Il Teorema di Wigner nella teoria Quantistica

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Il Teorema di Wigner nella teoria Quantistica
Il Teorema di Wigner nella
teoria Quantistica
Dispensa tratta dalla tesi di Laurea Magistrale in Matematica:
Approccio Gruppo Teoretico alla Teoria Quantistica dell’interazione
della Dottoressa Valeria Pallaria, Università della Calabria 24 VII 2015.
1
Capitolo 1
Teoria generale di Von
Neumann
Iniziamo la trattazione introducendo i concetti base della teoria sviluppata
da Von Neumann, mostrando in maniera sintetica e non dettagliata matematicamente, come si realizza la formalizzazione matematica della teoria fisica
e definendo le corrispondenze tra concetti fisici e oggetti matematici. Le
nozioni fondamentali sono quelle di osservabile e valore d’aspettazione. Per
i risultati non dimostrati nelle successive due sezioni si faccia riferimento a
[1].
1.1
Osservabile e valore d’aspettazione
Definizione 1.1 Per osservabile si intende una qualunque grandezza fisica
misurabile sul sistema fisico che può assumere, fissata l’unità di misura,
valori nel campo dei numeri reali.
Indichiamo con O l’insieme delle osservabili di un certo sistema fisico.
Esempio 1.1 Nella meccanica classica di una particella esempi di osservabili sono le coordinate della posizione, la quantità di moto, il momento
angolare lungo una direzione, l’energia, ecc.
Definizione 1.2 Un valore d’aspettazione è una funzione ν : Oν → R, dove
Oν ⊆ O, che ad ogni osservabile A ∈ Oν associa un numero reale ν(A) che
rappresenta il valore d’aspettazione della grandezza A.
Osservazione 1.1 Il valore d’aspettazione, in quanto tale, va riferito ad un
ensemble statistico di sistemi fisici. Qualora una data osservabile A venga
misurata su un numero N diP
sistemi di un ensemble, si otterranno i risultati
N
ai
a1 , a2 , ...aN ; il valore medio i=1 tende a ν(A) se N tende all’infinito.
N
2
Osservazione 1.2 Nella meccanica classica ci chiediamo quale valore assumerà un’osservabile ad un certo istante (descrizione deterministica della
teoria). In meccanica quantistica invece ci chiediamo quale sia la probabilità
che una misurazione produrrà un certo valore dell’osservabile (descrizione
probabilistica della teoria). La teoria quantistica è una teoria stocastica,
ecco perchè introduciamo il concetto di valore d’aspettazione.
Osservazione 1.3 Sia A un’osservabile e σ̃A l’insieme dei suoi possibili
valori (detto spettro fisico) e sia f : σ̃A → R una funzione reale. Misurando
A e applicando f al risultato a di A si ottiene un’altra osservabile f (A) che
ha f (a) come risultato. Di fatto A e f (A) misurano la stessa grandezza, con
una scala diversa.
Osservazione 1.4 Se νi è un insieme numerabile di valori d’aspettazione,
P
per ogni famiglia {µk ∈ R+\tale che k µk = X
1}, esiste un valore d’aspettazione ν definita su Oν = Oνk tale che ν =
µ k νk .
k
k
Questa ν si riferisce all’ensemble di N sistemi che si ottiene prendendo un
numero µi N di sistemi da ogni ensemble corrispondente a νi . Dunque ν
rappresenta una miscela statistica degli ensemble descritti dalle νi .
La teoria quantistica, secondo lo schema di Von Neumann, si erge su alcuni
assiomi fondamentali riportati di seguito.
Assioma 1 Ad ogni sistema fisico può essere associato uno spazio di Hilbert
H complesso e separabile, per cui ad ogni osservabile corrisponde biunivocamente un solo operatore autoaggiunto di H.
Indicando con Ω(H) = {A : H → H tale che A = A∗ , DA = H} l’insieme
degli operatori autoaggiunti il cui dominio di definizione DA è denso nello
spazio H, vale la corrispondenza:
A ∈ O ↔ A ∈ Ω(H).
Assioma 2 Siano A e f un’osservabile e una funzione reale di variabile
reale, misurabile; se ad A corrisponde l’operatore A allora ad f (A) corrisponde l’operatore
Z
f (λ)dEλA
f (A) =
dove EλA rappresenta la risoluzione dell’identità di A [2].
Assioma 3 Siano A e B osservabili cui corrispondono gli operatori A e B,
allora esiste un’altra osservabile A + B cui corrisponde l’operatore A + B
(estensione autoaggiunta di A e B).
Assioma 4 Se A ∈ O è non negativa, ovvero i suoi possibili valori sono non
negativi, allora ν(A) ≥ 0 per ogni valore d’aspettazione ν tale che A ∈ Oν .
3
Assioma 5 Per ogni valore d’aspettazione ν se a e b sono numeri reali, A
e B ∈ Oν allora ν(aA + bB) = aν(A) + bν(B).
Dagli assiomi si evince il carattere altamente astratto del formalismo della
teoria. Inoltre si deduce che la struttura algebrica dell’insieme degli operatori di H , riflette la stuttura algebrica naturale delle osservabili corrispondenti.
Osservazione 1.5 Nella fisica quantistica non è sempre possibile misurare
due osservabili sullo stesso esemplare del sistema fisico (per esempio in meccanica classica è possibile misurare contemporaneamente la posizione e la
quantità di moto di una particella, mentre in meccanica quantistica non
può esistere un apparato di misura che consente di misurarle entrambe sullo
stesso esemplare). Si introduce perciò il concetto di compatibilità ovvero di
simultanea misurabilità.
Definizione 1.3 Due osservabili sono simultaneamente misurabili se e solo
se sono funzioni di una stessa osservabile.
Dunque se A e B sono gli operatori associati alle osservabili simultaneamente
misurabili A e B, esistono funzioni f e g ed un operatore C ∈ Ω(H) tali che
A = f (C) e B = g(C).
Nota 1.1 La compatibilità delle osservabili implica l’esistenza di una procedura sperimentale che permette di ottenere i valori di entrambe, sullo stesso
esemplare del sistema fisico.
In termini matematici possiamo dare la seguente caratterizzazione della
compatibilità.
Teorema 1.1 Due osservabili A e B sono compatibili se e solo se i corrispondenti operatori A e B commutano, ossia il commutatore [A, B] = AB − BA
è l’operatore nullo.
1.2
Stato quantistico
Mentre alle osservabili nel formalismo matematico sono associati gli operatori autoaggiunti, il valore d’aspettazione deve essere rappresentato da una
particolare classe di operatori, gli operatori densità. Ciò è quanto stabilisce
un teorema di Von Neumann.
Definizione 1.4 Un operatore lineare ρ : H → H positivo, vale a dire
hψ | ρψi ≥ 0 per ogni ψ ∈ H, tale che T r(ρ) = 1 è detto operatore densità.
Indichiamo con S(H) l’insieme degli operatori densità di H.
La corrispondenza di cui parlavamo è realizzata mediante il seguente teorema
dimostrato da Von Neumann [1].
4
Teorema 1.2 Per ogni valore d’aspettazione ν esiste un operatore densità
ρ tale che per ogni A ∈ Oν si ha
ν(A) = T r(ρA).
Un operatore densità associato ad un valore d’aspettazione viene anche
chiamato stato quantistico del sistema.
Nota 1.2 Utilizzando la notazione di Dirac [3] il generico proiettore Pϕ di
rango uno sul sottospazio generato da ϕ ∈ H tale che k ϕ k= 1, ha la
seguente espressione Pϕ =| ϕihϕ |.
Un operatore densità possiede una base ortonormale di autovettori; alloP
ra ammette una rappresentazione spettrale della forma ρ = k λk Pk dove
λk è un autovalore e Pk è il proiettore sull’autospazio relativo. Inoltre un
proiettore di rango qualsiasi può essere ottenuto come somma di proiettori di rango uno. In definitiva ogni stato quantistico ammette la seguente
decomposizione
X
ρ=
µn | ϕn ihϕn |
P
n
con n µn = 1 in quanto la famiglia degli stati quantistici possiede una
struttura convessa.
Ogni stato quantistico si può esprimere come combinazione convessa di
proiettori di rango uno [2]. Gli stati che non possono essere ulteriormente
decomposti sono detti puri.
Definizione 1.5 Uno stato quantistico ρ è detto puro se ρ = λ1 ρ1 + λ2 ρ2 ,
con λ1 + λ2 = 1 e λ1 , λ2 6= 0, implica che ρ1 = ρ2 .
Indichiamo con Π1 (H) = {Pϕ =| ϕihϕ | tale che ϕ ∈ H, k ϕ k= 1} la
famiglia dei proiettori di rango uno.
Per questa classe di operatori vale la seguente caratterizzazione.
Teorema 1.3 ρ è puro se e solo se ρ ∈ Π1 (H).
Dal punto di vista fisico la purezza dello stato significa che l’insieme statistico
che esso descrive non può essere ottenuto come miscela statistica di insiemi
descritti da differenti valori d’aspettazione.
Nota 1.3 Se ρ =| ϕihϕ | è uno stato quantistico puro, ϕ è detto vettore di
stato.
Proposizione 1.1 Due vettori di stato che differiscono per un fattore di
fase individuano lo stesso stato puro.
5
Dimostrazione.
Siano ϕ e φ = eiα ϕ, allora ρφ =| φihφ |=| eiα ϕiheiα ϕ |= eiα e−iα | ϕihϕ |=
ρϕ .
Nota 1.4 Uno stato quantistico dipende solo dal valore d’aspettazione cui
fa riferimento e non dalla base utilizzata per determinarlo.
Siano ρ e ρ̃ due stati quantistici associati allo stesso valore d’aspettazione ν
e siano {un }n e {ũn }n le rispettive basi, scelte in modo tale che u1 = ũ1 = ϕ,
dove ϕ ∈ H e kϕk = 1. Allora per ogni A ∈ Oν si ha
ν(A) = T r(ρA) = T r(ρ̃A).
In particolare sia A tale
che A = Pϕ =| ϕihϕ |, X
allora T r(ρA) =
X
hun | ρPϕ | un i =
hun | ρ(hϕ | un i) | ϕi =
hϕ | un ihun | ρϕi =
X
n
n
n
hϕ | ρϕi; analogamente T r(ρ̃A) = hϕ | ρ̃ϕi. Quindi hϕ | ρϕi = hϕ | ρ̃ϕi per
ogni ϕ ∈ H allora ρ = ρ̃. Quest’ultima implicazione è vera quando lo spazio
è complesso.
6
Capitolo 2
Trasformazioni di simmetria
quantistiche
In questo capitolo viene caratterizzata la teoria quantistica di un sistema
fisico che possiede una classe di trasformazioni di simmetria. Tale classe
determinerà trasformazioni tra osservabili, ovvero tra operatori, e tra stati
quantistici. Si assume perciò che tali trasformazioni, dette trasformazioni di
simmetria quantistiche, possiedono proprietà, formulabili in termini matematici, che ne esprimono il carattere di simmetria. La struttura matematica
della teoria risulta vincolata da queste proprietà. In particolare i vincoli imposti diventano più stringenti qualora la classe di trasformazioni costituisce
un gruppo. Entra cosı̀ in gioco il concetto di rappresentazione proiettiva
di un gruppo. Tramite il teorema di Wigner, faremo vedere che, se è noto
il gruppo di simmetria del sistema, lo spazio H su cui costruire la teoria
quantistica del sistema stesso è quello di una rappresentazione proiettiva
del gruppo. Inoltre il teorema di Wigner è lo strumento che ci permette di
rappresentare formalmente le simmetrie del sistema.
2.1
Trasformazioni e teorema di Wigner
Definizione 2.1 Dati due spazi di Hilbert H e H0 , entrambi complessi e
separabili, si definisce trasformazione di Wigner un’applicazione
S : Π1 (H) → Π1 (H0 )
biunivoca, tale che
T r(P1 P2 ) = T r(S(P1 )S(P2 ))
per ogni P1 , P2 ∈ Π1 (H).
Osservazione 2.1 Ogni operatore unitario U : H → H0 induce una trasformazione di Wigner. Sia P ∈ Π1 (H), definiamo
S U (P ) = U P U −1 .
7
Allora S U : Π1 (H) → Π1 (H0 ) è una trasformazione biunivoca; infatti
[S U ]−1 (P ) = U −1 P U , ed inoltre S U (P ) ∈ Π1 (H0 ), se P ∈ Π1 (H) (U ∗ = U −1
e moltiplicare per operatori unitari non comporta alterazioni del rango).
L’applicazione S U è una trasformazione di Wigner:
T r(S U (P1 )S U (P2 )) = T r(U P1 U −1 U P2 U −1 ) = T r(U P1 P2 U −1 ) = T r(P1 P2 ),
poiché le trasformazioni di similitudine lasciano invariata la traccia.
Osserviamo inoltre che due operatori unitari U e V che differiscono per un
fattore di fase, ovvero tali che V = eiα U , generano la stessa trasformazione
di Wigner: S V (P ) = V P V −1 = eiα U P e−iα U −1 = U P U −1 = S U (P ).
Nota 2.1 Le argomentazioni esposte si adattano anche al caso di operatori
antiunitari.
Enunciamo il teorema di Wigner in due formulazioni equivalenti [4].
Teorema 2.1 (Teorema di Wigner 1) Sia S : Π1 (H) → Π1 (H0 ) una
trasformazione di Wigner. Allora esiste un operatore U : H → H0 unitario o antiunitario tale che S(P ) = U P U ∗ = S U (P ) per ogni P ∈ Π1 (H).
Inoltre se esiste V , unitario o antiunitario, tale che S = S V allora esiste
α ∈ R per cui V = eiα U .
Dunque l’esistenza di un operatore U che realizza la trasformazione, implica l’esistenza di una classe di equivalenza U = {eiα U }α detta raggio di
operatori.
Nota 2.2 L’uguaglianza S(P ) = U P U ∗ potrebbe apparire errata qualora
U fosse un operatore antiunitario. In tal caso infatti, l’operatore U P U ∗ è
antilineare (l’aggiunto di un operatore lineare o antilineare è sempre lineare);
tuttavia S(P ) è lineare, essendo un proiettore!
Siano P =| φihφ |∈ Π1 (H), ϕ ∈ H; allora, adottando la notazione di Dirac,
U P U ∗ | ϕi = U | φihφ | U ∗ | ϕi =| U φihU φ | ϕi
cioè U | φihφ | U ∗ ≡| U φihU φ |. Dunque il prodotto dei tre operatori
U, P, U ∗ , è inteso, convenzionalmente, come il proiettore individuato dal
vettore U φ, pertanto S(P ) =| U φihU φ |.
Indichiamo con Π(H) = {E : H → H, tale che E = E ∗ , E 2 = E} l’insieme
dei proiettori ortogonali di H.
Teorema 2.2 (Teorema di Wigner 2) Sia S : Π(H) → Π(H) un’ applicazione biunivoca tale che, per ogni E1 , E2 , E ∈ Π(H):
1. E1 ≤ E2 ⇒ S(E1 ) ≤ S(E2 ),
2. S(E ⊥ ) = [S(E)]⊥ .
8
Allora esiste un operatore U di H, unitario o antiunitario, tale che
S(E) = U EU ∗ per ogni E ∈ Π(H).
L’operatore U inoltre è unico a meno di un fattore di fase.
Per dare una dimostrazione del teorema 2.1 ne daremo una formulazione
equivalente in termini di raggi.
Definizione 2.2 Per raggio si intende una famiglia di vettori che differiscono
b ϕ generato da ϕ è
tra di loro per un fattore di fase: se ϕ ∈ H, il raggio R
l’insieme di tutti i vettori della forma τ ϕ dove τ è uno scalare di modulo
uno.
b ϕ si dirà anch’esso unitario.
Se ϕ è un vettore unitario, R
Si indica con R(H) l’insieme di tutti i raggi unitari dello spazio H ed un
bϕ.
generico ϕ ad esso appartenente, è un rappresentante di R
bϕ e R
b ψ , il loro prodotto è dato da
Definizione 2.3 Dati due raggi R
bϕR
b ψ = |hϕ | ψi|;
R
questa definizione è indipendente dalla scelta dei rappresentanti poiché un
raggio è univocamente determinato da uno qualunque dei suoi rappresentanti.
b ∈ R(H) se ϕ, ψ ∈ R
b si ha
Osservazione 2.2 Dato un raggio R
| ϕihϕ |=| ψihψ | .
Dunque ciascun raggio unitario corrisponde biunivocamente a un proiettore
di rango uno.
Teorema 2.3 (Teorema di Wigner 1 (riformulazione)) Data una trasformazione di Wigner S : Π1 (H) → Π1 (H0 ) definiamo
δ : R(H) → R(H0 )
e
b ψ ) = R(S(|
b
Tψ = δ(R
ψihψ |));
Tψ è il raggio associato al proiettore S(| ψihψ |).
b ψ , ψ2 ∈ R
b ψ , allora
La trasformazione S è biunivoca e tale che, se ψ1 ∈ R
1
2
|hψ1 | ψ2 i| = |hψ10 | ψ20 i|
per ogni ψ10 ∈ Tψ1 , ψ20 ∈ Tψ2 .
Allora avremo che:
9
(2.1)
1. esiste U : H → H0 unitario o antiunitario, tale che U ψ ∈ Tψ , per ogni
ψ ∈ H;
2. l’operatore U è unico a meno di un fattore di fase: se V : H → H0 è un
operatore unitario o antiunitario, tale che V ψ ∈ Tψ , per ogni ψ ∈ H
con k ψ k= 1, allora esiste α ∈ R per cui V = eiα U .
Dimostrazione.
La dimostrazione viene fatta per lemmi.
Lemma 2.1 Si consideri una base ortonormale {ψn }n di H; {ψ̃k }k è una
1
base ortonormale di H0 , se ψ̃k ∈ Tψk . Posto φk = √ (ψ1 + ψk ), per ogni
2
k ∈ N, esiste un numero reale θk ∈ R tale che
1
φ0k = √ (ψ˜1 + eiθk ψ˜k ) ∈ Tφk .
2
Dimostrazione.
Se ψ̃j ∈ Tψj , dall’ipotesi 2.1 del teorema segue che |hψj | φk i| =
|hψ̃j | ψ̃i|, per ogni ψ̃ ∈ Tφk , cioè
(
|hψj | φk i| =
Possiamo dedurre che ψ̃ =
√1
2
0
se j = 1, k
se j =
6 1, k
X
hψ̃j | ψ̃iψ̃j ha solo i termini corrispondenti a
j
ψ̃1 e ψ̃k , pertanto
ψ̃ =
X
j
1
hψ̃j | ψ̃iψ̃j = √ (eiα1 ψ˜1 + eiαk ψ˜k ) ∈ Tφk .
2
Moltiplicando il vettore ψ̃ per un fattore di fase, il prodotto continua a stare
nello stesso raggio, allora
1
φ0 = e−iα1 ψ̃ = √ (ψ˜1 + ei(αk −α1 ) ψ˜k ) ∈ Tφk .
2
Definendo ϑk = αk − α1 come fase di ψ˜k si ha
1
√ (ψ˜1 + eiϑk ψ˜k ) ∈ Tφk .
2
Nota 2.3 Scegliamo una particolare base di H0 infatti il lemma dimostrato
ci permette di introdurre la base ortonormale {ψn0 }n di H0 , ponendo ψk0 =
1
eiϑk ψ˜k e ψ10 = ψ˜1 . Pertanto √ (ψ10 + ψk0 ) ∈ Tφk , per ogni k ∈ N.
2
10
1
Lemma 2.2 Posto φk (ϑ) = √ (ψ1 + eiϑ ψk ), allora, per ogni k ∈ N e per
2
ogni ϑ ∈ R, esiste yk (ϑ) ∈ {−1, +1} tale che
1
φ0k = √ (ψ10 + eiyk (ϑ)ϑ ψk0 ) ∈ Tφk (ϑ) .
2
Dimostrazione.
1
Fissati k e ϑ, se φ = √ (ψ1 + eiϑ ψk ), per il lemma precedente deve esistere
2
1
1
0
α ∈ R tale che φ = √ (ψ10 +eiα ψk0 ) ∈ Tφ . Se φk = √ (ψ1 +ψk ), dall’ipotesi
2
2
1
0
0
2.1 del teorema segue la relazione |hφk |φi| = |hφk |φ i|, con φ0k = √ (ψ10 +ψk0 ).
2
Allora, siccome
ϑ
ϑ
ϑ
ϑ
1
ei 2 −i ϑ
hφk |φi = (1 + eiϑ ) =
(e 2 + ei 2 ) = ei 2 cos
2
2
2
α
hφ0k |φ0 i
α
α
ei 2 −i α
α
1
(e 2 + ei 2 ) = ei 2 cos ,
= (1 + eiα ) =
2
2
2
l’uguaglianza |hφk |φi| = |hφ0k |φ0 i| implica che | cos ϑ2 | = | cos α2 |. La precedente equazione ammette soluzioni
ϑ
α
= nπ ± , per ogni n ∈ Z, cioè α = 2nπ ± ϑ.
2
2
Qiundi eiα = ei2nπ e±iϑ , ovvero yk (ϑ) ∈ {−1, +1}.
Lemma 2.3 Fissato k, sia ϑ0 = π6 , allora
1
√ (ψ10 + eiyk (ϑ0 )ϑ ψk0 ) ∈ Tφk (ϑ) , per ogni ϑ.
2
In altre parole la dipendenza di yk (ϑ) da ϑ può essere eliminata, cioè yk (ϑ) =
yk (ϑ0 ) = yk .
Dimostrazione.
1
Consideriamo φ0k (ϑ) = √ (ψ10 +eiyk ϑ ψk0 ) ∈ Tφk (ϑ) e supponiamo che yk (ϑ0 ) =
2
−1. Se yk (ϑ) = 1, quindi se yk (ϑ) 6= yk (ϑ0 ), si avrebbe
|hφk (ϑ) | φk (ϑ0 )i| = |hφ0k (ϑ) | φ0k (ϑ0 )i|
che implica
¯
¶¯ ¯
¶¯
µ
µ
¯
¯ ¯
¯
¯cos ϑ + ϑ0 ¯ = ¯cos ϑ − ϑ0 ¯ .
¯
¯
¯
¯
2
2
La precedente uguaglianza è verificata solo per ϑ = kπ, allora in questo caso
si ha einπ = e−inπ = eiyk (ϑ0 )nπ .
11
Lemma 2.4 Sia Ψ =
X
ck eiαk ψk tale che
k
• α1 = 0, c1 > 0,
• ck = |hψk | Ψi| = |hψk0 | Ψ0 i| ≥ 0,
•
X
|ck |2 = 1, ovvero k Ψ k= 1,
k
allora
X
ck eiyk αk ψk0 ∈ TΨ .
k
Dimostrazione.
1
Definiamo per ogni k il vettore ausiliario Φk (αk ) = √ (ψ1 + eiαk ψk ); allora
2
1
0
0
iyk αk 0
Φk (αk ) = √ (ψ1 + e
ψk ) ∈ TΦk (αk ) . Preso un vettore Ψ0 ∈ TΨ , si ha
2
Ψ0 =
X
hψk0 | Ψ0 iψk0 =
k
X
ck eiβk ψk0
k
poiché, nel raggio immagine, i coefficienti devono essere gli stessi a meno di
un fattore di fase, data, per ipotesi, l’uguaglianza dei moduli. Inoltre, dalla
condizione di simmetria di Wigner 2.1, si ha
|hΦk (αk ) | Ψi| = |hΦ0k (αk ) | Ψ0 i|
1
1
che implica la seguente uguaglianza √ |c1 + ck | = √ |c1 + ck e−i(yk αk −βk ) |.
2
2
Essendo c1 > 0, ck ≥ 0, l’uguaglianza è verificata quando e−i(yk αk −βk ) = 1.
Pertanto
e−i(yk αk −βk ) = ei2kπ , cioè eiβk = eiyk αk ;
dunque Ψ0 =
X
ck eiyk αk ψk0 ∈ TΨ .
k
Lemma 2.5 Il valore di yk , nella tesi del lemma precedente, è indipendente
da k e dipende soltanto dalla trasformazione di simmetria:
se yk = 1, per ogni k, la trasformazione è lineare (operatore unitario), altrimenti se yk = −1, per ogni k, la trasformazione è antilineare (operatore
antiunitario).
Dimostrazione.
Utilizziamo i vettori
1
Ψ0 = √ (ψ1 + ψj + ψk ) ∈ H,
3
1
Ψ00 = √ (ψ10 + ψj0 + ψk0 ) ∈ TΨ0 .
3
12
2
4
1
Sia Ψ = √ (ψ1 + ei 3 π ψj + ei 3 π ψk ), allora, per il lemma precedente,
3
2
4
1
Ψ0 = √ (ψ10 + eiyj 3 π ψj0 + eiyk 3 π ψk0 ) ∈ TΨ .
3
Dalla condizione 2.1 si ha
|hΨ0 | Ψi| = |hΨ00 | Ψ0 i|
2
2
4
4
1
1
da cui segue l’uguaglianza √ |1 + ei 3 π + ei 3 π | = √ |1 + eiyj 3 π + eiyk 3 π |.
3
3
2
4
2
2
Tuttavia |1 + ei 3 π + ei 3 π | = |1 + e−i 3 π + ei 3 π | = |1 + 2 cos( 23 π)| = 0, di
iyj 23 π
iyk 34 π
conseguenza dev’essere
¶ che |1µ+ e ¶ + ·e µ | = 0.¶
µ
¶¸
µ
4
2
4
2
Segue che cos yj π + cos yk π + i sin yj π + sin yk π = −1.
3 µ
µ
¶3
µ
¶3
µ
¶3
¶
2
4
4
2
Inoltre cos yj π +cos yk π = 2 cos yk π = −1, quindi sin yj π =
3
3
3
µ
¶3
4
− sin yk π . Quest’ultima uguaglianza vale solo se yj = yk , pertanto la
3
trasformazione di Wigner determina un unico valore yk ≡ y0 per ogni k.
Lemma 2.6 Sia Ψ =
X
ck eiαk ψk con
k
X
|ck |2 = 1 e ck ≥ 0, allora
k
X
ck eiy0 αk ψk0 ∈ TΨ .
k
Dimostrazione.
Se c1 > 0 la tesi segue dal lemmaX
2.4, allora basta dimostrare la tesi nel caso
in cui c1 = 0, cioè quando Ψ =
ck eiαk ψk . Ovviamente vale che Ψ ⊥ ψ1 ,
k>1
essendo ψk ⊥ ψ1 per k 6= 1. A partire da questo vettore definiamo il vettore
unitario


X
1
1 
Φ = √ (ψ1 + Ψ) = √
ψ1 +
ck eiαk ψk  .
2
2
ki1
Applichiamo il lemma 2.4 al vettore definito, allora


X
1
Φ0 = √ ψ10 +
ck eiyk αk ψk0  ∈ TΦ .
2
k>1
Consideriamo un vettore Ψ0 ∈ TΨ , la condizione 2.1 implica che
|hΨ | ψ1 i| = |hΨ0 | ψ10 i| = 0;
13
se ne deduce che Ψ0 ⊥ ψ10 . Valutiamo i moduli |hΨ | Φi| e |hΨ0 | Φ0 i|, i quali
devono coincidere per la condizione di simmetria:
¯
 ¯

¯
¯
X
¯
¯
1
iαk
¯


|hΨ | Φi| = ¯hΨ | √
ck e ψk i¯¯
ψ1 +
2
¯
¯
k>1
¯
¯
¯ 1
¯
1
= ¯¯ √ hΨ | ψ1 i + √ hΨ | Ψi¯¯
2
1
√ ;
2
=
2
¯

 ¯
¯
¯
X
¯
¯
1
|hΨ0 | Φ0 i| = ¯¯hΨ0 | √ ψ10 +
ck eiy0 αk ψk0 i¯¯
2
¯
¯
k>1
¯
¯
¯
¯
X
¯ 1
¯
1
0
0
0
iy0 αk 0 ¯
¯
= ¯ √ hΨ | ψ1 i + √ hΨ |
ck e
ψk i ¯
2
¯ 2
¯
k>1
¯
¯
¯
¯
¯
1 ¯¯ 0 X
iy0 αk 0 ¯
= √ ¯hΨ |
ck e
ψk i¯ .
2¯
¯
k>1
Ne segue che
¯
¯
°
°
¯
¯
°
°
X
¯ 0 X
¯
°
°
°
°
iy0 αk 0 ¯
0° °
iy0 αk 0 °
¯hΨ |
°
ck e
ψk i¯ = 1 = Ψ °
ck e
ψk ° .
¯
¯
¯
°k>1
°
k>1
Per il teorema sulla disuguaglianza di Schwartz
X
ck eiy0 αk ψk0 = eiλ Ψ0 ∈ TΨ .
k>1
Abbiamo dimostrato che, data una trasformazione δ : R(H) → R(H0 ) biunivoca e per la quale vale la condizione 2.1, per ogni base ortonormale
{ψk }k ⊆ H esiste una base ortonormale {ψk0 }k ⊆ H0 , con ψk0 ∈ Tψk , tale che
una delle seguenti condizioni sia verificata:
1. per ogni Ψ =
X
hψk | Ψiψk =
k
X
ck eiαk ψk allora
k
Ψ0 =
X
hψk | Ψiψk0 =
k
2. per ogni Ψ =
X
ck e−iαk ψk0 ∈ TΨ ;
k
hψk | Ψiψk =
X
ck eiαk ψk allora
k
k
Ψ0 =
X
X
X
k
k
hψk | Ψiψk0 =
14
ck eiαk ψk0 ∈ TΨ .
Allora la corrispondenza ψk → ψk0 ≡ U ψk ∈ Tψk si estende ad un operatore
unitario o antiunitario U tale che:
• UΨ =
X
hψk | Ψiψk0 ∈ TΨ , per ogni Ψ ∈ H, k Ψ k= 1, nel caso 1,
k
• UΨ =
X
hψk | Ψiψk0 ∈ TΨ , per ogni Ψ ∈ H, k Ψ k= 1, nel caso 2.
k
Per concludere la dimostrazione del teorema occorre dimostrare l’unicità, a
meno di un fattore di fase, dell’operatore U .
Lemma 2.7 L’operatore, unitario o antiunitario, U : H → H0 è unico a
meno di un fattore di fase.
Dimostrazione.
Sia V : H → H0 un operatore, unitario o antiunitario, tale che V Ψ ∈ TΨ , per
ogni Ψ ∈ H unitario, allora V ψk = eiγk ψk0 . Definiamo il vettore ausiliario
1
Φjk = √ (ψj + ψk ), allora
2
1
V Φjk = √ (eiγj ψj0 + eiγk ψk0 ) ∈ TΦjk .
2
Tuttavia
1
√ (ψj0 + ψk0 ) = U Φjk ∈ TΦjk ,
2
allora esiste α ∈ R tale che eiα U Φjk = V Φjk . Dunque
1
1
eiα √ (ψj0 + ψk0 ) = √ (eiγj ψj0 + eiγk ψk0 ),
2
2
cioè eiγj = eiγk . In definitiva V ψj = eiα U ψj , per ogni j, ovvero V Ψ =
eiα U Ψ, per ogni Ψ ∈ H.
Osservazione 2.3 Wigner dimostrò che ogni corrispondenza biunivoca di
raggi f ↔ f 0 può essere estesa ad una corrispondenza biunivoca di vettori
f ↔ f 0 ≡ U f ; U si dice essere un’estensione continua della corrispondenza di
raggi, se trasforma ogni rappresentante di un raggio f in un rappresentante
del raggio corrispondente f 0 . La corrispondenza di raggi, inoltre, determina
l’operatore U , unitario o antiunitario, univocamente a meno di un fattore di
fase (si definisce il raggio di operatori U). Viceversa ogni operatore unitario
o antiunitario, determina univocamente una corrispondenza di raggi.
15
2.2
Trasformazioni di simmetria
Sia G il gruppo di Galilei. La trasformazione g ∈ G corrisponde ad una
trasformazione nel formalismo quantistico. In altre parole la trasformazione
g determina due applicazioni
S1g : S(H) → S(H) S2g : Ω(H) → Ω(H)
che trasformano operatori densità in operatori densità e operatori autoaggiunti in operatori autoaggiunti, rispettivamente. Allora, dato uno stato
quantistico ρ ∈ S(H), lo stato trasformato g ρ = S1g (ρ) è interpretato come lo
stato del sistema preparato da un apparato, ottenuto trasformando secondo
g, l’intera procedura che prepara il sistema nello stato ρ. In questo modo stiamo interpretando in senso attivo la trasformazione g. Nel caso delle osservabili g A = S2g (A) è l’osservabile misurata tramite l’apparato di misurazione
di A che ha subito la trasformazione g. L’interpretazione data implica la
biettività delle due applicazioni. Inoltre, dal momento che una misurazione
dell’osservabile f (A) consiste nell’applicare la funzione f al risultato di una
misurazione di A, deve valere la condizione f (S2g (A)) = S2g (f (A)).
Infine, osserviamo che se una trasformazione possiede il carattere di simmetria allora non modifica le condizioni fisiche del sistema; ciò si traduce
matematicamente in una proprietà che caratterizza le trasformazioni di
simmetria. Diamo perciò la seguente definizione.
Definizione 2.4 Siano S1 : S(H) → S(H) e S2 : Ω(H) → Ω(H) applicazioni biunivoche, per le quali valgono le proprietà che seguono.
1. Per ogni funzione numerica f il risultato della trasformazione di f (A)
tramite S2 è identico a quello che si ottiene trasformando dapprima
A e applicando poi f . Questa condizione si traduce nella seguente
proprietà
f (S2 (A)) = S2 (f (A)).
(2.2)
2. Per ogni ρ ∈ S(H) e A ∈ Ω(H) per cui ρA è di classe traccia,
T r(ρA) = T r(S1 (ρ)S2 (A)).
(2.3)
Allora la coppia (S1 , S2 ) è una trasformazione di simmetria quantistica.
Chiariamo il concetto introdotto con un esempio.
Esempio 2.1 Per un sistema fisico isolato una traslazione spaziale è una
trasformazione di simmetria. La traslazione, interpretata in senso attivo,
consiste nello spostamento di ogni entità fisica che viene traslata di un certo
vettore a fissato. Ciò comporta una trasformazione sugli stati e sulle osservabili. Infatti se un’osservabile è misurata con un certo apparato, quello
16
traslato misurerà un’altra osservabile. Le trasformazioni inoltre sono biunivoche poichè la traslazione individuata dal vettore −a permette di riottenere lo stato e l’osservabile di partenza. Pertanto ad una traslazione
corrisponde una coppia di trasformazioni biunivoche. In questo processo
i valori d’aspettazione restano uguali se sia l’apparato di misurazione che
la procedura di selezione dello stato quantistico sono traslati; pertanto, a
seguito della trasformazione, si è creata una situazione fisica indistinguibile
dalla precedente. Dunque l’invarianza del valore d’aspettazione caratterizza
la “simmetria” della trasformazione. Anche la rotazione di un certo angolo
attorno ad un asse fissato è una trasformazione di simmetria.
Il teorema di Wigner permette di rappresentare le simmetrie del sistema
poiché le trasformazioni di Wigner sono strettamente legate alle trasformazioni di simmetria quantistiche. In particolare, il teorema che segue ci
permette di affermare che ogni trasformazione di Wigner si estende a, ed è
la restrizione di, una trasformazione di simmetria quantistica.
Teorema 2.4 Una trasformazione di simmetria quantistica (S1 , S2 ) è ricostruibile dall’applicazione S1 , la cui restrizione a Π1 (H) ⊆ S(H) è una
trasformazione di Wigner.
Dimostrazione.
Nel dimostrare che la restrizione di S1 è una trasformazione di Wigner procediamo per passi.
P.1: Consideriamo la restrizione di S1 a Π1 (H), allora S1 (P ) ∈ Π1 (H), se
P ∈ Π1 (H). Mostriamo che
S1 (λ1 ρ1 + λ2 ρ2 ) = λ1 S1 (ρ1 ) + λ2 S2 (ρ2 ),
cioè S1 trasforma stati puri in stati puri.
Sia ρ = λ1 ρ1 + λ2 ρ2 , sfruttando la linearità della traccia si ha:
T r(ρA) = λ1 T r(ρ1 A) + λ2 T r(ρ2 A)
= λ1 T r(S1 (ρ1 )S2 (A)) + λ2 T r(S1 (ρ2 )S2 (A))
= T r[(λ1 S1 (ρ1 ) + λ2 S1 (ρ2 ))S2 (A)]
per ogni A ∈ Ω(H). Allora, posto B = S2 (A), la relazione è vera per ogni
B ∈ Ω(H), in particolare scegliamo B ∈ Π1 (H). Di conseguenza, essendo
T r(ρA) = T r(S1 (ρ)S2 (A)), vale che
hψ | S1 (ρ) | ψi = hψ | S1 (ρ) | λ1 S1 (ρ1 ) + λ2 S1 (ρ2 )ψi,
per ogni ψ ∈ H, da cui la tesi.
P.2: Consideriamo la restrizione di S2 a Π(H), allora S2 (E) ∈ Π(H), se
17
E ∈ Π(H).
Infatti, considerata la funzione quadrato f , per la 2.2,
S22 (E) = f (S2 (E)) = S2 (E 2 ) = S2 (E),
quindi S2 (E) è idempotente; pertanto la famiglia dei proiettori ortogonali è
invariante sotto trasformazioni di simmetria.
P.3: Dati P ∈ Π1 (H), E ∈ Π(H), allora P ≤ E se e solo se S1 (P ) ≤ S2 (E).
Se P ≤ E allora T r(P E) = T r(P ) = 1. Viceversa sia P =| ϕihϕ | e
1 = T r(P E) = hϕ | Eϕi = hϕ | ϕi, allora
0 = hϕ | (I − E) | ϕi = h(I − E) | ϕ | (I − E) | ϕi =k ϕ − Eϕ k2 ,
ovvero Eϕ = ϕ; quindi ϕ ∈ E(H) (ϕ sta nel sottospazio su cui proietta E,
allora P ≤ E).
Inoltre, per la 2.3, T r(P E) = T r(S1 (P )S2 (E)) = 1 allora S1 (P ) ≤ S2 (E).
In definitiva P ≤ E se e solo se S1 (P ) ≤ S2 (E).
P.4: Se P1 ⊥ P2 allora S1 (P1 ) ⊥ S1 (P2 ).
Se P1 ⊥ P2 , vale che 0 = T r(P1 P2 ) = T r(S1 (P1 )S2 (P2 )), di conseguenza
S1 (P1 ) ⊥ S2 (P2 ), poiché S1 (P1 )S2 (P2 ) = 0.
Banalmente è vero che P2 ≤ P2 allora da P.3 segue che S1 (P2 ) ≤ S2 (P2 ).
Dunque S1 (P1 )S1 (P2 ) = S1 (P1 )S2 (P2 )S1 (P2 ) = 0.
P
P.5: Dimostriamo che S2 (E) = j S1 (Pj ).
P
Se E ∈ Π(H) allora E = j Pj , dove Pj ∈ Π1 (H) e Pj ⊥ Pk per j 6= k:
consideriamo M = E(H), cioè il sottospazio su cui proietta E, indicando
con {vj }j una base ortonormale di M si ha che Pj =| vj ihvj |. Sappiamo
che:
1. Se Pj ⊥ Pk allora S1 (Pj ) ⊥ S1 (Pk );
2. Se Pj ≤ E allora S1 (Pj ) ≤ S2 (E).
P
Da (1) e (2) segue che j S1 (Pj ) ≤ S2 (E). Supponiamo per assurdo che
P
j S1 (Pj ) < S2 (E). In tal caso esiste Q0 ∈ Π1 (H) tale che Q0 ≤ S2 (E) e
Q0 ⊥ S1 (Pj ), per ogni j. Poiché S1 è invertibile esiste P0 ∈ Π1 (H) tale che
Q0 = S1 (P0 ). Dai passi precedenti dev’essere P0 ≤ E e P0 ⊥ Pj , per ogni j;
P
ma allora P0 ⊥ j Pj = E. Giungiamo cosı́ ad una contraddizione.
P
Dunque S2 (E) = j S1 (Pj ) e ovviamente S1 (ρ) = S2 (ρ), per ogni ρ ∈
Π1 (H) ⊆ S(H). Possiamo concludere dicendo che S1 : Π1 (H) → Π1 (H) è
una trasformazione di Wigner poiché
T r(ρ1 ρ2 ) = T r(S1 (ρ1 )S2 (ρ2 )) = T r(S1 (ρ1 )S1 (ρ2 )).
Avendo dimostrato che la restrizione di S1 è una trasformazione di Wigner,
possiamo applicare il teorema di Wigner. Pertanto esiste un operatore U ,
unitario o antiunitario, tale che:
18
• S1 (ρ) = U ρU ∗ = S1U (ρ),
• S2 (E) =
P
j
S1 (Pj ) =
P
U Pj U ∗ = U EU ∗ = S2U (E).
j
Nota 2.4 Le considerazioni fatte in nota 2.2 si estendono al caso di proiettori di rango qualsiasi e dunque agli operatori autoaggiunti di H, poiché:
P
P
1. se E ∈ Π(H) allora E = j Pj = j | ψj ihψj |.
P
P
Di conseguenza S2 (E) = U ( j | ψj ihψj |)U ∗ = j U | ψj ihψj | U ∗ ≡
P
j | U ψj ihU ψj |;
2. se A ∈ Ω(H) allora A =
R
λdEλA . La risoluzione dell’identità
{EλA }λ è
Z
λd[S2 (EλA )].
costituita da proiettori ortogonali pertanto S2 (A) =
È possibile estendere facilmente agli spazi S(H) e Ω(H) le trasformazioni
S1U e S2U , rispettivamente.
Dimostrazione.
P
i Sia ρ ∈ S(H) allora ρ = n µn ρn , dove ρn ∈ Π1 (H). Sapendo che S1
preserva l’operazione di combinazione convessa,
S1 (ρ) =
X
µn S1 (ρn ) =
X
n
∗
µn U ρn U = U
n
Ã
X
!
µn ρn U ∗ = U ρU ∗ .
n
ii Mostriamo innanzitutto che S2 (aA+bB) = aS2 (A)+bS2 (B), sfruttando, analogamente a quanto fatto per gli operatori densità, la linearità
della traccia:
T r(ρ(aA + bB)) = aT r(ρA) + bT r(ρB)
= aT r(S1 (ρ)S2 (A)) + bT r(S1 (ρ)S2 (B))
= T r[S1 (ρ)(aS2 (A) + bS2 (B))]
= T r[S1 (ρ)S2 (aA + bB)]
per ogni ρ ∈ S(H); in particolare, scelto S1 (ρ) ∈ Π1 (H), si ha
hϕ | aS2 (A) + bS2 (B) | ϕi = hϕ | S2 (aA + bB) | ϕi,
per ogni ϕ ∈ H, da cui la tesi.
Ora, sappiamo che se A ∈ Ω(H),
Z
A=
λdEλA = lim
kπk→0
X
b j (E A − E A ) = lim
λ
λj+1
λj
X
kπk→0
j
P
P
b j Pj ) =
b
dove Pj ∈ Π(H). Allora S2 ( j λ
j λj S2 (Pj ) =
P b
U ( j λj Pj )U ∗ , passando al limite, S2 (A) = U AU ∗ .
19
b j Pj ,
λ
j
P b
∗
j λj U Pj U =
Dunque, data (S1 , S2 ) trasformazione di simmetria quantistica, essa coincide
con la coppia (S1U , S2U ). Con una semplice verifica, vediamo che le proprietà che definiscono una trasformazione di simmetria sono soddisfatte dalla
coppia (S1U , S2U ). L’invarianza della traccia segue banalmente, essendo U un
operatore unitario o antiunitario. Dobbiamo verificare che
S2U (f (A)) = f (S2U (A)),
per ogni f funzione numerica. Se {Eλ } è una risoluzione dell’identità al∗ , è ancora una risoluzione dell’identità; inoltre
lora {Fλ }, con Fλ = U Eλ U·Z
¸
Z
S2U (f (A)) = U f (A)U ∗ = U
D’altra parte
2.3
f (S2U (A))
f (λ)dEλ U ∗ =
·Z
∗
= f [U (λdEλ )U ] = f
f (λ)dFλ .
¸
λdFλ =
Z
f (λ)dFλ .
Rappresentazioni proiettive
In questa sezione faremo vedere che una delle applicazioni più importanti
del teorema di Wigner è che ad ogni gruppo di trasformazioni di simmetria
G corrisponde una rappresentazione proiettiva. Perciò introduciamone il
concetto.
Definizione 2.5 Siano G un gruppo con elemento neutro e, H uno spazio
di Hillbert complesso e separabile; allora una rappresentazione proiettiva (o
σ-rappresentazione) di G su H è un’applicazione G 3 g → Ug , dove Ug è un
operatore unitario o antiunitario di H tale che:
Ue = I
Ug1 g2
= σ(g1 , g2 )Ug1 Ug2
(2.4)
(2.5)
per ogni g1 , g2 ∈ G, e σ(g1 , g2 ) ∈ C, |σ(g1 , g2 )| = 1.
Nota 2.5 Nel caso in cui σ(g1 , g2 ) = 1, per ogni g1 , g2 ∈ G, la rappresentazione proiettiva è una rappresentazione lineare del gruppo, ovvero
l’applicazione G 3 g → Ug è un omomorfismo.
Indichiamo con U(H) l’insieme di tutti gli operatori unitari di H.
Definizione 2.6 La rappresentazione proiettiva è detta unitaria se, per
ogni g ∈ G, Ug ∈ U(H).
Proposizione 2.1 Siano H uno spazio di Hilbert complesso e separabile e
G un gruppo di simmetria; se ogni trasformazione g ∈ G è il prodotto di un
numero finito di trasformazioni g1 , g2 , . . . gn ∈ G che ammettono una radice
quadrata, ovvero esiste pk ∈ G tale che gk = pk pk , per ogni k = 1 . . . n,
allora gli operatori Ug sono unitari.
20
Dimostrazione.
Il prodotto Upk Upk è un operatore lineare anche quando Upk è antilineare;
inoltre vale la relazione
Ugk = σ(pk , pk )Upk Upk ,
allora Ugk è lineare, quindi l’operatore Ug = Ug1 g2 ...gn è unitario.
Proposizione 2.2 Il fattore di fase nella rappresentazione proiettiva G 3
g → Ug , tale che Ug1 Ug2 = ω(g1 , g2 )Ug1 g2 , si può esprimere in termini di una
funzione reale f , ovvero
ω(g1 , g2 ) = eif (g1 ,g2 ) .
Servendoci dei risultati ottenuti nella sezione precedente, stabiliamo l’esistenza di una rappresentazione proiettiva per un gruppo di trasformazioni
di simmetria. Sia G un gruppo di trasformazioni di simmetria per un certo sistema fisico, ad ogni elemento g ∈ G corrisponde la coppia (S1 , S2 ) di
trasformazioni, relative rispettivamente, agli stati quantistici e agli operatori
associati alle osservabili; si tratta cioè, di una trasformazione di simmetria
quantistica. Pertanto esiste una corrispondenza g → (S1g , S2g ). Osserviamo
che la trasformazione relativa a g1 g2 si può decomporre in due passi, ovvero
Sig1 g2 = Sig1 (Sig2 ),
per i = 1, 2. Stabilita la relazione tra trasformazione di simmetria quantistica e trasformazione di Wigner, per il teorema 2.1, esiste un operatore unitario o antiunitario Ug , per ogni g ∈ G, tale che S1g (ρ) = U ρU ∗
e S2g (A) = U AU ∗ . Allora, per ogni ρ ∈ S(H), A ∈ Ω(H), si ha
g1 g2 → S1g1 g2 (ρ) = S1g1 (S1g2 (ρ)) = Ug1 Ug2 ρUg∗1 Ug∗2 ,
g1 g2 → S2g1 g2 (A) = S2g1 (S2g2 (A)) = Ug1 Ug2 AUg∗1 Ug∗2 .
Per ogni trasformazione g ∈ G il teorema di Wigner 2.1 determina l’esistenza, non di un operatore, bensı̀ di una classe di operatori; in tal caso dev’essere
che [Ug1 Ug2 ] = [Ug1 g2 ], ovvero Ug1 g2 = σ(g1 , g2 )Ug1 Ug2 , dove σ(g1 , g2 ) è un
fattore di fase. Praticamente Ug1 g2 e Ug1 Ug2 inducono la stessa trasformazione in quanto appartenenti alla stessa classe.
Inoltre se g = e, Ue = I, infatti: Ue Ug = eiα(g) Ug , allora Ue = eiα(g) I;
possiamo scegliere il fattore di fase eiα(g) pari a uno, altrimenti è sempre possibile considerare la rappresentazione g → Vg = e−iα(g) Ug , dove
Ve = e−iα(g) eiα(g) I = I.
Concludiamo affermando che G 3 g → Ug è una rappresentazione proiettiva
poiché sono soddisfatte le condizioni 2.4 e 2.5.
21
È di particolare interesse affrontare il caso in cui G è un gruppo ad un
parametro reale additivo, infatti in tal caso Ug ∈ U(H), per ogni g ∈ G;
perciò una rappresentazione proiettiva di G sarà unitaria.
Verifica:
Se G è un gruppo ad un parametro reale additivo allora g(x) ∈ G è la
trasformazione relativa al valore del parametro x ∈ R. Inoltre per ogni
x, y ∈ R vale che g(x+y) = g(x)g(y). Sia G 3 g → Ug una rappresentazione
proiettiva del gruppo allora
µ
Ug(x) ≡ U (x) = U
x x
+
2
2
¶
µ
¶
µ ¶
x x
x
=σ
,
U2
.
2 2
2
Sappiamo che se U è unitario o antiunitario, il suo quadrato è un operatore
unitario. Ne deduciamo che
g(x) ≡ x → U (x) ≡ Ug(x)
è una rappresentazione proiettiva unitaria.
Dunque ogni rappresentazione proiettiva unitariamente isomorfa a una rappresentazione proiettiva della retta reale (R, +) è unitaria. Per una rappresentazione proiettiva di questo tipo il teorema di Stone fornisce un importante risultato. Si dimostra infatti che in ogni classe di equivalenza è
possibile scegliere un operatore unitario in modo che la rappresentazione
proiettiva sia una rappresentazione lineare.
Definizione 2.7 In uno spazio di Hilbert H una rappresentazione proiettiva
R ∈ x → U (x) ∈ U(H) di (R, +) si dice differenziabile se esiste una varietà
lineare D, densa in H, per cui esiste il limite
d
U (x + ∆x) − U (x)
ψ≡
U (x)ψ,
∆x→0
∆x
dx
lim
per ogni ψ ∈ D. D è detto dominio di differenziabilità.
Nota 2.6 In questa trattazione assumeremo la differenziabilità della rappresentazione proiettiva x → U (x); in realtà questa proprietà vale sotto
alcune condizioni generali. Pertanto daremo una dimostrazione euristica del
lemma che segue. Per una trattazione più dettagliata e matematicamente
rigorosa si faccia riferimento a [11].
Lemma 2.8 Se x → U (x) è una rappresentazione proiettiva di (R, +),
differenziabile su D, allora l’operatore B : D → H tale che
Bψ =
d
U (x)ψ
dx |x=0
è un operatore lineare antihermitiano.
22
Dimostrazione.
Essendo U (x) differenziabile possiamo scrivere lo sviluppo:
U (∆x) = U (0) + B∆x + o(∆x);
U è unitario allora U −1 (∆x) = U ∗ (∆x) ed inoltre U (0) = I. Quindi I =
(I + B∆x + o(∆x))∗ + (I + B∆x + o(∆x)) = I + (B + B ∗ )∆x + o(∆x).
Affinché l’identità sia verificata deve annullarsi il coefficiente dello sviluppo
di ordine superiore a zero, perciò B + B ∗ = 0, ovvero B = −B ∗ .
Ora possiamo formulare il teorema di Stone.
Teorema 2.5 Sia x → U (x) una rappresentazione proiettiva di un gruppo
ad un parametro reale additivo, differenziabile. Allora esiste un operatore
A = A∗ e φ(x) ∈ C con |φ(x)| = 1, tale che, posto V (x) = φ(x)U (x), si ha:
1. V 0 (x) = iAV (x),
2. V (x) = eiAx ,
3. x → V (x) è una rappresentazione lineare.
Dimostrazione.
Sia B l’operatore introdotto nel lemma precedente, definiamo A = −iB;
allora A = A∗ e U 0 (0) = iA. Trattandosi di una rappresentazione proiettiva
si ha U (x)U (y) = ω(x, y)U (x+y). Deriviamo rispetto a x entrambi i membri
dell’equazione, allora
U 0 (x)U (y) = i
∂f
(x, y)eif (x,y) U (x + y) + ω(x, y)U 0 (x + y)
∂x
che per x = 0 diventa
U 0 (0)U (y) = i
Poniamo g(y) =
∂f
(0, y)eif (0,y) U (y) + ω(0, y)U 0 (y).
∂x
(2.6)
∂f
(0, y), sostituendo nella relazione 2.6 si ottiene
∂x
iAU (y) = ig(y)U (y) + U 0 (y)
essendo ω(0, y) = 1. Abbiamo cosı̀ ottenuto U 0 (y) = i(A − g(y))U (y).
Definiamo
Ry
φ(y) = ei 0 g(x)dx e V (y) = φ(y)U (y);
derivando si ottiene
V 0 (y) = φ0 (y)U (y) + φ(y)U 0 (y).
23
(2.7)
Sostituendo l’espressione determinata per U 0 (y) in 2.7 otteniamo
V 0 (y) = iφ(y)AU (y) = iAV (y).
Chiaramente V (0) = I, perciò mostriamo che V (x) = eiAx :
d
−iAx V (x)) = −iAe−iAx V (x) + e−iAx iAV (x) = 0, dunque
dx (e
e−iAx V (x) = λI
(λ ∈ R);
tuttavia, essendo V (0) = I, dev’essere
che λ = Z1 da cui V (x) = eiAx .
Z
Infine V (x + y) = eiA(x+y) =
Z
eiλ(x+y) dEλA =
eiλ(x) eiλ(y) dEλA =
fx (λ)fy (λ)dEλA = fx (A)fy (A) = eiAx eiAy = V (x)V (y).
24
Capitolo 3
Rappresentazioni proiettive
del gruppo di Galilei
I risultati ottenuti nel capitolo precedente vengono applicati nel caso specifico in cui il gruppo di trasformazioni esistente nel sistema fisico sia il gruppo
di Galilei ; tale gruppo costituisce un gruppo di simmetria per un sistema
isolato. Pertanto l’esistenza di una rappresentazione proiettiva di questo
gruppo è garantita per il teorema di Wigner. Inoltre, utilizzando il teorema
di Stone, mostreremo come la rappresentazione assume una forma particolare. Essa infatti è completamente determinata da nove operatori detti
generatori hermitiani della rappresentazione. Tali generatori, o meglio, le
relazioni di commutazione che questi soddisfano, avranno una forte rilevanza
nello sviluppo della teoria quantistica di una particella libera e localizzabile.
3.1
Generatori hermitiani
Definizione 3.1 Il gruppo di Galilei G è il gruppo delle trasformazioni g ognuna delle quali è composizione di una traslazione spaziale, di una rotazione
spaziale e di un boost, ovvero
g = ga gR gu = gax gay gaz Rαx Rβy Rγz gux guy guz ,
dove:
• ax , ay , az sono i parametri delle traslazioni;
• α, β, γ sono gli angoli di rotazione;
• ux , uy , uz sono i parametri dei boost.
Osservazione 3.1 Una generica rotazione può essere decomposta come
prodotto di tre rotazioni proprie di angoli α, β, γ attorno agli assi x, y, z
rispettivamente. Una decomposizione siffatta è unica per costruzione ammesso che α, β, γ ∈ [0, π2 ).
25
Per definizione ogni g ∈ G è composizione di tre trasformazioni di simmetria
(traslazione spaziale, rotazione, boost), ciascuna delle quali è ulteriormente
decomponibile in tre trasformazioni elementari. Utilizziamo la forma
g = h1 (x1 )h2 (x2 )h3 (x3 )h4 (x4 )h5 (x5 )h6 (x6 )h7 (x7 )h8 (x8 )h9 (x9 )
in cui ciascun hj (xj ) è la trasformazione relativa al parametro xj ∈ R,
appartenente a Hj ⊆ G, con Hj sottogruppo ad un parametro reale additivo
(ovviamente si tratta dei sottogruppi delle traslazioni per j = 1, 2, 3, delle
rotazioni per j = 4, 5, 6 e dei boost per j = 7, 8, 9, relativamente agli assi
x, y, z). Valgono le seguenti:
hj (0) = e ∈ Hj
hj (xj + yj ) = hj (xj )hj (yj ).
Per il teorema di Wigner, per ogni hj (xj ) ∈ Hj esiste un operatore unitario
Uhj (xj ) tale che hj (xj ) → Uhj (xj ) è una rappresentazione proiettiva di Hj ,
ovvero
Uhj (0) = Ue = I
Uhj (xj +yj ) = σ(xj , yj )Uhj (xj ) Uhj (yj ) .
Facciamo la seguente identificazione: hj (xj ) ≡ xj → Uxj ≡ Uhj (xj ) , per ogni
j; dunque xj → Uxj è una rappresentazione unitariamente isomorfa a una
rappresentazione di (R, +). Possiamo perciò affermare che
G 3 g → Ug = Uh1 (x1 ) Uh2 (x2 ) Uh3 (x3 ) Uh4 (x4 ) Uh5 (x5 ) Uh6 (x6 ) Uh7 (x7 ) Uh8 (x8 ) Uh9 (x9 )
è una rappresentazione proiettiva unitaria di G. Moltiplicando ciascun fattore Uhj (xj ) per un opportuno fattore di fase, non si altera la trasformazione
quantistica; di conseguenza, per il teorema di Stone, la rappresentazione
assumerà la seguente forma:
g → Ug = eiA1 x1 eiA2 x2 eiA3 x3 eiA4 x4 eiA5 x5 eiA6 x6 eiA7 x7 eiA8 x8 eiA9 x9 ,
dove Aj = A∗j per ogni j = 1, 2 . . . 9.
Abbiamo determinato una rappresentazione proiettiva unitaria di G caratterizzata da nove generatori hermitiani Aj .
3.2
Gruppi e algebre di Lie
Richiamiamo, brevemente, alcuni elementi della teoria dei gruppi e delle
algebre di Lie, poichè G è un gruppo di Lie. Questo ci permette di utilizzare
alcuni risultati validi nella teoria dei gruppi di Lie per determinare le regole
di commutazione tra i generatori hermitiani.
26
Definizione 3.2 Un gruppo topologico e separabile G, in cui il prodotto
di h e g è indicato da hg, con e elemento neutro, ammette un sistema di
coordinate se esiste un intorno U di e ed un omeomorfismo ϕ da U in un
intorno aperto V dello zero di uno spazio vettoriale reale, tale che:
1. e → ϕ(e) = 0,



2. U 3 g → ϕ(g) = x = 


x1
x2
..
.



 ∈ V.


xr
La proprietà 2 ci dice che ad ogni elemento di U viene associata una r-upla
di coordinate.
Per effetto della biettività di ϕ e della continuità delle operazioni di gruppo,
è possibile riprodurre la stessa struttura algebrica di gruppo localmente sullo
spazio delle coordinate. Infatti esiste un intorno N ⊆ U tale che per ogni
a, b ∈ N si ha ab ∈ U; allora esiste W ⊆ V tale che z = xy = ϕ(ab) ∈ V, per
ogni x, y ∈ W.
Le coordinate del prodotto sono individuate da r funzioni delle coordinate
di x e y, ovvero zj = fj (x1 , . . . , xr ; y1 , . . . , yr ), per ogni j = 1 . . . r.
Definizione 3.3 Se le funzioni fj sono analitiche per ogni j = 1 . . . r allora
il gruppo G è detto gruppo di Lie locale.
Dato un gruppo di Lie locale G, le funzioni fj possono essere sviluppate in
serie di Taylor, permettendo cosı̀ di ottenere la struttura dell’operazione di
prodotto e di inversione del gruppo G, rispetto al sistema di coordinate.
Verifica:
Lo sviluppo delle fi , arrestato al secondo ordine, è il seguente
fi (x, y) = xi + yi + aijk xj yk + oi (k (x, y) k2 ), dove aijk =
∂ 2 fi
(0, 0).
∂xj ∂yk
Ne deduciamo immediatamente l’abelianità del prodotto al primo ordine.
Dunque la struttura del prodotto, al secondo ordine, è determinata dalle
costanti aijk . La stessa conclusione vale per l’inversione. Dato x ∈ V, l’inverso y, tale che yi = gi (x), soddisfa l’equazione xy = 0, ovvero fi (x1 . . . xr ; y1 . . . yr ) =
0, per ogni i = 1 . . . r. Per il teorema del Dini le funzioni gi sono di classe
C ∞ , allora possono essere sviluppate fino al secondo ordine, ottenenendo
i
i
2
yi = (x)−1
i = gi (x) = −xi + ajk xj xk + o (k x k ).
Quindi le costanti aijk determinano completamente la struttura del gruppo.
27
Introduciamo, nel gruppo di Lie, la particolare operazione
q(x, y) = (xy)(x−1 y−1 );
q è detto commutatore. Sviluppando al secondo ordine e utilizzando i risultati ottenuti circa la struttura delle operazioni, abbiamo che
qi (x, y) = cijk xj yk + oi (k (x, y) k2 ),
dove cijk = aijk − aikj sono dette costanti di struttura del gruppo di Lie locale.
Nota 3.1 Dato un gruppo di Lie locale G si possono considerare, nell’intorno V ⊆ Rr , le curve differenziabili passanti per l’origine.
Definizione 3.4 Si definisce spazio tangente del gruppo di Lie locale G,
l’insieme di tutti i vettori tangenti a cammini passanti per l’origine e differenziabili nell’origine,
½
LG = a =
¾
d
x(t) : x(0) = 0 e x(t) differenziabile nell’intorno di t = 0 .
dt |t=0
Osservazione 3.2 LG possiede la struttura dello spazio vettoriale reale
Rr che ospita l’intorno V. Inoltre le operazioni di spazio vettoriale possono
essere interpretate in termini di operazioni di gruppo. Considerati a, b ∈ LG
tali che a = x0 (0) e b = y0 (0), allora
d
[x(t)y(t)],
dt |t=0
LG 3 a + b =
ovvero la somma di due vettori tangenti è il vettore tangente al cammino
che si ottiene come prodotto di Lie di due cammini. Infine se λ ∈ R, allora
λa =
d
[x(λt)].
dt |t=0
Nota 3.2 Ad ogni gruppo di Lie è possibile associare una struttura algebrica; richiamiamo il concetto di algebra.
Definizione 3.5 Uno spazio vettoriale S su un corpo K è un’algebra se
esiste un’operazione q : S × S → S per cui valgono le seguenti proprietà:
1. q(a, b + c) = q(a, b) + q(a, c)
2. q(a + b, c) = q(a, c) + q(b, c)
3. q(λa, b) = λq(a, b) = q(a, λb)
per ogni λ ∈ K e per ogni a, b, c ∈ S.
28
Definizione 3.6 Un’algebra sul campo R è detta algebra di Lie reale se
l’operazione q soddisfa le seguenti proprietà:
1. q(a, q(b + c)) + q(b, q(c, a)) + q(c, q(a, b)) = 0 (identità di Jacobi)
2. q(a, a) = 0 (nilpotenza).
Vediamo ora come si realizza l’associazione di un’algebra di Lie reale ad
un gruppo di Lie locale, individuandone le costanti di struttura. Inoltre
l’algebra sarà definita sullo spazio tangente del gruppo.
Dimostrazione.
Partiamo con il considerare due cammini differenziabili nell’origine x(t) e
y(t), tali che a = x0 (0) e b = y0 (0), allora
√
√
√
√
√
√
q(x( t), y( t)) = [x( t)y( t)][x−1 ( t)y−1 ( t)]
è ancora un cammino differenziabile nell’origine. In particolare si ha
√
√
qi (x( t), y( t)) = cijk aj bk t + oi (t).
√
√
Allora qi0 (x( t), y( t))|t=0 = cijk aj bk . Perciò, dati a, b ∈ LG, definiamo la
seguente operazione:
[a, b] = q 0 (0), cioè [a, b]i = cijk aj bk .
Questo prodotto soddisfa l’identità di Jacobi e la nilpotenza. È cosı̀ definita
un’algebra di Lie, sullo spazio tangente, rispetto al commutatore introdotto.
3.3
Regole di commutazione tra i generatori
Utilizzando la teoria dei gruppi di Lie, è possibile determinare una regola di
commutazione generale per i generatori hermitiani del gruppo di Galilei.
Dimostrazione.
Consideriamo il cammino differenziabile in t = 0, hj (t), con hij (t) = δij t
(componente i-esima), che percorre il sottogruppo Hj ⊆ G (hj (t) è la trasformazione appartenente al sottogruppo Hj , individuata dal valore t del parametro).
Per la√teoria √
dei gruppi di Lie sappiamo che le coordinate del commutatore
q(hj ( t), hk ( t)) sono differenziabili in t = 0; inoltre
√
√
i
(t)
qi (hj ( t), hk ( t)) = cijk t + oi (t) = σjk
d
i
σjk
(t).
dt |t=0 √
√
√
√
√
√
Sapendo che q(hj ( t), hk ( t)) = hj ( t)hk ( t)hj ( −t)hk ( −t), vale la
seguente uguaglianza
√
√
√
√
1
2
9
hj ( t)hk ( t)hj ( −t)hk ( −t) = h1 (σjk
(t))h2 (σjk
(t)) . . . h9 (σjk
(t)),
allora cijk =
29
che in termini di rappresentazione proiettiva, si esprime nella relazione:
1
2
9
eiα(t) [eiA1 σjk (t) eiA2 σjk (t) . . . eiA9 σjk (t) ] = eiAj
√
√
√
√
t iAk t −iAj t −iAk t
e
e
e
. (3.1)
Il secondo membro di 3.1 ammette il seguente sviluppo arrestato al primo
ordine:
√ 1
√ 1
√ 1
√ 1
(I+iAj t− A2j t)(I+iAk t− A2k t)(I−iAj t− A2j t)(I−iAk t− A2k t)+o(t);
2
2
2
2
√
eseguendo i prodotti si ottiene I + [Ak , Aj ]t + o(t), ovvero i termini in t si
elidono, perciò si ha la differenziabilità del secondo membro dell’equazione
3.1 e dunque esiste α0 (0) = α ∈ R. Quindi al primo ordine vale la seguente
relazione
I+[Ak , Aj ]t+o1 (t) = (I+iαt)(I+iA1 c1jk t)(I+iA2 c2jk t) . . . (I+iA9 c9jk t)+o2 (t).
Infine, sviluppando i calcoli e uguagliando i coefficienti in t, si ottiene il
seguente risultato
[Ak , Aj ] = iα + i
9
X
cnjk An .
(3.2)
n=1
A partire dalla regola generale determinata si ottengono tutti i commutatori
tra i generatori hermitiani di una rappresentazione proiettiva del gruppo di
Galilei, determinando le costanti di struttura.
Verifica.
Per determinare il commutatore tra i generatori delle rotazioni o tra un generatore delle rotazioni e uno delle traslazioni spaziali, si √
determina
√ esplicitamente la trasformazione data dal commutatore q(hj ( t), hk ( t)), considerando gli sviluppi fino al secondo ordine.
Allora se J1 , J2 , J3 sono i generatori hermitiani delle rotazioni (individuati dagli operatori A1 , A2 , A3 ) e P1 , P2 , P3 sono i generatori hermitiani
delle traslazioni spaziali (individuati dagli operatori A4 , A5 , A6 ), valgono
le seguenti regole:
[Jα , Jβ ] = i²αβγ Jγ
(3.3)



dove ²αβγ
1
0
=

 −1
[Jα , Pβ ] = i²αβγ Pγ
(3.4)
se α, β, γ sono una permutazione ciclica di (1,2,3)
se α = β
se α, β, γ sono una permutazione non ciclica.
Considerando che le traslazioni commutano sempre tra di loro si ha
[Pα , Pβ ] = icαβ I
30
con cαβ ∈ R. Applicando l’identità di Jacobi alla terna (Jα , Pγ , Pα ) si ottiene
che le costanti cαβ sono nulle, quindi
[Pα , Pβ ] = 0.
(3.5)
Tuttavia anche due generatori dei boost {G1 , G2 , G3 } (individuati dagli operatori A7 , A8 , A9 ) commutano, poiché il boost è inteso come traslazione
sulla velocità; allora, analogamente a quanto fatto per determinare la regola
3.5, risulta
[Gα , Gβ ] = 0.
(3.6)
Le rotazioni agiscono sulle velocità in maniera identica a come agiscono sulle
posizioni; ne deduciamo la seguente regola
[Jα , Gβ ] = i²αβγ Gγ
(3.7)
Infine una traslazione nello spazio delle velocità commuta con una traslazione
nello spazio delle posizioni, allora
[Gα , Pβ ] = iµαβ I
con µαβ ∈ R. Considerando l’identità di Jacobi relativamente alla terna
(Jα , Gβ , Pα ), risulta
[Gα , Pβ ] = iµα δαβ I
con µα ∈ R. Infine si dimostra che la costante µα non dipende dall’indice, infatti si dimostra che [Gα , Pα ] = [Gβ , Pβ ] = [Gγ , Pγ ], considerando le identità
di Jacobi applicate alle terne (Jα , Gβ , Pγ ) e (Jβ , Gγ , Pα ). Pertanto abbiamo
l’ultima regola di commutazione
[Gα , Pβ ] = iµδαβ I
(3.8)
dove µ è un parametro reale ineliminabile che caratterizza la particolare
rappresentazione proiettiva.
3.4
Sistemi di imprimitività
In questa sezione introduciamo il concetto di sistema di imprimitività ed
enunciamo il teorema di imprimitività dovuto a Mackey [5]. Le regole di
commutazione, relative al gruppo di Galilei, determinate nella sezione precedente, ci consentiranno di stabilire l’esistenza di un sistema di imprimitività
per una rappresentazione proiettiva del gruppo di Euclide E ⊆ G, in corrispondenza di ogni rappresentazione proiettiva di G e quindi di applicare
il teorema di Mackey. Questo teorema è di fondamentale importanza ai fini della presente trattazione. Infatti, per un qualsiasi sistema fisico, per il
quale G costituisce un gruppo di simmetria, saremo in grado di identificare lo
spazio di Hilbert H su cui formulare la teoria quantistica del sistema, di individuare concretamente i generatori hermitiani e quindi la rappresentazione
proiettiva di G.
31
Nota 3.3 Il gruppo di Euclide E è il gruppo delle rototraslazioni. È dato dal
prodotto semidiretto R3 °
s SO(3), ossia del gruppo delle rotazioni spaziali e
del gruppo delle traslazioni spaziali (chiaramente isomorfo a R3 ). Dunque
ad ogni trasformazione g ∈ E = R3 °
s SO(3) corrisponde biunivocamente la
3
coppia (a, R) ∈ R × SO(3), in modo che g(x) = Rx + a, dove x ∈ R3 .
Definizione 3.7 Sia H lo spazio di Hilbert di una rappresentazione proiettiva g → Ug di E. La terna di operatori autoaggiunti di H, F = (F1 , F2 , F3 )
che commutano tra di loro è detta sistema di imprimitività per la rappresentazione proiettiva, se la relazione
Ug FUg−1 = g −1 (F) = R−1 F − R−1 aI
(3.9)
(equivalentemente Ug−1 FUg = g(F)) vale per ogni g = (R, a) ∈ E.
Sia g → Ug una rappresentazione proiettiva di G, definiamo F = G
µ , dove
G = (G1 , G2 , G3 ) è individuato dai generatori dei boost e µ è il parametro
della rappresentazione proiettiva. Mostreremo che F costituisce un sistema
di imprimitività per E, ovvero Ug FUg−1 = g −1 (F) per ogni g = (R, a) ∈ E.
La verifica che tale relazione è soddisfatta sarà fatta mostrandone, dapprima la validità nel caso in cui la trasformazione sia una traslazione o una
rotazione; infine considereremo la generica trasformazione g ∈ E.
Verifica 1.
Sia g ∈ E una traslazione lungo xα , allora Ug = e−iPα a .
Sappiamo che [Gα , Pβ ] = iµδαβ quindi [Fα , Pβ ] = iδαβ . Dobbiamo verificare
la relazione 3.9 ovvero
e−iPα a Fβ eiPα a = Fβ − aδαβ I.
Sia α = 1, allora [F2 , P1 ] = [F3 , P1 ] = 0. Di conseguenza e−iP1 a F2 eiP1 a =
e−iP1 a eiP1 a F2 = F2 (analogamente per F3 ).
Nota 3.4 In generale, dati due operatori autoaggiunti A e B, se [A, B] = i
allora [A, B n ] = inB n−1 .
Dimostrazione
Sia n = 2 allora [A, B 2 ] = ABB − BBA ± BAB = (AB − BA)B + B(AB −
BA) = [A, B]B + B[A, B] = 2iB.
Supponiamo che la tesi sia vera per n − 1 e dimostriamola per n:
[A, B n ] = [A, B n ] ± BAB n−1
= AB n − B n A + BAB n−1 − BAB n−1
= ABB n−1 − BAB n−1 − BB n−1 A + BAB n−1
= [A, B]B n−1 + B[A, B n−1 ] = iB n−1 + iB(n − 1)B n−2
= inB n−1
32
Ne consegue:
[A, e±iBa ] =
X (±ia)n
n
n!
[A, B n ] =
X (±ia)n
n!
n
inB n−1 = (±iae±iBa )i.
Allora e−iP1 a F1 eiP1 a = e−iP1 a [F1 , eiP1 a ] + F1 = e−iP1 a (−aeiP1 a ) + F1 = F1 −
aI.
Allo stesso modo si procede nel caso delle traslazioni lungo gli assi y e z.
Verifica 2.
Sia g ∈ E una rotazione, sappiamo che [Jα , Fβ ] = i²αβγ Fγ essendo [Jα , Gβ ] =
i²αβγ Gγ .
Supponiamo α = 3 (quindi g è la rotazione di un angolo a attorno all’asse z)
allora g(F) = (F1 cos a − F2 sin a, F1 sin a + F2 cos a, F3 ). Relativamente alla
componente x dobbiamo mostrare che eiJ3 a F1 e−iJ3 a = F1 cos a − F2 sin a.
Nota 3.5 Se S = (S1 , S2 , S3 ) è una terna di operatori che soddisfa la
condizione [Jα , Sβ ] = i²αβγ Sγ , allora valgono le seguenti proprietà di cui
omettiamo le dimostrazioni [12]:
1. [Jα , Sβn ] = nSβn−1 (i²αβγ Sγ );
!
Ã
∂φ
∂φ
2. [Jα , φ(S)] = i
(S)Sγ −
(S)Sβ , per ogni φ funzione analiti∂Sβ
∂Sγ
ca;
dove (α, β, γ) sono una permutazione ciclica di (1, 2, 3).
Definendo l’operatore φ(F) = arctan
µ
[J3 , φ(F)] = i
F2
, avremo:
F¶
1
µ
F2
∂φ
∂φ
F1
(F)F2 −
(F)F1 = i − 2
F2 − 2
F1
2
∂F1
∂F2
F1 + F2
F1 + F22
¶
= −i.
Allora eiJ3 a φ(F)e−iJ3 a = eiJ3 a [φ(F), e−iJ3 a ]+φ(F) = eiJ3 a (ae−iJ3 a )+φ(F) =
a + φ(F).
q
Posto |F| = ϕ(F) = F12 + F22 , si ha F1 = |F| cos φ(F), F2 = |F| sin φ(F).
Inoltre utilizzando la proprietà 2 in nota 3.5 con la funzione ϕ, vale che
[J3 , ϕ(F)] = 0.
Dunque eiJ3 a F1 e−iJ3 a = eiJ3 a |F| cos φ(F)e−iJ3 a = |F|eiJ3 a cos φ(F)e−iJ3 a =
(poiché eiJ3 a f (φ)e−iJ3 a = f (φ + a), se f è analitica) = |F| cos(φ(F) + a) =
|F|(cos φ(F) cos a − sin φ(F) sin a) = F1 cos a − F2 sin a.
Il ragionamento da seguire per le altre componenti e per le altre rotazioni è
analogo.
Verifica 3.
Sia g = (R, a) ∈ E, allora la trasformazione è individuata dalla sestupla
(x1 , x2 , x3 , x4 , x5 , x6 ) di valori reali quindi utilizziamo la notazione
33
g ≡ g(x1 . . . x6 ) = h1 (x1 ) . . . h6 (x6 ).
Per verificare la relazione Ug−1 FUg = g(F) vediamo come agisce la generica
trasformazione su F.
g(F) = h
1 (x1 ) . . . h6 (x6 )(F), allora

F1 cos x6 − F2 sin x6


h6 (F) =  F1 sin x6 + F2 cos x6  = F0 ;
F3




F10 cos x5 + F30 sin x5


F20
h5 (F0 ) = 
 = F00 ;
0
0
−F1 sin x5 + F3 cos x5
F100


h4 (F00 ) =  F200 cos x4 − F300 sin x4  = F000 ;
F200 sin x4 + F300 cos x4


F1000 + x1
 000

000
infine h1 (x1 )h2 (x2 )h3 (x3 )(F ) =  F2 + x2 .
F3000 + x3
Pertanto relativamente alla prima componente dovremo verificare che
Ug−1 F1 Ug = eiJ3 x6 eiJ2 x5 eiJ1 x4 eiP3 x3 eiP2 x2 eiP1 x1 F1 e−iP1 x1 e−iP2 x2 . . . e−iJ3 x6 =
F1000 + x1 = (F1 cos x6 − F2 sin x6 ) cos x5 + F3 sin x5 + x1 = g(F).
Tenendo in considerazione l’azione di ogni singola trasformazione hj (xj ),
per j = 1 . . . 6 è semplice verificare con un calcolo esplicito, che la relazione
suddetta è soddisfatta [12]. La verifica è analoga per le altre componenti.
Teorema 3.1 (Teorema di imprimitività) Se F è un sistema di imprimitività per una rappresentazione proiettiva g → Ug del gruppo di Euclide
allora esiste una rappresentazione proiettiva L : SO(3) → U(H0 ) tale che:
½
3
¾
Z
3
1. H = L2 (R , H0 ) = ψ : R → H0 :
R3
hψ(x) | ψ(x)idx < ∞ ;
2. [Fα ψ](x) = xα ψ(x) per α = 1, 2, 3;
3. [Ug ψ](x) = LR ψ(g −1 (x)) = LR ψ(R−1 x − R−1 a),
per ogni g = (R, a) ∈ E.
Una rappresentazione proiettiva di E, g → Ug ∈ U(H) che soddisfa le
condizioni 1 e 3 è detta indotta dalla rappresentazione proiettiva L.
Dunque la rappresentazione proiettiva g → Ug di E è unitariamente isomorfa alla rappresentazione indotta da una rappresentazione proiettiva L di
SO(3). In corrispondenza di ogni rappresentazione proiettiva di G, la terna
di operatori Fα = Gµα , α = 1, 2, 3 è un sistema di imprimitività per la rappresentazione proiettiva del gruppo di Euclide, ottenuta restringendo a E la
rappresentazione di G. Dunque è possibile applicare il teorema enunciato
per determinare completamente la rappresentazione di G.
34
Verifica.
i G 3 g → Ug ∈ U(H), H = L2 (R3 , H0 );
ii Gα ψ(x) =
xα
ψ(x) per α = 1, 2, 3;
µ
∂ψ
(x) per α = 1, 2, 3;
∂xα
infatti sia g la traslazione lungo x di parametro a, applicando il teorema di Stone alla rappresentazione g ≡ a → U (a) ≡ Ug di H1 ⊆ G,
d
abbiamo che −iP1 =
U (a).
da |a=0
Tuttavia Ua ψ(x) = LI ψ(g −1 (x)) = ψ(x1 − a, x2 , x3 ), essendo g =
(I, (a, 0, 0)).
∂ψ
ψ(x1 − a, x2 , x3 ) − ψ(x1 , x2 , x3 )
Allora −iP1 ψ(x) = lim
=−
(x).
a→0
a
∂x1
∂
e analogamente per α = 2, 3.
Ne segue che P1 = −i
∂x1
Infine determiniamo i generatori delle rotazioni; è possibile dimostrare che
vale la seguente identità
iii Pα ψ(x) = −i
Ja = (F ∧ P)α = Lα
per ogni α = 1, 2, 3.
Dimostrazione.
[Ja − Lα , Fβ ] = iFγ + [(−Fβ Pγ + Fγ Pβ )Fβ + Fβ (Fβ Pγ − Fγ Pβ )]
= iFγ + Fγ Pβ Fβ − Fβ Pγ Fβ + Fβ Fβ Pγ − Fβ Fγ Pβ
= iFγ + Fγ Pβ Fβ − Fγ Fβ Pβ + Fβ [Fβ , Pγ ]
= iFγ + Fγ [Pβ , Fβ ] + 0 = iFγ − iFγ = 0.
[Ja − Lα , Pβ ] = iPγ + Fγ Pβ Pβ − Fβ Pγ Pβ + Pβ Fβ Pγ − Pβ Fγ Pβ
= iPγ − Fβ Pβ Pγ + Pβ Fβ Pγ + [Fγ , Pβ ]Pβ
= iPγ + [Pβ , Fβ ]Pγ + 0 = iPγ − iPγ = 0.
Allora Ja − Lα è costante per ogni α; quindi
0 = [Ja , Jβ − Lβ ] = iJγ − (Fβ Pγ Jβ − Fγ Pβ Jβ − Jβ Fβ Pγ + Jβ Fγ Pβ )
= iJγ − (Fβ Pγ Jβ − Fβ Jβ Pγ + Jβ Fγ Pβ − Fγ Jβ Pβ )
= iJγ − (Fβ [Pγ , Jβ ] + [Jβ , Fγ ]Pβ )
= iJγ − (−iFβ Pα + iFα Pβ ) = iJγ − i(Fα Pβ − Fβ Pα ) = iJγ − iLγ .
Allora Ja = Lα per ogni α.
35
Capitolo 4
Sistema particella libera
A questo punto abbiamo gli strumenti per formulare la teoria quantistica
di un sistema fisico per il quale G costituisce un gruppo di trasformazioni
di simmetria. Per fare ciò è necessario, oltre che individuare lo spazio di
Hilbert, identificare gli operatori corrispondenti alle osservabili rilevanti del
sistema. Chiaramente ciascun sistema è caratterizzato da una particolare
famiglia di osservabili. Studiamo il caso relativo ad una particella libera
localizzabile in R3 . L’aggettivo “libera” indica che il sistema non interagisce
con il resto dell’universo fisico, pertanto in una teoria non relativistica G
costituisce un gruppo di simmetria.
4.1
Relazioni di covarianza
Il sistema considerato possiede tre osservabili Q1 , Q2 , Q3 che rappresentano
le coordinate della posizione e altre tre osservabili V1 , V2 , V3 che individuano le componenti della velocità. Siano Q = (Q1 , Q2 , Q3 ) l’operatore posizione e V = (V1 , V2 , V3 ) l’operatore velocità. È chiaro che deve valere
[Qα , Qβ ] = [Vα , Vβ ] = 0. Sullo spazio di Hilbert deve essere definita una
rappresentazione proiettiva di G, che oltre alle regole di commutazione, deve
soddisfare delle relazioni di covarianza che riflettono l’azione delle trasformazioni di simmetria sulla posizione e sulla velocità. Per ogni g ∈ G le
relazioni di covarianza sono le seguenti:
Qg = Ug QUg−1 = g −1 (Q)
(4.1)
−1
Vg = Ug VUg−1 = gV
(V)
(4.2)
dove Qg e Vg indicano rispettivamente i trasformati di Q e di V tramite g,
che per il teorema di Wigner sono determinati dall’operatore unitario Ug .
Osserviamo che la funzione che trasforma l’operatore Q, che indichiamo con
g, è diversa dalla funzione gV che trasforma l’operatore V.
36
A partire da tali relazioni determiniamo le regole di commutazione tra i generatori hermitiani e gli operatori posizione e velocità. Questi ultimi verranno
identificati poprio per mezzo delle regole ottenute.
Esempio 4.1 Determiniamo il commutatore [Qα , Pβ ].
Per la relazione 4.1 si ha Ug Qβ Ug−1 = e−iPα a Qβ eiPα a = Qβ − δαβ aI =
g −1 (Qβ ). Consideriamo lo sviluppo in serie di Taylor rispetto al parametro
a della traslazione fino al primo ordine:
(I−iPα a+o1 (a))Qβ (I+iPα a+o2 (a)) = Qβ −i[Pα , Qβ ]a+o3 (a) = Qβ −δαβ aI.
Uguagliando i coefficienti otteniamo
[Qα , Pβ ] = iδαβ I.
(4.3)
Il modo di procedere per i generatori delle rotazioni e dei boost è del tutto analogo (consideriamo che il boost lascia inalterata la posizione dunque
Qg = Q, nel caso in cui g sia un boost). Perveniamo ai risultati
[Jα , Qβ ] = i²αβγ Qγ
(4.4)
[Gα , Qβ ] = 0.
(4.5)
Anche per la velocità ragioniamo nello stesso modo, tenendo presente che
Vg = V se g è una traslazione spaziale, mentre un boost agisce sulla velocità
come una traslazione sulla posizione. Le regole sono perciò le seguenti:
4.2
[Pα , Vβ ] = 0
(4.6)
[Gα , Vβ ] = iδαβ I
(4.7)
[Jα , Vβ ] = i²αβγ Vγ .
(4.8)
Teoria quantistica della particella libera
Nella sezione 3.4 abbiamo visto che una rappresentazione proiettiva di G è
individuata da una rappresentazione proiettiva del gruppo delle rotazioni.
Sia L : SO(3) → U(H0 ) la rappresentazione inducente, il teorema 3.1 ci ha
permesso di stabilire che lo spazio della rappresentazione di G è lo spazio
H = L2 (R3 , H0 ). Mettiamoci nelle ipotesi in cui H0 = C, cioè consideriamo
la rappresentazione di SO(3) avente dimensione 1. Tale rappresentazione è
individuata da un numero complesso di modulo uno e ha la seguente forma
L : R → LR = eiϕR I.
Tuttavia possiamo scegliere la rappresentazione banale ovvero prendiamo il
fattore di fase pari a uno (basta considerare la rappresentazione L̃ tale che
L̃R = e−iϕR LR ).
37
Si tratta della rappresentazione più semplice per SO(3) in cui ad ogni rotazione R è associato l’operatore IC , cioè l’identità dello spazio C.
In queste ipotesi lo spazio H coincide con lo spazio di Lebesgue L2 (R3 , C) =
L2 (R3 ).
Prima di procedere nello sviluppo della teoria diamo alcuni risultati.
Definizione 4.1 Una famiglia {Tk }k di operatori autoaggiunti di uno spazio
di Hilbert H che commutano tra di loro è detta completa se per ogni operatore A tale che [A, Tk ] = 0, per ogni k, esiste una funzione φ per cui
A = φ(T1 , T2 . . .).
Teorema 4.1 L’operatore autoaggiunto F di H = L2 (R) che agisce come
operatore di moltiplicazione, ovvero F ψ(x) = xψ(x), è completo, cioè se
[A, F ] = 0 allora l’operatore A è funzione di F .
Dimostrazione.
x2
Fissiamo ψ0 ∈ L2 (R), tale che ψ0 (x) = e− 2 ; allora ψ0 ∈ DF dove
DF = {ψ ∈ L2 (R) : xψ ∈ L2 (R)}. Sia D ⊆ DF , sottospazio lineare denso
dello spazio L2 (R), tale che, se φ ∈ D, allora φ è una funzione limitata.
Determinare un insieme D siffatto è possibile; si pensi all’insieme delle funzioni a scala o all’insieme delle funzioni prova, infinitamente derivabili e a
supporto compatto.
ψ
∈ DF , per ogni ψ ∈ D, e poniamo ϕ0 = Aψ0 .
Sia ϕ =
ψ0
Per ogni ψ ∈ D definiamo l’operatore B ψ tale che B ψ φ = ϕφ; B ψ è limitato
allora DB ψ ≡ L2 (R) (altrimenti è possibile estendere l’operatore B ψ ad un
operatore che sia definito su tutto lo spazio).
Sappiamo che [A, B ψ ] = 0 poiché, se A commuta con F , allora commuta
con una funzione di F ; infatti B ψ = ϕ(F ).
Pertanto, per ogni ψ ∈ D, Aψ(x) = Aϕ(x)ψ0 (x) = AB ψ ψ0 (x) = B ψ Aψ0 (x) =
ϕ0 (x)
ψ(x)
ϕ0 (x) = f (x)ψ(x), ponendo f (x) =
.
B ψ ϕ0 (x) = ϕ(x)ϕ0 (x) =
ψ0 (x)
ψ0 (x)
La funzione f risulta fissata dunque
Aψ(x) = f (x)ψ(x),
per ogni ψ ∈ D, allora A = f (F ).
Nota 4.1 Il teorema viene generalizzato al caso in cui H = L2 (R3 ), ottenendo che (F1 , F2 , F3 ) è una terna completa.
∂
Osservazione 4.1 Siano H = L2 (R), P = −i
e UF P l’operatore di
∂x
Fourier-Plancherel, si può dimostrare che
F = UF P P UF−1
P.
38
Allora è facile verificare che la completezza di F implica quella di P . Perciò
∂
anche la terna (P1 , P2 , P3 ) è completa, dove Pα = −i
, α = 1, 2, 3.
∂xα
Verifica.
Supponiamo che [A, P ] = 0, sia  = UF P AUF−1
P il trasformato di A tramite
UF P . Essendo [Â, F ] = UF P [A, P ]UF−1
=
0,
esiste
una funzione f tale che
P P
n
 = f (F ). Sia f analitica
dunque  = Xn an F . Segue che
X
−1 n
−1
A = UF−1
ÂU
=
a
U
an (UF−1
n F P F UF P =
FP
P
P F UF P ) . . . (UF P F UF P ) =
n
X
n
{z
|
n
an P n = f (P ).
}
volte
n
Proposizione 4.1 Il sistema {F, P} è irriducibile, ovvero se esiste un operatore C tale che [C, Fα ] = [C, Pα ] = 0 per ogni α, allora C è costante.
Dimostrazione.
Per le ipotesi esiste una funzione f tale che Cψ(x) = f (x)ψ(x) e
Pα Cψ(x) = CPα ψ(x); allora
∂ψ
∂f
∂ψ
∂
(f (x)ψ(x)) = −if (x)
(x) ⇔ −i
(x)ψ(x) − i
(x)f (x) +
−i
∂xα
∂xα
∂xα
∂xα
∂ψ
∂f
if (x)
(x) = 0 ⇔ −i
(x)ψ(x) = 0, per ogni ψ ∈ DPα C ∩ DCPα ,
∂xα
∂xα
∂f
dominio di definizione di [Pα , C]; perciò
(x) = 0 per ogni α, quindi f è
∂xα
costante.
Osservazione 4.2 È possibile dimostrare l’irriducibilità del sistema {F, P}
sfruttando anche la completezza di P. Occorre dimostrare che
[Fα , Pβ ] = iδαβ I.
Innanzitutto se H = L2 (R) si ha:
∂
∂
∂
[F, P ]ψ(x) = F P ψ(x)−P F ψ(x) = −ix ψ(x)+i (xψ(x)) = −ix ψ(x)+
∂x
∂x
∂x
∂
ix ψ(x) + iψ(x); allora [F, P ] = iI. Dunque, generalizzando il risultato al
∂x
caso di H = L2 (R3 ), se un operatore C commuta con ciascuna componente
di F e di P, dalla completezza delle due terne dev’essere che C è costante.
Con queste premesse determiniamo esplicitamente gli operatori Q e V, utilizzando le regole di commutazione.
Iniziamo dalla posizione Q.
i Sappiamo che [Gα , Gβ ] = 0 e [Qα , Gβ ] = 0, allora
[Fα , Fβ ] = [Qα , Fβ ] = 0 poiché Fα = Gµα , per ogni α.
Segue che [Fα − Qα , Fβ ] = 0.
39
ii [Fα , Pβ ] = [Qα , Pβ ] = iδαβ I, allora [Fα − Qα , Pβ ] = 0.
iii Per la proposizione precedente, da (i) e (ii), segue che
Fα − Qα = cα I, con cα ∈ R, per ogni α. Pertanto
0 = [Jα , Fβ − Qβ ] = [Jα , Fβ ] − [Jα , Qβ ] = i²αβγ (Fγ − Qγ ) = i²αβγ cγ I;
concludiamo che cγ = 0, per ogni γ.
Dunque Q ≡ F.
Con la stessa tecnica determiniamo l’operatore V.
i Sappiamo che [Gα , Vβ ] = iδαβ I e Fα = Qα , per ogni α, allora
[µQα , Vβ ] = [Qα , µVβ ] = iδαβ I = [Qα , Pβ ].
Segue che [Qα , µVβ − Pβ ] = 0.
ii [Pα , Vβ ] = 0 = [Pα , Pβ ] allora [Pα , µVβ − Pβ ] = 0.
iii Per la proposizione precedente, da (i) e (ii), segue che
µVα − Pα = cα I, con cα ∈ R, per ogni α. Pertanto
0 = [Jα , µVβ −Pβ ] = µ[Jα , Vβ ]−[Jα , Pβ ] = i²αβγ (µVγ −Pγ ) = i²αβγ cγ I;
concludiamo che cγ = 0, per ogni γ.
Dunque V ≡
P
.
µ
Possiamo concludere che gli operatori Qα ψ(x) = xα ψ(x) e
−i ∂ψ
Vα ψ(x) =
(x), con ψ ∈ L2 (R3 ), rappresentano la famiglia delle
µ ∂xα
osservabili di un sistema libero e localizzabile in R3 , in corrispondenza di
una rappresentazione proiettiva di G indotta dalla rappresentazione banale
di SO(3).
Osservazione 4.3 Interpretando il parametro µ come massa, la teoria quantistica formulata descrive il sistema particella libera di massa µ avente spin
zero.
4.3
Dinamica quantistica
Affinchè la teoria quantistica di un sistema sia completamente formulata
bisogna risolvere l’ultimo problema della quantizzazione; pertanto il nostro
scopo è quello di determinare l’espressione esplicita dell’operatore hamiltoniano per il sistema particella libera. Tratteremo l’evoluzione temporale del
sistema seguendo lo schema di Schroedinger e di Heisenberg.
40
4.3.1
Evoluzione temporale secondo lo schema di Schroedinger
e di Heisenberg
Consideriamo l’evoluzione temporale di un sistema fisico, descrivendone la
dinamica. Assumiamo che il sistema mantiene la sua identità nel tempo,
ovvero che lo spazio di Hilbert e gli operatori che caratterizzano la teoria non
si alterano con lo scorrere del tempo. I risultati delle misurazioni effettuate
al tempo t possono essere diversi rispetto a quelli relativi al tempo t = 0.
Dunque il valore d’aspettazione, e quindi lo stato, mutano nel tempo. Se
al tempo t = 0 lo stato è descritto dall’operatore densità ρ, allora ad un
istante successivo lo stato sarà descritto dall’operatore ρt e vale la seguente
relazione
νt (A) = T r(ρt A).
Tuttavia considerando il tempo t d’attesa come parte della procedura di
misurazione, lo stato non cambia ma cambia l’osservabile A → At , nel senso
che la misurazione di At utilizza la stessa procedura di misurazione di A ma
questa viene eseguita dopo un tempo t. Allora, siccome ν(At ) = T r(ρAt ),
si ha
T r(ρt A) = T r(ρAt ).
Sia (S1 , R2 ) la coppia delle trasformazioni temporali degli stati e delle osservabili, ovvero
S1 (ρ) = ρt , R2 (A) = At
con ρ ∈ S(H) e A ∈ Ω(H).
Assumiamo la biettività delle trasformazioni S1 , R2 . Segue che
T r(ρt A) = T r(S1 (ρ)A) = T r(ρAt ) = T r(ρR2 (A)), quindi (S1 , R2 ) non può
essere una trasformazione di simmetria.
Poniamo S2 = R2−1 ; allora, siccome B = R2 (A), segue A = S2 (B).
Di conseguenza avremo
T r(ρB) = T r(S1 (ρ)S2 (B)),
per ogni B ∈ Ω(H). Pertanto la coppia (S1 , S2 ) è una trasformazione di
simmetria quantistica, secondo la condizione 2.3.
Applicando il teorema di Wigner è garantita l’esistenza di un operatore Ut
unitario o antiunitario, tale che
S1 (ρ) = Ut ρUt∗ = ρt
S2 (A) = Ut AUt∗ , cioè At = Ut−1 AUt∗ −1 .
4.3.2
Equazioni di evoluzione temporale
Considerando un sistema fisico isolato, possiamo assumere la proprietà di
omogeneità temporale. La condizione di tempo omogeneo si traduce nella
relazione
ρt+τ = (ρt )τ
(4.9)
41
per ogni t, τ ≥ 0, ovvero la trasformazione temporale dello stato non dipende
dall’istante t0 assunto come istante iniziale. In altre parole, la trasformazione, in assenza di interazioni con l’esterno, al tempo t + τ per lo stato
ρ (t0 = 0) è la stessa di quella che si avrebbe per lo stato ρt (t0 = t) facendo
scorrere un tempo τ . In termini di operatori la condizione 4.9 si esprime
nella relazione
∗
Ut+τ ρUt+τ
= Uτ Ut ρUt∗ Uτ∗ .
Deduciamo che, per il teorema di Wigner, Ut+τ e Uτ Ut stanno nella stessa
classe, cioè inducono la stessa trasformazione, allora
Uτ Ut = eiϕ(τ,t) Ut+τ .
Inoltre per τ = 0, U0 = eiα(t) I, allora scegliendo il fattore di fase pari a uno
possiamo concludere che t → Ut è una rappresentazione proiettiva di (R, +).
Ciò implica che ogni Ut è unitario.
Per il teorema di Stone esiste un operatore A = A∗ tale che Ut = eiAt .
L’operatore H = −A è l’Hamiltoniano cioè l’operatore di evoluzione temporale che individua la rappresentazione unitaria.
Supponiamo che lo stato quantistico sia individuato dal vettore ψ; per ogni
t > 0 consideriamo la corrispondenza ψ → ψt . Sappiamo che il trasformato
ψt è dato dal vettore Ut ψ = e−iHt ψ. Allora, derivando rispetto alla varid
abile temporale t, si ha ψt = −iHe−iHt ψ = −iHψt ; moltiplicando ambo
dt
i membri per i otteniamo l’equazione
i
d
ψt = Hψt
dt
(4.10)
nota come equazione di Shroedinger.
L’operatore Ut = e−iHt individua la trasformazione temporale delle osservabili (quindi degli operatori autoaggiunti) A → At , essendo At = eiHt Ae−iHt .
d
Allora, derivando rispetto al tempo, si ha At = iHAt +eiHt A(−iH)e−iHt =
dt
iHAt − ieiHt Ae−iHt H = iHAt − iAt H = i[H, At ]; l’equazione
d
At = i[H, At ]
dt
(4.11)
è nota come equazione di Heisenberg.
Dunque 4.10 e 4.11 rappresentano le equazioni per l’evoluzione temporale
degli stati e delle osservabili rispettivamente, nelle ipotesi di tempo omogeneo.
d
Posto Ȧ =
At , riscriviamo l’equazione 4.11 nella forma Ȧ = i[H, A].
dt |t=0
42
4.3.3
Hamiltoniano della particella libera
Riprendiamo in esame il sistema particella libera localizzabile. Ottenere
l’equazione del moto, dunque formulare la dinamica del sistema in considerazione, equivale a determinare la forma esplicita dell’operatore hamiltoniano
H. Sappiamo che G è il gruppo di simmetria del sistema e consideriamo la
rappresentazione indotta dalla rappresentazione banale di SO(3). Possiamo
attribuire il carattere di simmetria dinamica alle trasformazioni del gruppo
di Euclide, cioè richiediamo che ogni g ∈ E deve soddisfare la condizione
(g ρ)t =g (ρt )
(4.12)
ovvero, il trasformato secondo g, dello stato quantistico ρt al tempo t, si ottiene trasformando dapprima lo stato ρ al tempo 0, secondo g, e applicando
poi la trasformazione temporale g ρ → (g ρ)t .
Questa ipotesi è fondamentale ai fini della caratterizzazione dell’Hamiltoniano; infatti ci permette di dedurre due regole di commutazione che hanno
importanti applicazioni.
L’ipotesi di simmetria dinamica si traduce, in termini di operatori, nella
relazione
Ug Ut ρUt−1 Ug−1 = Ut Ug ρUg−1 Ut−1
che implica la seguente
Ut Ug = eiϕ(t,g) Ug Ut
per ogni g ∈ E.
−iPα a = eiϕ(t,a) e−iPα a e−iHt .
Sia g traslazione di parametro a, allora
e−iHt
√
√ e √
√
√
Ponendo a = t = ε avremo e−iH ε e−iPα ε eiH ε eiPα ε = eiα(ε) I.
Sviluppiamo in serie di Taylor rispetto a ε fino al primo ordine, allora,
seguendo un procedimento analogo a quello eseguito per la determinazione
della regola generale di commutazione 3.2 tra i generatori hermitiani, giungiamo al risultato [H, Pα ] = bα I, con bα ∈ R.
Lo stesso ragionamento si applica per le rotazioni, pertanto [H, Jα ] = cα I,
con cα ∈ R.
Le identità di Jacobi relative alle terne di operatori (Jα , H, Pβ ), (Jα , H, Jβ )
ci consentono di affermare che le costanti bα , cα sono nulle per ogni α, quindi
[H, Pα ] = 0
(4.13)
[H, Jα ] = 0.
(4.14)
La regola 4.13 implica che l’Hamiltoniano è funzione di P = (P1 , P2 , P3 ),
terna completa; d’altra parte la regola 4.14 implica che H dipende dal modulo di P, cioè è a simmetria sferica [12].
Prima di procedere nella determinazione di H occorre trovare le regole di
d
commutazione tra i generatori hermitiani e l’operatore Q̇α =
Qt ,
dt |t=0 α
43
sfruttando la relazione di covarianza 4.1 per la posizione.
Verifica.
Consideriamo un boost g per cui Ug = eiGα u ; sappiamo che [Gα , Qβ ] = 0
poiché eiGα u Qβ e−iGα u = Qβ .
Tuttavia ad un istante successivo t > 0 il sistema risulta traslato, di conseguenza la posizione all’istante t risente della trasformazione g. Pertanto
eiGα u Qtβ e−iGα u = Qtβ − δαβ utI = gt−1 (Qtβ ).
Sviluppando in serie di Taylor rispetto al parametro u fino al primo ordine
e uguagliando i coefficienti abbiamo
[Gα , Qtβ ] = iδαβ tI.
´
1³
1
Allora [Gα , Q̇β ] = lim
[Gα , Qtβ ] − [Gα , Qβ ] = lim (iδαβ tI − 0) = iδαβ I.
t→0 t
t→0 t
Abbiamo perciò la seguente regola di commutazione
[Gα , Q̇β ] = iδαβ I.
(4.15)
Le traslazioni e le rotazioni invece agiscono sulla posizione all’istante t allo
stesso modo che all’istante iniziale t = 0, dunque, ricordando le regole 4.3 e
4.4, valgono le seguenti
[Qtα , Pβ ] = iδαβ I
[Jα , Qtβ ] = i²αβγ Qtγ .
Deduciamo che
[Q̇α , Pβ ] = 0
(4.16)
1
mentre [Jα , Q̇β ] = lim i²αβγ (Qtγ − Qγ ) = i²αβγ Q̇γ .
t→0 t
Abbiamo perciò l’ultima regola di commutazione
[Jα , Q̇β ] = i²αβγ Q̇γ .
(4.17)
Dimostriamo ora l’identità P = µQ̇ che segue dall’irriducibilità del sistema
{P, Q}.
Dimostrazione.
Sappiamo che [µQ̇α − Pα , Pβ ] = µ[Q̇α , Pβ ] − [Pα , Pβ ] = 0, mentre
[µQ̇α − Pα , Qβ ] = [Q̇α , µQβ ] − [Pα , Qβ ] = [Q̇α , Gβ ] − [Pα , Qβ ] = −iδαβ I +
iδαβ I = 0.
Allora l’operatore µQ̇α − Pα è costante per ogni α dunque
0 = [Jα , µQ̇β − Pβ ] = µ[Jα , Q̇β ] − [Jα , Pβ ] = i²αβγ (µQ̇γ − Pγ ) e quindi
Pγ = µQ̇γ per ogni γ.
A questo punto introduciamo l’operatore H0 =
44
1
(P 2 + P22 + P32 ).
2µ 1
Sappiamo che vale la regola [Pα , Qβ ] = −iδαβ I, allora
1 2
1
[H0 , Qα ] =
[Pα , Qα ] =
(Pα Pα Qα ± Pα Qα Pα − Qα Pα Pα ) =
2µ
2µ
1
Pα
Pα
(Pα [Pα , Qα ] + [Pα , Qα ]Pα ) = −i , cioè i[H0 , Qα ] =
= Q̇α .
2µ
µ
µ
D’altra parte Q̇α = i[H, Qα ], allora [H − H0 , Qα ] = 0.
Inoltre gli operatori H e H0 sono funzioni di P, nelle ipotesi in cui vale 4.13,
allora [H − H0 , Pα ] = 0. L’espressione dell’operatore H, per l’irriducibilità
del sistema {P, Q}, è la seguente
H=
1
(P 2 + P22 + P32 ) + cI
2µ 1
(4.18)
con c ∈ R. Si tratta dell’Hamiltoniano di una particella libera di massa µ
avente spin zero.
Riassumiamo brevemente quanto fatto fin ora.
Abbiamo introdotto le trasformazioni di simmetria, vedendo come queste
si rappresentano nel formalismo matematico della teoria quantistica; quindi le abbiamo identificate con le trasformazioni di simmetria quantistiche.
Il teorema di Wigner 2.1 è stato lo strumento chiave che ci ha consentito
di stabilire l’esistenza di una rappresentazione proiettiva per un gruppo di
simmetria. Noto che, per un sistema isolato, il gruppo di Galilei G costituisce un gruppo di trasformazioni di simmetria, grazie al teorema di Mackey
3.1 siamo stati in grado di individuare completamente la rappresentazione
proiettiva di G. Il teorema è stato cruciale per la trattazione, poiché servendoci dei risultati ottenuti sotto opportune ipotesi, abbiamo determinato la
teoria quantistica del sistema particella libera e localizzabile, identificando
lo spazio di Hilbert e gli operatori rappresentativi delle osservabili rilevanti.
Infine abbiamo studiato l’evoluzione temporale del sistema. Riconducendoci
al caso specifico della particella libera, abbiamo affrontato il terzo problema
della quantizzazione, identificando esplicitamente l’Hamiltoniano.
L’approccio seguito per trattare l’argomento è basato su un metodo gruppoteoretico; tale metodo si è rivelato efficace nello sviluppare tutta quanta la
teoria. Di conseguenza vorremo poter avvalerci di questo metodo anche nella trattazione della teoria quantistica delle interazioni.
L’approccio alla teoria però non sarà direttamente ripetibile; infatti sono
diversi gli ostacoli che si presentano nel seguire il metodo. Vedremo come
superare gli ostacoli mostrando che il metodo gruppo-teoretico può adattarsi
anche al caso delle interazioni.
45
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46
(URL: