ora - Stop `ndrangheta
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Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs) Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003 Reggio. Falsi atti giudiziari: tre arresti www.ilquotidianodellacalabria.it Assoggettato dagli estortori Regalava loro anche i dolci Il “fango” per truffare Poliziotto in manette Vittime Congiusta e il fratello della Fallara GIUSEPPE BALDESSARRO, GIOVANNI VERDUCI e PASQUALE VIOLI alle pagine 10 e 11 e in cronaca Venerdì 18 novembre 2011 Antonino Consolato Franco il poliziotto arrestato Custodia cautelare per 5 del Vibonese I racconti di un pentito TERESA ALOI a pagina 9 da pagina 49 a 57 Catanzaro. Svolta clamorosa nell’inchiesta sulla discarica. Pugliano indagato a piede libero Alli, bufera sul commissario Cinque agli arresti; chiesta l’interdizione anche per Graziano Melandri “Scatole cinesi” Il sistema usato dalle società per frodare il fisco Il numero due della Dna L’INCHIESTA sulla gestione della discarica di Alli, nei pressi di Catanzaro, ha portato all’arresto di cinque persone, tra imprenditori e consulenti (per l’ipotesi di una maxifrode fiscale), ma si è anche abbattuta sull’Ufficio del commissario per l’emergenza rifiuti. Per lo stesso commissario, Graziano Melandri, è stata chiesta l’interdizione cautelare. a pagina 18 Caso Cisterna Una memoria al Csm Alberto Cisterna La strategia antimorosi I Comuni iniziano a pagare Sorical S. PAPALEO e S. PUCCIO alle pagine 6 e 7 Il presidente del Consiglio, Mario Monti, e il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, al Senato Un acquedotto a pagina 13 Praia a Mare Monti incassa la fiducia al Senato. No della Lega Lamezia Terme La Procura sequestra l’area della Marlane Primo sì per il Governo Torna l’Ici, pensioni eque Bomba esplode al supermercato Standa M. CAVA a pagina 16 alle pagine 4 e 5 con commenti di FRANCO CIMINO e MASSIMO VELTRI a pagina 21 PASQUALINO RETTURA a pagina 19 La struttura colpita Reggio. Dopo gli episodi di vandalismo dei giorni scorsi, il percorso sottomarino preso di mira dai ladri Sombrero L’Ici IL COMMISSARIO Monti ha fatto intendere che ripristinerà l'Ici sulla prima casa, motivandolo con la ragione che l'assenza in Italia di questa tassa costituisce una anomalia nel panorama europeo. Il Pdl aveva vinto le elezioni sulla base di un programma dicui harealizzato molto poco, tranne proprio l'abolizione dell'Ici, misura che da tempo aveva clamorosamente annunciato e per la quale soprattutto era stato votato. Ora ci dicono che bisogna uniformarsi all'Europa. Ma rimane un problema, destinato a scavare un solco sempre maggiore: a questo punto, che votiamo a fare? Furto in profondità nel parco archeologico sommerso INCURSIONE di ladri nel parco archeologico sommerso di Reggio, dopo gli atti di vandalismo: Un reperto è stato rubato a quattro metri di profondità. a pagina 18 Reggio Calabria Rappoccio Fascicoli all’avvocato generale M. INSERRA a pagina 26 11118 9 771128 022007 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro ANNO 17 - N. 318 - € 1,20 6 Primo piano Venerdì 18 novembre 2011 Primo piano 7 Venerdì 18 novembre 2011 Vertice romano alla presenza di Melandri PECUNIA NON OLET/2 Scopelliti vola da Gabrielli per decidere sul futuro Terremoto giudiziario sui rifiuti. Travolto l’Ufficio del commissario in Calabria di SAVERIO PUCCIO Alli, scattano le manette L’inchiesta sulla discarica al traguardo : 5 arresti Richiesta di interdizione anche per Melandri di STEFANIA PAPALEO CATANZARO - “Pecunia non olet”, atto terzo. Via altri beni per un valore di 12 milioni di euro, ma anche la libertà. Dopo lo scandalo di agosto e il sequestro della discarica di Alli, ad ottobre, la mano pesante del gip, Abigail Mellace, ha colpito ancora. E, questa volta, sotto i colpi della giustizia, sono cadute dieci vittime eccellenti. All'ombra di un presunto stratagemma ordito per eludere le tasse, ricorrendo al sistema delle scatole cinesi, con la creazione di società ad hoc operanti nel settore dello smaltimento dei rifiuti, alle quali passarei creditima noni debiti. Uno stratagemma complesso che, grazie alla presunta compiacenza dei vertici dell'Ufficio del commissario delegato per il superamento dell'emergenza dei rifiuti in Calabria e della Regione Calabria, Dipartimento politiche dell'ambiente, avrebbe tenuto per almeno otto anni, ovvero dal 2003 ad oggi, con una sottrazione indebita alle casse dell'erario di decine di milioni di euro. Lo aveva sostenuto ad agosto il sostituto procuratore, Carlo Villani, e lo ha ribadito oggi, al gip, per chiedere e ottenere i provvedimenti restrittivi, che hanno provocato un vero e proprio terremoto giudiziario in Calabria. L'ordinanza di custodia cautelare. Due in carcere (il proprietario della società “Enertech”, Stefano Gavioli, 54 anni, di Venezia, e il direttore tecnico della stessa società, Loris Zerbin, 50 anni, di Campolongo Maggiore a Venezia), tre ai domiciliari (l'amministratore di una delle società del gruppo, Giovanni Faggiano, 52 anni, di Brindisi; l'avvocato e consulente della società, Giancarlo Tonetto, 56 anni, di San Donà di Piave (Venezia), ed Enrico Prandin, 49 anni, di Rovigo), due sottoposti all'obbligo di presentazione alla Pg (il commercialista Paolo Bellanio, 57 anni, di Venezia, e un tecnico della Eneterch, Antonio Garrubba, 46 anni, di Isola Capo Rizzuto). Rischiano l'interdizione dai pubblici uffici, invece, i tre rappresentanti dell'Ufficio emergenza in Calabria, commissario compreso. La richiesta in tal senso è stata avanzata dal sostituto procuratore, Carlo Villani, titolare della dirompente inchiesta, a carico del commissario Graziano Melandri e dei tecnici Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo, chiamati a presentarsi lunedì mattina, alle 12, davanti al gip, Abigail Mellace, per l'interrogatorio propedeutico alla esecutività del provvedimento interdittivo. L'assessore all'Ambiente. Ai loro nomi, nel registro degli indagati, si aggiunge quello dell'assessore Francesco Pugliano, rimasto coinvolto nell'inchiesta nella sua qualità di ex subcommissario per il superamento dell'emergenza ambientale in Calabria, e ritenuto, alla stregua dei componenti l'Ufficio del commissario, complice di quel contorto meccanismo di frode che gli inquirenti hanno ricostruito rispetto alla gestione, da parte della “Enertech”, della discarica di Alli, in attesa di verificare l'operato della holding industriale in tutti gli altri Comuni in cui gli indagati sono riusciti ad accaparrarsi numerosi appalti pubblici di servizio per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Tuttavia, rispetto alla posizione di Pugliano, il gip non ha ritenuto di applicare alcuna misura,anche perché,a suo carico, non figura nessuna delle intercettazioni che, a parere del magistrato, incastrerebbero gli altri indagati alle proprie responsabilità. L'intercettazione. «Una miniera d'oro, ecco cos'è», diceva, per esempio, qualche mese fa Loris Zerbin ad un amico, parlando del business dei rifiuti messo su in Calabria. Ma il direttore tecnico della “Enertech” non aveva fatto i conti con i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Catanzaro, guidati dal colonnello Fabio Canziani, e con i carabinieri del Noe, coordinati da Gaetano Lardieri, che, nel seguire le tracce dei soldi accumulati a discapito del fisco, per oltre un anno sono rimasti con il fiato sul collo di imprenditori e politici, che, grazie a quella miniera, avevano accumulato ricchezze su ricchezze. Parlando del proprietario della Enertech, Stefano Gavioli, dunque, Zerbin affermava che quest'ultimo «aveva dilapidato tutti gli importi conseguiti, utilizzandoli ad altri fini, tanto che L’assessore Pugliano resta indagato a piede libero Lo stratagemma “Scatole cinesi” Un sistema per evadere il fisco NELLA gestione della discarica di Alli, nell'ultimo quadriennio, si sono avvicendate ben tre società di capitali ("Slia spa”, “Enerambiente spa” ed “Enertech srl"), riconducibili sempre alla stessa compagine societaria e sotto la supervisione dell'ufficio commissariale, con un unico obiettivo, quello di aggirare il fisco. Gavioli avrebbe costitutito una cinquantina di società di capitali (spa e srl), aventi stessa sede legalea Venezia,tessa compaginesocietaria e analogo oggetto sociale, al fine di evadere sistematicamente l'imposizione tributaria e, successivamente, di non disponeva del denaro necessario neppure per avviare i lavori di ampliamento della discarica. E siccome - aggiungeva Zerbin nella conversazione telefonica riportata nell'ordinanza - la fatturazione di Catanzaro non basta ad alimentare questo giro qua, perchè non sono 600.000 euro di utile, sono 600.000 euro con un utile onesto e buono, di 30%, no? Ma il resto delle spese, porco di un giuda! E allora se li hai li devi spendere! Allora, 200.000 te li puoi anche tirare fuori da Catanzaro, ma gli altri 400 li devi spendere! Questo, non ce li ha...questo non c'ha i soldi per fare l'intervento della discarica. Sono riusciti a partire adesso con quattro lavori del cazzo...no?...e allora e non la finiremo in tempo, in ogni caso, perchè è ovvio, se partito con un anno e mezzo di ritardo....allora, non hai i soldi per finire un affare che è una miniera d'oro». L'accusa. Associazione per delinquere finalizzata all'evasione fiscale ed alla violazione delle norme ambientali, le ipotesi di reato più pesanti intorno alle quali ruota l'inchiesta e che, davanti al gip, hanno tenuto per i primi sei indagati, ma non per Garrubba, rispetto al quale, come specifica l'avvocato difensore, Aldo Truncè, il giudice nell'ordinanza scrive che “non sussistano gravi indizi di colpevolezza in relazione all'associazione a delinquere contestata”, tanto da rigettare la richiesta di misura cautelare cheancheper luierastatasollecitata dalla Procura. Ad organizzare il raggiro, secondo la ricostruzione del magistrato, sarebbe stato Stefano Gavioli, titolare della Enertech. Nonostante i debiti con il fisco, l'ufficio del commissario per l'emergenza ambientale ha liquidato somme per circa 3 milioni di euro alla “Enertech”. Per questa vicenda erano già stati indagati ad agosto il commissario Melandri e l'ex subcommissario ed attuale assessore regionale all'ambiente, Francesco Pugliano. Una seconda parte dell'inchiesta, condotta dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dal sostituto Carlo Villani, riguarda le presunte violazioni delle norme ambientali commessedalla Enertech. In particolare, i carabinieri del Noe hanno accertato che il percolato prodotto nella discarica finiva nel fiume Alli e successivamente nel mare Jonio. eludere le pretese erariali mediante la sottrazione fraudolenta delle partite attive patrimoniali della società debitrice, destinata così ad un inevitabile procedura fallimentare, dopo essere state “caricate”artatamente di ingenti debiti tributari. Quindi, venivano svuotate delle componenti attive (divenendo “Bad companies"), traslandole a favore di altre società “figlie” costituite ad hoc ("Good companies"), per assicurarsi il conferimento di crediti privilegiati ed eludere il pagamento dei debiti tributari già iscritti a ruolo nei confronti di “Slia”ed “Enerambiente”. | IL PROFESSIONISTA | Il consigliere giuridico la villa e i quadri di De Chirico Storia dell’avvocato Tonetto CATANZARO - Secondo l'accu- strati nella prima fase dell'insa sarebbe l'esperto capace di dagine. Subito dopo è scattata redigere atti e documenti che la perquisizione nello studio ledovevano avvantaggiare gli af- gale di Venezia. Un ufficio molfari di Stefano Gavioli, l'im- to noto, che negli anni ha difeprenditore veneziano ai vertici so, per quanto è dato sapere, imdella “Enertech”, la società che portanti personaggi della vita gestiva fino a pochi giorni fa la pubblica veneta. Secondo il provvedimento firdiscarica di Alli di Catanzaro. Un consulente di qualità, capa- mato dal gip Abigail Mellace, ce di trasformare a piacimento Tonetto rientra nell'associazioogni carta. Una posizione che è ne a delinquere per essere “il recostata all'avvocato Giancarlo ferente giuridico” di Gavioli. La mente capace di Tonetto, 56 anni, «predisporre l'ardi Venezia, un'orchitettura giurididinanza restrittica delle nuove sova agli arresti docietà e che consente miciliari. Un provla perpetrazione vedimento notifidei reati». cato ieri mattina D'altronde, semdai militari della pre secondo le indaGuardia di finangini, Gavioli non za di Catanzaro, farebbe un solo pasgiunti nella città so senza sentire lagunare insieme prima il suo consial sostituto procugliere fidato. L'avratore Carlo Villani, titolare dell'in- La villa sequestrata al legale vocato è colui il quale «redige madagine “Pecunia terialmente le fittinon olet bis”. Una zie operazioni giupresenza, quella ridiche - scrive il del magistrato, giudice - preordidettata dalla decinate alla dispersiosione di perquisire ne materiale e giuanche lo studio leridica delle poste gale del noto proattive delle società fessionista. Dal “originarie”, in momomento che la normativa in materia pretende do che gli ingenti debiti verso i la partecipazione di un magi- creditori e soprattutto verso strato e di un rappresentante l'Erario siano di fatto inesigibidel Consiglio dell'Ordine foren- li». Una figura centrale, dunse prima di setacciare l'ufficio que, nell'indagine sui continui cambi societari voluti da Gaviodi un avvocato. Così, all'alba di ieri, le Fiam- li. Al punto che già nei giorni me gialle e il sostituto hanno scorsi, allo stesso legale era stasuonato alla sontuosa villa di to notificato un avviso di garanSonetto, circondata da un pic- zia. Un provvedimento che, forcolo boschetto. All'interno, af- se, aveva fatto credere al profesfissi alle pareti, quadri di De sionista di non avere altri conti Chirico, che il professionista si aperti, mentre il sostituto prosarebbe affrettato a giustificare curatore Villani e gli uomini come non originali, ma sui qua- della Guardia di finanza stavali sono in corso le verifiche. La no già ricostruendo i suoi ultevilla è finita, poi, tra i beni se- riori passaggi che lo hanno porquestrati ieri agli indagati, per tato diritto agli arresti domiciun importo complessivo pari a liari, nella lussuosa villa di Ve12 milioni di euro, che si ag- nezia. giungono ai 90 milioni sequesa.pu. Il ruolo del legale che si occupava delle “carte” L’INTERCETTAZIONE «Se un magistrato ci mette il naso non va a finire proprio liscia liscia» CI SONO INTERI CAPITOLI dedicati alle intercettazioni ambientali e non solo. Telefonate, colloqui che mostrano chiaramente come gli indagati sapevano di non agire nel giusto, consapevoli della natura illecita di ciò che si voleva portare avanti. C’è, ad esempio il problema della mancanza dell’autorizzazione integrata ambientale - tale circostanza, così come scrive il giudice per le indagini preliminari Abigail Mellace - era fonte di preoccupazione per Stefano Gavioli e i suoi collaboratori e ancor di più dei funzionari pubblici con i quali si rapportavano. Perché, si rendevano conto dell’enorme problema che tale carenza avrebbe potuto comportare sulla continuità nella gestione dell’impianto di Alli e sulle relative conseguenze economiche. Ma c’è anche il problema relativo a tutta la documentazione delle polizze fideiussorie presentate nel corso degli anni. Lettere che dovevano essere firmate e spedite via email. Su tutto l’illecità delle azioni perché «fatta una di quelle operazioni - si legge testualmente nell’ordinanza - se un magistrato ci mette il naso non va a finire proprio liscia liscia». Forse, lo avevano capito. (r.c.) definitivamente, da un momento all'altro. Le contestazioni mosse nei confronti dei tre esponenti dell'ufficio emergenziale, ai quali si aggiunge la posizione dell'attuale assessore regionale all'Ambiente, Francesco Pugliano, nella sua qualità di ex sub commissario all'epoca del commissariamento targato Giuseppe Scopelliti, evidenziano qualche crepa nel sistema gestionale. Almeno da parte di chi sapeva e non ha fatto nulla. D'altronde, per quanto evidenziato dalle indagini e per quello che trapela dalle intercettazioni, tutti erano a conoscenza che alla “Enertech” mancavano alcune autorizzazioni fondamentali; tutti avevano almeno sentito parlare dei debiti che la società aveva nei confronti dell'Erario; tutti avevano avuto modo di verificare che le società che si occupavano di Alli cambiavano nome in pochi attimi, prima ancora di completare i passaggi di consegne. In questi meccanismi, le figure Richichi e Lo Piccolo appaiono quelle più complesse. Intanto perché dovevano essere loro a verificare gli atti e la documentazione in mano alla società, così come dice lo stesso Melandri agli inquirenti, e poi perché erano sempre loro a intrattenere rapporti con i manager, a partire da Loris Zerbin. Una confidenza ampia, come dimostra ad esempio un'intercettazione telefonica tra lo stesso Zerbin e Richichi, nel corso della quale i due si scambiano pareri, con il dirigente dell'ente governativo che chiede al manager della “Enertech” come sta il fratello che sembra trovarsi proprio a Venezia. Il commissario Melandri, da parte sua, anche dinnanzi ai giudici, richiama i pareri di conformità espressi proprio dagli organismi guidati da Richichi e Lo Piccolo, propedeutici alla sua firma sui mandati di pagamento effettuati nei confronti di “Enertech” e contestati nell’inchiesta. Lunedì, dopo gli interrogatori, l'interdizione dai pubblici uffici chiuderà l'esperienza di Melandri, Richichi e Lo Piccolo nell'Ufficio del commissario, ma rischia di aprire una nuova e più grave fase di stallo alla quale qualcuna dovrà rispondere con una decisione secca e definitiva sul prosieguo di un'esperienza che ha visto spendere miliardi di euro tra depurazione e rifiuti, lasciando ogni cosa come prima. Se non peggio. Le posizioni e le telefonate dei tecnici dell’Ufficio Lombardo e Borrelli: «Non abbiamo bloccato Alli» I giovani democratici: «Promesse non mantenute» L’allarme dei magistrati Laratta chiede un confronto «Gestione disastrosa» Legambiente in campo CATANZARO - «La gestione dei rifiuti in Calabria è stata un disastro, come risulta anche dalla relazione della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti». L’inchiesta “Pecunia non olet bis”, portata a termine ieri da Guardia di finanza e Carabinieri chiude il cerchio intorno alla gestione dei rifiuti in Calabria. Una gestione bocciata senza mezzi termini dal procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo. Nel corso della conferenza stampa che si è tenuta ieri, infatti, il procuratore capo (affiancato dal vice Giuseppe Borrelli, dagli ufficiali dell’Arma, Gaetano Lardieri e Giorgio Naselli, e della Finanza, Fabio Canziani e Fabio Bianco) ha sottolineato come quest’ultima inchiesta chiude di fatto i movimenti giudiziari intorno a questi episodi. Prima l’operazione “Pecunia non olet”, poi quella che ha portato al sequestro della discarica di Alli hanno messo in evidenza le pessime condizioni del sistema. «Il problema – ha aggiunto Lombardo – non è solo la discarica di Alli, perchè si aggiungono quelli dei pagamenti, dei Comuni che non pagano, delle ditte che si rifiutano di fare il servizio perchè non ricevono i soldi. Serve un nuovo modo, le innovazioni tecnologiche ci sono». Il procuratore capo di Catanzaro non si è fermato solo Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo all’analisi, ma ha provato a tracciare un eprcorso virtuoso per uscire dall’emergenza: «Le discariche sono cose del passato - ha detto - e in Calabria non vengono realizzati impianti tecnologici e non si fa la differenziata». L’esatto contrario di quello che ha sempre sostenuto il commissario per l’emergenza rifiuti, Graziano Melandri, il quale ha più volte sottolineato la necessità di dovere realizzare nuove discariche per uscire dalla situazione di estrema difficoltà Il procuratore Lombardo si è anche soffermato sulle possibili conseguenze pratiche dell’inchiesta: «Non siamo noi che blocchiamo la discarica, Alli si è auto bloccata». Una risposta per nulla velata alle dichiarazioni dello stesso Melandri, che nei giorni scorsi aveva lanciato un appello su come uscire dallafase di stallo sopraggiunta con le indagini. Ancora più diretto, il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli: «Il problema resta su chi deve gestire la discarica, ma noisiamoestranei aquestatematica, anche se siamo stati forzatamente tirati dentro. Il funzionamento della raccolta dei rifiuti non può avvenire al prezzo di causare un disastro ambientale per l’assoluta inadeguatezza della discarica». sa.pu. CATANZARO - «Indagato l’assessore regionale all’Ambiente; interdetto dai pubblici uffici il Commissario per l'emergenza, già assessore comunale con Scopelliti sindaco. E intanto la Calabria non ha una discarica, quelle che ci sono stanno per esaurirsi, non ha un progetto per affrontare l'emergenza, non ha un piano serio e credibile». Lo sostiene, in una nota, il deputato del Pd Franco Laratta. «La Camera, a fine giugno –ha aggiuntoil parlamentare–ha approvato all’unanimitàla relazione della Commisssione bicamerale per il Ciclo dei rifiuti, lanciando l’allarme per i gravi e imminenti rischi che corre la nostra regione. In quell'occasione, insieme al capogruppo del Pd alla Regione Sandro Principe, abbiamo chiesto a Scopelliti di favorire la fine della gestione emergenziale e di aprire un confronto con le forze politiche per meglio affrontare l’emergenza. Ma dal governatore solo silenzio. Qualche mese fa Scopelliti ha dichiarato: “Abbiamo il Commissario per l’emergenza Melandri, che è un generale della guardia di finanza, un uomo del fare, indicato dal Governo dopo una valutazione con me.Quando è stato assessore a Reggio Calabria ha portato una rivoluzione culturale, perchè in Calabria c'è bisogno di uomini che Il deputato Franco Laratta e il sostituto procuratore, Carlo Villani sanno fare scelte di rottura. Oggi stiamo lavorando per costruire un modello efficiente, ma abbiamo bisogno di tempo e di accelerare gli intervisti previsti”». E se da un lato l'ennesima inchiesta sui rifiuti, coordinata dal pm Carlo Villani, e l’importante azione della magistratura e delle forze dell’ordine afferma la legalità e la forza delloStatonel reprimereireati, dall’altro mette a nudo il re sulle ecomafie e gli interessi illegali sul ciclo dei rifiuti. Lo sostiene, in una nota, Legambiente Calabria. «Si confermano le nostre preoccupazioni – aggiunge –sul fallimento delle esperienze commissariali che si sono succedute in circa unventennionero ediquanti, anzichè avere a cuore ed assumere responsabilmente scelte ed azioni politiche incisive ed efficaci per la gestione integrata ed efficiente dei rifiuti, usano la gestione commissariale come leva del malaffare». Per i Giovani democratici di Catanzaro «sono passati mesi dalle promesse della campagna elettoralee dagliannunci del post elezioni, quando si parlava di una taskforce pulizie per una città che il neo sindaco voleva splendente e da allora nienteè cambiato,anzi, la situazione è degenerata e peggiorata. Basta girare per le strade della città per capire». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Da sx al tavolo: il comandante del Noe, Gaetano Lardieri, il comandante provinciale dell’Arma, Giorgio Naselli, i procuratori Giuseppe Borrelli e Vincenzo Lombardo, il generale della Finanza Salvatore Tatta, il comandante del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, Fabio Canziani, e il colonnello della finanza, Fabio Bianco CATANZARO - Mentre a Catanzaro la Guardia di finanza e i Carabinieri notificavano i provvedimenti scaturiti dall'inchiesta “Pecunia non olet bis”, a Roma era stato convocato da qualche giorno un incontro per decidere sul futuro del commissariamento emergenziale per i rifiuti in Calabria. Intorno al tavolo il responsabile nazionale della Protezione civile, Franco Gabrielli, il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, il commissario Graziano Melandri. L'incontro, nonostante la nuova bufera giudiziaria che ha travolto prima di tutto l'Ufficio governativo, c'è stato, ma si è chiuso con un rinvio, dopo un'analisi complessiva della situazione. Bocche cucite da parte dei presenti, volati a Roma in tarda mattinata e rientrati ieri sera. Perché dopo i nuovi provvedimenti voluti dalla Procura di Catanzaro il dubbio è stringente: continuare un commissariamento lungo tredici anni, oppure ridare la palla alle istituzioni ordinarie? Ed a questo si è aggiunto un nuovo oggetto di discussione: se lunedì, al termine degli interrogatori di garanzia, scatterà l'interdizione dai pubblici uffici per il commissario Melandri che fine farà l'Ufficio? Dubbi non di poco conto, che mettono in discussione l'intero sistema emergenziale, sul quale bisognerà prendere una decisione definitiva, senza tergiversare, dal momento che tra due giorni il commissariamento sarà senza una guida e senza due tecnici come Domenico Richichi, che fino a poco tempo fa è stato il responsabile unico del procedimento per la discarica di Alli, e Simone Lo Piccolo, responsabile area amministrativa e finanziaria, nonostante la sua giovanissima età. La riunione romana, dunque, si sarebbe chiusa con un “rivediamoci molto presto” e con la necessità di approfondire i tanti temi sul tavolo, per decidere come proseguire. D'altronde, una chiusura immediata dell'Ufficio appare impossibile, anche solo dal punto di vista tecnico. Pratiche aperte, emergenze più di quante ve ne fossero tredici anni fa, spazzatura per le strade e discariche stracolmi. Difficile anche solo pensare che qualcuno possa prendere in mano una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, “Nasty Embassy” A dare il via alle indagini le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia Auto e dolci per la malavita Cinque persone arrestate per estorsione. La vittima incontrava il “carnefice” in clinica In carcere, sono finiti predi TERESA ALOI sunti affiliati alla cosca Lo CATANZARO - A leggere le Bianco di Vibo Valentia, a sua carte, l'auto preferita era la volta collegata al clan dei Bmw (station wagon o berli- Mancuso di Limbadi, tutti acna), ma anche la Mercedes non cusati, a vario titolo di estordispiaceva. Specialmente se sioni aggravate dal metodo non pagate. Unico filo condut- mafioso: Andrea Mantella, 39 toreun imprenditoredelvibo- anni, e Francesco Scrugli, 41, nese titolare di una concessio- di Vibo Valentia; Francesco naria d'auto completamente Antonio Pardea, 25 anni, di Tropea; Salvaassoggettato tore Morelli, al volere della 28 anni, e Vinmalavita locacenzo Mantelle, al punto da la, 25 anni, di recarsi persoVibo. nalmente da «Una vicenchi lo vessava da tipicamenportando in te mafiosa - ha dono persino spiegato il proun vassoio di curatore agdolci. giunto di CaCinque le tanzaro Giupersone arreseppe Borrelli state dalla che dà l'dea di Squadra mobiquanto il cittale diCatanzaro dino si lasci in esecuzione condizionare di altrettante Salvatore Morelli da quelle perordinanze di custodia cautelare relative ad sone che hanno un tale domiun episodio di estorsione: nio senza neppure la necessità quattro notificate a persone di esplicitare minacce». Come già detenute, mentre la quinta dire basta la loro presenza ad è stata eseguita nel vibonese, incutere timore. Perché quelarea in cui sarebbero stati lo che gli investigatori (l'incommessi i reati. L'operazio- chiesta è stata portata avanti ne denominata in codice “Na- dal sostituto procuratore delsty embassy”, ovvero “Amba- la Dda Pierpaolo Bruni con il sciate sporche” dà il senso di coordinamento dell'aggiunto come i rapporti della crimina- Borrelli, che personalmente, lità organizzata erano radica- assieme al capo della Mobile, ti sul territorio anche se chi Rodolfo Ruperti, ha raccolto gestiva gli affari non lo era “fi- le dichiarazioni della vittima) sicamente”, perché ristretto hanno portato alla luce moagli arresti domiciliari in una stra «l'assoggettamentoassoluto ed inesorabile dell'imclinica per motivi di salute. Andrea Mantella Vincenzo Mantella Francesco Scrugli Francesco Antonio Pardea prenditore al volere della malavita locale a tal punto che non solo non ha denunciato gli estortori, ma ha provato anche a negare di sottostare alle angherie dei suoi aguzzini, smentito però clamorosamente dalle intercettazioni e dalle altre risultanze di indagine». A dare il via alle indagini con le proprie dichiarazioni rilasciate all'inizio dell'anno, il collaboratore di giustizia Samuele Lo Vato, affiliato al clan Forastefano, che durante la sua permanenza nella stessa clinica - “Villa verde”a Donnici nel Cosentino - aveva conosciuto Andrea Mantella, con il quale si sarebbe instaurato un buon rapporto, tanto da indurre i due a progettare future attività da realizzare insieme. «Racconti puntualmente riscontrati con intercettazioni, documentazioni, sommarie informazioni e quant'altro» è stato spiegato nel corso della conferenza stampa durante la quale era presenti il procuratore capo di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, il questore Vincenzo Roca, il capo della Squadra mobile Rodolfo Ruperti, ed il suo vice Angelo Paduano. Andrea Mantella, dunque, ritenuto un elemento di spicco della cosca Lo Bianco all'interno della quale, comunque, godrebbe di un buon margine di autonomia tale da consentirgli, secondo gli inquirenti, anche di potersi “mettere in proprio”. Lui, che si trovava in clinica e che proprio dalla struttura sanitaria, come emerso dall'inchiesta, mandava agli imprenditori le sue “Ambasciate sporche” attraverso i suoi gregari, i quali si recavano tranquillamente nella struttura sanitaria a fargli visita, per la commissione delle estorsioni. Lui, che dava incarichi di svolgere commissioni per suo conto e che si compiaceva di come il compito veniva svolto ottenendo la totale subordinazione del gregario che gli dimostrava di conseguenza la sua disponibilità ad attuare le direttive come se fosse una sua lunga manus. Lui, che parlava di rituali della nuova ‘ndrangheta, di immaginette di santi. «Troppi boss ricoverati in clinica» CATANZARO - C’è una condizione che emerge in tutta la sua drammaticità dall'inchiesta “Nasty embassy”: la straordinaria “morbidità” degli ‘ndranghetisti che si ammalano quando vengono arrestati. E così è inevitabile che «se tutti vengono posti ai domiciliari nelle stesse strutture - ha detto l’aggiunto Borrelli che ha posto l’accento anche sulla cronica mancanza di uomini e mezzi - la cosa non puòche costituireunenorme problema, perchè i cautelati sono sì ristretti nella struttura sanitaria, all'interno della quale però hanno una certa libertà di movimento, senza che questo comporti la responsabilità di qualcuno in particolare. E ciò trasforma quel posto in un luogo protetto di incontri, di scambi, di attività varie». Come è accaduto a “Villa verde” dove la possibilità di ricevere visite , dove fare nuove utili conoscenze e con una notevole capacità di comunicazione con l'esterno, dove ricevere le stesse vittime non era certo un problema. t.a. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Primo piano 9 Venerdì 18 novembre 2011 10 Primo piano Venerdì 18 novembre 2011 Primo piano 11 Venerdì 18 novembre 2011 | Ricatti e minacce Antonino Franco Consolato Truffe e fango per professione Rosa Bruzzese Tre arresti a Reggio. Coinvolto un agente di polizia e la moglie Vittime i Marcianò, Congiusta e il fratello di Orsola Fallara Rinviato per impegni istituzionali l’interrogatorio dell’ex sindaco Scopelliti Bilancio, i revisori dei conti non rispondono REGGIO CALABRIA - Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i tre revisori dei conti del Comune di Reggio Calabria indagati nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Reggio sul cosiddetto «caso Fallara». Un atteggiamento inatteso da parte di “professinisti” istituzionali, che tuttavia evidentemente hanno preferito non esporsi alle domande dei magistrati. Carmelo Stracuzzi, Alessandro Ruggero De Medici e Domenico D’Amico, erano in carica negli anni oggetto dell’indagine della Procura. E ieri si sono presentati Scena muta davanti ai pm Tripodi e Ombra davanti ai pm Francesco Tripodi e Sara Ombra, dopo essere stati raggiunti, nelle scorse settimane, da un invito a comparire insieme all’ex sindaco Giuseppe Scopelliti. Ai Pm, alla presenza dei propri difensori hanno semplicemente detto di volersi avvalere del diritto di non parlare, previsto per gli indagati. Per ieri era previsto anche l’interrogatorio del governatore Scopelliti che però è stato rinviato per impegni istituzionali a Roma. Anche Scopelliti, nella sua qualità di ex sindaco di Reggio Calabria, aveva ricevuto nelle scorse settimane un invito a comparire. Tra l’altro il governatore era già stato sentito e in passato ha sempre collaborato fornendo la propria versione dei fatti e respingendo ogni addebito. Un atteggiamento molto diverso rispetto a quello dei tre re- visori dei conti. L’inchiesta è stata avviata dalla Procura di Reggio nei mesi scorsi in seguito alle denunce di esponenti del Pd reggino su indebite competenze erogate alla dirigente dell’Ufficio finanze del Comune, Orsola Fallara. Quest’ultima, indagata dalla Procura per abuso d’ufficio in relazione alla percezione di una somma di 750 mila euro, si suicidò nel dicembre scorso ingerendo acido muriatico all’indomani di una conferenza stampa nel corso della quale aveva detto di essere «stata distrutta» e ribadendo la legittimità degli atti. L’inchiesta si è poi estesa e la Procura reggina ha disposto una serie di accertamenti tecnici sui conti del Comune dai quali sarebbero emerse una serie di irregolarità nei bilanci. g.bal. Gli appunti contenuti nell’agendina del poliziotto Antonino Consolato Franco I carabinieri li aspettavano nell’ombra Angelo Belgio Per l’omicidio di Locri avvicinarono anche i Cordì A Ortì il poliziotto fermato col complice Chiesero 10mila euro per scagionare Marcianò investigativo. Ci sono altre lettere, ci sono telefonate e ci sono messaggi che arrivano sui telefonini delle vittime. Fin quando, al termine di una lunga trattativa, si stabilisce un prezzo. Soldi da lasciare in una busta a Ortì. Il denaro viene abbandonato nel luogo indicato, tenuto in stretta osservazione dai carabinieri che se ne stanno acquattati attorno alla zona. Passano pochi giorni e una notte arriva un’auto con due uomini a bordo. Quando gli sconosciuti si trovano a pochi metri dal denaro scatta la trappola. I carabinieri saltano fuori e bloccano gli esattori. Ed è qui la prima sorpresa, si tratta di un poliziotto, Antonio Consolato Franco e di Angelo Belgio. L’agente della questura di Reggio Calabria, dice di non sapere nulla di buste e di soldi, ma di essersi recato nel cuore della notte in quel luogo per incontrare un latitante. Belgio sarebbe il suo gancio nell’operazione. Un confidente. La storia però non trova riscontro. I superiori del poliziotto non ne sanno nulla, né esistono ordini di servizio su operazioni coperte. Insomma una palla. Un bugia he trova ulteriore conferma con le coseguenti perquisizioni. A casa del poliziotto saltano fuori carte intestate della questura e fogli timbrati dall’allora pm Francesco Mollace, Buste simili a quelle mandate per il ricatto e una serie di file nei computer. Franco lascia una marea i tracce e viene fuori che nelle operazioni è coinvolta anche la moglie dell’agente, Rosa Bruzzese. Sarebbe stata lei, che lavora in un negozio di telefonia del cognato di Paolo Fallara, a convincere una sua collega Mihaela Motas (denunciata) ad acquistare schede telefoniche (in un altro esercizio) intestate a persone estranee ai fatti. Telefoni e sim da usare per contattare le potenziali vittime. g.bal. segnare la missiva all'attenzione di Francedi PASQUALE VIOLI sca Bruzzaniti, moglie di Alessandro MarSIDERNO - Antonino Franco aveva indaga- cianò. All'interno di questa seconda busta to per ragioni di servizio anche sulla fami- c'erano 5 fogli contenenti le istruzioni da seglia Cordì di Locri, ne conosceva gli appar- guire per ottenere, in cambio del pagamentenenti e le vicende giuridiche. Ma più di to di 10.000 euro, alcuni documenti comtutto aveva contezza di quello che è successo provanti l'estraneità di Alessandro Marciadurante le investigazioni sul delitto dell'o- nò e suo figlio Giuseppe e nell'esecuzione norevole Franco Fortugno, avvenuto a Lo- dell'omicidio dell'onorevole Fortugno. Nella lettera erano riportate le modalità cri il 16 ottobre del 2005 per cui è stato condannato in primo e secondo grado come da seguire passo passo la consegna dei soldi mandante Alessandro Marcianò, marito di e per poi ricevere i documenti promessi. “Se noi avremo problemi - c'era scritto nelle Francesca Bruzzaniti. Anche per il depistaggio sul delitto che ha istruzioni - prima di sabato, chiameremo a sconvolto la Calabria e l'Italia intera il duo casa e diremo dite alla signora che è tutto composto da Antonino Franco e Angelo rinviato”. All'interno di una delle buste c'eBelgio ha operato su un sistema per loro col- rano anche duefogli. Il primo erauna copia laudato. Per “sconvolgere” l'esito delle in- apparentemente di un atto della Polizia di Stato riguardo una relaziovestigazioni hanno chiesto ne della Squadra mobile del alla famiglia di Marcianò 10 1° trimestre dell'anno 2006. mila euro, cercando di fare Nel secondo foglio era pre“abboccare” i parenti degli sente un'effigie fotografica imputati con degli stralci di di una persona di sesso relazioni della Polizia. Ma maschile raffigurante un già nel 2008 gli uomini delsoggetto in via di identifical'Arma erano sulle tracce del zione. Il cerchio si chiuse il complotto. Infatti nel gen17 gennaio del 2008, a pochi naio del 2008 su disposiziogiorni dal ritrovamento delne del magistrato della Dda le buste alla scogliera di Afridi Reggio Calabria Mario co. Infatti ai carabinieri della Andrigo, che aveva coordiCompagnia di Locri, si prenato anche le indagini sul desentarono alcuni familiari litto Fortugno, il maggiore di uno degli imputati nel Ciro Niglio, comandante delprocesso Fortugno e persola Compagnia Carabinieri di ne vicine alla famiglia Cordì Locri, inviava un' equipagdi Locri. Accompagnati dai gio del Nucleo Operativo al Francesco Fortugno loro legali i Dessì e i Bruzzachilometro 72 della statale niti riferirono agli uomini jonica 106 a Capo Bruzzano, dell'Arma che nel loro giare più precisamente presso “la dino di casa nei pressi del Scogliera”di Africo, al fine di cancello di ingresso, trovaeseguire un'ispezione dei rono due buste di carta, enluoghi rivolta alla ricerca di trambe di colore giallo avvoldocumentazione relativa alte da cellophane, con una l'omicidio dell'onorevole targhetta in carta da cui riFrancesco Fortugno. sultava dovevano essere inL'esito dell'ispezione fu sorprendente, infatti presso una costruzio- dirizzate a Francesca Bruzzaniti e Mirco ne diroccata, adibita a chiosco nella stagio- Monteleone. Tutti i soggetti avvicinati da ne estiva, sotto una lastra di cemento arma- AntoninoFrancoe AngeloBelgioeranopato venne trovato un sacchetto azzurro con- renti o persone vicine agli imputati del protenente un foglio di plastica trasparente cesso per l'omicidio Fortugno. A loro venicon all'interno una busta per lettera chiusa. va rivolta una richiesta di denaro in cambio Sul retro della busta era incollata un'eti- di prove per scagionare i parenti dalle accuchetta bianca con scritto “Per la signora se di avere fatto parte del gruppo che organizzò l'omicidio Fortugno eagì il 16 ottobre Bruzzaniti”. Il materiale è stato immediatamente po- del 2005 a Palazzo Nieddu del Rio a Locri. A rilevare la presenza di Antonino Fransto sotto sequestro ma per accertarne l'effettivo contenuto la busta è stata aperta sot- co a Locri nei giorni in cui vennero conseto il vigile controllo della Sezione Investiga- gnate le buste con il tentativo di ricatto, fuzioni Scientifiche del Comando Provinciale rono alcuni appartenenti della stessa famidei carabinieri di Reggio Calabria. All'in- glia Cordì, che individuando la presennza terno della busta erano contenuti un'altra di Franco ne identificarono anche la macbusta chiusa, riportante un' altra etichetta china portando la targa ad una agenzia di scritta con il computer e che invitava a con- pratiche auto REGGIO CALABRIA - Sono i primi giorni di aprile del 2008 quando a casa di Paolo Fallara, fratello di Orsola, viene recapitata una lettera. Niente timbro postale né francobollo, segno che la missiva è stata messa direttamente nella cassetta della posta da una “manina” ben informata. Nella busta ci sono pochi fogli. Il primo contiene il frontestipizio di mandato di arresto. Ci sono nove nomi. Otto sono coperti con il bianchetto, l’ultimo è quella della dirigente del settore finanze del comune di Reggio Calabria. Nel secondo foglio c’è l’ultima pagina dello stesso provvedimento. Altre due pagine contengono la motivazione. Gli anonimi interlocutori, arrestati ieri mattina, spiegano che quella è, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere da eseguire nelle settimane successive. Scrivono che sono in grado di fornire il resto del materiale (l’intero fascicolo) e di far sapere per tempo la data dell’operazione. Poi avvertono che l’affare avrà un prezzo, 30 mila eu- Orsola Fallara ro, e invitano la Fallara a starsene zitta in attesa di istruzioni. In una passaggio c’è poi un riferimento ai nomi coperti. Si tratta, secondo quello che scrive l’anonimo, di personaggi importanti. L’inchiesta infatti è destinata a creare scalpore, a far tremare i palazzi, i giornali insomma ne avrebbero parlato per mesi. Paolo Fallara, avverte la sorella e assieme decidono immediatamente di sporgere denuncia ai carabinieri del Comando provinciale. Si scopre così che non esiste alcun mandato nei confronti della dirigente comunale e che è tutto falso. Ma Paolo Fallara fa di più. Si mette a disposizione della legge per far pizzicare i truffatori. Con gli uomini dell’arma si pensa di far credere agli anonimi che l’accordo si può trovare. Si tende insomma una trappola. Le settimane successive saranno intense dal punto di vista Stavano andando a prendere i soldi lasciati dalla vittima Nelle buste copie di informative della Polizia di Stato dolore e ancora in attesa di avere giustidi GIOVANNI VERDUCI zia per la morte violenta del giovane fiSIDERNO - E’ l’otto febbraio del 2008 glio. Il progetto non sortì nessun effetto. La quando il postino suona al campanello di casa Congiusta per consegnare una lette- mattina dell’otto febbraio, infatti, Roberra: una lettera di minacce. Gianluca Con- ta Congiusta ha denunciato tutto presso giusta era stato ucciso tre anni prima, gli uffici del commissariato di Siderno. per il suo omicidio è stato condannato Gli investigatori della polizia di Stato, all’ergastolo il boss Tommaso Costa, ma all’epoca dei fatti guidati dal vice questoAntonino Franco Consolato: poliziotto ri- re aggiunto Rocco Romeo, avviarono subito le indagini sul caso. tenuto il “regista” dei depiAnzi di più, provarono a ristaggi e dei ricatti, insieme spettare il messaggio riceai suoi “compari aveva devuto dalla famiglia Conciso di applicare il suo sigiusta e contestualmente a stema anche a Mario Conpreparare una trappola a giusta e ai suoi familiari. coloro che avevano inviato Il messaggio, spedito la missiva. All’appuntadentro una busta bianca mento, però, non si presencon tanto di affrancatura, tò nessuno. reca il timbro di partenza Ieri, poi, gli uomini del codal centro di smistamento mando provinciale dell’Ardel sette febbraio del 2008. ma di Reggio Calabria, diL’indirizzo è scritto con retti dal colonnello Pagrafia incerta ed in stamsquale Angelosanto, hanpatello, sulla busta si legno chiuso il cerchio delle ge: “Per.. Mario Congiusta loro indagini e hanno -Via Michele Bello - 89048 stretto le manette ai polsi Siderno - RC”. del poliziotto della sezione Dentro la busta un foglio Gianluca Congiusta Criminalità organizzata di quaderno ed un messaggio preciso dal contenuto ricattatorio: della Squadra mobile reggina, alla mo«Se non segui le mie istruzioni diamo ai glie e al terzo componente della banda: il Costa le prove che sono stati i Salerno a giovane reggino Angelo Belgio che lo uccidere Gianluca. Porta 50 mila euro in stesso Antonio Consolato Franco provò una busta da spazzatura nira. Lunedì un- ad accreditare presso i propri superiori dici lascia tutto nel monumento di tuo fi- come un “informatore prezzolato”, in grado di offrire spunti investigativi integlio e vattene. Alle due di notte». Il gruppo, quindi, aveva provato il pri- ressanti sulle cose di mafia della città delmo abboccamento con la famiglia Con- lo Stretto. Ad incastrarli è stata la lettera “b” rigiusta. Aveva fatto capire loro di essere in possesso di prove “sconvolgenti” portata sulla missiva, una lettera del tutsull’omicidio del giovane imprenditore to simile a quella vergata sulle lettere insidernese e che, per poterle avere in ma- viate alla famiglia Fallara e ai parenti dei no, avrebbero dovuto sborsare cinquanta Marcianò: «Una vera e propria firma mila euro. Un prezzo altissimo per una scrivono gli investigatori nell’ordinanza verità fittizia, creata ad arte per spillare di arresto - che riconduce al gruppo cridel denaro ad una famiglia affranta dal minale in narrativa». Siderno. Intimidazione nel giorno del blitz Bottiglia con benzina e stoppino davanti casa SIDERNO - Messaggio inquietante per la famiglia Congiusta. Questa volta, però, non stiamo parlando degli esiti dell’operazione chiusa dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria. Ma di un’intimidazione che si è consumata, nella tarda mattina di ieri, a danno di Mario Congiusta e della sua famiglia. Davanti al portone d’ingresso dell’abitazione di via Michele Bello numero 17, infatti, è stato depositata una bottiglia di plastica, di quelle che solitamente contengono olio per motori automobilistici, ed un foglio di carta ripiegato su se stesso per dare corpo ad una sorta di stoppino rudimentale. A scoprire il tutto è stata Roberta Congiusta, la giovane sorella di Gianluca: l’imprenditore sidernese ucciso a maggio del 2005. Chi ha agito lo ha fatto con cognizione di causa, ha seguito gli spostamenti della donna e, prima di entrare in azione per depositare il “messaggio” davanti all’uscio di via Michele Bello, ha aspettato che Roberta Congiusta uscisse di casa. Per muoversi senza particolare patema d’animo gli ignoti “postini” hanno avuto circa un’ora di tempo. La fascia oraria è ben definita, la figlia di Mario Congiusta, infatti, ha lasciato casa a bordo della propria auto alle undici e quaranta e vi ha fatto rientro, solo allora scoprendo la bottiglia e lo stoppino rudimentale, quando mancavano venti minuti alle tredici. Pochi istanti dopo la famiglia Congiusta ha contattato le forze dell’ordine chiedendo il loro intervento in via Michele Bello. Sul posto si sono portati i carabinieri della stazione di Siderno, diretti dal comandante della compagnia di Locri il tenente Nico Blanco, e gli agenti delle Volanti del locale commissariato, coordinati dal vice questore aggiunto Stefano Dodaro. Roberta e Mario Congiusta, accompagnati dall’avvocato Giuseppe Sgabellone, sono stati sentiti dagli investigatori presso la caserma dell’Arma di Siderno, guidata dal maresciallo Luigi Zeccardo. I carabinieri in via Michele Bello Le indagini saranno condotte dai militari dell’Arma che, sotto la guida del colonnello Giuseppe De Liso, hanno informato i magistrati della Procura della Repubblica di Locri ed hanno effettuato i rilievi in via Michele Bello. La bottiglia, che conteneva residui di liquido infiammabile, e lo stoppino imbevuto di benzina sono stati sequestrati e, nelle prossime ore, verranno analizzati dagli specialisti della quarta Sezione investigazioni scientifiche dell’Arma al fine di isolare eventuali impronte. Contestualmente i carabinieri della compagnia di Locri hanno provveduto a controllare le registrazioni delle telecamere che si affacciano sulla via Michele Bello: una piccola traversa del centro sidernese, nei pressi di corso della Repubblica. Dai video potrebbero giungere informazioni importanti ai fini investigativi. «Si tratta solo di uno sciocco e maldestro tentativo di intimidazione - ha detto Mario Congiusta - e sono fiducioso nel lavoro delle forze dell’ordine». gio.ve. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro L’inchiesta della Procura della Repubblica di Reggio partita nel marzo del 2008 | «Metti i soldi nel sacco o diciamo tutto a Costa» Costruivano falsi atti giudiziari da vendere a familiari di persone coinvolte in indagini sone a vario titolo coinvolte, realmente o ipoteticamendi GIUSEPPE BALDESSARRO te, in vicende giudiziarie». Secondo quanto spiegato dal comandante provinciaREGGIO CALABRIA - Costruivano atti giudiziari le dell’Arma Pasquale Angelosanto e dal nuovo comanfalsi e poi tentavano di “piazzarli” in giro. Chiamavadate del Nucleo investigativo Michele Miulli, i fatti rino al telefono le proprie vittime e in cambio di soldi si salgono al periodo compreso fra il gennaio e l’aprile del dicevano pronti a “cedere”carte scottanti. Tutti docu2008. Gli arrestati avrebbero tentato di mettere a segno menti taroccati, ordinanze di custodia cautelare mai una serie di truffe, al limite del tentativo di estorsione, esistite e verbali di interrogatori costruiti ad arte. facendo sapere ai destinatari di lettere anonime di esseCon l’accusa di associazione a delinquere finalizzata re a conoscenza di elementi che alla truffa, all’alba di ieri, sono fiavrebbero potuto determinare la loniti in manette un gruppo di proro condanna o l’assoluzione in rifefessionisti del fango. I carabinierimentoavicende giudiziariecheli ri del Comando Provinciale di riguardavano. Monnezza, nulla di Reggio, hanno arrestato un più, ma che poteva passare per vera agente della Polizia di Stato, Anagli occhi di persone inesperte. tonino Consolato Franco, 51 anSempre identica la tecnica, prini, Angelo Belgio, 40 anni, e Rosa ma le lettere anonime con stralci di Bruzzese, 42 anni, moglie di atti giudiziari, poi le telefonate per Franco, alla quale sono stati controvare un accordo, quindi la ricessi i domiciliari. Professionisti chiesta dei soldi. Per il gruppo è fidell’imbroglio, si diceva, con la nita però male. Tant’è che gli invecapacità di intercettare persone stigatori li hanno praticamente particolarmente sensibili. Quasi pizzicati sul fatto. Trovando tra l’alsempre soggetti che avevano protro una serie di prove a seguito di alpri parenti coinvolti in processi, cune perquisizioni domiciliari. oppure familiari di persone che Durante l’operazione, sono stati sepotenzialmente potevano essere questrati file, computers, memorie tirate in ballo in inchieste. La suggestione e il timore faceva il re- L’anticipazione del Quotidiano del 3 ottobre e documenti cartacei. Prove schiaccianti. I magistrati (l’indagine è firsto. mata dai pm Annalisa Arena e AntoCosì ai Marcianò, imputati nel nio De Bernardo, mentre il gip è Anprocesso Fortugno, avevano protonino Laganà) ritengono che capo messo carte che scagionavano i del gruppo sarebbe stato Franco, propri congiunti. Mario Congiuche assumeva informazioni risersta, invece, lo avevano minacciato vate in relazione a importanti vicendi mettere in circolazione verbali de giudiziarie del Distretto di Regche avrebbero inguaiato il progio Calabria. Era sempre lui a indicesso sull’assassinio del figlio. E a viduare le persone cui richiedere le Paolo Fallara, fratello della dirisomme di denaro, e a stabiliva la strategia da seguire. gente comunale Orsola, avevano spiegato di poter Angelo Belgio, dal canto sui forniva il necessario supsvelare i segreti su un’inchiesta che riguardava la soporto logistico ed informativo, accompagnando il capo rella. Bufale, tutte bufale. Che sono state denunciate in occasione degli spostamenti, del deposito di plichi dalle vittime eche ora hanno inguaiatolo sbirro infedestinati alle vittime in luoghi concordati, degli apdele e i suoi complici. puntamenti con le vittime. Rosa Bruzzese dava una I dettagli dell’inchiesta sono stati spiegati ieri nel mano all marito nel mantenere i contatti con le vittime, corso di una conferenza stampa a cui ha preso parte il attivandosi per mettere a disposizione del gruppo Procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza ed i vertici schede telefoniche intestate a terzi ignari, da utilizzare provinciale dell’Arma. nelle comunicazioni con le vittime. Un gruppo che per i L’indagine dei carabinieri ha evidenziato che gli magistrati godeva di alcune complicità non ancora indagati avrebbero manipolato informazioni in loro scoperte, ma che soprattutto era pronto a mettersi in possesso anche per ragioni d’ufficio «offrendole, in moto su nuovi obiettivi. una logica ricattatoria, ai prossimi congiunti di per- LA LETTERA AI CONGIUSTA 24 ore Venerdì 18 novembre 2011 Praia a Mare. La società Anover ha acquistato parte dei terreni e si apprestava ad abbattere i muri Sequestrata l’area della Marlane Si ritiene che possano essere raccolti ancora elementi utili al processo IL CASO di MATTEO CAVA PRAIA A MARE – Nell'area della fabbrica Marlane di Praia a Mare, nell'alto Tirreno cosentino, potrebbero esserci ancora prove utili al processo in corso contro tredici ex dirigenti della fabbrica tessile. La Procura di Paola, su richiesta delle Parti civili, ha disposto nuovamente il sequestro. Nell'area, forse c'era già chi avrebbe voluto costruire o realizzare infrastrutture. Cancellare il passato industriale della cittadina turistica. I muri sono ancora intrisi di sostanze. Questo sostengono le Parti civili. L'avvocato Lucio Conte, delegato dalle Parti civili, che non vogliono lasciare nulla di intentato, lo scorso 28 ottobre ha presentato l'istanza in tribunale. I sostituti procuratori Linda Gambassi e Roberta Carotenuto hanno quindi firmato il decreto che dispone: “Il sequestro dello stabilimento industriale Marlane-Marzotto, sito in Praia a Mare, delegando per l'esecuzione i carabinieri della Stazione di Praia a Mare”. Il sequestro giudiziario è stato emesso anche in sede civile per i campionamenti e le successive analisi. Vengono prelevati parti di vernici, si grattano i muri per verificare quanto siano impregnati e quali sostanze, a distanza, ormai, di 7 anni dalla chiusura possono essere certificate con analisi specifiche. L'approfondimento è necessario per individuare i sedimenti delle sostanze chimiche e valutarne la tossicità. Il 31 marzo 2011, fra l'altro, in una delibera del Consiglio comunale, risulta che la società Anover ha acquistato dalla MarlaneMarzotto, parte dell'area ed ha depositato al Comune un progetto preliminare per la realizzazione di un porto turistico, darsena, servizi e strutture alberghiere. Lasocietà si apprestava ad abbattere i muri della tintoria, comportando una modifica radicale. La Procura sostiene che possa sussistere il potere del Pm di raccogliere elementi di prova utili ai fini dibattimentali anche successivamente al Decreto che dispone il giudizio. Nel condividere le argomentazioni delle Parti civili, si ritiene che nel prosieguo del processo si possano acquisire ulteriori elementi e questo può essere garantito solo dal vincolo reale sul bene. La richiesta del sequestro probatorio è firmata dagli avvocati: Augusto ed Emanuela Marragony, Michele Donadio, Stefania Laurito, Monica Bovi, Roberto Romei, Antonio Sorrentino, Salvatore Staiano, Angela Inghilleri, Lucio Conte, Pasquale Vaccaro, Luca Donadio, Francesco Sirimarco, Antonio Feraco, Pietro Sammarco, Elisa Sorrentino, Bruno Ganino e Antonio Zecca. E' questa l'ennesima richiesta di sequestro. Tra il giugno 2010 ed il 17 ottobre 2011, i tecnici Rosario Nicoletti e Raffaele Magnanimi, nominati dal giudice delle cause civili, hanno già effettuato almeno sei prelievi. I campionamenti sono stati fatti all'interno e all'esterno dello stabilimento. Attenzione particolare ai muri, ai sistemi di condizionamento, nelle condotte sotterranee, nei cunicoli di aspirazione. Fibre e altro materiale da analizzare. Fra l'altro si è proceduto a controllare eventuali anomalie fra i sistemi di condizionamento e di aerazione con la corrispondenza nelle planimetrie fornite. Amantea, indagati i proprietari dei terreni vicino al fiume Oliva AMANTEA – Si attende per l’interrogatorio dell’imprenditore amanteano Cesare Coccimiglio, messo agli arresti domiciliari, con l’accusa di disastro ambientale nell’ambito dell’inchiesta sui rifiuti nocivi interrati nella vallata del fiume Oliva, nei comuni di Amantea, Aiello Calabro e Serra d’Aiello. Coccimiglio, oggi settantacinquenne, è titolare di un’impresa per l’estrazione di materiali per l’edilizia e del trasporto degli stessi. Nello stesso procedimento penale sono indagati i proprietari dei terreni diventati discarica abusiva. La loro iscrizione nel registro degli indagati è stata un atto dovuto e presto potrebbero essere ascoltati dagli inquirenti. p. o. L'avvocato Lucio Conte, delegato dalle Parti civili Rifiuti nel fiume Il Comune di Pianopoli denuncia il Ctu LAMEZIA TERME - Subito rinviata al prossimo 1 dicembre dal gup di Lamezia, Barbara Borelli, l'udienza sull'incidente probatorio richiesto dalla Procura per l'inchiesta sul “fiume dei veleni”di Pianopoli. Dovrà essere escusso il consulente tecnico, l’ingegnere Nigro, nominato dal gip che, tra l'altro, lo stesso Comune di Pianopoli ha denunciato sostenendo che, nel corso delle operazioni di accertamenti sul tratto del fiume Gaccia al centro dell'inchiesta, avrebbe causato rimozioni di rifiuti. Come si ricorda, nell'inchiesta sono coinvolti il sindaci di Pianopoli e l'ex primo cittadino di Feroleto Antico. L'inchiesta a luglio del 2010 sfociò nel sequestro di un tratto di 4 chilometri del fiume Gaccia ai cui argini furono rinvenuti rifiuti sotterrati. Oltre ai “veleni”agli argini del fiume, la Procura ha voluto vederci chiaro anche sui lavori di sistemazione e tutela del fiume Gaccia appaltati dal Comune di Pianopoli. A Feroleto Antico, ex sindaco e tecnici, non sarebbero intervenuti sui lavori di sistemazione e ampliamento di un terrapieno in località Dipodi di Feroleto Antico. Lavori che avrebbero invaso il letto del fiume al fine di occuparlo, deviandone il corso e mutandone lo stato dei luoghi.Con ciòmettendoa rischio frana la collina di Dipodi abitata da 16 famiglie. Oltre al sindaco di Pianopoli, Gianluca Cuda e alla sorella Valentina, titolare, insieme al fratello, della Metalgi, sono indagati anche Antonio Taverna, 46 anni, titolare alla ditta individuale Tfa, Agostino Lucia, 33 anni, della Meridionale Asfalti, Pasquale Donato, 54 anni, co -progettista e direttore dei lavori, Antonio Maurizio Diodati, 47 anni, progettista e direttore dei lavori, Luigi Mercuri, 44 anni, responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Pianopoli, Valentino Falvo, 45 anni e Michelangelo Lucia di 54 anni, entrambi responsabili dell'ufficio tecnico del Comune di Feroleto Antico, Giuseppe Rocchi, ex sindaco di Feroleto Antico, Francesco Biagio Maduli di Rosarno, titolare della ditta anch'essa appaltatrice dei lavori. L’’inchiesta ora ruota molto sulla relazione del consulente tecnico che ha avuto l’incarico di accertare se i lavori abbiano modificato lo stato dei luoghi, se risulta deviato il corso del fiume che potrebbe causare l'esondazione, se i fatti contestati possano causare un dissesto idrogeologico, nonchè caratterizzare i rifiuti con carotaggi indicando a quando risalgono e la loro eventuale rilevabilità. p.re. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 16 Calabria 24 ore Venerdì 18 novembre 2011 Il procuratore aggiunto della Dna sentito dal Csm ha consegnato la sua difesa scritta Cisterna deposita una memoria Palazzo dei Marescialli dovrà decidere su eventuali provvedimenti disciplinari di GIUSEPPE BALDESSARRO REGGIO CALABRIA - E’ durata tre quarti d’ora l’audizione, innanzi alla Prima Commissione del Csm, del Procuratore nazionale antimafia aggiunto Alberto Cisterna che nel corso dell’incontro ha consegnato una “corposa” memoria difensiva scritta. Un documento nel quale quale ha risposto alle “segnalazioni” evidenziategli da Palazzo dei Marescialli in seguito all’indagine penale per corruzione in atti giudiziari aperta nei suoi confronti dalla Dda di Reggio Calabria in seguito alle dichiarazioni del pentito Nino Lo Giudice. Cisterna, durante l’audizione è stato assistito da Marcello Maddalena, il Procuratore generale di Torino, e nei suoi confronti non e stata presa assolutamente nessuna decisione (l’ipotesi era di un possibile trasferimento). Pertanto il magistrato reggino continuerà ad esercitare le sue funzioni di Aggiunto alla Direzione nazionale antimafia. Gli esito della riunione che si è scolta a Roma nella sede del Csm si è appreso da fonti dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura. La Prima Commissione tornerà a riunirsi per valutare questa vicenda, nella quale Cisterna rischia il trasferimento, e potrebbe riconvocarsi il 30 novembre o il cinque dicembre dopo la lettura delle carte depostate dal magistrato. A Cisterna sono state rivolte poche domande “ma niente di particolare” anche perché – fanno notare le fonti del Csm – il numero due della procura nazionale antimafia «era già stato sentito in sede di procedimento penale». L’indagine a carico di Cisterna nasce dalle dichiarazioni di Antonio Lo Giudice, che si è autoaccusato degli attentati del 2010 alla pro- Alberto Cisterna cura generale di Reggio Calabria, al Procuratore generale Salvatore Di Landro e al Procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone. Lo Giudice aveva sostenuto che il magistrato avrebbe avuto un regalo, probabilmente dei soldi, per far uscire dal carcere e far ottenere gli arresti domiciliari a suo fratello Maurizio, anch’egli collaboratore di giustizia. E che questo glielo avrebbe riferito un altro dei suoi fratelli, Luciano, condannato per usura, estorsione e altri reati. Proprio con Luciano Lo Giudice il magistrato Cisterna avrebbe avuto una settantina di contatti telefonici tra il 2005 e il 2007. «Un rapporto cominciato – avrebbe spiegato il magistrato nel suo interrogatorio davanti ai pm di Reggio – per ottenere informazioni utili alla cattura del boss del- la ‘ndrangheta Pasquale Condello e dietro il quale non ci sarebbe nulla di illecito» TRa l’altro Cisterna ha sempre negato il suo intervento diretto sulla decisione di mandare il fratello di Nino Lo Giudice, Maurizio, ai domiciliari, perchè malato di una grave forma di anoressia. Il magistrato infatti fece una solo una segnalazione ai magistrati competenti che si occuparono del caso e decisero il da farsi sulla scorta di una perizia medica. Solo quando la Commissione terminerà la propria indagine presenterà al plenum la sua richiesta di trasferimento. Se riterrà che Cisterna non possa più svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità, o in alternativa di archiviazione. Ma sarà l’assemblea di Palazzo dei Marescialli ad avere l’ultima parola. Sul lungomare di Reggio violato il parco archeologico sommerso Furto subacqueo dei reperti REGGIO CALABRIA - Il Parco archeologico sommerso “Calarcheo”, un percorso sottomarino fruibile anche dai disabili, è stato vandalizzato e depredato di uno dei reperti dove aveva luogo l’iniziativa dell’associazione “Scuba Point” di Reggio Calabria. L’episodio è accaduto negli scorsi giorni sul lungomare Falcomatà. Il primo sfregio dopo quindici giorni dall’inaugurazione. Ignoti danneggiavano il parco: una delle boe che delimitava l’area, fu sostituita da un agglomerato di polistirolo comunemente usato dai pescatori come segnale di recupero delle trappole calate sul fondo. Dopo un’immersione i responsabili avevano anche appurato che gran parte dei reperti che costituivano il percorso erano sparpagliati sul fondo, o rovinosamente fatti rotolare lungo le batimetrie più profonde. I reperti furono riposizionati e fu sporta denuncia sull’accaduto alla forze dell’ordine. L’epilogo di oggi è il furto di uno dei re- In aula la legge sull’autosufficienza perti, un capitello installato a quattro metri di profondità. «Questo atto rappresenta la più infamante realtà - sottolinea Filippo Mallamaci di Scuba Point Reggio - Come si può pensare di essere costruttivi per questa città, per la nostra terra ? Purtroppo siamo succubi del nostro passato, della nostra pochezza, d'altronde la storia ci insegna che i migliori hanno trovato giusta espressione e concretezza altrove. La vocazione turistica rivolta al mare, e che da oltre un decennio è nella bocca dei nostri politicanti, dovrebbe essere assimilata più come una presa in giro che una reale volontà alla svolta. Dispiace credere che altrove i parchi archeologici sommersi siano considerati una forma evolutiva dell’offerta turistica, mentre a Reggio iniziative del genere siano considerate come un passatempo di quattro fanatici, che non hanno niente di meglio da fare, che rompere le scatole a coloro che devono pur pescare o bracconeggiare sul lungomare Falcomatà». Oggi ospite a Catanzaro Masciari, solo e scomodo di FRANCA FORTUNATO CATANZARO - In occasione della seconda giornata nazionale in favore dei testimoni di giustizia, la Confederazione sindacale provinciale autonoma di Polizia, guidata da Patrizia Condello, oggi, alla presenza del segretario nazionale Giorgio Innocenti e in collaborazione con la Fondazione “Don Francesco Caporale”, ha organizzato un convegno all'Auditorium Casalinuovo. Tra gli ospiti ci sarà il testimone di giustizia Giuseppe Masciari, l'imprenditore edile, nativo di Catanzaro, che dal lontano 1997 porta avanti la sua battaglia contro la 'ndrangheta, che l'ha costretto a chiudere le sue imprese e, con moglie e figli, passare sotto il Programma di protezione, da cui è uscito solo nel 2010. Oggi vive ancora, sotto scorta, lontano dalla Calabria. Fulvio Scarpino, presidente della Fondazione, ci fa incontrare Masciari in un albergo cittadino. E' un uomo forte, coraggioso che non si arrende, Giuseppe Masciari, ma ha dentro tanta amarezza e tristezza per essere stato «esiliato» dalla Calabria e non poter più fare l'imprenditore. « Una cosa è certa - ci dice - la Calabria non mi vuole più di tanto, forse sono scomodo. Evidentemente altri non condividono quello che ho fatto, e mi vedono come una persona che ha rotto qualcosa che non doveva rompere. Sono l'unico imprenditore che non può più tornare in Calabria, nella sua casa, nella sua terra. Sono un esiliato perché - come il ministero dell'Interno ha scritto su uno spaccio di verbale del 2004 - non posso tornare, essendo considerato una persona ad alto rischio di vita. Per cui non posso rientrare né io, né i miei due figli né mia moglie». «Ogni volta che vengo in Calabria - aggiunge - c'è sempre qualcosa che non funziona alla perfezione, come accade, invece, nel resto d'Italia. La scorta c'è, non c'è, mi lascia solo, vengono a prendermi con un solo autista. Forse è tutto premeditato. I calabresi non mi vogliono, forse perché sono trascinatore, ho molto senso dello Stato». Masciari auspica per la Calabria una rivoluzione culturale e si dice fiducioso nei giovani, stigmatizza la paura e ritiene che si è ancora lontani dall'aver sconfitto la cultura, la mentalità e il radicamento mafioso. Giuseppe Masciari, che ha denunciato i politici collusi, prima di lasciarci, si dice non interessato a candidature anche se più volte è stato contattato da tutti i partiti. Acquisita documentazione utile all’inchiesta del pm Dominijanni Sanità, mobilitazione della Cgil e dibattito in consiglio regionale Il sindacalista Pietro Vitelli sentito dagli ispettori del Nisa Arpacal? Ufficio collocamento CATANZARO –Oggi mobilitazione nazionale sulla sanità indetta sulla sanità, la Cgil e la Fp Cgil. In Calabria si terranno due sit-in, a partire dalle 10.30, davanti agli ospedali dell’Annunziata di Cosenza e il Beato Angelo di Acri. «E' ora di dire basta spiega una nota del sindacato – ai tagli indiscriminati ed eccessivi su welfare e sanità decisi a livello nazionale e regionale, ai tagli di un Piano di rientro che in Calabria sta provocando solo danni senza diminuire il debito. Il Piano di rientro, tra le altre cose, per la provincia di Cosenza prevede un tasso di posti letto insufficiente, con punte negative in territori come lo Jonio». E di sanità si discuterà nel pomeriggio in consiglio regionale. In Aula anche la nomina dei tre memembri del Corecom. E poi la nuova legge sull’autosufficienza. «Confidando che sia la volta buona» affermano, in una nota, i sindacati dei pensionati di Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil. «La Calabria, infatti –aggiungono –è una delle poche regioni a non disporre di una legge a sostegno delle migliaia di non autosufficienti, la cui cura e il cui peso socio economico gravano solo ed esclusivamente sulle famiglie. La condizione di solitudine di queste ultime rappresenta per i sindacati dei pensionati un vulnus grave e testimonia una inadempienza politico istituzionale imperdonabile. Per questo abbiamo fatto del tema un cavallo di battaglia unitaria negli ultimi anni. Nella scorsa legislatura, nonostante le pressioni del sindacato e le assicurazioni e l’impegno dell’assessore regionale competente, si registrò addirittura una vera e propria beffa, con il Consiglio regionale che neppure nell’ultima seduta riuscì ad approvare la legge, nonostante questa fosse all’ordine del giorno dei lavori. L’attuale assessore, Francescantonio Stillitani, ha invece messo in atto azioni coerenti, predisponendo un nuovo progetto di legge, poi approvato dalla Giunta, esaminato dalla Commissione consiliare competente e finalmente approdato in aula». di STEFANIA PAPALEO CATANZARO - L'Arpacal? Un ufficio di collocamento. È andato giù pesante, ieri mattina, Pietro Vitelli. Sentito dagli ispettori del Nisa, in qualità di “persona informata sui fatti”, il sindacalista ha ribadito le accuse già lanciate dalle pagine del Quotidiano circa un'allegra gestione dell'Agenzia regionale per l'ambiente, producendo, a supporto delle proprie dichiarazioni, una nutrita documentazione dalla quale emergerebbero una serie di irregolarità che avrebbero inficiato l'attività dell'Arpacal fin dal 2002. Si tratta di delibere e documenti destinati a confluire nel fascicolo aperto dal sostituto procuratore, Gerardo Dominijanni, e già sfociato nell'avviso di garanzia per abuso d'ufficio in concorso a carico del direttore scientifico Antonio Scalzo, del commissario Domenico Lemma e della responsabile del procedimento, relativo alla nomina di tre dirigenti, di cui Il pm Gerardo Dominijanni e il sindacalista Pietro Vitelli uno, Francesco Caparello, militante tra le fila della Uil in posizione di tutto rispetto. Ed è stato proprio su quest'aspetto dell'inchiesta che, ieri mattina, Pietro Vitelli ha rilanciato, parlando di un doppio incarico frutto di trattative poco chiare. Secondo il sindacalista, infatti, il concorso DD01 dell'Agenzia regionale per l'ambiente, al quale Caparello era stato ammesso, per poi ricevere l'in- carico di responsabile di struttura semplice, sarebbe stato viziato dall'utilizzo di regole del tutto “amichevoli”, legate ai buoni rapporti che il soggetto sindacalizzato intratteneva con il management dell'Arpacal prima dell'uscita del bando concorsuale, quando invece, secondo Vitelli, la buona etica imporrebbe che, per il ruolo sindacale ricoperto, non bisognerebbe nemmeno provare a chiedere, per sè, una possi- bile candidatura su eventuali possibilità di ribaltare le cose e passare dall'altra sponda, ovvero alle dipendenza nell'Ente. Dunque, Vitelli ha parlato di alte protezioni di cui avrebbe goduto il sindacalista in questione, dimostrato dal fatto che nessuno dei vertici Arpacal ha mai inteso revocare gli atti del concorso ritenuto dagli inquirenti di dubbia fattura. Insomma, accuse pesanti, quelle lanciate ieri da Pietro Vitelli, le cui dichiarazioni sono state ritenute dagli ispettori del Nisa, Francesco Santoro e Francesco Lucia, di grande interesse investigativo, rispetto ad un'inchiesta destinata ad allargarsi a tutti gli aspetti di una gestione che, a detta di molti, farebbe acqua da tutte le parti. Al sostituto procuratore, Gerardo Dominijanni, tocca adesso individuare presunti ruoli e responsabilità, alla luce delle dichiarazioni acquisite ieri insieme alla documentazione prodotta. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 18 Calabria Lamezia. Il gruppo dei fratelli Scardamaglia sta realizzando una grande struttura a Feroleto Antico Bomba al supermercato Standa Ordigno nella notte causa danni alla vetrata del centro commerciale “La Piazza” di PASQUALINO RETTURA LAMEZIA TERME - Forse le telecamere della videosorveglianza potrebbero aiutare i carabinieri per individuare gli autori del danneggiamento, probabilmente a scopo estorsivo, contro il supermercato “La Piazza” affiliato al gruppo Standa, ubicato nella centralissima via Cristoforo Colombo. Erano infatti quasi le tre di notte quando è stato fatto esplodere un ordigno rudimentale davanti l'ingresso del supermercato del gruppo Scardamaglia (che recentemente avevano subito un'altra intimidazione nel punto vendita di Maierato, nel vibonese). L'esplosione ha causato gravi danni ad una vetrata dell'ingresso. L’unica cosa certa è che si è trattato dell’ennesimo episodio intimidatorio contro imprenditori e attività commerciali della Città. Di recente infatti su questo fenomeno era intervenuto direttamente il procuratore della Repubblica, Salvatore Vitello, che parlò alla fine del mese di ottobre scorso di «continui atti intimidatori che avvengono ogni notte e le bottiglie incendiarie, 3/4 per notte, lasciate davanti alle attività imprenditoriali». E finanche durante la visita del Papa Benedetto XVI, il procuratore rivelò che nella notte, tra il 9 e 10 ottobre scorsi, la ' ndrangheta «ha compiuto gesti intimidatori a scopo di estorsione sia verso chi paga e sia verso gli altri». E, come si ricorda, anche alla fine di ottobre un altro ordi- L’ingresso del supermercato “La Piazza” gno esplose davanti l’ingresso di un’altra importante struttura di vendita soltanto due giorni dopo l’inaugurazione. Una bomba infatti nella tarda serata del 31 ottobre scorso era esplosa davanti lo store di Pittarello calzature situato nel territorio di Feroleto Antico, nei pressi del Centro commerciale “Due Mari” che è in territorio del Comune di Maida. La bomba contro Pittarello causò danni gravi tant’è che per TOGHE LUCANE Condannata ex pm CATANZARO – Claudia De Luca, ex sostituto procuratore della Repubblica a Potenza ed ora in servizio in un’altra sede giudiziaria, è stata condannata a un anno e sei mesi di reclusione per l’accusa di peculato, che gli era stata mossa nell’ambito dell’inchiesta conosciuta come «Toghe lucane». La sentenza è stata emessa dal giudice dell’udienza preliminare di Catanzaro, Antonio Rizzuti, al termine del giudizio ab- breviato che è valso alla De Luca lo sconto di pena di un terzo, e nell’ambito del quale il pubblico ministero Gerardo Dominijanni aveva chiesto una condanna ad un anno e quattro mesi. La De Luca, in particolare, secondo le accuse avrebbe effettuato con il cellulare di servizio 65 telefonate, nel periodo tra maggio e ottobre del 2003, al numero telefonico 899 a pagamento per un servizio di cartomanzia. Fabrizia. Arrestato un uomo del posto qualche giorno l’attività commerciale rimase chiusa per consentire l’esecuzione dei lavori di ripristino. Pittarello è ubicato a poca distanza dal costruendo Centro logistico della Standa nonchè struttura di vendita della grande distribuzione del gruppo Scardamaglia, preso quindi di mira nell’attività del centro di Lamezia la notte scorsa. In questo caso spetta ora ai carabinieri individuare la pista giusta sull'episodio. Non dovrebbero esserci dubbi sulla matrice estorsiva dell'episodio nei confronti di uno dei supermercati del gruppo Scardamaglia, fra i più noti non solo in Città ma in tutta la Calabria. Affiliato alla Standa, il gruppo lametino è impegnato anche in territorio del Comune di Feroleto Antico, per l'apertura di una grande struttura di vendita in località Stretto - Veraldi. Le società dei fratelli Scardamaglia infatti dopo alcuni ricorsi vinti sia al Tar che al Consiglio di Stato per l'autorizzazione a costruire un grande centro commerciale e una piattaforma logistica di distribuzione della Standa, hanno avviato questo progetto da diversi anni fino ad ottenere le autorizzazioni del Comune di Feroleto Antico già dal 2008. Ma il supermercato “La Piazza” è una delle diverse altre strutture di vendita della grande distribuzione che sono ubicate in altri punti della Città della piana sempre di proprietà dello stesso gruppo lametno. FEROLETO ANTICO Niente stampa da Pittarello Solidarietà a “porte chiuse” LAMEZIA TERME - Solidarietà e vicinanza a “porte chiuse”. Niente stampa. Così l’amministratore delegato di Pittarello calzature Spa ha voluto incontrare ieri pomeriggio le organizzazioni di categoria dopo la riapertura dello store di Feroleto Antico, danneggiato da una bomba nella tarda serata del 31 ottobre scorso due giorni dopo l’inaugurazione. L’appuntamento di ieri pomeriggio era stato infatti fissato per le ore 15, presso lo store di Pittarello sito nell'area commerciale Maida -Feroleto. Le organizzazioni di categoria, Confcommercio, Confesercenti, CNA, Confagricoltura e Confartigianato, avevano annunciato alla stampa, invitata a partecipare, l’ incontro con l'amministratore delegato del gruppo commerciale Pittarello Spa per esprimere «tutta la solidarietà e riconoscenza perché invece di abbandonare l'area ha deciso di continuare la propria attività d'impresa; talegesto come messaggio che la violenza non arretra il buon lavoro dell'uomo». Due ore prima dell’incontro, però, la stampa veniva avvisata, senza motivazioni precise, che Pittarello non gradiva giornalisti, taccuini, microfoni e telecamere. Niente clamore dunque per la riapertura invece il clamore della bomba contro Pittarello calzature inaugurato il 29 ottobre scorso, rimasto vittima due giorni dopo l’apertura della mano del racket che diede così il «benvenuto» in Calabria al marchio dell'elefante. Alle 22.45 del 31 ottobre scorso scorso una bomba infatti esplose davanti l'ingresso della struttura causando danni sia all'ingresso che all'interno dell'attività commerciale. Il grosso ordigno, posto davanti all'ingresso, provocò infatti ingenti danni sia all'esterno, mandando in frantumi tutte le vetrate d'ingresso, sia all'interno del negozio. Danni rilevanti, quindi, al punto tale che per qualche giorno rimase chiusa per riparare i danni, causati anche dalle fiamme spente poi dai vigili del fuoco di Lamezia giunti sul posto insieme ai carabinieri che hanno concentrato le indagini sul racket delle estorsioni. p.re. Esponente di Sel, conduce diverse battaglie politiche In preda a un raptus tenta Bossolo di lupara per Sergio di soffocare una vecchietta figlio di Sharo Gambino gressore mentre tentava di fuggire nelle di BRUNO VELLONE vie limitrofe al luogo dov’è avvenuta l’agFABRIZIA – Solo l’erronea convinzione gressione, sono stati i Carabinieri della dell’aggressore di essere riuscito a por- Compagnia di Serra San Bruno agli orditare a termine l’intento omicida ha per- ni del capitano Esposito Vangone e coormesso ad una pensionata di Fabrizia, dinati dal maggiore Carrara che, una Raffaela Mamone, classe 1923, di potersi volta fermato, lo hanno tratto in arresto salvare. Erano le prime ore di ieri matti- con l’accusa di tentato omicidio aggravato dai futili motivi e na quando Domenidalle lesioni. La vitco Antonio Maiolo, tima, a cura dei soc36enne del luogo, corritori del 118, è con precedenti pestata successivanali per tentato omimente trasportata cidio, col pretesto di presso l’ospedale di venderle dei prodotSerra San Bruno doti agricoli si è recato ve i sanitari, dopo presso l’abitazione averla sottoposta ad dell’anziana signoesami diagnostici ra che viveva da sola specifici, gli hanno in una casa di camriscontrato la fratpagna in località tura scomposta del“Stanco” nei pressi lo zigomo sinistro della strada provinoltre a varie ecchiciale ex ss 501, vicimosi come conseno al centro abitato guenza delle perdel paese montano corse subite, per poi teatro della vile agprocedere al trasfegressione. rimento presso gli A seguito del riOspedali Riuniti di fiuto della pensionaReggio Calabria per ta l’aggressore si è una consulenza maallontanato per poi Domenico Antonio Maiolo xillo-facciale. ripresentarsi di Una volta rientrata, la poveretta verrà nuovo presso l’abitazione della vittima due ore e mezza dopo quando, dopo il rin- quindi tenuta sotto osservazione presso novato rifiuto dell’anziana, in preda ad il nosocomio serrese per constatare il deun raptus l’avrebbe aggredita tentando corso post traumatico derivante dalle ledi soffocarla con uno straccio. Convinto sioni. L’ennesimo episodio questo che di aver portato a termine la missione di nel vibonese vede come vittima una anmorte, ha trascinato la donna, momenta- ziana. Anche questa volta, infatti, ad esneamente tramortita, fuori dall’abitazio- sere presa di mira è stata un’altra persone per poi darsi alla fuga. La poveretta, na sola sulla soglia della vecchiaia, che una volta ripresasi è riuscita a chiedere l’ha resa vittima della solitudine e di un aiuto e a dare l’allarme. A localizzare l’ag- comportamento senza senso. di SERGIO PELAIA SERRA SAN BRUNO - Un bossolo di lupara appoggiato sulla soglia di casa. Destinatario: Sergio Gambino, figlio del compianto scrittore Sharo, artista poliedrico impegnato da anni in diverse battaglie in difesa del territorio e a favore della legalità. Ieri mattina, intorno alle 7,30, Gambino ha trovato il proiettile appoggiato in posizione verticale sulla soglia della sua abitazione ed ha subito avvertito gli uomini del locale commissariato di Ps. Intanto, appena si è sparsa la voce, in tutta la provincia si è levato un coro unanime di indignazione e di solidarietà nei confronti del figlio dello scrittore che più di ogni altro ha raccontato la Calabria che sta ai margini, oppressa dal predominio malavitoso. Negli ultimi tempi Sergio Gambino si è impegnato in campagne civiche per l'acqua pubblica e per la salvaguardia degli ospedali di montagna. Il suo è un ruolo di primo piano all'interno della rete dei movimenti in difesa del territorio: oltre ad essere uno dei fondatori dell'associazione culturale “Il Brigante”, Gambino è un militante della Rdt “Franco Nisticò”, del Comitato civico ProSerre e del costituendo circolo locale di Sel. Oltre all'impegno civico, si diletta anche in componimenti satirici molto segui- Sergio Gambino ti su Facebook sotto il profilo di Ulucci Alì, pseudonimo di un collettivo di scrittura di cui fa parte. La sua satira, provocatoria e diretta, prende di mira le devianze della politica ed ha un'esplicita connotazione antimafia. D'altronde in questo segue le orme del padre, che fu il primo, negli anni '70, a scrivere di 'ndrangheta in “La mafia in Calabria”.Già da giovanissimo, Sergio ha realizzato una mostra di vignette sulla 'ndrangheta dal titolo “A colpi di lupara”, ha collaborato con varie riviste a diffusione regionale e nazionale ed ha curato le illustrazioni del libro del padre “Vi racconto la mafia”, destina- to alle scuole medie. Da qui a breve uscirà un volume che raccoglie le sue vignette sulla mafia calabrese, dal titolo “Ccà e fora di ccà”, con la prefazione di Antonio Nicaso. Il progetto più recente di cui Gambino fa parte insieme ad alcuni cronisti locali, infine, è un giornale online, “Il Vizzarro”, che avvierà le pubblicazioni proprio in questi giorni. Il destinatario dell'intimidazione ha riferito che l'episodio «può essere riconducibile solo all'impegno del nostro gruppo nel sociale; la cosa che avvilisce - ha aggiunto - è che ormai la mentalità omertosa e il modus operandi della 'ndrangheta ha permeato la nostra società in maniera asfissiante. Ad ogni modo - ha concluso - le nostre battaglie sociali e politiche proseguiranno in maniera ancora più incisiva». «Convinta solidarietà e vicinanza» è stata espressa dal consigliere regionale Bruno Censore, consigliere regionale Pd e vice presidente della Commissione Antimafia. «Per le battaglie che conduce e per il suo impegno civico - prosegue Censore – oggi non si può non stringersi attorno a Gambino e a quanti dedicano il loro tempo a promuovere la cultura della legalità. Sergio, figlio dell’indimenticato scrittore Sharo, segue la scia del padre e si impegna quotidianamente con ogni mezzo per combattere la diffusione della mentalità 'ndranghetista». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Calabria 19 24 ore Venerdì 18 novembre 2011 23 Venerdì 18 novembre 2011 REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected] Bagnara Montebello Brancaleone L’allarme di Romeo Ai domiciliari, ruba sui rischi delle frane energia elettrica Parte la caccia agli evasori fiscali a pagina 36 a pagina 35 a pagina 38 Il poliziotto Franco aveva sul computer un elenco di avvocati, politici e giornalisti Altre 35 vittime erano nel mirino Allo studio della gang la parlamentare Napoli e l’ex presidente della Provincia Fuda IL RETROSCENA IL PARTICOLARE Belgio come fonte informale a pagamento UFFICIALMENTE Angelo Belgio avrebbe dovuto aiutare la Polizia ad arrestare Giovanni Tegano. Così, almeno, è scritto nella nota di servizio che Antonino Consolato Franco, vice sovrintendente della Questura di Reggio Calabria, invia al capo della Squadra Mobile il 3 marzo 2006. Franco avrebbe segnalato l'uomo, che poi, secondo le indagini dei Carabinieri, si sarebbe rivelato un suo complice nel sistema di truffe, come una possibile fonte informativa a pagamento. Nella relazione firmata da Franco, Belgio, in passato coinvolto anche in indagini sullo sfruttamento della prostituzione, viene definito come un soggetto “inserito molto bene negli ambienti malavitosi del capoluogo reggino…omissis…” e che “…omissis…a spingerlo in una strada così tortuosa erano i problemi economici che stava affrontando”. Insomma, a detta del vice sovrintendente Franco, Belgio avrebbe manifestato la volontà di diventare un confidente della Polizia per ragioni economiche. Una conoscenza, quella tra Franco e Belgio, che si inquadrerebbe dopo l'arresto, effettuato dai Carabinieri, di Pasquale Tegano, altri elemento di spicco del clan originario del rione Archi. Nelle due pagine di relazione, Franco racconta dei colloqui avuti con Belgio, che avrebbe parlato, per sommi capi, di alcune dinamiche criminali cittadine, accennando anche a fatti specifici come l'omicidio del boss Mario Audino. Un percorso, quello di collaborazione con gli inquirenti, che si sarebbe concluso con l'accompagnamento di Belgio dal dirigente della Prima Sezione, Luigi Silipo, oggi vicecapo della Squadra Mobile. cl.co. Ecco l’intero contenuto del file “Zona Sud.co” La conferenza stampa dell’operazione (foto A. Sapone) di CLAUDIO CORDOVA POTEVANO essere le prossime vittime dell'organizzazione. Ben trentacinque di nominativi, contenuti in un file denominato “Zona sud.doc”, rinvenuto sull'hard disk del computer diAntonino Consolato Franco,il poliziotto che sarebbe l'anima dell'associazione dedita alle truffe. Nel suo archivio, Franco li distribuisce in quattro categorie: “zona sud”, “zona nord”,“zonacentro einterna”e“altri nominativi”. Personaggi di grande notorietà, appartenenti alle professioni, ma anche al mondo della politica. Si va, infatti, dalla parlamentare Angela Napoli, da anni in prima fila nella lotta alla criminalità organizzata, a soggetti come Alberto Sarra, attuale sottosegretario regionale, e Amedeo Matacena, ex deputato, entrambi con un passato fatto di complicate vicende giudiziarie. E poi, ancora, altri politici Angela Napoli come Amedeo Canale, ex assessore comunale di Reggio Calabria, Pietro Fuda, ex presidente della Provincia, Umberto Pirilli, per anni europarlamentare, fino a Giuseppe Valentino, deputato storico del centrodestra, nonché avvocato di grido. E a proposito di avvocati, nell'elenco di Franco, figurano anche legali piuttosto noti in città come Aurelio Chizzoniti (per anni presidente del consiglio comunale di Reggio Calabria), Rocco Zoccali e Giorgio De Stefano. Nominativi che avrebbero riguardato anche altri professionisti come il dirigente comunale Marcello Cammera, nonché giornalisti come Francesco Gangemi e Riccardo Partitico, firme di testate giornalistiche come “Il Dibattito”e“Il Gazzettino di Reggio”. Diverse categorie rappresentate, dunque, diversi personaggi assai in vista nel panorama reggino: una trentina di persone. Tra queste, forse, quella che l'organizzazione aveva designato come prossima vittima della truffa. Zona sud Pietro Pezzano Rocco Zoccali (avvocato) Francesco Spanò Cecilia De Lorenzo Aurelio Chizzoniti Amedeo Canale Zona Nord Francesco Gangemi (di anni 77) Francesco Gangemi (di anni 81) Antonio Caracciolo Nicola Cutrupi Alberto Sarra Marcello Cammera Paolo Bruno Franco Catalano Zona centro ed interna Pietro Fuda Giorgio De Stefano Giovanni de Stefano Domenico Oreste Amodeo Antonio Michele Franco Rocco Zoccali Altri nominativi Paolo Romeo Amedeo Matacena Antonio Morabito Ugo Colonna Biagio Gatto Francesco Montagnese Antonio Idone Rizzo Giuseppe Romeo Francesco Pellegrino Antonino Napoli Angela Pirilli Umberto Fuda Pietro L’ORDINANZA «E’ stato leso il prestigio delle forze dell’ordine» Duro giudizio del gip Laganà sui tre che hanno attentato all’onorabilità dell’intero sistema giustizia PER il Giudice perle indagini preliminari, Antonino Laganà, che firma l'ordinanza di custodia cautelare per i soggetti ritenuti responsabili di alcune tentate truffe nei confronti di soggetti coinvolti in vicende giudiziarie, la responsabilità degli indagati appare piuttosto certa, in virtù di diversi parametri quali il modus operandi, la cronologia degli eventi e le modalità di scrittura. I membri dell'organizzazione si sarebbero resi colpevoli di una “sistematica e “programmata” promessa e garanzia propinata alla vittime di consegnare a costoro documenti e atti giudiziari che, riservati e segreti nonché in uso e disponibilità alla sola auto- rità giudiziaria e a quella investigativa, possono assumere un indubbio interesse personale per le ignare persone offese “sensibili”a queste notizie”. I tre, tratti in arresti dai Carabinieri del Comando Provinciale, si sarebbero intromessi in procedimenti e vicende umane ancora in corso, cercando di lucrare (le richieste complessive per i tre casi investigati si aggirano sulle novantamila euro) con lo specifico obiettivo consapevole di fornire notizie false. Azioni, effettuate sistematicamente nel giro dei primi mesi dell’anno 2008, che hanno portato il giudice per le indagini preliminari Laganà, che ha avvalorato le indagini del procura- »Dati fantomatici ma che assumono peso e valore» tore aggiunto Ottavio Sferlazza, a un duro giudizio sui tre indagati, che avrebbero attentato all'onorabilità, non solo dei soggetti coinvolti, ma anche dell'intero sistema giustizia: “Il sodalizio in esame presenta un non comune disvalore penale nella misura in cui fonda il suo modus procedendi nella pretesa consegna di notizie e dati giudiziari segreti che, quantunque falsi e fantomatici, assumono “peso e valore” per le inconsapevoli vittime “sensibili”, con ciò determinando tra l'altro un non comune - e assai pernicioso in “zone di frontiera” come quelle del reggino - vulnus all'onore, al prestigio e più in generale al senso di correttezza e lealtà proprio delle forze dell'ordine e dell'intera autorità giudiziaria”. cl.co. Il magistrato Ottavio Sferlazza E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 24 Reggio Venerdì 18 novembre 2011 Reggio 25 Venerdì 18 novembre 2011 | Nelle carte le prove che inchiodano i responsabili di GIOVANNI VERDUCI Alcuni appunti rinvenuti all’interno dell’agendina del poliziotto finito in manette Antonino Consolato Franco | | E’ ora caccia aperta L’indagata e il sistema al complice “Andrea” delle schede intestate LE SIGLE DELLA BANDA L’INDAGATA Mihaela Motas lavorava con Rosa Bruzzese nel negozio di telefonia “Top line”di Reggio. E’lei a parlare con i magistrati dell’intestazione delle schede telefoniche. Nel corso del verbale di sommarie informazioni Motas confermava di aver attivato personalmente diverse schede telefoniche sempre per conto della collega Bruzzese e di averle dopo l'attivazione consegnate direttamente a lei ed inoltre aggiungeva di aver procurato alla stessa Bruzzese una scheda Vodafone non ancora attiva. Oltre a ciò Motas riferiva di aver provveduto nello stesso periodo d attivare a nome del suo fidanzato Vasile Adrian Rusu due schede per la Bruzzese. Secondo gli investigatori tale quadro chiarisce inequivocabilmente il coinvolgimento della Bruzzese nell'attività illecita che palesemente non si limita ad una singola vicenda (del resto, lei lavora presso l'esercizio commerciale dei cognati di Paolo Fallara, dove aveva facile accesso alla rubrica contenente tutti numeri telefonici fissi e cellulari degli stretti congiunti ma perdura da diverse tempo probabilmente con altre vittime non rivoltesi alle forze di Polizia. Tale tesi investigativa potrebbe trovare conforto anche nelle stesse missive prodotte dagli ignoti autori del reato in cui gli stessi ammettono di avere in corso numerosi altri “affari” oltre a quelli proposti ai fratelli Fallara La busta per Bruzzaniti del 17/01/2008 La busta per Congiusta del 08/02/2008 La busta per Fallara del 19/04/2008 di materiale probatorio idoneo a dimostrare la colpevolezza dei “Salerno” e quindi l'innocenza di Costa Tommaso classe 59 in relazione all'accusa di concorso nell'omicidio del figlio Congiusta Gianluca; dichiararsi disponibile a consegnare “ai Costa” il citato materiale, qualora non fosse stata versata dal Congiusta una somma di denaro, fissata in 50 mila euro; compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a trarre in inganno e ad indurre la predetta persona offesa, a pagare le somme richieste con proprio profitto e pari altrui danno, ingenerando nella stessa il timore di un pericolo di inquinamento probatorio meramente immaginario, non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla loro volontà». Un copione già visto, del tutto simile a quello che gli investigatori dell’Arma hanno avuto modo di riscontrare a danno delle altre persone finite nel mirino del poliziotto e dei suoi due sodali. I tre contattavano le vittime, rassicurando le stesse di essere in possesso di notizie sensibili e riservate, preparavano fisicamente la truffa e si adoperavano per portarla a compimento, per fortuna, senza mai essere riusciti a spillare il becco di un quattrino. IL CASO GLI APPROFONDIMENTI DOPO I tre arresti di ieri è caccia aperta ad eventuali complici. Secondo il materiale raccolto nell’inchiesta della Procura della Repubblica, infatti, i magistrati si sono convinti che i truffatori agivano avvalendosi di alcune complicità nonancora emerse. L’ipotesidi lavoro futuro è stata confermata dal Procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza, che ha spiegato come vi siano dele responsabilità non ancora accertate e personaggi non identificati. Fatto che d’altra parte è segnalato anche nell’informativa di reato dei carabinieri. Nella quale si spiega che l’ipotesi di «eventuali complici degli indagati in rubrica per gli eventi delittuosi narrati». «Si ha ragione di ritenere - scrivono gli investigatori - che un certo Andrea richiamato nelle lettere anonime redatte dal Franco e dirette alla Fallara s’identifichi nell’omonimo “Andrea” vergato su un ritaglio di foglio di carta (riportante la scritta “335/xxxxxxx Andrea”), rinvenuto nella disponibilità del Belgio all’atto del controllo unitamente ad un altro ritaglio contenente le utenze indicate con “Tuo” e “Mio” (presumibilmente date al Belgio dal Franco)». E ancora «Tale circostanza fa desumere l’effettiva esistenza del soggetto, su cui sono in corso gli opportuni accertamenti rivolti all’effettiva identificazione, che rientra nei contatti utili al Belgio nella fase esecutiva dell’evento delittuoso a cui lo stesso ha partecipato». La lettera inviata a Mario Congiusta Il fratello di Belgio beccato 7 giorni fa Insieme ad altri ladri aveva tentato il colpo alla cassaforte del Cilea Luigi Belgio ANGELO Belgio una delle tre persone arrestate durante l’operazione di ieri è fratello di Luigi Davide Belgio, il reggino arrestato dai carabinieri la scorsa settimana per il tentativo di furto alla cassaforte del Teatro Cilea. Insomma i due fratelli avevano il vizio dell’illegalità, e così entrambi si trovano in carcere per mano degli uomini dell’arma. Solo pochi giorni addietro infatti i carabinieri hanno sventato un colpo alla cassaforte del Teatro Comunale Francesco Cilea. E tra gli arrestati risulta Luigi Davide Belgio, 49 anni, reggino, già noto alle forze del’ordine. Quel pomeriggio i militari a se- guito di attività di indagine attivarono un servizio di osservazione continuativo nei confronti dei tre soggetti, fino ad arrivare a sera quando il gruppo si preparò ad entrare in azione sul proprio obietivo. Due complici infatti furono visti entrare nel teatro da una porta laterale, mentre gli altri complici re- stavano fuori a fare da vedette per controllare l’arrivo di forze dell’ordine. Tra questi uno dei fratelli Belgio. L’uomo facente parte del gruppo che secondo i carabinieri aveva lavorato per preparare il colpo, quando scattò il blitz abbandonò la sua auto sul postoe si rese irreperibile non rientrando presso la propria abitazione. Venne poi rintracciato alle 8 del mattino succesivo mentre girovagava a piedi in centro cità. Immediatamente riconosciuto estato bloccatoe trattoin arresto. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - Il “selezionatore” sceglieva le vittime e prepara il “pacco”; il “braccio destro” eseguiva pedissequamente le direttive del capo e, infine, “l’artefice” si preoccupava di procurarsi, lei che lavorava presso un negozio di telefonia, le schede telefoniche sicure per il gruppo. Quella che avete appena letto non è la sceneggiatura tragicomica, ma il profilo tracciato dagli investigatori del comando provinciale dell’Arma di Reggio Calabria, rispettivamente, per Antonio Consolato Franco, Angelo Belgio e Rosa Bruzzese. Il vice sovrintendente della polizia di Stato, in forza alla Squadra mobile, era in possesso di loghi e timbri, evidentemente contraffatti, di magistrati e forze dell’ordine. Era lui, per i magistrati reggini, a organizzare tutto a selezionare i “soggetti sensibili” che, insieme agli altri due componenti del gruppo, faceva finire all’interno di una “caccia al tesoro” con lettere di ricatto piene di nulla, impostate su falsi riconosciuti, come quella inviata a Mario Congiusta o ai parenti di Orsola Fallara o di Alessandro e Giuseppe Marcianò. Nello specifico è questo il capo di imputazione, per il reato di truffa, contestato all’investigatori della Squadra mobile in riferimento alla vicenda Congiusta. Antonio Consolato Franco si sarebbe adoperato per «far pervenire a Congiusta Mario una lettera anonima in cui veniva rappresentata falsamente l'esistenza Per il gip la stessa mano ha firmato i tre diversi tentativi di truffa del poliziotto Antonino Franco e dei suoi complici Quei file del computer che ora saranno usati contro la banda di falsificatori di carte | Poliziotto e “selezionatore” delle vittime da truffare Scacco matto in tre mosse sempre una prima missiva, alla quale ne sedi GIUSEPPE BALDESSARRO guono altre. E quando la vittima si mostrava LI hanno pizzicati muovendosi su tre fronti. disponibile veniva portata “a spasso” di luoGli investigatori hanno fatto scacco matto al go in luogo, facendo trovare in ogni posto gruppo di truffatori arrestati ieri mattina una indicazione diversa. Una sorta di caccia puntando ad alcuni elementi essenziali che al tesoro, nel corso della quale si facevano ora sono i punti cardine dell’inchiesta che ha rinvenire lettere, schede telefoniche, richieportato in carcere tre imbroglioni che aveva- ste di denaro, ecc. Le schede telefoniche che no provato ad estorcere denaro a familiari di venivano consegnate agli interlocutori serpersone coinvolte in processi o in presunte vivano ai truffatori ad evitare di essere interinchieste. Così sono finiti agli arresti sono cettati ed individuati. Così si arrivava infine stati il vice sovrintendente della polizia An- ad indicare il luogo dove gli aguzzini, per cotonino Consolato Franco, di 51 anni, alla sì dire, chiedevano fosse lasciato il denaro in squadra mobile nel 2006; nel 2008 al Nucleo cambio degli atti giudiziari. Ovviamente tutti gli atti che gli indagati operativo di protezione di millantavano di avere eraReggio Calabria e poi trasfeno rigorosamente falsi. Tarito ai servizi tecnici della roccati, spesso neppure in Questura di Vibo Valentia maniera troppo raffinata, quando l’inchiesta ha coma che all’occhio di una minciato a delineare le sue persona inesperta potevaresponsabilità. L’uomo, con no apparire come autentici l’aiuto della moglie, Rosa atti prodotti dalla Procura Bruzzese, di 42 (ai domiciliadella Repubblica o dagli ufri), dipendente di un negozio fici della Questura. di telefonia, e di Angelo BelIl secondo elemento di gio, di 40, fabbricava falsi doprova è individuato come cumenti con timbri ora della l’identità del linguaggio e Procura, ora della Questura, dei metodi di scrittura. poi scriveva lettere anonime Spigano i carabinieri del i familiari delle sue vittime e Comando provinciale regchiedeva soldi in cambio di gino: «I contenuti delle miscarte che avrebbero potuto sive ripetono sempre lo incidere sull’esito di processtesso schema logico e le si e indagini. medesime espressioni». I carabinieri, coordinati Tra l’altro «il carattere ed i dai sostituti Annalisa Arena Antonino Consolato Franco sistemi di scrittura sono e Antonio De Bernardo, hananaloghi». Un elemento no messo la parola fine ad questo che ha trovato riuna storia che durava dal scontro anche durante la 2008. E ieri mattina a spieperquisizione a casa di gare la mole di prove messe Franco e sui file scoperti assieme contro di loro ci ha sul suo computer. L’uomo pensato il nuovo comaninfatti stava scrivendo una dante del nucleo investigaspecie di biografia utiliztivo di Reggio Calabria, Mizando proprio il tipo di cachele Miulli, che ha ereditarattere e le dimensioni usato l’indagine dal suo predete, che era usato anche per cessore Gianluca Vitagliaalcune lettere. no. Fatto che fa il paio con la circostanza seUno scacco matto in tre mosse, come si dicondo cui, in alcuni file cancellati e recuperaceva. I militari dell’arma sono arrivati ai prota- ti dalla memoria del computer c’erano scritte gonisti dell’inchiesta studiando affondo al- frasi molto simili a quelle usate dai ricattatocuni elementi. Il primo riguarda l’identità ri nelle lettere inviate alle proprie vittime. Spiga Miulli che pure «la grafia - sulle budel “modus operandi”. Gli inquirenti, analizzando tre tentativi di truffa (ai danni dei ste gli indirizzi sono manoscritti - presenta Marcianò, di Mario Congiusta e di Paolo Fal- delle similitudini, riscontrate poi in alcuni lara) hanno infatti scoperto che il gruppo di manoscritti del poliziotto rinvenuti nella malfattori si era mosso sempre alla stessa sua agenda o in altri documenti personali. Insomma stessa mano. Infine la cronologia maniera. «Le vittime - ha spiegato Miulli - vengono degli eventi: «tutti gli episodi presi in consiapprocciate sempre allo stesso modo, me- derazione nelle contestazioni si verificano in diante l’invio di lettere anonime, contenenti, un brevissimo arco temporale, che va dal meoltre alle richieste di denaro ed ai motivi che se di gennaio al mese di aprile del 2008». le giustificano, delle istruzioni, spesso con- Questo a dimostrazione che si tratta della notate da una certa farraginosità, seguendo stessa mente. Tra l’altro i file recuperati dule quali si porterà a termine la “transazio- rante le perquisizioni lasciano intendere che il gruppo avrebbe potuto tornare a colpire ne”». La tecnica è insomma sempre identica. C’è presto. L’APPROFONDIMENTO Venerdì 18 novembre 2011 L’avvocato generale dello Stato ha acquisito il fascicolo dell’inchiesta sul consigliere regionale Rappoccio, le carte da Scuderi Entro una settimana potrebbe esserci la decisione per un’eventuale avocazione di MICHELE INSERRA IL fascicolo sul caso “Rappoccio” è sulla scrivania dell’Avvocato generale dello Stato Franco Scuderi. La notizia è stata confermata ieri da fonti della Procura generale, che hanno spiegato come nel giro di una settimana il magistrato deciderà se vi siano eventuali ragioni per avocare l’indagine. Il provvedimento di verifica è giunto a seguito di due esposti inviati dall’avvocato Aurelio Chizzoniti, la Procura Generale, la quale già nei giorni scorsi avevamo scritto che avrebbe dato massima attenzione alle vicende che vedono coinvolto il consigliere regionale Antonio Rappoccio, indagato per corruzione elettorale. Un’attenzione che alla fine è sfociata nella decisione del Procuratore Generale Salvatore Di Landro di avviare un’attività istruttoria, affidata all’Avvocato Generale presso la Corte d’Appello, Francesco Scuderi. In base all’esito della stessa si deciderà se accogliere o meno la richiesta di avoca- La sede della Procura generale zione fatta alla Procura generale dall’ex presidente del Consiglio comunale. Nel maggio scorso, a seguito dei diversi esposti inviati da Chizzoniti all’autorità giudiziaria, la Guardia di Finanza, delegata alle indagini, aveva già concluso un filone investigativo tradotto poi dal magistrato competente nel reato di corruzione elettorale. Ma, secondo la tesi dell’avvocato, tra le stesse carte documentali allegate ai vari esposti si ravviserebbero altri presunti reati, oltre la frode elettorale, commessi dal consigliere Rappoccio per riuscire ad arrivare allo scranno di palazzo Campanella. Uno scranno che sarebbe dovuto toccare, se corrispondessero al vero le accuse lanciate da Chizzoniti, proprio all’ex presidente del consiglio comu- nale, primo dei non eletti nella stessa lista in cui Rappoccio fu eletto consigliere nelle ultime consultazioni regionali. Ecco che la notizia dell’avvio di una istruttoria da parte della Procura generale pone ulteriore attenzione alla richiesta di Chizzoniti, autore di ben nove esposti all’autorità giudiziaria in cui si chiedeva un maggiore approfondimento dei vari aspetti della vicenda. Come, ad esempio, la costituzione di presunte società che avrebbero dovuto impiegare diverse centinaia di giovani nei settori lavorativi più disparati. Una sorta di bacino di consensi, sempre secondo le accuse di Chizzoniti, che sarebbe stato costruito ad arte giocando sulla disperazione della gente in cerca di un posto di lavoro. Tutti fatti che l’ex presidente del Consiglio regionale ha documentato nei suoi esposti. Sarà adesso compito dell’Avvocato Generale Francesco Scuderi valutare tutte le carte durante la fase istruttoria già in atto che potrebbe anche rappresentare l’anticamera dell’avocazione delle indagini. La lite scatenata per futili motivi finì con l’accoltellamento Cugini di Bagnara, l’aggressore minore condannato per tentato omicidio Per uccellaggione Alla sorgente denunciato un operaio UN operaio, R.S., di 40 anni, è stato denunciato in stato di libertà dal Corpo forestale dello Stato perchè sorpreso a praticare attività di uccellagione in località Sorgente di Reggio Calabria. Una località non nuova a reati di questo genere. All’operaio sono stati anche sequestrati la rete che utilizzava per catturare i volatili, insieme a tre cardellini vivi, usati come richiamo, e due gabbie. A R.S, oltre al reato di uccellagione, è stato contestato il reato di maltrattamento di animali. di CATERINA TRIPODI E' ARRIVATA la sentenza di condanna per il terribile fatto di sangue che coinvolse, lo scorso giugno, duecugini minorenni di Bagnara. Ieri col rito abbreviato (gup Francesca di Landro, Pm Francesca Stilla), il Tribunale dei minorenni di Reggio Calabria ha condannato a 4 anni e dieci mesi di reclusione, M.R. 1993, per porto illecito di coltello e tentato omicidio nei confronti di C. G., anche lui minorenne e difeso dall'avvocato Lorenzo Gatto. Ma veniamo ai fatti ed in particolare a quel 26 giugno 2011 che sconvolse una tranquilla giornata estiva nella cittadina tirrenica. M. R. e C. G. sono cugini ma tra di loro non corre buon sangue, le rispettive famiglie sono ai ferri corti per questioni ereditarie. I due erano al bar della stazione di Bagnara in compagnia di altri amici.C.G. parlavaaltelefonino ed M.R. lo disturbava, ed insisteva voleva passato l'ignoto interlocutore. M.R. lo provoca, prima lo aggredisce verbalmente, scoppia il diverbio. Dalle parole ai fatti in un attimo. Mentre si fronteggiano, M.R. tira fuori il coltello e colpisce C.G. alla regione dorsale, gli provoca la rottura della milza ed un versamento pleurico. M. R. scappa e getta l'arma, mai ritrovata, sui binari della stazione. L'altro ragazzo è ricoverato in prognosi riservata. Viene dimesso dopo pochi giorni ma una consulenza medica dimostra in maniera inequivocabile la gravità delle ferite ed il pericolo di vita in cui è incorso il giovane. Ad M.R. datosi alla precipitosa fuga ma bloccato nella stessa mattinata nella via Garibaldi di Bagnara viene quindi imputato il tentato omicidio del cugino e trasferito all'istituto penitenziario minorile di Catanzaro (dove adesso dopo la condanna di primo grado sconterà la pena). Un'accusa sottolineata anche dalle modalità d'uso dell'arma, usata hanno rilevato i periti, con la possibilità di raggiungere e ledere organi vitali. Mentre la difesa di M.R. (avvocato Consolato Caroleo) ha invece sostenuto la tesi della legittima difesa, asserendo che M.R. era stato aggredito per primo con calci e pugni. Ad inchiodare alle sue responsabilità il mi- nore M.R. è stato però il Pubblico Ministero Francesca Stilla. All'udienza di ieri era presente in aula la parte offesa G.C.accompagnato dalsuolegale il penalista Lorenzo Gatto. Il Pm Stilla chiedeva che venisse dichiarata la responsabilità penaledell'autore dell'azione criminosalasciando immutata l'ipotesi di reato, vale a dire di tentativo di omicidio. Il Pm si è soffermato sull'efferatezza dell'azione posta in essere da M.R. il quale non si è limitato a sferrare un solo fendente ma ha prosequito nella sua azione colpendo il giovane rivale inerme, con una seconda coltellata, che per fortuna della vittima si fermava sul suo portafoglio, tant'è che risultava tagliato, come prodotto agli atti. l'avvocato Caroleo nella sua discussione ha cercato di dimostrare come mancasse da parte del suo assistito la volonta di colpire a morte il rivale, ma si era trattato solamente di un'azione di difesa, tanto da chiedere l'esimente della legittima difesa ed in subordine la riqualificazione del reato di tentato omicidio in lesioniedin subordineancorail minimo della pena. Agevolazioni Disavventura L’Università invia gli elenchi degli studenti alla GdF Detenuto bloccato 7 ore in aeroporto per due ore di permesso Controlli della Gdf Un aereo L'UNIVERSITÀ «Mediterranea» di Reggio Calabria ha trasmesso al comando provinciale della Guardia di Finanza una prima tranche di elenchi degli studenti che hanno dichiarato di essere in possesso dei requisiti per godere delle agevolazioni e dei benefici a sostegno del diritto allo studio. I controlli saranno finalizzati a riscontrare la correttezza dei dati contenuti nelle dichiarazioni presentate all’Università. La Guardia di Finanza passerà a scandaglio le dichiarazioni sottoscritte dagli studenti per ottenere borse di studio, buoni mensa e riduzioni sul pagamento delle tasse universitarie. L’attività della Guardia di Finanza tenderà quindi a verificare che le risorse previste per il sostegno allo studio siano effettivamente andate alle persone più meritevoli e bisognose. Il tutto sulla base di un apposito protocollo d’intesa stipulato di recente tra l’Ateneo reggino e le Fiamme gialle. Insomma un controllo mirato che metta al riparo l’Università Mediterannea dai soliti furbetti. PER due ore di colloquio con la mamma malata ha dovuto prender quattro aerei, effettuare un trasferimento in ambulanza e trascorrere sette ore in aeroporto in attesa del velivolo per poter rientrare a Cagliari. È in sintesi la cronaca del viaggio di un detenuto calabrese che dal capoluogo dell’isola ha raggiunto un piccolo paese della Calabria, a 80 chilometri da Reggio, con un permesso di necessità di due ore concesso per le gravi condizioni di salute della madre. «Si è rinnovato, con l’aggravio della lunga imprevista sosta in aeroporto dentro un’ambulanza, mobilitata per le condizioni di salute del cittadino privato della libertà, il tour de force di un detenuto di Buoncammino e della scorta», ha denunciato Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme. «L'odissea dell’uomo,in detenzione da oltre 15 anni, è stata condivisa anche dagli agenti della Polizia Penitenziaria della scorta che hanno dovuto provvedere alla traduzione. Un assurdo dispendio di energie fisiche, mentali e di denaro che poteva essere evitato con un trasferimento temporaneo a Reggio o applicando il principio della regionalizzazione della pena» IL DIBATTITO LEGALI AL SUD Avvocati e magistratura: una “prostrazione” da isolare Vivai di legalità di FRANCESCO COMI* Le assemblee degli avvocati in ordine alle disfunzioni della Giustizia ormai lasciano il tempo che trovano. Tant’è come veniva sottolineato, l’ultima assemblea in ordine allo sciopero delle Camere penali presentava parecchi vuoti di presenza, soprattutto tra gli avvocati di ‘lungo corso’, ormai disamorati. La categoria forense è la più numerosa e vasta tra le professioni, apparendo la più disunita tra queste, non riuscendo ad avere risposte con- crete. Eppure la nostra forza sarebbe per l’appunto l’unione, soprattutto nei confronti di quella Magistratura che ritiene di essere stata investita dal Padre Eterno. Qualcuno ne sottolineava giustamente la ‘prostrazione’ che andrebbe ‘isolata’, aggiungo. A fronte dei ‘divini’ vi è una larga rappresentanza della Magistratura che opera in pieno spirito di collaborazione col difensore ed in totale umiltà , nel rispetto delle reciproche funzioni. Sono quelli che meno appaiono ed operano in tutta umiltà. E’ inutile la- mentarsi allorchè si evita da chi di dovere legittime reazioni con scrollatine di spalle. E’ pur vero in ogni condominio vi abita un avvocato. Ma non è la quantità che penalizza la qualità, essendovi tra i numerosi giovani, valorosi legali. E’piuttosto la mancanza di unità e di reazioni della categoria e di chi dovrebbe governare su di essi, ad avere determinato lo svilimento lo svilimento della professione più bella che esiste, rassegnata e disamorata. *avvocato Francesco Comi IL circolo Didattico di Catona, diretto dall’avv. Albino Barresi, continua nella serie delle iniziative rivolte alla tematica ambientale. Sabato alle ore 10,00 , nel cortile della scuola “Lombardo Radice” di Catona, in collaborazione con l'Associazione nazionale "Legambiente", già partner in occasione del Pon Fse "LE(g)ALI AL SUD", saranno piantati degli alberi e sarà messo a dimora un piccolo vivaio per promuovere un rapporto positivo con la natura. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 26 Reggio 37 Redazione: via D. Correale, 13 - 89048 Siderno (Rc) - Tel/Fax 0964.342451 - E-mail: [email protected] Al processo per l’omicidio di Salvatore Cordì ha discusso l’avvocato difensore di Antonio Panetta «Non si è voluto cercare la verità» Luca Maio: «Sul mio assistito non ci sono nè prove e neppure indizi» di PASQUALE VIOLI SIDERNO - «Bisogna assolvere Antonio Panetta per non avere commesso il fatto e per ristabilire la verità in merito ai tenti errori commessi in questi anni. Non solo non c'è la prova della colpevolezza di Panetta, ma in questo processo mancano persino gli indizi a carico dell'imputato». Anche l'avvocato Luca Maio non ha dubbi sull'innocenza di Antonio Panetta. Il legale di uno degli imputati del processo per l'omicidio di Salvatore Cordì ha iniziato la sua discussione partendo dall'arringa del pubblico ministero. «Le tesi proposte dall'accusa - ha detto Maio - sono apparse deboli, quasi prive di convinzione nell'esposizione del pubblico ministero. E in effetti contro Antonio Panetta non c'è una prova che sia una. Il suo coinvolgimento in questa vicenda è dato da una ricostruzione suggestiva dei fatti che tiene conto esclusivamente del passato giudiziario di Panetta». E sarebbe evidente, secondo l'avvocato Luca Maio, come tutto il processo in cui è coinvolto il suo assistito si regga su una unica colonna portante, l'intercettazione progressivo 659, quella che gli investigatori indicarono come “lo sparo in diretta che uccise Salvatore Cordì”. «Su quella prova - ha ribadito il legale - non sono stati fatti i dovuti accertamenti. In realtà i consulenti del pm e quelli della difesa non danno spiegazioni differenti sulla compatibilità del rumore captato nella telefonata partita dal cellulare di Domenico Zucco. Ma la difesa ha approfondito le sue ricerche, ha presentato diverse interpretazioni di quel L’avvocato Maio rumore. L'accusa si è limitata a dare una sola e univoca versione dei fatti. La realtà è che non si è andati alla ricerca della verità, ma di un colpevole». Luca Maio ha ripercorso a grandi linee le fasi del dibattimento, chiamando in causa anche la scarsa attendibilità dei pentiti già smontata per il legale dall'assoluta mancanza di riscontri. Poi l'avvocato ha ribadito come le poche intercettazioni che vedono protagonista Antonio Panetta smentiscono di fatto le interpretazioni degli investigatori. «In questo processo contro Antonio Panetta - ha ripetuto Maio non c'è una prova, e il fatto che sia legato sentimentalmente alla figlia di Giuseppe Zucco non dimostra nulla, un fidanzamento non può essere prova di una associazione mafiosa. Poi le intercettazioni del 31 maggio se lette correttamente hanno una sola chiave di lettura, ovvero che Panetta al momento dell'omicidio non solo si trovava a casa sua, ma parlava e si occupava di tutt'altro, come trovare la ricarica del gas per il condizionatore del suocero». Per quanto riguarda invece il ruolo dei pentiti l'avvocato Luca Maio ha sottolineato come ogni qual volta questi siano stati chiamati a testimoniare in aula hanno fornito sempre versioni diverse dei fatti narrati, aggiungendo di volta in volta nuovi particolari prima a loro stessi sconosciuti. Secondo il legale anche le dichiarazioni dei collaboratori sono contrastanti tra loro. Oggi in aula continuano le discussioni delle difese. «Legame sentimentale alla base della tesi accusatoria» Arrivano le motivazioni della sentenza Gianluca Congiusta assassinato perchè sapeva dell’estorsione Il Tribunale di Locri CONTROLLI DELL’ARMA Ancora perquisizioni a Gioiosa Marina si stringe il cerchio su Rocco Aquino di GIOVANNI VERDUCI SIDERNO - Si stringe il cerchio attorno a Rocco Aquino, il boss di Marina di Gioiosa Jonica sfuggito alla cattura nell’ambito del maxi blitz antimafia “Crimine” del luglio 2010. Anche ieri, infatti, i carabinieri della compagnia di Roccella Jonica e quelli del Nucleo investigatori del Gruppo Locri hanno portato a compimento un vasto rastrellamento sul territorio del piccolo comune della Locride, nel cuore del regno della famiglia Aquino. Gli uomini del colonnello Giuseppe De Liso, guidati durante le operazioni di controllo dal capitano Marco Comparato e dal maggiore Alessandro Mucci, hanno effettuato una serie di perquisizioni nel tentativo di stanare il fuggitivo. Di Rocco Aquino, anche stavolta, i militari dell’Arma non hanno rinvenuto nessuna traccia de- Rocco Aquino terminante a chiudere il cerchio delle indagini avviate per raggiungere alla sua cattura. Solo una settimana addietro, poi, i carabinieri del Gruppo Locri avevano portato a compimento un’altra importante battuta nel territorio di Marina di Gioiosa Jonica al fine di ridurre gli spazi di movimento di Rocco Aquino. Era coinvolto nell’operazione “Crimine” SIDERNO - «Gianluca Congiusta sapeva tutto quello che succedeva alla famiglia Scarfò, la sua intermediazione nell'atto estorsivo perpetrato da Tommaso Costa e Giuseppe Curciarello lo ha portato alla morte». Sono le conclusioni a cui è giunta la Corte d'Assise di Locri, presieduta da Bruno Muscolo con a lataere Piercarlo Fra botta, che ha depositato pochi giorni fa le motivazioni della sentenza che ha visto la condanna all'ergastolo di Tommaso Costa e a 25 anni di reclusione Giuseppe Curciarello. Secondo i giudici del Tribunale di Locri «l'omicidio di Gianluca è manifestazione dell'indole particolarmente violenta di Tommaso Costa, soggetto fortemente incline a gravi delitti fin dalla più giovane età e assoluto protagonista della cruenta guerra di mafia sidernese degli anni 80 e 90. Giuseppe Curciarello ha assunto un ruolo di rilievo nell'ambito delle organizzazioni criminali in contestazione e ha condiviso, svolgendo anche un ruolo attivo, il tentativo di estorsione in danno di Antonio Scarfò, manifestando anch'egli un'elevata capacità a delinquere. In poco meno di 500 pagine è riassunto il processo per l'omicidio del giovane imprenditore di Siderno, sono riportati gli interrogatori dei testimoni e le valutazioni della Corte. Nelle motivazioni viene ricostruito il quadro criminale sidernese, un quadro in cui si sviluppa e si realizza l'efferato delitto, compiuto il 24 mag- La polizia urbana di Siderno intensifica le verifiche Annullato il sequestro beni Scattano i controlli sulle auto senza bollo e assicurazione per Vincenzo Tavernese GIOIOSA JONICA - Il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, Presidente Leonardo, Aliquò e Foti, in accoglimento della richiesta di riesame presentata dall'Avvocato Leone Fonte (nella foto) ha annullato il sequestro preventivodispostodal Gipinrelazione a dei beni immobili di proprietà di Vincenzo Tavernese di Marina di Gioiosa Jonica ma di fatto residente in Canada. Lo scorso mese di ottobre il Ros dei Carabinieri diReggio Calabriaeseguivano unaserie disequestri consistenti in beni immobili e società facenti capo ad alcuni imputati nell'ambito dell'Operazione “Il Crimine”. Tra queste persone figurava anche Tavernese, ritenuto dall'accusa componente di vertice dell'associazione mafiosa. L'Avvocato Fonte nel corso dell'udienza dinanzi al Tribunale della Libertà evidenziava che il sequestrononpotevaessere dispostosolosullabase dellapresuntaappartenenza delTaverneseall'associazione mafiosa di cui al processo “Il Crimine”o il fatto che lo stesso non aveva mai presentato la dichiarazione dei redditi, ma l'accusa avrebbe dovuto, altresì, provare che i beni sottoposti a sequestro costituivano il profitto di attività illecite. di PINO ALBANESE SIDERNO - A Siderno è aumentato il numero degli incidenti tra autoveicoli. Il dirigente della Polizia Municipale, Michele Bruzzese, ha intensificato i controlli per evitare rischi ai cittadini. In uno degli ultimi incidenti, con feriti, causato da un auto, gli agenti del corpo di Polizia Urbana, hanno scoperto che una delle vetture coinvolte era priva di copertura assicurativa. Inviati sul luogo dello scontro, dopo i rilievi e gli accertamenti di rito, hanno provveduto a mettere sotto sequestro l'automezzo sprovvisto di copertura assicurativa ed ha irrogato le relative sanzioni. “Purtroppo - dichiara il comandate della Polizia urbana, Michele Bruzzese nel territorio sidernese sono troppe le autovetture che circolano in assenza di copertura assicurativa, La polizia municipale per tale ragione abbiamo intensificato i controlli. Nel mese di ottobre 2011 aggiunge - si è proceduto a sequestrare dieci autovetture. Tutto ciò a salvaguardia del territorio che, come sempre, è esposto perennemente ai rischi di un fenomeno in forte aumento quale è quello di chi circola con mezzi sprovvisti di copertura assicurativa e che con ogni mezzo in dotazione stiamo cercando di arginare”. gio del 2005. Riportando l'esito delle indagini la relazione della Corte d'Assise per di come dalla fine della guerra di mafia fino al 2005 non c'erano stati omicidi eclatanti a Siderno una sorta di apparente calma poiché c'era il predominio territoriale di una sola associazione criminale che controllava il territorio, quella dei Commisso, tanto da rendere Siderno “quasi un'oasi felice nei confronti di altri luoghi”, come dimostrato anche dal notevole sviluppo delle attività commerciali che l'hanno resa, sotto questo aspetto, la cittadina più evoluta di tutta la zona jonica. In questo quadro apparente tranquillità - scrive la Corte d'Assise - la tentata estorsione ad Antonio Scarfò risaltava agli occhi degli investigatori ed era stata considerata dagli stessi “come l'inizio di una attività da parte del clan Costa”; ciò in quanto “la ricostruzione di una cosca aveva anche la necessitàdi avereuncontrollo del territorio, un approvvigionamento di denaro, cioè una imposizione sul tessuto…sul territorio”. L'estorsione in danno di Scarfò e per cui si era interessato Congiusta era stata vista dal punto di vista investigativo “come una riorganizzazione, come un intraprendere di nuovo una certa attività magari interrotta in precedenza. In questo contesto l'azione di disturbo posta dal giovane imprenditore era vista come un intralcio, un intralcio che come tragicamente successo è stato eliminato. Operazione “Oro nero” Oggi l’interrogatorio di garanzia dei fratelli Camastra SIDERNO - Saranno sentiti oggi per l’interrogatorio di garanzia i fratelli Giovanni e Domenico Camastra, assistiti dall’avvocato Antonio Alvaro. I due sono stati fermati due giorni fa nell’ambito di una operazione della Guardia di Finanza. L'accusa è di contrabbando di gasolio agevolato, truffa aggravata ai danni delloStato edevasionefiscale, perpetrati attraverso un articolato e complesso sistema di frode promosso dai fratelli Camastra, ed attuato grazie al contributo dei dipendenti del gruppo e di altri soggetti che a vario titolo vi hanno concorso.Contestualmente sono state sequestrate la Holding e le 6 società del Gruppo, ed altre 2 imprese operanti nel medesimo settore e coinvolte nell'illecito traffico di carburante. Sono stati, altresì, sequestrati i beni aziendali delle predette società e quelli personali dei soci, quali immobili, conti correnti, autoveicoli e quote societarie per un valore di oltre 350 milioni di euro. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Locride Venerdì 18 novembre 2011 37 Email: [email protected] - Amantea E-mail [email protected] - [email protected] Paola E-mail [email protected], [email protected], [email protected] San Lucido Email [email protected] Scalea Email [email protected] Belvedere Email [email protected] Acquappesa E-mail [email protected] Amantea. Sono stati iscritti nel registro degli indagati anche i proprietari dei siti inquinati Oliva, sviluppi dopo l’arresto L’inchiesta sui rifiuti andrà avanti. Prossimo l’interrogatorio di Coccimiglio di PAOLO OROFINO «Ottimo il lavoro della Procura» AMANTEA – L’inchiesta sui rifiuti interrati a Valle Oliva non terminerà con l’arresto dell’imprenditore Cesare Coccimiglio. C’è da giurarsi, a sentire le parole del procuratore di Paola, Bruno Giordano, il quale ha detto chiaramente che “ci saranno sviluppi”. Intanto l’indagine proseguirà con l’interrogatorio dell’arrestato, che potrebbe anche avvalersi della facoltà di non rispondere. Dopodiché verranno sentiti i quattro proprietari dei terreni in cui è stata trovata la notevole quantità di rifiuti illegalmente interrati, per il momento iscritti nel registro degli indagati, come atto dovuto. Verosimilmente prima o poi qualche altro nominativo, verrà chiamato a rispondere del reato oggi contestato al solo Coccimiglio, titolare di un’impresa per l’estrazione di materiali per l’edilizia e per il trasporto degli stessi. Non è possibile, infatti, che l’imprenditore amanteano sia l’unico responsabile dell’ingente smaltimento di materiali di risulta nell’area del fiume Oliva, dove, in tutto, sono stati ritrovati ben novantamila metri cubi di rifiuti nocivi di diversa natura e grado d’inquinamento. Gli inquirenti sospettano che vi siano altre responsabilità da individuare e punire. Il comitato De Grazia «E ora si avvii la bonifica dell’area» di RINO MUOIO Un tratto dell’area della Valle Oliva L’unica persona arrestata, a cui sono stati concessi i domiciliari, potrebbe anche decidere di collaborare con la procura della Repubblica, raccontando tutta una serie di situazioni sviluppatesi nel corso degli anni. Probabilmente Coccimiglio, che da una vita lavora in quel territorio, conosce tanti fatti e “misfatti”. Anche con lo scopo di difendersi, potrebbe aiutare a capire gli investigatori, come sia potuto accadere che l’alveo del fiume Oliva ed i terreni limitrofi siano diventati luoghi di discariche incontrollate con deposito indiscriminato di rifiuti potenzialmente nocivi, con ricadute sulla falda acquifera e sui suoli coltivati. L’accumulo di materiale Chiesto l’annullamento della delibera Il procuratore Bruno Giordano inquinante nei siti focalizzati è talmente stratificato e vario che non è stato possibile risalire al periodo di inizio dello smaltimento abusivo. L’ultimo accertamento compiuto dalla magistratura inquirente è dello scorso mese di Febbraio, quando sono stati raccolti gli ultimi indizi a supporto della richiesta d’arresto inoltrata al gip del tribunale di Paola. Non si esclude che nel prosieguo del procedimento giudiziario si possano individuare condotte omissive da parte di chi aveva il dovere di controllare e non lo ha fatto. Alcuni dei suoli dove negli anni è proseguito indisturbato lo scarico di materiale si trovano a poche de- cine di metri dalla strada che porta ad Aiello Calabro, quindi ben visibili dalla carreggiata. Di certo non si tratta di luoghi nascosti o inaccessibili. Pure i proprietari dei suoli, alcuni dei quali con coltivazioni e uliveti, potrebbero fornire ai pm indicazioni utili. L’obiettivo della procura di Paola è quello di punire tutti i responsabile del “disastro ambientale” descritto nelle pagine della richiesta di misura cautelare, ma si pensa anche di arrivare alla bonifica dei siti. Il procuratore Bruno Giordano, in più occasioni, ha ribadito la necessità di intervenire per bonificare la vallata del fiume Oliva, nell’interesse della salute pubblica. Paola. Segnalazione anche alla magistratura Genitori agguerriti Dissesto, protesta «L’istituto comprensivo dei cittadini residenti spetta a Campora» in via Serricella AMANTEA – Detto e fatto. Centinaia di genitori degli alunni delle tre scuole (materne, elementari e medie) di Campora San Giovanni, da qualche giorno sul piede di guerra contro il comune, reo, secondo la loro posizione, di avere di fatto “sottratto”, in modo non conforme alla legge, l’istituto comprensivo alla frazione a favore del centro cittadino, ricorrono alla decisione del Comune. Martedì scorso, nel corso di un’affollatissima riunione, avevano deciso di inviare un’istanza al sindaco e al consiglio comunale affinchè la delibera di approvazione del piano di dimensionamento scolastico approvata dalla Giunta, venisse rettificata. E ieri mattina la richiesta, in autotutela, è stata presentata. Nell’occasione una delegazione di genitori ha incontrato il presidente del Consiglio comunale, con delega alla Pubblica Istruzione, Monica Sabatino. Un colloquio serrato, in cui gli stessi genitori hanno evidenziato le incongruenze della delibera e le ragioni per cui l’Istituto Comprensivo “Longo” di Campora deve rimanere tale. Ma vediamo nello specifico alcuni punti salienti dell’istanza presentata. L’annullamento della delibera viene richiesta «perché - si legge nell’istanza - palesemente lesiva dei propri interessi quali genitori degli alunni e lesiva dell’interesse degli alunni stessi. Con la testè citata delibera, la Giunta comunale ha deliberato di “approvare il piano di dimensionamento scolastico” come da delibera predisposta dall’Uff. Servizi Sociali, ossia prevedendo due Istituti Comprensivi “Mameli” e “Manzoni”, in luogo delle Istituzioni scolastiche esistenti. Ebbene già da una prima lettura, la delibera appare contraddittoria in riferimento agli indirizzi regionali che consentono di mantenere l’autonomia alle istituzioni scolastiche che contino un “numero di alunni compreso tra 500 e 900”. Nel caso dell’Istituto “A. Longo” di Campora tali numeri sono pienamente rispettati, essendo gli alunni 503. Un numero sufficiente per mantenere l’autonomia dell’istituto. Invece, violando palesemente gli indirizzi predetti - si denuncia - l’istituzione scolastica del territorio camporese è stata inserita nell’istituto. r. m. Sono pronti alla battaglia legale di ALESSANDRO PAGLIARO PAOLA - Frane, dissesti idrogeologici,smottamenti, lacittà di Paola è interessata da questi fenomeni ormai da diversi anni. La situazione, dopo la recente alluvione cha ha messo in ginocchio la città arrecando numerosi danni alle strade e alle abitazioni, si è notevolmente aggravata a causa delle piogge insistenti cadute dell’ultimo mese. Un allarme ambientale da non sottovalutare. Eppure, nonostante il pericolo incombente in alcune zone a rischio del paese, si ravvisano ritardi per l’attuazione di misure efficaci per prevenire qualsiasi pericolo. A mettere in evidenza questa criticità che si è venuta a caratterizzare nella periferia di Paola in via Serricella, è ora un folto gruppo di cittadini che da diverso tempo ha segnalato al Comune lo stato di insicurezza della strada. I lavori richiesti dovrebbero interessare anche la messa in opera di parapetti e l’allargamento della carreggiata. Il mandato è stato affidato ad una legale, Francesca Perrotta, che nel mese di agosto ha indirizzato una lettera di informazione al sindaco, e al responsabile dell’Ufficio Tecnico sollecitando interventi. Da allora nessuna risposta. Per queste ragioni, l’iniziativa dei cittadini del posto nei giorni addietro si è fatta ancora più concreta con una segnalazione anche alla Procura. Nell’informativa tra l’altro si legge che «la via Serricella di Paola risulta essere una strada altamente pericolosa, in quanto priva di segnaletica orizzontale e verticale, di illuminazione, di barriere di sicurezza stradali e di manutenzione di alcun genere. A seguito delle piogge insistenti sul territorio nello scorso mese via Serricella risulta essere ancora più pericolosa e, quindi, ancora più urgente ne risulta la messa in sicurezza». «Così come insegnano i recentietristi fattidicronacaitaliana relativi agli ultimi eventi metereologici – prosegue la lettera - basterebbe il generale buon senso, onde prevenire eventuali danni ai cittadini. Inoltre, appare opportuno segnalare che la via Serricella esiste da circa quarant’anni, ma gli interventi di manutenzione da parte del Comune sono stati pochissimi, necessitando molto spesso l’intervento dei Vigili del fuoco. Nonostante ciò – è la conclusione – appare di tutta evidenza il persistere del disinteresse di codesta Amministrazione, anche a fronte della richiesta formale di intervento da parte dei residenti di via Serricella formulata nel mese di agosto e rimasta inesitata, oltre che alle reiterate richieste verbali nei confronti dei funzionari dell’Ufficio Tecnico di Paola». AMANTEA - «Intendiamo esprimere gratitudine alla procura della Repubblica di Paola per i risultati conseguiti sulle due delicate inchieste legate alla depurazione delle acque e all’inquinamento del fiume Oliva. Inchieste molto delicate condotte con estremi sacrifici e in quasi assoluto isolamento istituzionale». E’ con sentimento di sentita riconoscenza che gli attivisti del comitato civico “Natale De Grazia”, attori indomiti della battaglia civile svolta in questi anni e finalizzata a chiedere chiarezza sul grado e la natura dell’inquinamento dell’area del fiume Oliva, sottolineano le ultime determinazioni della magistratura paolana, guidata dal dottor Bruno Giordano. «Pur tra mille difficoltà e tentativi istituzionali di impedire la piena conoscenza dei fatti, la verità sull’inquinamento della vallata del fiume Oliva sta emergendo –scrivono tra l’altro in un lungo comunicato stampa. Noi non siamo “giustizialisti” e non godiamo di fronte alla limitazione della libertà, ma i provvedimenti di custodia cautelare emessi in questi ultimi giorni, aggiungono un tassello di verità a quelle vicende che da più parti si è cercato e si cerca di occultare, soprattutto da quegli ambienti istituzionali che troppo spesso vestono i panni dei rassicuratori e che hanno cercato di convincere l’opinione pubblica che il mare inquinato e i veleni dell’Oliva erano un’invenzione degli ambientalisti e degli organi di informazione in cerca di notizie sensazionali. Il fatto che il Gip abbia convalidando le misure di custodia cautelare, confermando in sostanza l’intero impianto accusatorio redatto dalla Procura di Paola - si aggiunge poi dimostra l’ottimo lavoro svolto dal pool investigativo diretto dal dott. Bruno Giordano, che probabilmente aveva visto bene anche sull’inchiesta legata alle cosiddette “navi dei veleni”, chiusa troppo frettolosamente. I fatti di oggi testimoniano che le nostre preoccupazioni sullo stato dell’Oliva erano fondate, che le nostre proteste e le azioni messe in campo - ad iniziare dalla grande manifestazione del 24 ottobre 2009 tesa a sollecitare l’intervento delle istituzioni - non erano comportamenti sprovveduti ed irresponsabili». Ma per il Comitato “De Grazia”, parallelamente all’inchiesta della Procura, ancora in evoluzione, ora bisogna cominciare a lavorare per la bonifica del sito. «A questo punto ci aspettiamo che le autorità competenti - ad iniziare dagli enti locali - svestano i panni di “rassicuratori” e assumano le responsabilità che loro competono compiendo tutti gli atti amministrativi necessari ad avviare la fase di bonifica delle aree inquinate e diano inizio ad una seria ed accurata indagine sulle malattie epidemiologiche contratte nell’area circostante la vallata dell’Oliva e sull’intero territorio del Tirreno cosentino, con l’istituzione del registro tumori tante volte promesso ma mai realmente istituito». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Tirreno Venerdì 18 novembre 2011 Corigliano Venerdì 18 novembre 2011 Santa Tecla. Il presunto boss nega le estorsioni e ribatte in aula: «Non l’ho mai conosciuto» Converso “chiama” Barilari Per il pentito sarebbe lui il capo indiscusso della cosca coriglianese di MATTEO LAURIA CORIGLIANO - Doppio turno per “Santa Tecla”: a Rossano dove in mattinata si celebra il rito ordinario, a Catanzaro dove invece prosegue l’abbreviato. In scena presso il Palazzo di Giustizia di viale Santo Stefano il pentito Giampiero Converso, chiamato a ricostruire le varie fasi del crimine organizzato, le gerarchie, i ruoli, la capacità impositiva della onorata società coriglianese. In videoconferenza, collegato da Parma dove è detenuto in regime di 41 bis, il “boss” Maurizio Barilari, difeso dall’avvocato Salvatore Sisca. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia si rivelano utili al fine di inquadrare il contesto dell’organizzazione criminale coriglianese che fa capo alla struttura di Cassano, e da questa ai “cirotani”. Da sottolineare che Converso decide di collaborare con la giustizia nel 2004, l’operazione “Santa Tecla” scatta nel 2010 e abbraccia un periodo postumo al 2004. Le esternazioni del pentito quindi si ritengono utili al fine di fornire un’idea della mappa criminale. In tutte le sue esternazioni emerge il ruolo di primo piano di Maurizio Barilari, capo indiscusso nella cosca su Corigliano, con l’avallo degli zingari di Cassano. Converso ripercorre la storia del locale di Corigliano. Parla di riunioni che si tenevano a Cassano con il locale di Rossano alla presenza di Nicola Acri, Natale Perri , Salvatore Morfò, il tutto dal boss Francesco Abbruzzese meglio conosciuto come “dentuzzo”, in un uliveto (famoso perché quando si entrava non si tornava indietro). Converso conferma il ruolo di Il tribunale di Rossano primo piano esercitato da Barilari nel capitolo delle estorsioni (parte dei proventi finivano a Cassano). E riferisce della volontà di Pietro Longobucco di uccidere Converso, nonostante godesse della fiducia di Barilari a sua volta sotto la protezione degli zingari. Converso fiuta l’intenzione omicida del clan e inizia a collaborare con la giustizia. A seguire richiama l’episodio di un’estorsione praticata al Porto di Corigliano con il responsabile di una nave che trasportava bucce di cocco a Crotone. A mettere in moto il meccanismo estorsivo Giampiero Converso e Giorgio Semerario. I due trattano e giungono ad un risultato: la corresponsione dell’otto per cento per ogni carico. Nono- TRIBUNALE DI ROSSANO UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI Dr. Vincenzo Quaranta Il Giudice dell’Esecuzione, nella procedura esecutiva immobiliare iscritta al n. 24/2004 R.G.E. (omissis) DISPONE la Vendita Senza Incanto dei seguenti beni, per il giorno 15.12.2011 alle ore 10:30 dinanzi a sé nella sala delle udienze civili di questo Tribunale: Lotto Unico: Fabbricato ad uso commerciale/artigianale sito in Corigliano Calabro (CS) alla località “Santa Lucia”, composto da un piano terra, da un piano seminterrato, e da lastrico solare. Il tutto per una superficie di mq. 1000. Tali unità insistono su una maggiore area comprensiva di corte recintata con muretto e sovrastante ringhiera, confinante con strada comunale Santa Lucia ed altre proprietà. Vi è concessione edilizia n. 36 del 1979, ma l’attuale stato dei luoghi non è conforme al progetto approvato, e le difformità non sono sanabili per come risulta dalla relazione peritale integrativa. E’ riportato in catasto al foglio 75 particella: 20 sub 1 piano terra, 20 sub 2 lastrico solare, e 20 sub 3 seminativo ZC. 2, categoria C/2 e cl.9 Prezzo base Euro 513.335,00. Scadenza presentazione offerte: ore 12:00 del 14.12.2011 Copia dell’ordinanza di vendita nonché della consulenza tecnica sono pubblicate sul sito internet www.tribunalerossano.astegiudiziarie.it Ogni altra informazione potrà essere richiesta alla Cancelleria Esecuzioni del Tribunale di Rossano ( tel. 0983 519206), presso cui sarà possibile visionare la relazione peritale di stima; Gli interessati alla visione dell’immobile e all’acquisizione di ogni notizia utile all’acquisto potranno contattare il Dr. Carlo Plastina - Custode Giudiziario - (tel. 0983 889582) mentre per informazioni di tipo tecnico potranno contattare direttamente il CTU che ha redatto la perizia, i cui recapiti potranno essere acquisiti presso la cancelleria esecuzioni del Tribunale. stante i vertici del clan manifestassero insoddisfazione per l’esito dell’accordo, dopo appena una settimana va all’incasso la prima busta in un container. Una battuta su Fabio barilari, fratello di Maurizio: Converso di lui sa poco, lo definisce «un bravo ragazzo . Ha sempre lavorato» . Poi le conferme sui fratelli Franco e Mario Straface vicini alla cosca. I due imprenditori «facevano prendere i lavori». Il pentito racconta un aneddoto di una ditta di Palermo che attraverso segnalazioni ebbe modo di accaparrarsi un appalto. Il locale clan si oppose, e saltò tutto perché a lavorare dovevano essere gli Straface. Poi tutta la partita dei locali notturni, delle discoteche, dei night club, e dell’im- posizione della sicurezza vista come tributo estorsivo. Proprietari di locali malmenati perché si opponevano al pizzo. E ancora il traffico della droga nei locali notturni gestito da tale Piero Chiaradia. A fine udienza, chiede la parola Maurizio Barilari il quale nel dichiarare di non avere mai conosciuto Converso, rimarca come presso la palestra di sua proprietà si recassero spontaneamente i proprietari dei locali per chiedere una mano non solo come servizio ma anche per attività di pulizie ed altro. Barilari sottolinea come nella propria azienda vi fossero persone per bene. Quindi nessuna estorsione. A conferma di ciò invita i giudici a chiamare direttamente i proprietari in questione e i ragazzi che lavoravano con Barilari a suo tempo. Prossima udienza programmata per il 12 dicembre: saranno escussi i pentiti Vincenzo Curato e Giovanni Cimino. A Catanzaro intanto il collegio di difesa ( avvocati Giuseppe Zumpano, Francesco Nicoletti, Giovanni Zagarese, Ettore Zagarese, Pasquale Di Iacovo, Fabio Salcina, Vincenzo Galeota, Raffaella Accroglianò, ed altri) ha preso la parola in ordine al procedimento di rito abbreviato a cui sono ricorsi ben 73 imputati i quali sono chiamati a rispondere a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, usura, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti. I legali hanno sottolineato ancora una volta la inattendibilità dei collaboratori di giustizia Vincenzo Curato e Carmine Alfano, sulle cui dichiarazioni fa leva l’intero impianto accusatorio e la mancanza di riscontri rispetto agli addebiti contestati. Cerbella: «Poche notizie sul lavoro del Comune» L’Udc chiede un incontro ai commissari prefettizi di LUCA LATELLA CORIGLIANO – L’Udc di Corigliano chiede nuovi incontri alla commissione prefettizia. Il coordinatore cittadino del partito di Casini, Ernesto Cerbella, interviene anche per evidenziare la «carente» informazione su quanto viene attuato inComune. Nel suopreambolo, Cerbella fa presentecome la città, nellasua dimensione politico-amministrativa abbia subito una battuta di arresto, a causa delle «note vicende giudiziarie nelle quali è rimasta invischiata». Cerbella aggiunge anche come non intenda «per ragioni di opportunità e di rispetto verso gli organismi giudicanti, entrarenel merito di quanto accaduto, anche se sentiamo forte il disagio creato dalla inconsapevolezza, tuttora esistente, circa un eventuale coinvolgimento delle istituzioni rappresentative comunali e sulla dimensione ed estensione di tale coinvolgimento». Perciò rifiuta «una generica e generalizzata definizione di città mafiosa, frutto di una iperbolizzazione mediatica dei fatti che fece, al tempo, balzare agli onori negativi della cronaca la nostra città» che comunquel’Udc ed altre forze politiche hanno «pervicacemente rifiutato». Nel prendere, quindi, atto del commissariamento come un fatto “ineluttabile”, i centristi apprezzano lo sforzo della commissione verso la «stabilizzazione degli aspetti finanziari della gestione dell’ente per evitare una dichiarazione di dissesto», ma nel contempo, sottolineano anche come l’azione commissariale «non possa né debba limitarsi ad una azione prevalentemente contabile che, stante il lungo periodo di commissariamento, mortificherebbe irreparabilmente le aspettative di sviluppo della città». Per questo intendono chiedere nuovi incontri, seppur in un primo appuntamenti abbiano già sottolineato allacommissione le problematiche cittadine esistenti. «Non possiamo esimerci dall’evidenziare – prosegue Cerbella – una carente informativa suciò che viene elaborato ed attuato, il che rappresenta un sacrosanto diritto dei cittadini ed un dovere da parte dell’organismo chiamato alla gestione della cosa pubblica». La promozione di nuovi incontri, a detta del coordinatore cittadino, potrà servire a rimarcare «alcuni fatti posti all’attenzione dai citta- Il Municipio di Corigliano dini». Come ad esempio, la «spaventosa» situazione di degrado delle strade che, «senza grandi impegni finanziari, dovrebbe almeno dar luogo al rattoppamento delle buche». L’Udc intende anche chiedere lumi sullo stato di interventi che non comportano oneri finanziari come i Pisu, «dei quali ignoriamo lo stato di evoluzione e di eventuale realizzazione». «Non sappiamo che fine abbiano fatto i bandi pubblici per l’affidamento delle opere riguardanti l’illuminazione cittadina – prosegue il rappresentante centrista – così come quello per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani». Identico discorso anche per i Psa per i quali l’Udc dichiara in via preliminare «la posizione nel prediligerli a volumi zero, così come attuato dal sindaco Renzi a Firenze». Infine il partito vorrebbe chiedere ai commissari cosa si sta attuando per evitare eventuali allagamenti nel periodo invernale. «Questi –termina l’ex assessore Ernesto Cerbella –sonosoloalcuni deitantiaspettidellavita amministrativa che necessitano di attenzioneeperiquali l’Udc stimola interventi e chiede informative sullo stato delle cose». “Mondiversi” Il centro riapre ma resta l’incertezza CORIGLIANO – E’ una soddisfazione a metà, quella di Mondiversi, l’associazione che gestisce il Centro di eccellenza, fulcro di polemiche nei giorni scorsi, per via della scadenza proprio del contratto di gestione e per i lamentati silenzi dell’Amministrazione prefettizia in materia. Il presidente Antonio Gioiello, nell’annunciare la ripresa delle attività della struttura dopo una comunicazione giunta dal Comune, non ritiene “conclusa” la vicenda. «Ieri –dichiara il presidente dell’associazione Mondiversi – è stato comunicato a questa associazione dal Comune di Corigliano Calabro “che sono in corso le procedure per l’affidamento della gestione del Centro. Pertanto, nelle more nell’espletamento di dette procedure, codesta associazione potrà proseguire le attività nella struttura fino alla definizione degli atti”». Quindi una proroga a metà. Gioiello giudica “tardivo” il provvedimento, ma anche «insoddisfacente e generico, e quindi ritenendo non conclusa la vicenda, informiamo – dice – che le attività del Centro di eccellenza proseguiranno e che è quindi possibile prenotare per l’uso delle Sale e dei Servizi della struttura». Il Centro di eccellenza, com’è noto, ormai dal 2008, sin dalla sua inaugurazione, è divenuto agorà sociale, culturale ma anche politico della città di Corigliano. Nei suoi spazi ha ospitato tantissime manifestazioni di vario genere, dando sfogo alla voglia di aggregazione ausonica, ma anche ad una miriade di eventi. Una struttura insomma molto attiva negli ultimi anni, da quando è stata inaugurata e che nei giorni scorsi quindi è stata al centro di un preoccupato dibattito. Il presidente Gioiello, nella nota diffusa, conferma anche l’incontro programmato per domani alle 18, ovviamente presso il Centro di eccellenza, tra le associazioni e le organizzazioni sociali e culturali della città, «al fine di una comune riflessione su quanto accaduto, sulla situazione che è venuta a determinarsi e su eventuali iniziative da promuovere». E ciò perché nella comunicazione giunta all’associazione dal Comune «rimangono indefiniti i termini dell’autorizzazione a proseguire la gestione e non chiare le modalità per un nuovo affidamento, che lasciano incerto il futuro del Centro di Eccellenza». l. l. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 42 Cosenza 23 Venerdì 18 novembre 2011 REDAZIONE: Piazza Serravalle, 9 - 88100 Catanzaro - Tel. 0961.792164 E-mail: [email protected] Ad aprile 2012 arriveranno due magistrati. Borrelli: «Servono interventi razionali» Il grido d’allarme della Procura Carenza di uomini e mezzi. «Potremmo cambiare le cose in più zone della regione» di TERESA ALOI PER arrivare al cuore del problema, Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto, non ha mai fatto giri di parole. Non è su costume parafrasare. E, oggi come ieri, a chi gli chiede se la speranza di risolvere quella cronica carenza di uomini e mezzi denunciata ad ogni “uscita pubblica” sia rimasta tale, lui candidamente risponde che «se è vero come è vero che la Calabria è un problema nazionale sotto il profilo della criminalità, allora chi di competenza deve fare le scelte necessarie». Lo ha fatto ieri, con il procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo in occasione della conferenza stampa di presentazione di “Nasty Embassy”, l'inchiesta antimafia portata a termine sul territorio di Vibo Valentia (ne riferiamo ampiamente nelle pagine di primo piano). «La Procura di Catanzaro - ha spiegato Giuseppe Borrelli - in tre anni di lavoro, ha prodotto una quantità di materiale tale da poter radicalmente cambiare le cose in molte zone della Calabria, almeno nei 2/3 del territorio, ma il tutto stenta a concludersi a causa delle carenze che ostacolano enormemente il lavoro». La verità - drammatica da un lato - è che nonostante l'esiguità dei mezzi siano essi logistici e o meno, le numerose attività “messe in cantiere” dalla Procura antimafia di Catanzaro, una dopo l'altra tagliano il traguardo. Perchè «il lavoro prosegue Vincenzo Roca, Giuseppe Borrelli, Vincenzo Antonio Lombardo e Rodolfo Ruperti senza sosta consentendoci di registrare risultati continui e costanti, ma a costo di sacrifici enormi e con tempi che potrebbero e dovrebbero essere molto più spediti». Lo ha segnalato ampiamente in tutte le sedi competenti senza mai stancarsi Borrelli. «Ci sono diverse attività che portiamo avanti da tempo giunte ormai per così dire a “maturazione”. In questi anni ha sottolineato - abbiamo incamerato materiale di grande rilievo probatorio, ma abbiamo il problema di una struttura che, con i suoi soli sei magistrati alla Direzione distrettuale antimafia, numericamente non è in grado di affrontare queste emergenze» E se a ciò si aggiungono gli impegni dibattimentali, va da sé che tutto diventa più difficile. «L'attività però è valida quando produce risultati fin dentro alle aule dei tribunali. La prevenzione e la lotta alla criminalità - ha aggiunto il magistrato - non passa solo per un maggiore controllo del territorio, e quindi con più mezzi nelle strade delle forze del- l'ordine, che peraltro adesso non hanno neppure la benzina sufficiente, ma necessita di attività investigative delicate e complesse, che costano, e soprattutto di uomini che le svolgano». Non solo magistrati perché la carenza riguarda an- che il personale amministrativo. Ora, le cose potranno cambiare. Quest'anno per la prima volta da decenni la Procura ordinaria chiuderà in attivo nel rapporto tra i procedimenti penali sopravvenuti e quelli definiti, anche se solo ad aprile 2012 arriveranno due nuovi magistrati che porteranno il numero dei sostituti procuratori presenti nell'ufficio a 17 sui 18 previsti in organico. «Intanto - ha concluso Borrelli - facciamo i conti con ristrettezze di mezzi ed inefficienze inimmaginabili, dovute soprattutto ad interventi a pioggia che non sono razionali e che di fatto portano a tagli su cose essenziali e spese che alla fine, per come sono fatte, risultano vane. E continuiamo a dipendere dalle importanti e fondamentali iniziative di alcune amministrazioni» ha aggiunto il magistrato ricordato la donazione alla Procura di 24 quintali di carta da parte di un comune del cosentino, oppure il contributo della Provincia di Catanzaro che per un periodo ha messo a disposizione dell'ufficio giudiziario alcuni lavoratori in cassa integrazione per un progetto di riqualificazione del personale. «Ma sono ancora poche e saltuarie - ha concluso - mentre invece sarebbe davvero utile una sinergia tra tutte le istituzioni per il migliore funzionamento di un servizio fondamentale per i cittadini». Generazione X I giovani tra proteste e idee GLI gli studenti hanno manifestato contro la crisi, ma c’è anche chi fa volontariato alle pagine 26 e 27 Caraffa Borse false, capo d’accusa da riformulare SECONDO l'accusa avrebbe contraffatto alcune borse di marche del calibro di “Gucci” e di “Luis Vitton”. Borse che Ndour Modou, senegalese, avrebbe poi rivenduto a Lido . Ed èqui chenel 2009,l'uomo venne segnalato dalle forze dell'ordine. Subito dopo arrivò la chiusura delle indagini preliminari e la contestuale richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura a carico dello stesso Ndour Modou che, adesso, deve rispondere dei reati di contraffazione di pubblici sigilli e introduzione nello stato e com- mercio di prodotti con segni falsi. La richiesta, però, nei giorni scorsi è stata discussa nel corso della prima udienza preliminare davanti al gup Maria Rosaria Di Girolamo. È stato il gup anche alla luce delle tesi difensive, ad annulla la richiesta di rinvio a giudizio disponendo la trasmissione degli atti del processo invitando di fatto la Procura a riformulare il nuovo capo d'accusa. Questo in accoglimento delle eccezioni sollevate dal difensore dell'uomo, l'avvocato Miche- le Gigliotti, aveva avanzato nel corso dell'udienza. Era stato il legale , infatti, a sottolineare la genericità e l'indeterminatezza del capo d'imputazione, poiché, aveva evidenziato, il reato, poteva essere contestato anche attraverso la citazione diretta a giudizio. Di più. Il difensore aveva sottolineato come gli atti del procedimento non fossero stati tradotti nella lingua madre di Ndour Modou e di fatto, l'uomo, non poteva comprendere le contestazioni mosse. b.a. Pisl per tutelare il territorio IL CONSIGLIO comunale ha aderito alla programmazione comunitaria. a pag. 30 Soverato PUNTO E A CAPO «A chi giova parlar male della Film commission? Ca vi muzzicu i garruni» di MAURIZIO COMITO PRIMA che qualcuno parli a sproposito a nome della mia categoria e disturbi il nuovo processo di valorizzazione del cinema e della multimedialità calabrese faccia attenzione Ca' Ci Muzzicu i Garruni. Nell'anno 2000, fui il primo a proporre la prima bozza di progetto della Calabria Film Commission, all'allora Governatore Giuseppe Chiaravalloti che, mi ricordo ancora, dopo aver ascoltato la mia relazione, si alzò dalla sua poltrona e mi abbracciò con entusiasmo mi disse: “Bella! questa la facciamo di sicuro!”. Poi le cose, come la storia ci racconta, andarono diversamente. Nel senso che la Calabria Film Commission nacque poco tempo dopo, presso l'assessorato al Turismo, con il coinvolgimento anche dall'assessorato alla Cultura, ma io non fui mai più chiamato ne coinvolto a qualsiasi livello. Qualche anno dopo e precisamente nell'agosto 2006, fui tra i pochi ad evidenziare la mancata attività dell'allora neo rinata Fondazione Calabria Film Commission, che nel frattempo sotto la gestione Zinnato - Loiero, si era appunto trasformata in Fondazione, con un’ intervista, rilasciata ad un quotidiano locale e con quale mi guadagnai la mancata con- vocazione a tutti i casting locali organizzati e seguiti dalla Calabria Film Commission. Nell'intervento, che mi valse la definitiva condanna professionale, dissi chiaramente cosa intendevo io per film commission o meglio come l'avevo sempre sognata che fosse nella mia Regione, quindi ancora una volta critica si ma che voleva essere costruttiva, con una proposta chiara o almeno un suggerimento. Chi mi conosce sa che ormai da anni predico e continuo a credere nello sviluppo del cinema in Calabria . Adesso, finalmente uno che capisce di cinema, l'avvento della Presidenza Curti, voluta fortemente dal Governatore Giuseppe Scopelliti, che personalmente ritengo senz'altro autorevole e competente che fin da principio, come testimoniano il ritorno delle convocazioni ai casting da sei mesi a questa parte, ha la volontà di coinvolgere tutti coloro che intendono supportare e collaborare con la Calabria Film Commission siano essi Enti e privati. Per la prima volta nuove opportunità e prospettive di lavoro si aprono e sono messe a disposizione di attori e tecnici, calabresi: mi consta che nei nuovi bandi Calabria Film Commission, in preparazione, per la prima volta c'è un'attenzione particolare all'in- Maurizio Comito serimento, sia nei cast artistici che nelle figure professionali, alle risorse umane calabresi. Mai successo prima. Per la prima volta su tutti i set aperti in Calabria ho visto l'impegno e la presenza quotidiana di almeno un responsabile organizzativo, in rappresentanza della Calabria Film Commission, come Michele Geria. Mai successo prima. Per la prima volta, nella programmazione dei Festival di Cinema regionali si parla di almeno due convegni sulle prospettive e problematiche legati allo sviluppo del Cinema in Calabria. Mai successo prima. Come per imminente Calabria Film Festival di Vibo Valentia, che, oltre alla presenza di ospiti internazionali, e l'ospitalità di “Workshop” prevede anche la partecipazione di categorie professionali ed imprenditori locali che possano intervenire direttamente ed investire in questo settore pulito che è il nuovo cinema calabrese. Mai successo prima. Per la prima volta un presidente, autorevole e competente, un tecnico, che oggi vanno anche di moda anche perché a quanto pare sono gli unici che fanno funzionare le cose, come Gianluca Curti produttore cinematografico, per la prima volta, pone l'attenzione soprattutto agli uomini e alle idee, alle risorse umane calabresi intendendo anche coinvolgere e sottoscrivere protocolli d'intesa e collaborazioni con tutti gli Enti disponibili a collaborare. Mai successo prima. Per la prima volta, sotto la Presidenza Curti, vengono ricercate e messe a regime risorse finanziarie inaspettate che giacevano nel dimenticatoio da anni, come i fondi europei per lo sviluppo, meglio conosciuti come Por e come per altro è già accaduto per la vicina Regione Puglia che ha girato film come “Mine Vaganti” di Ferzan Ozpetek. continua a pagina 28 Mercato chiuso È protesta PROTESTE e critiche al sindaco per la chiusura del mercato rionale del venerdì. a pag. 32 Sport Trent’anni di attività FESTEGGIATI PROTESTE i 30 anni di attività alla palestra del maestro Guerra a pag. 35 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Catanzaro 36 Venerdì 18 novembre 2011 Ufficio di corrispondenza: via Virgillo, 3 - 88046 Lamezia Terme - Tel. e Fax 0968/201015 E-mail: [email protected] Operazione “Lex Genucia”. Oggi iniziano gli interrogatori di garanzia per gli accusati di usura «Prendo la pensione e ti pago» Commercianti e imprenditori minacciati per i debiti contratti con i cravattari OPERAZIONE “U CINESE” di PASQUALINO RETTURA PARTONO oggi gli interrogatori di garanzia dal gip per le dieci persone arrestate nell’ambito dell’operazione anti usura “Lex Genucia” condotta dal Nucleo Mobile del Gruppo della Guardi di finanza di Lamezia che ha portato 6 persone in carcere e 4 ai domiciliari. Per alcuni degli arrestati, poichè l’ordinanza di custodia cautelare gli è stata notificata in carcere perchè arrestati in altre precedenti operazioni, l’interrogatorio di garanzia si svolgerà per rogatoria a Catanzaro, nei confronti di Vincenzino Lo Scavo, difeso dall’avvocato Lucio Canzoniere, ed a Paola per Adriano Sesto, difeso dall’avvocato Tiziana D’Agosto, mentre a Lamezia si terrà l’interrogatorio di garanzia di Francesco Greco, 73 anni, difeso dall’avvocato Antonio Torcasio. Tutti e tre finiti in carcere insieme a Francesco Pullia, Bruno Gagliardi e Bruno Cimino. Ai domiciliari invece ci sono finiti Teresa Ferrise, Ferdinando Greco, Giuseppe De Fazio e Fabio Zubba. Tutti ora sono chiamati a difendersi dalle accuse, a vario titolo, di di usura aggravata, tentata estorsione ed esercizio abusivo dell'attività finanziaria. Un’indagine iniziata nel marzo del 2010 quando un commerciante di auto di Sambiase, A.D. era stato costretto ad abbandonare la famiglia senza dire nulla per paura di ritorsioni dopo essere finito nel tunnel dell’usura. Ma anche altri imprenditori finirono nelle “grinfie” di otto presunti usurai senza però avere il coraggio di denunciare e per questo motivo indagati per favoreggiamento. Solo grazie alle intercettazioni telefoniche e agli accertamenti la Finanza ha scoperto la rete degli usurai. E solo dopo l’esposto della moglie di A.D. il commerciante tornò a Lamezia per raccontare gli episodi, comprese le minacce. In particolare quando Bruno Cimino, dipendente dell’azienda sanitaria - secondo le accuse non trovando il commerciante vittima dell’usura, si rivolse alla moglie dicendo che se il marito non avesse adempiuto tempestivamente avrebbe dovuto lei stessa vendere tutto quello che aveva altrimenti non sapeva come sarebbe andata a finire, nonchè riferendo in giro che avrebbe incendiato beni nella disponibilità del commerciante d’auto. E quando - secondo le accuse - Adriano Sesto avrebbe minacciato il commerciante facendolo avvicinare da “Maurizio di Ardore”. E che la vittima dell’usura era terrorizzato, lo si evince anche da una sua dichiarazione agli inquirenti: «Ho prima negato di non avere avuto rapporti finanziari con Bruno Gagliardi, in quanto temo per la mia incolumità e per quella della mia famiglia, il Droga, arresti domiciliari per Francesco Donato Il tabellone con gli arrestati dell’operazione “Lex Genucia” timore di cui parlo è dovuto alla fama di cui gode Gagliardi. Mi risulta infatti che lo stesso ha avuto diverse disavventure giudiziarie anche per gravi fatti». E per le ipotesi accusatorie il commerciante sarebbe stato costretto a rivolgersi anche a Giuseppe De Fazio, Teresa Ferrise, Fabio Zubba, Francesco e Ferdinando Greco, non solo per prestiti usurai ma anche per pagare i foglietti degli assegni, dalle 300 alle 500 euro. Emblematica, inoltre, un’intercettazione telefoni- Incontro per sollecitare maggiori controlli Un verme nella pasta per i bambini della scuola elementare MAGGIORE rigore nei controlli e severità da parte dell'amministrazione comunale nell'applicare le eventuali penali da far pagare per il mancato rispetto delle procedure previste da capitolato per il servizio mensa delle scuole elementari cittadine. Questa la richiesta portata ieri nell'incontro tra l'assessore al ramo scolastico, Giusi Crimi, i dirigenti interessati, la ditta incaricata del servizio ed i membri dei comitati scolastici per il servizio mensa. Un incontro, che si ripete cicli- Giusi Crimi camente per monitorare laqualità delservizio offerto dalla ditta Cardamone, responsabile del servizio mensa scolastico, preceduto da più di una lamentela in questi giorni da parte di genitori ed insegnanti. Nodo del contendere la qualità del cibo offerto ai bambini, come sottolinea Eleonora Malerba, componente del nucleo di vigilanza del 1° circolo: «capiamo i periodi di ristrettezza economica, e che parliamo comunque di una mensa che non può garantire gli stessi pasti che si consumano a casa, ma quando le sollecitazioni e le lamen- tele diventano tante vuol dire che il Comune ha il dovere di far pagare le penali per il mancato rispetto di quanto stabilito nell'appalto». Sotto accusa il modo in cui il servizio viene offerto. «Il camioncino che porta il cibo fa un solo viaggio, alle 12, sia per i bambini che pranzano alle 12.20 che per quelli del secondo turno, previsto un'ora dopo, mentre per contratto dovrebbe fornire i pasti 20 minuti prima», rimarca la componente del nucleo di vigilanza, «questo comporta che troppo spesso la pasta risulta scotta, mentre i secondi piatti, sia di carne che di pesce serviti in confezioni sigillatemono porzione, arrivano in tavola ormaifreddie pocoinvitanti,così come le insalate che sono scondite». Ultimo episodio a far insorgere le proteste il ritrovamento di un verme in un piatto di pasta. «La ditta si è sempre dimostrata disponibile a far effettuare controlli anche nelle proprie cucine», ricorda la Malerba, «ma questi incidenti ci auguriamo non accadano mai più». g.g. ca in cui Pullia parla con un altro imprenditore per riavere i soldi. «Mi devi dare due o tre giorni di tempo quando mi arriva la pensione». E la risposta: «Va bene.. tu sei un grande cretino, un grande sfreggiatore, un grande falso». RECENTEMENTEla Cassazioneaveva annullatol’ordinanza sul reato associativo, con rinvio al tribunale della libertà di Catanzaro, nei confronti di Francesco Donato, 34 anni, di Soveria Mannelli. Ieri, il gip di Catanzaro, Livio Sabatini, ha ordinato la scarcerazione e la concessione degli arresti domiciliari per il giovane, in accoglimento della richiesta avanzata dal legale di fiducia del trentaquattrenne, l’avvocato Bernardo Marasco. Dopo che infatti l'ordinanza relativamente alla partecipazione all'associazione finalizzata al traffico di droga nei confronti di Donato, arrestato a marzo scorso nell'ambito dell'operazione “U cinese”, era stata annullata dalla Cassazione, il gip ieri ha ritenuto che «la pronuncia della Corte suprema nonchè gli ulteriori elementi concernenti il lasso temporale trascorso dall’esecuzione della misura cautelare e la concreta condotta vagliata e ritenuta da questo giudice consentano di ritenere attenuate, ma non elise, le esigenze cautelari indicate nell’originaria ordinanza». Francesco Donato, era fra le quindici persone che erano state arrestate a marzo scorso dopo le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Catanzaro. Francesco Donato è infatti rimasto coinvolto nell'inchiesta antidroga per le accuse, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti nell'area del Catanzarese, Napoletana e del basso Lazio, con reati che sarebbero stati perpetrati da dicembre 2006 a febbraio 2009. Il traffico di stupefacenti viaggiava sull'asse Catanzaro, Napoli, Terracina. Decine e decine di chilogrammi di hashish che viaggiavano nascosti su autovetture, in alcuni casi prese anche a noleggio, modificate da due carrozzieri compiacenti. p.re. Alla conferenza stampa “giallo” sull’assessore Tano Grasso lascia. Anzi no E parte il teatro “ Capusutta” MENTRElaconferenza stampa di presentazione dello spettacolo “Donne in parlamento”, che andrà in scena il 20 e 21 novembre alle 21 al teatro Politeama, stava iniziando, circolava la notizia delle dimissioni dell'assessore alla cultura Tano Grasso. Una “voce” però assente durante il dibattito nella sala Napolitano sulla quale, insieme alla riposta di Corrado Augias su La Repubblica dopo una lettera di Francescantonio Pollice in merito ai tagli effettuati all'Ama Calabria, stamattina alle 11 lo stesso assessore darà conto nel suo ufficio. Parlando del laboratorio teatrale “Capusutta”, il progetto del Comune di Lamezia Terme con la direzione artistica di Marco Martinelli e condotto da Punta Corsara, Grasso è sembrato infatti tutt'altro che dimissionario, dichiarando che «già settimana prossimo dovremmo redigere l'atto per la seconda edizione del progetto, sperando che in periodo di tagli l'impegno economico non diminuisca di molto, di modo che finisca a giugno incontemporanea conl'edizione 2012 di “Trame”, un format che si sta studiando di esportare in cicli di incontri anche fuori regione». L'assessore natio della Sicilia descrive il laboratorio come «un'esperienza emblema- Tano Grasso tica dell'idea culturale che avevo in testa, con 60 ragazzi dai 6 ai 18 anni, di cui la metà rom, chiamati a far teatro. Il laboratorio, nato e cresciuto con il confronto con realtà già presenti in città come “Scenari Visibili”e“La Strada”, ha valenza nazionale per merito di questi protagonisti». L'assessore non nasconde un pizzico d'orgoglio nell'annunciare che «per la prima volta una compagnia debuttante lametina salirà sul palco del Teatro Valle di Roma», ed il perché lo spiega il direttore artistico del laboratorio, Marco Martinelli, annunciando che «la tre giorni a Roma dedicata agli spettacoli del Teatro delle Albe e Punta Corsa sarà aperta il 16 dicembre dai ragazzi di Capusutta». Per Martinelli «il laboratorio ha avuto un esito sopra le aspettative, anche perché siamo partiti tardi, a metà febbraio, “perdendo” qualche ragazzo dopo la pausa estiva perché andato all'università o a lavorare, ma in totale abbiamo avuto comunque una rotazione di circa 100 ragazzi». Per il regista Emanuele Valenti «è un dato miracoloso portare oggi 60 ragazzi a far teatro», mentre il sindaco Gianni Speranza, ringraziando le guide Christian Giroso, Antonio Stornaiuolo, Giovanni Vastarella, sostiene che «solo vedendo lo spettacolo la città potrà capire il progetto. Siamo tanto contenti di aver preso questa decisione, che è pienamente riuscita perché ha suscitato calore ed entusiasmo nei ragazzi, “ingaggiati” a scuola come nei loro luoghi di ritrovo», non risparmiando in fine una battuta sulla polemica nata dopo l'intervento di Augias suRepubblica: «qualche giornale nazionale dovrebbe riflettere di più sulle politiche culturali lametine, su quanti ragazzi abbiamo coinvolto integrando anche giovani Rom». g.g. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Lamezia Venerdì 18 novembre 2011 L’accusa: «Sarebbe come mettere la polvere sotto il tappeto». Contestata anche la proposta di Pugliano No al “tombamento” dei veleni Il comitato Fabbrikando contrario alle ipotesi di bonifica avanzate da Syndial di MARINA VINCELLI «SIAMO contrari ad un “tombamento” delle due discariche a mare, note come “La passeggiata degli innamorati”, che altri invece chiamano “La passeggiata dei veleni”, così come prospettato da Syndial. Sarebbe come nascondere la polvere sotto il tappeto!». Pino Greco, di “FabbriKando l’avvenire”, ieri pomeriggio ha lanciato un grido d’allarme contro l’ipotesi di Syndial (Eni) di sarcofagare, con un muro di cemento armato, sia dal lato mare che dal lato strada consortile, le due discariche a mare “ex- Fosfotec” ed “ex-Pertusola sud”, comprese nel Sin (sito d’interesse nazionale) da bonificare e sotto sequestro da parte della magistratura, dal maggio scorso. Il presidente dell’associazione, formata da ex-operai, ma anche da professionisti del settore, ha lanciato un appello al sindaco della città, Peppino Vallone, chiedendogli di respingere anche l’ipotesi lanciata qualche settimana fa dall’assessore regionale all’ambiente Franco Pugliano, in un incontro presso il Da sinistra: Enzo Zizza e Pino Greco Comune. L’ipotesi di Pugliano era, in sintesi, quella di abbassare l’altezza delle discariche “Farina Trappeto” e “Armeria”, fino al livello stradale, per lasciare libera, com’era una volta, la visuale verso il mare e di creare le opere di protezione in cemento armato solo sul livel- lo sottostante. Secondo Greco anche questa ipotesi, è da scartare perché: «Quelle discariche contengono materiali pericolosi, che vanno levati da lì. Le scorie si trovano anche molti metri al di sotto del livello stradale, quindi è inutile toglierne solo una parte. E’inutile anche ECONOMIA – ha denunciato Greco – isolarle con un muro di cemento armato, perché non faremmo che far slittare di qualche anno il problema dell’inquinamento, dal momento che l’erosione delle correnti marine non potrebbe garantire la tenuta delle opere previste, se non a co- sto di una manutenzione molto onerosa, che nessuno sarebbe in grado di garantire nel tempo». Ma cosa c’è, insomma, sotto la “passeggiata dei veleni”? I risultati delle analisi e dei campionamenti eseguiti da Syndial, ed esposti ieri da Greco, evidenziano presenza al disopra dei limiti consentiti di antimonio, piuttosto che di arsenico o di cadmio e cromo-esavalente, per non citare che alcuni dei metalli pesanti e delle sostanze chimiche, comprese nel lungo elenco delle sostanze pericolose presenti nelle discariche a mare e che provocano in città allarme ed apprensione. «Dalle analisi svolte – si legge nella relazione tecnica di Syndial - si può evidenziare una contaminazione elevata anche in alcuni campioni presi a profondità superiori ai 7-8 metri fino ad una profondità di circa 9 metri dal piano di campagna». “Fabbrikando l’avvenire” oltre che a protestare, ha chiesto ieri un tavolo di confronto con Eni, per discutere direttamente sulle modalità di bonifica da adottare nei siti inquinati. «Alcune tecniche indicate da Syndial, per bonificare i terreni, sono, secondo noi e secondo gli esperti, completamente inefficaci. Per esempio la cosiddetta “fitorimediazione”, è una tecnica che consentirebbe di disinquinare in molti anni un terreno, utilizzando le radici di alcuni alberi o arbusti, ma che è adatta solo dove la presenza di sostanze inquinanti è molto superficiale e non certo nel caso di matalli pesanti». Secondo Enzo Zizza, altro componente dell’associazione, esistono tecniche più efficaci per bonificare anche in situ i terreni compromessi, come il “soil washing”, una tecnologia di risanamento ex situ, in cui gli agenti inquinanti vengono rimossi dal suolo attraverso un lavaggio fisico del terreno, utilizzando tecniche di separazione della frazione fine del suolo (limo e argilla), cui è normalmente associata la maggior parte della contaminazione, dalla frazione “pulita” della ghiaia e della sabbia. Il vantaggio è che si riduce il volume di materiale inquinato, da sottoporre a ulteriori trattamenti o da smaltire in discarica. GENIO CIVILE Previste 90 assunzioni Niente servizio di vigilanza nell’ultimo trimestre 2011 Sulla (Pd) incalza APPUNTI E APPUNTAMENTI NOVANTA assunzioni previste, per il 63% di impiegati e professionisti qualificato, per il 22% di dirigenti e impiegati con elevata specializzazione e tecnica. Sono le previsioni per quarto trimestre 2011 dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Crotone, che hareso noti ii dati dell’ultima indagine campionaria realizzata da Unioncamere e dal Ministero del Lavoro nell’ambito del sistema informativo Excelsior. L’indagine contiene i dati sui fabbisogni occupazionali espressi dalle imprese per il periodo ottobre-dicembre 2011 e, come di consueto, fa riferimento alle entrate di personale dipendente a tempo indeterminato e a tempo determinato, anche a carattere stagionale, mentre non sono compresi i contratti di somministrazione (interinali). «Il contesto economico nazionale ed internazionale è ancora debole e la nostra provincia, con una previsione di Roberto Salerno solo 90 nuove assunzioni, sembra risentirne maggiormente - afferma il presidente dell’ente camerale, Fortunato Roberto Salerno - L’aumento del ricorso alla Cassa integrazione guadagni, d’altro canto, riflette una presenza di personale, all’interno delle imprese, in eccesso rispetto al fabbisogno e rappresenta una spia preoccupante sulle reali prospettive di sviluppo del territorio. Benché previsionali, tali dati consentono agli attori istituzionali di avere il ter- mometro della situazione per elaborare politiche idonee a fronteggiare le criticità relative al mercato del lavoro nella nostra provincia, valorizzando adeguatamente gli elementi positivi emersi dall’ultima indagine rispetto agli altri territori, quali l’aumento della richiesta di professioni ‘high skill’ e l’elevato ricorso ai contratti a tempo indeterminato». Le 90 nuove assunzioni programmate rappresentano un tasso di entrata pari a 5,5 assunzioni per ogni 1.000 dipendenti e collocano la nostra provincia in ottantunesima posizione nella relativa graduatoria nazionale. La quasi totalità delle assunzioni (80 unità), avverrà nel settore dei servizi e, più precisamente, 50 unità sono previste nel comparto del commercio, turismo e ristorazione, e 30 in altri servizi. Ad assumere maggiormente (55,5% dei casi) saranno le imprese con meno di 50 dipendenti. «CON la delibera n. 204 del 3 marzo 2010 («approvazione della Struttura del Dipartimento 9»), la Giunta regionale presieduta da Agazio Loiero, su proposta dell’assessore al Personale pro tempore, aveva istituito, nella provincia di Crotone, il servizio di vigilanza e controllo sismico e di supporto tecnico di protezione civile». L’ufficio del genio civile, insomma. È quanto ricorda il consigliere regionale del Pd Francesco Sulla Francesco Sulla, per poi domandare: «Qualcuno del Governo regionale può spiegare perchè mai, a distanza di oltre un anno e mezzo dall’approvazione della delibera in questione, Crotone continua ad essere, unica provincia della Calabria, priva di detto Servizio?» Ancora l’esponente del Pd: «La circostanza, com'è ovvio, produce un notevole disagio a cittadini, tecnici ed istituzioni che si vedono costretti, per porre in essere gli adempimenti previsti dalle normative sia nazionali che regionali, ad onerose trasferte a Catanzaro. Così com'è evidente l’importanza che il servizio riveste non solo in materia di lavori pubblici ed edilizia, ma anche di tutela delle acque e di progettazione e studio sui fattori di rischio sismico, geologico e idro- geologico, facilitando la possibilità di intervento e interazione fra la Regione e gli enti locali. Eppure si attende invano una risposta esaustiva. Ora, se c'è chi ha deciso, tra i rappresentanti istituzionali della provincia di Crotone, soprattutto a livello regionale, di fare come le tre scimmiette per non disturbare il governatorissimo, faccia pure. Ma i problemi della provincia di Crotone, questo assieme a tutti gli altri, incalzano e non è fingendo di non vederli che si risolvono. Personalmente – conclude Sulla – mi sono rivolto formalmente al Presidente della Giunta regionale ed agli assessori Domenico Tallini (Personale) e Giuseppe Gentile (Infrastrutture e Lavori Pubblici), ma ancora senza esito. Anzi alla mia interrogazione, più volte evitata dallo stesso question time, durante l’ultima seduta del Consiglio regionale si è risposto che la Giunta non è ancora attrezzata per fornire le attese motivazioni. Ma si può andare avanti così? Con l’Esecutivo regionale che ignora sistematicamente la provincia di Crotone ed il Consiglio regionale che non è in grado di far rispettare termini ed impegni concernenti le interrogazioni dei consiglieri?». Turtoro in concerto al circolo Arci Unità d’Italia oggi tre eventi Studentessa presenta il suo primo libro Reti di impresa un seminario IL SECONDOappuntamento live del circolo Arci "Lecentocittà" è con il cantautore Pompilio Turtoro, in concerto oggi dalle 21,30. Turtoro, appassionato di musica d'autore e di chitarra, inizia la sua carriera ascoltando le canzoni di Francesco Guccini e di Rino Gaetano, passando per De Andrè e i Nomadi. E' proprio grazie ai Nomadi, con i quali stringe una collaborazione come autore, che ha toccato il successo, coronando quello che era solo un sogno di fan. E’ autore, infatti, nel 1998 dei brani “Una storia da raccontare” e “Buonanotte ai sognatori”, contenuti nell’album “Una storia da raccontare” e, successivamente, nel 2002 del brano “Come un fiume” in “Amore che prendi amore che dai”. «COMPRENDERE quello che è stato non è un’operazione nostalgica, reazionaria o negazionista ma necessaria a trarre spunti per evitare gli errori (e gli orrori) del passato». Lo ha detto l’assessore regionale alla Cultura, Mario Caligiuri, presentando il sesto appuntamento, previsto per oggi, con la manifestazione “150 anni dell’Unità d’Italia. Le ragioni degli altri”, promossa dalla Regione. Tre eventi. Alle 18, nella sala Raimondi, incontro con Massimo Teodori, storico e saggista, autore del libro Risorgimento laico. L’incontro con l’autore sarà preceduto da una breve performance teatrale “La festa dell'oblìo”. Alle 21.30, sempre alla Raimondi, il concerto dei Coram Populo “Invito al ballo”. DOMANI, alle ore 18, presso la Casa della Cultura, Danila Giaquinta presenterà il suo primo libro dal titolo “Fai finta di non lasciarmi mai” (Csa Editrice). Si tratta di un racconto. Danila Giaquinta nasce a Crotone nel 1997, la stessa città dove attualmente vive. Fin da bambina manifesta interesse per la scrittura e la poesia ed è a soli otto anni che scrive il suo primo breve romanzo. È di recente che ha iniziato a scrivere con maggiore continuità. Frequenta il liceo scientifico e oltre alla scrittura è appassionata per la lingua inglese e le scienze. “Fai finta di non lasciarmi mai” è la sua prima pubblicazione. CONFINDUSTRIA Calabria e Confindustria Crotone hanno promosso un seminario sulle reti di impresa per oggi, alle 14, presso l’hotel Lido degli Scogli. Il tema è “Affrontare la crisi: le reti di impresa, uno strumento per crescere”. Il seminario sarà l’occasione per approfondire la disciplina del contratto di Rete istituito dalla legge 33/09 e scoprire i vantaggi ed i benefici per le aziende che aderiscono. I lavori del seminario saranno conclusi da Aldo Bonomi, vice presidente per le Politiche territoriali e distretti industriali di Confindustria e presidente di RetImpresa. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 40 Crotone 23 Venerdì 18 novembre 2011 REDAZIONE: corso V. Emanuele III, 58 - Vibo Valentia - Tel. 0963/471595- Fax 472059 -E-mail: [email protected] Cgil. Dopo che l’organizzazione non aveva firmato l’accordo con Confindustria Minacce ai lavoratori La denuncia del sindacato contro una azienda di autotrasporti Impianto spento Riattivare i semafori di zona Aeroporto di ANTONELLA FURCI di ANTONIO VERANO UNA conferenza stampa con particolari retroscena quella svoltasi nella sede della Cgil. Un incontro che era stato organizzato per determinati motivi che poi, per forza maggiore, ha lasciato spazio ad altre interlocuzioni. La Filt-Cgil, infatti, giorni fa aveva indetto un incontro con la stampa per esporre le motivazioni riguardo il suo “no” al famoso accordo quadro per il settore autotrasporti merci provinciale, firmato da Confindustria solo con Cisl e Uil. Invece, altri risvolti si prospettano all’orizzonte. Si tratta di scenari “sconcertanti”, secondo la definizione usata dal segretario provinciale della Cgil di Vibo, Francesco Garufi. Durante la conferenza stampa tenutasi presso la sede del Camera del Lavoro vibonese, infatti, il segretario ha dato notizia, con toni alquanto seri, d’una “imbarazzante e triste situazione”, che si sarebbe venuta a creare proprio il giorno prima della conferenza stampa. Risvolti, poi, che “potrebbero avere tutti i presupposti per aprire un contenzioso giudiziario” secondo quanto, a loro volta, hanno dichiarato i legali sindacali della Cgil, Gaetano Servello e Angela Di Rienzo. In base a quanto gli stessi hanno riferito, “si starebbero per avviare le procedure per presentare degli esposti agli organi giudiziari”. Una presenza, quella degli avvocati, che sin dall’inizio dell’incontro di ieri, preannunciava una delicata vertenza, almeno per il palpabile clima che si avvertiva nella sala del sindacato confederale vibonese. Tuttavia, per cercare di inquadrare la situazione, bisogna ricordare il fatto che, circa una settimana fa, fu siglato l’accordo quadro provinciale sugli autotrasporti merci tra Confindustria, Ci- VERRANNO riparati? Verranno sostituiti con delle rotatorie? Quando interverranno gli enti competenti per mettere in sicurezza la strada? Oggetto di non poche domande e lamentele è il mancato funzionamento di parecchi semafori presenti sulla statale 18 nei pressi della frazione Vena Superiore. Un'arteria significativa per il collegamento con il capoluogo, molto trafficata e con presenza di incroci molto pericolosi. Innumerevoli auto, camion, autobus di linea extraurbana, infatti, percorrono quotidianamente questo tratto di strada. Ciò non è sufficiente, tuttavia, a mobilitare, anche temporaneamente, i vigili urbani per disciplinare il traffico e riportare in sicurezza la statale. Optare per la rimozione degli impianti semaforici, sostituendoli con la realizzazione di rotatorie, sicuramente assicurerebbe lo snellimento del traffico e nel giro di pochi anni, l'ente di competenza e soprattutto i cittadini, andrebbero a risparmiare sui costi di sostentazione del servizio e sulla manutenzione. Ovviamente una soluzione deve essere necessariamente trovata perché non è peregrina la possibilità che si possa. verificare un incidente stradale, anche di gravi conseguenze. Non è tollerabile un tale disservizio in una strada così importante. Urge, pertanto, un immediato intervento delle istituzioni nei siti critici per riportare serenità e l’adeguata sicurezza ai cittadini e agli automobilisti. Il neosegretario Franco Garufi e diversi altri iscritti e dirigenti durante l’incontro sl e Uil. A tal riguardo il segretario regionale della FiltCgil Nino Costantino (Vibo Valentia ancora non ha nominato il suo segretario provinciale) ha rilasciato delle dichiarazioni in merito alle decisioni prese dal suo sindacato. Dichiarazioni alle quale inevitabilmente sono susseguite quelle degli altri due segretari provinciali del settore di Cisl e Uil, Vincenzo Pagnotta e Antonello Corigliano. Un botta e risposta, in pratica, durata qualche giorno e che, per chiarire meglio la posizione del suo sindacato, aveva indotto il segretario regionale FiltCgil, Nino Costantino, a indire la prevista conferenza stampa, attesa appunto per fare chiarezza in merito ai motivi che avevano portato la categoria della Cgil a non sottoscrivere l’accordo in questione. Un chiarimento, in realtà, che ieri mattina è stato mes- Paventata la loro perdita del posto so poi in secondo piano, visto le novità che sono state introdotte. La vicenda riguarderebbe ora, secondo quanto hanno affermato i segretari Filt Costantino e Cgil Garufi, “gravi fatti accaduti il giorno prima all’internodi una azienda di autotrasporti locale, dove il datore di lavoro pare abbia, attraverso toni minacciosi, avvisato alcuni dei dipendenti, quelli che avrebbero una delega sindacale della Cgil, di un loro prossimo e imminente licenziamento. Adducendo una motivazione diversa di quella reale con una del tutto ufficiosa riguardante la diminuzione del personale”. Una rappresentazione questa che, secondo i lavoratori intervenuti durante la conferenza stampa, con i sindacalisti e i legali Servello e Di Rienzo, “potrebbe rappresentare un’azione antisindacale e discriminatoria”. Tesi che, naturalmente andrà dimostrata legalmente dopo una eventuale denuncia tuttavia ancora non avvenuta. Ma da ciò ch’è stato det- to durante la conferenza stampa, per via di una registrazione che avrebbe effettuato uno dei dipendenti nel corso del colloquio con i dirigenti dell’azienda, si ipotizzano iniziative del genere. Un fatto questo che per Garufi, Costantino e gli avvocati del sindacato “una situazione sconcertante che riporta indietro di almeno 50 anni le condizioni lavorative. Un gesto che – ha continuato il segretario Garufi – richiamerà l’attenzione della Cgil nazionale, poiché si sospetta che non fosse l’unico caso esistente in aziende calabresi”. Situazione comunque che, come annunciato dagli avvocati Servello e Di Rienzo “avrebbe tutti i presupposti per far scattare una procedura penale, in quanto vi sarebbero i comportamenti discriminatori antisindacali e quindi tutte le condizioni per far avviare la denuncia per lesione dei diritti sindacali”. Dunque, un “fatto increscioso” sottolineato sempre da Franco Garufi e Nino Costantino, i quali tra l’altro hanno sostenuto che la vicenda potrebbe prendere anche una piega in termini di etica sindacale”. Comunque sia, ha continuato Garufi “considero Confindustria un’organizzazione seria e per tale motivo porgo ad essa l’invito di prendere provvedimenti per determinati incresciosi comportamenti che sarebbero stati assunti da parte di alcuni suoi associati”. “Una difficile e spiacevole situazione” per la quale ha espresso amarezza anche Nino Costantino che, oltre ad aver chiarito i presupposti “per i quali la Cgil è stata messa nelle condizioni di non poter firmare l’accordo quadro, ha anch’egli denunciato lo spiacevole accaduto che riconduce le relazioni sindacali in uno stato antecedente allo statuto dei lavoratori”. Concludendo, i legali del sindacato hanno infine, sostenuto che a tal punto predisporranno l’avvio delle procedure per presentare all’autorità giudiziaria la denuncia in base all’articolo 28 dello statuto”. CGIL/2 DURANTE la conferenza stampa tenutasi presso la Camera del Lavoro territoriale di Vibo Valentia, Nino Costantino ha rilasciato, prima che l’incontro prendesse un’altra piega, alcune precisazioni che andrebbero a contraddire precedenti affermazioni dei due segretari Cisl e Uil. Affermazioni sempre in risposta a quanto dichiarato in una nota scritta da Costantino, relative alla non condivisione della Cgil all’accordo quadro provinciale sottoscritto da Confindustria con Fit-Cisl e Uiltrasporti vibonesi. Un accordo, ha detto replicando quanto si è già scritto la scorsa settimana, che tende a disciplinare e regolare orari e retribuzione di uno dei settori degli autotrasporti merci riguardante le mansioni discontinue. Cioè, orari e trasferte ,già regolati dall’articolo 11 e 11bis del Ccnl (Contratto collettivo nazionale di lavoro), che derogano ap- Nino Costantino replica a Cisl e Uil Sull’intesa tra le due organizzazioni e l’associazione degli industriali punto la materia del lavoro in trasferta e del compenso straordinario. Nei giorni scorsi, Pagnotta e Corigliano avevano espresso il loro disappunto su quanto affermato da Costantino, sottolineando che «spiace veramente dover chiedere noi al segretario regionale della Filt Cgil dov’era la sua organizzazione sindacale durante l’anno di confronto in merito all’accordo stesso, nonostante i vari inviti fatti da Confindustria». In più aggiunsero anche un'altra questione riguardante il fatto che Filt Cgil contestava «due punti dell’Accordo (5a-5b aziendale o pluriaziendale) che sono gli stessi punti riportati in altri accordi quadro, che la sua orga- La sigla dell’accordo per gli autotrasportari tra Confindustria, Cisl e Uil nizzazione sindacale – riferivano i due segretari - ha sottoscritto in altre regioni o province (vedi accordo quadro merci regione Marche e provincia di Modena, ecc.)». Per tutta risposta, all’incontro con la stampa presso la sede della Cgil provinciale, tenutasi appunto ieri mattina, Nino Costantino ha ribadito a sua volta che «per quanto riguarda l’accordo che il suo sindacato avrebbe firmato nella Regione Marche, i soggetti firmatari riguarderebbero la Confartigianato e la Cna». Mentre per quanto riguarda l’affermazione di ipotetici e più inviti, il segretario ha poi sottolineato che «la Filt Cgil in realtà avrebbe ricevuto un solo invito e perciò sarebbe stata lasciata al di fuori delle trattative». E concludendo, «l’accordo aggirerebbe, comunque, quanto stabilito dal Ccnl nei punti in questione». a. f. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Vibo Nasty embassy. L’operazione ha portato all’arresto di Andrea Mantella e dei suoi sodali La forza intimidatrice del gruppo Il titolare dell’autosalone del capoluogo vittima di una presunta estorsione di GIANLUCA PRESTIA “NASTY embassy”, letteralmente cattiva ambasciata, nasce dalle rivelazioni del collaboratore di giustizia Samuele Lo Vato che, insieme ad Andrea Mantella, si trovava nella clinica privata “Villa verde” di Donnici, nel Cosentino. È lui, in sostanza, a riferire al capo della Squadra Mobile di Catanzaro Rodolfo Ruperti della visita del titolare di un noto autosalone di Vibo, proprio a Mantella il quale lo aveva convocato per chiarire alcuni aspetti della vicenda relativa al recupero di un bonus di 20.000 euro dopo aver simulato il furto della sua Bmw, sottoposta a sequestro. E dal colloquio con il capo della Mobile di Catanzaro emerge (come del resto riferiamo nelle pagine regionali) che l’imprenditore si era presentato presso la struttura portando una confezione di dolci . Un gesto «di cortesia», secondo quanto scrive il gip Tiziana Macrì, «dimostrativo della forza intimidatrice del gruppo di Andrea Mantella che convoca l’imprenditore per farsi portare dei soldi a titolo estorsivo». Sempre il gip rileva che l’imprenditore è talmente assoggettato da assumere un comportamento omertoso davanti agli investigatori i quali ritenevano la loro versione dei fatti non veritiera. Una soggezione psicologica tale che con- Questa sera in scena il Bafoulabe Group I suoni dell’Africa di DAVIDE MIRABELLO La conferenza stampa relativa ai cinque arresti sente al gruppo di assoggettare l’attività economica della vittima e che si evidenzia, riporta ancora il gip nell’ordinanza, nella vicenda relativa alla “Pubbliservice Sud” e dalle diverse compravendite di auto da parte di presunti soggetti affiliati le quali «vengono prima cedute ad un prezzo apparentemente inferiore rispetto a quello di mercato e poi, quando non viene saldato il corrispettivo della vendita, l’imprenditore non sia attiva civilmente per recuperare quanto gli La convocazione dell’imprenditore a “Villa Verde” spetta, subendo passivamente l’ulteriore danno economico ed l’azione estorsiva». Azione condotte «apparentemente con il ricorso ad un metodo meno consueto e con un fine, per così dire strategicamente “amichevole”, privo di atti criminali eclatanti tali da provocare l’attenzione delle forze dell’ordine». Un comportamento astuto che non sarebbe fallito in quanto il gruppo, che «dimostrava di aver acquisito sul territorio vibonese una supre- mazia estorsiva molto raffinata», poteva fare affidamento sulla «forza di intimidazione del vincolo associativo e dal timore di subire ritorsioni». E così, spiega ancora il gip Macrì, il gruppo «capeggiato da Andrea Mantella dimostra di aver già raggiunto quella fase avanzata tipica delle associazioni mafiose che gli permette di creare condizioni di soggezione psicologica ed omertà, sfruttando la carica intimidatoria già conseguita dal sodalizio». Il solo nome incuteva paura tra le vittime In relazione a un fermo amministrativo “CANTANO in lingua mandinka lo stupore davanti alla creazione divina, i valori dell'amicizia e della saggezza, l'importanza di aiutarsi gli uni con gli altri e la speranza per un destino che appaghi. Musica che viene da lontano e che arriva nel profondo, gioia di vivere con misteriosa semplicità”. E' questo lo scopo del progetto del Bafoulabe Group, che approda oggi a Vibo, e si esibirà per la prima volta in Calabria. Infatti questa sera le Bafoulabe Group suoneranno presso il Vicolo Live Club, sito in via Scesa Spirito Santo, a partire dalle ore 22,30. Al progetto partecipano musicisti e griot (termine di origine francese che nel nostro italiano corrisponde alla parola “cantore”) provenienti dal Senegal, dalla Guinea e dalla Gambia, che portano con sé le loro storie, i loro strumenti e la loro musica. Bafoulabe simboleggia “l'incontro tra persone e culture diverse, un incontro che genera un tesoro più grande senza che identità e valori si perdano”. Le Bafoulabe Group è formato da quattro musicisti: Madya Diebate, Naby Camara, Djibril Gningue, Ady Thioune, e due ballerine. I componenti del gruppo sono tra i migliori musicisti africani residenti in Italia, vantano esperienze in tutta Europa anche in campo teatrale. Essi propongono un repertorio di musica tradizionale mandinga, epica e con storie tramandate dai griot di padre in figlio, che narrano dell'Impero del Mali e dei suoi eroi. La loro può essere considerata come la musica classica dell'Africa dell'Ovest interpretata dai migliori musicisti africani residenti in Italia. Il suono del basso elettrico afrofunk, quello delle percussioni bougaurabou come se fossero conga cubane, le melodie avvolgenti della kora e quelle del balafon accompagneranno l'ascoltatore in uno spettacolo travolgente di ritmi e musica africana. Ascoltare Bafoulabe Group, perciò, è come immergersi nelle atmosfere e nelle suggestioni d'Africa, un percorso che è arrivato dall'Antico Continente fino a noi, e che stasera permetterà anche ai vibonesi di respirare un po' di quella musica e quel clima che stanno all'origine della nostra Storia. Protagoniste dodici donne vittime di incidenti Martino (Udc): «Per una pratica Calendario per sensibilizzare bisogna andare fino a Reggio» gli infortuni sul lavoro di BRUNO GRECO PER la risolvere una pratica di "fermo amministrativo" bisogna recarsi a Reggio Calabria. Ecco un'altra lacuna esistente all'interno dell'assurdo sistema burocratico calabrese. Il giovane esponente dell'Udc vibonese Marco Martino, referente del partito nella vasta zona dell’Alto Mesima, porta alla luce un altro fatto increscioso riguardante la triste macchina burocratica della provincia di Vibo. «Stanchi, straziati e sfiniti esordisce nel suo comunicato Martino - Sono questi i termini adatti a descrivere gli stati d'animo dei sempre più numerosi cittadini provenienti da tutta la provincia di Vibo Valentia che,per un motivo o perl'altro, sono costretti a recarsi a Reggio Calabria per risolvere il problema del bollo non pagato o spesso della ricevuta smarrita anche se a suo tempo il tributo era stato versato». In poche parole, non esiste un ufficio in tutta la provincia né nella città capoluogo, utile ai cittadini per risolvere una pratica di fermo amministrativo. Per far fronte a questa incombenza, i residenti nella provincia di Vibo devono recarsi a Reggio Calabria, in un «ufficio per giunta angusto - sostiene Martino - ubicato in via Santa Caterina, di difficilissimo accesso e dopo Marco Martino (Udc) aver percorso circa due ore di viaggio in un tratto di autostrada che ricorda il famoso titolo dell'opera di Primo Levi "Cristo si è fermato ad Eboli"». Paradossalmente, piuttosto che risolvere in modo razionale delle semplici questioni burocratiche, ai vibonesi si chiede di affollare la già collassata A3, per raggiungere un ufficio in un'altra provincia a due ore di distanza e sopportando oltretutto il caro-benzina, grossissimo ostacolo economico per la maggior parte dei nuclei familiari che in tutto il territorio provinciale stentano ad arrivare a fine mese. Alla già tanto complicata premessa, secondo quanto afferma il giovane esponente dell'Udc, si aggiunge «l'impossibilità degli uffici preposti a dare le dovute risposte in poche ore di tempo a disposizione, quando ad attendere vi sono decine e decine di persone». Si comprende quanto appena detto dagli orari di ricevimento al pubblico affissi nei locali dell'ufficio tributi di Reggio Calabria, previsti per lunedì mattina, mercoledì pomeriggio e venerdì mattina. Pochissime ore settimanali per far fronte alle esigenze di due province nonché di quasi 150 comuni. Date le poche ore di ricevimento settimanali, è molto probabile quindi che al danno segua la beffa, nel caso in cui un utente sia costretto a ritornare presso i suddetti uffici reduce dall'esperienzadi non essere stato ricevuto. Si chiede quindi Martino: «Perché non istituire un ufficio ad hoc presso Vibo Valentia città capoluogo? Questo - continua l'esponente dell'Udc che lancia un appello a Talarico e Bruni esortandoli a presentare un’interpellanza in consiglioregionale- nonsoloper evitare i disagi e le peripezie di cui abbiamo parlato, ma sopratutto per il fatto che, da come ci risulta, nella città di Vibo Valentia vi è una numerosa presenza di uffici e dipendenti regionali». di DANILA TAVELLA GLI infortuni sul lavoro ancora oggi sono tanti, troppi e il più delle volte hanno conseguenze catastrofiche. Anmil ed Inail da sempre si battono affinché i luoghi di lavoro siano il più sicuri possibili ma, ciò non toglie che il cammino lungo il sentiero della sensibilizzazione sia ancora lungo. Proprio a questo proposito Anmil ed Inail, in collaborazione con Miss Italia hanno creato un calendario foto-biografico dal titolo “Donne che vincono”. Autrice degli scatti la fotografa italiana Tiziana Luxardo. Dodici le donne immortalate dalla Luxardo, altrettante le loro storie di donne tenaci, donne colpite duramente da un incidente sul luogo di lavoro che hanno dovuto rivedere tutta la loro vita, i loro sogni il loro rapportarsi con gli altri e il loro ruolo all'interno della famiglia. Accanto e insieme a loro altre dodici giovani donne che hanno raggiunto il sogno di diventare Miss nel concorso più prestigioso del nostro Paese. Due mondi che si incontrano e si uniscono con il comune obiettivo, di raccontare, attraverso immagini e storie, una dura realtà che può colpire chiunque e in qualsiasi attività lavorativa. Questa iniziativa, nata in collaborazione con Michele Caridà l'Inail e che ha visto il presidente della Miren (la società che organizza il concorso di Miss Italia) Patrizia Mirigliani, vuole portare alla consapevolezza che «per contrastare il fenomeno degli infortuni sul lavoro servono volontà, determinazione e impegno allargati e condivisi, ma per far conoscere i risvolti nella vita di una donna all'indomani di un infortunio sul lavoro dove al danno si aggiungono fattori di discriminazione che influiscono nella sfera sociale e lavorativa, è determinante avvalersi di sinergie straordinarie». Gli scatti - tutti rigorosa- mente in bianco e nero - hanno visto dodici donne comuni unite da un comune denominatore, il coinvolgimento in un incidente sul lavoro, ritratte insieme a dodici titolate con fascia compresa la vincitrice di Miss Italia Stefania Bivone, che hanno voluto dare il loro personale contributo per richiamare l'attenzione su un tema di cui si dovrebbe parlare molto di più. Del lancio del calendario si dichiara orgoglioso anche il presidente provinciale Anmil di Vibo Valentia Michele Caridà che ha affermato come «proprio grazie alla partnership con Miss Italia e a tutte le donne infortunate sul lavoro che ci hanno sostenuto in questa iniziativa da tutta Italia, abbiamo realizzato oggi un Calendario 2012 dal titolo emblematico, “Donne che Vincono”, in cui abbiamo voluto accostare mondi apparentemente lontanissimi in una sorta di solidarietà femminile per rendere loro un omaggio denso di significato». Il risultato è un prodotto straordinario arricchito da brevi racconti delle protagoniste scritti dalle giornaliste Loredana Quatrini e Nadia Zicoschi oltre che da alcune 'pillole' in tema di prevenzione degli infortuni. Il calendario, stampato in diecimila esemplari, verrà distribuito gratuitamente. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Vibo 25 Venerdì 18 novembre 2011 Provincia Venerdì 18 novembre 2011 Serra. Attivista delle reti civiche in difesa del territorio Serra. All’imprenditore Intimidazione a Sergio Gambino un proiettile di lupara davanti casa Piena solidarietà dall’assessore provinciale Valenzisi SERGIO PELAIA SERRA SAN BRUNO - Un messaggio intimidatorio tanto inequivocabile quanto vile: un bossolo di lupara appoggiato sulla soglia di casa. Destinatario: Sergio Gambino, figlio del compianto scrittore Sharo. Artista poliedrico e vignettista, Gambino è impegnato da anni in diverse battaglie politiche, sociali e culturali in difesa del territorio e a favore della legalità. Ieri mattina intorno alle 7,30, mentre si apprestava ad uscire di casa per recarsi al lavoro, Gambino ha trovato il proiettile appoggiato in posizione verticale sulla soglia della casa in cui abita con la moglie e con il figlio Sharo jr., di appena tre anni. Il destinatario dell'intimidazione ha immediatamente allertato gli uomini del locale commissariato di Ps, guidati dal dirigente Domenico Avallone e coordinati sul campo dall’ispettore Vito Coccoglioniti, che si sono subito recati sul posto per effettuare i rilievi del caso e dare il via alle relativeindagini. Intanto,appena si è sparsa la voce, nella cittadina della certosa ed in tutta la provincia si è levato un coro unanime di indignazione e di solidarietà nei confronti del figlio dello scrittore che più di ogni altro ha raccontato la difficile realtà della Calabria che sta ai margini, delle piccole comunità delle zone interne e dell'oppressione malavitosa che da anni domina il territorio. Negli ultimi tempi Sergio Gambino si è impegnato in battaglie civili come quelle per l'acqua pubblica e la salvaguardia degli ospedali di montagna. Il suo è un ruolo di primo piano all'interno dei comitati civici e della rete dei movimenti in difesa del territorio: oltre ad essere uno dei fondatori dell'associazione culturale “Il Brigante” che Sergio Gambino e il commissariato di Serra i cui uomini stanno seguendo le indagini sull’intimidazione da 20 anni opera nelle Serre, Gambino è anche un militante della Rdt “Franco Nisticò”, componente del Comitato civico Pro-Serre e membro del costituendo circolo locale di Sinistra Ecologia e Libertà. Oltre all'impegno civico, l'unico figlio maschio dell'autore di “Sole Nero a Malifà”, si diletta anche in componimenti satirici che pubblica su Facebook sotto il profilo di Ulucci Alì, che è lo pseudonimo con cui si identifica un collettivo di scrittura di cui Gambino fa parte. La sua satira, molto seguita, è pungente e diretta, provocatoria, ha come bersaglio principale le devianze della politica calabrese e si caratterizza per un'esplicita connotazione antimafia. D'altronde in questo Sergio segue le orme del padre, che fu il primo, negli anni '70, a scrivere di 'ndrangheta - un fenomeno fino ad allora considerato più antropologico che criminale, relegato nell'ambito delle manifestazioni del folklore locale - e che Vignettista impegnato in politica fece scuola con “La mafia in Calabria”, premio Sila 1976. Sergio dal canto suo, già da giovanissimo, nel 1990, ha realizzato una mostra di vignette sulla 'ndrangheta dal titolo “A colpi di lupara”, che ha incassato il primo premio “Il Pino d'oro” per la vignettistica. Negli anni ha collaborato, sempre come vignettista, con varie riviste a diffusione regionale e nazionale, ed ha inoltre curato le illustrazioni del libro del padre “Vi racconto la mafia”, un'interessantissima opera sulla 'ndrangheta destinata agli alunni delle scuole medie. Da qui a breve, inoltre, uscirà un volume cheraccoglie lesue vignette sulla mafia calabrese, dal titolo “Ccà e fora di ccà”, con la prefazione del noto giornalista Antonio Nicaso. Il progetto più recente di cui Gambino fa parte insieme ad alcuni cronisti locali, infine, è un giornale online, «una bottega artigiana di informazione e cultura», che si chiama Il Vizzarro e che avvierà le pubblicazioni in questi giorni. Il destinatario del vile atto intimidatorio di ieri mattina ha fatto sapere che l'episodio «può riguardare solamente l'impegno del nostro gruppo nel sociale; la cosa che avvilisce - aggiunge Gambino - è che anche se si tratta, com'è possibile, di una bravata, è purtroppo chiaro che ormai la mentalità omertosa e il modus operandi della 'ndrangheta ha permeato la nostra società in maniera asfissiante. Ad ogni modo - ha concluso - le nostre battaglie sociali e politiche non subiranno alcuna battuta d'arresto, anzi proseguiranno in maniera ancora più incisiva di come è stato fino ad oggi». La cittadina della certosa, intanto, si scopre teatro di episodi molto preoccupanti nella stessa notte è stata devastata una palestra scolastica che mai prima d'ora si erano verificati in un paese che, fino a pochi anni fa, era considerato un'isola felice. «Il mio ruolo nel sociale non si esaurirà» SERRA SAN BRUNO - Non re la violenza e la sopraffasi sono fatti attendere gli zione mafiosa che sta soffoattestati di solidarietà indi- cando la nostra società». rizzati a Sergio Gambino Su questa base l’esponente dopo l'intimidazione subi- della giunta provinciale del presidente Francesco ta nella mattinata di ieri. «L’attentato intimidato- De Nisi ha inteso esprimere rio contro Gambino - ha «la mia solidarietà a Sergio scritto in una nota l’asses- Gambino e a tutti quegli sore provinciale Rosellina imprenditori onesti che Valenzisi - è un atto contro hanno subito attentati nel tutti gli uomini liberi della corso di questi mesi». Anche la Federazione nostra terra. Il messaggio che si manda è quello del provinciale di Rifondaziofarsi gli affari propri, del ne Comunista ha espresso non disturbare la quiete so- la propria «piena solidarieciale dietro cui spesso fer- tà e vicinanza a Gambino, vono affari e interessi. Si- vittima di un atto intimidatorio da parte di lenzio e omerignoti i quali, tà, questa è la ancora una volregola che si ta, pretendono vuole imporre. che la Calabria E tutti quelli rimanga in siche non vogliolenzio di fronte no piegarsi a alle problematiquesta logica che che attanavanno colpiti e gliano la nostra intimiditi». amata terra, Per l’assessosempre più sotre provinciale to le grinfie del«ormai a nola criminalità stra provincia e organizzata». la nostra regioSergio Gamne vivono in bino, infatti, uno stato di «come tanti alviolenza conti- Rosellina Valenzisi tri giovani comnua. Attentati, intimidazioni, omicidi, è pagni e compagne - è il comun susseguirsi di violenze mento del Prc vibonese - è e di soprusi. La mafia non tra i promotori di iniziative può consentire che vi siano quali la protesta alla diga attività economiche, com- dell’Alaco per fare luce sui merciali, artigiane, im- motivi per i quali l'acqua, prenditoriali, in cui non vi da anni, risulta essere masia il proprio controllo e il leodorante; le campagne di proprio condizionamento. sensibilizzazione durante Si è creata nel corso degli il referendum su acqua, anni una micro criminalità nucleare e legittimo impespietata e spavalda diffusa dimento e la lotta contro la su tutto il territorio provin- paventata chiusura dell'ociale. Va apprezzato il lavo- spedale di Serra San Bruro svolto nel corso di questi no. Come Prc, dunque, siaanni dalla Procura della mo vicini a Sergio e lo inviRepubblica di Vibo Valen- tiamo a continuare nella tia, dalla Prefettura e dalla lotta per la difesa dei nostri Questura che spesso devo- diritti. Allo stesso tempo, no affrontare problemi di però, speriamo che le forze carenza degli organici, di dell'ordine facciano luce mancanza di strumenti e di sull'accaduto per individuare i responsabili di un fondi economici». Inoltre, «le istituzioni de- gesto alquanto deplorevomocratiche possono e devo- le». no fare di più nel contrastas. p. L’uomo è imputato nel processo “Sfrontati” La denuncia di una cittadina di Vibo Valentia Per Giulio Castagna «Ai test di prevenzione cade l’aggravante contro il cancro delle modalità mafiose non si rispetta la privacy» ANCHE per Giulio Castagna, viene meno l’aggravante delle modalità mafiose. Così come avvenuto nei confronti di Salvatore Bonavota, del quale abbiamo riferito nell’edizione di ieri, anche riguardo all’altro imputato nel processo “Sfrontati” su una presunta usura ed estorsione ai danni di un commerciante e della sua compagna, il Tribunale del Riesame ha accolto l’istanza presentata dai sui legali (gli avvocati Salvatore Staiano e Salvatore Sorbilli) e datata 8 novembre scorso. Analogamente al caso di Bonavota, in prima battuta altri giudici del Riesame avevano respinto la richiesta inducendo i rappresentanti del 43enne a presentare ricorso alla corte di Cassazione che aveva annullato la sentenza con rinvio ad altra sezione del Tdl di Catanzaro il quale, appunto, avrebbe dovuto pronunciarsi nuovamente. E, appunto, nei giorni scorsi, la decisione che alleggerisce l’accusa a carico dell’uomo nel processo in cui risulta imputata una terza persona (Gianfranco Russo, difeso Giulio Castagna dagli avvocati Vincenzo Gennaro e Sergio Rotundo). Il 30 ottobre scorso Giulio Castagna aveva lasciato il carcere di Catanzaro-Siano dove si trovava ristretto dal novembre del 2010 in seguito all’operazione della Squadre Mobili di Vibo e Catanzaro, per far ritorno nella sua abitazione, però, in regime di domiciliari su decisione del del tribunale di Vibo Valentia (presidente Giancarlo Bianchi, Giudici Manuela Gallo e Alessandro Piscitelli) che aveva, così, accolto l’istanza presentata sempre dai due legali del 43enne. gl. p. SI dice indignata per un’organizzazione che non tiene minimamente contro delle più elementari norme sulla privacy. A gridare tutta la sua rabbia è la signora Maria Iannuzzi che, come molti altri cittadini vibonesi, ha aderito alla campagna per la prevenzione contro i tumori all’intestino, promossa dall’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia. Un’iniziativa meritoria che, tuttavia, secondo l’utente, andava organizzata in modo civile, soprattutto per quanto riguarda le modalità di consegna delle provette. «Ci hanno detto che i campioni delle feci dovevamo consegnarli - al Consultorio familiare. Seguendo le indicazioni alle lettere mi sono recata nel luogo convenuto per la raccolta delle provette. E qui la mia sorpresa. Nell’atrio esterno dell’edificio su un tavolino era sistemato in contenitore facilmente apribile dall’alto e una scatola in cui dovevano essere rilasciate le schede con i dati personali. Prati- u TANTI AUGURI ⊳ ...a FEDERICA CICCONE venuta al mondo per allietare mamma Tina, papà Francesco e la sorellina Giulia. “Cara Federica, ti auguriamo un mondo di bene e siamo felici di accoglierti nella nostra famiglia. Vederti crescere sarà una delle cose più belle e il nostro affetto ti accompagnerà lungo il tuo cammino”. Da tutti gli zii e in particolare da Roberto e Daniela, Antonio e Milena Giuseppe e Nunzia e dai nonni Italia, Concetta e Pasquale a ROCCO COLAFATO «In questo giorno importante voglio farti un augurio speciale, proprio come te! Buoncompleanno amore mio»! La tua Rossella Cutrullà La sede dell’Asp di Vibo camente, tutto in luogo pubblico e senza nessuna sorveglianza». Da qui la domanda: «Chiunque potrebbe agevolmente ai dati di chi ha deciso di aderire alla campagna o magari sostituire l'etichette alle provette. Davvero una vergogna. E' inutile intraprendere iniziative del genere quando poi si vanificano con un’organizzazione a dir poco discutibile». Queste le considerazioni finali della signora Maria Iannuzzi, che noi giriamo al management aziendale. n. c. aVITTORIO che compie 24 anni. «Ogni anno ho sempre cercato di sorprenderti in maniera diversa... Beh, questa volta ho scelto di farlo così! Spero di esserci riuscita. Ti auguro di avere la forza di affrontare giorno dopo giorno, passo dopo passo, il cammino che ti porterà a raggiungere le vette più alte di quella montagna chiamata “felicità”. Buon compleanno amore mio, la tua Rossana u PRONTO SOCCORSO ⊳ OSPEDALE JAZZOLINO Pronto soccorso 962235 Centralino 962111 Portineria Suem 962337 118 - 962518 Rianimazione 962230 962229 Posto di polizia 962238 GUARDIE MEDICHE Vibo Valentia 118 096341774 Ambulanze Croce Rossa Italiana 43843 Socc. V. Baldo 472079 FARMACIE CENTRALE c.so Vittorio Emanuele DEPINO piazza San Leoluca BUCCARELLI via Popilia MARCELLINI via Toscana, 6 MONTORO Via Luigi Razza, 66 42042 42183 592402 572034 41551 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 28 Vibo 9 Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011 Calabria . CATANZARO Svolta nell’inchiesta sulla discarica: finanzieri e carabinieri arrestano in tutt’Italia i vertici della Enertech. Contestati reati ambientali e fiscali Finisce in carcere il “re della spazzatura” Chiesta l’interdizione dai pubblici uffici per il commissario Melandri. Tra gli indagati l’assessore Pugliano Giuseppe Lo Re CATANZARO La mega-discarica comprensoriale di Catanzaro era stata sequestrata un mese fa, sigilli erano stati apposti a beni per 90 milioni di euro già da tempo e gli avvisi di garanzia, con relativi interrogatori, erano partiti ormai da settimane. Ma ieri l’inchiesta sull'impianto di Alli ha segnato una vera e propria svolta, forse l’ultimo atto, con l’esecuzione di 5 ordinanze di custodia cautelare (due in carcere e tre ai domiciliari), un nuovo sequestro di beni per circa 12 milioni di euro, una raffica di perquisizioni e soprattutto la richiesta d’interdizione dai pubblici uffici a carico del commissario delegato per l’emergenza rifiuti in Calabria, il generale Graziano Melandri, e due funzionari del suo ufficio. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata ieri mattina dai militari della Guardia di Finanza e dai Carabinieri del Noe di Catanzaro al proprietario della società Enertech, Stefano Gavioli, 54 anni, di Venezia, vero e proprio “colosso” nel settore dei rifiuti in Calabria, e al direttore tecnico della stessa società, Loris Zerbin, 50 anni, di Campolongo Maggiore (Venezia). Hanno ottenuto invece i domiciliari l’amministratore di una delle società del gruppo Enertech, Giovanni Faggiano, 52 anni, di Brindisi, l’avvocato e consulente giuridico del gruppo societario Giancarlo Tonetto, 56 anni, di San Donà di Piave (Venezia), ed Enrico Prandin, 49 anni, di Rovigo. Un commercialista e un tecnico della Eneterch - Paolo Bellamio, 57 anni, di Padova e Antonio Garrubba, 46, di Crotone - sono stati invece sottoposti all’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria (per Garrubba, come evidenzia l’avv. Aldo Truncè, «il gip ha rilevato la mancanza di gravi indizi di colpevolezza»). Chiesta l'interdizione, infine, per il commissario Melandri, 57 anni, di Brisighella (Ra), e per i funzionari Domenico Richichi, 41 anni, di Reggio Calabria e Simone Lo Piccolo, 29 anni, di Palermo. Risulta solo indagato - ma a suo carico non è stato adottato alcun provvedimento - l’assessore regionale all’Ambiente Francesco Pugliano, 56 anni, di Rocca di Neto (Crotone), finito nell'inchiesta nelle vesti di ex commissario per l’emergenza ambientale. Ai destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare vengono contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale ed alla violazione delle norme ambientali. L’inchiesta parte dai due filoni venuti alla luce tra lo scorso mese di agosto e quello di settembre, quando furono rilevate prima un’imponente evasione fiscale che sarebbe stata messa in piedi dai vertici della Enertech, la società che fino alla recentissima rescissione del contratto gestiva la discarica di Alli di Catanzaro, poi il presunto sversamento di percolato nel fiume Alli che scorre a fianco della discarica e sfocia dopo appena un chilometro nel mar Jonio. Nel provvedimento di ieri sono richiamate le contestazioni fiscali (non sarebbero state pagate imposizioni fiscali per milioni di euro) e ambientali (definite d’incalcolabile entità dalla magistratura), arricchite dalla contestazione di associazione per delinquere ipotizzata nei confronti di Gavioli, Zerbin, Faggiano, Tonetto, Prandin e Bellamio. Un altro capo di imputazione contestato, anche questo a vario titolo, è quello di inadempimento di contratti in pubbliche forniture in relazione alla concreta gestione della discarica di Alli, i cui cancelli sono tuttora chiusi. I provvedimenti sono stati notificati a Venezia, Brindisi, Reggio Calabria, Crotone e Catanzaro. Perquisiti anche gli uffici del commissario delegato per l’emergenza ambientale, a Catanzaro Lido, e lo studio dell’avvocato Tonetto. A quest’ultima operazione ha partecipato personalmente il sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Carlo Villani, titolare del fascicolo. Perquisite, inoltre, le abitazioni e gli uffici di tutte le altre persone destinatarie di provvedimenti cautelari. Le misure restrittive sono state richieste dal procuratore capo di capo di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, che ieri ha illustrato i dettagli dell’operazione insieme al suo aggiunto Giuseppe Borrelli. Presenti alla conferenza stampa anche il comandante del Noe dei Carabinieri Gerardo Lardieri, il comandante del reparto operativo del comando provinciale dell’Arma Giorgio Naselli, il comandante provinciale della Gli interrogatori Il commissario per l’emergenza rifiuti in Calabria, Graziano Melandri, tra i destinatari dei provvedimenti eseguiti ieri da Guardia di Finanza e Carabinieri nell’ambito degli sviluppi dell’inchiesta sulla discarica di Catanzaro, è stato convocato per lunedì in Procura. Graziano Melandri, Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo Stefano Gavioli Per Melandri, ex generale della Guardia di Finanza, già assessore comunale a Reggio Calabria, è stato chiesto un provvedimento di interdizione dagli uffici pubblici e comparirà davanti al gip insieme ai funzionari dell’ufficio Domenico Richichi, già coinvolto nella prima fase dell’inchiesta, e Simone Lo Piccolo, per il quale tra l’altro è stato disposto un sequestro beni per equivalente per 2,9 milioni. Il gip, dopo l’interrogatorio, potrà eventualmente disporre l’esecutività del provvedimento a carico di Melandri e dei due funzionari. Autocompattatori incolonnati all’ingresso della discarica di Catanzaro Guardia di Finanza Salvatore Tatta, il comandante del nucleo di Polizia tributaria delle Fiamme Gialle, Fabio Canziani e il comandante del gruppo Tutela spesa pubblica, Fabio Bianco. «Siamo – ha detto Lombardo – all’ultimo atto dell’inchiesta sulla discarica di Catanzaro. Da una serie di elementi e di intercettazioni è emerso il vincolo associativo delle persone arrestate. Va comunque considerato – ha concluso il procuratore – che nel settore dei rifiuti servono interventi finalizzati a creare impianti tecnologici per il riciclo perché le discariche ormai appartengono al passato». Non a caso, Gavioli e il suo gruppo imprenditoriale consideravano la discarica di Catanzaro una vera e propria «miniera d’oro», come la definisce Zerbin in un’intercettazione telefonica captata dagli inquirenti la scorsa estate. Nell’ordinanza di custodia cautelare, il gip Abigail Mellace scrive chiara- mente che «le univoche conversazioni intercettate, valutate alla luce dei plurimi elementi di prova documentali, investigativi e dichiarativi raccolti nella fase delle indagini, dimostrano come Stefano Gavioli, negli anni in cui otteneva l’aggiudicazione dell’appalto per la gestione, il potenziamento e l’ampliamento dell’impianto di Alli metteva a punto, con l’apporto degli altri indagati, un programma criminoso per la massimizzazione degli ingenti profitti erogati dall’Ente pubblico, a titolo di corrispettivo per le prestazioni rese». Il perseguimento dell’obiettivo, sempre secondo il gip, «prevedeva da un lato la totale elusione delle obbligazioni tributarie che, per anni, venivano ignorate fino ad assumere importi straordinariamente rilevanti, e dall’altro l’esecuzione gravemente irregolare, truffaldina e parziale delle prestazioni oggetto dell’appalto ridotte all’osso». Francesco Pugliano LE REAZIONI SUL FRONTE POLITICO Pd e Legambiente: basta con il commissariamento CATANZARO. Dopo la nuova inchiesta sulla smaltimento dei rifiuti in Calabria, il Pd torna a chiedere la chiusura della gestione commissariale e l’apertura di un confronto. Il parlamentare Franco Laratta sostiene che mentre risulta «indagato l’assessore regionale all’Ambiente e c’è una richiesta d’interdizione dai pubblici uffici per il commissario la Calabria non ha una discarica (quelle che ci sono stanno per esaurirsi) e non ha un progetto per affrontare l’emergenza, priva di un piano serio e credibile. E dal governatore – conclude Laratta – c’è soltanto silen- zio». Secondo Legambiente, invece, «l’ennesima inchiesta sui rifiuti e l’importante azione della magistratura e delle forze dell’ordine afferma la legalità e la forza dello Stato nel reprimere i reati. Tutto ciò da un lato tranquillizza, ma dall’altro – sottolinea Francesco Falcone, presidente regionale dell’associazione – mette a nudo il re sugli interessi illegali nel ciclo dei rifiuti». Si confermano, dunque, «le preoccupazioni di Legambiente sul fallimento delle esperienze commissariali che si sono succedute in circa un ventennio nero». L’inchiesta, dal punto di vista dei vertici regionali di Legambiente, rafforza perciò «la richiesta, che da anni facciamo, di superare la fase commissariale, come anche ultimamente ribadito nella partecipazione alla recente manifestazione di Crotone». «Il commissariamento deve finire subito – affonda Falcone – mentre la politica sui rifiuti in Calabria deve seguire un percorso partecipato, che si basi sulla legalità e la trasparenza dell’azione politica e gestionale, una programmazione ed una strategia nuova che affrontino le criticità del sistema con gli Enti locali, a partire dalla realizzazione degli impianti al servizio della raccolta differenziata, alla bonifica dei territori». Per questo Legambiente Calabria crede che «vada subito istituito un osservatorio regionale sulla legalità e le ecomafie».(g.l.r.) VIBO VALENTIA La Polizia ha eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare per estorsione a un imprenditore. Sono ritenuti affiliati alla cosca Lo Bianco Auto di lusso per gli “amici”, dolci per il presunto boss detenuto in clinica CATANZARO. Da una parte le cliniche private per detenzioni di lusso, gli imprenditori ricevuti dai boss con guantiere di dolci, i futuri pentiti che raccolgono confidenze compromettenti; dall’altra le auto di lusso regalate o cedute in cambio di pochi spiccioli agli esponenti della cosca, ai loro familiari e agli amici degli amici. Si snoda su due fronti l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro denominata “Nasty embassy” (cattiva ambasciata), eseguita dalla Polizia e sfociata nell’arresto di cinque presunti affiliati alla cosca Lo Bianco di Vibo Valentia, a sua volta collegata al potente clan dei Mancuso di Limbadi, tutti accusati a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso; si tratta di Andrea Mantella, 39 anni, e Francesco Scrugli, 41, di Vibo Valentia, Francesco Antonio Pardea, 25 anni, di Tropea, Salvatore Morelli, 28 anni, e Vincenzo Mantella, 25, di Vibo. Il primo, in particolare, è ritenuto un elemento di spicco della cosca Lo Bianco all’interno della quale, comunque, godrebbe di un buon margine di autonomia tale Andrea Mantella Vincenzo Mantella Salvatore Morelli Francesco Antonio Pardea Francesco Scrugli da consentirgli, secondo gli inquirenti, anche di potersi «mettere in proprio». Il secondo, poi, avrebbe pure un ruolo apicale nel gruppo Lo Bianco-Mantella ed anzi è indicato dagli investigatori come il più pericoloso esponente del clan che ancora si trovava in libertà (era infatti stato coinvolto nell’inchiesta antimafia denominata “New sunrise” e condannato in primo grado, ma in seguito assolto in appello), tant'è che è stato l’unico ad essere condotto in carcere, mentre gli altri quattro inda- gati erano tutti già sottoposti a provvedimenti di custodia. Era agli arresti domiciliari per motivi di salute nella clinica “Villa Verde” che si trova a Donnici, nel cosentino, invece, Andrea Mantella che proprio dalla struttura sanitaria, come emerso dall’inchiesta, avrebbe mandato agli imprenditori le sue “ambasciate sporche” (da qui il nome dell’operazione) attraverso i suoi gregari, i quali si sarebbero recavati tranquillamente a fargli visita, per la commissione delle estorsioni. Lo ha raccontato, dando il via alle indagini con le proprie dichiarazioni rilasciate all’inizio dell’anno, il collaboratore di giustizia Samuele Lo Vato, presunto affiliato al clan Forastefano, che durante la sua permanenza nella stessa clinica aveva conosciuto Mantella, con il quale si sarebbe instaurato un buon rapporto, tanto da indurre i due a progettare future attività da realizzare insieme. «Si tratta di racconti puntualmente riscontrati con intercettazioni, documentazioni e sommarie informa- zioni», è stato spiegato ieri, nel corso della conferenza stampa durante la quale sono stati illustrati i particolari dell’inchiesta alla presenza del procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, dell’aggiunto Giuseppe Borrelli, del questore Vincenzo Roca, del capo della Squadra mobile Rodolfo Ruperti e del suo vice Angelo Paduano. L’estorsione che ha portato agli arresti sarebbe stata commessa ai danni di un imprenditore, titolare di una concessionaria d’auto. La vittima, totalmente assoggettata ai voleri dei presunti estortori, non solo non ha denunciato ma ha provato anche a negare di sottostare alle angherie dei suoi aguzzini, smentita però clamorosamente dalle intercettazioni e dalle altre risultanze di indagine. La vittima, costretta a cedere auto di lusso a titolo pressoché gratuito ed a cambiarle non appena diventate più o meno vecchie, si sarebbe addirittura recata in clinica con tanto di dolci a trovare Andrea Mantella, che avrebbe commissionato le estorsioni ai suoi danni. E proprio in relazioni alle scarcerazioni per motivi di salute sono in corso indagini da parte della Dda catanzarese. L’accento è posto, in generale, su «un sistema che necessita certamente di essere rivisto – ha detto il procuratore aggiunto Borrelli – perché è inevitabile che, in una regione dov’è alto il numero di presunti ‘ndranghetisti afflitti da problemi di salute, se tutti vengono posti ai domiciliari nelle stesse strutture la cosa non può che costituire un enorme problema, visto che i cautelati sono sì ristretti nella struttura sanitaria, all’interno della quale però hanno una certa libertà di movimento, senza che questo comporti la responsabilità di qualcuno in particolare. E ciò – ha concluso Borrelli – trasforma quel posto in un luogo protetto di incontri, di scambi, di attività varie». Quanto alla specifica questione della concessione dei domiciliari per motivi di salute, il magistrato si è limitato a ricordare laconicamente che, com’è stato riportato a maggio da tutti gli organi di informazione, c’è un’indagine in corso.(g.l.r.) Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011 25 . Calabria REGIONE Oggi il dibattito in Consiglio ONCOLOGICO LAMEZIA T. Le proposte della minoranza Asp e Aziende ospedaliere Assegnati i finanziamenti Idv: «La legge approvata (non da noi) viola principi sacrosanti» Evitare deficit annuali che allargano il buco della sanità calabrese CATANZARO. Sulla vicenda del Livelli d’assistenza, i budget 2011 Rinvio per Fondazione Campanella Betty Calabretta CATANZARO Sarà la sanità a tenere banco nella seduta odierna del Consiglio regionale. Con tutti i vincoli di una spesa che, imbrigliata dal Piano di rientro, è costretta a muoversi entro gli stretti margini di budget invalicabili. Quelli per l’anno che ormai volge al termine sono contenuti in un decreto che, appena pubblicato, disegna la road map finanziaria di Asp e Aziende ospedaliere individuando le risorse assegnate a ciascuna per garantire i livelli di assistenza. Cifre totalizzanti e inclusive che tutto devono comprendere fuorché «gli eventuali risultati negativi della gestione straordinaria, che saranno oggetto di apposita verifica regionale». Con il recente decreto emesso dal presidente della Giunta regionale in qualità di commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro, sono stati assegnati alle Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione i finanziamenti relativi al 2011. Si tratta, per ciascuna Azienda, di un paniere globale e onnicomprensivo, che include «tutte le tipologie precedentemente utilizzate». Ecco le cifre. È stato decretato dall’Ufficio commissariale di as- segnare per l’anno 2011, quale contributo in conto esercizio con l'esclusione delle risorse per le funzioni gestite dalla Regione, 919 milioni di euro all’Asp di Cosenza, 266 milioni all’Asp di Crotone, 476 milioni all’Asp di Catanzaro, 218 milioni all’Asp di Vibo, 696 milioni all’Asp di Reggio, 179 milioni all’Azienda ospedaliera di Cosenza, 163 milioni all’Azienda ospedaliera di Catanzaro, 50 milioni all’Azienda ospedaliera “Mater Domini” di Catanzaro, 153 milioni all’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria. È stato anche stabilito che le determinazioni sul finanziamento della Fondazione “Tommaso Campanella” di Catanzaro per la ricerca e la cura dei tumori, saranno indicate in un successivo provvedimento. Il rinvio a ulteriori determinazioni viene motivato con la circostanza che con l’entrata in vigore della legge regionale n. 35 del 28 settembre scorso, è stata modificata la natura giuridica, precedentemente privata, della Fondazione Tommaso Campanella. Inoltre - viene spiegato nel decreto commissariale - il finanziamento regionale della Fondazione fino al 30 settembre 2011 è stato commisurato all'attività assi- Il governatore Giuseppe Scopelliti visita l’ospedale di Catanzaro stenziale svolta ed alla produzione dell'anno 2010 rilevata dagli uffici regionali competenti e la cui contabilizzazione è stata rife rita al budget previsto per l’assistenza ospedaliera da privato. Secondo l’Ufficio del commissario ad acta Giuseppe Scopelliti, ora «si rende necessario approfondire gli aspetti legati al finanziamento della Fondazione "Tommaso Campanella" in ragione dell’acquisita natura giuridica pubblica, nonché degli ulteriori contenuti della Legge regionale n. 35/2011». Su questa legge c’è anche una proposta di impugnazione del passato Governo Berlusconi, che intendeva contestarne i profili di incostituzionalità. È possibile che anche l’attuale Governo faccia sua tale proposta formalizzando l’impugnazione davanti alla Corte costituzionale. Tale situazione potrebbe costituire un motivo in più per rinviare ogni decisione sui finanziamenti. Nel decreto viene specificato che 7 milioni al netto delle entrate dirette sono stati assegnati all’Asp di Cosenza per le prestazioni rese dall’Inrca (Istituto nazionale di ricovero e cura). Infine la quota prevista per l’Arpacal, l’azienda per la protezione dell’ambiente, è pari a 15 milioni. Il finanziamento assegnato a ciascuna Azienda verrà utilizzato dalla Regione nelle verifiche sul perseguimento dell'equilibrio della gestione a livello di singola azienda. polo oncologico “Fondazione Campanella” interviene il consigliere regionale di Italia dei Valori Giuseppe Giordano, ricordando che i tre consiglieri regionali di Idv avevano, nella seduta del 19 settembre scorso, votato contro la legge che trasforma in ente pubblico la Fondazione Campanella. Legge che ora rischia di perdere ogni efficacia se la Corte costituzionale dovesse accogliere l’impugnativa del Governo. Secondo Giordano «si è trattato di un altro grosso errore di valutazione, messo in campo da questa Giunta regionale che, da un lato, invoca, a parole, rigore ed austerità e dall’altro, con i fatti, agisce con eccessiva disinvoltura, violando sacrosanti principi costituzionali». Ancora Giordano: «La verità è che spesso una parte della politica si muove assecondando clientelismi di ogni specie, anche quando è sicura l’assenza del benchè minimo fondamento legislativo. Fin dall’insediamento di questa legislatura, ho considerato la Fondazione Campanella l’anomalia più grave tra tutti gli Enti sub regionali e tra quelli privati sostenuti con risorse pubbliche. Un’anomalia da affrontare con serenità, vista l'esigenza di lavoro che c'è nella nostra regione, ma con la necessaria determinazione e nel rispetto delle leggi. Pensavo fosse chiaro a tutti che su temi della sanità non si può più scherzare». CATANZARO Il movimento di Raffaele Lombardo ha scelto Bianca Rende presentata ieri da Agazio Loiero Mpa, nominata la coordinatrice regionale Danilo Colacino CATANZARO Il Movimento per le Autonomie costituito dal governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, che in Calabria è federato con Autonomia e Diritti fondato dall’ex presidente della Regione Agazio Loiero, da ieri ha ufficialmente il proprio coordinatore regionale. Ma sarebbe più esatto dire commissario, considerato che è stato nominato e non eletto a seguito di un congresso. Si tratta della ricercatrice universitaria Bianca Rende, presentata in una conferenza stampa dallo stesso Loiero che dell’Mpa è il coordinatore politico nazionale, alla presenza del vicesegretario nazionale dell’Mpa Orlandino Greco che da ben 11 anni è sindaco di Castrolibero alle porte di Cosenza. La scelta delle Rende, come ha detto lei stessa, non si spiega con un «giovanilismo di maniera. Una moda, magari per assecondare la nouvelle vague che impone uno svecchiamento di facciata. L’intento è invece quello di avviare un percorso importante, fatto sì di rinnovamento ma non all’insegna degli slogan. Un aspetto da mettere in rilievo è il fatto che si sia puntato su una donna, come se non bastasse anche mamma, a dimostrazione della filosofia che ispira il nostro grande movimento». Un concetto ripreso dall’ex governatore Loiero. «Credo sia finito il tempo – ha esordito – dei grandi partiti generalisti, incapaci di fronte alla realtà odierna e di rispondere alle esi- La coordinatrice Bianca Rende CATANZARO Nell’ambito del procedimento Toghe Lucane genze della gente». Subito dopo la spiegazione del perché della determinazione di aderire all’Mpa e soprattutto di continuare a fare politica: «Nel quadro socioeconomico contingente, sono soltanto le forze localistiche a poter intercettare i bisogni dei cittadini. Anche se ritengo che abbia distrutto il Paese, un esempio emblematico è costituito dalla Lega Nord capace di tenere in scacco persino il primo ministro Silvio Berlusconi fino al punto di orientarne molte decisioni chiave. Non vorrei però essere frainteso. L’Mpa non punta a essere una sorta di Lega del Sud». Ma il presidente Loiero ha pure gettato uno sguardo sugli scenari futuri - nazionali e calabresi - che vedranno protagonista il cosiddetto terzo polo, di cui la forza del governatore Lombardo è una delle componenti: «Capisco la strana situazione di avere una Giunta di centrodestra sostenuta anche dall’Udc. All’interno del terzo polo ne abbiamo discusso, convenendo di tracciare una netta linea di demarcazione. Un solco profondo in vista di ciò che sarà alla scadenza del mandato di Giuseppe Scopelliti. Un presidente in pectore già durante la campagna elettorale, in virtù di un editto imperiale (leggasi investitura del Cavaliere, ndr), allora anche nominato coordinatore regionale del Popolo delle Libertà. Fatto che ha inciso sulle scelte dell’Udc calabrese, in realtà più affine al mio programma di lavoro e alla visione strategica di cui ero portatore». Potrebbe slittare per lo sciopero Condannata la pm Claudia De Luca ’Ndrangheta in Lombardia CATANZARO. L'ex pubblico ministero di Potenza, Claudia De Luca, attualmente in servizio in un’altra sede giudiziaria, è stata condannata ad un anno e sei mesi per il reato di peculato. La sentenza è stata emessa dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Catanzaro, Antonio Rizzuti (cancelliere Paola Mondello), davanti al quale si è svolto il processo con rito abbreviato. Al termine della requisitoria il pubblico ministero, Gerardo Domininijanni, ha chiesto la condanna dell’ex pm alla pena di un anno e quattro mesi. Il processo è scaturito dall’inchiesta Toghe Lucane nell’ambito della quale l’ex pm era accusata di aver utilizzato il telefono di servizio per scopi personali. Il rinvio a giudizio del magistrato era stato chiesto nel giugno dello scorso anno dal sostituto procuratore di Catanzaro Vincenzo Capomolla che aveva ereditato dall’ex pm di Catanzaro ed attuale sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, l’inchiesta Toghe Lucane su un presunto presunto comitato d’affari che avrebbe agito in Basilicata con la complicità di uomini politi- ci, magistrati, professionisti, imprenditori e rappresentanti delle forze dell’ordine. Le trenta persone che erano indagate sono state prosciolte nel marzo scorso. Il pm De Luca è coinvolta anche, insieme ad altri magistrati lucani, ufficiali di polizia giudiziaria ed imprenditori, nell’inchiesta Toghe Luca-Bis. In quest’ultima inchiesta vengono ipotizzati reati a vario titolo di associazione per delinquere, violazione della legge sulle società segrete, corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio.(g.m.) sentenza attesa per oggi CATANZARO. Dovrebbe essere pronunciata oggi alle dieci dal gup di Milano Roberto Arnaldi, la sentenza del maxi processo, con rito abbreviato, a carico di 119 imputati, tra cui numerosi presunti affiliati alla 'ndrangheta, arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Infinito”. Non è certo che il verdetto venga letto a causa dello sciopero degli avvocati. In tal caso la sentenza slitterebbe a domani. Nel luglio 2010 l’operazione portò in carcere più di 170 persone in Lombardia e svelò le infiltrazioni della mafia calabrese sul territorio lombardo, anche in ambito imprenditoriale e politico. La pubblica accusa ha chiesto 118 condanne. In particolare, sono stati chiesti 20 anni per Alessandro Manno, 18 anni per Pasquale Zappia, diciotto anche per Vincenzo Mandalari, Pasquale Varca, Vincenzo Rispoli e Cosimo Barranca. Chiesti inoltre 16 anni per Pietro Panetta e per Salvatore Strangio. Chiesta l’assoluzione invece per Antonio Oliverio, ex assessore provinciale milanese.(b.c.) LAMEZIA TERME. Attuare con rigore finanziario il Piano di rientro del debito sanitario «facendo in modo che quest’anno e nei successivi si pervenga al pareggio di bilancio evitando deficit annuali che aggraverebbero la situazione; assicurare in Calabria i livelli essenziali d’assistenza «con particolare riferimento alle aree di confine e di difficile raggiungibilita»; assicurare negli ospedali “hub” eccellenze in tutti i reparti; organizzare la rete ospedaliera «in maniera razionale per fare in modo che i servizi intermedi, tra quelli assicurati dagli ospedali “hub” e quelli prestati direttamente dal territorio, siano erogati da strutture ospedaliere intelligentemente dislocate e potenziate nelle città capoluogo». Queste le richieste che il centrosinistra calabrese rivolge al presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, commissario alla sanità. I capigruppo regionali dell’opposizione si sono riuniti ieri a Lamezia. C’erano Sandro Principe (Pd), Emilio De Masi (Idv), Vincenzo Ciconte (Autonomie e diritti) ed Agazio Loiero (Mpa). Nel corso dell’incontro i capigruppo di minoranza hanno affrontato i temi della sanità, anche in preparazione del consiglio regionale convocato per oggi, La minoranza chiede anche di «realizzare con urgenza le strutture territoriali (case della salute, distretti, poliambulatori) che ridurrebbero drasticamente i ricoveri ospedalieri e le inaccettabili liste d’attesa. Per l’opposizione «bisogna mirare a ridurre l’emigrazione sanitaria, assicurare il turnover per la sola area medica e la formazione per l’intera area sanitaria». Per Principe, De Masi, Ciconte e Loiero «la gestione della sanità ha segnato il fallimento più evidente dell’intera esperienza regionalistica calabrese. Man mano che negli anni crescevano le competenze delle Regioni», sostengono, «in Calabria s’affermava l'assoluta mancanza di programmazione e di certezze legislative. Emblematica è la vicenda degli accreditamenti “provvisori” delle attività sia pubbliche Sandro Principe è il capogruppo del Pd che era all’incontro della minoranza che private; la legge che le regolamenta è stata approvata solo nel 2008. Si è creata, quindi, attorno alla sanità una ragnatela d’interessi spesso condizionati dalla stessa criminalità organizzata. Ben tre Asl (per una la procedura è tutt'ora in corso)», si fa rilevare, «sono state sciolte e commissariate per infiltrazione mafiosa, registrando anche in questo caso un triste primato nazionale». Secondo l’opposizione «la Regione non è stata assolutamente in grado di gestire questa nuova dimensione sia nella struttura centrale (il dipartimento) che sul territorio (nelle Asp)». Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011 27 . Calabria REGIONE Oggi il dibattito in Consiglio ONCOLOGICO LAMEZIA T. Le proposte della minoranza Asp e Aziende ospedaliere Assegnati i finanziamenti Idv: «La legge approvata (non da noi) viola principi sacrosanti» Evitare deficit annuali che allargano il buco della sanità calabrese CATANZARO. Sulla vicenda del Livelli d’assistenza, i budget 2011 Rinvio per Fondazione Campanella Betty Calabretta CATANZARO Sarà la sanità a tenere banco nella seduta odierna del Consiglio regionale. Con tutti i vincoli di una spesa che, imbrigliata dal Piano di rientro, è costretta a muoversi entro gli stretti margini di budget invalicabili. Quelli per l’anno che ormai volge al termine sono contenuti in un decreto che, appena pubblicato, disegna la road map finanziaria di Asp e Aziende ospedaliere individuando le risorse assegnate a ciascuna per garantire i livelli di assistenza. Cifre totalizzanti e inclusive che tutto devono comprendere fuorché «gli eventuali risultati negativi della gestione straordinaria, che saranno oggetto di apposita verifica regionale». Con il recente decreto emesso dal presidente della Giunta regionale in qualità di commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro, sono stati assegnati alle Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione i finanziamenti relativi al 2011. Si tratta, per ciascuna Azienda, di un paniere globale e onnicomprensivo, che include «tutte le tipologie precedentemente utilizzate». Ecco le cifre. È stato decretato dall’Ufficio commissariale di as- segnare per l’anno 2011, quale contributo in conto esercizio con l'esclusione delle risorse per le funzioni gestite dalla Regione, 919 milioni di euro all’Asp di Cosenza, 266 milioni all’Asp di Crotone, 476 milioni all’Asp di Catanzaro, 218 milioni all’Asp di Vibo, 696 milioni all’Asp di Reggio, 179 milioni all’Azienda ospedaliera di Cosenza, 163 milioni all’Azienda ospedaliera di Catanzaro, 50 milioni all’Azienda ospedaliera “Mater Domini” di Catanzaro, 153 milioni all’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria. È stato anche stabilito che le determinazioni sul finanziamento della Fondazione “Tommaso Campanella” di Catanzaro per la ricerca e la cura dei tumori, saranno indicate in un successivo provvedimento. Il rinvio a ulteriori determinazioni viene motivato con la circostanza che con l’entrata in vigore della legge regionale n. 35 del 28 settembre scorso, è stata modificata la natura giuridica, precedentemente privata, della Fondazione Tommaso Campanella. Inoltre - viene spiegato nel decreto commissariale - il finanziamento regionale della Fondazione fino al 30 settembre 2011 è stato commisurato all'attività assi- Il governatore Giuseppe Scopelliti visita l’ospedale di Catanzaro stenziale svolta ed alla produzione dell'anno 2010 rilevata dagli uffici regionali competenti e la cui contabilizzazione è stata rife rita al budget previsto per l’assistenza ospedaliera da privato. Secondo l’Ufficio del commissario ad acta Giuseppe Scopelliti, ora «si rende necessario approfondire gli aspetti legati al finanziamento della Fondazione "Tommaso Campanella" in ragione dell’acquisita natura giuridica pubblica, nonché degli ulteriori contenuti della Legge regionale n. 35/2011». Su questa legge c’è anche una proposta di impugnazione del passato Governo Berlusconi, che intendeva contestarne i profili di incostituzionalità. È possibile che anche l’attuale Governo faccia sua tale proposta formalizzando l’impugnazione davanti alla Corte costituzionale. Tale situazione potrebbe costituire un motivo in più per rinviare ogni decisione sui finanziamenti. Nel decreto viene specificato che 7 milioni al netto delle entrate dirette sono stati assegnati all’Asp di Cosenza per le prestazioni rese dall’Inrca (Istituto nazionale di ricovero e cura). Infine la quota prevista per l’Arpacal, l’azienda per la protezione dell’ambiente, è pari a 15 milioni. Il finanziamento assegnato a ciascuna Azienda verrà utilizzato dalla Regione nelle verifiche sul perseguimento dell'equilibrio della gestione a livello di singola azienda. polo oncologico “Fondazione Campanella” interviene il consigliere regionale di Italia dei Valori Giuseppe Giordano, ricordando che i tre consiglieri regionali di Idv avevano, nella seduta del 19 settembre scorso, votato contro la legge che trasforma in ente pubblico la Fondazione Campanella. Legge che ora rischia di perdere ogni efficacia se la Corte costituzionale dovesse accogliere l’impugnativa del Governo. Secondo Giordano «si è trattato di un altro grosso errore di valutazione, messo in campo da questa Giunta regionale che, da un lato, invoca, a parole, rigore ed austerità e dall’altro, con i fatti, agisce con eccessiva disinvoltura, violando sacrosanti principi costituzionali». Ancora Giordano: «La verità è che spesso una parte della politica si muove assecondando clientelismi di ogni specie, anche quando è sicura l’assenza del benchè minimo fondamento legislativo. Fin dall’insediamento di questa legislatura, ho considerato la Fondazione Campanella l’anomalia più grave tra tutti gli Enti sub regionali e tra quelli privati sostenuti con risorse pubbliche. Un’anomalia da affrontare con serenità, vista l'esigenza di lavoro che c'è nella nostra regione, ma con la necessaria determinazione e nel rispetto delle leggi. Pensavo fosse chiaro a tutti che su temi della sanità non si può più scherzare». CATANZARO Il movimento di Raffaele Lombardo ha scelto Bianca Rende presentata ieri da Agazio Loiero Mpa, nominata la coordinatrice regionale Danilo Colacino CATANZARO Il Movimento per le Autonomie costituito dal governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, che in Calabria è federato con Autonomia e Diritti fondato dall’ex presidente della Regione Agazio Loiero, da ieri ha ufficialmente il proprio coordinatore regionale. Ma sarebbe più esatto dire commissario, considerato che è stato nominato e non eletto a seguito di un congresso. Si tratta della ricercatrice universitaria Bianca Rende, presentata in una conferenza stampa dallo stesso Loiero che dell’Mpa è il coordinatore politico nazionale, alla presenza del vicesegretario nazionale dell’Mpa Orlandino Greco che da ben 11 anni è sindaco di Castrolibero alle porte di Cosenza. La scelta delle Rende, come ha detto lei stessa, non si spiega con un «giovanilismo di maniera. Una moda, magari per assecondare la nouvelle vague che impone uno svecchiamento di facciata. L’intento è invece quello di avviare un percorso importante, fatto sì di rinnovamento ma non all’insegna degli slogan. Un aspetto da mettere in rilievo è il fatto che si sia puntato su una donna, come se non bastasse anche mamma, a dimostrazione della filosofia che ispira il nostro grande movimento». Un concetto ripreso dall’ex governatore Loiero. «Credo sia finito il tempo – ha esordito – dei grandi partiti generalisti, incapaci di fronte alla realtà odierna e di rispondere alle esi- La coordinatrice Bianca Rende CATANZARO Nell’ambito del procedimento Toghe Lucane genze della gente». Subito dopo la spiegazione del perché della determinazione di aderire all’Mpa e soprattutto di continuare a fare politica: «Nel quadro socioeconomico contingente, sono soltanto le forze localistiche a poter intercettare i bisogni dei cittadini. Anche se ritengo che abbia distrutto il Paese, un esempio emblematico è costituito dalla Lega Nord capace di tenere in scacco persino il primo ministro Silvio Berlusconi fino al punto di orientarne molte decisioni chiave. Non vorrei però essere frainteso. L’Mpa non punta a essere una sorta di Lega del Sud». Ma il presidente Loiero ha pure gettato uno sguardo sugli scenari futuri - nazionali e calabresi - che vedranno protagonista il cosiddetto terzo polo, di cui la forza del governatore Lombardo è una delle componenti: «Capisco la strana situazione di avere una Giunta di centrodestra sostenuta anche dall’Udc. All’interno del terzo polo ne abbiamo discusso, convenendo di tracciare una netta linea di demarcazione. Un solco profondo in vista di ciò che sarà alla scadenza del mandato di Giuseppe Scopelliti. Un presidente in pectore già durante la campagna elettorale, in virtù di un editto imperiale (leggasi investitura del Cavaliere, ndr), allora anche nominato coordinatore regionale del Popolo delle Libertà. Fatto che ha inciso sulle scelte dell’Udc calabrese, in realtà più affine al mio programma di lavoro e alla visione strategica di cui ero portatore». Potrebbe slittare per lo sciopero Condannata la pm Claudia De Luca ’Ndrangheta in Lombardia CATANZARO. L'ex pubblico ministero di Potenza, Claudia De Luca, attualmente in servizio in un’altra sede giudiziaria, è stata condannata ad un anno e sei mesi per il reato di peculato. La sentenza è stata emessa dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Catanzaro, Antonio Rizzuti (cancelliere Paola Mondello), davanti al quale si è svolto il processo con rito abbreviato. Al termine della requisitoria il pubblico ministero, Gerardo Domininijanni, ha chiesto la condanna dell’ex pm alla pena di un anno e quattro mesi. Il processo è scaturito dall’inchiesta Toghe Lucane nell’ambito della quale l’ex pm era accusata di aver utilizzato il telefono di servizio per scopi personali. Il rinvio a giudizio del magistrato era stato chiesto nel giugno dello scorso anno dal sostituto procuratore di Catanzaro Vincenzo Capomolla che aveva ereditato dall’ex pm di Catanzaro ed attuale sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, l’inchiesta Toghe Lucane su un presunto presunto comitato d’affari che avrebbe agito in Basilicata con la complicità di uomini politi- ci, magistrati, professionisti, imprenditori e rappresentanti delle forze dell’ordine. Le trenta persone che erano indagate sono state prosciolte nel marzo scorso. Il pm De Luca è coinvolta anche, insieme ad altri magistrati lucani, ufficiali di polizia giudiziaria ed imprenditori, nell’inchiesta Toghe Luca-Bis. In quest’ultima inchiesta vengono ipotizzati reati a vario titolo di associazione per delinquere, violazione della legge sulle società segrete, corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio.(g.m.) sentenza attesa per oggi CATANZARO. Dovrebbe essere pronunciata oggi alle dieci dal gup di Milano Roberto Arnaldi, la sentenza del maxi processo, con rito abbreviato, a carico di 119 imputati, tra cui numerosi presunti affiliati alla 'ndrangheta, arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Infinito”. Non è certo che il verdetto venga letto a causa dello sciopero degli avvocati. In tal caso la sentenza slitterebbe a domani. Nel luglio 2010 l’operazione portò in carcere più di 170 persone in Lombardia e svelò le infiltrazioni della mafia calabrese sul territorio lombardo, anche in ambito imprenditoriale e politico. La pubblica accusa ha chiesto 118 condanne. In particolare, sono stati chiesti 20 anni per Alessandro Manno, 18 anni per Pasquale Zappia, diciotto anche per Vincenzo Mandalari, Pasquale Varca, Vincenzo Rispoli e Cosimo Barranca. Chiesti inoltre 16 anni per Pietro Panetta e per Salvatore Strangio. Chiesta l’assoluzione invece per Antonio Oliverio, ex assessore provinciale milanese.(b.c.) LAMEZIA TERME. Attuare con rigore finanziario il Piano di rientro del debito sanitario «facendo in modo che quest’anno e nei successivi si pervenga al pareggio di bilancio evitando deficit annuali che aggraverebbero la situazione; assicurare in Calabria i livelli essenziali d’assistenza «con particolare riferimento alle aree di confine e di difficile raggiungibilita»; assicurare negli ospedali “hub” eccellenze in tutti i reparti; organizzare la rete ospedaliera «in maniera razionale per fare in modo che i servizi intermedi, tra quelli assicurati dagli ospedali “hub” e quelli prestati direttamente dal territorio, siano erogati da strutture ospedaliere intelligentemente dislocate e potenziate nelle città capoluogo». Queste le richieste che il centrosinistra calabrese rivolge al presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, commissario alla sanità. I capigruppo regionali dell’opposizione si sono riuniti ieri a Lamezia. C’erano Sandro Principe (Pd), Emilio De Masi (Idv), Vincenzo Ciconte (Autonomie e diritti) ed Agazio Loiero (Mpa). Nel corso dell’incontro i capigruppo di minoranza hanno affrontato i temi della sanità, anche in preparazione del consiglio regionale convocato per oggi, La minoranza chiede anche di «realizzare con urgenza le strutture territoriali (case della salute, distretti, poliambulatori) che ridurrebbero drasticamente i ricoveri ospedalieri e le inaccettabili liste d’attesa. Per l’opposizione «bisogna mirare a ridurre l’emigrazione sanitaria, assicurare il turnover per la sola area medica e la formazione per l’intera area sanitaria». Per Principe, De Masi, Ciconte e Loiero «la gestione della sanità ha segnato il fallimento più evidente dell’intera esperienza regionalistica calabrese. Man mano che negli anni crescevano le competenze delle Regioni», sostengono, «in Calabria s’affermava l'assoluta mancanza di programmazione e di certezze legislative. Emblematica è la vicenda degli accreditamenti “provvisori” delle attività sia pubbliche Sandro Principe è il capogruppo del Pd che era all’incontro della minoranza che private; la legge che le regolamenta è stata approvata solo nel 2008. Si è creata, quindi, attorno alla sanità una ragnatela d’interessi spesso condizionati dalla stessa criminalità organizzata. Ben tre Asl (per una la procedura è tutt'ora in corso)», si fa rilevare, «sono state sciolte e commissariate per infiltrazione mafiosa, registrando anche in questo caso un triste primato nazionale». Secondo l’opposizione «la Regione non è stata assolutamente in grado di gestire questa nuova dimensione sia nella struttura centrale (il dipartimento) che sul territorio (nelle Asp)». 35 Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011 Cronaca di Cosenza . IL CALCIATORE “SUICIDATO” Parla per la prima volta il professore Pasquale Coscarelli che svolse la perizia dopo la morte del centrocampista Bergamini non venne trascinato per 49 metri Colpo di scena: le tracce di frenata rilevate sull’asfalto non erano state lasciate dal camion Fiat 180 Arcangelo Badolati Il calciatore “suicidato” e la consulenza dimenticata. Il professore Pasquale Coscarelli è uno dei massimi esperti calabresi di infortunistica stradale. Fu lui a eseguire la perizia ordinata dalla magistratura di Castrovillari, nel novembre del 1989, per far luce sulla strana morte del centrocampista del Cosenza calcio, Denis Bergamini. Il decesso dell’atleta venne dapprima considerato un suicidio e, successivamente, fu rubricato come un omicidio colposo. L’autista del camion Fiat 180 che travolse lo sportivo venne pertanto processato per tenuto una condotta negligente e imprudente. Nei mesi scorsi, tuttavia, la Procura di Castrovillari ha inteso – su sollecitazione dell’avv. Eugenio Gallerani, legale dei familiari di Bergamini – riaprire il caso ipotizzando che Denis sia stato assassinato. Il calciatore potrebbe essere stato stordito e poi fatto finire sotto il mezzo pesante per simulare un suicidio o un incidente. Coscarelli, che svolse analisi e sopralluoghi dopo la tragedia, ha ritenuto di rispondere ad una serie di domande che potrebbero aiutarci a capire di più. Prof. Coscarelli notò delle anomalie nei rilievi compiuti dai carabinieri dopo il sinistro? «Notai subito che nel rapporto stilato vi erano numerose incertezze e inesattezze». Per esempio? «Si attestava la presenza di una traccia di frenata lunga 49 metri. E non poteva assolutamente essere riconducibile all’evento che aveva visto soc- combere Bergamini. Lo stesso sottufficiale che aveva redatto l’atto, convocato sul posto, convenne con me sul punto. Era la traccia lasciata in un’altra occasione da un altro mezzo». E perché giunse subito a questa conclusione? «Il trascinamento del corpo per 49 metri avrebbe seriamente compromesso sia gli indumenti che il corpo della vittima. I vestiti, le scarpe, l’orologio, lo stesso fisico di Bergamini testimoniavano invece uno scenario completamente diverso. Meno distruttivo». A che velocità viaggiava il Fiat 180? «Tra 30 e 32 chilometri orari, riscontrabili nel disco cronotachigrafico. Ad una velocità del genere il mezzo pesante avrebbe dovuto arrestare la sua corsa nello spazio di 18 metri. Dopo l’impatto, l’autista fece retromarcia probabilmente per prestare soccorso e si spostò di un metro e mezzo indietro». Quali erano le tracce sul mezzo? «Stranamente il camion venne sequestrato ma, nonostante la gravità del fatto, affidato con facoltà d’uso al conducente che quella stessa sera se ne andò. Io ho potuto esaminarle solo attraverso le foto scattate dai carabinieri. La parte laterale destra non presentava tracce di sangue o di altra materia organica sui bulloni e la lamiera. Perciò andava escluso un urto laterale, altrimenti ne sarebbero rimasti i segni. Non solo: Bergamini in questo caso sarebbe stato spostato a destra rispetto al piano stradale e non in avanti. Dedussi pertanto che la collisione era avvenuta nel settore frontale di destra». Che significa? «Bergamini venne visto chiedere passaggi a degli automobilisti in transito. Ed io sono convinto che il calciatore si avvicinò al piano stradale per fermare il camion. Fu perciò investito, imbarcato sul paraurti e scaricato qualche metro più avanti. La ruota destra non gli passò sopra, non venne insomma schiacciato. Se fosse stato schiacciato, infatti, i danni al corpo sarebbero stati ingentissimi ed evidenti. Non venne né travolto, né sbalzato in avanti come sarebbe potuto accadere ad un soggetto che si lancia improvvisamente sotto un camion per suicidarsi. In questo caso il cadavere sarebbe stato infatti ritrovato a molti metri di distanza dal mezzo e con fratture diverse e molto più estese rispetto a quelle riscontrate». Potrebbe però essere stato lasciato esanime sull’asfalto dai suoi presunti assassini prima dell’arrivo del camion? «Lo escludo. Con i fari anabbaglianti l’autista avrebbe avuto una possibilità visiva di almeno 50 metri rispetto al corpo. E con gli abbaglianti molta di più. Si sarebbe fermato, senza investirlo. O se, per una singolare circostanza non avesse notato il corpo, l’avrebbe schiacciato, ma questo come abbiamo detto non è accaduto». E allora, secondo lei, cos’è successo? «Bergamini ha occupato parte della sede stradale per fermare il mezzo e ottenere un passaggio. L’autista, che viaggiava da solo e non intendeva fermarsi, l’ha visto ma siccome era convinto che, alla fine, si sarebbe spostato non ha rallentato. Ed è finita in tragedia...» Il cadavere di Denis Bergamini coperto da un lenzuolo. Si notano le scarpe ancora perfettamente pulite Fiori sul luogo della tragedia Il prof. Pasquale Coscarelli Denis con la maglia del Cosenza Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud 40 Cosenza - Provincia . PRAIA Ulteriori tracce potrebbero avvalorare le responsabilità FALCONARA Accusa e parti civili a caccia di prove nell’area sequestrata della “Marlane” Un incendio notturno distrugge due auto Maria Francesca Calvano FALCONARA I motivi del decreto firmato dai magistrati inquirenti che li hanno spinti ad apporre nuovamente i sigilli Antonello Troya PRAIA A MARE Un ulteriore diritto di prova nel dibattimento e un migliore e più completo accertamento della verità dei fatti. Così si legge nel decreto di sequestro firmato dai due sostituti procuratori di Paola, Roberta Carotenuto e Linda Gambassi, che hanno incaricato i carabinieri di Praia a Mare a mettere i sigilli allo stabilimento della Marlane. Roberta Carotenuto e Linda Gambassi rappresentano la pubblica accusa nel processo in corso presso il tribunale di Paola. Processo che sta andando avanti tra rinvii, mancate notifiche e avvocati di grido. La prossima udienza è prevista per il prossimo 30 dicembre e vede imputati a vario titolo tredici persone per omicidio colposo e disastro ambientale. L’istanza di sequestro probatorio era stata presentata dai difensori delle parti civili, rappresentanti dall’avvocato Lucio Conte, il quale mostrava l’opportunità di un approfondimento tecnico scientifico dei rilievi già effettuati, allo scopo di individuare sedimenti delle sostanze chimiche presenti nell’ambiente di lavoro e valutarne la tossicità. Il sequestro probatorio dello stabilimento Marlane – Marzotto viene fuori dalla concreta possibilità che il tribunale collegiale, investito della fase dibattimentale del procedimento penale, anche su sollecitazione delle parti, possa disporre di perizie inerenti la qualità delle sostanze coloranti utilizzate nello stabilimento, tossicità e nocività di tali sostanze conseguente sulla salute dei lavoratori. Per cui i pubblici ministeri (Carotenuto e Gambassi) nel prosieguo della loro attività per valutare le relazioni dei consulenti tecnici incaricati da giudice civile che hanno effettuato i primi campionamenti all’interno dei locali aziendali, allo scopo di valutare la possibilità di disporre una apposita consulenza tecnica del pm sulle medesime circostanze, con conseguente necessità di procedere ex novo a sopralluoghi, rilievi e campionamenti, hanno disposto il sequestro dello stabilimento. Alla struttura erano stati apposti i sigilli già nel lontano 2007, compresa l’area circostante. Da quel momento iniziarono le operazioni di operazioni di prelievo di campioni. Il dissequestro arrivò un anno dopo ritenuta l’assenza di esigenze probatorie idonee. Poi un nuo- vo sequestro all’indomani della decisione della Marzotto di iniziare una “caratterizzazione ambientale nell’area”. Richiesta presentata dai difensori delle parti offese e subito accolta. Ora la nuova richiesta degli avvocati delle parti civili i quali affermano che «non v’è dubbio alcuno che gli immobili di cui si chiede disporsi il sequestro probatorio possano ancora conservare le tracce dei delitti e delle contravvenzioni commessi, onde l’espletamento di ulteriori approfondimenti, per acquisire prove ulteriori del fatto, non sarebbero esperibili senza la sottrazione dei beni alla libera disponibilità e l’acquisizione della stessa nella disponibilità dell’autorità giudiziaria». Insomma nell’area in questione ci potrebbero essere altre prove a sostegno dell’accusa, anche perché nel corso delle indagini preliminari, sono stati effettuati campionamenti di reperti solo nell’area antistante lo stabilimento, peraltro effettuando solo dieci cosiddetti “scassi” e cinque “carotaggi” per i prelievi, (su di un’area di circa 70.000 mq.) di sostanze tossiche-nocive e non, campioni soggetti a modificazione ed alterazione nel tempo. AMANTEA Polemica sullo stadio e sulla Casa della Cultura Il promoter attacca il Comune: «Musica e cultura senza spazi» Ernesto Pastore AMANTEA Una città come Amantea deve potersi dotare di infrastrutture capaci di accogliere eventi e manifestazioni di qualità che possano dare un nuovo impulso al turismo ed al commercio. Partendo da questo presupposto il referente della società “Eventi & eventi”, Giovanni Bonanno, attacca frontalmente l’amministrazione comunale incapace, a suo modo di vedere, non soltanto di aprire in tempi rapidi la Casa della Cultura, ma anche di programmare concerti e spettacoli di alto profilo culturale. «Agli esponenti poli- tici che governano attualmente la città - afferma Bonanno - vorrei rivolgere alcune domande, sperando che tutto questo possa essere da stimolo per rendere fruibile quanto prima il nuovo teatro comunale. La struttura in questione, prima delle elezioni, era un cantiere aperto, tanto da sembrare il restauro del Colosseo, mentre oggi è la consueta cattedrale nel deserto, ma purtroppo non è l’unica. Il sindaco Franco Tonnara ha sempre detto con forza che lo stadio doveva servire anche per l’organizzazione dei concerti, tanto da investire una cifra consistente per la sistemazione dell’impianto d’illuminazione, Lo stadio di Amantea Un momento del processo FUSCALDO Lo hanno cercato per tutta la notte i vigili del fuoco Anziano scompare nel pomeriggio FUSCALDO. È uscito da casa nel pomeriggio di ieri e non ha dato più sue notizie. Si tratta di un 75 enne, Pasquale Campagna. L’anziano avrebbe problemi di memoria. Ed è per questo che i familiari si sono subito preoccupati, avvertendo immediatamente i pompieri. Lo hanno cercato per tutta la notte tre squadre dei vigili del fuoco. Allertati i distaccamenti di Paola, Scalea e Rende, ma del settantacinquenne nessuna traccia. I vigili del fuoco hanno ma poi nulla è stato fatto. Avevo chiesto l’autorizzazione per fare tre grandi eventi ad Amantea, ma mi è stato detto che non c’era l’agibilità per cui, teoricamente non si potrebbero giocare neanche le partite di calcio. La seconda scusa è stata la paura di rovinare il manto erboso, ma oggi esistono materiali per la protezione dei campi da calcio, come possono testimoniare gli organizzatori dei concerti in tutta Italia. La Casa della Cultura - prosegue il promoter - doveva diventare un punto di riferimento per incontri e riunioni. A settembre ho parlato con uno degli amministratori, in quanto c’era la possibilità di ospitare l’allestimento della stagione teatrale di Mango, ma poiché la futura cattedrale nel deserto non era pronta, perché priva di collaudo non si è potuto fare nulla. A fronte di tutto ciò mi chiedo se in campagna elettorale sono state fatte solo chiacchiere e bugie». Agenda telefonica cittadina AMANTEA FARMACIE FARMACIE De Luca Morelli De Grazia (Camp.) Madia Tel. 098241773 098241279 098246014 0982425761 SANITÀ Croce Rossa Italiana 0982424140 SANITÀ Ospedale civile Pronto soccorso Tel. 09829771 0982999472 EMERGENZA EMERGENZA Tel. 098241000 098241256 098241052 098275069 COMUNE Carabinieri Polizia Polizia municipale Guardia di Finanza Corpo forestale Tel. 098291251 0982999282 098291246 098291104 098292037 COMUNE Tel. 0982429200 TELEFONI UTILI Distretto scolastico Ferrovia Giudice di pace Tel. 098291398 098291018 098291230 Tel. 098291073 Tel. 0982491221 Municipio Caruso Ciuffi Saporiti FUSCALDO FARMACIE Licursi Municipio Tel. 098291074 TELEFONI UTILI Tel. 098241106 098241368 0982425363 Pretura Proloco Biblioteca comunale Tel. 098291256 098291651 098291255 Tel. 0982686031 GUARDIA MEDICA Tel. 098289001 COMUNE Municipio Tel. 098289203 Polizia municipale Guardia di finanza Vigili del fuoco Corpo forestale FARMACIE Arrigucci Cilento Sganga SANITÀ Ospedale civile Pronto soccorso Croce Rossa Italiana Tel. 0982587316 0982612439 0982582276 Tel. 09825811 09825811 0982613553 GUARDIA MEDICA Tel. 0982581410 EMERGENZA Carabinieri Polizia Polizia stradale Tel. 0982582301 0982622311 0982622211 0982582622 0982613477 0982582519 0982582516 TELEFONI UTILI Tribunale Tel. 0982582758 Comunità montana 098257536 Biblioteca comunale 0982580307 Protezione civile 0982589759 Inps 0982582451 Inail 0982622511 S. MARCO A. PAOLA GUARDIA MEDICA GUARDIA MEDICA Carabinieri Polizia municipale Guardia di Finanza Corpo forestale CETRARO FARMACIE Aloia Pisano SANITÀ Ospedale civile Tel. 0984512141 0984512123 Tel. 09845101 GUARDIA MEDICA Tel. 0984511725 COMUNE Municipio Tel. 0984512089 TELEFONI UTILI Biblioteca Curia Vescovile Giudice di Pace Inps Tel. 0984511433 0984512000 0984512087 0984511534 A coordinare le ricerche i pompieri operato in una vasta area, cercando ovunque, senza tuttavia rintracciare l’anziano. L’allarme è scattato intorno alle 19, quando il figlio dell’uomo ha avvisato la centrale dei pompieri. I soccorritori, nel tentativo di localizzare il pensionato, hanno provato a circoscrivere il campo grazie alla tecnologia. Il 75enne è, infatti, in possesso di un telefono cellulare, il cui segnale è stato captato da due ricevitori installati tra Fuscaldo e Paola. Notte di paura a Torremezzo di Falconara Albanese quella tra mercoledì e giovedì, quando due autovetture sono andate distrutte dalle fiamme. L’allarme è scattato quando sull’orologio erano circa le tre. I vigili del fuoco di Paola, agli ordini del caposquadra Pasquale Logatto, rispondendo prontamente ad una chiamata di emergenza da parte del proprietario dei mezzi, sono giunti sul luogo della segnalazione, in via Marinella. Qui i pompieri hanno verificato danni ingenti su due autovetture in uso ad un venditore ambulante di Falconara Albanese: una Fiat Punto ed una Peugeot che in si trovavano posteggiate su una strada pubblica. Completamente distrutta la prima, parzialmente la seconda. Il fuoco infatti, dopo aver avvolto la Punto, si è esteso rapidamente alla Peugeot che si trovava in quel momento parcheggiata vicino, espandendosi dalla parte anteriore del mezzo fino alla tappezzeria. Il vento che soffiava nella notte su Torremezzo ha finito con l’alimentare le fiamme. I vigili del fuoco hanno effettuato un dettagliato sopralluogo. Stando ad una prima ricostruzione, sembrerebbe che l’incendio sia di origine dolosa, per ora soltanto un’ipotesi al vaglio degli inquirenti, dal momento che non sarebbero state rinvenute tracce. All’origine del fatto, secondo chi indaga, ci sarebebro dissidi tra privati. I carabinieri, coordinati dal capitano della compagnia di Paola, Luca Acquotti, non escludono alcuna pista. PAOLA Dall’èquipe del primario Candela ACQUAPPESA Ortopedia d’eccellenza Operata al femore una donna di 102 anni Oggi arriva il metano per 500 utenze Gaetano Vena PAOLA Tecnica ed esperienza, e l’ospedale di Paola fa notizia in positivo, grazie ad un’intervento prima difficilissimo se non impossibile: la frattura del femore nelle persone ultracentenarie. È stata dimessa ieri mattina, dopo sei giorni, la nonnina di San Lucido, Benerice Vommaro Del Marchesato, 102 anni il prossimo 2 maggio 2012 che per era stata ricoverata per frattura scomposta al femore sinistro. In questo reparto ci sono molto richieste di ricovero e oltre 1.200 interventi ogni anno. La nonnina ha mosso i primi passa accompagnata dal fisioterapista e dai figli Nella e Francesca Filippo e il figlio Francesco con la moglie Palmina che vivono a San lucido e l’hanno accudita sempre. Una terza figlia di 84 anni vive fuori della Calabria. La signora Berenice nel 2006 aveva già subito, sempre a Paola con lo stesso primario Massimo Candela l’intervento per la frattura del femore sinistro. È lucidissima e mangia tutto, e fino a di 95 anni ha lavorato il suo orticello «perché mi piace mangiare». Non si fa mancare il caffè e un bicchiere di vino a mezzogiorno. Il primario del reparto di ortopedia e traumatologia Massimo Candela di rende che per più anni è stato conteso da altri nosocomi ha operato come la prima volta l’ultracentenaria. «Questo tipo di patologia dice Candela - è in netto aumento ed è all’attenzione da parte della società nazionale tant’è che il prossimo congresso nazionale per la prima volta si terrà il prossimo maggio in Calabria». Il tema del congresso è: “La patologia ortopedica e traumatologica del grande anziano”. Illustreranno le rispettive relazioni il primario di Catanzaro Giuseppe Barillaro e il direttore Massimo Candela. «Nell’anziano è fondamentale - dice Candela - innanzitutto operare, ma soprattutto operare presto per evitare scompensi di carattere generale che tutti gli anziani un po’ più in là con gli anni mantengono. Infatti l’obiettivo dell’unità operativa in accordo con le linee nazionali è quello di operare entro tre giorni dal trauma». In sostanza con l’intervento a chi ha oltrepassato i novant’anni «si vuole ottenere la stabilizzazione della frattura per permettere al paziente l’abbandono del letto che potrebbe essere letale». L’equipe del primario è costituita dai medici Salvatore Grande, Saverio Anastasio, Gaetano Gentile, Francesco Martire e Antonio Crescibene. Alessia Antonucci ACQUAPPESA Questa sera alle 19 la piazzetta “Santa Maria degli Angeli” sarà la cornice ideale per l’accensione simbolica della prima fiammella, che sancirà la metanizzazione di circa cinquecento utenze del centro urbano. Entusiasta il sindaco, Saverio Capua, per la celerità di completamento della rete di distribuzione del gas naturale, “un servizio che ci mette al passo con i tempi e che agevolerà la vita dei cittadini, migliorandone la qualità della vita. L’amministrazione chiederà di estendere la rete anche alle aree rurali, per consentire a tutti di entrare nel regime di metanizzazione”. L’erogazione nel territorio comunale sarà gestita dalla “Gas Natural Distribuzione Italia”, attraverso la sua partecipazione maggioritaria nella società concessionaria “Cetraro Distribuzione Gas srl”. Leonardo Rinaldi, ingegnere della “Gas Natural”, ha snocciolato i numeri, soffermandosi sull’investimento di circa 2 milioni di euro che ha consentito la costruzione di 13 chilometri di rete, anche se l’obiettivo ultimo è di garantire il servizio a ottocento nuovi clienti finali. Questa sera ai cittadini sarà distribuito del materiale informativo sul metano, sulle norme d’uso corretto e sui vantaggi, quali il minor impatto ambientale, la sicurezza e il risparmio economico. 41 Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011 Cosenza - Provincia . AMANTEA Lo avrebbero dimostrato i carotaggi effettuati nel letto del fiume Oliva in seguito alle indagini della Procura della Repubblica di Paola Quel torrente contiene residui di raffineria E mercoledì nella cittadina tirrenica arriva la commissione europea ambiente guidata da Mario Pirillo Ernesto Pastore AMANTEA La valle dell’inferno. Un lembo di terra che collega il mare alle colline e che mostra le peculiarità di un territorio ferito dall’incapacità di sfruttare le risorse della natura. Gli alberi da frutto, le viti e gli ulivi disegnano il paesaggio inviando nell’aria profumi che si mescolano alla brezza marina. Il fiume Oliva è tutto questo: l’ennesimo sogno interrotto, il teatro del malaffare e dell’illegalità che mette a rischio la salute della gente e degli stessi criminali. Oggi, in alcune zone, l’odore degli idrocarburi è talmente nauseante che quasi non servirebbero le analisi per attestare qualcosa che in parte già si percepisce. Le proteste degli ambientalisti e di coloro che vivono e lavorano lungo gli argini del fiume sono state accolte dalla Procura della Repubblica di Paola che con caparbietà ha portato avanti un’indagine avversata da imprenditori e politici, preoccupati per un calo d’interesse sulla zona dal punto di vista turistico e commerciale. Il lavoro dei giudici è partito dalla relazione prodotta da Giacomino Brancati, dirigente del Dipartimento salute e sanità della Regione Calabria, che confermava “l’esistenza di un pericolo attuale per la popolazione residente lungo l’Oliva, dovuto alla presenza di contaminanti ambientali (metalli pesanti e radionuclidi artificiali) capaci di indurre patologie tumorali”. Il procuratore capo di Paola Bruno Giordano decide di vederci chiaro e nell’aprile del 2010 partono i carotaggi di profondità per capire quali siano le sostante presenti nel sottosuolo dell’Oliva. I risultati non lasciano dubbi: i tre istituti incaricati confermano la presenza di fanghi industriali, residui di raffineria, arsenico, mercurio e cobalto. E la valle dell’Oliva diventa la valle dell’inferno. Ma non è tutto: le analisi registrano anche una presenza di radioattività superiore alla norma. I tecnici La commissione europea guidata da Mario Pirillo il 23 di novembre sarà ad Amantea per incontrare il sindaco Tonnara dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) confermano una contaminazione di Cesio 137 di circa dieci volte superiore rispetto alla media regionale. Secondo gli esperti tali rilevazioni “sono riconducibili a fenomeni naturali di accumulo di radionuclidi derivanti dalle esplosioni nucleari degli anni Sessanta e dall’incidente di Chernobyl del 1986, ma in nessun’altra parte della regione si è mai riscontrato un valore così elevato”. In attesa che anche su tale questione si faccia luce quanto prima, l’arre- sto di Cesare Coccimiglio, disposto dal gip Giuseppe Battarino, rompe un muro di gomma durato oltre vent’anni ed apre scenari inquietanti e non ancora del tutto delineati. L’uomo, infatti, deve rispondere di disastro ambientale, violazione in materia di trasporto dei rifiuti e inquinamento delle falde acquifere. Secondo l’accusa l’imprenditore, in concorso con altri quattro soggetti residenti nella zona, avrebbe messo in piedi un sistema complesso di smaltimento di rifiuti industriali. In base ai sondaggi effettuati sotto il fiume Oliva dovrebbero trovarsi circa 90 mila metri cubi di rifiuti altamente inquinanti: un quantitativo troppo elevato per poter pensare che tutta l’operazione sia stata gestita senza la commistione di faccendieri, politici ed amministratori. Del resto le ricerche sono state portate avanti grazie anche al supporto della Dda di Catanzaro che ha individuato alcuni siti inquinati deducendoli dal riscontro della propria attività d’indagine. Il prossimo 23 novembre una Delegazione della Commissione europea Envi per l’ambiente e la salute pubblica, guidata da Mario Pirillo, verrà in Calabria per incontrare il sindaco di Amantea ed il procuratore Giordano. In questo clima le rassicurazioni degli europarlamentari dovranno essere necessariamente accompagnate dal progetto di un piano di bonifica. Che restituisca la vita alla vallata dell’Oliva. Il sopralluogo effettuato dal procuratore di Paola Bruno Giordano I carotaggi nel letto del torrente I campioni raccolti La foce del fiume Oliva Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud 44 Reggio Ionica . LOCRI L’avv. Maio al processo per l’omicidio del “cinese” M. DI GIOIOSA «Assolvete Panetta contro di lui non ci sono prove e neanche indizi» Operazione “Crimine” restituiti beni a Vincenzo Tavernese LOCRI. Il Tribunale della Liber- «La faida con i Cordì non c’entra, il mio assistito era appena uscito dal carcere e voleva rifarsi una vita» Rocco Muscari LOCRI «Antonio Panetta deve essere assolto perché in questo processo non solo mancano le prove ma anche gli indizi per poter istruire un’indagine». L’avvocato Luca Maio ha concluso con queste parole la discussione davanti alla Corte d’assise di Locri davanti alla quale si celebra il dibattimento per l’omicidio di Salvatore Cordì, per il quale Panetta è accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso e dell’organizzazione dell’agguato eseguito il 31 maggio del 2005 a Siderno. Il pm Antonio De Bernardo, lo ricordiamo ha chiesto l’ergastolo, come anche per i presunti esecutori materiali Michele Curciarello e Antonio Martino. L’avv. Maio ha rilevato nella sua arringa che non si può dividere l’associazione dal delitto, e riguardo a Panetta non si può configurare una sua partecipazione negli affari del clan Cataldo, e quindi nella programmazione dell’omicidio, in uno spazio temporale inferiore a 40 giorni tra la sua scarcerazione e la consumazione del delitto. «In quelle settimane – ha detto il penalista locrese – Panetta aveva iniziato una relazione sentimentale con la sorel- la di Domenico Zucco e, siccome aveva intenzione di tornare a una vita normale, stava preparando i documenti per potersi spostare in Romagna a lavorare, tanto che il giovane non si sarebbe potuto muovere da Locri per via delle pene accessorie che stava scontando. E certo non avrebbe rischiato di perdere la possibilità di cambiare il modo di vivere per andare a Siderno, figuriamoci poi per fare da ambasciatore dei Cataldo presso i Curciarello, che nemmeno conosceva». Secondo l’avv. Maio il processo non avrebbe approfondito i temi di prova: «Tutto – ha detto – si basa su un’intercettazione telefonica captata sul cellulare del cognato del mio assistito, quel Domenico Zucco mandato assolto da altra Assise, sulla quale sono stati spesi fiumi di inchiostro che hanno avuto quale unico risultato la detenzione di due giovani per un’accusa di omicidio che non trova alcun riscontro neanche indiziario nel pur voluminoso fascicolo della Procura Distrettuale». Il penalista si è concentrato sui tempi intercorsi dal tentativo di chiamata al fermo avvenuto presso l’ospedale di Locri a poca distanza dal luogo del delitto, nel quale sono stati controllati i due cognati: «Zucco era a casa – ha affermato – e da lì si è spo- stato con la madre e la sorellina presso l’abitazione di Panetta e poi, insieme, si sono recati all’ospedale , dove quattro carabinieri hanno accertato la loro presenza». Quanto al movente del delitto, che per l’accusa sarebbe da ricavarsi in una vendetta maturata nell’ambito della faida di Locri, l’avv. Maio ha affermato. «È troppo facile richiamarsi alla contrapposizione delle due consorterie, mentre il movente potrebbe essere altro, visto che nessuno dei componenti la famiglia Cataldo è stato condannato nel processo Primavera per un qualsiasi omicidio di esponenti dei Cordì». In riferimento al presunto summit che si sarebbe tenuto due giorni prima dell’agguato il difensore ha affermato: «Siamo riusciti a provare che non c’è stata alcuna riunione, e comunque non vi è traccia della presenza del mio assistito in altri posti se non, quella domenica, presso un distributore di benzina peraltro chiuso, come si evince dal contenuto di un’intercettazione telefonica». In conclusione l’avv. Maio ha chiesto l’assoluzione per Panetta con una motivazione che non lasci dubbi circa l’estraneità del 33enne alle accuse contestate. Il processo riprende stamattina. L’avv. Luca Maio mentre pronuncia la sua arringa. Nel riquadro l’imputato Antonio Panetta BIANCO Il pensionato Antonio Fontana, 76 anni, in pieno centro Anziano muore investito da un’auto Antonello Lupis ROCCELLA Incidente mortale a Bianco, in pieno centro a poca distanza da un bar e da altri esercizi commerciali. Dalla ricostruzione dell’accaduto fatta dai carabinieri della stazione e del nucleo radiomobile della compagnia di Bianco, il pensionato Antonio Fontana, 76 anni, si trovava ai lati della carreggiata principale della cittadina che funge anche da Statale 106, quando è stato investito da un’auto in transito (il conducente del veicolo si è subito fermato), cadendo con violenza sul selciato. Subito soccorso e trasportato all’ospedale di Locri, Fontana, è deceduto qualche ora dopo il ricovero. Sul tragico sinistro, comunque, sono ancora in corso indagini da parte degli investigatori dei carabinieri della compagnia di Bianco. MARINA DI GIOIOSA. I carabinieri del Gruppo Locri, della compagnia di Roccella e dello Squa- drone eliportato “Cacciatori Calabria” hanno effettuato ieri, utilizzando anche diversi mezzi meccanici, alcune accurate perquisizioni domiciliari finalizzate alla ricerca di latitanti gioiosani. Il mega blitz, che ha visto impegnati quasi un centinaio di carabinieri, era finalizzato all’individuazione del boss e capo dell’omonimo clan gioiosano, Rocco Aquino e di altri tre suoi familiari alla macchia da luglio del 2010 a seguito dell’operazione “Crimine”. tà di Reggio Calabria (presidente Leonardo, giudici Aliquò e Foti) accogliendo la richiesta presentata dall’avv. Leone Fonte, ha annullato il sequestro preventivo disposto dal gip su beni immobili di proprietà di Vincenzo Tavernese eseguito nell’ambito dell’operazione “Crimine”. Tavernese, 56 anni di Marina di Gioiosa ma di fatto residente in Canada, è ritenuto dalla Distrettuale antimafia componente di vertice del locale di Marina di Gioiosa con il compito di assicurare le comunicazioni tra la Calabria ed il Canada. A seguito di indagini patrimoniali eseguite dai militari del Ros emergeva che Tavernese, pur non svolgendo alcuna attività lavorativa e non avendo mai presentato alcuna dichiarazione dei redditi, risultava proprietario di appartamenti ed altri immobili sia in Calabria che in Piemonte. L’avvocato Fonte dinanzi al TdL evidenziava che il sequestro non poteva essere disposto solo sulla base della presunta appartenenza all’associazione mafiosa, o sul fatto che non aveva mai presentato la dichiarazione dei redditi, ma l’accusa avrebbe dovuto provare che i beni sottoposti a sequestro «costituivano il profitto di attività illecite facenti parte del programma criminale dell’associazione mafiosa contestata». Dimostrava quindi che Tavernese in Canada svolgeva attività lavorativa e aveva quote in società che operano nel settore immobiliare. E che, quindi, la proprietà dei beni posseduti in Italia era ben giustificata.(r.m.) Gazzetta del Sud Venerdì 18 Novembre 2011 45 Reggio Ionica . LA GANG DEI FABBRICANTI DI PROVE FALSE Tutte le vittime designate delle tentate estorsioni hanno preferito denunciare tutto. Numero di targa incluso Portava lettere anonime... con la sua auto Così Antonino Consolato Franco voleva spillare soldi agli imputati sotto processo per il delitto Fortugno Rocco Muscari LOCRI Smascherato... dalla sua stessa macchina. Ha i contorni di una commedia surreale la presenza sul lungomare di Locri della Polo blu intestata ad Antonino Consolato Franco, della quale presero i numeri di targa due giovani. Uno di essi era Mirco Monteleone, soggetto al quale il 17 gennaio del 2008 era stata fatta recapitare una lettera anonima attraverso una congiunta dei fratelli Dessì, all’epoca imputati nel processo per l’omicidio Fortugno. Il giovane, raggiunto da una telefonata anonima che gli raccomandava di recarsi sul lungomare a prendere una seconda lettera, una volta giunto avrebbe notato una persona alta circa un metro e 80, robusta, con il volto parzialmente occultato, che si allontanava dalla spiaggia a bordo di una Polo blu. Il motivo dell’invio al Monteleone della lettera anonima sarebbe riconducibile al fatto che il giovane è noto agli inquirenti per la sua vicinanza ad Attilio Giorgi, nipote acquisito del boss Antonio Cordì inteso “u ragiuneri”. E la busta conteneva, infatti, una copia della scheda informativa della polizia su Giorgi. La targa dell’auto, insieme al contenuto della busta recapitata, due giorni dopo, venivano resi noti ai carabinieri della Compagnia di Locri, all’epoca diretta dal maggiore Ciro Niglio. Già impegnati a seguire un’altra lettera anonima, recapitata lo stesso giorno alla sorella dei Dessì, e destinata alla signora Francesca Bruzzaniti, moglie di Alessandro Marcianò, e madre di Giuseppe, sotto processo quali presunti mandanti del delitto Fortugno. Strane missive, quelle ritrovate nei pressi del cancello d’ingresso del giardino: due buste di carta, entrambe di colore giallo, avvolte da cellophane, con una targhetta di carta col nome dei destinatari, che secondo la Distrettuale Antimafia, sarebbero della stessa mano di una terza, recapitata il 14 gennaio sempre del 2008, alla sorella della Bruzzaniti presso la scogliera di Africo Nuovo, e subito denunciata agli inquirenti. In queste missive anonime veniva rappresentata, «falsamente», scrivono i magistrati della Dda reggina, l’esistenza di materiale probatorio idoneo a dimo- strare l’innocenza di Alessandro e Giuseppe Marcianò in relazione all’accusa di concorso nell’omicidio di Franco Fortugno. Per ottenere i presunti documenti gli interessati dovevano versare un corrispettivo fissato in 10 mila euro. Questo era il prezzo fissato dall’anonimo per la “libertà” dei Marcianò padre e figlio, poi condannati all’ergastolo in primo e secondo grado. Nel testo riportato nell’etichetta a tergo della busta rinvenuta ad Africo è scritto: «Questa è una lettera che per prima deve leggere la signora Bruzzaniti Francesca». Poi, dopo un’interlinea: «Attenzione non leggete questa lettera in casa o se lo fate nemmeno nel cortile o in macchina: andate all’aperto in un altro posto magari a casa di un parente fidato e sicuro, capirete poi leggendola e in seguito evitate anche di parlare di questa cosa in casa in macchina o per telefono». All’interno c’era un biglietto col seguente messaggio: «Scusi se disturbiamo, ma se lei ha a cuore il bene e la libertà di suo cognato e suo nipote, allora senza perdere tempo consegni questa lettera chiusa a sua sorella Francesca, che abita a Locri. Le raccomandiamo di non parlare in casa e né in macchia. Le ripetiamo non è assolutamente uno scherzo, qui dentro c’è una lettera in cui viene indicata la prova d’innocenza dei suoi parenti. Ci vada ora da sua sorella, perché noi domani sera alle 21.30 precise qualcuno la chiamerà qui da lei a Bianco per sapere la risposta di sua sorella. Da questo momento faccia molta attenzione». La lettera conteneva anche le modalità da seguire per eseguire il pagamento in cambio dei documenti. E ancora, all’interno della busta riportante a fronte la lettera “P” in stampatello, si rilevava la presenza di due fogli. Il primo è apparentemente la copia di un atto della Polizia di Stato, una relazione della Squadra Mobile datata 02/04/2006 a firma del dirigente Salvatore Arena. Nel secondo è presente un’effigie fotografica di una persona di sesso maschile raffigurante un soggetto in via di identificazione. Fondamentale, per eludere il presunto tentativo di truffa, è stata la volontà dimostrata dalle vittime designate di non cadere nell’inganno. Scegliendo, giustamente, la via della denuncia. «LASCIA TUTTO NEL MONUMENTO A TUO FIGLIO E VATTENE» Per i familiari dell’imprenditore ucciso la “verità” era in vendita a 50 mila euro Alessandro Marcianò, all’ergastolo per l’omicidio Fortugno LOCRI. Il prezzo della “verità” in cambio dei nomi degli assassini di Gianluca Congiusta era 50 mila euro. Questa la somma richiesta in una lettera inviata a Mario Congiusta, padre della vittima, rinvenuta dalla figlia l’8 febbraio 2008. In un foglio di quaderno contenuto in una busta – il tutto immediatamente denunciato alle autorità competenti dalla famiglia Congiusta – è scritto: «Se non segui le mie istruzioni diamo ai Costa le prove che sono stati i Salerno a uccidere Gianluca. Porta 50 mila euro in una busta da spazzatura. Lunedì 11 lascia tutto nel monumento di tuo figlio e vattene. Alle due di notte». Parole crude e dirette che, secondo i magistrati della Dda, sarebbero state concepite dal vice soprintendente Antonino Consolato Franco con l’intento di raggirare i Congiusta. All’epoca era in corso l’istruttoria dibattimentale, davanti alla Corte d’assise di Locri, nei confronti di Tommaso Costa, imputato quale organizzatore ed esecutore materiale del delitto del gio- vane imprenditore sidernese, che ha poi portato alla condanna del boss all’ergastolo. Il processo aveva preso una direzione precisa grazie a un impianto accusatorio rappresentato dal pm Antonio De Bernardo, che portava in direzione di un delitto motivato da logiche di supremazia mafiosa da parte del clan Costa. Le ipotesi alternative, seppur vagliate dall’Assise in sede di escussione di numerosi testimoni, comunque non erano approdate al coinvolgimento dei Salerno nel delitto. Sebbene in uno scambio epistolare tra Tommaso Costa, detenuto a Palmi, e Salvatore “Sasà” Salerno, fosse emersa la conoscenza di una missiva estorsiva inviata ad Antonio Scarfò, futuro suocero della vittima, per la quale Costa negava ogni addebito al fine di preservare da ogni possibile “equivoco”, secondo la tesi dell’accusa, la nascente nuova alleanza tra le due fazioni un tempo avversarie. Il nome dei “Salerno”, i fratelli Salvatore e Agostino, uccisi a meno di un mese l’uno dall’altro a fi- ne 2006, era un’ipotesi aleatoria ma buona a creare velate “allusioni” all’interno del contesto mafioso nel quale, comunque, era maturato il delitto Congiusta. Nel corso del dibattimento Mario Congiusta, in più occasioni, aveva rilevato la propria assoluta volontà di scoprire il nome dell’assassino del figlio, rappresentando agli agenti del Commissariato di Siderno, che eseguivano l’indagine, ogni possibile fonte alla quale rivolgere l’attenzione. Una verità che, nella lettera anonima, portava in direzione diversa rispetto alle risultanze delle indagini, ma che poteva anche assumere i contorni della concordanza con alcuni aspetti della tentava estorsione ai danni del futuro suocero della vittima. Da quanto scrivono i magistrati della Dda reggina l’autore anonimo della missiva ai Congiusta si dichiara «disponibile» a consegnare «ai Costa» il citato materiale, qualora non fosse stata versata dal Congiusta la somma di denaro richiesta.(r.m.) SIDERNO Benzina sull’uscio di casa. Appena ieri l’altro il deposito della sentenza per l’omicidio di Gianluca Un sinistro “avvertimento” a Mario Congiusta Antonello Lupis ROCCELLA Un sinistro messaggio è stato lasciato a Siderno da ignoti malviventi davanti all’ingresso dell’abitazione di Mario Congiusta, padre di Gianluca Congiusta il 34enne commerciante barbaramente ucciso a Siderno con un colpo di fucile da caccia calibro 12 caricato a pallettoni la sera del 24 maggio del 2005. Persone non ancora identificate hanno collocato davanti al portone d’ingresso dell’abitazione di Mario Congiusta un contenitore di olio con all’interno un modesto quantitativo di liquido infiammabile (verosimilmente benzina) e un foglio di carta arrotolato e imbevuto anch’esso di liquido infiammabile. A scoprire la sgradita sorpresa e a denunciare l’accaduto ai carabinieri della stazione di Siderno e della compagnia di Locri è stato lo stesso Congiusta. Sul luogo del ritrovamento si sono recati i carabinieri della compagnia di Locri con in testa il ten. Nico Blanco e gli investigatori del Gruppo di Locri diretto dal tenente colonnello Giuseppe De Liso. Sia il contenitore di olio con all’interno inequivo- Mario Congiusta MONASTERACE Nel Consiglio voluto dall’opposizione. De Leo: «Appaltate opere senza finanziamento» La bottiglia e lo stoppino imbevuto cabili tracce di liquido infiammabile, sia il foglio di carta, sono stati repertati e presi in consegna per i rilievi e analisi più accurate, dai carabinieri. Il sinistro messaggio coincide con il deposito delle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo, emessa dalla Corte d’assise di Locri, del sidernese Tommaso Costa, boss e capo dell’omonima famiglia mafiosa di Siderno, ritenuto dai giudici l’ideatore e l’organizzatore del delitto. Gli investigatori dei carabinieri dovranno ora dare al macabro messaggio l’esatta chiave di lettura. SIDERNO Intervento della Messineo Debiti del Comune, Lanzetta chiede collaborazione Sanità, convergenza Imma Divino MONASTERACE Erano stati i due gruppi d’opposizione a sollecitare la convocazione di una seduta consiliare per discutere sulla situazione economico-finanziaria dell’ente. E a conferma di quanto il problema sia da tempo oggetto di un animato dibattito cittadino, a monopolizzare la seduta convocata dal presidente del consiglio Giuseppe Cilione è stata proprio la discussione sull’argomento posto all’ultimo punto dell’ordine del giorno. Dopo l’approvazione, in meno di un quarto d’ora, dello schema di convenzione per affidamento e gestione del servizio di tesoreria comunale per il triennio 2012-2014, la nomina di Tonina De Leo per la maggioranza e di Diego Origlia per l’opposizione a componenti della Commissione per i giudici popolari e l’approvazione dello schema del Protocollo d’intesa per la costituzione del partenariato del progetto inerente i “Pisl”, ad accendere la discussione è stato proprio Cesare De Leo, candidato sindaco sconfitto alle elezioni comunali del maggio scorso. Nell’illustrare ai numerosi presenti i contenuti di un documento fatto pervenire all’Amministrazione comunale sulle preoccupazioni inerenti la grave crisi di liquidità che attanaglia l’ente, e nel lamentare ritardi nell’acquisizione degli atti e documenti richiesti, ha espresso alcune perplessità sulla gestione della situazione debitoria del Comune, lamentando immobilismo, sbagli e sprechi: « Vorrei collaborare affinché non si commettano gli errori del passato», ha detto De Leo, ponendo l’attenzione sui lavori di piazza Porto Salvo e di illuminazione di via Nazionale, spiegando che, probabilmente, i debiti accumulati si sarebbero potuti evitare semplicemente con una gestione più oculata delle procedure da parte dell’Amministrazione che avrebbe dovuto adottare provvedimenti anche radicali nei confronti dei professionisti responsabili: «Come avete fatto ad appaltare delle opere senza finanziamento? Quando arriverà il decreto ingiuntivo come farete e pagare visto che la Cassa depositi e prestiti finanzia progetti e non opere? Possiamo approvare le cose buone che ci sono e ci saranno, però rispetto a questi problemi, a questi nodi che vengono al pettine, come pensate di agire?». Non si è fatta attendere la replica del sindaco. Maria Carmela Lanzetta ha sottolineato che, nonostante la contrazione delle risorse, l’esecutivo sta lavorando alacremente: «È un momento di grande programmazione, questo – ha spiegato elencando una lunga lista di progetti e opere avviati –. Spesso i ritardi sono dovuti a questo lavoro “nascosto” ma importante. Mi appello a tutto il Consiglio perché faccia proprio questo momento difficile e dia consigli e suggerimenti utili». Alla fine, dopo un lungo batti e ribatti tra il consigliere De Leo e l’assessore al Bilancio Teodoro Bucchino che ha voluto, comunque, ribadire la trasparenza di questa amministrazione e la mancanza di responsabilità su debiti accumulati da passate gestioni amministrative, a conclusione del consiglio, il sindaco ha annunciato, a breve, un incontro pubblico sui lavori di piazza Porto Salvo. sul documento del Pd Aristide Bava SIDERNO I banchi occupati da Giunta e Consiglio comunale Il folto pubblico presente alla seduta consiliare Decisamente scettica Maria Grazia Messineo sul Consiglio comunale chiesto dai suoi colleghi di partito del Pd sulla sanità della Locride. «Il Consiglio comunale fuori tempo massimo, dopo la presentazione della seconda bozza dell’atto aziendale – dice l’ex candidata del Pd al Consiglio –è servito a poco se non a dimostrare come la politica denoti ancora una volta pesanti ritardi nell’affrontare tematiche fondamentali come la sanità. Il consiglio comunale avrebbe avuto la sua ragion d’essere due mesi fa, quando il vescovo Morosini, al “puntualissimo” e ragionevole consiglio comunale aperto a tutti, invitava i sindaci e la comunità a fare qualcosa di significativo per difendere il diritto alla salute». «Quella di lunedì sera – secondo la Messineo – è stata un’assise di “ringraziamenti” a non so chi e, soprattutto, per non so cosa; di “palleggi” di responsabilità, con tanto di lettura di documenti destinati ad essere messi nel cassetto o nel cestino. Pensare alla telemedicina non ha molto senso quando, così come è stato già detto dal consigliere Sgambelluri, mancano presidi essenziali, quali garze, siringhe e, adesso, persino i posti letto, quando il pronto soccorso versa in condizioni pietose ed è tutto tranne luogo asettico e sicuro e quando i nostri medici si vedono accusati di essere autori di malasanità, sol perché costretti a lavorare con organici da terzo mondo». E intanto l’Amministrazione comunale ha comunicato in una nota che «in riferimento al documento sulla sanità proposto lunedì scorso dal Pd» si precisa che «è stato sottoposto alla conferenza dei capigruppo che ha trovato una sintesi soddisfacente per tutti. Lo stesso documento, nella sua veste unitaria – aggiunge la nota – sarà sottoposto al prossimo Consiglio comunale».(a.b.) Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud 28 Cronaca di Catanzaro Largo Serravalle, 9 - Cap 88100 Tel 0961.723010 / Fax 0961.723012 [email protected] Concessionaria: Publikompass S.p.A. Largo Serravalle, 9 - Cap 88100 Tel. 0961.724090 / Fax 0961.744317 Economia della Calabria Si presenta il rapporto Si presenta oggi, alle 10, il rapporto della Banca d’Italia sull'economia della Calabria [email protected] . RIFIUTI E MANETTE Dalle intercettazioni disposte dalla Procura emergono responsabilità di imprenditori ma anche di funzionari pubblici «Questa discarica è una miniera d’oro» Il gip: obiettivo del “padrone” della Enertech era trasformare in utile personale i corrispettivi dell’appalto La discarica di Alli è «un affare» che rappresenta «una miniera d’oro». Viene riportata tre o quattro volte questa frase detta al telefono da uno degli indagati - il direttore tecnico della Enertech, Loris Zerbin - nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Abigail Mellace, che ieri ha fatto scattare l’operazione “Pecunia non olet bis” ( di cui riferiamo anche nelle cronache regionali). D’altra parte, il gip scrive chiaramente nel provvedimento che «le univoche conversazioni intercettate, valutate alla luce dei plurimi elementi di prova documentali, investigativi e dichiarativi raccolti nella fase delle indagini, dimostrano come Stefano Gavioli (l’ex amministratore della Enertech, ndr) negli anni in cui otteneva l’aggiudicazione dell’appalto per la gestione, il potenziamento e l’ampliamento dell’impianto di Alli metteva a punto, con l’apporto degli altri indagati, un programma criminoso indeterminato, avente ad oggetto la massimizzazione degli ingenti profitti erogati dall’Ente pubblico, a titolo di corrispettivo per le prestazioni rese». In poche parole, «il perseguimento dell’obiettivo – continua il gip – prevedeva da un lato la totale elusione delle obbligazioni tributarie che, per anni, venivano letteralmente ignorate fino ad assumere importi straordinariamente rilevanti, e dall’altro l’esecuzione gravemente irregolare, truffaldina e parziale delle presta- zioni oggetto dell’appalto ridotte all’osso», cioè a quanto «era assolutamente indispensabile per il mantenimento del rapporto e l’apparente esecuzione del servizio». La conseguenza, secondo il gip, sarebbe stata «la trasformazione in utile personale della maggior parte delle somme liquidate a titolo di corrispettivo per l’esecuzione dell’appalto che, come dice Zerbin in un’illuminante conversazione, era una vera e propria “miniera d’oro”». La “madre di tutte le intercettazioni” risale al 7 giugno del 2011. «Nel colloquio – scrive ancora il gip – Zerbin, in modo assolutamente genuino, illustra le finalità perseguite da anni da Gavioli nella gestione del contratto d’appalto». Un serbatoio di denaro, quell’appalto, da cui «Gavioli attingeva per i suoi fini, senza alcun interesse per la corretta erogazione del servizio che, da sempre, veniva gestito in modo gravemente parziale ed irregolare, al solo scopo di incamerare un utile che non era pari soltanto al 30% delle somme incamerate, che dice lo Zerbin sarebbe stato “un utile onesto e buono”, ma praticamente corrispondeva all’intero ammontare degli importi corrisposti detratti i costi assolutamente necessari». Al telefono, quel 7 giugno, Zerbin parla con il coindagato Giovanni Faggiano. La conversazione si concentrata improvvisamente su presunti debiti per fron- GAVIOLI Voleva cedere tutto e andare all’estero Gerardo Lardieri, Giorgio Naselli, Giuseppe Borrelli, Vincenzo Antonio Lombardo, Salvatore Tatta, Fabio Canziani e Fabio Bianco durante la conferenza stampa di ieri mattina teggiare i quali «Gavioli – dice Zerbin – sta raschiando il fondo di tutti i barili che abbiamo, o per meglio dire che ha lui. Sta prendendo i soldi da una parte – ag- «Elusione degli obblighi tributari ed esecuzione gravemente irregolare dell’appalto» giunge Zerbin – e li gira dall’altra. Il problema è che i soldi li giri quando ce li hai. Ma quando hai finito di vendere porcherie agli indiani, hai finito, no?». Il gip osserva in merito che Gavioli avrebbe «dilapidato – si legge nell’ordinanza – tutti gli importi conseguiti, utilizzandoli ad altri fini, tanto che non disponeva del denaro necessario neppure per avviare i lavori di ampliamento della discari- ca». E proprio sulla “questione Catanzaro”, Zerbin approfondisce alcune questioni nella “famosa” telefonata: «Siccome la fatturazione di Catanzaro non basta ad alimentare questo giro qua, perché non sono 600mila euro di utile, ma sono 600mila euro con un utile onesto e buono, di 30%». Infatti «200mila euro te li puoi anche tirare fuori da Catanzaro, ma gli altri 400mila li devi spendere! Questo – continua Zerbin – non ce li ha... questo non c’ha i soldi per fare l’intervento della discarica. Sono riusciti a partire adesso con quattro lavori del cazzo... no? E non la finiremo in tempo in ogni caso, perché è ovvio se si è partiti con un anno e mezzo di ritardo... Allora, non hai i soldi per finire un affare che è una miniera d’oro, e non finirà, e andrà in penalità coi lavoratori».(g.l.r.) Vendere in blocco le partecipazioni societarie, trasferire i relativi introiti in Croazia e quindi andare lui stesso all’estero. Nello snocciolare le esigenze cautelari nei confronti degli indagati, il gip si sofferma ovviamente su Gavioli, il capo della Enertech. E osserva che «in diverse telefonate, parlando con vari collaboratori, Gavioli discute delle condizioni di vendita delle sue società, delle modalità con cui trasferire all’estero i capitali introitati e della sua volontà di lasciare, successivamente, l’Italia». Gli utili sarebbero finiti in Croazia «attraverso – osserva ancora il magistrato – la società finanziaria Servin, cassaforte estera del gruppo verso la quale sono stati e vengono canalizzati ingenti flussi finanziari». Significativa, in questo senso, una conversazione con la compagna Gada residente in Canada: «Se non vendo non finisco mai questa situazione; sono stanco ma bisogna avere tutto sotto controllo, altrimenti è una tragedia».(g.l.r.) LE CONVERSAZIONI CHE HANNO PERMESSO DI RICOSTRUIRE IL RUOLO DEL COMMISSARIATO DISAGI AI RESIDENTI Melandri solidale con il coindagato: caro Mimmo, mi dispiace «Povero Mimmo, mi dispiace». Al telefono, il 4 luglio scorso, parlano il commissario delegato per l’emergenza ambientale Graziano Melandri e il funzionario del suo ufficio, Domenico Richichi. I due, coindagati, sanno dell’inchiesta avviata dalla Procura. E il commissario chiede a Richichi se i finanzieri che lo hanno appena sentito «sono già andati via». Il funzionario racconta che gli è stata contestata «la mancata verifica della voltura dell’Aia (da Enerambiente e a Enertech, ndr)» e la conversazioni continua poi nel merito delle questioni oggetto d’indagine. Il ruolo dei componenti dell’ufficio commissariale - oltre a Melandri e Richichi è stata richiesta l’interdizione per il funzionario Simone Lo Piccolo - è ben delinea- to nell’ordinanza firmata dal gip Mellace. Secondo il magistrato «Melandri ma soprattutto Richichi» sarebbero stati «consapevoli di aver effettuato i pagamenti in favore di Enertech nonostante la mancanza in capo alla stessa dei requisiti di legge (in primis l’Aia), la cui sussistenza nessuno aveva controllato»; i due, inoltre, si sarebbero attivati «per cercare di trovare delle argomentazioni giustificative». In un’intercettazione ambientale nella sede del commissariato per l’emergenza ambientale, a Lido, finisce una riunione - il 23 giugno scorso - fra Stefano Gavioli, Giancarlo Tonetto, Loris Zerbin, Melandri, Lo Picolo e Richici. «Tonetto – si legge nell’ordinanza – spiega che Enerambiente, per problemi di liquidità, ha dovuto effettuare una se- rie di operazioni societarie finalizzate a separare la raccolta dei rifiuti urbani dalla gestione degli impianti, tipo quello ubicato in Calabria, affidando quest’ultimo servizio alla società Enertech che fa sempre parte del gruppo Gavioli spa. Dal punto di vista operativo la Enertech si occupa principalmente della gestione del servizio in Calabria. Per quanto riguarda la formalizzazione di tale rapporto con il commissariato è stata fissata già in una presa d’atto da parte del commissario; il problema, da un punto di vista formale, non è ancora risolto per quanto riguarda l’ampliamento». Qualche giorno dopo, però, parlando al telefono con il commissario Lo Piccolo ammette che «come avevamo discusso all’inizio, è chiaro che il passaggio Enerambien- IL GIUDIZIO DEL PROCURATORE CAPO novazioni tecnologiche ci sono». Secondo il procuratore capo, infatti, «le discariche sono cose del passato, e in Calabria non vengono realizzati impianti tecnologici e non si fa la differenziata». Lombardo si è anche soffermato sulle possibili conseguenze pratiche dell’inchiesta: «Non siamo noi che blocchiamo la discarica di Alli, si sarebbe bloccata per fatti suoi». Dello stesso avviso il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, secondo il quale «il funzionamento della raccolta dei rifiuti non può avvenire al prezzo di causare un disastro ambientale per l’assoluta inadeguatezza del funzionamento della discarica». Su Alli restano fitte le nubi. Chissà per quanto tempo ancora i cancelli dell’impianto rimarrano chiusi. Lombardo: gestione disastrosa Basta con le logiche del passato «La gestione dei rifiuti in Calabria è stata un disastro, come risulta anche dalla relazione della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti». Lo ha detto il procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo, intervenendo alla conferenza stampa nel corso della quale sono stati illustrati i dettagli dell’operazione condotta da Guardia di Finanza e Carabinieri sul sistema dei rifiuti e sulla discarica di Alli, che ha portato all’arresto di cinque persone e all’emissione di altri provvedimenti. «Il problema – ha aggiunto Lombardo – non è soltanto la discarica di Alli, perché si aggiungono le questioni dei pagamenti, dei Comuni che non pagano, delle ditte che si occupano della raccolta dei rifiuti e si rifiutano di fare il servizio perché non ricevono i soldi. Serve un nuovo modo, le inMilitari della Guardia di Finanza impegnati nella notifica dei provvedimenti giudiziari Uno scorcio della discarica di Alli te-Enertech è un passaggio fatto ad hoc per aggirare il blocco che avevano su Equitalia». Nel merito della gestione dal punto di vista ambientale, il gup riporta un’altra conversazione avvenuta a giugno tra Melandiri e Richichi, che è anche responsabile unico del procedimento per la gestione dell’impianto di Alli. In relazione al mancato collaudo di alcune linee per il trattamento dei rifiuti, Melandri dice che «finché non è collaudato io non lo posso fare funzionare». Richichi ribatte che, per risolvere il problema, bisognava bloccare i conferimenti o, in alternativa, «lasciare perdere per non creare problemi». Ma «tu – taglia corto Melandri – essendo il rup sei il più esposto di tutti in questi casi. Intanto goditi le vacanze...».(g.l.r.) RIUNIONE A PALAZZO DE NOBILI I gruppi di opposizione chiedono soluzioni definitive «Mobilitazioni destinare a concentrare l’attenzione sulla necessità di interventi risolutivi in tempi brevi». È quanto annunciato i gruppi consiliari di opposizione a Palazzo De Nobili visto «lo stato emergenziale in cui versa la città di Catanzaro dal punto di vista dell’igiene e del decoro». La valutazione è scaturita da un incontro che si è svolto ieri mattina alla presenza del capogruppo del Pd Salvatore Scalzo, del consigliere democratico Lorenzo Costa, del capogruppo di “Svolta democratica” Umberto Aracri e della con- sigliera dello stesso gruppo Amedea Rizzuto, del capogruppo de “La Sinistra” Eugenio Occhini e del collega di “Autonomia e diritti” Antonio Argirò. I consiglieri comunali di opposizione evidenziano «il rischio igienico-sanitario che interessa la città, in cui i livelli di incuria hanno raramente toccato questa soglia emergenziale: rifiuti solidi urbani, ingombranti, scatoloni, continuano a rimanere in bella mostra in ogni angolo della città, dal centro storico alle periferie».(g.l.r.) DENUNCIA DELL’ASSOCIAZIONE “IL PONTE MORANDI” Il Verdoliva è un inceneritore Lo stadio Verdoliva lo si sta utilizzando anche come un ottimo inceneritore di sterpaglie e rifiuti vari! La denuncia è del presidente dell’associazione “Il ponte Morandi” Elio Mauro e della componente Francesca Oliverio. Ieri «si è dovuto ricorrere a far intervenire i Carabinieri e richiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco per poter far porre fine ad un’ incendio creato all’interno della struttura che era cosparsa di erbacce, tronchi e rami secchi di alberi» causando disagi ai residenti. Da qui la richiesta d’intervento al sindaco Traversa e all’assessore Calabretta. Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud 44 Cosenza - Provincia . CORIGLIANO Per la magistratura antimafia sono fondamentali le dichiarazioni già depositate del collaboratore di giustizia Antonio Forastefano Santa Tecla, irrompono le rivelazioni del boss Il pentito accusa il defunto Franco Straface e il fratello Mario di essere stati imprenditori al servizio dei clan Fabio Melia CORIGLIANO Rivelazioni che pesano. Soprattutto perché a sciogliere quel vincolo che impone a uno ‘ndranghetista di non aprire mai bocca con gli “sbirri” è Antonio Forastefano, boss cassanese passato nei mesi scorsi dalla parte dello Stato. Le sue dichiarazioni, pronunciate di fronte al pm antimafia Vincenzo Luberto, sono state già depositate agli atti di “Santa Tecla”, il processo contro il “locale” di ‘ndrangheta coriglianese (ora suddiviso in tre tronconi: abbreviato, ordinario più lo stralcio delle posizioni di una manciata di imputati). Forastefano, in particolare, tira in ballo anche Franco Straface, il fratello dell’ex sindaco Pasqualina, deceduto sabato scorso mentre si trovava ristretto agli arresti domiciliari nella sua casa di Cantinella. E nei retroscena svelati dal pentito c’è pure Mario Straface (che dall’aprile scorso non è più, come erroneamente riportato ieri, sottoposto al regime carcerario del 41 bis), l’altro germano finito al centro dell’inchiesta che ha provocato lo scioglimento del consiglio comunale di Corigliano per infiltrazioni mafiose. Secondo il collaboratore di giustizia gli Straface altro non erano che «imprenditori a disposizione della cosca coriglianese». Forastefano avrebbe conosciuto i due fratelli tramite Antonio Bruno, alias “Giravite”, il boss di Corigliano trucidato a colpi di kalashnikov nel giugno di due anni fa insieme ad Antonio Riforma. Gli Straface avevano da poco subìto l’incendio di una ruspa nel territorio di Cassano. Ma “Giravite” avrebbe preso le loro parti dicendo a Fo- rastefano «che sarebbero stati pronti – afferma il pentito nel verbale finito agli atti di “Santa Tecla” – ad esaudire ogni nostra richiesta». Bruno avrebbe dunque perorato l’incontro, durante il quale sarebbe stato chiesto al boss cassanese un “favore”: un attentato incendiario ai danni di un’azienda rivale. Questi dunque alcuni degli elementi che, a parere dell’accusa, proverebbero la contiguità degli Straface con la criminalità organizzata. Versione smentita dagli avvocati Emanuele Monte ed Ernesto D’Ippolito, che invece ritengono illuminante l’incendio della ruspa citato proprio da Forastefano, un episodio che secondo i difensori confermerebbe l’assoluta estraneità dei due fratelli da contesti ‘ndranghetistici. Ieri intanto, nell’aula bunker di via Paglia a Catanzaro, sono proseguite le arringhe difensive di fronte al gup Tiziana Macrì, il giudice titolare del troncone processuale che sta seguendo la strada del rito abbreviato. In aula mancava il pm Vincenzo Luberto, da giorni lontano dal capoluogo di regione per altri processi che lo vedono impegnato a rappresentare della pubblica accusa. A chiedere il proscioglimento dei propri assistiti gli avvocati Ettore e Giovanni Zagarese, Giuseppe Zumpano e Francesco Nicoletti. Il primo, in particolare, ha affrontato le posizioni di Natalina Amato, Francesco Surace, Eugenio Morrone e Gennaro Luzzi, riservandosi di discutere in seguito quelle di Antonio Piccoli, Arcangelo Conocchia e Pietro Longobucco. Giovanni Zagarese. L’udienza preliminare è stata aggiornata al 29 novembre. ACQUAFORMOSA Manoccio si appella a Mancini e Scopelliti Pasquale Pisarro ACQUAFORMOSA L’udienza preliminare si sta svolgendo nell’aula bunker di Catanzaro Le dichiarazioni dei pentiti sono alla base dell’inchiesta della Dda Confermato come capo di gabinetto del Ministero delle politiche agricole e forestali Prestigioso incarico per il coriglianese Colosimo CORIGLIANO. «Il consigliere An- tonello Colosimo, magistrato della Corte dei Conti, è stato confermato capo di gabinetto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Si sta procedendo alla definizione delle altre figure necessarie allo svolgimento dell'attività del dicastero». È quanto recita un comunicato stampa ufficiale del portavoce del ministero delle politiche agricole confermando così il prestigioso incarico ad Antonello Colosimo, calabrese e originario della città di Corigliano. A suo padre Giovanni Colosimo è intitolato anche il liceo classico di Corigliano, città alla quale il consigliere è profondamente legato e nella quale torna spesso durante l’anno. Nato a Napoli nel 1960, laureato in giurisprudenza e scienze politiche, specializzato in diritto amministrativo e scienze dell’amministrazione. È figlio del compianto professore Giovanni Colosimo, coriglianese. Antonello Colosimo è stato addetto dal 1988 al CORIGLIANO Il coordinatore dei casiniani Cerbella sprona a un maggiore confronto 1992 alla segreteria del presidente del Consiglio, è stato il più giovane dirigente generale dello Stato e ha prestato servizio presso il Ministero dei Lavori Pubblici, poi direttore generale per gli Affari generali e il Personale nel Ministero delle Comunicazioni, capo di Gabinetto nello stesso, consigliere giuridico del ministro della Funzione Pubblica, consigliere della Corte dei conti. È autore di varie pubblicazioni e articoli scientifici e giuridici.(emi.pis.) Antonello Colosimo SPEZZANO A. Posizioni dei partiti incerte Commissari prefettizi poco comunicativi Le ambiguità e i silenzi Emilia Pisani CORIGLIANO Parlano di una battuta d’arresto della città di Corigliano senza precedenti, situazione oramai nota a molti, quelli dell’Udc locale. Il coordinatore Ernesto Cerbella in una nota si esprime sull’operato della commissione prefettizia: «Apprezziamo, preliminarmente, lo sforzo da questi attivato in direzione di una stabilizzazione degli aspetti finanziari della gestione dell’ente al fine di evitare una dichiarazione di dissesto, ma non possiamo non sottolineare come l’azione commissariale non possa né debba limitarsi ad una azione prevalentemente contabile che, stante il lungo periodo di commissaria- Ernesto Cerbella mento, mortificherebbe irreparabilmente le aspettative di sviluppo della città. È per questo che non intendiamo chiedere incontri, avendone già consumato uno nel quale abbiamo evidenziato le problematiche esistenti sul tavolo, ma non possiamo esimerci dall’evidenziare, perlomeno, una carente informativa su ciò che viene elaborato ed attuato, il che rappresenta un sacrosanto diritto dei cittadini ed un dovere da parte dell’organismo chiamato alla gestione della cosa pubblica. Intendiamo anche chiedere lumi sullo stato di interventi non comportanti oneri finanziari come i Pisu dei quali ignoriamo lo stato di evoluzione e di eventuale realizzazione; così come non sappiamo che fine ab- biano fatto i bandi pubblici per l’affidamento delle opere riguardanti l’illuminazione cittadina, così come quello per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Ed, in prosieguo, a che punto sono i Psu per i quali, preliminarmente, dichiariamo la nostra posizione nel prediligerli a volumi zero, così come attuato dal sindaco Renzi a Firenze». In che modo ci si sta poi muovendo per impedire gli allagamenti tipici del periodo invernale? Ecco, questi sono solo alcuni dei tanti aspetti della vita amministrativa per i quali l’Udc chiede informazioni «senza, con ciò, addentrarsi in altre molteplici e spinose situazioni esistenti per le quali non si evince ancora nessun intervento e nessuna indicazione». CORIGLIANO Stamattina alle 9 la manifestazione promossa dalla sigla sindacale Sanità, la Cgil protesta davanti al “Compagna” Ernesto Paura CORIGLIANO Nel quadro delle iniziative per la giornata di mobilitazione nazionale, indetta per oggi dalla Cgil e attraverso la quale si invoca la «cessazione di politiche inique che scaricano sui cittadini i costi del risanamento e della crisi», anche i vertici della stessa organizzazione sindacale dell’area urbana Corigliano-Rossano hanno promosso ed organizzato (sempre per la giornata di oggi) una manifestazione di protesta davanti gli ospedali di Corigliano e di Rossano (l’appuntamento è alle 9) per mettere in tutta evidenza il disagio della collettività e a rendere, inoltre, partecipi i cittadini delle proprie proposte. «In Calabria, in particolare – fa rilevare il responsabile Cgil dell’area urbana Corigliano-Rossano, Vincenzo Casciaro – si sono aggiunti i pesanti ticket sanitari imposti sia dal governo nazionale che regionale, mentre nel vasto comprensorio di Corigliano e di Rossano si continua ad attendere la pubblicazione del bando per la costruzione del nuovo ospedale, che il governatore Scopelliti ha già rinviato di due anni. In questa attesa sia l’ospedale di L’ospedale “Compagna” di Corigliano Corigliano che quello di Rossano continuano a subire i tagli imposti dalla Regione, e non riescono più a sopportare gli aumentati carichi di lavoro, conseguenti alla chiusura degli Ospedali di Trebisacce e di Cariati.» La giornata – come informa una nota – sarà caratterizzata da momenti di confronto, di discussione e di partecipazione, «affinché i cittadini abbiano la consapevolezza che la Sanità è in grave pericolo, per colpa appunto di politiche sbagliate, inefficienti e inadeguate. Di qui l’invito a tutte le forze politiche e sociali a partecipare». sono ormai la norma della dinamica politica Johnny Fusca SPEZZANO ALBANESE Attacchi a tutto spiano, “sberle” anche tra fazioni apparentemente amiche, risposte che non arrivano, lunghi silenzi e movimenti ambigui che molte volte non restano nemmeno tanto sottobanco. La politica spezzanese odierna è in grande fermento. Manca ancora un pezzo all’ufficiale ritorno alle urne (la Giunta guidata dal sindaco Giovanni Cucci è solo a metà del proprio mandato) eppure gli scontri a volte sono così aspri da far pensare alla campagna elettorale. I segnali in tal senso vengono un po’ da tutte le componenti politiche del centro arbëresh, ma gli spunti di discussione più interessanti arrivano anche dall’esterno, se non addirittura dall’interno. Si pensi, nel primo caso, a tutto ciò che ruota intorno al neonato circolo dell’Udc spezzanese, che di fatto ha “rinnegato” due consiglieri comunali di maggioranza (Mussari e Viceconte) dopo l’intervento del presidente provinciale del partito, Cataldo Russo, che pretese dal sindaco Cucci (ma senza ottenerlo) un ruolo di responsabilità dei suoi “affiliati” all’interno della squadra di governo cittadina. A ciò s’aggiungano le difficoltà nei rapporti intercomunali sorte di recente con la confinante San Lorenzo del Vallo dopo che il sindaco di quest’ultima comunità, Luciano Marranghello, ha praticamente additato Cucci di “cattiva gestione”, visto che gli ha candidamente consigliato di «badare di più al suo paese scontento». Se guardiamo poi in casa della maggioranza spezzanese, le cose non vanno di certo meglio. In due anni e mezzo di amministrazione della Cosa pubblica ci sono stati vari momenti di difficoltà: su tutti, le “quasi dimissioni” del vicesindaco Luigi Serra e la conferma tra gli scranni dell’assise cittadina del gruppo di minoranza interno alla maggioranza “Voce del Popolo Spezzanese”, nei fatti una realtà a sé stante rispetto a Cucci e ai fedelissimi di quest’ultimo. Guardando al resto del panorama politico, mentre il Pd ormai tace da tempo (ma il segretario Ferdinando Nociti pare stia lavorando in silenzio) desta curiosità l’atteggiamento dell’Udc di Guido e Carnevale, in teoria aperto al dialogo con chiunque, ma ne fatti duro a destra e sinistra. Il sindaco Giovanni Cucci Il sindaco di Acquaformosa, Giovanni Manoccio, lancia un appello al governatore Giuseppe Scopelliti e all’assessore Giacomo Mancini. Il primo cittadino chiede «quali soluzioni intendono adottare per arginare la perdita di ingenti finanziamenti da parte della Regione e di conseguenza dei Comuni». «La ragioneria della Regione – aggiunge Manoccio – dal mese di giugno liquida, con difficoltà estrema, le spettanze dei Comuni e noi praticamente ogni mattina dobbiamo discutere con imprese e con i cittadini sul perché la Regione tarda a pagare le spettanze, nascondendo le difficoltà di liquidità nelle casse. Senza considerare che l’azione dell’Assessore ai Lavori Pubblici, che ha ritardato di un anno le graduatorie sulle opere pubbliche, ha di fatto bloccato i pochi investimenti che gli Enti locali possono effettuare». «Speriamo di non assistere – conclude il sindaco di Acquaformosa – all’ulteriore scippo di risorse. Anche perché questa volta i responsabili avrebbero nomi e cognomi chiari». SAN LORENZO Evasione Il sindaco non risparmia i suoi parenti SAN LORENZO DEL VALLO. L’amministrazione comunale di San Lorenzo del Vallo ha annunciato provvedimenti nei riguardi di una cinquantina di famiglie che non pagano le tasse. Una «testarda ed ostinata evasione fiscale», l’ha definita il sindaco Luciano Marranghello, che però ha minacciato il pugno duro contro chi si rende colpevole, reiteratamente, dello stesso reato. I soldi che il Comune di fatto sta andando a perdere sarebbero circa 15mila euro, “spiccioli” che magari potrebbero essere investiti altrove per migliorare altri servizi sul territorio. Come la mensa e il trasporto scolastico, che rischiano uno stop proprio perché mancano fondi “sottratti” alle casse municipali da tesse non pagate. «Aspetteremo fino al 31 dicembre – ha annunciato il primo cittadino – poi agiremo di conseguenza e ci faremo sentire finanche ricorrendo al pignoramento. Non è giusto che paghino solo alcuni cittadini, se pensiamo che tra questi evasori c’è tanta gente che sta bene economicamente». Dopo aver fatto notare che i numerosi solleciti inviati agli interessati sono caduti nel vuoto, arriva la rivelazione: «Ci sono molti miei avversari politici tra quelli che non pagano, ma devo far notare che tra i “furbi” c’è anche un mio parente e quest’ultimo, quando agiremo, dovrà essere il primo a versare quanto dovuto».(jo.fu.) 40 Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud Crotone - Provincia . CIRÒ MARINA I sindaci di nove comuni concordano un unico progetto da finanziare con i fondi del Pisl Un polo agroalimentare nell’ex Giara Insieme al vino, le produzioni di olio e di carne tra i settori da promuovere Margherita Esposito CIRÒ MARINA Da simbolo di un clamoroso fallimento a fulcro dello sviluppo agroalimentare non solo del Cirotano ma dell’intera provincia di Crotone. Nel tavolo di discussione aperto tra i Comuni e la Provincia per la redazione dei progetti integrati locali (Pisl), è stata trovata una convergenza tra nove Comuni dell’Alto Crotonese e del Cirotano sull’idea di fare della struttura olearia e dei terreni circostanti dell’ex stabilimento Giara, non solo la Cantina della “contea del Vino”, in attuazione a quanto già concordato tra Cirò Cirò Marina e Crucoli che sono costituiti in consorzio. La proposta, accolta con favore da sindaci e delegati delle amministrazioni di Cirò, Cirò Marina, Crucoli, Strongoli, Melissa, Umbriatico, Pallagorio, San Nicola dell’Alto, Carfizzi, è fare assurgere l’ex Giara al grado di Polo agro alimentare crotonese in cui produrre vino anche olio e lavorare le carni, che grazie ai numerosi allevamenti ovini e soprattutto bovini costituisce in zona un’altra importante risorsa. Oltre ai nove Comuni, anche Casabona, che, tuttavia, è ricompreso in un altro ambito territoriale, con il suo sindaco Natale Carvello, avrebbe espresso interesse a fare parte di questo progetto. I Comuni coinvolti sono ad oggi quelli inseriti nel distretto 47 del piano di redazione dei Progetti integrati di sviluppo locale che, opportunamente condivisi e redatti andranno a concorrere al Bando regionale al finanziamento con i fondi europei Fers 07/13 del Por Calabria. Una manna, insperata per la Calabria di 42 milioni di euro, che, sperando in una adeguata ripartizione, promettere nel Cro- Sull’asfalto di Via Falcone il corpo senza vita di Carmine Bonifazio CUTRO Il funerale di Carmine Bonifazio Una chiesa stracolma per l’ultimo addio all’imprenditore ucciso CUTRO. «Pentiti»: è l’esorta- La struttura della ex Giara che già ospita un impianto di trasformazione delle uve è stata individuata come sede di un futuro polo agroalimentare tonese di stimolare la crescita in quattro campi di azioni: la mobilità, la qualità della vita, il sistema turistico locale e il settore agroalimentare. Il grande immobile dell’ex Giara, si trova in località S. Andrea, nel territorio di Cirò. La struttura rilevata all’asta fallimentare nell’aprile 2008 dal Consorzio dei tre Comuni, è stato adattata e ristrutturazione con finanziati regionali pari a 1.860.000 euro. Negli anni l’impianto si è arricchito anche di nuove attrezzature. Le ultime sono state acquistate con ulteriore finanziamento di 100 mila euro che si aggiungono ai 440 mila euro già spesi per dotare la struttura dei mezzi necessari alla lavorazione dell’uva. Allo stato attuale l’impianto vincolo è capace di produrre, potenzialmente, 7 mila ettolitri di vino incamerando 10 mila quintali di uva; a pieno regime, potrà arrivare a assorbire anche 20 mila, spazzando via ogni ipotesi di crisi nel collocamento della pregiata uva cirotana. Comprensibilmente soddisfatto per l’adesione dei sindaci degli altri Comuni che vogliono utilizzare la struttura dell’ex Giara si è detto, ieri, il sindaco di Cirò Mario Caruso. L’assessore alle Attività produttive del Comune di Cirò Marina, Sergio Ferrari, delegato a rappresentate la cittadina al tavolo di partneriato provinciale, ha spiegato che «ciascun Comune potrà partecipare ad un massimo di due Pisl che, in previsione del nuovo incontro di lunedì, saranno individuati in maniera definitiva». «Oltre a quello volto ad incidere nel settore produttivo – ha aggiunto Cirò Marina, ambisce a fare parte di un progetto “intercomuna- le” per stimolare lo sviluppo del sistema turistico locale». La vicina Cirò, in questa stessa ottica, è entrata a fare parte dell’ambito che comprende Caccuri e Umbriatico che si propone di redigere un progetto integrato finalizzato al recupero e la valorizzazione dei propri borghi antichi. Le proposte progettuali dovranno essere presentate dai Comuni e privati accreditati entro il 2 dicembre al Tavolo di partenariato provinciale per poi essere presentate alla Regione entro il 12 dicembre per concorrere all’assegnazione dei fondi. zione rivolta ieri nella sua omelia funebre da padre Salvatore Brugnano all’ignoto sicario che martedì mattina ha assassinato Carmine Bonifazio, ha reso orfane le sue due figlie e vedova la giovane moglie. Nella Chiesa del Crocifisso affollata in ogni ordine di posti, l’intera cittadina di Cutro ha dato un addio commosso e sgomento al 42enne imprenditore assassinato in un agguato dalla dinamica mafiosa ma che forse con la ‘ndrangheta non c’entra. Tant’è che il fascicolo d’indagine sull’omicidio è nelle mani del sostituto procuratore della Repubblica Ivan Barlafante in forza alla Procura di Crotone e non alla Distrettuale antimafia. Il magistrato coordina gli investigatori dell’Arma dei carabinieri impegnati nelle indagini. I militari indagano in ogni direzione, ma parrebbero privilegiare una pista precisa. Nulla è lasciato al caso dagli investigatori che stanno scandagliando la vita privata della vittima con l’obiettivo di risolvere al più presto il delitto dando un nome al killer dell’imprenditore assassinato martedì mattina in via Giovanni Falcone da un sicario che ha atteso che Bonifazio uscisse di casa col suo fuoristrada e gli ha esploso contro due colpi con un fucile cal 12 caricato a pallette. I micidiali proiettili hanno colpito Bonifazio tra il collo e la spalla sinistra. Il colpo mortale gli ha reciso la carotide come ha confermato l’autopsia eseguita l’altro ieri sera nell’obitorio del San Giovanni di Dio. Benchè colpito a morte Carmine Bonifazio è riuscito ad aprire la portiera della sua Toyota Rav 4. Ma fatti pochi metri è stramazzato sull’asfalto a poca distanza dall’uscita secondaria del cortile che circonda la villa dove il 42enne viveva con la moglie Vittoria e le sue due figlie di 16 e 12 anni. E ieri durante il funerale officiato dal frate redentorista giunto apposta a Cutro, la figlia maggiore di Carmine Bonifazio, Stella, ha voluto dare una sua testimonianza commovente e toccante per l’ultimo addio al suo papà al quale era legatissima.(l. ab.) CIRÒ Contro i “tagli” che ridimensionano i collegamenti ferroviari con il Nord PETILIA P. ISOLA C. RIZZUTO I volontari a Verona Caruso chiama i cittadini alla mobilitazione Della Ratta Rinaldi parla sulla cittadinanza Le Giacche verdi nel servizio d’ordine a “Fieracavalli 2011” Carmelo Colosimo Consuelo Ruggiero PETILIA POLICASTRO ISOLA CAPO RIZZUTO Si profila denso di contenuti e di stimoli l’incontro con Francesca della Ratta-Rinaldi da parte degli studenti del liceo scientifico Lombardi Satriani. Già questa sera, alle ore 17, presso i locali di un noto ristorante, studenti e genitori saluteranno la ricercatrice che ha collaborato a mettere a punto un’indagine sulla percezione del fenomeno mafioso tra gli studenti di Lazio e Toscana, intitolata Come gli studenti vedono la mafia. L’appuntamento poi si arricchirà domani mattina, quando dalle 9 e 30, presso la biblioteca comunale, gli studenti avranno modo di trascorrere un momento di studio e riflessione sul tema dell’educazione alla cittadinanza. La giornata si avvale del contributo della Sezione Alto Crotonese dell’Istituto calabrese “Raffaele Lombardi Satriani” per la ricerca folklorica e sociale. Dopo i saluti del sindaco Dionigi Fera e gli interventi del prof.Giovanni Ierardi, docente di storia e filosofia del locale liceo scientifico, seguiranno gli interventi degli studenti e dei genitori, mentre le conclusioni della giornata di studio saranno affidate alla professoressa Francesca della Ratta-Rinaldi, che è una ricercatrice presso Istat ed è docente presso la facoltà di sociologia dell’Università di Roma. Anche Isola Capo Rizzuto è stata presente alla 113esima edizione della “Fieracavalli 2011”, con i volontari calabresi dell’associazione ambientalista “Giacche verdi”. Guidati da Gianfranco Micalizzi, nominato nei mesi scorsi presidente regionale dell’associazione, i volontari di Isola, unitamente a quelli delle altre province calabresi, hanno eseguito diversi servizi d’ordine all’interno dei vari padiglioni della fiera, curando le delicate fasi di entrata ed uscita dei cavalli. «Anche quest’anno le Giacche verdi, non sono mancate al più grande evento equestre di tutti i tempi», ha osservato Micalizzi. «Basti pensare – ha aggiunto – che sono stati oltre 600 gli espositori provenienti dall’Italia e dall’estero, 150 mila i visitatori che si sono ritrovati a Verona per ammirare più di 2.000 esemplari delle oltre 60 razze equine». «Per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia – ha spiegato ancora Micalizzi – Fieracavalli ha presentato il “Gala d’Oro” in una veste speciale, grazie alla collaborazione delle principali istituzioni legate al mondo del cavallo, con l’importante appoggio del Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari e fore- CIRO’. Chiama alla mobilitazione i cittadini meridionali, Mario Caruso, a nome del coordinamento regionale “Io Sud-Grande Sud”, contro il nuovo piano di TreniItalia che, dal 12 dicembre , propone un ulteriore taglio in Calabria di 21 treni a lunga percorrenza. «Nonostante la politica di destra e di sinistra – sostiene il sindaco di Cirò e neo coordinatore regionale del movimento politico – in questi ultimi mesi riscopra la questione meridionale per proporre soluzioni vecchie e rispolverate, la Calabria e l’intero Sud vengono mortificate da Trenitalia s.p.a che taglia 21 treni a lunga percorrenza isolando e penalizzando, così, il Mezzogiorno d’Italia dal resto d Europa». Caruso si rivolge al Governatore Scopelliti e l’intera classe politica regionale per invitarli a coagularsi in una «protesta bipartisan contro il ridimensionamento del trasporto ferroviario in Calabria, che getta nel caos un’intera regione». A rischio soppressione sono: l’ Intercity notte 782 in partenza da Reggio Calabria delle 13,55), il Milano delle 8,20; l’Intercity notte 785 Milano Centrale (delle 23,00) il Reggio Calabria (18,05); l’espresso notte periodico 1665 Torino Porta Nuova (21,45), il Reggio Centrale (12,25); l’exp notte 1641 periodico Milano centrale (22,15), il Crotone (13,50); l’exp notte 1644 periodico Crotone (18,25) Milano Centrale (10,05). «A queste, – evidenzia ancora Caruso – si devono aggiungere altre soppressioni relative a decine di treni nel trasporto regionale; Mario Caruso inoltre appare evidente che l’offerta commerciale di Trenitalia si sposti verso i treni più costosi, con l’eliminazione di treni Exp , IC notte». Caruso contesta poi «la dispersione delle risorse destinate al Mezzogiorno d’Italia, in particolare quelli al completamento della Statale 106 e l’alta velocità ferroviaria». Una proposta che, avverte, «non è una utopia ma una scelta per essere competitivi in un mercato sempre più globale». In aderenza a questa posizione, i parlamentari che fanno capo a Io Sud-Grande Sud, Poli Bortone, Viespoli, Centaro, Ferrara, Fleres e Castiglione hanno presentato una interrogazione al neo ministro alle Infrastrutture, Trasporti e sviluppo economico, Passera. (m. e.) CUTRO Chiuso dopo atti vandalici. Ieri la scuola media senza luce per un incendio Riprendono lunedì le lezioni al “Commerciale” Pino Belvedere CUTRO Riprenderanno lunedì prossimo le lezioni all’Istituto tecnico Commerciale di Cutro, dopo che ignoti vandali, la notte tra l’uno e il due novembre, hanno reso inagibile l’edificio. Gli sconosciuti entrati all’interno dello stabile che ospita la scuola, hanno cosparso alcuni muri delle aule e il corridoio di un liquido maleodorante tanto che i sanitari dell’Asp hanno dichiarato la struttura inagibile. Stessa sorte è toccata all’edificio dell’Istituto per l’Ambiente e l’Agricoltura, dove le at- tività didattiche e amministrative sono state sospese il cinque novembre scorso e sono riprese solo l’altro ieri. Episodi gravissimi che hanno indotto la dirigente scolastica del Polo di Cutro, Maria Pia Ferrante a indire lunedì scorso un’assemblea con i genitori degli alunni, avente ad oggetto gli atti vandali che hanno colpito i due istituti cutresi di via Giovanni XXIII e contrada Scarazze. L’assemblea si è tenuta presso la sala “Falcone e Borsellino”, alla presenza della preside Ferrante, del vicesindaco Saverio Vasapollo, dei docenti e studenti dei corsi antimeridiani e serali. In una nota stampa si evidenzia che la dirigente Ferrante, nell’aprire i lavori dell’assemblea, ha fatto la cronistoria degli episodi che hanno costretto alla temporanea inagibilità i locali delle scuole, cosparsi con miscugli chimici maleodoranti. La preside ha sottolineato l’ allarme sociale e civile che questi fatti hanno provocato, con l’attivazione di una indagine giudiziaria per scoprire i responsabili, gli ingenti danni economici per le riparazioni ed il disservizio cagionato, ed ha esortato tutti ad una maggiore collaborazione per lo scopo una- nime dell’educazione e dell’istruzione delle giovani generazioni. Al dibattito sono intervenuti il vicesindaco Vasapollo, i docenti Armando Lia e Francesco Zurlo e numerosi genitori. Intanto per un incendio alla centralina elettrica esterna della scuola media “Fabio di Bona”, ieri sono state sospese le attività didattiche. Per tutta la mattinata di ieri tutti i sistemi elettrici interni e computer sono rimasti fuori uso. Il sindaco Salvatore Migale è stato costretto ad emettere un’ordinanza di sospensione delle attività didattica e amministrative. Le “Giacche verdi” a Verona stali), del Ministero della Salute, dell’Unire (Unione Nazionale per l’incremento delle razze equine), dell’Aia (Associazione italiana allevatori) e Fise (Federazione italiana sport equestri)». Tantissime le iniziative promosse periodicamente dall’attivo gruppo isolitano dell’associazione che si occupa di protezione ambientale e civile. Nelle scorse settimane ha registrato un grande successo la prima edizione di "Puliamo i nostri boschi" un progetto di educazione ambientale rivolto agli alunni delle scuole di Isola di Capo Rizzuto. Lunedì prossimo invece, i volontari prederanno parte alla giornata nazionale dell’albero presso la scuola elementare di Isola Capo Rizzuto 2, circolo "Karol Wojtyla”, dalle ore 11 in poi. Venerdì 18 Novembre 2011 Gazzetta del Sud 42 Cronaca di Vibo . NASTY EMBASS Cinque ordini di custodia cautelare: Andrea Mantella, Vincenzo Mantella, Francesco Scrugli, Francesco Antonio Pardea e Salvatore Morelli Auto di lusso per il boss e suoi gregari L’accusa: estorsione con modalità mafiose. L’imprenditore (forse per paura) non ha mai denunciato Nicola Lopreiato LE DIFFICOLTÀ DELLA GIUSTIZIA Stempiato, barba lunga, simile a quella di un eremita e ingrassato. Andrea Mantella attualmente nel carcere di Livorno, nella nuova foto “segnaletica” della squadra Mobile di Catanzaro appare dimesso, provato, rassegnato. Un uomo all’angolo, quasi vinto, apparentemente ammalato. Per gli investigatori che hanno operato sotto le direttive del vice questore Rodolfo Ruperti, dirigente della Mobile di Catanzaro, che più di ogni altro conosce l’evolversi dei fenomeni della ‘ndrangheta, Mantella è invece un emergente, cresciuto criminalmente nella cosca dei Lo Bianco. Oggi tratterebbe alla pari con i boss, in particolare con Carmelo Lo Bianco detto “Piccinni”. I suoi gregari lo seguono e il mondo imprenditoriale lo teme. E non è un caso che il gip distrettuale Tiziana Macrì nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa a carico di Mantella, 39 anni, del cugino Vincenzo Mantella di 25, nonché di Francesco Scrugli di 41, Francesco Antonio Pardea di 25 e Salvatore Morelli di 28 anni, annota: «Quanto più è forte il potere di intimidazione di una cosca tanto meno minacciosa deve essere la condotta che si estrinseca all’esterno, essendo bastevole in tali casi la mera richiesta di danaro o utilità (anche sotto forma di rinuncia a spettanze dovute), fino ad arrivare – talora – all’assenza completa di richiesta, poiché è la stessa vittima del reato mafioso che si presenta presso l’associato stesso e gli “offre” danari o altre utilità pur di “stare tranquillo”». E in questa ottica il gruppo capeggiato da Mantella, secondo quanto emerge dall’operazione denominata “Nasty embassy” dimostra di avere già raggiunto quella fase avanzata «che è tipica delle associazioni mafiose che gli permette di creare condizioni di soggezione psicologica ed omertà», sfruttando la carica intimidatoria già conseguita dal sodalizio. Le persone coinvolte nell’operazione, coordinata dal sostituto Pierpaolo Bruni, sono accusati in concorso tra loro di estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Vittima l’imprenditore Domenico Russo, uno dei più importanti e quotati operatori nell’ambito della compravendita di autovetture operanti in città. Di fronte a una “ambasciata” di Mantella – per come emerge dalle indagini – tramite Salvatore Morelli, l’imprenditore si è sentito in dovere di andare a trovarlo in clinica a Donnici (Villa Verde), provincia di Cosenza, per «sistemare la faccenda», forse auto di lusso fornite e ancora non pagate. E in segno di “amicizia” lo stesso imprenditore si è presentato pure Appello dei magistrati: «Per andare avanti servono altri mezzi» Il questore Roca, il dott. Borrelli, il procuratore Lombardo e il dirigente della Mobile Rodolfo Ruperti Il CASO Il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni Andrea Mantella con un vassoio di pasticcini. In quella clinica Mantella ci era finito perché le sue condizioni di salute erano incompatibili con il regime carcerario. Benché sottoposto al regime degli arresti domiciliari il boss seguiva i suoi affari e dava ordini ai suoi picciotti a come muoversi. smentito dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni del pentito. Dalle indagini emerge, inoltre, che Andrea Mantella ed il suo gruppo avevano la «totale disponibilità della sua concessionaria e Russo consapevole di ciò, non solo gli praticava dei trattamenti che apparivano di favore, ma non si attivava neanche per recuperare i crediti vantati». E a testimonianza che l’attività economica dell’imprenditore Russo sia da tempo assoggettata e succube al gruppo Mantella è stata evidenziata anche dalla vicenda relativa alla Pubbliservice Sud in mano agli uomini di Mantella che utilizza i mezzi dello stesso Russo per pubblicizzare nei pressi del suo autosalone l’attività di un suo diretto concorrente. Salvatore Morelli ritenuto l’uomo di fiducia del boss emergente Francesco Scrugli arrestato ieri mattina dagli uomini della Mobile Le intercettazioni svelano alcuni particolari Sms di rispetto e fedeltà tra Morelli e Mantella «La fiducia nei tuoi confronti è cieca, t.v.b.». È uno dei tanti sms che Andrea Mantella, durante la sua permanenza a Villa Verde ha inviato a Salvatore Morelli, il suo uomo sulla “piazza”, colui il quale avrebbe dovuto reggere le fila dell’organizzazione qualora Mantella fosse stato arrestato. Fiducia che Morelli ricambiava con altri messaggini del seguente tenore: «Amore grazie! Fai conto che sei tu fuori, sono te in persona ...». E poi ancora Morelli, sempre con sms Morelli aggiungeva: «Amore sono di ritorno, ha la mia vita in mano e te ne dò atto tutti i giorni...». Mantella rispondeva con altrettanto affetto: «Grazie di esistere! Stai tranquillo! Anche tu ha la mia vita». Inoltre a riferire dei rapporti piuttosto stretti tra i due e delle visite piuttosto frequenti che Morelli effettuava in clinica è stato anche il collaboratore di giustizia Samuele Lo Vato. «Posso dire che Salvatore Morelli era la persona che aveva più stretti rapporti con il Mantella e proprio questi mi disse che in caso di sua carcerazione o di im- Intercettazioni e dichiarazioni di un collaboratore di giustizia Samuele Lo Vato, affiliato al clan dei Forastefano, hanno permesso di fare piena luce sull’estorsione che il gruppo di Mantella ha messo in atto nei confronti dell’imprenditore vibonese. Mentre, l’interessato, benché caduto in qualche contraddizione ha sempre negato. Ma in questo caso l’estorsione, secondo le indagini, avveniva attraverso auto di lusso regalate o cedute in cambio di qualche migliaio di euro. Bmw e Mercedes quasi sempre nella disponibilità dei gregari di Mantella, di suoi amici e familiari. Insomma era un assoggettamento assoluto e inesorabile quello subito dall’imprenditore che ha sempre negato, salvo poi essere L’inchiesta mette a nudo anche il ruolo di Andrea Mantella all’interno della cosca Lo Bianco. «Mantella mi disse che il suo rapporto con Carmelo Lo Bianco – dichiara il pentito Samuele Lo Vato, che ha conosciuto il boss a Villa Verde – era contraddistinto da una forte autonomia, nel senso che riceveva da lui delle disposizioni, in quanto gerarchicamente era lui il superiore, ma aveva ampi margini di libera operatività». In pratica, secondo Lo Vato «Mantella diceva che dato il rango del Lo Bianco egli divideva con lui la direzione dell’organizzzione e i relativi proventi, ma aggiungeva che, ove il vecchio gli avesse dato contro, non si sarebbe fatto alcuna remora a interrompere ogni rapporto con lui». Ma quanto veniva riferito da Mantella non era certo condiviso da Carmelo Lo Bianco che in una intercettazione si sfoga: «È da 40 anni che comando io... ora non è che viene un pisciaturi qualunque e... comanda a Vibo... questo maiale ha fregato pure la moglie al fratello... Lui non comanda neanche a casa sua». Segno evidente che tra i due non c’è un bel rapporto. Tagliano il traguardo, una dopo l’altra, le numerose attività «messe in cantiere» dalla Procura antimafia di Catanzaro che, in tre anni di lavoro, «ha prodotto una quantità di materiale tale da poter radicalmente cambiare le cose in molte zone della Calabria, ma che stenta a concludere tutto a causa delle carenze che ostacolano enormemente il lavoro. Ma se è vero come è vero che la Calabria è un problema nazionale sotto il profilo della criminalità, allora chi di competenza deve fare le scelte necessarie». L’appello proviene forte e chiaro dai vertici della Dda, il procuratore Vincenzo Antonio Lombardo e l’aggiunto Giuseppe Borrelli che ieri, in occasione della conferenza stampa di presentazione di un’inchiesta antimafia, hanno voluto ribadire come «il lavoro prosegue senza sosta consentendoci di registrare risultati continui e costanti, ma a costo di sacrifici enormi e con tempi che potrebbero e dovrebbero essere molto più spediti». «Come segnalato ampiamente in tutte le sedi competenti – ha spiegato Borrelli –, ci sono diverse attività che portiamo avanti da tempo giunte ormai per così dire a maturazione. In questi anni abbiamo incamerato materiale di grande rilievo probatorio, ma abbiamo il problema di una struttura che, con i suoi soli sei magistrati alla Direzione distrettuale antimafia, numericamente non è in grado di affrontare queste emergenze unite, ovviamente, agli impegni dibattimentali, perchè l’attività è valida quando produce risultati fin dentro alle aule dei tribunali. La prevenzione e la lotta alla criminalità – ha incalzato il magistrato – non passa solo per un maggiore controllo del territorio, e quindi con più mezzi nelle strade delle forze dell’ordine, che peraltro adesso non hanno neppure la benzina sufficiente. Ma necessita di attività investigative delicate e complesse, che costano, e soprattutto di uomini che le svolgano. Mentre noi siamo totalmente carenti non solo di magistrati, ma anche dell’indispensabile personale amministrativo». E poi ancora: «Se avessimo i mezzi adeguati potremmo cambiare profondamente le cose su almeno due terzi del territorio calabrese» ha detto poi il procuratore aggiunto ricordando con Nuovi computer per la Dda orgoglio che, nonostante tutto, quest’anno per la prima volta da decenni la Procura ordinaria catanzarese chiuderà in attivo nel rapporto tra i procedimenti penali sopravvenuti e quelli definiti, anche se solo ad aprile 2012 arriveranno due nuovi magistrati che porteranno il numero dei sostituti procuratori presenti nell’ufficio a 17 sui 18 previsti in organico. «Intanto – ha concluso Borrelli – facciamo i conti con ristrettezze di mezzi ed inefficienze inimmaginabili, dovute soprattutto ad interventi a pioggia che non sono razionali e che di fatto portano a tagli su cose essenziali e spese che alla fine, per come sono fatte, risultano vane. Di recente ci sono tati inviati numerosi computer, ma purtroppo senza scanner... E continuiamo a dipendere dalle importanti e fondamentali iniziative di alcune amministrazioni – ha detto ricordando la donazione alla Procura di 24 quintali di carta da parte di un comune del cosentino, oppure il contributo della Provincia di Catanzaro che per un periodo ha messo a disposizione dell’ufficio giudiziario alcuni lavoratori in cassa integrazione per un progetto di riqualificazione del personale – che però sono ancora poche e saltuarie, mentre invece sarebbe davvero utile una sinergia tra tutte le istituzioni per il migliore funzionamento di un servizio fondamentale per i cittadini». Agenda telefonica cittadina possibilità a muoversi dalla clinica il compito di reggere la sua organizzazione sarebbe stato del Morelli. Egli diceva, in particolare – annota il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – che raccomandava il Morelli di non cercare di scavalcarlo, ma di applicarsi per apprendere da lui il più possibile, proprio in quanto avrebbe dovuto sostituirlo nel caso di una sua carcerazione. Ricordo – aggiunge ancora il Lo Vato – che tale ruolo del Morelli era mal visto da Francesco Scrugli il quale si lamentava della libertà di iniziativa che gli era lasciata, rimproverandogli in particolare di non aver portato loro soldi durante il periodo in cui erano stati entrambi carcerati. Lo Scrugli, in queste lamentele, rivendicava» altresì un ruolo di primo piano.(n.l.) 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Lascia intendere che sulla discarica di Alli, sulla monnezza connection all’italiana che orbita tra gli incastri societari del magnate dei rifiuti Stefano Gavioli e su certe «colpevoli disattenzioni» istituzionali, il cerchio s’è chiuso. Dopo il blitz di luglio, al deflagrare dell’inchiesta “Pecunia non olet”, dopo i sequestri di ottobre, sui reati ambientali perpetrati con l’allegro smaltimento di percolato nell’impianto tecnologico partorito a metà sulle rive della Fiumarella, ciò che resta del faraonico patrimonio del 54enne ras della Enertech finisce sotto chiave. Sale così ad oltre cento milioni di euro il bilancio dei sequestri, nel giorno in cui Stefano Gavioli, imprenditore veneziano plurindagato dalle Procure di mezz’Italia, finisce in carcere. L’ordinanza a suo carico è vergata dal gip Abigail Mellace, che ha dato riscontro alla richiesta formulata dal pm Carlo Villani. Associazione a delinquere, illeciti fiscali e tentata truffa le accuse formulate a vario titolo. Finisce dentro assieme al direttore tecnico della Enertech - società figlia dell’ex Enerambiente, a sua volta nata dalla decotta Slia - Loris Zerbin, 50 anni di Campolongo Maggiore (Venezia). Altri tre vanno ai domiciliari: il presunto faccendiere di Gavioli, Giovanni Faggiano, 52 anni di Brindisi; l’avvocato e - dicono gli stessi indagati intercettati - «anima diabolica» del gruppo Giancarlo Tonetto, 56 anni di San Donà di Piave (Venezia); il quadro aziendale Enrico Prandin, 49 anni di Rovigo. Sottoposti all’obbligo di Poste Italiane SpA - Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art. 1, comma 1, DR/CBPA-SUD/CS/56/2006 valida dal 06/04/2006 venerdì 5 agosto 2011 anno VI numero 214 € 1,00 direttore piero sansonetti Morti e gettati in mare Strage di migranti Una nave Nato ha negato il soccorso PALERMO Nuovo orrore nel mare siciliano. Da un barcone in avaria da due giorni tra la Libia e Lampedusa sarebbero stati buttati in acqua “cento cadaveri”, dicono i superstiti. Una nave Nato avrebbe rifiutato di intervenire. La Lega: gravissimo, non possono solo bombardare. La Farnesina: stiamo verificando. quotidiano d’informazione regionale ora estate Roccella Jazz ÈDi Meola adare il la all’interno > pagina 3 CATANZARO EDITORIALE Il business dell’emergenza RIFIUTOPOLI CALABRESE DI DAVIDE VARÌ Frode milionaria sul ciclo dei rifiuti della discarica di Alli Indagati anche il commissario Melandri e l’assessore Pugliano L’assessore regionale all’ambiente, Francesco Pugliano, è indagato nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di finanza che ha portato al sequestro di 90 milioni di euro nei confronti di imprenditori e dei vertici dell’Ufficio del commissario per l’emergenza ambientale. Nellinchiesta, oltre a Pugliano, è coinvolto anche l’attuale commissario per l’emergenza ambientale in Calabria, Graziano Melandri. > pagine 6, 7, 8 e 9 COSENZA Guasto alle condotte: due città senz’acqua Un cospicua e improvvisa rottura riguardante una delle condotte adduttrici dell'acquedotto cosentino, verificatasi nella località di Piano Monello nel Comune di Rende ha costretto > pagina 12 San Giovanni in Fiore l i è i > pagina 11 Aponte ora è ottimista l àl d firma alla polizia giudiziaria, invece, il commercialista Antonio Garrubba, 46 anni di Crotone, ed il tecnico della Enertech Paolo Bellamio, 57 anni di Padova. L’inchiesta, ancor più che a luglio, fa tremare anche l’Ufficio del commissario per l’emergenza ambientale in Calabria. Il pm Villani, infatti, ha chiesto anche l’interdizione dal pubblico ufficio per il commissario delegato Graziano Melandri, 57 anni di Brighisella (Ragusa) e per i funzionari Domenico Richichi, 41 anni di Reggio Calabria, e Simone Lo Piccolo, 29 anni di Palermo, sui quali il gip si determinerà dopo l’interrogatorio fissato per lunedì prossimo alle 12. C’è un modo facile e veloce per fare soldi: inventarsi una bella emergenza e nominare un commissario straordinario. Al di là delle responsabilità penali che la magistratura accerterà, la truffa dei rifiuti di Catanzaro ci dice proprio questo. Ci dice che i commissari sono monarchi che gestiscono milioni di euro, sovrani che stabiliscono in modo pressoché arbitrario a chi assegnare quei milioni. E in effetti di fronte a un’emergenza non si può sprecare troppo tempo a mettere su commissioni di controllo e quant’altro. No, l’emergenza va gestita velocemente e da persone risolute e apparentemente fuori dai giochi della politica. Ma solo apparentemente però, perché spesso è proprio la politica che si serve dell’emergenza per sfuggire ai controlli. Noi non sappiamo ancora come andrà a finire questa brutta storia della discarica, ma una cosa la sappiamo: in 15 anni di commissariamento, in Calabria è transitato circa un miliardo di euro. La stessa cifra che il governo ha messo a disposizione per completare la Salerno-Reggio, la linea ferroviaria e altre decine di opere. Ma il bello è che questo miliardo non è servito a nulla. Ciclicamente arriva l’allarme di qualche amministratore, l’appello di qualche ambientalista ma poi, finita l’emergenza, tutto torna nel silenzio. E allora, prima ancora del processo penale, servirebbe un moto dei cittadini calabresi:quei signori devono dirci come sono stati spesi quei soldi. > pagina 11 Cipe, per Tonino Gentile l id ò d UN FILM GIÀ VISTO Nella foto a lato la prima pagina di Calabria Ora del 5 agosto 2011: era chiaro sin da allora che l’inchiesta “Pecunia non olet” avrebbe riservato sviluppi clamorosi Ieri il potenziale epilogo della vicenda con il coinvolgimenti di rappresentanti politici regionali L’indagine cristallizza anche la posizione d’indagato per l’assessore regionale all’Ambiente Francesco Pugliano, 56 anni di Rocca di Neto, nelle vesti di sub commissario di un Ufficio per l’emergenza ambientale che rimane nell’occhio del ciclone dopo quattordici anni di gestione inutile, laddove non controproducente, e scialacquona. Secondo la prospettazione accusatoria - costruita grazie alle indagini prodotte dal Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza e del Nucleo operativo ecologico dell’Arma, e coordinate dal pm Carlo Villani una volta ottimizzati gli atti recepiti dalla Procura di Napoli sugli affari di Gavioli -, l’Ufficio del commissario, tran- sitoriamente retto da Pugliano e successivamente da Melandri, non poteva non capire, oppure non sapere, che fosse illegittima la successione tra Enerambiente ed Enertech nella gestione della discarica di Alli, studiata del magnate veneto dei rifiuti per frodare i creditori a fronte di un enorme buco debitorio. Emblematico un passaggio dell’ordinanza vergata dal gip Mellace, proprio su Melandri che «nonostante i correttivi formulati, lungi dall’avviare una qualsivoglia verifica, induceva anche altri enti pubblici, che manifestavano legittime perplessità, a ritenere legittima e giuridicamente corretta la successione di Enertech srl ad Enerambiente spa». Perché Gavioli faceva affari in Puglia, Campania, Abruzzo e così via. Ed in Calabria non aveva solo Catanzaro, ma anche, ad esempio, Cetraro e Cosenza. Invece, secondo l’accusa, concorrendo ad un illecito, sia Pugliano che Melandri - quindi l’Ufficio del commissario - firmavano ordinanze di liquidazione alla Enertech per 1.642.195,42 euro e per 1.335.896 euro. Così i fondi pubblici finivano nelle tasche di un imprenditore, e del suo sistema, che la Procura di Catanzaro rappresenta come senza scrupoli nel riciclare società sull’orlo del tracollo finanziario, riparando sotto una nuova sigla le attività dalle richieste dei creditori. Tutto ciò mentre la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, l’agognato impianto tecnologico di Alli, il diritto dei catanzaresi che pagano le tasse, restavano un dettaglio marginale. PIETRO COMITO [email protected] Graziano Melandri Accuse pesanti Associazione a delinquere, illeciti fiscali e tentata truffa: sono queste le accuse formulate a vario titolo dai magistrati alle persone indagate La politica trema L’inchiesta coordinata dal procuratore capo Antonio Vincenzo Lombardo fa tremare la politica: nella bufera l’Ufficio del commissario Leggerezze... Il pm: Pugliano e Melandri non potevano non sapere che la successione tra Enertech ed Enerambiente era illegittima il commento DI DAVIDE VARÌ Ieri la procura di Catanzaro ha chiesto l’interdizione del commissario all’emergenza rifiuti della Calabria. Sono dieci lunghi anni che la gestione della “monnezza” calabrese è commissariata. Dieci anni in cui la politica ha rinunciato alla gestione dei rifiuti, un aspetto fondamentale del nostro vivere civile, delegandola a un tecnico nominato da Roma. Ora, dieci anni dopo, si viene a scoprire che intorno a quel commissariamento si era formato un grumo di potere e di illegalità La terra delle emergenze e la politica che non c’è enorme. Non ci interessa la colpevolezza penale del commissario Melandri. Non ora e non qui. Per quel che ne sappiamo il generale Melandri è una persona perbene e onesta. La vera anomalia, semmai, è un’altra. E’ l’anomalia dei commissari, di questi “prefetti” calati dall’alto che dovrebbero ri- solvere le situazioni più critiche che vive la nostra regione. Situazioni che la politica, evidentemente, non riesce ad affrontare e risolvere. E’ successo per i rifiuti, certo, ma è successo anche con la Sanità. Ed è successo addirittura con un partito, col Pd. Ma questa è un’altra storia. Fatto sta che la gestione commissa- riale di queste importantissime cose è spia, da un lato, di un’incapacità della nostra politica di programmare politiche degne di questo nome; e dall’altro sintomo di una volontà di controllo da parte dello Stato centrale. Ecco, sarebbe ora che la politica calabrese facesse quel salto di qualità necessario. Che torni a immaginare la Calabria del futuro e a costruirla senza l’aiuto di commissari e prefetti. Insomma, è ora che i politici inizino a fare il loro mestiere, quello per il quale sono lautamente pagati. Soldi non dovuti I componenti dell’Ufficio del commissario liquidarono somme non dovute alla Enertech per quasi 3 milioni di euro 8 VENERDÌ 18 novembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora “pecunia non olet - bis” DISCARICA DALLE UOVA D’ORO A destra, l’impianto di Alli a Catanzaro Nel riquadro, l’imprenditore veneto Stefano Gavioli finito agli arresti domiciliari Sotto, una delle auto finite sotto sequestro nell’inchiesta portata avanti dalla procura di Catanzaro La cricca del Nord e il metodo Gaucci Le strategie dei vertici Enertech per drenare risorse finanziarie al Sud CATANZARO scarpe grosse e il cervello fino. Tanto che i protagonisti Un’associazione che pone- dell’intera vicenda hanno cova in atto condotte delin- me loro modello delinquenquenziali con la chiara inten- ziale addirittura Luciano zione di farlo. Una cricca che Gaucci. «Ma guarda – diceva voleva trasformare anche il Loris Zerbin a uno dei suoi inpercolato in oro, non nel sen- terlocutori – queste qua io su so di un ciclo dei rifiuti che fa queste qua… sono le cose che di questi una risorsa, ma nel facevano… quelle che facevasenso di trarre da una gestio- no i Gaucci… il… quella genne scellerata il massimo gua- te… facevano i sistemi di scatole in madagno per sé. niera da sfotSapevano e Scioglievano le tere…. vennon facevano società per non devano, commistero di sapravano e poi perlo, che i pagare i debiti alla fine chiuloro comporcon i creditori devano tamenti erae con l’erario l’azienda e no delle vere usavano i e proprie condotte criminali. E così morti sul terreno». quegli uomini, venuti dal Questo è solo uno dei tanti nord, avevano come obietti- esempi utili a delineare il convo drenare risorse al sud. In testo nel quale il managerealtà ad una lettura attenta ment, se così si può definire, delle carte, le menti crimina- dell’Enertech si muoveva. Il li non erano poi così fini, tan- dominus, come lo definiscoto da architettare imbrogli no le carte della procura di che, se non fosse per le ingen- Catanzaro, era Stefano Gati somme in ballo, se non fos- violi. Veneto, cinquantaquatse perché le loro condotte tro anni. Appare come il proavrebbero potuto creare un motore dell’attività criminale danno ambientale, sarebbero e delittuosa. Il leader del appena degne di un faccen- gruppo. Il suo modus operandiere da quattro soldi dalle di è sempre uguale. Gavioli crea società che per lo più si aggiudicano appalti pubblici, le depaupera completamente attraverso cessioni di credito senza corrispettivo e cessione delle attività in favore di altre società, a lui direttamente o indirettamente riconducibili, create mediante scissione societaria e/o conferimento di rami d’azienda dalla società originaria, in modo che la prima società diventi vuota, priva di proposte attive e così insolvente nei confronti dei creditori sociali e dell’erario. Ma Gavioli ovviamente non può fare tutto da solo e, prima che complici, i suoi collaboratori diventano persone perfettamente consapevoli del piano delittuoso che sta per essere messo in atto. Nel gruppo si creano anche gelosie e ogni tanto qualche malumore viene fuori, ma ci pensa Gavioli a far rientrare tutto. Il più attivo tra i collaboratori del “capo” sembra essere Loris Zerbin, che mal sopporta a un certo punto l’eccessivo potere decisionale dato a Giancarlo Tonetto, che da lui stesso durante una conversazione telefonica, viene definito come «il vero amministratore delegato dell’azienda senza averne responsabilità. Più che un avvocato – dice di lui Zerbin – è un gestore delle aziende». Ma tant’è. Zerbin fa buon viso a cattivo gioco e lo accetta, continuando, sulla carta, ad essere il braccio destro di Gavioli. È il direttore tecnico di tutte le società del gruppo, nonché liquidatore di tutte le società sciolte per debiti insoluti. Ma Zerbin è anche colui il quale tiene i rapporti con tutte le pubbliche amministrazioni committenti assicurandosi che accettino il passaggio da una società all’altra che di volta in volta viene proposto. Altro uomo chiave dell’intera vicenda è Giancarlo Tonetto, di professione avvocato, di fatto socio e referente giuridico di Gavioli. Tonetto è colui che predispone l’architettura giuridica della nuove società e che consente la perpetrazione dei reati. Tonetto diventa il consigliere di Gavioli che a lui si rivolge prima di adottare qualsiasi decisione. Ed è questo che a Zerbin non va giù. Tonetto, secondo le risultanze della procura, re- digeva materialmente opera- ducia c’è anche un commerzioni fittizie giuridiche preor- cialista di fiducia. Si tratta di dinate alla dispersione mate- Paolo Bellamio, commerciariale e giuridica delle poste at- lista appunto che aiuta in sotive delle società originarie in stanza Tonetto a costruire fitmodo che i debiti diventino tizie operazioni commerciali, preordinate alla dispersione inesigibili. In questa, che se non fosse materiale giuridica delle porealtà amara potrebbe sem- ste attive delle società origibrare la sceneggiatura di una narie in modo che i debiti dicommedia, ovviamente ci so- ventino inesigibili. Dove voleva arrivare la no anche i co protagonisti, gli cricca dei riesecutori di fiuti? Per il ordini. Il ruoIl “capo” era momento, lo è condiviso Gavioli. Sui dopo aver acda Giovanni cumulato un Faggiano ed collaboratori patriEnrico PranZerbin, Faggiano ingente monio persodin. Il primo Tonetto e Prandin nale, cercava è pugliese, riin tutti i modi copre la funzione di associato e ha rive- di eludere il fisco. Dopo? Dostito il ruolo di amministra- po ovviamente non è dato satore delle società più impor- pere fino a che punto, questi tanti del gruppo. Il secondo uomini venuti dal nord con è veneto ed è il soggetto re- scarpe grosse e cervello fino, sponsabile, all’interno delle volessero spingersi. Ciò che società, dei controlli ammini- lasciano è l’incertezza di non strativi finanziari e gestionali sapere fino a che punto le lodelle società più importanti ro condotte criminose abbiadel gruppo. Mansione che no creato un disastro amsvolge ovviamente rispon- bientale che potrebbe mescodendo agli ordini di Gavioli larsi con la nostra semplice tesi tutti a portare a termine quotidianità. l’intento delittuoso. GIULIA ZAMPINA E se c’è un avvocato di [email protected] sequestrati beni per dodici milioni CATANZARO Dodici milioni di euro. È questo il valore dei beni sequestrati a tutti coloro che a vario titolo sono implicati In Pecunia non olet bis. Ville, macchine conto correnti. Il sostituto procuratore della Repubblica Carlo Villani, si è dovuto recare in Veneto, per poter applicare la misura a Giancarlo Tonetto, l’anima diabolica, come viene definito dai suoi stessi “compari”, dell’intero sistema criminoso messo in piedi dai veneti a danno della Calabria. Tanto diabolico l’animo di Tonetto da fargli ipotizzare un licenziamento in tronco di tutto il personale se questo poteva servire alla loro causa. Quando Gavioli gli comunica che è pronta una delibera di sequestro dei mezzi, Tonetto non ha dubbi nel rispondere: «E chi usa i mezzi? Il personale. Allora li licenziamo». Ma anche nei mesi scorsi Giancarlo Tonetto, Il piano diabolico di Tonetto per creare problemi di ordine pubblico dopo il sequestro preventivo della discarica di Alli, ha agito in modo da creare problemi di ordine pubblico. Emerge chiaro, dalle intercet- tazioni, l’intento di paventare un totale blocco della raccolta, per provocare rallentamenti nella gestione e nel trattamento dei rifiuti, tanto da creare rilevanti problemi per la salute e l’igiene pubblica al fine di attirare l’attenzione delle autorità locali ed indurre l’ufficio del commissario a proseguire il rapporto e pagare i compensi arretrati. Nel piano vengono utilizzati anche i dipendenti ai quali si decide deliberatamente di non pagare gli stipendi e metterli in ferie forzate. E in tutto questo Giancarlo Tonetto, avvocato veneto, venuto in Calabria per compiere i suoi atti delittuosi, già denunciato per violazio- ni fiscali in materia di versamento dell’Iva, era il regista consapevole di una storia maledetta che non è un film. Ma anche il resto della cricca può vantare curricula delinquenziali di tutto rispetto. Stefano Gavioli è stato denunciato per danneggiamento, distruzione o deturpazione di bellezze naturali e, tra le altre cose, di appropriazione indebita. Loris Zerbin ha precedenti di polizia per spaccio di stupefacenti, porto abusivo di armi. Enrico Prandin è stato denunciato per appropriazione indebita, Giovanni Faggiano ha precedenti di polizia per reati ambientali, incendio e corruzione. Paolo Bellamio è stato denunciato per rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, ricorso abusivo al cedito e falso in bilancio. g. z. 9 VENERDÌ 18 novembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora “pecunia non olet - bis” Sono sei le firme che inguaiano Pugliano Il gip: sapeva dei debiti, ha mentito sulle liquidazioni CATANZARO Otto mesi da subcommissario delegato al superamento dell’emergenza rifiuti in Calabria, e sei firme in calce ad altrettante ordinanze partorite da quell’ufficio, risucchiano l’assessore regionale all’Ambiente Francesco Pugliano nel calderone di un’inchiesta dirompente. La sua posizione, rispetto a luglio, rispetto alla notifica dell’avviso di garanzia a suo carico, non muta. Né si sgrava, né s’arricchisce. S’arricchisce invece il contesto che vede la discarica di Alli, e Catanzaro con la discarica, al centro del “sistema Gavioli” messo a nudo dal terzo atto di “Pecunia non olet”: un impero costruito sui rifiuti, cinquanta società, conti anche all’estero, il fisco da evadere ed i creditori da fregare con il riciclo di aziende decotte. Catanzaro è il capolinea per l’imprenditore veneziano, perché è qui che scivola dopo i primi guai che s’era procuL’assessore rato altrove. Guai dei è stato quali, emerge dagli atti dell’inchiesta, in per otto mesi parte Pugliano sasub commissario rebbe stato a conoai rifiuti scenza. Non quelli giudiziari, probabilmente, ma quelli finanziari sì. E, sentito dagli inquirenti, lo stesso assessore regionale «ammetteva - scrive il gip Abigail Mellace - di avere avuto conoscenza delle pendenze debitorie della società Enerambente spa verso il fisco e dell’avvenuta notifica al suo ufficio di vari “atti di pi- Condotta pressoché identica quella asgnoramento presso terzi” effettuati nelsunta al commissario Graziano Melanl’interesse di Equitalia spa». Poi lo scivolone perché - scrive sempre dri, subentrato a Pugliano, che dal canto il gip - «aggiungeva (sempre Pugliano, suo ha però spiegato di essere stato conndr) di non avere effettuato pagamenti fi- sapevole delle pendenze debitorie di Gano al mese di febbraio 2011. Dichiarazio- violi & C., riconoscendo di avere firmato ne quest’ultima non veritiera in quanto le ordinanze nei termini riscontrati dal emerge incontestabilmente dagli atti che materiale documentale acquisito. Anle prime liquidazioni in favore di Ener- ch’egli ha ribadito, quindi, come il contech srl sono state disposte nei giorni 26, trollo dei requisiti necessari per ottenere 27 e 28 gennaio 2011, nonostante la già le liquidazioni fossero di competenza di avvenuta notifica del primo atto di pigno- altri funzionari. L’Ufficio del commissario, comunque, ramento in data 17 gennaio 2011 e l’avvenuta trasmissione, in data 19 gennaio sapeva. Sapeva quale fosse la condizione 2011, di tale atto e della relativa cartella di Enerambiente-Enertech. Gli stessi esattoriale sia al Richichi che al Lo Picco- funzionari hanno spiegato che, oltre alle criticità ataviche nella discarica di Alli, lo». In sostanza, per eludere l’aggressione Enertech era sprovvista dell’Autorizzadei creditori, Gavioli ed i suoi partoriro- zione integrata ambientale, necessaria no Enertech, che subentrò - nella gestio- per subentrare a Enerambiente. E poi, ne della discarica di Alli - alla Eneram- oltre all’incedere degli atti di pignorabiente ormai al tracollo. Avvenne attra- mento per crediti tributari, aveva penverso un’operazione ridenze anche con la Regione, per il mancato tenuta illegittima e, poi, Anche l’ufficio versamento del contricomunque “legittimata” del commissario buto eco-tassa, e con il dalle ordinanze del Comune di Catanzaro, commissario che iniziò conosceva per il mancato versaa liquidare somme inla condizione mento delle royalties. In genti alla nuova azienda di Enerambiente breve, Gavioli non pagai cui creditori restavano va nessuno e, pur in una invece a bocca asciutta. Pugliano riferì agli investigatori del Nu- condizione di illegittimità, intascava i solcleo di polizia tributaria della Guardia di di dell’Ufficio del commissario per finanza che non seguì direttamente i con- l’emergenza ambientale. Altri soldi buttatrolli sulle operazioni compiute, ma dele- ti via, come quel miliardo di euro, speso gò tutto ai funzionari dell’Ufficio del com- in quattordici anni di gestione. missario, due su tre poi finiti sul registro PIETRO COMITO degli indagati. [email protected] La prefettura di Venezia: «Soggetti legati a mafiosi» CATANZARO L’Ufficio del commissario sapeva. Sapeva pure - e siamo al 29 giugno 2011 - che la Prefettura di Venezia, già nel mese di ottobre del 2010, «aveva evidenziato i legami con esponenti della criminalità organizzata di Gavioli e di Faggiano». Infatti l’1 ottobre del 2010 la prefettura del capoluogo veneto comunicava al presidente dell’Asia di Napoli che da accertamenti compiuti dalla Direzione investigativa antimafia di Padova erano emersi dei «collegamenti» tra Giovanni Faggiano, ovvero il faccendiere di Gavioli - anch’egli indagato in “Pecunia non olet bis”, e fino al giugno 2010 amministratore delegato di Enerambiente - ad esponenti di clan mafiosi, «tanto che - rileva il gip Mellace nella sua ordinanza - era stato condannato per il reato di concorso in corruzione aggravata nell’ambito di un’operazione denominata “Brindisium”». Sempre la prefettura di Venezia rimarcava come Gavioli aveva intrattenuto «rapporti di dubbia natura» con «un soggetto legato al crimine organizzato, condannato per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e tratto in arresto anche con l’accusa di riciclaggio di denaro proveniente dalle attività di gruppi mafiosi». Non erano elementi sufficienti per «motivare l’interdizione antimafia» ma la Prefettura di Venezia allertava Napoli della possibilità che potesse concretizzarsi un «larvato tentativo di infil- ARRESTI DOMICILIARI Stefano Gavioli, 54 anni di Venezia Loris Zerbin, 50 anni di Campolongo Maggiore (Venezia) ARRESTI DOMICILIARI Giovanni Faggiano, 52 anni di Brindisi Giancarlo Tonetto, 56 anni di San Donà di Piave (Venezia) Enrico Prandin, 49 anni di Rovigo OBBLIGO DI FIRMA Antonio Garubba, 46 anni di Crotone Paolo Bellamio, 57 anni di Padova RICHIESTA D’INTERDIZIONE Graziano Melandri, 57 anni di Brighisella (Ragusa) Domenico Richichi, 41 anni di Reggio Calabria Simone Lo Piccolo, 29 anni di Palermo INDAGATO A PIEDE LIBERO Francesco Pugliano, 56 anni di Rocca di Neto (Crotone) Alli, emblema del flop del commissariamento La villa sequestrata a Venezia trazione nella conduzione della società da parte di soggetti contigui alla criminalità organizzata». Successivamente, in un’indagine che vede parte offesa proprio l’Asia partenopea, Gavioli veniva indagato dalla Procura di Napoli per il reato di usura. Era l’indagine nella quale Gavioli finiva intercettato con il componente del cda di Ambiente & Servizi Vittorio Todaro. Un elemento investigativo che indusse i pm campani a trasmettere gli atti ai colleghi di Catanzaro i quali, siamo nel gennaio 2011, avviarono l’inchiesta che, oggi, chiude il cerchio. p. com. L’assessore regionale all’Ambiente ed ex sub commissario ai rifiuti, Francesco Pugliano CATANZARO Ore 14.45 del 7 novembre. Ufficio di un maresciallo della Guardia di finanza, uno dei mastini che hanno lavorato all’indagine del pm Carlo Villani. Il telefono squilla, dall’altro capo una donna che si presenta come «Maria Chiara Gavioli», ovvero «sorella di Stefano». Spiega all’investigatore che le accuse contro il fratello sono fondate, perché negli anni il fratello aveva messo su «un sistema fraudolento utilizzato per frodare il fisco». La donna dice, però, ancora di più. Spiega che il fratello sta portando ingenti capitali in Canada, prelevati da una società con sede ad Alessandria, la “Vezzani spa”. Voleva fuggire, Gavioli, e portarsi dietro i suoi soldi. E da tempo, parlando con altri personaggi, studiava il modo per far sparire tutto. Pensava, ad esempio, alla Croazia, perché lì ha pure una società, una «società finanziaria», la Serfin («cassaforte estera del gruppo verso la quale sono stati e vengono canalizzati ingenti flussi finanziari»), attraverso la quale «possiede un cospicuo pacchetto azionario di un istituto di credito croato». In passato aveva avuto canali per il Lussemburgo, nell’attualità aveva anche interessi in Lettonia. Le intercettazioni rivelano tutto sui suoi propositi di alienazione e fuga. I soldi, però, più sono e più è difficile nasconderli. Ad un interlocutore spiegava il suo fatturato: Catanzaro «12 milioni di euro», la Ste «25 milioni», il Ciaf «dai 6 ai 7 milioni», per la Rea «45milioni», per la Team «sui 20 milioni», Asia «un paio di milioni». Voleva fuggire e, dopo quella telefonata, la sorella veniva convocata per essere sentita dalla Guardia di finanza. Il verbale non è ancora arrivato all’ufficio del pm. Ciò mentre il procuratore capo parla di «terzo e ultimo atto» sulla discarica di Alli. Terzo e ultimo, sulla discarica di Alli, appunto, che rappresenta l’emblema del fallimento del regime di commissariamento ambientale in Calabria e, al contempo, la buccia di banana sulla quale scivola Gavioli e crolla il suo impero. p. c. 10 VENERDÌ 18 novembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria ora S T R E T T O divise infedeli Sfrutta i processi penali per vendere false prove LA CENTRALE DELLE TRUFFE TENTATE Da sinistra Antonio Consolato Franco, Rosa Bruzzese, Angelo Belgio. In basso, una foto della conferenza stampa di ieri mattina Arrestato un poliziotto e i suoi complici per tentata truffa REGGIO CALABRIA Antonino Consolato Franco, poliziotto di provata e lunga esperienza, avrebbe tradito la sua missione di fedele servitore dello Stato. È lui, secondo le indagini della procura di Reggio Calabria, ad aver messo su una vera e propria “centrale del falso” per truffare persone ipoteticamente o realmente coinvolte in procedimenti giudiziari molto delicati. Nella giornata di ieri i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, diretti dal colonnello Pasquale Angelosanto, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip Antonino Laganà su richiesta della procura, nei confronti dello stesso Antonino Consolato Franco, 51 anni, e di Angelo Belgio, 40 anni, ritenuto suo braccio destro. Ai domiciliari è finita la moglie di Franco, Rosa Bruzzese, 42 anni, Accuse pesanti mentre è indagata a per l’agente che piede libero la cittadina rumena Mihaela aveva accesso Motas, 40 anni. I tre anche a fascicoli sottoposti a misura molto delicati restrittiva farebbero parte di una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più truffe, utilizzando notizie in possesso di Franco che, appartenendo alla Polizia di Stato, avrebbe avuto libero accesso ad alcuni dati e documenti, con la possibilità di utilizzare anche intestazioni e timbri (falsificati). Secondo quanto è emerso sono loro ad aver chiesto del denaro a Paolo Fallara, fratello di Orsola (ex dirigente al settore finanze e tributi del Comune di Reggio) e poi morta suicida, al fine di fargli avere con anticipo dei documenti da cui si evinceva il coinvolgimento (in realtà falso) della donna in inchieste giudiziarie. Quegli atti dovevano servire a preparare una difesa adeguata. Per questo l’organizzazione chiedeva delle ingenti somme di denaro. E questa, per buona parte, era una storia ormai nota alle cronache, anche se ignoti, fino a ieri, erano i protagonisti. Ma la vera sorpresa venuta fuori ieri nel corso della conferenza stampa, è che l’organizzazione aveva creato un meccanismo utilizzato in più occasioni e sempre diretto verso soggetti direttamente o indirettamente coinvolti in procedimenti giudiziari. Si tratta del “caso Fortugno”, ovvero l’avvicinamento di parenti dei Marcianò (condannati quali mandanti dell’omicidio) per fornire materiale che li scagionasse, e di Mario Congiusta, padre di Gianluca, ucciso dalla ‘ndrangheta, per dare carte che provavano l’innocenza dei Costa e la responsabilità dei Salerno. Il modus operandi era sempre il medesimo: le vittime erano approcciate allo stesso modo, attraverso l’invio di missive anonime, contenenti, oltre alle richieste di denaro ed ai motivi che le giustificavano, anche delle istruzioni, spesso piuttosto farraginose, per arrivare al termine dell’accordo. Sono stati gli stessi inquirenti a definire il tutto come una sorta di “caccia al tesoro” al termine della quale la vittima della truffa avrebbe dovuto reperire i documenti. In buona sostanza, dunque, l’organizzazione contattava le vittime e poi indicava di volta in volta dei luoghi nei quali prendere lettere ed altro materiale. In alcuni casi si trattava di stra- de di montagna, in altri di segnali stradali, ma anche di svincoli e di spiagge. Talvolta non erano solo lettere ad essere posizionate, ma anche cellulari e schede sim “pulite”, ovvero intestate ad altre persone, così da poter comunicare agevolmente. Ed era proprio questo il compito di Rosa Bruzzese, moglie di Franco, la quale lavorava nel negozio di elettronica “Top line service” di proprietà del cognato di Paolo Fallara. Uno degli errori compiuti dall’associazione, però, è stato quello di utilizzare sempre uno stesso linguaggio e metodo di scrittura: i contenuti delle missive si ripetevano sempre con lo stesso schema logico e le medesime espressioni; così come il carattere ed i sistemi di scrittura sono analoghi, tanto quanto la grafia. Tutti i fatti, inoltre, si sono svolti in un breve arco temporale che va dal mese di gennaio a quello di aprile del 2008. In un caso addirittura (quello relativo a Fortugno), Franco utilizzò anche la sua auto per andare a nascondere una lettera, ma una delle vittime prese il numero di targa e lo indicò agli inquirenti. Sempre ieri sono state effettuate delle perquisizioni dalle quali è emerso del materiale assai interessante co- me, ad esempio, carte con l’intestazione della Procura della Repubbica e della Squadra mobile, nonché la firma dell’allora sostituto procuratore Francesco Mollace, utilizzata per essere falsificata. L’indagine è partita dalla denuncia di Paolo Fallara, una delle vittime. L’uomo era stato avvicinato e da lì erano partite le richieste tramite sms, e telefonate mute in cui a parlare doveva essere Interveniva solo la vittima di turno. su casi scottanti I carabinieri, dopo qualche tempo, fermarono per farsi pagare Franco e Belgio nei cifre anche pressi di Gambarie, domolto elevate ve gli stessi avevano dato appuntamento a Fallara e trovarono molto materiale interessante. Nonostante ciò l’associazione ha continuato ad operare. Secondo gli investigatori (ed anche a parere del gip) sono molti di più i soggetti coinvolti nell’associazione come un tale “Andrea” che non è stato possibile identificare. Le indagini proseguono con l’obiettivo di verificare la presenza di altri complici. CONSOLATO MINNITI [email protected] la conferenza stampa REGGIO C. «Nel corso delle perquisizioni abbiamo trovato dei file che ci indicano come l’associazione fosse intenzionata a mettere a segno altre truffe». Era un sodalizio ancora perfettamente attivo quello sgominato ieri dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria diretti dal colonnello Angelosanto, dal tenente colonnello Carlo Pieroni e dal comandante della Compagnia cittadina, Nicola De Tullio. Parla chiaramente il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza nel corso della conferenza stampa convocata nella caserma di via Aschenez. Secondo Sferlazza, «Franco ha utilizzato il suo patrimonio di conoscenze tecniche e la possibilità di accedere a dati sensibili per mettere in piedi questo sistema di truffe. Tutto è stato fatto affinché si rendesse credibile la Una divisa sporcata col concorso della moglie «Erano pronti a mettere a segno altri raggiri» prospettazione che veniva fatta alle vittime. Parlerei di una vera e propria “caccia al tesoro” a cui erano costretti i soggetti che venivano contattati dall’organizzazione, visto che giunti in un punto, la lettera indicava di andare in un altro luogo e questo era fatto per evitare i controlli di polizia». Uno degli elementi più significativi è anche quello che porta alla responsabilità della moglie di Franco: «Era lei - spiega Sferlazza - ad intestare le sim card a soggetti del tutto ignari». A sottolineare il lavoro svolto dagli uomini dell’Arma è il comandante provinciale, Pasquale Angelosanto, che spiega, con la consueta professionalità, come «all’indagine abbia collaborato anche la Squadra Mobile di Reggio Calabria, dove Franco aveva prestato servizio». L’uomo, al tempo dei fatti, si trovava al nucleo di protezione. Ed è proprio questo incarico ad aver destato il sospetto negli investigatori. Il maggiore Miulli, comandante del nucleo investigativo, racconta dell’episodio avvenuto a Gambarie, e relativo al caso Fallara, dove Franco (che aveva concordato una consegna di denaro) fu trovato insieme a Belgio in auto. «Cercò di giustificarsi - spiega Miulli - dicendo che prendeva delle informazioni per la cattura di un latitante, ma non era compito suo e questo ci ha insospettiti ulteriormente». Le perquisizioni hanno fatto il resto. c. m. 11 VENERDÌ 18 novembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O divise infedeli Così volevano insidiare i Fallara Contattano il fratello di Orsola dicendo che era indagata. Lui li denuncia REGGIO C. Tutto ha inizio il 2 aprile del 2008. Paolo Fallara, fratello di Orsola, riceve una busta anonima indirizzata a lui e contenente una ulteriore busta per la sorella. All’interno di queste missive si rappresentava in modo falso l’imminente emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Orsola. Tutto era riprodotto con tanto di intestazione ed “omissis”. Il riferimento era chiaro: venivano chiesti 30mila euro per avere copia del provvedimento cautelare e dell’informativa, nonché notizie aggiornate sul momento dell’esecuzione. Ma il tentativo di incutere timore ai fratelli Fallara naufragò miseramente. Paolo Fallara, infatti, denunciò tutto ai carabinieri. Iniziò un fitto invio di sms da telefoni pubblici, nonché chiamate “mute” dove a parlare doveva essere solo il ricevente. C’erano addirittura dei segnali convenzionali, come battere per tre volte la cornetta. Ad un certo punto, la banda pensò anche a dotare la vittima di un telefono cellulare “pulito” che doveva fungere quasi da citofono. E per questo era stato tolto anche il numero Imei del cellulare. Ovviamente con continui inviti a non SULLA LORO PELLE Orsola Fallara, Gianluca Congiusta, Francesco Fortugno denunciare quanto stava avvenendo all’autorità giudiziaria. I Fallara, però, raccontarono tutto ed i carabinieri iniziarono a seguire i diversi passi della vicenda. Le missive, proprio come in una caccia al tesoro, venivano fatte trovare nei posti più disparati: dai cartelli al ciglio della strada, alle cabine In tutte le missive anonime è vergata la medesima peculiare “B” , vera e propria “firma” che riconduce al gruppo criminale in narrativa la quale, come il modus operandi dell’allora ignoto latore, consente di rilevare la chiara connessione nelle vicende trattate, riconducibili ad un’unica mano, sicuramente nota al Franco Antonio Consolato telefoniche, fino alla montagna. E, proprio quando si doveva materializzare la consegna dei denaro, i carabinieri hanno scoperto ciò che non potevano sospettare: ad organizzare tutto non c’era un malavitoso di turno, ma un servitore (infedele) dello Stato, ovvero Antonino Consolato Franco, vice sovrintendente della Polizia di Stato, con lunga esperienza di servizio. La sua identificazione parte il 29 aprile, quando un sms avvisa di una lettera con le indicazioni sul luogo del pagamento. Il 2 maggio del 2008, a distanza di un mese dalla prima missiva, Paolo Fallara risponde alla telefonata e spiega di aver consegnato i soldi il 30 aprile. Una missiva anche a Congiusta «Pagaci o diamo ai Costa le prove che incastrano i Salerno» LOCRI (RC) Il poliziotto Antonino Consolato Franco credeva di non aver lasciato tracce, ma si sbagliava. Una consonante, B, incastra l’agente. La lettera campeggia su tutte le buste con richieste estorsive recapitate alle sue vittime. Tra queste, anche Mario Congiusta. L’uomo è il padre di Gianluca, il commerciante di telefonia mobile assassinato nel maggio 2005 a Siderno. Nel febbraio 2008, riceve una missiva anonima. «Se non segui le mie istruzioni diamo ai Costa le prove secondo cui sono stati i Salerno a uccidere Gianluca. Lunedì 11 porta 50mila euro in una busta di spazzatura. Lascia tutto davanti al monumento di tuo figlio e vattene alle due di notte». Era l’otto febbraio 2008. Oggi, tre anni dopo, il giudice per le indagini preliminari, Antonino Laganà, scrive: «Come si rileva da una prima analisi della busta, anche in questa missiva anonima è verga- «sotto il segno x» Quella proposta indecente alla famiglia dei Marcianò LOCRI (RC) Gli uomini del clan nell’insolita veste di investigatori. Quando era in corso il primo grado di giudizio del processo per la morte del politico Francesco Fortugno, il sestogenito del defunto capomafia Antonio Cordì, il pregiudicato Cesare, si rivolse a un’agenzia per identificare il proprietario della Polo Volkswagen che era stata vista aggirarsi sul lungomare di Locri: un telefonista anonimo lo aveva ripetutamente invitato a recarsi al “Club nautico” per prendere in consegna una lettera nascosta «sotto il segno x». Quella sera, quando si recarono al lido indicato dall’anonimo, due suoi fedelissimi annotarono il numero di targa di una macchina sospetta. Era del poliziotto Antonino Consolato Franco. Un uomo del clan Cordì, più di tre anni fa, lo ha rivelato agli investigatori. «La Polo blu avvistata sul lungomare è sua, me lo ha detto mio cugino Cesare», dice, nel gennaio 2008, Attilio Giorgi al maggiore Ciro Niglio. L’agente, all’alba di ieri, è stato arrestato dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. Era un poliziotto infedele, lo sconosciuto che tempesta- Viene predisposto un servizio di osservazione ed in contrada San Bruno di Ortì viene notata un’Opel Corsa grigia che va verso Gambarie. Poco dopo la stessa auto torna in direzione opposta. Era la vettura della moglie di Angelo Belgio che, verso le 22, raggiunse il luogo indicato e venne sorpresa dai carabinieri. Belgio e Franco furono fermati subito. Il poliziotto spiegò di essere lì per acquisire informazioni relative alla cattura di Giovanni Tegano, ma la versione non convinse i carabinieri che portarono i due in caserma dove, a seguito di perquisizione, furono trovati molti elementi d’interesse: dai ritagli di fogli, alle sim, assegni in bianco e il “gruppo firma” del procuratore Francesco Mollace. Fu la prova che erano loro i soggetti responsabili della tentata truffa. In tutto ciò, la moglie di Franco, Rosa Bruzzese (che lavorava nel negozio di telefonia del cognato di Paolo Fallara), aveva il compito di intestare falsamente le sim card e, la sera del fermo del marito, gli inviò un sms con scritto: “Custodia o no”, dimostrando di essere consapevole dell’illiceità del comportamento del marito. c. m. va di telefonate i picciotti del clan Cordì. «Inoltre ha fatto pervenire due missive, destinate alle sorelle Francesca e Lella Bruzzaniti, in cui erano indicate le istruzioni da seguire per ottenere, in cambio di 10mila euro, dei documenti comprovanti l’estraneità degli ergastolani Alessandro e Giuseppe Marcianò al delitto Fortugno», dicono quelli dell’antimafia. Per il poliziotto, l’inchiesta sulla morte del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, assassinato a Locri nell’ottobre 2005, era diventato un affare in cui si potevano incassare un sacco di soldi, un procedimento in cui poter barattare informazioni fasulle in cambio di denaro. Nel gennaio 2008, deposita due lettere in busta chiusa alla “Scogliera”, nei paraggi di Africo. «Un messaggio era per Francesca Bruzzaniti, un altro per la sorella», rivelano gli inquirenti. Alla cognata dell’imputato Alessandro Marcianò, l’agente scriveva:«Scusi se disturbiamo, ma se lei ha a cuore il bene e la libertà di suo cognato e suo nipote, non perda tempo e consegni questa lettera chiusa a sua sorella Francesca. Non parli né in casa né in macchina. Non è uno scherzo, qui dentro è provata l’innocenza dei suoi parenti. Ci vada ora da Francesca, perché domani sera qualcuno la chiamerà per sapere la risposta di sua sorella». Il messaggio per Francesca Buzzaniti, quel giorno, è stato letto dagli investigatori:«Dentro la busta - annota il Gip di Reggio Calabria - c’erano una relazione a firma del dirigente della Squadra mobile di Reggio Calabria, Salvatore Arena, l’effige fotografica di un uomo e le istruzioni da seguire per ottenere, in cambio di 10mila euro, documenti comprovanti l’estraneità di Alessandro e Giuseppe Marcianò all’esecuzione dell’omicidio dell’onorevole Fortugno». (Il. Fil.) ta la medesima peculiare “B”». La consonante, a dire del Gip, è il marchio di fabbrica «riconducibile a un’unica mano». Quella dell’agente Antonio Consolato Franco. Quando il poliziotto scrive alla famiglia Congiusta, cita il defunto Salvatore Salerno. Il pregiudicato del clan Commisso è morto ammazzato in un agguato di mafia consumato nelle campagne di Siderno. Quel giorno, 22 ottobre 2006, era a cavallo. Un commando entra in azione e fa fuoco con fucili caricati a pallettoni. Un mese dopo liquidano il fratello, il sorvegliato speciale Agostino. Lo accoppano sottocasa, in contrada Donisi, una mafiopoli nella periferia di Siderno. Aveva 30 anni. Per la morte del commerciante Tim Gianluca Congiusta, i giudici della Corte d’assise di Locri hanno condannato all’ergastolo il capomafia Tommaso Costa. Il boss, sottoposto al regime del 41 bis, il carcere duro, si è sempre detto innocente. Ma, nel motivare la sentenza emessa nel primo grado di giudizio, i giudici scrivono:«Gianluca Congiusta è stato ucciso perché meritava una punizione (movente punitivo), perché la volontà di Scarfò Antonio fosse definitivamente piegata (movente estorsivo) e perché si capisse che nel pluralismo mafioso sidernese esisteva anche il “colore” dei Costa», documenta la motivazione. «Dacci 50mila euro o diamo ai Costa le prove secondo cui sono stati i Salerno a uccidere Gianluca», scriveva, nel febbraio 2008, una manina anonima. Era quella del poliziotto Antonino Consolato Franco. Tre anni dopo, l’agente finisce in carcere. I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria lo hanno ammanettato all’alba di ieri. ILARIO FILIPPONE [email protected] 12 VENERDÌ 18 novembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria ora S T R E T T O Cisterna si difende in Csm Il procuratore aggiunto della Dna ha consegnato una memoria difensiva REGGIO CALABRIA Ha re dal 3 gennaio 2010, quando presentato una memoria di- una bomba scoppiò dinnanzi fensiva il procuratore aggiunto alla procura generale di Regdella Dna, Alberto Cisterna. Ie- gio Calabria. Un susseguirsi di ri il magistrato, difeso dal pro- fatti che ha portato poi alcuratore generale di Torino l’emissione di un’ordinanza di Marcello Maddalena, è stato custodia cautelare in carcere sentito dal Consiglio superio- nei confronti di Luciano Lo re della Magistratura, il quale Giudice, Nino Lo Giudice, nonha avviato, nei confronti del vi- ché Antonio Cortese e un suo ce di Grasso, una procedura complice. Tutto si è basato principalmente per valutasulle propalaziore un Ha negato ogni ni di Nino Lo eventuale addebito Giudice, pentitotrasferisi nell’ottobre del mento per rispondendo alle 2010, il quale incompadomande della raccontò che tibilità I commissione quelle bombe ambientaerano una ritorle. Cisterna ha risposto a tutte le do- sione per aspettative non reamande che gli sono state rivol- lizzate da parte di alcuni magite dai membri della I commis- strati nei confronti di Luciano sione del Csm ed ha negato Lo Giudice, tratto in arresto nel ogni addebito in riferimento alla vicenda che lo vede coinvolto. Il magistrato, infatti, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, guidata da Giuseppe Pignatone, con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Il procedimento si basa esclusivamente sulle parole del pentito Nino Lo Giudice il quale ha affermato che Cisterna prese dei soldi da Luciano Lo Giudice, per fare scarcerare Maurizio, fratello di Nino e Luciano. Circostanza che Cisterna ha sempre respinto con forza e che, al momento, risulta totalmente priva di qualsivoglia riscontro. L’iscrizione nel registro degli indagati è stata solo la tappa intermedia di un quadro di eventi che si è evoluto a parti- Alberto Cisterna 2009. Tra questi magistrati vi era anche Alberto Cisterna. Quelle spiegazioni furono ritenute dal gip assolutamente labili, quale movente per le bom- be. Ma nelle sue dichiarazioni Lo Giudice affermò che Cisterna avrebbe preso dei soldi da suo fratello Luciano. In realtà questa fu l’ultima di una serie Caso Fallara, Scopelliti non si presenta in Procura REGGIO CALABRIA Rinvio a data da destinarsi. Il governatore Giuseppe Scopelliti non si è presentato questa mattina in procura per essere interrogato dai magistrati nell’ambito del “caso Fallara”. È stato lo stesso procuratore aggiunto della Repubblica, Ottavio Sferlazza, a spiegare che il governatore ha fatto pervenire, tramite i suoi legali, una richiesta di differimento dell’interrogatorio per impegni istituzionali. Scopelliti, infatti, era convocato a Roma per una importante riunione e materialmente non poteva essere presente negli uffici del Cedir. A quando il prossimo interrogatorio? Difficile dirlo, visto che gli impegni per il governatore sono molteplici. Tutto lascia pensare che possa avvenire addirittura ai primi di dicembre. Questo significherebbe solo una cosa: che i tempi per la di versioni contrastanti rese nei riguardi del numero due della Dna. In principio Lo Giudice disse che Cisterna non aveva rapporti illeciti col fratello Luciano perché questi era un confidente e fece arrestare Pasquale Condello, poi si arrivò ad un memoriale dove si parlava di «regali e qualche confidenza», per giungere a «mi fece intendere soldi, tanti soldi». Rimane il fatto che Cisterna ben presto, anche in virtù di altri fatti (tra cui la querela per diffamazione nei confronti di Prestipino, aggiunto di Pignatone) ritenne che l’inchiesta dovesse spostarsi in altra sede e ricorse in Cassazione. La procura generale romana, però, decise di lasciare il processo a Reggio (per un criterio residuale d’interpretazio- ne, mancando luogo e data della presunta consumazione del reato), pur trattenendo gli atti per capire se procedere sotto l’aspetto disciplinare nei confronti dei magistrati reggini. Anche la richiesta di avocazione fu rigettata dalla procura generale guidata da Salvatore Di Landro che trovò errori macroscopici di trascrizione di interrogatori e brogliacci riguardanti Lo Giudice. Sta di fatto che l’audizione di ieri di Cisterna è solo la prima di una lunga serie che vedrà impegnati altri magistrati coinvolti, a vario titolo nella vicenda. I componenti del Csm discuteranno del caso dopo aver letto la memoria scritta e comunque dopo la prossima “settimana bianca” di astensione dei lavori. Consolato Minniti il commento Se Scopelliti passa al contrattacco... Chi ha ascoltato il discorso tenuto da Scopelliti in occasione del ventesimo chiusura dell’indagine sul “caso Fallaanniversario della morte di ra” si andrebbero ad allungare ulteriorCiccio Franco sarà rimasto mente, visto che prima di poter procestupito dalla determinaziodere alla chiusura delle indagini preline del governatore nel riminari, servirà sentire il governatore. E spedire al mittente le reitese qualcuno ironizza sull’impedimento rate accuse nei suoi condi Scopelliti, affermando che sia in perfronti sul “crollo del modelfetto stile “berlusconiano”, dal suo enlo Reggio” e sulla strana tourage assicurano che il governatore morte di Orsola Fallara. Il ha la precisa intenzione di rispondere presidente della Regione alle domande dei magistrati che voglioha improvvisamente mesno capire cosa sia accaduto dentro gli so da parte i sorrisi di facuffici di palazzo San Giorgio. ciata e i discorsi da taglio Scopelliti, come si ricorderà, è indadel nastro ed è andato giù gato per abuso d’ufficio e per falso in atdurissimo contro “i tradito pubblico. Di questo secondo reato tori della città dello Stretdovrà rispondere quando si recherà dal to” che, seprocuratore Pignatocondo lui, ne, dall’aggiunto OttaI tre revisori dei stanno cervio Sferlazza, e dai soconti del Comune cando di getstituti Francesco Tritare ombre podi e Sara Ombra. si avvalgono sul modo di Intanto nella giornata della facoltà di fare politica e di ieri si sono presennon rispondere di amminitati al Cedir i tre revistrare la cosa sori dei conti del Copubblica. Scopelliti è semmune di Reggio Calabria, anch’essi inbrato “pervaso” da queldagati per falso in atto pubblico nell'animus pugnandi che l’ambito del “caso Fallara”. I tre, Caraveva caratterizzato la vimelo Stracuzzi, Alessandro Ruggero ta di Ciccio Franco. Come De Medici e Domenico D'Amico si sose improvvisamente si fosno avvalsi della facoltà di non risponse spogliato di quella veste dere, così come ampiamente annunciato già nei giorni precedenti. Si rimaistituzionale che spesso lo costringe a esternazioni ne quindi in attesa, adesso, di capire contenute e mai fuori le riquando il governatore sarà interrogaghe e avesse riscoperto le to. cons.min. sue remote radici di missino combattente. Deciso a caricare a testa basta quelli che considera nemici e delatori. Sinora non aveva mai voluto dire nulla sulle inchieste che riguardano la Fallara, né si era espresso sul buco-voragine nei bilanci del Comune di Reggio. E invece, davanti alla stele in memoria di Ciccio Franco, ha ritrovato un rigurgito da “boia chi molla” e ha rotto fragorosamente il mutismo che ha alimentato tanti dubbi. Come mai questo cambio di marcia? Mercoledì, proprio mentre Peppe contrattaccava pubblicamente democrat e quelli che ha additato come “una cricca di giornalisti telecomandati e cialtroni”, la procura di Reggio Calabria chiedeva l'archiviazione delle indagini sulla morte di Orsola Fallara. Sarà una mera coincidenza temporale? O forse ha atteso in silenzio l'operato della magistratura (che per ora lo rafforza) prima di tirare fuori indignazione e rabbia alimentata dalle accuse di chi lo vedeva già invischiato in qualche inchiesta scandalo? Francesco Ferro la sentenza Toghe Lucane, condannata per peculato l’ex pm di Potenza De Luca L’ex pm di Potenza, Claudia De Luca, attualmente in servizio in altra sede giudiziaria, è stata condannata ad un anno e sei mesi per il reato di peculato. La sentenza è stata emessa dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Catanzaro, Antonio Rizzuti, davanti al quale si è svolto il processo con rito abbreviato. Al termine della requisitoria il pubblico ministero, Gerardo Domininijanni, ha chiesto la condanna dell’ex pm alla pena di 1 anno e 4 mesi. Il processo è scaturito dall’inchiesta Toghe Lucane nell’ambito della quale l’ex pm era accusata di aver utilizzato il telefono di servizio per scopi personali. Il rinvio a giudizio del magistrato era stato chiesto nel giugno dello scorso anno dal sostituto procuratore di Catanzaro Vincenzo Capomolla che aveva ereditato dall’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris, l’inchiesta Toghe Lucane su un presunto presunto comitato d’affari che avrebbe agito in Basilicata con la complicità di uomini politici, magistrati, professionisti, imprenditori e rappresentanti delle forze dell'ordine. Le trenta persone che erano indagate sono state prosciolte nel marzo scorso. Il pm De Luca è coinvolta anche nell’inchiesta Toghe Luca-Bis. 13 VENERDÌ 18 novembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria S T R E T T O Le ’mbasciate estorsive dalla clinica CATANZARO Il profilo è quello di «un boss», dicono gli inquirenti. La sua ascesa nel solco lasciato dallo storico padrino di Vibo Valentia Carmelo Lo Bianco subisce però un altro duro colpo. L’accusa formulata a carico di Andrea Mantella stavolta è condensata in quattro contestazioni di estorsione aggravata dalle modalità mafiose, che costano - a lui e ad altri quattro componenti del suo gruppo una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere, firmata dal gip Tiziana Macrì che ha accolto la richiesta formulata dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Pierpaolo Bruni. A notificargliela, all’alba di ieri, gli agenti della Squadra mobile di Catanzaro guidati dal dirigente Rodolfo Ruperti, all’esito di un nuovo filone d’indagine scaturito dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Samuele Lovato. Già coinvolto nel maxiprocedimento “Omnia”, ex braccio destro del boss-pentito di Tonino Forastefano, Lovato rimase per diversi mesi, a cavallo tra il 2009 ed il 2010, in regime di arresti domiciliari a Villa Verde, cliMantella dalla nica di clinica ordinava le Donnici nella quastrategie per le, per tenere sotto scacco «asseriti» l’imprenditore motivi di salute, era ristretto anche Andrea Man- fonda sin dal 30 settembre tella. In quella casa di cura del 2010. Lovato instaurò uno stretto Dichiarazioni che, in parte, rapporto con Mantella ed uno hanno già consentito di getdei suoi più stretti sodali, tare un fascio di luce sul sisteFrancesco Scrugli, e ciò gli ma delle perizie medico-legaconsentì di venire a cono- li compiacenti - le quali attescenza degli affari del «grup- stando una condizione di mapo» vibonese, poi spifferati lattia a volte anche solo di tinei verbali resi dal gola pro- po psichico, avrebbero con- GLI HOTEL DELLA MALAVITA A quanto pare gli ’ndranghetisti si ammalano facilmente: «Capita che su dieci almeno quattro dice Borrelli - finiscono ai domiciliari in una casa di cura, dove magari ci sono altri ’ndranghetisti». Il collaborare di giustizia Samuele Lovato rimase per diversi mesi in regime di arresti domiciliari a Villa Verde. E qui conobbe Andrea Mantella con il quale instaurò uno stretto rapporto. Ed è proprio Lovato a raccontare agli inquirenti quello che accadeva in clinica Nuovo colpo al gruppo Mantella: 5 arresti Le riscossioni ordinate da “Villa Verde” CATANZARO Una «vicenda tipicamente mafiosa», la definisce il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Perché - aggiunge il magistrato - «dimostra come in certi territori le organizzazioni criminali abbiano una sorta di dominio assoluto che, talvolta, consente loro di ottenere senza minacciare, in alcuni casi senza neppure chiedere». E’ un nuovo colpo che la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro assesta a quello che definisce come «gruppo Mantella», nato sotto l’egida dello storico capomafia di Vibo Valentia Carmelo Lo Bianco e divenuto progressivamente più autonomo. La presenza del procuratore capo Antonio Vincenzo Lombardo testimonia il «valore di un’indagine» che, evidenzia poi il questore Vincenzo Roca, ribadisce come «il reato di estorsione, reiterato anche in maniera becera costituisca l’azione più comune con la quale le organizzazioni ’ndranghetiste mantengano il controllo del territorio condizionandone l’economia». Andrea Mantella, capo del gruppo destinatario di una nuova misura cautelare, è una vecchia conoscenza del capo della Squadra mobile di Catanzaro Rodolfo Ruperti, che ne seguì e frenò l’ascesa sin dai tempi in cui era a capo dell’ufficio di Vibo Valentia. Affiancato al vicedirigente Angelo Paduano e dal commissario capo Massimiliano Russo sottolinea come «il collabo- sentito a pezzi da novanta del crimine organizzato di esorcizzare la custodia in carcere - e, in parte, su altre vicende di tipo estorsivo riconducibili al medesimo gruppo e già oggetto di analoghi provvedimenti cautelari. Ora un nuovo step sulle propalazioni di Lovato, utili ad indirizzare Ruperti e i suoi su un ulteriore coacervo di episodi di matrice criminale che avrebbe soggiogato, in particolare, un noto imprenditore, titolare di una concessionaria di automobili di Vibo Valentia. Oltre che ad Andrea Mantella, 38 anni (difeso dall’av- vocato Francesco Sabatino), la nuova ordinanza è stata notificata al suo più stretto collaboratore, Salvatore Morelli, 28 anni (difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo), e ai sodali Francesco Scrugli, 41 anni (avvocato Giuseppe Di Renzo), Francesco Antonio Pardea, 25 anni (avvocati «Possiamo passare alla storia ma non abbiamo molti uomini» Nelle foto la clinica Villa Verde e i cinque arrestati ratore di giustizia Samuele Lovato abbia offerto con le sue propalazioni un contributo prezioso». Decisivi, però, sono stati i riscontri: «Abbiamo acclarato come le tipiche ’mbasciate mafiose impartite da Mantella, che con Lovato era agli arresti domiciliari in quella clinica cosentina per asseriti motivi di saluti, arrivassero a destinazione, inducendo le vittime talvolta a recarsi personal- mente in quella stessa clinica per soddisfare le richieste estorsive». Emerge qui una «prima criticità» rimarcata da Borrelli a margine della conferenza stampa: «Una cosa che mi sorprende è l’eccessiva morbidità degli ’ndranghetisti che, destinatari di una misura custodiale, s’ammalano subito. Capita così che su dieci almeno quattro finiscano ai domiciliari in ora Franco Muzzopappa e Francesco Sabatino), e al cugino Vincenzo Mantella, 25 anni (avvocato Francesco Sabatino). L’operazione è stata denominata “Nasty embassy”, «’mbasciate sporche», come quelle impartite dalla clinica di Donnici, da cui Andrea Mantella avrebbe ordinato le strategie per tenere sotto scacco l’imprenditore che, nonostante l’evidenza e più volte interrogato dalla Squadra mobile, ha reiteratamente negato di aver subito soprusi. Dalla stessa vittima il gruppo si sarebbe rifornito anche di automobili per le quali non avrebbero saldato alcun corrispettivo. Le accuse di estorsione risultano tutte contestate con il concorso tra tutti gli indagati, mentre i soli Morelli e Vincenzo Mantella rispondono anche di violenza privata, con tanto di aggravante della mafiosità. Secondo l’accusa, dalla vittima avrebbero ottenuto la disponibilità di un suo ponteggio per affiggerci sopra una gigantografia pubblicitaria, ovvero la reclame di un’altra concessionaria di autovetture, concorrente di quella della vittima che - secondo gli inquirenti - dovette restare zitto e subire pure questo. Tutto ciò - sottolinea il gip Tiziana Macrì, accogliendo in toto la prospettazione formulata dal pm Pierpaolo Bruni a riscontro della capacità d’intimidazione esercitata dal «gruppo Mantella», capace di declinarsi talvolta senza neppure minacciare, senza neppure profferire parola. Bastava agire per essere padroni, anche dalle corsia di una pacifica clinica del Cosentino. PIETRO COMITO [email protected] una casa di cura, dove magari ci stanno altri ’ndranghetisti pure loro malati. E così quelle case di cura, scopriamo, diventano dei grandi hotel della malavita, dove si pianificano azioni criminali, si stringono alleanze, nascono nuovi rapporti di comparaggio». La seconda «criticità», spiega ancora Borrelli, è di ordine più vasto: «Abbiamo materiale per scrivere una pagina di cambiamento indimenticabile per la Calabria che, se è Borrelli: i clan davvero un’emergenza nain alcune zone zionale come si dice, da chi è preposto a considerarla riescono ad tale non viene affrontata ottenere anche come dovrebbe. Non absenza minacciare biamo gli uomini per portare avanti i processi, per esitare le indagini in corso, che sono tante, tantissime. Sarebbe necessaria una maggiore sinergia tra le istituzioni tutte, a cominciare da quelle locali, che sono sì controllate ma devono aiutare il controllore. Dalla Provincia di Catanzaro, per esempio, abbiamo avuto una mano importante. Spiace constatare che da qualche altro ente tale attenzione non c’è stata, eppure contribuire a strappare alla criminalità organizzata la regione che si amministra dovrebbe essere una priorità». p.com. 14 VENERDÌ 18 novembre 2011 D A L PRAIA A MARE (CS) I pubblici ministeri Roberta Carotenuto e Linda Gambassi hanno disposto il sequestro probatorio dello stabilimento Marlane-Marzotto ubicato in Praia a Mare, via della Repubblica e dell’area antistante il detto stabilimento. Ciò in ossequio ad una istanza firmata dagli avvocati Augusto Marragony, Lucio Conte, Emanuela Marragony, Pasquale Vaccaro, Michele Donadio, Luca Donadio, Stefania Laurito, Francesco Sirimarco, Monica Bovi, Antonio Feraco, Roberto Romei, Pietro Sammarco, Antonio Sorrentino, Elisa Sorrentino, Salvatore Staiano, Bruno Ganino, Angela Inghilleri e Antonio Zecca. I legali, infatti, hanno chiesto, ed ottenuto, maggiori verifiche finalizzate a ricercare ulteriori prove per quanto concerne le sostanze cangerogene che avrebbero provocato le diverse decine di morti e feriti tra ex dipendenti della “fabbrica dei veleni”. V’è da dire, comunque, che allo stato del procedimento sono in vigore: il sequestro P O L L I N O A L L O calabria S T R E T T O Sequestrata Marlane la fabbrica dei veleni La Procura di Paola accoglie le istanze di parte civile preventivo del pm del 26 marzo 2009, dell’area ubicata in Praia a Mare, ubicata tra lo stabilimento Marlane, la strada litoranea via Sirimarco, l’impianto di depurazione comunale ed edifici privati a Nord, nonchè il sequestro giudiziario del 12 marzo 2009 del giudice Goggiamani (procedimento civile) del solo reparto tintoria dello stabilimento Marlane e dell’area esterna. Ma, ritornando al sequestro, la Procura di Paola, nel ritenere, nel merito, di condividere le argomentazioni delle parti civili, ha confermato la necessità che occorre (ed acquisire al fascicolo del pubblico ministero) valutare le redigende relazioni dei consulenti tecnici nominati dal giudice civile che hanno effettuato i campionamenti all’interno dei locali azienda- FABBRICA DEI VELENI Lo stabilimento di Praia a Mare ora li, e ciò allo scopo di valutare la possibilità di disporre apposita consulenza tecnica del pubblico ministero sulle medesime circostanze, con conseguente necessità di procedere ex novo a sopralluoghi, campionamenti e rilievi la cui genuinità può essere garantita solo dal vincolo reale sul bene. In tale contesto, la Procura ha evidenziato, altresì, come la necessità di procedere al sequestro probatorio dello stabilimento industriale Marlane-Marzotto, è emersa dalla concreta possibilità che il tribunale collegiale, investito dalla fase dibattimentale del procedimento penale, anche su sollecitazioni delle parti, disponga perizia sul punto (qualità delle sostanze coloranti utilizzate nello stabilimento, tossicità e nocività di tali sostanze, conseguenze sulla salute dei lavoratori), così che il vincolo viene anche a garantire il pieno esercizio del diritto di prova nel dibattimento e il migliore e il più completo accertamento della verità dei fatti. STEFANIA SAPIENZA [email protected] jonio cosentino Santa Tecla, parla il pentito Converso: Fabio Barilari non era vicino alla cosca CORIGLIANO (CS) «Fabio Barilari non era vicino alla cosca. Per quello che ne so io era un bravo ragazzo. Uno che lavorava». Così il collaboratore di giustizia coriglianese Giampiero Converso descrive uno degli imputati della maxioperazione antimafia Santa Tecla, identificandolo in aula ed escludendo ipotesi di attività criminose a suo carico. Tutta un’altra storia, invece, per quel che riguarda suo fratello, Maurizio Barilari, ritenuto esponente di spicco della cosca coriglianese e attualmente detenuto in regime di 41bis a Parma. È stata tutta dedicata all’escussione del pentito Converso l’udienza tenutasi ieri dinanzi al Tribunale penale collegiale di Rossano (presidente Francesca De Vuono, a latere Enrico D’Alfonso e Angelo Zizzari) nell’ambito del giudizio con il rito ordinario a carico dei fratelli Barilari. Sottoposto dapprima all’esame del pm antimafia Vincenzo Luberto e poi al controesame dell’avvocato Salvatore Sisca (difensore dei due imputati), il collaboratore, pentitosi nel 2004 poiché temeva per la propria vita, ha illustrato a grandi linee organigramma e attività del “locale” di Corigliano, soffermandosi soprattutto sul ruolo di Maurizio Barilari e sui rapporti con gli zingari di Cassano. Non senza prima parlare della nascita del “locale” di Rossano, finora mai sancito processualmente, che si sarebbe verificata per volere di Franco Abbruzzese alias Dentuzzo, presunto capo degli zingari cassanesi, nel 2000. In quella circostanza, ha riferito ieri Converso, Nicola Acri alias “Occhi di ghiaccio” sarebbe stato nominato capo e Salvatore Morfò contabile. Tornando poi al coriglianese, Converso Giampiero Converso ha riferito dell’incarico ricevuto a Cassano nel 2002 da Edoardo Pepe e Fioravante Abbruzzese per effetto del quale “prese in mano la città” soprattutto per quel che riguardava il traffico di stupefacenti nonché qualche estorsione. I proventi, ha detto ieri, venivano consegnati a Maurizio Barilari che poi ne dava una parte ai cassanesi. In quel periodo si consumò anche la cosiddetta “estorsione al porto” ai danni di una nave carica di bucce di cocco utilizzate come combustibile. «Io e Giorgio Semeraro – ha raccontato Converso – parlammo con il comandante e chiudemmo all’8%. E venimmo anche rimproverati per aver chiuso a poco». I proventi di questa estorsione vennero poi uniti al resto: «Impiegammo 7-8 ore solo per contarli tutti… erano circa 130mila euro». Il collaboratore ha poi riferito di quando gli venne «fatta la tragedia», ossia di quando qualcuno sparlò di lui con i cassanesi accusandolo ingiustamente. Da quel momento era chiaro che lo si voleva eliminare: «Longobucco mandava le imbasciate per farmi fuori, e io non ero protetto allo stesso modo di Barilari da Dentuzzo, che gli esecutori di quelle imbasciate temevano». Dopo aver accennato anche ai fratelli Straface ai quali «facevamo prendere dei lavori… appiccammo il fuoco anche ad una ditta di Palermo su ordine di Carelli nono- la denuncia stante vi fosse la “raccomandazione” zi… nessuna estorsione. Qua si condi non toccarla», il pentito ha parla- tinua solo a buttare fango addosso». to del servizio sicurezza nei locali e L’udienza è stata poi aggiornata al nei night definendolo una vera e pro- prossimo 12 dicembre per sentire i pria «imposizione» collaboratori Gioda parte del clan con E a Catanzaro vanni Cimino e Vincui si mascherava Curato. negli abbreviati cenzo Intanto, ieri diun’estorsione. Cirnanzi al gup di Cacostanza, questa, proseguono tanzaro Tiziana Manegata poi dallo le arringhe crì sono proseguite stesso Maurizio Badella difesa le arringhe della dirilari che, ribadendo fesa nell’ambito del di non conoscere Giampiero Converso, ha rilasciato giudizio con il rito abbreviato a caridelle spontanee dichiarazioni: «I ti- co dei 73 imputati di “Santa Tecla”. tolari di vari locali ci chiedevano una Le discussioni, tra le altre, degli avmano per la sicurezza e il personale vocati Giuseppe Zumpano, Giovanimpiegato era fatto da bravi ragaz- ni Zagarese, Francesco Nicoletti, Enzo Galeota, Pasquale Di Iacovo e Fabio Salcina sono state incentrate (ieri molti legali hanno discusso solo per alcune posizioni) più che altro sulla inattendibilità dei collaboratori di giustizia, Alfano e Curato in primis, nonché sull’assenza di riscontri della libertà, il tour de force di un detenuto di Buonesterni alle loro dichiarazioni, sui cui cammino e della scorta», ha denunciato Maria Grasi basa in gran parte il castello accuzia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialisatorio messo in piedi dalla Dda per smo diritti riforme”. le posizioni esaminate ieri. «L’odissea dell’uomo, in stato di detenzione da olI difensori hanno vibratamente tre quindici anni, è stata condivisa anche dagli agencontestato le imputazioni confezioti della Polizia penitenziaria della scorta che hanno nate nei confronti dei propri assistidovuto provvedere alla traduzione. Un assurdo diti, tentando così di smontare le tesi spendio di energie fisiche, mentali e di denaro che podella pubblica accusa. Le arringhe teva essere evitato con un trasferimento temporaneo del collegio difensivo riprenderanno a Reggio Calabria o meglio ancora applicando il prinalle udienze già fissate per il 29 e il 30 cipio della regionalizzazione della pena previsto dalnovembre. la legge». ROSSELLA MOLINARI Odissea di un detenuto: 7 ore in aeroporto per 2 di colloquio Per due ore di colloquio con la mamma malata ha dovuto prendere quattro aerei, effettuare un trasferimento in ambulanza e trascorrere sette ore in aeroporto in attesa del velivolo per poter rientrare a Cagliari. È in sintesi la cronaca del viaggio - riportata dall’Ansa - di un detenuto calabrese che dal capoluogo dell’isola sarda ha raggiunto un piccolo paese della Calabria, a ottanta chilometri da Reggio, con un permesso di necessità di due ore concesso per le gravi condizioni di salute della madre. «Si è rinnovato, con l’aggravio della lunga imprevista sosta in aeroporto dentro un’ambulanza, mobilitata per le condizioni di salute del cittadino privato [email protected] 19 VENERDÌ 18 novembre 2011 calabria ora R E G G I O Truffa alla Fallara In un’agenda gli altri sodali? Repertato un documento che darebbe indizi per altre importanti identificazioni Per il gip sono molti di più i soggetti che partecipano al sodalizio capeggiato da Antonino Consolato Franco e dedito alla falsificazione di atti giudiziari allo scopo di truffare delle ignare vittime. Ciò si evincerebbe, tra l’altro, dagli appunti trovati sulla sua agenda (in foto) nella parte sinistra della stessa, che da indicazioni su connessioni di nomi con singole zone della città. Questo, secondo il gip, porta ad un modus procededi «caratterizzato da “cacce al tesoro” nei termini di cui si è detto. In secondo luogo – e qui si viene alla parte destra dell’agenda - l’uso di un linguaggio cifrato e convenzionale del tutto confacente a chi dirige le fila di un’organizzazione che presenta inevitabili agganci nei settori istituzionali e negli opposti settori dei locali circuiti malavitosi. Infine – evidenzia ancora il gip Laganà – si deve evidenziare la riscontrata esistenza di almeno 4 compartecipi la posizione di tre dei quali si tratterà in prosieguo risultando meritevole di apposita digressione a seguito della conclusione in ordine alla “parte generale” relativa Le due pagine dell’agenda ritrovata dai carabinieri all’esistenza dell’associazione in esame. Qui invece è opportuno concentrare per un istante l’attenzione sul quarto sconosciuto – allo statosodale che dalle sopra indicate risultanze probatorie è indicato dagli altri compartecipi con il nome di “Andrea”. Costui è certamente – dalla disamina degli atti investigativi - un (ulteriore) partecipe non già (solo) per il suo concorso nella vicenda “Fallara” di cui sopra ma per- ché dall’esame complessivo della stessa è dato evincersi i tratti strutturali tipici del sodale che si interfaccia con gli altri compartecipe, facendo uso delle schede attivate in modo illecito dal gruppo, godendo della fiducia degli altri membri del sodalizio ed infine cooperando nella realizzazione del programma associativo ed attuando il modus procedendi illecito del sodalizio di cui si è detto». Secondo il gip, dunque, c’è una se- rie di elementi che fa capire perché si profili un’associazione: «Si può affermare in sostanza che il complesso e coordinato materiale probatorio acquisito, costituito –come detto- dall’esistenza di organizzazione di mezzi e di uomini, dalla realizzazione di un programma “aperto” teso alla realizzazione di una pluralità di reati, dall’uso di un tipico modus procedendi, dal ricorso sistematico a schede intestate a ignari ter- zi in funzione di “paravento intercettativo”, dall’uso di un linguaggio artificioso ed “a tappe”, dal ricorso a precise tecniche redazionali, dall’adozione di segni identificativi tipici, dalla risalenza e preesistenza del vincolo associativo rispetto ai singoli delitti fine, dall’accertamento di facta concludentia (quali l’uso di buste identiche o analoghe, l’invio a terzi “soggetti sensibili”, la ripartizione in zone per ogni sodale di riferimento, l’uso di parole chiave “di richiamo”, la predisposizione di nuove “truffe” (minacce e/o estorsioni), la disponibilità di loghi, timbri frutto di evidente contraffazione, l’insieme degli strumenti atti alla precostituzione di inesistenti atti giudiziari, la commissione di reati attuati del programma criminoso) - ha consentito di acclarare come il menzionato gruppo illecito è sia formato da membri specificamente avvinti e uniti dallo scopo di realizzare in via sistematica il programma criminoso prefigurato, sia contraddistinto da una struttura organizzativa fondata nella sua essenza dalla preventiva ed essenziale ripartizione dei compiti assegnati a ciascun sodale ai fini del mantenimento della struttura illecita e della contestuale consumazione dei singoli suddetti delitti-fine con la conseguenza che, sul piano strettamente giuridico, certamente l’indicata compagine illecita integra i requisiti normativi richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per l’esatta individuazione e delimitazione dell’associazione criminale di cui all’art. 416». (r.r.) «Distruggono l’onore di Stato» Durissimo commento del gip. I sospetti su un elenco di nomi noti «Il quid proprium di questa associazione è rappresentato dalla sua capacità di assumere – per la posizione istituzionale ricoperta da taluno dei suoi sodali- notizie riservate e segrete che, nel “colpire” i singoli soggetti passivi coinvolti, screditano e distruggono l’onore e la professionalità delle locali forze dell’ordine e delle autorità giurisdizionali su cui primariamente si fonda l’assetto istituzionale italiano». Ci va molto duro il gip Antonino Laganà nel commentare la condotta dei soggetti tratti in arresto ieri. Il gip sottolinea «in primo luogo la “pervicacia” e l’insistenza manifestata dal gruppo che, (si pensi alla vicenda Fallara), anche dopo avere subito l’individuazione di taluno dei suoi principali sodali, continua la sua attività di illecita persuasione e inganno nei confronti dei soggetti passivi presi di mira. D’altro canto –per rimanere sempre sul versante della prima prospettata considerazione- non si può non evidenziare come il gruppo in esame non teme di truffare anche personaggi (si pensi alla vicenda Fortugno) quantomeno vicini a fortissimi ambienti criminali provinciali per come le vicende giudiziarie reggine hanno allo stato appurato e confermato. Il che da l’idea anche della forza e “della tenacia associativa” insita nel gruppo in esame. Da ultimo –è questa è la seconda osservazione finale- bisogna rilevare come i delitti fine sopra individuati sono stati “ricostruiti” per via di querela delle singole persone offese o in forza di ritrovamenti delle “buste” inviate alle vittime, dovendosi tutta’altro che escludere –per come riferito dalla stessa “organizzazione” in esame - che numerosi sono stati ( e sono) gli altri affari illeciti andati a buon fine da un gruppo che fa della lesione della riser- vatezza e dell’immagine uno dei cardini su cui mirare per la riuscita del suo programma criminoso». Ma quali erano i ruoli precisi? Eccoli: Franco era capo e promotore del sodalizio, assumeva informazioni riservate in relazione ad importanti vicende giudiziarie del distretto di Reggio Calabria, anche in ragione del proprio ufficio, individuava le persone cui richiedere le somme di denaro, stabiliva la strategia da seguire, predisponeva la documentazione da utilizzare in occasione dei singoli reati fine, impartiva disposizioni agli altri associati, manteneva, anche personalmente, i contatti con le vittime; Angelo Belgio coadiuvava Franco, eseguendo le sue disposizioni, fornendogli il necessario supporto logistico ed informativo, accompagnando in occasione degli spostamenti, del deposito di plichi destinati alle vittime in luoghi con- cordati, detenendo materiale da utilizzarsi per il raggiungimento degli scopi comuni, ponendo in essere ogni ulteriore condotta necessaria alla vita del sodalizio ed alla consumazione dei delitti fine; Rosa Bruzzese coadiuvava il marito (Franco), eseguendo sue disposizioni fornendogli il necessario supporto logistico ed informativo, collaborando con quest’ultimo nel mantenere i contatti con le vittime attivandosi per mettere a disposizione del gruppo schede telefoniche intestate a terzi ignari da utilizzarsi nelle comunicazioni con le vittime. E’ stato poi ritrovato un elenco di nomi di personalità note in città e suddiviso per zone. C’è il sospetto che potessero essere potenziali nuove vittime. Ecco l’elenco senza indirizzi. Zona Sud: Pezzano Pietro, Zoccali Rocco, (Avvocato), Spano’ Francesco, De Lorenzo Cecilia, Chizzoniti Aurelio, Antonino Consolato Franco Canale Amedeo. Zona Nord: Gangemi Francesco Classe 1934, Gangemi Francesco, Classe 1930, Partinico Riccardo, Caracciolo Antonio, Cutrupi Nicola, Sarra Alberto, Cammera Marcello, Bruno Paolo, Catalano Franco, Saraceno Andrea. Zona Centro Ed Interna: De Stefano Giorgio, De Stefano Giovanni, Amodeo Domenico Oreste, Franco An- tonio Michele, Zoccali Rocco (Psichiatra). Altri Nominativi: Romeo Paolo (Detenuto), Matacena Amedeo, Valentino Giuseppe, Morabito Antonio, Colonna Ugo, Gatto Biagio, Montagnese Francesco, Idone Antonio, Rizzo Giuseppe, (Messina), Romeo Francesco, Pellegrino Antonino, Napoli Angela, Pirilli Umberto, Fuda Pietro. VENERDÌ 18 novembre 2011 PAGINA 33 l’ora della Locride Sede: Via Verdi, 89048 Siderno Tel. e fax 0964 342899 Mail: [email protected] GUARDIE MEDICHE Siderno Locri Marina di Gioiosa J. Gioiosa Jonica Roccella Jonica Bovalino Grotteria Caulonia tel. 0964/399602 tel. 0964/399111 tel. 0964/416314 tel. 0964/51552 tel. 0964/84224 tel. 0964/61071 tel. 0964/53192 tel. 0964/861008 LOCRI Saranno interrogati oggi i due fratelli ed imprenditori Giovanni e Domenico Camastra, arrestati due giorni fa dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’operazione, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, denominata “Oro Nero”. I due, che si trovano attualmente detenuti presso il carcere di Locri e difesi dall’avvocato Antonio Alvaro, saranno così sentiti dal gip di Locri sui fatti che, secondo la procura antimafia, li pongono fra l’altro anche al centro di una frode ai danni dell’erario per circa oltre 12 milioni di euro. Ed infatti le altre accuse da cui dovranno difendersi i due indagati sono pesantissime: dalla truffa al contrabbando di carburante passando per l’evasione fiscale, il tutto aggravato dalla circostanza di aver commesso tali reati agevolando la ‘ndrangheta. Oltre ai fratelli Camastra risultano coinvolte ed indagate altre quaranta persone che avrebbero fruito ed ottenuto benefici illeciti dal complesso sistema fraudolento messo in atto dai due imprenditori leaders nel redditizio mercato dei prodotti petroliferi. Gli uomini delle fiamme gialle nel corso dell’operazione hanno anche messo i sigilli alla società capogruppo dell’impero Camastra e ad altre sei aziende ad essa collegata. Sono stati sottoposti a sequestro inoltre terreni, immobili e conto correnti per un valore complessivo di circa 350 milioni di euro. Secondo quanto emerso dall’attività investigativa, il meccanismo fraudolento posto in essere ruotava attorno alla creazione fittizia di enormi quantità di gasolio denaturato. In realtà però il prodotto rimaneva allo stato naturale permettendo così alla ditta di eludere i controlli ottenendo quindi un regime di tassazione agevolato oppure consentendo il contrabbando dell’ ”oro nero”. Ma ciò che preoccupa maggiormente, anche secondo quanto dichiarato in sede di conferenza stampa dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, rimane il legame o comunque la vicinanza a molte famiglie mafiose calabresi. Dalle numerose intercettazioni eseguite è infatti emerso che, sebbene i due imprenditori non faccessero parte di alcuna consorteria mafiosa, tuttavia la loro attività criminosa finiva per avvantaggiare le potenti ‘ndrine del territorio FARMACIE EMERGENZA Bovalino Bovalino tel. 0964/66128 tel. 0964/61028 tel. 0964/356097 Gioiosa Jonica Martora & Crupi tel. 0964/51259 Satriano tel. 0964/51532 Scopacasa tel. 0964/58134 Cristiano De Sandro Longo Carabinieri Polizia Capitaneria CINEMA tel. 0964/61000 tel. 0964/67200 tel. 0964/787657 Gioiosa Jonica Carabinieri tel. 0964/51616 Marina di Gioiosa Jonica Carabinieri tel. 0964/415106 Cinema Vittoria Cinema Nuovo I fratelli Camastra sono accusati anche di mafia che ovviamente venivano agevolate dai prezzi scontatissimi del carburante acqui- stato dalla società Camastra Petroli. Non sono mafiosi dunque ma fanno affari con soggetti «tutti, o quantomeno una gran parte più o meno inseriti in ambiti ndran- ghetisti», si legge nell’ordinanza che ha portato al fermo dei due imprenditori. Non il solito rapporto vittima - carnefice dunque «ma interessi che si sovrappongono e danno vita al raggiungimento di perfetti e collaudati equilibri criminali - prosegue ancora il provvedimento - e questo secondo un collaudato schema che vuole gli imprenditori calabresi spesso “vicini” alla criminalità organizzata al fine di trovare i giusti appoggi per poter liberamente e proficuamente svolgere la propria attività lavorativa e al contempo la ndrangheta attivamente interessata al tessuto imprenditoriale al fine evidente di trarne illeciti vantaggi economici, oltre che a mettere in atto un sistematico controllo del territorio». Daniela Ursino le motivazioni «Doveva essere punito» Ecco perché secondo la Corte d’Assise è stato ucciso Congiusta SIDERNO Costa e questo avrebbe rischiato di riaccendere la faida. Nei mesi precedenti «Gianluca Congiusta doveva essere l’omicidio Antonio Scarfò aveva subitop punito». Ecco perché secondo la corte numerosi danneggiamenti ed intimidad’assise di Locri il giovane imprendito- zioni ma non si era piegato. Nello stesre di Siderno è stato ucciso il 24 maggio so periodo Giuseppe Curciarello pres2005. Sono state depositate ieri le mo- sava Gianluca Congiusta e, minacciantivazioni del processo che si è concluso dolo, gli “consigliava” di convincere il lo scorso dicembre con la condanna al- suocero a pagare: « vidi che ‘ndavi mi fal’ergastolo per Tommaso Costa e a ven- ci, va non è che ccà putimu stari mu ioticinque anni di reclusione per Giusep- camu». Si legge ancora nelle motivaziope Curciarello. Nelle quasi cinquecento ni della sentenza «non c’è dubbio che Tommaso costa, pagine della motivaziomentre ancora si trone è stata così ricostruita «Aveva fatto vava in carcere, aveva l’intera vicenda che ha qualcosa della maturato una volontà portato al brutale omicidio di Gianluca Congiupunitiva nei confroncui gravità sta. «Aveva fatto un ti e di Scarfò Antonio, nemmeno si qualcosa della cui graviche non si piegava alrendeva conto» tà nemmeno si rendeva l’estorsione e che aveconto, in quanto suscetva pensato di potergli tibile di cagionare grandi problemi di sfuggire ricorrendo alla cosca dominanincolumità ai Costa e di farli ricadere nei te dei Commisso, e di Gianluca Congiulutti del passato». Vessato dalle richie- sta che lo aveva gravemente esposto ste estorsive dei Costa che minacciava- mettendo in serio pericolo la sua incoluno da tempo sia lui che il suocero Anto- mità e quella dei suoi familiari, sottovanio Scarfò, aveva chiesto protezione al- lutando e non riconoscendo il potere la famiglia Commisso, storica rivale dei mafioso da lui rappresentato». È stata Siderno tel. 0964/342776 “Breaking down” ore 16 - 19- 22 Roccella Jonica Cinema Golden tel. 0964/85409 “I soliti idioti” ore 18 - 20 - 22 Oro nero, gli evasori davanti al giudice La sede dell’azienda dei fratelli Camastra a Locri Locri tel. 3397153696 “Breaking down” ore 18 - 20 - 22 dunque confermata su tutta la linea l’impostazione accusatoria della pubblica accusa ed infatti anche secondo i giudici , «Gianluca Congiusta è stato ucciso – continua la sentenza - perché meritava una punizione, perché la volontà di Antonio Scarfò fosse definitivamente piegata e perché si capisse bene, “chiaro e tondo” esisteva anche il “colore” dei Costa». da. ur. “Crimine” Il Tdl restituisce i beni immobili a Tavernese MARINA DI GIOIOSA Il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, Presidente Leonardo, Aliquò e Foti, in accoglimento della richiesta di riesame presentata dall’avvocato Leone Fonte ha annullato il sequestro preventivo disposto dal Gip in relazione a dei beni immobili di proprietà di Vincenzo Tavernese di anni 56 di Marina di Gioiosa Jonica ma di fatto residente in Canada. Lo scorso mese di ottobre il Ros dei carabinieri di Reggio Calabria eseguivano una serie di sequestri consistenti in beni immobili e società facenti capo ad alcuni imputati nell’ambito dell’operazione “Il Crimine”. Tra queste persone figurava anche il Tavernese, ritenuto dall’accusa componente di vertice dell’associazione mafiosa denominata ndrangheta ed in particolare quale elemento di spicco del locale di Marina di Gioiosa Jonica. A seguito di indagini patrimoniali eseguite dai Carabinieri del Ros emergeva che Tavernese pur non svolgendo alcuna attività lavorativa e non avendo mai presentato alcuna dichiarazione dei redditi risultava essere proprietario di appartamenti ed altri beni immobili sia in Calabria che in Piemonte. Fonte nel corso dell’udienza dinanzi al Tdl evidenziava che il sequestro non poteva essere disposto solo sulla base della presunta appartenenza di Tavernese all’associazione mafiosa di cui al processo “Il Crimine” o il fatto che lo stesso non aveva mai presentato la dichiarazione dei redditi, ma l’accusa avrebbe dovuto, altresì, provare che i beni immobili sottoposti a sequestro costituivano il profitto di attività illecite facenti parte del programma criminale dell’associazione mafiosa contestata. Sulla stregua di queste argomentazioni il Tribunale disponeva l’immediata restituzione del patrimonio immobiliare sequestrato. re. lo. 34 VENERDÌ 18 novembre 2011 calabria ora L O C R I D E In alto: la busta della lettera inviata a Mario Congiusta dal poliziotto Franco. A destra: un momento delle conferenza stampa a Reggio Calabria Quella lettera per i Congiusta Franco chiese cinquantamila euro ai familiari dell’imprenditore complice, Angelo Belgio. Il poliziotto, in servizio Il poliziotto infedele, Anto- presso la Questura di Reggio nino Consolato Franco, aveva Calabria, sfruttava la propria cercato di attirare nella sua posizione privilegiata per utitrama fatta di ricatti e lettere lizzare notizie false e minacanonime le persone coinvol- ciando complicazioni legate te, a vario titolo, nei casi Fal- ai processi suddetti o la poslara, Fortugno e Congiusta. sibilità di trovare una soluzioSoggetti ritenuti “sensibili”, ai ne congeniale agli stessi. Tra quali Franco proponeva la le persone prese di mira Maconsegna di fantomatiche rio Congiusta, padre di Gian“prove a discarico” o la garan- luca, il giovane imprenditore zia di riservatezza su notizie assassinato a Siderno il 24 altrimenti “nocive” in cambio maggio del 2005. Come in del versatutti i casi mento di aldella trama La lettera ai cune somme messa in atto familiari di di denaro stadai tre sogbilite dallo Gianluca arriva getti, le ristesso polichieste arril’otto febbraio ziotto e indivano alla fa2008 cate nelle sue miglia Conmissive, pezgiusta attrazi di un puzzle che lascia in- verso una lettera anonima. Al travedere un’immagine a tin- suo interno i familiari di te fosche. Gianluca leggono di un qualEra Franco, dunque, il che materiale probatorio che principale promotore dell’as- potrebbe dimostrare la colpesociazione a delinquere che volezza di Salerno, scagioavrebbe tentato di truffare i nando, di fatto, il boss Tomparenti dei soggetti in que- maso Costa, ritenuto responstione, con l’aiuto della mo- sabile del delitto del giovane. glie Rosa Bruzzese e di un La richiesta era di ben cinSIDERNO Gianluca Congiusta, ucciso il 24 maggio 2005 quanta mila euro in cambio delle preziose informazioni, che avrebbero dovuto assicurare ad un padre che aveva perso il figlio la giustizia che cercava. Un tentativo che però non ha ottenuto gli effetti sperati per Franco, vista la denuncia presentata dalla famiglia Congiusta subito dopo aver ricevuto la lettera. A raccontare tutto alle for- ze dell’ordine è stata la sorella di Gianluca, Roberta, che l’otto febbraio del 2008 trova una busta contenente al suo interno un foglio di quaderno. «Se non segui le mie istruzioni diamo ai Costa le prove che sono stati i Salerno a uccidere Gianluca - queste le parole scritte nella lettera Porta 50 mila euro in una bu- sta da spazzatura mira. Lune- maso Costa, classe ’59. dì 11 lascia tutto nel monuSulla busta ricevuta dalla mento di tuo figlio e vattene. famiglia Congiusta compare una sigla che consente di riAlle due di notte». Parole indirizzate a Mario condurre la lettera al gruppo Congiusta, un pugno dritto criminale guidato da Franco e nello stomaco che però non quel particolare modo di scrifa cedere il padre coraggio, vere la “B” che costituisce una che non ha tenuto nascosta la vera e propria “firma”, un selettera e l’ha presentata subi- gno di riconoscimento che consente di rilevare la chiara to alle forze dell’ordine. Il Salerno di cui si parla connessione tra il caso della nella missiva giunta alla fami- lettera giunta a Congiusta e glia Congiusta è Salvatore, il quelle destinate ai soggetti criminale dal grilletto facile coinvolti nei casi Fallara e Fortugno. ucciso menLa lettera tre si trovava Il modus recapitata al a cavallo neloperandi è lo padre dell’ottobre del 2006 e che stesso anche nei l’imprenditore rappresennel periodo casi Fallara e ta la seconda dell’omicidio Fortugno tappa del didi Gianluca segno crimibazzicava nella zona grigia della crimi- nale organizzato dal poliziotnalità organizzata, ritenuto to Antonino Consolato Franvicino al clan Commisso ma co: la prima è stata recapitache, segretamente, pare si ta alla famiglia Bruzzese, vicistesse avvicinando al clan dei na a quei Marcianò ritenuti Costa. Su di lui gira anche la responsabili del delitto Forvoce che sia l’assassino del- tugno, mentre a chiudere il l’imprenditore Sidernese, de- cerchio è la missiva indirizzalitto per il quale è stato con- ta al fratello di Orsola Fallara. Simona Musco dannato all’ergastolo Tom- l’intimidazione SIDERNO Una nuova prova per papà Mario Liquido infiammabile dentro una latta d’olio davanti alla porta di casa Una latta con all’interno liquido infiammabile. E’ stata rinvenuta nella mattinata di ieri davanti alla porta di casa Congiusta. cuni aspetti dell’inchiesta della Dentro anche un foglio di carta Dda che ha portato all’arresto di completamente bianco, senza se- tre persone, accusate di manipogni grafici di alcun tipo. Giornata lazione d’informazioni anche sul particolare quella caso Congiusta. di ieri per Mario Quindi l’intimiNon si esclude la e la sua famiglia. dazione a domicipista che porta Prima le motivalio. La triste scozioni della senperta ieri mattina al processo tenza sull’omiciin via Michele per l’omicidio dio del figlio Bello a Siderno, dell’imprenditore Gianluca, poi alproprio sotto lo scalone davanti alla porta dell’abitazione della famiglia Congiusta. A scoprirlo Roberta Congiusta, figlia di Mario e sorella di Gianluca, il giovane imprenditore sidernese assassinato il 24 maggio 2005 mentre faceva ritorno a casa dopo una giornata di lavoro. L’episodio è stato denunciato dalla famiglia ai carabinieri della locale stazione, i quali hanno subito avviato le indagini nel tentativo di risalire all’identità degli autori dell’atto intimidatorio di ieri mattina. Non si esclude la pista che porta al processo per l’omicidio del giovane imprenditore sidernese, poichè proprio da ieri sono note le motivazioni della sentenza di primo grado emessa dalla Corte d’Assise del Tribunale di Locri in virtù delle quali è stato condannato all’ergastolo Tommaso Costa. (r. l.) 35 VENERDÌ 18 novembre 2011 calabria ora L O C R I D E LOCRI A capo di tutto c’era Antonino Consolato Franco. Lui, grazie alla sua appartenenza alle forze di polizia, era a capo di un sistema che barattava informazioni fasulle in cambio di soldi da estorcere ai parenti dei soggetti coinvolti in tali processi. Tra i soggetti coinvolti e destinatari delle missive anonime di Franco anche Francesca Bruzzaniti e Mirco Monteleone, nella quali veniva falsamente prospettata l’esistenza di prove a dimostrazione dell’innocenza di Giuseppe e Alessandro Marciano, in relazione all’accusa di concorso nell’omicidio del vicepresidente della Regione Calabria, Francesco Fortugno, ucciso il 16 ottobre del 2005 a Locri, di fronte a Palazzo Nieddu del Rio. Richieste chiare, secche, recapitate attraverso numerose buste gialle manoscritte, fino a formare una caccia al tesoro che conteneva indicazioni precise: 10.000 euro in cambio del prezioso materiale, proposte rafforzate dall’induzione a provare timore per un pericolo immaginario. la tentata truffa a bruzzaniti Il 14 gennaio del 2008 il maggiore Ciro Niglio, allora comandante della compagnia dei carabinieri di Locri, inviò alcuni suoi uomini a Capo Bruzzano, presso “la Scogliera” di Africo, in cerca di prove relative all’omicidio Fortugno. Vicino ad una costruzione diroccata utilizzata come chiosco in estate, venne individuato, sotto una lastra di cemento armato, un sacchetto azzurro, con all’interno un foglio di plastica trasparente contenente una busta da lettera gialla. Sul retro un’etichetta di colore bianco indicava il destinatario: Lella Bruzzaniti. All’interno un’altra busta chiusa, destinata a sua sorella Francesca, moglie di Alessandro Marcianò e madre di Giuseppe, presunti mandanti dell’omicidio di Fortugno. Sul foglio alcune raccomandazioni: «Se lei ha a cuore il bene e la libertà di suo cognato e suo nipote, allora senza per- Le “prove” a discarico per salvare i Marcianò Le lettere del poliziotto a Bruzzaniti e Monteleone I Ris a lavoro a Palazzo Nieddu a Locri, scenario dell’omicidio Fortugno dere tempo consegni questa lettera Dessì a presentarsi in caserma a Lochiusa a sua sorella Francesca […] cri, in compagnia di Annunziato Ci vada ora da sua sorella, perché Bruzzaniti e di due avvocati, Giovanni e Taddei e Annoi domani sera alle nunziato Alati, rifeore 21.30 precise rendo che suo paqualcuno la chiamei collegamenti dre Giovanni Dessì rà qui da lei a Bianaveva trovato, nel co per sapere la rial caso Fortugno giardino della loro sposta di sua sorelTutti i destinatari casa a Locri, due la. Da questo modelle lettere mento faccia molta buste di carta, enattenzione». trambe di colore anonime erano La busta destinagiallo avvolte da legati in qualche ta a Francesca Bruzcellophane. Una era zaniti ne conteneva da consegnare a tamodo al delitto a sua volta un’altra, le Mirco Monteleodel politico con le istruzioni da ne e l’altra a Franseguire per ottenere, cesca Bruzzaniti. in cambio del pagamento di 10.000 euro, i documenti le missive a monteleone comprovanti l’estraneità di AlessanTutti questi personaggi sono coldro e Giuseppe Marcianò all’omici- legati, in qualche modo, al caso Fordio Fortugno. Il 17 gennaio è Maria tugno: Annunziato Bruzzaniti, infat- ti, è il fratello di Francesca Bruzzaniti, mentre Maria Dessì è figlia di Giovanni, ritenuto organico alla cosca Cordì. Maria è inoltre sorella di Salvatore e Carmelo, arrestato nell’ambito dell’operazione “Arcobaleno”, per aver favorito gli esecutori dell’omicidio di Francesco Fortugno ed in seguito scagionato poiché “estraneo ai fatti”. Un altro fratello noto alle forze dell’ordine è Antonio, che secondo recenti indagini risulterebbe strettamente collegato ad Antonio Cordì, figlio del defunto boss Cosimo ed al sorvegliato speciale Attilio Giorgi, anch’esso organico alla famiglia Cordì. Vicino ad Attilio sarebbe anche Mirco Monteleone, destinatario di un’altra delle missive anonime, consegnatagli da Maria Dessì. Lo stesso Monteleone, in seguito, ricevette una telefonata anonima, in cui una voce metallica gli «Panetta è innocente» L’arringa di Maio: «Era a casa all’ora dell’omicidio» doveva dare delle risposte». Quindi ha poi analizzato il filone Poco più di tre ore per Luca parallelo che ha coinvolto GiuMaio, legale di Antonio Panetta, seppe Zucco «Assolto- ha tuonaimpegnato a convincere la Corte to l’avvocato in aula- con sentend’Assise di Locri che il suo assisti- za defitinitiva mai messa in dito con l’omicidio di Salvatore scussione» e Domenico Zucco, Cordì non c’entra nulla. assolto anche lui: «Quella famoL’avvocato ieri in aula nel cor- sa telefonata si è rivelata una buso della sua arringa difensiva è fala. Le intercettazioni in un propartito dalla requisitoria del pub- cesso non possono essere delle blico ministero Antonio De Ber- prove. In quella telefonata quel nardo, al termine della quale è rumore non è un colpo d’arma da stato chiesto l’ergastolo per i pre- fuoco, ma un colpo di tosse, una sunti responsaporta che sbatte o bili del delitto «Quella famosa lo scoppio di una consumato a SiDometelefonata è una marmitta. derno il 31 magnico Zucco non si gio 2005. «La trovava sul luogo bufala. Le requisitoria del del delitto e le vointercettazioni pm- ha sostenuci femminili in non sono prove» sottofondo non to Maio- mi è sembrata spensono grida ma si ta, come se lo stesso volesse da percepisce un tono pacato. Tra la subito deporre le armi, cercando 659 e le prove da sparo non esidi salvere una nave che dall’inizio ste nessuna compatibilità». Per Maio non è possibile scinera alla deriva. Si è trattato di una rilettura superficiale delle ordi- dere il reato associativo da quelnanze di custodia cautelare, scat- lo omicidiario. «Non può essere tate subito all’indomani dell’omi- un fidanzamento tra due persone cidio Fortugno, perché lo Stato elemento fondamentale per conLOCRI testare un reato associativo». Il riferimento è alla liason tra Anna Zucco, sorella di Domenico, e Antonio Panetta. «Gli imputati tra di loro si sono conosciuti per la prima volta in questo processo, dal 2005 al 2008 nessuna prova del loro rapporto è stata fornita. Nelle intercettazioni non esiste nessuna traccia di Antonio Pa- Antonio Panetta netta che potrebbe lasciare un Infine la richiesta formulata dubbio interpretativo sulla sua dalla Corte presieduta dal giudicondotta». Il legale inoltre ha evidenziato ce Monteleone: «Chiedo l’assoluzione per Antoalcuni aspetti cirnio Panetta sia ca la presenza di «Assolvetelo dal reato assoAntonio Panetta sia dal reato ciativo sia da nei pressi della quello per omisua abitazione alassociativo cidio e un chial’ora esatta del desia da quello litto, ore 17.30: rimento sulle per il delitto» tante ombre get«Ci sono due teletate sulla vicenfonate- ha tuonato Maio in aula- che confermano da dalla polizia giudiziaria». Oggi sarà il turno di Mario la sua presenza in via delle Colline a Locri, la via dove ha dimora. Mazza e Cosimo Albanese, legali In una di queste Panetta, al tele- di Curciarello. Chiuderà la giranfono con Giuseppe Zucco si in- dola delle discussioni lunedì Anforma circa la disponibilità di gas tonio Staiano, legale di Antonio per ricaricare il condizionatore e Martino. Ilario Balì nient’altro». avrebbe comunicato dove trovare un’altra busta da consegnare ad un suo amico: sul lungomare di Locri, all’altezza del Club Nautico, dove, sulla spiaggia, avrebbe trovato una X disegnata sulla sabbia e accanto una pietra con sotto la busta. Secondo quanto raccontato dallo stesso Monteleone ai carabinieri, il ragazzo si recò sul lungomare, dove vide un uomo alto circa 1,80, che si allontanava a bordo di una Polo Station Wagon blu, delle quale avrebbe appuntato la targa. Ma Monteleone omise alcuni particolari, ovvero il coinvolgimento di Attilio Giorgi, che ascoltato dai carabinieri di Locri raccontò di aver ricevuto da Monteleone una busta contenente una lettera e due copie di un verbale di trascrizione di colloquio presso una struttura carceraria ed una scheda personale. Giorgi era inoltre con Monteleone nel momento in cui questi ricevette la telefonata anonima e si recò con l’amico sul lungomare di Locri per osservare la situazione. Fu lui, insieme ad un altro amico, a prender nota della targa della Polo Station Wagon, la cui appartenenza fu verificata dal cugino Cesare Cordì il giorno successivo, presso un’agenzia disbrigo pratiche di Locri. La vettura era intestata proprio a Antonino Consolato Franco, confermando, così, l’esistenza di un’associazione criminosa. D’altronde, durante i fatti appena raccontati la stessa utenza telefonica del poliziotto Franco è stata idnividuato proprio nei luoghi descritti o in prossimità degli stessi, confermando il suo coinvolgimento nella vicenda, cosa provata anche dalla grafia e dalle similitudini linguistiche e strutturali delle missive indirizzate ai soggetti ai quali venivano chieste somme di denaro in cambio di prove schiaccianti. La caccia al tesoro di Mirco e Attilio, però, non da i frutti sperati, visto che non risulterebbe un eventuale ritrovamento della lettera che doveva trovarsi sotto la “X” impressa sulla sabbia della spiaggia di Locri. Simona Musco “Shark” Legali in sciopero Udienza rinviata LOCRI E’ stata rinviata al 15 dicembre l’udienza prevista per ieri in composizione collegiale nell’ambito del processo ai cravattari del clan Cordì, coinvolti nell’inchiesta Shark della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, risalente al settembre 2009. Il rinvio è stato reso necessario a causa dell’adesione degli avvocati penalisti difensori degli imputati allo stato d’agitazione della categoria. L’escussione dei testi previsti dunque per ieri è slittata al prossimo mese, a ridosso delle festività natalizie. Alla sbarra nel procedimento in corso al Tribunale di Locri presunti affiliati al clan Cordì. re. lo. VENERDÌ 18 novembre 2011 19 calabria ora C O S E N Z A L’infermiere che aiutava i clan Le rivelazioni del pentito Galdi: «Falsificava referti, analisi e ingessature» Un infermiere dell’ospeda- bare. «Ma non si trattava di il profilo le di Cosenza avrebbe favori- falsi funerali - ha precisato il to i clan cosentini. Come? pentito - bensì di semplici e Falsificando referti medici, insospettabili trasporti sui analisi e praticando ingessa- carri funebri». Un infermiere ture fasulle. Il suo apporto sa- compiacente, dunque, e un rebbe stato prezioso soprat- macabro narcotraffico. Due storie che tutto quando Galdi sostiedi mezzo Francesco Galdi, 37 an- da visita consegnato al giuE la cocaina ne di aver apc’era un fatto ni, prima di pentirsi era dice dal pm della Dda è staavrebbe preso nel di sangue. A considerato una sorta di to proprio il primo verbale Il paramedico tempo, in rivelare quemago delle truffe. Laurea con le confessioni del nuoviaggiato sarebbe stato virtù delle sto possibile to in scienze dell’ammini- vo «dichiarante». Secondo in servizio nascosta sue ottime scenario, fin strazione, aveva uno studio l'accusa, l'uomo era alla a Cosenza nelle bare entrature qui del tutto commerciale nella città di guida di una “cellula” di con gente afinedito, è Bologna, ma dallo scorso narcos in Emilia Romagna, Francesco Galdi, il nuovo filiata ai diversi clan cosenti- 2000. Tra gli ulteriori spunti tori di giustizia: Angelo Codicembre si trovava in car- regione in cui il dottore si pentito che da alcuni mesi ni. Ovviamente si tratta di di- da lui offerti, anche un qua- losso alias “Poldino” e Luigi cere poiché coinvolto in un era trasferito per curare gli collabora con la Dda di Ca- chiarazioni tutte da verifica- dro piuttosto attuale di quel- Paternuosto. Il primo, fuopresunto giro di narcotraf- interessi dei paternesi. In tanzaro. Interrogato dal pm re, ma a questo penseranno lo che, a suo dire, sarebbe riuscito dal clan Lanzino, colfico internazionale al pari particolare, sovrintendere Pierpaolo Bruni lo scorso 21 gli inquirenti. Per il resto, le l’assetto odierno delle fami- labora con la giustizia da quadi altre 83 persone. Quel- al traffico di droga (per lo ottobre, Galdi, conosciuto cantate di Galdi avevano ri- glia di ’ndarngheta nella città si un anno e mezzo mentre l'inchiesta, nome in codice più cocaina) che proveniva con il nomignolo de “Il dotto- guardato molti altri aspetti dei Bruzi. Oltre ai verbali con più recente è il pentimento di “Overloading”, è approda- dalla Spagna per essere re” ha parlato tra le altre co- della criminalità locale, tra le dichiarazioni di Galdi, l’in- Paternuosto avvenuto solo ta di recente in aula per lo immessa sul mercato emise di questo paramedico, in cui anche alcuni omicidi chiesta “Telesis” si è recente- pochi mesi addietro. svolgimento dell'udienza liano oppure dirottata in servizio all’Annunziata, e del- (Cerminara e Merincolo) av- mente arricchita con le conpreliminare. E il biglietto Calabria. (mcr) MARCO CRIBARI la complicità che avrebbe as- venuti nei primi anni del fessioni di altri due [email protected] sicurato alle attività della malavita. In particolare, prima al gruppo Lanzino-Cicero e telesis poi ai Bella-bella. Non a caso, le confessioni di Galdi sono state raccolte nell’ambito dell’inchiesta “Telesis” che mira proprio a dimostrare l’esistenza di una cosca con a capo alcuni esponenti della famiglia Bruni, nota anche con l’appellativo “Bella-bella”, mutuato dal defunto capostiri più stretti: la moglie, alcuni fra- funebre. Dopo l’arresto dicempite Francesco Bruni. In ben telli, cugini e nipoti. Non a caso, brino, però, sia Naccarato che i BLITZ cinque ore d’interrogatorio, molti di questi nomi figurano due tutori dell'ordine erano stati Auto dei però, le rivelazioni di Galdi, nell'elenco dei 49 mandati di cat- rimessi in libertà dal Tribunale carabinieri ex truffatore presentatosi cotura spiccati in occasione del blitz del Riesame per mancanza di schierate me fuoriuscito dal clan Chidicembrino. Non mancano, pe- gravi indizi e oggi rispondono a durante rillo di Paterno Calabro, hanrò, nomi eccellenti come i La- piede libero delle accuse. Oltre al l’operazione no abbracciato un po’ tutte le macchia, chiamati a rispondere Riesame, però, anche la Cassache lo scorso dinamiche del crimine cosenzione, nei mesi di una presunta e 16 dicembre tino, sia antiche che recenti. scorsi aveva astentata violenza Nell’elenco portò Un vero e proprio fiume in sestato duri colpi privata (con l’agnon figura più in carcere piena che di cui, spesso e vogravante della all’inchiesta, an49 persone lentieri, i verbalizzanti sono nullando (con un mafiosità) consuil defunto stati costretti a frenarne l’immata ai danni del rinvio al Tdl tutMichele peto. «Chiedo scusa, ma non titolare di una clitora pendente) “Bella bella” parlavo con anima viva da 40 nica cosentina. l’ipotesi di assogiorni» si è giustificato il DotUn reato, si ritieciazione mafiosa tore che, in attesa di entrare Prime schermaglie in aula, og- c’era anche Michele Bruni, ovve- ne, commesso per favorire l'im- formulata a carico sia di Michele nel programma di proteziogi a Catanzaro, dov’è previsto ro l’uomo considerato alla stre- presa di pompe funebri di Luigi Bruni (fatto avvenuto proprio pone, è sepolto vivo in isolal’esordio in aula dell’inchiesta gua di capo del gruppo in que- Naccarato, pure lui finito in ma- chi giorni prima della sua scommento nel carcere di Frosino“Telesis”. L’udienza preliminare stione. Bruni, però, conosciuto nette per concorso esterno in as- parsa) e dei suoi fratelli Fabio e ne. Tra gli altri particolari vede sotto accusa 46 persone con il soprannome di “Bella bel- sociazione mafiosa. La stessa ac- Lu-ca.Un brutto colpo dicevamo, “curiosi” da lui svelati, ci sachiamate a rispondere, a vario ti- la” è morto alcuni mesi fa di cau- cusa ipotizzata nei confronti di giacché l’indagine in questionerebbe anche l’originale metotolo, di associazione a delinquere se naturali. Altri due uomini, in- due carabinieri Massimiliano Er- mira proprio a dimostrare l’esido escogitato dal presunto di stampo mafioso, concorso vece, l’ex parlamentare Bonaven- cole, 37 anni, di Cosenza, e Fran- stenza di un clan a conduzione clan Bruni per trafficare in esterno in associazione mafiosa tura La Macchia e suo fratello Er- cesco Romano napoletano di 34 familiare, composto non a caso stupefacenti. A suo dire, innonché di associazione finalizza- nesto, verranno giudicati a par- anni, titolari di una discoteca, il da fratelli, mogli, nipoti, cugini. fatti, la droga acquistata in ta allo spaccio di sostanze stupe- te. L'inchiesta, parte dall'ipotesi Sin Club di Zumpano, considera- Circostanza che del processo orprovincia di Reggio Calabria facenti, alle rapine, al riciclaggio, che a guidare il gruppo in que- ta dagli inquirenti come una del- mai alle porte, una vicenda dalveniva fatta entrare nella citalle estorsioni e all'usura. In ori- stione fosse il 38enne Michele le attività economiche controlla- l’esito tutt’altro che scontato. tà di Cosenza nascosta nelle gine, nell’elenco degli imputati Bruni, con al suo fianco i familia- te dalla cosca, al pari dell'agenzia mcr Un mago delle truffe col vizio del narcotraffico In aula con la presunta cosca Bruni Al via l’udienza preliminare, in 46 alla sbarra per mafia e droga drug discount Si sono conclusi ieri gli interrogatori di garanzia dei componenti della presunta banda di spacciatori arrestati dai carabinieri di Rende nell’ambito dell’operazione Drug discount. Dodici in tutto, parte dei quali era stata interrogata 48 ore fa, facendo scena muta davanti al gip. Ieri, però, la strategia del silenzio è stata scelta anche dal resto degli indagati. Sia Celestino Abbruzzese che Luigi Cavalletti, infatti, e come loro Miriam Mollo, Caterina Pugliese, Fabio Russo, Francesco De Lorenzo, Danilo Ruffolo e Antonello Vetere si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Sono accusati di detenzio- Conclusi gli interrogatori di garanzia Indagati di nuovo in silenzio ne e spaccio di sostanze stupefacenti in concorso. A difenderli, sono i legali Angelo Pugliese, Gisberto Spadafora, Franco Napolitano, Luca Acciardi, Cesare Badolato, Giancarlo Greco ed Eugenio Spadafora. Ognuno di loro ha chiesto al giudice di disporre per gli indagati misure meno afflittive del carcere o dei domiciliari. La decisione del gip dovrebbe maturare nell’arco delle prossime ore. Quattordici gli episodi di spaccio raccontati nell’ordinanza di custodia cautelare e ricostruiti grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e appostamenti. Le indagini erano iniziate l’inverno scorso, in seguito al ritrovamento di due valige di hashish nascoste nella barberia di Montalto Uffugo di proprietà di uno degli indagati. Uno degli indagati mentre esce dalla caserma VENERDÌ 18 novembre 2011 PAGINA 30 l’ora di Rossano Tel. 0983 290604-Fax 0983 292220 Mail: [email protected] SANITÀ ospedale civile pronto soccorso guardia medica consultorio familiare c.r.i. FARMACIE tel. 0983/5171 tel. 0983/517270 tel. 0983/517262 tel. 0983/522440 tel. 0983/522370 tel. 0983/510017 farmacia ferrari farmacia di donato farmacia noto farmacia pappalardo farmacia barone farmacia rizzo corallo farmacia gallina farmacia mascaro EMERGENZA tel. 0983\512347 tel. 0983\290772 tel. 0983\512227 tel. 0983\530300 tel. 0983\520725 tel. 0983\520432 tel. 0983\64415 tel. 0983\565044 carabinieri polizia stradale polizia polizia municipale guardia di finanza corpo forestale vigili del fuoco COMUNE tel. 0983\530730 tel. 0983\511122 tel. 0983\531011 tel. 0983\520636 tel. 0983\511497 tel. 0983\520213 tel. 0983\520555 centralino relazioni pubblico ass. al turismo segreteria sindaco polizia municipale ufficio turistico servizio taxi tel. 0983/5291 tel. 0983/529235 tel. 0983/520051 tel. 0983/529401 tel.0983/520636 tel. 0983/290511 tel. 0983/525263 tel. 368/3478508 tel. 334/8926687 tel. 345/5065965 Come nasce il locale di Rossano Finora mai sancito processualmente, ne ha parlato ieri il pentito Converso In un uliveto del cassanese per volere di Dentuzzo. E’ così che, a detta del collaboratore di giustizia Giampiero Converso, sarebbe nato il “locale” di Rossano, finora mai sancito processualmente e del quale il pentito ha parlato ieri in aula nell’ambito del giudizio con il rito ordinario del processo “Santa Tecla” dinanzi al Tribunale penale collegiale cittadino. Nel corso dell’esame del pm antimafia Vincenzo Luberto, il collaboratore, che ha illustrato ruoli e organigrammi dei “locali” di Corigliano e Cassano, ha poi accennato anche alla nascita del “locale” rossanese, avvenuta, a suo dire, intorno al 2000 in un uliveto nel territorio di Cassano. E non un uliveto qualsiasi. Bensì proprio quello tristemente noto, all’epoca, perché «chi vi andava non faceva più ritorno». Circostanza, questa, che, a detta di Converso, indusse uno dei partecipanti a quella riunione addirittura a chiedere: «Ma stasera torneremo a casa?». In quel periodo, ha riferito ieri il pentito, Franco Abbruzzese alias “Dentuzzo” aveva il potere di scegliere i “capi” anche su altri territori perché «se lo poteva permettere…aveva il consenso delle società maggiori, tra cui Cirò». E fu così che indisse una riunione in quell’uliveto convocando Natale Perri (all’epoca ritenuto il capo di Corigliano) e i rossanesi Nicola Acri alias “Occhi di ghiaccio” (attualmente detenuto in regime di 41bis a Cuneo) e Salvatore Morfò. In quell’incontro, ha ribadito ieri Giampiero Converso, sarebbe stato istituito il “locale” di Rossano, «con a capo Nicola Acri che aveva – ha detto il pentito – meriti criminali e soldi» mentre a Salvatore Morfò «fu affidato il ruolo di contabile». Nelle varie inchieste condotte sul territorio della Sibaritide, e nelle conseguenti sentenze emesse, finora non è mai stata sancita l’esistenza di un “locale” a Rossa- Il collaboratore lo racconta nell’ambito del processo Santa Tecla no (a differenza di quelli di Corigliano e Cassano che compaiono nelle pronunce dei giudici a vari livelli) mentre lo stesso Nicola Acri, presunto boss rossanese, viene dipinto dai giudici, ad esempio nella sentenza Arberia, come legato al “locale” di Cassano e vicino agli zingari. Nella sentenza di primo grado del processo scaturito dall’omicidio dell’imprenditore rossanese Luciano Converso (freddato a colpi di pistola il 12 gen- naio 2007 a Momena) la Cor- (in particolare nell’epoca dei te d’Assise di Cosenza parlava fatti di causa si imponeva cafdell’esistenza di una «compa- fè, materiale per l’edilizia, servizi di guargine criminodiania - attisa» in città Sarebbe stato vità solo ap«di stampo istituto nel 2000 parentemen‘ndranghestite lecite svolte stico, che in un uliveto dagli accolioperava sul di Cassano ti), traffico di territorio – si da Dentuzzo sostanze stulegge nelle pefacenti e motivazioni ottenendo il controllo delle at- che, a far data dagli anni 2000 tività economiche, attraverso e, sicuramente fino alla data la perpetrazione di estorsioni dei fatti che occupano, aveva al suo vertice, come capo indiscusso, Acri Nicola». Pronuncia, questa, che aveva inferto la condanna all’ergastolo ai tre imputati (Nicola Acri, Gennarino Acri e Massimo Esposito) ribaltata in toto lo scorso luglio in Appello con una sentenza di assoluzione con formula piena per tutti e tre della quale si attendono, per il prossimo mese di gennaio, le motivazioni. ROSSELLA MOLINARI [email protected] Nella foto in alto Nicola Acri alias “Occhi di ghiaccio”, attualmente detenuto in regime di 41bis nel carcere di Cuneo. Nella foto in basso Salvatore Morfò sanità Area urbana, oggi mobilitazione della Cgil davanti ai due ospedali Mobilitazione per la sanità. E’ la sigla sindacale Cgil ad indire, livello nazionale, una giornata di protesta per denunciare vibratamente la condizione in cui versa la sanità nel nostro Paese e in Calabria in particolare, mentre le «politiche inique scaricano sui cittadini i costi del risanamento e della crisi» e si traducono «in tasse e ticket, ma anche in tagli indiscriminati ai servizi pubblici». Per questo, a partire dalle 9 di stamattina, la Cgil si ritroverà davanti agli ospedali di Rossano e Coriglia- no «a manifestare il disagio della collettività, e a rendere partecipi delle proprie proposte». La giornata sarà caratterizzata anche «da momenti di confronto, di discussione e di partecipazione, affinché i cittadini – afferma il responsabile Cgil area urbana Vincenzo Casciaro - abbiano la consapevolezza che la sanità è in grave pericolo, per colpa di politiche sbagliate, inefficienti e inadeguate. Con l'occasione, si invitano tutte le forze politiche e sociali a prendere parte all'iniziativa». Per quel che riguarda la Sibari- tide, e nello specifico l’area urbana Corigliano-Rossano «a causa dei ritardi nella pubblicazione del bando, l'inizio della fase esecutiva della costruzione del nuovo ospedale ha già subito due anni di rinvio». Mentre «nell'attesa – sottolinea il sindacalista Casciaro - i due ospedali continuano a subire i tagli imposti dalla Regione, e non riescono più a sopportare gli aumentati carichi di lavoro, conseguenti alla chiusura degli ospedali di Trebisacce e di Cariati». Da qui la decisione di indire la giornata di mobilitazione «contro queste politiche, che riducono il diritto costituzionale dei cittadini alla salute» a cui la Cgil «si oppone con fermezza». 34 VENERDÌ 18 novembre 2011 calabria PAOLA - PRAIA A MARE - ACQUAPPESA I pubblici ministeri Roberta Carotenuto e Linda Gambassi, sostituti procuratori della Repubblica di Paola, hanno disposto il sequestro probatorio dello stabilimento MarlaneMarzotto ubicato in Praia a Mare, via della Repubblica e dell’area antistante il detto stabilimento. Ciò in ossequio ad una puntigliosa istanza firmata dagli avvocati Augusto Marragony, Lucio Conte, Emanuela Marragony, Pasquale Vaccaro, Michele Donadio, Luca Donadio, Stefania Laurito, Francesco Sirimarco, Monica Bovi, Antonio Feraco, Roberto Romei, Pietro Sammarco, Antonio Sorrentino, Elisa Sorrentino, Salvatore Staiano, Bruno Ganino, Angela Inghilleri e Antonio Zecca. I legali, infatti, chiedono maggiori verifiche finalizzate a ricercare ulteriori prove per quanto concerne le sostanze cangerogene che avrebbero provocato le diverse decine di morti e feriti tra ex dipendenti della “fabbrica dei veleni”. V’è da dire, comunque, che allo stato del procedimento sono in vigore: il sequestro preventivo del pm del 26 marzo 2009, dell’area ubicata in Praia a Mare, ubicata tra lo stabilimento Marlane, la strada litoranea via Sirimarco, l’impianto di depurazione comunale ed edifici privati a Nord, nonchè il sequestro giudiziario del 12 marzo 2009 del giudice Goggiamani (procedimento civile) del solo reparto tintoria dello stabilimento Marlane e dell’area esterna. “Non v’è dubbio alcuno che gli immobili di cui si chiede disporsi il sequestro probatorio - si legge nella richiesta degli avvocati - possano ancora conservare le tracce dei delitti e delle contravvenzioni commessi, onde l'espletamento di ulteriori approfondimenti, per acquisire prove ulteriori del fatto, non sarebbero esperibili senza la sottrazione dei beni alla Sigilli alla Marlane L’istanza dei legali ne, di fatto, comporteranno una modifica radicale dell’attuale lay-out, tale da renderne impossibile una successiva ricostruzione attraverso un accesso diretto sui luoghi”; dalla Delibera n. 12 del 31.03.2011 del Consiglio Comunale di Praia a Mare risulta che la società Anover ha acquistato dalla Marlane-Marzotto parte dell’area antistante lo stabilimento ed ha depositato presso il Comune di Praia a Mare un progetto preliminare per la realizzazione di un porto turisticoproprietaria dello stabilimento e del- darsena-servizi-strutture alberghiel’area antistante per complessivi re ed altro sugli immobili della Mar220.000 mq in Praia a Mare; nell’an- lane-Marzotto in Praia a Mare; peno 2003 la predetta società vendeva raltro lo stesso Tribunale di Paola che n. 30 unità abitative ad area di circa ha ritenuto che fosse in atto da parte 70.000 mq, all’epoca facenti parte della predetta società una dismissiodella più vasta area sopra descritta, ne degli immobili siti in Praia a Maalla soc. Ortensia srl e quest’ultima, re ritenendo che “...siano frutto di nel 2004, a sua volta alienava i pre- una scelta imprenditoriale di disfardetti immobili alla soc. Pirelli Re Pro- si di immobili non più utilizzati per perty; in data 09.12.2006, la società l’attività industriale…”. E infine: “la Manifatture Lane Gaetano Marzotto consulente del Pm prof.ssa De Rose, e Figli vendeva alla srl Multimedia nel corso delle indagini preliminari, Press parte dello stabilimento, ha effettuato campionamenti di re14.000 mq, e parte dell’area antistan- perti solo nell’area antistante lo stabite lo stesso, di circa 18.000 mq”; nel limento, peraltro effettuando solo n. corso delle cause civili pendenti di- 10 c.d. “scassi”e n. 5 “carotaggi” per i nanzi il Giudice del Lavoro del Tri- prelievi di sostanze tossiche-nocive e non, campioni sogbunale di Paola, ingetti a modificazione staurato da numeroNella fabbrica alterazione nel si congiunti delle codei veleni decine ed tempo e, in caso di stituite parti civili del presente processo e decine di morti revisione, è ovvio che la prova dell’acpenale, con note die feriti a causa certamento potrebfensive depositate dei tumori be essere vanificata e all’udienza del non più ripetibile 21.06.2007 la Marzotto-Marlane spa ribadiva di aver con pregiudizio insuperabile della “venduto l’immobile ove era ubicato formazione della prova; i consulenti lo stabilimento di Praia a Mare a sog- Rosario Nicoletti e Raffaele Magnanigetti terzi, i quali – nell’ambito degli mi hanno provveduto ad effettuare interventi strutturali programmati… prelievi e campionamenti all’interno si apprestano a provvedere… all’ab- dello stabilimento che potrebbero ribattimento dei muri della tintoria… i sultare insufficienti”. Guido Scarpino programmati interventi di demolizio- I pubblici ministeri: «Ricercare ulteriori prove» La Procura della Repubblica di Paola libera disponibilità e l'acquisizione della stessa nella disponibilità dell'Ag”. E ancora: “In tema di sequestro probatorio, il “corpo del reato” è costituito dalle cose che sono in rapporto diretto ed immediato con l'azione delittuosa, mentre tra le “cose pertinenti al reato” rientrano tutte quelle che sono in rapporto indiretto con la fattispecie criminosa concreta e risultano strumentali all'accertamento dei fatti, ovvero quelle necessarie alla dimostrazione del reato e delle sue modalità di preparazione ed esecuzione, alla conservazione delle tracce, al- ACQUAPPESA Arriva il metano Stasera l’evento Anche ad Acquappesa arriva il metano. Lo annuncerà ufficialemnte ai cittadini questa sera in piazza alle rore 19,00 il sindaco Saverio Capua, di concerto con Gas Natural distribuzione Italia che, attraverso la sua partecipazione maggioritaria nella società concessionaria Cetraro distribuzione gas srl, gestirà il servizio di distribuzione del metano nel territorio comunale. Così come stabilito dall’accordo siglato nel dicembre 2008. Il momento sarà celebrato questa sera alle 19 in Piazzetta S. Maria degli Angeli con l’accensione della prima fiammella alimentata a gas naturale. L’evento segna la conclusione ufficiale dei lavori per la realizzazione della rete che collega la dorsale nazionale di trasporto ai contatori delle abitazioni, attività commerciali e industriali cittadine. «Finalmente nel comune di Acquappesa sta per entrare a regime il servizio di metanizzazione - afferma il sindaco Saverio Capua- In tempi abbastanza celeri è stata completata la rete di distribuzione del metano e verrà offerto un servizio fondamentale a gran parte della popolazione. In particolare nelle aree del ora l'identificazione del colpevole, all'accertamento del movente ed alla determinazione dell'"ante factum" e del "post factum" comunque ricollegabili al reato, pur se esterni all'"iter criminis", purché funzionali all'accertamento del fatto ed all'individuazione dell'autore (Cassazione penale sez. IV, 17 novembre 2010, n. 2622)”. I motivi che impongono il chiesto sequestro probatorio emergono dalle seguenti circostanze: “la società Manifatture Lane Gaetano Marzotto e Figli, per come emerge dagli atti del procedimento penale risulta essere I giovani della Cisl chiedono aiuto Il sindacato sollecita maggiore coinvolgimento delle istituzioni PAOLA Il Comune centro storico, dove l’accesso all’approvvigionamento è particolarmente difficoltoso. L’Amministrazione comunale, considerato il numero elevatissimo di allacci in ambito comunale, chiederà di estendere la rete anche alle aree rurali per offrire un servizio completo su tutto il territorio comunale». «La metanizzazione di Acquappesa - aggiunge Leonardo Rinaldi di Gas Natural Distribuzione Italia - è il risultato di un investimento di più di 2 milioni di euro grazie al quale è stato possibile realizzare 13 chilometri di rete, oltre a circa 200 derivazioni. L’obiettivo ultimo è di portare il gas metano a quasi 800 nuovi clienti finali». I ragazzi della Cisl di Paola chiedono una collaborazione tra le molteplici associazioni del territorio per fronteggiare la situazione critica in cui versano i giovani e le loro famiglie. «L'augurio dei cislini è l'unione delle forze dei tanti giovani che hanno voglia di fare - spiegano in una nota - Si potrà dare un impulso al cambiamento, in modo da combattere la grave recessione che ci circonda, pertanto si invitano i tanti giovani a non tirarsi fuori da queste situazioni, visto che in questo momento servono le idee che ognuno potrebbe apportare». I giovani Cisl di Paola, ricordano che: «Il sindacato è da sempre vicino al popolo dei lavoratori, alle aziende, ai pensionati e ai giovani, interviene cercando di capire quali possono essere i motivi che hanno portato il paese a questi livelli. La sezione giovanile del sindacato, nata poco più di un anno fa, si interroga su quali possono essere i problemi nel territorio nazionale e locale. Le varie idee di tutti i componenti hanno decretato una molteplicità di cause colpevoli di tale malessere economico. Si parla di disfunzioni politiche, amministrative, legali e morali. “Mele Un panorama di Paola marce” che avvelenano la ge- pagamento delle tasse - argonerazione attuale e non prelu- mento importante per l'econodono una buona vita a quelle mia - lo Stato a tal proposito future. Giovani indignati scen- dovrebbe prendere alcuni acdono in piazza per manifesta- corgimenti molto più facili di re le loro idee ed altri giovani uno spot televisivo: non scoraggiando gli indegni, attiimprenditori rano l'attenLa ricetta zione distruga dichiarare i del sindacato gendo patriredditi reali. monio e toPer ciò che è paolano legalità si regliendo visibiper risollevarci gistra un altro lità agli ideali dalla crisi dato molto professati pesante a fadalla pacifica massa. Può vincere sempre la vore della crisi: il lavoro nero. delinquenza? La fase iniziale è Anche questa piaga può esseproprio la legalità, il rispetto re attenuata con attenti provdelle regole, il pretendere che vedimenti. Questo danno per gli altri le rispettino. Si vede la società è principalmente a uno spot in tv - proseguno i scapito dei giovani che vedogiovani Cisl - che promuove il no lavorare in modo del tutto abusivo altre persone senza titoli, oppure, già impiegate in altri lavori. La moralità sta diventando sempre più una parola da deprecare; per evitare che ciò avvenga si deve fare più fatica di tutto il resto. Questa sarà, forse la soluzione anche per fronteggiare la crisi». La politica oggi sembra essere solo un'alternativa al lavoro. Fino a qualche decennio fa - ricardano i giovani Cisl di Paola - se si chiedeva ad un rappresentante politico che lavoro facesse non rispondeva 'il politico', oggi purtroppo è così. Le retribuzioni economiche sono troppo impopolari, basti fare un confronto tra un politico in carica e un semplice operaio e si vede il vergognoso rapporto spropositato. Per non aggiungere i discorsi di pensioni, rimborsi spese... Impegno e fatica fanno innervosire gli operai che la sera, stanchi, davanti alla tv assistono al solito teatrino dove tutti litigano e tutti sono d'accordo e poi non sono collaborativi negli interessi del popolo - cooperando tra maggioranza e opposizione, come già è avvenuto in Germania. In Italia spesso non si valutano le proposte delle parti sociali, non consentendo loro di proporre alternative e soluzioni fattibili nell’immediato». m. f. s. 36 VENERDÌ 18 novembre 2011 calabria PAO L A - A M A N T E A - C A M P O R A S A N G I OVA N N I Si è tenuto all’una di ieri l’interrogatorio di garanzia, davanti il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Paola, Giuseppe Battarini, dell’imprenditore di Amantea Cesare Coccimiglio, di 75 anni, titolare di un’impresa di produzione di materiali per l’edilizia, nell’ambito dell’inchiesta sui rifiuti tossici interrati nell’alveo del fiume Oliva. L’uomo, assistito dal suo legale di fiducia, Nicola Carratelli (del foro di Cosenza), nel rispondere a tutte le domande del giudice, ha prodotto a propria discolpa una serie di sentenze dimostrando che per gli tessi reati (connessi al procedimento penale in corso), è stato assolto con sentenza passata ingiudicata. Lo stesso Coccimiglio ha, altresì, sottolineato di non aver mai interrato nessun tipo di rifiuto tossico o radioattivo, né nell’alveo del fiume Oliva, né da nessun’altra parte. Infine, l’avvocato Carratelli, proprio a seguito della documentazione prodotta, ha chiesto la revoca delle misure cautelari nei confronti del proprio assistito. Il giudice Battarino si è riservato di decidere entro martedì prossimo, 22 novembre. Cesare Coccimiglio, lo ricordiamo, era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, mercoledì scorso, su richiesta del procuratore capo di Paola, Bruno Giordano, il quale ha accertato l’interramento di oltre 100 mila metri cubi di materiale di risulta. L’inchiesta era nata dal ritrovamento nell’alveo del corso d’acqua ubicato al confine tra i comuni di Amantea, Serra d’Aiello e Aiello Calabro nel basso Tirreno cosentino di rifiuti tossici e radioattivi. Le indagini sono state coordinate dalla Procura di Paola ed eseguite da Capitane- Fiume Oliva inquinato Coccimiglio si difende sere lo stesso prodotto ieri mattina dall’avvocato Nicola Carratelli in cui il proprio assistito è stato assolto, proprio per i medesimi reati contestati oggi dalla Procura di Paola. Indipendentemente, però, dal fatto che il colpevole sia stato o meno il Coccimiglio, il dato incontrovertibile che deve far riflettere le istituzioni è quello della presenza massiccia nel comprensorio amanteano di rifiuti altamente inquinanti. In buona sostanza, le analisi ed i carotaggi effettuati artificiali. «Dai carotaggi, effettuati per mesi da Arpa Calabria, Ispra, nell’arco di tempo compreso tra Gea, Procura di Paola, Cfs, Vigili del l’aprile del 2010 e il mese di luglio Fuoco, Unical, Università di Bolodello stesso anno», ordinati dal Pro- gna, e ministero all’ambiente, hanno curatore di Paola, è emersa - tra l’al- confermato quanto già riportato neltro - «la forte presenza del Cesio 137 la relazione del professore Giacomi(sostanza altamente radioattiva). In no Brancati. «Un segno utile alla valutazione di alcune zone, addirittura, il Cesio ha raggiunto dei picchi da far venire i effetti già evidenti sulla salute - scribrividi (132/130) che non ha nulla a veva, nella sua relazione, Brancati che vedere con il Cesio da ricaduta (i è proprio determinato dalla presenza nei territori più cui valori oscillano prossimi ai siti di tra 4/8)». A ciò si va Il difensore contaminazione di ad aggiungere, altreCarratelli ha neoplasie maligne, sì, «la presenza massiccia di idrocarburi chiesto la revoca ed in particolare della tiroide, per le e, considerando che della misura quali in specie il cela Calabria non ha cautelare sio 137 è conosciuto raffineria, è facile in letteratura quale ipotizzare che gli stessi siano giunti da altre zone, co- fattore eziologico. Dal 1996 al 2008 me ad esempio la Puglia». A tal pro- ben 1483 persone si sono ammalate posito è stato ricordato come, in un di tumore. Ma è proprio in prossipassato recente «lo stesso impren- mità del fiume Oliva che si registra il ditore (poi rinviato a giudizio con la picco. Si conferma l'esistenza di un moglie), unitamente ad altri del eccesso statisticamente significativo comprensorio, erano finiti in una in- di mortalità rispetto al restante terchiesta avviata su segnalazione di un ritorio, dal 1992 al 2001 in particolareparto speciale delle forze armate re nei comuni di Serra d'Aiello, di Roma proprio per il traffico illeci- Amantea, Cleto e Malito». to di inerti tra Calabria e Puglia». STEFANIA SAPIENZA Detto procedimento penale deve [email protected] «Non ho mai interrato rifiuti tossici o radioattivi» La conferenza stampa dell’altro ieri col procuratore Bruno Giordano ria di porto, Corpo forestale dello Stato e Polizia provinciale di Cosenza. I reati contestati oggi a Coccimiglio sono: disastro ambientale, avvelenamento delle acque e violazione delle leggi speciali sull’ambiente (creazione di discariche abusive). «Nel bacino del fiume Oliva la situazione è preoccupante. Sono circa centomila i metri cubi di fanghi industriali (provenienti non si sa da dove) scaricati nel letto del fiume Oli- AMANTEA E i sindaci chiedono aiuto agli europarlamentari Anche il Comune di Amantea, nella persona del vicesindaco Michele Vadacchino, alla luce dell’arresto effettuato dalla Procura di Paola per l’inquinamento del fiume Oliva, si è prontamente attivato per il bene della popolazione dell’intero comprensorio. In vista dell’arrivo della commissione europea sull’ambiente, infatti, il vice sindaco ha chiesto, ed ottenuto, la presenza - all’incontro che si terrà presso il Comune di Amantea il 23 novembre con gli europarlamentari degli altri sindaci investiti della problematica, quali, quello di Aiello Calabro, Serra d’Aiello e San Pietro in Amantea. «In merito alla problematica - ha evidenziato il vice sindaco - abbiamo stilato un documento che porteremo all’attenzione degli europarlamentari al fine di ottenere un sostegno fattivo per la grave situazione del fiume Oliva». Lo stesso documento, ovviamente, sarà portato anche all’attenzione di altre istituzioni. I Comuni, infatti, da soli non possono assolutamente sopportare i costi elevati che richiede una bonifica così vasta. In tale contesto va evidenziato come tale operazione debba essere eseguita urgentemente. Lo stesso procuratore della Repubblica di ora va e dintorni», ha riferito il procuratore Giordano nel corso della conferenza stampa di mercoledì scorso. La zona, in particolare, è quella circostante al letto del fiume a sud della località Foresta (centri di Campora San Giovanni, Coreca e case sparse comprese tra il mare e la località Foresta), letto nel quale sono stati riversati contaminanti ambientali capaci di indurre patologie tumorali e non: metalli pesanti e radionuclidi «La verità sta emergendo» Comitato De Grazia: «Le nostre preoccupazioni erano fondate» AMANTEA Michele Vadacchino Paola, Bruno Giordano, ha sottolineato i pericoli a cui quotidianamente sono sottoposti i cittadini residenti nelle aree antistanti il fiume Oliva. Si tratta di persone che da circa un ventennio stanno sopportando il peso di un inquinamento non indifferente. Inquinamento che, di riflesso, ha colpito anche allevamenti e agricoltura. L’acqua dell’Oliva, infatti, è sempre stata utilizzata per irrigare i campi ed abbeverare gli animali. Ciò che ancora oggi sconvolge, forse ancora più del coinvolgimento diretto di un imprenditore, è il silenzio di proprietari terrieri che per anni hanno taciuto l’illecito preferendo esporsi ed esporre intere generazioni a rischi così gravi. Ne sarà valsa la pena? s. s. All’indomanid ell’arresto di Cesare Coccimiglio, interviene il comitato civico “Natale De Grazia” che aveva chiesto, anzitempo, la bonifica dei siti inquinati. «Pur tra mille difficoltà e tentativi istituzionali di impedire la piena conoscenza dei fatti - scrive il De Grazia - la verità sull’inquinamento della vallata del fiume Oliva sta emergendo. Abbiamo sempre sostenuto che è primario interesse della popolazione risolvere il grave problema che persone senza scrupoli hanno causato alle comunità che vivono nella vallata e nei comuni contermini, con gravi danni alla salute dei cittadini». Ecco perchè, alla luce degli ultimi accadimenti, il Comitato intende esprimere «gratitudine alla Procura di Paola per i risultati conseguiti sulle due delicate inchieste legate alla depurazione delle acque ed all’inquinamento del fiume Oliva. L’emissione delle richieste di custodia cautelare sono l’epilogo di anni di lavoro, tesi all’acquisizione di dati per tutelare la salute della popolazione. Inchieste molto delicate condotte in questi anni dalla Procura di Paola con estremi sacrifici in quasi assoluto isolamento istituzionale. Noi - sottolinea il De Grazia - non siamo “giustizialisti” e non godia- La vallata del fiume Oliva mo difronte alla limitazione veleni disseminati nel fiume della libertà, ma i provvedi- Oliva e nel mar Tirreno, seconmenti di custodia cautelare do il principio che “chi inquina emessi in questi giorni, ag- paga”- a parere del Comitato giungono un tassello di verità potrebbe costringere chi indebitamente si è a quelle viarricchito micende che da «Ci aspettiamo nando la salupiù parti si è che le autorità te dei cittadicercato e si ni, a restituire cerca di occompetenti alla comunità cultare, sointervengano parte di queprattutto da per bonificare» gli illeciti guaquegli amdagni, per ribienti istituzionali che troppo spesso ve- sanare il territorio sostenendo stono i panni dei rassicuratori i costi della bonifica di cui non e che hanno cercato di convin- possono e non devono farsi cacere l’opinione pubblica che il rico i cittadini. Il fatto che il gip mare inquinato e i veleni del- abbia convalidato le misure di l’Oliva erano un’invenzione custodia cautelare, conferdegli ambientalisti e degli or- mando in sostanza l’intero imgani di informazione. L’indivi- pianto accusatorio redatto dalduazione di responsabilità sui la Procura di Paola, dimostra l’ottimo lavoro svolto dal pool investigativo diretto dal dott. Bruno Giordano, che probabilmente aveva visto bene anche sull’inchiesta legata alle così dette “navi dei veleni”, chiusa troppo frettolosamente. Se il Governo e la Procura nazionale antimafia avessero fatto continuare il suo lavoro alla Procura di Paola l’esito di quelle indagini avrebbe consegnato probabilmente una verità diversa». I fatti di oggi «testimoniano che le nostre preoccupazioni sullo stato dell’Oliva erano fondate, che le nostre proteste e le azioni messe in campo - ad iniziare dalla grande manifestazione del 24 ottobre 2009 tesa a sollecitare l’intervento delle istituzioni - non erano comportamenti sprovveduti ed irresponsabili». A questo punto il De Grazia si aspetta che «le autorità competenti, ad iniziare dagli enti locali, svestano i panni di “rassicuratori” e assumano le responsabilità che loro competono compiendo gli atti amministrativi necessari ad avviare la fase di bonifica delle aree inquinate e diano inizio ad una seria indagine sulle malattie epidemiologiche contratte nell’area circostante la vallata dell’Oliva e sull’intero territorio del Tirreno cosentino, con l’istituzione del registro tumori tante volte promesso ma mai realmente istituito». s. s. VENERDÌ 18 novembre 2011 PAGINA 17 l’ora di Catanzaro tel. 0961 702056 - fax 0961 480161 - mail: [email protected] - indirizzo: via Corso Mazzini 164 SANITÀ POLITICA A PALAZZO DE NOBILI Calabretta verso la guida dell’Arcea Case occupate si preparano gli sgomberi > pagina 18 > pagina 18 CATANZARO CALCIO La tifoseria dopo il successo con il Gavorrano > pagina 22-23 LAMEZIA Caso rom pronta la petizione > pagina 28 SU ALLI L’OMBRA DI UN DISEGNO CRIMINALE Parole dure del procuratore Lombardo: «Le discariche costituiscono il vecchio» I catanzaresi si chiedono da mesi perché la città sia invasa dai rifiuti. Cassonetti pieni, denunce che arrivano da ogni angolo del capoluogo. I catanzaresi da mesi si chiedono perché, dove il sistema si è inceppato. La risposta oggi è nelle carte della Procura di Catanzaro, che avvalendosi delle indagini condotte dalla Guardia di finanza e dai carabinieri del Noe, ha portato a termine l’operazione Pecunia non olet bis. Ma la risposta è anche nelle parole puntuali e e precise del procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo che punta il dito sull’incapacità di utilizzare le nuove tecnologie per realizzare impianti innovativi che davvero trasformino i rifiuti in una risorsa in maniera lecita. Le discariche, secondo il procuratore, fanno parte di una mentalità vecchia di gestire la problematica rifiuti. «La gestione dei rifiuti in Calabria è stata un disastro, come risulta anche dalla relazione della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti – ha detto Lombardo - Il problema non è solo la discarica di Alli, perchè si aggiungono quelli dei pagamenti, dei Comuni che non pagano, delle ditte che si occupano della raccolta dei rifiuti e che si rifiutano di fare il servizio perchè non ricevono i soldi. Serve un nuovo modo». Secondo il procuratore capo di Catanzaro. Il procuratore Lombardo si è anche soffermato sulle possibili conseguenze pratiche dell'inchiesta: «Non siamo noi che blocchiamo la discarica di Alli, si sarebbe bloccata per fatti suoi». Dello stesso avviso il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, secondo il quale «il funzionamento del- la raccolta dei rifiuti non può avvenire al prezzo di causare un disastro ambientale per l'assoluta inadeguatezza del funzionamento della discarica». Fin qui le parole e il lavoro degli investigatori. Nelle carte però si scopre un’altra verità. Una verità che svela un disegno criminale, nel quale, la mancata raccolta dei rifiuti per strada, la mancata corresponsione degli stipendi agli operai sono l’arma di ricatto utilizzata da un gruppo di persone senza scrupoli che non si sono tirate indietro quando c’è stato da riversare il percolato nelle acque del fiume Alli. Proprio laddove pascolavano delle mucche, laddove il fiume arriva direttamente a mare. Un disegno criminale messo in atto da quegli uomini venuti dal nord per inquinare con i rifiuti e con i loro comportamenti il capoluo- go calabrese. Il 16 agosto scorso due degli indagati, Gavioli e Zerbin, messi alle strette per i mancati pagamenti da parte dell’ufficio del commissario, per sbloccare la situazione si propongono di fare leva sulla criticità emergenziale prodotta dal mancato smaltimento dei rifiuti. Zerbin dice a Gavioli: «Insomma deve stare parecchia roba per strada, adesso il problema è appunto raccoglierla e smaltirla». Ma il disprezzo per le istituzioni, l’irritazione verso le regole è evidente già l’11 agosto e viene fuori sempre da una conversazione tra Gavioli e Zerbin quando parlano di un incontro avuto con il Prefetto che, nel racconto di Zerbin a Gavioli, pare che loa abbia (dice letteralmente l’uomo) mandato a quel paese. Il Gavioli, dopo aver ascoltato la cronaca dell’incontro risponde: «Infatti dopo in qualche maniera vedrà l’ef- fetto di questa cosa, eh beh si troverà i rifiuti per la strada poi ci penserà lui. Fra poco quando sospenderemo il servizio della discarica qualcosa succederà». Un progetto criminale insomma, teso a creare anche problemi di ordine pubblico che, nella mente di chi li ha messi in pratica, dovevano servire ad alzare il tiro con le autorità competenti. GIULIA ZAMPINA [email protected] le reazioni Democrat e Legambiente: «Basta commissariamento» Non sono molte le reazioni che arrivano dopo la notizia dell’operazione Pecunia non olet bis. Quelle che ci sono chiedono però che si metta fine alla gestione commissariale dei rifiuti in Calabria. Il Pd torna a chiedere la chiusura della gestione commissariale e l’apertura di un confronto. Il parlamentare Franco Laratta sostiene che mentre risulta: «indagato l'assessore regionale all'ambiente e con una richiesta di interdizione dai pubblici uffici il commissario per l'Emergenza (già assessore comunale con Scopelliti sindaco) la Calabria non ha una discarica (quelle che ci sono stanno per esaurirsi), e non ha un progetto per affrontare l'emergenza, non ha un piano serio e credibile. La Camera, a fine giugno, ha approvato all'unanimità la relazione della commissione bicamerale per il ciclo dei rifiuti, lanciando l'allarme per i gravi e imminenti rischi che corre la nostra regione. In quell'occasione, insieme al capogruppo Principe, abbiamo chiesto a Scopelliti di favorire la fine della gestione emergenziale e di aprire un confronto con le forze politiche per meglio «Dal presidente integrata ed efficiente dei riaffrontare l'emergenza. Ma fiuti, usano la gestione comScopelliti dal governatore solo silenmissariale come leva del mazio». Secondo Legambiente, laffare. Le misura interdittive da mesi invece, «l'ennesima inchiesta della sospensione dall'esercisolo silenzio sui rifiuti e l'importante aziozio di un pubblico ufficio nei e indifferenza» ne della magistratura e delle confronti di tre rappresentanforze dell'ordine - a cui va il ti dell'Ufficio emergenziale, il nostro plauso e apprezzamento - afferma la commissario Graziano Melandri e i tecnici legalità e la forza dello Stato nel reprimere i Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo, e reati. Tutto ciò da un lato tranquillizza, ma l'aver indagato l'Assessore regionale all'Amdall'altro mette a nudo il re sulle ecomafie e biente, Francesco Pugliano (nella sua qualità gli interessi illegali sul ciclo dei rifiuti. Si con- di ex sub commissario dell'Ufficio emergenfermano le preoccupazioni di Legambiente ziale), rafforzano ancora una volta la richiesta sul fallimento delle esperienze commissaria- - che da anni facciamo - di superare la fase li che si sono succedute in circa un ventennio commissariale, come anche ultimamente rinero e di quanti invece che avere a cuore ed badito nella partecipazione alla manifestazioassumere responsabilmente scelte ed azioni ne di Crotone». politiche incisive ed efficaci per la gestione g. z. VENERDÌ 18 novembre 2011 PAGINA 32 l’ora di Vibo Telefono: 0963.547589 - 45605 Fax: 0963.541775 Mail: [email protected] - [email protected] SANITÀ SINDACATI Il “richiamo” di Giamba ai politici Trasporti, scoppia il caso: la Cgil denuncia minacce > pagina 34 > pagina 35 RICADI FABRIZIA Il sindaco chiama in causa la Regione e chiede interventi Tentato omicidio L’Arma arresta un operaio > pagina 36 > pagina 37 operazione “nasty embassy” IN MANETTE I cinque presunti affiliati al clan Lo Bianco arrestati ieri. Da sinistra Andrea Mantella, Salvatore Morelli, Francesco Scrugli, Francesco Antonio Pardea e Vincenzo Mantella Nei racconti di Lo Vato le mire espansionistiche di Andrea Mantella La testimonianza del collaboratore, le indagini e l’insofferenza di Lo Bianco: «Qui comando io» Nella clinica di Donnici, in provincia di Cosenza, era nata una sorta di amicizia. A “Villa verde” era ricoverato Andrea Mantella, lì scontava i suoi domiciliari. A “Villa verde” era giunto anche Samuele Lo Vato, imputato nel processo “Omnia” e ritenuto organico alla cosca Forastefano di Cassano allo Jonio. I due si conobbero in clinica tra il 2008 e il 2009. Lo Vato voleva accaparrarsi le simpatie di Mantella - del quale aveva sentito dire fosse «un uomo di rispetto» che a Vibo «contava» - in previsione di un’eventuale latitanza proprio nella vecchia Monteleone. E Mantella con lui si confidò. Gli raccontò degli affari vibonesi, della cosca di cui è ritenuto un «emergente», quella dei Lo Bianco, e delle sue «mire espansionistiche». Almeno, questo è ciò che lo stesso Lo Vato, tra settembre e ottobre 2010, confida agli inquirenti. L’inchiesta “Nasty embassy”, condotta dalla Squadra mobile di Catanzaro e coordinata dalla Dda, ha permesso di arrestare cinque elementi ritenuti organi- BOSS Carmelo Lo Bianco ci, appunto, alla cosca Lo Bianco e accusati di estorsione aggravata dalle modalità mafiose ai danni di un imprenditore di Vibo Valentia, titolare di una concessionaria d’automobili. Gli agenti guidati da Rodolfo Ruperti hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Andrea Mantella, Francesco Scrugli, Salvatore Morelli, Francesco Antonio Pardea e Vincenzo Mantella. Dal racconto del collaboratore di giustizia viene fuori uno spaccato del mutamento in atto all’interno del sodalizio vibonese. Sono tante le cose che Mantella confida a Lo Vato. Il suo ruolo nella cosca. Gli affari. E, in particolare, il rapporto con lo storico capomafia, il 79enne Carmelo Lo Bianco. «Man mano che ci conoscevamo meglio ho cominciato ad apprendere degli affari di Andrea Mantella, o perché me ne ha riferito lui stesso, oppure in quanto ho personalmente assistito a incontri tra lui e persone a lui legate», ha dichiarato agli investigatori Lo Vato, che in quel periodo in clinica ha conosciuto anche Francesco Scrugli. Nell’ordinanza firmata dal gip Tiziana Macrì viene illustrata la caratura del Mantella, il quale «appare avere un ruolo di “emergente”, a volte contrapposto ed in contrasto a quello del capo cosca, Lo Bianco Carmelo», poiché dalle indagini emerge che «Mantella, con l’aiuto di altri personag- gi, stava tentando di assumere una posizione di maggior rilievo all’interno del panorama criminale vibonese». Questo sarebbe riscontrato, quindi, dalle dichiarazioni rese da Samuele Lo Vato: «Mantella mi disse che lui aveva relazioni unicamente con “il vecchio”, in quanto gli altri componenti della famiglia non contavano molto ed in realtà era lui il diretto referente dell’anziano capo clan. Mi disse che il suo rapporto con Carmelo Lo Bianco era contraddistinto da una forte autonomia, nel senso che riceveva da lui delle disposizioni, in quanto gerarchicamente superiore, ma aveva ampi margini di libera operatività... Ma aggiungeva che, ove il vecchio gli avesse dato contro, non si sarebbe fatto alcuna remora a interrompere ogni rapporto con lui». Lo stretto rapporto che si era instaurato tra i due, aveva portato Mantella a confidargli anche le proprie «mire espansionistiche». Ovviamente queste voci non potevano che dar fastidio, per usare un eufemismo, a Lo Bianco. Vi è un’intercettazione, contenuta nell’ordinanza, che rappresenta bene questa situazione e «conferma il ruolo di vertice di Lo Bianco Carmelo e le mire di Mantella Andrea». La conversazione, del 25 giugno 2009, è intercettata a bordo di un’auto. L’occupante racconta al suo interlocutore quanto avrebbe appreso direttamente dal boss, in relazione alle voci che circolavano. La frase che Lo Bianco gli avrebbe riferito è la seguente: «È da quarant’anni che comando io... Ora non è che viene e comanda a Vibo. E’ da quarant’anni che comandiamo noi... che comando io personalmente... Ora non è che viene lui e comanda... che lui non comanda neanche a casa sua». GIUSEPPE MAZZEO [email protected] retroscena Gli sms tra il «capo» e il suo “delfino”: «Hai la mia fiducia» Sarebbe Salvatore Morelli il “delfino” di Andrea Mantella, da lui stesso designato a reggere le sorti dell’organizzazione in caso di una sua carcerazione. Samuele Lo Vato ha raccontato anche questo agli inquirenti. Lo ha raccontato perché lo avrebbe appreso dalla sua diretta esperienza, osservando le persone con le quali Mantella si rapportava durante il loro periodo in clinica. «Morelli era la persona che aveva più stretti rapporti con il Mantella, e proprio questi mi disse che in caso di una sua carcerazione o impossibilità a muoversi dalla clinica, il compito di reggere la sua organizzazione sarebbe stato del Morelli. Egli diceva, in particolare, che raccomandava il Morelli di non cercare di scavalcarlo, ma di applicarsi per apprendere da lui il più possibile». Una situazione che però non andava a genio a Francesco Scrugli. «Il ruolo di Morelli - sempre Lo Vato - era mal visto da Scrugli, il quale si lamentava della libertà di iniziativa che gli era lasciata, rimproverandogli in particolare di non aver portato loro soldi durante il periodo di carcerazione». A riscontro delle dichiarazioni del collaboratore, gli inquirenti hanno registrato alcuni sms intercorsi tra Mantella e Morelli. Andrea, «dopo aver dato incarico di svolgere delle commissioni - scrive il gip - si compiace con il medesimo per come ha svolto il compito assegnatogli», spedendogli questo sms: «La fiducia nei tuoi confronti è cieca. T.V.B.», ed ottenendo da Salvatore la seguente risposta: «Amore grazie! Fai conto che sei tu fuori, sono te in persona...». Vi sono anche altri sms che, secondo il gip, sono «significativi del rapporto di dipendenza e sottomissione». Morelli scrive a Mantella: «... Hai la mia vita in mano e te ne do atto tutti i giorni...». E Mantella risponde: «Grazie di esistere! Stai tranquillo! Anche tu hai la mia vita». giu. maz. 33 VENERDÌ 18 novembre 2011 calabria ora V I B O il fatto L’episodio dei dolci «è significativo della forza di intimidazione del gruppo Mantella». Ecco i fatti. La vittima delle presunte estorsioni, il titolare di una concessionaria d’auto di Vibo Valentia, va a trovare Mantella nella clinica di Donnici. Lì vi si reca munito di «una guantiera di dolci», come «segno di cortesia» dirà in seguito. Lo scopo della visita - ha raccontato l’imprenditore agli inquirenti - è quello di chiedere il saldo E la vittima portò i dolci a Mantella Il gip: «Al gruppo non serviva compiere atti intimidatori, tale era la caratura» di alcune autovetture. Ma le sue dichiarazioni vengono definite «contrastanti e poco attendibili» dai magistrati. Perché le cose starebbero esattamente al contrario. L’uomo sarebbe stato «convocato» da Mantella «per farsi portare dei soldi a titolo estorsivo». Una sorta di mazzetta a domicilio. L’imprenditore, insomma, secondo il gip sarebbe «completamente condizionato e assoggettato alla forza di intimidazione derivante dalla consapevolezza di chi siano Mantella, Scrugli, Pardea e Morelli, da assumere un comportamen- to omertoso, senza che questi neanche compiano eventuali atti di manifesta sopraffazione, dimostrativi della loro caratura criminale». La forza intimidatoria del solo nome, quindi, permetterebbe al gruppo di creare condizioni «di soggezione psicologica ed omertà». Situazione della quale purtroppo non è riuscita a venirne fuori la presunta vittima. Questa, riporta l’ordinanza, «non solo paga l’estorsione senza ribellarsi e denunciare, o comunque confermare i fatti all’autorità giudiziaria, preferendo subire la pressione delittuosa sulla sua attività economica, ma omette di riferire i fatti secondo verità, tentando di fornire agli inquirenti una versione che non appare neanche plausibile». g. maz. operazione “nasty embassy” Samuele Lo Vato, l’ex faccendiere del casato mafioso dei Forastefano, ha dato l’input. «Lasciò la clinica nella quale era recluso con Andrea Mantella - spiega in conferenza stampa il capo della Squadra mobile di Catanzaro Rodolfo Ruperti - e, poco dopo, decise di collaborare con la giustizia. Andai insieme al procuratore Borrelli per interrogarlo e ci fornì delle notizie preziose». Raccontò, Samuele Lo Vato, cosa avvenisse a Villa Verde, la casa di cura privata di Donnici nella quale era agli arresti domiciliari con Mantella, l’emergente che dava ordini ai quali gli imprenditori destinatari non si sottraevano. Poi iniziò un’attività di riscontro per quella che, sotto il coordinamento del pm Pierpaolo Bruni, oggi è diventata l’operazione “Nasty embassy”. «Va detto - aggiunge Ruperti rispondendo ai giornalisti – che non c’è stata alcuna collaborazione da parte delle vittime. Nonostante le contraddizioni e le nostre contestazioni, una volta chiamati per essere sentiti sui fatti oggetto della nostra indagine, hanno continuato a negare. Gli elementi in nostro possesso erano però così evidenti che hanno consentito al pm Bruni di chiedere ed ottenere dal gip le misure che abbiamo notificato». Andrea Mantella, l’emergente del firmamento ’ndran- Soddisfazione... a metà: «Scarsa collaborazione» Il commento degli inquirenti: ma almeno Scrugli è dentro CONFERENZA STAMPA Vincenzo Roca, Giuseppe Borrelli,Vincenzo Lombardo e Rodolfo Ruperti ghetistico vibonese, torna nell’ennesimo procedimento istruito dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro a suo carico. «Tra di loro - evidenzia ancora Ruperti nel cor- so della conferenza stampa gli imprenditori dicevano che “non è necessario neppure dirlo chi comanda a Vibo, tanto si sa”. E’ un fatto emblematico». E più avanti: «Non si ravvi- sa un contrasto tra Mantella, che è una figura emergente, e lo storico capomafia Carmelo Lo Bianco, del quale Mantella è espressione pur godendo di un’ampia autonomia. Al mo- i particolari affissioni pubblicitarie Quel furto simulato per sfuggire al sequestro Il caso della Bmw “sparita”. Le auto prelevate dalla concessionaria e mai pagate C’è un episodio, in particolare, che secondo il gip «è dimostrativo dell’incuranza e dello sfregio del rispetto delle leggi da parte di Mantella Andrea». È quello della Bmw, l’auto per la quale sarebbe stato inscenato un furto per sottrarla ad un decreto di sequestro, e per la quale lo stesso Mantella si sarebbe adoperato al fine di riscuotere anche un bonus cui aveva diritto in caso di furto del mezzo. L’«emergente», in occasione di un colloquio avvenuto a “Villa verde” con la presunta vittima, avrebbe fatto presente che la sua Bmw X5 era stata rubata, e siccome nel contratto vi era una clausola per la quale in caso di acquisto di un altro modello simile avrebbe potuto godere di un bonus di 20mila euro, aveva chiesto all’imprenditore di adoperarsi per recuperare il credito con la concessionaria. Anche a questa vicenda avrebbe assistito Lo Vato, il quale ha riferito agli inquirenti che «in una occasione Morelli portò a Mantella un assegno relativo alla vendita di una Bmw che il Mantella aveva preso in leasing e poi sottratto, facendo una denunzia di furto. L’auto era stata consegnata ad un rivenditore di pezzi di ricambio che in precedenza gli aveva dato 10mila euro liquidi e che successivamente gli aveva inviato un assegno di 10mila euro». Nell’ordinanza viene fatto notare come l’auto in questione «rientrava tra i beni mobili che la Guardia di finanza avrebbe dovuto sequestrare» nell’ambito di un procedimento penale. Dunque, per come ribadito da Lo Vato, «dell’auto ne sarebbe stato simulato il furto per sottrarla al sequestro be- mento la forza di Mantella deriva in parte proprio dall’essere espressione di Carmelo Lo Bianco». Il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli contestualizza la figura dell’indagato principale di “Nasty embassy” all’interno della geografia mafiosa dell’intera provincia di Vibo Valentia. «Mantella - evidenzia Borrelli - parte come una figura di secondo piano, ma tale modestia cessa d’esistere in considerazione della violenza con la quale agisce. Si è ritagliato un ruolo in un contesto, quello vibonese, che è molto complicato e che va capito. Fino a questo momento Mantella è stato lì - sottolinea Borrelli - perché l’hanno lasciato stare ma il suo ruolo non può prescindere dal peso storico che sul territorio hanno altre famiglie e certi capimafia». L’indagine, che completa un quadro investigativo complesso, sul quale hanno anche lavorato in altri procedimenti autonomi e paralleli il Ros di Catanzaro e la Squadra mobile di Vibo, riporta d’attualità la capacità intimidatoria di un gruppo che è stato spiegato nella conferenza stampa tenuta dagli inquirenti nella Questura di Catanzaro - ha colmato quel vuoto creatosi dopo la maxioperazione “New sunrise - Nuova alba”. «C’è stato un imprenditore che, convocato per soddisfare una richiesta estorsiva, s’è presentato nella clinica di Mantella con una guantiera di dolci». E poi, continua Ruperti, è di «estrema rilevanza il fatto che i componenti di questo gruppo potessero, ad esempio, avere in disponibilità le auto di una concessionaria mentre contestualmente, e tacitamente, il titolare aveva rinunciato in anticipo ad ottenere le somme che gli spettavano». Quindi ancora Borrelli: «Sono molto soddisfatto perché con questa operazione siamo riusciti a mettere dentro Francesco Scrugli, che era l’ultimo componente del gruppo ancora in libertà. Era stato arrestato, poi condannato in primo grado e assolto in appello, nel processo che istruì la collega Manzini. Lo consideriamo un personaggio molto pericoloso - chiosa Borrelli -. Pericoloso come Mantella che comunque era già dentro». p.com. ni» da parte della Gdf. Sempre un giro di auto sarebbe la prova delle estorsioni attuate dal gruppo nei confronti dell’imprenditore. Un giro di auto, spesso Bmw, che i componenti del gruppo prendevano dalla concessionaria, senza però pagare. Tra le accuse a Mantella, ad esempio, vi è quella di avere «costretto l’imprenditore a rinunciare al credito di 10mila euro per l’acquisto di una Mercedes». Situazione analoga per Francesco Pardea, il quale non avrebbe pagato i 6mila euro dovuti, prezzo di un’altra Bmw; così come anche per Morelli, il quale avrebbe «ottenuto un ingiusto profitto con danno altrui» omettendo di versare 3mila euro per l’acquisto sempre di una Bmw. g. m. Le umiliazioni subìte dall’imprenditore Oltre alle presunte estorsioni, l’imprenditore vibonese avrebbe subito anche delle pesanti umiliazioni. Vincenzo Mantella e Salvatore Morelli, infatti, devono rispondere anche di un episodio che ha al centro un’affissione pubblicitaria. Dai riscontri in sede di escussione, e in particolare da alcune intercettazioni telefoniche, è emerso come Mantella e Morelli avrebbero ottenuto «un ingiusto profitto» dall’affissione di un cartellone pubblicitario, per la quale avevano chiesto alla presunta vittima, che lo aveva in dotazione perché stava ristrutturan- do uno stabile nel centro città, la possibilità di allestire sopra il ponteggio, che non risulta essere mai stato pagato, addirittura - e qui l’umiliazione, che il gip definisce «danno morale» - la pubblicità di una concessionaria di auto concorrente. Accortosi di quanto gli avevano “combinato”, l’imprenditore aveva chiamato il Mantella, il quale, secondo il giudice, insieme al Morelli avrebbe fatto finta di non sapere nulla, riconducendo il caso ad un errore degli operai, senza dunque porvi alcun «rimedio». g. m. 37 VENERDÌ 18 novembre 2011 calabria ora V I B O N E S E il fatto FABRIZIA Per fortuna la tragedia è stata soltanto sfiorata. Ma ci è mancato davvero poco. Un uomo di 36 anni, Domenico Antonio Maiolo, operaio di Fabrizia, è stato arrestato ieri mattina dai carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno con l’accusa di tentato omicidio aggravato e lesioni, perché avrebbe tentato di soffocare un’anziana donna mettendole le mani alla gola e cercando di tapparle la bocca con uno straccio. I fatti hanno luogo ieri di prima mattina a Fabrizia. Alla porta della signora Raffaela Mamone, 88 an- Operaio tenta di soffocare un’anziana Fabrizia, i carabinieri arrestano il 36enne Domenico Antonio Maiolo ni, intorno alle 7 bussa il Maiolo. Ha intenzione di vendere all’anziana alcuni prodotti come cereali e grano. La Mamone, riconoscendolo - l’uomo, infatti, è già noto alle forze dell’ordine - declina l’invito e dice di non avere bisogno di nulla. Ma Maiolo non si dà per vinto, e dopo circa un’ora torna. La risposta dell’anziana, però, è sempre la medesima: non mi serve niente. A quel punto, probabilmente in preda ad un raptus, l’uomo si sarebbe avventato su di lei, mettendole le mani al collo e tentando di soffocarla. La donna cade a terra priva di sensi. Maiolo pensa di averla uccisa e fugge precipitosamente fuori dalla casa. La Mamone, però, è viva e chiede aiuto ad un nipote. Questi allerta gli uomini del capitano Stefano Esposito Vangone che subito si lanciano alla caccia del fuggitivo. La ricerca non dura neanche un’ora. Domenico Antonio Maiolo viene arrestato intorno alle 9 e trasferito nelle camere di sicurezza della Benemerita. Oggi verrà tradotto in carcere, da dove dovrà attendere le decisioni dell’autorità giudiziaria. (g. maz.) Ennesima intimidazione Proiettile per Gambino Domenico Antonio Maiolo servizi al cittadino Mediazione, aperto lo sportello a Serra Nel mirino il figlio di Sharo: «Un episodio avvilente» SERRA SAN BRUNO Che si tratti di un semplice “avvertimento” o di un vero e proprio atto intimidatorio, poco importa. Sta di fatto che, quello perpetrato ai danni di Sergio Gambino, figlio del celebre scrittore meridionalista, Sharo, è un gesto che dovrebbe richiamare l’attenzione di quanti hanno a cuore le sorti di un terra - la Calabria - caratterizzata dalla presenza della criminalità organizzata che, ad oggi, sembra farla da padrona. Se, poi, al potere della ‘ndrangheta si aggiunge l’indifferenza, da parte della classe politica, di reagire con forza e, soprattutto, con atti concreti a questo genere di intimidazioni, allora la lotta ad ogni forma di malavita organizzata rischia di essere un miraggio. Per capire i contorni della vicenda che ha visto protagonista suo malgrado Sergio Gambino, però, bisogna risalire alla mattinata di ieri, intorno alle 7 e 30, quando il giovane - uscendo da casa per recarsi al lavoro - ha rinvenuto un bossolo di lupara davanti alla propria abitazione. Immediato l’intervento degli agenti del locale commissariato di Polizia, guidati dal dirigente Domenico Avallone e coordinati in quel frangente dall’ispettore Vito Coccoglioniti, i quali hanno avviato le indagini per cercare di risalire agli autori di un gesto alquanto deplorevole. Fondatore del- IMPEGNATO Sergio Gambino l’associazione culturale “Il Brigante”, Gambino è anche tra i promotori di un giornale online, “Il Vizzarro”, che sarà in rete tra qualche giorno. Questo il commento del destinatario dell’intimidazione a poche ore dall’ accaduto: «Penso sia un episodio riconducibile all’impegno del nostro gruppo nel sociale. La cosa che avvilisce, però - ha aggiunto Gambino - è che, anche se si tratti di una bravata, è chiaro ormai che la mentalità omertosa ed il modus operandi della ‘ndrangheta ha permeato la nostra società in maniera asfissiante. A ogni modo, il nostro impegno proseguirà in maniera ancora più incisiva». Non appena la notizia si è diffusa, in tanti hanno espresso il proprio attestato di stima. Ad iniziare dall’assessore provinciale, nonché esponente di Sel, Rosa Valenzisi, secondo la quale «l’attentato intimidatorio nei confronti di Sergio Gambino è un atto contro tutti gli uomini liberi della nostra terra». Anche la Federazione provinciale del Partito della Rifondazione comunista, guidata dal segretario Renato Giannini, ha voluto esprimere tutta la propria «solidarietà» e «vicinanza» per un gesto perpetrato ai danni di chi «si è sempre impegnato per la difesa dei nostri diritti. Come Rifondazione - conclude la nota - siamo vicini a Sergio e lo invitiamo a continuare nella battaglia per la liberazione della nostra terra». Solidarietà anche dal consigliere regionale del Pd, Bruno Censore. Insomma, un’altra triste pagina per il Vibonese. In questi casi, l’unica soluzione percorribile è quella di fare fronte comune per avviare una battaglia seria e determinata affinché la Calabria possa uscire dal tunnel della criminalità organizzata. Alessandro De Padova la lettera La visita del vescovo e la protesta silente MONTEROSSO Monterosso ora chiede solo di sapere come sono andate realmente le cose. Quel giorno, primo di novembre 2011, in occasione della ricorrenza di Ognissanti e per l’inaugurazione della facciata della chiesa di Maria del Soccorso qualcosa è avvenuto. Il vescovo di Mileto, Nicotera e Tropea, monsignor Luigi Renzo, presente a Monterosso per la prima volta dopo gli incresciosi e ben noti “fatti” del 12 luglio 2009, è arrivato in paese visibilmente scortato da una ben nutrita schiera di componenti delle forze del- l’ordine preventivamente dislocate per motivi di tutela, di sicurezza dell’alto prelato e per vigilare sull’ordine pubblico. Una visita annunciata, quella del vescovo, che, però, non ha trovato nel piccolo centro montano vibonese una folta accoglienza. Pochi coloro che si sono presentati all’appuntamento. A riceverlo, al suo arrivo, il neo parroco del paese, don Oreste Borelli, i rappresentanti dell’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Ercole Massara, i priori delle confraternite del Crocifisso e del Rosario, il capitano della Compagnia carabinieri di Serra San Bruno, Stefano Esposito Vangone, il comandante della locale stazione carabinieri, Rosario Scala, e il comandante dei vigili urbani, Carmela Farina. Dopo l’inaugurazione della facciata, il corteo, formato da autorità e da alcuni fedeli, ha seguito il vescovo all’interno della chiesa. A celebrare la santa messa, oltre a monsignor Luigi Renzo anche don Oreste Borelli, don Antonio Russo, il segretario del vescovo, don Graziano Maccarone e don Antonio Mazzeo, parroco di Filadelfia. Presenti al rito anche i quindici giovani seminaristi che recentemente erano stati ospiti di Monterosso. A sorpresa della maggioranza dei cittadini, tra l’altro non presenti alla cerimonia, il vescovo Renzo ha nominato il nuovo parroco di Monterosso. Nel corso dell’intervento, durante l’omelia, il vescovo ha dichiarato che «questa era una promessa, ritornare a Monterosso per inaugurare la nuova facciata della chiesa». Da quanto però si è potuto osservare, il paese non ha partecipato in pieno, ha lanciato un evidente messaggio, non ha ancora elaborato la ben nota crisi aperta nel 2009. Pochi anche i cittadini che sapevano della nomina del neo parroco, pochi coloro che hanno partecipato fisicamente alle celebrazioni, dentro la chiesa molti i posti a sedere occupati dalle forze dell’ordine e dai seminaristi, molti anche i posti vuoti, un segnale che deve essere letto e interpretato come una sorta di protesta silente e popolare. Un gruppo di cittadini di Monterosso Calabro L’organismo avrà sede all’interno del palazzo municipale SERRA SAN BRUNO Avrà sede nei locali del Comune e consentirà ai serresi di giovarsi di un servizio importante senza allontanarsi dalla città di residenza. L’ufficio di mediazione e conciliazione nasce dalla collaborazione fra le amministrazioni di Badolato e Serra San Bruno e si propone di rendere la giustizia un po’ meno lontana dalle esigenze delle diverse categorie sociali. D’altro canto, la stessa riforma della mediazione civile ha come obiettivo principale quello di ridurre il flusso di nuove cause nel sistema giudiziario, offrendo al cittadino uno strumento più semplice e veloce in termini di tempistica e più conveniente sotto l’aspetto economico. Da un punto di vista tecnico, per mediazione s’intende «una procedura tramite la quale le parti richiedono l’assistenza di un terzo o terzi nel tentativo di raggiungere un accordo amichevole rispetto ad una controversia derivante da o in relazione ad un rapporto contrattuale o un altro rapporto legale» (il conciliatore non ha comunque il potere di imporre una soluzione della controversia alle parti). Essa è una condizione di procedibilità prima di adire l’autorità giudiziaria e per alcune materie (diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, responsabilità da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi bancari e finanziari) è obbligatoria. Nei casi previsti dall’articolo 5 del decreto legislativo 28/10, dunque, la parte che intende agire in giudizio ha l’onere di tentare la mediazione e deve essere informata dal proprio avvocato con un documento che deve essere sottoscritto dall’assistito. Il giudice, qualora rilevi la mancata allegazione del documento all’atto introduttivo del giudizio, deve informare la parte della facoltà di chiedere la mediazione. Il decreto “Milleproroghe” ha invece rinviato l’entrata in vigore della mediazione obbligatoria al 21 marzo 2012 in materia di condominio e risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti (il cosiddetto maxiemendamento sembra però ristabilirne l’obbligatorietà sin da subito). Il procedimento di mediazione ha in ogni caso una durata massima di 4 mesi e, secondo l’organismo unitario dell’avvocatura, la mediazione obbligatoria inciderà su oltre mezzo milione di cause. L’organismo di mediazione e conciliazione della cittadina della Certosa sarà contattabile dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 14, mentre l’apertura al pubblico è prevista dalle ore 17 alle 19. Biagio La Rizza