Interessi e significato

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Interessi e significato
Interessi e significato
Marco Cruciani ([email protected])
Dipartimento di Scienze della Cognizione e della Formazione,
via M. Del Ben 5, Rovereto, Italia
Sommario
In differenti situazioni di vita, sia comuni che
istituzionali, accade che alcune persone negozino il
significato di termini ed enunciati. Ma se il significato è
convenzionale perché questo viene negoziato? Non
basta rifarsi alle convenzioni? Il problema di
determinare il corretto significato di un enunciato, è una
questione chiave nello studio del linguaggio e dei
processi linguistici. Il tipo di soluzione che riteniamo
plausibile al problema del significato nei processi di
negoziazione semantica ruota intorno all’idea che per
determinare quale sia il significato corretto di un
enunciato si debba ricorrere ad una decisione. Così il
problema slitta verso la risposta alla domanda: perché un
individuo sceglie un significato piuttosto che un altro?
Un individuo che ritiene un certo significato corretto in
una data situazione, fra quali opzioni di significato egli
lo può fare? E come può convincere altre persone? Il
paper cerca di delineare alcune possibili risposte a questi
interrogativi.
Abstract
In different situations of life, both common and
institutional, it happens that some people negotiate the
meaning of terms and sentences. But if the meaning is
conventional, why do we negotiate it? Is it not enough to
refer to the conventions? The problem of the correct
meaning of a sentence, is a key topic in the study of
language and linguistic processes. The kind of solution
that we propose to the meaning negotiation process turns
on the idea that to determine the correct meaning we
need of a decision. So, the problem turns on the
questions, why does a agent prefers a meaning rather
than another? If an agent decides the correct meaning in
a certain situation, then among which options can he do
it? Finally, how can he convince other agents? The
paper tries to design some possible answers to these
questions.
Il problema: interessi e coordinamento
semantico
In differenti situazioni di vita, sia comuni che
istituzionali, accade che alcune persone negozino il
significato di termini ed enunciati. Questa negoziazione
occorre sia in ambiti in cui si rende necessario dirimere
una controversia, sia quando non è presente alcuna
ragione cogente o alcun motivo apparente. Ma se il
significato è convenzionale perché questo viene
negoziato? Non basta rifarsi alle convenzioni?
Dominio di ricerca
Il paper muove da una ricerca che indaga i processi di
negoziazione semantica. In particolare, i processi di
negoziazione prodotti da agenti che si accordano su un
testo che descrive attività nelle quali gli agenti sono
coinvolti. L’impianto interdisciplinare della ricerca è
costituito dalle seguenti discipline: sociologia della
conoscenza, filosofia del linguaggio e della
conoscenza, logica, economia e intelligenza artificiale.
Il caso di studio è offerto dal diritto del lavoro.
Il tipo di soluzione: il problema del
significato come un problema di decisione
Il problema del significato, ovvero il problema di
determinare il corretto significato di un enunciato, è
una questione chiave nello studio del linguaggio e dei
processi linguistici. In questo paper proponiamo un
nuovo approccio a tale problema. Il tipo di soluzione
che riteniamo plausibile al problema del significato nei
processi di negoziazione semantica ruota intorno
all’idea che per determinare quale sia il significato
corretto di un enunciato si debba ricorrere ad una
decisione. A nostro avviso, tale decisione si fonda sugli
interessi degli agenti.
Lineamenti per un modello
A un certo livello di astrazione la lingua italiana
consente di costruire proposizioni ben formate
applicando ricorsivamente le regole della grammatica.
Ad esempio, la proposizione (1) “il panda è un uccello”
appartiene all’italiano ed è grammaticalmente corretta.
Denotiamo l’italiano grammaticalmente corretto con
ita=<V, G> dove V è l’insieme dei vocaboli e G è
l’insieme delle regole di grammatica applicabili
ricorsivamente per ottenere proposizioni corrette.
In un linguaggio formale (1) si potrebbe esprimere
così: (2) ∀ x (P(x) ⊃ U(x)). Tale espressione formale
è soddisfacibile. D’altro canto, nella lingua naturale
facciamo riferimento al dizionario, il quale fornisce
conoscenza lessicale, nonché ad alcuni assiomi che
governano i significati delle parole. Ad esempio un
assioma potrebbe essere espresso formalmente così: (3)
∀ x (P(x)≡ ¬ U(x)). Una delle conseguenze di questo
assioma è che contraddice (2), cioè non la rende più
soddisfacibile.
Per determinare l’interpretazione delle frasi
grammaticalmente
corrette
che
appartengono
all’italiano si può utilizzare la conoscenza dei termini
1
depositati nel dizionario D1. Utilizzando la conoscenza
lessicale depositata in D possiamo circoscrivere in
linea di principio che cosa è un “panda” (ovvero ad es.
un mammifero, e non un uccello), riuscendo così a
determinare se la proposizione della lingua italiana (1)
ha almeno un’interpretazione. Se (1) ha almeno una
interpretazione, allora appartiene all’insieme delle
proposizioni corrette dotate di senso in italiano e
scriviamo che (1) appartiene a C=<ita, KL>. Dove KL
(lexical knowledge) è la conoscenza lessicale e C
intuitivamente rappresenta a un certo livello la
competenza dell’uso dell’italiano2. L’insieme delle
interpretazioni C contiene l’insieme dei modelli logici
M, ovvero le proposizioni che sono valutate vere.
C= <ita, KL>
M= <ita, KL>
Fig.1
La valutazione di una proposizione dotata di senso
può fornire due valori vero o falso [V, F]. Nel caso (1)
il valore di verità è F (dato ad es. l’assioma (3)),
dunque la valutazione non è modello e appartiene alla
corona esterna come rappresentata in Fig.1.
Nel caso di studio, ovvero i contratti di lavoro, il
testo di un contratto è scritto in italiano corretto e
dotato di senso C=<ita, KL>, ma non tutti i sensi
ammessi per una certo enunciato depositati nel
dizionario soddisfano gli enunciati del contratto.
Prendiamo per esempio l’espressione (4) “cessazione
dell’assenza”, essa in italiano può avere differenti sensi
ottenuti dalla composizione dei significati dei termini
che la costituiscono. Ma a differenza dell’italiano, il
quale appunto ammette tutti i significati possibili
ottenuti dalla composizione, il linguaggio del contratto
è governato da alcune regole che determinano quali
siano i sensi ammissibili per questa o quella
espressione del contratto. Ad esempio, per la parola
“cessazione”
sul
dizionario
(De
Mauro,
http://www.demauroparavia.it/) sono riportati 2 sensi:
1) il porre fine, l’aver termine; 2) interruzione,
sospensione. Per la parola “assenza” sono riportati 4
sensi: 1) l’essere assente, lontano: a. dal lavoro; 2)
mancanza: a. di aria, di luce, di gravità; 3) situazione di
incertezza sull’esistenza in vita di una persona
scomparsa da almeno due anni, sancita mediante
sentenza del giudice: dichiarazione di a.; 4) perdita
momentanea della coscienza, spec. dovuta a epilessia,
1
In questa sede non affronteremo il dibattito sulla
demarcazione fra Dizionario e Enciclopedia (a riguardo si
veda Marconi (1999)).
2
In via provvisoria utilizzeremo una nozione intuitiva di
competenza dell’uso del linguaggio, ovvero la capacità di
riconoscere le relazioni lessicali e mettere in corrispondenza
le parole e gli enunciati con il mondo reale.
a isterismo, a forme di intossicazione o a eccessiva
stanchezza.
In italiano il significato dell’espressione “cessazione
dell’assenza” può risultare dalla composizione dei
significati dei termini3. Nel linguaggio dei contratti non
tutti i significati di (4) ottenuti dalla composizione sono
ammessi.
In sostanza al linguaggio C=<ita, KL> devono essere
aggiunti alcuni assiomi specifici che codificano
l’effettiva parte di mondo a cui ci stiamo riferendo (il
mondo dei contratti). Gli assiomi aggiuntivi possono
riguardare vari livelli di codifica della conoscenza del
mondo, ad esempio le leggi dello stato, le regole del
diritto del lavoro, le regole del caso specifico, la
comune intenzione delle parti, ecc. Ma pur
aggiungendo differenti assiomi per governare i
significati ammissibili nel particolare contesto non è
ancora possibile determinare in effetti quale sia il
significato corretto nel contesto del contratto. La
clausola del contratto di lavoro che contiene (4) recita
così: (5) “In particolare resta inteso che il rapporto di
lavoro con lei instaurato si risolverà alla cessazione
dell’assenza della signora Maria Rossi e comunque non
oltre il 23 dicembre 2005”. Nel caso reale tale clausola
dovrebbe governare i tempi di assunzione e impiego di
un neo-laureato presso una compagnia di assicurazioni,
relativamente al periodo di maternità delle lavoratrice
M.R. Durante il periodo di sostituzione la lavoratrice
si dimette e il datore di lavoro chiede la risoluzione del
rapporto di lavoro con il neo-laureato in quanto è
“cessata l’assenza” della lavoratrice. Il neolaureato
sostiene che il significato della clausola (5) si riferisce
al rientro della lavoratrice dopo la maternità e non alla
sua mancanza dal lavoro per dimissioni; in questo caso,
secondo il neo-laureato ci si deve riferire al termine 23
dicembre e non alla condizione espressa da (4), la quale
di fatto secondo il neo-laureato non si è verificata.
Nasce una controversia, in questo caso i significati
ammissibili dal linguaggio del contratto potrebbero
essere due.
M=<ita, KL>
Senso 1 di (3 )
Senso 2 di (3)
Senso 3 di (3)
Senso 4 di (3)
…
A1, A2, A3,…, An
(assiomi)
Senso 2
Senso 4
N=<ita, KL, Ai>
Fig.2
Ci chiediamo come sia possibile discernere quale fra
i significati ammissibili in N sia quello corretto. È
possibile esplicitare tutte le regole linguistiche ed
extra-linguistiche inerenti al contesto particolare che ci
permettono di individuare il significato corretto? O
meglio, è determinabile a-priori un insieme di tali
regole? Noi crediamo di no e il caso reale non
3
Ciò non è dato per espressioni polirematiche, ovvero quelle
espressioni che hanno un significato unitario indipendente dai
significati dei singoli termini. Ad esempio: “vedere rosso”
(essere arrabbiati).
2
contraddice la nostra opinione. Di fatto tale
controversia è attualmente in discussione in sede
giudiziaria.
In casi come questo discernere quale sia il significato
corretto diventa un problema di decisione. In
particolare, il giudice deve decidere quale sia il
significato e le parti in gioco cercano di convincere il
giudice
della
correttezza
delle
loro
interpretazioni/argomentazioni. In genere, ogni parte
cercherà di garantire i propri interessi proponendo un
significato fra quelli ammissibili che massimizzerà la
propria utilità. A nostro modo di vedere in casi come
questo il processo negoziale fra le parti è guidato dagli
interessi delle parti. La tesi principale della ricerca da
cui questo paper prende le mosse è che nei processi
negoziali del significato può esistere una relazione tra
possibili modelli degli enunciati di un testo (contratto)
e gli interessi di un agente. Considerando che
un’interpretazione sulla quale si fonda l’accordo fra
agenti può essere semanticamente consistente per altre
interpretazioni,
anche
radicalmente
differenti,
riteniamo che la relazione tra la formulazione
linguistica del contratto e i suoi possibili modelli
(semantica) possa dipendere da interessi extrasemantici delle parti coinvolte (ad esempio economici,
sociali, ecc.).
La formulazione linguistica degli enunciati del testo
del contratto è ottenuta dalla negoziazione fra le parti.
La forma linguistica degli enunciati, la quale “ritaglia”
uno spazio semantico, oltre alcuni assiomi aggiuntivi,
costituiscono la condizione di possibilità per i sensi
ammessi. La decisione sul significato fa leva sulla
formulazione linguistica degli enunciati del contratto,
alcuni assiomi specifici (tra cui alcuni criteri di deambiguazione) e sulla base di alcuni elementi extrasemantici. Come già detto, dal nostro punto di vista gli
elementi extra-semantici che influiscono sulla
decisione sono rappresentati dagli interessi degli
agenti. Ogni agente spingerà verso il significato, fra i
sensi ammissibili, che massimizzerà i propri interessi.
Sia u(x) una funzione di utilità e a e b due sensi
dell’espressione (4), assumiamo che nel processo di
decisione del significato se per l’agente Ag1 vale
u(a)>u(b), allora l’agente Ag1 sceglierà il senso a. E,
se per l’agente Ag2 vale u(b)>u(a), allora l’agente Ag2
sceglierà il senso b.
A nostro modo di vedere, la decisione vincolante del
giudice rispetta anch’essa la relazione di ordinamento
delle preferenze rispetto a una funzione di utilità.
L’articolo 1363 C.C (e segg.) fornisce i criteri di deambiguazione per le clausole dei contratti.
Principalmente i criteri sono 4: significato letterale,
esegesi della comune intenzione delle parti, sentenze
precedenti, esegesi dottrinale.
Assumiamo che l’interesse del giudice sia
rappresentato dalla conformità ai criteri giuridici
presentati nel Codice Civile. Da ciò, la funzione di
utilità, che descrive le sue preferenze, fornisce valori
alti quando la conformità a tali criteri è alta. In altre
parole più il giudice riuscirà ad utilizzare
simultaneamente il maggior numero fra i quattro criteri
a disposizione per decidere, più alto sarà il valore (in
R) della sua funzione di utilità (soddisferà il suo
interesse alla Giustizia, oppure soddisferà il suo
interesse sociale nell’essere riconosciuto come giudice
competente, ecc.).
Il caso delle controversie (dei contratti di lavoro) in
cui vi è la presenza di un arbitro è utilizzato allo scopo
di dare risalto alle relazioni salienti fra gli elementi del
processo negoziale. L’acquisizione di tali elementi e
delle loro relazioni dovrebbe fornirci gli strumenti per
una corretta analisi dei processi negoziali in generale,
anche quando questi avvengono in situazioni
quotidiane di senso comune nelle quali le persone sono
coinvolte senza la mediazione di un arbitro e senza
l’ausilio di documentazione istituzionale.
In sintesi, il contributo innovativo del paper consiste
nel delineare le modalità di determinazione del
significato degli enunciati del linguaggio naturale
mettendo in luce il rapporto fra il significato degli
enunciati, la loro formulazione e gli interessi degli
agenti.
Ringraziamenti
Sono grato alle seguenti persone per i contributi
offerti a vari livelli al presente lavoro: Paolo Bouquet,
Stefano Zanobini, Andrea Brighenti, Paolo Longinotti,
Francesca Delogu, Attila Bruni e non per ultima in
ordine di importanza Sonia Guglielminetti.
Bouquet P., Zanobini S. (2006). A formal theory of schema
matching. Submitted.
Bouquet P., Serafini L., Zanobini S. (2003). Semantic
coordination: a new approach and an application.
Proceedings of the International Semantic Web
Conference (pp.130-145). Berlin, Heidelberg: Springer.
Colombo F. (2003). Introduzione alla teoria dei giochi.
Roma: Carocci.
De Mauro, dizionario, http://www.demauroparavia.it/
Marconi D. (1999). La competenza lessicale. Roma-Bari:
Laterza.
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