ora - Stop `ndrangheta

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Reggio. Falsi atti giudiziari: tre arresti
www.ilquotidianodellacalabria.it
Assoggettato
dagli estortori
Regalava loro
anche i dolci
Il “fango” per truffare
Poliziotto in manette
Vittime Congiusta e il fratello della Fallara
GIUSEPPE BALDESSARRO, GIOVANNI VERDUCI e PASQUALE VIOLI alle pagine 10 e 11 e in cronaca
Venerdì 18 novembre 2011
Antonino Consolato Franco
il poliziotto arrestato
Custodia cautelare
per 5 del Vibonese
I racconti di un pentito
TERESA ALOI a pagina 9
da pagina 49 a 57
Catanzaro. Svolta clamorosa nell’inchiesta sulla discarica. Pugliano indagato a piede libero
Alli, bufera sul commissario
Cinque agli arresti; chiesta l’interdizione anche per Graziano Melandri
“Scatole cinesi”
Il sistema usato
dalle società
per frodare il fisco
Il numero due della Dna
L’INCHIESTA sulla gestione della discarica di Alli, nei
pressi di Catanzaro, ha portato all’arresto di cinque
persone, tra imprenditori e
consulenti (per l’ipotesi di
una maxifrode fiscale), ma
si è anche abbattuta sull’Ufficio del commissario per
l’emergenza rifiuti. Per lo
stesso commissario, Graziano Melandri, è stata chiesta
l’interdizione cautelare.
a pagina 18
Caso Cisterna
Una memoria
al Csm
Alberto Cisterna
La strategia antimorosi
I Comuni
iniziano
a pagare Sorical
S. PAPALEO e S. PUCCIO
alle pagine 6 e 7
Il presidente del Consiglio, Mario Monti, e il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, al Senato
Un acquedotto
a pagina 13
Praia a Mare
Monti incassa la fiducia al Senato. No della Lega
Lamezia Terme
La Procura
sequestra
l’area
della Marlane
Primo sì per il Governo
Torna l’Ici, pensioni eque
Bomba esplode
al supermercato
Standa
M. CAVA a pagina 16
alle pagine 4 e 5 con commenti di FRANCO CIMINO e MASSIMO VELTRI a pagina 21
PASQUALINO RETTURA a pagina 19
La struttura colpita
Reggio. Dopo gli episodi di vandalismo dei giorni scorsi, il percorso sottomarino preso di mira dai ladri
Sombrero
L’Ici
IL COMMISSARIO Monti
ha fatto intendere che ripristinerà l'Ici sulla prima casa, motivandolo
con la ragione che l'assenza in Italia di questa
tassa costituisce una anomalia nel panorama europeo. Il Pdl aveva vinto le
elezioni sulla base di un
programma dicui harealizzato molto poco, tranne proprio l'abolizione
dell'Ici, misura che da
tempo aveva clamorosamente annunciato e per
la quale soprattutto era
stato votato. Ora ci dicono
che bisogna uniformarsi
all'Europa. Ma rimane
un problema, destinato a
scavare un solco sempre
maggiore: a questo punto, che votiamo a fare?
Furto in profondità nel parco archeologico sommerso
INCURSIONE di ladri nel
parco archeologico sommerso di Reggio, dopo gli atti di vandalismo: Un reperto
è stato rubato a quattro metri di profondità.
a pagina 18
Reggio Calabria
Rappoccio
Fascicoli
all’avvocato
generale
M. INSERRA a pagina 26
11118
9
771128
022007
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
ANNO 17 - N. 318 - € 1,20
6 Primo piano
Venerdì 18 novembre 2011
Primo piano 7
Venerdì 18 novembre 2011
Vertice romano alla presenza di Melandri
PECUNIA NON OLET/2
Scopelliti vola da Gabrielli
per decidere sul futuro
Terremoto giudiziario sui rifiuti. Travolto
l’Ufficio del commissario in Calabria
di SAVERIO PUCCIO
Alli, scattano
le manette
L’inchiesta sulla discarica al traguardo : 5 arresti
Richiesta di interdizione anche per Melandri
di STEFANIA PAPALEO
CATANZARO - “Pecunia non olet”,
atto terzo. Via altri beni per un valore di 12 milioni di euro, ma anche la
libertà. Dopo lo scandalo di agosto e
il sequestro della discarica di Alli,
ad ottobre, la mano pesante del gip,
Abigail Mellace, ha colpito ancora.
E, questa volta, sotto i colpi della
giustizia, sono cadute dieci vittime
eccellenti. All'ombra di un presunto stratagemma ordito per eludere
le tasse, ricorrendo al sistema delle
scatole cinesi, con la creazione di società ad hoc operanti nel
settore dello smaltimento dei rifiuti, alle quali
passarei creditima noni
debiti. Uno stratagemma complesso che, grazie alla presunta compiacenza dei vertici dell'Ufficio del commissario delegato per il superamento dell'emergenza
dei rifiuti in Calabria e
della Regione Calabria,
Dipartimento politiche dell'ambiente, avrebbe tenuto per almeno
otto anni, ovvero dal 2003 ad oggi,
con una sottrazione indebita alle
casse dell'erario di decine di milioni
di euro. Lo aveva sostenuto ad agosto il sostituto procuratore, Carlo
Villani, e lo ha ribadito oggi, al gip,
per chiedere e ottenere i provvedimenti restrittivi, che hanno provocato un vero e proprio terremoto
giudiziario in Calabria.
L'ordinanza di custodia cautelare. Due in carcere (il proprietario
della società “Enertech”, Stefano
Gavioli, 54 anni, di Venezia, e il direttore tecnico della stessa società,
Loris Zerbin, 50 anni, di Campolongo Maggiore a Venezia), tre ai domiciliari (l'amministratore di una
delle società del gruppo, Giovanni
Faggiano, 52 anni, di Brindisi; l'avvocato e consulente della società,
Giancarlo Tonetto, 56 anni, di San
Donà di Piave (Venezia), ed Enrico
Prandin, 49 anni, di Rovigo), due
sottoposti all'obbligo di presentazione alla Pg (il commercialista
Paolo Bellanio, 57 anni, di Venezia,
e un tecnico della Eneterch, Antonio Garrubba, 46 anni, di Isola Capo
Rizzuto). Rischiano l'interdizione
dai pubblici uffici, invece, i tre rappresentanti dell'Ufficio emergenza
in Calabria, commissario compreso. La richiesta in tal senso è stata
avanzata dal sostituto procuratore,
Carlo Villani, titolare della dirompente inchiesta, a carico del commissario Graziano Melandri e dei
tecnici Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo, chiamati a presentarsi lunedì mattina, alle 12, davanti al
gip, Abigail Mellace, per l'interrogatorio propedeutico alla esecutività del provvedimento interdittivo.
L'assessore all'Ambiente. Ai loro nomi, nel registro degli indagati, si aggiunge quello dell'assessore Francesco Pugliano, rimasto
coinvolto nell'inchiesta nella sua
qualità di ex subcommissario per il
superamento dell'emergenza ambientale in Calabria, e ritenuto, alla
stregua dei componenti
l'Ufficio del commissario, complice di quel contorto meccanismo di frode che gli inquirenti
hanno ricostruito rispetto alla gestione, da
parte della “Enertech”,
della discarica di Alli, in
attesa di verificare l'operato della holding industriale in
tutti gli altri Comuni in cui gli indagati sono riusciti ad accaparrarsi
numerosi appalti pubblici di servizio per la raccolta e lo smaltimento
dei rifiuti solidi urbani. Tuttavia,
rispetto alla posizione di Pugliano,
il gip non ha ritenuto di applicare
alcuna misura,anche perché,a suo
carico, non figura nessuna delle intercettazioni che, a parere del magistrato, incastrerebbero gli altri indagati alle proprie responsabilità.
L'intercettazione. «Una miniera d'oro, ecco cos'è», diceva, per
esempio, qualche mese fa Loris Zerbin ad un amico, parlando del business dei rifiuti messo su in Calabria. Ma il direttore tecnico della
“Enertech” non aveva fatto i conti
con i finanzieri del Nucleo di polizia
tributaria della Guardia di finanza
di Catanzaro, guidati dal colonnello Fabio Canziani, e con i carabinieri del Noe, coordinati da Gaetano
Lardieri, che, nel seguire le tracce
dei soldi accumulati a discapito del
fisco, per oltre un anno sono rimasti con il fiato sul collo di imprenditori e politici, che, grazie a quella
miniera, avevano accumulato ricchezze su ricchezze. Parlando del
proprietario della Enertech, Stefano Gavioli, dunque, Zerbin affermava che quest'ultimo «aveva dilapidato tutti gli importi conseguiti,
utilizzandoli ad altri fini, tanto che
L’assessore
Pugliano
resta indagato
a piede libero
Lo stratagemma
“Scatole cinesi”
Un sistema
per evadere
il fisco
NELLA gestione della discarica di Alli, nell'ultimo quadriennio, si sono avvicendate ben tre società di capitali
("Slia spa”, “Enerambiente spa” ed
“Enertech srl"), riconducibili sempre
alla stessa compagine societaria e sotto la supervisione dell'ufficio commissariale, con un unico obiettivo, quello
di aggirare il fisco. Gavioli avrebbe costitutito una cinquantina di società di
capitali (spa e srl), aventi stessa sede legalea Venezia,tessa compaginesocietaria e analogo oggetto sociale, al fine
di evadere sistematicamente l'imposizione tributaria e, successivamente, di
non disponeva del denaro necessario neppure per avviare i lavori di
ampliamento della discarica. E siccome - aggiungeva Zerbin nella
conversazione telefonica riportata
nell'ordinanza - la fatturazione di
Catanzaro non basta ad alimentare
questo giro qua, perchè non sono
600.000 euro di utile, sono 600.000
euro con un utile onesto e buono, di
30%, no? Ma il resto delle spese, porco di un giuda! E allora se li hai li devi spendere! Allora, 200.000 te li
puoi anche tirare fuori da Catanzaro, ma gli altri 400 li devi spendere!
Questo, non ce li ha...questo non
c'ha i soldi per fare l'intervento della discarica. Sono riusciti a partire
adesso con quattro lavori del cazzo...no?...e allora e non la finiremo
in tempo, in ogni caso, perchè è ovvio, se partito con un anno e mezzo
di ritardo....allora, non hai i soldi
per finire un affare che è una miniera d'oro».
L'accusa. Associazione per delinquere finalizzata all'evasione fiscale ed alla violazione delle norme
ambientali, le ipotesi di reato più pesanti intorno alle quali ruota l'inchiesta e che, davanti al gip, hanno
tenuto per i primi sei indagati, ma
non per Garrubba, rispetto al quale, come specifica l'avvocato difensore, Aldo Truncè, il giudice nell'ordinanza scrive che “non sussistano gravi indizi di colpevolezza in
relazione all'associazione a delinquere contestata”, tanto da rigettare la richiesta di misura cautelare
cheancheper luierastatasollecitata dalla Procura. Ad organizzare il
raggiro, secondo la ricostruzione
del magistrato, sarebbe stato Stefano Gavioli, titolare della Enertech.
Nonostante i debiti con il fisco, l'ufficio del commissario per l'emergenza ambientale ha liquidato
somme per circa 3 milioni di euro
alla “Enertech”. Per questa vicenda
erano già stati indagati ad agosto il
commissario Melandri e l'ex subcommissario ed attuale assessore
regionale all'ambiente, Francesco
Pugliano. Una seconda parte dell'inchiesta, condotta dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dal
sostituto Carlo Villani, riguarda le
presunte violazioni delle norme
ambientali commessedalla Enertech. In particolare, i carabinieri del
Noe hanno accertato che il percolato prodotto nella discarica finiva
nel fiume Alli e successivamente
nel mare Jonio.
eludere le pretese erariali mediante la
sottrazione fraudolenta delle partite
attive patrimoniali della società debitrice, destinata così ad un inevitabile
procedura fallimentare, dopo essere
state “caricate”artatamente di ingenti
debiti tributari. Quindi, venivano
svuotate delle componenti attive (divenendo “Bad companies"), traslandole a
favore di altre società “figlie” costituite ad hoc ("Good companies"), per assicurarsi il conferimento di crediti privilegiati ed eludere il pagamento dei debiti tributari già iscritti a ruolo nei confronti di “Slia”ed “Enerambiente”.
| IL PROFESSIONISTA |
Il consigliere giuridico
la villa e i quadri di De Chirico
Storia dell’avvocato Tonetto
CATANZARO - Secondo l'accu- strati nella prima fase dell'insa sarebbe l'esperto capace di dagine. Subito dopo è scattata
redigere atti e documenti che la perquisizione nello studio ledovevano avvantaggiare gli af- gale di Venezia. Un ufficio molfari di Stefano Gavioli, l'im- to noto, che negli anni ha difeprenditore veneziano ai vertici so, per quanto è dato sapere, imdella “Enertech”, la società che portanti personaggi della vita
gestiva fino a pochi giorni fa la pubblica veneta.
Secondo il provvedimento firdiscarica di Alli di Catanzaro.
Un consulente di qualità, capa- mato dal gip Abigail Mellace,
ce di trasformare a piacimento Tonetto rientra nell'associazioogni carta. Una posizione che è ne a delinquere per essere “il recostata all'avvocato Giancarlo ferente giuridico” di Gavioli. La
mente capace di
Tonetto, 56 anni,
«predisporre l'ardi Venezia, un'orchitettura giurididinanza restrittica delle nuove sova agli arresti docietà e che consente
miciliari. Un provla perpetrazione
vedimento notifidei reati».
cato ieri mattina
D'altronde, semdai militari della
pre secondo le indaGuardia di finangini, Gavioli non
za di Catanzaro,
farebbe un solo pasgiunti nella città
so senza sentire
lagunare insieme
prima il suo consial sostituto procugliere fidato. L'avratore Carlo Villani, titolare dell'in- La villa sequestrata al legale vocato è colui il
quale «redige madagine “Pecunia
terialmente le fittinon olet bis”. Una
zie operazioni giupresenza, quella
ridiche - scrive il
del
magistrato,
giudice - preordidettata dalla decinate alla dispersiosione di perquisire
ne materiale e giuanche lo studio leridica delle poste
gale del noto proattive delle società
fessionista.
Dal
“originarie”, in momomento che la
normativa in materia pretende do che gli ingenti debiti verso i
la partecipazione di un magi- creditori e soprattutto verso
strato e di un rappresentante l'Erario siano di fatto inesigibidel Consiglio dell'Ordine foren- li». Una figura centrale, dunse prima di setacciare l'ufficio que, nell'indagine sui continui
cambi societari voluti da Gaviodi un avvocato.
Così, all'alba di ieri, le Fiam- li. Al punto che già nei giorni
me gialle e il sostituto hanno scorsi, allo stesso legale era stasuonato alla sontuosa villa di to notificato un avviso di garanSonetto, circondata da un pic- zia. Un provvedimento che, forcolo boschetto. All'interno, af- se, aveva fatto credere al profesfissi alle pareti, quadri di De sionista di non avere altri conti
Chirico, che il professionista si aperti, mentre il sostituto prosarebbe affrettato a giustificare curatore Villani e gli uomini
come non originali, ma sui qua- della Guardia di finanza stavali sono in corso le verifiche. La no già ricostruendo i suoi ultevilla è finita, poi, tra i beni se- riori passaggi che lo hanno porquestrati ieri agli indagati, per tato diritto agli arresti domiciun importo complessivo pari a liari, nella lussuosa villa di Ve12 milioni di euro, che si ag- nezia.
giungono ai 90 milioni sequesa.pu.
Il ruolo del legale
che si occupava
delle “carte”
L’INTERCETTAZIONE
«Se un magistrato ci mette il naso non va a finire proprio liscia liscia»
CI SONO INTERI CAPITOLI dedicati alle intercettazioni ambientali e non solo. Telefonate, colloqui che
mostrano chiaramente come gli indagati sapevano di non agire nel giusto, consapevoli della natura
illecita di ciò che si voleva portare avanti. C’è, ad esempio il problema della mancanza dell’autorizzazione integrata ambientale - tale circostanza, così come scrive il giudice per le indagini preliminari Abigail Mellace - era fonte di preoccupazione per Stefano Gavioli e i suoi collaboratori e ancor di più dei
funzionari pubblici con i quali si rapportavano. Perché, si rendevano conto dell’enorme problema che
tale carenza avrebbe potuto comportare sulla continuità nella gestione dell’impianto di Alli e sulle relative conseguenze economiche. Ma c’è anche il problema relativo a tutta la documentazione delle polizze fideiussorie presentate nel corso degli anni. Lettere che dovevano essere firmate e spedite via
email. Su tutto l’illecità delle azioni perché «fatta una di quelle operazioni - si legge testualmente nell’ordinanza - se un magistrato ci mette il naso non va a finire proprio liscia liscia». Forse, lo avevano capito.
(r.c.)
definitivamente, da un momento all'altro.
Le contestazioni mosse nei confronti dei
tre esponenti dell'ufficio emergenziale, ai
quali si aggiunge la posizione dell'attuale
assessore regionale all'Ambiente, Francesco Pugliano, nella sua qualità di ex sub
commissario all'epoca del commissariamento targato Giuseppe Scopelliti, evidenziano qualche crepa nel sistema gestionale.
Almeno da parte di chi sapeva e non ha fatto
nulla. D'altronde, per quanto evidenziato
dalle indagini e per quello che trapela dalle
intercettazioni, tutti erano a conoscenza
che alla “Enertech” mancavano alcune autorizzazioni fondamentali; tutti avevano almeno sentito parlare dei debiti che la società
aveva nei confronti dell'Erario; tutti avevano avuto modo di verificare che le
società che si occupavano di Alli
cambiavano nome in pochi attimi, prima ancora di completare i
passaggi di consegne. In questi
meccanismi, le figure Richichi e
Lo Piccolo appaiono quelle più
complesse. Intanto perché dovevano essere loro a verificare gli
atti e la documentazione in mano
alla società, così come dice lo stesso Melandri agli inquirenti, e poi
perché erano sempre loro a intrattenere rapporti con i manager, a partire
da Loris Zerbin. Una confidenza ampia, come dimostra ad esempio un'intercettazione
telefonica tra lo stesso Zerbin e Richichi, nel
corso della quale i due si scambiano pareri,
con il dirigente dell'ente governativo che
chiede al manager della “Enertech” come
sta il fratello che sembra trovarsi proprio a
Venezia.
Il commissario Melandri, da parte sua,
anche dinnanzi ai giudici, richiama i pareri
di conformità espressi proprio dagli organismi guidati da Richichi e Lo Piccolo, propedeutici alla sua firma sui mandati di pagamento effettuati nei confronti di “Enertech”
e contestati nell’inchiesta.
Lunedì, dopo gli interrogatori, l'interdizione dai pubblici uffici chiuderà l'esperienza di Melandri, Richichi e Lo Piccolo nell'Ufficio del commissario, ma rischia di aprire
una nuova e più grave fase di stallo alla quale qualcuna dovrà rispondere con una decisione secca e definitiva sul prosieguo di
un'esperienza che ha visto spendere miliardi di euro tra depurazione e rifiuti, lasciando ogni cosa come prima. Se non peggio.
Le posizioni
e le telefonate
dei tecnici
dell’Ufficio
Lombardo e Borrelli: «Non abbiamo bloccato Alli» I giovani democratici: «Promesse non mantenute»
L’allarme dei magistrati Laratta chiede un confronto
«Gestione disastrosa»
Legambiente in campo
CATANZARO - «La gestione
dei rifiuti in Calabria è stata
un disastro, come risulta anche dalla relazione della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti». L’inchiesta
“Pecunia non olet bis”, portata
a termine ieri da Guardia di finanza e Carabinieri chiude il
cerchio intorno alla gestione
dei rifiuti in Calabria. Una gestione bocciata senza mezzi
termini dal procuratore capo
Vincenzo Antonio Lombardo.
Nel corso della conferenza
stampa che si è tenuta ieri, infatti, il procuratore capo (affiancato dal vice Giuseppe
Borrelli,
dagli
ufficiali
dell’Arma, Gaetano Lardieri e
Giorgio Naselli, e della Finanza, Fabio Canziani e Fabio
Bianco) ha sottolineato come
quest’ultima inchiesta chiude
di fatto i movimenti giudiziari
intorno a questi episodi. Prima l’operazione “Pecunia non
olet”, poi quella che ha portato
al sequestro della discarica di
Alli hanno messo in evidenza
le pessime condizioni del sistema. «Il problema – ha aggiunto Lombardo – non è solo
la discarica di Alli, perchè si
aggiungono quelli dei pagamenti, dei Comuni che non pagano, delle ditte che si rifiutano di fare il servizio perchè
non ricevono i soldi. Serve un
nuovo modo, le innovazioni
tecnologiche ci sono».
Il procuratore capo di Catanzaro non si è fermato solo
Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo
all’analisi, ma ha provato a
tracciare un eprcorso virtuoso per uscire dall’emergenza:
«Le discariche sono cose del
passato - ha detto - e in Calabria non vengono realizzati
impianti tecnologici e non si
fa la differenziata». L’esatto
contrario di quello che ha
sempre sostenuto il commissario per l’emergenza rifiuti,
Graziano Melandri, il quale
ha più volte sottolineato la necessità di dovere realizzare
nuove discariche per uscire
dalla situazione di estrema
difficoltà
Il procuratore Lombardo si
è anche soffermato sulle possibili conseguenze pratiche
dell’inchiesta: «Non siamo noi
che blocchiamo la discarica,
Alli si è auto bloccata». Una risposta per nulla velata alle dichiarazioni dello stesso Melandri, che nei giorni scorsi
aveva lanciato un appello su
come uscire dallafase di stallo
sopraggiunta con le indagini.
Ancora più diretto, il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli: «Il problema resta su chi
deve gestire la discarica, ma
noisiamoestranei aquestatematica, anche se siamo stati
forzatamente tirati dentro. Il
funzionamento della raccolta
dei rifiuti non può avvenire al
prezzo di causare un disastro
ambientale per l’assoluta inadeguatezza della discarica».
sa.pu.
CATANZARO - «Indagato
l’assessore regionale all’Ambiente; interdetto dai pubblici
uffici il Commissario per l'emergenza, già assessore comunale con Scopelliti sindaco. E intanto la Calabria non
ha una discarica, quelle che ci
sono stanno per esaurirsi,
non ha un progetto per affrontare l'emergenza, non ha
un piano serio e credibile». Lo
sostiene, in una nota, il deputato del Pd Franco Laratta.
«La Camera, a fine giugno –ha
aggiuntoil parlamentare–ha
approvato all’unanimitàla relazione della Commisssione
bicamerale per il Ciclo dei rifiuti, lanciando l’allarme per i
gravi e imminenti rischi che
corre la nostra regione. In
quell'occasione, insieme al capogruppo del Pd alla Regione
Sandro Principe, abbiamo
chiesto a Scopelliti di favorire
la fine della gestione emergenziale e di aprire un confronto con le forze politiche
per meglio affrontare l’emergenza. Ma dal governatore solo silenzio. Qualche mese fa
Scopelliti ha dichiarato: “Abbiamo il Commissario per
l’emergenza Melandri, che è
un generale della guardia di
finanza, un uomo del fare, indicato dal Governo dopo una
valutazione con me.Quando è
stato assessore a Reggio Calabria ha portato una rivoluzione culturale, perchè in Calabria c'è bisogno di uomini che
Il deputato Franco Laratta e il sostituto procuratore, Carlo Villani
sanno fare scelte di rottura.
Oggi stiamo lavorando per costruire un modello efficiente,
ma abbiamo bisogno di tempo
e di accelerare gli intervisti
previsti”».
E se da un lato l'ennesima
inchiesta sui rifiuti, coordinata dal pm Carlo Villani, e l’importante azione della magistratura e delle forze dell’ordine afferma la legalità e la forza
delloStatonel reprimereireati, dall’altro mette a nudo il re
sulle ecomafie e gli interessi illegali sul ciclo dei rifiuti. Lo
sostiene, in una nota, Legambiente Calabria. «Si confermano le nostre preoccupazioni –
aggiunge –sul fallimento delle esperienze commissariali
che si sono succedute in circa
unventennionero ediquanti,
anzichè avere a cuore ed assumere responsabilmente scelte
ed azioni politiche incisive ed
efficaci per la gestione integrata ed efficiente dei rifiuti,
usano la gestione commissariale come leva del malaffare».
Per i Giovani democratici di
Catanzaro «sono passati mesi
dalle promesse della campagna elettoralee dagliannunci
del post elezioni, quando si
parlava di una taskforce pulizie per una città che il neo sindaco voleva splendente e da allora nienteè cambiato,anzi, la
situazione è degenerata e peggiorata. Basta girare per le
strade della città per capire».
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Da sx al tavolo:
il comandante
del Noe,
Gaetano
Lardieri, il
comandante
provinciale
dell’Arma,
Giorgio
Naselli, i
procuratori
Giuseppe
Borrelli e
Vincenzo
Lombardo, il
generale della
Finanza
Salvatore
Tatta, il
comandante
del Nucleo di
polizia
tributaria della
Guardia di
Finanza di
Catanzaro,
Fabio
Canziani, e il
colonnello
della finanza,
Fabio Bianco
CATANZARO - Mentre a Catanzaro la Guardia di finanza e i Carabinieri notificavano i
provvedimenti scaturiti dall'inchiesta “Pecunia non olet bis”, a Roma era stato convocato da qualche giorno un incontro per decidere sul futuro del commissariamento
emergenziale per i rifiuti in Calabria. Intorno al tavolo il responsabile nazionale della
Protezione civile, Franco Gabrielli, il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, il
commissario Graziano Melandri. L'incontro, nonostante la nuova bufera giudiziaria
che ha travolto prima di tutto l'Ufficio governativo, c'è stato, ma si è chiuso con un
rinvio, dopo un'analisi complessiva della situazione. Bocche cucite da parte
dei presenti, volati a Roma in tarda mattinata e rientrati ieri sera.
Perché dopo i nuovi provvedimenti voluti dalla Procura di Catanzaro il dubbio è stringente:
continuare un commissariamento lungo tredici anni, oppure ridare la palla alle istituzioni ordinarie?
Ed a questo si è aggiunto un
nuovo oggetto di discussione: se
lunedì, al termine degli interrogatori di garanzia, scatterà l'interdizione
dai pubblici uffici per il commissario Melandri che fine farà l'Ufficio? Dubbi non di poco
conto, che mettono in discussione l'intero sistema emergenziale, sul quale bisognerà
prendere una decisione definitiva, senza
tergiversare, dal momento che tra due giorni il commissariamento sarà senza una guida e senza due tecnici come Domenico Richichi, che fino a poco tempo fa è stato il responsabile unico del procedimento per la discarica di Alli, e Simone Lo Piccolo, responsabile
area amministrativa e finanziaria, nonostante la sua giovanissima età.
La riunione romana, dunque, si sarebbe
chiusa con un “rivediamoci molto presto” e
con la necessità di approfondire i tanti temi
sul tavolo, per decidere come proseguire.
D'altronde, una chiusura immediata dell'Ufficio appare impossibile, anche solo dal
punto di vista tecnico. Pratiche aperte,
emergenze più di quante ve ne fossero tredici anni fa, spazzatura per le strade e discariche stracolmi. Difficile anche solo pensare
che qualcuno possa prendere in mano una
bomba ad orologeria pronta ad esplodere,
“Nasty Embassy”
A dare il via alle indagini le dichiarazioni
di un collaboratore di giustizia
Auto e dolci per la malavita
Cinque persone arrestate per estorsione. La vittima incontrava il “carnefice” in clinica
In carcere, sono finiti predi TERESA ALOI
sunti affiliati alla cosca Lo
CATANZARO - A leggere le Bianco di Vibo Valentia, a sua
carte, l'auto preferita era la volta collegata al clan dei
Bmw (station wagon o berli- Mancuso di Limbadi, tutti acna), ma anche la Mercedes non cusati, a vario titolo di estordispiaceva. Specialmente se sioni aggravate dal metodo
non pagate. Unico filo condut- mafioso: Andrea Mantella, 39
toreun imprenditoredelvibo- anni, e Francesco Scrugli, 41,
nese titolare di una concessio- di Vibo Valentia; Francesco
naria d'auto completamente Antonio Pardea, 25 anni, di
Tropea; Salvaassoggettato
tore Morelli,
al volere della
28 anni, e Vinmalavita locacenzo Mantelle, al punto da
la, 25 anni, di
recarsi persoVibo.
nalmente da
«Una vicenchi lo vessava
da tipicamenportando in
te mafiosa - ha
dono persino
spiegato il proun vassoio di
curatore agdolci.
giunto di CaCinque le
tanzaro Giupersone arreseppe Borrelli state
dalla
che dà l'dea di
Squadra mobiquanto il cittale diCatanzaro
dino si lasci
in esecuzione
condizionare
di altrettante Salvatore Morelli
da quelle perordinanze di
custodia cautelare relative ad sone che hanno un tale domiun episodio di estorsione: nio senza neppure la necessità
quattro notificate a persone di esplicitare minacce». Come
già detenute, mentre la quinta dire basta la loro presenza ad
è stata eseguita nel vibonese, incutere timore. Perché quelarea in cui sarebbero stati lo che gli investigatori (l'incommessi i reati. L'operazio- chiesta è stata portata avanti
ne denominata in codice “Na- dal sostituto procuratore delsty embassy”, ovvero “Amba- la Dda Pierpaolo Bruni con il
sciate sporche” dà il senso di coordinamento dell'aggiunto
come i rapporti della crimina- Borrelli, che personalmente,
lità organizzata erano radica- assieme al capo della Mobile,
ti sul territorio anche se chi Rodolfo Ruperti, ha raccolto
gestiva gli affari non lo era “fi- le dichiarazioni della vittima)
sicamente”, perché ristretto hanno portato alla luce moagli arresti domiciliari in una stra «l'assoggettamentoassoluto ed inesorabile dell'imclinica per motivi di salute.
Andrea Mantella
Vincenzo Mantella
Francesco Scrugli
Francesco Antonio Pardea
prenditore al volere della malavita locale a tal punto che
non solo non ha denunciato
gli estortori, ma ha provato
anche a negare di sottostare
alle angherie dei suoi aguzzini, smentito però clamorosamente dalle intercettazioni e
dalle altre risultanze di indagine».
A dare il via alle indagini
con le proprie dichiarazioni
rilasciate all'inizio dell'anno,
il collaboratore di giustizia
Samuele Lo Vato, affiliato al
clan Forastefano, che durante
la sua permanenza nella stessa clinica - “Villa verde”a Donnici nel Cosentino - aveva conosciuto Andrea Mantella,
con il quale si sarebbe instaurato un buon rapporto, tanto
da indurre i due a progettare
future attività da realizzare
insieme.
«Racconti puntualmente
riscontrati con intercettazioni, documentazioni, sommarie informazioni e quant'altro» è stato spiegato nel corso
della conferenza stampa durante la quale era presenti il
procuratore capo di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, il questore Vincenzo
Roca, il capo della Squadra
mobile Rodolfo Ruperti, ed il
suo vice Angelo Paduano.
Andrea Mantella, dunque,
ritenuto un elemento di spicco
della cosca Lo Bianco all'interno della quale, comunque, godrebbe di un buon margine di
autonomia tale da consentirgli, secondo gli inquirenti, anche di potersi “mettere in proprio”. Lui, che si trovava in clinica e che proprio dalla struttura sanitaria, come emerso
dall'inchiesta, mandava agli
imprenditori le sue “Ambasciate sporche” attraverso i
suoi gregari, i quali si recavano tranquillamente nella
struttura sanitaria a fargli visita, per la commissione delle
estorsioni. Lui, che dava incarichi di svolgere commissioni
per suo conto e che si compiaceva di come il compito veniva
svolto ottenendo la totale subordinazione del gregario che
gli dimostrava di conseguenza la sua disponibilità ad attuare le direttive come se fosse
una sua lunga manus. Lui,
che parlava di rituali della
nuova ‘ndrangheta, di immaginette di santi.
«Troppi boss
ricoverati
in clinica»
CATANZARO - C’è una
condizione che emerge in
tutta la sua drammaticità
dall'inchiesta “Nasty embassy”: la straordinaria
“morbidità” degli ‘ndranghetisti che si ammalano
quando vengono arrestati. E così è inevitabile che
«se tutti vengono posti ai
domiciliari nelle stesse
strutture - ha detto l’aggiunto Borrelli che ha posto l’accento anche sulla
cronica mancanza di uomini e mezzi - la cosa non
puòche costituireunenorme problema, perchè i cautelati sono sì ristretti nella
struttura sanitaria, all'interno della quale però hanno una certa libertà di movimento, senza che questo
comporti la responsabilità
di qualcuno in particolare.
E ciò trasforma quel posto
in un luogo protetto di incontri, di scambi, di attività varie». Come è accaduto
a “Villa verde” dove la possibilità di ricevere visite ,
dove fare nuove utili conoscenze e con una notevole
capacità di comunicazione
con l'esterno, dove ricevere
le stesse vittime non era
certo un problema.
t.a.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
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Venerdì 18 novembre 2011
10 Primo piano
Venerdì 18 novembre 2011
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Venerdì 18 novembre 2011
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Ricatti e minacce
Antonino Franco Consolato
Truffe e fango
per professione
Rosa Bruzzese
Tre arresti a Reggio. Coinvolto un agente di polizia e la moglie
Vittime i Marcianò, Congiusta e il fratello di Orsola Fallara
Rinviato per impegni istituzionali l’interrogatorio dell’ex sindaco Scopelliti
Bilancio, i revisori dei conti non rispondono
REGGIO CALABRIA - Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i tre revisori dei conti del Comune di Reggio Calabria indagati
nell’ambito dell’inchiesta della
Procura di Reggio sul cosiddetto
«caso Fallara». Un atteggiamento
inatteso da parte di “professinisti”
istituzionali, che tuttavia evidentemente hanno
preferito
non
esporsi alle domande dei magistrati. Carmelo
Stracuzzi, Alessandro Ruggero
De Medici e Domenico D’Amico, erano in carica negli
anni
oggetto
dell’indagine della Procura. E ieri
si sono presentati
Scena muta
davanti
ai pm
Tripodi
e Ombra
davanti ai pm Francesco Tripodi e
Sara Ombra, dopo essere stati raggiunti, nelle scorse settimane, da
un invito a comparire insieme
all’ex sindaco Giuseppe Scopelliti.
Ai Pm, alla presenza dei propri difensori hanno semplicemente detto di volersi avvalere del diritto di
non parlare, previsto per gli indagati. Per ieri era previsto anche
l’interrogatorio del governatore
Scopelliti che però è stato rinviato
per impegni istituzionali a Roma.
Anche Scopelliti, nella sua qualità
di ex sindaco di Reggio Calabria,
aveva ricevuto nelle scorse settimane un invito a comparire. Tra
l’altro il governatore era già stato
sentito e in passato ha sempre collaborato fornendo la propria versione dei fatti e respingendo ogni
addebito. Un atteggiamento molto
diverso rispetto a quello dei tre re-
visori dei conti.
L’inchiesta è stata avviata dalla
Procura di Reggio nei mesi scorsi
in seguito alle denunce di esponenti del Pd reggino su indebite competenze erogate alla dirigente
dell’Ufficio finanze del Comune,
Orsola Fallara. Quest’ultima, indagata dalla Procura per abuso
d’ufficio in relazione alla percezione di una somma di 750 mila euro,
si suicidò nel dicembre scorso ingerendo acido muriatico all’indomani di una conferenza stampa nel
corso della quale aveva detto di essere «stata distrutta» e ribadendo
la legittimità degli atti. L’inchiesta
si è poi estesa e la Procura reggina
ha disposto una serie di accertamenti tecnici sui conti del Comune
dai quali sarebbero emerse una serie di irregolarità nei bilanci.
g.bal.
Gli appunti contenuti nell’agendina del poliziotto Antonino Consolato Franco
I carabinieri li aspettavano nell’ombra
Angelo Belgio
Per l’omicidio di Locri avvicinarono anche i Cordì
A Ortì il poliziotto
fermato col complice
Chiesero 10mila euro
per scagionare Marcianò
investigativo. Ci sono altre lettere,
ci sono telefonate e ci sono messaggi che arrivano sui telefonini delle
vittime. Fin quando, al termine di
una lunga trattativa, si stabilisce
un prezzo. Soldi da lasciare in una
busta a Ortì. Il denaro viene abbandonato nel luogo indicato, tenuto
in stretta osservazione dai carabinieri che se ne stanno acquattati
attorno alla zona. Passano pochi
giorni e una notte arriva un’auto
con due uomini a bordo. Quando
gli sconosciuti si trovano a pochi
metri dal denaro scatta la trappola. I carabinieri saltano fuori e
bloccano gli esattori.
Ed è qui la prima
sorpresa, si tratta di
un poliziotto, Antonio Consolato Franco e di Angelo Belgio. L’agente della
questura di Reggio
Calabria, dice di
non sapere nulla di
buste e di soldi, ma
di essersi recato nel
cuore della notte in
quel luogo per incontrare un latitante. Belgio sarebbe il
suo gancio nell’operazione. Un confidente. La storia però non trova riscontro. I superiori del
poliziotto non ne
sanno nulla, né esistono ordini di servizio su operazioni
coperte. Insomma
una palla. Un bugia
he trova ulteriore
conferma con le coseguenti perquisizioni. A casa del poliziotto saltano fuori carte intestate della questura e fogli timbrati
dall’allora pm Francesco Mollace,
Buste simili a quelle mandate per il
ricatto e una serie di file nei computer. Franco lascia una marea i
tracce e viene fuori che nelle operazioni è coinvolta anche la moglie
dell’agente, Rosa Bruzzese. Sarebbe stata lei, che lavora in un negozio di telefonia del cognato di Paolo
Fallara, a convincere una sua collega Mihaela Motas (denunciata)
ad acquistare schede telefoniche
(in un altro esercizio) intestate a
persone estranee ai fatti. Telefoni e
sim da usare per contattare le potenziali vittime.
g.bal.
segnare la missiva all'attenzione di Francedi PASQUALE VIOLI
sca Bruzzaniti, moglie di Alessandro MarSIDERNO - Antonino Franco aveva indaga- cianò. All'interno di questa seconda busta
to per ragioni di servizio anche sulla fami- c'erano 5 fogli contenenti le istruzioni da seglia Cordì di Locri, ne conosceva gli appar- guire per ottenere, in cambio del pagamentenenti e le vicende giuridiche. Ma più di to di 10.000 euro, alcuni documenti comtutto aveva contezza di quello che è successo provanti l'estraneità di Alessandro Marciadurante le investigazioni sul delitto dell'o- nò e suo figlio Giuseppe e nell'esecuzione
norevole Franco Fortugno, avvenuto a Lo- dell'omicidio dell'onorevole Fortugno.
Nella lettera erano riportate le modalità
cri il 16 ottobre del 2005 per cui è stato condannato in primo e secondo grado come da seguire passo passo la consegna dei soldi
mandante Alessandro Marcianò, marito di e per poi ricevere i documenti promessi. “Se
noi avremo problemi - c'era scritto nelle
Francesca Bruzzaniti.
Anche per il depistaggio sul delitto che ha istruzioni - prima di sabato, chiameremo a
sconvolto la Calabria e l'Italia intera il duo casa e diremo dite alla signora che è tutto
composto da Antonino Franco e Angelo rinviato”. All'interno di una delle buste c'eBelgio ha operato su un sistema per loro col- rano anche duefogli. Il primo erauna copia
laudato. Per “sconvolgere” l'esito delle in- apparentemente di un atto della Polizia di
Stato riguardo una relaziovestigazioni hanno chiesto
ne della Squadra mobile del
alla famiglia di Marcianò 10
1° trimestre dell'anno 2006.
mila euro, cercando di fare
Nel secondo foglio era pre“abboccare” i parenti degli
sente un'effigie fotografica
imputati con degli stralci di
di una persona di sesso
relazioni della Polizia. Ma
maschile raffigurante un
già nel 2008 gli uomini delsoggetto in via di identifical'Arma erano sulle tracce del
zione. Il cerchio si chiuse il
complotto. Infatti nel gen17 gennaio del 2008, a pochi
naio del 2008 su disposiziogiorni dal ritrovamento delne del magistrato della Dda
le buste alla scogliera di Afridi Reggio Calabria Mario
co. Infatti ai carabinieri della
Andrigo, che aveva coordiCompagnia di Locri, si prenato anche le indagini sul desentarono alcuni familiari
litto Fortugno, il maggiore
di uno degli imputati nel
Ciro Niglio, comandante delprocesso Fortugno e persola Compagnia Carabinieri di
ne vicine alla famiglia Cordì
Locri, inviava un' equipagdi Locri. Accompagnati dai
gio del Nucleo Operativo al Francesco Fortugno
loro legali i Dessì e i Bruzzachilometro 72 della statale
niti riferirono agli uomini
jonica 106 a Capo Bruzzano,
dell'Arma che nel loro giare più precisamente presso “la
dino di casa nei pressi del
Scogliera”di Africo, al fine di
cancello di ingresso, trovaeseguire un'ispezione dei
rono due buste di carta, enluoghi rivolta alla ricerca di
trambe di colore giallo avvoldocumentazione relativa alte da cellophane, con una
l'omicidio
dell'onorevole
targhetta in carta da cui riFrancesco Fortugno.
sultava dovevano essere inL'esito dell'ispezione fu
sorprendente, infatti presso una costruzio- dirizzate a Francesca Bruzzaniti e Mirco
ne diroccata, adibita a chiosco nella stagio- Monteleone. Tutti i soggetti avvicinati da
ne estiva, sotto una lastra di cemento arma- AntoninoFrancoe AngeloBelgioeranopato venne trovato un sacchetto azzurro con- renti o persone vicine agli imputati del protenente un foglio di plastica trasparente cesso per l'omicidio Fortugno. A loro venicon all'interno una busta per lettera chiusa. va rivolta una richiesta di denaro in cambio
Sul retro della busta era incollata un'eti- di prove per scagionare i parenti dalle accuchetta bianca con scritto “Per la signora se di avere fatto parte del gruppo che organizzò l'omicidio Fortugno eagì il 16 ottobre
Bruzzaniti”.
Il materiale è stato immediatamente po- del 2005 a Palazzo Nieddu del Rio a Locri.
A rilevare la presenza di Antonino Fransto sotto sequestro ma per accertarne l'effettivo contenuto la busta è stata aperta sot- co a Locri nei giorni in cui vennero conseto il vigile controllo della Sezione Investiga- gnate le buste con il tentativo di ricatto, fuzioni Scientifiche del Comando Provinciale rono alcuni appartenenti della stessa famidei carabinieri di Reggio Calabria. All'in- glia Cordì, che individuando la presennza
terno della busta erano contenuti un'altra di Franco ne identificarono anche la macbusta chiusa, riportante un' altra etichetta china portando la targa ad una agenzia di
scritta con il computer e che invitava a con- pratiche auto
REGGIO CALABRIA - Sono i primi
giorni di aprile del 2008 quando a
casa di Paolo Fallara, fratello di Orsola, viene recapitata una lettera.
Niente timbro postale né francobollo, segno che la missiva è stata
messa direttamente nella cassetta
della posta da una “manina” ben
informata. Nella busta ci sono pochi fogli. Il primo contiene il frontestipizio di mandato di arresto. Ci
sono nove nomi. Otto sono coperti
con il bianchetto, l’ultimo è quella
della dirigente del settore finanze
del comune di Reggio Calabria.
Nel secondo foglio c’è l’ultima pagina dello stesso provvedimento.
Altre due pagine
contengono la motivazione. Gli anonimi interlocutori, arrestati ieri mattina,
spiegano che quella
è, un’ordinanza di
custodia cautelare
in carcere da eseguire nelle settimane
successive. Scrivono che sono in grado
di fornire il resto del
materiale (l’intero
fascicolo) e di far sapere per tempo la data dell’operazione.
Poi avvertono che
l’affare avrà un
prezzo, 30 mila eu- Orsola Fallara
ro, e invitano la Fallara a starsene zitta
in attesa di istruzioni. In una passaggio
c’è poi un riferimento ai nomi coperti. Si
tratta,
secondo
quello che scrive
l’anonimo, di personaggi importanti.
L’inchiesta infatti è destinata a
creare scalpore, a far tremare i palazzi, i giornali insomma ne avrebbero parlato per mesi.
Paolo Fallara, avverte la sorella e
assieme decidono immediatamente di sporgere denuncia ai carabinieri del Comando provinciale. Si
scopre così che non esiste alcun
mandato nei confronti della dirigente comunale e che è tutto falso.
Ma Paolo Fallara fa di più. Si mette
a disposizione della legge per far
pizzicare i truffatori. Con gli uomini dell’arma si pensa di far credere
agli anonimi che l’accordo si può
trovare. Si tende insomma una
trappola. Le settimane successive
saranno intense dal punto di vista
Stavano andando
a prendere i soldi
lasciati dalla vittima
Nelle buste copie
di informative
della Polizia di Stato
dolore e ancora in attesa di avere giustidi GIOVANNI VERDUCI
zia per la morte violenta del giovane fiSIDERNO - E’ l’otto febbraio del 2008 glio.
Il progetto non sortì nessun effetto. La
quando il postino suona al campanello di
casa Congiusta per consegnare una lette- mattina dell’otto febbraio, infatti, Roberra: una lettera di minacce. Gianluca Con- ta Congiusta ha denunciato tutto presso
giusta era stato ucciso tre anni prima, gli uffici del commissariato di Siderno.
per il suo omicidio è stato condannato Gli investigatori della polizia di Stato,
all’ergastolo il boss Tommaso Costa, ma all’epoca dei fatti guidati dal vice questoAntonino Franco Consolato: poliziotto ri- re aggiunto Rocco Romeo, avviarono subito le indagini sul caso.
tenuto il “regista” dei depiAnzi di più, provarono a ristaggi e dei ricatti, insieme
spettare il messaggio riceai suoi “compari aveva devuto dalla famiglia Conciso di applicare il suo sigiusta e contestualmente a
stema anche a Mario Conpreparare una trappola a
giusta e ai suoi familiari.
coloro che avevano inviato
Il messaggio, spedito
la missiva. All’appuntadentro una busta bianca
mento, però, non si presencon tanto di affrancatura,
tò
nessuno.
reca il timbro di partenza
Ieri, poi, gli uomini del codal centro di smistamento
mando provinciale dell’Ardel sette febbraio del 2008.
ma di Reggio Calabria, diL’indirizzo è scritto con
retti dal colonnello Pagrafia incerta ed in stamsquale Angelosanto, hanpatello, sulla busta si legno chiuso il cerchio delle
ge: “Per.. Mario Congiusta
loro indagini e hanno
-Via Michele Bello - 89048 stretto le manette ai polsi
Siderno - RC”.
del poliziotto della sezione
Dentro la busta un foglio Gianluca Congiusta
Criminalità organizzata
di quaderno ed un messaggio preciso dal contenuto ricattatorio: della Squadra mobile reggina, alla mo«Se non segui le mie istruzioni diamo ai glie e al terzo componente della banda: il
Costa le prove che sono stati i Salerno a giovane reggino Angelo Belgio che lo
uccidere Gianluca. Porta 50 mila euro in stesso Antonio Consolato Franco provò
una busta da spazzatura nira. Lunedì un- ad accreditare presso i propri superiori
dici lascia tutto nel monumento di tuo fi- come un “informatore prezzolato”, in
grado di offrire spunti investigativi integlio e vattene. Alle due di notte».
Il gruppo, quindi, aveva provato il pri- ressanti sulle cose di mafia della città delmo abboccamento con la famiglia Con- lo Stretto.
Ad incastrarli è stata la lettera “b” rigiusta. Aveva fatto capire loro di essere in
possesso di prove “sconvolgenti” portata sulla missiva, una lettera del tutsull’omicidio del giovane imprenditore to simile a quella vergata sulle lettere insidernese e che, per poterle avere in ma- viate alla famiglia Fallara e ai parenti dei
no, avrebbero dovuto sborsare cinquanta Marcianò: «Una vera e propria firma mila euro. Un prezzo altissimo per una scrivono gli investigatori nell’ordinanza
verità fittizia, creata ad arte per spillare di arresto - che riconduce al gruppo cridel denaro ad una famiglia affranta dal minale in narrativa».
Siderno. Intimidazione nel giorno del blitz
Bottiglia con benzina
e stoppino davanti casa
SIDERNO - Messaggio inquietante per
la famiglia Congiusta. Questa volta, però, non stiamo parlando degli esiti
dell’operazione chiusa dai carabinieri
del comando provinciale di Reggio Calabria. Ma di un’intimidazione che si è consumata, nella tarda mattina di ieri, a
danno di Mario Congiusta e della sua famiglia.
Davanti al portone d’ingresso dell’abitazione di via Michele Bello numero 17,
infatti, è stato depositata una bottiglia di
plastica, di quelle che solitamente contengono olio per motori automobilistici,
ed un foglio di carta ripiegato su se stesso per dare corpo ad una sorta di stoppino rudimentale.
A scoprire il tutto è stata Roberta Congiusta, la giovane sorella di Gianluca:
l’imprenditore sidernese ucciso a maggio del 2005. Chi ha agito lo ha fatto con
cognizione di causa, ha seguito gli spostamenti della donna e, prima di entrare
in azione per depositare il “messaggio”
davanti all’uscio di via Michele Bello, ha
aspettato che Roberta Congiusta uscisse
di casa. Per muoversi senza particolare
patema d’animo gli ignoti “postini” hanno avuto circa un’ora di tempo. La fascia
oraria è ben definita, la figlia di Mario
Congiusta, infatti, ha lasciato casa a bordo della propria auto alle undici e quaranta e vi ha fatto rientro, solo allora scoprendo la bottiglia e lo stoppino rudimentale, quando mancavano venti minuti alle tredici.
Pochi istanti dopo la famiglia Congiusta ha contattato le forze dell’ordine chiedendo il loro intervento in via Michele
Bello. Sul posto si sono portati i carabinieri della stazione di Siderno, diretti dal
comandante della compagnia di Locri il
tenente Nico Blanco, e gli agenti delle
Volanti del locale commissariato, coordinati dal vice questore aggiunto Stefano Dodaro.
Roberta e Mario Congiusta, accompagnati dall’avvocato Giuseppe Sgabellone, sono stati sentiti dagli investigatori
presso la caserma dell’Arma di Siderno,
guidata dal maresciallo Luigi Zeccardo.
I carabinieri in via Michele Bello
Le indagini saranno condotte dai militari dell’Arma che, sotto la guida del colonnello Giuseppe De Liso, hanno informato i magistrati della Procura della Repubblica di Locri ed hanno effettuato i rilievi in via Michele Bello. La bottiglia,
che conteneva residui di liquido infiammabile, e lo stoppino imbevuto di benzina
sono stati sequestrati e, nelle prossime
ore, verranno analizzati dagli specialisti
della quarta Sezione investigazioni
scientifiche dell’Arma al fine di isolare
eventuali impronte.
Contestualmente i carabinieri della
compagnia di Locri hanno provveduto a
controllare le registrazioni delle telecamere che si affacciano sulla via Michele
Bello: una piccola traversa del centro sidernese, nei pressi di corso della Repubblica. Dai video potrebbero giungere informazioni importanti ai fini investigativi.
«Si tratta solo di uno sciocco e maldestro tentativo di intimidazione - ha detto
Mario Congiusta - e sono fiducioso nel lavoro delle forze dell’ordine».
gio.ve.
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L’inchiesta della Procura
della Repubblica di Reggio
partita nel marzo del 2008
|
«Metti i soldi nel sacco
o diciamo tutto a Costa»
Costruivano falsi atti giudiziari da vendere
a familiari di persone coinvolte in indagini
sone a vario titolo coinvolte, realmente o ipoteticamendi GIUSEPPE BALDESSARRO
te, in vicende giudiziarie».
Secondo quanto spiegato dal comandante provinciaREGGIO CALABRIA - Costruivano atti giudiziari
le dell’Arma Pasquale Angelosanto e dal nuovo comanfalsi e poi tentavano di “piazzarli” in giro. Chiamavadate del Nucleo investigativo Michele Miulli, i fatti rino al telefono le proprie vittime e in cambio di soldi si
salgono al periodo compreso fra il gennaio e l’aprile del
dicevano pronti a “cedere”carte scottanti. Tutti docu2008. Gli arrestati avrebbero tentato di mettere a segno
menti taroccati, ordinanze di custodia cautelare mai
una serie di truffe, al limite del tentativo di estorsione,
esistite e verbali di interrogatori costruiti ad arte.
facendo sapere ai destinatari di lettere anonime di esseCon l’accusa di associazione a delinquere finalizzata
re a conoscenza di elementi che
alla truffa, all’alba di ieri, sono fiavrebbero potuto determinare la loniti in manette un gruppo di proro condanna o l’assoluzione in rifefessionisti del fango. I carabinierimentoavicende giudiziariecheli
ri del Comando Provinciale di
riguardavano. Monnezza, nulla di
Reggio, hanno arrestato un
più, ma che poteva passare per vera
agente della Polizia di Stato, Anagli occhi di persone inesperte.
tonino Consolato Franco, 51 anSempre identica la tecnica, prini, Angelo Belgio, 40 anni, e Rosa
ma le lettere anonime con stralci di
Bruzzese, 42 anni, moglie di
atti giudiziari, poi le telefonate per
Franco, alla quale sono stati controvare un accordo, quindi la ricessi i domiciliari. Professionisti
chiesta dei soldi. Per il gruppo è fidell’imbroglio, si diceva, con la
nita però male. Tant’è che gli invecapacità di intercettare persone
stigatori li hanno praticamente
particolarmente sensibili. Quasi
pizzicati sul fatto. Trovando tra l’alsempre soggetti che avevano protro una serie di prove a seguito di alpri parenti coinvolti in processi,
cune perquisizioni domiciliari.
oppure familiari di persone che
Durante l’operazione, sono stati sepotenzialmente potevano essere
questrati file, computers, memorie
tirate in ballo in inchieste. La suggestione e il timore faceva il re- L’anticipazione del Quotidiano del 3 ottobre e documenti cartacei. Prove schiaccianti. I magistrati (l’indagine è firsto.
mata dai pm Annalisa Arena e AntoCosì ai Marcianò, imputati nel
nio De Bernardo, mentre il gip è Anprocesso Fortugno, avevano protonino Laganà) ritengono che capo
messo carte che scagionavano i
del gruppo sarebbe stato Franco,
propri congiunti. Mario Congiuche assumeva informazioni risersta, invece, lo avevano minacciato
vate in relazione a importanti vicendi mettere in circolazione verbali
de giudiziarie del Distretto di Regche avrebbero inguaiato il progio Calabria. Era sempre lui a indicesso sull’assassinio del figlio. E a
viduare le persone cui richiedere le
Paolo Fallara, fratello della dirisomme di denaro, e a stabiliva la strategia da seguire.
gente comunale Orsola, avevano spiegato di poter
Angelo Belgio, dal canto sui forniva il necessario supsvelare i segreti su un’inchiesta che riguardava la soporto logistico ed informativo, accompagnando il capo
rella. Bufale, tutte bufale. Che sono state denunciate
in occasione degli spostamenti, del deposito di plichi
dalle vittime eche ora hanno inguaiatolo sbirro infedestinati alle vittime in luoghi concordati, degli apdele e i suoi complici.
puntamenti con le vittime. Rosa Bruzzese dava una
I dettagli dell’inchiesta sono stati spiegati ieri nel
mano all marito nel mantenere i contatti con le vittime,
corso di una conferenza stampa a cui ha preso parte il
attivandosi per mettere a disposizione del gruppo
Procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza ed i vertici
schede telefoniche intestate a terzi ignari, da utilizzare
provinciale dell’Arma.
nelle comunicazioni con le vittime. Un gruppo che per i
L’indagine dei carabinieri ha evidenziato che gli
magistrati godeva di alcune complicità non ancora
indagati avrebbero manipolato informazioni in loro
scoperte, ma che soprattutto era pronto a mettersi in
possesso anche per ragioni d’ufficio «offrendole, in
moto su nuovi obiettivi.
una logica ricattatoria, ai prossimi congiunti di per-
LA LETTERA AI CONGIUSTA
24 ore
Venerdì 18 novembre 2011
Praia a Mare. La società Anover ha acquistato parte dei terreni e si apprestava ad abbattere i muri
Sequestrata l’area della Marlane
Si ritiene che possano essere raccolti ancora elementi utili al processo
IL CASO
di MATTEO CAVA
PRAIA A MARE – Nell'area
della fabbrica Marlane di
Praia a Mare, nell'alto Tirreno cosentino, potrebbero esserci ancora prove utili al processo in corso contro tredici
ex dirigenti della fabbrica tessile.
La Procura di Paola, su richiesta delle Parti civili, ha disposto nuovamente il sequestro. Nell'area, forse c'era già
chi avrebbe voluto costruire o
realizzare
infrastrutture.
Cancellare il passato industriale della cittadina turistica. I muri sono ancora intrisi
di sostanze. Questo sostengono le Parti civili. L'avvocato
Lucio Conte, delegato dalle
Parti civili, che non vogliono
lasciare nulla di intentato, lo
scorso 28 ottobre ha presentato l'istanza in tribunale. I
sostituti procuratori Linda
Gambassi e Roberta Carotenuto hanno quindi firmato il
decreto che dispone: “Il sequestro dello stabilimento industriale Marlane-Marzotto,
sito in Praia a Mare, delegando per l'esecuzione i carabinieri della Stazione di Praia a
Mare”.
Il sequestro giudiziario è
stato emesso anche in sede civile per i campionamenti e le
successive analisi. Vengono
prelevati parti di vernici, si
grattano i muri per verificare
quanto siano impregnati e
quali sostanze, a distanza, ormai, di 7 anni dalla chiusura
possono essere certificate con
analisi specifiche. L'approfondimento è necessario per
individuare i sedimenti delle
sostanze chimiche e valutarne la tossicità. Il 31 marzo
2011, fra l'altro, in una delibera del Consiglio comunale, risulta che la società Anover ha
acquistato dalla MarlaneMarzotto, parte dell'area ed
ha depositato al Comune un
progetto preliminare per la
realizzazione di un porto turistico, darsena, servizi e strutture alberghiere. Lasocietà si
apprestava ad abbattere i muri della tintoria, comportando una modifica radicale.
La Procura sostiene che
possa sussistere il potere del
Pm di raccogliere elementi di
prova utili ai fini dibattimentali anche successivamente al
Decreto che dispone il giudizio. Nel condividere le argomentazioni delle Parti civili,
si ritiene che nel prosieguo
del processo si possano acquisire ulteriori elementi e questo può essere garantito solo
dal vincolo reale sul bene. La
richiesta del sequestro probatorio è firmata dagli avvocati:
Augusto ed Emanuela Marragony, Michele Donadio,
Stefania Laurito, Monica Bovi, Roberto Romei, Antonio
Sorrentino, Salvatore Staiano, Angela Inghilleri, Lucio
Conte, Pasquale Vaccaro, Luca Donadio, Francesco Sirimarco, Antonio Feraco, Pietro Sammarco, Elisa Sorrentino, Bruno Ganino e Antonio
Zecca. E' questa l'ennesima richiesta di sequestro. Tra il
giugno 2010 ed il 17 ottobre
2011, i tecnici Rosario Nicoletti e Raffaele Magnanimi,
nominati dal giudice delle
cause civili, hanno già effettuato almeno sei prelievi. I
campionamenti sono stati
fatti all'interno e all'esterno
dello stabilimento. Attenzione particolare ai muri, ai sistemi di condizionamento,
nelle condotte sotterranee,
nei cunicoli di aspirazione.
Fibre e altro materiale da analizzare. Fra l'altro si è proceduto a controllare eventuali
anomalie fra i sistemi di condizionamento e di aerazione
con la corrispondenza nelle
planimetrie fornite.
Amantea, indagati i proprietari
dei terreni vicino al fiume Oliva
AMANTEA – Si attende per l’interrogatorio
dell’imprenditore amanteano Cesare Coccimiglio, messo agli arresti domiciliari, con
l’accusa di disastro ambientale nell’ambito
dell’inchiesta sui rifiuti nocivi interrati nella
vallata del fiume Oliva, nei comuni di Amantea, Aiello Calabro e Serra d’Aiello.
Coccimiglio, oggi settantacinquenne, è titolare di un’impresa per l’estrazione di materiali per l’edilizia e del trasporto degli stessi.
Nello stesso procedimento penale sono indagati i proprietari dei terreni diventati discarica abusiva.
La loro iscrizione nel registro degli indagati è stata un atto dovuto e presto potrebbero essere ascoltati dagli inquirenti.
p. o.
L'avvocato Lucio Conte, delegato dalle Parti civili
Rifiuti nel fiume
Il Comune
di Pianopoli
denuncia
il Ctu
LAMEZIA TERME - Subito rinviata al prossimo 1
dicembre dal gup di Lamezia, Barbara Borelli, l'udienza sull'incidente probatorio richiesto dalla Procura per l'inchiesta sul
“fiume dei veleni”di Pianopoli. Dovrà essere escusso
il consulente tecnico, l’ingegnere Nigro, nominato
dal gip che, tra l'altro, lo
stesso Comune di Pianopoli ha denunciato sostenendo che, nel corso delle
operazioni di accertamenti sul tratto del fiume Gaccia al centro dell'inchiesta,
avrebbe causato rimozioni
di rifiuti. Come si ricorda,
nell'inchiesta sono coinvolti il sindaci di Pianopoli
e l'ex primo cittadino di Feroleto Antico. L'inchiesta
a luglio del 2010 sfociò nel
sequestro di un tratto di 4
chilometri del fiume Gaccia ai cui argini furono rinvenuti rifiuti sotterrati.
Oltre ai “veleni”agli argini
del fiume, la Procura ha
voluto vederci chiaro anche sui lavori di sistemazione e tutela del fiume
Gaccia appaltati dal Comune di Pianopoli.
A Feroleto Antico, ex
sindaco e tecnici, non sarebbero intervenuti sui lavori di sistemazione e ampliamento di un terrapieno in località Dipodi di Feroleto Antico. Lavori che
avrebbero invaso il letto
del fiume al fine di occuparlo, deviandone il corso
e mutandone lo stato dei
luoghi.Con ciòmettendoa
rischio frana la collina di
Dipodi abitata da 16 famiglie. Oltre al sindaco di
Pianopoli, Gianluca Cuda
e alla sorella Valentina, titolare, insieme al fratello,
della Metalgi, sono indagati anche Antonio Taverna, 46 anni, titolare alla
ditta individuale Tfa, Agostino Lucia, 33 anni, della
Meridionale Asfalti, Pasquale Donato, 54 anni, co
-progettista e direttore dei
lavori, Antonio Maurizio
Diodati, 47 anni, progettista e direttore dei lavori,
Luigi Mercuri, 44 anni, responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Pianopoli, Valentino Falvo, 45
anni e Michelangelo Lucia
di 54 anni, entrambi responsabili dell'ufficio tecnico del Comune di Feroleto Antico, Giuseppe Rocchi, ex sindaco di Feroleto
Antico, Francesco Biagio
Maduli di Rosarno, titolare della ditta anch'essa appaltatrice dei lavori.
L’’inchiesta ora ruota
molto sulla relazione del
consulente tecnico che ha
avuto l’incarico di accertare se i lavori abbiano modificato lo stato dei luoghi, se
risulta deviato il corso del
fiume che potrebbe causare l'esondazione, se i fatti
contestati possano causare un dissesto idrogeologico, nonchè caratterizzare i
rifiuti con carotaggi indicando a quando risalgono
e la loro eventuale rilevabilità.
p.re.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
16 Calabria
24 ore
Venerdì 18 novembre 2011
Il procuratore aggiunto della Dna sentito dal Csm ha consegnato la sua difesa scritta
Cisterna deposita una memoria
Palazzo dei Marescialli dovrà decidere su eventuali provvedimenti disciplinari
di GIUSEPPE BALDESSARRO
REGGIO CALABRIA - E’ durata tre quarti d’ora l’audizione, innanzi alla Prima
Commissione del Csm, del
Procuratore nazionale antimafia aggiunto Alberto Cisterna che nel corso dell’incontro ha consegnato una
“corposa” memoria difensiva scritta. Un documento nel
quale quale ha risposto alle
“segnalazioni” evidenziategli da Palazzo dei Marescialli in seguito all’indagine penale per corruzione in atti
giudiziari aperta nei suoi
confronti dalla Dda di Reggio Calabria in seguito alle
dichiarazioni del pentito Nino Lo Giudice.
Cisterna, durante l’audizione è stato assistito da
Marcello Maddalena, il Procuratore generale di Torino,
e nei suoi confronti non e
stata presa assolutamente
nessuna decisione (l’ipotesi
era di un possibile trasferimento). Pertanto il magistrato reggino continuerà
ad esercitare le sue funzioni
di Aggiunto alla Direzione
nazionale antimafia.
Gli esito della riunione che
si è scolta a Roma nella sede
del Csm si è appreso da fonti
dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura.
La Prima Commissione
tornerà a riunirsi per valutare questa vicenda, nella
quale Cisterna rischia il trasferimento, e potrebbe riconvocarsi il 30 novembre o
il cinque dicembre dopo la
lettura delle carte depostate
dal magistrato.
A Cisterna sono state rivolte poche domande “ma
niente di particolare” anche
perché – fanno notare le fonti del Csm – il numero due
della procura nazionale antimafia «era già stato sentito
in sede di procedimento penale».
L’indagine a carico di Cisterna nasce dalle dichiarazioni di Antonio Lo Giudice,
che si è autoaccusato degli
attentati del 2010 alla pro-
Alberto Cisterna
cura generale di Reggio Calabria, al Procuratore generale Salvatore Di Landro e al
Procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone.
Lo Giudice aveva sostenuto che il magistrato avrebbe
avuto un regalo, probabilmente dei soldi, per far uscire dal carcere e far ottenere
gli arresti domiciliari a suo
fratello Maurizio, anch’egli
collaboratore di giustizia. E
che questo glielo avrebbe riferito un altro dei suoi fratelli, Luciano, condannato per
usura, estorsione e altri reati.
Proprio con Luciano Lo
Giudice il magistrato Cisterna avrebbe avuto una settantina di contatti telefonici tra
il 2005 e il 2007.
«Un rapporto cominciato
– avrebbe spiegato il magistrato nel suo interrogatorio davanti ai pm di Reggio –
per ottenere informazioni
utili alla cattura del boss del-
la ‘ndrangheta Pasquale
Condello e dietro il quale non
ci sarebbe nulla di illecito»
TRa l’altro Cisterna ha sempre negato il suo intervento
diretto sulla decisione di
mandare il fratello di Nino
Lo Giudice, Maurizio, ai domiciliari, perchè malato di
una grave forma di anoressia. Il magistrato infatti fece
una solo una segnalazione
ai magistrati competenti
che si occuparono del caso e
decisero il da farsi sulla scorta di una perizia medica.
Solo quando la Commissione terminerà la propria
indagine presenterà al plenum la sua richiesta di trasferimento. Se riterrà che Cisterna non possa più svolgere le proprie funzioni con
piena indipendenza e imparzialità, o in alternativa di archiviazione. Ma sarà l’assemblea di Palazzo dei Marescialli ad avere l’ultima parola.
Sul lungomare di Reggio violato il parco archeologico sommerso
Furto subacqueo dei reperti
REGGIO CALABRIA - Il Parco archeologico sommerso “Calarcheo”, un percorso
sottomarino fruibile anche dai disabili, è
stato vandalizzato e depredato di uno dei
reperti dove aveva luogo l’iniziativa
dell’associazione “Scuba Point” di Reggio Calabria. L’episodio è accaduto negli
scorsi giorni sul lungomare Falcomatà.
Il primo sfregio dopo quindici giorni
dall’inaugurazione. Ignoti danneggiavano il parco: una delle boe che delimitava l’area, fu sostituita da un agglomerato
di polistirolo comunemente usato dai pescatori come segnale di recupero delle
trappole calate sul fondo.
Dopo un’immersione i responsabili
avevano anche appurato che gran parte
dei reperti che costituivano il percorso
erano sparpagliati sul fondo, o rovinosamente fatti rotolare lungo le batimetrie
più profonde. I reperti furono riposizionati e fu sporta denuncia sull’accaduto
alla forze dell’ordine.
L’epilogo di oggi è il furto di uno dei re-
In aula la legge sull’autosufficienza
perti, un capitello installato a quattro
metri di profondità. «Questo atto rappresenta la più infamante realtà - sottolinea
Filippo Mallamaci di Scuba Point Reggio
- Come si può pensare di essere costruttivi per questa città, per la nostra terra ?
Purtroppo siamo succubi del nostro passato, della nostra pochezza, d'altronde la
storia ci insegna che i migliori hanno
trovato giusta espressione e concretezza
altrove. La vocazione turistica rivolta al
mare, e che da oltre un decennio è nella
bocca dei nostri politicanti, dovrebbe essere assimilata più come una presa in giro che una reale volontà alla svolta. Dispiace credere che altrove i parchi archeologici sommersi siano considerati
una forma evolutiva dell’offerta turistica, mentre a Reggio iniziative del genere
siano considerate come un passatempo
di quattro fanatici, che non hanno niente
di meglio da fare, che rompere le scatole a
coloro che devono pur pescare o bracconeggiare sul lungomare Falcomatà».
Oggi ospite a Catanzaro
Masciari, solo
e scomodo
di FRANCA FORTUNATO
CATANZARO - In occasione della seconda giornata nazionale in favore
dei testimoni di giustizia, la Confederazione
sindacale
provinciale
autonoma di Polizia,
guidata da Patrizia Condello, oggi, alla presenza
del segretario nazionale
Giorgio Innocenti e in
collaborazione con la
Fondazione “Don Francesco Caporale”, ha organizzato un convegno
all'Auditorium Casalinuovo.
Tra gli ospiti ci sarà il
testimone di giustizia
Giuseppe Masciari, l'imprenditore edile, nativo
di Catanzaro, che dal lontano 1997 porta avanti la
sua battaglia contro la
'ndrangheta, che l'ha costretto a chiudere le sue
imprese e, con moglie e
figli, passare sotto il Programma di protezione,
da cui è uscito solo nel
2010. Oggi vive ancora,
sotto scorta, lontano dalla Calabria.
Fulvio Scarpino, presidente della Fondazione, ci fa incontrare Masciari in un albergo cittadino. E' un uomo forte,
coraggioso che non si arrende, Giuseppe Masciari, ma ha dentro tanta
amarezza e tristezza per
essere stato «esiliato»
dalla Calabria e non poter più fare l'imprenditore.
« Una cosa è certa - ci dice - la Calabria non mi
vuole più di tanto, forse
sono scomodo. Evidentemente altri non condividono quello che ho fatto,
e mi vedono come una
persona che ha rotto
qualcosa che non doveva
rompere. Sono l'unico
imprenditore che non
può più tornare in Calabria, nella sua casa, nella
sua terra. Sono un esiliato perché - come il ministero dell'Interno ha
scritto su uno spaccio di
verbale del 2004 - non
posso tornare, essendo
considerato una persona
ad alto rischio di vita. Per
cui non posso rientrare
né io, né i miei due figli
né mia moglie». «Ogni
volta che vengo in Calabria - aggiunge - c'è sempre qualcosa che non
funziona alla perfezione,
come accade, invece, nel
resto d'Italia. La scorta
c'è, non c'è, mi lascia solo, vengono a prendermi
con un solo autista. Forse è tutto premeditato. I
calabresi non mi vogliono, forse perché sono
trascinatore, ho molto
senso dello Stato».
Masciari auspica per
la Calabria una rivoluzione culturale e si dice
fiducioso nei giovani,
stigmatizza la paura e ritiene che si è ancora lontani dall'aver sconfitto la
cultura, la mentalità e il
radicamento mafioso.
Giuseppe Masciari, che
ha denunciato i politici
collusi, prima di lasciarci, si dice non interessato
a candidature anche se
più volte è stato contattato da tutti i partiti.
Acquisita documentazione utile all’inchiesta del pm Dominijanni
Sanità, mobilitazione
della Cgil e dibattito
in consiglio regionale Il sindacalista Pietro Vitelli sentito dagli ispettori del Nisa
Arpacal? Ufficio collocamento
CATANZARO –Oggi mobilitazione nazionale sulla sanità indetta sulla sanità, la
Cgil e la Fp Cgil. In Calabria
si terranno due sit-in, a partire dalle 10.30, davanti agli
ospedali dell’Annunziata di
Cosenza e il Beato Angelo di
Acri. «E' ora di dire basta spiega una nota del sindacato – ai tagli indiscriminati ed
eccessivi su welfare e sanità
decisi a livello nazionale e regionale, ai tagli di un Piano
di rientro che in Calabria sta
provocando solo danni senza diminuire il debito. Il Piano di rientro, tra le altre cose, per la provincia di Cosenza prevede un tasso di posti
letto insufficiente, con punte negative in territori come
lo Jonio». E di sanità si discuterà nel pomeriggio in
consiglio regionale. In Aula
anche la nomina dei tre memembri del Corecom. E poi
la nuova legge sull’autosufficienza. «Confidando che
sia la volta buona» affermano, in una nota, i sindacati
dei pensionati di Spi-Cgil,
Fnp-Cisl e Uilp-Uil. «La Calabria, infatti –aggiungono –è
una delle poche regioni a
non disporre di una legge a
sostegno delle migliaia di
non autosufficienti, la cui
cura e il cui peso socio economico gravano solo ed esclusivamente sulle famiglie. La
condizione di solitudine di
queste ultime rappresenta
per i sindacati dei pensionati
un vulnus grave e testimonia una inadempienza politico istituzionale imperdonabile. Per questo abbiamo
fatto del tema un cavallo di
battaglia unitaria negli ultimi anni. Nella scorsa legislatura, nonostante le pressioni del sindacato e le assicurazioni
e
l’impegno
dell’assessore
regionale
competente, si registrò addirittura una vera e propria
beffa, con il Consiglio regionale che neppure nell’ultima seduta riuscì ad approvare la legge, nonostante
questa fosse all’ordine del
giorno dei lavori. L’attuale
assessore, Francescantonio
Stillitani, ha invece messo in
atto azioni coerenti, predisponendo un nuovo progetto di legge, poi approvato
dalla Giunta, esaminato dalla Commissione consiliare
competente e finalmente approdato in aula».
di STEFANIA PAPALEO
CATANZARO - L'Arpacal?
Un ufficio di collocamento.
È andato giù pesante, ieri
mattina, Pietro Vitelli.
Sentito dagli ispettori del
Nisa, in qualità di “persona
informata sui fatti”, il sindacalista ha ribadito le accuse già lanciate dalle pagine del Quotidiano circa
un'allegra gestione dell'Agenzia regionale per l'ambiente, producendo, a supporto delle proprie dichiarazioni, una nutrita documentazione dalla quale
emergerebbero una serie di
irregolarità che avrebbero
inficiato l'attività dell'Arpacal fin dal 2002.
Si tratta di delibere e documenti destinati a confluire nel fascicolo aperto
dal sostituto procuratore,
Gerardo Dominijanni, e
già sfociato nell'avviso di
garanzia per abuso d'ufficio in concorso a carico del
direttore scientifico Antonio Scalzo, del commissario Domenico Lemma e della responsabile del procedimento, relativo alla nomina di tre dirigenti, di cui
Il pm Gerardo Dominijanni e il sindacalista Pietro Vitelli
uno, Francesco Caparello,
militante tra le fila della Uil
in posizione di tutto rispetto.
Ed è stato proprio su quest'aspetto
dell'inchiesta
che, ieri mattina, Pietro Vitelli ha rilanciato, parlando di un doppio incarico
frutto di trattative poco
chiare. Secondo il sindacalista, infatti, il concorso
DD01 dell'Agenzia regionale per l'ambiente, al quale Caparello era stato ammesso, per poi ricevere l'in-
carico di responsabile di
struttura semplice, sarebbe stato viziato dall'utilizzo
di regole del tutto “amichevoli”, legate ai buoni rapporti che il soggetto sindacalizzato intratteneva con
il management dell'Arpacal prima dell'uscita del
bando concorsuale, quando invece, secondo Vitelli,
la buona etica imporrebbe
che, per il ruolo sindacale
ricoperto, non bisognerebbe nemmeno provare a
chiedere, per sè, una possi-
bile candidatura su eventuali possibilità di ribaltare
le cose e passare dall'altra
sponda, ovvero alle dipendenza nell'Ente.
Dunque, Vitelli ha parlato di alte protezioni di cui
avrebbe goduto il sindacalista in questione, dimostrato dal fatto che nessuno dei vertici Arpacal ha
mai inteso revocare gli atti
del concorso ritenuto dagli
inquirenti di dubbia fattura.
Insomma, accuse pesanti, quelle lanciate ieri da
Pietro Vitelli, le cui dichiarazioni sono state ritenute
dagli ispettori del Nisa,
Francesco Santoro e Francesco Lucia, di grande interesse investigativo, rispetto ad un'inchiesta destinata ad allargarsi a tutti gli
aspetti di una gestione che,
a detta di molti, farebbe acqua da tutte le parti. Al sostituto procuratore, Gerardo Dominijanni, tocca
adesso individuare presunti ruoli e responsabilità, alla luce delle dichiarazioni acquisite ieri insieme
alla documentazione prodotta.
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18 Calabria
Lamezia. Il gruppo dei fratelli Scardamaglia sta realizzando una grande struttura a Feroleto Antico
Bomba al supermercato Standa
Ordigno nella notte causa danni alla vetrata del centro commerciale “La Piazza”
di PASQUALINO RETTURA
LAMEZIA TERME - Forse
le telecamere della videosorveglianza potrebbero
aiutare i carabinieri per individuare gli autori del
danneggiamento, probabilmente a scopo estorsivo,
contro il supermercato “La
Piazza” affiliato al gruppo
Standa, ubicato nella centralissima via Cristoforo
Colombo.
Erano infatti quasi le tre
di notte quando è stato fatto
esplodere un ordigno rudimentale davanti l'ingresso
del supermercato del gruppo Scardamaglia (che recentemente avevano subito
un'altra intimidazione nel
punto vendita di Maierato,
nel vibonese).
L'esplosione ha causato
gravi danni ad una vetrata
dell'ingresso. L’unica cosa
certa è che si è trattato
dell’ennesimo episodio intimidatorio contro imprenditori e attività commerciali della Città.
Di recente infatti su questo fenomeno era intervenuto direttamente il procuratore della Repubblica,
Salvatore Vitello, che parlò
alla fine del mese di ottobre
scorso di «continui atti intimidatori che avvengono
ogni notte e le bottiglie incendiarie, 3/4 per notte, lasciate davanti alle attività
imprenditoriali».
E finanche durante la visita del Papa Benedetto
XVI, il procuratore rivelò
che nella notte, tra il 9 e 10
ottobre scorsi, la ' ndrangheta «ha compiuto gesti
intimidatori a scopo di
estorsione sia verso chi paga e sia verso gli altri». E,
come si ricorda, anche alla
fine di ottobre un altro ordi-
L’ingresso del supermercato “La Piazza”
gno esplose davanti l’ingresso di un’altra importante struttura di vendita
soltanto due giorni dopo
l’inaugurazione. Una bomba infatti nella tarda serata
del 31 ottobre scorso era
esplosa davanti lo store di
Pittarello calzature situato
nel territorio di Feroleto
Antico, nei pressi del Centro commerciale “Due Mari” che è in territorio del Comune di Maida. La bomba
contro Pittarello causò
danni gravi tant’è che per
TOGHE LUCANE
Condannata ex pm
CATANZARO – Claudia
De Luca, ex sostituto procuratore della Repubblica a Potenza ed ora in servizio in un’altra sede giudiziaria, è stata condannata a un anno e sei mesi
di reclusione per l’accusa
di peculato, che gli era
stata mossa nell’ambito
dell’inchiesta conosciuta
come «Toghe lucane». La
sentenza è stata emessa
dal giudice dell’udienza
preliminare di Catanzaro, Antonio Rizzuti, al
termine del giudizio ab-
breviato che è valso alla
De Luca lo sconto di pena
di un terzo, e nell’ambito
del quale il pubblico ministero Gerardo Dominijanni aveva chiesto una
condanna ad un anno e
quattro mesi. La De Luca,
in particolare, secondo le
accuse avrebbe effettuato
con il cellulare di servizio
65 telefonate, nel periodo
tra maggio e ottobre del
2003, al numero telefonico 899 a pagamento per
un servizio di cartomanzia.
Fabrizia. Arrestato un uomo del posto
qualche giorno l’attività
commerciale rimase chiusa per consentire l’esecuzione dei lavori di ripristino.
Pittarello è ubicato a poca
distanza dal costruendo
Centro logistico della Standa nonchè struttura di vendita della grande distribuzione del gruppo Scardamaglia, preso quindi di mira nell’attività del centro di
Lamezia la notte scorsa.
In questo caso spetta ora
ai carabinieri individuare
la pista giusta sull'episodio. Non dovrebbero esserci
dubbi sulla matrice estorsiva dell'episodio nei confronti di uno dei supermercati del gruppo Scardamaglia, fra i più noti non solo
in Città ma in tutta la Calabria.
Affiliato alla Standa, il
gruppo lametino è impegnato anche in territorio
del Comune di Feroleto Antico, per l'apertura di una
grande struttura di vendita in località Stretto - Veraldi.
Le società dei fratelli
Scardamaglia infatti dopo
alcuni ricorsi vinti sia al
Tar che al Consiglio di Stato
per l'autorizzazione a costruire un grande centro
commerciale e una piattaforma logistica di distribuzione della Standa, hanno
avviato questo progetto da
diversi anni fino ad ottenere le autorizzazioni del Comune di Feroleto Antico
già dal 2008.
Ma il supermercato “La
Piazza” è una delle diverse
altre strutture di vendita
della grande distribuzione
che sono ubicate in altri
punti della Città della piana
sempre di proprietà dello
stesso gruppo lametno.
FEROLETO ANTICO
Niente stampa da Pittarello
Solidarietà
a “porte chiuse”
LAMEZIA TERME - Solidarietà e vicinanza a “porte chiuse”. Niente stampa.
Così l’amministratore delegato di Pittarello calzature Spa ha voluto incontrare ieri pomeriggio le organizzazioni di categoria
dopo la riapertura dello
store di Feroleto Antico,
danneggiato da una bomba nella tarda serata del 31
ottobre scorso due giorni
dopo
l’inaugurazione.
L’appuntamento di ieri pomeriggio era stato infatti
fissato per le ore 15, presso
lo store di Pittarello sito
nell'area
commerciale
Maida -Feroleto.
Le organizzazioni di categoria, Confcommercio,
Confesercenti, CNA, Confagricoltura e Confartigianato, avevano annunciato alla stampa, invitata
a partecipare, l’ incontro
con l'amministratore delegato del gruppo commerciale Pittarello Spa per
esprimere «tutta la solidarietà e riconoscenza perché invece di abbandonare
l'area ha deciso di continuare la propria attività
d'impresa; talegesto come
messaggio che la violenza
non arretra il buon lavoro
dell'uomo». Due ore prima
dell’incontro, però, la
stampa veniva avvisata,
senza motivazioni precise,
che Pittarello non gradiva
giornalisti, taccuini, microfoni e telecamere.
Niente clamore dunque
per la riapertura invece il
clamore della bomba contro Pittarello calzature
inaugurato il 29 ottobre
scorso, rimasto vittima
due giorni dopo l’apertura
della mano del racket che
diede così il «benvenuto»
in Calabria al marchio dell'elefante.
Alle 22.45 del 31 ottobre
scorso scorso una bomba
infatti esplose davanti l'ingresso della struttura
causando danni sia all'ingresso che all'interno dell'attività commerciale.
Il grosso ordigno, posto
davanti all'ingresso, provocò infatti ingenti danni
sia all'esterno, mandando
in frantumi tutte le vetrate
d'ingresso, sia all'interno
del negozio.
Danni rilevanti, quindi,
al punto tale che per qualche giorno rimase chiusa
per riparare i danni, causati anche dalle fiamme
spente poi dai vigili del
fuoco di Lamezia giunti
sul posto insieme ai carabinieri che hanno concentrato le indagini sul racket
delle estorsioni.
p.re.
Esponente di Sel, conduce diverse battaglie politiche
In preda a un raptus tenta Bossolo di lupara per Sergio
di soffocare una vecchietta figlio di Sharo Gambino
gressore mentre tentava di fuggire nelle
di BRUNO VELLONE
vie limitrofe al luogo dov’è avvenuta l’agFABRIZIA – Solo l’erronea convinzione gressione, sono stati i Carabinieri della
dell’aggressore di essere riuscito a por- Compagnia di Serra San Bruno agli orditare a termine l’intento omicida ha per- ni del capitano Esposito Vangone e coormesso ad una pensionata di Fabrizia, dinati dal maggiore Carrara che, una
Raffaela Mamone, classe 1923, di potersi volta fermato, lo hanno tratto in arresto
salvare. Erano le prime ore di ieri matti- con l’accusa di tentato omicidio aggravato dai futili motivi e
na quando Domenidalle lesioni. La vitco Antonio Maiolo,
tima, a cura dei soc36enne del luogo,
corritori del 118, è
con precedenti pestata successivanali per tentato omimente trasportata
cidio, col pretesto di
presso l’ospedale di
venderle dei prodotSerra San Bruno doti agricoli si è recato
ve i sanitari, dopo
presso l’abitazione
averla sottoposta ad
dell’anziana signoesami diagnostici
ra che viveva da sola
specifici, gli hanno
in una casa di camriscontrato la fratpagna in località
tura scomposta del“Stanco” nei pressi
lo zigomo sinistro
della strada provinoltre a varie ecchiciale ex ss 501, vicimosi come conseno al centro abitato
guenza delle perdel paese montano
corse subite, per poi
teatro della vile agprocedere al trasfegressione.
rimento presso gli
A seguito del riOspedali Riuniti di
fiuto della pensionaReggio Calabria per
ta l’aggressore si è
una consulenza maallontanato per poi Domenico Antonio Maiolo
xillo-facciale.
ripresentarsi
di
Una volta rientrata, la poveretta verrà
nuovo presso l’abitazione della vittima
due ore e mezza dopo quando, dopo il rin- quindi tenuta sotto osservazione presso
novato rifiuto dell’anziana, in preda ad il nosocomio serrese per constatare il deun raptus l’avrebbe aggredita tentando corso post traumatico derivante dalle ledi soffocarla con uno straccio. Convinto sioni. L’ennesimo episodio questo che
di aver portato a termine la missione di nel vibonese vede come vittima una anmorte, ha trascinato la donna, momenta- ziana. Anche questa volta, infatti, ad esneamente tramortita, fuori dall’abitazio- sere presa di mira è stata un’altra persone per poi darsi alla fuga. La poveretta, na sola sulla soglia della vecchiaia, che
una volta ripresasi è riuscita a chiedere l’ha resa vittima della solitudine e di un
aiuto e a dare l’allarme. A localizzare l’ag- comportamento senza senso.
di SERGIO PELAIA
SERRA SAN BRUNO - Un bossolo di lupara appoggiato sulla
soglia di casa. Destinatario:
Sergio Gambino, figlio del
compianto scrittore Sharo, artista poliedrico impegnato da
anni in diverse battaglie in difesa del territorio e a favore della legalità.
Ieri mattina, intorno alle
7,30, Gambino ha trovato il
proiettile appoggiato in posizione verticale sulla soglia della sua abitazione ed ha subito
avvertito gli uomini del locale
commissariato di Ps. Intanto,
appena si è sparsa la voce, in
tutta la provincia si è levato un
coro unanime di indignazione
e di solidarietà nei confronti del
figlio dello scrittore che più di
ogni altro ha raccontato la Calabria che sta ai margini, oppressa dal predominio malavitoso.
Negli ultimi tempi Sergio
Gambino si è impegnato in
campagne civiche per l'acqua
pubblica e per la salvaguardia
degli ospedali di montagna. Il
suo è un ruolo di primo piano
all'interno della rete dei movimenti in difesa del territorio:
oltre ad essere uno dei fondatori dell'associazione culturale
“Il Brigante”, Gambino è un militante della Rdt “Franco Nisticò”, del Comitato civico ProSerre e del costituendo circolo
locale di Sel. Oltre all'impegno
civico, si diletta anche in componimenti satirici molto segui-
Sergio Gambino
ti su Facebook sotto il profilo di
Ulucci Alì, pseudonimo di un
collettivo di scrittura di cui fa
parte. La sua satira, provocatoria e diretta, prende di mira le
devianze della politica ed ha
un'esplicita connotazione antimafia. D'altronde in questo segue le orme del padre, che fu il
primo, negli anni '70, a scrivere di 'ndrangheta in “La mafia
in Calabria”.Già da giovanissimo, Sergio ha realizzato una
mostra di vignette sulla 'ndrangheta dal titolo “A colpi di
lupara”, ha collaborato con varie riviste a diffusione regionale e nazionale ed ha curato le illustrazioni del libro del padre
“Vi racconto la mafia”, destina-
to alle scuole medie. Da qui a
breve uscirà un volume che raccoglie le sue vignette sulla mafia calabrese, dal titolo “Ccà e fora di ccà”, con la prefazione di
Antonio Nicaso. Il progetto più
recente di cui Gambino fa parte
insieme ad alcuni cronisti locali, infine, è un giornale online,
“Il Vizzarro”, che avvierà le
pubblicazioni proprio in questi
giorni. Il destinatario dell'intimidazione ha riferito che l'episodio «può essere riconducibile
solo all'impegno del nostro
gruppo nel sociale; la cosa che
avvilisce - ha aggiunto - è che
ormai la mentalità omertosa e il
modus operandi della 'ndrangheta ha permeato la nostra società in maniera asfissiante.
Ad ogni modo - ha concluso - le
nostre battaglie sociali e politiche proseguiranno in maniera
ancora più incisiva».
«Convinta solidarietà e vicinanza» è stata espressa dal consigliere regionale Bruno Censore, consigliere regionale Pd e
vice presidente della Commissione Antimafia. «Per le battaglie che conduce e per il suo impegno civico - prosegue Censore – oggi non si può non stringersi attorno a Gambino e a
quanti dedicano il loro tempo a
promuovere la cultura della legalità. Sergio, figlio dell’indimenticato scrittore Sharo, segue la scia del padre e si impegna quotidianamente con ogni
mezzo per combattere la diffusione della mentalità 'ndranghetista».
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Venerdì 18 novembre 2011
REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected]
Bagnara
Montebello
Brancaleone
L’allarme di Romeo Ai domiciliari, ruba
sui rischi delle frane
energia elettrica
Parte la caccia
agli evasori fiscali
a pagina 36
a pagina 35
a pagina 38
Il poliziotto Franco aveva sul computer un elenco di avvocati, politici e giornalisti
Altre 35 vittime erano nel mirino
Allo studio della gang la parlamentare Napoli e l’ex presidente della Provincia Fuda
IL RETROSCENA
IL PARTICOLARE
Belgio come
fonte
informale
a pagamento
UFFICIALMENTE Angelo Belgio avrebbe dovuto aiutare la Polizia ad
arrestare Giovanni Tegano. Così, almeno, è
scritto nella nota di servizio che Antonino Consolato Franco, vice sovrintendente della Questura
di Reggio Calabria, invia
al capo della Squadra Mobile il 3 marzo 2006.
Franco avrebbe segnalato l'uomo, che poi, secondo le indagini dei Carabinieri, si sarebbe rivelato
un suo complice nel sistema di truffe, come una
possibile fonte informativa a pagamento. Nella
relazione firmata da
Franco, Belgio, in passato coinvolto anche in indagini sullo sfruttamento della prostituzione,
viene definito come un
soggetto “inserito molto
bene negli ambienti malavitosi del capoluogo
reggino…omissis…” e
che “…omissis…a spingerlo in una strada così
tortuosa erano i problemi economici che stava
affrontando”. Insomma,
a detta del vice sovrintendente Franco, Belgio
avrebbe manifestato la
volontà di diventare un
confidente della Polizia
per ragioni economiche.
Una conoscenza, quella
tra Franco e Belgio, che si
inquadrerebbe dopo l'arresto, effettuato dai Carabinieri, di Pasquale Tegano, altri elemento di
spicco del clan originario
del rione Archi.
Nelle due pagine di relazione, Franco racconta
dei colloqui avuti con
Belgio, che avrebbe parlato, per sommi capi, di
alcune dinamiche criminali cittadine, accennando anche a fatti specifici
come l'omicidio del boss
Mario Audino. Un percorso, quello di collaborazione con gli inquirenti, che si sarebbe concluso con l'accompagnamento di Belgio dal dirigente della Prima Sezione, Luigi Silipo, oggi vicecapo della Squadra Mobile.
cl.co.
Ecco l’intero contenuto
del file “Zona Sud.co”
La conferenza stampa dell’operazione (foto A. Sapone)
di CLAUDIO CORDOVA
POTEVANO essere le prossime vittime dell'organizzazione. Ben trentacinque di nominativi, contenuti in un file denominato “Zona
sud.doc”, rinvenuto sull'hard disk del computer diAntonino Consolato Franco,il poliziotto
che sarebbe l'anima dell'associazione dedita
alle truffe. Nel suo archivio, Franco li distribuisce in quattro categorie: “zona sud”, “zona
nord”,“zonacentro einterna”e“altri nominativi”.
Personaggi di grande notorietà, appartenenti alle professioni, ma anche al mondo della politica. Si va, infatti, dalla parlamentare
Angela Napoli, da anni in prima fila nella lotta
alla criminalità organizzata, a soggetti come
Alberto Sarra, attuale sottosegretario regionale, e Amedeo Matacena, ex deputato, entrambi con un passato fatto di complicate vicende giudiziarie. E poi, ancora, altri politici
Angela Napoli
come Amedeo Canale, ex assessore comunale
di Reggio Calabria, Pietro Fuda, ex presidente
della Provincia, Umberto Pirilli, per anni europarlamentare, fino a Giuseppe Valentino,
deputato storico del centrodestra, nonché avvocato di grido. E a proposito di avvocati, nell'elenco di Franco, figurano anche legali piuttosto noti in città come Aurelio Chizzoniti (per
anni presidente del consiglio comunale di
Reggio Calabria), Rocco Zoccali e Giorgio De
Stefano. Nominativi che avrebbero riguardato anche altri professionisti come il dirigente
comunale Marcello Cammera, nonché giornalisti come Francesco Gangemi e Riccardo
Partitico, firme di testate giornalistiche come
“Il Dibattito”e“Il Gazzettino di Reggio”.
Diverse categorie rappresentate, dunque,
diversi personaggi assai in vista nel panorama reggino: una trentina di persone. Tra queste, forse, quella che l'organizzazione aveva
designato come prossima vittima della truffa.
Zona sud
Pietro Pezzano
Rocco Zoccali (avvocato)
Francesco Spanò
Cecilia De Lorenzo
Aurelio Chizzoniti
Amedeo Canale
Zona Nord
Francesco Gangemi (di anni 77)
Francesco Gangemi (di anni 81)
Antonio Caracciolo
Nicola Cutrupi
Alberto Sarra
Marcello Cammera
Paolo Bruno
Franco Catalano
Zona centro ed interna
Pietro Fuda
Giorgio De Stefano
Giovanni de Stefano
Domenico Oreste Amodeo
Antonio Michele Franco
Rocco Zoccali
Altri nominativi
Paolo Romeo
Amedeo Matacena
Antonio Morabito
Ugo Colonna
Biagio Gatto
Francesco Montagnese
Antonio Idone
Rizzo Giuseppe
Romeo Francesco
Pellegrino Antonino
Napoli Angela
Pirilli Umberto
Fuda Pietro
L’ORDINANZA
«E’ stato leso il prestigio delle forze dell’ordine»
Duro giudizio del gip Laganà sui tre che hanno attentato all’onorabilità dell’intero sistema giustizia
PER il Giudice perle indagini preliminari, Antonino Laganà, che firma l'ordinanza di custodia cautelare per i
soggetti ritenuti responsabili di alcune tentate truffe nei confronti di soggetti coinvolti in vicende giudiziarie,
la responsabilità degli
indagati appare piuttosto certa, in virtù di diversi parametri quali il
modus operandi, la cronologia degli eventi e le
modalità di scrittura.
I membri dell'organizzazione si sarebbero
resi colpevoli di una “sistematica e “programmata” promessa e garanzia propinata alla vittime di
consegnare a costoro documenti e atti
giudiziari che, riservati e segreti nonché in uso e disponibilità alla sola auto-
rità giudiziaria e a quella investigativa, possono assumere un indubbio interesse personale per le ignare persone offese “sensibili”a queste notizie”.
I tre, tratti in arresti dai Carabinieri
del Comando Provinciale, si sarebbero
intromessi in procedimenti e vicende umane
ancora in corso, cercando di lucrare (le richieste complessive per i tre
casi investigati si aggirano sulle novantamila
euro) con lo specifico
obiettivo consapevole di
fornire notizie false.
Azioni, effettuate sistematicamente nel giro dei primi mesi dell’anno
2008, che hanno portato il giudice per
le indagini preliminari Laganà, che
ha avvalorato le indagini del procura-
»Dati fantomatici
ma che assumono
peso e valore»
tore aggiunto Ottavio Sferlazza, a un
duro giudizio sui tre indagati, che
avrebbero attentato all'onorabilità,
non solo dei soggetti coinvolti, ma anche dell'intero sistema giustizia: “Il
sodalizio in esame presenta un non comune disvalore penale nella misura in
cui fonda il suo modus procedendi nella pretesa consegna di notizie e dati
giudiziari segreti che, quantunque
falsi e fantomatici, assumono “peso e
valore” per le inconsapevoli vittime
“sensibili”, con ciò determinando tra
l'altro un non comune - e assai pernicioso in “zone di frontiera” come quelle del reggino - vulnus all'onore, al prestigio e più in generale al senso di correttezza e lealtà proprio delle forze dell'ordine e dell'intera autorità giudiziaria”.
cl.co.
Il magistrato Ottavio Sferlazza
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Reggio
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Nelle carte le prove che inchiodano i responsabili
di GIOVANNI VERDUCI
Alcuni appunti
rinvenuti
all’interno
dell’agendina
del poliziotto
finito
in manette
Antonino
Consolato
Franco
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E’ ora caccia aperta L’indagata e il sistema
al complice “Andrea” delle schede intestate
LE SIGLE DELLA BANDA
L’INDAGATA Mihaela Motas lavorava con
Rosa Bruzzese nel negozio di telefonia “Top
line”di Reggio. E’lei a parlare con i magistrati dell’intestazione delle schede telefoniche.
Nel corso del verbale di sommarie informazioni Motas confermava di aver attivato personalmente diverse schede telefoniche sempre per conto della collega Bruzzese e di averle dopo l'attivazione consegnate direttamente a lei ed inoltre aggiungeva di aver procurato alla stessa Bruzzese una scheda Vodafone
non ancora attiva.
Oltre a ciò Motas riferiva di aver provveduto nello stesso periodo d attivare a nome del
suo fidanzato Vasile Adrian Rusu due schede
per la Bruzzese. Secondo gli investigatori tale quadro chiarisce inequivocabilmente il
coinvolgimento della Bruzzese nell'attività
illecita che palesemente non si limita ad una
singola vicenda (del resto, lei lavora presso
l'esercizio commerciale dei cognati di Paolo
Fallara, dove aveva facile accesso alla rubrica
contenente tutti numeri telefonici fissi
e cellulari degli stretti congiunti ma perdura da diverse tempo probabilmente con altre
vittime non rivoltesi alle forze di Polizia.
Tale tesi investigativa potrebbe trovare
conforto anche nelle stesse missive
prodotte dagli ignoti autori del reato in cui
gli stessi ammettono di avere in corso
numerosi altri “affari” oltre a quelli proposti ai fratelli Fallara
La busta per Bruzzaniti del 17/01/2008
La busta per Congiusta del 08/02/2008
La busta per Fallara del 19/04/2008
di materiale probatorio idoneo a dimostrare la colpevolezza dei “Salerno” e quindi l'innocenza di Costa
Tommaso classe 59 in relazione all'accusa di concorso nell'omicidio del
figlio Congiusta Gianluca; dichiararsi disponibile a consegnare “ai Costa” il citato materiale, qualora non
fosse stata versata dal Congiusta una
somma di denaro, fissata in 50 mila
euro; compiva atti idonei diretti in
modo non equivoco a trarre in inganno e ad indurre la predetta persona
offesa, a pagare le somme richieste
con proprio profitto e pari altrui danno, ingenerando nella stessa il timore di un pericolo di inquinamento
probatorio meramente immaginario, non riuscendo nell'intento per
cause indipendenti dalla loro volontà».
Un copione già visto, del tutto simile a quello che gli investigatori
dell’Arma hanno avuto modo di riscontrare a danno delle altre persone
finite nel mirino del poliziotto e dei
suoi due sodali. I tre contattavano le
vittime, rassicurando le stesse di essere in possesso di notizie sensibili e
riservate, preparavano fisicamente
la truffa e si adoperavano per portarla a compimento, per fortuna, senza
mai essere riusciti a spillare il becco
di un quattrino.
IL CASO
GLI APPROFONDIMENTI
DOPO I tre arresti di ieri è caccia aperta ad
eventuali complici. Secondo il materiale raccolto nell’inchiesta della Procura della Repubblica, infatti, i magistrati si sono convinti
che i truffatori agivano avvalendosi di alcune
complicità nonancora emerse. L’ipotesidi lavoro futuro è stata confermata dal Procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza, che ha spiegato come vi siano dele responsabilità non ancora accertate e personaggi non identificati.
Fatto che d’altra parte è segnalato anche
nell’informativa di reato dei carabinieri. Nella quale si spiega che l’ipotesi di «eventuali
complici degli indagati in rubrica per gli
eventi delittuosi narrati».
«Si ha ragione di ritenere - scrivono gli investigatori - che un certo Andrea richiamato
nelle lettere anonime redatte dal Franco e dirette alla Fallara s’identifichi nell’omonimo
“Andrea” vergato su un ritaglio di foglio di
carta (riportante la scritta “335/xxxxxxx Andrea”), rinvenuto nella disponibilità del Belgio all’atto del controllo unitamente ad un altro ritaglio contenente le utenze indicate con
“Tuo” e “Mio” (presumibilmente date al Belgio dal Franco)». E ancora «Tale circostanza
fa desumere l’effettiva esistenza del soggetto,
su cui sono in corso gli opportuni accertamenti rivolti all’effettiva identificazione, che
rientra nei contatti utili al Belgio nella fase
esecutiva dell’evento delittuoso a cui lo stesso
ha partecipato».
La lettera inviata a Mario Congiusta
Il fratello di Belgio beccato 7 giorni fa
Insieme ad altri ladri aveva tentato il colpo alla cassaforte del Cilea
Luigi Belgio
ANGELO Belgio una delle tre persone arrestate durante l’operazione di ieri è fratello di Luigi Davide
Belgio, il reggino arrestato dai carabinieri la scorsa settimana per il
tentativo di furto alla cassaforte
del Teatro Cilea. Insomma i due fratelli avevano il vizio dell’illegalità, e
così entrambi si trovano in carcere
per mano degli uomini dell’arma.
Solo pochi giorni addietro infatti
i carabinieri hanno sventato un
colpo alla cassaforte del Teatro Comunale Francesco Cilea. E tra gli
arrestati risulta Luigi Davide Belgio, 49 anni, reggino, già noto alle
forze del’ordine.
Quel pomeriggio i militari a se-
guito di attività di indagine attivarono un servizio di osservazione
continuativo nei confronti dei tre
soggetti, fino ad arrivare a sera
quando il gruppo si preparò ad entrare in azione sul proprio obietivo.
Due complici infatti furono visti
entrare nel teatro da una porta laterale, mentre gli altri complici re-
stavano fuori a fare da vedette per
controllare l’arrivo di forze dell’ordine.
Tra questi uno dei fratelli Belgio.
L’uomo facente parte del gruppo
che secondo i carabinieri aveva lavorato per preparare il colpo,
quando scattò il blitz abbandonò la
sua auto sul postoe si rese irreperibile non rientrando presso la propria abitazione. Venne poi rintracciato alle 8 del mattino succesivo
mentre girovagava a piedi in centro cità. Immediatamente riconosciuto estato bloccatoe trattoin arresto.
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REGGIO CALABRIA - Il “selezionatore” sceglieva le vittime e prepara il
“pacco”; il “braccio destro” eseguiva
pedissequamente le direttive del capo
e, infine, “l’artefice” si preoccupava
di procurarsi, lei che lavorava presso
un negozio di telefonia, le schede telefoniche sicure per il gruppo. Quella
che avete appena letto non è la sceneggiatura tragicomica, ma il profilo tracciato dagli investigatori del comando provinciale dell’Arma di Reggio Calabria, rispettivamente, per
Antonio Consolato Franco, Angelo
Belgio e Rosa Bruzzese.
Il vice sovrintendente della polizia
di Stato, in forza alla Squadra mobile,
era in possesso di loghi e timbri, evidentemente contraffatti, di magistrati e forze dell’ordine. Era lui, per i
magistrati reggini, a organizzare
tutto a selezionare i “soggetti sensibili” che, insieme agli altri due componenti del gruppo, faceva finire all’interno di una “caccia al tesoro” con lettere di ricatto piene di nulla, impostate su falsi riconosciuti, come quella
inviata a Mario Congiusta o ai parenti di Orsola Fallara o di Alessandro e
Giuseppe Marcianò.
Nello specifico è questo il capo di
imputazione, per il reato di truffa,
contestato all’investigatori della
Squadra mobile in riferimento alla
vicenda Congiusta. Antonio Consolato Franco si sarebbe adoperato per
«far pervenire a Congiusta Mario
una lettera anonima in cui veniva
rappresentata falsamente l'esistenza
Per il gip la stessa mano ha firmato i tre diversi tentativi
di truffa del poliziotto Antonino Franco e dei suoi complici
Quei file del computer
che ora saranno usati
contro la banda
di falsificatori di carte
|
Poliziotto e “selezionatore”
delle vittime da truffare
Scacco matto
in tre mosse
sempre una prima missiva, alla quale ne sedi GIUSEPPE BALDESSARRO
guono altre. E quando la vittima si mostrava
LI hanno pizzicati muovendosi su tre fronti. disponibile veniva portata “a spasso” di luoGli investigatori hanno fatto scacco matto al go in luogo, facendo trovare in ogni posto
gruppo di truffatori arrestati ieri mattina una indicazione diversa. Una sorta di caccia
puntando ad alcuni elementi essenziali che al tesoro, nel corso della quale si facevano
ora sono i punti cardine dell’inchiesta che ha rinvenire lettere, schede telefoniche, richieportato in carcere tre imbroglioni che aveva- ste di denaro, ecc. Le schede telefoniche che
no provato ad estorcere denaro a familiari di venivano consegnate agli interlocutori serpersone coinvolte in processi o in presunte vivano ai truffatori ad evitare di essere interinchieste. Così sono finiti agli arresti sono cettati ed individuati. Così si arrivava infine
stati il vice sovrintendente della polizia An- ad indicare il luogo dove gli aguzzini, per cotonino Consolato Franco, di 51 anni, alla sì dire, chiedevano fosse lasciato il denaro in
squadra mobile nel 2006; nel 2008 al Nucleo cambio degli atti giudiziari. Ovviamente tutti gli atti che gli indagati
operativo di protezione di
millantavano di avere eraReggio Calabria e poi trasfeno rigorosamente falsi. Tarito ai servizi tecnici della
roccati, spesso neppure in
Questura di Vibo Valentia
maniera troppo raffinata,
quando l’inchiesta ha coma che all’occhio di una
minciato a delineare le sue
persona inesperta potevaresponsabilità. L’uomo, con
no apparire come autentici
l’aiuto della moglie, Rosa
atti prodotti dalla Procura
Bruzzese, di 42 (ai domiciliadella Repubblica o dagli ufri), dipendente di un negozio
fici della Questura.
di telefonia, e di Angelo BelIl secondo elemento di
gio, di 40, fabbricava falsi doprova è individuato come
cumenti con timbri ora della
l’identità del linguaggio e
Procura, ora della Questura,
dei metodi di scrittura.
poi scriveva lettere anonime
Spigano i carabinieri del
i familiari delle sue vittime e
Comando provinciale regchiedeva soldi in cambio di
gino: «I contenuti delle miscarte che avrebbero potuto
sive ripetono sempre lo
incidere sull’esito di processtesso schema logico e le
si e indagini.
medesime espressioni».
I carabinieri, coordinati
Tra l’altro «il carattere ed i
dai sostituti Annalisa Arena Antonino Consolato Franco
sistemi di scrittura sono
e Antonio De Bernardo, hananaloghi». Un elemento
no messo la parola fine ad
questo che ha trovato riuna storia che durava dal
scontro anche durante la
2008. E ieri mattina a spieperquisizione a casa di
gare la mole di prove messe
Franco e sui file scoperti
assieme contro di loro ci ha
sul suo computer. L’uomo
pensato il nuovo comaninfatti stava scrivendo una
dante del nucleo investigaspecie di biografia utiliztivo di Reggio Calabria, Mizando proprio il tipo di cachele Miulli, che ha ereditarattere e le dimensioni usato l’indagine dal suo predete, che era usato anche per
cessore Gianluca Vitagliaalcune lettere.
no.
Fatto che fa il paio con la circostanza seUno scacco matto in tre mosse, come si dicondo cui, in alcuni file cancellati e recuperaceva.
I militari dell’arma sono arrivati ai prota- ti dalla memoria del computer c’erano scritte
gonisti dell’inchiesta studiando affondo al- frasi molto simili a quelle usate dai ricattatocuni elementi. Il primo riguarda l’identità ri nelle lettere inviate alle proprie vittime.
Spiga Miulli che pure «la grafia - sulle budel “modus operandi”. Gli inquirenti, analizzando tre tentativi di truffa (ai danni dei ste gli indirizzi sono manoscritti - presenta
Marcianò, di Mario Congiusta e di Paolo Fal- delle similitudini, riscontrate poi in alcuni
lara) hanno infatti scoperto che il gruppo di manoscritti del poliziotto rinvenuti nella
malfattori si era mosso sempre alla stessa sua agenda o in altri documenti personali.
Insomma stessa mano. Infine la cronologia
maniera.
«Le vittime - ha spiegato Miulli - vengono degli eventi: «tutti gli episodi presi in consiapprocciate sempre allo stesso modo, me- derazione nelle contestazioni si verificano in
diante l’invio di lettere anonime, contenenti, un brevissimo arco temporale, che va dal meoltre alle richieste di denaro ed ai motivi che se di gennaio al mese di aprile del 2008».
le giustificano, delle istruzioni, spesso con- Questo a dimostrazione che si tratta della
notate da una certa farraginosità, seguendo stessa mente. Tra l’altro i file recuperati dule quali si porterà a termine la “transazio- rante le perquisizioni lasciano intendere che
il gruppo avrebbe potuto tornare a colpire
ne”».
La tecnica è insomma sempre identica. C’è presto.
L’APPROFONDIMENTO
Venerdì 18 novembre 2011
L’avvocato generale dello Stato ha acquisito il fascicolo dell’inchiesta sul consigliere regionale
Rappoccio, le carte da Scuderi
Entro una settimana potrebbe esserci la decisione per un’eventuale avocazione
di MICHELE INSERRA
IL fascicolo sul caso “Rappoccio” è sulla scrivania
dell’Avvocato generale dello Stato Franco Scuderi. La
notizia è stata confermata
ieri da fonti della Procura
generale, che hanno spiegato come nel giro di una
settimana il magistrato deciderà se vi siano eventuali
ragioni per avocare l’indagine.
Il provvedimento di verifica è giunto a seguito di
due esposti inviati dall’avvocato Aurelio Chizzoniti,
la Procura Generale, la quale già nei giorni scorsi avevamo scritto che avrebbe
dato massima attenzione alle vicende che vedono coinvolto il consigliere regionale Antonio Rappoccio, indagato per corruzione elettorale.
Un’attenzione che alla fine è sfociata nella decisione
del Procuratore Generale
Salvatore Di Landro di avviare un’attività istruttoria, affidata all’Avvocato
Generale presso la Corte
d’Appello, Francesco Scuderi.
In base all’esito della stessa si deciderà se accogliere o
meno la richiesta di avoca-
La sede della Procura generale
zione fatta alla Procura generale dall’ex presidente
del Consiglio comunale.
Nel maggio scorso, a seguito dei diversi esposti inviati da Chizzoniti all’autorità giudiziaria, la Guardia
di Finanza, delegata alle indagini, aveva già concluso
un filone investigativo tradotto poi dal magistrato
competente nel reato di corruzione elettorale. Ma, secondo la tesi dell’avvocato,
tra le stesse carte documentali allegate ai vari esposti si
ravviserebbero altri presunti reati, oltre la frode
elettorale, commessi dal
consigliere Rappoccio per
riuscire ad arrivare allo
scranno di palazzo Campanella. Uno scranno che sarebbe dovuto toccare, se
corrispondessero al vero le
accuse lanciate da Chizzoniti, proprio all’ex presidente del consiglio comu-
nale, primo dei non eletti
nella stessa lista in cui Rappoccio fu eletto consigliere
nelle ultime consultazioni
regionali. Ecco che la notizia dell’avvio di una istruttoria da parte della Procura
generale pone ulteriore attenzione alla richiesta di
Chizzoniti, autore di ben
nove esposti all’autorità
giudiziaria in cui si chiedeva un maggiore approfondimento dei vari aspetti della vicenda.
Come, ad esempio, la costituzione di presunte società che avrebbero dovuto
impiegare diverse centinaia di giovani nei settori
lavorativi più disparati.
Una sorta di bacino di consensi, sempre secondo le accuse di Chizzoniti, che sarebbe stato costruito ad arte
giocando sulla disperazione della gente in cerca di un
posto di lavoro. Tutti fatti
che l’ex presidente del Consiglio regionale ha documentato nei suoi esposti.
Sarà adesso compito
dell’Avvocato
Generale
Francesco Scuderi valutare
tutte le carte durante la fase
istruttoria già in atto che
potrebbe anche rappresentare l’anticamera dell’avocazione delle indagini.
La lite scatenata per futili motivi finì con l’accoltellamento
Cugini di Bagnara, l’aggressore minore
condannato per tentato omicidio
Per uccellaggione
Alla sorgente
denunciato
un operaio
UN operaio, R.S., di 40
anni, è stato denunciato
in stato di libertà dal
Corpo forestale dello
Stato perchè sorpreso a
praticare attività di uccellagione in località
Sorgente di Reggio Calabria.
Una località non nuova a reati di questo genere.
All’operaio sono stati
anche sequestrati la rete
che utilizzava per catturare i volatili, insieme a
tre cardellini vivi, usati
come richiamo, e due
gabbie.
A R.S, oltre al reato di
uccellagione, è stato
contestato il reato di
maltrattamento di animali.
di CATERINA TRIPODI
E' ARRIVATA la sentenza di
condanna per il terribile fatto
di sangue che coinvolse, lo
scorso giugno, duecugini minorenni di Bagnara. Ieri col rito abbreviato (gup Francesca
di Landro, Pm Francesca Stilla), il Tribunale dei minorenni
di Reggio Calabria ha condannato a 4 anni e dieci mesi di reclusione, M.R. 1993, per porto
illecito di coltello e tentato
omicidio nei confronti di C. G.,
anche lui minorenne e difeso
dall'avvocato Lorenzo Gatto.
Ma veniamo ai fatti ed in particolare a quel 26 giugno 2011
che sconvolse una tranquilla
giornata estiva nella cittadina
tirrenica. M. R. e C. G. sono cugini ma tra di loro non corre
buon sangue, le rispettive famiglie sono ai ferri corti per
questioni ereditarie. I due erano al bar della stazione di Bagnara in compagnia di altri
amici.C.G. parlavaaltelefonino ed M.R. lo disturbava, ed insisteva voleva passato l'ignoto
interlocutore. M.R. lo provoca, prima lo aggredisce verbalmente, scoppia il diverbio.
Dalle parole ai fatti in un attimo. Mentre si fronteggiano,
M.R. tira fuori il coltello e colpisce C.G. alla regione dorsale, gli provoca la rottura della
milza ed un versamento pleurico. M. R. scappa e getta l'arma, mai ritrovata, sui binari
della stazione. L'altro ragazzo
è ricoverato in prognosi riservata. Viene dimesso dopo pochi giorni ma una consulenza
medica dimostra in maniera
inequivocabile la gravità delle
ferite ed il pericolo di vita in
cui è incorso il giovane. Ad
M.R. datosi alla precipitosa
fuga ma bloccato nella stessa
mattinata nella via Garibaldi
di Bagnara viene quindi imputato il tentato omicidio del
cugino e trasferito all'istituto
penitenziario minorile di Catanzaro (dove adesso dopo la
condanna di primo grado
sconterà la pena). Un'accusa
sottolineata anche dalle modalità d'uso dell'arma, usata
hanno rilevato i periti, con la
possibilità di raggiungere e
ledere organi vitali. Mentre la
difesa di M.R. (avvocato Consolato Caroleo) ha invece sostenuto la tesi della legittima
difesa, asserendo che M.R. era
stato aggredito per primo con
calci e pugni. Ad inchiodare
alle sue responsabilità il mi-
nore M.R. è stato però il Pubblico Ministero Francesca
Stilla. All'udienza di ieri era
presente in aula la parte offesa
G.C.accompagnato dalsuolegale il penalista Lorenzo Gatto. Il Pm Stilla chiedeva che venisse dichiarata la responsabilità penaledell'autore dell'azione criminosalasciando immutata l'ipotesi di reato, vale a
dire di tentativo di omicidio. Il
Pm si è soffermato sull'efferatezza dell'azione posta in essere da M.R. il quale non si è limitato a sferrare un solo fendente ma ha prosequito nella sua
azione colpendo il giovane rivale inerme, con una seconda
coltellata, che per fortuna della vittima si fermava sul suo
portafoglio, tant'è che risultava tagliato, come prodotto
agli atti. l'avvocato Caroleo
nella sua discussione ha cercato di dimostrare come mancasse da parte del suo assistito
la volonta di colpire a morte il
rivale, ma si era trattato solamente di un'azione di difesa,
tanto da chiedere l'esimente
della legittima difesa ed in subordine la riqualificazione del
reato di tentato omicidio in lesioniedin subordineancorail
minimo della pena.
Agevolazioni
Disavventura
L’Università
invia
gli elenchi
degli studenti
alla GdF
Detenuto
bloccato 7 ore
in aeroporto
per due ore
di permesso
Controlli della Gdf
Un aereo
L'UNIVERSITÀ «Mediterranea» di Reggio Calabria ha trasmesso al
comando
provinciale
della Guardia di Finanza una prima tranche di
elenchi degli studenti
che hanno dichiarato di
essere in possesso dei requisiti per godere delle
agevolazioni e dei benefici a sostegno del diritto
allo studio.
I controlli saranno finalizzati a riscontrare la
correttezza dei dati contenuti nelle dichiarazioni presentate all’Università.
La Guardia di Finanza
passerà a scandaglio le
dichiarazioni
sottoscritte dagli studenti
per ottenere borse di
studio, buoni mensa e riduzioni sul pagamento
delle tasse universitarie.
L’attività della Guardia di Finanza tenderà
quindi a verificare che le
risorse previste per il sostegno allo studio siano
effettivamente andate
alle persone più meritevoli e bisognose.
Il tutto sulla base di un
apposito protocollo d’intesa stipulato di recente
tra l’Ateneo reggino e le
Fiamme gialle.
Insomma un controllo mirato che metta al riparo l’Università Mediterannea dai soliti furbetti.
PER due ore di colloquio
con la mamma malata ha
dovuto prender quattro
aerei, effettuare un trasferimento in ambulanza e
trascorrere sette ore in aeroporto in attesa del velivolo per poter rientrare a Cagliari. È in sintesi la cronaca del viaggio di un detenuto calabrese che dal capoluogo dell’isola ha raggiunto un piccolo paese
della Calabria, a 80 chilometri da Reggio, con un
permesso di necessità di
due ore concesso per le
gravi condizioni di salute
della madre. «Si è rinnovato, con l’aggravio della
lunga imprevista sosta in
aeroporto dentro un’ambulanza, mobilitata per le
condizioni di salute del cittadino privato della libertà, il tour de force di un detenuto di Buoncammino e
della scorta», ha denunciato Maria Grazia Caligaris,
presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme. «L'odissea dell’uomo,in detenzione da oltre
15 anni, è stata condivisa
anche dagli agenti della
Polizia Penitenziaria della
scorta che hanno dovuto
provvedere alla traduzione. Un assurdo dispendio
di energie fisiche, mentali
e di denaro che poteva essere evitato con un trasferimento temporaneo a Reggio o applicando il principio della regionalizzazione della pena»
IL DIBATTITO
LEGALI AL SUD
Avvocati e magistratura: una “prostrazione” da isolare
Vivai di legalità
di FRANCESCO COMI*
Le assemblee degli avvocati in ordine
alle disfunzioni della Giustizia ormai
lasciano il tempo che trovano. Tant’è
come veniva sottolineato, l’ultima assemblea in ordine allo sciopero delle
Camere penali presentava parecchi
vuoti di presenza, soprattutto tra gli
avvocati di ‘lungo corso’, ormai disamorati. La categoria forense è la più
numerosa e vasta tra le professioni,
apparendo la più disunita tra queste,
non riuscendo ad avere risposte con-
crete. Eppure la nostra forza sarebbe
per l’appunto l’unione, soprattutto
nei confronti di quella Magistratura
che ritiene di essere stata investita dal
Padre Eterno. Qualcuno ne sottolineava giustamente la ‘prostrazione’
che andrebbe ‘isolata’, aggiungo. A
fronte dei ‘divini’ vi è una larga rappresentanza della Magistratura che
opera in pieno spirito di collaborazione col difensore ed in totale umiltà ,
nel rispetto delle reciproche funzioni.
Sono quelli che meno appaiono ed
operano in tutta umiltà. E’ inutile la-
mentarsi allorchè si evita da chi di dovere legittime reazioni con scrollatine di spalle.
E’ pur vero in ogni condominio vi
abita un avvocato. Ma non è la quantità che penalizza la qualità, essendovi tra i numerosi giovani, valorosi legali. E’piuttosto la mancanza di unità
e di reazioni della categoria e di chi dovrebbe governare su di essi, ad avere
determinato lo svilimento lo svilimento della professione più bella che
esiste, rassegnata e disamorata.
*avvocato Francesco Comi
IL circolo Didattico di Catona,
diretto dall’avv. Albino Barresi,
continua nella serie delle iniziative rivolte alla tematica ambientale. Sabato alle ore 10,00
, nel cortile della scuola “Lombardo Radice” di Catona, in
collaborazione con l'Associazione nazionale "Legambiente", già partner in occasione del
Pon Fse "LE(g)ALI AL SUD",
saranno piantati degli alberi e
sarà messo a dimora un piccolo vivaio per promuovere un
rapporto positivo con la natura.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
26 Reggio
37
Redazione: via D. Correale, 13 - 89048 Siderno (Rc) - Tel/Fax 0964.342451 - E-mail: [email protected]
Al processo per l’omicidio di Salvatore Cordì ha discusso l’avvocato difensore di Antonio Panetta
«Non si è voluto cercare la verità»
Luca Maio: «Sul mio assistito non ci sono nè prove e neppure indizi»
di PASQUALE VIOLI
SIDERNO - «Bisogna assolvere
Antonio Panetta per non avere
commesso il fatto e per ristabilire
la verità in merito ai tenti errori
commessi in questi anni. Non solo
non c'è la prova della colpevolezza
di Panetta, ma in questo processo
mancano persino gli indizi a carico
dell'imputato». Anche l'avvocato
Luca Maio non ha dubbi sull'innocenza di Antonio Panetta. Il legale
di uno degli imputati del processo
per l'omicidio di Salvatore Cordì ha
iniziato la sua discussione partendo dall'arringa del pubblico ministero.
«Le tesi proposte dall'accusa - ha
detto Maio - sono apparse deboli,
quasi prive di convinzione nell'esposizione del pubblico ministero.
E in effetti contro Antonio Panetta
non c'è una prova che sia una. Il suo
coinvolgimento in questa vicenda
è dato da una ricostruzione suggestiva dei fatti che tiene conto esclusivamente del passato giudiziario
di Panetta».
E sarebbe evidente, secondo l'avvocato Luca Maio, come tutto il processo in cui è coinvolto il suo assistito si regga su una unica colonna
portante, l'intercettazione progressivo 659, quella che gli investigatori indicarono come “lo sparo in
diretta che uccise Salvatore Cordì”.
«Su quella prova - ha ribadito il legale - non sono stati fatti i dovuti accertamenti. In realtà i consulenti
del pm e quelli della difesa non danno spiegazioni differenti sulla compatibilità del rumore captato nella
telefonata partita
dal cellulare di Domenico Zucco. Ma
la difesa ha approfondito le sue ricerche, ha presentato diverse interpretazioni di quel
L’avvocato Maio
rumore. L'accusa
si è limitata a dare
una sola e univoca
versione dei fatti.
La realtà è che non
si è andati alla ricerca della verità,
ma di un colpevole».
Luca Maio ha ripercorso a grandi
linee le fasi del dibattimento, chiamando in causa
anche la scarsa attendibilità dei pentiti già smontata
per il legale dall'assoluta mancanza di riscontri. Poi l'avvocato ha ribadito come le poche intercettazioni che vedono protagonista Antonio Panetta smentiscono di fatto le
interpretazioni degli investigatori. «In questo processo contro Antonio Panetta - ha ripetuto Maio non c'è una prova, e il fatto che sia
legato sentimentalmente alla figlia di Giuseppe Zucco non dimostra nulla, un fidanzamento non
può essere prova di una associazione mafiosa. Poi le intercettazioni
del 31 maggio se lette correttamente hanno una sola chiave di lettura,
ovvero che Panetta al momento dell'omicidio non solo si trovava a casa
sua, ma parlava e si occupava di
tutt'altro, come trovare la ricarica
del gas per il condizionatore del
suocero».
Per quanto riguarda invece il
ruolo dei pentiti l'avvocato Luca
Maio ha sottolineato come ogni
qual volta questi siano stati chiamati a testimoniare in aula hanno
fornito sempre versioni diverse dei
fatti narrati, aggiungendo di volta
in volta nuovi particolari prima a
loro stessi sconosciuti. Secondo il
legale anche le dichiarazioni dei
collaboratori sono contrastanti tra
loro. Oggi in aula continuano le discussioni delle difese.
«Legame
sentimentale
alla base
della tesi
accusatoria»
Arrivano le motivazioni della sentenza
Gianluca Congiusta
assassinato perchè
sapeva dell’estorsione
Il Tribunale di Locri
CONTROLLI DELL’ARMA
Ancora perquisizioni a Gioiosa Marina
si stringe il cerchio su Rocco Aquino
di GIOVANNI VERDUCI
SIDERNO - Si stringe il cerchio
attorno a Rocco Aquino, il boss di
Marina di Gioiosa Jonica sfuggito alla cattura nell’ambito del maxi blitz antimafia “Crimine” del
luglio 2010.
Anche ieri, infatti, i carabinieri
della compagnia di Roccella Jonica e quelli del Nucleo investigatori del Gruppo Locri hanno portato a compimento un vasto rastrellamento sul territorio del piccolo
comune della Locride, nel cuore
del regno della famiglia Aquino.
Gli uomini del colonnello Giuseppe De Liso, guidati durante le
operazioni di controllo dal capitano Marco Comparato e dal
maggiore Alessandro Mucci,
hanno effettuato una serie di perquisizioni nel tentativo di stanare il fuggitivo.
Di Rocco Aquino, anche stavolta, i militari dell’Arma non hanno rinvenuto nessuna traccia de-
Rocco Aquino
terminante a chiudere il cerchio
delle indagini avviate per raggiungere alla sua cattura.
Solo una settimana addietro,
poi, i carabinieri del Gruppo Locri avevano portato a compimento un’altra importante battuta
nel territorio di Marina di Gioiosa Jonica al fine di ridurre gli
spazi di movimento di Rocco
Aquino.
Era coinvolto nell’operazione “Crimine”
SIDERNO - «Gianluca Congiusta sapeva tutto quello
che succedeva alla famiglia
Scarfò, la sua intermediazione nell'atto estorsivo perpetrato da Tommaso Costa e
Giuseppe Curciarello lo ha
portato alla morte». Sono le
conclusioni a cui è giunta la
Corte d'Assise di Locri, presieduta da Bruno Muscolo
con a lataere Piercarlo Fra
botta, che ha depositato pochi giorni fa le motivazioni
della sentenza che ha visto
la condanna all'ergastolo di
Tommaso Costa e a 25 anni
di reclusione Giuseppe Curciarello. Secondo i giudici
del Tribunale di Locri «l'omicidio di Gianluca è manifestazione dell'indole particolarmente violenta di Tommaso Costa, soggetto fortemente incline a gravi delitti
fin dalla più giovane età e assoluto protagonista della
cruenta guerra di mafia sidernese degli anni 80 e 90.
Giuseppe Curciarello ha
assunto un ruolo di rilievo
nell'ambito delle organizzazioni criminali in contestazione e ha condiviso, svolgendo anche un ruolo attivo, il tentativo di estorsione
in danno di Antonio Scarfò,
manifestando
anch'egli
un'elevata capacità a delinquere.
In poco meno di 500 pagine è riassunto il processo
per l'omicidio del giovane
imprenditore di Siderno,
sono riportati gli interrogatori dei testimoni e le valutazioni della Corte. Nelle motivazioni viene ricostruito il
quadro criminale sidernese, un quadro in cui si sviluppa e si realizza l'efferato
delitto, compiuto il 24 mag-
La polizia urbana di Siderno intensifica le verifiche
Annullato il sequestro beni Scattano i controlli sulle auto
senza bollo e assicurazione
per Vincenzo Tavernese
GIOIOSA JONICA - Il
Tribunale della Libertà
di Reggio Calabria, Presidente Leonardo, Aliquò e Foti, in accoglimento della richiesta di
riesame presentata dall'Avvocato Leone Fonte
(nella foto) ha annullato il sequestro preventivodispostodal Gipinrelazione a dei beni immobili di proprietà di Vincenzo Tavernese di Marina di Gioiosa Jonica ma di
fatto residente in Canada.
Lo scorso mese di ottobre il Ros dei Carabinieri
diReggio Calabriaeseguivano unaserie disequestri consistenti in beni immobili e società facenti
capo ad alcuni imputati nell'ambito dell'Operazione “Il Crimine”. Tra queste persone figurava anche Tavernese, ritenuto dall'accusa componente
di vertice dell'associazione mafiosa.
L'Avvocato Fonte nel corso dell'udienza dinanzi al Tribunale della Libertà evidenziava che il sequestrononpotevaessere dispostosolosullabase
dellapresuntaappartenenza delTaverneseall'associazione mafiosa di cui al processo “Il Crimine”o
il fatto che lo stesso non aveva mai presentato la dichiarazione dei redditi, ma l'accusa avrebbe dovuto, altresì, provare che i beni sottoposti a sequestro
costituivano il profitto di attività illecite.
di PINO ALBANESE
SIDERNO - A Siderno è aumentato il numero degli incidenti tra autoveicoli. Il dirigente della Polizia Municipale, Michele Bruzzese,
ha intensificato i controlli
per evitare rischi ai cittadini.
In uno degli ultimi incidenti, con feriti, causato da
un auto, gli agenti del corpo di Polizia Urbana, hanno scoperto che una delle
vetture coinvolte era priva
di copertura assicurativa.
Inviati sul luogo dello
scontro, dopo i rilievi e gli
accertamenti di rito, hanno provveduto a mettere
sotto sequestro l'automezzo sprovvisto di copertura
assicurativa ed ha irrogato
le relative sanzioni.
“Purtroppo - dichiara il
comandate della Polizia urbana, Michele Bruzzese nel territorio sidernese sono troppe le autovetture
che circolano in assenza di
copertura
assicurativa,
La polizia municipale
per tale ragione abbiamo
intensificato i controlli.
Nel mese di ottobre 2011 aggiunge - si è proceduto a
sequestrare dieci autovetture.
Tutto ciò a salvaguardia
del territorio che, come
sempre, è esposto perennemente ai rischi di un fenomeno in forte aumento
quale è quello di chi circola
con mezzi sprovvisti di copertura assicurativa e che
con ogni mezzo in dotazione stiamo cercando di arginare”.
gio del 2005. Riportando l'esito delle indagini la relazione della Corte d'Assise per di
come dalla fine della guerra
di mafia fino al 2005 non c'erano stati omicidi eclatanti
a Siderno una sorta di apparente calma poiché c'era il
predominio territoriale di
una sola associazione criminale che controllava il
territorio, quella dei Commisso, tanto da rendere Siderno “quasi un'oasi felice
nei confronti di altri luoghi”, come dimostrato anche dal notevole sviluppo
delle attività commerciali
che l'hanno resa, sotto questo aspetto, la cittadina più
evoluta di tutta la zona jonica. In questo quadro apparente tranquillità - scrive la
Corte d'Assise - la tentata
estorsione ad Antonio Scarfò risaltava agli occhi degli
investigatori ed era stata
considerata dagli stessi “come l'inizio di una attività da
parte del clan Costa”; ciò in
quanto “la ricostruzione di
una cosca aveva anche la necessitàdi avereuncontrollo
del territorio, un approvvigionamento di denaro, cioè
una imposizione sul tessuto…sul territorio”. L'estorsione in danno di Scarfò e
per cui si era interessato
Congiusta era stata vista
dal punto di vista investigativo “come una riorganizzazione, come un intraprendere di nuovo una certa attività magari interrotta in
precedenza. In questo contesto l'azione di disturbo posta dal giovane imprenditore era vista come un intralcio, un intralcio che come
tragicamente successo è
stato eliminato.
Operazione “Oro nero”
Oggi l’interrogatorio
di garanzia
dei fratelli Camastra
SIDERNO - Saranno sentiti
oggi per l’interrogatorio di
garanzia i fratelli Giovanni e
Domenico Camastra, assistiti
dall’avvocato Antonio Alvaro.
I due sono stati fermati due
giorni fa nell’ambito di una
operazione della Guardia di
Finanza. L'accusa è di contrabbando di gasolio agevolato, truffa aggravata ai danni
delloStato edevasionefiscale,
perpetrati attraverso un articolato e complesso sistema di
frode promosso dai fratelli Camastra, ed attuato grazie al
contributo dei dipendenti del
gruppo e di altri soggetti che a
vario titolo vi hanno concorso.Contestualmente sono state sequestrate la Holding e le 6
società del Gruppo, ed altre 2
imprese operanti nel medesimo settore e coinvolte nell'illecito traffico di carburante.
Sono stati, altresì, sequestrati i beni aziendali delle predette società e quelli personali
dei soci, quali immobili, conti
correnti, autoveicoli e quote
societarie per un valore di oltre 350 milioni di euro.
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Locride
Venerdì 18 novembre 2011
37
Email: [email protected] - Amantea E-mail [email protected] - [email protected]
Paola E-mail [email protected], [email protected], [email protected]
San Lucido Email [email protected]
Scalea Email [email protected]
Belvedere Email [email protected]
Acquappesa E-mail [email protected]
Amantea. Sono stati iscritti nel registro degli indagati anche i proprietari dei siti inquinati
Oliva, sviluppi dopo l’arresto
L’inchiesta sui rifiuti andrà avanti. Prossimo l’interrogatorio di Coccimiglio
di PAOLO OROFINO
«Ottimo il lavoro della Procura»
AMANTEA – L’inchiesta
sui rifiuti interrati a Valle
Oliva non terminerà con
l’arresto dell’imprenditore
Cesare Coccimiglio. C’è da
giurarsi, a sentire le parole
del procuratore di Paola,
Bruno Giordano, il quale
ha detto chiaramente che
“ci saranno sviluppi”.
Intanto l’indagine proseguirà con l’interrogatorio
dell’arrestato, che potrebbe anche avvalersi della facoltà di non rispondere.
Dopodiché verranno sentiti i quattro proprietari dei
terreni in cui è stata trovata la notevole quantità di rifiuti illegalmente interrati, per il momento iscritti
nel registro degli indagati,
come atto dovuto.
Verosimilmente prima o
poi qualche altro nominativo, verrà chiamato a rispondere del reato oggi
contestato al solo Coccimiglio, titolare di un’impresa
per l’estrazione di materiali per l’edilizia e per il trasporto degli stessi.
Non è possibile, infatti,
che l’imprenditore amanteano sia l’unico responsabile dell’ingente smaltimento di materiali di risulta nell’area del fiume Oliva,
dove, in tutto, sono stati ritrovati ben novantamila
metri cubi di rifiuti nocivi
di diversa natura e grado
d’inquinamento. Gli inquirenti sospettano che vi siano altre responsabilità da
individuare e punire.
Il comitato De Grazia
«E ora si avvii
la bonifica dell’area»
di RINO MUOIO
Un tratto dell’area della Valle Oliva
L’unica persona arrestata, a cui sono stati concessi i
domiciliari, potrebbe anche decidere di collaborare
con la procura della Repubblica, raccontando tutta
una serie di situazioni sviluppatesi nel corso degli
anni.
Probabilmente Coccimiglio, che da una vita lavora
in quel territorio, conosce
tanti fatti e “misfatti”. Anche con lo scopo di difendersi, potrebbe aiutare a capire gli investigatori, come
sia potuto accadere che l’alveo del fiume Oliva ed i terreni limitrofi siano diventati luoghi di discariche incontrollate con deposito indiscriminato di rifiuti potenzialmente nocivi, con ricadute sulla falda acquifera e sui suoli coltivati.
L’accumulo di materiale
Chiesto l’annullamento della delibera
Il procuratore Bruno Giordano
inquinante nei siti focalizzati è talmente stratificato
e vario che non è stato possibile risalire al periodo di
inizio dello smaltimento
abusivo.
L’ultimo accertamento
compiuto dalla magistratura inquirente è dello
scorso mese di Febbraio,
quando sono stati raccolti
gli ultimi indizi a supporto
della richiesta d’arresto
inoltrata al gip del tribunale di Paola.
Non si esclude che nel
prosieguo del procedimento giudiziario si possano
individuare condotte omissive da parte di chi aveva il
dovere di controllare e non
lo ha fatto.
Alcuni dei suoli dove negli anni è proseguito indisturbato lo scarico di materiale si trovano a poche de-
cine di metri dalla strada
che porta ad Aiello Calabro,
quindi ben visibili dalla
carreggiata.
Di certo non si tratta di
luoghi nascosti o inaccessibili. Pure i proprietari dei
suoli, alcuni dei quali con
coltivazioni e uliveti, potrebbero fornire ai pm indicazioni utili.
L’obiettivo della procura
di Paola è quello di punire
tutti i responsabile del “disastro ambientale” descritto nelle pagine della richiesta di misura cautelare, ma
si pensa anche di arrivare
alla bonifica dei siti.
Il procuratore Bruno
Giordano, in più occasioni,
ha ribadito la necessità di
intervenire per bonificare
la vallata del fiume Oliva,
nell’interesse della salute
pubblica.
Paola. Segnalazione anche alla magistratura
Genitori agguerriti
Dissesto, protesta
«L’istituto comprensivo dei cittadini residenti
spetta a Campora»
in via Serricella
AMANTEA – Detto e fatto.
Centinaia di genitori degli
alunni delle tre scuole (materne, elementari e medie) di
Campora San Giovanni, da
qualche giorno sul piede di
guerra contro il comune,
reo, secondo la loro posizione, di avere di fatto “sottratto”, in modo non conforme
alla legge, l’istituto comprensivo alla frazione a favore del centro cittadino, ricorrono alla decisione del Comune. Martedì scorso, nel
corso di un’affollatissima riunione, avevano deciso di inviare
un’istanza al sindaco e al consiglio comunale
affinchè la delibera di approvazione del piano di
dimensionamento scolastico approvata dalla Giunta,
venisse rettificata. E ieri
mattina la richiesta, in autotutela, è stata presentata.
Nell’occasione una delegazione di genitori ha incontrato il presidente del Consiglio comunale, con delega
alla Pubblica Istruzione,
Monica Sabatino. Un colloquio serrato, in cui gli stessi
genitori hanno evidenziato
le incongruenze della delibera e le ragioni per cui l’Istituto Comprensivo “Longo” di
Campora deve rimanere tale. Ma vediamo nello specifico alcuni punti salienti
dell’istanza
presentata.
L’annullamento della delibera viene richiesta «perché
- si legge nell’istanza - palesemente lesiva dei propri interessi quali genitori degli
alunni e lesiva dell’interesse
degli alunni stessi. Con la testè citata delibera, la Giunta
comunale ha deliberato di
“approvare il piano di dimensionamento scolastico”
come da delibera predisposta dall’Uff. Servizi Sociali,
ossia prevedendo due Istituti Comprensivi
“Mameli”
e
“Manzoni”, in
luogo delle Istituzioni scolastiche esistenti. Ebbene già da una
prima lettura, la
delibera appare
contraddittoria
in riferimento agli indirizzi
regionali che consentono di
mantenere l’autonomia alle
istituzioni scolastiche che
contino un “numero di alunni compreso tra 500 e 900”.
Nel caso dell’Istituto “A.
Longo” di Campora tali numeri sono pienamente rispettati, essendo gli alunni
503. Un numero sufficiente
per mantenere l’autonomia
dell’istituto. Invece, violando palesemente gli indirizzi
predetti - si denuncia - l’istituzione scolastica del territorio camporese è stata inserita nell’istituto.
r. m.
Sono pronti
alla battaglia
legale
di ALESSANDRO PAGLIARO
PAOLA - Frane, dissesti idrogeologici,smottamenti, lacittà di Paola è interessata da
questi fenomeni ormai da diversi anni. La situazione, dopo la recente alluvione cha ha
messo in ginocchio la città arrecando numerosi danni alle
strade e alle abitazioni, si è notevolmente aggravata a causa
delle piogge insistenti cadute
dell’ultimo mese.
Un allarme ambientale da
non sottovalutare. Eppure,
nonostante il pericolo incombente in alcune zone a rischio
del paese, si ravvisano ritardi
per l’attuazione di misure efficaci per prevenire qualsiasi
pericolo. A mettere in evidenza questa criticità che si è venuta a caratterizzare nella periferia di Paola in via Serricella, è ora un folto gruppo di cittadini che da diverso tempo ha
segnalato al Comune lo stato
di insicurezza della strada.
I lavori richiesti dovrebbero
interessare anche la messa in
opera di parapetti e l’allargamento della carreggiata. Il
mandato è stato affidato ad
una legale, Francesca Perrotta, che nel mese di agosto ha
indirizzato una lettera di informazione al sindaco, e al responsabile dell’Ufficio Tecnico sollecitando interventi. Da
allora nessuna risposta. Per
queste ragioni, l’iniziativa dei
cittadini del posto nei giorni
addietro si è fatta ancora più
concreta con una segnalazione anche alla Procura.
Nell’informativa tra l’altro
si legge che «la via Serricella
di Paola risulta essere una
strada altamente pericolosa,
in quanto priva di segnaletica
orizzontale e verticale, di illuminazione, di barriere di sicurezza stradali e di manutenzione di alcun genere. A seguito delle piogge insistenti
sul territorio nello scorso mese via Serricella risulta essere
ancora più pericolosa e, quindi, ancora più urgente ne risulta la messa in sicurezza».
«Così come insegnano i recentietristi fattidicronacaitaliana relativi agli ultimi eventi
metereologici – prosegue la
lettera - basterebbe il generale
buon senso, onde prevenire
eventuali danni ai cittadini.
Inoltre, appare opportuno segnalare che la via Serricella
esiste da circa quarant’anni,
ma gli interventi di manutenzione da parte del Comune sono stati pochissimi, necessitando molto spesso l’intervento dei Vigili del fuoco. Nonostante ciò – è la conclusione –
appare di tutta evidenza il persistere del disinteresse di codesta Amministrazione, anche a fronte della richiesta formale di intervento da parte dei
residenti di via Serricella formulata nel mese di agosto e rimasta inesitata, oltre che alle
reiterate richieste verbali nei
confronti dei funzionari
dell’Ufficio Tecnico di Paola».
AMANTEA - «Intendiamo esprimere gratitudine alla procura della Repubblica di Paola per i risultati conseguiti sulle
due delicate inchieste legate alla depurazione delle acque e all’inquinamento del fiume Oliva. Inchieste molto delicate
condotte con estremi sacrifici e in quasi assoluto
isolamento istituzionale».
E’ con sentimento di
sentita riconoscenza che
gli attivisti del comitato
civico “Natale De Grazia”,
attori indomiti della battaglia civile svolta in questi anni e finalizzata a
chiedere chiarezza sul
grado e la natura dell’inquinamento dell’area del
fiume Oliva, sottolineano
le ultime determinazioni
della magistratura paolana, guidata dal dottor
Bruno Giordano.
«Pur tra mille difficoltà
e tentativi istituzionali di
impedire la piena conoscenza dei fatti, la verità
sull’inquinamento della
vallata del fiume Oliva sta
emergendo –scrivono tra
l’altro in un lungo comunicato stampa. Noi non
siamo “giustizialisti” e
non godiamo di fronte alla limitazione della libertà, ma i provvedimenti di
custodia cautelare emessi in questi ultimi giorni,
aggiungono un tassello
di verità a quelle vicende
che da più parti si è cercato e si cerca di occultare,
soprattutto da quegli ambienti istituzionali che
troppo spesso vestono i
panni dei rassicuratori e
che hanno cercato di convincere l’opinione pubblica che il mare inquinato e
i veleni dell’Oliva erano
un’invenzione degli ambientalisti e degli organi
di informazione in cerca
di notizie sensazionali. Il
fatto che il Gip abbia convalidando le misure di custodia cautelare, confermando in sostanza l’intero impianto accusatorio
redatto dalla Procura di
Paola - si aggiunge poi dimostra l’ottimo lavoro
svolto dal pool investigativo diretto dal dott. Bruno Giordano, che probabilmente aveva visto bene
anche sull’inchiesta legata alle cosiddette “navi
dei veleni”, chiusa troppo
frettolosamente. I fatti di
oggi testimoniano che le
nostre preoccupazioni
sullo stato dell’Oliva erano fondate, che le nostre
proteste e le azioni messe
in campo - ad iniziare dalla grande manifestazione del 24 ottobre 2009 tesa a sollecitare l’intervento delle istituzioni - non
erano
comportamenti
sprovveduti ed irresponsabili».
Ma per il Comitato “De
Grazia”, parallelamente
all’inchiesta della Procura, ancora in evoluzione,
ora bisogna cominciare a
lavorare per la bonifica
del sito.
«A questo punto ci
aspettiamo che le autorità competenti - ad iniziare
dagli enti locali - svestano
i panni di “rassicuratori”
e assumano le responsabilità che loro competono
compiendo tutti gli atti
amministrativi necessari ad avviare la fase di bonifica delle aree inquinate e diano inizio ad una seria ed accurata indagine
sulle malattie epidemiologiche
contratte
nell’area circostante la
vallata dell’Oliva e sull’intero territorio del Tirreno
cosentino, con l’istituzione del registro tumori
tante volte promesso ma
mai realmente istituito».
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Tirreno
Venerdì 18 novembre 2011
Corigliano
Venerdì 18 novembre 2011
Santa Tecla. Il presunto boss nega le estorsioni e ribatte in aula: «Non l’ho mai conosciuto»
Converso “chiama” Barilari
Per il pentito sarebbe lui il capo indiscusso della cosca coriglianese
di MATTEO LAURIA
CORIGLIANO - Doppio turno per
“Santa Tecla”: a Rossano dove in
mattinata si celebra il rito ordinario, a Catanzaro dove invece prosegue l’abbreviato. In scena presso il
Palazzo di Giustizia di viale Santo
Stefano il pentito Giampiero Converso, chiamato a ricostruire le varie fasi del crimine organizzato, le
gerarchie, i ruoli, la capacità impositiva della onorata società coriglianese.
In videoconferenza, collegato da
Parma dove è detenuto in regime di
41 bis, il “boss” Maurizio Barilari,
difeso dall’avvocato Salvatore Sisca. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia si rivelano utili al
fine di inquadrare il contesto
dell’organizzazione criminale coriglianese che fa capo alla struttura
di Cassano, e da questa ai “cirotani”. Da sottolineare che Converso
decide di collaborare con la giustizia nel 2004, l’operazione “Santa
Tecla” scatta nel 2010 e abbraccia
un periodo postumo al 2004. Le
esternazioni del pentito quindi si
ritengono utili al fine di fornire
un’idea della mappa criminale. In
tutte le sue esternazioni emerge il
ruolo di primo piano di Maurizio
Barilari, capo indiscusso nella cosca su Corigliano, con l’avallo degli
zingari di Cassano. Converso ripercorre la storia del locale di Corigliano. Parla di riunioni che si tenevano a Cassano con il locale di Rossano alla presenza di Nicola Acri, Natale Perri , Salvatore Morfò, il tutto
dal boss Francesco Abbruzzese meglio conosciuto come “dentuzzo”,
in un uliveto (famoso perché quando si entrava non si tornava indietro). Converso conferma il ruolo di
Il tribunale di Rossano
primo piano esercitato da Barilari
nel capitolo delle estorsioni (parte
dei proventi finivano a Cassano). E
riferisce della volontà di Pietro
Longobucco di uccidere Converso,
nonostante godesse della fiducia di
Barilari a sua volta sotto la protezione degli zingari. Converso fiuta
l’intenzione omicida del clan e inizia a collaborare con la giustizia. A
seguire richiama l’episodio di
un’estorsione praticata al Porto di
Corigliano con il responsabile di
una nave che trasportava bucce di
cocco a Crotone. A mettere in moto
il meccanismo estorsivo Giampiero
Converso e Giorgio Semerario. I
due trattano e giungono ad un risultato: la corresponsione dell’otto
per cento per ogni carico. Nono-
TRIBUNALE DI ROSSANO
UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI
Dr. Vincenzo Quaranta
Il Giudice dell’Esecuzione, nella procedura esecutiva
immobiliare iscritta al n. 24/2004 R.G.E.
(omissis)
DISPONE
la Vendita Senza Incanto dei seguenti beni, per il
giorno 15.12.2011 alle ore 10:30 dinanzi a sé nella
sala delle udienze civili di questo Tribunale:
Lotto Unico: Fabbricato ad uso commerciale/artigianale sito in Corigliano Calabro (CS) alla località
“Santa Lucia”, composto da un piano terra, da un
piano seminterrato, e da lastrico solare.
Il tutto per una superficie di mq. 1000.
Tali unità insistono su una maggiore area comprensiva di corte recintata con muretto e sovrastante ringhiera, confinante con strada comunale Santa Lucia
ed altre proprietà. Vi è concessione edilizia n. 36 del
1979, ma l’attuale stato dei luoghi non è conforme al
progetto approvato, e le difformità non sono sanabili
per come risulta dalla relazione peritale integrativa.
E’ riportato in catasto al foglio 75 particella: 20 sub 1
piano terra, 20 sub 2 lastrico solare, e 20 sub 3 seminativo ZC. 2, categoria C/2 e cl.9
Prezzo base Euro 513.335,00.
Scadenza presentazione offerte: ore 12:00 del
14.12.2011
Copia dell’ordinanza di vendita nonché della consulenza tecnica sono pubblicate sul sito internet
www.tribunalerossano.astegiudiziarie.it
Ogni altra informazione potrà essere richiesta alla
Cancelleria Esecuzioni del Tribunale di Rossano ( tel.
0983 519206), presso cui sarà possibile visionare la
relazione peritale di stima; Gli interessati alla visione
dell’immobile e all’acquisizione di ogni notizia utile
all’acquisto potranno contattare il Dr. Carlo Plastina
- Custode Giudiziario - (tel. 0983 889582) mentre per
informazioni di tipo tecnico potranno contattare
direttamente il CTU che ha redatto la perizia, i cui
recapiti potranno essere acquisiti presso la cancelleria esecuzioni del Tribunale.
stante i vertici del clan manifestassero insoddisfazione per l’esito
dell’accordo, dopo appena una settimana va all’incasso la prima busta in un container. Una battuta su
Fabio barilari, fratello di Maurizio:
Converso di lui sa poco, lo definisce
«un bravo ragazzo . Ha sempre lavorato» . Poi le conferme sui fratelli
Franco e Mario Straface vicini alla
cosca. I due imprenditori «facevano prendere i lavori». Il pentito racconta un aneddoto di una ditta di
Palermo che attraverso segnalazioni ebbe modo di accaparrarsi un
appalto. Il locale clan si oppose, e
saltò tutto perché a lavorare dovevano essere gli Straface. Poi tutta la
partita dei locali notturni, delle discoteche, dei night club, e dell’im-
posizione della sicurezza vista come tributo estorsivo. Proprietari di
locali malmenati perché si opponevano al pizzo. E ancora il traffico
della droga nei locali notturni gestito da tale Piero Chiaradia.
A fine udienza, chiede la parola
Maurizio Barilari il quale nel dichiarare di non avere mai conosciuto Converso, rimarca come
presso la palestra di sua proprietà
si recassero spontaneamente i proprietari dei locali per chiedere una
mano non solo come servizio ma
anche per attività di pulizie ed altro. Barilari sottolinea come nella
propria azienda vi fossero persone
per bene. Quindi nessuna estorsione. A conferma di ciò invita i giudici a chiamare direttamente i proprietari in questione e i ragazzi che
lavoravano con Barilari a suo tempo. Prossima udienza programmata per il 12 dicembre: saranno
escussi i pentiti Vincenzo Curato e
Giovanni Cimino. A Catanzaro intanto il collegio di difesa ( avvocati
Giuseppe Zumpano, Francesco Nicoletti, Giovanni Zagarese, Ettore
Zagarese, Pasquale Di Iacovo, Fabio Salcina, Vincenzo Galeota, Raffaella Accroglianò, ed altri) ha preso la parola in ordine al procedimento di rito abbreviato a cui sono
ricorsi ben 73 imputati i quali sono
chiamati a rispondere a vario titolo
di associazione a delinquere di
stampo mafioso, usura, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti. I legali hanno sottolineato ancora una volta la inattendibilità dei
collaboratori di giustizia Vincenzo
Curato e Carmine Alfano, sulle cui
dichiarazioni fa leva l’intero impianto accusatorio e la mancanza
di riscontri rispetto agli addebiti
contestati.
Cerbella: «Poche notizie sul lavoro del Comune»
L’Udc chiede un incontro
ai commissari prefettizi
di LUCA LATELLA
CORIGLIANO – L’Udc di Corigliano chiede
nuovi incontri alla commissione prefettizia. Il
coordinatore cittadino del partito di Casini, Ernesto Cerbella, interviene anche per evidenziare la «carente» informazione su quanto viene
attuato inComune. Nel suopreambolo, Cerbella fa presentecome la città, nellasua dimensione politico-amministrativa abbia subito una
battuta di arresto, a causa delle «note vicende
giudiziarie nelle quali è rimasta invischiata».
Cerbella aggiunge anche come non intenda
«per ragioni di opportunità e di rispetto verso
gli organismi giudicanti, entrarenel merito di
quanto accaduto, anche se sentiamo forte il disagio creato dalla inconsapevolezza, tuttora
esistente, circa un eventuale coinvolgimento
delle istituzioni rappresentative comunali e
sulla dimensione ed estensione di tale coinvolgimento».
Perciò rifiuta «una generica e generalizzata
definizione di città mafiosa, frutto di una iperbolizzazione mediatica dei fatti che fece, al tempo, balzare agli onori negativi della cronaca la
nostra città» che comunquel’Udc ed altre forze
politiche hanno «pervicacemente rifiutato».
Nel prendere, quindi, atto del commissariamento come un fatto “ineluttabile”, i centristi
apprezzano lo sforzo della commissione verso
la «stabilizzazione degli aspetti finanziari della
gestione dell’ente per evitare una dichiarazione di dissesto», ma nel contempo, sottolineano
anche come l’azione commissariale «non possa
né debba limitarsi ad una azione prevalentemente contabile che, stante il lungo periodo di
commissariamento, mortificherebbe irreparabilmente le aspettative di sviluppo della città».
Per questo intendono chiedere nuovi incontri, seppur in un primo appuntamenti abbiano
già sottolineato allacommissione le problematiche cittadine esistenti. «Non possiamo esimerci dall’evidenziare – prosegue Cerbella –
una carente informativa suciò che viene elaborato ed attuato, il che rappresenta un sacrosanto diritto dei cittadini ed un dovere da parte
dell’organismo chiamato alla gestione della
cosa pubblica».
La promozione di nuovi incontri, a detta del
coordinatore cittadino, potrà servire a rimarcare «alcuni fatti posti all’attenzione dai citta-
Il Municipio di Corigliano
dini». Come ad esempio, la «spaventosa» situazione di degrado delle strade che, «senza grandi impegni finanziari, dovrebbe almeno dar
luogo al rattoppamento delle buche».
L’Udc intende anche chiedere lumi sullo stato di interventi che non comportano oneri finanziari come i Pisu, «dei quali ignoriamo lo
stato di evoluzione e di eventuale realizzazione».
«Non sappiamo che fine abbiano fatto i bandi
pubblici per l’affidamento delle opere riguardanti l’illuminazione cittadina – prosegue il
rappresentante centrista – così come quello
per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani».
Identico discorso anche per i Psa per i quali
l’Udc dichiara in via preliminare «la posizione
nel prediligerli a volumi zero, così come attuato dal sindaco Renzi a Firenze». Infine il partito
vorrebbe chiedere ai commissari cosa si sta attuando per evitare eventuali allagamenti nel
periodo invernale.
«Questi –termina l’ex assessore Ernesto Cerbella –sonosoloalcuni deitantiaspettidellavita amministrativa che necessitano di attenzioneeperiquali l’Udc stimola interventi e chiede
informative sullo stato delle cose».
“Mondiversi”
Il centro riapre
ma resta
l’incertezza
CORIGLIANO – E’ una
soddisfazione a metà,
quella di Mondiversi,
l’associazione che gestisce il Centro di eccellenza, fulcro di polemiche
nei giorni scorsi, per via
della scadenza proprio
del contratto di gestione
e per i lamentati silenzi
dell’Amministrazione
prefettizia in materia.
Il presidente Antonio
Gioiello, nell’annunciare la ripresa delle attività
della struttura dopo una
comunicazione giunta
dal Comune, non ritiene
“conclusa” la vicenda.
«Ieri –dichiara il presidente dell’associazione
Mondiversi – è stato comunicato a questa associazione dal Comune di
Corigliano Calabro “che
sono in corso le procedure per l’affidamento della gestione del Centro.
Pertanto, nelle more
nell’espletamento di dette procedure, codesta associazione potrà proseguire le attività nella
struttura fino alla definizione degli atti”».
Quindi una proroga a
metà.
Gioiello giudica “tardivo” il provvedimento,
ma anche «insoddisfacente e generico, e quindi ritenendo non conclusa la vicenda, informiamo – dice – che le attività
del Centro di eccellenza
proseguiranno e che è
quindi possibile prenotare per l’uso delle Sale e
dei Servizi della struttura».
Il Centro di eccellenza,
com’è noto, ormai dal
2008, sin dalla sua inaugurazione, è divenuto
agorà sociale, culturale
ma anche politico della
città di Corigliano. Nei
suoi spazi ha ospitato
tantissime manifestazioni di vario genere,
dando sfogo alla voglia
di aggregazione ausonica, ma anche ad una miriade di eventi.
Una struttura insomma molto attiva negli ultimi anni, da quando è
stata inaugurata e che
nei giorni scorsi quindi è
stata al centro di un
preoccupato dibattito.
Il presidente Gioiello,
nella nota diffusa, conferma anche l’incontro
programmato per domani alle 18, ovviamente presso il Centro di eccellenza, tra le associazioni e le organizzazioni
sociali e culturali della
città, «al fine di una comune riflessione su
quanto accaduto, sulla
situazione che è venuta a
determinarsi e su eventuali iniziative da promuovere». E ciò perché
nella
comunicazione
giunta all’associazione
dal Comune «rimangono indefiniti i termini
dell’autorizzazione
a
proseguire la gestione e
non chiare le modalità
per un nuovo affidamento, che lasciano incerto il
futuro del Centro di Eccellenza».
l. l.
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42 Cosenza
23
Venerdì 18 novembre 2011
REDAZIONE: Piazza Serravalle, 9 - 88100 Catanzaro - Tel. 0961.792164 E-mail: [email protected]
Ad aprile 2012 arriveranno due magistrati. Borrelli: «Servono interventi razionali»
Il grido d’allarme della Procura
Carenza di uomini e mezzi. «Potremmo cambiare le cose in più zone della regione»
di TERESA ALOI
PER arrivare al cuore del
problema, Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto,
non ha mai fatto giri di parole. Non è su costume parafrasare. E, oggi come ieri, a chi
gli chiede se la speranza di risolvere quella cronica carenza di uomini e mezzi denunciata ad ogni “uscita pubblica” sia rimasta tale, lui candidamente risponde che «se
è vero come è vero che la Calabria è un problema nazionale
sotto il profilo della criminalità, allora chi di competenza
deve fare le scelte necessarie». Lo ha fatto ieri, con il
procuratore capo Vincenzo
Antonio Lombardo in occasione della conferenza stampa di presentazione di “Nasty Embassy”, l'inchiesta
antimafia portata a termine
sul territorio di Vibo Valentia (ne riferiamo ampiamente nelle pagine di primo
piano). «La Procura di Catanzaro - ha spiegato Giuseppe Borrelli - in tre anni di
lavoro, ha prodotto una
quantità di materiale tale da
poter radicalmente cambiare le cose in molte zone della
Calabria, almeno nei 2/3 del
territorio, ma il tutto stenta a
concludersi a causa delle carenze che ostacolano enormemente il lavoro».
La verità - drammatica da
un lato - è che nonostante l'esiguità dei mezzi siano essi
logistici e o meno, le numerose attività “messe in cantiere” dalla Procura antimafia di Catanzaro, una dopo
l'altra tagliano il traguardo.
Perchè «il lavoro prosegue
Vincenzo Roca, Giuseppe Borrelli, Vincenzo Antonio Lombardo e
Rodolfo Ruperti
senza sosta consentendoci
di registrare risultati continui e costanti, ma a costo di
sacrifici enormi e con tempi
che potrebbero e dovrebbero
essere molto più spediti». Lo
ha segnalato ampiamente in
tutte le sedi competenti senza mai stancarsi Borrelli. «Ci
sono diverse attività che portiamo avanti da tempo giunte ormai per così dire a “maturazione”. In questi anni ha sottolineato - abbiamo incamerato materiale di grande rilievo probatorio, ma abbiamo il problema di una
struttura che, con i suoi soli
sei magistrati alla Direzione
distrettuale antimafia, numericamente non è in grado
di affrontare queste emergenze» E se a ciò si aggiungono gli impegni dibattimentali, va da sé che tutto diventa più difficile. «L'attività però è valida quando produce risultati fin dentro alle
aule dei tribunali. La prevenzione e la lotta alla criminalità - ha aggiunto il magistrato - non passa solo per un
maggiore controllo del territorio, e quindi con più mezzi
nelle strade delle forze del-
l'ordine, che peraltro adesso
non hanno neppure la benzina sufficiente, ma necessita
di attività investigative delicate e complesse, che costano, e soprattutto di uomini
che le svolgano».
Non solo magistrati perché la carenza riguarda an-
che il personale amministrativo. Ora, le cose potranno
cambiare. Quest'anno per la
prima volta da decenni la
Procura ordinaria chiuderà
in attivo nel rapporto tra i
procedimenti penali sopravvenuti e quelli definiti, anche se solo ad aprile 2012 arriveranno due nuovi magistrati che porteranno il numero dei sostituti procuratori presenti nell'ufficio a 17
sui 18 previsti in organico.
«Intanto - ha concluso Borrelli - facciamo i conti con ristrettezze di mezzi ed inefficienze inimmaginabili, dovute soprattutto ad interventi a pioggia che non sono
razionali e che di fatto portano a tagli su cose essenziali e
spese che alla fine, per come
sono fatte, risultano vane. E
continuiamo a dipendere
dalle importanti e fondamentali iniziative di alcune
amministrazioni» ha aggiunto il magistrato ricordato la donazione alla Procura di 24 quintali di carta da
parte di un comune del cosentino, oppure il contributo della Provincia di Catanzaro che per un periodo ha
messo a disposizione dell'ufficio giudiziario alcuni lavoratori in cassa integrazione
per un progetto di riqualificazione del personale. «Ma
sono ancora poche e saltuarie - ha concluso - mentre invece sarebbe davvero utile
una sinergia tra tutte le istituzioni per il migliore funzionamento di un servizio
fondamentale per i cittadini».
Generazione X
I giovani tra
proteste e idee
GLI gli studenti hanno manifestato contro la crisi, ma c’è anche chi fa volontariato
alle pagine 26 e 27
Caraffa
Borse false, capo d’accusa da riformulare
SECONDO l'accusa avrebbe
contraffatto alcune borse di
marche del calibro di “Gucci”
e di “Luis Vitton”. Borse che
Ndour Modou, senegalese,
avrebbe poi rivenduto a Lido .
Ed èqui chenel 2009,l'uomo
venne segnalato dalle forze
dell'ordine. Subito dopo arrivò la chiusura delle indagini
preliminari e la contestuale
richiesta di rinvio a giudizio
avanzata dalla Procura a carico dello stesso Ndour Modou che, adesso, deve rispondere dei reati di contraffazione di pubblici sigilli e introduzione nello stato e com-
mercio di prodotti con segni
falsi.
La richiesta, però, nei
giorni scorsi è stata discussa
nel corso della prima udienza preliminare davanti al
gup Maria Rosaria Di Girolamo. È stato il gup anche alla luce delle tesi difensive, ad
annulla la richiesta di rinvio
a giudizio disponendo la trasmissione degli atti del processo invitando di fatto la
Procura a riformulare il
nuovo capo d'accusa. Questo
in accoglimento delle eccezioni sollevate dal difensore
dell'uomo, l'avvocato Miche-
le Gigliotti, aveva avanzato
nel corso dell'udienza. Era
stato il legale , infatti, a sottolineare la genericità e l'indeterminatezza del capo d'imputazione, poiché, aveva evidenziato, il reato, poteva essere contestato anche attraverso la citazione diretta a
giudizio. Di più. Il difensore
aveva sottolineato come gli
atti del procedimento non
fossero stati tradotti nella
lingua madre di Ndour Modou e di fatto, l'uomo, non poteva comprendere le contestazioni mosse.
b.a.
Pisl per tutelare
il territorio
IL CONSIGLIO comunale
ha aderito alla programmazione comunitaria.
a pag. 30
Soverato
PUNTO E A CAPO
«A chi giova parlar male della Film commission? Ca vi muzzicu i garruni»
di MAURIZIO COMITO
PRIMA che qualcuno parli a sproposito a nome della mia categoria
e disturbi il nuovo processo di valorizzazione del cinema e della
multimedialità calabrese faccia
attenzione Ca' Ci Muzzicu i Garruni.
Nell'anno 2000, fui il primo a
proporre la prima bozza di progetto della Calabria Film Commission, all'allora Governatore Giuseppe Chiaravalloti che, mi ricordo ancora, dopo aver ascoltato la
mia relazione, si alzò dalla sua
poltrona e mi abbracciò con entusiasmo mi disse: “Bella! questa la
facciamo di sicuro!”.
Poi le cose, come la storia ci racconta, andarono diversamente.
Nel senso che la Calabria Film
Commission nacque poco tempo
dopo, presso l'assessorato al Turismo, con il coinvolgimento anche
dall'assessorato alla Cultura, ma
io non fui mai più chiamato ne
coinvolto a qualsiasi livello.
Qualche anno dopo e precisamente nell'agosto 2006, fui tra i
pochi ad evidenziare la mancata
attività dell'allora neo rinata Fondazione Calabria Film Commission, che nel frattempo sotto la gestione Zinnato - Loiero, si era appunto trasformata in Fondazione, con un’ intervista, rilasciata
ad un quotidiano locale e con quale mi guadagnai la mancata con-
vocazione a tutti i casting locali
organizzati e seguiti dalla Calabria Film Commission. Nell'intervento, che mi valse la definitiva
condanna professionale, dissi
chiaramente cosa intendevo io
per film commission o meglio come l'avevo sempre sognata che
fosse nella mia Regione, quindi
ancora una volta critica si ma che
voleva essere costruttiva, con una
proposta chiara o almeno un suggerimento.
Chi mi conosce sa che ormai da
anni predico e continuo a credere
nello sviluppo del cinema in Calabria .
Adesso, finalmente uno che capisce di cinema, l'avvento della
Presidenza Curti, voluta fortemente dal Governatore Giuseppe
Scopelliti, che personalmente ritengo senz'altro autorevole e competente che fin da principio, come
testimoniano il ritorno delle convocazioni ai casting da sei mesi a
questa parte, ha la volontà di coinvolgere tutti coloro che intendono
supportare e collaborare con la
Calabria Film Commission siano
essi Enti e privati.
Per la prima volta nuove opportunità e prospettive di lavoro si
aprono e sono messe a disposizione di attori e tecnici, calabresi: mi
consta che nei nuovi bandi Calabria Film Commission, in preparazione, per la prima volta c'è
un'attenzione particolare all'in-
Maurizio Comito
serimento, sia nei cast artistici
che nelle figure professionali, alle
risorse umane calabresi. Mai successo prima.
Per la prima volta su tutti i set
aperti in Calabria ho visto l'impegno e la presenza quotidiana di almeno un responsabile organizzativo, in rappresentanza della Calabria Film Commission, come
Michele Geria. Mai successo prima.
Per la prima volta, nella programmazione dei Festival di Cinema regionali si parla di almeno
due convegni sulle prospettive e
problematiche legati allo sviluppo del Cinema in Calabria. Mai
successo prima.
Come per imminente Calabria
Film Festival di Vibo Valentia,
che, oltre alla presenza di ospiti
internazionali, e l'ospitalità di
“Workshop” prevede anche la
partecipazione di categorie professionali ed imprenditori locali
che possano intervenire direttamente ed investire in questo settore pulito che è il nuovo cinema calabrese.
Mai successo prima.
Per la prima volta un presidente, autorevole e competente, un
tecnico, che oggi vanno anche di
moda anche perché a quanto pare
sono gli unici che fanno funzionare le cose, come Gianluca Curti
produttore cinematografico, per
la prima volta, pone l'attenzione
soprattutto agli uomini e alle
idee, alle risorse umane calabresi
intendendo anche coinvolgere e
sottoscrivere protocolli d'intesa e
collaborazioni con tutti gli Enti
disponibili a collaborare. Mai successo prima.
Per la prima volta, sotto la Presidenza Curti, vengono ricercate
e messe a regime risorse finanziarie inaspettate che giacevano nel
dimenticatoio da anni, come i fondi europei per lo sviluppo, meglio
conosciuti come Por e come per altro è già accaduto per la vicina Regione Puglia che ha girato film come “Mine Vaganti” di Ferzan Ozpetek.
continua a pagina 28
Mercato chiuso
È protesta
PROTESTE e critiche al sindaco per la chiusura del mercato rionale del venerdì.
a pag. 32
Sport
Trent’anni
di attività
FESTEGGIATI PROTESTE i
30 anni di attività alla palestra
del maestro Guerra
a pag. 35
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Catanzaro
36
Venerdì 18 novembre 2011
Ufficio di corrispondenza: via Virgillo, 3 - 88046 Lamezia Terme - Tel. e Fax 0968/201015 E-mail: [email protected]
Operazione “Lex Genucia”. Oggi iniziano gli interrogatori di garanzia per gli accusati di usura
«Prendo la pensione e ti pago»
Commercianti e imprenditori minacciati per i debiti contratti con i cravattari
OPERAZIONE “U CINESE”
di PASQUALINO RETTURA
PARTONO oggi gli interrogatori di garanzia dal gip
per le dieci persone arrestate nell’ambito dell’operazione anti usura “Lex Genucia” condotta dal Nucleo
Mobile del Gruppo della
Guardi di finanza di Lamezia che ha portato 6 persone
in carcere e 4 ai domiciliari.
Per alcuni degli arrestati,
poichè l’ordinanza di custodia cautelare gli è stata notificata in carcere perchè
arrestati in altre precedenti
operazioni, l’interrogatorio di garanzia si svolgerà
per rogatoria a Catanzaro,
nei confronti di Vincenzino
Lo Scavo, difeso dall’avvocato Lucio Canzoniere, ed a
Paola per Adriano Sesto, difeso dall’avvocato Tiziana
D’Agosto, mentre a Lamezia si terrà l’interrogatorio
di garanzia di Francesco
Greco, 73 anni, difeso
dall’avvocato Antonio Torcasio.
Tutti e tre finiti in carcere
insieme a Francesco Pullia,
Bruno Gagliardi e Bruno
Cimino. Ai domiciliari invece ci sono finiti Teresa Ferrise, Ferdinando Greco,
Giuseppe De Fazio e Fabio
Zubba. Tutti ora sono chiamati a difendersi dalle accuse, a vario titolo, di di usura
aggravata, tentata estorsione ed esercizio abusivo
dell'attività finanziaria.
Un’indagine iniziata nel
marzo del 2010 quando un
commerciante di auto di
Sambiase, A.D. era stato costretto ad abbandonare la
famiglia senza dire nulla
per paura di ritorsioni dopo
essere finito nel tunnel
dell’usura. Ma anche altri
imprenditori finirono nelle
“grinfie” di otto presunti
usurai senza però avere il
coraggio di denunciare e
per questo motivo indagati
per favoreggiamento. Solo
grazie alle intercettazioni
telefoniche e agli accertamenti la Finanza ha scoperto la rete degli usurai.
E solo dopo l’esposto della
moglie di A.D. il commerciante tornò a Lamezia per
raccontare gli episodi, comprese le minacce. In particolare quando Bruno Cimino,
dipendente dell’azienda sanitaria - secondo le accuse non trovando il commerciante vittima dell’usura, si
rivolse alla moglie dicendo
che se il marito non avesse
adempiuto
tempestivamente avrebbe dovuto lei
stessa vendere tutto quello
che aveva altrimenti non
sapeva come sarebbe andata a finire, nonchè riferendo in giro che avrebbe incendiato beni nella disponibilità del commerciante
d’auto. E quando - secondo
le accuse - Adriano Sesto
avrebbe minacciato il commerciante facendolo avvicinare da “Maurizio di Ardore”. E che la vittima
dell’usura era terrorizzato,
lo si evince anche da una
sua dichiarazione agli inquirenti: «Ho prima negato
di non avere avuto rapporti
finanziari con Bruno Gagliardi, in quanto temo per
la mia incolumità e per
quella della mia famiglia, il
Droga, arresti domiciliari
per Francesco Donato
Il tabellone con gli arrestati dell’operazione “Lex Genucia”
timore di cui parlo è dovuto
alla fama di cui gode Gagliardi. Mi risulta infatti
che lo stesso ha avuto diverse disavventure giudiziarie
anche per gravi fatti».
E per le ipotesi accusatorie il commerciante sarebbe
stato costretto a rivolgersi
anche a Giuseppe De Fazio,
Teresa Ferrise, Fabio Zubba, Francesco e Ferdinando
Greco, non solo per prestiti
usurai ma anche per pagare
i foglietti degli assegni, dalle 300 alle 500 euro.
Emblematica,
inoltre,
un’intercettazione telefoni-
Incontro per sollecitare maggiori controlli
Un verme nella pasta
per i bambini
della scuola elementare
MAGGIORE rigore nei controlli e severità da parte dell'amministrazione comunale
nell'applicare le eventuali penali da far pagare per il mancato rispetto delle procedure
previste da capitolato per il
servizio mensa delle scuole
elementari cittadine.
Questa la richiesta portata ieri nell'incontro
tra l'assessore al
ramo scolastico,
Giusi Crimi, i dirigenti interessati,
la ditta incaricata
del servizio ed i
membri dei comitati scolastici per
il servizio mensa.
Un incontro,
che si ripete cicli- Giusi Crimi
camente per monitorare laqualità delservizio
offerto dalla ditta Cardamone, responsabile del servizio
mensa scolastico, preceduto
da più di una lamentela in questi giorni da parte di genitori
ed insegnanti. Nodo del contendere la qualità del cibo offerto ai bambini, come sottolinea Eleonora Malerba, componente del nucleo di vigilanza del 1° circolo: «capiamo i periodi di ristrettezza economica, e che parliamo comunque
di una mensa che non può garantire gli stessi pasti che si
consumano a casa, ma quando le sollecitazioni e le lamen-
tele diventano tante vuol dire
che il Comune ha il dovere di
far pagare le penali per il mancato rispetto di quanto stabilito nell'appalto».
Sotto accusa il modo in cui il
servizio viene offerto. «Il camioncino che porta il cibo fa
un solo viaggio, alle 12, sia per
i bambini che
pranzano
alle
12.20 che per
quelli del secondo
turno, previsto
un'ora
dopo,
mentre per contratto dovrebbe
fornire i pasti 20
minuti prima»,
rimarca la componente del nucleo di vigilanza,
«questo comporta che troppo
spesso la pasta risulta scotta,
mentre i secondi piatti, sia di
carne che di pesce serviti in
confezioni sigillatemono porzione, arrivano in tavola ormaifreddie pocoinvitanti,così come le insalate che sono
scondite». Ultimo episodio a
far insorgere le proteste il ritrovamento di un verme in un
piatto di pasta. «La ditta si è
sempre dimostrata disponibile a far effettuare controlli anche nelle proprie cucine», ricorda la Malerba, «ma questi
incidenti ci auguriamo non
accadano mai più».
g.g.
ca in cui Pullia parla con un
altro imprenditore per riavere i soldi. «Mi devi dare
due o tre giorni di tempo
quando mi arriva la pensione». E la risposta: «Va bene..
tu sei un grande cretino, un
grande sfreggiatore, un
grande falso».
RECENTEMENTEla Cassazioneaveva annullatol’ordinanza sul reato associativo,
con rinvio al tribunale della
libertà di Catanzaro, nei confronti di Francesco Donato,
34 anni, di Soveria Mannelli.
Ieri, il gip di Catanzaro, Livio Sabatini, ha ordinato la
scarcerazione e la concessione degli arresti domiciliari
per il giovane, in accoglimento della richiesta avanzata dal legale di fiducia del
trentaquattrenne, l’avvocato Bernardo Marasco.
Dopo che infatti l'ordinanza relativamente alla
partecipazione all'associazione finalizzata al traffico
di droga nei confronti di Donato, arrestato a marzo scorso nell'ambito dell'operazione “U cinese”, era stata annullata dalla Cassazione, il
gip ieri ha ritenuto che «la
pronuncia della Corte suprema nonchè gli ulteriori
elementi concernenti il lasso temporale trascorso
dall’esecuzione della misura cautelare e la concreta
condotta vagliata e ritenuta
da questo giudice consentano di ritenere attenuate, ma
non elise, le esigenze cautelari indicate nell’originaria
ordinanza».
Francesco Donato, era fra
le quindici persone che erano state arrestate a marzo
scorso dopo le indagini dei
carabinieri del comando
provinciale di Catanzaro.
Francesco Donato è infatti rimasto coinvolto nell'inchiesta antidroga per le accuse, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti
nell'area del Catanzarese,
Napoletana e del basso Lazio, con reati che sarebbero
stati perpetrati da dicembre
2006 a febbraio 2009.
Il traffico di stupefacenti
viaggiava sull'asse Catanzaro, Napoli, Terracina.
Decine e decine di chilogrammi di hashish che viaggiavano nascosti su autovetture, in alcuni casi prese
anche a noleggio, modificate da due carrozzieri compiacenti.
p.re.
Alla conferenza stampa “giallo” sull’assessore
Tano Grasso lascia. Anzi no
E parte il teatro “ Capusutta”
MENTRElaconferenza stampa di presentazione dello spettacolo “Donne in parlamento”, che andrà in scena il 20 e
21 novembre alle 21 al teatro
Politeama, stava iniziando,
circolava la notizia delle dimissioni dell'assessore alla
cultura Tano Grasso. Una “voce” però assente durante il dibattito nella sala Napolitano
sulla quale, insieme alla riposta di Corrado Augias su La
Repubblica dopo una lettera
di Francescantonio Pollice in
merito ai tagli effettuati all'Ama Calabria, stamattina alle
11 lo stesso assessore darà
conto nel suo ufficio.
Parlando del laboratorio
teatrale “Capusutta”, il progetto del Comune di Lamezia
Terme con la direzione artistica di Marco Martinelli e condotto da Punta Corsara, Grasso è sembrato infatti tutt'altro
che dimissionario, dichiarando che «già settimana prossimo dovremmo redigere l'atto
per la seconda edizione del
progetto, sperando che in periodo di tagli l'impegno economico non diminuisca di molto, di modo che finisca a giugno incontemporanea conl'edizione 2012 di “Trame”, un
format che si sta studiando di
esportare in cicli di incontri
anche fuori regione».
L'assessore natio della Sicilia descrive il laboratorio come «un'esperienza emblema-
Tano Grasso
tica dell'idea culturale che
avevo in testa, con 60 ragazzi
dai 6 ai 18 anni, di cui la metà
rom, chiamati a far teatro. Il
laboratorio, nato e cresciuto
con il confronto con realtà già
presenti in città come “Scenari Visibili”e“La Strada”, ha valenza nazionale per merito di
questi protagonisti».
L'assessore non nasconde
un pizzico d'orgoglio nell'annunciare che «per la prima
volta una compagnia debuttante lametina salirà sul palco
del Teatro Valle di Roma», ed il
perché lo spiega il direttore artistico del laboratorio, Marco
Martinelli, annunciando che
«la tre giorni a Roma dedicata
agli spettacoli del Teatro delle
Albe e Punta Corsa sarà aperta il 16 dicembre dai ragazzi di
Capusutta».
Per Martinelli «il laboratorio ha avuto un esito sopra le
aspettative, anche perché siamo partiti tardi, a metà febbraio, “perdendo” qualche ragazzo dopo la pausa estiva
perché andato all'università o
a lavorare, ma in totale abbiamo avuto comunque una rotazione di circa 100 ragazzi».
Per il regista Emanuele Valenti «è un dato miracoloso
portare oggi 60 ragazzi a far
teatro», mentre il sindaco
Gianni Speranza, ringraziando le guide Christian Giroso,
Antonio Stornaiuolo, Giovanni Vastarella, sostiene che
«solo vedendo lo spettacolo la
città potrà capire il progetto.
Siamo tanto contenti di aver
preso questa decisione, che è
pienamente riuscita perché
ha suscitato calore ed entusiasmo nei ragazzi, “ingaggiati”
a scuola come nei loro luoghi
di ritrovo», non risparmiando
in fine una battuta sulla polemica nata dopo l'intervento di
Augias suRepubblica: «qualche giornale nazionale dovrebbe riflettere di più sulle
politiche culturali lametine,
su quanti ragazzi abbiamo
coinvolto integrando anche
giovani Rom».
g.g.
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Lamezia
Venerdì 18 novembre 2011
L’accusa: «Sarebbe come mettere la polvere sotto il tappeto». Contestata anche la proposta di Pugliano
No al “tombamento” dei veleni
Il comitato Fabbrikando contrario alle ipotesi di bonifica avanzate da Syndial
di MARINA VINCELLI
«SIAMO contrari ad un
“tombamento” delle due discariche a mare, note come
“La passeggiata degli innamorati”, che altri invece
chiamano “La passeggiata
dei veleni”, così come prospettato da Syndial. Sarebbe
come nascondere la polvere
sotto il tappeto!». Pino Greco, di “FabbriKando l’avvenire”, ieri pomeriggio ha
lanciato un grido d’allarme
contro l’ipotesi di Syndial
(Eni) di sarcofagare, con un
muro di cemento armato,
sia dal lato mare che dal lato
strada consortile, le due discariche a mare “ex- Fosfotec” ed “ex-Pertusola sud”,
comprese nel Sin (sito d’interesse nazionale) da bonificare e sotto sequestro da parte
della magistratura, dal
maggio scorso. Il presidente dell’associazione, formata da ex-operai, ma anche da
professionisti del settore, ha
lanciato un appello al sindaco della città, Peppino Vallone, chiedendogli di respingere anche l’ipotesi lanciata
qualche
settimana
fa
dall’assessore
regionale
all’ambiente Franco Pugliano, in un incontro presso il
Da sinistra: Enzo Zizza e Pino Greco
Comune. L’ipotesi di Pugliano era, in sintesi, quella di
abbassare l’altezza delle discariche “Farina Trappeto”
e “Armeria”, fino al livello
stradale, per lasciare libera,
com’era una volta, la visuale
verso il mare e di creare le
opere di protezione in cemento armato solo sul livel-
lo sottostante. Secondo Greco anche questa ipotesi, è da
scartare perché: «Quelle discariche contengono materiali pericolosi, che vanno
levati da lì. Le scorie si trovano anche molti metri al di
sotto del livello stradale,
quindi è inutile toglierne solo una parte. E’inutile anche
ECONOMIA
– ha denunciato Greco – isolarle con un muro di cemento armato, perché non faremmo che far slittare di
qualche anno il problema
dell’inquinamento, dal momento che l’erosione delle
correnti marine non potrebbe garantire la tenuta delle
opere previste, se non a co-
sto di una manutenzione
molto onerosa, che nessuno
sarebbe in grado di garantire nel tempo».
Ma cosa c’è, insomma, sotto la “passeggiata dei veleni”? I risultati delle analisi e
dei campionamenti eseguiti
da Syndial, ed esposti ieri da
Greco, evidenziano presenza al disopra dei limiti consentiti di antimonio, piuttosto che di arsenico o di cadmio e cromo-esavalente, per
non citare che alcuni dei metalli pesanti e delle sostanze
chimiche, comprese nel lungo elenco delle sostanze pericolose presenti nelle discariche a mare e che provocano in città allarme ed apprensione. «Dalle analisi
svolte – si legge nella relazione tecnica di Syndial - si
può evidenziare una contaminazione elevata anche in
alcuni campioni presi a profondità superiori ai 7-8 metri fino ad una profondità di
circa 9 metri dal piano di
campagna». “Fabbrikando
l’avvenire” oltre che a protestare, ha chiesto ieri un tavolo di confronto con Eni,
per discutere direttamente
sulle modalità di bonifica da
adottare nei siti inquinati.
«Alcune tecniche indicate
da Syndial, per bonificare i
terreni, sono, secondo noi e
secondo gli esperti, completamente inefficaci. Per
esempio la cosiddetta “fitorimediazione”, è una tecnica
che consentirebbe di disinquinare in molti anni un terreno, utilizzando le radici di
alcuni alberi o arbusti, ma
che è adatta solo dove la presenza di sostanze inquinanti è molto superficiale e non
certo nel caso di matalli pesanti».
Secondo Enzo Zizza, altro
componente dell’associazione, esistono tecniche più efficaci per bonificare anche
in situ i terreni compromessi, come il “soil washing”,
una tecnologia di risanamento ex situ, in cui gli
agenti inquinanti vengono
rimossi dal suolo attraverso
un lavaggio fisico del terreno, utilizzando tecniche di
separazione della frazione
fine del suolo (limo e argilla), cui è normalmente associata la maggior parte della
contaminazione, dalla frazione “pulita” della ghiaia e
della sabbia. Il vantaggio è
che si riduce il volume di materiale inquinato, da sottoporre a ulteriori trattamenti
o da smaltire in discarica.
GENIO CIVILE
Previste 90 assunzioni
Niente servizio di vigilanza
nell’ultimo trimestre 2011
Sulla (Pd) incalza
APPUNTI E APPUNTAMENTI
NOVANTA assunzioni previste, per il 63% di impiegati
e professionisti qualificato,
per il 22% di dirigenti e impiegati con elevata specializzazione e tecnica. Sono le
previsioni per quarto trimestre 2011 dell’Ufficio Studi
della Camera di Commercio
di Crotone, che hareso noti ii
dati dell’ultima indagine
campionaria realizzata da
Unioncamere e dal Ministero del Lavoro nell’ambito del
sistema informativo Excelsior.
L’indagine contiene i dati
sui fabbisogni occupazionali espressi dalle imprese per
il periodo ottobre-dicembre
2011 e, come di consueto, fa
riferimento alle entrate di
personale dipendente a tempo indeterminato e a tempo
determinato, anche a carattere stagionale, mentre non
sono compresi i contratti di
somministrazione (interinali).
«Il contesto economico nazionale ed internazionale è
ancora debole e la nostra provincia, con una previsione di
Roberto Salerno
solo 90 nuove assunzioni,
sembra risentirne maggiormente - afferma il presidente
dell’ente camerale, Fortunato Roberto Salerno - L’aumento del ricorso alla Cassa
integrazione
guadagni,
d’altro canto, riflette una
presenza di personale, all’interno delle imprese, in eccesso rispetto al fabbisogno e
rappresenta una spia preoccupante sulle reali prospettive di sviluppo del territorio. Benché previsionali, tali
dati consentono agli attori
istituzionali di avere il ter-
mometro della situazione
per elaborare politiche idonee a fronteggiare le criticità relative al mercato del lavoro nella nostra provincia,
valorizzando adeguatamente gli elementi positivi emersi dall’ultima indagine rispetto agli altri territori,
quali l’aumento della richiesta di professioni ‘high skill’
e l’elevato ricorso ai contratti
a tempo indeterminato».
Le 90 nuove assunzioni
programmate rappresentano un tasso di entrata pari a
5,5 assunzioni per ogni
1.000 dipendenti e collocano
la nostra provincia in ottantunesima posizione nella relativa graduatoria nazionale.
La quasi totalità delle assunzioni (80 unità), avverrà
nel settore dei servizi e, più
precisamente, 50 unità sono
previste nel comparto del
commercio, turismo e ristorazione, e 30 in altri servizi.
Ad assumere maggiormente (55,5% dei casi) saranno le
imprese con meno di 50 dipendenti.
«CON la delibera n. 204 del 3
marzo 2010 («approvazione
della Struttura del Dipartimento 9»), la Giunta regionale presieduta da Agazio
Loiero, su proposta dell’assessore al Personale pro
tempore, aveva istituito, nella provincia di Crotone, il
servizio di vigilanza e controllo sismico e di supporto
tecnico di protezione civile».
L’ufficio del genio civile, insomma. È quanto ricorda il
consigliere regionale del Pd Francesco Sulla
Francesco Sulla, per poi domandare: «Qualcuno del Governo regionale può spiegare perchè mai, a distanza di
oltre un anno e mezzo dall’approvazione
della delibera in questione, Crotone continua ad essere, unica provincia della Calabria, priva di detto Servizio?» Ancora
l’esponente del Pd: «La circostanza, com'è
ovvio, produce un notevole disagio a cittadini, tecnici ed istituzioni che si vedono costretti, per porre in essere gli adempimenti
previsti dalle normative sia nazionali che
regionali, ad onerose trasferte a Catanzaro. Così com'è evidente l’importanza che il
servizio riveste non solo in materia di lavori pubblici ed edilizia, ma anche di tutela
delle acque e di progettazione e studio sui
fattori di rischio sismico, geologico e idro-
geologico, facilitando la possibilità di intervento e interazione fra la Regione e gli enti
locali. Eppure si attende invano una risposta esaustiva.
Ora, se c'è chi ha deciso, tra i
rappresentanti istituzionali
della provincia di Crotone,
soprattutto a livello regionale, di fare come le tre scimmiette per non disturbare il
governatorissimo, faccia pure. Ma i problemi della provincia di Crotone, questo assieme a tutti gli altri, incalzano e non è fingendo di non vederli che si risolvono. Personalmente –
conclude Sulla – mi sono rivolto formalmente al Presidente della Giunta regionale
ed agli assessori Domenico Tallini (Personale) e Giuseppe Gentile (Infrastrutture e
Lavori Pubblici), ma ancora senza esito.
Anzi alla mia interrogazione, più volte evitata dallo stesso question time, durante
l’ultima seduta del Consiglio regionale si è
risposto che la Giunta non è ancora attrezzata per fornire le attese motivazioni. Ma si
può andare avanti così? Con l’Esecutivo regionale che ignora sistematicamente la
provincia di Crotone ed il Consiglio regionale che non è in grado di far rispettare termini ed impegni concernenti le interrogazioni dei consiglieri?».
Turtoro in concerto
al circolo Arci
Unità d’Italia
oggi tre eventi
Studentessa presenta
il suo primo libro
Reti di impresa
un seminario
IL SECONDOappuntamento live del circolo Arci "Lecentocittà" è con il cantautore
Pompilio Turtoro, in concerto oggi dalle
21,30. Turtoro, appassionato di musica
d'autore e di chitarra, inizia la sua carriera
ascoltando le canzoni di Francesco Guccini e di Rino Gaetano, passando per De Andrè e i Nomadi. E' proprio grazie ai Nomadi, con i quali stringe una collaborazione
come autore, che ha toccato il successo, coronando quello che era solo un sogno di
fan. E’ autore, infatti, nel 1998 dei brani
“Una storia da raccontare” e “Buonanotte
ai sognatori”, contenuti nell’album “Una
storia da raccontare” e, successivamente,
nel 2002 del brano “Come un fiume” in
“Amore che prendi amore che dai”.
«COMPRENDERE quello che è stato non è
un’operazione nostalgica, reazionaria o
negazionista ma necessaria a trarre spunti per evitare gli errori (e gli orrori) del passato». Lo ha detto l’assessore regionale alla Cultura, Mario Caligiuri, presentando il
sesto appuntamento, previsto per oggi,
con la manifestazione “150 anni dell’Unità
d’Italia. Le ragioni degli altri”, promossa
dalla Regione. Tre eventi. Alle 18, nella sala Raimondi, incontro con Massimo Teodori, storico e saggista, autore del libro Risorgimento laico. L’incontro con l’autore
sarà preceduto da una breve performance
teatrale “La festa dell'oblìo”. Alle 21.30,
sempre alla Raimondi, il concerto dei Coram Populo “Invito al ballo”.
DOMANI, alle ore 18, presso la Casa
della Cultura, Danila Giaquinta presenterà il suo primo libro dal titolo
“Fai finta di non lasciarmi mai” (Csa
Editrice). Si tratta di un racconto. Danila Giaquinta nasce a Crotone nel
1997, la stessa città dove attualmente
vive. Fin da bambina manifesta interesse per la scrittura e la poesia ed è a
soli otto anni che scrive il suo primo
breve romanzo. È di recente che ha iniziato a scrivere con maggiore continuità. Frequenta il liceo scientifico e
oltre alla scrittura è appassionata per
la lingua inglese e le scienze. “Fai finta
di non lasciarmi mai” è la sua prima
pubblicazione.
CONFINDUSTRIA Calabria e Confindustria Crotone hanno promosso un
seminario sulle reti di impresa per oggi, alle 14, presso l’hotel Lido degli Scogli.
Il tema è “Affrontare la crisi: le reti di
impresa, uno strumento per crescere”.
Il seminario sarà l’occasione per approfondire la disciplina del contratto di
Rete istituito dalla legge 33/09 e scoprire i vantaggi ed i benefici per le
aziende che aderiscono. I lavori del seminario saranno conclusi da Aldo Bonomi, vice presidente per le Politiche
territoriali e distretti industriali di
Confindustria e presidente di RetImpresa.
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40 Crotone
23
Venerdì 18 novembre 2011
REDAZIONE: corso V. Emanuele III, 58 - Vibo Valentia - Tel. 0963/471595- Fax 472059 -E-mail: [email protected]
Cgil. Dopo che l’organizzazione non aveva firmato l’accordo con Confindustria
Minacce ai lavoratori
La denuncia del sindacato contro una azienda di autotrasporti
Impianto spento
Riattivare
i semafori
di zona
Aeroporto
di ANTONELLA FURCI
di ANTONIO VERANO
UNA conferenza stampa con
particolari retroscena quella svoltasi nella sede della
Cgil. Un incontro che era
stato organizzato per determinati motivi che poi, per
forza maggiore, ha lasciato
spazio ad altre interlocuzioni. La Filt-Cgil, infatti, giorni fa aveva indetto un incontro con la stampa per esporre le motivazioni riguardo il
suo “no” al famoso accordo
quadro per il settore autotrasporti merci provinciale,
firmato da Confindustria solo con Cisl e Uil. Invece, altri
risvolti si prospettano
all’orizzonte. Si tratta di scenari “sconcertanti”, secondo la definizione usata dal
segretario provinciale della
Cgil di Vibo, Francesco Garufi. Durante la conferenza
stampa tenutasi presso la sede del Camera del Lavoro vibonese, infatti, il segretario
ha dato notizia, con toni alquanto seri, d’una “imbarazzante e triste situazione”,
che si sarebbe venuta a creare proprio il giorno prima
della conferenza stampa. Risvolti, poi, che “potrebbero
avere tutti i presupposti per
aprire un contenzioso giudiziario” secondo quanto, a loro volta, hanno dichiarato i
legali sindacali della Cgil,
Gaetano Servello e Angela
Di Rienzo. In base a quanto
gli stessi hanno riferito, “si
starebbero per
avviare le procedure per presentare degli esposti
agli organi giudiziari”. Una presenza, quella degli avvocati, che
sin
dall’inizio
dell’incontro di
ieri, preannunciava una delicata vertenza, almeno per
il palpabile clima che si avvertiva nella sala del sindacato confederale vibonese.
Tuttavia, per cercare di inquadrare la situazione, bisogna ricordare il fatto che,
circa una settimana fa, fu siglato l’accordo quadro provinciale sugli autotrasporti
merci tra Confindustria, Ci-
VERRANNO riparati?
Verranno sostituiti con
delle rotatorie? Quando
interverranno gli enti
competenti per mettere
in sicurezza la strada?
Oggetto di non poche
domande e lamentele è il
mancato funzionamento di parecchi semafori
presenti sulla statale 18
nei pressi della frazione
Vena Superiore.
Un'arteria significativa per il collegamento
con il capoluogo, molto
trafficata e con presenza
di incroci molto pericolosi. Innumerevoli auto,
camion, autobus di linea
extraurbana,
infatti,
percorrono quotidianamente questo tratto di
strada.
Ciò non è sufficiente,
tuttavia, a mobilitare,
anche temporaneamente, i vigili urbani per disciplinare il traffico e riportare in sicurezza la
statale.
Optare per la rimozione degli impianti semaforici, sostituendoli con
la realizzazione di rotatorie, sicuramente assicurerebbe lo snellimento del traffico e nel giro
di pochi anni, l'ente di
competenza e soprattutto i cittadini, andrebbero a risparmiare sui costi di sostentazione del
servizio e sulla manutenzione. Ovviamente
una soluzione deve essere necessariamente trovata perché non è peregrina la possibilità che
si possa. verificare un
incidente stradale, anche di gravi conseguenze.
Non è tollerabile un tale disservizio in una
strada così importante.
Urge, pertanto, un immediato intervento delle istituzioni nei siti critici per riportare serenità e l’adeguata sicurezza
ai cittadini e agli automobilisti.
Il neosegretario Franco Garufi e diversi altri iscritti e dirigenti durante l’incontro
sl e Uil. A tal riguardo il segretario regionale della FiltCgil Nino Costantino (Vibo
Valentia ancora non ha nominato il suo segretario provinciale) ha rilasciato delle
dichiarazioni in merito alle
decisioni prese dal suo sindacato. Dichiarazioni alle
quale inevitabilmente sono
susseguite quelle degli altri
due segretari provinciali del
settore di Cisl e
Uil, Vincenzo Pagnotta e Antonello Corigliano. Un
botta e risposta,
in pratica, durata qualche giorno e che, per chiarire meglio la posizione del suo
sindacato, aveva indotto il
segretario regionale FiltCgil, Nino Costantino, a indire la prevista conferenza
stampa, attesa appunto per
fare chiarezza in merito ai
motivi che avevano portato
la categoria della Cgil a non
sottoscrivere l’accordo in
questione.
Un chiarimento, in realtà,
che ieri mattina è stato mes-
Paventata
la loro perdita
del posto
so poi in secondo piano, visto
le novità che sono state introdotte. La vicenda riguarderebbe ora, secondo quanto
hanno affermato i segretari
Filt Costantino e Cgil Garufi, “gravi fatti accaduti il
giorno prima all’internodi
una azienda di autotrasporti locale, dove il datore di lavoro pare abbia, attraverso
toni minacciosi, avvisato alcuni dei dipendenti, quelli
che avrebbero una delega
sindacale della Cgil, di un loro prossimo e imminente licenziamento. Adducendo
una motivazione diversa di
quella reale con una del tutto
ufficiosa riguardante la diminuzione del personale”.
Una rappresentazione questa che, secondo i lavoratori
intervenuti durante la conferenza stampa, con i sindacalisti e i legali Servello e Di
Rienzo, “potrebbe rappresentare un’azione antisindacale e discriminatoria”.
Tesi che, naturalmente andrà dimostrata legalmente
dopo una eventuale denuncia tuttavia ancora non avvenuta. Ma da ciò ch’è stato det-
to durante la conferenza
stampa, per via di una registrazione che avrebbe effettuato uno dei dipendenti nel
corso del colloquio con i dirigenti dell’azienda, si ipotizzano iniziative del genere.
Un fatto questo che per Garufi, Costantino e gli avvocati del sindacato “una situazione sconcertante che riporta indietro di almeno 50
anni le condizioni lavorative. Un gesto che – ha continuato il segretario Garufi –
richiamerà l’attenzione della Cgil nazionale, poiché si
sospetta che non fosse l’unico caso esistente in aziende
calabresi”. Situazione comunque che, come annunciato dagli avvocati Servello
e Di Rienzo “avrebbe tutti i
presupposti per far scattare
una procedura penale, in
quanto vi sarebbero i comportamenti discriminatori
antisindacali e quindi tutte
le condizioni per far avviare
la denuncia per lesione dei
diritti sindacali”. Dunque,
un “fatto increscioso” sottolineato sempre da Franco
Garufi e Nino Costantino, i
quali tra l’altro hanno sostenuto che la vicenda potrebbe
prendere anche una piega in
termini di etica sindacale”.
Comunque sia, ha continuato Garufi “considero Confindustria un’organizzazione
seria e per tale motivo porgo
ad essa l’invito di prendere
provvedimenti per determinati incresciosi comportamenti che sarebbero stati assunti da parte di alcuni suoi
associati”. “Una difficile e
spiacevole situazione” per la
quale ha espresso amarezza
anche Nino Costantino che,
oltre ad aver chiarito i presupposti “per i quali la Cgil è
stata messa nelle condizioni
di non poter firmare l’accordo quadro, ha anch’egli denunciato lo spiacevole accaduto che riconduce le relazioni sindacali in uno stato
antecedente allo statuto dei
lavoratori”. Concludendo, i
legali del sindacato hanno
infine, sostenuto che a tal
punto predisporranno l’avvio delle procedure per presentare all’autorità giudiziaria la denuncia in base
all’articolo 28 dello statuto”.
CGIL/2
DURANTE la conferenza stampa
tenutasi presso la Camera del Lavoro territoriale di Vibo Valentia,
Nino Costantino ha rilasciato,
prima che l’incontro prendesse
un’altra piega, alcune precisazioni che andrebbero a contraddire precedenti affermazioni dei
due segretari Cisl e Uil.
Affermazioni sempre in risposta a quanto dichiarato in una nota scritta da Costantino, relative
alla non condivisione della Cgil
all’accordo quadro provinciale
sottoscritto da Confindustria
con Fit-Cisl e Uiltrasporti vibonesi. Un accordo, ha detto replicando quanto si è già scritto la scorsa
settimana, che tende a disciplinare e regolare orari e retribuzione
di uno dei settori degli autotrasporti merci riguardante le mansioni discontinue.
Cioè, orari e trasferte ,già regolati dall’articolo 11 e 11bis del
Ccnl (Contratto collettivo nazionale di lavoro), che derogano ap-
Nino Costantino replica a Cisl e Uil
Sull’intesa tra le due organizzazioni e l’associazione degli industriali
punto la materia del lavoro in trasferta e del compenso straordinario. Nei giorni scorsi, Pagnotta e
Corigliano avevano espresso il
loro disappunto su quanto affermato da Costantino, sottolineando che «spiace veramente dover
chiedere noi al segretario regionale della Filt Cgil dov’era la sua
organizzazione sindacale durante l’anno di confronto in merito
all’accordo stesso, nonostante i
vari inviti fatti da Confindustria».
In più aggiunsero anche un'altra questione riguardante il fatto
che Filt Cgil contestava «due
punti dell’Accordo (5a-5b aziendale o pluriaziendale) che sono
gli stessi punti riportati in altri
accordi quadro, che la sua orga-
La sigla dell’accordo per gli autotrasportari tra Confindustria, Cisl e Uil
nizzazione sindacale – riferivano
i due segretari - ha sottoscritto in
altre regioni o province (vedi accordo quadro merci regione Marche e provincia di Modena,
ecc.)».
Per tutta risposta, all’incontro
con la stampa presso la sede della
Cgil provinciale, tenutasi appunto ieri mattina, Nino Costantino
ha ribadito a sua volta che «per
quanto riguarda l’accordo che il
suo sindacato avrebbe firmato
nella Regione Marche, i soggetti
firmatari riguarderebbero la
Confartigianato e la Cna».
Mentre per quanto riguarda
l’affermazione di ipotetici e più
inviti, il segretario ha poi sottolineato che «la Filt Cgil in realtà
avrebbe ricevuto un solo invito e
perciò sarebbe stata lasciata al di
fuori delle trattative». E concludendo, «l’accordo aggirerebbe,
comunque, quanto stabilito dal
Ccnl nei punti in questione».
a. f.
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Vibo
Nasty embassy. L’operazione ha portato all’arresto di Andrea Mantella e dei suoi sodali
La forza intimidatrice del gruppo
Il titolare dell’autosalone del capoluogo vittima di una presunta estorsione
di GIANLUCA PRESTIA
“NASTY embassy”, letteralmente cattiva ambasciata, nasce dalle rivelazioni
del collaboratore di giustizia Samuele Lo Vato che,
insieme ad Andrea Mantella, si trovava nella clinica
privata “Villa verde” di
Donnici, nel Cosentino. È
lui, in sostanza, a riferire al
capo della Squadra Mobile
di Catanzaro Rodolfo Ruperti della visita del titolare
di un noto autosalone di Vibo, proprio a Mantella il
quale lo aveva convocato
per chiarire alcuni aspetti
della vicenda relativa al recupero di un bonus di
20.000 euro dopo aver simulato il furto della sua
Bmw, sottoposta a sequestro.
E dal colloquio con il capo
della Mobile di Catanzaro
emerge (come del resto riferiamo nelle pagine regionali) che l’imprenditore si
era presentato presso la
struttura portando una
confezione di dolci . Un gesto «di cortesia», secondo
quanto scrive il gip Tiziana
Macrì, «dimostrativo della
forza intimidatrice del
gruppo di Andrea Mantella
che convoca
l’imprenditore
per farsi portare dei soldi a titolo
estorsivo».
Sempre
il
gip rileva che
l’imprenditore è talmente
assoggettato da assumere
un comportamento omertoso davanti agli investigatori i quali ritenevano la loro versione dei fatti non veritiera. Una soggezione
psicologica tale che con-
Questa sera in scena il Bafoulabe Group
I suoni dell’Africa
di DAVIDE MIRABELLO
La conferenza stampa relativa ai cinque arresti
sente al gruppo di assoggettare l’attività economica della vittima e che si evidenzia, riporta ancora il
gip nell’ordinanza, nella
vicenda relativa alla “Pubbliservice
Sud” e dalle diverse compravendite di auto
da parte di presunti soggetti
affiliati le quali
«vengono
prima cedute ad un prezzo
apparentemente inferiore
rispetto a quello di mercato
e poi, quando non viene saldato il corrispettivo della
vendita,
l’imprenditore
non sia attiva civilmente
per recuperare quanto gli
La convocazione
dell’imprenditore
a “Villa Verde”
spetta, subendo passivamente l’ulteriore danno
economico ed l’azione
estorsiva».
Azione condotte «apparentemente
con il ricorso
ad un metodo
meno consueto e con un fine, per così dire strategicamente “amichevole”, privo di atti criminali eclatanti tali da provocare l’attenzione delle forze
dell’ordine». Un comportamento astuto che non sarebbe fallito in quanto il
gruppo, che «dimostrava
di aver acquisito sul territorio vibonese una supre-
mazia estorsiva molto raffinata», poteva fare affidamento sulla «forza di intimidazione del vincolo associativo e dal timore di subire ritorsioni».
E così, spiega
ancora il gip
Macrì, il gruppo «capeggiato da Andrea
Mantella dimostra di aver
già raggiunto
quella
fase
avanzata tipica delle associazioni mafiose che gli
permette di creare condizioni di soggezione psicologica ed omertà, sfruttando la carica intimidatoria
già conseguita dal sodalizio».
Il solo nome
incuteva paura
tra le vittime
In relazione a un fermo amministrativo
“CANTANO in lingua
mandinka lo stupore davanti alla creazione divina, i valori dell'amicizia e
della saggezza, l'importanza di aiutarsi gli uni
con gli altri e la speranza
per un destino che appaghi. Musica che viene da
lontano e che arriva nel
profondo, gioia di vivere
con misteriosa semplicità”.
E' questo lo scopo del
progetto del Bafoulabe
Group, che approda oggi
a Vibo, e si esibirà per la
prima volta in Calabria.
Infatti questa sera le Bafoulabe Group suoneranno presso il Vicolo Live Club, sito in via Scesa
Spirito Santo, a partire
dalle ore 22,30.
Al progetto partecipano musicisti e griot (termine di origine francese
che nel nostro italiano
corrisponde alla parola
“cantore”) provenienti
dal Senegal, dalla Guinea e dalla Gambia, che
portano con sé le loro storie, i loro strumenti e la
loro musica. Bafoulabe
simboleggia “l'incontro
tra persone e culture diverse, un incontro che
genera un tesoro più
grande senza che identità e valori si perdano”.
Le Bafoulabe Group è
formato da quattro musicisti: Madya Diebate,
Naby Camara, Djibril
Gningue, Ady Thioune,
e due ballerine. I componenti del gruppo sono
tra i migliori musicisti
africani residenti in Italia, vantano esperienze
in tutta Europa anche in
campo teatrale. Essi propongono un repertorio
di musica tradizionale
mandinga, epica e con
storie tramandate dai
griot di padre in figlio,
che narrano dell'Impero
del Mali e dei suoi eroi. La
loro può essere considerata come la musica classica dell'Africa dell'Ovest interpretata dai migliori musicisti africani
residenti in Italia.
Il suono del basso elettrico afrofunk, quello
delle percussioni bougaurabou come se fossero conga cubane, le melodie avvolgenti della kora
e quelle del balafon accompagneranno l'ascoltatore in uno spettacolo
travolgente di ritmi e
musica africana.
Ascoltare Bafoulabe
Group, perciò, è come immergersi nelle atmosfere e nelle suggestioni
d'Africa, un percorso che
è arrivato dall'Antico
Continente fino a noi, e
che stasera permetterà
anche ai vibonesi di respirare un po' di quella
musica e quel clima che
stanno all'origine della
nostra Storia.
Protagoniste dodici donne vittime di incidenti
Martino (Udc): «Per una pratica Calendario per sensibilizzare
bisogna andare fino a Reggio»
gli infortuni sul lavoro
di BRUNO GRECO
PER la risolvere una pratica
di "fermo amministrativo" bisogna recarsi a Reggio Calabria. Ecco un'altra lacuna esistente all'interno dell'assurdo sistema burocratico calabrese. Il giovane esponente
dell'Udc vibonese Marco Martino, referente del partito nella vasta zona dell’Alto Mesima, porta alla luce un altro
fatto increscioso riguardante la triste macchina burocratica della provincia di Vibo.
«Stanchi, straziati e sfiniti esordisce nel suo comunicato Martino - Sono questi i termini adatti a descrivere gli
stati d'animo dei sempre più
numerosi cittadini provenienti da tutta la provincia di
Vibo Valentia che,per un motivo o perl'altro, sono costretti a recarsi a Reggio Calabria
per risolvere il problema del
bollo non pagato o spesso della ricevuta smarrita anche se
a suo tempo il tributo era stato versato».
In poche parole, non esiste
un ufficio in tutta la provincia né nella città capoluogo,
utile ai cittadini per risolvere
una pratica di fermo amministrativo. Per far fronte a questa incombenza, i residenti
nella provincia di Vibo devono recarsi a Reggio Calabria,
in un «ufficio per giunta angusto - sostiene Martino - ubicato in via Santa Caterina, di
difficilissimo accesso e dopo
Marco Martino (Udc)
aver percorso circa due ore di
viaggio in un tratto di autostrada che ricorda il famoso
titolo dell'opera di Primo Levi
"Cristo si è fermato ad Eboli"».
Paradossalmente, piuttosto che risolvere in modo razionale delle semplici questioni burocratiche, ai vibonesi si chiede di affollare la
già collassata A3, per raggiungere un ufficio in un'altra provincia a due ore di distanza e sopportando oltretutto il caro-benzina, grossissimo ostacolo economico per
la maggior parte dei nuclei
familiari che in tutto il territorio provinciale stentano ad
arrivare a fine mese.
Alla già tanto complicata
premessa, secondo quanto
afferma il giovane esponente
dell'Udc, si aggiunge «l'impossibilità degli uffici preposti a dare le dovute risposte in
poche ore di tempo a disposizione, quando ad attendere vi
sono decine e decine di persone». Si comprende quanto appena detto dagli orari di ricevimento al pubblico affissi
nei locali dell'ufficio tributi di
Reggio Calabria, previsti per
lunedì mattina, mercoledì
pomeriggio e venerdì mattina. Pochissime ore settimanali per far fronte alle esigenze di due province nonché di
quasi 150 comuni.
Date le poche ore di ricevimento settimanali, è molto
probabile quindi che al danno
segua la beffa, nel caso in cui
un utente sia costretto a ritornare presso i suddetti uffici
reduce dall'esperienzadi non
essere stato ricevuto. Si chiede quindi Martino: «Perché
non istituire un ufficio ad hoc
presso Vibo Valentia città capoluogo? Questo - continua
l'esponente dell'Udc che lancia un appello a Talarico e
Bruni esortandoli a presentare un’interpellanza in consiglioregionale- nonsoloper
evitare i disagi e le peripezie
di cui abbiamo parlato, ma sopratutto per il fatto che, da come ci risulta, nella città di Vibo Valentia vi è una numerosa presenza di uffici e dipendenti regionali».
di DANILA TAVELLA
GLI infortuni sul lavoro ancora oggi sono tanti, troppi e
il più delle volte hanno conseguenze catastrofiche. Anmil ed Inail da sempre si battono affinché i luoghi di lavoro siano il più sicuri possibili
ma, ciò non toglie che il cammino lungo il sentiero della
sensibilizzazione sia ancora
lungo. Proprio a questo proposito Anmil ed Inail, in collaborazione con Miss Italia
hanno creato un calendario
foto-biografico dal titolo
“Donne che vincono”. Autrice degli scatti la fotografa
italiana Tiziana Luxardo.
Dodici le donne immortalate dalla Luxardo, altrettante le loro storie di donne
tenaci, donne colpite duramente da un incidente sul
luogo di lavoro che hanno
dovuto rivedere tutta la loro
vita, i loro sogni il loro rapportarsi con gli altri e il loro
ruolo all'interno della famiglia. Accanto e insieme a loro
altre dodici giovani donne
che hanno raggiunto il sogno di diventare Miss nel
concorso più prestigioso del
nostro Paese. Due mondi che
si incontrano e si uniscono
con il comune obiettivo, di
raccontare, attraverso immagini e storie, una dura
realtà che può colpire chiunque e in qualsiasi attività lavorativa. Questa iniziativa,
nata in collaborazione con
Michele Caridà
l'Inail e che ha visto il presidente della Miren (la società
che organizza il concorso di
Miss Italia) Patrizia Mirigliani, vuole portare alla
consapevolezza che «per
contrastare il fenomeno degli infortuni sul lavoro servono volontà, determinazione e impegno allargati e condivisi, ma per far conoscere i
risvolti nella vita di una donna all'indomani di un infortunio sul lavoro dove al danno si aggiungono fattori di
discriminazione che influiscono nella sfera sociale e lavorativa, è determinante avvalersi di sinergie straordinarie».
Gli scatti - tutti rigorosa-
mente in bianco e nero - hanno visto dodici donne comuni unite da un comune denominatore, il coinvolgimento
in un incidente sul lavoro, ritratte insieme a dodici titolate con fascia compresa la vincitrice di Miss Italia Stefania
Bivone, che hanno voluto dare il loro personale contributo per richiamare l'attenzione su un tema di cui si dovrebbe parlare molto di più.
Del lancio del calendario si
dichiara orgoglioso anche il
presidente provinciale Anmil di Vibo Valentia Michele
Caridà che ha affermato come «proprio grazie alla partnership con Miss Italia e a
tutte le donne infortunate
sul lavoro che ci hanno sostenuto in questa iniziativa da
tutta Italia, abbiamo realizzato oggi un Calendario
2012 dal titolo emblematico,
“Donne che Vincono”, in cui
abbiamo voluto accostare
mondi apparentemente lontanissimi in una sorta di solidarietà femminile per rendere loro un omaggio denso di
significato».
Il risultato è un prodotto
straordinario arricchito da
brevi racconti delle protagoniste scritti dalle giornaliste
Loredana Quatrini e Nadia
Zicoschi oltre che da alcune
'pillole' in tema di prevenzione degli infortuni. Il calendario, stampato in diecimila
esemplari, verrà distribuito
gratuitamente.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Vibo 25
Venerdì 18 novembre 2011
Provincia
Venerdì 18 novembre 2011
Serra. Attivista delle reti civiche in difesa del territorio
Serra. All’imprenditore
Intimidazione a Sergio Gambino
un proiettile di lupara davanti casa
Piena solidarietà
dall’assessore
provinciale Valenzisi
SERGIO PELAIA
SERRA SAN BRUNO - Un
messaggio intimidatorio tanto inequivocabile quanto vile:
un bossolo di lupara appoggiato sulla soglia di casa. Destinatario: Sergio Gambino,
figlio del compianto scrittore
Sharo. Artista poliedrico e vignettista, Gambino è impegnato da anni in diverse battaglie politiche, sociali e culturali in difesa del territorio e a
favore della legalità.
Ieri mattina intorno alle
7,30, mentre si apprestava ad
uscire di casa per recarsi al lavoro, Gambino ha trovato il
proiettile appoggiato in posizione verticale sulla soglia
della casa in cui abita con la
moglie e con il figlio Sharo jr.,
di appena tre anni. Il destinatario dell'intimidazione ha
immediatamente allertato gli
uomini del locale commissariato di Ps, guidati dal dirigente Domenico Avallone e
coordinati
sul
campo
dall’ispettore Vito Coccoglioniti, che si sono subito recati
sul posto per effettuare i rilievi del caso e dare il via alle relativeindagini. Intanto,appena
si è sparsa la voce, nella cittadina della certosa ed in tutta la
provincia si è levato un coro
unanime di indignazione e di
solidarietà
nei
confronti del figlio dello scrittore che più di ogni
altro ha raccontato la difficile realtà della Calabria
che sta ai margini, delle piccole
comunità delle
zone interne e dell'oppressione malavitosa che da anni domina il territorio. Negli ultimi
tempi Sergio Gambino si è impegnato in battaglie civili come quelle per l'acqua pubblica
e la salvaguardia degli ospedali di montagna. Il suo è un
ruolo di primo piano all'interno dei comitati civici e della rete dei movimenti in difesa del
territorio: oltre ad essere uno
dei fondatori dell'associazione culturale “Il Brigante” che
Sergio Gambino e il commissariato di Serra i cui uomini stanno seguendo le indagini sull’intimidazione
da 20 anni opera nelle Serre,
Gambino è anche un militante
della Rdt “Franco Nisticò”,
componente del Comitato civico Pro-Serre e membro del costituendo circolo locale di Sinistra Ecologia e Libertà. Oltre all'impegno civico, l'unico
figlio maschio dell'autore di
“Sole Nero a Malifà”, si diletta
anche in componimenti satirici che pubblica
su Facebook sotto
il profilo di Ulucci
Alì, che è lo pseudonimo con cui si
identifica un collettivo di scrittura
di cui Gambino fa
parte. La sua satira, molto seguita,
è pungente e diretta, provocatoria, ha come bersaglio principale le devianze della politica calabrese e si caratterizza
per un'esplicita connotazione
antimafia. D'altronde in questo Sergio segue le orme del
padre, che fu il primo, negli
anni '70, a scrivere di 'ndrangheta - un fenomeno fino ad allora considerato più antropologico che criminale, relegato
nell'ambito delle manifestazioni del folklore locale - e che
Vignettista
impegnato
in politica
fece scuola con “La mafia in
Calabria”, premio Sila 1976.
Sergio dal canto suo, già da
giovanissimo, nel 1990, ha
realizzato una mostra di vignette sulla 'ndrangheta dal
titolo “A colpi di lupara”, che
ha incassato il primo premio
“Il Pino d'oro” per la vignettistica. Negli anni ha collaborato, sempre come vignettista,
con varie riviste a
diffusione regionale e nazionale,
ed ha inoltre curato le illustrazioni
del libro del padre
“Vi racconto la
mafia”, un'interessantissima
opera sulla 'ndrangheta destinata agli
alunni delle scuole medie. Da
qui a breve, inoltre, uscirà un
volume cheraccoglie lesue vignette sulla mafia calabrese,
dal titolo “Ccà e fora di ccà”,
con la prefazione del noto
giornalista Antonio Nicaso. Il
progetto più recente di cui
Gambino fa parte insieme ad
alcuni cronisti locali, infine, è
un giornale online, «una bottega artigiana di informazione e cultura», che si chiama Il
Vizzarro e che avvierà le pubblicazioni in questi giorni.
Il destinatario del vile atto
intimidatorio di ieri mattina
ha fatto sapere che l'episodio
«può riguardare solamente
l'impegno del nostro gruppo
nel sociale; la cosa che avvilisce - aggiunge Gambino - è che
anche se si tratta, com'è possibile, di una bravata, è purtroppo chiaro che ormai la mentalità
omertosa e il modus operandi della 'ndrangheta ha
permeato la nostra società in maniera asfissiante.
Ad ogni modo - ha
concluso - le nostre battaglie sociali e politiche non subiranno alcuna battuta d'arresto, anzi proseguiranno in maniera ancora più
incisiva di come è stato fino ad
oggi». La cittadina della certosa, intanto, si scopre teatro di
episodi molto preoccupanti nella stessa notte è stata devastata una palestra scolastica che mai prima d'ora si erano
verificati in un paese che, fino
a pochi anni fa, era considerato un'isola felice.
«Il mio ruolo
nel sociale
non si esaurirà»
SERRA SAN BRUNO - Non re la violenza e la sopraffasi sono fatti attendere gli zione mafiosa che sta soffoattestati di solidarietà indi- cando la nostra società».
rizzati a Sergio Gambino Su questa base l’esponente
dopo l'intimidazione subi- della giunta provinciale
del presidente Francesco
ta nella mattinata di ieri.
«L’attentato intimidato- De Nisi ha inteso esprimere
rio contro Gambino - ha «la mia solidarietà a Sergio
scritto in una nota l’asses- Gambino e a tutti quegli
sore provinciale Rosellina imprenditori onesti che
Valenzisi - è un atto contro hanno subito attentati nel
tutti gli uomini liberi della corso di questi mesi».
Anche la Federazione
nostra terra. Il messaggio
che si manda è quello del provinciale di Rifondaziofarsi gli affari propri, del ne Comunista ha espresso
non disturbare la quiete so- la propria «piena solidarieciale dietro cui spesso fer- tà e vicinanza a Gambino,
vono affari e interessi. Si- vittima di un atto intimidatorio da parte di
lenzio e omerignoti i quali,
tà, questa è la
ancora una volregola che si
ta, pretendono
vuole imporre.
che la Calabria
E tutti quelli
rimanga in siche non vogliolenzio di fronte
no piegarsi a
alle problematiquesta logica
che che attanavanno colpiti e
gliano la nostra
intimiditi».
amata
terra,
Per l’assessosempre più sotre provinciale
to le grinfie del«ormai a nola criminalità
stra provincia e
organizzata».
la nostra regioSergio Gamne vivono in
bino,
infatti,
uno stato di
«come tanti alviolenza conti- Rosellina Valenzisi
tri giovani comnua. Attentati,
intimidazioni, omicidi, è pagni e compagne - è il comun susseguirsi di violenze mento del Prc vibonese - è
e di soprusi. La mafia non tra i promotori di iniziative
può consentire che vi siano quali la protesta alla diga
attività economiche, com- dell’Alaco per fare luce sui
merciali, artigiane, im- motivi per i quali l'acqua,
prenditoriali, in cui non vi da anni, risulta essere masia il proprio controllo e il leodorante; le campagne di
proprio condizionamento. sensibilizzazione durante
Si è creata nel corso degli il referendum su acqua,
anni una micro criminalità nucleare e legittimo impespietata e spavalda diffusa dimento e la lotta contro la
su tutto il territorio provin- paventata chiusura dell'ociale. Va apprezzato il lavo- spedale di Serra San Bruro svolto nel corso di questi no. Come Prc, dunque, siaanni dalla Procura della mo vicini a Sergio e lo inviRepubblica di Vibo Valen- tiamo a continuare nella
tia, dalla Prefettura e dalla lotta per la difesa dei nostri
Questura che spesso devo- diritti. Allo stesso tempo,
no affrontare problemi di però, speriamo che le forze
carenza degli organici, di dell'ordine facciano luce
mancanza di strumenti e di sull'accaduto per individuare i responsabili di un
fondi economici».
Inoltre, «le istituzioni de- gesto alquanto deplorevomocratiche possono e devo- le».
no fare di più nel contrastas. p.
L’uomo è imputato nel processo “Sfrontati” La denuncia di una cittadina di Vibo Valentia
Per Giulio Castagna
«Ai test di prevenzione
cade l’aggravante
contro il cancro
delle modalità mafiose non si rispetta la privacy»
ANCHE per Giulio Castagna, viene meno l’aggravante delle modalità mafiose. Così come avvenuto nei confronti di Salvatore Bonavota, del quale abbiamo riferito
nell’edizione di ieri, anche riguardo all’altro imputato
nel processo “Sfrontati” su
una presunta usura ed estorsione ai danni di un commerciante e della sua compagna,
il Tribunale del Riesame ha
accolto l’istanza presentata
dai sui legali (gli avvocati
Salvatore Staiano e Salvatore Sorbilli) e datata 8 novembre scorso.
Analogamente al caso di
Bonavota, in prima battuta
altri giudici del Riesame avevano respinto la richiesta inducendo i rappresentanti del
43enne a presentare ricorso
alla corte di Cassazione che
aveva annullato la sentenza
con rinvio ad altra sezione
del Tdl di Catanzaro il quale,
appunto, avrebbe dovuto
pronunciarsi nuovamente.
E, appunto, nei giorni scorsi, la decisione che alleggerisce l’accusa a carico dell’uomo nel processo in cui risulta
imputata una terza persona
(Gianfranco Russo, difeso
Giulio Castagna
dagli avvocati Vincenzo
Gennaro e Sergio Rotundo).
Il 30 ottobre scorso Giulio
Castagna aveva lasciato il
carcere di Catanzaro-Siano
dove si trovava ristretto dal
novembre del 2010 in seguito all’operazione della Squadre Mobili di Vibo e Catanzaro, per far ritorno nella sua
abitazione, però, in regime di
domiciliari su decisione del
del tribunale di Vibo Valentia (presidente Giancarlo
Bianchi, Giudici Manuela
Gallo e Alessandro Piscitelli)
che aveva, così, accolto
l’istanza presentata sempre
dai due legali del 43enne.
gl. p.
SI dice indignata per un’organizzazione che non tiene
minimamente contro delle
più elementari norme sulla
privacy.
A gridare tutta la sua rabbia è la signora Maria Iannuzzi che, come molti altri
cittadini vibonesi, ha aderito alla campagna per la prevenzione contro i tumori
all’intestino,
promossa
dall’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia.
Un’iniziativa meritoria
che, tuttavia, secondo
l’utente, andava organizzata in modo civile, soprattutto per quanto riguarda le
modalità di consegna delle
provette.
«Ci hanno detto che i campioni delle feci dovevamo
consegnarli - al Consultorio
familiare. Seguendo le indicazioni alle lettere mi sono
recata nel luogo convenuto
per la raccolta delle provette. E qui la mia sorpresa.
Nell’atrio esterno dell’edificio su un tavolino era sistemato in contenitore facilmente apribile dall’alto e
una scatola in cui dovevano
essere rilasciate le schede
con i dati personali. Prati-
u TANTI AUGURI ⊳
...a FEDERICA CICCONE venuta al mondo per
allietare mamma Tina, papà Francesco e la sorellina Giulia. “Cara Federica, ti auguriamo un
mondo di bene e siamo felici di accoglierti nella
nostra famiglia. Vederti crescere sarà una delle
cose più belle e il nostro affetto ti accompagnerà
lungo il tuo cammino”.
Da tutti gli zii e in particolare
da Roberto e Daniela, Antonio e Milena
Giuseppe e Nunzia
e dai nonni Italia, Concetta e Pasquale
a ROCCO COLAFATO «In questo giorno importante voglio farti un augurio speciale, proprio
come te! Buoncompleanno amore mio»!
La tua Rossella Cutrullà
La sede dell’Asp di Vibo
camente, tutto in luogo
pubblico e senza nessuna
sorveglianza».
Da qui la domanda:
«Chiunque potrebbe agevolmente ai dati di chi ha deciso di aderire alla campagna o magari sostituire l'etichette alle provette. Davvero una vergogna. E' inutile intraprendere iniziative del genere quando poi si
vanificano con un’organizzazione a dir poco discutibile». Queste le considerazioni finali della signora Maria Iannuzzi, che noi giriamo al management aziendale.
n. c.
aVITTORIO che compie 24 anni. «Ogni anno ho
sempre cercato di sorprenderti in maniera diversa... Beh, questa volta ho scelto di farlo così! Spero di esserci riuscita. Ti auguro di avere la
forza di affrontare giorno dopo giorno, passo dopo passo, il cammino
che ti porterà a raggiungere le vette più alte di quella montagna chiamata “felicità”.
Buon compleanno amore mio, la tua Rossana
u PRONTO SOCCORSO ⊳
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962235
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962230
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962238
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28 Vibo
9
Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011
Calabria
.
CATANZARO Svolta nell’inchiesta sulla discarica: finanzieri e carabinieri arrestano in tutt’Italia i vertici della Enertech. Contestati reati ambientali e fiscali
Finisce in carcere il “re della spazzatura”
Chiesta l’interdizione dai pubblici uffici per il commissario Melandri. Tra gli indagati l’assessore Pugliano
Giuseppe Lo Re
CATANZARO
La mega-discarica comprensoriale di Catanzaro era stata sequestrata un mese fa, sigilli erano stati apposti a beni per 90 milioni di
euro già da tempo e gli avvisi di
garanzia, con relativi interrogatori, erano partiti ormai da settimane. Ma ieri l’inchiesta sull'impianto di Alli ha segnato una vera
e propria svolta, forse l’ultimo atto, con l’esecuzione di 5 ordinanze di custodia cautelare (due in
carcere e tre ai domiciliari), un
nuovo sequestro di beni per circa
12 milioni di euro, una raffica di
perquisizioni e soprattutto la richiesta d’interdizione dai pubblici uffici a carico del commissario
delegato per l’emergenza rifiuti in
Calabria, il generale Graziano
Melandri, e due funzionari del
suo ufficio.
L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata ieri mattina dai militari della Guardia di Finanza e dai Carabinieri
del Noe di Catanzaro al proprietario della società Enertech, Stefano Gavioli, 54 anni, di Venezia,
vero e proprio “colosso” nel settore dei rifiuti in Calabria, e al direttore tecnico della stessa società,
Loris Zerbin, 50 anni, di Campolongo Maggiore (Venezia). Hanno ottenuto invece i domiciliari
l’amministratore di una delle società del gruppo Enertech, Giovanni Faggiano, 52 anni, di Brindisi, l’avvocato e consulente giuridico del gruppo societario Giancarlo Tonetto, 56 anni, di San Donà di Piave (Venezia), ed Enrico
Prandin, 49 anni, di Rovigo. Un
commercialista e un tecnico della
Eneterch - Paolo Bellamio, 57 anni, di Padova e Antonio Garrubba,
46, di Crotone - sono stati invece
sottoposti all’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria (per
Garrubba, come evidenzia l’avv.
Aldo Truncè, «il gip ha rilevato la
mancanza di gravi indizi di colpevolezza»). Chiesta l'interdizione,
infine, per il commissario Melandri, 57 anni, di Brisighella (Ra), e
per i funzionari Domenico Richichi, 41 anni, di Reggio Calabria e
Simone Lo Piccolo, 29 anni, di Palermo. Risulta solo indagato - ma
a suo carico non è stato adottato
alcun provvedimento - l’assessore
regionale all’Ambiente Francesco
Pugliano, 56 anni, di Rocca di Neto (Crotone), finito nell'inchiesta
nelle vesti di ex commissario per
l’emergenza ambientale.
Ai destinatari dell’ordinanza di
custodia cautelare vengono contestati i reati di associazione per
delinquere finalizzata all’evasione fiscale ed alla violazione delle
norme ambientali. L’inchiesta
parte dai due filoni venuti alla luce tra lo scorso mese di agosto e
quello di settembre, quando furono rilevate prima un’imponente
evasione fiscale che sarebbe stata
messa in piedi dai vertici della
Enertech, la società che fino alla
recentissima rescissione del contratto gestiva la discarica di Alli di
Catanzaro, poi il presunto sversamento di percolato nel fiume Alli
che scorre a fianco della discarica
e sfocia dopo appena un chilometro nel mar Jonio. Nel provvedimento di ieri sono richiamate le
contestazioni fiscali (non sarebbero state pagate imposizioni fiscali per milioni di euro) e ambientali (definite d’incalcolabile
entità dalla magistratura), arricchite dalla contestazione di associazione per delinquere ipotizzata nei confronti di Gavioli, Zerbin,
Faggiano, Tonetto, Prandin e Bellamio. Un altro capo di imputazione contestato, anche questo a
vario titolo, è quello di inadempimento di contratti in pubbliche
forniture in relazione alla concreta gestione della discarica di Alli, i
cui cancelli sono tuttora chiusi.
I provvedimenti sono stati notificati a Venezia, Brindisi, Reggio
Calabria, Crotone e Catanzaro.
Perquisiti anche gli uffici del commissario delegato per l’emergenza ambientale, a Catanzaro Lido,
e lo studio dell’avvocato Tonetto.
A quest’ultima operazione ha partecipato personalmente il sostituto procuratore della Repubblica
di Catanzaro Carlo Villani, titolare del fascicolo. Perquisite, inoltre, le abitazioni e gli uffici di tutte
le altre persone destinatarie di
provvedimenti cautelari.
Le misure restrittive sono state
richieste dal procuratore capo di
capo di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, che ieri ha illustrato i dettagli dell’operazione
insieme al suo aggiunto Giuseppe
Borrelli. Presenti alla conferenza
stampa anche il comandante del
Noe dei Carabinieri Gerardo Lardieri, il comandante del reparto
operativo del comando provinciale dell’Arma Giorgio Naselli, il
comandante provinciale della
Gli interrogatori
Il commissario per l’emergenza rifiuti in Calabria,
Graziano Melandri, tra i
destinatari dei provvedimenti eseguiti ieri da
Guardia di Finanza e Carabinieri nell’ambito degli
sviluppi dell’inchiesta sulla discarica di Catanzaro,
è stato convocato per lunedì in Procura.
Graziano Melandri, Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo
Stefano Gavioli
Per Melandri, ex generale
della Guardia di Finanza,
già assessore comunale a
Reggio Calabria, è stato
chiesto un provvedimento
di interdizione dagli uffici
pubblici e comparirà davanti al gip insieme ai funzionari dell’ufficio Domenico Richichi, già coinvolto nella prima fase dell’inchiesta, e Simone Lo Piccolo, per il quale tra l’altro è stato disposto un sequestro beni per equivalente per 2,9 milioni.
Il gip, dopo l’interrogatorio, potrà eventualmente
disporre l’esecutività del
provvedimento a carico di
Melandri e dei due funzionari.
Autocompattatori incolonnati all’ingresso della discarica di Catanzaro
Guardia di Finanza Salvatore Tatta, il comandante del nucleo di
Polizia tributaria delle Fiamme
Gialle, Fabio Canziani e il comandante del gruppo Tutela spesa
pubblica, Fabio Bianco. «Siamo –
ha detto Lombardo – all’ultimo atto dell’inchiesta sulla discarica di
Catanzaro. Da una serie di elementi e di intercettazioni è emerso il vincolo associativo delle persone arrestate. Va comunque considerato – ha concluso il procuratore – che nel settore dei rifiuti
servono interventi finalizzati a
creare impianti tecnologici per il
riciclo perché le discariche ormai
appartengono al passato». Non a
caso, Gavioli e il suo gruppo imprenditoriale consideravano la
discarica di Catanzaro una vera e
propria «miniera d’oro», come la
definisce Zerbin in un’intercettazione telefonica captata dagli inquirenti la scorsa estate. Nell’ordinanza di custodia cautelare, il
gip Abigail Mellace scrive chiara-
mente che «le univoche conversazioni intercettate, valutate alla luce dei plurimi elementi di prova
documentali, investigativi e dichiarativi raccolti nella fase delle
indagini, dimostrano come Stefano Gavioli, negli anni in cui otteneva l’aggiudicazione dell’appalto per la gestione, il potenziamento e l’ampliamento dell’impianto
di Alli metteva a punto, con l’apporto degli altri indagati, un programma criminoso per la massimizzazione degli ingenti profitti
erogati dall’Ente pubblico, a titolo
di corrispettivo per le prestazioni
rese».
Il
perseguimento
dell’obiettivo, sempre secondo il
gip, «prevedeva da un lato la totale elusione delle obbligazioni tributarie che, per anni, venivano
ignorate fino ad assumere importi straordinariamente rilevanti, e
dall’altro l’esecuzione gravemente irregolare, truffaldina e parziale delle prestazioni oggetto
dell’appalto ridotte all’osso».
Francesco Pugliano
LE REAZIONI SUL FRONTE POLITICO
Pd e Legambiente: basta
con il commissariamento
CATANZARO. Dopo la nuova inchiesta sulla smaltimento dei rifiuti in Calabria, il Pd torna a
chiedere la chiusura della gestione commissariale e l’apertura di un confronto. Il parlamentare Franco Laratta sostiene che
mentre risulta «indagato l’assessore regionale all’Ambiente e c’è
una richiesta d’interdizione dai
pubblici uffici per il commissario la Calabria non ha una discarica (quelle che ci sono stanno
per esaurirsi) e non ha un progetto per affrontare l’emergenza, priva di un piano serio e credibile. E dal governatore – conclude Laratta – c’è soltanto silen-
zio». Secondo Legambiente, invece, «l’ennesima inchiesta sui
rifiuti e l’importante azione della magistratura e delle forze
dell’ordine afferma la legalità e
la forza dello Stato nel reprimere i reati. Tutto ciò da un lato
tranquillizza, ma dall’altro – sottolinea Francesco Falcone, presidente regionale dell’associazione – mette a nudo il re sugli
interessi illegali nel ciclo dei rifiuti». Si confermano, dunque,
«le preoccupazioni di Legambiente sul fallimento delle esperienze commissariali che si sono
succedute in circa un ventennio
nero».
L’inchiesta, dal punto di vista
dei vertici regionali di Legambiente, rafforza perciò «la richiesta, che da anni facciamo, di superare la fase commissariale, come anche ultimamente ribadito
nella partecipazione alla recente manifestazione di Crotone».
«Il commissariamento deve
finire subito – affonda Falcone –
mentre la politica sui rifiuti in
Calabria deve seguire un percorso partecipato, che si basi sulla
legalità e la trasparenza
dell’azione politica e gestionale,
una programmazione ed una
strategia nuova che affrontino le
criticità del sistema con gli Enti
locali, a partire dalla realizzazione degli impianti al servizio
della raccolta differenziata, alla
bonifica dei territori». Per questo Legambiente Calabria crede
che «vada subito istituito un osservatorio regionale sulla legalità e le ecomafie».(g.l.r.)
VIBO VALENTIA La Polizia ha eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare per estorsione a un imprenditore. Sono ritenuti affiliati alla cosca Lo Bianco
Auto di lusso per gli “amici”, dolci per il presunto boss detenuto in clinica
CATANZARO. Da una parte le cliniche private per detenzioni di lusso, gli imprenditori ricevuti dai
boss con guantiere di dolci, i futuri pentiti che raccolgono confidenze compromettenti; dall’altra
le auto di lusso regalate o cedute
in cambio di pochi spiccioli agli
esponenti della cosca, ai loro familiari e agli amici degli amici.
Si snoda su due fronti l’inchiesta della Direzione distrettuale
antimafia di Catanzaro denominata “Nasty embassy” (cattiva
ambasciata), eseguita dalla Polizia e sfociata nell’arresto di cinque presunti affiliati alla cosca Lo
Bianco di Vibo Valentia, a sua volta collegata al potente clan dei
Mancuso di Limbadi, tutti accusati a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso; si
tratta di Andrea Mantella, 39 anni, e Francesco Scrugli, 41, di Vibo
Valentia, Francesco Antonio Pardea, 25 anni, di Tropea, Salvatore
Morelli, 28 anni, e Vincenzo Mantella, 25, di Vibo.
Il primo, in particolare, è ritenuto un elemento di spicco della
cosca Lo Bianco all’interno della
quale, comunque, godrebbe di un
buon margine di autonomia tale
Andrea Mantella
Vincenzo Mantella
Salvatore Morelli
Francesco Antonio Pardea
Francesco Scrugli
da consentirgli, secondo gli inquirenti, anche di potersi «mettere in
proprio». Il secondo, poi, avrebbe
pure un ruolo apicale nel gruppo
Lo Bianco-Mantella ed anzi è indicato dagli investigatori come il
più pericoloso esponente del clan
che ancora si trovava in libertà
(era infatti stato coinvolto nell’inchiesta antimafia denominata
“New sunrise” e condannato in
primo grado, ma in seguito assolto in appello), tant'è che è stato
l’unico ad essere condotto in carcere, mentre gli altri quattro inda-
gati erano tutti già sottoposti a
provvedimenti di custodia. Era
agli arresti domiciliari per motivi
di salute nella clinica “Villa Verde” che si trova a Donnici, nel cosentino, invece, Andrea Mantella
che proprio dalla struttura sanitaria, come emerso dall’inchiesta,
avrebbe mandato agli imprenditori le sue “ambasciate sporche”
(da qui il nome dell’operazione)
attraverso i suoi gregari, i quali si
sarebbero recavati tranquillamente a fargli visita, per la commissione delle estorsioni. Lo ha
raccontato, dando il via alle indagini con le proprie dichiarazioni
rilasciate all’inizio dell’anno, il
collaboratore di giustizia Samuele Lo Vato, presunto affiliato al
clan Forastefano, che durante la
sua permanenza nella stessa clinica aveva conosciuto Mantella,
con il quale si sarebbe instaurato
un buon rapporto, tanto da indurre i due a progettare future attività da realizzare insieme. «Si tratta
di racconti puntualmente riscontrati con intercettazioni, documentazioni e sommarie informa-
zioni», è stato spiegato ieri, nel
corso della conferenza stampa
durante la quale sono stati illustrati i particolari dell’inchiesta
alla presenza del procuratore di
Catanzaro, Vincenzo Antonio
Lombardo, dell’aggiunto Giuseppe Borrelli, del questore Vincenzo
Roca, del capo della Squadra mobile Rodolfo Ruperti e del suo vice
Angelo Paduano.
L’estorsione che ha portato agli
arresti sarebbe stata commessa ai
danni di un imprenditore, titolare
di una concessionaria d’auto. La
vittima, totalmente assoggettata
ai voleri dei presunti estortori,
non solo non ha denunciato ma
ha provato anche a negare di sottostare alle angherie dei suoi
aguzzini, smentita però clamorosamente dalle intercettazioni e
dalle altre risultanze di indagine.
La vittima, costretta a cedere
auto di lusso a titolo pressoché
gratuito ed a cambiarle non appena diventate più o meno vecchie,
si sarebbe addirittura recata in clinica con tanto di dolci a trovare
Andrea Mantella, che avrebbe
commissionato le estorsioni ai
suoi danni. E proprio in relazioni
alle scarcerazioni per motivi di salute sono in corso indagini da parte della Dda catanzarese. L’accento è posto, in generale, su «un sistema che necessita certamente
di essere rivisto – ha detto il procuratore aggiunto Borrelli – perché è inevitabile che, in una regione dov’è alto il numero di presunti
‘ndranghetisti afflitti da problemi
di salute, se tutti vengono posti ai
domiciliari nelle stesse strutture
la cosa non può che costituire un
enorme problema, visto che i cautelati sono sì ristretti nella struttura sanitaria, all’interno della quale però hanno una certa libertà di
movimento, senza che questo
comporti la responsabilità di
qualcuno in particolare. E ciò – ha
concluso Borrelli – trasforma quel
posto in un luogo protetto di incontri, di scambi, di attività varie». Quanto alla specifica questione della concessione dei domiciliari per motivi di salute, il
magistrato si è limitato a ricordare laconicamente che, com’è stato
riportato a maggio da tutti gli organi di informazione, c’è un’indagine in corso.(g.l.r.)
Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011
25
.
Calabria
REGIONE Oggi il dibattito in Consiglio
ONCOLOGICO
LAMEZIA T. Le proposte della minoranza
Asp e Aziende
ospedaliere
Assegnati
i finanziamenti
Idv: «La legge
approvata
(non da noi)
viola principi
sacrosanti»
Evitare deficit annuali
che allargano il buco
della sanità calabrese
CATANZARO. Sulla vicenda del
Livelli d’assistenza, i budget 2011
Rinvio per Fondazione Campanella
Betty Calabretta
CATANZARO
Sarà la sanità a tenere banco nella
seduta odierna del Consiglio regionale. Con tutti i vincoli di una
spesa che, imbrigliata dal Piano di
rientro, è costretta a muoversi entro gli stretti margini di budget invalicabili. Quelli per l’anno che
ormai volge al termine sono contenuti in un decreto che, appena
pubblicato, disegna la road map
finanziaria di Asp e Aziende ospedaliere individuando le risorse assegnate a ciascuna per garantire i
livelli di assistenza. Cifre totalizzanti e inclusive che tutto devono
comprendere fuorché «gli eventuali risultati negativi della gestione straordinaria, che saranno
oggetto di apposita verifica regionale». Con il recente decreto
emesso dal presidente della Giunta regionale in qualità di commissario ad acta per l’attuazione del
Piano di rientro, sono stati assegnati alle Aziende sanitarie e
ospedaliere della Regione i finanziamenti relativi al 2011. Si tratta, per ciascuna Azienda, di un paniere globale e onnicomprensivo,
che include «tutte le tipologie precedentemente utilizzate».
Ecco le cifre. È stato decretato
dall’Ufficio commissariale di as-
segnare per l’anno 2011, quale
contributo in conto esercizio con
l'esclusione delle risorse per le
funzioni gestite dalla Regione,
919 milioni di euro all’Asp di Cosenza, 266 milioni all’Asp di Crotone, 476 milioni all’Asp di Catanzaro, 218 milioni all’Asp di Vibo,
696 milioni all’Asp di Reggio, 179
milioni all’Azienda ospedaliera di
Cosenza, 163 milioni all’Azienda
ospedaliera di Catanzaro, 50 milioni all’Azienda ospedaliera
“Mater Domini” di Catanzaro,
153 milioni all’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria. È stato
anche stabilito che le determinazioni sul finanziamento della
Fondazione “Tommaso Campanella” di Catanzaro per la ricerca e
la cura dei tumori, saranno indicate in un successivo provvedimento. Il rinvio a ulteriori determinazioni viene motivato con la
circostanza che con l’entrata in vigore della legge regionale n. 35
del 28 settembre scorso, è stata
modificata la natura giuridica,
precedentemente privata, della
Fondazione Tommaso Campanella.
Inoltre - viene spiegato nel decreto commissariale - il finanziamento regionale della Fondazione fino al 30 settembre 2011 è stato commisurato all'attività assi-
Il governatore Giuseppe Scopelliti visita l’ospedale di Catanzaro
stenziale svolta ed alla produzione dell'anno 2010 rilevata dagli
uffici regionali competenti e la cui
contabilizzazione è stata rife rita
al budget previsto per l’assistenza
ospedaliera da privato. Secondo
l’Ufficio del commissario ad acta
Giuseppe Scopelliti, ora «si rende
necessario approfondire gli
aspetti legati al finanziamento
della Fondazione "Tommaso
Campanella" in ragione dell’acquisita natura giuridica pubblica,
nonché degli ulteriori contenuti
della Legge regionale n.
35/2011». Su questa legge c’è anche una proposta di impugnazione del passato Governo Berlusconi, che intendeva contestarne i
profili di incostituzionalità. È possibile che anche l’attuale Governo
faccia sua tale proposta formalizzando l’impugnazione davanti alla Corte costituzionale. Tale situazione potrebbe costituire un
motivo in più per rinviare ogni decisione sui finanziamenti.
Nel decreto viene specificato
che 7 milioni al netto delle entrate
dirette sono stati assegnati all’Asp
di Cosenza per le prestazioni rese
dall’Inrca (Istituto nazionale di ricovero e cura). Infine la quota
prevista per l’Arpacal, l’azienda
per la protezione dell’ambiente, è
pari a 15 milioni.
Il finanziamento assegnato a
ciascuna Azienda verrà utilizzato
dalla Regione nelle verifiche sul
perseguimento
dell'equilibrio
della gestione a livello di singola
azienda.
polo oncologico “Fondazione
Campanella” interviene il
consigliere regionale di Italia
dei Valori Giuseppe Giordano, ricordando che i tre consiglieri regionali di Idv avevano,
nella seduta del 19 settembre
scorso, votato contro la legge
che trasforma in ente pubblico
la Fondazione Campanella.
Legge che ora rischia di perdere ogni efficacia se la Corte costituzionale dovesse accogliere l’impugnativa del Governo.
Secondo Giordano «si è trattato di un altro grosso errore di
valutazione, messo in campo
da questa Giunta regionale
che, da un lato, invoca, a parole, rigore ed austerità e dall’altro, con i fatti, agisce con eccessiva disinvoltura, violando
sacrosanti principi costituzionali». Ancora Giordano: «La
verità è che spesso una parte
della politica si muove assecondando clientelismi di ogni
specie, anche quando è sicura
l’assenza del benchè minimo
fondamento legislativo. Fin
dall’insediamento di questa
legislatura, ho considerato la
Fondazione
Campanella
l’anomalia più grave tra tutti
gli Enti sub regionali e tra
quelli privati sostenuti con risorse pubbliche. Un’anomalia
da affrontare con serenità, vista l'esigenza di lavoro che c'è
nella nostra regione, ma con
la necessaria determinazione
e nel rispetto delle leggi. Pensavo fosse chiaro a tutti che su
temi della sanità non si può
più scherzare».
CATANZARO Il movimento di Raffaele Lombardo ha scelto Bianca Rende presentata ieri da Agazio Loiero
Mpa, nominata la coordinatrice regionale
Danilo Colacino
CATANZARO
Il Movimento per le Autonomie
costituito dal governatore della
Sicilia Raffaele Lombardo, che in
Calabria è federato con Autonomia e Diritti fondato dall’ex presidente della Regione Agazio Loiero, da ieri ha ufficialmente il proprio coordinatore regionale. Ma
sarebbe più esatto dire commissario, considerato che è stato nominato e non eletto a seguito di un
congresso. Si tratta della ricercatrice universitaria Bianca Rende,
presentata in una conferenza
stampa dallo stesso Loiero che
dell’Mpa è il coordinatore politico
nazionale, alla presenza del vicesegretario nazionale dell’Mpa Orlandino Greco che da ben 11 anni
è sindaco di Castrolibero alle porte di Cosenza. La scelta delle Rende, come ha detto lei stessa, non si
spiega con un «giovanilismo di
maniera. Una moda, magari per
assecondare la nouvelle vague
che impone uno svecchiamento
di facciata. L’intento è invece
quello di avviare un percorso importante, fatto sì di rinnovamento
ma non all’insegna degli slogan.
Un aspetto da mettere in rilievo è
il fatto che si sia puntato su una
donna, come se non bastasse anche mamma, a dimostrazione della filosofia che ispira il nostro
grande movimento». Un concetto
ripreso dall’ex governatore Loiero. «Credo sia finito il tempo – ha
esordito – dei grandi partiti generalisti, incapaci di fronte alla realtà odierna e di rispondere alle esi-
La coordinatrice Bianca Rende
CATANZARO Nell’ambito del procedimento Toghe Lucane
genze della gente». Subito dopo
la spiegazione del perché della
determinazione
di
aderire
all’Mpa e soprattutto di continuare a fare politica: «Nel quadro socioeconomico contingente, sono
soltanto le forze localistiche a poter intercettare i bisogni dei cittadini. Anche se ritengo che abbia
distrutto il Paese, un esempio emblematico è costituito dalla Lega
Nord capace di tenere in scacco
persino il primo ministro Silvio
Berlusconi fino al punto di orientarne molte decisioni chiave. Non
vorrei però essere frainteso.
L’Mpa non punta a essere una sorta di Lega del Sud». Ma il presidente Loiero ha pure gettato uno
sguardo sugli scenari futuri - nazionali e calabresi - che vedranno
protagonista il cosiddetto terzo
polo, di cui la forza del governatore Lombardo è una delle componenti: «Capisco la strana situazione di avere una Giunta di centrodestra sostenuta anche dall’Udc.
All’interno del terzo polo ne abbiamo discusso, convenendo di
tracciare una netta linea di demarcazione. Un solco profondo in
vista di ciò che sarà alla scadenza
del mandato di Giuseppe Scopelliti. Un presidente in pectore già
durante la campagna elettorale,
in virtù di un editto imperiale
(leggasi investitura del Cavaliere,
ndr), allora anche nominato coordinatore regionale del Popolo
delle Libertà. Fatto che ha inciso
sulle scelte dell’Udc calabrese, in
realtà più affine al mio programma di lavoro e alla visione strategica di cui ero portatore».
Potrebbe slittare per lo sciopero
Condannata la pm Claudia De Luca ’Ndrangheta in Lombardia
CATANZARO. L'ex pubblico ministero di Potenza, Claudia De
Luca, attualmente in servizio
in un’altra sede giudiziaria, è
stata condannata ad un anno
e sei mesi per il reato di peculato. La sentenza è stata emessa dal giudice per le udienze
preliminari del tribunale di
Catanzaro, Antonio Rizzuti
(cancelliere Paola Mondello),
davanti al quale si è svolto il
processo con rito abbreviato.
Al termine della requisitoria il
pubblico ministero, Gerardo
Domininijanni, ha chiesto la
condanna dell’ex pm alla pena
di un anno e quattro mesi.
Il processo è scaturito
dall’inchiesta Toghe Lucane
nell’ambito della quale l’ex
pm era accusata di aver utilizzato il telefono di servizio per
scopi personali. Il rinvio a giudizio del magistrato era stato
chiesto nel giugno dello scorso anno dal sostituto procuratore di Catanzaro Vincenzo
Capomolla che aveva ereditato dall’ex pm di Catanzaro ed
attuale sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, l’inchiesta Toghe Lucane su un presunto
presunto comitato d’affari che
avrebbe agito in Basilicata con
la complicità di uomini politi-
ci, magistrati, professionisti,
imprenditori e rappresentanti
delle forze dell’ordine. Le
trenta persone che erano indagate sono state prosciolte
nel marzo scorso.
Il pm De Luca è coinvolta
anche, insieme ad altri magistrati lucani, ufficiali di polizia giudiziaria ed imprenditori, nell’inchiesta Toghe Luca-Bis. In quest’ultima inchiesta vengono ipotizzati reati a
vario titolo di associazione
per delinquere, violazione
della legge sulle società segrete, corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio.(g.m.)
sentenza attesa per oggi
CATANZARO. Dovrebbe essere
pronunciata oggi alle dieci dal
gup di Milano Roberto Arnaldi,
la sentenza del maxi processo,
con rito abbreviato, a carico di
119 imputati, tra cui numerosi
presunti affiliati alla 'ndrangheta, arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Infinito”. Non è certo
che il verdetto venga letto a causa dello sciopero degli avvocati.
In tal caso la sentenza slitterebbe a domani. Nel luglio 2010
l’operazione portò in carcere più
di 170 persone in Lombardia e
svelò le infiltrazioni della mafia
calabrese sul territorio lombardo, anche in ambito imprenditoriale e politico.
La pubblica accusa ha chiesto
118 condanne. In particolare,
sono stati chiesti 20 anni per
Alessandro Manno, 18 anni per
Pasquale Zappia, diciotto anche
per Vincenzo Mandalari, Pasquale Varca, Vincenzo Rispoli e
Cosimo Barranca. Chiesti inoltre 16 anni per Pietro Panetta e
per Salvatore Strangio. Chiesta
l’assoluzione invece per Antonio
Oliverio, ex assessore provinciale milanese.(b.c.)
LAMEZIA TERME. Attuare con
rigore finanziario il Piano di
rientro del debito sanitario
«facendo in modo che quest’anno e nei successivi si pervenga al pareggio di bilancio
evitando deficit annuali che
aggraverebbero la situazione;
assicurare in Calabria i livelli
essenziali d’assistenza «con
particolare riferimento alle
aree di confine e di difficile
raggiungibilita»; assicurare
negli ospedali “hub” eccellenze in tutti i reparti; organizzare la rete ospedaliera «in maniera razionale per fare in modo che i servizi intermedi, tra
quelli assicurati dagli ospedali
“hub” e quelli prestati direttamente dal territorio, siano erogati da strutture ospedaliere
intelligentemente dislocate e
potenziate nelle città capoluogo». Queste le richieste che il
centrosinistra calabrese rivolge al presidente della Regione
Giuseppe Scopelliti, commissario alla sanità.
I capigruppo regionali
dell’opposizione si sono riuniti
ieri a Lamezia. C’erano Sandro
Principe (Pd), Emilio De Masi
(Idv), Vincenzo Ciconte (Autonomie e diritti) ed Agazio
Loiero (Mpa). Nel corso
dell’incontro i capigruppo di
minoranza hanno affrontato i
temi della sanità, anche in preparazione del consiglio regionale convocato per oggi,
La minoranza chiede anche
di «realizzare con urgenza le
strutture territoriali (case della salute, distretti, poliambulatori) che ridurrebbero drasticamente i ricoveri ospedalieri
e le inaccettabili liste d’attesa.
Per l’opposizione «bisogna mirare a ridurre l’emigrazione sanitaria, assicurare il turnover
per la sola area medica e la formazione per l’intera area sanitaria».
Per Principe, De Masi, Ciconte e Loiero «la gestione della sanità ha segnato il fallimento più evidente dell’intera
esperienza regionalistica calabrese. Man mano che negli anni crescevano le competenze
delle Regioni», sostengono,
«in Calabria s’affermava l'assoluta mancanza di programmazione e di certezze legislative.
Emblematica è la vicenda degli accreditamenti “provvisori” delle attività sia pubbliche
Sandro Principe
è il capogruppo
del Pd che era
all’incontro
della minoranza
che private; la legge che le regolamenta è stata approvata
solo nel 2008. Si è creata, quindi, attorno alla sanità una ragnatela d’interessi spesso condizionati dalla stessa criminalità organizzata. Ben tre Asl
(per una la procedura è tutt'ora in corso)», si fa rilevare, «sono state sciolte e commissariate per infiltrazione mafiosa, registrando anche in questo caso
un triste primato nazionale».
Secondo l’opposizione «la
Regione non è stata assolutamente in grado di gestire questa nuova dimensione sia nella
struttura centrale (il dipartimento) che sul territorio (nelle Asp)».
Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011
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Calabria
REGIONE Oggi il dibattito in Consiglio
ONCOLOGICO
LAMEZIA T. Le proposte della minoranza
Asp e Aziende
ospedaliere
Assegnati
i finanziamenti
Idv: «La legge
approvata
(non da noi)
viola principi
sacrosanti»
Evitare deficit annuali
che allargano il buco
della sanità calabrese
CATANZARO. Sulla vicenda del
Livelli d’assistenza, i budget 2011
Rinvio per Fondazione Campanella
Betty Calabretta
CATANZARO
Sarà la sanità a tenere banco nella
seduta odierna del Consiglio regionale. Con tutti i vincoli di una
spesa che, imbrigliata dal Piano di
rientro, è costretta a muoversi entro gli stretti margini di budget invalicabili. Quelli per l’anno che
ormai volge al termine sono contenuti in un decreto che, appena
pubblicato, disegna la road map
finanziaria di Asp e Aziende ospedaliere individuando le risorse assegnate a ciascuna per garantire i
livelli di assistenza. Cifre totalizzanti e inclusive che tutto devono
comprendere fuorché «gli eventuali risultati negativi della gestione straordinaria, che saranno
oggetto di apposita verifica regionale». Con il recente decreto
emesso dal presidente della Giunta regionale in qualità di commissario ad acta per l’attuazione del
Piano di rientro, sono stati assegnati alle Aziende sanitarie e
ospedaliere della Regione i finanziamenti relativi al 2011. Si tratta, per ciascuna Azienda, di un paniere globale e onnicomprensivo,
che include «tutte le tipologie precedentemente utilizzate».
Ecco le cifre. È stato decretato
dall’Ufficio commissariale di as-
segnare per l’anno 2011, quale
contributo in conto esercizio con
l'esclusione delle risorse per le
funzioni gestite dalla Regione,
919 milioni di euro all’Asp di Cosenza, 266 milioni all’Asp di Crotone, 476 milioni all’Asp di Catanzaro, 218 milioni all’Asp di Vibo,
696 milioni all’Asp di Reggio, 179
milioni all’Azienda ospedaliera di
Cosenza, 163 milioni all’Azienda
ospedaliera di Catanzaro, 50 milioni all’Azienda ospedaliera
“Mater Domini” di Catanzaro,
153 milioni all’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria. È stato
anche stabilito che le determinazioni sul finanziamento della
Fondazione “Tommaso Campanella” di Catanzaro per la ricerca e
la cura dei tumori, saranno indicate in un successivo provvedimento. Il rinvio a ulteriori determinazioni viene motivato con la
circostanza che con l’entrata in vigore della legge regionale n. 35
del 28 settembre scorso, è stata
modificata la natura giuridica,
precedentemente privata, della
Fondazione Tommaso Campanella.
Inoltre - viene spiegato nel decreto commissariale - il finanziamento regionale della Fondazione fino al 30 settembre 2011 è stato commisurato all'attività assi-
Il governatore Giuseppe Scopelliti visita l’ospedale di Catanzaro
stenziale svolta ed alla produzione dell'anno 2010 rilevata dagli
uffici regionali competenti e la cui
contabilizzazione è stata rife rita
al budget previsto per l’assistenza
ospedaliera da privato. Secondo
l’Ufficio del commissario ad acta
Giuseppe Scopelliti, ora «si rende
necessario approfondire gli
aspetti legati al finanziamento
della Fondazione "Tommaso
Campanella" in ragione dell’acquisita natura giuridica pubblica,
nonché degli ulteriori contenuti
della Legge regionale n.
35/2011». Su questa legge c’è anche una proposta di impugnazione del passato Governo Berlusconi, che intendeva contestarne i
profili di incostituzionalità. È possibile che anche l’attuale Governo
faccia sua tale proposta formalizzando l’impugnazione davanti alla Corte costituzionale. Tale situazione potrebbe costituire un
motivo in più per rinviare ogni decisione sui finanziamenti.
Nel decreto viene specificato
che 7 milioni al netto delle entrate
dirette sono stati assegnati all’Asp
di Cosenza per le prestazioni rese
dall’Inrca (Istituto nazionale di ricovero e cura). Infine la quota
prevista per l’Arpacal, l’azienda
per la protezione dell’ambiente, è
pari a 15 milioni.
Il finanziamento assegnato a
ciascuna Azienda verrà utilizzato
dalla Regione nelle verifiche sul
perseguimento
dell'equilibrio
della gestione a livello di singola
azienda.
polo oncologico “Fondazione
Campanella” interviene il
consigliere regionale di Italia
dei Valori Giuseppe Giordano, ricordando che i tre consiglieri regionali di Idv avevano,
nella seduta del 19 settembre
scorso, votato contro la legge
che trasforma in ente pubblico
la Fondazione Campanella.
Legge che ora rischia di perdere ogni efficacia se la Corte costituzionale dovesse accogliere l’impugnativa del Governo.
Secondo Giordano «si è trattato di un altro grosso errore di
valutazione, messo in campo
da questa Giunta regionale
che, da un lato, invoca, a parole, rigore ed austerità e dall’altro, con i fatti, agisce con eccessiva disinvoltura, violando
sacrosanti principi costituzionali». Ancora Giordano: «La
verità è che spesso una parte
della politica si muove assecondando clientelismi di ogni
specie, anche quando è sicura
l’assenza del benchè minimo
fondamento legislativo. Fin
dall’insediamento di questa
legislatura, ho considerato la
Fondazione
Campanella
l’anomalia più grave tra tutti
gli Enti sub regionali e tra
quelli privati sostenuti con risorse pubbliche. Un’anomalia
da affrontare con serenità, vista l'esigenza di lavoro che c'è
nella nostra regione, ma con
la necessaria determinazione
e nel rispetto delle leggi. Pensavo fosse chiaro a tutti che su
temi della sanità non si può
più scherzare».
CATANZARO Il movimento di Raffaele Lombardo ha scelto Bianca Rende presentata ieri da Agazio Loiero
Mpa, nominata la coordinatrice regionale
Danilo Colacino
CATANZARO
Il Movimento per le Autonomie
costituito dal governatore della
Sicilia Raffaele Lombardo, che in
Calabria è federato con Autonomia e Diritti fondato dall’ex presidente della Regione Agazio Loiero, da ieri ha ufficialmente il proprio coordinatore regionale. Ma
sarebbe più esatto dire commissario, considerato che è stato nominato e non eletto a seguito di un
congresso. Si tratta della ricercatrice universitaria Bianca Rende,
presentata in una conferenza
stampa dallo stesso Loiero che
dell’Mpa è il coordinatore politico
nazionale, alla presenza del vicesegretario nazionale dell’Mpa Orlandino Greco che da ben 11 anni
è sindaco di Castrolibero alle porte di Cosenza. La scelta delle Rende, come ha detto lei stessa, non si
spiega con un «giovanilismo di
maniera. Una moda, magari per
assecondare la nouvelle vague
che impone uno svecchiamento
di facciata. L’intento è invece
quello di avviare un percorso importante, fatto sì di rinnovamento
ma non all’insegna degli slogan.
Un aspetto da mettere in rilievo è
il fatto che si sia puntato su una
donna, come se non bastasse anche mamma, a dimostrazione della filosofia che ispira il nostro
grande movimento». Un concetto
ripreso dall’ex governatore Loiero. «Credo sia finito il tempo – ha
esordito – dei grandi partiti generalisti, incapaci di fronte alla realtà odierna e di rispondere alle esi-
La coordinatrice Bianca Rende
CATANZARO Nell’ambito del procedimento Toghe Lucane
genze della gente». Subito dopo
la spiegazione del perché della
determinazione
di
aderire
all’Mpa e soprattutto di continuare a fare politica: «Nel quadro socioeconomico contingente, sono
soltanto le forze localistiche a poter intercettare i bisogni dei cittadini. Anche se ritengo che abbia
distrutto il Paese, un esempio emblematico è costituito dalla Lega
Nord capace di tenere in scacco
persino il primo ministro Silvio
Berlusconi fino al punto di orientarne molte decisioni chiave. Non
vorrei però essere frainteso.
L’Mpa non punta a essere una sorta di Lega del Sud». Ma il presidente Loiero ha pure gettato uno
sguardo sugli scenari futuri - nazionali e calabresi - che vedranno
protagonista il cosiddetto terzo
polo, di cui la forza del governatore Lombardo è una delle componenti: «Capisco la strana situazione di avere una Giunta di centrodestra sostenuta anche dall’Udc.
All’interno del terzo polo ne abbiamo discusso, convenendo di
tracciare una netta linea di demarcazione. Un solco profondo in
vista di ciò che sarà alla scadenza
del mandato di Giuseppe Scopelliti. Un presidente in pectore già
durante la campagna elettorale,
in virtù di un editto imperiale
(leggasi investitura del Cavaliere,
ndr), allora anche nominato coordinatore regionale del Popolo
delle Libertà. Fatto che ha inciso
sulle scelte dell’Udc calabrese, in
realtà più affine al mio programma di lavoro e alla visione strategica di cui ero portatore».
Potrebbe slittare per lo sciopero
Condannata la pm Claudia De Luca ’Ndrangheta in Lombardia
CATANZARO. L'ex pubblico ministero di Potenza, Claudia De
Luca, attualmente in servizio
in un’altra sede giudiziaria, è
stata condannata ad un anno
e sei mesi per il reato di peculato. La sentenza è stata emessa dal giudice per le udienze
preliminari del tribunale di
Catanzaro, Antonio Rizzuti
(cancelliere Paola Mondello),
davanti al quale si è svolto il
processo con rito abbreviato.
Al termine della requisitoria il
pubblico ministero, Gerardo
Domininijanni, ha chiesto la
condanna dell’ex pm alla pena
di un anno e quattro mesi.
Il processo è scaturito
dall’inchiesta Toghe Lucane
nell’ambito della quale l’ex
pm era accusata di aver utilizzato il telefono di servizio per
scopi personali. Il rinvio a giudizio del magistrato era stato
chiesto nel giugno dello scorso anno dal sostituto procuratore di Catanzaro Vincenzo
Capomolla che aveva ereditato dall’ex pm di Catanzaro ed
attuale sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, l’inchiesta Toghe Lucane su un presunto
presunto comitato d’affari che
avrebbe agito in Basilicata con
la complicità di uomini politi-
ci, magistrati, professionisti,
imprenditori e rappresentanti
delle forze dell’ordine. Le
trenta persone che erano indagate sono state prosciolte
nel marzo scorso.
Il pm De Luca è coinvolta
anche, insieme ad altri magistrati lucani, ufficiali di polizia giudiziaria ed imprenditori, nell’inchiesta Toghe Luca-Bis. In quest’ultima inchiesta vengono ipotizzati reati a
vario titolo di associazione
per delinquere, violazione
della legge sulle società segrete, corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio.(g.m.)
sentenza attesa per oggi
CATANZARO. Dovrebbe essere
pronunciata oggi alle dieci dal
gup di Milano Roberto Arnaldi,
la sentenza del maxi processo,
con rito abbreviato, a carico di
119 imputati, tra cui numerosi
presunti affiliati alla 'ndrangheta, arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Infinito”. Non è certo
che il verdetto venga letto a causa dello sciopero degli avvocati.
In tal caso la sentenza slitterebbe a domani. Nel luglio 2010
l’operazione portò in carcere più
di 170 persone in Lombardia e
svelò le infiltrazioni della mafia
calabrese sul territorio lombardo, anche in ambito imprenditoriale e politico.
La pubblica accusa ha chiesto
118 condanne. In particolare,
sono stati chiesti 20 anni per
Alessandro Manno, 18 anni per
Pasquale Zappia, diciotto anche
per Vincenzo Mandalari, Pasquale Varca, Vincenzo Rispoli e
Cosimo Barranca. Chiesti inoltre 16 anni per Pietro Panetta e
per Salvatore Strangio. Chiesta
l’assoluzione invece per Antonio
Oliverio, ex assessore provinciale milanese.(b.c.)
LAMEZIA TERME. Attuare con
rigore finanziario il Piano di
rientro del debito sanitario
«facendo in modo che quest’anno e nei successivi si pervenga al pareggio di bilancio
evitando deficit annuali che
aggraverebbero la situazione;
assicurare in Calabria i livelli
essenziali d’assistenza «con
particolare riferimento alle
aree di confine e di difficile
raggiungibilita»; assicurare
negli ospedali “hub” eccellenze in tutti i reparti; organizzare la rete ospedaliera «in maniera razionale per fare in modo che i servizi intermedi, tra
quelli assicurati dagli ospedali
“hub” e quelli prestati direttamente dal territorio, siano erogati da strutture ospedaliere
intelligentemente dislocate e
potenziate nelle città capoluogo». Queste le richieste che il
centrosinistra calabrese rivolge al presidente della Regione
Giuseppe Scopelliti, commissario alla sanità.
I capigruppo regionali
dell’opposizione si sono riuniti
ieri a Lamezia. C’erano Sandro
Principe (Pd), Emilio De Masi
(Idv), Vincenzo Ciconte (Autonomie e diritti) ed Agazio
Loiero (Mpa). Nel corso
dell’incontro i capigruppo di
minoranza hanno affrontato i
temi della sanità, anche in preparazione del consiglio regionale convocato per oggi,
La minoranza chiede anche
di «realizzare con urgenza le
strutture territoriali (case della salute, distretti, poliambulatori) che ridurrebbero drasticamente i ricoveri ospedalieri
e le inaccettabili liste d’attesa.
Per l’opposizione «bisogna mirare a ridurre l’emigrazione sanitaria, assicurare il turnover
per la sola area medica e la formazione per l’intera area sanitaria».
Per Principe, De Masi, Ciconte e Loiero «la gestione della sanità ha segnato il fallimento più evidente dell’intera
esperienza regionalistica calabrese. Man mano che negli anni crescevano le competenze
delle Regioni», sostengono,
«in Calabria s’affermava l'assoluta mancanza di programmazione e di certezze legislative.
Emblematica è la vicenda degli accreditamenti “provvisori” delle attività sia pubbliche
Sandro Principe
è il capogruppo
del Pd che era
all’incontro
della minoranza
che private; la legge che le regolamenta è stata approvata
solo nel 2008. Si è creata, quindi, attorno alla sanità una ragnatela d’interessi spesso condizionati dalla stessa criminalità organizzata. Ben tre Asl
(per una la procedura è tutt'ora in corso)», si fa rilevare, «sono state sciolte e commissariate per infiltrazione mafiosa, registrando anche in questo caso
un triste primato nazionale».
Secondo l’opposizione «la
Regione non è stata assolutamente in grado di gestire questa nuova dimensione sia nella
struttura centrale (il dipartimento) che sul territorio (nelle Asp)».
35
Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011
Cronaca di Cosenza
.
IL CALCIATORE “SUICIDATO” Parla per la prima volta il professore Pasquale Coscarelli che svolse la perizia dopo la morte del centrocampista
Bergamini non venne trascinato per 49 metri
Colpo di scena: le tracce di frenata rilevate sull’asfalto non erano state lasciate dal camion Fiat 180
Arcangelo Badolati
Il calciatore “suicidato” e la
consulenza dimenticata.
Il professore Pasquale Coscarelli è uno dei massimi esperti
calabresi di infortunistica stradale. Fu lui a eseguire la perizia
ordinata dalla magistratura di
Castrovillari, nel novembre del
1989, per far luce sulla strana
morte del centrocampista del
Cosenza calcio, Denis Bergamini. Il decesso dell’atleta venne
dapprima considerato un suicidio e, successivamente, fu rubricato come un omicidio colposo. L’autista del camion Fiat
180 che travolse lo sportivo
venne pertanto processato per
tenuto una condotta negligente
e imprudente. Nei mesi scorsi,
tuttavia, la Procura di Castrovillari ha inteso – su sollecitazione dell’avv. Eugenio Gallerani, legale dei familiari di Bergamini – riaprire il caso ipotizzando che Denis sia stato assassinato. Il calciatore potrebbe essere
stato stordito e poi fatto finire
sotto il mezzo pesante per simulare un suicidio o un incidente.
Coscarelli, che svolse analisi
e sopralluoghi dopo la tragedia,
ha ritenuto di rispondere ad
una serie di domande che potrebbero aiutarci a capire di
più.
Prof. Coscarelli notò delle
anomalie nei rilievi compiuti
dai carabinieri dopo il sinistro?
«Notai subito che nel rapporto stilato vi erano numerose incertezze e inesattezze».
Per esempio?
«Si attestava la presenza di
una traccia di frenata lunga 49
metri. E non poteva assolutamente essere riconducibile
all’evento che aveva visto soc-
combere Bergamini. Lo stesso
sottufficiale che aveva redatto
l’atto, convocato sul posto, convenne con me sul punto. Era la
traccia lasciata in un’altra occasione da un altro mezzo».
E perché giunse subito a
questa conclusione?
«Il trascinamento del corpo
per 49 metri avrebbe seriamente compromesso sia gli indumenti che il corpo della vittima.
I vestiti, le scarpe, l’orologio, lo
stesso fisico di Bergamini testimoniavano invece uno scenario
completamente diverso. Meno
distruttivo».
A che velocità viaggiava il
Fiat 180?
«Tra 30 e 32 chilometri orari,
riscontrabili nel disco cronotachigrafico. Ad una velocità del
genere il mezzo pesante avrebbe dovuto arrestare la sua corsa
nello spazio di 18 metri. Dopo
l’impatto, l’autista fece retromarcia probabilmente per prestare soccorso e si spostò di un
metro e mezzo indietro».
Quali erano le tracce sul
mezzo?
«Stranamente il camion venne sequestrato ma, nonostante
la gravità del fatto, affidato con
facoltà d’uso al conducente che
quella stessa sera se ne andò. Io
ho potuto esaminarle solo attraverso le foto scattate dai carabinieri. La parte laterale destra non presentava tracce di
sangue o di altra materia organica sui bulloni e la lamiera.
Perciò andava escluso un urto
laterale, altrimenti ne sarebbero rimasti i segni. Non solo: Bergamini in questo caso sarebbe
stato spostato a destra rispetto
al piano stradale e non in avanti. Dedussi pertanto che la collisione era avvenuta nel settore
frontale di destra».
Che significa?
«Bergamini venne visto chiedere passaggi a degli automobilisti in transito. Ed io sono convinto che il calciatore si avvicinò al piano stradale per fermare il camion. Fu perciò investito, imbarcato sul paraurti e scaricato qualche metro più avanti. La ruota destra non gli passò
sopra, non venne insomma
schiacciato. Se fosse stato
schiacciato, infatti, i danni al
corpo sarebbero stati ingentissimi ed evidenti. Non venne né
travolto, né sbalzato in avanti
come sarebbe potuto accadere
ad un soggetto che si lancia improvvisamente sotto un camion
per suicidarsi. In questo caso il
cadavere sarebbe stato infatti
ritrovato a molti metri di distanza dal mezzo e con fratture
diverse e molto più estese rispetto a quelle riscontrate».
Potrebbe però essere stato
lasciato esanime sull’asfalto
dai suoi presunti assassini
prima dell’arrivo del camion?
«Lo escludo. Con i fari anabbaglianti l’autista avrebbe avuto una possibilità visiva di almeno 50 metri rispetto al corpo. E con gli abbaglianti molta
di più. Si sarebbe fermato, senza investirlo. O se, per una singolare circostanza non avesse
notato il corpo, l’avrebbe
schiacciato, ma questo come
abbiamo detto non è accaduto».
E allora, secondo lei, cos’è
successo?
«Bergamini ha occupato parte della sede stradale per fermare il mezzo e ottenere un
passaggio. L’autista, che viaggiava da solo e non intendeva
fermarsi, l’ha visto ma siccome
era convinto che, alla fine, si sarebbe spostato non ha rallentato. Ed è finita in tragedia...»
Il cadavere di Denis Bergamini coperto da un lenzuolo. Si notano le scarpe ancora perfettamente pulite
Fiori sul luogo della tragedia
Il prof. Pasquale Coscarelli
Denis con la maglia del Cosenza
Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud
40
Cosenza - Provincia
.
PRAIA Ulteriori tracce potrebbero avvalorare le responsabilità
FALCONARA
Accusa e parti civili
a caccia di prove
nell’area sequestrata
della “Marlane”
Un incendio
notturno
distrugge
due auto
Maria Francesca Calvano
FALCONARA
I motivi del decreto firmato dai magistrati inquirenti
che li hanno spinti ad apporre nuovamente i sigilli
Antonello Troya
PRAIA A MARE
Un ulteriore diritto di prova nel
dibattimento e un migliore e
più completo accertamento della verità dei fatti. Così si legge
nel decreto di sequestro firmato
dai due sostituti procuratori di
Paola, Roberta Carotenuto e
Linda Gambassi, che hanno incaricato i carabinieri di Praia a
Mare a mettere i sigilli allo stabilimento della Marlane. Roberta Carotenuto e Linda Gambassi rappresentano la pubblica
accusa nel processo in corso
presso il tribunale di Paola. Processo che sta andando avanti
tra rinvii, mancate notifiche e
avvocati di grido. La prossima
udienza è prevista per il prossimo 30 dicembre e vede imputati a vario titolo tredici persone
per omicidio colposo e disastro
ambientale. L’istanza di sequestro probatorio era stata presentata dai difensori delle parti
civili, rappresentanti dall’avvocato Lucio Conte, il quale mostrava l’opportunità di un approfondimento tecnico scientifico dei rilievi già effettuati, allo
scopo di individuare sedimenti
delle sostanze chimiche presenti nell’ambiente di lavoro e valutarne la tossicità. Il sequestro
probatorio dello stabilimento
Marlane – Marzotto viene fuori
dalla concreta possibilità che il
tribunale collegiale, investito
della fase dibattimentale del
procedimento penale, anche su
sollecitazione delle parti, possa
disporre di perizie inerenti la
qualità delle sostanze coloranti
utilizzate nello stabilimento,
tossicità e nocività di tali sostanze conseguente sulla salute
dei lavoratori. Per cui i pubblici
ministeri (Carotenuto e Gambassi) nel prosieguo della loro
attività per valutare le relazioni
dei consulenti tecnici incaricati
da giudice civile che hanno effettuato i primi campionamenti
all’interno dei locali aziendali,
allo scopo di valutare la possibilità di disporre una apposita
consulenza tecnica del pm sulle
medesime circostanze, con conseguente necessità di procedere
ex novo a sopralluoghi, rilievi e
campionamenti, hanno disposto il sequestro dello stabilimento. Alla struttura erano stati apposti i sigilli già nel lontano
2007, compresa l’area circostante. Da quel momento iniziarono le operazioni di operazioni
di prelievo di campioni. Il dissequestro arrivò un anno dopo ritenuta l’assenza di esigenze
probatorie idonee. Poi un nuo-
vo sequestro all’indomani della
decisione della Marzotto di iniziare una “caratterizzazione
ambientale nell’area”. Richiesta
presentata dai difensori delle
parti offese e subito accolta. Ora
la nuova richiesta degli avvocati
delle parti civili i quali affermano che «non v’è dubbio alcuno
che gli immobili di cui si chiede
disporsi il sequestro probatorio
possano ancora conservare le
tracce dei delitti e delle contravvenzioni
commessi,
onde
l’espletamento di ulteriori approfondimenti, per acquisire
prove ulteriori del fatto, non sarebbero esperibili senza la sottrazione dei beni alla libera disponibilità e l’acquisizione della
stessa
nella
disponibilità
dell’autorità giudiziaria». Insomma nell’area in questione ci
potrebbero essere altre prove a
sostegno dell’accusa, anche
perché nel corso delle indagini
preliminari, sono stati effettuati
campionamenti di reperti solo
nell’area antistante lo stabilimento, peraltro effettuando solo dieci cosiddetti “scassi” e cinque “carotaggi” per i prelievi,
(su di un’area di circa 70.000
mq.) di sostanze tossiche-nocive e non, campioni soggetti a
modificazione ed alterazione
nel tempo.
AMANTEA Polemica sullo stadio e sulla Casa della Cultura
Il promoter attacca il Comune:
«Musica e cultura senza spazi»
Ernesto Pastore
AMANTEA
Una città come Amantea deve potersi dotare di infrastrutture capaci di accogliere eventi e manifestazioni di qualità che possano
dare un nuovo impulso al turismo
ed al commercio. Partendo da
questo presupposto il referente
della società “Eventi & eventi”,
Giovanni Bonanno, attacca frontalmente l’amministrazione comunale incapace, a suo modo di
vedere, non soltanto di aprire in
tempi rapidi la Casa della Cultura, ma anche di programmare
concerti e spettacoli di alto profilo culturale. «Agli esponenti poli-
tici che governano attualmente la
città - afferma Bonanno - vorrei
rivolgere alcune domande, sperando che tutto questo possa essere da stimolo per rendere fruibile quanto prima il nuovo teatro
comunale. La struttura in questione, prima delle elezioni, era
un cantiere aperto, tanto da sembrare il restauro del Colosseo,
mentre oggi è la consueta cattedrale nel deserto, ma purtroppo
non è l’unica. Il sindaco Franco
Tonnara ha sempre detto con forza che lo stadio doveva servire anche per l’organizzazione dei concerti, tanto da investire una cifra
consistente per la sistemazione
dell’impianto d’illuminazione,
Lo stadio di Amantea
Un momento del processo
FUSCALDO Lo hanno cercato per tutta la notte i vigili del fuoco
Anziano scompare nel pomeriggio
FUSCALDO. È uscito da casa nel
pomeriggio di ieri e non ha dato più sue notizie. Si tratta di
un 75 enne, Pasquale Campagna. L’anziano avrebbe problemi di memoria. Ed è per questo
che i familiari si sono subito
preoccupati, avvertendo immediatamente i pompieri. Lo
hanno cercato per tutta la notte tre squadre dei vigili del fuoco. Allertati i distaccamenti di
Paola, Scalea e Rende, ma del
settantacinquenne
nessuna
traccia. I vigili del fuoco hanno
ma poi nulla è stato fatto. Avevo
chiesto l’autorizzazione per fare
tre grandi eventi ad Amantea, ma
mi è stato detto che non c’era
l’agibilità per cui, teoricamente
non si potrebbero giocare neanche le partite di calcio. La seconda
scusa è stata la paura di rovinare
il manto erboso, ma oggi esistono
materiali per la protezione dei
campi da calcio, come possono testimoniare gli organizzatori dei
concerti in tutta Italia. La Casa
della Cultura - prosegue il promoter - doveva diventare un punto di
riferimento per incontri e riunioni. A settembre ho parlato con
uno degli amministratori, in
quanto c’era la possibilità di ospitare l’allestimento della stagione
teatrale di Mango, ma poiché la
futura cattedrale nel deserto non
era pronta, perché priva di collaudo non si è potuto fare nulla. A
fronte di tutto ciò mi chiedo se in
campagna elettorale sono state
fatte solo chiacchiere e bugie».
Agenda telefonica cittadina
AMANTEA
FARMACIE
FARMACIE
De Luca
Morelli
De Grazia (Camp.)
Madia
Tel. 098241773
098241279
098246014
0982425761
SANITÀ
Croce Rossa Italiana
0982424140
SANITÀ
Ospedale civile
Pronto soccorso
Tel. 09829771
0982999472
EMERGENZA
EMERGENZA
Tel. 098241000
098241256
098241052
098275069
COMUNE
Carabinieri
Polizia
Polizia municipale
Guardia di Finanza
Corpo forestale
Tel. 098291251
0982999282
098291246
098291104
098292037
COMUNE
Tel. 0982429200
TELEFONI UTILI
Distretto scolastico
Ferrovia
Giudice di pace
Tel. 098291398
098291018
098291230
Tel. 098291073
Tel. 0982491221
Municipio
Caruso
Ciuffi
Saporiti
FUSCALDO
FARMACIE
Licursi
Municipio
Tel. 098291074
TELEFONI UTILI
Tel. 098241106
098241368
0982425363
Pretura
Proloco
Biblioteca comunale
Tel. 098291256
098291651
098291255
Tel. 0982686031
GUARDIA MEDICA
Tel. 098289001
COMUNE
Municipio
Tel. 098289203
Polizia municipale
Guardia di finanza
Vigili del fuoco
Corpo forestale
FARMACIE
Arrigucci
Cilento
Sganga
SANITÀ
Ospedale civile
Pronto soccorso
Croce Rossa Italiana
Tel. 0982587316
0982612439
0982582276
Tel. 09825811
09825811
0982613553
GUARDIA MEDICA
Tel. 0982581410
EMERGENZA
Carabinieri
Polizia
Polizia stradale
Tel. 0982582301
0982622311
0982622211
0982582622
0982613477
0982582519
0982582516
TELEFONI UTILI
Tribunale
Tel. 0982582758
Comunità montana
098257536
Biblioteca comunale
0982580307
Protezione civile
0982589759
Inps
0982582451
Inail
0982622511
S. MARCO A.
PAOLA
GUARDIA MEDICA
GUARDIA MEDICA
Carabinieri
Polizia municipale
Guardia di Finanza
Corpo forestale
CETRARO
FARMACIE
Aloia
Pisano
SANITÀ
Ospedale civile
Tel. 0984512141
0984512123
Tel. 09845101
GUARDIA MEDICA
Tel. 0984511725
COMUNE
Municipio
Tel. 0984512089
TELEFONI UTILI
Biblioteca
Curia Vescovile
Giudice di Pace
Inps
Tel. 0984511433
0984512000
0984512087
0984511534
A coordinare le ricerche i pompieri
operato in una vasta area, cercando ovunque, senza tuttavia
rintracciare l’anziano. L’allarme è scattato intorno alle 19,
quando il figlio dell’uomo ha
avvisato la centrale dei pompieri. I soccorritori, nel tentativo di localizzare il pensionato,
hanno provato a circoscrivere
il campo grazie alla tecnologia.
Il 75enne è, infatti, in possesso
di un telefono cellulare, il cui
segnale è stato captato da due
ricevitori installati tra Fuscaldo e Paola.
Notte di paura a Torremezzo
di Falconara Albanese quella
tra mercoledì e giovedì, quando due autovetture sono andate distrutte dalle fiamme. L’allarme è scattato quando
sull’orologio erano circa le tre.
I vigili del fuoco di Paola, agli
ordini del caposquadra Pasquale Logatto, rispondendo
prontamente ad una chiamata
di emergenza da parte del proprietario dei mezzi, sono giunti sul luogo della segnalazione, in via Marinella. Qui i pompieri hanno verificato danni
ingenti su due autovetture in
uso ad un venditore ambulante di Falconara Albanese: una
Fiat Punto ed una Peugeot che
in si trovavano posteggiate su
una strada pubblica. Completamente distrutta la prima,
parzialmente la seconda. Il
fuoco infatti, dopo aver avvolto la Punto, si è esteso rapidamente alla Peugeot che si trovava in quel momento parcheggiata vicino, espandendosi dalla parte anteriore del
mezzo fino alla tappezzeria. Il
vento che soffiava nella notte
su Torremezzo ha finito con
l’alimentare le fiamme. I vigili
del fuoco hanno effettuato un
dettagliato sopralluogo. Stando ad una prima ricostruzione, sembrerebbe che l’incendio sia di origine dolosa, per
ora soltanto un’ipotesi al vaglio degli inquirenti, dal momento che non sarebbero state
rinvenute tracce. All’origine
del fatto, secondo chi indaga,
ci sarebebro dissidi tra privati.
I carabinieri, coordinati dal capitano della compagnia di
Paola, Luca Acquotti, non
escludono alcuna pista.
PAOLA Dall’èquipe del primario Candela
ACQUAPPESA
Ortopedia d’eccellenza
Operata al femore
una donna di 102 anni
Oggi arriva
il metano
per 500
utenze
Gaetano Vena
PAOLA
Tecnica ed esperienza, e
l’ospedale di Paola fa notizia
in positivo, grazie ad un’intervento prima difficilissimo
se non impossibile: la frattura del femore nelle persone
ultracentenarie. È stata dimessa ieri mattina, dopo sei
giorni, la nonnina di San Lucido, Benerice Vommaro Del
Marchesato, 102 anni il
prossimo 2 maggio 2012 che
per era stata ricoverata per
frattura scomposta al femore sinistro. In questo reparto
ci sono molto richieste di ricovero e oltre 1.200 interventi ogni anno. La nonnina
ha mosso i primi passa accompagnata dal fisioterapista e dai figli Nella e Francesca Filippo e il figlio Francesco con la moglie Palmina
che vivono a San lucido e
l’hanno accudita sempre.
Una terza figlia di 84 anni vive fuori della Calabria. La signora Berenice nel 2006
aveva già subito, sempre a
Paola con lo stesso primario
Massimo Candela l’intervento per la frattura del femore
sinistro. È lucidissima e
mangia tutto, e fino a di 95
anni ha lavorato il suo orticello «perché mi piace mangiare». Non si fa mancare il
caffè e un bicchiere di vino a
mezzogiorno. Il primario del
reparto di ortopedia e traumatologia Massimo Candela
di rende che per più anni è
stato conteso da altri nosocomi ha operato come la prima volta l’ultracentenaria.
«Questo tipo di patologia dice Candela - è in netto aumento ed è all’attenzione da
parte della società nazionale
tant’è che il prossimo congresso nazionale per la prima volta si terrà il prossimo
maggio in Calabria». Il tema
del congresso è: “La patologia ortopedica e traumatologica del grande anziano”. Illustreranno le rispettive relazioni il primario di Catanzaro Giuseppe Barillaro e il
direttore Massimo Candela.
«Nell’anziano è fondamentale - dice Candela - innanzitutto operare, ma soprattutto operare presto per evitare
scompensi di carattere generale che tutti gli anziani un
po’ più in là con gli anni
mantengono. Infatti l’obiettivo dell’unità operativa in
accordo con le linee nazionali è quello di operare entro
tre giorni dal trauma». In sostanza con l’intervento a chi
ha oltrepassato i novant’anni «si vuole ottenere la stabilizzazione della frattura per
permettere al paziente l’abbandono del letto che potrebbe essere letale». L’equipe del primario è costituita
dai medici Salvatore Grande, Saverio Anastasio, Gaetano Gentile, Francesco
Martire e Antonio Crescibene.
Alessia Antonucci
ACQUAPPESA
Questa sera alle 19 la piazzetta
“Santa Maria degli Angeli” sarà
la cornice ideale per l’accensione simbolica della prima fiammella, che sancirà la metanizzazione di circa cinquecento
utenze del centro urbano. Entusiasta il sindaco, Saverio Capua, per la celerità di completamento della rete di distribuzione del gas naturale, “un servizio che ci mette al passo con i
tempi e che agevolerà la vita
dei cittadini, migliorandone la
qualità della vita. L’amministrazione chiederà di estendere la rete anche alle aree rurali,
per consentire a tutti di entrare
nel regime di metanizzazione”.
L’erogazione nel territorio comunale sarà gestita dalla “Gas
Natural Distribuzione Italia”,
attraverso la sua partecipazione maggioritaria nella società
concessionaria “Cetraro Distribuzione Gas srl”. Leonardo Rinaldi, ingegnere della “Gas Natural”, ha snocciolato i numeri,
soffermandosi sull’investimento di circa 2 milioni di euro che
ha consentito la costruzione di
13 chilometri di rete, anche se
l’obiettivo ultimo è di garantire
il servizio a ottocento nuovi
clienti finali. Questa sera ai cittadini sarà distribuito del materiale informativo sul metano,
sulle norme d’uso corretto e sui
vantaggi, quali il minor impatto ambientale, la sicurezza e il
risparmio economico.
41
Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011
Cosenza - Provincia
.
AMANTEA Lo avrebbero dimostrato i carotaggi effettuati nel letto del fiume Oliva in seguito alle indagini della Procura della Repubblica di Paola
Quel torrente contiene residui di raffineria
E mercoledì nella cittadina tirrenica arriva la commissione europea ambiente guidata da Mario Pirillo
Ernesto Pastore
AMANTEA
La valle dell’inferno. Un lembo
di terra che collega il mare alle
colline e che mostra le peculiarità di un territorio ferito dall’incapacità di sfruttare le risorse
della natura. Gli alberi da frutto,
le viti e gli ulivi disegnano il paesaggio inviando nell’aria profumi che si mescolano alla brezza
marina. Il fiume Oliva è tutto
questo: l’ennesimo sogno interrotto, il teatro del malaffare e
dell’illegalità che mette a rischio
la salute della gente e degli stessi criminali. Oggi, in alcune zone, l’odore degli idrocarburi è
talmente nauseante che quasi
non servirebbero le analisi per
attestare qualcosa che in parte
già si percepisce. Le proteste degli ambientalisti e di coloro che
vivono e lavorano lungo gli argini del fiume sono state accolte
dalla Procura della Repubblica
di Paola che con caparbietà ha
portato avanti un’indagine avversata da imprenditori e politici, preoccupati per un calo d’interesse sulla zona dal punto di
vista turistico e commerciale. Il
lavoro dei giudici è partito dalla
relazione prodotta da Giacomino Brancati, dirigente del Dipartimento salute e sanità della Regione Calabria, che confermava
“l’esistenza di un pericolo attuale per la popolazione residente
lungo l’Oliva, dovuto alla presenza di contaminanti ambientali (metalli pesanti e radionuclidi artificiali) capaci di indurre
patologie tumorali”. Il procuratore capo di Paola Bruno Giordano decide di vederci chiaro e
nell’aprile del 2010 partono i carotaggi di profondità per capire
quali siano le sostante presenti
nel sottosuolo dell’Oliva. I risultati non lasciano dubbi: i tre istituti incaricati confermano la
presenza di fanghi industriali,
residui di raffineria, arsenico,
mercurio e cobalto. E la valle
dell’Oliva diventa la valle
dell’inferno. Ma non è tutto: le
analisi registrano anche una
presenza di radioattività superiore alla norma. I tecnici
La commissione
europea guidata
da Mario Pirillo
il 23 di novembre
sarà ad Amantea
per incontrare
il sindaco Tonnara
dell’Ispra (Istituto superiore per
la protezione e la ricerca ambientale) confermano una contaminazione di Cesio 137 di circa dieci volte superiore rispetto
alla media regionale. Secondo
gli esperti tali rilevazioni “sono
riconducibili a fenomeni naturali di accumulo di radionuclidi
derivanti dalle esplosioni nucleari degli anni Sessanta e
dall’incidente di Chernobyl del
1986, ma in nessun’altra parte
della regione si è mai riscontrato
un valore così elevato”. In attesa
che anche su tale questione si
faccia luce quanto prima, l’arre-
sto di Cesare Coccimiglio, disposto dal gip Giuseppe Battarino, rompe un muro di gomma
durato oltre vent’anni ed apre
scenari inquietanti e non ancora
del tutto delineati. L’uomo, infatti, deve rispondere di disastro
ambientale, violazione in materia di trasporto dei rifiuti e inquinamento delle falde acquifere.
Secondo l’accusa l’imprenditore, in concorso con altri quattro
soggetti residenti nella zona,
avrebbe messo in piedi un sistema complesso di smaltimento di
rifiuti industriali. In base ai sondaggi effettuati sotto il fiume
Oliva dovrebbero trovarsi circa
90 mila metri cubi di rifiuti altamente inquinanti: un quantitativo troppo elevato per poter
pensare che tutta l’operazione
sia stata gestita senza la commistione di faccendieri, politici ed
amministratori. Del resto le ricerche sono state portate avanti
grazie anche al supporto della
Dda di Catanzaro che ha individuato alcuni siti inquinati deducendoli dal riscontro della propria attività d’indagine. Il prossimo 23 novembre una Delegazione della Commissione europea Envi per l’ambiente e la salute pubblica, guidata da Mario Pirillo, verrà in Calabria per incontrare il sindaco di Amantea ed il
procuratore Giordano. In questo clima le rassicurazioni degli
europarlamentari dovranno essere necessariamente accompagnate dal progetto di un piano di
bonifica. Che restituisca la vita
alla vallata dell’Oliva.
Il sopralluogo effettuato dal procuratore di Paola Bruno Giordano
I carotaggi nel letto del torrente
I campioni raccolti
La foce del fiume Oliva
Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud
44
Reggio Ionica
.
LOCRI L’avv. Maio al processo per l’omicidio del “cinese”
M. DI GIOIOSA
«Assolvete Panetta
contro di lui
non ci sono prove
e neanche indizi»
Operazione
“Crimine”
restituiti beni
a Vincenzo
Tavernese
LOCRI. Il Tribunale della Liber-
«La faida con i Cordì non c’entra, il mio assistito era
appena uscito dal carcere e voleva rifarsi una vita»
Rocco Muscari
LOCRI
«Antonio Panetta deve essere assolto perché in questo processo
non solo mancano le prove ma
anche gli indizi per poter istruire
un’indagine». L’avvocato Luca
Maio ha concluso con queste parole la discussione davanti alla
Corte d’assise di Locri davanti alla quale si celebra il dibattimento
per l’omicidio di Salvatore Cordì,
per il quale Panetta è accusato di
associazione per delinquere di
stampo mafioso e dell’organizzazione dell’agguato eseguito il 31
maggio del 2005 a Siderno. Il pm
Antonio De Bernardo, lo ricordiamo ha chiesto l’ergastolo, come
anche per i presunti esecutori
materiali Michele Curciarello e
Antonio Martino.
L’avv. Maio ha rilevato nella
sua arringa che non si può dividere l’associazione dal delitto, e riguardo a Panetta non si può configurare una sua partecipazione
negli affari del clan Cataldo, e
quindi nella programmazione
dell’omicidio, in uno spazio temporale inferiore a 40 giorni tra la
sua scarcerazione e la consumazione del delitto. «In quelle settimane – ha detto il penalista locrese – Panetta aveva iniziato una relazione sentimentale con la sorel-
la di Domenico Zucco e, siccome
aveva intenzione di tornare a una
vita normale, stava preparando i
documenti per potersi spostare in
Romagna a lavorare, tanto che il
giovane non si sarebbe potuto
muovere da Locri per via delle pene accessorie che stava scontando. E certo non avrebbe rischiato
di perdere la possibilità di cambiare il modo di vivere per andare
a Siderno, figuriamoci poi per fare da ambasciatore dei Cataldo
presso i Curciarello, che nemmeno conosceva». Secondo l’avv.
Maio il processo non avrebbe approfondito i temi di prova: «Tutto
– ha detto – si basa su un’intercettazione telefonica captata sul cellulare del cognato del mio assistito, quel Domenico Zucco mandato assolto da altra Assise, sulla
quale sono stati spesi fiumi di inchiostro che hanno avuto quale
unico risultato la detenzione di
due giovani per un’accusa di omicidio che non trova alcun riscontro neanche indiziario nel pur voluminoso fascicolo della Procura
Distrettuale». Il penalista si è concentrato sui tempi intercorsi dal
tentativo di chiamata al fermo avvenuto presso l’ospedale di Locri
a poca distanza dal luogo del delitto, nel quale sono stati controllati i due cognati: «Zucco era a casa – ha affermato – e da lì si è spo-
stato con la madre e la sorellina
presso l’abitazione di Panetta e
poi, insieme, si sono recati
all’ospedale , dove quattro carabinieri hanno accertato la loro
presenza».
Quanto al movente del delitto,
che per l’accusa sarebbe da ricavarsi in una vendetta maturata
nell’ambito della faida di Locri,
l’avv. Maio ha affermato. «È troppo facile richiamarsi alla contrapposizione delle due consorterie,
mentre il movente potrebbe essere altro, visto che nessuno dei
componenti la famiglia Cataldo è
stato condannato nel processo
Primavera per un qualsiasi omicidio di esponenti dei Cordì».
In riferimento al presunto
summit che si sarebbe tenuto due
giorni prima dell’agguato il difensore ha affermato: «Siamo riusciti a provare che non c’è stata alcuna riunione, e comunque non
vi è traccia della presenza del mio
assistito in altri posti se non, quella domenica, presso un distributore di benzina peraltro chiuso,
come si evince dal contenuto di
un’intercettazione telefonica».
In conclusione l’avv. Maio ha
chiesto l’assoluzione per Panetta
con una motivazione che non lasci dubbi circa l’estraneità del
33enne alle accuse contestate. Il
processo riprende stamattina.
L’avv. Luca Maio mentre pronuncia la sua arringa. Nel riquadro l’imputato Antonio Panetta
BIANCO Il pensionato Antonio Fontana, 76 anni, in pieno centro
Anziano muore investito da un’auto
Antonello Lupis
ROCCELLA
Incidente mortale a Bianco, in
pieno centro a poca distanza da
un bar e da altri esercizi commerciali. Dalla ricostruzione
dell’accaduto fatta dai carabinieri della stazione e del nucleo
radiomobile della compagnia
di Bianco, il pensionato Antonio Fontana, 76 anni, si trovava
ai lati della carreggiata principale della cittadina che funge
anche da Statale 106, quando è
stato investito da un’auto in
transito (il conducente del veicolo si è subito fermato), cadendo con violenza sul selciato. Subito soccorso e trasportato
all’ospedale di Locri, Fontana, è
deceduto qualche ora dopo il ricovero. Sul tragico sinistro, comunque, sono ancora in corso
indagini da parte degli investigatori dei carabinieri della
compagnia di Bianco.
MARINA DI GIOIOSA. I carabinieri del Gruppo Locri, della compagnia di Roccella e dello Squa-
drone eliportato “Cacciatori
Calabria” hanno effettuato ieri,
utilizzando anche diversi mezzi
meccanici, alcune accurate perquisizioni domiciliari finalizzate alla ricerca di latitanti gioiosani. Il mega blitz, che ha visto
impegnati quasi un centinaio di
carabinieri, era finalizzato
all’individuazione del boss e capo dell’omonimo clan gioiosano, Rocco Aquino e di altri tre
suoi familiari alla macchia da
luglio del 2010 a seguito
dell’operazione “Crimine”.
tà di Reggio Calabria (presidente Leonardo, giudici Aliquò e Foti) accogliendo la richiesta presentata dall’avv.
Leone Fonte, ha annullato il
sequestro preventivo disposto
dal gip su beni immobili di proprietà di Vincenzo Tavernese
eseguito nell’ambito dell’operazione “Crimine”. Tavernese,
56 anni di Marina di Gioiosa
ma di fatto residente in Canada, è ritenuto dalla Distrettuale antimafia componente di
vertice del locale di Marina di
Gioiosa con il compito di assicurare le comunicazioni tra la
Calabria ed il Canada. A seguito di indagini patrimoniali eseguite dai militari del Ros emergeva che Tavernese, pur non
svolgendo alcuna attività lavorativa e non avendo mai presentato alcuna dichiarazione
dei redditi, risultava proprietario di appartamenti ed altri
immobili sia in Calabria che in
Piemonte. L’avvocato Fonte
dinanzi al TdL evidenziava che
il sequestro non poteva essere
disposto solo sulla base della
presunta appartenenza all’associazione mafiosa, o sul fatto
che non aveva mai presentato
la dichiarazione dei redditi,
ma l’accusa avrebbe dovuto
provare che i beni sottoposti a
sequestro «costituivano il profitto di attività illecite facenti
parte del programma criminale dell’associazione mafiosa
contestata». Dimostrava quindi che Tavernese in Canada
svolgeva attività lavorativa e
aveva quote in società che operano nel settore immobiliare.
E che, quindi, la proprietà dei
beni posseduti in Italia era ben
giustificata.(r.m.)
Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011
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Reggio Ionica
.
LA GANG DEI FABBRICANTI DI PROVE FALSE Tutte le vittime designate delle tentate estorsioni hanno preferito denunciare tutto. Numero di targa incluso
Portava lettere anonime... con la sua auto
Così Antonino Consolato Franco voleva spillare soldi agli imputati sotto processo per il delitto Fortugno
Rocco Muscari
LOCRI
Smascherato... dalla sua stessa
macchina. Ha i contorni di una
commedia surreale la presenza
sul lungomare di Locri della Polo
blu intestata ad Antonino Consolato Franco, della quale presero i
numeri di targa due giovani. Uno
di essi era Mirco Monteleone, soggetto al quale il 17 gennaio del
2008 era stata fatta recapitare
una lettera anonima attraverso
una congiunta dei fratelli Dessì,
all’epoca imputati nel processo
per l’omicidio Fortugno. Il giovane, raggiunto da una telefonata
anonima che gli raccomandava di
recarsi sul lungomare a prendere
una seconda lettera, una volta
giunto avrebbe notato una persona alta circa un metro e 80, robusta, con il volto parzialmente occultato, che si allontanava dalla
spiaggia a bordo di una Polo blu.
Il motivo dell’invio al Monteleone della lettera anonima sarebbe riconducibile al fatto che il
giovane è noto agli inquirenti per
la sua vicinanza ad Attilio Giorgi,
nipote acquisito del boss Antonio
Cordì inteso “u ragiuneri”. E la busta conteneva, infatti, una copia
della scheda informativa della polizia su Giorgi. La targa dell’auto,
insieme al contenuto della busta
recapitata, due giorni dopo, venivano resi noti ai carabinieri della
Compagnia di Locri, all’epoca diretta dal maggiore Ciro Niglio.
Già impegnati a seguire un’altra lettera anonima, recapitata lo
stesso giorno alla sorella dei Dessì, e destinata alla signora Francesca Bruzzaniti, moglie di Alessandro Marcianò, e madre di Giuseppe, sotto processo quali presunti
mandanti del delitto Fortugno.
Strane missive, quelle ritrovate nei pressi del cancello d’ingresso del giardino: due buste di carta, entrambe di colore giallo, avvolte da cellophane, con una targhetta di carta col nome dei destinatari, che secondo la Distrettuale Antimafia, sarebbero della stessa mano di una terza, recapitata il
14 gennaio sempre del 2008, alla
sorella della Bruzzaniti presso la
scogliera di Africo Nuovo, e subito denunciata agli inquirenti.
In queste missive anonime veniva rappresentata, «falsamente», scrivono i magistrati della
Dda reggina, l’esistenza di materiale probatorio idoneo a dimo-
strare l’innocenza di Alessandro e
Giuseppe Marcianò in relazione
all’accusa di concorso nell’omicidio di Franco Fortugno.
Per ottenere i presunti documenti gli interessati dovevano
versare un corrispettivo fissato in
10 mila euro. Questo era il prezzo
fissato dall’anonimo per la “libertà” dei Marcianò padre e figlio,
poi condannati all’ergastolo in
primo e secondo grado.
Nel testo riportato nell’etichetta a tergo della busta rinvenuta ad
Africo è scritto: «Questa è una lettera che per prima deve leggere la
signora Bruzzaniti Francesca».
Poi, dopo un’interlinea: «Attenzione non leggete questa lettera
in casa o se lo fate nemmeno nel
cortile o in macchina: andate
all’aperto in un altro posto magari
a casa di un parente fidato e sicuro, capirete poi leggendola e in seguito evitate anche di parlare di
questa cosa in casa in macchina o
per telefono». All’interno c’era un
biglietto col seguente messaggio:
«Scusi se disturbiamo, ma se lei ha
a cuore il bene e la libertà di suo
cognato e suo nipote, allora senza
perdere tempo consegni questa
lettera chiusa a sua sorella Francesca, che abita a Locri. Le raccomandiamo di non parlare in casa
e né in macchia. Le ripetiamo non
è assolutamente uno scherzo, qui
dentro c’è una lettera in cui viene
indicata la prova d’innocenza dei
suoi parenti. Ci vada ora da sua
sorella, perché noi domani sera
alle 21.30 precise qualcuno la
chiamerà qui da lei a Bianco per
sapere la risposta di sua sorella.
Da questo momento faccia molta
attenzione». La lettera conteneva
anche le modalità da seguire per
eseguire il pagamento in cambio
dei documenti. E ancora, all’interno della busta riportante a
fronte la lettera “P” in stampatello, si rilevava la presenza di due
fogli. Il primo è apparentemente
la copia di un atto della Polizia di
Stato, una relazione della Squadra Mobile datata 02/04/2006 a
firma del dirigente Salvatore Arena. Nel secondo è presente un’effigie fotografica di una persona di
sesso maschile raffigurante un
soggetto in via di identificazione.
Fondamentale, per eludere il
presunto tentativo di truffa, è stata la volontà dimostrata dalle vittime designate di non cadere
nell’inganno. Scegliendo, giustamente, la via della denuncia.
«LASCIA TUTTO NEL MONUMENTO A TUO FIGLIO E VATTENE»
Per i familiari dell’imprenditore ucciso
la “verità” era in vendita a 50 mila euro
Alessandro Marcianò, all’ergastolo per l’omicidio Fortugno
LOCRI. Il prezzo della “verità” in
cambio dei nomi degli assassini di
Gianluca Congiusta era 50 mila
euro. Questa la somma richiesta
in una lettera inviata a Mario Congiusta, padre della vittima, rinvenuta dalla figlia l’8 febbraio 2008.
In un foglio di quaderno contenuto in una busta – il tutto immediatamente denunciato alle autorità
competenti dalla famiglia Congiusta – è scritto: «Se non segui le
mie istruzioni diamo ai Costa le
prove che sono stati i Salerno a uccidere Gianluca. Porta 50 mila euro in una busta da spazzatura. Lunedì 11 lascia tutto nel monumento di tuo figlio e vattene. Alle
due di notte». Parole crude e dirette che, secondo i magistrati
della Dda, sarebbero state concepite dal vice soprintendente Antonino Consolato Franco con l’intento di raggirare i Congiusta.
All’epoca era in corso l’istruttoria dibattimentale, davanti alla
Corte d’assise di Locri, nei confronti di Tommaso Costa, imputato quale organizzatore ed esecutore materiale del delitto del gio-
vane imprenditore sidernese, che
ha poi portato alla condanna del
boss all’ergastolo. Il processo aveva preso una direzione precisa
grazie a un impianto accusatorio
rappresentato dal pm Antonio De
Bernardo, che portava in direzione di un delitto motivato da logiche di supremazia mafiosa da parte del clan Costa. Le ipotesi alternative, seppur vagliate dall’Assise
in sede di escussione di numerosi
testimoni, comunque non erano
approdate al coinvolgimento dei
Salerno nel delitto. Sebbene in
uno scambio epistolare tra Tommaso Costa, detenuto a Palmi, e
Salvatore “Sasà” Salerno, fosse
emersa la conoscenza di una missiva estorsiva inviata ad Antonio
Scarfò, futuro suocero della vittima, per la quale Costa negava
ogni addebito al fine di preservare da ogni possibile “equivoco”,
secondo la tesi dell’accusa, la nascente nuova alleanza tra le due
fazioni un tempo avversarie.
Il nome dei “Salerno”, i fratelli
Salvatore e Agostino, uccisi a meno di un mese l’uno dall’altro a fi-
ne 2006, era un’ipotesi aleatoria
ma buona a creare velate “allusioni” all’interno del contesto mafioso nel quale, comunque, era maturato il delitto Congiusta.
Nel corso del dibattimento Mario Congiusta, in più occasioni,
aveva rilevato la propria assoluta
volontà di scoprire il nome
dell’assassino del figlio, rappresentando agli agenti del Commissariato di Siderno, che eseguivano l’indagine, ogni possibile fonte
alla quale rivolgere l’attenzione.
Una verità che, nella lettera anonima, portava in direzione diversa rispetto alle risultanze delle indagini, ma che poteva anche assumere i contorni della concordanza con alcuni aspetti della tentava
estorsione ai danni del futuro suocero della vittima.
Da quanto scrivono i magistrati della Dda reggina l’autore anonimo della missiva ai Congiusta si
dichiara «disponibile» a consegnare «ai Costa» il citato materiale, qualora non fosse stata versata
dal Congiusta la somma di denaro
richiesta.(r.m.)
SIDERNO Benzina sull’uscio di casa. Appena ieri l’altro il deposito della sentenza per l’omicidio di Gianluca
Un sinistro “avvertimento” a Mario Congiusta
Antonello Lupis
ROCCELLA
Un sinistro messaggio è stato lasciato a Siderno da ignoti malviventi
davanti
all’ingresso
dell’abitazione di Mario Congiusta, padre di Gianluca Congiusta il 34enne commerciante
barbaramente ucciso a Siderno
con un colpo di fucile da caccia
calibro 12 caricato a pallettoni
la sera del 24 maggio del 2005.
Persone non ancora identificate
hanno collocato davanti al portone d’ingresso dell’abitazione
di Mario Congiusta un contenitore di olio con all’interno un
modesto quantitativo di liquido
infiammabile (verosimilmente
benzina) e un foglio di carta arrotolato e imbevuto anch’esso
di liquido infiammabile.
A scoprire la sgradita sorpresa e a denunciare l’accaduto ai
carabinieri della stazione di Siderno e della compagnia di Locri è stato lo stesso Congiusta.
Sul luogo del ritrovamento si
sono recati i carabinieri della
compagnia di Locri con in testa
il ten. Nico Blanco e gli investigatori del Gruppo di Locri diretto dal tenente colonnello Giuseppe De Liso. Sia il contenitore
di olio con all’interno inequivo-
Mario Congiusta
MONASTERACE Nel Consiglio voluto dall’opposizione. De Leo: «Appaltate opere senza finanziamento»
La bottiglia e lo stoppino imbevuto
cabili tracce di liquido infiammabile, sia il foglio di carta, sono stati repertati e presi in consegna per i rilievi e analisi più
accurate, dai carabinieri.
Il sinistro messaggio coincide con il deposito delle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo, emessa dalla
Corte d’assise di Locri, del sidernese Tommaso Costa, boss e capo dell’omonima famiglia mafiosa di Siderno, ritenuto dai
giudici l’ideatore e l’organizzatore del delitto. Gli investigatori dei carabinieri dovranno ora
dare al macabro messaggio
l’esatta chiave di lettura.
SIDERNO Intervento della Messineo
Debiti del Comune, Lanzetta chiede collaborazione Sanità, convergenza
Imma Divino
MONASTERACE
Erano stati i due gruppi d’opposizione a sollecitare la convocazione di una seduta consiliare per discutere sulla situazione economico-finanziaria dell’ente. E a conferma di quanto il problema sia
da tempo oggetto di un animato
dibattito cittadino, a monopolizzare la seduta convocata dal presidente del consiglio Giuseppe Cilione è stata proprio la discussione sull’argomento posto all’ultimo punto dell’ordine del giorno.
Dopo l’approvazione, in meno
di un quarto d’ora, dello schema
di convenzione per affidamento e
gestione del servizio di tesoreria
comunale per il triennio
2012-2014, la nomina di Tonina
De Leo per la maggioranza e di
Diego Origlia per l’opposizione a
componenti della Commissione
per i giudici popolari e l’approvazione dello schema del Protocollo
d’intesa per la costituzione del
partenariato del progetto inerente i “Pisl”, ad accendere la discussione è stato proprio Cesare De
Leo, candidato sindaco sconfitto
alle elezioni comunali del maggio
scorso. Nell’illustrare ai numerosi presenti i contenuti di un documento fatto pervenire all’Amministrazione comunale sulle
preoccupazioni inerenti la grave
crisi di liquidità che attanaglia
l’ente, e nel lamentare ritardi
nell’acquisizione degli atti e documenti richiesti, ha espresso alcune perplessità sulla gestione
della situazione debitoria del Comune, lamentando immobilismo, sbagli e sprechi: « Vorrei collaborare affinché non si commettano gli errori del passato», ha
detto De Leo, ponendo l’attenzione sui lavori di piazza Porto Salvo
e di illuminazione di via Nazionale, spiegando che, probabilmente, i debiti accumulati si sarebbero potuti evitare semplicemente
con una gestione più oculata delle procedure da parte dell’Amministrazione che avrebbe dovuto
adottare provvedimenti anche
radicali nei confronti dei professionisti responsabili: «Come avete fatto ad appaltare delle opere
senza finanziamento? Quando
arriverà il decreto ingiuntivo come farete e pagare visto che la
Cassa depositi e prestiti finanzia
progetti e non opere? Possiamo
approvare le cose buone che ci sono e ci saranno, però rispetto a
questi problemi, a questi nodi che
vengono al pettine, come pensate
di agire?».
Non si è fatta attendere la replica del sindaco. Maria Carmela
Lanzetta ha sottolineato che, nonostante la contrazione delle risorse, l’esecutivo sta lavorando
alacremente: «È un momento di
grande programmazione, questo
– ha spiegato elencando una lunga lista di progetti e opere avviati
–. Spesso i ritardi sono dovuti a
questo lavoro “nascosto” ma importante. Mi appello a tutto il
Consiglio perché faccia proprio
questo momento difficile e dia
consigli e suggerimenti utili».
Alla fine, dopo un lungo batti e
ribatti tra il consigliere De Leo e
l’assessore al Bilancio Teodoro
Bucchino che ha voluto, comunque, ribadire la trasparenza di
questa amministrazione e la
mancanza di responsabilità su
debiti accumulati da passate gestioni amministrative, a conclusione del consiglio, il sindaco ha
annunciato, a breve, un incontro
pubblico sui lavori di piazza Porto
Salvo.
sul documento del Pd
Aristide Bava
SIDERNO
I banchi occupati da Giunta e Consiglio comunale
Il folto pubblico presente alla seduta consiliare
Decisamente scettica Maria
Grazia Messineo sul Consiglio
comunale chiesto dai suoi colleghi di partito del Pd sulla sanità della Locride. «Il Consiglio
comunale fuori tempo massimo, dopo la presentazione della seconda bozza dell’atto
aziendale – dice l’ex candidata
del Pd al Consiglio –è servito a
poco se non a dimostrare come
la politica denoti ancora una
volta pesanti ritardi nell’affrontare tematiche fondamentali come la sanità. Il consiglio
comunale avrebbe avuto la sua
ragion d’essere due mesi fa,
quando il vescovo Morosini, al
“puntualissimo” e ragionevole
consiglio comunale aperto a
tutti, invitava i sindaci e la comunità a fare qualcosa di significativo per difendere il diritto
alla salute».
«Quella di lunedì sera – secondo la Messineo – è stata
un’assise di “ringraziamenti” a
non so chi e, soprattutto, per
non so cosa; di “palleggi” di responsabilità, con tanto di lettura di documenti destinati ad essere messi nel cassetto o nel cestino. Pensare alla telemedicina non ha molto senso quando,
così come è stato già detto dal
consigliere Sgambelluri, mancano presidi essenziali, quali
garze, siringhe e, adesso, persino i posti letto, quando il pronto soccorso versa in condizioni
pietose ed è tutto tranne luogo
asettico e sicuro e quando i nostri medici si vedono accusati
di essere autori di malasanità,
sol perché costretti a lavorare
con organici da terzo mondo».
E intanto l’Amministrazione
comunale ha comunicato in
una nota che «in riferimento al
documento sulla sanità proposto lunedì scorso dal Pd» si precisa che «è stato sottoposto alla
conferenza dei capigruppo che
ha trovato una sintesi soddisfacente per tutti. Lo stesso documento, nella sua veste unitaria
– aggiunge la nota – sarà sottoposto al prossimo Consiglio comunale».(a.b.)
Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud
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Cronaca di Catanzaro
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Tel. 0961.724090 / Fax 0961.744317
Economia della Calabria
Si presenta il rapporto
Si presenta oggi, alle
10, il rapporto della
Banca d’Italia
sull'economia
della Calabria
[email protected]
.
RIFIUTI E MANETTE Dalle intercettazioni disposte dalla Procura emergono responsabilità di imprenditori ma anche di funzionari pubblici
«Questa discarica è una miniera d’oro»
Il gip: obiettivo del “padrone” della Enertech era trasformare in utile personale i corrispettivi dell’appalto
La discarica di Alli è «un affare»
che rappresenta «una miniera
d’oro». Viene riportata tre o quattro volte questa frase detta al telefono da uno degli indagati - il direttore tecnico della Enertech, Loris Zerbin - nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip
Abigail Mellace, che ieri ha fatto
scattare l’operazione “Pecunia
non olet bis” ( di cui riferiamo anche nelle cronache regionali).
D’altra parte, il gip scrive chiaramente nel provvedimento che «le
univoche conversazioni intercettate, valutate alla luce dei plurimi
elementi di prova documentali,
investigativi e dichiarativi raccolti nella fase delle indagini, dimostrano come Stefano Gavioli (l’ex
amministratore della Enertech,
ndr) negli anni in cui otteneva
l’aggiudicazione dell’appalto per
la gestione, il potenziamento e
l’ampliamento dell’impianto di
Alli metteva a punto, con l’apporto degli altri indagati, un programma criminoso indeterminato, avente ad oggetto la massimizzazione degli ingenti profitti erogati dall’Ente pubblico, a titolo di
corrispettivo per le prestazioni rese». In poche parole, «il perseguimento dell’obiettivo – continua il
gip – prevedeva da un lato la totale elusione delle obbligazioni tributarie che, per anni, venivano
letteralmente ignorate fino ad assumere importi straordinariamente rilevanti, e dall’altro l’esecuzione gravemente irregolare,
truffaldina e parziale delle presta-
zioni oggetto dell’appalto ridotte
all’osso», cioè a quanto «era assolutamente indispensabile per il
mantenimento del rapporto e
l’apparente esecuzione del servizio». La conseguenza, secondo il
gip, sarebbe stata «la trasformazione in utile personale della
maggior parte delle somme liquidate a titolo di corrispettivo per
l’esecuzione dell’appalto che, come dice Zerbin in un’illuminante
conversazione, era una vera e
propria “miniera d’oro”».
La “madre di tutte le intercettazioni” risale al 7 giugno del 2011.
«Nel colloquio – scrive ancora il
gip – Zerbin, in modo assolutamente genuino, illustra le finalità
perseguite da anni da Gavioli nella gestione del contratto d’appalto». Un serbatoio di denaro,
quell’appalto, da cui «Gavioli attingeva per i suoi fini, senza alcun
interesse per la corretta erogazione del servizio che, da sempre, veniva gestito in modo gravemente
parziale ed irregolare, al solo scopo di incamerare un utile che non
era pari soltanto al 30% delle
somme incamerate, che dice lo
Zerbin sarebbe stato “un utile
onesto e buono”, ma praticamente corrispondeva all’intero ammontare degli importi corrisposti
detratti i costi assolutamente necessari».
Al telefono, quel 7 giugno, Zerbin parla con il coindagato Giovanni Faggiano. La conversazione si concentrata improvvisamente su presunti debiti per fron-
GAVIOLI
Voleva
cedere tutto
e andare
all’estero
Gerardo Lardieri, Giorgio Naselli, Giuseppe Borrelli, Vincenzo Antonio Lombardo, Salvatore Tatta, Fabio Canziani e Fabio Bianco durante la conferenza stampa di ieri mattina
teggiare i quali «Gavioli – dice
Zerbin – sta raschiando il fondo di
tutti i barili che abbiamo, o per
meglio dire che ha lui. Sta prendendo i soldi da una parte – ag-
«Elusione degli
obblighi tributari ed
esecuzione gravemente
irregolare dell’appalto»
giunge Zerbin – e li gira dall’altra.
Il problema è che i soldi li giri
quando ce li hai. Ma quando hai finito di vendere porcherie agli indiani, hai finito, no?». Il gip osserva in merito che Gavioli avrebbe
«dilapidato – si legge nell’ordinanza – tutti gli importi conseguiti, utilizzandoli ad altri fini, tanto
che non disponeva del denaro necessario neppure per avviare i lavori di ampliamento della discari-
ca». E proprio sulla “questione Catanzaro”, Zerbin approfondisce
alcune questioni nella “famosa”
telefonata: «Siccome la fatturazione di Catanzaro non basta ad
alimentare questo giro qua, perché non sono 600mila euro di utile, ma sono 600mila euro con un
utile onesto e buono, di 30%». Infatti «200mila euro te li puoi anche tirare fuori da Catanzaro, ma
gli altri 400mila li devi spendere!
Questo – continua Zerbin – non ce
li ha... questo non c’ha i soldi per
fare l’intervento della discarica.
Sono riusciti a partire adesso con
quattro lavori del cazzo... no? E
non la finiremo in tempo in ogni
caso, perché è ovvio se si è partiti
con un anno e mezzo di ritardo...
Allora, non hai i soldi per finire un
affare che è una miniera d’oro, e
non finirà, e andrà in penalità coi
lavoratori».(g.l.r.)
Vendere in blocco le partecipazioni societarie, trasferire i relativi
introiti in Croazia e quindi andare
lui stesso all’estero. Nello snocciolare le esigenze cautelari nei
confronti degli indagati, il gip si
sofferma ovviamente su Gavioli,
il capo della Enertech. E osserva
che «in diverse telefonate, parlando con vari collaboratori, Gavioli
discute delle condizioni di vendita delle sue società, delle modalità con cui trasferire all’estero i capitali introitati e della sua volontà
di lasciare, successivamente,
l’Italia». Gli utili sarebbero finiti
in Croazia «attraverso – osserva
ancora il magistrato – la società finanziaria Servin, cassaforte estera del gruppo verso la quale sono
stati e vengono canalizzati ingenti flussi finanziari». Significativa,
in questo senso, una conversazione con la compagna Gada residente in Canada: «Se non vendo
non finisco mai questa situazione; sono stanco ma bisogna avere
tutto sotto controllo, altrimenti è
una tragedia».(g.l.r.)
LE CONVERSAZIONI CHE HANNO PERMESSO DI RICOSTRUIRE IL RUOLO DEL COMMISSARIATO DISAGI AI RESIDENTI
Melandri solidale con il coindagato: caro Mimmo, mi dispiace
«Povero Mimmo, mi dispiace». Al
telefono, il 4 luglio scorso, parlano il commissario delegato per
l’emergenza ambientale Graziano Melandri e il funzionario del
suo ufficio, Domenico Richichi. I
due, coindagati, sanno dell’inchiesta avviata dalla Procura. E il
commissario chiede a Richichi se i
finanzieri che lo hanno appena
sentito «sono già andati via». Il
funzionario racconta che gli è stata contestata «la mancata verifica
della voltura dell’Aia (da Enerambiente e a Enertech, ndr)» e la conversazioni continua poi nel merito delle questioni oggetto d’indagine.
Il ruolo dei componenti dell’ufficio commissariale - oltre a Melandri e Richichi è stata richiesta
l’interdizione per il funzionario
Simone Lo Piccolo - è ben delinea-
to nell’ordinanza firmata dal gip
Mellace. Secondo il magistrato
«Melandri ma soprattutto Richichi» sarebbero stati «consapevoli
di aver effettuato i pagamenti in
favore di Enertech nonostante la
mancanza in capo alla stessa dei
requisiti di legge (in primis l’Aia),
la cui sussistenza nessuno aveva
controllato»; i due, inoltre, si sarebbero attivati «per cercare di
trovare delle argomentazioni giustificative». In un’intercettazione
ambientale nella sede del commissariato per l’emergenza ambientale, a Lido, finisce una riunione - il 23 giugno scorso - fra
Stefano Gavioli, Giancarlo Tonetto, Loris Zerbin, Melandri, Lo Picolo e Richici. «Tonetto – si legge
nell’ordinanza – spiega che Enerambiente, per problemi di liquidità, ha dovuto effettuare una se-
rie di operazioni societarie finalizzate a separare la raccolta dei
rifiuti urbani dalla gestione degli
impianti, tipo quello ubicato in
Calabria, affidando quest’ultimo
servizio alla società Enertech che
fa sempre parte del gruppo Gavioli spa. Dal punto di vista operativo
la Enertech si occupa principalmente della gestione del servizio
in Calabria. Per quanto riguarda
la formalizzazione di tale rapporto con il commissariato è stata fissata già in una presa d’atto da parte del commissario; il problema,
da un punto di vista formale, non
è ancora risolto per quanto riguarda l’ampliamento». Qualche
giorno dopo, però, parlando al telefono con il commissario Lo Piccolo ammette che «come avevamo discusso all’inizio, è chiaro
che il passaggio Enerambien-
IL GIUDIZIO DEL PROCURATORE CAPO
novazioni tecnologiche ci sono». Secondo il procuratore capo, infatti, «le discariche sono
cose del passato, e in Calabria
non vengono realizzati impianti
tecnologici e non si fa la differenziata». Lombardo si è anche
soffermato sulle possibili conseguenze pratiche dell’inchiesta:
«Non siamo noi che blocchiamo
la discarica di Alli, si sarebbe
bloccata per fatti suoi».
Dello stesso avviso il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, secondo il quale «il funzionamento della raccolta dei rifiuti non può avvenire al prezzo
di causare un disastro ambientale per l’assoluta inadeguatezza del funzionamento della discarica». Su Alli restano fitte le
nubi. Chissà per quanto tempo
ancora i cancelli dell’impianto
rimarrano chiusi.
Lombardo: gestione disastrosa
Basta con le logiche del passato
«La gestione dei rifiuti in Calabria è stata un disastro, come risulta anche dalla relazione della Commissione parlamentare
sul ciclo dei rifiuti». Lo ha detto
il procuratore capo Vincenzo
Antonio Lombardo, intervenendo alla conferenza stampa nel
corso della quale sono stati illustrati i dettagli dell’operazione
condotta da Guardia di Finanza
e Carabinieri sul sistema dei rifiuti e sulla discarica di Alli, che
ha portato all’arresto di cinque
persone e all’emissione di altri
provvedimenti. «Il problema –
ha aggiunto Lombardo – non è
soltanto la discarica di Alli, perché si aggiungono le questioni
dei pagamenti, dei Comuni che
non pagano, delle ditte che si
occupano della raccolta dei rifiuti e si rifiutano di fare il servizio perché non ricevono i soldi. Serve un nuovo modo, le inMilitari
della Guardia
di Finanza
impegnati
nella notifica
dei provvedimenti
giudiziari
Uno scorcio della discarica di Alli
te-Enertech è un passaggio fatto
ad hoc per aggirare il blocco che
avevano su Equitalia».
Nel merito della gestione dal
punto di vista ambientale, il gup
riporta un’altra conversazione
avvenuta a giugno tra Melandiri e
Richichi, che è anche responsabile unico del procedimento per la
gestione dell’impianto di Alli. In
relazione al mancato collaudo di
alcune linee per il trattamento dei
rifiuti, Melandri dice che «finché
non è collaudato io non lo posso
fare funzionare». Richichi ribatte
che, per risolvere il problema, bisognava bloccare i conferimenti
o, in alternativa, «lasciare perdere per non creare problemi». Ma
«tu – taglia corto Melandri – essendo il rup sei il più esposto di
tutti in questi casi. Intanto goditi
le vacanze...».(g.l.r.)
RIUNIONE A PALAZZO DE NOBILI
I gruppi di opposizione
chiedono soluzioni definitive
«Mobilitazioni destinare a concentrare l’attenzione sulla necessità di interventi risolutivi in
tempi brevi». È quanto annunciato i gruppi consiliari di opposizione a Palazzo De Nobili visto «lo stato emergenziale in cui
versa la città di Catanzaro dal
punto di vista dell’igiene e del
decoro». La valutazione è scaturita da un incontro che si è svolto ieri mattina alla presenza del
capogruppo del Pd Salvatore
Scalzo, del consigliere democratico Lorenzo Costa, del capogruppo di “Svolta democratica” Umberto Aracri e della con-
sigliera dello stesso gruppo
Amedea Rizzuto, del capogruppo de “La Sinistra” Eugenio Occhini e del collega di “Autonomia e diritti” Antonio Argirò.
I consiglieri comunali di opposizione evidenziano «il rischio igienico-sanitario che interessa la città, in cui i livelli di
incuria hanno raramente toccato questa soglia emergenziale:
rifiuti solidi urbani, ingombranti, scatoloni, continuano a
rimanere in bella mostra in
ogni angolo della città, dal centro
storico
alle
periferie».(g.l.r.)
DENUNCIA DELL’ASSOCIAZIONE “IL PONTE MORANDI”
Il Verdoliva è un inceneritore
Lo stadio Verdoliva lo si sta utilizzando anche come un ottimo
inceneritore di sterpaglie e rifiuti vari! La denuncia è del presidente dell’associazione “Il ponte Morandi” Elio Mauro e della
componente Francesca Oliverio. Ieri «si è dovuto ricorrere a far
intervenire i Carabinieri e richiedere l’intervento dei Vigili del
Fuoco per poter far porre fine ad un’ incendio creato all’interno
della struttura che era cosparsa di erbacce, tronchi e rami secchi
di alberi» causando disagi ai residenti. Da qui la richiesta
d’intervento al sindaco Traversa e all’assessore Calabretta.
Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud
44
Cosenza - Provincia
.
CORIGLIANO Per la magistratura antimafia sono fondamentali le dichiarazioni già depositate del collaboratore di giustizia Antonio Forastefano
Santa Tecla, irrompono le rivelazioni del boss
Il pentito accusa il defunto Franco Straface e il fratello Mario di essere stati imprenditori al servizio dei clan
Fabio Melia
CORIGLIANO
Rivelazioni che pesano. Soprattutto perché a sciogliere quel
vincolo che impone a uno
‘ndranghetista di non aprire
mai bocca con gli “sbirri” è Antonio Forastefano, boss cassanese passato nei mesi scorsi dalla parte dello Stato. Le sue dichiarazioni, pronunciate di
fronte al pm antimafia Vincenzo Luberto, sono state già depositate agli atti di “Santa Tecla”,
il processo contro il “locale” di
‘ndrangheta coriglianese (ora
suddiviso in tre tronconi: abbreviato, ordinario più lo stralcio delle posizioni di una manciata di imputati). Forastefano,
in particolare, tira in ballo anche Franco Straface, il fratello
dell’ex sindaco Pasqualina, deceduto sabato scorso mentre si
trovava ristretto agli arresti domiciliari nella sua casa di Cantinella. E nei retroscena svelati
dal pentito c’è pure Mario Straface (che dall’aprile scorso non
è più, come erroneamente riportato ieri, sottoposto al regime carcerario del 41 bis), l’altro
germano finito al centro dell’inchiesta che ha provocato lo scioglimento del consiglio comunale di Corigliano per infiltrazioni
mafiose. Secondo il collaboratore di giustizia gli Straface altro non erano che «imprenditori
a disposizione della cosca coriglianese». Forastefano avrebbe
conosciuto i due fratelli tramite
Antonio Bruno, alias “Giravite”,
il boss di Corigliano trucidato a
colpi di kalashnikov nel giugno
di due anni fa insieme ad Antonio Riforma. Gli Straface avevano da poco subìto l’incendio di
una ruspa nel territorio di Cassano. Ma “Giravite” avrebbe
preso le loro parti dicendo a Fo-
rastefano «che sarebbero stati
pronti – afferma il pentito nel
verbale finito agli atti di “Santa
Tecla” – ad esaudire ogni nostra
richiesta». Bruno avrebbe dunque perorato l’incontro, durante il quale sarebbe stato chiesto
al boss cassanese un “favore”:
un attentato incendiario ai danni di un’azienda rivale.
Questi dunque alcuni degli
elementi che, a parere dell’accusa, proverebbero la contiguità degli Straface con la criminalità organizzata. Versione
smentita dagli avvocati Emanuele Monte ed Ernesto D’Ippolito, che invece ritengono illuminante l’incendio della ruspa
citato proprio da Forastefano,
un episodio che secondo i difensori confermerebbe l’assoluta
estraneità dei due fratelli da
contesti ‘ndranghetistici.
Ieri intanto, nell’aula bunker
di via Paglia a Catanzaro, sono
proseguite le arringhe difensive
di fronte al gup Tiziana Macrì, il
giudice titolare del troncone
processuale che sta seguendo la
strada del rito abbreviato. In
aula mancava il pm Vincenzo
Luberto, da giorni lontano dal
capoluogo di regione per altri
processi che lo vedono impegnato a rappresentare della
pubblica accusa. A chiedere il
proscioglimento dei propri assistiti gli avvocati Ettore e Giovanni Zagarese, Giuseppe Zumpano e Francesco Nicoletti. Il
primo, in particolare, ha affrontato le posizioni di Natalina
Amato, Francesco Surace, Eugenio Morrone e Gennaro Luzzi, riservandosi di discutere in
seguito quelle di Antonio Piccoli, Arcangelo Conocchia e Pietro
Longobucco. Giovanni Zagarese. L’udienza preliminare è stata aggiornata al 29 novembre.
ACQUAFORMOSA
Manoccio
si appella
a Mancini
e Scopelliti
Pasquale Pisarro
ACQUAFORMOSA
L’udienza preliminare si sta svolgendo nell’aula bunker di Catanzaro
Le dichiarazioni dei pentiti sono alla base dell’inchiesta della Dda
Confermato come capo di gabinetto del Ministero delle politiche agricole e forestali
Prestigioso incarico per il coriglianese Colosimo
CORIGLIANO. «Il consigliere An-
tonello Colosimo, magistrato
della Corte dei Conti, è stato
confermato capo di gabinetto
del Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali.
Si sta procedendo alla definizione delle altre figure necessarie
allo svolgimento dell'attività del
dicastero». È quanto recita un
comunicato stampa ufficiale del
portavoce del ministero delle
politiche agricole confermando
così il prestigioso incarico ad
Antonello Colosimo, calabrese e
originario della città di Corigliano. A suo padre Giovanni Colosimo è intitolato anche il liceo
classico di Corigliano, città alla
quale il consigliere è profondamente legato e nella quale torna
spesso durante l’anno. Nato a
Napoli nel 1960, laureato in giurisprudenza e scienze politiche,
specializzato in diritto amministrativo e scienze dell’amministrazione. È figlio del compianto
professore Giovanni Colosimo,
coriglianese. Antonello Colosimo è stato addetto dal 1988 al
CORIGLIANO Il coordinatore dei casiniani Cerbella sprona a un maggiore confronto
1992 alla segreteria del presidente del Consiglio, è stato il più
giovane dirigente generale dello Stato e ha prestato servizio
presso il Ministero dei Lavori
Pubblici, poi direttore generale
per gli Affari generali e il Personale nel Ministero delle Comunicazioni, capo di Gabinetto
nello stesso, consigliere giuridico del ministro della Funzione
Pubblica, consigliere della Corte dei conti. È autore di varie
pubblicazioni e articoli scientifici e giuridici.(emi.pis.)
Antonello Colosimo
SPEZZANO A. Posizioni dei partiti incerte
Commissari prefettizi poco comunicativi Le ambiguità e i silenzi
Emilia Pisani
CORIGLIANO
Parlano di una battuta d’arresto
della città di Corigliano senza
precedenti, situazione oramai
nota a molti, quelli dell’Udc locale. Il coordinatore Ernesto Cerbella in una nota si esprime
sull’operato della commissione
prefettizia: «Apprezziamo, preliminarmente, lo sforzo da questi
attivato in direzione di una stabilizzazione degli aspetti finanziari della gestione dell’ente al fine
di evitare una dichiarazione di
dissesto, ma non possiamo non
sottolineare come l’azione commissariale non possa né debba limitarsi ad una azione prevalentemente contabile che, stante il
lungo periodo di commissaria-
Ernesto Cerbella
mento, mortificherebbe irreparabilmente le aspettative di sviluppo della città. È per questo
che non intendiamo chiedere incontri, avendone già consumato
uno nel quale abbiamo evidenziato le problematiche esistenti
sul tavolo, ma non possiamo esimerci dall’evidenziare, perlomeno, una carente informativa su
ciò che viene elaborato ed attuato, il che rappresenta un sacrosanto diritto dei cittadini ed un
dovere da parte dell’organismo
chiamato alla gestione della cosa
pubblica. Intendiamo anche
chiedere lumi sullo stato di interventi non comportanti oneri finanziari come i Pisu dei quali
ignoriamo lo stato di evoluzione
e di eventuale realizzazione; così
come non sappiamo che fine ab-
biano fatto i bandi pubblici per
l’affidamento delle opere riguardanti l’illuminazione cittadina,
così come quello per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Ed, in prosieguo, a che punto sono i Psu per i quali, preliminarmente, dichiariamo la nostra posizione nel prediligerli a volumi
zero, così come attuato dal sindaco Renzi a Firenze». In che modo ci si sta poi muovendo per impedire gli allagamenti tipici del
periodo invernale? Ecco, questi
sono solo alcuni dei tanti aspetti
della vita amministrativa per i
quali l’Udc chiede informazioni
«senza, con ciò, addentrarsi in
altre molteplici e spinose situazioni esistenti per le quali non si
evince ancora nessun intervento
e nessuna indicazione».
CORIGLIANO Stamattina alle 9 la manifestazione promossa dalla sigla sindacale
Sanità, la Cgil protesta davanti al “Compagna”
Ernesto Paura
CORIGLIANO
Nel quadro delle iniziative per la
giornata di mobilitazione nazionale, indetta per oggi dalla Cgil e
attraverso la quale si invoca la
«cessazione di politiche inique
che scaricano sui cittadini i costi
del risanamento e della crisi»,
anche i vertici della stessa organizzazione sindacale dell’area
urbana Corigliano-Rossano hanno promosso ed organizzato
(sempre per la giornata di oggi)
una manifestazione di protesta
davanti gli ospedali di Corigliano e di Rossano (l’appuntamento
è alle 9) per mettere in tutta evidenza il disagio della collettività
e a rendere, inoltre, partecipi i
cittadini delle proprie proposte.
«In Calabria, in particolare –
fa rilevare il responsabile Cgil
dell’area urbana Corigliano-Rossano, Vincenzo Casciaro – si sono
aggiunti i pesanti ticket sanitari
imposti sia dal governo nazionale che regionale, mentre nel vasto comprensorio di Corigliano e
di Rossano si continua ad attendere la pubblicazione del bando
per la costruzione del nuovo
ospedale, che il governatore Scopelliti ha già rinviato di due anni.
In questa attesa sia l’ospedale di
L’ospedale “Compagna” di Corigliano
Corigliano che quello di Rossano
continuano a subire i tagli imposti dalla Regione, e non riescono
più a sopportare gli aumentati
carichi di lavoro, conseguenti alla chiusura degli Ospedali di Trebisacce e di Cariati.»
La giornata – come informa
una nota – sarà caratterizzata da
momenti di confronto, di discussione e di partecipazione, «affinché i cittadini abbiano la consapevolezza che la Sanità è in grave
pericolo, per colpa appunto di
politiche sbagliate, inefficienti e
inadeguate. Di qui l’invito a tutte
le forze politiche e sociali a partecipare».
sono ormai la norma
della dinamica politica
Johnny Fusca
SPEZZANO ALBANESE
Attacchi a tutto spiano, “sberle”
anche tra fazioni apparentemente amiche, risposte che non arrivano, lunghi silenzi e movimenti
ambigui che molte volte non restano nemmeno tanto sottobanco. La politica spezzanese odierna è in grande fermento. Manca
ancora un pezzo all’ufficiale ritorno alle urne (la Giunta guidata dal sindaco Giovanni Cucci è
solo a metà del proprio mandato) eppure gli scontri a volte sono
così aspri da far pensare alla
campagna elettorale. I segnali in
tal senso vengono un po’ da tutte
le componenti politiche del centro arbëresh, ma gli spunti di discussione più interessanti arrivano anche dall’esterno, se non addirittura dall’interno. Si pensi,
nel primo caso, a tutto ciò che
ruota intorno al neonato circolo
dell’Udc spezzanese, che di fatto
ha “rinnegato” due consiglieri
comunali di maggioranza (Mussari e Viceconte) dopo l’intervento del presidente provinciale del
partito, Cataldo Russo, che pretese dal sindaco Cucci (ma senza
ottenerlo) un ruolo di responsabilità dei suoi “affiliati” all’interno della squadra di governo cittadina. A ciò s’aggiungano le difficoltà nei rapporti intercomunali sorte di recente con la confinante San Lorenzo del Vallo dopo che il sindaco di quest’ultima
comunità, Luciano Marranghello, ha praticamente additato
Cucci di “cattiva gestione”, visto
che gli ha candidamente consigliato di «badare di più al suo
paese scontento». Se guardiamo
poi in casa della maggioranza
spezzanese, le cose non vanno di
certo meglio. In due anni e mezzo di amministrazione della Cosa pubblica ci sono stati vari momenti di difficoltà: su tutti, le
“quasi dimissioni” del vicesindaco Luigi Serra e la conferma tra
gli scranni dell’assise cittadina
del gruppo di minoranza interno
alla maggioranza “Voce del Popolo Spezzanese”, nei fatti una
realtà a sé stante rispetto a Cucci
e ai fedelissimi di quest’ultimo.
Guardando al resto del panorama politico, mentre il Pd ormai
tace da tempo (ma il segretario
Ferdinando Nociti pare stia lavorando in silenzio) desta curiosità
l’atteggiamento dell’Udc di Guido e Carnevale, in teoria aperto
al dialogo con chiunque, ma ne
fatti duro a destra e sinistra.
Il sindaco Giovanni Cucci
Il sindaco di Acquaformosa,
Giovanni Manoccio, lancia
un appello al governatore
Giuseppe Scopelliti e all’assessore Giacomo Mancini. Il
primo cittadino chiede «quali
soluzioni intendono adottare
per arginare la perdita di ingenti finanziamenti da parte
della Regione e di conseguenza dei Comuni».
«La ragioneria della Regione – aggiunge Manoccio –
dal mese di giugno liquida,
con difficoltà estrema, le
spettanze dei Comuni e noi
praticamente ogni mattina
dobbiamo discutere con imprese e con i cittadini sul perché la Regione tarda a pagare
le spettanze, nascondendo le
difficoltà di liquidità nelle
casse. Senza considerare che
l’azione dell’Assessore ai Lavori Pubblici, che ha ritardato di un anno le graduatorie
sulle opere pubbliche, ha di
fatto bloccato i pochi investimenti che gli Enti locali possono effettuare».
«Speriamo di non assistere
– conclude il sindaco di Acquaformosa – all’ulteriore
scippo di risorse. Anche perché questa volta i responsabili avrebbero nomi e cognomi
chiari».
SAN LORENZO
Evasione
Il sindaco
non risparmia
i suoi parenti
SAN LORENZO DEL VALLO.
L’amministrazione comunale
di San Lorenzo del Vallo ha annunciato provvedimenti nei riguardi di una cinquantina di famiglie che non pagano le tasse.
Una «testarda ed ostinata evasione fiscale», l’ha definita il
sindaco Luciano Marranghello,
che però ha minacciato il pugno duro contro chi si rende
colpevole, reiteratamente, dello stesso reato. I soldi che il Comune di fatto sta andando a
perdere sarebbero circa 15mila
euro, “spiccioli” che magari potrebbero essere investiti altrove per migliorare altri servizi
sul territorio. Come la mensa e
il trasporto scolastico, che rischiano uno stop proprio perché mancano fondi “sottratti”
alle casse municipali da tesse
non pagate. «Aspetteremo fino
al 31 dicembre – ha annunciato
il primo cittadino – poi agiremo
di conseguenza e ci faremo sentire finanche ricorrendo al pignoramento. Non è giusto che
paghino solo alcuni cittadini,
se pensiamo che tra questi evasori c’è tanta gente che sta bene
economicamente». Dopo aver
fatto notare che i numerosi solleciti inviati agli interessati sono caduti nel vuoto, arriva la rivelazione: «Ci sono molti miei
avversari politici tra quelli che
non pagano, ma devo far notare che tra i “furbi” c’è anche un
mio parente e quest’ultimo,
quando agiremo, dovrà essere
il primo a versare quanto dovuto».(jo.fu.)
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Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud
Crotone - Provincia
.
CIRÒ MARINA I sindaci di nove comuni concordano un unico progetto da finanziare con i fondi del Pisl
Un polo agroalimentare nell’ex Giara
Insieme al vino, le produzioni di olio e di carne tra i settori da promuovere
Margherita Esposito
CIRÒ MARINA
Da simbolo di un clamoroso fallimento a fulcro dello sviluppo
agroalimentare non solo del Cirotano ma dell’intera provincia
di Crotone. Nel tavolo di discussione aperto tra i Comuni e la
Provincia per la redazione dei
progetti integrati locali (Pisl), è
stata trovata una convergenza
tra nove Comuni dell’Alto Crotonese e del Cirotano sull’idea di
fare della struttura olearia e dei
terreni circostanti dell’ex stabilimento Giara, non solo la Cantina
della “contea del Vino”, in attuazione a quanto già concordato
tra Cirò Cirò Marina e Crucoli
che sono costituiti in consorzio.
La proposta, accolta con favore da sindaci e delegati delle amministrazioni di Cirò, Cirò Marina, Crucoli, Strongoli, Melissa,
Umbriatico, Pallagorio, San Nicola dell’Alto, Carfizzi, è fare assurgere l’ex Giara al grado di Polo agro alimentare crotonese in
cui produrre vino anche olio e lavorare le carni, che grazie ai numerosi allevamenti ovini e soprattutto bovini costituisce in zona un’altra importante risorsa.
Oltre ai nove Comuni, anche
Casabona, che, tuttavia, è ricompreso in un altro ambito territoriale, con il suo sindaco Natale
Carvello, avrebbe espresso interesse a fare parte di questo progetto. I Comuni coinvolti sono ad
oggi quelli inseriti nel distretto
47 del piano di redazione dei
Progetti integrati di sviluppo locale che, opportunamente condivisi e redatti andranno a concorrere al Bando regionale al finanziamento con i fondi europei
Fers 07/13 del Por Calabria.
Una manna, insperata per la
Calabria di 42 milioni di euro,
che, sperando in una adeguata
ripartizione, promettere nel Cro-
Sull’asfalto di Via Falcone il corpo senza vita di Carmine Bonifazio
CUTRO Il funerale di Carmine Bonifazio
Una chiesa stracolma
per l’ultimo addio
all’imprenditore ucciso
CUTRO. «Pentiti»: è l’esorta-
La struttura della ex Giara che già ospita un impianto di trasformazione delle uve è stata individuata come sede di un futuro polo agroalimentare
tonese di stimolare la crescita in
quattro campi di azioni: la mobilità, la qualità della vita, il sistema turistico locale e il settore
agroalimentare.
Il grande immobile dell’ex
Giara, si trova in località S. Andrea, nel territorio di Cirò. La
struttura rilevata all’asta fallimentare nell’aprile 2008 dal
Consorzio dei tre Comuni, è stato adattata e ristrutturazione
con finanziati regionali pari a
1.860.000 euro. Negli anni l’impianto si è arricchito anche di
nuove attrezzature. Le ultime sono state acquistate con ulteriore
finanziamento di 100 mila euro
che si aggiungono ai 440 mila
euro già spesi per dotare la struttura dei mezzi necessari alla lavorazione dell’uva.
Allo stato attuale l’impianto
vincolo è capace di produrre, potenzialmente, 7 mila ettolitri di
vino incamerando 10 mila quintali di uva; a pieno regime, potrà
arrivare a assorbire anche 20 mila, spazzando via ogni ipotesi di
crisi nel collocamento della pregiata uva cirotana.
Comprensibilmente soddisfatto per l’adesione dei sindaci
degli altri Comuni che vogliono
utilizzare la struttura dell’ex Giara si è detto, ieri, il sindaco di Cirò Mario Caruso. L’assessore alle
Attività produttive del Comune
di Cirò Marina, Sergio Ferrari,
delegato a rappresentate la cittadina al tavolo di partneriato provinciale, ha spiegato che «ciascun Comune potrà partecipare
ad un massimo di due Pisl che, in
previsione del nuovo incontro di
lunedì, saranno individuati in
maniera definitiva». «Oltre a
quello volto ad incidere nel settore produttivo – ha aggiunto Cirò Marina, ambisce a fare parte di un progetto “intercomuna-
le” per stimolare lo sviluppo del
sistema turistico locale».
La vicina Cirò, in questa stessa
ottica, è entrata a fare parte
dell’ambito che comprende Caccuri e Umbriatico che si propone
di redigere un progetto integrato
finalizzato al recupero e la valorizzazione dei propri borghi antichi. Le proposte progettuali dovranno essere presentate dai Comuni e privati accreditati entro il
2 dicembre al Tavolo di partenariato provinciale per poi essere
presentate alla Regione entro il
12 dicembre per concorrere
all’assegnazione dei fondi.
zione rivolta ieri nella sua
omelia funebre da padre Salvatore Brugnano all’ignoto
sicario che martedì mattina
ha assassinato Carmine Bonifazio, ha reso orfane le sue
due figlie e vedova la giovane
moglie.
Nella Chiesa del Crocifisso
affollata in ogni ordine di posti, l’intera cittadina di Cutro
ha dato un addio commosso e
sgomento al 42enne imprenditore assassinato in un agguato dalla dinamica mafiosa
ma che forse con la ‘ndrangheta non c’entra. Tant’è che
il
fascicolo
d’indagine
sull’omicidio è nelle mani del
sostituto procuratore della
Repubblica Ivan Barlafante
in forza alla Procura di Crotone e non alla Distrettuale antimafia.
Il magistrato coordina gli
investigatori dell’Arma dei
carabinieri impegnati nelle
indagini. I militari indagano
in ogni direzione, ma parrebbero privilegiare una pista
precisa. Nulla è lasciato al caso dagli investigatori che
stanno scandagliando la vita
privata della vittima con
l’obiettivo di risolvere al più
presto il delitto dando un nome al killer dell’imprenditore
assassinato martedì mattina
in via Giovanni Falcone da un
sicario che ha atteso che Bonifazio uscisse di casa col suo
fuoristrada e gli ha esploso
contro due colpi con un fucile
cal 12 caricato a pallette.
I micidiali proiettili hanno
colpito Bonifazio tra il collo e
la spalla sinistra. Il colpo
mortale gli ha reciso la carotide come ha confermato
l’autopsia eseguita l’altro ieri
sera nell’obitorio del San Giovanni di Dio. Benchè colpito
a morte Carmine Bonifazio è
riuscito ad aprire la portiera
della sua Toyota Rav 4. Ma
fatti pochi metri è stramazzato sull’asfalto a poca distanza
dall’uscita secondaria del
cortile che circonda la villa
dove il 42enne viveva con la
moglie Vittoria e le sue due
figlie di 16 e 12 anni. E ieri
durante il funerale officiato
dal frate redentorista giunto
apposta a Cutro, la figlia
maggiore di Carmine Bonifazio, Stella, ha voluto dare
una sua testimonianza commovente e toccante per l’ultimo addio al suo papà al quale
era legatissima.(l. ab.)
CIRÒ Contro i “tagli” che ridimensionano i collegamenti ferroviari con il Nord
PETILIA P.
ISOLA C. RIZZUTO I volontari a Verona
Caruso chiama i cittadini alla mobilitazione
Della Ratta
Rinaldi
parla sulla
cittadinanza
Le Giacche verdi
nel servizio d’ordine
a “Fieracavalli 2011”
Carmelo Colosimo
Consuelo Ruggiero
PETILIA POLICASTRO
ISOLA CAPO RIZZUTO
Si profila denso di contenuti e
di stimoli l’incontro con Francesca della Ratta-Rinaldi da
parte degli studenti del liceo
scientifico Lombardi Satriani.
Già questa sera, alle ore 17,
presso i locali di un noto ristorante, studenti e genitori saluteranno la ricercatrice che ha
collaborato a mettere a punto
un’indagine sulla percezione
del fenomeno mafioso tra gli
studenti di Lazio e Toscana, intitolata Come gli studenti vedono la mafia.
L’appuntamento poi si arricchirà domani mattina, quando
dalle 9 e 30, presso la biblioteca
comunale, gli studenti avranno
modo di trascorrere un momento di studio e riflessione sul
tema dell’educazione alla cittadinanza. La giornata si avvale
del contributo della Sezione Alto Crotonese dell’Istituto calabrese “Raffaele Lombardi Satriani” per la ricerca folklorica e
sociale. Dopo i saluti del sindaco Dionigi Fera e gli interventi
del prof.Giovanni Ierardi, docente di storia e filosofia del locale liceo scientifico, seguiranno gli interventi degli studenti e
dei genitori, mentre le conclusioni della giornata di studio
saranno affidate alla professoressa Francesca della Ratta-Rinaldi, che è una ricercatrice
presso Istat ed è docente presso
la facoltà di sociologia dell’Università di Roma. Anche Isola Capo Rizzuto è
stata presente alla 113esima
edizione della “Fieracavalli
2011”, con i volontari calabresi dell’associazione ambientalista “Giacche verdi”.
Guidati da Gianfranco Micalizzi, nominato nei mesi
scorsi presidente regionale
dell’associazione, i volontari
di Isola, unitamente a quelli
delle altre province calabresi,
hanno eseguito diversi servizi
d’ordine all’interno dei vari
padiglioni della fiera, curando le delicate fasi di entrata
ed uscita dei cavalli. «Anche
quest’anno le Giacche verdi,
non sono mancate al più grande evento equestre di tutti i
tempi», ha osservato Micalizzi.
«Basti pensare – ha aggiunto – che sono stati oltre 600 gli
espositori
provenienti
dall’Italia e dall’estero, 150
mila i visitatori che si sono ritrovati a Verona per ammirare più di 2.000 esemplari delle oltre 60 razze equine». «Per
il 150esimo anniversario
dell’Unità d’Italia – ha spiegato ancora Micalizzi – Fieracavalli ha presentato il “Gala
d’Oro” in una veste speciale,
grazie alla collaborazione delle principali istituzioni legate
al mondo del cavallo, con
l’importante appoggio del Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari e fore-
CIRO’. Chiama alla mobilitazione
i cittadini meridionali, Mario Caruso, a nome del coordinamento
regionale “Io Sud-Grande Sud”,
contro il nuovo piano di TreniItalia che, dal 12 dicembre , propone un ulteriore taglio in Calabria
di 21 treni a lunga percorrenza.
«Nonostante la politica di destra
e di sinistra – sostiene il sindaco
di Cirò e neo coordinatore regionale del movimento politico – in
questi ultimi mesi riscopra la questione meridionale per proporre
soluzioni vecchie e rispolverate,
la Calabria e l’intero Sud vengono mortificate da Trenitalia s.p.a
che taglia 21 treni a lunga percorrenza isolando e penalizzando,
così, il Mezzogiorno d’Italia dal
resto d Europa».
Caruso si rivolge al Governatore
Scopelliti e l’intera classe politica
regionale per invitarli a coagularsi in una «protesta bipartisan contro il ridimensionamento del trasporto ferroviario in Calabria,
che getta nel caos un’intera regione». A rischio soppressione sono:
l’ Intercity notte 782 in partenza
da Reggio Calabria delle 13,55),
il Milano delle 8,20; l’Intercity
notte 785 Milano Centrale (delle
23,00) il Reggio Calabria
(18,05); l’espresso notte periodico 1665 Torino Porta Nuova
(21,45), il Reggio Centrale
(12,25); l’exp notte 1641 periodico Milano centrale (22,15), il
Crotone (13,50); l’exp notte
1644 periodico Crotone (18,25)
Milano Centrale (10,05).
«A queste, – evidenzia ancora
Caruso – si devono aggiungere altre soppressioni relative a decine
di treni nel trasporto regionale;
Mario Caruso
inoltre appare evidente che l’offerta commerciale di Trenitalia si
sposti verso i treni più costosi,
con l’eliminazione di treni Exp ,
IC notte». Caruso contesta poi «la
dispersione delle risorse destinate al Mezzogiorno d’Italia, in particolare quelli al completamento
della Statale 106 e l’alta velocità
ferroviaria».
Una proposta che, avverte,
«non è una utopia ma una scelta
per essere competitivi in un mercato sempre più globale». In aderenza a questa posizione, i parlamentari che fanno capo a Io
Sud-Grande Sud, Poli Bortone,
Viespoli, Centaro, Ferrara, Fleres
e Castiglione hanno presentato
una interrogazione al neo ministro alle Infrastrutture, Trasporti
e sviluppo economico, Passera.
(m. e.)
CUTRO Chiuso dopo atti vandalici. Ieri la scuola media senza luce per un incendio
Riprendono lunedì le lezioni al “Commerciale”
Pino Belvedere
CUTRO
Riprenderanno lunedì prossimo
le lezioni all’Istituto tecnico
Commerciale di Cutro, dopo che
ignoti vandali, la notte tra l’uno e
il due novembre, hanno reso inagibile l’edificio. Gli sconosciuti
entrati all’interno dello stabile
che ospita la scuola, hanno cosparso alcuni muri delle aule e il
corridoio di un liquido maleodorante tanto che i sanitari dell’Asp
hanno dichiarato la struttura
inagibile. Stessa sorte è toccata
all’edificio dell’Istituto per l’Ambiente e l’Agricoltura, dove le at-
tività didattiche e amministrative sono state sospese il cinque
novembre scorso e sono riprese
solo l’altro ieri. Episodi gravissimi che hanno indotto la dirigente scolastica del Polo di Cutro,
Maria Pia Ferrante a indire lunedì scorso un’assemblea con i genitori degli alunni, avente ad oggetto gli atti vandali che hanno
colpito i due istituti cutresi di via
Giovanni XXIII e contrada Scarazze.
L’assemblea si è tenuta presso
la sala “Falcone e Borsellino”, alla presenza della preside Ferrante, del vicesindaco Saverio Vasapollo, dei docenti e studenti dei
corsi antimeridiani e serali. In
una nota stampa si evidenzia che
la dirigente Ferrante, nell’aprire
i lavori dell’assemblea, ha fatto
la cronistoria degli episodi che
hanno costretto alla temporanea inagibilità i locali delle scuole, cosparsi con miscugli chimici
maleodoranti. La preside ha sottolineato l’ allarme sociale e civile che questi fatti hanno provocato, con l’attivazione di una indagine giudiziaria per scoprire i
responsabili, gli ingenti danni
economici per le riparazioni ed il
disservizio cagionato, ed ha
esortato tutti ad una maggiore
collaborazione per lo scopo una-
nime
dell’educazione
e
dell’istruzione delle giovani generazioni.
Al dibattito sono intervenuti il
vicesindaco Vasapollo, i docenti
Armando Lia e Francesco Zurlo e
numerosi genitori. Intanto per
un incendio alla centralina elettrica esterna della scuola media
“Fabio di Bona”, ieri sono state
sospese le attività didattiche. Per
tutta la mattinata di ieri tutti i sistemi elettrici interni e computer sono rimasti fuori uso. Il sindaco Salvatore Migale è stato costretto ad emettere un’ordinanza di sospensione delle attività
didattica e amministrative.
Le “Giacche verdi” a Verona
stali), del Ministero della Salute, dell’Unire (Unione Nazionale per l’incremento delle
razze equine), dell’Aia (Associazione italiana allevatori) e
Fise (Federazione italiana
sport equestri)».
Tantissime le iniziative
promosse
periodicamente
dall’attivo gruppo isolitano
dell’associazione che si occupa di protezione ambientale e
civile. Nelle scorse settimane
ha registrato un grande successo la prima edizione di "Puliamo i nostri boschi" un progetto di educazione ambientale rivolto agli alunni delle
scuole di Isola di Capo Rizzuto. Lunedì prossimo invece, i
volontari prederanno parte
alla
giornata
nazionale
dell’albero presso la scuola
elementare di Isola Capo Rizzuto 2, circolo "Karol Wojtyla”, dalle ore 11 in poi.
Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud
42
Cronaca di Vibo
.
NASTY EMBASS Cinque ordini di custodia cautelare: Andrea Mantella, Vincenzo Mantella, Francesco Scrugli, Francesco Antonio Pardea e Salvatore Morelli
Auto di lusso per il boss e suoi gregari
L’accusa: estorsione con modalità mafiose. L’imprenditore (forse per paura) non ha mai denunciato
Nicola Lopreiato
LE DIFFICOLTÀ DELLA GIUSTIZIA
Stempiato, barba lunga, simile a
quella di un eremita e ingrassato. Andrea Mantella attualmente nel carcere di Livorno, nella
nuova foto “segnaletica” della
squadra Mobile di Catanzaro
appare dimesso, provato, rassegnato. Un uomo all’angolo, quasi vinto, apparentemente ammalato. Per gli investigatori che
hanno operato sotto le direttive
del vice questore Rodolfo Ruperti, dirigente della Mobile di
Catanzaro, che più di ogni altro
conosce l’evolversi dei fenomeni della ‘ndrangheta, Mantella è
invece un emergente, cresciuto
criminalmente nella cosca dei
Lo Bianco. Oggi tratterebbe alla
pari con i boss, in particolare con
Carmelo Lo Bianco detto “Piccinni”. I suoi gregari lo seguono
e il mondo imprenditoriale lo teme. E non è un caso che il gip distrettuale Tiziana Macrì nell’ordinanza di custodia cautelare in
carcere emessa a carico di Mantella, 39 anni, del cugino Vincenzo Mantella di 25, nonché di
Francesco Scrugli di 41, Francesco Antonio Pardea di 25 e Salvatore Morelli di 28 anni, annota: «Quanto più è forte il potere
di intimidazione di una cosca
tanto meno minacciosa deve essere la condotta che si estrinseca
all’esterno, essendo bastevole in
tali casi la mera richiesta di danaro o utilità (anche sotto forma
di rinuncia a spettanze dovute),
fino ad arrivare – talora – all’assenza completa di richiesta, poiché è la stessa vittima del reato
mafioso che si presenta presso
l’associato stesso e gli “offre” danari o altre utilità pur di “stare
tranquillo”».
E in questa ottica il gruppo capeggiato da Mantella, secondo
quanto emerge dall’operazione
denominata “Nasty embassy”
dimostra di avere già raggiunto
quella fase avanzata «che è tipica delle associazioni mafiose
che gli permette di creare condizioni di soggezione psicologica
ed omertà», sfruttando la carica
intimidatoria già conseguita dal
sodalizio.
Le
persone
coinvolte
nell’operazione, coordinata dal
sostituto Pierpaolo Bruni, sono
accusati in concorso tra loro di
estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Vittima l’imprenditore Domenico Russo,
uno dei più importanti e quotati
operatori nell’ambito della compravendita di autovetture operanti in città. Di fronte a una
“ambasciata” di Mantella – per
come emerge dalle indagini –
tramite Salvatore Morelli, l’imprenditore si è sentito in dovere
di andare a trovarlo in clinica a
Donnici (Villa Verde), provincia
di Cosenza, per «sistemare la
faccenda», forse auto di lusso
fornite e ancora non pagate. E in
segno di “amicizia” lo stesso imprenditore si è presentato pure
Appello dei magistrati:
«Per andare avanti
servono altri mezzi»
Il questore Roca, il dott. Borrelli, il procuratore Lombardo e il dirigente della Mobile Rodolfo Ruperti
Il CASO
Il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni
Andrea Mantella
con un vassoio di pasticcini. In
quella clinica Mantella ci era finito perché le sue condizioni di
salute erano incompatibili con il
regime carcerario. Benché sottoposto al regime degli arresti
domiciliari il boss seguiva i suoi
affari e dava ordini ai suoi picciotti a come muoversi.
smentito dalle intercettazioni e
dalle dichiarazioni del pentito.
Dalle indagini emerge, inoltre,
che Andrea Mantella ed il suo
gruppo avevano la «totale disponibilità della sua concessionaria e Russo consapevole di
ciò, non solo gli praticava dei
trattamenti che apparivano di
favore, ma non si attivava neanche per recuperare i crediti vantati». E a testimonianza che l’attività economica dell’imprenditore Russo sia da tempo assoggettata e succube al gruppo
Mantella è stata evidenziata anche dalla vicenda relativa alla
Pubbliservice Sud in mano agli
uomini di Mantella che utilizza i
mezzi dello stesso Russo per
pubblicizzare nei pressi del suo
autosalone l’attività di un suo
diretto concorrente.
Salvatore Morelli
ritenuto
l’uomo di fiducia
del boss
emergente
Francesco
Scrugli arrestato
ieri mattina
dagli uomini
della Mobile
Le intercettazioni svelano alcuni particolari
Sms di rispetto e fedeltà
tra Morelli e Mantella
«La fiducia nei tuoi confronti è
cieca, t.v.b.». È uno dei tanti sms
che Andrea Mantella, durante la
sua permanenza a Villa Verde ha
inviato a Salvatore Morelli, il suo
uomo sulla “piazza”, colui il quale avrebbe dovuto reggere le fila
dell’organizzazione
qualora
Mantella fosse stato arrestato. Fiducia che Morelli ricambiava con
altri messaggini del seguente tenore: «Amore grazie! Fai conto
che sei tu fuori, sono te in persona ...».
E poi ancora Morelli, sempre
con sms Morelli aggiungeva:
«Amore sono di ritorno, ha la mia
vita in mano e te ne dò atto tutti i
giorni...». Mantella rispondeva
con altrettanto affetto: «Grazie
di esistere! Stai tranquillo! Anche tu ha la mia vita». Inoltre a riferire dei rapporti piuttosto stretti tra i due e delle visite piuttosto
frequenti che Morelli effettuava
in clinica è stato anche il collaboratore di giustizia Samuele Lo
Vato. «Posso dire che Salvatore
Morelli era la persona che aveva
più stretti rapporti con il Mantella e proprio questi mi disse che in
caso di sua carcerazione o di im-
Intercettazioni e dichiarazioni di un collaboratore di giustizia Samuele Lo Vato, affiliato al
clan dei Forastefano, hanno permesso di fare piena luce
sull’estorsione che il gruppo di
Mantella ha messo in atto nei
confronti dell’imprenditore vibonese. Mentre, l’interessato,
benché caduto in qualche contraddizione ha sempre negato.
Ma in questo caso l’estorsione,
secondo le indagini, avveniva
attraverso auto di lusso regalate
o cedute in cambio di qualche
migliaio di euro. Bmw e Mercedes quasi sempre nella disponibilità dei gregari di Mantella, di
suoi amici e familiari. Insomma
era un assoggettamento assoluto e inesorabile quello subito
dall’imprenditore che ha sempre negato, salvo poi essere
L’inchiesta mette a nudo
anche il ruolo di Andrea
Mantella all’interno della
cosca Lo Bianco. «Mantella
mi disse che il suo rapporto con Carmelo Lo Bianco
– dichiara il pentito Samuele Lo Vato, che ha conosciuto il boss a Villa Verde – era contraddistinto da
una forte autonomia, nel
senso che riceveva da lui
delle disposizioni, in quanto gerarchicamente era lui
il superiore, ma aveva ampi margini di libera operatività». In pratica, secondo Lo Vato «Mantella diceva che dato il rango del
Lo Bianco egli divideva
con lui la direzione dell’organizzzione e i relativi
proventi, ma aggiungeva
che, ove il vecchio gli avesse dato contro, non si sarebbe fatto alcuna remora
a interrompere ogni rapporto con lui».
Ma quanto veniva riferito
da Mantella non era certo
condiviso da Carmelo Lo
Bianco che in una intercettazione si sfoga: «È da 40
anni che comando io... ora
non è che viene un pisciaturi qualunque e... comanda a Vibo... questo maiale
ha fregato pure la moglie
al fratello... Lui non comanda neanche a casa
sua». Segno evidente che
tra i due non c’è un bel
rapporto.
Tagliano il traguardo, una dopo
l’altra, le numerose attività
«messe in cantiere» dalla Procura antimafia di Catanzaro che,
in tre anni di lavoro, «ha prodotto una quantità di materiale tale
da poter radicalmente cambiare
le cose in molte zone della Calabria, ma che stenta a concludere
tutto a causa delle carenze che
ostacolano enormemente il lavoro.
Ma se è vero come è vero che
la Calabria è un problema nazionale sotto il profilo della criminalità, allora chi di competenza
deve fare le scelte necessarie».
L’appello proviene forte e chiaro
dai vertici della Dda, il procuratore Vincenzo Antonio Lombardo e l’aggiunto Giuseppe Borrelli che ieri, in occasione della
conferenza stampa di presentazione di un’inchiesta antimafia,
hanno voluto ribadire come «il
lavoro prosegue senza sosta
consentendoci di registrare risultati continui e costanti, ma a
costo di sacrifici enormi e con
tempi che potrebbero e dovrebbero essere molto più spediti».
«Come segnalato ampiamente
in tutte le sedi competenti – ha
spiegato Borrelli –, ci sono diverse attività che portiamo
avanti da tempo giunte ormai
per così dire a maturazione. In
questi anni abbiamo incamerato materiale di grande rilievo
probatorio, ma abbiamo il problema di una struttura che, con i
suoi soli sei magistrati alla Direzione distrettuale antimafia,
numericamente non è in grado
di affrontare queste emergenze
unite, ovviamente, agli impegni
dibattimentali, perchè l’attività
è valida quando produce risultati fin dentro alle aule dei tribunali. La prevenzione e la lotta alla criminalità – ha incalzato il
magistrato – non passa solo per
un maggiore controllo del territorio, e quindi con più mezzi
nelle strade delle forze dell’ordine, che peraltro adesso non hanno neppure la benzina sufficiente. Ma necessita di attività investigative delicate e complesse,
che costano, e soprattutto di uomini che le svolgano. Mentre noi
siamo totalmente carenti non
solo di magistrati, ma anche
dell’indispensabile personale
amministrativo».
E poi ancora: «Se avessimo i
mezzi adeguati potremmo cambiare profondamente le cose su
almeno due terzi del territorio
calabrese» ha detto poi il procuratore aggiunto ricordando con
Nuovi computer per la Dda
orgoglio che, nonostante tutto,
quest’anno per la prima volta da
decenni la Procura ordinaria catanzarese chiuderà in attivo nel
rapporto tra i procedimenti penali sopravvenuti e quelli definiti, anche se solo ad aprile 2012
arriveranno due nuovi magistrati che porteranno il numero
dei sostituti procuratori presenti nell’ufficio a 17 sui 18 previsti
in organico.
«Intanto – ha concluso Borrelli – facciamo i conti con ristrettezze di mezzi ed inefficienze inimmaginabili, dovute soprattutto ad interventi a pioggia
che non sono razionali e che di
fatto portano a tagli su cose essenziali e spese che alla fine, per
come sono fatte, risultano vane.
Di recente ci sono tati inviati numerosi computer, ma purtroppo
senza scanner... E continuiamo
a dipendere dalle importanti e
fondamentali iniziative di alcune amministrazioni – ha detto
ricordando la donazione alla
Procura di 24 quintali di carta da
parte di un comune del cosentino, oppure il contributo della
Provincia di Catanzaro che per
un periodo ha messo a disposizione dell’ufficio giudiziario alcuni lavoratori in cassa integrazione per un progetto di riqualificazione del personale – che però sono ancora poche e saltuarie, mentre invece sarebbe davvero utile una sinergia tra tutte
le istituzioni per il migliore funzionamento di un servizio fondamentale per i cittadini».
Agenda telefonica cittadina
possibilità a muoversi dalla clinica il compito di reggere la sua organizzazione sarebbe stato del
Morelli. Egli diceva, in particolare – annota il gip nell’ordinanza
di custodia cautelare – che raccomandava il Morelli di non cercare di scavalcarlo, ma di applicarsi
per apprendere da lui il più possibile, proprio in quanto avrebbe
dovuto sostituirlo nel caso di una
sua carcerazione. Ricordo – aggiunge ancora il Lo Vato – che tale ruolo del Morelli era mal visto
da Francesco Scrugli il quale si lamentava della libertà di iniziativa che gli era lasciata, rimproverandogli in particolare di non
aver portato loro soldi durante il
periodo in cui erano stati entrambi carcerati. Lo Scrugli, in queste
lamentele, rivendicava» altresì
un ruolo di primo piano.(n.l.)
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calabria
ora
VENERDÌ 18 novembre 2011 PAGINA 7
“pecunia non olet - bis”
RIFIUTOPOLI
melandri nei guai
Chiesta l’interdizione dai pubblici uffici per il commissario regionale
Sotto inchiesta l’assessore Francesco Pugliano. Arresti in tutta Italia
CATANZARO «Atto terzo e ultimo», dice il procuratore capo Antonio Vincenzo Lombardo. Lascia intendere che sulla discarica di Alli, sulla
monnezza connection all’italiana che
orbita tra gli incastri societari del magnate dei rifiuti Stefano Gavioli e su
certe «colpevoli disattenzioni» istituzionali, il cerchio s’è chiuso.
Dopo il blitz di luglio, al deflagrare
dell’inchiesta “Pecunia non olet”, dopo i sequestri di ottobre, sui reati ambientali perpetrati con l’allegro smaltimento di percolato nell’impianto
tecnologico partorito a metà sulle rive
della Fiumarella, ciò che resta del faraonico patrimonio del 54enne ras
della Enertech finisce sotto chiave. Sale così ad oltre cento milioni di euro il
bilancio dei sequestri, nel giorno in cui
Stefano Gavioli, imprenditore veneziano plurindagato dalle Procure di
mezz’Italia, finisce in carcere.
L’ordinanza a suo carico è vergata
dal gip Abigail Mellace, che ha dato
riscontro alla richiesta formulata dal
pm Carlo Villani. Associazione a delinquere, illeciti fiscali e tentata truffa
le accuse formulate a vario titolo. Finisce dentro assieme al direttore tecnico della Enertech - società figlia dell’ex Enerambiente, a sua volta nata
dalla decotta Slia - Loris Zerbin, 50
anni di Campolongo Maggiore (Venezia). Altri tre vanno ai domiciliari: il
presunto faccendiere di Gavioli, Giovanni Faggiano, 52 anni di Brindisi;
l’avvocato e - dicono gli stessi indagati intercettati - «anima diabolica» del
gruppo Giancarlo Tonetto, 56 anni di
San Donà di Piave (Venezia); il quadro aziendale Enrico Prandin, 49 anni di Rovigo. Sottoposti all’obbligo di
Poste Italiane SpA - Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art. 1, comma 1, DR/CBPA-SUD/CS/56/2006 valida dal 06/04/2006
venerdì 5 agosto 2011
anno VI numero 214
€ 1,00
direttore piero sansonetti
Morti e gettati in mare
Strage di migranti
Una nave Nato ha negato il soccorso
PALERMO Nuovo orrore nel
mare siciliano. Da un barcone
in avaria da due giorni tra la Libia e Lampedusa sarebbero
stati buttati in acqua “cento cadaveri”, dicono i superstiti.
Una nave Nato avrebbe rifiutato di intervenire. La Lega:
gravissimo, non possono solo
bombardare. La Farnesina:
stiamo verificando.
quotidiano d’informazione regionale
ora estate
Roccella Jazz
ÈDi Meola
adare il la
all’interno
> pagina 3
CATANZARO
EDITORIALE
Il business
dell’emergenza
RIFIUTOPOLI
CALABRESE
DI DAVIDE VARÌ
Frode milionaria sul ciclo dei rifiuti della discarica di Alli
Indagati anche il commissario Melandri e l’assessore Pugliano
L’assessore regionale all’ambiente, Francesco Pugliano, è
indagato nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di finanza che ha portato al sequestro
di 90 milioni di euro nei confronti di imprenditori e dei
vertici dell’Ufficio del commissario per l’emergenza ambientale. Nellinchiesta, oltre a
Pugliano, è coinvolto anche
l’attuale commissario per
l’emergenza ambientale in Calabria, Graziano Melandri.
> pagine 6, 7, 8 e 9
COSENZA
Guasto alle condotte: due città senz’acqua
Un cospicua e improvvisa rottura riguardante
una delle condotte adduttrici dell'acquedotto
cosentino, verificatasi nella località di Piano
Monello nel Comune di Rende ha costretto
> pagina 12
San Giovanni in Fiore
l
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> pagina 11
Aponte ora è ottimista
l
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firma alla polizia giudiziaria, invece,
il commercialista Antonio Garrubba,
46 anni di Crotone, ed il tecnico della
Enertech Paolo Bellamio, 57 anni di
Padova.
L’inchiesta, ancor più che a luglio, fa
tremare anche l’Ufficio del commissario per l’emergenza ambientale in
Calabria. Il pm Villani, infatti, ha chiesto anche l’interdizione dal pubblico
ufficio per il commissario delegato
Graziano Melandri, 57 anni di Brighisella (Ragusa) e per i funzionari Domenico Richichi, 41 anni di Reggio
Calabria, e Simone Lo Piccolo, 29 anni di Palermo, sui quali il gip si determinerà dopo l’interrogatorio fissato
per lunedì prossimo alle 12.
C’è un modo facile e veloce per fare soldi:
inventarsi una bella emergenza e nominare
un commissario straordinario. Al di là delle
responsabilità penali che la magistratura accerterà, la truffa dei rifiuti di Catanzaro ci dice proprio questo. Ci dice che i commissari sono monarchi che gestiscono milioni di euro,
sovrani che stabiliscono in modo pressoché
arbitrario a chi assegnare quei milioni. E in
effetti di fronte a un’emergenza non si può
sprecare troppo tempo a mettere su commissioni di controllo e quant’altro. No, l’emergenza va gestita velocemente e da persone
risolute e apparentemente fuori dai giochi
della politica. Ma solo apparentemente però,
perché spesso è proprio la politica che si serve dell’emergenza per sfuggire ai controlli.
Noi non sappiamo ancora come andrà a finire questa brutta storia della discarica, ma
una cosa la sappiamo: in 15 anni di commissariamento, in Calabria è transitato circa un
miliardo di euro. La stessa cifra che il governo ha messo a disposizione per completare la
Salerno-Reggio, la linea ferroviaria e altre
decine di opere. Ma il bello è che questo miliardo non è servito a nulla. Ciclicamente arriva l’allarme di qualche amministratore,
l’appello di qualche ambientalista ma poi, finita l’emergenza, tutto torna nel silenzio. E allora, prima ancora del processo penale, servirebbe un moto dei cittadini calabresi:quei
signori devono dirci come sono stati spesi
quei soldi.
> pagina 11
Cipe, per Tonino Gentile
l
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UN FILM
GIÀ VISTO
Nella foto a
lato la prima
pagina di Calabria Ora del
5 agosto
2011: era
chiaro sin da
allora che
l’inchiesta
“Pecunia non
olet” avrebbe riservato
sviluppi clamorosi
Ieri il potenziale epilogo
della vicenda
con il coinvolgimenti di
rappresentanti politici
regionali
L’indagine cristallizza anche la posizione d’indagato per l’assessore regionale all’Ambiente Francesco Pugliano, 56 anni di Rocca di Neto, nelle vesti di sub commissario di un Ufficio per l’emergenza ambientale che
rimane nell’occhio del ciclone dopo
quattordici anni di gestione inutile,
laddove non controproducente, e scialacquona. Secondo la prospettazione
accusatoria - costruita grazie alle indagini prodotte dal Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza e del
Nucleo operativo ecologico dell’Arma,
e coordinate dal pm Carlo Villani una
volta ottimizzati gli atti recepiti dalla
Procura di Napoli sugli affari di Gavioli -, l’Ufficio del commissario, tran-
sitoriamente retto da Pugliano e successivamente da Melandri, non poteva non capire, oppure non sapere, che
fosse illegittima la successione tra
Enerambiente ed Enertech nella gestione della discarica di Alli, studiata
del magnate veneto dei rifiuti per frodare i creditori a fronte di un enorme
buco debitorio. Emblematico un passaggio dell’ordinanza vergata dal gip
Mellace, proprio su Melandri che «nonostante i correttivi formulati, lungi
dall’avviare una qualsivoglia verifica,
induceva anche altri enti pubblici, che
manifestavano legittime perplessità,
a ritenere legittima e giuridicamente
corretta la successione di Enertech srl
ad Enerambiente spa».
Perché Gavioli faceva affari in Puglia, Campania, Abruzzo e così via. Ed
in Calabria non aveva solo Catanzaro,
ma anche, ad esempio, Cetraro e Cosenza. Invece, secondo l’accusa, concorrendo ad un illecito, sia Pugliano
che Melandri - quindi l’Ufficio del
commissario - firmavano ordinanze
di liquidazione alla Enertech per
1.642.195,42 euro e per 1.335.896 euro. Così i fondi pubblici finivano nelle
tasche di un imprenditore, e del suo
sistema, che la Procura di Catanzaro
rappresenta come senza scrupoli nel
riciclare società sull’orlo del tracollo
finanziario, riparando sotto una nuova sigla le attività dalle richieste dei
creditori.
Tutto ciò mentre la raccolta e lo
smaltimento dei rifiuti, l’agognato impianto tecnologico di Alli, il diritto dei
catanzaresi che pagano le tasse, restavano un dettaglio marginale.
PIETRO COMITO
[email protected]
Graziano
Melandri
Accuse pesanti
Associazione a
delinquere, illeciti
fiscali e tentata
truffa: sono queste
le accuse formulate
a vario titolo dai
magistrati alle
persone indagate
La politica trema
L’inchiesta
coordinata dal
procuratore capo
Antonio Vincenzo
Lombardo fa
tremare la politica:
nella bufera l’Ufficio
del commissario
Leggerezze...
Il pm: Pugliano
e Melandri non
potevano non sapere
che la successione
tra Enertech ed
Enerambiente
era illegittima
il commento
DI DAVIDE VARÌ
Ieri la procura di Catanzaro ha
chiesto l’interdizione del commissario all’emergenza rifiuti della Calabria. Sono dieci lunghi anni che la
gestione della “monnezza” calabrese è commissariata. Dieci anni in
cui la politica ha rinunciato alla gestione dei rifiuti, un aspetto fondamentale del nostro vivere civile, delegandola a un tecnico nominato da
Roma. Ora, dieci anni dopo, si viene a scoprire che intorno a quel
commissariamento si era formato
un grumo di potere e di illegalità
La terra delle emergenze
e la politica che non c’è
enorme. Non ci interessa la colpevolezza penale del commissario
Melandri. Non ora e non qui.
Per quel che ne sappiamo il generale Melandri è una persona perbene e onesta. La vera anomalia,
semmai, è un’altra. E’ l’anomalia
dei commissari, di questi “prefetti”
calati dall’alto che dovrebbero ri-
solvere le situazioni più critiche che
vive la nostra regione. Situazioni
che la politica, evidentemente, non
riesce ad affrontare e risolvere. E’
successo per i rifiuti, certo, ma è
successo anche con la Sanità. Ed è
successo addirittura con un partito,
col Pd. Ma questa è un’altra storia.
Fatto sta che la gestione commissa-
riale di queste importantissime cose è spia, da un lato, di un’incapacità della nostra politica di programmare politiche degne di questo nome; e dall’altro sintomo di una volontà di controllo da parte dello
Stato centrale.
Ecco, sarebbe ora che la politica
calabrese facesse quel salto di qualità necessario. Che torni a immaginare la Calabria del futuro e a costruirla senza l’aiuto di commissari e prefetti. Insomma, è ora che i
politici inizino a fare il loro mestiere, quello per il quale sono lautamente pagati.
Soldi non dovuti
I componenti
dell’Ufficio del
commissario
liquidarono somme
non dovute alla
Enertech per quasi
3 milioni di euro
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“pecunia non olet - bis”
DISCARICA
DALLE UOVA D’ORO
A destra, l’impianto di Alli
a Catanzaro
Nel riquadro, l’imprenditore
veneto Stefano Gavioli finito
agli arresti domiciliari
Sotto, una delle auto finite
sotto sequestro nell’inchiesta
portata avanti dalla procura
di Catanzaro
La cricca del Nord e il metodo Gaucci
Le strategie dei vertici Enertech per drenare risorse finanziarie al Sud
CATANZARO scarpe grosse e il cervello fino. Tanto che i protagonisti
Un’associazione che pone- dell’intera vicenda hanno cova in atto condotte delin- me loro modello delinquenquenziali con la chiara inten- ziale addirittura Luciano
zione di farlo. Una cricca che Gaucci. «Ma guarda – diceva
voleva trasformare anche il Loris Zerbin a uno dei suoi inpercolato in oro, non nel sen- terlocutori – queste qua io su
so di un ciclo dei rifiuti che fa queste qua… sono le cose che
di questi una risorsa, ma nel facevano… quelle che facevasenso di trarre da una gestio- no i Gaucci… il… quella genne scellerata il massimo gua- te… facevano i sistemi di scatole in madagno per sé.
niera da sfotSapevano e
Scioglievano le
tere…. vennon facevano
società
per
non
devano, commistero di sapravano e poi
perlo, che i
pagare i debiti
alla fine chiuloro comporcon i creditori
devano
tamenti erae con l’erario
l’azienda e
no delle vere
usavano
i
e
proprie
condotte criminali. E così morti sul terreno».
quegli uomini, venuti dal
Questo è solo uno dei tanti
nord, avevano come obietti- esempi utili a delineare il convo drenare risorse al sud. In testo nel quale il managerealtà ad una lettura attenta ment, se così si può definire,
delle carte, le menti crimina- dell’Enertech si muoveva. Il
li non erano poi così fini, tan- dominus, come lo definiscoto da architettare imbrogli no le carte della procura di
che, se non fosse per le ingen- Catanzaro, era Stefano Gati somme in ballo, se non fos- violi. Veneto, cinquantaquatse perché le loro condotte tro anni. Appare come il proavrebbero potuto creare un motore dell’attività criminale
danno ambientale, sarebbero e delittuosa. Il leader del
appena degne di un faccen- gruppo. Il suo modus operandiere da quattro soldi dalle di è sempre uguale. Gavioli
crea società che per lo più si
aggiudicano appalti pubblici,
le depaupera completamente
attraverso cessioni di credito
senza corrispettivo e cessione
delle attività in favore di altre
società, a lui direttamente o
indirettamente riconducibili,
create mediante scissione societaria e/o conferimento di
rami d’azienda dalla società
originaria, in modo che la prima società diventi vuota, priva di proposte attive e così insolvente nei confronti dei creditori sociali e dell’erario.
Ma Gavioli ovviamente
non può fare tutto da solo e,
prima che complici, i suoi collaboratori diventano persone
perfettamente consapevoli
del piano delittuoso che sta
per essere messo in atto. Nel
gruppo si creano anche gelosie e ogni tanto qualche malumore viene fuori, ma ci pensa
Gavioli a far rientrare tutto. Il
più attivo tra i collaboratori
del “capo” sembra essere Loris Zerbin, che mal sopporta a
un certo punto l’eccessivo potere decisionale dato a Giancarlo Tonetto, che da lui stesso durante una conversazione
telefonica, viene definito come «il vero amministratore
delegato dell’azienda senza
averne responsabilità. Più
che un avvocato – dice di lui
Zerbin – è un gestore delle
aziende».
Ma tant’è. Zerbin fa buon
viso a cattivo gioco e lo accetta, continuando, sulla carta,
ad essere il braccio destro di
Gavioli. È il direttore tecnico
di tutte le società del gruppo,
nonché liquidatore di tutte le
società sciolte per debiti insoluti. Ma Zerbin è anche colui
il quale tiene i rapporti con
tutte le pubbliche amministrazioni committenti assicurandosi che accettino il passaggio da una società all’altra
che di volta in volta viene proposto.
Altro uomo chiave dell’intera vicenda è Giancarlo Tonetto, di professione avvocato, di fatto socio e referente
giuridico di Gavioli. Tonetto
è colui che predispone l’architettura giuridica della nuove
società e che consente la perpetrazione dei reati. Tonetto
diventa il consigliere di Gavioli che a lui si rivolge prima
di adottare qualsiasi decisione. Ed è questo che a Zerbin
non va giù. Tonetto, secondo
le risultanze della procura, re-
digeva materialmente opera- ducia c’è anche un commerzioni fittizie giuridiche preor- cialista di fiducia. Si tratta di
dinate alla dispersione mate- Paolo Bellamio, commerciariale e giuridica delle poste at- lista appunto che aiuta in sotive delle società originarie in stanza Tonetto a costruire fitmodo che i debiti diventino tizie operazioni commerciali,
preordinate alla dispersione
inesigibili.
In questa, che se non fosse materiale giuridica delle porealtà amara potrebbe sem- ste attive delle società origibrare la sceneggiatura di una narie in modo che i debiti dicommedia, ovviamente ci so- ventino inesigibili.
Dove voleva arrivare la
no anche i co protagonisti, gli
cricca dei riesecutori di
fiuti? Per il
ordini. Il ruoIl “capo” era
momento,
lo è condiviso
Gavioli.
Sui
dopo aver acda Giovanni
cumulato un
Faggiano ed
collaboratori
patriEnrico PranZerbin, Faggiano ingente
monio persodin. Il primo
Tonetto e Prandin nale, cercava
è pugliese, riin tutti i modi
copre la funzione di associato e ha rive- di eludere il fisco. Dopo? Dostito il ruolo di amministra- po ovviamente non è dato satore delle società più impor- pere fino a che punto, questi
tanti del gruppo. Il secondo uomini venuti dal nord con
è veneto ed è il soggetto re- scarpe grosse e cervello fino,
sponsabile, all’interno delle volessero spingersi. Ciò che
società, dei controlli ammini- lasciano è l’incertezza di non
strativi finanziari e gestionali sapere fino a che punto le lodelle società più importanti ro condotte criminose abbiadel gruppo. Mansione che no creato un disastro amsvolge ovviamente rispon- bientale che potrebbe mescodendo agli ordini di Gavioli larsi con la nostra semplice
tesi tutti a portare a termine quotidianità.
l’intento delittuoso.
GIULIA ZAMPINA
E se c’è un avvocato di [email protected]
sequestrati beni per dodici milioni
CATANZARO Dodici milioni di euro. È
questo il valore dei beni sequestrati a tutti coloro che a vario titolo sono implicati In Pecunia non olet bis. Ville, macchine conto correnti. Il sostituto procuratore della Repubblica
Carlo Villani, si è dovuto recare in Veneto, per
poter applicare la misura a Giancarlo Tonetto,
l’anima diabolica, come viene definito dai suoi
stessi “compari”, dell’intero sistema criminoso messo in piedi dai veneti a danno della Calabria. Tanto diabolico l’animo di Tonetto da
fargli ipotizzare un licenziamento in tronco di
tutto il personale se questo poteva servire alla
loro causa. Quando Gavioli gli comunica che
è pronta una delibera di sequestro dei mezzi,
Tonetto non ha dubbi nel rispondere: «E chi
usa i mezzi? Il personale. Allora li licenziamo».
Ma anche nei mesi scorsi Giancarlo Tonetto,
Il piano diabolico di Tonetto
per creare problemi di ordine pubblico
dopo il sequestro preventivo della discarica di
Alli, ha agito in modo da creare problemi di ordine pubblico. Emerge chiaro, dalle intercet-
tazioni, l’intento di paventare un totale blocco
della raccolta, per provocare rallentamenti nella gestione e nel trattamento dei rifiuti, tanto
da creare rilevanti problemi per la salute e
l’igiene pubblica al fine di attirare l’attenzione
delle autorità locali ed indurre l’ufficio del
commissario a proseguire il rapporto e pagare i compensi arretrati. Nel piano vengono utilizzati anche i dipendenti ai quali si decide deliberatamente di non pagare gli stipendi e metterli in ferie forzate.
E in tutto questo Giancarlo Tonetto, avvocato veneto, venuto in Calabria per compiere i
suoi atti delittuosi, già denunciato per violazio-
ni fiscali in materia di versamento dell’Iva, era
il regista consapevole di una storia maledetta
che non è un film.
Ma anche il resto della cricca può vantare
curricula delinquenziali di tutto rispetto. Stefano Gavioli è stato denunciato per danneggiamento, distruzione o deturpazione di bellezze
naturali e, tra le altre cose, di appropriazione
indebita. Loris Zerbin ha precedenti di polizia
per spaccio di stupefacenti, porto abusivo di
armi. Enrico Prandin è stato denunciato per
appropriazione indebita, Giovanni Faggiano
ha precedenti di polizia per reati ambientali,
incendio e corruzione. Paolo Bellamio è stato
denunciato per rivelazione e utilizzazione di
segreti d’ufficio, ricorso abusivo al cedito e falso in bilancio.
g. z.
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“pecunia non olet - bis”
Sono sei le firme
che inguaiano Pugliano
Il gip: sapeva dei debiti, ha mentito sulle liquidazioni
CATANZARO
Otto mesi da subcommissario delegato al superamento dell’emergenza rifiuti
in Calabria, e sei firme in calce ad altrettante ordinanze partorite da quell’ufficio,
risucchiano l’assessore regionale all’Ambiente Francesco Pugliano nel calderone
di un’inchiesta dirompente.
La sua posizione, rispetto a luglio, rispetto alla notifica dell’avviso di garanzia
a suo carico, non muta. Né si sgrava, né
s’arricchisce. S’arricchisce invece il contesto che vede la discarica di Alli, e Catanzaro con la discarica, al centro del “sistema Gavioli” messo a nudo dal terzo atto
di “Pecunia non olet”: un impero costruito sui rifiuti, cinquanta società, conti anche all’estero, il fisco da evadere ed i creditori da fregare con il riciclo di aziende
decotte. Catanzaro è il capolinea per l’imprenditore veneziano, perché è qui che
scivola dopo i primi
guai che s’era procuL’assessore
rato altrove. Guai dei
è stato
quali, emerge dagli
atti dell’inchiesta, in
per otto mesi
parte Pugliano sasub commissario
rebbe stato a conoai rifiuti
scenza. Non quelli
giudiziari, probabilmente, ma quelli finanziari sì. E, sentito
dagli inquirenti, lo stesso assessore regionale «ammetteva - scrive il gip Abigail
Mellace - di avere avuto conoscenza delle pendenze debitorie della società Enerambente spa verso il fisco e dell’avvenuta notifica al suo ufficio di vari “atti di pi-
Condotta pressoché identica quella asgnoramento presso terzi” effettuati nelsunta al commissario Graziano Melanl’interesse di Equitalia spa».
Poi lo scivolone perché - scrive sempre dri, subentrato a Pugliano, che dal canto
il gip - «aggiungeva (sempre Pugliano, suo ha però spiegato di essere stato conndr) di non avere effettuato pagamenti fi- sapevole delle pendenze debitorie di Gano al mese di febbraio 2011. Dichiarazio- violi & C., riconoscendo di avere firmato
ne quest’ultima non veritiera in quanto le ordinanze nei termini riscontrati dal
emerge incontestabilmente dagli atti che materiale documentale acquisito. Anle prime liquidazioni in favore di Ener- ch’egli ha ribadito, quindi, come il contech srl sono state disposte nei giorni 26, trollo dei requisiti necessari per ottenere
27 e 28 gennaio 2011, nonostante la già le liquidazioni fossero di competenza di
avvenuta notifica del primo atto di pigno- altri funzionari.
L’Ufficio del commissario, comunque,
ramento in data 17 gennaio 2011 e l’avvenuta trasmissione, in data 19 gennaio sapeva. Sapeva quale fosse la condizione
2011, di tale atto e della relativa cartella di Enerambiente-Enertech. Gli stessi
esattoriale sia al Richichi che al Lo Picco- funzionari hanno spiegato che, oltre alle
criticità ataviche nella discarica di Alli,
lo».
In sostanza, per eludere l’aggressione Enertech era sprovvista dell’Autorizzadei creditori, Gavioli ed i suoi partoriro- zione integrata ambientale, necessaria
no Enertech, che subentrò - nella gestio- per subentrare a Enerambiente. E poi,
ne della discarica di Alli - alla Eneram- oltre all’incedere degli atti di pignorabiente ormai al tracollo. Avvenne attra- mento per crediti tributari, aveva penverso un’operazione ridenze anche con la Regione, per il mancato
tenuta illegittima e, poi,
Anche l’ufficio
versamento del contricomunque “legittimata”
del
commissario
buto eco-tassa, e con il
dalle ordinanze del
Comune di Catanzaro,
commissario che iniziò
conosceva
per il mancato versaa liquidare somme inla
condizione
mento delle royalties. In
genti alla nuova azienda
di Enerambiente breve, Gavioli non pagai cui creditori restavano
va nessuno e, pur in una
invece a bocca asciutta.
Pugliano riferì agli investigatori del Nu- condizione di illegittimità, intascava i solcleo di polizia tributaria della Guardia di di dell’Ufficio del commissario per
finanza che non seguì direttamente i con- l’emergenza ambientale. Altri soldi buttatrolli sulle operazioni compiute, ma dele- ti via, come quel miliardo di euro, speso
gò tutto ai funzionari dell’Ufficio del com- in quattordici anni di gestione.
missario, due su tre poi finiti sul registro
PIETRO COMITO
degli indagati.
[email protected]
La prefettura di Venezia:
«Soggetti legati a mafiosi»
CATANZARO L’Ufficio del commissario
sapeva. Sapeva pure - e siamo al 29 giugno
2011 - che la Prefettura di Venezia, già nel
mese di ottobre del 2010, «aveva evidenziato i legami con esponenti della criminalità
organizzata di Gavioli e di Faggiano». Infatti l’1 ottobre del 2010 la prefettura del capoluogo veneto comunicava al presidente dell’Asia di Napoli che da accertamenti compiuti dalla Direzione investigativa antimafia di
Padova erano emersi dei «collegamenti» tra
Giovanni Faggiano, ovvero il faccendiere di
Gavioli - anch’egli indagato in “Pecunia non
olet bis”, e fino al giugno 2010 amministratore delegato di Enerambiente - ad esponenti di clan mafiosi, «tanto che - rileva il gip
Mellace nella sua ordinanza - era stato condannato per il reato di concorso in corruzione aggravata nell’ambito di un’operazione
denominata “Brindisium”».
Sempre la prefettura di Venezia rimarcava come Gavioli aveva intrattenuto «rapporti di dubbia natura» con «un soggetto legato al crimine organizzato, condannato per il
reato di associazione a delinquere di stampo
mafioso e tratto in arresto anche con l’accusa di riciclaggio di denaro proveniente dalle
attività di gruppi mafiosi». Non erano elementi sufficienti per «motivare l’interdizione antimafia» ma la Prefettura di Venezia allertava Napoli della possibilità che potesse
concretizzarsi un «larvato tentativo di infil-
ARRESTI DOMICILIARI
Stefano Gavioli, 54 anni di Venezia
Loris Zerbin, 50 anni di Campolongo Maggiore
(Venezia)
ARRESTI DOMICILIARI
Giovanni Faggiano, 52 anni di Brindisi
Giancarlo Tonetto, 56 anni di San Donà di Piave
(Venezia)
Enrico Prandin, 49 anni di Rovigo
OBBLIGO DI FIRMA
Antonio Garubba, 46 anni di Crotone
Paolo Bellamio, 57 anni di Padova
RICHIESTA D’INTERDIZIONE
Graziano Melandri, 57 anni di Brighisella
(Ragusa)
Domenico Richichi, 41 anni di Reggio Calabria
Simone Lo Piccolo, 29 anni di Palermo
INDAGATO A PIEDE LIBERO
Francesco Pugliano, 56 anni di Rocca di Neto
(Crotone)
Alli, emblema del flop
del commissariamento
La villa sequestrata a Venezia
trazione nella conduzione della società da
parte di soggetti contigui alla criminalità organizzata».
Successivamente, in un’indagine che vede
parte offesa proprio l’Asia partenopea, Gavioli veniva indagato dalla Procura di Napoli per il reato di usura. Era l’indagine nella
quale Gavioli finiva intercettato con il componente del cda di Ambiente & Servizi Vittorio Todaro. Un elemento investigativo che
indusse i pm campani a trasmettere gli atti ai
colleghi di Catanzaro i quali, siamo nel gennaio 2011, avviarono l’inchiesta che, oggi,
chiude il cerchio.
p. com.
L’assessore regionale all’Ambiente ed ex sub
commissario ai rifiuti, Francesco Pugliano
CATANZARO Ore 14.45 del 7 novembre.
Ufficio di un maresciallo della Guardia di finanza, uno dei mastini che hanno lavorato all’indagine del pm Carlo Villani. Il telefono
squilla, dall’altro capo una donna che si presenta come «Maria Chiara Gavioli», ovvero
«sorella di Stefano». Spiega all’investigatore
che le accuse contro il fratello sono fondate,
perché negli anni il fratello aveva messo su
«un sistema fraudolento utilizzato per frodare il fisco». La donna dice, però, ancora di
più. Spiega che il fratello sta portando ingenti capitali in Canada, prelevati da una società con sede ad Alessandria, la “Vezzani spa”.
Voleva fuggire, Gavioli, e portarsi dietro i
suoi soldi. E da tempo, parlando con altri
personaggi, studiava il modo per far sparire
tutto. Pensava, ad esempio, alla Croazia, perché lì ha pure una società, una «società finanziaria», la Serfin («cassaforte estera del
gruppo verso la quale sono stati e vengono
canalizzati ingenti flussi finanziari»), attraverso la quale «possiede un cospicuo pacchetto azionario di un istituto di credito croato». In passato aveva avuto canali per il Lussemburgo, nell’attualità aveva anche interessi in Lettonia.
Le intercettazioni rivelano tutto sui suoi
propositi di alienazione e fuga. I soldi, però,
più sono e più è difficile nasconderli. Ad un
interlocutore spiegava il suo fatturato: Catanzaro «12 milioni di euro», la Ste «25 milioni», il Ciaf «dai 6 ai 7 milioni», per la Rea
«45milioni», per la Team «sui 20 milioni»,
Asia «un paio di milioni».
Voleva fuggire e, dopo quella telefonata, la
sorella veniva convocata per essere sentita
dalla Guardia di finanza. Il verbale non è ancora arrivato all’ufficio del pm. Ciò mentre il
procuratore capo parla di «terzo e ultimo atto» sulla discarica di Alli. Terzo e ultimo, sulla discarica di Alli, appunto, che rappresenta l’emblema del fallimento del regime di
commissariamento ambientale in Calabria
e, al contempo, la buccia di banana sulla quale scivola Gavioli e crolla il suo impero.
p. c.
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divise infedeli
Sfrutta i processi penali
per vendere false prove
LA CENTRALE DELLE
TRUFFE TENTATE
Da sinistra Antonio
Consolato Franco, Rosa
Bruzzese, Angelo Belgio.
In basso, una foto della
conferenza stampa di ieri
mattina
Arrestato un poliziotto e i suoi complici per tentata truffa
REGGIO CALABRIA Antonino
Consolato Franco, poliziotto di provata e lunga esperienza, avrebbe tradito
la sua missione di fedele servitore dello Stato.
È lui, secondo le indagini della procura di Reggio Calabria, ad aver messo su una vera e propria “centrale del
falso” per truffare persone ipoteticamente o realmente coinvolte in procedimenti giudiziari molto delicati.
Nella giornata di ieri i carabinieri
del comando provinciale di Reggio
Calabria, diretti dal colonnello Pasquale Angelosanto, hanno eseguito
un’ordinanza di custodia cautelare in
carcere, emessa dal gip Antonino Laganà su richiesta della procura, nei
confronti dello stesso Antonino Consolato Franco, 51 anni, e di Angelo
Belgio, 40 anni, ritenuto suo braccio
destro. Ai domiciliari è finita la moglie di Franco, Rosa
Bruzzese, 42 anni,
Accuse pesanti
mentre è indagata a
per l’agente che
piede libero la cittadina rumena Mihaela
aveva accesso
Motas, 40 anni. I tre
anche a fascicoli
sottoposti a misura
molto delicati
restrittiva farebbero
parte di una associazione per delinquere finalizzata alla
commissione di più truffe, utilizzando
notizie in possesso di Franco che, appartenendo alla Polizia di Stato,
avrebbe avuto libero accesso ad alcuni dati e documenti, con la possibilità
di utilizzare anche intestazioni e timbri (falsificati).
Secondo quanto è emerso sono loro ad aver chiesto del denaro a Paolo
Fallara, fratello di Orsola (ex dirigente al settore finanze e tributi del Comune di Reggio) e poi morta suicida,
al fine di fargli avere con anticipo dei
documenti da cui si evinceva il coinvolgimento (in realtà falso) della donna in inchieste giudiziarie. Quegli atti
dovevano servire a preparare una difesa adeguata. Per questo l’organizzazione chiedeva delle ingenti somme di
denaro. E questa, per buona parte, era
una storia ormai nota alle cronache,
anche se ignoti, fino a ieri, erano i protagonisti. Ma la vera sorpresa venuta
fuori ieri nel corso della conferenza
stampa, è che l’organizzazione aveva
creato un meccanismo utilizzato in
più occasioni e sempre diretto verso
soggetti direttamente o indirettamente coinvolti in procedimenti giudiziari. Si tratta del “caso Fortugno”, ovvero l’avvicinamento di parenti dei Marcianò (condannati quali mandanti
dell’omicidio) per fornire materiale
che li scagionasse, e di Mario Congiusta, padre di Gianluca, ucciso dalla
‘ndrangheta, per dare carte che provavano l’innocenza dei Costa e la responsabilità dei Salerno.
Il modus operandi era sempre il
medesimo: le vittime erano approcciate allo stesso modo, attraverso l’invio di missive anonime, contenenti,
oltre alle richieste di denaro ed ai motivi che le giustificavano, anche delle
istruzioni, spesso piuttosto farraginose, per arrivare al termine dell’accordo. Sono stati gli stessi inquirenti a definire il tutto come una sorta di “caccia al tesoro” al termine della quale la
vittima della truffa avrebbe dovuto reperire i documenti.
In buona sostanza, dunque, l’organizzazione contattava le vittime e poi
indicava di volta in volta dei luoghi nei
quali prendere lettere ed altro materiale. In alcuni casi si trattava di stra-
de di montagna, in altri di segnali stradali, ma anche di svincoli e di spiagge.
Talvolta non erano solo lettere ad essere posizionate, ma anche cellulari e
schede sim “pulite”, ovvero intestate
ad altre persone, così da poter comunicare agevolmente. Ed era proprio
questo il compito di Rosa Bruzzese,
moglie di Franco, la quale lavorava nel
negozio di elettronica “Top line service” di proprietà del cognato di Paolo
Fallara.
Uno degli errori compiuti dall’associazione, però, è stato quello di utilizzare sempre uno stesso linguaggio e
metodo di scrittura: i contenuti delle
missive si ripetevano sempre con lo
stesso schema logico e le medesime
espressioni; così come il carattere ed
i sistemi di scrittura sono analoghi,
tanto quanto la grafia. Tutti i fatti,
inoltre, si sono svolti in un breve arco
temporale che va dal mese di gennaio
a quello di aprile del 2008. In un caso
addirittura (quello relativo a Fortugno), Franco utilizzò anche la sua auto per andare a nascondere una lettera, ma una delle vittime prese il numero di targa e lo indicò agli inquirenti.
Sempre ieri sono state effettuate
delle perquisizioni dalle quali è emerso del materiale assai interessante co-
me, ad esempio, carte con l’intestazione della Procura della Repubbica e
della Squadra mobile, nonché la firma dell’allora sostituto procuratore
Francesco Mollace, utilizzata per essere falsificata.
L’indagine è partita dalla denuncia
di Paolo Fallara, una delle vittime.
L’uomo era stato avvicinato e da lì erano partite le richieste tramite sms, e
telefonate mute in cui a
parlare doveva essere
Interveniva
solo la vittima di turno.
su casi scottanti
I carabinieri, dopo qualche tempo, fermarono
per farsi pagare
Franco e Belgio nei
cifre anche
pressi di Gambarie, domolto elevate
ve gli stessi avevano dato appuntamento a Fallara e trovarono molto materiale interessante.
Nonostante ciò l’associazione ha
continuato ad operare. Secondo gli investigatori (ed anche a parere del gip)
sono molti di più i soggetti coinvolti
nell’associazione come un tale “Andrea” che non è stato possibile identificare. Le indagini proseguono con
l’obiettivo di verificare la presenza di
altri complici.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
la conferenza stampa
REGGIO C. «Nel corso delle perquisizioni
abbiamo trovato dei file che ci indicano come
l’associazione fosse intenzionata a mettere a
segno altre truffe». Era un sodalizio ancora perfettamente attivo quello sgominato ieri dai carabinieri del comando provinciale di Reggio
Calabria diretti dal colonnello Angelosanto, dal
tenente colonnello Carlo Pieroni e dal comandante della Compagnia cittadina, Nicola De
Tullio. Parla chiaramente il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza nel corso della conferenza stampa convocata nella caserma di via
Aschenez. Secondo Sferlazza, «Franco ha utilizzato il suo patrimonio di conoscenze tecniche
e la possibilità di accedere a dati sensibili per
mettere in piedi questo sistema di truffe. Tutto è stato fatto affinché si rendesse credibile la
Una divisa sporcata col concorso della moglie
«Erano pronti a mettere a segno altri raggiri»
prospettazione che veniva fatta alle vittime.
Parlerei di una vera e propria “caccia al tesoro”
a cui erano costretti i soggetti che venivano contattati dall’organizzazione, visto che giunti in
un punto, la lettera indicava di andare in un altro luogo e questo era fatto per evitare i controlli di polizia». Uno degli elementi più significativi è anche quello che porta alla responsabilità della moglie di Franco: «Era lei - spiega Sferlazza - ad intestare le sim card a soggetti del
tutto ignari». A sottolineare il lavoro svolto dagli uomini dell’Arma è il comandante provinciale, Pasquale Angelosanto, che spiega, con la
consueta professionalità, come «all’indagine
abbia collaborato anche la Squadra Mobile di
Reggio Calabria, dove Franco aveva prestato
servizio». L’uomo, al tempo dei fatti, si trovava al nucleo di protezione. Ed è proprio questo
incarico ad aver destato il sospetto negli investigatori. Il maggiore Miulli, comandante del
nucleo investigativo, racconta dell’episodio avvenuto a Gambarie, e relativo al caso Fallara,
dove Franco (che aveva concordato una consegna di denaro) fu trovato insieme a Belgio in
auto. «Cercò di giustificarsi - spiega Miulli - dicendo che prendeva delle informazioni per la
cattura di un latitante, ma non era compito suo
e questo ci ha insospettiti ulteriormente». Le
perquisizioni hanno fatto il resto.
c. m.
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divise infedeli
Così volevano insidiare i Fallara
Contattano il fratello di Orsola dicendo che era indagata. Lui li denuncia
REGGIO C. Tutto ha inizio il 2
aprile del 2008. Paolo Fallara, fratello di Orsola, riceve una busta anonima indirizzata a lui e contenente
una ulteriore busta per la sorella. All’interno di queste missive si rappresentava in modo falso l’imminente
emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di
Orsola. Tutto era riprodotto con tanto di intestazione ed “omissis”.
Il riferimento era chiaro: venivano chiesti 30mila euro per avere copia del provvedimento cautelare e
dell’informativa, nonché notizie aggiornate sul momento dell’esecuzione. Ma il tentativo di incutere timore ai fratelli Fallara naufragò miseramente. Paolo Fallara, infatti, denunciò tutto ai carabinieri. Iniziò un
fitto invio di sms da telefoni pubblici, nonché chiamate “mute” dove a
parlare doveva essere solo il ricevente. C’erano addirittura dei segnali
convenzionali, come battere per tre
volte la cornetta. Ad un certo punto,
la banda pensò anche a dotare la vittima di un telefono cellulare “pulito”
che doveva fungere quasi da citofono. E per questo era stato tolto anche il numero Imei del cellulare. Ovviamente con continui inviti a non
SULLA LORO PELLE Orsola Fallara, Gianluca Congiusta, Francesco Fortugno
denunciare quanto stava avvenendo all’autorità giudiziaria. I Fallara,
però, raccontarono tutto ed i carabinieri iniziarono a seguire i diversi
passi della vicenda.
Le missive, proprio come in una
caccia al tesoro, venivano fatte trovare nei posti più disparati: dai cartelli al ciglio della strada, alle cabine
In tutte le missive
anonime è vergata la
medesima peculiare
“B” , vera e propria
“firma” che riconduce
al gruppo criminale in
narrativa la quale,
come il modus
operandi dell’allora
ignoto latore, consente
di rilevare la chiara
connessione nelle
vicende trattate,
riconducibili ad
un’unica mano,
sicuramente nota al
Franco Antonio
Consolato
telefoniche, fino alla montagna. E,
proprio quando si doveva materializzare la consegna dei denaro, i carabinieri hanno scoperto ciò che non
potevano sospettare: ad organizzare
tutto non c’era un malavitoso di turno, ma un servitore (infedele) dello
Stato, ovvero Antonino Consolato
Franco, vice sovrintendente della
Polizia di Stato, con lunga esperienza di servizio. La sua identificazione
parte il 29 aprile, quando un sms avvisa di una lettera con le indicazioni
sul luogo del pagamento. Il 2 maggio del 2008, a distanza di un mese
dalla prima missiva, Paolo Fallara
risponde alla telefonata e spiega di
aver consegnato i soldi il 30 aprile.
Una missiva anche a Congiusta
«Pagaci o diamo ai Costa le prove che incastrano i Salerno»
LOCRI (RC) Il poliziotto Antonino
Consolato Franco credeva di non aver lasciato tracce, ma si sbagliava. Una consonante, B, incastra l’agente. La lettera campeggia su tutte le buste con richieste
estorsive recapitate alle sue vittime. Tra
queste, anche Mario Congiusta.
L’uomo è il padre di Gianluca, il commerciante di telefonia mobile assassinato nel maggio 2005 a Siderno. Nel febbraio 2008, riceve una missiva anonima.
«Se non segui le mie istruzioni diamo ai
Costa le prove secondo cui sono stati i Salerno a uccidere Gianluca. Lunedì 11 porta 50mila euro in una busta di spazzatura. Lascia tutto davanti al monumento di
tuo figlio e vattene alle due di notte».
Era l’otto febbraio 2008. Oggi, tre anni dopo, il giudice per le indagini preliminari, Antonino Laganà, scrive: «Come si
rileva da una prima analisi della busta,
anche in questa missiva anonima è verga-
«sotto il segno x»
Quella proposta indecente alla famiglia dei Marcianò
LOCRI (RC) Gli uomini del clan nell’insolita veste di investigatori. Quando era in corso il
primo grado di giudizio del processo per la morte del politico Francesco Fortugno, il sestogenito del defunto capomafia Antonio Cordì, il pregiudicato Cesare, si rivolse a un’agenzia per identificare il proprietario della Polo Volkswagen che
era stata vista aggirarsi sul lungomare di Locri:
un telefonista anonimo lo aveva ripetutamente
invitato a recarsi al “Club nautico” per prendere
in consegna una lettera nascosta «sotto il segno
x». Quella sera, quando si recarono al lido indicato dall’anonimo, due suoi fedelissimi annotarono il numero di targa di una macchina sospetta. Era del poliziotto Antonino Consolato Franco. Un uomo del clan Cordì, più di tre anni fa, lo
ha rivelato agli investigatori. «La Polo blu avvistata sul lungomare è sua, me lo ha detto mio cugino Cesare», dice, nel gennaio 2008, Attilio
Giorgi al maggiore Ciro Niglio. L’agente, all’alba
di ieri, è stato arrestato dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. Era un
poliziotto infedele, lo sconosciuto che tempesta-
Viene predisposto un servizio di osservazione ed in contrada San Bruno di Ortì viene notata un’Opel Corsa grigia che va verso Gambarie. Poco dopo la stessa auto torna in direzione opposta. Era la vettura della
moglie di Angelo Belgio che, verso le
22, raggiunse il luogo indicato e venne sorpresa dai carabinieri. Belgio e
Franco furono fermati subito. Il poliziotto spiegò di essere lì per acquisire informazioni relative alla cattura di Giovanni Tegano, ma la versione non convinse i carabinieri che
portarono i due in caserma dove, a
seguito di perquisizione, furono trovati molti elementi d’interesse: dai
ritagli di fogli, alle sim, assegni in
bianco e il “gruppo firma” del procuratore Francesco Mollace. Fu la prova che erano loro i soggetti responsabili della tentata truffa. In tutto
ciò, la moglie di Franco, Rosa Bruzzese (che lavorava nel negozio di telefonia del cognato di Paolo Fallara), aveva il compito di intestare falsamente le sim card e, la sera del fermo del marito, gli inviò un sms con
scritto: “Custodia o no”, dimostrando di essere consapevole dell’illiceità del comportamento del marito.
c. m.
va di telefonate i picciotti del clan Cordì. «Inoltre ha fatto pervenire due missive, destinate alle
sorelle Francesca e Lella Bruzzaniti, in cui erano
indicate le istruzioni da seguire per ottenere, in
cambio di 10mila euro, dei documenti comprovanti l’estraneità degli ergastolani Alessandro e Giuseppe Marcianò al delitto Fortugno», dicono quelli dell’antimafia. Per il poliziotto, l’inchiesta sulla morte del
vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, assassinato a Locri nell’ottobre 2005, era
diventato un affare in cui si potevano incassare un sacco di soldi,
un procedimento in cui poter barattare informazioni fasulle in
cambio di denaro. Nel gennaio
2008, deposita due lettere in busta chiusa alla “Scogliera”, nei paraggi di Africo.
«Un messaggio era per Francesca Bruzzaniti, un
altro per la sorella», rivelano gli inquirenti. Alla
cognata dell’imputato Alessandro Marcianò,
l’agente scriveva:«Scusi se disturbiamo, ma se lei
ha a cuore il bene e la libertà di suo cognato e suo
nipote, non perda tempo e consegni questa lettera chiusa a sua sorella Francesca. Non parli né
in casa né in macchina. Non è uno scherzo, qui
dentro è provata l’innocenza dei
suoi parenti. Ci vada ora da Francesca, perché domani sera qualcuno la chiamerà per sapere la risposta di sua sorella». Il messaggio per Francesca Buzzaniti, quel
giorno, è stato letto dagli investigatori:«Dentro la busta - annota
il Gip di Reggio Calabria - c’erano
una relazione a firma del dirigente della Squadra mobile di Reggio
Calabria, Salvatore Arena, l’effige
fotografica di un uomo e le istruzioni da seguire per ottenere, in
cambio di 10mila euro, documenti comprovanti l’estraneità di Alessandro e Giuseppe Marcianò all’esecuzione dell’omicidio dell’onorevole
Fortugno». (Il. Fil.)
ta la medesima peculiare “B”». La consonante, a dire del Gip, è il marchio di fabbrica «riconducibile a un’unica mano».
Quella dell’agente Antonio Consolato
Franco. Quando il poliziotto scrive alla famiglia Congiusta, cita il defunto Salvatore Salerno. Il pregiudicato del clan Commisso è morto ammazzato in un agguato
di mafia consumato nelle campagne di
Siderno. Quel giorno, 22 ottobre 2006,
era a cavallo. Un commando entra in
azione e fa fuoco con fucili caricati a pallettoni. Un mese dopo liquidano il fratello, il sorvegliato speciale Agostino. Lo accoppano sottocasa, in contrada Donisi,
una mafiopoli nella periferia di Siderno.
Aveva 30 anni. Per la morte del commerciante Tim Gianluca Congiusta, i giudici
della Corte d’assise di Locri hanno condannato all’ergastolo il capomafia Tommaso Costa. Il boss, sottoposto al regime
del 41 bis, il carcere duro, si è sempre detto innocente. Ma, nel motivare la sentenza emessa nel primo grado di giudizio, i
giudici scrivono:«Gianluca Congiusta è
stato ucciso perché meritava una punizione (movente punitivo), perché la volontà di Scarfò Antonio fosse definitivamente piegata (movente estorsivo) e perché si capisse che nel pluralismo mafioso
sidernese esisteva anche il “colore” dei
Costa», documenta la motivazione. «Dacci 50mila euro o diamo ai Costa le prove
secondo cui sono stati i Salerno a uccidere Gianluca», scriveva, nel febbraio 2008,
una manina anonima. Era quella del poliziotto Antonino Consolato Franco. Tre
anni dopo, l’agente finisce in carcere. I carabinieri del Comando provinciale di
Reggio Calabria lo hanno ammanettato
all’alba di ieri.
ILARIO FILIPPONE
[email protected]
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Cisterna si difende in Csm
Il procuratore aggiunto della Dna ha consegnato una memoria difensiva
REGGIO CALABRIA Ha re dal 3 gennaio 2010, quando
presentato una memoria di- una bomba scoppiò dinnanzi
fensiva il procuratore aggiunto alla procura generale di Regdella Dna, Alberto Cisterna. Ie- gio Calabria. Un susseguirsi di
ri il magistrato, difeso dal pro- fatti che ha portato poi alcuratore generale di Torino l’emissione di un’ordinanza di
Marcello Maddalena, è stato custodia cautelare in carcere
sentito dal Consiglio superio- nei confronti di Luciano Lo
re della Magistratura, il quale Giudice, Nino Lo Giudice, nonha avviato, nei confronti del vi- ché Antonio Cortese e un suo
ce di Grasso, una procedura complice. Tutto si è basato
principalmente
per valutasulle propalaziore
un
Ha negato ogni
ni di Nino Lo
eventuale
addebito
Giudice, pentitotrasferisi nell’ottobre del
mento per rispondendo alle
2010, il quale
incompadomande
della
raccontò
che
tibilità
I commissione
quelle bombe
ambientaerano una ritorle. Cisterna ha risposto a tutte le do- sione per aspettative non reamande che gli sono state rivol- lizzate da parte di alcuni magite dai membri della I commis- strati nei confronti di Luciano
sione del Csm ed ha negato Lo Giudice, tratto in arresto nel
ogni addebito in riferimento
alla vicenda che lo vede coinvolto. Il magistrato, infatti, è
stato iscritto nel registro degli
indagati dalla Procura della
Repubblica di Reggio Calabria,
guidata da Giuseppe Pignatone, con l’accusa di corruzione
in atti giudiziari. Il procedimento si basa esclusivamente
sulle parole del pentito Nino
Lo Giudice il quale ha affermato che Cisterna prese dei soldi
da Luciano Lo Giudice, per fare scarcerare Maurizio, fratello di Nino e Luciano. Circostanza che Cisterna ha sempre
respinto con forza e che, al momento, risulta totalmente priva di qualsivoglia riscontro.
L’iscrizione nel registro degli
indagati è stata solo la tappa
intermedia di un quadro di
eventi che si è evoluto a parti-
Alberto Cisterna
2009. Tra questi magistrati vi
era anche Alberto Cisterna.
Quelle spiegazioni furono ritenute dal gip assolutamente labili, quale movente per le bom-
be. Ma nelle sue dichiarazioni
Lo Giudice affermò che Cisterna avrebbe preso dei soldi da
suo fratello Luciano. In realtà
questa fu l’ultima di una serie
Caso Fallara, Scopelliti
non si presenta in Procura
REGGIO CALABRIA Rinvio a data da destinarsi. Il governatore Giuseppe Scopelliti non si è presentato questa
mattina in procura per essere interrogato dai magistrati nell’ambito del “caso Fallara”. È stato lo stesso procuratore aggiunto della Repubblica, Ottavio
Sferlazza, a spiegare che il governatore ha fatto pervenire, tramite i suoi legali, una richiesta di differimento dell’interrogatorio per impegni istituzionali. Scopelliti, infatti, era convocato a
Roma per una importante riunione e
materialmente non poteva essere presente negli uffici del Cedir. A quando il
prossimo interrogatorio? Difficile dirlo, visto che gli impegni per il governatore sono molteplici. Tutto lascia pensare che possa avvenire addirittura ai
primi di dicembre. Questo significherebbe solo una cosa: che i tempi per la
di versioni contrastanti rese
nei riguardi del numero due
della Dna. In principio Lo Giudice disse che Cisterna non
aveva rapporti illeciti col fratello Luciano perché questi era
un confidente e fece arrestare
Pasquale Condello, poi si arrivò ad un memoriale dove si
parlava di «regali e qualche
confidenza», per giungere a
«mi fece intendere soldi, tanti
soldi». Rimane il fatto che Cisterna ben presto, anche in virtù di altri fatti (tra cui la querela per diffamazione nei confronti di Prestipino, aggiunto
di Pignatone) ritenne che l’inchiesta dovesse spostarsi in altra sede e ricorse in Cassazione. La procura generale romana, però, decise di lasciare il
processo a Reggio (per un criterio residuale d’interpretazio-
ne, mancando luogo e data della presunta consumazione del
reato), pur trattenendo gli atti
per capire se procedere sotto
l’aspetto disciplinare nei confronti dei magistrati reggini.
Anche la richiesta di avocazione fu rigettata dalla procura generale guidata da Salvatore Di
Landro che trovò errori macroscopici di trascrizione di interrogatori e brogliacci riguardanti Lo Giudice. Sta di fatto
che l’audizione di ieri di Cisterna è solo la prima di una lunga
serie che vedrà impegnati altri
magistrati coinvolti, a vario titolo nella vicenda. I componenti del Csm discuteranno del
caso dopo aver letto la memoria scritta e comunque dopo la
prossima “settimana bianca”
di astensione dei lavori.
Consolato Minniti
il commento
Se Scopelliti
passa al contrattacco...
Chi ha ascoltato il discorso tenuto da Scopelliti in
occasione del ventesimo
chiusura dell’indagine sul “caso Fallaanniversario della morte di
ra” si andrebbero ad allungare ulteriorCiccio Franco sarà rimasto
mente, visto che prima di poter procestupito dalla determinaziodere alla chiusura delle indagini preline del governatore nel riminari, servirà sentire il governatore. E
spedire al mittente le reitese qualcuno ironizza sull’impedimento
rate accuse nei suoi condi Scopelliti, affermando che sia in perfronti sul “crollo del modelfetto stile “berlusconiano”, dal suo enlo Reggio” e sulla strana
tourage assicurano che il governatore
morte di Orsola Fallara. Il
ha la precisa intenzione di rispondere
presidente della Regione
alle domande dei magistrati che voglioha improvvisamente mesno capire cosa sia accaduto dentro gli
so da parte i sorrisi di facuffici di palazzo San Giorgio.
ciata e i discorsi da taglio
Scopelliti, come si ricorderà, è indadel nastro ed è andato giù
gato per abuso d’ufficio e per falso in atdurissimo contro “i tradito pubblico. Di questo secondo reato
tori della città dello Stretdovrà rispondere quando si recherà dal
to” che, seprocuratore Pignatocondo
lui,
ne, dall’aggiunto OttaI tre revisori dei
stanno cervio Sferlazza, e dai soconti
del
Comune
cando di getstituti Francesco Tritare ombre
podi e Sara Ombra.
si avvalgono
sul modo di
Intanto nella giornata
della
facoltà
di
fare politica e
di ieri si sono presennon rispondere
di amminitati al Cedir i tre revistrare la cosa
sori dei conti del Copubblica. Scopelliti è semmune di Reggio Calabria, anch’essi inbrato “pervaso” da queldagati per falso in atto pubblico nell'animus pugnandi che
l’ambito del “caso Fallara”. I tre, Caraveva caratterizzato la vimelo Stracuzzi, Alessandro Ruggero
ta di Ciccio Franco. Come
De Medici e Domenico D'Amico si sose improvvisamente si fosno avvalsi della facoltà di non risponse spogliato di quella veste
dere, così come ampiamente annunciato già nei giorni precedenti. Si rimaistituzionale che spesso lo
costringe a esternazioni
ne quindi in attesa, adesso, di capire
contenute e mai fuori le riquando il governatore sarà interrogaghe e avesse riscoperto le
to.
cons.min.
sue remote radici di missino combattente. Deciso a
caricare a testa basta quelli che considera nemici e
delatori. Sinora non aveva
mai voluto dire nulla sulle
inchieste che riguardano la
Fallara, né si era espresso
sul buco-voragine nei bilanci del Comune di Reggio. E invece, davanti alla
stele in memoria di Ciccio
Franco, ha ritrovato un rigurgito da “boia chi molla”
e ha rotto fragorosamente
il mutismo che ha alimentato tanti dubbi. Come mai
questo cambio di marcia?
Mercoledì, proprio mentre Peppe contrattaccava
pubblicamente democrat e
quelli che ha additato come
“una cricca di giornalisti
telecomandati e cialtroni”,
la procura di Reggio Calabria chiedeva l'archiviazione delle indagini sulla morte di Orsola Fallara. Sarà
una mera coincidenza temporale? O forse ha atteso in
silenzio l'operato della magistratura (che per ora lo
rafforza) prima di tirare
fuori indignazione e rabbia
alimentata dalle accuse di
chi lo vedeva già invischiato in qualche inchiesta
scandalo?
Francesco Ferro
la sentenza
Toghe Lucane, condannata per peculato l’ex pm di Potenza De Luca
L’ex pm di Potenza, Claudia De Luca, attualmente in servizio in altra sede giudiziaria, è stata condannata ad un anno e sei mesi per il
reato di peculato. La sentenza è stata emessa dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Catanzaro, Antonio Rizzuti, davanti
al quale si è svolto il processo con rito abbreviato. Al termine della
requisitoria il pubblico ministero, Gerardo Domininijanni, ha chiesto la condanna dell’ex pm alla pena di 1 anno e 4 mesi. Il processo
è scaturito dall’inchiesta Toghe Lucane nell’ambito della quale l’ex
pm era accusata di aver utilizzato il telefono di servizio per scopi
personali. Il rinvio a giudizio del magistrato era stato chiesto nel giugno dello scorso anno dal sostituto procuratore di Catanzaro Vincenzo Capomolla che aveva ereditato dall’ex pm di Catanzaro Luigi De
Magistris, l’inchiesta Toghe Lucane su un presunto presunto comitato d’affari che avrebbe agito in Basilicata con la complicità di uomini politici, magistrati, professionisti, imprenditori e rappresentanti delle forze dell'ordine. Le trenta persone che erano indagate sono state prosciolte nel marzo scorso. Il pm De Luca è coinvolta anche nell’inchiesta Toghe Luca-Bis.
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Le ’mbasciate
estorsive
dalla clinica
CATANZARO Il profilo è
quello di «un boss», dicono
gli inquirenti. La sua ascesa
nel solco lasciato dallo storico
padrino di Vibo Valentia Carmelo Lo Bianco subisce però
un altro duro colpo. L’accusa
formulata a carico di Andrea
Mantella stavolta è condensata in quattro contestazioni
di estorsione aggravata dalle
modalità mafiose, che costano - a lui e ad altri quattro
componenti del suo gruppo una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere,
firmata dal gip Tiziana Macrì
che ha accolto la richiesta formulata dal pm della Direzione distrettuale antimafia di
Catanzaro Pierpaolo Bruni. A
notificargliela, all’alba di ieri,
gli agenti della Squadra mobile di Catanzaro guidati dal
dirigente Rodolfo Ruperti, all’esito di un nuovo filone d’indagine scaturito dalle dichiarazioni del collaboratore di
giustizia Samuele Lovato.
Già coinvolto nel maxiprocedimento “Omnia”, ex braccio destro del boss-pentito di
Tonino Forastefano, Lovato
rimase per diversi mesi, a cavallo tra il 2009 ed il 2010, in
regime di arresti domiciliari
a
Villa
Verde, cliMantella dalla
nica
di
clinica ordinava le
Donnici
nella quastrategie per
le,
per
tenere
sotto scacco
«asseriti»
l’imprenditore
motivi di
salute, era
ristretto anche Andrea Man- fonda sin dal 30 settembre
tella. In quella casa di cura del 2010.
Lovato instaurò uno stretto
Dichiarazioni che, in parte,
rapporto con Mantella ed uno hanno già consentito di getdei suoi più stretti sodali, tare un fascio di luce sul sisteFrancesco Scrugli, e ciò gli ma delle perizie medico-legaconsentì di venire a cono- li compiacenti - le quali attescenza degli affari del «grup- stando una condizione di mapo» vibonese, poi spifferati lattia a volte anche solo di tinei verbali resi dal gola pro- po psichico, avrebbero con-
GLI HOTEL
DELLA MALAVITA
A quanto pare gli
’ndranghetisti si ammalano
facilmente: «Capita che su
dieci almeno quattro dice Borrelli - finiscono ai
domiciliari in una casa di
cura, dove magari ci sono
altri ’ndranghetisti». Il
collaborare di giustizia
Samuele Lovato rimase
per diversi mesi in regime
di arresti domiciliari a Villa
Verde. E qui conobbe
Andrea Mantella con il
quale instaurò uno stretto
rapporto. Ed è proprio
Lovato a raccontare agli
inquirenti quello che
accadeva in clinica
Nuovo colpo al gruppo Mantella: 5 arresti
Le riscossioni ordinate da “Villa Verde”
CATANZARO Una «vicenda tipicamente mafiosa», la definisce il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Perché - aggiunge il magistrato - «dimostra come in
certi territori le organizzazioni criminali abbiano una sorta di dominio assoluto che,
talvolta, consente loro di ottenere senza minacciare, in alcuni casi senza neppure chiedere». E’ un nuovo colpo che la Direzione
distrettuale antimafia di Catanzaro assesta
a quello che definisce come «gruppo Mantella», nato sotto l’egida dello storico capomafia di Vibo Valentia Carmelo Lo Bianco
e divenuto progressivamente più autonomo. La presenza del procuratore capo Antonio Vincenzo Lombardo testimonia il
«valore di un’indagine» che, evidenzia poi
il questore Vincenzo Roca, ribadisce come
«il reato di estorsione, reiterato anche in
maniera becera costituisca l’azione più comune con la quale le organizzazioni ’ndranghetiste mantengano il controllo del territorio condizionandone l’economia».
Andrea Mantella, capo del gruppo destinatario di una nuova misura cautelare, è
una vecchia conoscenza del capo della
Squadra mobile di Catanzaro Rodolfo Ruperti, che ne seguì e frenò l’ascesa sin dai
tempi in cui era a capo dell’ufficio di Vibo
Valentia. Affiancato al vicedirigente Angelo Paduano e dal commissario capo Massimiliano Russo sottolinea come «il collabo-
sentito a pezzi da novanta del
crimine organizzato di esorcizzare la custodia in carcere
- e, in parte, su altre vicende
di tipo estorsivo riconducibili al medesimo gruppo e già
oggetto di analoghi provvedimenti cautelari.
Ora un nuovo step sulle
propalazioni di Lovato, utili
ad indirizzare Ruperti e i suoi
su un ulteriore coacervo di
episodi di matrice criminale
che avrebbe soggiogato, in
particolare, un noto imprenditore, titolare di una concessionaria di automobili di Vibo
Valentia.
Oltre che ad Andrea Mantella, 38 anni (difeso dall’av-
vocato Francesco Sabatino),
la nuova ordinanza è stata
notificata al suo più stretto
collaboratore, Salvatore Morelli, 28 anni (difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo), e
ai sodali Francesco Scrugli, 41
anni (avvocato Giuseppe Di
Renzo), Francesco Antonio
Pardea, 25 anni (avvocati
«Possiamo passare alla storia
ma non abbiamo molti uomini»
Nelle foto la clinica Villa Verde e i cinque arrestati
ratore di giustizia Samuele Lovato abbia offerto con le sue propalazioni un contributo
prezioso». Decisivi, però, sono stati i riscontri: «Abbiamo acclarato come le tipiche
’mbasciate mafiose impartite da Mantella,
che con Lovato era agli arresti domiciliari in
quella clinica cosentina per asseriti motivi
di saluti, arrivassero a destinazione, inducendo le vittime talvolta a recarsi personal-
mente in quella stessa clinica per soddisfare le richieste estorsive».
Emerge qui una «prima criticità» rimarcata da Borrelli a margine della conferenza
stampa: «Una cosa che mi sorprende è l’eccessiva morbidità degli ’ndranghetisti che,
destinatari di una misura custodiale, s’ammalano subito. Capita così che su dieci almeno quattro finiscano ai domiciliari in
ora
Franco Muzzopappa e Francesco Sabatino), e al cugino
Vincenzo Mantella, 25 anni
(avvocato Francesco Sabatino).
L’operazione è stata denominata “Nasty embassy”,
«’mbasciate sporche», come
quelle impartite dalla clinica
di Donnici, da cui Andrea
Mantella avrebbe ordinato le
strategie per tenere sotto
scacco l’imprenditore che,
nonostante l’evidenza e più
volte interrogato dalla Squadra mobile, ha reiteratamente negato di aver subito soprusi. Dalla stessa vittima il
gruppo si sarebbe rifornito
anche di automobili per le
quali non avrebbero saldato
alcun corrispettivo. Le accuse
di estorsione risultano tutte
contestate con il concorso tra
tutti gli indagati, mentre i soli Morelli e Vincenzo Mantella rispondono anche di violenza privata, con tanto di aggravante della mafiosità. Secondo l’accusa, dalla vittima
avrebbero ottenuto la disponibilità di un suo ponteggio
per affiggerci sopra una gigantografia pubblicitaria, ovvero la reclame di un’altra
concessionaria di autovetture, concorrente di quella della vittima che - secondo gli inquirenti - dovette restare zitto e subire pure questo.
Tutto ciò - sottolinea il gip
Tiziana Macrì, accogliendo in
toto la prospettazione formulata dal pm Pierpaolo Bruni a riscontro della capacità
d’intimidazione esercitata dal
«gruppo Mantella», capace di
declinarsi talvolta senza neppure minacciare, senza neppure profferire parola. Bastava agire per essere padroni,
anche dalle corsia di una pacifica clinica del Cosentino.
PIETRO COMITO
[email protected]
una casa di cura, dove magari ci stanno altri ’ndranghetisti pure loro malati. E così
quelle case di cura, scopriamo, diventano
dei grandi hotel della malavita, dove si pianificano azioni criminali, si stringono alleanze, nascono nuovi rapporti di comparaggio».
La seconda «criticità», spiega ancora
Borrelli, è di ordine più vasto: «Abbiamo
materiale per scrivere una pagina di cambiamento indimenticabile
per la Calabria che, se è
Borrelli: i clan
davvero un’emergenza nain alcune zone
zionale come si dice, da chi
è preposto a considerarla
riescono ad
tale non viene affrontata
ottenere anche
come dovrebbe. Non absenza minacciare
biamo gli uomini per portare avanti i processi, per
esitare le indagini in corso, che sono tante,
tantissime. Sarebbe necessaria una maggiore sinergia tra le istituzioni tutte, a cominciare da quelle locali, che sono sì controllate ma devono aiutare il controllore.
Dalla Provincia di Catanzaro, per esempio,
abbiamo avuto una mano importante.
Spiace constatare che da qualche altro ente tale attenzione non c’è stata, eppure contribuire a strappare alla criminalità organizzata la regione che si amministra dovrebbe essere una priorità».
p.com.
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PRAIA A MARE (CS)
I pubblici ministeri Roberta Carotenuto e Linda Gambassi hanno disposto il sequestro probatorio dello stabilimento Marlane-Marzotto
ubicato in Praia a Mare, via
della Repubblica e dell’area
antistante il detto stabilimento. Ciò in ossequio ad
una istanza firmata dagli avvocati Augusto Marragony,
Lucio Conte, Emanuela Marragony, Pasquale Vaccaro,
Michele Donadio, Luca Donadio, Stefania Laurito,
Francesco Sirimarco, Monica
Bovi, Antonio Feraco, Roberto Romei, Pietro Sammarco,
Antonio Sorrentino, Elisa
Sorrentino, Salvatore Staiano, Bruno Ganino, Angela
Inghilleri e Antonio Zecca. I
legali, infatti, hanno chiesto,
ed ottenuto, maggiori verifiche finalizzate a ricercare ulteriori prove per quanto concerne le sostanze cangerogene che avrebbero provocato
le diverse decine di morti e
feriti tra ex dipendenti della
“fabbrica dei veleni”.
V’è da dire, comunque, che
allo stato del procedimento
sono in vigore: il sequestro
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Sequestrata Marlane
la fabbrica dei veleni
La Procura di Paola accoglie le istanze di parte civile
preventivo del pm del 26
marzo 2009, dell’area ubicata in Praia a Mare, ubicata tra
lo stabilimento Marlane, la
strada litoranea via Sirimarco, l’impianto di depurazione comunale ed edifici privati a Nord, nonchè il sequestro
giudiziario del 12 marzo
2009 del giudice Goggiamani (procedimento civile) del
solo reparto tintoria dello
stabilimento Marlane e dell’area esterna.
Ma, ritornando al sequestro, la Procura di Paola, nel
ritenere, nel merito, di condividere le argomentazioni
delle parti civili, ha confermato la necessità che occorre (ed acquisire al fascicolo
del pubblico ministero) valutare le redigende relazioni dei
consulenti tecnici nominati
dal giudice civile che hanno
effettuato i campionamenti
all’interno dei locali azienda-
FABBRICA DEI VELENI Lo stabilimento di Praia a Mare
ora
li, e ciò allo scopo di valutare
la possibilità di disporre apposita consulenza tecnica del
pubblico ministero sulle medesime circostanze, con conseguente necessità di procedere ex novo a sopralluoghi,
campionamenti e rilievi la cui
genuinità può essere garantita solo dal vincolo reale sul
bene.
In tale contesto, la Procura
ha evidenziato, altresì, come
la necessità di procedere al
sequestro probatorio dello
stabilimento
industriale
Marlane-Marzotto, è emersa
dalla concreta possibilità che
il tribunale collegiale, investito dalla fase dibattimentale
del procedimento penale, anche su sollecitazioni delle
parti, disponga perizia sul
punto (qualità delle sostanze
coloranti utilizzate nello stabilimento, tossicità e nocività di tali sostanze, conseguenze sulla salute dei lavoratori), così che il vincolo viene anche a garantire il pieno
esercizio del diritto di prova
nel dibattimento e il migliore
e il più completo accertamento della verità dei fatti.
STEFANIA SAPIENZA
[email protected]
jonio cosentino
Santa Tecla, parla il pentito
Converso: Fabio Barilari non era vicino alla cosca
CORIGLIANO (CS)
«Fabio Barilari non era vicino alla cosca. Per quello che ne so io era
un bravo ragazzo. Uno che lavorava». Così il collaboratore di giustizia
coriglianese Giampiero Converso
descrive uno degli imputati della maxioperazione antimafia Santa Tecla,
identificandolo in aula ed escludendo ipotesi di attività criminose a suo
carico. Tutta un’altra storia, invece,
per quel che riguarda suo fratello,
Maurizio Barilari, ritenuto esponente di spicco della cosca coriglianese e
attualmente detenuto in regime di
41bis a Parma. È stata tutta dedicata all’escussione del pentito Converso l’udienza tenutasi ieri dinanzi al
Tribunale penale collegiale di Rossano (presidente Francesca De Vuono, a latere Enrico D’Alfonso e Angelo Zizzari) nell’ambito del giudizio
con il rito ordinario a carico dei fratelli Barilari. Sottoposto dapprima
all’esame del pm antimafia Vincenzo Luberto e poi al controesame dell’avvocato Salvatore Sisca (difensore
dei due imputati), il collaboratore,
pentitosi nel 2004 poiché temeva
per la propria vita, ha illustrato a
grandi linee organigramma e attività del “locale” di Corigliano, soffermandosi soprattutto sul ruolo di
Maurizio Barilari e sui rapporti con
gli zingari di Cassano. Non senza prima parlare della nascita del “locale”
di Rossano, finora mai sancito processualmente, che si sarebbe verificata per volere di Franco Abbruzzese alias Dentuzzo, presunto capo degli zingari cassanesi, nel 2000. In
quella circostanza, ha riferito ieri
Converso, Nicola Acri alias “Occhi di
ghiaccio” sarebbe stato nominato capo e Salvatore Morfò contabile. Tornando poi al coriglianese, Converso
Giampiero Converso
ha riferito dell’incarico ricevuto a
Cassano nel 2002 da Edoardo Pepe
e Fioravante Abbruzzese per effetto
del quale “prese in mano la città” soprattutto per quel che riguardava il
traffico di stupefacenti nonché qualche estorsione. I proventi, ha detto
ieri, venivano consegnati a Maurizio
Barilari che poi ne dava una parte ai
cassanesi. In quel periodo si consumò anche la cosiddetta “estorsione
al porto” ai danni di una nave carica
di bucce di cocco utilizzate come
combustibile. «Io e Giorgio Semeraro – ha raccontato Converso – parlammo con il comandante e chiudemmo all’8%. E venimmo anche
rimproverati per aver chiuso a poco». I proventi di questa estorsione
vennero poi uniti al resto: «Impiegammo 7-8 ore solo per contarli tutti… erano circa 130mila euro». Il collaboratore ha poi riferito di quando
gli venne «fatta la tragedia», ossia di
quando qualcuno sparlò di lui con i
cassanesi accusandolo ingiustamente. Da quel momento era chiaro che
lo si voleva eliminare: «Longobucco
mandava le imbasciate per farmi
fuori, e io non ero protetto allo stesso modo di Barilari da Dentuzzo, che
gli esecutori di quelle imbasciate temevano». Dopo aver accennato anche ai fratelli Straface ai quali «facevamo prendere dei lavori… appiccammo il fuoco anche ad una ditta di
Palermo su ordine di Carelli nono-
la denuncia
stante vi fosse la “raccomandazione” zi… nessuna estorsione. Qua si condi non toccarla», il pentito ha parla- tinua solo a buttare fango addosso».
to del servizio sicurezza nei locali e L’udienza è stata poi aggiornata al
nei night definendolo una vera e pro- prossimo 12 dicembre per sentire i
pria «imposizione»
collaboratori Gioda parte del clan con
E a Catanzaro vanni Cimino e Vincui si mascherava
Curato.
negli abbreviati cenzo
Intanto, ieri diun’estorsione. Cirnanzi al gup di Cacostanza, questa,
proseguono
tanzaro Tiziana Manegata poi dallo
le
arringhe
crì sono proseguite
stesso Maurizio Badella difesa
le arringhe della dirilari che, ribadendo
fesa nell’ambito del
di non conoscere
Giampiero Converso, ha rilasciato giudizio con il rito abbreviato a caridelle spontanee dichiarazioni: «I ti- co dei 73 imputati di “Santa Tecla”.
tolari di vari locali ci chiedevano una Le discussioni, tra le altre, degli avmano per la sicurezza e il personale vocati Giuseppe Zumpano, Giovanimpiegato era fatto da bravi ragaz- ni Zagarese, Francesco Nicoletti, Enzo Galeota, Pasquale Di Iacovo e Fabio Salcina sono state incentrate (ieri molti legali hanno discusso solo
per alcune posizioni) più che altro
sulla inattendibilità dei collaboratori di giustizia, Alfano e Curato in primis, nonché sull’assenza di riscontri
della libertà, il tour de force di un detenuto di Buonesterni alle loro dichiarazioni, sui cui
cammino e della scorta», ha denunciato Maria Grasi basa in gran parte il castello accuzia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialisatorio messo in piedi dalla Dda per
smo diritti riforme”.
le posizioni esaminate ieri.
«L’odissea dell’uomo, in stato di detenzione da olI difensori hanno vibratamente
tre quindici anni, è stata condivisa anche dagli agencontestato le imputazioni confezioti della Polizia penitenziaria della scorta che hanno
nate nei confronti dei propri assistidovuto provvedere alla traduzione. Un assurdo diti, tentando così di smontare le tesi
spendio di energie fisiche, mentali e di denaro che podella pubblica accusa. Le arringhe
teva essere evitato con un trasferimento temporaneo
del collegio difensivo riprenderanno
a Reggio Calabria o meglio ancora applicando il prinalle udienze già fissate per il 29 e il 30
cipio della regionalizzazione della pena previsto dalnovembre.
la legge».
ROSSELLA MOLINARI
Odissea di un detenuto: 7 ore in aeroporto per 2 di colloquio
Per due ore di colloquio con la mamma malata ha
dovuto prendere quattro aerei, effettuare un trasferimento in ambulanza e trascorrere sette ore in aeroporto in attesa del velivolo per poter rientrare a Cagliari. È in sintesi la cronaca del viaggio - riportata
dall’Ansa - di un detenuto calabrese che dal capoluogo dell’isola sarda ha raggiunto un piccolo paese della Calabria, a ottanta chilometri da Reggio, con un
permesso di necessità di due ore concesso per le gravi condizioni di salute della madre.
«Si è rinnovato, con l’aggravio della lunga imprevista sosta in aeroporto dentro un’ambulanza, mobilitata per le condizioni di salute del cittadino privato
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19
VENERDÌ 18 novembre 2011
calabria
ora
R E G G I O
Truffa alla Fallara
In un’agenda
gli altri sodali?
Repertato un documento che darebbe
indizi per altre importanti identificazioni
Per il gip sono molti di più
i soggetti che partecipano al
sodalizio capeggiato da Antonino Consolato Franco e
dedito alla falsificazione di
atti giudiziari allo scopo di
truffare delle ignare vittime.
Ciò si evincerebbe, tra l’altro,
dagli appunti trovati sulla
sua agenda (in foto) nella
parte sinistra della stessa,
che da indicazioni su connessioni di nomi con singole zone della città. Questo, secondo il gip, porta ad un modus
procededi «caratterizzato da
“cacce al tesoro” nei termini
di cui si è detto. In secondo
luogo – e qui si viene alla parte destra dell’agenda - l’uso
di un linguaggio cifrato e
convenzionale del tutto confacente a chi dirige le fila di
un’organizzazione che presenta inevitabili agganci nei
settori istituzionali e negli
opposti settori dei locali circuiti malavitosi.
Infine – evidenzia ancora
il gip Laganà – si deve evidenziare la riscontrata esistenza di almeno 4 compartecipi la posizione di tre dei
quali si tratterà in prosieguo
risultando meritevole di apposita digressione a seguito
della conclusione in ordine
alla “parte generale” relativa
Le due pagine dell’agenda ritrovata dai carabinieri
all’esistenza dell’associazione in esame. Qui invece è opportuno concentrare per un
istante l’attenzione sul quarto sconosciuto – allo statosodale che dalle sopra indicate risultanze probatorie è
indicato dagli altri compartecipi con il nome di “Andrea”. Costui è certamente –
dalla disamina degli atti investigativi - un (ulteriore)
partecipe non già (solo) per
il suo concorso nella vicenda
“Fallara” di cui sopra ma per-
ché dall’esame complessivo
della stessa è dato evincersi i
tratti strutturali tipici del sodale che si interfaccia con gli
altri compartecipe, facendo
uso delle schede attivate in
modo illecito dal gruppo, godendo della fiducia degli altri
membri del sodalizio ed infine cooperando nella realizzazione del programma associativo ed attuando il modus
procedendi illecito del sodalizio di cui si è detto». Secondo il gip, dunque, c’è una se-
rie di elementi che fa capire
perché si profili un’associazione: «Si può affermare in
sostanza che il complesso e
coordinato materiale probatorio acquisito, costituito
–come detto- dall’esistenza
di organizzazione di mezzi e
di uomini, dalla realizzazione di un programma “aperto” teso alla realizzazione di
una pluralità di reati, dall’uso
di un tipico modus procedendi, dal ricorso sistematico a
schede intestate a ignari ter-
zi in funzione di “paravento
intercettativo”, dall’uso di un
linguaggio artificioso ed “a
tappe”, dal ricorso a precise
tecniche redazionali, dall’adozione di segni identificativi tipici, dalla risalenza
e preesistenza del vincolo
associativo rispetto ai singoli delitti fine, dall’accertamento di facta concludentia
(quali l’uso di buste identiche
o analoghe, l’invio a terzi
“soggetti sensibili”, la ripartizione in zone per ogni sodale
di riferimento, l’uso di parole chiave “di richiamo”, la
predisposizione di nuove
“truffe” (minacce e/o estorsioni), la disponibilità di loghi, timbri frutto di evidente
contraffazione, l’insieme degli strumenti atti alla precostituzione di inesistenti atti
giudiziari, la commissione di
reati attuati del programma
criminoso) - ha consentito di
acclarare come il menzionato gruppo illecito è sia formato da membri specificamente avvinti e uniti dallo scopo
di realizzare in via sistematica il programma criminoso
prefigurato, sia contraddistinto da una struttura organizzativa fondata nella sua
essenza dalla preventiva ed
essenziale ripartizione dei
compiti assegnati a ciascun
sodale ai fini del mantenimento della struttura illecita
e della contestuale consumazione dei singoli suddetti delitti-fine con la conseguenza
che, sul piano strettamente
giuridico, certamente l’indicata compagine illecita integra i requisiti normativi richiesti dalla giurisprudenza
di legittimità per l’esatta individuazione e delimitazione
dell’associazione criminale di
cui all’art. 416». (r.r.)
«Distruggono l’onore di Stato»
Durissimo commento del gip. I sospetti su un elenco di nomi noti
«Il quid proprium di questa
associazione è rappresentato
dalla sua capacità di assumere
– per la posizione istituzionale ricoperta da taluno dei suoi
sodali- notizie riservate e segrete che, nel “colpire” i singoli soggetti passivi coinvolti,
screditano e distruggono
l’onore e la professionalità delle locali forze dell’ordine e delle autorità giurisdizionali su
cui primariamente si fonda
l’assetto istituzionale italiano».
Ci va molto duro il gip Antonino Laganà nel commentare
la condotta dei soggetti tratti
in arresto ieri. Il gip sottolinea
«in primo luogo la “pervicacia” e l’insistenza manifestata
dal gruppo che, (si pensi alla
vicenda Fallara), anche dopo
avere subito l’individuazione
di taluno dei suoi principali sodali, continua la sua attività di
illecita persuasione e inganno
nei confronti dei soggetti passivi presi di mira. D’altro canto –per rimanere sempre sul
versante della prima prospettata considerazione- non si
può non evidenziare come il
gruppo in esame non teme di
truffare anche personaggi (si
pensi alla vicenda Fortugno)
quantomeno vicini a fortissimi ambienti criminali provinciali per come le vicende giudiziarie reggine hanno allo stato
appurato e confermato. Il che
da l’idea anche della forza e
“della tenacia associativa” insita nel gruppo in esame. Da ultimo –è questa è la seconda
osservazione finale- bisogna
rilevare come i delitti fine sopra individuati sono stati “ricostruiti” per via di querela
delle singole persone offese o
in forza di ritrovamenti delle
“buste” inviate alle vittime, dovendosi tutta’altro che escludere –per come riferito dalla
stessa “organizzazione” in esame - che numerosi sono stati (
e sono) gli altri affari illeciti andati a buon fine da un gruppo
che fa della lesione della riser-
vatezza e dell’immagine uno
dei cardini su cui mirare per la
riuscita del suo programma
criminoso».
Ma quali erano i ruoli precisi? Eccoli: Franco era capo e
promotore del sodalizio, assumeva informazioni riservate in
relazione ad importanti vicende giudiziarie del distretto di
Reggio Calabria, anche in ragione del proprio ufficio, individuava le persone cui richiedere le somme di denaro, stabiliva la strategia da seguire,
predisponeva la documentazione da utilizzare in occasione dei singoli reati fine, impartiva disposizioni agli altri associati, manteneva, anche personalmente, i contatti con le
vittime; Angelo Belgio coadiuvava Franco, eseguendo le sue
disposizioni, fornendogli il necessario supporto logistico ed
informativo, accompagnando
in occasione degli spostamenti, del deposito di plichi destinati alle vittime in luoghi con-
cordati, detenendo materiale
da utilizzarsi per il raggiungimento degli scopi comuni, ponendo in essere ogni ulteriore
condotta necessaria alla vita
del sodalizio ed alla consumazione dei delitti fine; Rosa
Bruzzese coadiuvava il marito
(Franco), eseguendo sue disposizioni fornendogli il necessario supporto logistico ed
informativo, collaborando con
quest’ultimo nel mantenere i
contatti con le vittime attivandosi per mettere a disposizione del gruppo schede telefoniche intestate a terzi ignari da
utilizzarsi nelle comunicazioni con le vittime.
E’ stato poi ritrovato un
elenco di nomi di personalità
note in città e suddiviso per zone. C’è il sospetto che potessero essere potenziali nuove vittime. Ecco l’elenco senza indirizzi. Zona Sud: Pezzano Pietro, Zoccali Rocco, (Avvocato),
Spano’ Francesco, De Lorenzo Cecilia, Chizzoniti Aurelio,
Antonino Consolato Franco
Canale Amedeo. Zona Nord:
Gangemi Francesco Classe
1934, Gangemi Francesco,
Classe 1930, Partinico Riccardo, Caracciolo Antonio, Cutrupi Nicola, Sarra Alberto, Cammera Marcello, Bruno Paolo,
Catalano Franco, Saraceno
Andrea. Zona Centro Ed Interna: De Stefano Giorgio, De
Stefano Giovanni, Amodeo
Domenico Oreste, Franco An-
tonio Michele, Zoccali Rocco
(Psichiatra). Altri Nominativi:
Romeo Paolo (Detenuto), Matacena Amedeo, Valentino
Giuseppe, Morabito Antonio,
Colonna Ugo, Gatto Biagio,
Montagnese Francesco, Idone
Antonio, Rizzo Giuseppe,
(Messina), Romeo Francesco,
Pellegrino Antonino, Napoli
Angela, Pirilli Umberto, Fuda
Pietro.
VENERDÌ 18 novembre 2011 PAGINA 33
l’ora della Locride
Sede: Via Verdi, 89048 Siderno Tel. e fax 0964 342899 Mail: [email protected]
GUARDIE MEDICHE
Siderno
Locri
Marina di Gioiosa J.
Gioiosa Jonica
Roccella Jonica
Bovalino
Grotteria
Caulonia
tel. 0964/399602
tel. 0964/399111
tel. 0964/416314
tel. 0964/51552
tel. 0964/84224
tel. 0964/61071
tel. 0964/53192
tel. 0964/861008
LOCRI
Saranno interrogati oggi i
due fratelli ed imprenditori
Giovanni e Domenico Camastra, arrestati due giorni fa
dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’operazione, coordinata dalla Dda di Reggio
Calabria, denominata “Oro
Nero”. I due, che si trovano
attualmente detenuti presso
il carcere di Locri e difesi dall’avvocato Antonio Alvaro,
saranno così sentiti dal gip di
Locri sui fatti che, secondo la
procura antimafia, li pongono fra l’altro anche al centro
di una frode ai danni dell’erario per circa oltre 12 milioni di
euro. Ed infatti le altre accuse da cui dovranno difendersi i due indagati sono pesantissime: dalla truffa al contrabbando di carburante passando per l’evasione fiscale, il
tutto aggravato dalla circostanza di aver commesso tali
reati agevolando la ‘ndrangheta. Oltre ai fratelli Camastra risultano coinvolte ed indagate altre quaranta persone che avrebbero fruito ed ottenuto benefici illeciti dal
complesso sistema fraudolento messo in atto dai due
imprenditori leaders nel redditizio mercato dei prodotti
petroliferi. Gli uomini delle
fiamme gialle nel corso dell’operazione hanno anche
messo i sigilli alla società capogruppo dell’impero Camastra e ad altre sei aziende ad
essa collegata. Sono stati sottoposti a sequestro inoltre
terreni, immobili e conto correnti per un valore complessivo di circa 350 milioni di euro. Secondo quanto emerso
dall’attività investigativa, il
meccanismo fraudolento posto in essere ruotava attorno
alla creazione fittizia di enormi quantità di gasolio denaturato. In realtà però il prodotto rimaneva allo stato naturale permettendo così alla
ditta di eludere i controlli
ottenendo quindi un regime
di tassazione agevolato oppure consentendo il contrabbando dell’ ”oro nero”. Ma ciò
che preoccupa maggiormente, anche secondo quanto dichiarato in sede di conferenza stampa dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, rimane il legame o comunque
la vicinanza a molte famiglie
mafiose calabresi. Dalle numerose intercettazioni eseguite è infatti emerso che,
sebbene i due imprenditori
non faccessero parte di alcuna consorteria mafiosa, tuttavia la loro attività criminosa finiva per avvantaggiare le
potenti ‘ndrine del territorio
FARMACIE
EMERGENZA
Bovalino
Bovalino
tel. 0964/66128
tel. 0964/61028
tel. 0964/356097
Gioiosa Jonica
Martora & Crupi
tel. 0964/51259
Satriano
tel. 0964/51532
Scopacasa
tel. 0964/58134
Cristiano
De Sandro
Longo
Carabinieri
Polizia
Capitaneria
CINEMA
tel. 0964/61000
tel. 0964/67200
tel. 0964/787657
Gioiosa Jonica
Carabinieri
tel. 0964/51616
Marina di Gioiosa Jonica
Carabinieri
tel. 0964/415106
Cinema Vittoria
Cinema Nuovo
I fratelli Camastra sono accusati anche di mafia
che ovviamente venivano
agevolate dai prezzi scontatissimi del carburante acqui-
stato dalla società Camastra
Petroli. Non sono mafiosi
dunque ma fanno affari con
soggetti «tutti, o quantomeno una gran parte più o meno inseriti in ambiti ndran-
ghetisti», si legge nell’ordinanza che ha portato al fermo dei due imprenditori.
Non il solito rapporto vittima
- carnefice dunque «ma
interessi che si sovrappongono e danno vita al raggiungimento di perfetti e collaudati equilibri criminali - prosegue ancora il provvedimento - e questo secondo un collaudato schema che vuole gli
imprenditori calabresi spesso “vicini” alla criminalità organizzata al fine di trovare i
giusti appoggi per poter liberamente e proficuamente
svolgere la propria attività lavorativa e al contempo la
ndrangheta attivamente interessata al tessuto imprenditoriale al fine evidente di trarne illeciti vantaggi economici,
oltre che a mettere in atto un
sistematico controllo del territorio». Daniela Ursino
le motivazioni
«Doveva essere punito»
Ecco perché secondo la Corte d’Assise è stato ucciso Congiusta
SIDERNO Costa e questo avrebbe rischiato di riaccendere la faida. Nei mesi precedenti
«Gianluca Congiusta doveva essere l’omicidio Antonio Scarfò aveva subitop
punito». Ecco perché secondo la corte numerosi danneggiamenti ed intimidad’assise di Locri il giovane imprendito- zioni ma non si era piegato. Nello stesre di Siderno è stato ucciso il 24 maggio so periodo Giuseppe Curciarello pres2005. Sono state depositate ieri le mo- sava Gianluca Congiusta e, minacciantivazioni del processo che si è concluso dolo, gli “consigliava” di convincere il
lo scorso dicembre con la condanna al- suocero a pagare: « vidi che ‘ndavi mi fal’ergastolo per Tommaso Costa e a ven- ci, va non è che ccà putimu stari mu ioticinque anni di reclusione per Giusep- camu». Si legge ancora nelle motivaziope Curciarello. Nelle quasi cinquecento ni della sentenza «non c’è dubbio che
Tommaso
costa,
pagine della motivaziomentre ancora si trone è stata così ricostruita
«Aveva fatto
vava in carcere, aveva
l’intera vicenda che ha
qualcosa della
maturato una volontà
portato al brutale omicidio di Gianluca Congiupunitiva nei confroncui gravità
sta. «Aveva fatto un
ti e di Scarfò Antonio,
nemmeno si
qualcosa della cui graviche non si piegava alrendeva conto»
tà nemmeno si rendeva
l’estorsione e che aveconto, in quanto suscetva pensato di potergli
tibile di cagionare grandi problemi di sfuggire ricorrendo alla cosca dominanincolumità ai Costa e di farli ricadere nei te dei Commisso, e di Gianluca Congiulutti del passato». Vessato dalle richie- sta che lo aveva gravemente esposto
ste estorsive dei Costa che minacciava- mettendo in serio pericolo la sua incoluno da tempo sia lui che il suocero Anto- mità e quella dei suoi familiari, sottovanio Scarfò, aveva chiesto protezione al- lutando e non riconoscendo il potere
la famiglia Commisso, storica rivale dei mafioso da lui rappresentato». È stata
Siderno
tel. 0964/342776
“Breaking down” ore 16 - 19- 22
Roccella Jonica
Cinema Golden
tel. 0964/85409
“I soliti idioti” ore 18 - 20 - 22
Oro nero, gli evasori
davanti al giudice
La sede dell’azienda dei fratelli Camastra a Locri
Locri
tel. 3397153696
“Breaking down” ore 18 - 20 - 22
dunque confermata su tutta la linea
l’impostazione accusatoria della pubblica accusa ed infatti anche secondo i giudici , «Gianluca Congiusta è stato ucciso – continua la sentenza - perché meritava una punizione, perché la volontà
di Antonio Scarfò fosse definitivamente piegata e perché si capisse bene,
“chiaro e tondo” esisteva anche il “colore” dei Costa».
da. ur.
“Crimine”
Il Tdl restituisce
i beni immobili
a Tavernese
MARINA DI GIOIOSA
Il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, Presidente Leonardo, Aliquò
e Foti, in accoglimento
della richiesta di riesame
presentata dall’avvocato
Leone Fonte ha annullato
il sequestro preventivo disposto dal Gip in relazione a dei beni immobili di
proprietà di Vincenzo Tavernese di anni 56 di Marina di Gioiosa Jonica ma
di fatto residente in Canada. Lo scorso mese di ottobre il Ros dei carabinieri di Reggio Calabria eseguivano una serie di sequestri consistenti in beni
immobili e società facenti
capo ad alcuni imputati
nell’ambito dell’operazione “Il Crimine”. Tra queste persone figurava anche
il Tavernese, ritenuto dall’accusa componente di
vertice dell’associazione
mafiosa
denominata
ndrangheta ed in particolare quale elemento di
spicco del locale di Marina di Gioiosa Jonica. A seguito di indagini patrimoniali eseguite dai Carabinieri del Ros emergeva che
Tavernese pur non svolgendo alcuna attività lavorativa e non avendo mai
presentato alcuna dichiarazione dei redditi risultava essere proprietario di
appartamenti ed altri beni
immobili sia in Calabria
che in Piemonte. Fonte nel
corso dell’udienza dinanzi
al Tdl evidenziava che il
sequestro non poteva essere disposto solo sulla base della presunta appartenenza di Tavernese all’associazione mafiosa di cui
al processo “Il Crimine” o
il fatto che lo stesso non
aveva mai presentato la dichiarazione dei redditi, ma
l’accusa avrebbe dovuto,
altresì, provare che i beni
immobili sottoposti a sequestro costituivano il
profitto di attività illecite
facenti parte del programma criminale dell’associazione mafiosa contestata.
Sulla stregua di queste argomentazioni il Tribunale
disponeva l’immediata restituzione del patrimonio
immobiliare sequestrato.
re. lo.
34
VENERDÌ 18 novembre 2011
calabria
ora
L O C R I D E
In alto: la busta della lettera inviata a Mario
Congiusta dal poliziotto Franco.
A destra: un momento delle conferenza stampa a
Reggio Calabria
Quella lettera per i Congiusta
Franco chiese cinquantamila euro ai familiari dell’imprenditore
complice, Angelo Belgio.
Il poliziotto, in servizio
Il poliziotto infedele, Anto- presso la Questura di Reggio
nino Consolato Franco, aveva Calabria, sfruttava la propria
cercato di attirare nella sua posizione privilegiata per utitrama fatta di ricatti e lettere lizzare notizie false e minacanonime le persone coinvol- ciando complicazioni legate
te, a vario titolo, nei casi Fal- ai processi suddetti o la poslara, Fortugno e Congiusta. sibilità di trovare una soluzioSoggetti ritenuti “sensibili”, ai ne congeniale agli stessi. Tra
quali Franco proponeva la le persone prese di mira Maconsegna di fantomatiche rio Congiusta, padre di Gian“prove a discarico” o la garan- luca, il giovane imprenditore
zia di riservatezza su notizie assassinato a Siderno il 24
altrimenti “nocive” in cambio maggio del 2005. Come in
del
versatutti i casi
mento di aldella trama
La lettera ai
cune somme
messa in atto
familiari
di
di denaro stadai tre sogbilite dallo
Gianluca arriva getti, le ristesso polichieste arril’otto febbraio
ziotto e indivano alla fa2008
cate nelle sue
miglia Conmissive, pezgiusta attrazi di un puzzle che lascia in- verso una lettera anonima. Al
travedere un’immagine a tin- suo interno i familiari di
te fosche.
Gianluca leggono di un qualEra Franco, dunque, il che materiale probatorio che
principale promotore dell’as- potrebbe dimostrare la colpesociazione a delinquere che volezza di Salerno, scagioavrebbe tentato di truffare i nando, di fatto, il boss Tomparenti dei soggetti in que- maso Costa, ritenuto responstione, con l’aiuto della mo- sabile del delitto del giovane.
glie Rosa Bruzzese e di un
La richiesta era di ben cinSIDERNO
Gianluca Congiusta, ucciso il 24 maggio 2005
quanta mila euro in cambio
delle preziose informazioni,
che avrebbero dovuto assicurare ad un padre che aveva
perso il figlio la giustizia che
cercava. Un tentativo che però non ha ottenuto gli effetti
sperati per Franco, vista la
denuncia presentata dalla famiglia Congiusta subito dopo
aver ricevuto la lettera.
A raccontare tutto alle for-
ze dell’ordine è stata la sorella di Gianluca, Roberta, che
l’otto febbraio del 2008 trova
una busta contenente al suo
interno un foglio di quaderno.
«Se non segui le mie istruzioni diamo ai Costa le prove
che sono stati i Salerno a uccidere Gianluca - queste le
parole scritte nella lettera Porta 50 mila euro in una bu-
sta da spazzatura mira. Lune- maso Costa, classe ’59.
dì 11 lascia tutto nel monuSulla busta ricevuta dalla
mento di tuo figlio e vattene. famiglia Congiusta compare
una sigla che consente di riAlle due di notte».
Parole indirizzate a Mario condurre la lettera al gruppo
Congiusta, un pugno dritto criminale guidato da Franco e
nello stomaco che però non quel particolare modo di scrifa cedere il padre coraggio, vere la “B” che costituisce una
che non ha tenuto nascosta la vera e propria “firma”, un selettera e l’ha presentata subi- gno di riconoscimento che
consente di rilevare la chiara
to alle forze dell’ordine.
Il Salerno di cui si parla connessione tra il caso della
nella missiva giunta alla fami- lettera giunta a Congiusta e
glia Congiusta è Salvatore, il quelle destinate ai soggetti
criminale dal grilletto facile coinvolti nei casi Fallara e
Fortugno.
ucciso menLa lettera
tre si trovava
Il modus
recapitata al
a cavallo neloperandi
è
lo
padre dell’ottobre del
2006 e che
stesso anche nei l’imprenditore rappresennel periodo
casi Fallara e
ta la seconda
dell’omicidio
Fortugno
tappa del didi Gianluca
segno crimibazzicava
nella zona grigia della crimi- nale organizzato dal poliziotnalità organizzata, ritenuto to Antonino Consolato Franvicino al clan Commisso ma co: la prima è stata recapitache, segretamente, pare si ta alla famiglia Bruzzese, vicistesse avvicinando al clan dei na a quei Marcianò ritenuti
Costa. Su di lui gira anche la responsabili del delitto Forvoce che sia l’assassino del- tugno, mentre a chiudere il
l’imprenditore Sidernese, de- cerchio è la missiva indirizzalitto per il quale è stato con- ta al fratello di Orsola Fallara.
Simona Musco
dannato all’ergastolo Tom-
l’intimidazione
SIDERNO
Una nuova prova per papà Mario
Liquido infiammabile dentro una latta d’olio davanti alla porta di casa
Una latta con all’interno liquido infiammabile. E’ stata rinvenuta nella mattinata di ieri davanti alla porta di casa Congiusta. cuni aspetti dell’inchiesta della
Dentro anche un foglio di carta Dda che ha portato all’arresto di
completamente bianco, senza se- tre persone, accusate di manipogni grafici di alcun tipo. Giornata lazione d’informazioni anche sul
particolare quella
caso Congiusta.
di ieri per Mario
Quindi l’intimiNon si esclude la
e la sua famiglia.
dazione a domicipista che porta
Prima le motivalio. La triste scozioni della senperta ieri mattina
al processo
tenza sull’omiciin via Michele
per
l’omicidio
dio del figlio
Bello a Siderno,
dell’imprenditore
Gianluca, poi alproprio sotto lo
scalone davanti alla porta dell’abitazione della famiglia Congiusta. A scoprirlo Roberta Congiusta, figlia di Mario e sorella di
Gianluca, il giovane imprenditore sidernese assassinato il 24
maggio 2005 mentre faceva ritorno a casa dopo una giornata di lavoro. L’episodio è stato denunciato dalla famiglia ai carabinieri
della locale stazione, i quali hanno subito avviato le indagini nel
tentativo di risalire all’identità degli autori dell’atto intimidatorio
di ieri mattina. Non si esclude la
pista che porta al processo per
l’omicidio del giovane imprenditore sidernese, poichè proprio da
ieri sono note le motivazioni della sentenza di primo grado emessa dalla Corte d’Assise del Tribunale di Locri in virtù delle quali è
stato condannato all’ergastolo
Tommaso Costa. (r. l.)
35
VENERDÌ 18 novembre 2011
calabria
ora
L O C R I D E
LOCRI
A capo di tutto c’era Antonino
Consolato Franco. Lui, grazie alla
sua appartenenza alle forze di polizia, era a capo di un sistema che barattava informazioni fasulle in cambio di soldi da estorcere ai parenti
dei soggetti coinvolti in tali processi. Tra i soggetti coinvolti e destinatari delle missive anonime di Franco anche Francesca Bruzzaniti e
Mirco Monteleone, nella quali veniva falsamente prospettata l’esistenza di prove a dimostrazione dell’innocenza di Giuseppe e Alessandro
Marciano, in relazione all’accusa di
concorso nell’omicidio del vicepresidente della Regione Calabria, Francesco Fortugno, ucciso il 16 ottobre
del 2005 a Locri, di fronte a Palazzo
Nieddu del Rio.
Richieste chiare, secche, recapitate attraverso numerose buste gialle
manoscritte, fino a formare una caccia al tesoro che conteneva indicazioni precise: 10.000 euro in cambio
del prezioso materiale, proposte rafforzate dall’induzione a provare timore per un pericolo immaginario.
la tentata truffa a bruzzaniti
Il 14 gennaio del 2008 il maggiore Ciro Niglio, allora comandante
della compagnia dei carabinieri di
Locri, inviò alcuni suoi uomini a Capo Bruzzano, presso “la Scogliera”
di Africo, in cerca di prove relative
all’omicidio Fortugno. Vicino ad una
costruzione diroccata utilizzata come chiosco in estate, venne individuato, sotto una lastra di cemento
armato, un sacchetto azzurro, con
all’interno un foglio di plastica trasparente contenente una busta da
lettera gialla. Sul retro un’etichetta
di colore bianco indicava il destinatario: Lella Bruzzaniti. All’interno
un’altra busta chiusa, destinata a
sua sorella Francesca, moglie di
Alessandro Marcianò e madre di
Giuseppe, presunti mandanti dell’omicidio di Fortugno. Sul foglio alcune raccomandazioni: «Se lei ha a
cuore il bene e la libertà di suo cognato e suo nipote, allora senza per-
Le “prove” a discarico
per salvare i Marcianò
Le lettere del poliziotto a Bruzzaniti e Monteleone
I Ris a lavoro a Palazzo Nieddu a Locri, scenario dell’omicidio Fortugno
dere tempo consegni questa lettera Dessì a presentarsi in caserma a Lochiusa a sua sorella Francesca […] cri, in compagnia di Annunziato
Ci vada ora da sua sorella, perché Bruzzaniti e di due avvocati, Giovanni e Taddei e Annoi domani sera alle
nunziato Alati, rifeore 21.30 precise
rendo che suo paqualcuno la chiamei collegamenti
dre Giovanni Dessì
rà qui da lei a Bianaveva trovato, nel
co per sapere la rial caso Fortugno
giardino della loro
sposta di sua sorelTutti
i
destinatari
casa a Locri, due
la. Da questo modelle lettere
mento faccia molta
buste di carta, enattenzione».
trambe di colore
anonime erano
La busta destinagiallo avvolte da
legati
in
qualche
ta a Francesca Bruzcellophane. Una era
zaniti ne conteneva
da consegnare a tamodo al delitto
a sua volta un’altra,
le Mirco Monteleodel politico
con le istruzioni da
ne e l’altra a Franseguire per ottenere,
cesca Bruzzaniti.
in cambio del pagamento di 10.000 euro, i documenti
le missive a monteleone
comprovanti l’estraneità di AlessanTutti questi personaggi sono coldro e Giuseppe Marcianò all’omici- legati, in qualche modo, al caso Fordio Fortugno. Il 17 gennaio è Maria tugno: Annunziato Bruzzaniti, infat-
ti, è il fratello di Francesca Bruzzaniti, mentre Maria Dessì è figlia di Giovanni, ritenuto organico alla cosca
Cordì. Maria è inoltre sorella di Salvatore e Carmelo, arrestato nell’ambito dell’operazione “Arcobaleno”,
per aver favorito gli esecutori dell’omicidio di Francesco Fortugno ed
in seguito scagionato poiché “estraneo ai fatti”. Un altro fratello noto
alle forze dell’ordine è Antonio, che
secondo recenti indagini risulterebbe strettamente collegato ad Antonio Cordì, figlio del defunto boss Cosimo ed al sorvegliato speciale Attilio Giorgi, anch’esso organico alla famiglia Cordì. Vicino ad Attilio sarebbe anche Mirco Monteleone, destinatario di un’altra delle missive
anonime, consegnatagli da Maria
Dessì. Lo stesso Monteleone, in seguito, ricevette una telefonata anonima, in cui una voce metallica gli
«Panetta è innocente»
L’arringa di Maio: «Era a casa all’ora dell’omicidio»
doveva dare delle risposte».
Quindi ha poi analizzato il filone
Poco più di tre ore per Luca parallelo che ha coinvolto GiuMaio, legale di Antonio Panetta, seppe Zucco «Assolto- ha tuonaimpegnato a convincere la Corte to l’avvocato in aula- con sentend’Assise di Locri che il suo assisti- za defitinitiva mai messa in dito con l’omicidio di Salvatore scussione» e Domenico Zucco,
Cordì non c’entra nulla.
assolto anche lui: «Quella famoL’avvocato ieri in aula nel cor- sa telefonata si è rivelata una buso della sua arringa difensiva è fala. Le intercettazioni in un propartito dalla requisitoria del pub- cesso non possono essere delle
blico ministero Antonio De Ber- prove. In quella telefonata quel
nardo, al termine della quale è rumore non è un colpo d’arma da
stato chiesto l’ergastolo per i pre- fuoco, ma un colpo di tosse, una
sunti responsaporta che sbatte o
bili del delitto
«Quella famosa lo scoppio di una
consumato a SiDometelefonata è una marmitta.
derno il 31 magnico Zucco non si
gio 2005. «La
trovava sul luogo
bufala. Le
requisitoria del
del delitto e le vointercettazioni
pm- ha sostenuci femminili in
non sono prove» sottofondo non
to Maio- mi è
sembrata spensono grida ma si
ta, come se lo stesso volesse da percepisce un tono pacato. Tra la
subito deporre le armi, cercando 659 e le prove da sparo non esidi salvere una nave che dall’inizio ste nessuna compatibilità».
Per Maio non è possibile scinera alla deriva. Si è trattato di una
rilettura superficiale delle ordi- dere il reato associativo da quelnanze di custodia cautelare, scat- lo omicidiario. «Non può essere
tate subito all’indomani dell’omi- un fidanzamento tra due persone
cidio Fortugno, perché lo Stato elemento fondamentale per conLOCRI
testare un reato associativo». Il
riferimento è alla liason tra Anna
Zucco, sorella di Domenico, e Antonio Panetta. «Gli imputati tra
di loro si sono conosciuti per la
prima volta in questo processo,
dal 2005 al 2008 nessuna prova
del loro rapporto è stata fornita.
Nelle intercettazioni non esiste
nessuna traccia di Antonio Pa- Antonio Panetta
netta che potrebbe lasciare un
Infine la richiesta formulata
dubbio interpretativo sulla sua
dalla Corte presieduta dal giudicondotta».
Il legale inoltre ha evidenziato ce Monteleone: «Chiedo l’assoluzione per Antoalcuni aspetti cirnio Panetta sia
ca la presenza di
«Assolvetelo
dal reato assoAntonio Panetta
sia
dal
reato
ciativo sia da
nei pressi della
quello per omisua abitazione alassociativo
cidio e un chial’ora esatta del desia da quello
litto, ore 17.30:
rimento sulle
per il delitto»
tante ombre get«Ci sono due teletate sulla vicenfonate- ha tuonato Maio in aula- che confermano da dalla polizia giudiziaria».
Oggi sarà il turno di Mario
la sua presenza in via delle Colline a Locri, la via dove ha dimora. Mazza e Cosimo Albanese, legali
In una di queste Panetta, al tele- di Curciarello. Chiuderà la giranfono con Giuseppe Zucco si in- dola delle discussioni lunedì Anforma circa la disponibilità di gas tonio Staiano, legale di Antonio
per ricaricare il condizionatore e Martino.
Ilario Balì
nient’altro».
avrebbe comunicato dove trovare
un’altra busta da consegnare ad un
suo amico: sul lungomare di Locri,
all’altezza del Club Nautico, dove,
sulla spiaggia, avrebbe trovato una
X disegnata sulla sabbia e accanto
una pietra con sotto la busta. Secondo quanto raccontato dallo stesso
Monteleone ai carabinieri, il ragazzo si recò sul lungomare, dove vide
un uomo alto circa 1,80, che si allontanava a bordo di una Polo Station Wagon blu, delle quale avrebbe
appuntato la targa. Ma Monteleone
omise alcuni particolari, ovvero il
coinvolgimento di Attilio Giorgi, che
ascoltato dai carabinieri di Locri raccontò di aver ricevuto da Monteleone una busta contenente una lettera e due copie di un verbale di trascrizione di colloquio presso una
struttura carceraria ed una scheda
personale. Giorgi era inoltre con
Monteleone nel momento in cui
questi ricevette la telefonata anonima e si recò con l’amico sul lungomare di Locri per osservare la situazione. Fu lui, insieme ad un altro
amico, a prender nota della targa
della Polo Station Wagon, la cui appartenenza fu verificata dal cugino
Cesare Cordì il giorno successivo,
presso un’agenzia disbrigo pratiche
di Locri. La vettura era intestata proprio a Antonino Consolato Franco,
confermando, così, l’esistenza di
un’associazione criminosa. D’altronde, durante i fatti appena raccontati la stessa utenza telefonica
del poliziotto Franco è stata idnividuato proprio nei luoghi descritti o
in prossimità degli stessi, confermando il suo coinvolgimento nella
vicenda, cosa provata anche dalla
grafia e dalle similitudini linguistiche e strutturali delle missive indirizzate ai soggetti ai quali venivano
chieste somme di denaro in cambio
di prove schiaccianti. La caccia al tesoro di Mirco e Attilio, però, non da
i frutti sperati, visto che non risulterebbe un eventuale ritrovamento
della lettera che doveva trovarsi sotto la “X” impressa sulla sabbia della
spiaggia di Locri.
Simona Musco
“Shark”
Legali in sciopero
Udienza rinviata
LOCRI E’ stata rinviata al 15 dicembre l’udienza prevista per ieri in composizione collegiale nell’ambito del processo ai cravattari del clan Cordì, coinvolti
nell’inchiesta Shark della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria,
risalente al settembre 2009.
Il rinvio è stato reso necessario a causa
dell’adesione degli avvocati penalisti difensori degli imputati allo stato d’agitazione della categoria. L’escussione dei testi previsti dunque per ieri è slittata al
prossimo mese, a ridosso delle festività
natalizie. Alla sbarra nel procedimento in
corso al Tribunale di Locri presunti affiliati al clan Cordì.
re. lo.
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19
calabria
ora
C O S E N Z A
L’infermiere che aiutava i clan
Le rivelazioni del pentito Galdi: «Falsificava referti, analisi e ingessature»
Un infermiere dell’ospeda- bare. «Ma non si trattava di
il profilo
le di Cosenza avrebbe favori- falsi funerali - ha precisato il
to i clan cosentini. Come? pentito - bensì di semplici e
Falsificando referti medici, insospettabili trasporti sui
analisi e praticando ingessa- carri funebri». Un infermiere
ture fasulle. Il suo apporto sa- compiacente, dunque, e un
rebbe stato prezioso soprat- macabro narcotraffico. Due
storie
che
tutto quando
Galdi sostiedi
mezzo
Francesco Galdi, 37 an- da visita consegnato al giuE la cocaina
ne di aver apc’era un fatto
ni, prima di pentirsi era dice dal pm della Dda è staavrebbe
preso
nel
di sangue. A
considerato
una sorta di to proprio il primo verbale
Il paramedico
tempo,
in
rivelare quemago delle truffe. Laurea con le confessioni del nuoviaggiato
sarebbe stato
virtù delle
sto possibile
to in scienze dell’ammini- vo «dichiarante». Secondo
in servizio
nascosta
sue ottime
scenario, fin
strazione, aveva uno studio l'accusa, l'uomo era alla
a Cosenza
nelle
bare
entrature
qui del tutto
commerciale nella città di guida di una “cellula” di
con gente afinedito,
è
Bologna, ma dallo scorso narcos in Emilia Romagna,
Francesco Galdi, il nuovo filiata ai diversi clan cosenti- 2000. Tra gli ulteriori spunti tori di giustizia: Angelo Codicembre si trovava in car- regione in cui il dottore si
pentito che da alcuni mesi ni. Ovviamente si tratta di di- da lui offerti, anche un qua- losso alias “Poldino” e Luigi
cere poiché coinvolto in un era trasferito per curare gli
collabora con la Dda di Ca- chiarazioni tutte da verifica- dro piuttosto attuale di quel- Paternuosto. Il primo, fuopresunto giro di narcotraf- interessi dei paternesi. In
tanzaro. Interrogato dal pm re, ma a questo penseranno lo che, a suo dire, sarebbe riuscito dal clan Lanzino, colfico internazionale al pari particolare, sovrintendere
Pierpaolo Bruni lo scorso 21 gli inquirenti. Per il resto, le l’assetto odierno delle fami- labora con la giustizia da quadi altre 83 persone. Quel- al traffico di droga (per lo
ottobre, Galdi, conosciuto cantate di Galdi avevano ri- glia di ’ndarngheta nella città si un anno e mezzo mentre
l'inchiesta, nome in codice più cocaina) che proveniva
con il nomignolo de “Il dotto- guardato molti altri aspetti dei Bruzi. Oltre ai verbali con più recente è il pentimento di
“Overloading”, è approda- dalla Spagna per essere
re” ha parlato tra le altre co- della criminalità locale, tra le dichiarazioni di Galdi, l’in- Paternuosto avvenuto solo
ta di recente in aula per lo immessa sul mercato emise di questo paramedico, in cui anche alcuni omicidi chiesta “Telesis” si è recente- pochi mesi addietro.
svolgimento dell'udienza liano oppure dirottata in
servizio all’Annunziata, e del- (Cerminara e Merincolo) av- mente arricchita con le conpreliminare. E il biglietto Calabria. (mcr)
MARCO CRIBARI
la complicità che avrebbe as- venuti nei primi anni del fessioni di altri due [email protected]
sicurato alle attività della malavita. In particolare, prima
al gruppo Lanzino-Cicero e
telesis
poi ai Bella-bella. Non a caso,
le confessioni di Galdi sono
state raccolte nell’ambito dell’inchiesta “Telesis” che mira
proprio a dimostrare l’esistenza di una cosca con a capo alcuni esponenti della famiglia Bruni, nota anche con
l’appellativo “Bella-bella”,
mutuato dal defunto capostiri più stretti: la moglie, alcuni fra- funebre. Dopo l’arresto dicempite Francesco Bruni. In ben
telli, cugini e nipoti. Non a caso, brino, però, sia Naccarato che i
BLITZ
cinque ore d’interrogatorio,
molti di questi nomi figurano due tutori dell'ordine erano stati
Auto dei
però, le rivelazioni di Galdi,
nell'elenco dei 49 mandati di cat- rimessi in libertà dal Tribunale
carabinieri
ex truffatore presentatosi cotura spiccati in occasione del blitz del Riesame per mancanza di
schierate
me fuoriuscito dal clan Chidicembrino. Non mancano, pe- gravi indizi e oggi rispondono a
durante
rillo di Paterno Calabro, hanrò, nomi eccellenti come i La- piede libero delle accuse. Oltre al
l’operazione
no abbracciato un po’ tutte le
macchia, chiamati a rispondere Riesame, però, anche la Cassache lo scorso
dinamiche del crimine cosenzione, nei mesi
di una presunta e
16 dicembre
tino, sia antiche che recenti.
scorsi aveva astentata violenza
Nell’elenco
portò
Un vero e proprio fiume in
sestato duri colpi
privata (con l’agnon
figura
più
in carcere
piena che di cui, spesso e vogravante della
all’inchiesta, an49
persone
lentieri, i verbalizzanti sono
nullando (con un
mafiosità) consuil defunto
stati costretti a frenarne l’immata ai danni del
rinvio al Tdl tutMichele
peto. «Chiedo scusa, ma non
titolare di una clitora pendente)
“Bella bella”
parlavo con anima viva da 40
nica cosentina.
l’ipotesi di assogiorni» si è giustificato il DotUn reato, si ritieciazione mafiosa
tore che, in attesa di entrare
Prime schermaglie in aula, og- c’era anche Michele Bruni, ovve- ne, commesso per favorire l'im- formulata a carico sia di Michele
nel programma di proteziogi a Catanzaro, dov’è previsto ro l’uomo considerato alla stre- presa di pompe funebri di Luigi Bruni (fatto avvenuto proprio pone, è sepolto vivo in isolal’esordio in aula dell’inchiesta gua di capo del gruppo in que- Naccarato, pure lui finito in ma- chi giorni prima della sua scommento nel carcere di Frosino“Telesis”. L’udienza preliminare stione. Bruni, però, conosciuto nette per concorso esterno in as- parsa) e dei suoi fratelli Fabio e
ne. Tra gli altri particolari
vede sotto accusa 46 persone con il soprannome di “Bella bel- sociazione mafiosa. La stessa ac- Lu-ca.Un brutto colpo dicevamo,
“curiosi” da lui svelati, ci sachiamate a rispondere, a vario ti- la” è morto alcuni mesi fa di cau- cusa ipotizzata nei confronti di giacché l’indagine in questionerebbe anche l’originale metotolo, di associazione a delinquere se naturali. Altri due uomini, in- due carabinieri Massimiliano Er- mira proprio a dimostrare l’esido escogitato dal presunto
di stampo mafioso, concorso vece, l’ex parlamentare Bonaven- cole, 37 anni, di Cosenza, e Fran- stenza di un clan a conduzione
clan Bruni per trafficare in
esterno in associazione mafiosa tura La Macchia e suo fratello Er- cesco Romano napoletano di 34 familiare, composto non a caso
stupefacenti. A suo dire, innonché di associazione finalizza- nesto, verranno giudicati a par- anni, titolari di una discoteca, il da fratelli, mogli, nipoti, cugini.
fatti, la droga acquistata in
ta allo spaccio di sostanze stupe- te. L'inchiesta, parte dall'ipotesi Sin Club di Zumpano, considera- Circostanza che del processo orprovincia di Reggio Calabria
facenti, alle rapine, al riciclaggio, che a guidare il gruppo in que- ta dagli inquirenti come una del- mai alle porte, una vicenda dalveniva fatta entrare nella citalle estorsioni e all'usura. In ori- stione fosse il 38enne Michele le attività economiche controlla- l’esito tutt’altro che scontato.
tà di Cosenza nascosta nelle
gine, nell’elenco degli imputati Bruni, con al suo fianco i familia- te dalla cosca, al pari dell'agenzia
mcr
Un mago delle truffe
col vizio del narcotraffico
In aula con la presunta cosca Bruni
Al via l’udienza preliminare, in 46 alla sbarra per mafia e droga
drug discount
Si sono conclusi ieri gli interrogatori di garanzia dei componenti della presunta banda
di spacciatori arrestati dai carabinieri di
Rende nell’ambito dell’operazione Drug discount. Dodici in tutto, parte dei quali era
stata interrogata 48 ore fa, facendo scena
muta davanti al gip. Ieri, però, la strategia
del silenzio è stata scelta anche dal resto degli indagati. Sia Celestino Abbruzzese che
Luigi Cavalletti, infatti, e come loro Miriam
Mollo, Caterina Pugliese, Fabio Russo,
Francesco De Lorenzo, Danilo Ruffolo e Antonello Vetere si sono avvalsi della facoltà di
non rispondere. Sono accusati di detenzio-
Conclusi gli interrogatori di garanzia
Indagati di nuovo in silenzio
ne e spaccio di sostanze stupefacenti in concorso. A difenderli, sono i legali Angelo Pugliese, Gisberto Spadafora, Franco Napolitano, Luca Acciardi, Cesare Badolato, Giancarlo Greco ed Eugenio Spadafora. Ognuno
di loro ha chiesto al giudice di disporre per
gli indagati misure meno afflittive del carcere o dei domiciliari. La decisione del gip dovrebbe maturare nell’arco delle prossime
ore. Quattordici gli episodi di spaccio raccontati nell’ordinanza di custodia cautelare
e ricostruiti grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e appostamenti. Le indagini erano iniziate l’inverno
scorso, in seguito al ritrovamento di due valige di hashish nascoste nella barberia di
Montalto Uffugo di proprietà di uno degli
indagati.
Uno degli indagati mentre esce dalla caserma
VENERDÌ 18 novembre 2011 PAGINA 30
l’ora di Rossano
Tel. 0983 290604-Fax 0983 292220 Mail: [email protected]
SANITÀ
ospedale civile
pronto soccorso
guardia medica
consultorio familiare
c.r.i.
FARMACIE
tel. 0983/5171
tel. 0983/517270
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tel. 0983/522440
tel. 0983/522370
tel. 0983/510017
farmacia ferrari
farmacia di donato
farmacia noto
farmacia pappalardo
farmacia barone
farmacia rizzo corallo
farmacia gallina
farmacia mascaro
EMERGENZA
tel. 0983\512347
tel. 0983\290772
tel. 0983\512227
tel. 0983\530300
tel. 0983\520725
tel. 0983\520432
tel. 0983\64415
tel. 0983\565044
carabinieri
polizia stradale
polizia
polizia municipale
guardia di finanza
corpo forestale
vigili del fuoco
COMUNE
tel. 0983\530730
tel. 0983\511122
tel. 0983\531011
tel. 0983\520636
tel. 0983\511497
tel. 0983\520213
tel. 0983\520555
centralino
relazioni pubblico
ass. al turismo
segreteria sindaco
polizia municipale
ufficio turistico
servizio taxi
tel. 0983/5291
tel. 0983/529235
tel. 0983/520051
tel. 0983/529401
tel.0983/520636
tel. 0983/290511
tel. 0983/525263
tel. 368/3478508
tel. 334/8926687
tel. 345/5065965
Come nasce il locale di Rossano
Finora mai sancito processualmente, ne ha parlato ieri il pentito Converso
In un uliveto del cassanese
per volere di Dentuzzo. E’ così che, a detta del collaboratore di giustizia Giampiero Converso, sarebbe nato il “locale”
di Rossano, finora mai sancito processualmente e del quale il pentito ha parlato ieri in
aula nell’ambito del giudizio
con il rito ordinario del processo “Santa Tecla” dinanzi al
Tribunale penale collegiale
cittadino. Nel corso dell’esame del pm antimafia Vincenzo Luberto, il collaboratore,
che ha illustrato ruoli e organigrammi dei “locali” di Corigliano e Cassano, ha poi accennato anche alla nascita del
“locale” rossanese, avvenuta,
a suo dire, intorno al 2000 in
un uliveto nel territorio di
Cassano. E non un uliveto
qualsiasi. Bensì proprio quello tristemente noto, all’epoca,
perché «chi vi andava non faceva più ritorno». Circostanza, questa, che, a detta di Converso, indusse uno dei partecipanti a quella riunione addirittura a chiedere: «Ma stasera torneremo a casa?». In
quel periodo, ha riferito ieri il
pentito, Franco Abbruzzese
alias “Dentuzzo” aveva il potere di scegliere i “capi” anche
su altri territori perché «se lo
poteva permettere…aveva il
consenso delle società maggiori, tra cui Cirò». E fu così
che indisse una riunione in
quell’uliveto convocando Natale Perri (all’epoca ritenuto il
capo di Corigliano) e i rossanesi Nicola Acri alias “Occhi
di ghiaccio” (attualmente detenuto in regime di 41bis a Cuneo) e Salvatore Morfò. In
quell’incontro, ha ribadito ieri Giampiero Converso, sarebbe stato istituito il “locale” di
Rossano, «con a capo Nicola
Acri che aveva – ha detto il
pentito – meriti criminali e
soldi» mentre a Salvatore
Morfò «fu affidato il ruolo di
contabile». Nelle varie inchieste condotte sul territorio della Sibaritide, e nelle conseguenti sentenze emesse, finora non è mai stata sancita l’esistenza di un “locale” a Rossa-
Il collaboratore
lo racconta
nell’ambito
del processo
Santa Tecla
no (a differenza di quelli di
Corigliano e Cassano che
compaiono nelle pronunce
dei giudici a vari livelli) mentre lo stesso Nicola Acri, presunto boss rossanese, viene
dipinto dai giudici, ad esempio nella sentenza Arberia, come legato al “locale” di Cassano e vicino agli zingari. Nella
sentenza di primo grado del
processo scaturito dall’omicidio dell’imprenditore rossanese Luciano Converso (freddato a colpi di pistola il 12 gen-
naio 2007 a Momena) la Cor- (in particolare nell’epoca dei
te d’Assise di Cosenza parlava fatti di causa si imponeva cafdell’esistenza di una «compa- fè, materiale per l’edilizia, servizi di guargine criminodiania - attisa» in città
Sarebbe stato
vità solo ap«di stampo
istituto
nel
2000
parentemen‘ndranghestite lecite svolte
stico,
che
in un uliveto
dagli accolioperava sul
di Cassano
ti), traffico di
territorio – si
da Dentuzzo
sostanze stulegge nelle
pefacenti e
motivazioni ottenendo il controllo delle at- che, a far data dagli anni 2000
tività economiche, attraverso e, sicuramente fino alla data
la perpetrazione di estorsioni dei fatti che occupano, aveva
al suo vertice, come capo indiscusso, Acri Nicola». Pronuncia, questa, che aveva inferto
la condanna all’ergastolo ai tre
imputati (Nicola Acri, Gennarino Acri e Massimo Esposito) ribaltata in toto lo scorso
luglio in Appello con una sentenza di assoluzione con formula piena per tutti e tre della quale si attendono, per il
prossimo mese di gennaio, le
motivazioni.
ROSSELLA MOLINARI
[email protected]
Nella foto in alto Nicola Acri
alias “Occhi di ghiaccio”,
attualmente detenuto in
regime di 41bis nel carcere di
Cuneo. Nella foto in basso
Salvatore Morfò
sanità
Area urbana, oggi mobilitazione
della Cgil davanti ai due ospedali
Mobilitazione per la sanità. E’ la
sigla sindacale Cgil ad indire, livello
nazionale, una giornata di protesta
per denunciare vibratamente la condizione in cui versa la sanità nel nostro Paese e in Calabria in particolare, mentre le «politiche inique scaricano sui cittadini i costi del risanamento e della crisi» e si traducono «in tasse e ticket, ma anche in tagli indiscriminati ai servizi
pubblici».
Per questo, a partire dalle 9 di stamattina, la Cgil si ritroverà davanti
agli ospedali di Rossano e Coriglia-
no «a manifestare il disagio della
collettività, e a rendere partecipi delle proprie proposte».
La giornata sarà caratterizzata anche «da momenti di confronto, di
discussione e di partecipazione, affinché i cittadini – afferma il responsabile Cgil area urbana Vincenzo Casciaro - abbiano la consapevolezza
che la sanità è in grave pericolo, per
colpa di politiche sbagliate, inefficienti e inadeguate. Con l'occasione,
si invitano tutte le forze politiche e
sociali a prendere parte all'iniziativa». Per quel che riguarda la Sibari-
tide, e nello specifico l’area urbana
Corigliano-Rossano «a causa dei ritardi nella pubblicazione del bando,
l'inizio della fase esecutiva della costruzione del nuovo ospedale ha già
subito due anni di rinvio».
Mentre «nell'attesa – sottolinea il
sindacalista Casciaro - i due ospedali continuano a subire i tagli imposti
dalla Regione, e non riescono più a
sopportare gli aumentati carichi di
lavoro, conseguenti alla chiusura degli ospedali di Trebisacce e di Cariati». Da qui la decisione di indire la
giornata di mobilitazione «contro
queste politiche, che riducono il diritto costituzionale dei cittadini alla
salute» a cui la Cgil «si oppone con
fermezza».
34
VENERDÌ 18 novembre 2011
calabria
PAOLA - PRAIA A MARE - ACQUAPPESA
I pubblici ministeri Roberta Carotenuto e Linda Gambassi, sostituti
procuratori della Repubblica di Paola, hanno disposto il sequestro probatorio dello stabilimento MarlaneMarzotto ubicato in Praia a Mare, via
della Repubblica e dell’area antistante il detto stabilimento. Ciò in ossequio ad una puntigliosa istanza firmata dagli avvocati Augusto Marragony, Lucio Conte, Emanuela Marragony, Pasquale Vaccaro, Michele
Donadio, Luca Donadio, Stefania
Laurito, Francesco Sirimarco, Monica Bovi, Antonio Feraco, Roberto Romei, Pietro Sammarco, Antonio Sorrentino, Elisa Sorrentino, Salvatore
Staiano, Bruno Ganino, Angela Inghilleri e Antonio Zecca. I legali, infatti, chiedono maggiori verifiche finalizzate a ricercare ulteriori prove per
quanto concerne le sostanze cangerogene che avrebbero provocato le diverse decine di morti e feriti tra ex dipendenti della “fabbrica dei veleni”.
V’è da dire, comunque, che allo stato del procedimento sono in vigore: il
sequestro preventivo del pm del 26
marzo 2009, dell’area ubicata in Praia a Mare, ubicata tra lo stabilimento
Marlane, la strada litoranea via Sirimarco, l’impianto di depurazione comunale ed edifici privati a Nord, nonchè il sequestro giudiziario del 12
marzo 2009 del giudice Goggiamani
(procedimento civile) del solo reparto tintoria dello stabilimento Marlane e dell’area esterna.
“Non v’è dubbio alcuno che gli immobili di cui si chiede disporsi il sequestro probatorio - si legge nella richiesta degli avvocati - possano ancora conservare le tracce dei delitti e
delle contravvenzioni commessi, onde l'espletamento di ulteriori approfondimenti, per acquisire prove ulteriori del fatto, non sarebbero esperibili senza la sottrazione dei beni alla
Sigilli alla Marlane
L’istanza dei legali
ne, di fatto, comporteranno una modifica radicale dell’attuale lay-out, tale da renderne impossibile una successiva ricostruzione attraverso un
accesso diretto sui luoghi”; dalla Delibera n. 12 del 31.03.2011 del Consiglio Comunale di Praia a Mare risulta che la società Anover ha acquistato dalla Marlane-Marzotto parte dell’area antistante lo stabilimento ed ha
depositato presso il Comune di Praia a Mare un progetto preliminare per
la realizzazione di un porto turisticoproprietaria dello stabilimento e del- darsena-servizi-strutture alberghiel’area antistante per complessivi re ed altro sugli immobili della Mar220.000 mq in Praia a Mare; nell’an- lane-Marzotto in Praia a Mare; peno 2003 la predetta società vendeva raltro lo stesso Tribunale di Paola che
n. 30 unità abitative ad area di circa ha ritenuto che fosse in atto da parte
70.000 mq, all’epoca facenti parte della predetta società una dismissiodella più vasta area sopra descritta, ne degli immobili siti in Praia a Maalla soc. Ortensia srl e quest’ultima, re ritenendo che “...siano frutto di
nel 2004, a sua volta alienava i pre- una scelta imprenditoriale di disfardetti immobili alla soc. Pirelli Re Pro- si di immobili non più utilizzati per
perty; in data 09.12.2006, la società l’attività industriale…”. E infine: “la
Manifatture Lane Gaetano Marzotto consulente del Pm prof.ssa De Rose,
e Figli vendeva alla srl Multimedia nel corso delle indagini preliminari,
Press parte dello stabilimento, ha effettuato campionamenti di re14.000 mq, e parte dell’area antistan- perti solo nell’area antistante lo stabite lo stesso, di circa 18.000 mq”; nel limento, peraltro effettuando solo n.
corso delle cause civili pendenti di- 10 c.d. “scassi”e n. 5 “carotaggi” per i
nanzi il Giudice del Lavoro del Tri- prelievi di sostanze tossiche-nocive e
non, campioni sogbunale di Paola, ingetti a modificazione
staurato da numeroNella fabbrica
alterazione nel
si congiunti delle codei veleni decine ed
tempo e, in caso di
stituite parti civili del
presente processo
e decine di morti revisione, è ovvio
che la prova dell’acpenale, con note die feriti a causa
certamento potrebfensive depositate
dei
tumori
be essere vanificata e
all’udienza
del
non più ripetibile
21.06.2007 la Marzotto-Marlane spa ribadiva di aver con pregiudizio insuperabile della
“venduto l’immobile ove era ubicato formazione della prova; i consulenti
lo stabilimento di Praia a Mare a sog- Rosario Nicoletti e Raffaele Magnanigetti terzi, i quali – nell’ambito degli mi hanno provveduto ad effettuare
interventi strutturali programmati… prelievi e campionamenti all’interno
si apprestano a provvedere… all’ab- dello stabilimento che potrebbero ribattimento dei muri della tintoria… i sultare insufficienti”.
Guido Scarpino
programmati interventi di demolizio-
I pubblici ministeri: «Ricercare ulteriori prove»
La Procura della Repubblica di Paola
libera disponibilità e l'acquisizione
della stessa nella disponibilità dell'Ag”. E ancora: “In tema di sequestro
probatorio, il “corpo del reato” è costituito dalle cose che sono in rapporto diretto ed immediato con l'azione
delittuosa, mentre tra le “cose pertinenti al reato” rientrano tutte quelle
che sono in rapporto indiretto con la
fattispecie criminosa concreta e risultano strumentali all'accertamento dei
fatti, ovvero quelle necessarie alla dimostrazione del reato e delle sue modalità di preparazione ed esecuzione,
alla conservazione delle tracce, al-
ACQUAPPESA
Arriva il metano
Stasera l’evento
Anche ad Acquappesa arriva il metano. Lo annuncerà ufficialemnte ai cittadini
questa sera in piazza alle rore 19,00 il sindaco Saverio
Capua, di concerto con Gas
Natural distribuzione Italia
che, attraverso la sua partecipazione maggioritaria nella società concessionaria Cetraro distribuzione gas srl,
gestirà il servizio di distribuzione del metano nel territorio comunale. Così come
stabilito dall’accordo siglato
nel dicembre 2008. Il momento sarà celebrato questa
sera alle 19 in Piazzetta S.
Maria degli Angeli con l’accensione della prima fiammella alimentata a gas naturale. L’evento segna la conclusione ufficiale dei lavori
per la realizzazione della rete che collega la dorsale nazionale di trasporto ai contatori delle abitazioni, attività
commerciali e industriali
cittadine. «Finalmente nel
comune di Acquappesa sta
per entrare a regime il servizio di metanizzazione - afferma il sindaco Saverio Capua- In tempi abbastanza
celeri è stata completata la
rete di distribuzione del metano e verrà offerto un servizio fondamentale a gran
parte della popolazione. In
particolare nelle aree del
ora
l'identificazione del colpevole, all'accertamento del movente ed alla determinazione dell'"ante factum" e del
"post factum" comunque ricollegabili al reato, pur se esterni all'"iter criminis", purché funzionali all'accertamento del fatto ed all'individuazione
dell'autore (Cassazione penale sez.
IV, 17 novembre 2010, n. 2622)”.
I motivi che impongono il chiesto
sequestro probatorio emergono dalle seguenti circostanze: “la società
Manifatture Lane Gaetano Marzotto
e Figli, per come emerge dagli atti del
procedimento penale risulta essere
I giovani della Cisl chiedono aiuto
Il sindacato sollecita maggiore coinvolgimento delle istituzioni
PAOLA
Il Comune
centro storico, dove l’accesso all’approvvigionamento è
particolarmente difficoltoso.
L’Amministrazione comunale, considerato il numero
elevatissimo di allacci in ambito comunale, chiederà di
estendere la rete anche alle
aree rurali per offrire un servizio completo su tutto il territorio comunale».
«La metanizzazione di
Acquappesa - aggiunge Leonardo Rinaldi di Gas Natural Distribuzione Italia - è il
risultato di un investimento
di più di 2 milioni di euro
grazie al quale è stato possibile realizzare 13 chilometri
di rete, oltre a circa 200 derivazioni. L’obiettivo ultimo
è di portare il gas metano a
quasi 800 nuovi clienti finali».
I ragazzi della Cisl di Paola
chiedono una collaborazione
tra le molteplici associazioni
del territorio per fronteggiare
la situazione critica in cui versano i giovani e le loro famiglie. «L'augurio dei cislini è
l'unione delle forze dei tanti
giovani che hanno voglia di fare - spiegano in una nota - Si
potrà dare un impulso al cambiamento, in modo da combattere la grave recessione che
ci circonda, pertanto si invitano i tanti giovani a non tirarsi
fuori da queste situazioni, visto
che in questo momento servono le idee che ognuno potrebbe apportare». I giovani Cisl di
Paola, ricordano che: «Il sindacato è da sempre vicino al
popolo dei lavoratori, alle
aziende, ai pensionati e ai giovani, interviene cercando di
capire quali possono essere i
motivi che hanno portato il
paese a questi livelli. La sezione giovanile del sindacato, nata poco più di un anno fa, si interroga su quali possono essere i problemi nel territorio nazionale e locale. Le varie idee di
tutti i componenti hanno decretato una molteplicità di
cause colpevoli di tale malessere economico. Si parla di disfunzioni politiche, amministrative, legali e morali. “Mele
Un panorama di Paola
marce” che avvelenano la ge- pagamento delle tasse - argonerazione attuale e non prelu- mento importante per l'econodono una buona vita a quelle mia - lo Stato a tal proposito
future. Giovani indignati scen- dovrebbe prendere alcuni acdono in piazza per manifesta- corgimenti molto più facili di
re le loro idee ed altri giovani uno spot televisivo: non scoraggiando gli
indegni, attiimprenditori
rano l'attenLa ricetta
zione distruga dichiarare i
del
sindacato
gendo patriredditi reali.
monio e toPer ciò che è
paolano
legalità si regliendo visibiper
risollevarci
gistra un altro
lità agli ideali
dalla crisi
dato molto
professati
pesante a fadalla pacifica
massa. Può vincere sempre la vore della crisi: il lavoro nero.
delinquenza? La fase iniziale è Anche questa piaga può esseproprio la legalità, il rispetto re attenuata con attenti provdelle regole, il pretendere che vedimenti. Questo danno per
gli altri le rispettino. Si vede la società è principalmente a
uno spot in tv - proseguno i scapito dei giovani che vedogiovani Cisl - che promuove il no lavorare in modo del tutto
abusivo altre persone senza titoli, oppure, già impiegate in
altri lavori. La moralità sta diventando sempre più una parola da deprecare; per evitare
che ciò avvenga si deve fare più
fatica di tutto il resto. Questa
sarà, forse la soluzione anche
per fronteggiare la crisi». La
politica oggi sembra essere solo un'alternativa al lavoro. Fino a qualche decennio fa - ricardano i giovani Cisl di Paola
- se si chiedeva ad un rappresentante politico che lavoro facesse non rispondeva 'il politico', oggi purtroppo è così. Le
retribuzioni economiche sono
troppo impopolari, basti fare
un confronto tra un politico in
carica e un semplice operaio e
si vede il vergognoso rapporto
spropositato. Per non aggiungere i discorsi di pensioni, rimborsi spese... Impegno e fatica
fanno innervosire gli operai
che la sera, stanchi, davanti alla tv assistono al solito teatrino
dove tutti litigano e tutti sono
d'accordo e poi non sono collaborativi negli interessi del popolo - cooperando tra maggioranza e opposizione, come già
è avvenuto in Germania. In
Italia spesso non si valutano le
proposte delle parti sociali,
non consentendo loro di proporre alternative e soluzioni
fattibili nell’immediato».
m. f. s.
36
VENERDÌ 18 novembre 2011
calabria
PAO L A - A M A N T E A - C A M P O R A S A N G I OVA N N I
Si è tenuto all’una di ieri l’interrogatorio di garanzia, davanti il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Paola, Giuseppe Battarini,
dell’imprenditore di Amantea Cesare Coccimiglio, di 75 anni, titolare di
un’impresa di produzione di materiali per l’edilizia, nell’ambito dell’inchiesta sui rifiuti tossici interrati nell’alveo del fiume Oliva. L’uomo, assistito dal suo legale di fiducia, Nicola
Carratelli (del foro di Cosenza), nel
rispondere a tutte le domande del
giudice, ha prodotto a propria discolpa una serie di sentenze dimostrando che per gli tessi reati (connessi al
procedimento penale in corso), è
stato assolto con sentenza passata
ingiudicata. Lo stesso Coccimiglio
ha, altresì, sottolineato di non aver
mai interrato nessun tipo di rifiuto
tossico o radioattivo, né nell’alveo del
fiume Oliva, né da nessun’altra parte. Infine, l’avvocato Carratelli, proprio a seguito della documentazione
prodotta, ha chiesto la revoca delle
misure cautelari nei confronti del
proprio assistito. Il giudice Battarino
si è riservato di decidere entro martedì prossimo, 22 novembre.
Cesare Coccimiglio, lo ricordiamo,
era stato sottoposto alla misura degli
arresti domiciliari, mercoledì scorso, su richiesta del procuratore capo
di Paola, Bruno Giordano, il quale ha
accertato l’interramento di oltre 100
mila metri cubi di materiale di risulta. L’inchiesta era nata dal ritrovamento nell’alveo del corso d’acqua
ubicato al confine tra i comuni di
Amantea, Serra d’Aiello e Aiello Calabro nel basso Tirreno cosentino di
rifiuti tossici e radioattivi. Le indagini sono state coordinate dalla Procura di Paola ed eseguite da Capitane-
Fiume Oliva inquinato
Coccimiglio si difende
sere lo stesso prodotto ieri mattina
dall’avvocato Nicola Carratelli in cui
il proprio assistito è stato assolto,
proprio per i medesimi reati contestati oggi dalla Procura di Paola. Indipendentemente, però, dal fatto che
il colpevole sia stato o meno il Coccimiglio, il dato incontrovertibile che
deve far riflettere le istituzioni è quello della presenza massiccia nel comprensorio amanteano di rifiuti altamente inquinanti. In buona sostanza, le analisi ed i carotaggi effettuati
artificiali. «Dai carotaggi, effettuati per mesi da Arpa Calabria, Ispra,
nell’arco di tempo compreso tra Gea, Procura di Paola, Cfs, Vigili del
l’aprile del 2010 e il mese di luglio Fuoco, Unical, Università di Bolodello stesso anno», ordinati dal Pro- gna, e ministero all’ambiente, hanno
curatore di Paola, è emersa - tra l’al- confermato quanto già riportato neltro - «la forte presenza del Cesio 137 la relazione del professore Giacomi(sostanza altamente radioattiva). In no Brancati.
«Un segno utile alla valutazione di
alcune zone, addirittura, il Cesio ha
raggiunto dei picchi da far venire i effetti già evidenti sulla salute - scribrividi (132/130) che non ha nulla a veva, nella sua relazione, Brancati che vedere con il Cesio da ricaduta (i è proprio determinato dalla presenza nei territori più
cui valori oscillano
prossimi ai siti di
tra 4/8)». A ciò si va
Il difensore
contaminazione di
ad aggiungere, altreCarratelli
ha
neoplasie maligne,
sì, «la presenza massiccia di idrocarburi
chiesto la revoca ed in particolare
della tiroide, per le
e, considerando che
della misura
quali in specie il cela Calabria non ha
cautelare
sio 137 è conosciuto
raffineria, è facile
in letteratura quale
ipotizzare che gli
stessi siano giunti da altre zone, co- fattore eziologico. Dal 1996 al 2008
me ad esempio la Puglia». A tal pro- ben 1483 persone si sono ammalate
posito è stato ricordato come, in un di tumore. Ma è proprio in prossipassato recente «lo stesso impren- mità del fiume Oliva che si registra il
ditore (poi rinviato a giudizio con la picco. Si conferma l'esistenza di un
moglie), unitamente ad altri del eccesso statisticamente significativo
comprensorio, erano finiti in una in- di mortalità rispetto al restante terchiesta avviata su segnalazione di un ritorio, dal 1992 al 2001 in particolareparto speciale delle forze armate re nei comuni di Serra d'Aiello,
di Roma proprio per il traffico illeci- Amantea, Cleto e Malito».
to di inerti tra Calabria e Puglia».
STEFANIA SAPIENZA
Detto procedimento penale deve [email protected]
«Non ho mai interrato rifiuti tossici o radioattivi»
La conferenza stampa dell’altro ieri col procuratore Bruno Giordano
ria di porto, Corpo forestale dello
Stato e Polizia provinciale di Cosenza. I reati contestati oggi a Coccimiglio sono: disastro ambientale, avvelenamento delle acque e violazione
delle leggi speciali sull’ambiente
(creazione di discariche abusive).
«Nel bacino del fiume Oliva la situazione è preoccupante. Sono circa
centomila i metri cubi di fanghi industriali (provenienti non si sa da
dove) scaricati nel letto del fiume Oli-
AMANTEA
E i sindaci chiedono aiuto
agli europarlamentari
Anche il Comune di
Amantea, nella persona del
vicesindaco Michele Vadacchino, alla luce dell’arresto
effettuato dalla Procura di
Paola per l’inquinamento
del fiume Oliva, si è prontamente attivato per il bene
della popolazione dell’intero comprensorio. In vista
dell’arrivo della commissione europea sull’ambiente,
infatti, il vice sindaco ha
chiesto, ed ottenuto, la presenza - all’incontro che si
terrà presso il Comune di
Amantea il 23 novembre
con gli europarlamentari degli altri sindaci investiti
della problematica, quali,
quello di Aiello Calabro, Serra d’Aiello e San Pietro in
Amantea. «In merito alla
problematica - ha evidenziato il vice sindaco - abbiamo
stilato un documento che
porteremo all’attenzione degli europarlamentari al fine
di ottenere un sostegno fattivo per la grave situazione
del fiume Oliva». Lo stesso
documento, ovviamente, sarà portato anche all’attenzione di altre istituzioni. I Comuni, infatti, da soli non
possono assolutamente sopportare i costi elevati che richiede una bonifica così vasta. In tale contesto va evidenziato come tale operazione debba essere eseguita urgentemente. Lo stesso procuratore della Repubblica di
ora
va e dintorni», ha riferito il procuratore Giordano nel corso della conferenza stampa di mercoledì scorso.
La zona, in particolare, è quella circostante al letto del fiume a sud della località Foresta (centri di Campora San Giovanni, Coreca e case sparse comprese tra il mare e la località
Foresta), letto nel quale sono stati riversati contaminanti ambientali capaci di indurre patologie tumorali e
non: metalli pesanti e radionuclidi
«La verità sta emergendo»
Comitato De Grazia: «Le nostre preoccupazioni erano fondate»
AMANTEA
Michele Vadacchino
Paola, Bruno Giordano, ha
sottolineato i pericoli a cui
quotidianamente sono sottoposti i cittadini residenti
nelle aree antistanti il fiume
Oliva. Si tratta di persone
che da circa un ventennio
stanno sopportando il peso
di un inquinamento non indifferente. Inquinamento
che, di riflesso, ha colpito
anche allevamenti e agricoltura. L’acqua dell’Oliva, infatti, è sempre stata utilizzata per irrigare i campi ed abbeverare gli animali. Ciò che
ancora oggi sconvolge, forse
ancora più del coinvolgimento diretto di un imprenditore, è il silenzio di proprietari terrieri che per anni
hanno taciuto l’illecito preferendo esporsi ed esporre
intere generazioni a rischi
così gravi. Ne sarà valsa la
pena?
s. s.
All’indomanid ell’arresto di
Cesare Coccimiglio, interviene
il comitato civico “Natale De
Grazia” che aveva chiesto, anzitempo, la bonifica dei siti inquinati.
«Pur tra mille difficoltà e
tentativi istituzionali di impedire la piena conoscenza dei
fatti - scrive il De Grazia - la verità sull’inquinamento della
vallata del fiume Oliva sta
emergendo. Abbiamo sempre
sostenuto che è primario interesse della popolazione risolvere il grave problema che persone senza scrupoli hanno
causato alle comunità che vivono nella vallata e nei comuni contermini, con gravi danni
alla salute dei cittadini». Ecco
perchè, alla luce degli ultimi
accadimenti, il Comitato intende esprimere «gratitudine
alla Procura di Paola per i risultati conseguiti sulle due delicate inchieste legate alla depurazione delle acque ed all’inquinamento del fiume Oliva.
L’emissione delle richieste di
custodia cautelare sono l’epilogo di anni di lavoro, tesi all’acquisizione di dati per tutelare la salute della popolazione. Inchieste molto delicate
condotte in questi anni dalla
Procura di Paola con estremi
sacrifici in quasi assoluto isolamento istituzionale. Noi - sottolinea il De Grazia - non siamo “giustizialisti” e non godia-
La vallata del fiume Oliva
mo difronte alla limitazione veleni disseminati nel fiume
della libertà, ma i provvedi- Oliva e nel mar Tirreno, seconmenti di custodia cautelare do il principio che “chi inquina
emessi in questi giorni, ag- paga”- a parere del Comitato giungono un tassello di verità potrebbe costringere chi indebitamente si è
a quelle viarricchito micende che da
«Ci aspettiamo
nando la salupiù parti si è
che
le
autorità
te dei cittadicercato e si
ni, a restituire
cerca di occompetenti
alla comunità
cultare, sointervengano
parte di queprattutto da
per bonificare»
gli illeciti guaquegli amdagni, per ribienti istituzionali che troppo spesso ve- sanare il territorio sostenendo
stono i panni dei rassicuratori i costi della bonifica di cui non
e che hanno cercato di convin- possono e non devono farsi cacere l’opinione pubblica che il rico i cittadini. Il fatto che il gip
mare inquinato e i veleni del- abbia convalidato le misure di
l’Oliva erano un’invenzione custodia cautelare, conferdegli ambientalisti e degli or- mando in sostanza l’intero imgani di informazione. L’indivi- pianto accusatorio redatto dalduazione di responsabilità sui la Procura di Paola, dimostra
l’ottimo lavoro svolto dal pool
investigativo diretto dal dott.
Bruno Giordano, che probabilmente aveva visto bene anche sull’inchiesta legata alle così dette “navi dei veleni”, chiusa troppo frettolosamente. Se
il Governo e la Procura nazionale antimafia avessero fatto
continuare il suo lavoro alla
Procura di Paola l’esito di quelle indagini avrebbe consegnato probabilmente una verità
diversa». I fatti di oggi «testimoniano che le nostre preoccupazioni sullo stato dell’Oliva erano fondate, che le nostre
proteste e le azioni messe in
campo - ad iniziare dalla grande manifestazione del 24 ottobre 2009 tesa a sollecitare l’intervento delle istituzioni - non
erano comportamenti sprovveduti ed irresponsabili». A
questo punto il De Grazia si
aspetta che «le autorità competenti, ad iniziare dagli enti
locali, svestano i panni di “rassicuratori” e assumano le responsabilità che loro competono compiendo gli atti amministrativi necessari ad avviare
la fase di bonifica delle aree inquinate e diano inizio ad una
seria indagine sulle malattie
epidemiologiche contratte nell’area circostante la vallata dell’Oliva e sull’intero territorio
del Tirreno cosentino, con
l’istituzione del registro tumori tante volte promesso ma
mai realmente istituito».
s. s.
VENERDÌ 18 novembre 2011 PAGINA 17
l’ora di Catanzaro
tel. 0961 702056 - fax 0961 480161 - mail: [email protected] - indirizzo: via Corso Mazzini 164
SANITÀ
POLITICA A PALAZZO DE NOBILI
Calabretta
verso la guida
dell’Arcea
Case occupate
si preparano
gli sgomberi
> pagina 18
> pagina 18
CATANZARO CALCIO
La tifoseria
dopo il successo
con il Gavorrano
> pagina 22-23
LAMEZIA
Caso rom
pronta
la petizione
> pagina 28
SU ALLI L’OMBRA
DI UN DISEGNO
CRIMINALE
Parole dure del procuratore Lombardo:
«Le discariche costituiscono il vecchio»
I catanzaresi si chiedono
da mesi perché la città sia invasa dai rifiuti. Cassonetti
pieni, denunce che arrivano
da ogni angolo del capoluogo. I catanzaresi da mesi si
chiedono perché, dove il sistema si è inceppato. La risposta oggi è nelle carte della Procura di Catanzaro, che
avvalendosi delle indagini
condotte dalla Guardia di finanza e dai carabinieri del
Noe, ha portato a termine
l’operazione Pecunia non olet
bis. Ma la risposta è anche
nelle parole puntuali e e precise del procuratore capo
Vincenzo Antonio Lombardo
che punta il dito sull’incapacità di utilizzare le nuove tecnologie per realizzare impianti innovativi che davvero trasformino i rifiuti in una
risorsa in maniera lecita. Le
discariche, secondo il procuratore, fanno parte di una
mentalità vecchia di gestire
la problematica rifiuti.
«La gestione dei rifiuti in
Calabria è stata un disastro,
come risulta anche dalla relazione della Commissione
parlamentare sul ciclo dei rifiuti – ha detto Lombardo - Il
problema non è solo la discarica di Alli, perchè si aggiungono quelli dei pagamenti,
dei Comuni che non pagano,
delle ditte che si occupano
della raccolta dei rifiuti e che
si rifiutano di fare il servizio
perchè non ricevono i soldi.
Serve un nuovo modo». Secondo il procuratore capo di
Catanzaro. Il procuratore
Lombardo si è anche soffermato sulle possibili conseguenze pratiche dell'inchiesta: «Non siamo noi che
blocchiamo la discarica di Alli, si sarebbe bloccata per fatti suoi». Dello stesso avviso il
procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, secondo il
quale «il funzionamento del-
la raccolta dei rifiuti non può
avvenire al prezzo di causare
un disastro ambientale per
l'assoluta inadeguatezza del
funzionamento della discarica». Fin qui le parole e il lavoro degli investigatori. Nelle
carte però si scopre un’altra
verità. Una verità che svela
un disegno criminale, nel
quale, la mancata raccolta
dei rifiuti per strada, la mancata corresponsione degli stipendi agli operai sono l’arma
di ricatto utilizzata da un
gruppo di persone senza
scrupoli che non si sono tirate indietro quando c’è stato
da riversare il percolato nelle acque del fiume Alli. Proprio laddove pascolavano
delle mucche, laddove il fiume arriva direttamente a mare. Un disegno criminale
messo in atto da quegli uomini venuti dal nord per inquinare con i rifiuti e con i loro comportamenti il capoluo-
go calabrese.
Il 16 agosto scorso due degli indagati, Gavioli e Zerbin,
messi alle strette per i mancati pagamenti da parte dell’ufficio del commissario, per
sbloccare la situazione si propongono di fare leva sulla criticità emergenziale prodotta
dal mancato smaltimento dei
rifiuti. Zerbin dice a Gavioli:
«Insomma deve stare parecchia roba per strada, adesso il
problema è appunto raccoglierla e smaltirla».
Ma il disprezzo per le istituzioni, l’irritazione verso le
regole è evidente già l’11 agosto e viene fuori sempre da
una conversazione tra Gavioli e Zerbin quando parlano di
un incontro avuto con il Prefetto che, nel racconto di Zerbin a Gavioli, pare che loa abbia (dice letteralmente l’uomo) mandato a quel paese. Il
Gavioli, dopo aver ascoltato
la cronaca dell’incontro risponde: «Infatti dopo in
qualche maniera vedrà l’ef-
fetto di questa cosa, eh beh si
troverà i rifiuti per la strada
poi ci penserà lui. Fra poco
quando sospenderemo il servizio della discarica qualcosa
succederà».
Un progetto criminale insomma, teso a creare anche
problemi di ordine pubblico
che, nella mente di chi li ha
messi in pratica, dovevano
servire ad alzare il tiro con le
autorità competenti.
GIULIA ZAMPINA
[email protected]
le reazioni
Democrat e Legambiente:
«Basta commissariamento»
Non sono molte le reazioni che arrivano
dopo la notizia dell’operazione Pecunia non
olet bis. Quelle che ci sono chiedono però che
si metta fine alla gestione commissariale dei
rifiuti in Calabria.
Il Pd torna a chiedere la chiusura della gestione commissariale e l’apertura di un confronto. Il parlamentare Franco Laratta sostiene che mentre risulta: «indagato l'assessore
regionale all'ambiente e con una richiesta di
interdizione dai pubblici uffici il commissario
per l'Emergenza (già assessore comunale con
Scopelliti sindaco) la Calabria non ha una discarica (quelle che ci sono stanno per esaurirsi), e non ha un progetto per affrontare
l'emergenza, non ha un piano serio e credibile. La Camera, a fine giugno, ha approvato all'unanimità la relazione della commissione
bicamerale per il ciclo dei rifiuti, lanciando
l'allarme per i gravi e imminenti rischi che
corre la nostra regione. In quell'occasione, insieme al capogruppo Principe, abbiamo chiesto a Scopelliti di favorire la fine della gestione emergenziale e di aprire un confronto con
le forze politiche per meglio
«Dal presidente integrata ed efficiente dei riaffrontare l'emergenza. Ma
fiuti, usano la gestione comScopelliti
dal governatore solo silenmissariale come leva del mazio». Secondo Legambiente,
laffare. Le misura interdittive
da mesi
invece, «l'ennesima inchiesta
della sospensione dall'esercisolo
silenzio
sui rifiuti e l'importante aziozio di un pubblico ufficio nei
e
indifferenza»
ne della magistratura e delle
confronti di tre rappresentanforze dell'ordine - a cui va il
ti dell'Ufficio emergenziale, il
nostro plauso e apprezzamento - afferma la commissario Graziano Melandri e i tecnici
legalità e la forza dello Stato nel reprimere i Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo, e
reati. Tutto ciò da un lato tranquillizza, ma l'aver indagato l'Assessore regionale all'Amdall'altro mette a nudo il re sulle ecomafie e biente, Francesco Pugliano (nella sua qualità
gli interessi illegali sul ciclo dei rifiuti. Si con- di ex sub commissario dell'Ufficio emergenfermano le preoccupazioni di Legambiente ziale), rafforzano ancora una volta la richiesta
sul fallimento delle esperienze commissaria- - che da anni facciamo - di superare la fase
li che si sono succedute in circa un ventennio commissariale, come anche ultimamente rinero e di quanti invece che avere a cuore ed badito nella partecipazione alla manifestazioassumere responsabilmente scelte ed azioni ne di Crotone».
politiche incisive ed efficaci per la gestione
g. z.
VENERDÌ 18 novembre 2011 PAGINA 32
l’ora di Vibo
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SANITÀ
SINDACATI
Il “richiamo”
di Giamba
ai politici
Trasporti, scoppia
il caso: la Cgil
denuncia minacce
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> pagina 35
RICADI
FABRIZIA
Il sindaco chiama
in causa la Regione
e chiede interventi
Tentato omicidio
L’Arma arresta
un operaio
> pagina 36
> pagina 37
operazione “nasty embassy”
IN MANETTE I cinque presunti affiliati al clan Lo Bianco arrestati ieri. Da sinistra Andrea Mantella, Salvatore Morelli, Francesco Scrugli, Francesco Antonio Pardea e Vincenzo Mantella
Nei racconti di Lo Vato
le mire espansionistiche
di Andrea Mantella
La testimonianza del collaboratore, le indagini
e l’insofferenza di Lo Bianco: «Qui comando io»
Nella clinica di Donnici, in provincia di Cosenza, era nata una
sorta di amicizia. A “Villa verde”
era ricoverato Andrea Mantella,
lì scontava i suoi domiciliari. A
“Villa verde” era giunto anche Samuele Lo Vato, imputato nel processo “Omnia” e ritenuto organico alla cosca Forastefano di Cassano allo Jonio. I due si conobbero in clinica tra il 2008 e il 2009.
Lo Vato voleva accaparrarsi le
simpatie di Mantella - del quale
aveva sentito dire fosse «un uomo di rispetto» che a Vibo «contava» - in previsione di un’eventuale latitanza proprio nella vecchia Monteleone. E Mantella con
lui si confidò. Gli raccontò degli
affari vibonesi, della cosca di cui
è ritenuto un «emergente», quella dei Lo Bianco, e delle sue «mire espansionistiche». Almeno,
questo è ciò che lo stesso Lo Vato, tra settembre e ottobre 2010,
confida agli inquirenti.
L’inchiesta “Nasty embassy”,
condotta dalla Squadra mobile di
Catanzaro e coordinata dalla
Dda, ha permesso di arrestare
cinque elementi ritenuti organi-
BOSS Carmelo Lo Bianco
ci, appunto, alla cosca Lo Bianco
e accusati di estorsione aggravata dalle modalità mafiose ai danni di un imprenditore di Vibo Valentia, titolare di una concessionaria d’automobili. Gli agenti
guidati da Rodolfo Ruperti hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Andrea Mantella, Francesco Scrugli, Salvatore Morelli,
Francesco Antonio Pardea e Vincenzo Mantella.
Dal racconto del collaboratore
di giustizia viene fuori uno spaccato del mutamento in atto all’interno del sodalizio vibonese. Sono tante le cose che Mantella
confida a Lo Vato. Il suo ruolo
nella cosca. Gli affari. E, in particolare, il rapporto con lo storico
capomafia, il 79enne Carmelo Lo
Bianco. «Man mano che ci conoscevamo meglio ho cominciato
ad apprendere degli affari di Andrea Mantella, o perché me ne ha
riferito lui stesso, oppure in
quanto ho personalmente assistito a incontri tra lui e persone a
lui legate», ha dichiarato agli investigatori Lo Vato, che in quel
periodo in clinica ha conosciuto
anche Francesco Scrugli.
Nell’ordinanza firmata dal gip
Tiziana Macrì viene illustrata la
caratura del Mantella, il quale
«appare avere un ruolo di “emergente”, a volte contrapposto ed
in contrasto a quello del capo cosca, Lo Bianco Carmelo», poiché
dalle indagini emerge che «Mantella, con l’aiuto di altri personag-
gi, stava tentando di assumere
una posizione di maggior rilievo
all’interno del panorama criminale vibonese». Questo sarebbe
riscontrato, quindi, dalle dichiarazioni rese da Samuele Lo Vato:
«Mantella mi disse che lui aveva
relazioni unicamente con “il vecchio”, in quanto gli altri componenti della famiglia non contavano molto ed in realtà era lui il diretto referente dell’anziano capo
clan. Mi disse che il suo rapporto con Carmelo Lo Bianco era
contraddistinto da una forte autonomia, nel senso che riceveva
da lui delle disposizioni, in quanto gerarchicamente superiore,
ma aveva ampi margini di libera
operatività... Ma aggiungeva che,
ove il vecchio gli avesse dato contro, non si sarebbe fatto alcuna
remora a interrompere ogni rapporto con lui». Lo stretto rapporto che si era instaurato tra i due,
aveva portato Mantella a confidargli anche le proprie «mire
espansionistiche». Ovviamente
queste voci non potevano che dar
fastidio, per usare un eufemismo,
a Lo Bianco.
Vi è un’intercettazione, contenuta nell’ordinanza, che rappresenta bene questa situazione e
«conferma il ruolo di vertice di
Lo Bianco Carmelo e le mire di
Mantella Andrea». La conversazione, del 25 giugno 2009, è intercettata a bordo di un’auto.
L’occupante racconta al suo interlocutore quanto avrebbe appreso direttamente dal boss, in
relazione alle voci che circolavano. La frase che Lo Bianco gli
avrebbe riferito è la seguente: «È
da quarant’anni che comando
io... Ora non è che viene e comanda a Vibo. E’ da quarant’anni che
comandiamo noi... che comando
io personalmente... Ora non è
che viene lui e comanda... che lui
non comanda neanche a casa
sua».
GIUSEPPE MAZZEO
[email protected]
retroscena
Gli sms tra il «capo»
e il suo “delfino”:
«Hai la mia fiducia»
Sarebbe Salvatore Morelli il “delfino” di
Andrea Mantella, da lui stesso designato a
reggere le sorti dell’organizzazione in caso
di una sua carcerazione. Samuele Lo Vato
ha raccontato anche questo agli inquirenti. Lo ha raccontato perché lo avrebbe appreso dalla sua diretta esperienza, osservando le persone con le quali Mantella si
rapportava durante il loro periodo in clinica. «Morelli era la persona che aveva più
stretti rapporti con il Mantella, e proprio
questi mi disse che in caso di una sua carcerazione o impossibilità a muoversi dalla
clinica, il compito di reggere la sua organizzazione sarebbe stato del Morelli. Egli
diceva, in particolare, che raccomandava il
Morelli di non cercare di scavalcarlo, ma
di applicarsi per apprendere da lui il più
possibile». Una situazione che però non
andava a genio a Francesco Scrugli. «Il ruolo di Morelli - sempre Lo Vato - era mal visto da Scrugli, il quale si lamentava della libertà di iniziativa che gli era lasciata, rimproverandogli in particolare di non aver
portato loro soldi durante il periodo di carcerazione». A riscontro delle dichiarazioni
del collaboratore, gli inquirenti hanno registrato alcuni sms intercorsi tra Mantella
e Morelli. Andrea, «dopo aver dato incarico di svolgere delle commissioni - scrive il
gip - si compiace con il medesimo per come ha svolto il compito assegnatogli», spedendogli questo sms: «La fiducia nei tuoi
confronti è cieca. T.V.B.», ed ottenendo da
Salvatore la seguente risposta: «Amore
grazie! Fai conto che sei tu fuori, sono te in
persona...». Vi sono anche altri sms che,
secondo il gip, sono «significativi del rapporto di dipendenza e sottomissione». Morelli scrive a Mantella: «... Hai la mia vita in
mano e te ne do atto tutti i giorni...». E
Mantella risponde: «Grazie di esistere! Stai
tranquillo! Anche tu hai la mia vita».
giu. maz.
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calabria
ora
V I B O
il fatto
L’episodio dei dolci «è significativo della forza di intimidazione del gruppo Mantella». Ecco i
fatti.
La vittima delle presunte estorsioni, il titolare di una concessionaria d’auto di Vibo Valentia, va a
trovare Mantella nella clinica di
Donnici. Lì vi si reca munito di
«una guantiera di dolci», come
«segno di cortesia» dirà in seguito. Lo scopo della visita - ha raccontato l’imprenditore agli inquirenti - è quello di chiedere il saldo
E la vittima portò i dolci a Mantella
Il gip: «Al gruppo non serviva compiere atti intimidatori, tale era la caratura»
di alcune autovetture. Ma le sue
dichiarazioni vengono definite
«contrastanti e poco attendibili»
dai magistrati. Perché le cose starebbero esattamente al contrario.
L’uomo sarebbe stato «convocato» da Mantella «per farsi portare
dei soldi a titolo estorsivo». Una
sorta di mazzetta a domicilio.
L’imprenditore, insomma, secondo il gip sarebbe «completamente
condizionato e assoggettato alla
forza di intimidazione derivante
dalla consapevolezza di chi siano
Mantella, Scrugli, Pardea e Morelli, da assumere un comportamen-
to omertoso, senza che questi neanche compiano eventuali atti di
manifesta sopraffazione, dimostrativi della loro caratura criminale». La forza intimidatoria del
solo nome, quindi, permetterebbe al gruppo di creare condizioni
«di soggezione psicologica ed
omertà». Situazione della quale
purtroppo non è riuscita a venirne
fuori la presunta vittima. Questa,
riporta l’ordinanza, «non solo paga l’estorsione senza ribellarsi e
denunciare, o comunque confermare i fatti all’autorità giudiziaria,
preferendo subire la pressione delittuosa sulla sua attività economica, ma omette di riferire i fatti secondo verità, tentando di fornire
agli inquirenti una versione che
non appare neanche plausibile».
g. maz.
operazione “nasty embassy”
Samuele Lo Vato, l’ex faccendiere del casato mafioso
dei Forastefano, ha dato l’input. «Lasciò la clinica nella
quale era recluso con Andrea
Mantella - spiega in conferenza stampa il capo della Squadra mobile di Catanzaro Rodolfo Ruperti - e, poco dopo,
decise di collaborare con la
giustizia. Andai insieme al
procuratore Borrelli per interrogarlo e ci fornì delle notizie
preziose». Raccontò, Samuele Lo Vato, cosa avvenisse a
Villa Verde, la casa di cura privata di Donnici nella quale era
agli arresti domiciliari con
Mantella, l’emergente che dava ordini ai quali gli imprenditori destinatari non si sottraevano. Poi iniziò un’attività di
riscontro per quella che, sotto
il coordinamento del pm Pierpaolo Bruni, oggi è diventata
l’operazione “Nasty embassy”.
«Va detto - aggiunge Ruperti
rispondendo ai giornalisti –
che non c’è stata alcuna collaborazione da parte delle vittime. Nonostante le contraddizioni e le nostre contestazioni,
una volta chiamati per essere
sentiti sui fatti oggetto della
nostra indagine, hanno continuato a negare. Gli elementi in
nostro possesso erano però così evidenti che hanno consentito al pm Bruni di chiedere ed
ottenere dal gip le misure che
abbiamo notificato».
Andrea Mantella, l’emergente del firmamento ’ndran-
Soddisfazione... a metà:
«Scarsa collaborazione»
Il commento degli inquirenti: ma almeno Scrugli è dentro
CONFERENZA STAMPA Vincenzo Roca, Giuseppe Borrelli,Vincenzo Lombardo e Rodolfo Ruperti
ghetistico vibonese, torna nell’ennesimo procedimento
istruito dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro a
suo carico. «Tra di loro - evidenzia ancora Ruperti nel cor-
so della conferenza stampa gli imprenditori dicevano che
“non è necessario neppure dirlo chi comanda a Vibo, tanto si
sa”. E’ un fatto emblematico».
E più avanti: «Non si ravvi-
sa un contrasto tra Mantella,
che è una figura emergente, e
lo storico capomafia Carmelo
Lo Bianco, del quale Mantella
è espressione pur godendo di
un’ampia autonomia. Al mo-
i particolari
affissioni pubblicitarie
Quel furto simulato per sfuggire al sequestro
Il caso della Bmw “sparita”. Le auto prelevate dalla concessionaria e mai pagate
C’è un episodio, in particolare, che
secondo il gip «è dimostrativo dell’incuranza e dello sfregio del rispetto delle leggi da parte di Mantella Andrea».
È quello della Bmw, l’auto per la quale sarebbe stato inscenato un furto per
sottrarla ad un decreto di sequestro, e
per la quale lo stesso Mantella si sarebbe adoperato al fine di riscuotere
anche un bonus cui aveva diritto in caso di furto del mezzo.
L’«emergente», in occasione di un
colloquio avvenuto a “Villa verde” con
la presunta vittima, avrebbe fatto presente che la sua Bmw X5 era stata rubata, e siccome nel contratto vi era
una clausola per la quale in caso di acquisto di un altro modello simile
avrebbe potuto godere di un bonus di
20mila euro, aveva chiesto all’imprenditore di adoperarsi per recuperare il
credito con la concessionaria. Anche a
questa vicenda avrebbe assistito Lo
Vato, il quale ha riferito agli inquirenti che «in una occasione Morelli portò a Mantella un assegno relativo alla
vendita di una Bmw che il Mantella
aveva preso in leasing e poi sottratto,
facendo una denunzia di furto. L’auto
era stata consegnata ad un rivenditore di pezzi di ricambio che in precedenza gli aveva dato 10mila euro liquidi e che successivamente gli aveva
inviato un assegno di 10mila euro».
Nell’ordinanza viene fatto notare come l’auto in questione «rientrava tra
i beni mobili che la Guardia di finanza avrebbe dovuto sequestrare» nell’ambito di un procedimento penale.
Dunque, per come ribadito da Lo Vato, «dell’auto ne sarebbe stato simulato il furto per sottrarla al sequestro be-
mento la forza di Mantella deriva in parte proprio dall’essere espressione di Carmelo Lo
Bianco».
Il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli contestualizza
la figura dell’indagato principale di “Nasty embassy” all’interno della geografia mafiosa
dell’intera provincia di Vibo
Valentia. «Mantella - evidenzia Borrelli - parte come una
figura di secondo piano, ma
tale modestia cessa d’esistere
in considerazione della violenza con la quale agisce. Si è ritagliato un ruolo in un contesto,
quello vibonese, che è molto
complicato e che va capito. Fino a questo momento Mantella è stato lì - sottolinea Borrelli - perché l’hanno lasciato stare ma il suo ruolo non può prescindere dal peso storico che
sul territorio hanno altre famiglie e certi capimafia». L’indagine, che completa un quadro
investigativo complesso, sul
quale hanno anche lavorato in
altri procedimenti autonomi e
paralleli il Ros di Catanzaro e
la Squadra mobile di Vibo, riporta d’attualità la capacità intimidatoria di un gruppo che è stato spiegato nella conferenza stampa tenuta dagli inquirenti nella Questura di Catanzaro - ha colmato quel vuoto creatosi dopo la maxioperazione “New sunrise - Nuova alba”. «C’è stato un imprenditore che, convocato per
soddisfare una richiesta estorsiva, s’è presentato nella clinica di Mantella con una guantiera di dolci». E poi, continua
Ruperti, è di «estrema rilevanza il fatto che i componenti di
questo gruppo potessero, ad
esempio, avere in disponibilità le auto di una concessionaria mentre contestualmente, e
tacitamente, il titolare aveva
rinunciato in anticipo ad ottenere le somme che gli spettavano». Quindi ancora Borrelli: «Sono molto soddisfatto
perché con questa operazione
siamo riusciti a mettere dentro
Francesco Scrugli, che era l’ultimo componente del gruppo
ancora in libertà. Era stato arrestato, poi condannato in primo grado e assolto in appello,
nel processo che istruì la collega Manzini. Lo consideriamo
un personaggio molto pericoloso - chiosa Borrelli -. Pericoloso come Mantella che comunque era già dentro».
p.com.
ni» da parte della Gdf.
Sempre un giro di auto sarebbe la
prova delle estorsioni attuate dal
gruppo nei confronti dell’imprenditore. Un giro di auto, spesso Bmw, che i
componenti del gruppo prendevano
dalla concessionaria, senza però pagare. Tra le accuse a Mantella, ad
esempio, vi è quella di avere «costretto l’imprenditore a rinunciare al credito di 10mila euro per l’acquisto di
una Mercedes».
Situazione analoga per Francesco
Pardea, il quale non avrebbe pagato i
6mila euro dovuti, prezzo di un’altra
Bmw; così come anche per Morelli, il
quale avrebbe «ottenuto un ingiusto
profitto con danno altrui» omettendo
di versare 3mila euro per l’acquisto
sempre di una Bmw.
g. m.
Le umiliazioni subìte
dall’imprenditore
Oltre alle presunte estorsioni, l’imprenditore vibonese avrebbe subito anche
delle pesanti umiliazioni.
Vincenzo Mantella e Salvatore Morelli, infatti, devono rispondere anche di un
episodio che ha al centro
un’affissione pubblicitaria.
Dai riscontri in sede di
escussione, e in particolare
da alcune intercettazioni
telefoniche, è emerso come
Mantella e Morelli avrebbero ottenuto «un ingiusto
profitto» dall’affissione di
un cartellone pubblicitario,
per la quale avevano chiesto alla presunta vittima,
che lo aveva in dotazione
perché stava ristrutturan-
do uno stabile nel centro
città, la possibilità di allestire sopra il ponteggio, che
non risulta essere mai stato pagato, addirittura - e
qui l’umiliazione, che il gip
definisce «danno morale»
- la pubblicità di una concessionaria di auto concorrente. Accortosi di quanto
gli avevano “combinato”,
l’imprenditore aveva chiamato il Mantella, il quale,
secondo il giudice, insieme
al Morelli avrebbe fatto finta di non sapere nulla, riconducendo il caso ad un
errore degli operai, senza
dunque porvi alcun «rimedio».
g. m.
37
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calabria
ora
V I B O N E S E
il fatto
FABRIZIA Per fortuna la tragedia è stata soltanto sfiorata. Ma ci è
mancato davvero poco. Un uomo
di 36 anni, Domenico Antonio Maiolo, operaio di Fabrizia, è stato arrestato ieri mattina dai carabinieri
della Compagnia di Serra San Bruno con l’accusa di tentato omicidio
aggravato e lesioni, perché avrebbe
tentato di soffocare un’anziana
donna mettendole le mani alla gola e cercando di tapparle la bocca
con uno straccio.
I fatti hanno luogo ieri di prima
mattina a Fabrizia. Alla porta della
signora Raffaela Mamone, 88 an-
Operaio tenta di soffocare un’anziana
Fabrizia, i carabinieri arrestano il 36enne Domenico Antonio Maiolo
ni, intorno alle 7 bussa il Maiolo. Ha
intenzione di vendere all’anziana alcuni prodotti come cereali e grano.
La Mamone, riconoscendolo - l’uomo, infatti, è già noto alle forze dell’ordine - declina l’invito e dice di
non avere bisogno di nulla. Ma Maiolo non si dà per vinto, e dopo circa un’ora torna. La risposta dell’anziana, però, è sempre la medesima:
non mi serve niente. A quel punto,
probabilmente in preda ad un raptus, l’uomo si sarebbe avventato su
di lei, mettendole le mani al collo e
tentando di soffocarla. La donna cade a terra priva di sensi. Maiolo
pensa di averla uccisa e fugge precipitosamente fuori dalla casa. La
Mamone, però, è viva e chiede aiuto ad un nipote. Questi allerta gli
uomini del capitano Stefano Esposito Vangone che subito si lanciano
alla caccia del fuggitivo. La ricerca
non dura neanche un’ora. Domenico Antonio Maiolo viene arrestato
intorno alle 9 e trasferito nelle camere di sicurezza della Benemerita.
Oggi verrà tradotto in carcere, da
dove dovrà attendere le decisioni
dell’autorità giudiziaria. (g. maz.)
Ennesima intimidazione
Proiettile per Gambino
Domenico Antonio Maiolo
servizi al cittadino
Mediazione, aperto
lo sportello a Serra
Nel mirino il figlio di Sharo: «Un episodio avvilente»
SERRA SAN BRUNO Che si tratti di
un semplice “avvertimento” o di un vero
e proprio atto intimidatorio, poco importa. Sta di fatto che, quello perpetrato ai
danni di Sergio Gambino, figlio del celebre scrittore meridionalista, Sharo, è un
gesto che dovrebbe richiamare l’attenzione di quanti hanno a cuore le sorti di un
terra - la Calabria - caratterizzata dalla
presenza della criminalità organizzata
che, ad oggi, sembra farla da padrona.
Se, poi, al potere della ‘ndrangheta si
aggiunge l’indifferenza, da parte della
classe politica, di reagire con forza e, soprattutto, con atti concreti a questo genere di intimidazioni, allora la lotta ad ogni
forma di malavita organizzata rischia di
essere un miraggio.
Per capire i contorni della vicenda che
ha visto protagonista suo malgrado Sergio
Gambino, però, bisogna risalire alla mattinata di ieri, intorno alle 7 e 30, quando
il giovane - uscendo da casa per recarsi al
lavoro - ha rinvenuto un bossolo di lupara davanti alla propria abitazione. Immediato l’intervento degli agenti del locale
commissariato di Polizia, guidati dal dirigente Domenico Avallone e coordinati in
quel frangente dall’ispettore Vito Coccoglioniti, i quali hanno avviato le indagini
per cercare di risalire agli autori di un gesto alquanto deplorevole. Fondatore del-
IMPEGNATO Sergio Gambino
l’associazione culturale “Il Brigante”,
Gambino è anche tra i promotori di un
giornale online, “Il Vizzarro”, che sarà in
rete tra qualche giorno. Questo il commento del destinatario dell’intimidazione
a poche ore dall’ accaduto: «Penso sia un
episodio riconducibile all’impegno del nostro gruppo nel sociale. La cosa che avvilisce, però - ha aggiunto Gambino - è che,
anche se si tratti di una bravata, è chiaro
ormai che la mentalità omertosa ed il modus operandi della ‘ndrangheta ha permeato la nostra società in maniera asfissiante. A ogni modo, il nostro impegno
proseguirà in maniera ancora più incisiva». Non appena la notizia si è diffusa, in
tanti hanno espresso il proprio attestato di
stima. Ad iniziare dall’assessore provinciale, nonché esponente di Sel, Rosa Valenzisi, secondo la quale «l’attentato intimidatorio nei confronti di Sergio Gambino è un atto contro tutti gli uomini liberi
della nostra terra». Anche la Federazione
provinciale del Partito della Rifondazione
comunista, guidata dal segretario Renato
Giannini, ha voluto esprimere tutta la propria «solidarietà» e «vicinanza» per un
gesto perpetrato ai danni di chi «si è sempre impegnato per la difesa dei nostri diritti. Come Rifondazione - conclude la nota - siamo vicini a Sergio e lo invitiamo a
continuare nella battaglia per la liberazione della nostra terra». Solidarietà anche
dal consigliere regionale del Pd, Bruno
Censore. Insomma, un’altra triste pagina
per il Vibonese. In questi casi, l’unica soluzione percorribile è quella di fare fronte comune per avviare una battaglia seria
e determinata affinché la Calabria possa
uscire dal tunnel della criminalità organizzata.
Alessandro De Padova
la lettera
La visita del vescovo
e la protesta silente
MONTEROSSO Monterosso ora chiede solo di sapere come sono andate realmente le cose. Quel giorno,
primo di novembre 2011, in
occasione della ricorrenza di
Ognissanti e per l’inaugurazione della facciata della chiesa di Maria del Soccorso
qualcosa è avvenuto. Il vescovo di Mileto, Nicotera e Tropea, monsignor Luigi Renzo,
presente a Monterosso per la
prima volta dopo gli incresciosi e ben noti “fatti” del 12
luglio 2009, è arrivato in
paese visibilmente scortato
da una ben nutrita schiera di
componenti delle forze del-
l’ordine preventivamente dislocate per motivi di tutela, di
sicurezza dell’alto prelato e
per vigilare sull’ordine pubblico. Una visita annunciata,
quella del vescovo, che, però,
non ha trovato nel piccolo
centro montano vibonese
una folta accoglienza. Pochi
coloro che si sono presentati
all’appuntamento. A riceverlo, al suo arrivo, il neo parroco del paese, don Oreste Borelli, i rappresentanti dell’amministrazione comunale,
guidata dal sindaco Ercole
Massara, i priori delle confraternite del Crocifisso e del
Rosario, il capitano della
Compagnia carabinieri di
Serra San Bruno, Stefano
Esposito Vangone, il comandante della locale stazione carabinieri, Rosario Scala, e il
comandante dei vigili urbani, Carmela Farina. Dopo
l’inaugurazione della facciata, il corteo, formato da autorità e da alcuni fedeli, ha seguito il vescovo all’interno
della chiesa.
A celebrare la santa messa, oltre a monsignor Luigi
Renzo anche don Oreste Borelli, don Antonio Russo, il segretario del vescovo, don
Graziano Maccarone e don
Antonio Mazzeo, parroco di
Filadelfia. Presenti al rito anche i quindici giovani seminaristi che recentemente erano stati ospiti di Monterosso.
A sorpresa della maggioranza dei cittadini, tra l’altro
non presenti alla cerimonia, il
vescovo Renzo ha nominato
il nuovo parroco di Monterosso. Nel corso dell’intervento, durante l’omelia, il vescovo ha dichiarato che «questa
era una promessa, ritornare
a Monterosso per inaugurare la nuova facciata della
chiesa». Da quanto però si è
potuto osservare, il paese non
ha partecipato in pieno, ha
lanciato un evidente messaggio, non ha ancora elaborato
la ben nota crisi aperta nel
2009. Pochi anche i cittadini
che sapevano della nomina
del neo parroco, pochi coloro
che hanno partecipato fisicamente alle celebrazioni, dentro la chiesa molti i posti a sedere occupati dalle forze dell’ordine e dai seminaristi,
molti anche i posti vuoti, un
segnale che deve essere letto e
interpretato come una sorta
di protesta silente e popolare.
Un gruppo di cittadini
di Monterosso Calabro
L’organismo avrà sede all’interno del palazzo municipale
SERRA SAN BRUNO
Avrà sede nei locali del Comune e consentirà ai serresi di giovarsi di un servizio
importante senza allontanarsi dalla città di residenza. L’ufficio di mediazione
e conciliazione nasce dalla
collaborazione fra le amministrazioni di Badolato e
Serra San Bruno e si propone di rendere la giustizia
un po’ meno lontana dalle
esigenze delle diverse categorie sociali. D’altro canto,
la stessa riforma della mediazione civile ha come
obiettivo principale quello
di ridurre il flusso di nuove
cause nel sistema giudiziario, offrendo al cittadino
uno strumento più semplice e veloce in termini di
tempistica e più conveniente sotto l’aspetto economico. Da un punto di vista tecnico, per mediazione s’intende «una procedura tramite la quale le parti
richiedono l’assistenza di
un terzo o terzi nel tentativo di raggiungere un accordo amichevole rispetto ad
una controversia derivante
da o in relazione ad un rapporto contrattuale o un altro rapporto legale» (il conciliatore non ha comunque
il potere di imporre una soluzione della controversia
alle parti). Essa è una condizione di procedibilità prima di adire l’autorità giudiziaria e per alcune materie (diritti reali, divisione,
successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende,
risarcimento del danno derivante da responsabilità
medica, responsabilità da
diffamazione con il mezzo
della stampa o con altro
mezzo di pubblicità, contratti assicurativi bancari e
finanziari) è obbligatoria.
Nei casi previsti dall’articolo 5 del decreto legislativo 28/10, dunque, la parte
che intende agire in giudizio ha l’onere di tentare la
mediazione e deve essere
informata dal proprio avvocato con un documento
che deve essere sottoscritto
dall’assistito. Il giudice,
qualora rilevi la mancata
allegazione del documento
all’atto introduttivo del giudizio, deve informare la
parte della facoltà di chiedere la mediazione.
Il decreto “Milleproroghe” ha invece rinviato
l’entrata in vigore della mediazione obbligatoria al 21
marzo 2012 in materia di
condominio e risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e
natanti (il cosiddetto maxiemendamento sembra
però ristabilirne l’obbligatorietà sin da subito).
Il procedimento di mediazione ha in ogni caso
una durata massima di 4
mesi e, secondo l’organismo unitario dell’avvocatura, la mediazione obbligatoria inciderà su oltre mezzo milione di cause. L’organismo di mediazione e conciliazione della cittadina
della Certosa sarà contattabile dal lunedì al venerdì
dalle ore 10 alle 14, mentre
l’apertura al pubblico è
prevista dalle ore 17 alle 19.
Biagio La Rizza