nota a sentenza su art. 187 C.D.S

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nota a sentenza su art. 187 C.D.S
LA GUIDA IN STATO DI ALTERAZIONE DA SOSTANZE STUPEFACENTI O
PSICOTROPE E RIFIUTO DI SOTTOPOSIZIONE AL DRUGTEST
Art. 187 d.lgs. n. 285/92 (c.d. Codice della strada – C.d.S.) Guida in stato di alterazione psico-fisica per
uso di sostanze stupefacenti (1) (2)
1. Chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito
con l'ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l'arresto da sei mesi ad un anno. All'accertamento del reato consegue
in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Se il
veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente è raddoppiata. Per i
conducenti di cui al comma 1 dell'articolo 186-bis, le sanzioni di cui al primo e al secondo periodo del presente
comma sono aumentate da un terzo alla metà. Si applicano le disposizioni del comma 4 dell'articolo 186-bis. La
patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, quando il reato è commesso da
uno dei conducenti di cui alla lettera d) del citato comma 1 dell'articolo 186-bis, ovvero in caso di recidiva nel
triennio. Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata
applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato
commesso il reato, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. Ai fini del sequestro si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 224-ter.
1-bis. Se il conducente in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope
provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 1 sono raddoppiate e, fatto salvo quanto previsto dal settimo
e dall'ottavo periodo del comma 1, la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del titolo
VI. E' fatta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 222.
1-ter. Competente a giudicare dei reati di cui al presente articolo è il tribunale in composizione monocratica. Si
applicano le disposizioni dell'articolo 186, comma 2-quater.
1-quater. l'ammenda prevista dal comma 1 è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le
ore 22 e prima delle ore 7. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 186, commi 2-septies e 2-octies
2. Al fine di acquisire elementi utili per motivare l'obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 3,
gli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, secondo le direttive fornite dal Ministero dell'interno,
nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l'integrità fisica, possono sottoporre i conducenti
ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.
2-bis. Quando gli accertamenti di cui al comma 2 forniscono esito positivo ovvero quando si ha altrimenti
ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l'effetto conseguente all'uso di sostanze
stupefacenti o psicotrope, i conducenti, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l'integrità
fisica, possono essere sottoposti ad accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni di
mucosa del cavo orale prelevati a cura di personale sanitario ausiliario delle forze di polizia. Con decreto del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell'interno, della giustizia e della salute,
sentiti la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche antidroga e il Consiglio superiore di
sanità, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le
modalità, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, di effettuazione degli accertamenti di cui
al periodo precedente e le caratteristiche degli strumenti da impiegare negli accertamenti medesimi. Ove necessario
a garantire la neutralità finanziaria di cui al precedente periodo, il medesimo decreto può prevedere che gli
accertamenti di cui al presente comma siano effettuati, anziché su campioni di mucosa del cavo orale, su campioni
di fluido del cavo orale.
3. Nei casi previsti dal comma 2-bis, qualora non sia possibile effettuare il prelievo a cura del personale sanitario
ausiliario delle forze di polizia ovvero qualora il conducente rifiuti di sottoporsi a tale prelievo, gli agenti di polizia
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stradale di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, fatti salvi gli ulteriori obblighi previsti dalla legge, accompagnano il
conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di polizia stradale ovvero presso le
strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate, per il prelievo di campioni
di liquidi biologici ai fini dell'effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o
psicotrope. Le medesime disposizioni si applicano in caso di incidenti, compatibilmente con le attività di
rilevamento e di soccorso.
4. Le strutture sanitarie di cui al comma 3, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi
1 e 2, effettuano altresì gli accertamenti sui conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche,
ai fini indicati dal comma 3; essi possono contestualmente riguardare anche il tasso alcoolemico previsto
nell'articolo 186.
5. Le strutture sanitarie rilasciano agli organi di Polizia stradale la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle
lesioni accertate, assicurando il rispetto della riservatezza dei dati in base alle vigenti disposizioni di legge. Copia
del referto sanitario positivo deve essere tempestivamente trasmessa, a cura dell'organo di Polizia che ha proceduto
agli accertamenti, al prefetto del luogo della commessa violazione per gli eventuali provvedimenti di competenza.
5-bis. Qualora l'esito degli accertamenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non sia immediatamente disponibile e gli
accertamenti di cui al comma 2 abbiano dato esito positivo, se ricorrono fondati motivi per ritenere che il
conducente si trovi in stato di alterazione psico-fisica dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, gli
organi di polizia stradale possono disporre il ritiro della patente di guida fino all'esito degli accertamenti e,
comunque, per un periodo non superiore a dieci giorni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 216 in quanto
compatibili. La patente ritirata è depositata presso l'ufficio o il comando da cui dipende l'organo accertatore.
6. Il prefetto, sulla base dell'esito degli accertamenti analitici di cui al comma 2-bis, ovvero della certificazione
rilasciata dai centri di cui al comma 3, ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell'articolo
119 e dispone la sospensione, in via cautelare, della patente fino all'esito dell'esame di revisione che deve avvenire
nel termine e con le modalità indicate dal regolamento.
(...) (3)
8. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di rifiuto dell'accertamento di cui ai commi 2, 2-bis, 3 o 4, il conducente
è soggetto alle sanzioni di cui all'articolo 186, comma 7. Con l'ordinanza con la quale è disposta la sospensione
della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell'articolo 119.
8-bis. Al di fuori dei casi previsti dal comma 1-bis del presente articolo, la pena detentiva e pecuniaria può essere
sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell'imputato, con quella del
lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi
previste e consistente nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via
prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o
presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, nonché nella partecipazione ad un programma
terapeutico e socio-riabilitativo del soggetto tossicodipendente come definito ai sensi degli articoli 121 e 122 del
testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Con il decreto penale o con la
sentenza il giudice incarica l'ufficio locale di esecuzione penale ovvero gli organi di cui all'articolo 59 del decreto
legislativo n. 274 del 2000 di verificare l'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. In deroga a quanto
previsto dall'articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità ha una durata
corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando
250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità. In caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il
giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della
sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato. La decisione è ricorribile in cassazione. Il
ricorso non sospende l'esecuzione a meno che il giudice che ha emesso la decisione disponga diversamente. In
caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, il giudice che procede o il
giudice dell'esecuzione, a richiesta del pubblico ministero o di ufficio, con le formalità di cui all'articolo 666 del
codice di procedura penale, tenuto conto dei motivi, della entità e delle circostanze della violazione, dispone la
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revoca della pena sostitutiva con ripristino di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione
della patente e della misura di sicurezza della confisca. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non
più di una volta.
(1) Vedi art. 380 reg. cod. strada.
(2) Articolo così da ultimo modificato dalla L. 29 luglio 2010, n. 120.
(3) Questo comma che recitava: "7. Chiunque guida in condizioni di alterazione fisica e psichica correlata con l'uso di
sostanze stupefacenti o psicotrope, ove il fatto non costituisca più grave reato, è punito con le sanzioni dell'articolo 186, comma
2. Si applicano le disposizioni del comma 2, ultimo periodo, dell'articolo 186." è stato abrogato dall'art. 5, D.L. 3
agosto 2007, n. 117.
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Il comma 2 dell’art. 187 C.d.S., in occasione di controlli ordinari ovvero a campione, consente
alla P.G. di espletare delle verifiche preliminari non invasive su coloro i quali siano alla guida di un
veicolo, al fine di verificare l’eventuale presenza di tracce di un pregresso uso di sostanze stupefacenti
o psicotrope. All’uopo gli agenti potranno richiedere ai fermati di sottoporsi a questo tipo di
accertamenti precursori ovvero a delle prove comportamentali, nonostante non abbiano manifestato
quei sintomi notoriamente indicativi dell’alterazione da abuso. Tale controllo suole esser definito
“screening”, potendo acquisirsi solamente quegli elementi utili a giustificare l’invito rivolto al
conducente di sottoporsi ad ulteriori accertamenti clinici strumentali da svolgersi – secondo le
metodiche diagnostiche previste dalla scienza medica – in un nosocomio o presso quelle altre
strutture sanitarie fisse o mobili equiparate.
Il primo (e per molti aspetti, il preliminare) problema interpretativo che sembra porsi è SE GLI
ACCERTAMENTI DI CUI ALL ’ ART . 187 C. D .S. DEBBANO QUALIFICARSI ALLA STREGUA DI
“ TRATTAMENTI SANITARI ”, poiché – se così fosse – il disposto dell’art. 32 Cost. al comma
2, prevedendo che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario»,
parrebbe dar luogo all’applicabilità di specifiche garanzie difensive ovvero al
riconoscimento della facoltà del conducente di opporre, al ricorrere ben determinate
circostanze, un legittimo rifiuto. Un’eventualità che, se positivamente verificata, potrebbe
rendere di fatto inoperante il portato dell’art. 187 comma 8 C.d.S., che proprio tale condotta
reiettiva sanziona. A fronte di tale orientamento, ve n’è un altro decisamente differente che
piuttosto ritiene che, in casi siffatti, si configuri una mera verifica preliminare non idonea ad attivare
il succitato circuito di garanzie atteso che, come sembrerebbe suggerire anche la stessa lettera della
disposizione, essa si concreta in «accertamenti qualitativi non invasivi o a prove» effettuabili «anche
attraverso apparecchi portatili», ma comunque «nel rispetto della riservatezza personale e senza
pregiudizio per l'integrità fisica».
Nella fattispecie che ci occupa, sposando quest’ultimo convincimento, si ritiene che
effettivamente non si versi in un’ipotesi di “trattamento sanitario” poiché l’accertamento di cui al
secondo comma («al fine di acquisire elementi utili per motivare l'obbligo di sottoposizione agli
accertamenti di cui al comma 3 […] sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi
o a prove, anche attraverso apparecchi portatili») – seppur avente carattere sanitario – è in realtà
qualitativo e finalizzato a mere analisi, prive dell’obiettivo di prevenire o curare malattie, o
che non postulano né perseguono la cura di morbi, non essendo neanche imposto al conducente
di mettere a disposizione il proprio corpo per il “mero” svolgimento di esami medici strumentali.
Detto accertamento non può dunque ontologicamente definirsi “trattamento sanitario” e non
configura a fortiori nemmeno quell’eccezione alla regola della scelta volontaria del titolare del diritto
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alla salute1 rappresentata dal T.S.O. e disciplinata dalla legge n. 833/1978 in ottemperanza alla
previsione costituzionale della riserva legale2. Ad ulteriore conforto, si noti che le verifiche in parola
sono svolte direttamente dagli organi di Polizia stradale, essendo a ciò espressamente legittimati dal
secondo comma dell’art. 187 C.d.S. («al fine di acquisire elementi utili per motivare l'obbligo di
sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 3, gli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12,
commi 1 e 2, secondo le direttive fornite dal Ministero dell'interno»)3. Parimenti, per quanto concerne
gli accertamenti di cui al terzo comma, occorre notare come anche essi siano ben lungi
dall’esser definiti o inquadrabili alla stregua di un “trattamento sanitario”, attesa l’evidenza
che non sono preordinati a diagnosticare o curare malattie tramite esami strumentali fisici,
costituendo piuttosto una verifica clinica/sanitaria volta al riscontro della mera presenza di
“sostanze da abuso” nei liquidi organici del conducente.
Interpretando così il portato normativo della fattispecie che ci occupa, non può
ipotizzarsi nessuna violazione dei limiti costituzionali posti a tutela del fondamentale diritto
alla Salute. D’altronde, a tutto voler concedere, in ordine alla norma che impone di procedere
all’espletamento di queste verifiche sanitarie, la Corte Costituzionale (sent. n. 194/96) ha chiarito
– in modo apparentemente definitivo – che proprio «stante l’espressa previsione di essi
[prelievi preliminari, ndr] in una disposizione di legge [comma 2 art. 187 C.d.S., ndr], la
prospettata incostituzionalità potrebbe ritenersi solo ove si potesse riscontrare un a
violazione, da parte di quest’ultima [della disposizione di legge, ndr], dei “limiti imposti dal
rispetto della persona umana”». Limite che non risulterebbe violato dalla norma che questi
accertamenti prevede ed impone poiché «il prelievo ematico [è diventato, ndr] ormai di ordinaria
amministrazione nella pratica medica, talché può essere persino effettuato da infermieri professionali,
né lede la dignità o la psiche della persona, né mette in alcun modo in pericolo la vita, l’incolumità o
I trattamenti sanitari propriamente intesi, pur postulando il consenso del soggetto, ma tale diritto patisce limiti ed
eccezioni (condivisibilmente individuati anche dal Tribunale monocratico tiburtino), ossia allorquando la legge li
prevede; quando comportino un vantaggio per la salute del singolo e non gli provochino un danno apprezzabile
risolvendosi solo in una lesione al suo diritto alla riservatezza, che deve cedere dinanzi ad interessi più rilevanti;
infine, se vi siano esigenze di solidarietà sociale talmente rilevanti da imporre il sacrificio, permettendo di evitare
un grave danno alla salute altrui.
2 Nel dettare i precisi limiti e le particolari condizioni da rispettare per l’imposizione di trattamenti sanitari
obbligatori, la disposizione normativa citata prevede che essi siano indispensabili e comunque svolti secondo
metodologie il meno possibile coattive, il meno possibile lesive della riservatezza individuale e comunque rispettose
della persona umana.
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La Corte Costituzionale (sent. n. 194/96) è stata investita della questione di legittimità costituzionale dell’art. 187
C.d.S. nella parte in cui prevedeva l’ipotesi del «ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi
in stato di ebbrezza derivante dall'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, sì che l’agente di polizia stradale può
richiedere sulla base di tale convinzione che, a seguito dei relativi prelievi, vengano effettuati gli esami del sangue
e delle urine. Tale previsione risulterebbe lesiva degli artt. 13, primo e secondo comma, e 32, secondo comma, della
Costituzione, in quanto – col sanzionare penalmente il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti – imporrebbe un
trattamento sanitario obbligatorio rimettendo la valutazione circa l’opportunità di disporlo non ad un medico o ad
un operatore sanitario bensì ad un pubblico ufficiale che, a parere del rimettente, non avrebbe la capacità di
individuare soggetti sotto l'influenza di sostanze stupefacenti o psicotrope, segnatamente nel caso di “droghe
leggere”. Al di là dell’ipotesi di incidente, non sarebbe perciò legittimo imporre al conducente la scelta se sottoporsi
ad un trattamento sanitario oppure subire un processo penale, senza che la valutazione circa l’opportunità di
disporre le analisi venga compiuta da un medico”. Nel rigettare le altre censure di costituzionalità menzionate, la
Corte – ai fini che qui interessano – ha chiaramente statuito che «all’agente è rimessa esclusivamente una
valutazione nel momento iniziale, in ordine a circostanze oggettive e sintomatiche che, per la loro contingenza, egli
soltanto può apprezzare; ed a lui, conseguentemente, viene attribuita la facoltà di accompagnare il conducente. In
tal modo la libertà personale di quest’ultimo non è affatto violata, considerato che egli non subisce coartazione
alcuna, potendosi rifiutare in caso di ritenuto abuso di potere da parte dell’agente. Vero è infatti che - a tutela della
effettività dell'attività di polizia - codesto rifiuto è poi costruito dal comma 5 dell'art. 187 come un autonomo titolo
di reato. Ma (…) il giudice deve riscontrare la ragionevolezza del motivo che ha indotto l’agente a disporre
l’accompagnamento».
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la salute della persona, salvo casi patologici eccezionali che il perito medico-legale sarebbe facilmente
in grado di rilevare» (Corte Cost. sent. n. 54/1986).
Sulla base delle esposte considerazioni, la definizione più corretta delle verifiche
sanitarie previste e disciplinate dall’art. C.d.S. è quella di “ ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI
OBBLIGATORI NON COATTIVI ”, per i quali sarà legittima la restrizione della libertà personale
costituzionalmente garantita del conducente non rappresentando un trattamento sanitario,
ma a condizione comunque che vi si proceda esclusivamente secondo le modalità
espressamente tipizzate e previste, ossia senza poter ricorrere all’adozione di valide
alternative, eventualmente ritenute equipollenti 4. Segnatamente, ai sensi del comma 2 bis dell’art
187 C.d.S., seppur si consente la sottoposizione del conducente «ad accertamenti clinico-tossicologici
e strumentali ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale prelevati a cura di personale
sanitario ausiliario delle forze di polizia», al contempo la si vincola alla condizione che quelli
preliminari svolti su strada abbiano fornito esito positivo ovvero che si abbia il ragionevole motivo
di ritenere che il fermato si trovasse alla guida del proprio veicolo sotto l’effetto debilitante dovuto
all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope5. Se tuttavia, al ricorrere una di queste due circostanze
condizionanti, non è possibile effettuare il prelievo a cura dei succitati ausiliari di P.G., oppure se il
conducente oppone il rifiuto di sottoporsi a tale tipo di prelievo su strada, ovvero in caso di incidente
stradale6, ai sensi del comma 3, gli agenti di polizia stradale invitano il conducente ad esser
accompagnato presso le strutture sanitarie tipizzate7, avvertendolo che si procederà – previa formale
acquisizione del suo consenso – al prelievo di campioni di liquidi biologici, da sottoporre poi agli
esami necessari ad accertare la presenza di tracce di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Se la definizione di “accertamento diagnostico” la si può desumere agevolmente dalla
contrapposizione con quella (fin qui esaminata) di “trattamento sanitario” propriamente inteso,
occorre ora puntualizzarne le due ulteriori connotazioni.
In ossequio al dettato costituzionale, appare innanzitutto evidente il carattere della
basilare “non coattività” dell’accertamento diagnostico in esame, regola generale a fronte
della quale le relative eccezioni, al pari di quanto già sostenuto per i “trattamenti sanitari”,
sono tipiche/tassative poiché, in un’ottica di controbilanciamento con l’interesse
soggettivo, si fondano sulla ratio che sia nell’interesse altrui svolgerle 8. Il suo carattere
Cfr. Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n.7339/2003 a nota n. 11.
Così come sembra esser accaduto nella fattispecie sottoposta al giudizio del Tribunale tiburtino, che sottolinea
come gli operanti «avevano notato l’evidente stato di alterazione» dell’imputato.
6 Incidentalmente si noti che «il prelievo ematico, in caso di incidente stradale, è compiuto nell’ambito della
esecuzione di ordinari protocolli di pronto soccorso al di fuori della emersione di figure di reato e di attività
propedeutiche al loro accertamento, pertanto non rientra in alcun modo negli atti di cui all’art. 356 c.p.p., sicché
nessun obbligo sussiste di avvertimento ex art. 114 disp. att. c.p.p.» (Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 37307/12).
ALL. 1
7 La formulazione del comma 4 dell’art. 187 C.d.S. («le strutture sanitarie di cui al comma 3, su richiesta degli organi
di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, effettuano altresì gli accertamenti sui conducenti coinvolti in
incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, ai fini indicati dal comma 3; essi possono contestualmente
riguardare anche il tasso alcolemico previsto nell'articolo 186»), a differenza dell’omologo comma 4 dell’art. 186
C.d.S., non prevede espressamente la facoltà di accompagnare presso strutture sanitarie il conducente neanche se
rimasto coinvolto in un incidente stradale. In tal caso, appare comunque ragionevole sostenere che detta norma
non escluda la possibilità di effettuare un accertamento preliminare con dispositivi di screening non invasivi e più
veloci, i cui risultati potranno costituire lo strumento di verifica da utilizzare – al fine di legittimare lo svolgimento
degli accertamenti successivi – in tutti i casi in cui non sia evidente lo stato di alterazione psico-fisica del conducente
coinvolto nel sinistro (Cfr. Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 2535/16). ALL. 2
8 La Corte Costituzionale, ad esempio, li ha ammessi quando vi è stata l’esigenza di tutela della salute a fronte di
attività che possano porla a repentaglio e così è stato dichiarato illegittimo l’art. 5 della L. 135/90 laddove
consentiva l’esame del sangue per l’accertamento della sieropositività all’infezione da HIV solo su consenso
dell’interessato, ritenendo che tale accertamento possa essere imposto come obbligatorio, benché solamente dalla
legge, per l’espletamento di attività che comportino rischi per la salute di terzi (sentenza n. 194/96). Nello specifico,
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5
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obbligatorio è invece da intendersi nel senso che, nonostante non possa essere
coattivamente imposto al conducente, l’ordinamento ricollega comunque delle conseguenze
sfavorevoli al relativo rifiuto, sanzionandolo penalmente per aver costituito un ostacolo
all’accertamento di un reato 9. Pertanto, gli operanti potranno accompagnare presso le succitate
strutture sanitarie solamente i conducenti a ciò consenzienti per i quali l’accertamento preliminare
abbia dato un esito strumentale positivo, ovvero coloro che abbiano (proprio malgrado) insospettito
gli agenti al punto da indurgli il ragionevole motivo di sospettarli sotto l’effetto di sostanze
stupefacenti o psicotrope.
Poiché già a fronte di tale attività di P.G., potrebbero porsi dei dubbi in ordine alle relative
modalità di esecuzione o ad ipotetiche facoltà difensive del conducente, pare doveroso ribadire come
essa sembri ampiamente consentita, oltre che espressamente regolamentata. Si noti, infatti, il già citato
rigetto della questione di legittimità costituzionale degli artt. 186 comma 6 e 187 commi 2
e 4 C.d.S. in riferimento all’art. 13 comma 1 e 2, all’art. 24 comma 2 e all’art. 32 comma 2
Cost., nella parte in cui rimettevano alla discrezionale valutazione degli agenti di polizia
stradale se sottoporre o meno il conducente all'accertamento in parola 10. D’altronde, questa
la Corte si è pronunciata sulla questione del ricorso (ex art. 700 c.p.c.) di un'infermiera in servizio presso un istituto
per anziani sposata con un collega di lavoro affetto da AIDS in fase conclamata. La direzione dell’istituto, venuta
a conoscenza della circostanza, pretendeva dalla dipendente una visita di idoneità al servizio da effettuare presso
l’ufficio di igiene pubblica della U.S.L. competente. L’infermiera rifiutava di sottoporsi agli specifici esami richiesti
dagli organismi sanitari, avvalendosi della facoltà riconosciuta dall’art. 5 comma 3 l. n. 135/90. La direzione la
sospendeva in via cautelare dal servizio, ma non dalla retribuzione, e per questo la donna ricorreva al Pretore, il
quale eccepiva l’incostituzionalità della legge citata nella parte in cui non ha previsto (limitatamente a specifiche
attività lavorative) la possibilità di accertamenti sanitari (naturalmente con le dovute garanzie di riservatezza) anche
contro la volontà degli interessati (consentiti in forza dell'art. 32 della Cost.), al fine di tutelare la salute come
interesse della collettività, bene, considerato dal Pretore, assai più rilevante di qualsiasi diritto individuale.
Nell’ordinanza di rimessione il pretore afferma «è opinione di questo Pretore che il drastico e perentorio tenore
letterale delle citate disposizioni della legge 5 giugno 1990 n. 135, che escludono in ogni caso la possibilità di analisi
e di accertamenti su un eventuale stato di sieropositività senza il consenso dell'interessato, sia in contrasto con l'art.
32 della Cost., nella parte in cui le predette norme non prevedono, limitatamente ai casi di quelle specifiche attività
lavorative che per la loro particolare natura presentano (come nella fattispecie) il serio rischio di trasmissione
dell'infezione HIV, dall’operatore di assistenza (medico, infermiere, ecc.) all’assistito (sia esso ammalato, un anziano
non autosufficiente o altro), la possibilità di prescindere dal consenso dall’interessato». La Corte, bilanciando quei
valori a cui la Costituzione assegna uno specifico risalto, ha statuito che il principio della tutela della salute ex art.
32 Cost. «implica e comprende il dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio
comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale è diritto di ciascuno trovare un limite nel
reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei
singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunità, che possono richiedere la
sottoposizione della persona a trattamenti sanitari obbligatori, posti in essere anche nell’interesse della persona
stessa, o prevedere la soggezione di essa a oneri particolari. L’interesse comune della salute collettiva e l’esigenza
della preventiva protezione dei terzi consentono in questo caso, e talvolta rendono obbligatori, accertamenti
sanitari legislativamente previsti, diretti a stabilire se chi è chiamato a svolgere determinate attività, nelle quali
sussiste un serio rischio di contagio, sia affetto da una malattia trasmissibile in occasione ed in ragione dell’esercizio
delle attività stesse». Sembra evidente che la decisione della Corte miri solo ed esclusivamente alla tutela della salute
dei terzi e non del singolo presunto portatore del morbo e del suo diritto alla salute.
9 In tal senso cfr. Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 15424/14. ALL. 3
10 La Corte Costituzionale nella sentenza n. 194/96 ha chiarito che «la questione relativa all’art. 187, comma 2, è
infondata. Tale articolo, dopo aver posto nel comma 1 il divieto di guida “in condizioni di alterazione fisica e
psichica correlata con l'uso di sostanze stupefacenti e psicotrope”, prevede nel comma 2 che – in caso d'incidente
ovvero quando vi sia ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi nello stato predetto – gli
agenti di polizia hanno facoltà di accompagnare il medesimo, per il prelievo di campioni di liquidi biologici, presso
idonee strutture. Queste ultime, già individuate nel servizio pubblico per le tossicodipendenze dal previgente testo
del denunciato art. 187, comma 2, sono ora – in virtù della modifica introdotta dal decreto legislativo 10 settembre
1993, n. 360 – strutture pubbliche, adeguatamente attrezzate in condizioni di sicurezza clinica e con l’esclusione di
ogni metodica invasiva, idonee alla “valutazione clinico-funzionale del grado di dipendenza e/o dell'intensità
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primigenia attività degli operanti pare risolversi nella mera possibilità di invitare il conducente
ad essere accompagnato in una struttura sanitaria al precipuo fine di sottoporsi ad un accertamento
medico/strumentale. Quindi, non potendo assurgerla al rango di misura restrittiva della libertà
personale, non può richiedersi l’espletamento di formalità, né l’attivazione di presunte garanzie
difensive, previste per ben altre fattispecie. Parimenti, però, dando sostanza al binomio
obbligatorietà/non coattività, sono da escludersi poteri di esecuzione coatta da parte degli agenti,
atteso che in tale eventualità si potranno infliggere “solamente” le già menzionate sanzioni penali11,
per le quali – è bene precisare – sarà necessario (ma sufficiente) accertare l’avvenuto rispetto delle
modalità previste dall’art. 187 comma 5 C.d.S., che appunto disciplina l’accompagnamento presso
strutture medico/sanitarie pubbliche (cfr. Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n.7339/2003)12.
Proprio con riguardo alle MODALITÀ CON CUI ACCERTARE, in maniera ragionevolmente valida
ai fini del successivo dibattimento, se il conducente fosse realmente alterato dall’effetto degli
stupefacenti, è indispensabile svolgere due differenti tipi di accertamenti successivi fra loro.
Il primo si basa sul risultato tecnico del test di screening ovvero, in assenza di quest’ultimo,
sulla sintomatologia manifestata dal soggetto purché sia idonea a segnalarne uno stato di alterazione
da “sostanze proibite”, capace di porre in pericolo la circolazione stradale e riscontrabile dagli
accertatori tramite indici comuni (quali occhi rossi, problemi di reazione, lentezza di riflessi,
sonnolenza, delirio, profonda depressione, stato di euforia o di forte eccitazione, eccessiva loquacità,
pupille dilatate) ovvero attraverso quanto d’altro possa all’uopo servire da supporto motivo13.
dell'abuso”, secondo quanto prevede l’art. 2, comma 1, lettera b), del decreto ministeriale 12 luglio 1990, n. 186.
Deve escludersi che tale facoltà, riconosciuta agli agenti di polizia sulla base di un fondato sospetto, risulti lesiva
della garanzia circa l’inviolabilità della persona, assicurata dall’art. 13, primo comma, Cost. Il legislatore ha nel
nuovo codice della strada opportunamente distinto lo stato di ebbrezza da alcool, dalle predette condizioni di
alterazione; ed in relazione a queste ultime ha inteso fissare i termini procedimentali di un articolato controllo che
richiede conoscenze tecniche specialistiche, segnatamente per quanto riguarda la qualificazione delle sostanze. (…)
Ed è proprio la previsione legislativa di tale ragionevolezza a scongiurare i rischi di abuso paventati dal rimettente,
consentendo che a posteriori si compia una verifica giudiziale dei fatti e della attendibilità delle ragioni del
convincimento dell'agente, in relazione al bene protetto della sicurezza della circolazione ed alle correlate finalità
di prevenzione. Per altro verso, la dettagliata normativa di cui s’è detto non consente neppure di ipotizzare la
violazione della riserva di legge prevista nel secondo comma dell'evocato art. 13. Né il Pretore rimettente prospetta
come lesa la riserva di giurisdizione, limitandosi ad asserire la necessità della presenza di un medico accanto agli
agenti della polizia stradale. Questa presenza – in concreto irrealizzabile – rimane, oltretutto, completamente
estranea al diritto di difesa tutelato dall'art. 24, secondo comma, Cost., il quale dunque deve ritenersi erroneamente
invocato. Sicché, solo ad abundantiam è da notare che il carattere di atto a sorpresa dell’accertamento in esame,
iscrivibile fra le attività che non presuppongono necessariamente un indizio di reità e trovano giustificazione nella
logica dell’irripetibilità, escluderebbe in ogni caso la dedotta violazione di tale parametro.
11 Cfr. Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 22842/15. ALL. 4
12 Si noti come in tale pronuncia la Suprema Corte, pur puntualizzando che l’avvenuta tipizzazione legislativa della
procedura di accertamento consente la restrizione della libertà personale salvo che il conducente non intenda
commettere il reato del rifiuto, abbia preteso – attesane la rilevanza sulle sorti del soggetto – che tale “procedura
tipica” di accertamento si svolga indefettibilmente secondo le modalità espressamente previste, senza ammettere
soluzioni alternative (così, nel caso concreto, l’accompagnamento presso il comando dei VV.UU. per il prelievo
delle urine è stato ritenuto esorbitante dalla procedura tipica che disciplina quel ben determinato quantum di
restrizione costituzionalmente consentita, limite che non può quindi oltrepassarsi neanche adducendo la
modificabilità dei reperti quale giustificazione dell’urgenza di procedere diversamente rispetto alla soluzione
dell’accompagnamento presso quelle strutture a ciò – espressamente per legge – preposte).
13 In tal senso si ritiene che abbia un’indubbia capacità ed idoneità suggestiva il ritrovamento di strumentazione
usata per assumere la sostanza stupefacente ovvero di dosi o rimanenze della stessa. Pare comunque ragionevole
sostenere che i test preliminari (siano essi accertamenti qualitativi non invasivi di natura clinico-tossicologica e
strumentale ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale oppure prove comportamentali) debbano
comunque svolgersi laddove il conducente è stato fermato e nel rispetto della riservatezza personale, dell’integrità
fisica e senza sostanziarsi in esami clinici o di laboratorio sul sangue, salvo le legittime verifiche qualitative su altri
-7-
Conseguentemente, uno stato di guida sotto l’influenza di stupefacenti penalmente rilevante non
potrà ritenersi provato sulla base della sola sintomatologia manifestata dal conducente14, in presenza
della quale invece l’agente accertatore (considerato che l’esito del pre-test non costituisce fonte di
prova, ma rende legittimo l’accertamento con metodi clinico-tossicologici) avrà il diritto/dovere di
valutare (ed eventualmente verbalizzare) le circostanze che gli hanno suggerito di proporre al
conducente di esser accompagnato presso le strutture tipizzate nel quinto comma, per ivi effettuare
ulteriori e specifiche analisi strumentali. Solo così operando, l’accertatore potrà dare concretezza alle
fondamenta di quel “RAGIONEVOLE MOTIVO” di cui al comma 2 bis C.d.S. ed al conseguente onere
motivazionale posto a proprio carico nel caso intenda procedere all’atto officioso successivo alle
valutazioni empiriche. Infatti, mentre nel caso di incidente o di esito positivo del test di screening il
rifiuto dell’accertamento da parte del conducente non necessita di ulteriori prove o riscontri motivi,
nelle altre ipotesi di diniego è invece dovere dei verbalizzanti indicare le specifiche circostanze fattuali
che riempiono di contenuto e senso il concetto di “ragionevole motivo”, in presenza del quale il
conducente è apparso alterato dall’effetto degli stupefacenti al punto da indurre gli accertatori ad
invitarlo a recarsi presso le strutture medico/sanitarie preposte alle verifiche del caso. Tale concreto
onere motivazionale degli organi di P.G. sarà poi valutato ex post (in sede dibattimentale e nel
contradditorio fra le parti) in ordine sia all’effettività, che alla riscontrabile fondatezza del
“ragionevole motivo” da costoro addotto15.
Il secondo accertamento, cronologicamente successivo a quello testé esaminato, è basato
piuttosto su esami strumentali scientifici effettuati sui liquidi fisiologici del conducente. Pare
doveroso puntualizzare che, ai fini del successivo vaglio in sede giudiziaria, a prescindere dalla
quantità delle eventuali tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope riscontrate, effettivamente
rilevanti al di là del “mero” risultato numerico/strumentale sono gli effetti qualitativi che quella
pregressa assunzione ha provocato sul soggetto alla guida16. È infatti pacifico che, avendo le sostanze
stupefacenti la “capacità” di residuare – ad esempio, nelle urine – anche a distanza di giorni
dall’assunzione, una siffatta risultanza tecnica non potrà esser considerata idonea a supportare una
condanna del conducente, salvo “accompagnarla” dalla specificazione della presenza di quali
inequivocabili sintomi tipici dell’assunzione di tali sostanze presentasse il conducente. Detta
risultanza quindi non dà, né può dar luogo – di per sé sola – all’automatismo circa l’avvenuto
liquidi biologici (ad esempio, urina o saliva) in grado di fornire indizi circa il recente uso di sostanze stupefacenti o
psicotrope.
Tali controlli precursori possono effettuarsi mediante apparecchi portatili in grado di rilevare la presenza di
sostanze stupefacenti o psicotrope nei liquidi biologici, ovvero mediante apparecchi tecnici, dispositivi di controllo
o test che consentano di verificare alterazioni significative del comportamento del conducente correlabili,
presumibilmente, all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope. Per assicurare un accettabile grado di affidabilità
dei risultati, possono essere utilizzati i dispositivi immessi in commercio conformemente alle disposizioni del d.lgs.
n. 332/00, relativa alla Direttiva 98/78/CE in tema di dispositivi medico-diagnostici in vitro ovvero, in mancanza,
i dispositivi approvati dal Ministro della salute sulla base di verifiche e prove effettuate dall’Istituto Superiore di
Sanità. Gli organi di Polizia stradale interessati all’uso di tali strumenti sono tenuti a verificare che sulle
apparecchiature stesse siano riportati i riferimenti dell’approvazione rilasciata dal Ministero della salute, o da altro
organismo riconosciuto, rispettare le modalità di installazione e di impiego previste nei manuali d’uso.
15 È la «previsione legislativa di tale ragionevolezza a scongiurare i rischi di abuso (…), consentendo che a posteriori
si compia una verifica giudiziale dei fatti e della attendibilità delle ragioni del convincimento dell'agente, in relazione
al bene protetto della sicurezza della circolazione ed alle correlate finalità di prevenzione», così Corte Cost. sentenza
n. 194/96.
16 «La condotta tipica del reato previsto dall’art. 187, commi primo e secondo C.d.S. non è quella di chi guida dopo
aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da
tale assunzione. Perché possa dunque affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che,
precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che
egli guidava in stato d’alterazione causato da tale assunzione» (Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 33312/2008).
14
-8-
accertamento dell’effettiva alterazione negativa delle condizioni psicofisiche del soggetto mentre era
alla guida17.
Può sostenersi quindi che si configurerà la fattispecie contravvenzionale in parola solamente
qualora entrambi gli accertamenti succitati diano esito positivo, considerando sul punto dirimente
quella giurisprudenza di legittimità e di merito che ha precisato come l’esito positivo di uno solo dei
due non sarebbe sufficiente a provare la guida in stato di alterazione18. Non sarebbe perciò sufficiente
la prova né del solo ACCERTAMENTO SCIENTIFICO SUI LIQUIDI FISIOLOGICI DEL CONDUCENTE19, né
del solo RISCONTRO SINTOMATICO EFFETTUATO DAGLI AGENTI ACCERTATORI20. È quindi
indispensabile la concorrenza dell’elemento rilevabile dalla polizia giudiziaria (lo stato di alterazione)
per il quale potranno ben valere gli indici sintomatici, e dell'accertamento strumentale sulla presenza
di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope nei liquidi fisiologici del conducente. Seppur in via
incidentale, si ritiene comunque importante sottolineare la necessità tanto della puntuale richiesta di
sottoporre ad accertamento medico la persona accompagnata presso la struttura ospedaliera21, quanto
della forma scritta dell’acquisito consenso perché, trattandosi di accertamento sanitario obbligatorio
«Poiché la presenza dei cannabinoidi permane nelle urine anche a notevole distanza dalla loro assunzione, per la
sussistenza del reato è necessario dimostrare, attraverso esami diversi da quelli delle urine e/o attraverso ulteriori
elementi di prova, la effettiva alterazione da sostanze stupefacenti al momento del fatto contestato» (Cass. Pen.
Sez. 4^ sentenza n. 27942/13). ALL. 5
18 In ordine alla necessità del doppio accertamento positivo, cfr. Cass. Pen. Sez. 5^ sentenza n. 4627/14. ALL. 6
19 «La semplice presenza di tracce di cannabinoidi nelle urine del conducente di un’auto non può rappresentare, da
sola, la prova dell’alterazione delle sue condizioni psicofisiche al momento dell’incidente, determinata da
un’assunzione di sostanze stupefacenti in epoca tale da influire sul suo equilibrio fisico. Infatti, come è noto, le
sostanze stupefacenti possono rimanere nelle urine del soggetto che le ha assunte, anche per alcuni giorni dopo
l’assunzione e tale presenza, in sé e per sé considerata, non comporta automaticamente l’alterazione delle
condizioni psicofisiche previste dall’art. 187 c. strad.» (Tribunale di Genova, 21 luglio 2009, n. 3327; in Guida al
diritto 2009, 43, 63). Da ultimo, cfr. anche Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 21975/10 «è, difatti, consolidato principio,
reiteramente espresso da questa Suprema Corte, che, ai fini della configurabilità del reato di guida sotto l’effetto di
sostanze stupefacenti o psicotrope, è necessario che lo stato di alterazione del conducente del mezzo venga
accertato nei modi previsti dall’art. 187 C.d.S., comma 2, richiedendo l’accertamento conoscenze tecniche
specialistiche in relazione alla individuazione e quantificazione delle sostanze: deve, perciò, escludersi la possibilità
che tale stato di alterazione possa essere desunto da elementi sintomatici esterni, come invece è ammesso per
l’ipotesi di guida in stato di ebbrezza (ex ceteris, Sez. 4, 15 gennaio 2003, n. 7339; Sez. 4, 20 ottobre 2005, n.
1152/2006; Sez. 4, 28 aprile 2006, n. 20247; Sez. 4, 21 settembre 2007, n. 38520)». ALL. 7
20 «Non è consentito desumere la sussistenza del reato di guida in stato di alterazione psicofisica, dovuta
all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, sulla base dei soli dati sintomatici. Per l’accertamento del reato
occorrono la presenza di un adeguato esame chimico su campioni di liquidi biologici con esito positivo nonché
l’esecuzione di una visita medica che certifichi uno stato di alterazione psico-fisica riconducibile all’assunzione di
sostanze stupefacenti o psicotrope» (Tribunale di Savona, Sentenza 19 marzo 2009 n. 354; www.penale.it). La Corte
di Cassazione (Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 7339/2003) d’altronde già aveva precisato che la presenza di
comportamenti sintomatici dà all’organo accertatore la facoltà di accompagnare il conducente presso le strutture
sanitarie previste dallo stesso articolo del codice della strada, ma esclude la possibilità che lo stato di alterazione, ai
fini della configurabilità del reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, possa essere desunto
da elementi sintomatici esterni, come invece è ammesso per l’ipotesi di guida in stato di ebbrezza.
21 Benché testualmente riferita all’ipotesi di cui all’art 186 C.d.S., si noti altresì che «le complesse procedure che
discendono dagli accertamenti dello stato di ebbrezza in ambito ospedaliero e che hanno limitato fino ad oggi
un’attività di accertamento su larga scala, potranno essere svolte secondo le linee guida che sono state predisposte
da un gruppo di lavoro istituito dal Ministero della Salute, insieme ai Ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture e
dei Trasporti, allo scopo di orientare l’attività delle strutture sanitarie e degli organi di polizia e, pertanto, per dare
uniformità alla documentazione amministrativa prodotta. La richiesta di sottoposizione ad analisi può essere
avanzata direttamente, ovvero a mezzo fax, alla direzione sanitaria del nosocomio o della struttura sanitaria presso
cui si trova il conducente sottoposto a cure mediche, secondo le procedure e con la modulistica allegata (All. 2 All. 3). Le procedure operative concernenti le richieste di esami e la trasmissione del loro esito, dovranno costituire
oggetto di preventive intese tra gli organi di polizia stradale e le diverse strutture sanitarie presenti sul territorio e
con i competenti organi regionali di coordinamento» (circolare del 29-12-05 Ministero Interno).
17
-9-
che però non può svolgersi coattivamente, prima di procedere al prelievo dei liquidi biologici dovrà
essere formalmente documentato il mancato diniego dell’interessato mediante un modulo ad hoc22. Il
conducente, dal canto suo, si ribadisce, è obbligato a sottoporsi ai prelievi, salvo rifiutarsi dando
luogo al reato di cui al comma 8 dell’art. 187 del C.d.S.
A tal punto, dall’assetto complessivo del sistema di riferimento, sembra corretto sostenere
che mentre per l’accompagnamento del conducente in una struttura sanitaria ex comma 5 non siano
necessarie forme o procedure particolari di esecuzione, l’accertamento sanitario presso le strutture
preposte, in virtù della sua peculiarità e strumentalità ad assicurare le fonti di prova, va invece inteso
come urgente ai sensi dell’art. 354 comma 3 c.p.p. Conseguentemente, è da ritenersi soggetto a quelle
garanzie difensive23 il cui regime è stato affrontato dalla pronuncia delle SS.UU. n. 5396-15 che,
nell’assolutamente analogo caso della guida in stato di ebbrezza, ha fissato anche dei principi
ermeneutici generali sulla disciplina degli avvisi al conducente di un veicolo circa la facoltà di farsi
assistere da un difensore di fiducia in ossequio all'art. 114 disp. att. c.p.p. Nello specifico, sono state
illustrate le ipotesi e le relative ragioni dell’obbligo degli accertatori di dare tempestivo avviso al
conducente sottoposto a controllo del diritto all'assistenza del difensore, essendosi in procinto di
svolgere un accertamento fisiologicamente urgente sulla persona. Per la Corte, in tal caso, si è in
presenza di «accertamenti e rilievi sulle persone diversi dalle ispezioni personali», in quanto tali
eseguibili direttamente dalla P.G. in virtù del pericolo che, per l’impossibilità del PM di «intervenire
tempestivamente» o per non «ancora assunto la direzione delle indagini», le «tracce […] pertinenti al
reato […] si alterino o si disperdano o comunque si modifichino» (così commi 1, 2 e 3 dell'art. 354
c.p.p.). Proprio al fine di appurare la sussistenza dei presupposti che ne legittimerebbero l’esecuzione,
gli agenti – come chiarito anche dalla Circolare del Ministro dell’Interno del 29.12,2005, n.
300/A/42175/109/4224 – hanno la facoltà di sottoporre preliminarmente il conducente «ad
accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili» funzionali
all’acquisizione di elementi indiziari riferibili alle fattispecie penale. Pertanto, questi esami esplorativi
non possono sottostare alle previsioni dell’art. 354 c.p.p. e di conseguenza è escluso il diritto
all’avvertimento ex art. 114 disp. att. c.p.p., che invece va dato allorquando la P.G. abbia già desunto
dalle circostanze concrete un possibile stato di alterazione del conducente. D’altronde, «dal
combinato disposto degli arti 356 c.p.p. e 114 disp. att., si evince in modo chiaro che l’avviso della
facoltà della nomina di un difensore di fiducia deve essere dato, dalla P.G. operante, al “momento di
procedere al compimento degli atti”. Ne consegue che l’avviso non deve essere dato prima di tale
momento, allorché siano svolti solo atti diversi e propedeutici al loro compimento; in particolare, la
raccolta del consenso è preliminare allo svolgimento dell’alcoltest: pertanto è solo al momento del
compimento dell’atto di prelievo che l’interessato deve essere informato delle facoltà difensive, posto
che, prima della raccolta del consenso, la P.G. non è in grado di sapere se l'atto sarà o meno svolto.
Anticipare la presenza del difensore al momento della richiesta del consenso, non solo non è previsto
dalle richiamate disposizioni, ma finirebbe per snaturare la funzione difensiva, che non è quella di
consigliare se commettere o meno un reato (consenso no, consenso sì), ma solo di partecipare ad un
atto probatorio per garantirne la legalità, esigenza questa che nasce solo dopo che l’interessato ha
prestato il consenso all’alcoltest»25.
Il conducente verrà quindi sottoposto ad un accertamento ai sensi dell’art 354 c.p.p. solo se
(e quando) a suo carico siano già emersi indizi di reità in presenza dei quali dunque, prima di
Cfr. modello di consenso informato ALL. 8
Per la Corte è applicabile anche alla fattispecie di cui all’art. 187 C.d.S. quanto statuito in tema di accertamento
dello stato di ebbrezza alcolica (per tutte sez. IV 8.5.2007 n. 27736 Rv. 236933), ossia che il relativo accertamento
costituisce atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile cui il difensore può assistere senza diritto ad essere
previamente avvisato, dovendo la polizia giudiziaria unicamente avvertire la persona sottoposta alle indagini della
facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia (cfr. all. 5 Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 27942/13).
24 Cfr. circolare ministeriale ALL. 9
25 Così Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 16553/11 ALL. 10
22
23
- 10 -
procedere oltre – ricorrendo una situazione di indifferibilità ed urgenza –, l’indiziato andrà avvisato
della propria facoltà all’assistenza di un difensore di fiducia ex art. 114 disp. att. c.p.p. Gli esami
precursori (tanto se effettuati mediante strumentazione di screening, quanto se rilevati dalla
sintomatologia manifestata dal conducente) non possono assurgersi al medesimo rango perché
meramente esplorativi, perciò gli agenti non dovranno avvisare il conducente della facoltà di farsi
assistere da un legale. Obbligo che, invece, gli corre se e quando maturino quel ragionevole motivo
(necessario e sufficiente) per proporre al conducente l’accompagnamento presso strutture sanitarie
fisse o mobili, essendo stata preliminarmente segnalata per via strumentale o verificata su base
empirica la probabile sussistenza di un’alterazione dovuta ad una pregressa assunzione di sostanze
stupefacenti. La garanzia dell’avviso di farsi assistere da un difensore di fiducia andrà dunque attivata
solamente in favore del conducente che, dopo essersi sottoposto volontariamente al test di screening
con esito positivo, ovvero avendo dato altrimenti segnale di una probabile alterazione “da uso di
droghe”, acconsenta anche ad essere accompagnato presso le strutture medico-sanitarie preposte per
gli ulteriori esami sanitari26.
Quindi, al di là della mera apparenza con l’omologa ipotesi criminosa prevista per l’alterazione
da ebbrezza alcolica o del rinvio recettizio alle sanzioni ex art 186 C.d.S.27, si condividerà la
convinzione che il comma 8 dell’art. 187 C.d.S. disciplini in maniera autonoma e affatto peculiare il
caso di RIFIUTO DEL CONDUCENTE DI SOTTOPORSI AD ACCERTAMENTI SUL PROPRIO STATO DI
ALTERAZIONE28 punendo non solo il diniego del consenso all’esame presso una struttura ospedaliera,
Cfr. Cass. Pen. SS. UU. sentenza n. 5396/15 ALL. 11
In ordine all’interpretazione del rinvio operato dall’art. 186 comma 7 C.d.S. all’art. 186 comma 2 lett. c), si veda
Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza 15184/15 ALL. 12
28 Basti notare ulteriormente che, proprio con riferimento alle modalità di espletamento degli accertamenti officiosi,
in caso di etilometro ai sensi del comma 3 dell’art. 186 C.d.S. non si consente l’accompagnamento coattivo del
conducente presso un comando di polizia allorquando gli operanti non abbiano con sé l’apparecchio, poiché,
costituendo una limitazione della libertà personale, sarebbe dovuto essere esplicitamente previsto dalla legge. Ne
consegue che, in caso di alcolemia, l’eventuale rifiuto del conducente a seguire gli operanti non potrebbe trovare
sanzione nel reato di cui al comma 7 dello stesso art. 186 atteso che punisce con le pene previste dal comma 2 lett.
c) il rifiuto del conducente dell’accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5, poiché trattandosi di materia penale per la
configurabilità della contravvenzione in parola è indispensabile che il conducente rifiuti l’accertamento così come
tassativamente previsto dai commi richiamati nella norma che descrive la condotta tipica. Si noti d’altronde quanto
statuito da Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza 21192/2012: «Nello stesso ricorso correttamente il P.M. ha ritenuto non
essere stato rifiutato l’accertamento ai sensi del comma 4, in quanto i Carabinieri non avevano “invitato” il
conducente “presso il più vicino ufficio o comando” e, soprattutto, difettando il presupposto del preventivo
accertamento qualitativo di cui al comma 3 (esame con etilometro). Né il rifiuto era stato opposto ai sensi del
comma 5, difettando il presupposto di operatività della norma e cioè l’accadimento di un incidente stradale. Il P.M.
ricorrente ha valutato sussistere la tipicità del fatto del rifiuto, ai sensi del comma 3, laddove è previsto che “... gli
organi di Polizia stradale ..., nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica,
possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi
portatili”. Nel caso di specie i Carabinieri, non avendo al seguito l’etilometro, avevano deciso di accompagnare il
(OMISSIS) presso un comando della Polizia Stradale, sito a circa 30 km dal luogo del fatto. Il (OMISSIS) aveva
rifiutato l’accompagnamento, così vedendosi denunciato ai sensi dell'articolo 186, citato comma 7. Ciò detto va
ricordato che nel nostro ordinamento vige il “principio di legalità” secondo il quale l’esercizio del potere pubblico
deve essere fondato sulla legge. Tale principio mira a preservare i cittadini dal pericolo di arbitri. Con particolare
riferimento alle modalità di espletamento degli accertamenti di cui all’articolo 186, comma 3, la disposizione non
prevede la possibilità di accompagnamento coattivo del conducente. Né può dirsi che tale potere sia implicito nella
disposizione in quanto, costituendo l’accompagnamento una limitazione della libertà personale, esso deve essere
esplicitamente previsto dalla legge. La fondatezza di tale assunto è rinvenibile nelle norme del codice di procedura
penale che, nel prevedere ipotesi di accompagnamento coattivo, non solo le tipizzano, ma ne prevedono specifici
presupposti e modalità di attuazione: articolo 132 (accompagnamento coattivo dell'imputato); articolo 133
(accompagnamento coattivo di altre persone); articolo 349, comma 4, (accompagnamento per identificazione);
articolo 376 (accompagnamento
coattivo
per
procedere
ad
interrogatorio
o
confronto);
articolo 399 (accompagnamento coattivo in sede di incidente probatorio); articolo 490 (accompagnamento
coattivo dell'imputato in dibattimento). Ne consegue da quanto detto, che essendo stato intimato al (OMISSIS),
26
27
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ma altresì (ed ancor prima) chi non acconsente a sottoporsi ad un accertamento preliminare; chi non
accetta l’accompagnamento presso il presidio ospedaliero per ivi effettuare l’esame tecnico finalizzato
all’accertamento biologico dello stato di alterazione; chi ricoverato a seguito di incidente stradale
opponga il medesimo rifiuto; chi, pur non opponendosi direttamente agli organi di P.G., non
manifesti il proprio successivo consenso al sanitario incaricato dalla Polizia stradale di procedere
all’esame.
In ultimo, preme evidenziare un arresto giurisprudenziale che, seppur rimasto minoritario, ha
l’indubbio pregio dell’intraprendenza e del fascino ermeneutico, atteso che il rifiuto di sottoporsi agli
accertamenti finalizzati alla verifica dell’eventuale stato di alterazione psico-fisica conseguente
all’assunzione di sostanza stupefacenti o psicotrope è stato ritenuto un illecito amministrativo non
costituente reato. Segnatamente, il Tribunale Monocratico di Lecco, nel condannare il prevenuto per
guida in stato di ebbrezza, lo ha assolto dalla fattispecie di cui all’articolo 187 comma 8 C.d.S. perché
«il fatto non è previsto dalla legge come reato». A ciò giungendo dall’analisi della novella al Codice
della strada del 2008 che pur modificando l’art. 186 comma 7 (rifiuto alcoltest), non ha riformato
anche l’art. 187 comma 8 (rifiuto drugtest), nonché dal dato letterale della disposizione che invero
esordisce con “salvo che il fatto costituisca reato”. In particolare, proprio siffatta clausola di riserva
paleserebbe nel migliore dei modi la chiara opzione legislativa nel senso della depenalizzazione. Anzi,
se si volesse procedere differentemente, secondo il magistrato lecchese verrebbe attribuita
all’interprete un’indebita funzione estensiva del campo dell’incriminazione, in palese contrasto con il
principio di legalità29.
Tuttavia, la Suprema Corte pronunciandosi in un caso analogo, sembra aver dissipato ogni
dubbio sulla previsione legislativa del fatto di reato in parola, chiarendo che «deve escludersi che il
rifiuto di sottoporsi a narcotest costituisse mero illecito amministrativo e non invece ipotesi
contravvenzionale al pari dell'omologo rifiuto di sottoporsi al test etilometrico. La formulazione
parzialmente diversa delle clausole di riserva con cui esordiscono l'articolo 187 C.d.S., comma 8 e
da parte dei Carabinieri, un accompagnamento presso un distaccamento della Polizia Stradale sito ad una rilevante
distanza del luogo del fatto, con conseguente sensibile limitazione della libertà del predetto (OMISSIS); il suo
rifiuto all'adempimento di un obbligo non dettato dall’invocato combinato disposto dell'articolo 186, commi 7 e
3, non integra la contravvenzione prevista da dette disposizioni». ALL. 13
29 «Quanto all’ulteriore fattispecie di cui all’art. 187, comma 8, D.Lgs. 285/92, si impone invece la pronuncia
liberatoria con la formula “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”. E ciò non solo in quanto la lex
intermedia (pur sempre “legge posteriore” nell’accezione di cui all’art. 2, comma 4, c.p.) D.L. 117/2007 ha
pacificamente depenalizzato la detta fattispecie, ma anche e soprattutto in ragione della perdurante rilevanza della
condotta contestata solo a titolo di illecito amministrativo. È da ritenere infatti che il rinvio all’art. 186, comma 7,
D.Lgs. 285/92, fatto dall’art. 187, comma 8, dello stesso Codice della Strada, così come innovato dall’art. 5, comma
2 lett. d, D.L. 117/2007, abbia natura “recettizia” e non “formale”. Si deve in altre parole ritenere che il rinvio in
parola debba intendersi fatto all'art. 186, comma 7, D.Lgs. 285/92 nella formulazione introdotta dallo stesso D.L.
117/2007, che, per l’appunto, aveva depenalizzato la condotta consistente nel rifiuto di sottoporsi ad accertamenti
alcolimetrici. Significativo in tal senso è non solo e non tanto il fatto che la successiva, ulteriore novella al Codice
della Strada, di cui al D.L. 92/2008, abbia innovato l’art. 186, comma 7, e non l’art. 187, comma 8, ma soprattutto
l'enunciazione letterale di cui a quest’ultima fattispecie (per l’appunto non toccata dal legislatore con la novella del
2008), che esordisce con la clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca reato”. Formula questa che
inequivocabilmente conferma come il legislatore avesse inteso, non già rinviare genericamente al trattamento
sanzionatorio previsto per altra fattispecie, come tale suscettibile anche di future modificazioni estensibili alla
fattispecie formulata quoad poenam con il meccanismo del rinvio, ma cristallizzare una sanzione certamente di
carattere amministrativo. Da una tale scelta inequivocabile il legislatore, a ben vedere, avrebbe potuto recedere solo
espungendo, con lo stesso D.L. 92/2008 (o, comunque, con legge successiva), dalla formula della fattispecie in
esame la descritta clausola di riserva, indicativa di una inequivocabile scelta di campo nel senso della
depenalizzazione. Diversamente opinando, ad esempio alla stregua di pur apprezzabili esigenze sistematiche (in
effetti nel senso di ricondurre ad unità il trattamento sanzionatorio di condotte tra loro sovrapponibili quanto ad
oggettività giuridica), si finirebbe per attribuire all’interprete un’indebita funzione estensiva del campo
dell’incriminazione, in palese contrasto con il principio di legalità» (Tribunale Monocratico di Lecco, Giud.
Salvatore, sentenza 9.6.2010). ALL. 14
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l'articolo 186 C.d.S., comma 7 (nel testo attualmente in vigore) rispettivamente: “salvo che il fatto
costituisca reato” e “salvo che il fatto costituisca più grave reato” non può condurre, come sostenuto
dal ricorrente, a privare di qualsivoglia significato il rinvio recettizio enunciato nella disposizione
richiamante a quella contenente la disciplina della fattispecie di reato applicabile in caso di rifiuto di
sottoporsi a narcotest. Ne discende che, al di là dell’irrilevante difetto di coordinamento tra le clausole
di riserva delle due disposizioni normative ed attesa la previsione di reato della vigente norma
richiamata, (donde la pleonastica apposizione o comunque il superamento della clausola di riserva)
per effetto di detto rinvio, non solo vanno applicate le sanzioni penali ivi previste, ma anche le
sanzioni amministrative accessorie ivi inclusa la confisca del veicolo (cfr. Sez. 4 n. 48576 del 2009)»30.
Avv. Fabio D’Offizi
30
Così Cass. Pen. Sez. 4^ sentenza n. 3270/13. ALL. 15
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