Kant Critica del giudizio - Dipartimento di Scienze Umane per la

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Kant Critica del giudizio - Dipartimento di Scienze Umane per la
Kant, Critica del Giudizio
Passiamo alla terza critica cioè la Critica del Giudizio del 1790 con cui si
conclude questo celebre decennio critico Kantiano, dal 1781 della Ragion
Pura al 1790 della Critica del Giudizio e bisogna dire subito una cosa, che
la critica del giudizio è la più difficile e quindi va fatta con attenzione…
perché?
Perché la ragion pura si schematizza molto bene: c’è il livello della
sensibilità, estetica trascendentale, con lo spazio e il tempo, c’è il livello
dell’intelletto, la parte positiva, l’analitica con le categorie e l’Io penso, la
parte dove l’intelletto diventa troppo presuntuoso con la dialettica
trascendentale. Non è facile, soprattutto non è facile rendersi conto della
rivoluzione compiuta da Kant per cui sono i soggetti che costituiscono in
modi
tutti uguali la loro esperienza però, una volta che si è entrati in
questa rivoluzione copernicana, è abbastanza semplice. Ugualmente, la
Critica della Ragion Pratica, una volta che si è inteso l’aspetto
fondamentale di Kant, cioè questo suo insistere sul dovere, sul rigorismo
della morale, sulla autonomia del fare il dovere per il dovere, risulta
abbastanza comprensibile.
La critica del giudizio è più complessa e quindi bisogna dipanarla con
calma. Perché viene scritta la critica del giudizio? viene scritta perché Kant
vede una certa opposizione tra ragion pura e ragion pratica. Nella ragion
pura si ha un discorso di tipo scientifico dove viene in primo piano la
necessità scientifica, mentre a livello della ragion pratica, della morale
viene in primo piano la libertà che è il primo postulato della ragion pratica,
ci insistevamo l’altra volta, cioè non c’è un atto morale, propriamente
morale a cui si può dare lode o si può dare biasimo, se questo atto non
viene compiuto con responsabilità e con libertà; è chiaro che il primo
presupposto della moralità è la libertà..se io non sono libero di fare una
cosa o un'altra non mi può essere neanche imputato a colpa il fare una
cosa piuttosto che un'altra; la libertà è il primo presupposto del giudizio
morale che noi diamo, ha agito bene non ha agito bene, il primo
presupposto è devi, dovresti agire così e se devi senti questa voce del
dovere…se non la segui è male e se la segui è bene, significa che puoi
seguirla o puoi anche non seguirla, significa che c’è libertà….devi implica
puoi, questo è il primo postulato, il famosissimo devi, quindi puoi, insisto
su questo perché magari in una lezione in cui si deve trattare tutta la
ragion pratica non si insiste abbastanza sugli snodi fondamentali e uno
degli snodi fondamentali è questo, devi quindi puoi. Il primo postulato
della morale è la libertà. Allora noi abbiamo un po’ un contrasto tra
accentuazione della necessità da una parte, e accentuazione della libertà
dall’altra. La Critica del Giudizio come suo intento ha proprio quello di
costituire un ponte tra necessità e libertà; in che modo si costituisca questo
ponte, noi lo vedremo solamente alla fine della Critica del Giudizio però
diciamo già da adesso quale è l’intento.
Kant per andare incontro a questo intento mette in gioco una terza facoltà
presente nell’uomo.
Abbiamo allora: l’intelletto scientifico che è alla base della ricerca del
vero…la ragione presente in tutti noi come ragione pratica, come volontà
che deve obbedire ad un dovere, come volontà che deve essere volontà
buona, volontà buona lo è se si adegua a questa voce del dovere che è la
voce della ragione dentro tutti noi…quindi c’è l’intelletto, la volontà, che
può essere volontà buona o volontà non buona, dato che c’è libertà; la
terza facoltà che Kant vuole considerare è il sentimento e nella critica del
giudizio lui considera il sentimento sotto due aspetti, considera il
sentimento in quanto sentimento del bello, quindi ci sarà una parta nella
critica del giudizio che si chiama estetica, si occupa del giudizio del bello e
attenzione, perché qui la parola estetica ha un significato vicino a quello
che gli diamo oggi cioè appunto discorso sul bello ed è diverso questo
significato che Kant usa nella terza critica rispetto alla parola estetica
usata nella prima critica (estetica trascendentale era semplicemente
discorso sulla sensazione e su quali siano già le forme pure della
sensazione: lo spazio e il tempo. Quindi là significava discorso sulla
sensazione e sulle sue forme pure, qui nella critica del giudizio ha un
significato diverso, la parola estetica significa sentimento del bello e
discorso sul bello).
Abbiamo detto però che Kant considera il sentimento sotto due aspetti
collegati. In primo luogo il sentimento del bello e in secondo luogo il
sentimento di una armonia complessiva della natura, cioè il sentimento che
le cose non ci sono per caso ma rispondono ad una finalità, quindi avremo
una parte che si occupa del bello ( per inciso si occuperà del bello e del
sublime, vedremo poi che distinzione c’è tra bello e sublime ) e una parte
che si occupa invece della finalità intesa come armonia complessiva delle
cose e questa parte ha un nome un po’ difficile si chiama teleologia, quindi
non teologia ma teleologia, come al solito una derivazione dal greco: telos
significa fine, quindi teleologia.
Ora la parte che ci interessa cominciare a spiegare, riguarda il sentimento
in generale prima di questa distinzione, il sentimento enuncia dei giudizi
sentimentali. Giudizi sentimentali che potranno essere giudizi sul bello o
giudizi sull’armonia, sulla finalità. Ora i giudizi sentimentali, i giudizi del
sentimento, si distinguono dai giudizi scientifici che erano stati esaminati
nella prima critica e questa distinzione Kant la qualifica in questo modo,
distinguendo i giudizi determinanti dai giudizi riflettenti. I giudizi
determinanti sono proprio quelli scientifici, sono quelli della prima critica,
sono quelli in cui applichiamo le categorie e in particolare la categoria di
causa effetto. Invece i giudizi riflettenti sono giudizi del sentimento in cui
non applichiamo le categorie; e
possiamo fare un esempio che forse
chiarisce questa differenza; l’esempio che possiamo fare è questo,
pensiamo ad una cascata d’acqua piuttosto alta che viene giù in mezzo ad
una conca verdissima: allora io guardo questa cascata e mi posso mettere
in due atteggiamenti: mi posso mettere nell’atteggiamento dello scienziato
che è quello
della prima critica e allora che cosa mi interessa? Per
esempio data questa cascata, data la sua altezza, data la forza della
corrente, la quantità di acqua che viene giù e la sua intensità.. che energia
potrò mettere in moto mettendo una ruota alla fine di questa cascata? che
energia potrò avere?…ecco qui
io faccio tutti ragionamenti di tipo
scientifici cioè ragionamenti che vanno per causa effetto. Dato che la
corrente va a questa velocità, la massa dell’acqua è questa, l’altezza è
quest’altra, l’energia che potrò avere alla fine è quest’altra ancora… e
quindi qui enuncio dei giudizi determinanti per causa effetto. Oppure mi
posso mettere tutto in un altro atteggiamento in cui non metto in gioco le
categorie, non mi metto dal punto di vista dello scienziato ma
semplicemente metto in gioco il sentimento cioè dico come è bello questo
spettacolo: questo è un giudizio estetico del sentimento ed è un giudizio
riflettente. Quindi c’è una notevole differenza, il giudizio determinante è
quello scientifico, quello in cui si adoperano delle categorie, il giudizio
riflettente è quello del sentimento, in cui io posso dire come è bello questo
spettacolo o anche posso dire che armonia che mi rivela e che disegno
alla fin fine intelligente, perché alla fine della critica del giudizio
all’origine di questa finalità si ritrova Dio, questo Dio che non si può
dimostrare ma si sente col sentimento, si sente a livello di esigenza
morale e si sente a livello di sentimento dell’armonia delle cose.
Quello che ora ci interessa capire è che, secondo Kant, anche i giudizi
riflettenti, i giudizi del sentimento, hanno una loro universalità, cioè Kant
ci tiene a distinguere il piacevole che vale solo per uno, dal bello che è
oggettivo - la parola giusta è trascendentale - cioè uguale per tutti i
soggetti. Se
io dico a me la mattina piace il caffèlatte con cinque
cucchiaini di zucchero non pretendo che valga per tutti c’è quello a cui
piace la mattina il caffè amaro con dei biscotti..ecco questo è un tipico
giudizio del piacevole singolo, vale solo per me ..invece quando dico
(secondo Kant) "la Gioconda di Leonardo è bella" pretendo che valga per
tutti. Su questo poi ci sarà da discutere però per Kant il bello, il giudizio
del bello è un giudizio universale; la definizione esatta che ne dà. è: un
giudizio universale senza concetto. Cosa significa universale senza
concetto? Significa che
in questo
giudizio non entrano
categorie
scientifiche. Senza concetto significa senza categorie, cioè non è un
giudizio determinante, però è un giudizio di tipo universale. In altre parole
(questo è piuttosto importante) secondo Kant ci sono delle forme pure
uguali in tutti i soggetti, delle forme trascendentali sia a livello della
ragion pura sia a livello della ragion pratica sia a livello del giudizio cioè
ci sono anche delle forme universali sentimentali per cui quando guardo
un certo quadro bello funzionano degli universali sentimentali uguali in
tutti i soggetti. Tutti i soggetti lo vedono bello. Ripeto perché forse sono
andato un po’ un fretta: nella ragion pura le forme trascendentali sono
forme del ragionamento scientifico, nella ragion pratica la forma
trascendentale è la volontà razionale uguale in tutti noi che ci dice il nostro
dovere, c’è la voce del dovere in tutti noi, a livello del sentimento della
critica del giudizio ci sono degli universali sentimentali, delle forme
universali del sentimento che ci portano a dare dei giudizi che noi
pretendiamo che siano universali. Quando dico la Gioconda è bella è
diverso dal dire il caffè mi piace con cinque cucchiaini, qui secondo Kant
entra in gioco qualcosa di universale, ci sono insomma degli universali
anche a livello del sentimento. Tutto questo ovviamente è discutibile, è
come la vede Kant. Facciamo un inciso e torniamo un momento indietro.
La voce del dovere è uguale in tutti per Kant è proprio una forma che
abbiamo tutti, una forma di quello che deve essere il comportamento che è
presente in tutti. Il dovere inoltre deve dominare sulle passioni egoistiche.
Dopo Kant si è detto (Freud) che questa benedetta voce del dovere (non
che dobbiamo
essere più d’accordo con Freud che con Kant) non è
altroché la voce dei genitori che hai sentito da piccolo e che si è
introiettata, quindi è diversa in certe culture rispetto ad altre per cui, per
fare un esempio estremo, non so, se qualcuno di voi ha visto un vecchio
bel film Corvo rosso non avrai il mio scalpo: ci sono delle tribù indiane
che hanno come costume che a un certo punto gli anziani che diventano di
peso per la comunità debbano essere abbandonati. E gli anziani accettano
questo costume, così come nel mondo animale gli elefanti anziani vengono
allontanati; ora a noi questo può sembrare ripugnante, la nostra morale è
molto diversa, però io starei attento a dire che c’è una morale universale,
per queste tribù che hanno poco cibo, che hanno problemi di
sopravvivenza questo costume per loro è assolutamente normale, è un
dovere. Voglio dire, i doveri sono introiettati in base a ciò che va bene per
quella certa cultura. Cioè è un po’ come se il collettivo a cui apparteniamo,
il popolo a cui apparteniamo, la cultura a cui apparteniamo fin da piccoli
ci facesse introiettare come doveri quello che per quella cultura va bene,
quindi attenzione, quello che dice Kant va preso con un minimo di spirito
critico.
Questo può valere anche per le stesse categorie della ragion pura, le forme
pure del ragionare
Darwin pubblica il suo libro nel 1859, non molto tempo dopo Kant. Dopo
Darwin ci sono molti che ragionano sull’evoluzionismo. Già alla fine
dell’ottocento qualcuno ha detto: attenzione i modi di ragionare sono a
priori per l’individuo, cioè per l’individuo si presentano come delle forme
che si trova ad avere, però sono a posteriori per la specie, cioè la specie
andando avanti, trovandosi di fronte al mondo ha elaborato dei modi di
ragionare che adesso ci sembrano normali, uguali in tutti, voglio dire: il
ragionamento di causa effetto che è fondamentale per la critica della
ragion pura, il ragionare per causa effetto esso stesso è un qualcosa che si
sviluppa attraverso l’esperienza che viene fatta in moltissimi anni
passando dalle scimmie più evolute, all’uomo di Neanderthal, all’uomo
sapiens,
pian piano
si formano delle forme di ragionamento. Però
evidentemente Kant nel 1781 non poteva prevedere Darwin. Quindi, non è
detto che anche i modi del ragionare non siano conseguenza di uno
sviluppo. Io vorrei, un po’ per tutti i filosofi, storicizzare: ci danno delle
cose importantissime ognuno però anche delle parti legate al loro tempo;
Kant ci dà qualcosa che può essere accettato o non accettato, ma secondo
me quello che va accettato è che sicuramente i dati che ci arrivano noi li
elaboriamo, secondo me, ma non solo secondo me, attraverso forme che si
sono sviluppate nelle diverse culture.
Ci sono come dire
delle forme universali
oggettive di elaborare
l’esperienza che però si sono formate nel tempo. Ora tutto questo discorso
vale ancora di più a livello del bello. Torniamo alla critica del giudizio:
siamo sicuri che ci siano delle forme del bello sempre ovunque in tutte le
culture? Nelle culture primitive era bella, per esempio una donna molto
abbondante perché c’era un problema di fecondità, se voi vedete le
statuette primitive sono diverse dai canoni che abbiamo oggi, io su questo
tenderei a essere più d’accordo con Hume che con Kant. Noi non abbiamo
parlato dell’estetica di Hume però ne possiamo accennare. Per Hume il
bello è un fatto di gusto sociale, è evidentemente più universale, più
condiviso del semplice piacevole individuale, in una certa società ciò che
piace a tutti è abbastanza condiviso però cambia di società in società, cioè
il bello è un fatto di gusto sociale. Possiamo aprire un dibattito: vediamo
Marylin Monroe dobbiamo dire è bella e basta e la vedremo bella sempre e
la si sarebbe vista bella sempre o c’è qualche dubbio? Un altro attore,
Tom Cruise, è bello e basta o lo vediamo oggi bello e non è detto che i
nostri antenati o i nostri discendenti lo vedrebbero bello?
Torniamo a Kant. Per Kant il bello è universale, è un universale senza
concetto, senza che giochino le categorie,
però è un universale
sentimentale, a livello del sentimento… il bello è bello, è ciò di fronte a
cui tutti devono dire è bello, perché è una forma uguale in tutti : è bello e
basta.
Abbiamo detto che nella critica del giudizio ci sono due parti, una riguarda
l’estetica, il bello, e l’altra riguarda la teleologia cioè l' armonia,
la
presenza di una finalità nella natura; quindi, ci sono due tipi di giudizio,
due tipi di giudizio riflettente, di giudizio sentimentale. C’è il giudizio
riflettente estetico e il giudizio riflettente teleologico. Come si distinguono
quale è la differenza? Detta molto alla buona in entrambi i giudizi è
sempre una questione di armonia che Kant in quest’opera chiama finalità.
Dire finalità e dire armonia è un po’ la stessa cosa significa che qualcosa
non è privo di senso ma ha un senso, un fine, un’organizazzione. Allora,
nel caso del bello, la finalità è soggettiva (soggettiva tra virgolette) perché
vale per tutti i soggetti cioè quando vedo
la Gioconda ne ho una
soddisfazione come soggetto e non ce l’ho solo io ma ce l’ha anche
Carlo, Antonio, Giuseppe,
ecc., cioè la bellezza soddisfa in tutti una
finalità soggettiva, un soddisfacimento estetico che è uguale in tutti ma
riguarda ciascuno di noi come soggetti, invece nel giudizio teleologico si
parla di una finalità oggettiva, questa è la distinzione che fa Kant. Come si
fa a dare un esempio di finalità oggettiva?
Ne faccio uno che può fare un po’ schifo. Prendiamo uno scarafaggio, lo
scarafaggio non è che ci piace, non è che diciamo lì per lì che è bello (per
quanto ogni scarafone è bello a mamma sua) però attenzione se lo
guardiamo come un organismo in cui ogni parte ha la sua funzione, perché
questo organismo viva, ecco allora la finalità oggettiva, la si vede bene
proprio negli organismi viventi in cui ogni parte ha la sua funzione per
l’insieme, le zampette, la corazza, le antenne …tutto ..ogni componente di
questo organismo è una componente importante, ha una funzione nella vita
dell’intero..ora, facciamo attenzione perché questo mettere l’attenzione
sull’organismo, sull’unità che c’è nell’organismo la ritroviamo in Hegel ,
la ritroviamo nel romanticismo. Qui capiamo meglio cosa io volevo dire
all’inizio parlando di Kant come uno snodo essenziale, perché porta a
termine l’illuminismo con la sua passione per la fisica newtoniana e apre al
romanticismo quando ci parla della finalità oggettiva e di come vada
considerata una unità organica, una totalità organica.
Lo vediamo che chiude un periodo e ne apre un altro altrettanto
importante. Ecco, il giudizio teleologico è il riscontrare un’armonia,
soprattutto nel vivente.
Dire che si vede una finalità oggettiva significa dire che si vede questo
organismo come se venisse da un piano intelligente diverso da quello
dell’uomo.
Comunque la distinzione tra giudizi estetici e giudizi teleologici è che i
giudizi estetici riguardano una finalità soggettiva, un piacere soggettivo
che però proviamo tutti, e i giudizi teleologici riguardano una finalità
oggettiva che può non essere bella ma rivela (scarafaggio) una sua
armonia, una sua finalità interna, una sua organicità. Abbiamo detto che i
giudizi di tipo riflettente che sono quelli propri del sentimento noi li
possiamo distinguere in due tipi
giudizi estetici del bello e i giudizi
teleologici.
E allora, come li possiamo definire? Il giudizio estetico è un giudizio
sentimentale o riflettente trascendentale ( trascendentale significa uguale
in tutti i soggetti) che riguarda la finalità soggettiva.
Si divide in due,
tratta del bello e del sublime, vedremo subito la
differenza. L’altro tipo di giudizio, il giudizio teleologico è un giudizio
sentimentale trascendentale uguale in tutti i soggetti che riguarda la
finalità oggettiva, cioè quella armonia che l’oggetto, in particolare, il
vivente ha in sé, in quanto ogni parte ha una funzione nel tutto, quella
armonia interna dell’oggetto indipendentemente dal vederlo come bello o
come non bello.
Soffermandoci ancora sul giudizio del bello notiamo che Kant lo distingue,
oltre che dal giudizio scientifico, anche dal giudizio morale. Cioè Kant ci
dice, guardate che in questa critica del giudizio io sto dicendo qualcosa di
diverso rispetto alla ragion pura e sto dicendo qualcosa di diverso anche
rispetto alla ragion pratica. Come ci spiega Kant il fatto che il bello è
diverso anche dal buono? E ' un punto di grande interesse e vediamo
subito perché. Allora, secondo Kant, il bello è ciò che piace
universalmente senza interesse, cosa significa senza interesse? facciamo
un esempio…noi vediamo un quadro in cui è rappresentata la strage degli
innocenti, un quadro crudo con i soldati che ammazzano i bambini; ora,
nel campo del buono noi siamo interessarti a fare in modo che ciò che è
bene avvenga e ciò che è male non avvenga, quindi nel campo del buono,
nel campo morale noi saremmo inorriditi; però nel guardare il quadro, se
io mi pongo al livello della contemplazione estetica, non do un giudizio
morale, nemmeno se vedo il quadro di un orgia, non do un giudizio
morale, quello che vedo e che apprezzo è se il quadro è bello o no, se il
pittore ha saputo ben dipingere in modo che il nostro sentimento, quello di
tutti, sia colpito dalla bellezza del quadro stesso.
Questo punto perché è di particolare importanza ? perché soprattutto dal
punto di vista dell’insegnamento, che è stato per tanto tempo monopolio
della chiesa, monopolio ecclesiastico, il bello tendeva ad essere messo
insieme col buono; cioè, ad esempio,
io poeta
ti voglio dare degli
insegnamenti morali però per darteli te li metto in bei versi in modo che
l’insegnamento morale entri meglio..e viceversa ciò che era riprovevole
cioè il quadro dell’orgia,, non lo si doveva vedere e non si poteva
apprezzare se no i
buoni credenti rimanevano turbati. Allora questo
discorso di Kant è un
discorso sull’autonomia dell’esperienza, che è
indipendente dalla morale ed è molto importante ed è il primo che afferma
con decisione che il campo estetico è indipendente dalla morale; la morale
si occupa di una cosa e lo studio della bellezza si occupa di un'altra, non
che debbano andare uno contro l’altra, però sono campi diversi, questa
autonomia del bello e la sua indipendenza dalla morale è molto importante
per svincolare il discorso sul bello da tanti lacci di tipo moralistico che
erano stati imposti dalla morale corrente.
Ci rimane da parlare, dell’altro tipo di giudizio estetico che riguarda il
sublime. Qual è la differenza tra il bello e il sublime? dice Kant, il bello è
con misura. Diciamo che kant aderisce ad un estetica di tipo classico o
neo classico, dopo di lui i romantici avranno altri criteri, i
romantici
quindi tenderanno più a quello che Kant chiama sublime; il sublime è lo
smisurato, ciò che ci stupisce anche per la sua smisuratezza ed è il sublime
di due tipi: il sublime di grandezza, in cui mi perdo, mettiamo il cielo
stellato infinito, e il sublime di potenza per esempio il mare in tempesta, la
forza della natura scatenata. In che senso dà un senso di piacere a tutti? Il
sublime di potenza ha una finalità soggettiva, perché il vedere il mare in
tempesta o comunque uno spettacolo tremendo (su questo poi insisteranno
i romantici) può dare questo senso estetico, perché il sentimento che noi
proviamo sia rispetto al sublime di grandezza sia rispetto al sublime di
potenza è doppio: in un primo momento noi ci sentiamo piccoli rispetto a
questa grandezza a questa smisuratezza o di grandezza o di potenza, in
un primo momento ci sentiamo piccoli, ma in un secondo momento le
cose cambiano. Il sublime esiste perché c’è l’uomo che lo guarda, cioè
l’uomo è misero ma è colui che ammira, è colui che vede questo che
altrimenti sarebbe un avvenimento di cui
nessuno avrebbe coscienza,
quindi l’uomo è piccolo ma è colui che dà coscienza, consapevolezza a ciò
che vede e quindi è colui che può dare un senso ad uno spettacolo che
altrimenti sarebbe un cozzare meccanico di elementi.
E’ solo l’uomo che ammira il cielo, è solo l’uomo che ammira il mare in
tempesta, le onde che battono sulle rocce, quindi siamo piccoli riguardo
alla natura ma siamo gli unici che ne abbiamo coscienza, ecco allora che il
sentimento di piccolezza, di miseria, si trasforma: è vero, l’uomo è
qualcosa di piccolo, ma è l’unica parte della natura che è cosciente e che
dà un senso a ciò che accade.
Quindi qui possiamo abbandonare il giudizio estetico e andare al giudizio
teleologico, il giudizio teleologico abbiamo detto è il giudizio su una
finalità oggettiva, sul vedere un’armonia,in particolare in un oggetto
vivente o anche nell’intera natura. Che cosa implica questo giudizio?
Implica il vedere le cose viventi o la natura nel suo insieme come se fosse
dovuta ad un piano intelligente, venisse da un piano intelligente, da un
intelligenza diversa della nostra, superiore alla nostra. Allora questo tipo
di giudizio vede le cose o la natura nell’ insieme come se venisse da
un’intelligenza superiore alla nostra. Però attenzione: non è una
dimostrazione dell’esistenza di dio, noi sappiamo dalla ragion pura che
non si può dimostrare l’esistenza di dio, è molto diverso dire: la natura è
l’effetto di una intelligenza superiore, e invece dire, come dice Kant, che
per come siamo fatti noi, non possiamo fare a meno di vedere le cose come
se fossero fatte da un’intelligenza superiore, però non possiamo dire che
c’è; noi possiamo dire per come è fatto il nostro sentimento noi siamo
portati a vedere la bellezza della natura come se , questo famosissimo,
come se derivasse da un piano ma non possiamo affermare che il piano ci
sia.
Allora
a questo punto possiamo concludere ritornando al problema
iniziale che ci siamo un po’ dimenticati per strada; abbiamo detto che il
problema iniziale della critica del giudizio è di conciliare e di gettare un
ponte tra ragion pura e ragion pratica, tra la critica della ragion pura e la
critica della ragion pratica cioè tra la necessità e la libertà; allora, come si
fa a gettare questo ponte tra necessità e libertà? Questo ponte lo si vede
già a livello dell’opera d’arte perché l’opera d’arte è l’opera libera di un
autore, ma insieme ha una sua necessità interna, quindi l’opera d’arte
concilia già una sua necessità, perché se cambiassi anche il minimo
particolare il tutto sarebbe stonato, e insieme deriva da un’ attività libera,
creativa. Quindi già l’opera d’arte concilia necessità e libertà.
Ma questa conciliazione la si vede soprattutto nel giudizio teleologico: noi,
dice Kant, possiamo immaginare la natura come appunto un qualcosa di
armonico e anche come una grande scala in cui ci sono vari gradini, dalla
natura inorganica agli esseri, ai primi organismi vegetali, agli organismi
animali fino a quelli più complessi e infine al culmine di questa scala,
l’uomo. Come ho già detto Kant non conosce Darwin che vive oltre mezzo
secolo più tardi, qui stiamo parlando del 1790 e Darwin è del 1859. Non
c’è una evoluzione da un gradino all’altro, ci sono diversi gradini distinti e
in ognuno di questi gradini noi abbiamo delle leggi necessarie; noi
abbiamo per gli animali delle leggi necessarie, per cui, che ne so… il gatto
può fare dei salti fino a due metri e non di tre, il vegetale per crescere ha
bisogno di un tot di acqua e di altri alimenti proteici altrimenti la pianta
non cresce ecc…quindi ad ogni gradino ci sono delle leggi necessarie;
all’ultimo gradino c’è un essere, l’uomo, che concilia necessità e libertà
perché da un lato l’uomo è un essere della natura con le sue leggi, l’uomo
di per se non può volare come gli uccelli, può inventare degli aeroplani
però i suoi limiti ce li ha., ha le sue leggi necessarie che gli sono prescritte
in quanto essere della natura con una certa struttura e certi limiti, quindi ha
una necessità e al tempo stesso ha una coscienza morale, il che come
sappiamo indica che è un essere libero.
Quindi al culmine della natura, al culmine di questo piano armonico,
nell’uomo possiamo trovare questa sintesi di necessità naturale e di libertà
morale.
A questo punto si può concludere il nostro discorso su Kant. Abbiamo
visto le cose principali della critica della ragion pura, della critica della
ragion pratica, e della critica del giudizio e credo che adesso, ci abbiamo
già insistito ma lo ripetiamo, che adesso sia più chiaro il perché Kant , da
un lato, conclude l’illuminismo, e dall’altro lato per tanti aspetti, per
tante tematiche, in particolare quelle espresse nella ragion pratica e nella
critica del giudizio, per tanti aspetti apre verso quelle che saranno le
tematiche del romanticismo e di qui il fatto che è uno snodo veramente
fondamentale.