Indisponibilità del braccialetto elettronico: il

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Indisponibilità del braccialetto elettronico: il
Cass. pen., sez. un., 28 aprile 2016 (dep. 19 maggio 2016),
n.20769 – Pres. Canzio – est. Picciarelli
Misure Cautelari – Personali – Braccialetto Elettronico –
Indisponibilità – Conseguenze
Dalle
corti
Il giudice, investito di una richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con il c. d. braccialetto
elettronico o di sostituzione della custodia in carcere con la predetta misura, escluso ogni automatismo nei criteri di scelta delle misure, qualora abbia accertato
l’indisponibilità del suddetto dispositivo elettronico, deve valutare, ai fini dell’applicazione o della
sostituzione della misura coercitiva, la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità di ciascuna di esse in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.
Il testo integrale della sentenza è accessibile sul sito della rivista.
Indisponibilità del braccialetto elettronico: il Giudice
non deve automaticamente applicare la misura della
custodia cautelare in carcere
1. Fatto.
L.F., condannato in primo ed in secondo grado per il delitto di tentato omicidio e
sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, presentava, alla Corte di
Appello di Potenza, istanza di sostituzione della stessa con quella meno gravosa degli
arresti domiciliari “con braccialetto elettronico”.
La Corte non accoglieva tale istanza e l’ordinanza è stata oggetto di appello ex art.
310 c.p.p. da parte dell’imputato che lamentava, tra gli altri motivi di impugnazione,
il fatto che la Corte Territoriale aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura
anche a causa dell’indisponibilità del braccialetto stesso.
Il Tribunale del Riesame di Potenza respingeva i motivi di appello sostenendo che
L.F. fosse una persona incline al mancato rispetto dei precetti dell’autorità e che la
Corte di appello aveva “correttamente valutato la possibilità di sostituire gli arresti domiciliari con il dispositivo del braccialetto elettronico, concludendo in senso negativo, attesa
l’indisponibilità del suddetto congegno”.
Il difensore di L.F. presentava ricorso per Cassazione lamentando anche la violazione e la falsa applicazione della legge processuale penale in riferimento agli artt. 275,
275-bis e 299 c.p.p., e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta inidoneità dell’applicazione di una diversa misura rispetto a quella intramuraria in quanto “il Tribunale,
Irma Conti
pur condividendo la motivazione dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui la Corte di
appello aveva ritenuto eccessiva la misura inframuraria reputando congrua invece quella
degli arresti domiciliari, con le procedure di controllo di cui all’art. 275-bis c.p.p., comma
1, ne aveva però escluso l’applicazione, attesa l’indisponibilità dello strumento elettronico,
così di fatto condizionando illegittimamente la scarcerazione dell’imputato al verificarsi
del presupposto della disponibilità del congegno, in violazione dei principi affermati dalla
giurisprudenza di legittimità”.
Il ricorso veniva assegnato alla Prima Sezione penale la quale, con ordinanza del 28 gennaio 2016, disponeva la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite in ragione di un evidente
contrasto in tema di applicabilità della misura degli arresti domiciliari in caso di indisponibilità
dello strumento di controllo elettronico.
2. Decisione.
La Corte, senza sposare integralmente nessuno dei due orientamenti giurisprudenziali, ha
sostenuto che in caso di indisponibilità del “braccialetto elettronico”, da un lato, il Giudice non
può procedere, in modo automatico, al rigetto della domanda di sostituzione, ovvero alla applicazione della misura intramuraria, dall’altro, che, ai fini della scelta della misura da adottare,
dovrà essere operato, caso per caso, una rigorosa comparazione dell’idoneità, adeguatezza e
proporzionalità di ciascuna di esse in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso
concreto.
3. Commenti ed osservazioni.
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La sentenza in commento è di estrema rilevanza in quanto, attraverso un ampia motivazione
nella quale viene anche ripercorsa la travagliata “storia” del mezzo di controllo elettronico e
la sua ratio, ha risolto un annoso contrasto che si era creato tra due correnti giurisprudenziali
(nessuna delle quali “prevalente”) trovando una via “mediana” che ha consentito di escludere,
una volta e per tutte, la legittimità di qualunque automatismo nella scelta della misura da applicare in concreto.
I due orientamenti partono da un punto di vista comune sulla “natura” del controllo elettronico che non costituisce né una nuova misura “a metà strada” tra quella intramuraria e quella
degli arresti domiciliari, né una variante di quest’ultima, bensì una “modalità esecutiva degli
arresti domiciliari”, ma questo è l’unico punto di contatto tra tali orientamenti.
Secondo “una prima linea interpretativa”, l’applicazione della misura degli arresti domiciliari con l’utilizzo del braccialetto elettronico deve essere sempre “subordinata all’accertamento preventivo della disponibilità dei mezzi elettronici o tecnici da parte della polizia giudiziaria” con la conseguenza, automatica, che in caso di indisponibilità di detta apparecchiatura,
il giudice dovrà obbligatoriamente applicare la misura della custodia cautelare in carcere in
quanto “le stesse esigenze cautelari che imponevano l’adozione all’accertamento della misura
degli arresti domiciliari con l’adozione degli strumenti di controllo si prestano ad essere adeguatamente tutelate solo con l’applicazione della misura della custodia in carcere”.
Indisponibilità del braccialetto elettronico
I fautori di tale interpretazione, che ha trovato una larga applicazione nel corso degli anni
(anche nel caso rimesso al vaglio delle Sezioni Unite), hanno sostenuto che:
• “tale misura non possa essere concessa per la concreta mancanza di tale strumento di controllo da parte della p.g. o dell’amministrazione penitenziaria, non sussiste alcun vulnus
ai principi di cui agli art. 3 e 13 cost., né alcuna violazione dei diritti della difesa, perché
l’impossibilità della concessione degli arresti domiciliari senza controllo elettronico a distanza dipende pur sempre dall’intensità delle esigenze cautelari e pertanto è ascrivibile
alla persona dell’indagato” (Cassazione penale, sez. II, 19/06/2015, n. 28115. Conforme:
Cassazione penale, sez. II, 10/11/2015, n. 46328);
Pertanto, in estrema sintesi, vi sarebbe un vero e proprio vincolo per il giudice di applicazione della misura inframuraria in caso di indisponibilità del braccialetto.
Secondo un altro orientamento, altrettanto rappresentativo, dovrebbe, invece, essere tutelato il favor libertatis in quanto il braccialetto rappresenta solo una “modalità di esecuzione” di
una misura che deve essere già stata valutata come congrua indipendentemente della disponibilità dello strumento che non può e non deve “condizionare l’effettività della misura prescelta, frutto della valutazione di merito effettuata dal giudice sulla pericolosità dell’indagato”.
Secondo tale orientamento, infatti, “ove le modalità (di esecuzione) assumano nel giudizio, valore rilevante, l’adeguatezza e l’efficienza dei supporti tecnici deve essere oggetto di un
accertamento preventivo”, non potendo la valutazione di merito effettuata dal giudice sulla
pericolosità dell’indagato essere subordinata alla disponibilità di tale congegno [Cass. Sez. 2, n.
50400 del 23/09/2014, Di Francesco; Cass. Sez. 3, n. 2226 del 01/12/2015].
Le Sezioni Unite risolvono il contrasto partendo dalla ratio dell’istituto.
Infatti, dopo aver tratteggiato la “storia” di questa “modalità di esecuzione” formalmente introdotta con il D.L. 24 novembre 2000, n. 341, art. 16, comma 2, convertito, con modificazioni,
dalla L. 19 gennaio 2000, n. 4, Le Sezioni Unite evidenziano che, da un lato, l’introduzione di
tale strumento sia stato fortemente condizionato “dalla preoccupazione di rendere effettivo il
rispetto delle prescrizioni imposte con misure alternative alla custodia cautelare in carcere”,
ma, dall’altro, che la finalità ultima perseguita da tale “modalità di esecuzione” è quello di:
• “invertire la funzione della custodia cautelare in carcere come anticipazione e sostituzione
della pena, in contrasto con lo spirito, se non anche con la lettera, dell’art. 27 Cost., comma
2”;
• “creare le condizioni affinché le misure cautelari siano ispirate davvero al principio del “minimo sacrificio per la libertà personale”, facendo leva sul principio cardine di adeguatezza
Dalle corti
• l’imposizione del braccialetto elettronico rappresenta una cautela che il giudice, se lo ritiene necessario, può adottare non già ai fini dell’adeguatezza della misura più lieve, per
rafforzare il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione, “ma ai fini del giudizio, da
compiersi nel procedimento di scelta delle misure, sulla capacità effettiva dell’indagato di
autolimitare la propria libertà di movimento, assumendo l’impegno di installare il relativo
braccialetto e di osservare le relative prescrizioni” (Cassazione penale sez. I 10 settembre
2015 n. 39529).
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in base al quale la misura deve essere commisurata alla natura e al grado delle esigenze
cautelari da soddisfare, che devono essere indicate nella motivazione del provvedimento”.
Da questa premessa, estremamente garantista e “costituzionalmente orientata”, ci si sarebbe
potuti aspettare una soluzione del contrasto favorevole al secondo orientamento giurisprudenziale, ma la Corte, pur negando, esplicitamente, qualunque forma di automatismo, ha scelto
una soluzione più cauta.
E ciò in quanto, le Sezioni Unite, in modo molto oculato hanno:
• richiamato la sentenza della Corte EDU dell’8 gennaio 2013 (Torreggiani c. Italia) con la
quale il nostro Paese è stato condannato per violazione dell’art. 3 CEDU per aver “inflitto”
trattamenti inumani e degradanti a causa del sovraffollamento carcerario, quasi a voler
rimarcare quale sia il contraltare dell’”automatismo” propugnato dal prima orientamento;
• confermato che gli arresti domiciliari eseguiti attraverso il controllo elettronico, costituiscono “una misura “nuova”, quindi, ma una modalità nuova di applicazione di alcune delle
misure preesistenti”;
• escluso ogni automatismo: il Giudice non potrà, automaticamente, scegliere per la custodia
in carcere o quella degli arresti domiciliari soltanto in ragione della disponibilità del braccialetto elettronico;
• pertanto sancito il delicatissimo ruolo del giudice che, in caso di indisponibilità del braccialetto, dovrà scegliere “sia nel momento di prima applicazione della misura cautelare (ex
art. 291 c.p.p.) sia nel caso di sostituzione della misura (ex art. 299) (…) se applicare la
custodia cautelare in carcere o gli arresti domiciliari “semplici”, sulla scorta di un giudizio
di bilanciamento che, dato atto della impossibilità di applicare la misura più idonea, ossia
gli arresti domiciliari “elettronici”, metta a confronto l’intensità delle esigenze cautelari e la
tutela della libertà personale dell’imputato”.
Di fronte a due orientamenti inconciliabili ed “estremi”, la difficile scelta delle Sezioni Unite
è stata quella della cautela e delle garanzie costituzionalmente previste.
Il giudice non potrà decidere solo in base alla disponibilità dello strumento elettronico che,
come hanno ricordato le Sezioni Unite, costituisce soltanto un mezzo di esecuzione di una
misura, ma dovrà “motivare in positivo”:
-.sulla non necessità dell’adozione di procedure di controllo mediante mezzi elettronici”,
qualora ritenga sufficienti gli arresti domiciliari;
• sulla scelta, di segno opposto, di applicare la misura intramuraria, laddove non ritenga sufficientemente salvaguardate le esigenze cautelari attraverso i sistemi tradizionali di sorveglianza.
Una scelta, questa, che appare assolutamente rispettosa sia della libertà personale, che delle
esigenze cautelari e che dovrebbe costituire un faro per tutte le decisioni che saranno adottate
in ambito cautelare in quanto è proprio al giudice della cautela che le Sezioni Unite hanno
imposto di operare, caso per caso, uno scrupoloso esame ed un attento bilanciamento degli
interessi coinvolti prima di decidere quale misura applicare in concreto.
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