agire in una maniera avversa al rischio,
spiegando quello che sembrerebbe altrimenti essere un aspetto anomalo del loro
comportamento. Poiché le loro azioni trasmettono informazioni esse alterano i loro
comportamenti, e cambia il funzionamento dei mercati capitali. Queste imperfezioni, a loro
volta, hanno conseguenze macro-economiche non trascurabili.
Venendo meno la possibilità da parte dello Stato di attuare meccanismi di redistribuzione
di tipo lump sum sono introdotte nel sistema economico forme di distorsione, che implicano
perdite in termine di benessere sociale. Lo Stato non si finanzia attraverso il ricavato della
vendita di beni sul mercato, ma tramite le imposte che acquisisce tramite un meccanismo che
poggia sulla coazione. Da tale potere coattivo sorgono alcuni vincoli (anche di natura
giuridica) all’attività pubblica, assieme ad una sorta di “responsabilità fiduciaria” nei
confronti dei cittadini-contribuenti.
In pratica, spesso lo Stato non è in grado di attuare le politiche ottimali (di first best), date
le informazioni imperfette (in merito alle caratteristiche intrinseche degli agenti ed ai costi
opportunità delle varie alternative) e l’obbligo del rispetto di dati vincoli giuridici e di equità.
Bisogna poi considerare anche le altre difficoltà che incontra lo Stato quale organizzazione
economica. Come vedremo i meccanismi di acquisizione delle informazioni si basano sui
messaggi inviati dai componenti della collettività, ma questi soggetti sono spesso indotti ad
operare stategicamente nel loro interesse inviando falsi messaggi.
Si desidera che il gettito sia prelevato in un modo equo, e.g. quelli che hanno maggiore
capacità contributiva (o che traggono maggior beneficio) contribuiscono in misura maggiore.
Tuttavia, la PA ha grossi problemi ad identificare questi soggetti. La questione da risolvere
per disegnare un sistema impositivo e di trasferimenti diviene così quello che è effettivamente
osservabile.
52
Il problema del governo, massimizzare il benessere sociale soggetto ai vincoli informativi,
è analogo a quello del monopolista, che massimizzando il profitto privato soggetto ai vincoli
informativi. Anche per questo l’imposizione ottima, è stato un importante precursore del
nuovo paradigma dell’economia delle informazioni. Se l’abilità non è direttamente
osservabile, la PA può contare solo su altre variabili osservabili, come il reddito, per fare
inferenze; ma, come usuale, i partecipanti al gioco, non appena riconoscono che tali inferenze
sono fatte, alterano il loro comportamento. Ovviamente, in circostanze diverse, possono
essere disponibili maggiori o minori informazioni e per ogni struttura informativa, c’è un
struttura dell’imposizione Pareto-efficiente, ovvero, una struttura tale che nessuno (singolo o
gruppo) può stare meglio senza peggiorare la situazione di altri. La scelta fra tali strutture
impositive dipende dalla funzione di benessere sociale e da atteggiamenti verso le
diseguaglianze.
Le asimmetrie informative, chiaramente sorgono fra tutti i componenti delle moderne
società: questo spiega anche le difficoltà che i cittadini hanno per controllare il loro governo e
la PA ed il loro operato in aree quali il sistema impositivo, la regolamentazione, la produzione
e redistribuzione del reddito.
Data la distinzione tra cittadini (beneficiari) e ministri e manager pubblici (che esercitano il
potere discrezionale), questi ultimi non potendosi avvantaggiare degli incrementi di valore
derivanti dalla loro attività, possono porre in atto meccanismi di appropriazione che
generando perdite di efficienza riducono il benessere collettivo. Mentre è apparente che ci
siano frequentemente problemi con la proprietà pubblica, le teorie delle informazioni
imperfette hanno chiarito che anche i sistemi di regolamentazione meglio disegnati
funzionano imperfettamente. Non ci sono argomenti teoretici incontrovertibili che mostrino
perché le grandi organizzazioni private possano risolvere meglio questi problemi di incentivi.
Le condizioni sotto le quali la privatizazione migliora necessariamente il benessere sono
infatti estremamente restrittive, e simili a quelle per le quali i mercati competitivi
produrrebbero risultati Pareto-efficienti.
Anche, nell’ambito della politica redistributiva del settore pubblico, può prevalere l’azione
di gruppi di interesse che riescono a catturare gli operatori pubblici (se non efficacemente
controllati e/o incentivati) persuadendoli a fornire particolari trattamenti di favore,
compromettendo le finalità equitative dello Stato e creando notevoli costi economici per la
collettività.
L’asimmetria informativa fornisce quindi una spiegazione teorica dell’impossibilità di
applicare alcuni strumenti redistributivi in un contesto di first best. Fallisce quindi, per gli
effetti distorsivi che genera, il secondo teorema dell’economia del benessere. Essendo la
distinzione tra strumenti idonei a perseguire gli obiettivi allocativi e distributivi superata, si
crea un trade-off efficienza-equità.
L’impossibilità di effettuare trasferimenti di tipo lump sum implica inoltre una situazione
di second best, nella fornitura di beni pubblici e nella regolamentazione della produzione
privata. Il problema si trasforma allora nella scelta di strumenti distorsivi ottimali, con cui
alterare il comportamento degli agenti al fine di conseguire un’allocazione ottima ma di
second best, ricorrendo ad una rinnovata teoria del benessere in un contesto di informazione
imperfetta.