Kant Critica del giudizio - Dipartimento di Scienze Umane per la
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Kant Critica del giudizio - Dipartimento di Scienze Umane per la
Kant, Critica del Giudizio Passiamo alla terza critica cioè la Critica del Giudizio del 1790 con cui si conclude questo celebre decennio critico Kantiano, dal 1781 della Ragion Pura al 1790 della Critica del Giudizio e bisogna dire subito una cosa, che la critica del giudizio è la più difficile e quindi va fatta con attenzione… perché? Perché la ragion pura si schematizza molto bene: c’è il livello della sensibilità, estetica trascendentale, con lo spazio e il tempo, c’è il livello dell’intelletto, la parte positiva, l’analitica con le categorie e l’Io penso, la parte dove l’intelletto diventa troppo presuntuoso con la dialettica trascendentale. Non è facile, soprattutto non è facile rendersi conto della rivoluzione compiuta da Kant per cui sono i soggetti che costituiscono in modi tutti uguali la loro esperienza però, una volta che si è entrati in questa rivoluzione copernicana, è abbastanza semplice. Ugualmente, la Critica della Ragion Pratica, una volta che si è inteso l’aspetto fondamentale di Kant, cioè questo suo insistere sul dovere, sul rigorismo della morale, sulla autonomia del fare il dovere per il dovere, risulta abbastanza comprensibile. La critica del giudizio è più complessa e quindi bisogna dipanarla con calma. Perché viene scritta la critica del giudizio? viene scritta perché Kant vede una certa opposizione tra ragion pura e ragion pratica. Nella ragion pura si ha un discorso di tipo scientifico dove viene in primo piano la necessità scientifica, mentre a livello della ragion pratica, della morale viene in primo piano la libertà che è il primo postulato della ragion pratica, ci insistevamo l’altra volta, cioè non c’è un atto morale, propriamente morale a cui si può dare lode o si può dare biasimo, se questo atto non viene compiuto con responsabilità e con libertà; è chiaro che il primo presupposto della moralità è la libertà..se io non sono libero di fare una cosa o un'altra non mi può essere neanche imputato a colpa il fare una cosa piuttosto che un'altra; la libertà è il primo presupposto del giudizio morale che noi diamo, ha agito bene non ha agito bene, il primo presupposto è devi, dovresti agire così e se devi senti questa voce del dovere…se non la segui è male e se la segui è bene, significa che puoi seguirla o puoi anche non seguirla, significa che c’è libertà….devi implica puoi, questo è il primo postulato, il famosissimo devi, quindi puoi, insisto su questo perché magari in una lezione in cui si deve trattare tutta la ragion pratica non si insiste abbastanza sugli snodi fondamentali e uno degli snodi fondamentali è questo, devi quindi puoi. Il primo postulato della morale è la libertà. Allora noi abbiamo un po’ un contrasto tra accentuazione della necessità da una parte, e accentuazione della libertà dall’altra. La Critica del Giudizio come suo intento ha proprio quello di costituire un ponte tra necessità e libertà; in che modo si costituisca questo ponte, noi lo vedremo solamente alla fine della Critica del Giudizio però diciamo già da adesso quale è l’intento. Kant per andare incontro a questo intento mette in gioco una terza facoltà presente nell’uomo. Abbiamo allora: l’intelletto scientifico che è alla base della ricerca del vero…la ragione presente in tutti noi come ragione pratica, come volontà che deve obbedire ad un dovere, come volontà che deve essere volontà buona, volontà buona lo è se si adegua a questa voce del dovere che è la voce della ragione dentro tutti noi…quindi c’è l’intelletto, la volontà, che può essere volontà buona o volontà non buona, dato che c’è libertà; la terza facoltà che Kant vuole considerare è il sentimento e nella critica del giudizio lui considera il sentimento sotto due aspetti, considera il sentimento in quanto sentimento del bello, quindi ci sarà una parta nella critica del giudizio che si chiama estetica, si occupa del giudizio del bello e attenzione, perché qui la parola estetica ha un significato vicino a quello che gli diamo oggi cioè appunto discorso sul bello ed è diverso questo significato che Kant usa nella terza critica rispetto alla parola estetica usata nella prima critica (estetica trascendentale era semplicemente discorso sulla sensazione e su quali siano già le forme pure della sensazione: lo spazio e il tempo. Quindi là significava discorso sulla sensazione e sulle sue forme pure, qui nella critica del giudizio ha un significato diverso, la parola estetica significa sentimento del bello e discorso sul bello). Abbiamo detto però che Kant considera il sentimento sotto due aspetti collegati. In primo luogo il sentimento del bello e in secondo luogo il sentimento di una armonia complessiva della natura, cioè il sentimento che le cose non ci sono per caso ma rispondono ad una finalità, quindi avremo una parte che si occupa del bello ( per inciso si occuperà del bello e del sublime, vedremo poi che distinzione c’è tra bello e sublime ) e una parte che si occupa invece della finalità intesa come armonia complessiva delle cose e questa parte ha un nome un po’ difficile si chiama teleologia, quindi non teologia ma teleologia, come al solito una derivazione dal greco: telos significa fine, quindi teleologia. Ora la parte che ci interessa cominciare a spiegare, riguarda il sentimento in generale prima di questa distinzione, il sentimento enuncia dei giudizi sentimentali. Giudizi sentimentali che potranno essere giudizi sul bello o giudizi sull’armonia, sulla finalità. Ora i giudizi sentimentali, i giudizi del sentimento, si distinguono dai giudizi scientifici che erano stati esaminati nella prima critica e questa distinzione Kant la qualifica in questo modo, distinguendo i giudizi determinanti dai giudizi riflettenti. I giudizi determinanti sono proprio quelli scientifici, sono quelli della prima critica, sono quelli in cui applichiamo le categorie e in particolare la categoria di causa effetto. Invece i giudizi riflettenti sono giudizi del sentimento in cui non applichiamo le categorie; e possiamo fare un esempio che forse chiarisce questa differenza; l’esempio che possiamo fare è questo, pensiamo ad una cascata d’acqua piuttosto alta che viene giù in mezzo ad una conca verdissima: allora io guardo questa cascata e mi posso mettere in due atteggiamenti: mi posso mettere nell’atteggiamento dello scienziato che è quello della prima critica e allora che cosa mi interessa? Per esempio data questa cascata, data la sua altezza, data la forza della corrente, la quantità di acqua che viene giù e la sua intensità.. che energia potrò mettere in moto mettendo una ruota alla fine di questa cascata? che energia potrò avere?…ecco qui io faccio tutti ragionamenti di tipo scientifici cioè ragionamenti che vanno per causa effetto. Dato che la corrente va a questa velocità, la massa dell’acqua è questa, l’altezza è quest’altra, l’energia che potrò avere alla fine è quest’altra ancora… e quindi qui enuncio dei giudizi determinanti per causa effetto. Oppure mi posso mettere tutto in un altro atteggiamento in cui non metto in gioco le categorie, non mi metto dal punto di vista dello scienziato ma semplicemente metto in gioco il sentimento cioè dico come è bello questo spettacolo: questo è un giudizio estetico del sentimento ed è un giudizio riflettente. Quindi c’è una notevole differenza, il giudizio determinante è quello scientifico, quello in cui si adoperano delle categorie, il giudizio riflettente è quello del sentimento, in cui io posso dire come è bello questo spettacolo o anche posso dire che armonia che mi rivela e che disegno alla fin fine intelligente, perché alla fine della critica del giudizio all’origine di questa finalità si ritrova Dio, questo Dio che non si può dimostrare ma si sente col sentimento, si sente a livello di esigenza morale e si sente a livello di sentimento dell’armonia delle cose. Quello che ora ci interessa capire è che, secondo Kant, anche i giudizi riflettenti, i giudizi del sentimento, hanno una loro universalità, cioè Kant ci tiene a distinguere il piacevole che vale solo per uno, dal bello che è oggettivo - la parola giusta è trascendentale - cioè uguale per tutti i soggetti. Se io dico a me la mattina piace il caffèlatte con cinque cucchiaini di zucchero non pretendo che valga per tutti c’è quello a cui piace la mattina il caffè amaro con dei biscotti..ecco questo è un tipico giudizio del piacevole singolo, vale solo per me ..invece quando dico (secondo Kant) "la Gioconda di Leonardo è bella" pretendo che valga per tutti. Su questo poi ci sarà da discutere però per Kant il bello, il giudizio del bello è un giudizio universale; la definizione esatta che ne dà. è: un giudizio universale senza concetto. Cosa significa universale senza concetto? Significa che in questo giudizio non entrano categorie scientifiche. Senza concetto significa senza categorie, cioè non è un giudizio determinante, però è un giudizio di tipo universale. In altre parole (questo è piuttosto importante) secondo Kant ci sono delle forme pure uguali in tutti i soggetti, delle forme trascendentali sia a livello della ragion pura sia a livello della ragion pratica sia a livello del giudizio cioè ci sono anche delle forme universali sentimentali per cui quando guardo un certo quadro bello funzionano degli universali sentimentali uguali in tutti i soggetti. Tutti i soggetti lo vedono bello. Ripeto perché forse sono andato un po’ un fretta: nella ragion pura le forme trascendentali sono forme del ragionamento scientifico, nella ragion pratica la forma trascendentale è la volontà razionale uguale in tutti noi che ci dice il nostro dovere, c’è la voce del dovere in tutti noi, a livello del sentimento della critica del giudizio ci sono degli universali sentimentali, delle forme universali del sentimento che ci portano a dare dei giudizi che noi pretendiamo che siano universali. Quando dico la Gioconda è bella è diverso dal dire il caffè mi piace con cinque cucchiaini, qui secondo Kant entra in gioco qualcosa di universale, ci sono insomma degli universali anche a livello del sentimento. Tutto questo ovviamente è discutibile, è come la vede Kant. Facciamo un inciso e torniamo un momento indietro. La voce del dovere è uguale in tutti per Kant è proprio una forma che abbiamo tutti, una forma di quello che deve essere il comportamento che è presente in tutti. Il dovere inoltre deve dominare sulle passioni egoistiche. Dopo Kant si è detto (Freud) che questa benedetta voce del dovere (non che dobbiamo essere più d’accordo con Freud che con Kant) non è altroché la voce dei genitori che hai sentito da piccolo e che si è introiettata, quindi è diversa in certe culture rispetto ad altre per cui, per fare un esempio estremo, non so, se qualcuno di voi ha visto un vecchio bel film Corvo rosso non avrai il mio scalpo: ci sono delle tribù indiane che hanno come costume che a un certo punto gli anziani che diventano di peso per la comunità debbano essere abbandonati. E gli anziani accettano questo costume, così come nel mondo animale gli elefanti anziani vengono allontanati; ora a noi questo può sembrare ripugnante, la nostra morale è molto diversa, però io starei attento a dire che c’è una morale universale, per queste tribù che hanno poco cibo, che hanno problemi di sopravvivenza questo costume per loro è assolutamente normale, è un dovere. Voglio dire, i doveri sono introiettati in base a ciò che va bene per quella certa cultura. Cioè è un po’ come se il collettivo a cui apparteniamo, il popolo a cui apparteniamo, la cultura a cui apparteniamo fin da piccoli ci facesse introiettare come doveri quello che per quella cultura va bene, quindi attenzione, quello che dice Kant va preso con un minimo di spirito critico. Questo può valere anche per le stesse categorie della ragion pura, le forme pure del ragionare Darwin pubblica il suo libro nel 1859, non molto tempo dopo Kant. Dopo Darwin ci sono molti che ragionano sull’evoluzionismo. Già alla fine dell’ottocento qualcuno ha detto: attenzione i modi di ragionare sono a priori per l’individuo, cioè per l’individuo si presentano come delle forme che si trova ad avere, però sono a posteriori per la specie, cioè la specie andando avanti, trovandosi di fronte al mondo ha elaborato dei modi di ragionare che adesso ci sembrano normali, uguali in tutti, voglio dire: il ragionamento di causa effetto che è fondamentale per la critica della ragion pura, il ragionare per causa effetto esso stesso è un qualcosa che si sviluppa attraverso l’esperienza che viene fatta in moltissimi anni passando dalle scimmie più evolute, all’uomo di Neanderthal, all’uomo sapiens, pian piano si formano delle forme di ragionamento. Però evidentemente Kant nel 1781 non poteva prevedere Darwin. Quindi, non è detto che anche i modi del ragionare non siano conseguenza di uno sviluppo. Io vorrei, un po’ per tutti i filosofi, storicizzare: ci danno delle cose importantissime ognuno però anche delle parti legate al loro tempo; Kant ci dà qualcosa che può essere accettato o non accettato, ma secondo me quello che va accettato è che sicuramente i dati che ci arrivano noi li elaboriamo, secondo me, ma non solo secondo me, attraverso forme che si sono sviluppate nelle diverse culture. Ci sono come dire delle forme universali oggettive di elaborare l’esperienza che però si sono formate nel tempo. Ora tutto questo discorso vale ancora di più a livello del bello. Torniamo alla critica del giudizio: siamo sicuri che ci siano delle forme del bello sempre ovunque in tutte le culture? Nelle culture primitive era bella, per esempio una donna molto abbondante perché c’era un problema di fecondità, se voi vedete le statuette primitive sono diverse dai canoni che abbiamo oggi, io su questo tenderei a essere più d’accordo con Hume che con Kant. Noi non abbiamo parlato dell’estetica di Hume però ne possiamo accennare. Per Hume il bello è un fatto di gusto sociale, è evidentemente più universale, più condiviso del semplice piacevole individuale, in una certa società ciò che piace a tutti è abbastanza condiviso però cambia di società in società, cioè il bello è un fatto di gusto sociale. Possiamo aprire un dibattito: vediamo Marylin Monroe dobbiamo dire è bella e basta e la vedremo bella sempre e la si sarebbe vista bella sempre o c’è qualche dubbio? Un altro attore, Tom Cruise, è bello e basta o lo vediamo oggi bello e non è detto che i nostri antenati o i nostri discendenti lo vedrebbero bello? Torniamo a Kant. Per Kant il bello è universale, è un universale senza concetto, senza che giochino le categorie, però è un universale sentimentale, a livello del sentimento… il bello è bello, è ciò di fronte a cui tutti devono dire è bello, perché è una forma uguale in tutti : è bello e basta. Abbiamo detto che nella critica del giudizio ci sono due parti, una riguarda l’estetica, il bello, e l’altra riguarda la teleologia cioè l' armonia, la presenza di una finalità nella natura; quindi, ci sono due tipi di giudizio, due tipi di giudizio riflettente, di giudizio sentimentale. C’è il giudizio riflettente estetico e il giudizio riflettente teleologico. Come si distinguono quale è la differenza? Detta molto alla buona in entrambi i giudizi è sempre una questione di armonia che Kant in quest’opera chiama finalità. Dire finalità e dire armonia è un po’ la stessa cosa significa che qualcosa non è privo di senso ma ha un senso, un fine, un’organizazzione. Allora, nel caso del bello, la finalità è soggettiva (soggettiva tra virgolette) perché vale per tutti i soggetti cioè quando vedo la Gioconda ne ho una soddisfazione come soggetto e non ce l’ho solo io ma ce l’ha anche Carlo, Antonio, Giuseppe, ecc., cioè la bellezza soddisfa in tutti una finalità soggettiva, un soddisfacimento estetico che è uguale in tutti ma riguarda ciascuno di noi come soggetti, invece nel giudizio teleologico si parla di una finalità oggettiva, questa è la distinzione che fa Kant. Come si fa a dare un esempio di finalità oggettiva? Ne faccio uno che può fare un po’ schifo. Prendiamo uno scarafaggio, lo scarafaggio non è che ci piace, non è che diciamo lì per lì che è bello (per quanto ogni scarafone è bello a mamma sua) però attenzione se lo guardiamo come un organismo in cui ogni parte ha la sua funzione, perché questo organismo viva, ecco allora la finalità oggettiva, la si vede bene proprio negli organismi viventi in cui ogni parte ha la sua funzione per l’insieme, le zampette, la corazza, le antenne …tutto ..ogni componente di questo organismo è una componente importante, ha una funzione nella vita dell’intero..ora, facciamo attenzione perché questo mettere l’attenzione sull’organismo, sull’unità che c’è nell’organismo la ritroviamo in Hegel , la ritroviamo nel romanticismo. Qui capiamo meglio cosa io volevo dire all’inizio parlando di Kant come uno snodo essenziale, perché porta a termine l’illuminismo con la sua passione per la fisica newtoniana e apre al romanticismo quando ci parla della finalità oggettiva e di come vada considerata una unità organica, una totalità organica. Lo vediamo che chiude un periodo e ne apre un altro altrettanto importante. Ecco, il giudizio teleologico è il riscontrare un’armonia, soprattutto nel vivente. Dire che si vede una finalità oggettiva significa dire che si vede questo organismo come se venisse da un piano intelligente diverso da quello dell’uomo. Comunque la distinzione tra giudizi estetici e giudizi teleologici è che i giudizi estetici riguardano una finalità soggettiva, un piacere soggettivo che però proviamo tutti, e i giudizi teleologici riguardano una finalità oggettiva che può non essere bella ma rivela (scarafaggio) una sua armonia, una sua finalità interna, una sua organicità. Abbiamo detto che i giudizi di tipo riflettente che sono quelli propri del sentimento noi li possiamo distinguere in due tipi giudizi estetici del bello e i giudizi teleologici. E allora, come li possiamo definire? Il giudizio estetico è un giudizio sentimentale o riflettente trascendentale ( trascendentale significa uguale in tutti i soggetti) che riguarda la finalità soggettiva. Si divide in due, tratta del bello e del sublime, vedremo subito la differenza. L’altro tipo di giudizio, il giudizio teleologico è un giudizio sentimentale trascendentale uguale in tutti i soggetti che riguarda la finalità oggettiva, cioè quella armonia che l’oggetto, in particolare, il vivente ha in sé, in quanto ogni parte ha una funzione nel tutto, quella armonia interna dell’oggetto indipendentemente dal vederlo come bello o come non bello. Soffermandoci ancora sul giudizio del bello notiamo che Kant lo distingue, oltre che dal giudizio scientifico, anche dal giudizio morale. Cioè Kant ci dice, guardate che in questa critica del giudizio io sto dicendo qualcosa di diverso rispetto alla ragion pura e sto dicendo qualcosa di diverso anche rispetto alla ragion pratica. Come ci spiega Kant il fatto che il bello è diverso anche dal buono? E ' un punto di grande interesse e vediamo subito perché. Allora, secondo Kant, il bello è ciò che piace universalmente senza interesse, cosa significa senza interesse? facciamo un esempio…noi vediamo un quadro in cui è rappresentata la strage degli innocenti, un quadro crudo con i soldati che ammazzano i bambini; ora, nel campo del buono noi siamo interessarti a fare in modo che ciò che è bene avvenga e ciò che è male non avvenga, quindi nel campo del buono, nel campo morale noi saremmo inorriditi; però nel guardare il quadro, se io mi pongo al livello della contemplazione estetica, non do un giudizio morale, nemmeno se vedo il quadro di un orgia, non do un giudizio morale, quello che vedo e che apprezzo è se il quadro è bello o no, se il pittore ha saputo ben dipingere in modo che il nostro sentimento, quello di tutti, sia colpito dalla bellezza del quadro stesso. Questo punto perché è di particolare importanza ? perché soprattutto dal punto di vista dell’insegnamento, che è stato per tanto tempo monopolio della chiesa, monopolio ecclesiastico, il bello tendeva ad essere messo insieme col buono; cioè, ad esempio, io poeta ti voglio dare degli insegnamenti morali però per darteli te li metto in bei versi in modo che l’insegnamento morale entri meglio..e viceversa ciò che era riprovevole cioè il quadro dell’orgia,, non lo si doveva vedere e non si poteva apprezzare se no i buoni credenti rimanevano turbati. Allora questo discorso di Kant è un discorso sull’autonomia dell’esperienza, che è indipendente dalla morale ed è molto importante ed è il primo che afferma con decisione che il campo estetico è indipendente dalla morale; la morale si occupa di una cosa e lo studio della bellezza si occupa di un'altra, non che debbano andare uno contro l’altra, però sono campi diversi, questa autonomia del bello e la sua indipendenza dalla morale è molto importante per svincolare il discorso sul bello da tanti lacci di tipo moralistico che erano stati imposti dalla morale corrente. Ci rimane da parlare, dell’altro tipo di giudizio estetico che riguarda il sublime. Qual è la differenza tra il bello e il sublime? dice Kant, il bello è con misura. Diciamo che kant aderisce ad un estetica di tipo classico o neo classico, dopo di lui i romantici avranno altri criteri, i romantici quindi tenderanno più a quello che Kant chiama sublime; il sublime è lo smisurato, ciò che ci stupisce anche per la sua smisuratezza ed è il sublime di due tipi: il sublime di grandezza, in cui mi perdo, mettiamo il cielo stellato infinito, e il sublime di potenza per esempio il mare in tempesta, la forza della natura scatenata. In che senso dà un senso di piacere a tutti? Il sublime di potenza ha una finalità soggettiva, perché il vedere il mare in tempesta o comunque uno spettacolo tremendo (su questo poi insisteranno i romantici) può dare questo senso estetico, perché il sentimento che noi proviamo sia rispetto al sublime di grandezza sia rispetto al sublime di potenza è doppio: in un primo momento noi ci sentiamo piccoli rispetto a questa grandezza a questa smisuratezza o di grandezza o di potenza, in un primo momento ci sentiamo piccoli, ma in un secondo momento le cose cambiano. Il sublime esiste perché c’è l’uomo che lo guarda, cioè l’uomo è misero ma è colui che ammira, è colui che vede questo che altrimenti sarebbe un avvenimento di cui nessuno avrebbe coscienza, quindi l’uomo è piccolo ma è colui che dà coscienza, consapevolezza a ciò che vede e quindi è colui che può dare un senso ad uno spettacolo che altrimenti sarebbe un cozzare meccanico di elementi. E’ solo l’uomo che ammira il cielo, è solo l’uomo che ammira il mare in tempesta, le onde che battono sulle rocce, quindi siamo piccoli riguardo alla natura ma siamo gli unici che ne abbiamo coscienza, ecco allora che il sentimento di piccolezza, di miseria, si trasforma: è vero, l’uomo è qualcosa di piccolo, ma è l’unica parte della natura che è cosciente e che dà un senso a ciò che accade. Quindi qui possiamo abbandonare il giudizio estetico e andare al giudizio teleologico, il giudizio teleologico abbiamo detto è il giudizio su una finalità oggettiva, sul vedere un’armonia,in particolare in un oggetto vivente o anche nell’intera natura. Che cosa implica questo giudizio? Implica il vedere le cose viventi o la natura nel suo insieme come se fosse dovuta ad un piano intelligente, venisse da un piano intelligente, da un intelligenza diversa della nostra, superiore alla nostra. Allora questo tipo di giudizio vede le cose o la natura nell’ insieme come se venisse da un’intelligenza superiore alla nostra. Però attenzione: non è una dimostrazione dell’esistenza di dio, noi sappiamo dalla ragion pura che non si può dimostrare l’esistenza di dio, è molto diverso dire: la natura è l’effetto di una intelligenza superiore, e invece dire, come dice Kant, che per come siamo fatti noi, non possiamo fare a meno di vedere le cose come se fossero fatte da un’intelligenza superiore, però non possiamo dire che c’è; noi possiamo dire per come è fatto il nostro sentimento noi siamo portati a vedere la bellezza della natura come se , questo famosissimo, come se derivasse da un piano ma non possiamo affermare che il piano ci sia. Allora a questo punto possiamo concludere ritornando al problema iniziale che ci siamo un po’ dimenticati per strada; abbiamo detto che il problema iniziale della critica del giudizio è di conciliare e di gettare un ponte tra ragion pura e ragion pratica, tra la critica della ragion pura e la critica della ragion pratica cioè tra la necessità e la libertà; allora, come si fa a gettare questo ponte tra necessità e libertà? Questo ponte lo si vede già a livello dell’opera d’arte perché l’opera d’arte è l’opera libera di un autore, ma insieme ha una sua necessità interna, quindi l’opera d’arte concilia già una sua necessità, perché se cambiassi anche il minimo particolare il tutto sarebbe stonato, e insieme deriva da un’ attività libera, creativa. Quindi già l’opera d’arte concilia necessità e libertà. Ma questa conciliazione la si vede soprattutto nel giudizio teleologico: noi, dice Kant, possiamo immaginare la natura come appunto un qualcosa di armonico e anche come una grande scala in cui ci sono vari gradini, dalla natura inorganica agli esseri, ai primi organismi vegetali, agli organismi animali fino a quelli più complessi e infine al culmine di questa scala, l’uomo. Come ho già detto Kant non conosce Darwin che vive oltre mezzo secolo più tardi, qui stiamo parlando del 1790 e Darwin è del 1859. Non c’è una evoluzione da un gradino all’altro, ci sono diversi gradini distinti e in ognuno di questi gradini noi abbiamo delle leggi necessarie; noi abbiamo per gli animali delle leggi necessarie, per cui, che ne so… il gatto può fare dei salti fino a due metri e non di tre, il vegetale per crescere ha bisogno di un tot di acqua e di altri alimenti proteici altrimenti la pianta non cresce ecc…quindi ad ogni gradino ci sono delle leggi necessarie; all’ultimo gradino c’è un essere, l’uomo, che concilia necessità e libertà perché da un lato l’uomo è un essere della natura con le sue leggi, l’uomo di per se non può volare come gli uccelli, può inventare degli aeroplani però i suoi limiti ce li ha., ha le sue leggi necessarie che gli sono prescritte in quanto essere della natura con una certa struttura e certi limiti, quindi ha una necessità e al tempo stesso ha una coscienza morale, il che come sappiamo indica che è un essere libero. Quindi al culmine della natura, al culmine di questo piano armonico, nell’uomo possiamo trovare questa sintesi di necessità naturale e di libertà morale. A questo punto si può concludere il nostro discorso su Kant. Abbiamo visto le cose principali della critica della ragion pura, della critica della ragion pratica, e della critica del giudizio e credo che adesso, ci abbiamo già insistito ma lo ripetiamo, che adesso sia più chiaro il perché Kant , da un lato, conclude l’illuminismo, e dall’altro lato per tanti aspetti, per tante tematiche, in particolare quelle espresse nella ragion pratica e nella critica del giudizio, per tanti aspetti apre verso quelle che saranno le tematiche del romanticismo e di qui il fatto che è uno snodo veramente fondamentale.