Un patrimonio che vale una fortuna ~ Italia e Unesco nel 2007

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Un patrimonio che vale una fortuna ~ Italia e Unesco nel 2007
SITI – anno quarto numero due – periodico trimestrale – apr/giu 2008 – Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in abbonamento postale – D L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, comma 1, DCB Ferrara
Un patrimonio che vale una fortuna
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Italia e Unesco nel 2007
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Dossier Campania
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L’opinione pubblica a difesa dei beni culturali
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Viaggio in Antartide, ultima frontiera
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Piazze e spazi pubblici nelle città europee
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Turisti sì, ma non per caso
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La rete dei siti Unesco siciliani
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I monasteri portoghesi dell’Unesco
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Le infinite sorprese della necropoli di Cerveteri
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Le ville di Andrea Palladio
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I siti Unesco dell’Adriatico
~
La Transavanguardia avvolge la Ghirlandina
SITI • APRILE/GIUGNO 2008 • ANNO QUARTO • NUMERO DUE
SITI • anno quarto • numero due
aprile/giugno 2008 • anno quar to • numero due
TRIMESTRALE DI ATTUALITÀ E POLITICA CULTURALE
Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale
UNESCO
Siti
Trimestrale di attualità e politica culturale
dell’Associazione città e siti italiani patrimonio mondiale Unesco
aprile/giugno 2008 • anno quarto • numero due (dodici)
Sede: Piazza del Municipio, 2
44100 Ferrara
tel. 0532 419452 fax 0532 419263
[email protected] - [email protected]
www.sitiunesco.it
Direttore responsabile
Sergio Gessi
Coordinatore editoriale
Fausto Natali
Hanno collaborato a questo numero:
Annalisa Baldinelli, Monia Barca, Fausta Bressani, Rossella Cadignani,
Sebastiano Cariani, Luigi Centola, Adriano Cioci, Vezio De Lucia, Angela
Ghiglione, Arnaldo Gioacchini, Sonia Grasso, Franco Mancuso, Luisella
Meozzi, Giovanni Puglisi, Roberto Ruozi, Maria Clotilde Sciaudone,
Susanna Venturi, Jose Garcia Vicente, Arianna Zanelli
Autorizzazione del Tribunale di Ferrara n. 2 del 16/02/05
Progetto grafico e impaginazione
Antonello Stegani
Impianti e stampa
Tipolitografia Italia
Via Maiocchi Plattis, 36 – Ferrara
Si ringraziano Comuni, Province e Regioni per l’invio dei testi e del materiale
fotografico.
Crediti fotografici:
Andrea Bonfatti, Maurizio Caselli, Luigi Centola, Davide Costa, Arnaldo Gioacchini,
Luisella Meozzi, Antonello Stegani, Susanna Venturi, Marco Maggiore e Sergio
Tugnoli - Fototeca PNRA SCrl, Giacomo Natali, Comune di Barumini, Comune di
Ferrara, Provincia di Ferrara, Comune di Modena, Regione Veneto
L’editore è a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda eventuali
illustrazioni non individuate.
In copertina: Barumini
AUTORI E INTERLOCUTORI
Fausta Bressani - Avvocato. Dirigente regionale della Direzione Beni Culturali della Regione del Veneto dal 2005. Precedentemente all’incarico nel settore culturale ha maturato esperienze, sempre all’interno dell’amministrazione regionale,
nei settori della sanità, del bilancio, dell’avvocatura regionale. La Direzione di cui ora è responsabile esercita le competenze
regionali in materia di beni e servizi culturali con particolare riguardo ai settori dell’arte contemporanea, dei musei, delle
biblioteche e degli archivi nonché dell’edilizia a finalità culturali, dell’archeologia, della catalogazione dei beni culturali. Gestisce la banca dati regionale dei beni culturali. Si occupa dei siti Unesco insistenti sul territorio regionale ed è il riferimento
regionale per l’Associazione Città Murate del Veneto.
Rossella Cadignani - Architetto. Dirigente del Servizio Edilizia Storica del Comune di Modena. Ha diretto per anni il
Servizio di Pianificazione Urbanistica, occupandosi della stesura del Piano regolatore e di progettazione del paesaggio. Dal
2004 si occupa del restauro degli edifici storico-monumentali di proprietà comunale. E’ coordinatrice del Comitato Scientifico istituito per il restauro della “Ghirlandina”.
Luigi Centola - Architetto. Nel 1996 ha ricevuto il master dall’Architectural Association di Londra e nel 1998 ha vinto
la borsa Fulbright presso l’American Academy in Rome. Dal 2000 è editore di Newitalianblood.com, portale interattivo di
architettura, paesaggio, design e arti visive. Ha curato l’organizzazione di 10 concorsi e 25 tra eventi e mostre-inchiesta.
Insegna progettazione all’Università di Ferrara. Nel 2001 ha fondato lo studio Centola & Associati con sedi a Roma e Salerno. C&A ha in via di realizzazione masterplan e progetti in tutta Italia, ha vinto i concorsi per la sistemazione paesaggistica
della Banca Europea a Lussemburgo, il museo di arte contemporanea a Castelmola, il centro culturale giovanile presso l’ex
mattatoio a Roma, il parco vulcanico e la stazione turistica Etna Nord a Linguaglossa ed ha ricevuto importanti riconoscimenti per i piani di sviluppo e riqualificazione della città di Salerno.
Vezio De Lucia - Architetto. Dal 1986 al 1990 Direttore Generale dell’Urbanistica e membro del Consiglio superiore dei
Lavori pubblici. Dal 1990 al 1995 consigliere regionale del Lazio per il Pci-Pds. Dal 1993 al 1997 assessore all’urbanistica
al Comune di Napoli. Autore del PRG di Napoli e di libri che hanno insegnato l’urbanistica ai non urbanisti, membro attivo di
associazioni che difendono la democrazia e il paesaggio.
Arnaldo Gioacchini - Giornalista, sociologo e demodoxalogo. È coordinatore editoriale di “Archeologia & Cultura”, collabora, fra l’altro, a varie testate quotidiane, settimanali e mensili. Membro del Direttivo dell’Associazione Nazionale Sociologi e presidente della Commissione Rapporti Internazionali. È stato Vicepresidente della Società Italiana di Demodoxalogia.
Ha fatto parte dell’Ufficio Speciale del Comune di Cerveteri per la Candidatura del Sito Unesco, dell’Ufficio Unesco e della
Commissione Giudicatrice del “Concorso Internazionale per Idee per la Realizzazione del Parco Archeologico Caerite”.
Sonia Grasso - Ingegnere edile, Dottore di Ricerca in Progetto e Recupero Architettonico Urbano e Ambientale, assegnista di Ricerca, professore a contratto di Ingegneria del Territorio in Ingegneria del Recupero Edilizio ed Ambientale
(Università di Catania) e di Urbanistica II in Scienze dell’Architettura, Facoltà dei Beni Culturali (Università Kore di Enna).
Le sue ricerche sono orientate sui temi della pianificazione urbana e territoriale, in particolare sullo studio dei beni culturali
materiali ed immateriali e sul modo in cui la valorizzazione del patrimonio possa incidere sui processi di pianificazione. Ha
pubblicato diversi saggi ed articoli su riviste specializzate.
Franco Mancuso - Architetto. Professore di progettazione urbanistica presso l’Università IUAV di Venezia. Ha insegnato
e tenuto seminari e conferenze in diverse università e istituzioni, in Europa e altri paesi. Si occupa di progettazione con
particolare interesse agli spazi pubblici. Sue opere hanno ricevuto importanti riconoscimenti nazionali e internazionali e
sono pubblicate in volumi e riviste. E’ responsabile del progetto comunitario “La piazza, un patrimonio europeo” svolto
nell’ambito del programma Cultura 2000.
Giovanni Puglisi - Nel 1968, dopo la laurea in Lettere con lode, inizia, come assistente ordinario di Storia della Filosofia
nella Facoltà di Lettere e Filosofia, una lunga e prestigiosa carriera accademica presso l’Università degli Studi di Palermo,
dove è stato anche Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dal 1979 al 1998, anno in cui si è trasferito a Milano.
Dal 28 marzo 2001 è Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano presso la quale è titolare
della Cattedra di Letterature Comparate. Tra i numerosi altri incarichi ricoperti, quello di Presidente della Commissione
Nazionale Italiana per l’UNESCO. È autore di moltissime pubblicazioni e saggi.
Roberto Ruozi - Laureato nel 1961 all’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano, dal 1995 al 2000 ne è stato
Rettore, attualmente ne è Professore emerito e Presidente del Centro Studi Innovazione finanziaria. E’ stato docente alle
Università di Ancona, Siena, Parma, Parigi (Sorbona) e al Politecnico di Milano. E’ autore di numerose pubblicazioni su
problematiche finanziarie e bancarie e di economia del Turismo. Dal 2001 è Presidente del Touring Club Italiano.
Maria Clotilde Sciaudone - Docente di Geografia economico-politica per il corso di laurea in Scienze Organizzative e
gestionali dell’Università della Tuscia. Membro del gruppo di lavoro per l’elaborazione del Piano di sviluppo socio-economico della Provincia di Caserta. Ha partecipato a diversi progetti di ricerca finanziati da CNR e MURST. Nell’attività scientifica
si è anche occupata del centro storico di Salerno, del Sistema Informativo Geografico del centro storico di Benevento, del
sistema ambientale e territoriale della Provincia di Caserta e del sistema turistico casertano.
Jose Garcia Vicente - Laurea in Librarianship e Information Management presso l’Università di Salamanca, Spagna e
l’Università di Parigi V - René Descartes, in Francia. Dal 1999 è responsabile del Centro di Documentazione UNESCO-ICOMOS, a Parigi. Tra i suoi interessi: la gestione del patrimonio virtuale, l’attuazione e lo sviluppo di aprire l’accesso archivi e
pubblicazioni digitali.
SITI • SOMMARIO
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Editoriale
Un patrimonio che vale una fortuna
Riconoscere il reale valore dei beni culturali
e investire su di essi
di Gaetano Sateriale
7 Primo piano
Italia e Unesco nel 2007: un bilancio
a mezze tinte
“Il capitale storico, artistico e naturale
costituisce un onore, ma anche un onere”
di Giovanni Puglisi
12 Dossier Campania/1
L’Italia non può perdere Napoli
La Campania non è solo emergenza rifiuti
di Vezio De Lucia
16
Dossier Campania/2
Alla ricerca di un nuovo
“Rinascimento Napoletano”
“Il rilancio di Napoli e della sua immagine
deve ripartire dal suo centro storico”
di Maria Clotilde Sciaudone
20 Dossier Campania/3
La Valle dei Mulini si affida all’antico
potere dell’acqua
Un piano strategico per il recupero di cinque valli
fluviali della costiera amalfitana
di Luigi Centola
24 L’intervento
L’opinione pubblica a difesa dei beni culturali
Il Touring Club Italiano lancia l’allarme sui rischi
di una cattiva gestione del patrimonio
di Roberto Ruozi
48 Sicilia
Una grande rete per i siti Unesco siciliani
L’importanza delle eccellenze culturali nel
processo di valorizzazione del territorio
di Sonia Grasso
52 Reportage
I gioielli della Valle del Tago
I monasteri portoghesi dell’Unesco, un
trittico che riempie gli occhi e resta nel cuore
di Susanna Venturi e Luisella D. Meozzi
56
Cerveteri
Le infinite sorprese della necropoli
di Cerveteri
Dopo 2600 anni riemerge una splendida
piazza sacra etrusca
di Arnaldo Gioacchini
60 L’Associazione
Basta un poco di zucchero…
Le dolci bustine dell’Unesco: un nuovo ed
originale strumento di promozione
di Arianna Zanelli
62 Veneto
Le splendide ville di Andrea Palladio
Progetti strategici per una riqualificazione
paesaggistica
di Fausta Bressani
66
Siti Unesco dell’Adriatico/1
La cultura unisce ciò che il mare divide
Cronaca di un progetto europeo
di Sebastiano Cariani e Monia Barca
32 L’intervista
Viaggio in Antartide, ultima frontiera
Alla scoperta del continente dei ghiacci, dove
gli scienziati studiano i misteri del pianeta
di Adriano Cioci
70 Siti Unesco dell’Adriatico/2
“Il muro della Memoria”
Riconsegnata alla città di Ferrara l’area
attorno all’abside del Duomo
di Angela Ghiglione
72 Modena
La Transavanguardia avvolge
la Ghirlandina
Modena festeggia dieci anni di Unesco e dà il
via al restauro della Torre civica
di Rossella Cadignani
38 In evidenza
Piazze e spazi pubblici nelle città europee
I luoghi nei quali si ritrova e riafferma
l’identità sociale della comunità
di Franco Mancuso
76
28 L’Unesco
Tutto il patrimonio mondiale a portata di clic
Il Centro di Documentazione Unesco-Icomos
di Jose Garcia Vicente
44 L’analisi
Turisti sì, ma non per caso
“Il viaggiatore moderno è un consumatore
esperto e consapevole
di Annalisa Baldinelli
L’approfondimento
Agli italiani piacciono le mostre
La classifica delle esposizioni temporanee
più visitate nel 2007
di Fausto Natali
78 Brevi
Notizie dall’Italia e dal mondo
EDITORIALE
RICONOSCERE IL REALE VALORE DEI BENI CULTURALI
E INVESTIRE SU DI ESSI
UN PATRIMONIO
CHE VALE UNA FORTUNA
di GAETANO SATERIALE
Presidente Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale Unesco
Urbino
a gr ande potenziali t à del patr imonio cul tur ale come gener atore
di r icchez za è un fat to acquisi to, anche se non tu t ti ne hanno
piena consapevolez za. Siamo, a det t a di mol ti, il Paese più
bello del mondo, cer t amen te quello con il maggior numero di
si ti iscr i t ti nella List a Unesco, ma non il più visi t ato. Come
mai? È vero che tu t ti i Paesi a tur ismo maturo, come Ger mania,
Fr ancia, Gr an Bret agna e Spagna, st anno segnando il passo,
ma l’I t alia fatica più degli al tr i, sicur amen te più del dovu to. Le carenze del
Mez zogior no (il movimen to tur istico estero al Sud è appena un quar to r ispet to
al resto del Paese) e la for te diminuzione della motiva zione balneare (da mol ti
decenni nostro pun to di for za) da sole non bast ano a spiegare le enor mi di fficol t à che stiamo incon tr ando. Le cause sono, infat ti, mol teplici, ar ticolate e
tenacemen te r adicate nel tessu to sociale. Limi ti str u t tur ali, carenze organizzative, insuf ficien te coordinamen to ed estenuan ti len tez ze frenano lo sviluppo
del tur ismo e r allen t ano la cresci t a dell’in tero sistema. Se a ciò si aggiunge
una poli tica dei prez zi fuor i mercato, che induce i tur isti a prefer ire mete meno
quali ficate ma economicamen te più convenien ti, un’eccessiva atomiz za zione
dell’of fer t a e un’inadeguat a capaci t à /volon t à di innova zione, è facile in tuire
quan to sia di f ficol toso r iguadagnare il ter reno perdu to. Bisogna reagire pron t amen te, con ef ficaci poli tiche di sistema che sostengano il set tore, uno dei
pochi nei quali non temiamo – o non dovremmo temere – r ivali t à e competi zione. Senza, per al tro, farci fuor viare dalla facile scorciatoia della presun t a
maggior idonei t à del pr ivato a r ispondere alle esigenze della new economy.
L’alleanza con i sogget ti pr ivati r iveste un’impor t anza str ategica, ma a fianco
del pubblico, nei ser vizi di suppor to alla valor iz za zione del patr imonio cul tur ale, non nella gestione diret t a.
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“IL CAPITALE STORICO, ARTISTICO E NATURALE POSSEDUTO
DALL’ITALIA COSTITUISCE UN ONORE, MA ANCHE UN ONERE”
ITALIA E UNESCO NEL 2007:
UN BILANCIO A MEZZE TINTE
di GIOVANNI PUGLISI
Presidente della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO
Aquileia
Il turismo italiano va riqualificato riconoscendone le potenzialità ed investendo
su di esse, at traverso un approccio di sistema, di rete, di coinvolgimento ad ogni
livello. Le singole amministrazioni hanno
fat to fronte, in questi anni, alle sfide di un
mercato turistico sempre più esigente con
grande impegno ed esigue risorse. Non
parlo, ov viamente, delle tradizionali mete
turistiche, autosuf ficienti da ogni punto di
vista, ma delle piccole cit tà. Quella miriade di centri minori che a fatica riescono a
rispondere alle esigenze elementari delle
proprie comunità e per i quali è praticamente impossibile impostare e por tare a
termine proget ti turistico-culturali che richiedono competenze e risorse ben al di
sopra delle loro possibilità.
È giunto il momento di compiere un significativo salto di qualità nelle politiche
nazionali per riuscire a mettere a valore una
materia prima, il nostro incredibile patrimonio culturale e paesaggistico, che attende
solo di essere “riscoper ta”. La nostra associazione è pronta a fare la propria par te,
mettendo a disposizione capacità e competenze, per intraprendere un percorso comune che rilanci un grande progetto di valorizzazione dei beni culturali del nostro Paese.
Su questo e su molto altro ci confronteremo nel corso delle seconda “Giornata delle cit tà e dei siti Unesco italiani”,
in programma a Ferrara a metà aprile,
all’interno del “Cit tàterritorio Festival”.
Una impor tante occasione di incontro per
un’at tenta riflessione collet tiva sul ruolo
determinante che il patrimonio Unesco
può e deve assumere per uno sviluppo
qualificato e sostenibile del nostro Paese
nel ter zo millennio.
l 2007 si è concluso con un singolare
bilancio per quanto attiene ai rapporti
tra l’UNESCO e l’Italia. Vittorie e sconfitte particolarmente significative sono
state il raccolto di aiuole diverse ma
contigue nell’hortus conclusus della
cultura nazionale.
Il patrimonio di arte, storia e natura riconosciuto
con l’iscrizione di 41 siti italiani nella Lista dell’UNESCO ci ha posto in un’indiscutibile prima posizione
“quantitativa” tra tutti gli Stati membri, senza entrare
nella disamina della valenza qualitativa del “bello”
così massivamente presente sul nostro territorio.
A questo traguardo si è arrivati grazie all’eredità
copiosa del passato, ma anche grazie ad un accorto
lavoro di preparazione e presentazione delle candidature che ha consentito la periodica immissione di
nostri beni tra quelli del Patrimonio dell’umanità. Dal
1993 non c’è stato anno che non abbia visto uno o
più siti del nostro Paese ricevere il prestigioso riconoscimento, con picchi quali quello del 1997 - ben
10 nuove contemporanee iscrizioni -.
Il 2007 ha segnato una battuta d’arresto: alla
31a sessione del Comitato del patrimonio mondiale, che si è tenuta a Christchurch in Nuova Zelanda
all’inizio dell’estate, non sono state presentate pro-
poste italiane.
Le Dolomiti e la Valnerina, che più sembravano
prossime al traguardo (le prime come sito naturale e
la seconda come sito misto, sia naturale che culturale), hanno dovuto soprassedere alle candidature. Si
era infatti reso indispensabile ripensare alcuni termini e aspetti delle stesse alla luce delle osser-
Alberobello
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vazioni avanzate dagli organi consultivi
di cui l’UNESCO si avvale nel settore del
Patrimonio: IUCN (International Union for
the Conservation of Nature - World Conservation Union) e ICOMOS (International
COuncil on MOnuments and Sites).
In buona sostanza occorreva fare
maggiore chiarezza intorno agli aspetti
di “management” e di vocazione di luoghi
che, certamente unici, debbono comprendere appieno come gestire e quale
sbocco dare alla loro unicità.
Ravenna
Entrare a far parte dei siti UNESCO
può essere infatti un investimento, ma
comporta un impegno non solo etico e politico, bensì anche economico.
Parlo di economia come scelta produttiva delle
aree coinvolte, sottolineando che non tutto può coesistere. Attività estrattiva o industriale, lottizzazione,
produzione di energia idroelettrica, reti e sistemi di
trasporti capillari e veloci sono opzioni legittime e
tuttavia difficilmente compatibili con la tutela dell’eredità del passato e del paesaggio culturale e naturale che ci è stato trasmesso.
Inoltre – vorrei fare un breve inciso che si rian-
Castel del Monte
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noda all’impegno politico ed economico cui accennavo poc’anzi – alla scelta produttiva va pensata ed
affiancata un’azione finanziaria tesa a reperire fondi
per la salvaguardia del patrimonio esistente e il recupero di quanto è a rischio.
Il capitale storico, artistico e naturale posseduto dall’Italia è enorme e questo equivale a dire che
molto c’è da fare e che questa eredità costituisce un
onore, ma anche un onere.
A fronte dell’attività richiesta - studi, ricerche
ed interventi - i fondi a disposizione, sempre esigui, debbono trovare nuovi apporti negli investi-
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menti privati.
A questo proposito, occorre sperimentare la
percorribilità di nuove strade, comprendere il carattere non antagonistico ma complementare di contributi che provengano sia dal settore pubblico che
da quello privato e, insieme, approfondire e meglio
articolare la già forte vocazione ad investire nell’arte
e nella cultura delle Fondazioni bancarie e di alcuni
settori del mondo imprenditoriale. Personalmente
non sono contrario ad una creatività che trasformi
il bene culturale in attività che produce reddito, beninteso a patto che tutta l’operazione abbia come
principale obiettivo il bene stesso.
Ho volutamente affrontato per prima – resto in
ambito economico finanziario prendendone a prestito il linguaggio – la voce in rosso del consuntivo
2007 e gli spunti correttivi che se ne possono trarre,
perché la parte in attivo, su cui ora mi soffermerò,
carica di nuove e positive prospettive l’azione a venire.
Parlo di quanto costituisce insieme il traguardo
di un lungo percorso e il punto di partenza per nuove
prospettive: la legge di Ratifica della Convenzione
per la Tutela del Patrimonio Immateriale dell’Umanità
, approvata dal Parlamento lo scorso 12 settembre.
L’approvazione, ci tengo a ricordarlo, è avvenuta con voto unanime: 381 voti a favore su 381
presenti e votanti, a testimonianza di una comune
e trasversale attenzione da parte delle forze politiche
per l’azione dell’UNESCO e per questa tematica in
particolare.
Tradizioni ed espressioni orali e linguistiche - si
pensi alle diverse forme di canto e poesia tradizionale
-, arti legate allo spettacolo – si pensi alle rappresentazioni storiche e alle danze folcloriche -, usi sociali,
rituali e situazioni festive – si pensi a giostre o pali -,
tecniche tradizionali dell’artigianato – si pensi
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Firenze
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L’Opera dei Pupi siciliani
alla fabbricazione di strumenti musicali come il liuto
– costituiscono un patrimonio culturale immenso di
cui l’Italia ha innumerevoli testimonianze e che attende il giusto riconoscimento internazionale.
Due alte espressioni di questo patrimonio hanno
già ricevuto il titolo di Capolavori del patrimonio immateriale dell’umanità, come venivano denominati i
beni della cultura intangibile prima che la Convenzione entrasse in vigore : l’Opera dei Pupi Siciliani e il
Canto a tenore dei pastori del centro della Sardegna
. Ora potranno essere automaticamente iscritti sulla
Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO e speriamo che un’accorta e
meditata predisposizione delle candidature consenta
presto a molti altri beni della cultura intangibile del
nostro Paese di figurarvi.
Vorrei sottolineare però la valenza etica ed il
senso profondo dell’azione unescana per la salva-
guardia di tutto ciò che è “cultura” dell’uomo e chiarire ancora una volta che con le Convenzioni e con
le Liste non si vogliono stilare classifiche, separare il
bello dal brutto o i virtuosi dagli iniqui.
Nella Convenzione per la Tutela del Patrimonio
Immateriale dell’Umanità all’art.1 si legge “Gli scopi
della presente Convenzione sono di:
a) salvaguardare il patrimonio culturale immateriale;
b) assicurare il rispetto per il patrimonio culturale immateriale delle comunità, dei gruppi e degli
individui interessati;
c) suscitare la consapevolezza a livello locale,
nazionale e internazionale dell’importanza del patrimonio culturale immateriale e assicurare che sia
reciprocamente apprezzato;
d) promuovere la cooperazione internazionale e
il sostegno.”
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Salvaguardia, rispetto, consapevolezza, reciproco apprezzamento e sostegno: sono queste le parole-chiave, i grimaldelli -dieri-dell’azione dell’UNESCO
dall’ormai lontano dopoguerra in cui nacque, dalla
volontà di concreta ricostruzione e insieme di ricomposizione del comune tessuto etico e culturale che
ne è base fondante.
E c’è un altro “goal” messo a segno dall’Italia
nel corso del 2007 che parla di valori condivisi e
che voglio ricordare: la ratifica dell’ultima nata tra
le Convenzioni dell’UNESCO, quella sulla “Protezione e la Promozione della Diversità delle Espressioni
Culturali” che è entrata in vigore il 18 marzo dello
scorso anno e si lega profondamente all’attenzione
nei confronti del patrimonio culturale
immateriale.
Tra i suoi obiettivi troviamo
quello di “proteggere e promuovere
la diversità delle espressioni culturali” e di “consentire alle culture di
prosperare e interagire liberamente
in modo da arricchirsi a vicenda” : è
un’inevitabile rilettura del nucleo forte
di rispetto, tutela e confronto da cui
si irradia tutta l’azione dell’UNESCO e
della Commissione Nazionale Italiana
che mi onoro di presiedere.
La riforma della Commissione
Nazionale, del resto adesso finalmente operativa, consentirà una ripresa
tempestiva e incisiva della sua attività, di certo in piena sintonia con i
nuovi impegni e i nuovi obiettivi, che
queste nuove Convenzioni ci impongono o, meglio, ci offrono.
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Note
1 Il testo della Convenzione è disponibile sul sito della
Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO: http://
www.unesco.it/document/documenti/testi/Convenzione_salvaguardia_patrimonio_immateriale.pdf
2 20 aprile 2006, dopo la ratifica da parte di trenta
Stati membri
3 Nel 2001
4 Nel 2005
5 Il testo della Convenzione è disponibile sul sito
della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO:
http://www.unesco.it/document/documenti/testi/protezione_promozione_diversita_culturali.pdf
6 Art. 1 della Convenzione sulla Protezione e la Promozione della Diversità delle Espressioni Culturali
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LA CAMPANIA NON È SOLO EMERGENZA RIFIUTI. ESEMPI?
I PROGETTI DEL CAPOLUOGO E IL COMPLESSO MACRICO DI CASERTA
L’ITALIA NON PUÒ
PERDERE NAPOLI
di VEZIO DE LUCIA
l 2008 non poteva cominciare peggio
per Napoli e la Campania. Le montagne
di rifiuti accumulate per strada hanno
campeggiato per settimane sulle prime pagine dei giornali e sugli schermi delle televisioni di tutto il mondo.
Il resto d’Italia e l’Europa guardano a
Napoli con disincanto, e non solo. Sembra venire
meno la coesione nazionale. Sembra un sogno il
ricordo della travolgente solidarietà che esplose
dopo l’alluvione di Firenze del 1966.
Ma l’Italia non può perdere Napoli ed è bene allora ricordare che a Napoli e dintorni non tutto è un
disastro. Come ha già scritto Giuseppe Alessandro
Ciambrone sul precedente fascicolo di “Siti”, un
ruolo decisivo per la ripresa può essere giocato dal
miglior uso dell’enorme patrimonio culturale delle
nostre terre. Non mancano i primi segnali positivi.
La società è attraversata da diffusi fermenti critici,
e una nuova coscienza civile sembra raggiungere
strati sociali finora inerti. La raccolta differenziata,
prima irrisa o vissuta come una seccatura, seppure non senza equivoci e fraintendimenti, sta diventando un fattore di mobilitazione e un obiettivo
sorprendentemente condiviso. Anche nella vita
pubblica non mancano settori dell’amministrazione lontani dal prevalente disfacimento e addirittura
ben governati. Procede la costruzione delle nuova
rete della metropolitana. Ma è soprattutto l’urbanistica napoletana che merita di essere apprezzata,
anche in confronto con le altre grandi città italiane.
Il piano regolatore approvato nel 2004 non ha subito varianti, né accordi in deroga. Anche se con
enorme ritardo, il progetto Bagnoli va avanti e si
è messo mano alla realizzazione del grande parco
pubblico di Coroglio. La nuova disciplina urbanistico edilizia del centro storico – sito tutelato dall’Unesco –, basata sul metodo dell’analisi e della
classificazione tipologica (il metodo, utilizzato per
la prima volta negli anni Settanta a Bologna e poi
diffuso, a poco a poco, in altre città d’Italia e d’Europa) è accettato e praticato con vasto consenso.
Un’altra buona notizia riguarda il piano urbanistico territoriale regionale in via di definitiva approvazione. Un piano di buona fattura che affronta per
la prima volta i problemi del paesaggio regionale.
Propone, in primo luogo, di invertire la tendenza al
dissennato consumo dello spazio: nell’ultimo cinquantennio l’area urbanizzata della Campania si è
quintuplicata, a fronte di una crescita demografica
del 21 per cento. La fascia costiera napoletana è
occupata da un’uni ca, sterminata, conurbazione
da Caserta a Battipaglia, che occupa il 15 per cento del territorio regionale ma ospita il 72 per cento
della popolazione. In linea con gli indirizzi dell’Unione europea, gli obiettivi principali che
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L’ingresso del Macrico
il piano territoriale persegue, assumendo anche forma di piano paesaggistico, riguardano, in primo luogo, come si è detto, l’arresto del consumo
del suolo, favorendo il riuso di aree già urbanizzate, dismesse, sottoutilizzate, degradate, da bonificare; poi l’inversione dei fenomeni di dispersione
insediativa, di frammentazione dello spazio rurale;
e, ancora, la promozione dell’agricoltura urbana;
la tutela rigorosa dei suoli a elevata pericolosità,
idrogeologica e vulcanica, come misura chiave di
prevenzione e mitigazione del rischio ambientale.
La Reggia di Caserta
Ma la novità che credo più interessi questa
rivista è quella che riguarda il complesso Macrico di Caserta. Il Macrico è un’area centralissima,
circa 35 ettari, nel pieno centro del capoluogo di
Terra di Lavoro, fino al 2001 utilizzata dall’esercito per la manutenzione di mezzi corazzati. Subito
dopo la dismissione, si è costituito un comitato
per contrastare le speculazioni edilizie in agguato e per fare del Macrico il primo parco pubblico della città, senza neppure un metro cubo di
cemento, recuperando solo il costruito esisten-
L’area Macrico
te. Il comune di Caserta è di fatto privo di verde
pubblico, anche per colpa del diffuso e perverso
convincimento che il bisogno di spazi verdi sia
ampiamente soddisfatto del parco della reggia
voluta da Carlo III di Borbone, come se fosse
questo l’uso cui adibire un bene monumentale di
così grande importanza, anch’esso sotto tutela
Unesco.
Il comitato per il Macrico ha agito in modo
esemplare. All’inizio, furono raccolte in poche
settimane oltre dieci mila firme. Nel 2002, non
riuscendo ad avere valide risposte dall’amministrazione comunale e dai partiti, il comitato
costituiva una lista civica, “Macrico verde”, che
eleggeva al consiglio comunale Maria Carmela
Caiola, presidente di Italia nostra. Fu anche lanciata l’idea, sostenuta a livello nazionale da Italia
nostra, di un azionariato popolare per l’acquisto
del Macrico con lo slogan “50 euro per rimanere
al verde” (50 euro per un metro quadro di parco).
All’inizio dell’anno scorso, si è svolta una gran-
de manifestazione – con la proiezione del film I
have a green realizzato da un centro sociale – che
ha visto il teatro comunale pieno in ogni ordine
di posti, gente in piedi, pubblico entusiasta e variegato: scolaresche, insegnanti, madri, anziani,
esponenti delle associazioni cittadine, tutti a testimoniare la grande voglia di verde.
Nell’ottobre 2007, la grande svolta. L’occasione è stata fornita dalla celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità nazionale
(1861-2011), evento per il quale sono previsti
progetti speciali in tutto il Paese di concerto tra
governo, regioni ed enti locali. Tra le idee approvate la costruzione del Parco dell’Unità d’Italia all’interno dell’area Macrico. Il governo, la regione
Campania e il comune hanno intanto stanziato
quasi 100 milioni di euro e sono stati definiti anche i tempi del progetto che dovrà essere completamente realizzato entro il 2011.
Napoli e Campania non sono solo emergenza rifiuti.
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“IL RILANCIO DI NAPOLI E DELLA SUA IMMAGINE DEVE RIPARTIRE
DA UN’AMPIA RIQUALIFICAZIONE DEL CENTRO STORICO”
ALLA RICERCA DI UN NUOVO
“RINASCIMENTO NAPOLETANO”
di MARIA CLOTILDE SCIAUDONE
ittà dai mille volti e dalle mille
contraddizioni, Napoli scompone e ricompone la sua immagine in decine e decine di
frammenti che variano secondo il punto di vista utilizzato.
Napoli è senz’altro la città
difficile della camorra e della spazzatura, in cui – già con
il post-terremoto
– l’intervento
Piazza del Plebiscito
straordinario e l’emergenza si sono trasformati in ordinaria forma di governo del territorio, ma è anche città d’arte e polo d’eccellenza
della cultura. Una città
frammentaria
e
verse facce,
dualistica le cui dicomunque le si
consideri,
restituiscono la
di f ficol t à
re una
ad effettuaanalis i
univoca della città e dei suoi caratteri. Appare quindi oltremodo difficile individuare uno
schema di lettura del centro storico che, per
il suo carattere di nucleo fondante, simbolo
e segno delle memorie collettive, esprime ed
amplifica questa poliedricità.
E’ proprio la miscela di elementi diversi e
contraddittori a determinare l’unicità della città, ed è questo suo essere segno mirabile di
sintesi di vicende storiche e culturali profondamente diverse a costituire la base per il riconoscimento del suo centro antico nella Lista del
Patrimonio dell’Umanità già nel 1995.
Si è agli inizi di quello che è stato definito il “Rinascimento napoletano” e la storia
è nota: grazie ad una serie di circostanze ed
eventi la città riesce ad effettuare un forte
recupero di identità e a rafforzare la sua posizione di città d’arte e di cultura, il marchio
Napoli si riafferma nel panorama turistico
italiano e internazionale e la città sembra
aver imboccato un nuovo corso positivo. Si
susseguono iniziative, progetti,
interventi di recupero. Grazie alla nascita di
numerose strutture a tre stelle nel centro
storico, la ricettività alberghiera si rafforza
notevolmente mentre, l’affermarsi dei BeB e
delle dimore storiche, costituirà un ulteriore
ampliamento dell’offerta ricettiva. Si implementano i servizi di supporto al turista e si
rafforzano e pubblicizzano alcuni itinerari di
visita nella città antica, in cui l’offerta museale sarà riorganizzata e incrementata; nasce il circuito “Campania Artecard”, biglietto
integrato tra musei, evidenze archeologiche
e sistema dei trasporti.
Quello che è successo in seguito è storia
– pur troppo – ancora più nota: l’immagine
positiva della città faticosamente riguadagnata si è un po’ alla volta affievolita ed è
oggi sepolta sotto una montagna di spazzatura, il Rinascimento napoletano sembra
solo una lontana chimera come la Rivoluzione par tenopea,
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Napoli è tornata ad essere percepita nell’immaginario collettivo come una città sporca ed
insicura e la domanda turistica è drasticamente
calata, il dualismo tra carenze politiche e civili da
un lato e le punte di eccellenza culturale dall’altro
ha raggiunto livelli di divaricazione parossistici.
Il centro storico racchiude, oltre ad un patrimonio storico-artistico di eccezionale valore, una
serie di funzioni (commerciali, culturali, abitative, religiose, dirigenziali) e contiene i principali
musei, Università e centri di ricerca: è insomma
un cuore vivo e pulsante in cui si avvicendano
i contrasti e si affiancano zone d’ombra e poli
di eccellenza. Oggi, le tante sfaccettature cui si
accennava all’inizio sembrano rimandare tutte
un’immagine negativa della città e del suo centro
antico, circostanza che rende necessaria qualche
ulteriore riflessione .
Innanzitut to,
Napoli è “comunicata” con una certa
confusione di livelli,
perché spesso il linguaggio giornalistico
e televisivo assimila
e confonde la provincia napoletana con
la città o i quartieri dormitorio, i non
luoghi della periferia
privi di ogni attrattiva
turistica e culturale,
con il centro. Così, ad
esempio, la drammatica emergenza dei rifiuti, realtà che non si
vuole né demistificare
Il Museo MADRE
C A M P A N I A
né ridimensionare, si estrinseca in forme molto
diverse a secondo se ci si riferisca al centro della
città, all’immediata periferia, all’area napoletana,
a quella casertana o alla penisola sorrentina. In
effetti, paradossalmente, la crisi dei rifiuti è molto meno evidente nel centro storico densamente
popolato e urbanizzato – in cui la raccolta della
spazzatura è privilegiata per ragioni igienico-sanitarie e di ordine pubblico – piuttosto che nelle
aree periurbane in cui la raccolta è estremamente rarefatta e ogni area vuota o libera è sovente
trasformata in discarica incontrollata. Analogamente, nei momenti di escalation degli agguati di
camorra, nessun distinguo tra il centro e le altre
realtà territoriali, è stato effettuato né dai mezzi
di comunicazione di massa né dagli enti locali o
dalle associazioni interessate che avrebbero dovuto e potuto arginare il
diffondersi di un’immagine violenta ed insicura
della città.
Secondariamente,
in questi anni la politica
di rivalorizzazione del
centro storico è stata
condotta cumulando
ritardi (ad esempio
quelli lunghissimi del
Programma di Recupero Urbano ancora allo
stadio di studio di fattibilità), o privilegiando
l’idea di realizzare grandi progetti tralasciando
o non sfruttando a pieno
alcune opportunità. Ci si
riferisce, ad esempio,
unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
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alla mancata istituzione della zona franca urbana
specificamente prevista dalla finanziaria 2007 per
favorire lo sviluppo economico e sociale –anche
tramite interventi di recupero urbano- di aree e
quartieri degradati di città del Mezzogiorno “con
particolare riguardo al centro storico di Napoli”.
Inoltre, se da un lato si segnalano punte di
eccellenza come l’apertura del Madre, il museo
di Arte moderna, piccolo gioiello con pochi visitatori nel cuore antico della città, o progetti ambiziosi e ancora in itinere come quello di recupero
del colossale complesso borbonico dell’Albergo
dei Poveri e della sua trasformazione in “Città
dei Giovani”, dall’altro persistono disfunzioni e
difficoltà nell’ordinario funzionamento di altre
realtà come il Museo Archeologico Nazionale
in cui spesso intere sezioni risultano chiuse per
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carenza di personale, o ancora – se ci si inoltra
a seguire l’itinerario dei decumani nel cuore della scacchiera di vicoli del centro città – sono di
immediata evidenza le condizioni di abbandono
in cui versano interi fabbricati di pregio mentre il
degrado sociale e l’economia informale sono in
agguato appena si svolta l’angolo e si lasciano gli
itinerari consolidati.
Da ultimo, vale la pena di sottolineare che i
centri storici rappresentano dei luoghi di riferimento per lo spazio cittadino circostante di cui
costituiscono una riserva di identità e di valore,
il rilancio della città e della sua immagine deve
– quindi – necessariamente ripartire da qui, da
una ampia riqualificazione e rivalorizzazione del
tessuto urbano, economico e sociale del suo centro antico.
Il Maschio Angioino
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UN PIANO STRATEGICO PER IL RECUPERO
DI CINQUE VALLI FLUVIALI DELLA COSTIERA AMALFITANA
LA VALLE DEI MULINI SI AFFIDA
ALL’ANTICO POTERE DELL’ACQUA
di LUIGI CENTOLA
aterpower è un
piano strategico
per la costiera
amalfitana, luogo
di straordinaria
bellezza, amato
e celebrato da
scrittori, poeti, viaggiatori ed artisti di tutti i
tempi, dal 1997 patrimonio dell’umanità sotto la
tutela dell’UNESCO per “le peculiarità del paesaggio mediterraneo unite al valore culturale e
naturale dovuto alle sue caratteristiche spettacolari ed alla sua evoluzione storica”.
La “costa diva”, una stretta penisola estesa
oltre 40 km tra i golfi di Salerno e Napoli, protetta da montagne alte più di mille metri, è caratterizzata per l’abbondante presenza di sorgenti
e la perfetta simbiosi tra le attività dell’uomo e
la natura. Nel dopoguerra il territorio ha subito
un progressivo abbandono della storica produzione di carta fatta a mano per cui Amalfi è ancora oggi nota nel mondo e, successivamente,
di parte della coltivazione degli oltre 700 ettari
di limoneti che ne avevano plasmato la storia,
l’economia ed il paesaggio terrazzato per quasi
un millennio.
Sono di recente attualità le costanti aggressioni di un abusivismo scellerato, il dissesto
idrogeologico, l’incuria diffusa, le difficoltà per
i giovani locali di trovare lavoro e le discussioni
sul modello di sviluppo per un’area da sempre
difficilmente accessibile e che da una ventina
d’anni è tutelata da un piano urbanistico territoriale particolarmente rigido. Paradossalmente,
l’unica reale possibilità di innovazione immediata, sotto gli occhi di tutti, è il recupero degli antichi opifici proto-industriali abbandonati ed in
imminente pericolo di crollo.
Il protocollo Waterpower nasce dal basso,
per iniziativa della società civile, sviluppandosi
per feedback successivi con il territorio e relativi approfondimenti in oltre tre anni di paziente
lavoro e di incontri con i cittadini e le istituzioni.
Si compone di un masterplan e 35 progetti coordinati in 9 diversi comuni per la riqualificazione
ed il riuso a fini turistico-culturali degli edifici
monumentali dismessi, tessere architettoniche
inserite nel mosaico paesaggistico di 5 valli
fluviali per alcuni tratti ancora incontaminate: Chiarito, Dragone, Reginna Minor, Reginna
Maior, Bonea.
Il piano strategico evita la museificazione ed
affronta in modo innovativo, dal punto di vista
programmatico, imprenditoriale ed architettonico, il recupero di circa 50.000 mq di superficie
coperta (cartiere, ferriere, pastifici, muli-
Noria o ruota idraulica
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Ruderi di cartiere
ni risalenti anche al XIII sec…), di svariati ettari
di antichi terrazzamenti e di alcuni chilometri di
canalizzazioni con cisterne, piscine, pozzi di caduta e macchine idrauliche che narrano secoli
di sopraffino utilizzo del “potere dell’acqua”. Un
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patrimonio culturale di immenso valore materiale ed immateriale.
Pochi dati bastano per rendere l’idea dell’importanza di un progetto complessivo sia
per la vita dei piccoli comuni coinvolti che per
la competitività internazionale della regione
Campania. L’importo dei lavori per i restauri e
l’accessibilità ammonta a circa 200 milioni di
Euro, quasi integralmente coperto da investimenti privati, molti dei quali in via di definizione, mentre sono oltre mille i posti di lavoro che
la rigenerazione è in grado di assicurare in un
tempo non superiore ai 5 anni, per non parlare dei benefici connessi al turismo delle zone
interne ed alla notevole destagionalizzazione
delle presenze.
Lo spazio idraulico originale - di origine araba - con le infrastrutture per la captazione e l’utilizzo dell’acqua funzionali alla proto-industria ed
all’irrigazione, è da sempre il trait d’union che ha
caratterizzato la vita e l’organizzazione sociale
delle valli interne della costiera. Il masterplan
e la sinfonia dei progetti architettonici che ne
attuano con coerenza le linee guida, ambiscono non solo a recuperare queste straordinarie
testimonianze storiche ed ingegneristiche, che
rinnovano la cultura mediterranea della gloriosa
Repubblica marinara di Amalfi, ma soprattutto a
riutilizzare il potere dell’acqua per dare risposta
ad esigenze contemporanee.
L’acqua è intesa non come risorsa da rapinare ma come fonte di energia e di vita da
utilizzare con rispetto.
Accessibilità pedonale meccanizzata ad impatto zero per uomini e merci attraverso ascensori, funicolari e teleferiche a potenza idraulica,
climatizzazione naturale degli spazi esterni ed
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interni, produzione e stoccaggio dell’energia
prodotta da fonti rinnovabili sono solo alcune
delle principali applicazioni del piano strategico
che si è aggiudicato nel 2006, tra oltre 3.000
partecipanti, la prima edizione degli “Holcim
Awards”, il più prestigioso riconoscimento mondiale dedicato allo sviluppo sostenibile.
Waterpower fa dunque rivivere con estrema
precisione il sistema di captazione e gestione
delle acque dei torrenti per utilizzare la potenza
idrica come è sempre avvenuto in passato. Si
recupera in questo modo un patrimonio che appartiene a tutti i comuni della costiera, una storia millenaria di diversi continenti, riassunti nelle
conoscenze della Repubblica marinara (vero e
proprio global player ante litteram): dall’Asia
provengono la tecnica di produzione della carta
e la pianta del limone, dall’Africa le tecniche di
captazione, distribuzione e gestione dell’acqua.
Attraverso il protocollo Waterpower la costiera amalfitana continua a promuovere l’integrazione di culture e conoscenze adattando
con cura le moderne tecnologie al paesaggio
per trasmettere al mondo un messaggio concreto e replicabile di sostenibilità.
Note
Waterpower è un progetto coordinato da Centola
& Associati, si compone di 1 masterplan guida e 35
progetti architettonici per 5 diverse valli della costiera amalfitana realizzati da una serie di prestigiosi studi italiani ed internazionali: 7 per Amalfi e 4 per Scala
nella valle del Chiarito; 4 per Minori nella valle del
Dragone; 1 per Atrani e 4 per Ravello nella valle del
Reginna Minor; 5 per Maiori e 6 per Tramonti e nella
valle del Reginna Maior ed infine 1 per Vietri sul Mare
e 3 per Cava dei Tirreni nella valle del Bonea.
La Valle dei Mulini
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IL TOURING CLUB ITALIANO LANCIA L’ALLARME SUI RISCHI
DI UNA CATTIVA GESTIONE DEL PATRIMONIO
L’OPINIONE PUBBLICA
A DIFESA DEI BENI CULTURALI
di ROBERTO RUOZI
Presidente del Touring Club Italiano
annoso problema della compatibilità fra le azioni di tutela
e quelle di valorizzazione del
patrimonio ambientale, artistico e culturale del nostro
paese è sempre di straordinaria attualità. Di fronte ad
azioni di tutela che in un certo qual senso pregiudicano la valorizzazione di taluni beni ci sono
continue azioni di valorizzazione che attentano alla
tutela di altri beni.
I due tipi di situazione non possono essere
considerati uguali per il paese. Per dirla in termini
economici, che sono sempre necessari quando si
parla di valorizzazione, concetto che implica infatti
lo svolgimento di attività che hanno anche natura
economica, si potrebbe dire che le prime azioni provocano effetti di “lucro cessante” mentre le seconde provocano “danni emergenti”.
Con questo è bene chiarire che entrambe sono dannose per il paese e che andrebbero evitate o perlomeno ridotte al
minimo indispensabile. E’ quest’ultimo
il caso di situazioni ambientali o artistico/culturali che devono essere sterilizzate per evitare danni irreparabili o per
rimettere in sesto ambienti e monumenti,
anche al fine della ripresa e della riqualificazione
della loro valorizzazione.
Con queste precisazioni è inutile dire che preoccupano maggiormente le situazioni in cui la valorizzazione di determinati ambienti e monumenti cessa
di produrre gli effetti positivi che ad essa dovrebbero essere naturalmente associati e inizia a produrre
effetti negativi.
Queste situazioni si possono produrre per attentati veri e propri alla bellezza e alla purezza degli
ambienti e dei monumenti di cui si tratta o per dissennato utilizzo degli stessi da parte delle popolazioni residenti o dei turisti.
I primi sono connessi generalmente a politiche
urbanistiche e/o edilizie che sacrificano, quasi sempre per iniziativa e responsabilità congiunte delle
amministrazioni pubbliche e degli operatori privati,
il bene della collettività e gli interessi
delle generazioni future a beneficio di interessi immediati di pochi speculatori.
A parte considerazioni
di tipo etico e morale,
che dovrebbero peraltro essere essenziali
nella valutazione di questi problemi, ma
Paestum
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Tivoli
che potrebbero portarci fuori strada, mi limiterò a rilevare che le azioni in esame sono quasi
sempre miopi. Sull’altare degli interessi di breve
termine si dimenticano o si sacrificano interessi
con orizzonti temporali più lunghi, nei quali anche gli operatori pubblici e privati che, con azioni illegali o al limite della legalità, recano danni al
patrimonio ambientale e non infrequentemente
anche a quello monumentale e culturale potrebbero ritrovare soddisfazioni economiche che
invece i danni suddetti pregiudicano talvolta in
modo definitivo. La miopia non riesce a far capire loro che i vincoli esistenti in materia urbanistica ed edilizia non devono essere solo considerati in termini negativi per le loro iniziative e
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che possono invece trasformarsi in opportunità
grandi e addirittura maggiori di quelle fornite da
azioni che violano i vincoli in questione.
Questo avviene per iniziativa e con responsabilità congiunte delle amministrazioni pubbliche e degli operatori privati. Giudicare i relativi
comportamenti è semplice, ma non si può non
sottolineare che il cattivo comportamento delle amministrazioni pubbliche, la cui esistenza è
specificamente deputata al bene della collettività
e delle generazioni future, è ancora più grave di
quello degli operatori privati.
Per limitare il fenomeno sono necessarie adeguate norme e severi controlli preventivi e consuntivi, ma questi non sarebbero sufficienti se non ci
fossero comportamenti spontanei orientati al bene
della collettività, che ha nel patrimonio ambientale,
monumentale e culturale uno dei perni della qualità
della sua vita. Ciò è vero in tutti i paesi del mondo,
ma è ancor più vero in Italia, territorio privilegiato in
cui l’azione del Creatore e quella degli uomini hanno
prodotto un patrimonio ineguagliabile.
Onde migliorare la sensibilità delle pubbliche amministrazioni e degli operatori privati occorrerebbe un
forte coinvolgimento della pubblica opinione, le cui
pressioni, anche qui a livello preventivo e consuntivo, potrebbero essere determinanti. L’UNESCO, che
ha tanto a cuore il problema che si sta trattando,
dovrebbe essere in prima linea in questa lotta. La
promozione di determinati siti in qualità di patrimonio
dell’umanità è certamente meritoria, ma l’azione internazionale deve andare oltre e occuparsi in termini
più generali anche del patrimonio minore, che pure
appartiene all’umanità e in ogni caso a questa o quella sua componente, i cui interessi non sono inferiori
a quelli del mondo. Una piccola comunità o il mondo,
da questo punto di vista sono assolutamente degni
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Crespi d’Adda
della stessa attenzione e della stessa tutela.
E vengo al secondo aspetto della questione,
cioè alle situazioni in cui la qualità e/o la quantità
della valorizzazione dell’ambiente e dei beni monumentali e culturali pregiudica la loro esistenza rendendone precaria la vita attuale e futura. In
materia possono essere responsabili le popolazioni residenti e/o i turisti. I casi più critici sono
quando il numero dei primi va al di là della sostenibilità della località in cui abitano e quando il
numero dei turisti raggiunge dimensioni di assoluto squilibrio sia nei riguardi della popolazione
residente sia nei riguardi della sostenibilità in
assoluto delle località che li accolgono.
Sulla sostenibilità, in particolare su quella del
turismo, si è detto e scritto tutto il possibile, ma ciò
nonostante il problema è di un’attualità sconcertante, quasi che esso non interessi a nessuno e soprattutto non interessi alle amministrazioni pubbliche
che, sole, possono intervenire per porvi in qualche
modo rimedio.
Pure a questo proposito si scontrano visioni di
breve con visioni di medio e di lungo periodo e le pri-
me finiscono spesso per pregiudicare le seconde.
E’ ancora una questione di miopia, malattia assai
diffusa nella società di oggi e che è necessario rimuovere.
Alcune località nelle quali la sostenibilità è
stata superata da un pezzo stanno riflettendo,
ma pochissime hanno adottato provvedimenti
concreti. Certo la situazione non è facile né politicamente né tecnicamente. Ma qualcosa si dovrà
pur fare se non si vuole che, anziché valorizzare, si
distrugga valore. Fra l’altro, diverse località hanno
anche avuto il privilegio di entrare fra i siti UNESCO. Sarebbe opportuno che questa importante
e benemerita organizzazione, oltre ad occuparsi
della proclamazione dei siti, si occupasse anche
della loro gestione fornendo consigli, effettuando
pressioni morali, mobilitando la pubblica opinione e magari anche minacciando decisioni che, in
mancanza di azioni concrete, potrebbero ufficializzare il peggioramento della situazione e il tradimento che verrebbe effettuato nei riguardi di beni
ambientali, monumentali e culturali che hanno il
diritto di essere trattati come meritano.
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IL CENTRO DI DOCUMENTAZIONE UNESCO-ICOMOS
TUTTO IL PATRIMONIO MONDIALE
A PORTATA DI CLIC
di JOSE GARCIA VICENTE
Responsabile del Centro di Documentazione UNESCO-ICOMOS di Parigi
ICOMOS, il consiglio internazionale per i monumenti e i siti,
fu creato nel 1965. È un’associazione mondiale di esperti in
conservazione e restauro del
patrimonio culturale. È l’unica
organizzazione internazionale
non governativa di questo tipo,
la cui missione è la promozione della teoria, della metodologia e della tecnica applicata alla conservazione,
alla protezione e alla valorizzazione dei monumenti e
dei siti storici.
Nel 1966, a Bruxelles, ebbe luogo un Simposio
con l’obbiettivo di gettare le basi per la creazione
del Centro di Documentazione dell’ICOMOS. Furono così decisi gli orientamenti, la struttura e gli
obiettivi del Centro.
Dagli statuti dell’ICOMOS si evince che il Centro
di Documentazione «colleziona, analizza e diffonde
l’informazione sui principi, le tecniche e le politiche
per la conservazione, restauro, riabilitazione e valorizzazione dei monumenti, insiemi e siti» (articolo
5b). Il centro fu inaugurato nel 1974 ma fu operativo
solo nel 1977, quando iniziò ad essere diretto da un
esperto in documentazione con la collaborazione di
un assistente.
COLLEZIONE BIBLIOGRAFICA
Il Centro di Documentazione UNESCO-ICOMOS è specializzato sul patrimonio architettonico, per la
sua conservazione e restauro, per la gestione e la valorizzazione dei monumenti e dei siti storici.
Il fondo archivistico è composto da: 30 mila
documenti, moltissime pubblicazioni periodiche (più
di 500 titoli, dei quali, circa 150 pervengono tramite
scambio) e i dossier contenenti la documentazione
relativa alla richiesta di iscrizione di tutti i monumenti, insiemi e siti nella Lista del Patrimonio Mondiale
dell’UNESCO.
Nel Centro è, inoltre, consultabile un’importante
documentazione sulla teoria, principi, tecniche e politiche di conservazione e restauro dei monumenti e
dei siti storici.
Le collezioni bibliografiche, suddivise in una trentina di sezioni (dall’architettura di terra alle vetrerie
storiche, passando per la formazione, le fortificazioni, i giardini, i paesaggi culturali, il patrimonio subacqueo, ecc.) corrispondono, per la maggior parte, agli
ambiti di pertinenza dei Comitati Scientifici Internazionali dell’ICOMOS.
A causa di un budget ridotto, il Centro di Documentazione non dispone di fondi per l’acquisto di pubblicazioni e di abbonamenti a riviste. Tutto quello che
riceve proviene da Comitati Nazionali e Internazionali
dell’ICOMOS e da donazioni di membri individuali e
istituzionali dell’organizzazione. Il fondo si arricchisce ugualmente grazie a donazioni e a scambi di
pubblicazioni con numerose istituzioni internazionali
specializzate nella protezione del patrimonio storico,
come l’UNESCO, l’ICCROM, l’istituto per la conservazione Getty, il Consiglio Europeo, ecc.
DOSSIER DEI MONUMENTI E SITI DEL PATRIMONIO MONDIALE DELL’UNESCO
La Convenzione per la protezione del patrimonio
mondiale culturale e naturale del 1972 nomina l’ICOMOS tra i tre membri consultivi del Comitato del Patrimonio Mondiale, insieme all’UICN e all’ICCROM.
L’ICOMOS è l’organismo consultivo professionale e scientifico del Comitato per tutto quello che
riguarda il patrimonio culturale ed effettua le valutazioni di tutte le candidature per l’iscrizione nella Lista
del Patrimonio Mondiale secondo il criterio del “va-
lore universale eccezionale” insieme agli altri criteri
stabiliti dal Comitato del Patrimonio Mondiale.
Ogni volta che nuovi monumenti e siti vengono
iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale, i dossier
contenenti la documentazione con le richieste di
iscrizione, entrano a fare parte della collezione del
Centro di Documentazione.
Il Centro di Documentazione UNESCO-ICOMOS
è pertanto il primo depositario della documentazione
originale di tutti quei monumenti e siti culturali e misti
inclusi nella Lista del Patrimonio Mondiale dal 1978.
Questa documentazione (tutti i materiali inviati dallo
Stato membro e la valutazione realizzata dall’ICOMOS, inclusi i dossier delle missioni degli esperti)
costituisce senza alcun dubbio la collezione
Taj Mahal
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La sede UNESCO di Parigi
più importante del Centro. I dossier disponibili sono
attualmente 644 per i beni culturali e 24 per quelli
misti.
Quando la documentazione dei nuovi siti arriva
al Centro di Documentazione, le diapositive e i video annessi vengono separati dal resto per essere
inseriti rispettivamente nella collezione di diapositive e nella videoteca. La collezione di diapositive
contiene più di 33.000 unità, con immagini di tutti i
monumenti e siti del patrimonio mondiale. Uno dei
progetti prioritari del Centro di Documentazione
per i prossimi mesi sarà mettere in formato digitale
questa collezione con la creazione di un database
fotografico, consultabile anche via internet. La videoteca, di dimensioni più modeste, dispone di 200
video, anche questi riguardano tutti quei siti dichiarati patrimonio dell’umanità.
‘WORLD HERITAGE BIBLIOGRAPHIES’
Il Centro di Documentazione realizza dossier sui
siti dichiarati patrimonio dell’umanità organizzandoli
sia geograficamente che per tema (paesaggi culturali
e patrimonio industriale). Questi dossier sono disponibili sul sito web del Centro e sono tra i documenti
più scaricati di tutta la web dell’ICOMOS.
Poco per volta verranno aggiunti al sito web altri
dossier tematici (patrimonio industriale, arte rupestre, città storiche, ecc.).
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IL DATABASE BIBLIOGRAFICO
Il database contiene attualmente più di 31.100
riferimenti bibliografici sui temi corrispondenti
alle collezioni sopra descritte. Tutti i documenti
ricevuti vengono catalogati e indicizzati, tra questi
monografie, riviste, relazioni, articoli ancora non
pubblicati, ecc. Il Centro di Documentazione realizza sistematicamente una catalogazione di riviste
e di atti di congressi, catalogando e indicizzando
individualmente tutti gli articoli che facciano riferimento alla conservazione, al restauro e alla gestione di monumenti e di siti storici. In questo modo
viene facilitato l’utente perché in grado di poter utilizzare uno strumento di ricerca di informazioni in
maniera più precisa. Il database è disponibile per
gli utenti nella sala di lettura del Centro, e in internet, al seguente indirizzo: http://databases.unesco.org/icomos. Direttamente nel Centro, l’utente
potrà consultare tutti i documenti e fare fotocopie
(nel rispetto della legislazione sul copyright). Esiste anche la possibilità di poter realizzare la ricerca bibliografica in internet e inviare la richiesta al
centro di documentazione, da dove verrà inviata
all’utente richiedente la fotocopia dei documenti
richiesti (sempre nel rispetto della legislazione sul
copyright).
ICOMOS VIRTUALE
Il Centro di Documentazione dell’ICOMOS si è
trasformato negli ultimi anni in una specie di biblioteca ibrida o mista, ha sperimentato infatti l’evoluzione dal sistema tradizionale a quello digitale,
dal classico al virtuale. Un Centro che continua e
continuerà ad offrire ai suoi utenti i servizi di una
biblioteca tradizionale (sala di lettura, consultazione del database, servizio di riprografia, ecc) e che
allo stesso tempo aumenterà e migliorerà i suoi
servizi per la comunità degli utenti virtuali, che si
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incrementa di anno in anno. Il sito web del Centro
di Documentazione dell’ICOMOS è disponibile alla
pagina: http://www.international.icomos.org/centre_documentation. Il sito web offre informazioni
sui servizi del centro: novità, nuove pubblicazioni,
ecc. Anche se la sua funzione principale è quella
della consultazione del database bibliografico in
linea così come l’accesso a più di 1.100 documenti
(articoli, memorie, ecc.) disponibili gratuitamente
in formato pdf.
OPEN ACCESS
Il Centro di Documentazione dell’ICOMOS sta
lavorando attualmente al progetto di creazione di
un open access; si tratta di un archivio elettronico
consultabile in rete e contenente informazioni scien-
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tifiche sulla conservazione, restauro e gestione del
patrimonio architettonico e archeologico.
La caratteristica principale di questo tipo di
archivio è che l’accesso al documento completo
è gratuito per tutti. Deve essere specificato che si
tratta di un auto-archivio (Self Archive), ovvero tutti
gli autori o istituzioni che lo desiderino possono depositare da soli, tutti gli articoli, memorie o pubblicazioni, per diffonderle a tutta la comunità scientifica internazionale in modo immediato. Chiaramente
gli autori continueranno a mantenere il copyright sui
loro lavori.
Il progetto si trova attualmente nella sua fase
iniziale, ma speriamo vivamente che possa iniziare a
funzionare già nella prima metà del 2008.
Venezia
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ALLA SCOPERTA DEL CONTINENTE DEI GHIACCI, DOVE SCIENZIATI
DI VARIE NAZIONALITÀ STUDIANO I MISTERI DEL PIANETA
VIAGGIO IN ANTARTIDE,
ULTIMA FRONTIERA
di ADRIANO CIOCI
Intervista a Antonino Cucinotta, direttore generale del Consorzio
per l’attuazione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide
l continente antartico rappresenta
per l’uomo moderno l’ultima frontiera, la soglia dell’ignoto, il luogo
della inviolabilità. In effetti le sue
caratteristiche vanno tutte in questa direzione: 98% della superficie
coperta da una coltre di ghiaccio,
temperatura massima di 0° in estate (gennaio)
lungo la costa, - 90° in inverno, venti che soffiano sino a 200 km/h, 30 milioni di miliardi
di tonnellate di ghiaccio. Eppure, per la sua
unicità (posizione geografica, inquinamento
ai minimi termini, assenza di perturbazioni),
l’Antartide rappresenta un osservatorio privilegiato sull’intero pianeta. Cerchiamo di saperne di più “esplorando” il Polo Sud insieme
all’ing. Antonino Cucinotta, direttore generale
del Consorzio per l’attuazione del Programma
Nazionale di Ricerche in Antartide.
Ingegner Cucinotta, come può riassumere la storia della presenza italiana in Antartide?
L’Italia è in Antartide dal 1985 in virtù
della legge che ha istituito il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), alla
quale hanno poi fatto seguito altre conferme a
livello governativo. Dunque sono 23 anni che
organizziamo spedizioni in Antartide, dove
abbiamo anche realizzato due basi-appoggio.
Una di esse, la Stazione Mario Zucchelli, è
situata sulla costa della Terra Vittoria. L’altra sta sull’altipiano glaciale a oltre 1000
chilometri dalla costa ed oltre 3000 metri di
quota. Questa seconda stazione, denominata
Concordia, è stata realizzata e viene gestita
congiuntamente con l’Istituto Antartico Francese IPEV.
L’Italia ha istituito un programma di ricerche nella terra dei ghiacci. Perché proprio lì e quali sono i settori della ricerca
stessa?
Ogni luogo del pianeta Terra ha caratteristiche che meritano di essere conosciute.
L’Antartide in particolare è, per evidenti motivi storici, uno degli ambienti meno conosciuti. Vi è anche un’altra ragione: una presenza scientifica in Antartide è un requisito
indispensabile per partecipare alle riunioni
del Trattato internazionale per l’Antartide con
diritto di voto. Il cosiddetto Sistema del Trattato Antartico costituisce una sorta di governo internazionale dell’intero Continente: un
organo troppo importante per non esserci.
Le discipline scientifiche nelle quali lavorano i nostri ricercatori sono molto numerose.
Per comodità organizzative le abbiamo raggruppate in 12 settori: biologia e medicina,
geodesia e osservatori, geofisica, geologia,
glaciologia, fisica e chimica dell’atmosfera,
relazioni Terra-Sole e astrofisica, oceanografia ed ecologia marina, chimica degli ambienti
polari, scienze giuridiche e geografiche, tecnologia, ricerche multidisciplinari ed interdisciplinari. Come si vede c’è di tutto.
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La nave Italica
Qual è il ruolo svolto dal PNRA?
Con PNRA si intende l’intero programma
scientifico italiano in Antartide. Il PNRA è un
programma finanziato dal MiUR (Ministero
dell’Università e della Ricerca) che attraverso la CSNA (Commissione Nazionale Scientifica per l’Antartide) ne fissa e coordina gli
obbiettivi scientifici, e ne controlla i risultati.
Fino a due anni fa la legge finanziaria prevedeva un fondo ad hoc per il PNRA. Ora,
presumibilmente per difficoltà di bilancio, i
fondi necessari al PNRA devono essere reperiti all’interno del capitolo destinato alle
ricerche di base. E’ una situazione imbarazzante anche perché la natura del nostro impegno in Antartide ha una enormità di risvolti
internazionali e non è facile essere all’altezza
delle situazioni senza avere la certezza e la
continuità di finanziamenti idonei. Nell’ambito del PNRA opera il Consorzio PNRA al quale
sono attribuite tutte le responsabilità organizzative ed amministrative connesse al Programma. Il Consorzio è costituto da quattro
Enti: ENEA (socio di maggioranza relativa),
CNR, INGV ed OGS.
E’ vero che l’Antartide è una palestra
privilegiata per lo studio dell’effetto serra e
dell’assottigliamento dello strato di ozono?
Per quanto riguarda lo strato di ozono,
certamente sì, in quanto il cosiddetto “buco”
si verifica per alcuni mesi all’anno proprio sopra l’Antartide (anche se si è trovato che un
fenomeno analogo, ma meno intenso, esiste
anche in Artide). Per quanto riguarda l’effetto
serra esso è un fenomeno globale e può, anzi
deve essere studiato a tutte le latitudini, a tutte le quote e rispetto alle sue molteplici componenti. E’ però vero che se si misura il livello
di CO 2 atmosferica nelle vicinanze di un luogo
di produzione di questo gas, ad esempio una
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città, oppure di assorbimento, ad esempio una
foresta, si possono trovare valori locali particolarmente alti o bassi. Ciò che misuriamo in
Antartide è invece un valore medio che meglio
rappresenta la situazione del pianeta.
Sono tutti legati all’inquinamento gli
allarmi sui cambiamenti climatici oppure
siamo di fronte ad una delle “periodiche”
rivoluzioni del pianeta?
Mi sembra che una dose di responsabilità legata alle attività umane sia ormai dimostrata. Sulle periodiche rivoluzioni climatiche
naturali ne sappiamo ancora troppo poco.
Proprio per questo molti ricercatori, italiani e
non, stanno cercando di ricostruire i cicli climatici del passato. Con il campionamento di
ghiacci antichissimi alla Staziona Concordia
sono stati trovati risultati di grande valore che
ci consentono di ricostruire il clima del pianeta fino a circa 800.000 anni fa.
In Antartide si studia anche l’adattamento dell’uomo agli ambienti estremi. Tali studi
che finalità pratiche potranno avere?
Non parlerei di adattamento dell’uomo. La
possibilità data all’uomo di vivere e lavorare
in ambienti estremi viene ottenuta essenzialmente costruendo attorno ad esso un microambiente accettabile (indumenti, alloggio
riscaldato, vettovaglie, produzione di acqua
potabile, veicoli, telecomunicazioni) dunque
sfruttando una quantità di ritrovati tecnologici
idonei. Parlerei invece di adattamento degli
animali, come ad esempio pesci e pinguini,
che nei milioni di anni si sono evoluti per vivere
bene in quell’ambiente. Questo è un problema
– interessantissimo – ma di natura biologica.
Tornando all’uomo, alcune delle tecnologie
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messe a punto in Antartide possono risultare
di interesse anche per le missioni spaziali; ed
infatti l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è presente presso la stazione Concordia in studi di
ricerca medica e tecnologica.
Si parla tanto della “marcia” dei pinguini
che sarebbe a rischio. Cosa c’è di vero?
Non ho informazioni in proposito. Mi sembra in generale che ci sia la tendenza di esagerare un po’ tutto.
Il continente antartico non ha un governo. Eppure sembra il luogo predestinato
alla pace. Quale esempio può giungere dagli
scienziati che coabitano nella regione?
Il Sistema del Trattato Antartico,
Il personale della spedizione italiana
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costituito essenzialmente dagli incontri annuali dei rappresentanti delle Nazioni che lo
hanno ratificato, ma arricchito da tutto l’insieme di documenti, scambio di informazioni
e sopratutto raccomandazioni messe a punto
nei vari incontri, costituisce la migliore approssimazione di un governo sovranazionale.
E, senza enfatizzare, mi sembra che finora abbia funzionato molto bene. A maggior ragione,
dai ricercatori che lavorano in Antartide e che
sono affratellati dai comuni interessi scientifici e dalle severe difficoltà ambientali, ci viene
l’esempio che la cooperazione e la pace fra i
popoli sono possibili. Naturalmente ciascuno
La stazione Mario Zucchelli e il vulcano Melbourne
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deve saper rinunciare a qualcosa, per il bene
comune.
Quando si potrà parlare di un vero turismo antartico?
Il turismo antartico è una realtà, perché
già oggi una persona che sia disposta a spendere 10.000 euro, ma anche meno, si rivolge
ad una agenzia turistica e va a vedersi per una
settimana iceberg e pinguinaie. Il fenomeno
turistico è in forte aumento e se ne cominciano a vedere anche gli effetti negativi, peraltro
largamente preannunciati. D’altra parte si tratta di un fenomeno inarrestabile, del tutto comprensibile e, se opportunamente organizzato,
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anche pienamente accettabile. Comunque
l’attuale tendenza di costruire navi sempre più
grandi per poter trasportare il maggior numero
di turisti ed avere maggiori profitti non va nel
giusto verso della salvaguardia dell’ambiente
antartico; spero che alla fine prevalgano l’intelligenza e la sensibilità dell’uomo.
Quale ruolo potrebbe svolgere l’UNESCO
in Antartide?
Provo a rispondere con un esempio. So
che l’UNESCO si occupa, tra le tante cose, di
nomi geografici ossia di toponomastica mondiale. Anche l’Antartide ha un suo peculiare
problema di toponomastica, peculiare perché
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non esistendo su alcuna parte del continente una sovranità nazionale riconosciuta, un
nome geografico vale l’altro e non ce n’è uno
più ufficiale dell’altro. In sostanza una montagna può avere due o più nomi. Se invece parliamo di ONU, questa in effetti sembrerebbe
la sede più idonea a trattare le questioni a più
alto livello che riguardano l’Antartide. Ma, per
ragioni che mi sfuggono, da quando è entrato
in vigore il Trattato (1961) è risultato questo,
e non le Nazioni Unite, l’organismo al quale
sono demandate se non proprio le decisioni
quanto meno gli orientamenti relativi all’ Antartide.
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I LUOGHI NEI QUALI SI RITROVA E RIAFFERMA L’IDENTITÀ
SOCIALE DELLA COMUNITÀ
PIAZZE E SPAZI PUBBLICI
NELLE CITTÀ EUROPEE
di FRANCO MANCUSO
ell’ultimo decennio del
‘900 le città europee, grandi e piccole, sembrano aver
riscoperto la piazza. Stimolate probabilmente dal
successo delle iniziative
condotte in Spagna subito
dopo la caduta del regime franchista e la riconquista della democrazia, soprattutto a Barcellona, riconoscono con sempre maggiore consapevolezza che i cittadini non hanno mai cessato
di manifestare il loro attaccamento alle piazze, o
di rivendicarne la realizzazione di nuove.
Malgrado la fortissima e crescente attrazione di altre inedite centralità periferiche – i centri
commerciali, gli spazi dell’intrattenimento di
massa, i nodi della maggior accessibilità motorizzata – le piazze sono infatti ancora i luoghi nei
quali vecchi e nuovi abitanti delle città ritrovano
e riaffermano la loro identità sociale e comunitaria. Ad alcune condizioni, sembra di poter rilevare: che siano attraenti, accessibili, ben gestite,
pulite, ben illuminate, animate; e ben disegnate.
Cresce, dunque, nella città contemporanea
una forte domanda di spazio: quando gli spazi
vi sono, e sono accoglienti e accessibili, come
le piazze delle città antiche, sono inequivocabilmente i poli di confluenza e di identificazione
degli abitanti, i luoghi della socializzazione e dei
contatti diretti, della stratificazione dei simboli e
della memoria collettiva, della sovrapposizione
delle funzioni e dell’intreccio delle attività.
Certo una piazza non la si può aprire dappertutto; così come una strada, che non può essere
indifferentemente una calle o un boulevard. Ma
una piazza, se occorre farla, deve avere alcune
caratteristiche essenziali, come emerge da una
attenta considerazione di quelle che reggono (e,
per converso, di quelle che hanno fallito).
Anzitutto, non può essere in una posizione
qualsiasi, ma deve occupare un luogo singolare della città, come sempre è avvenuto: è in un
baricentro, dove si annodano i fili dei flussi e dei
molteplici tessuti della città; dove è più facile la
confluenza dei cittadini; dove il terreno può meglio trasmettere alla città le sue peculiarità fisiche, in una concavità, o in prossimità di un’altura; o dove la storia ha depositato il massimo dei
suoi segni, come quando la piazza medioevale
occupa il luogo del foro della preesistente città
romana.
È poi strettamente correlata con i caratteri
del tessuto circostante: è uno spazio aperto, e
quindi ha senso solo se si apre in un tessuto che
ha i caratteri della fittezza e della densità; come
dappertutto, e massimamente a Venezia, dove
è la sola concavità, piazza o campo che sia, fra
le maglie serrate di calli, case, palazzi, chiese,
conventi.
È per lo più il fulcro di un sistema di spazi,
piuttosto che spazio univoco e isolato; e quindi
è parte di una articolazione di spazi maggiori e
minori fra loro interconnessi, ancorché separati,
come nel cuore di Foligno ed Assisi; o contigui,
come a Padova e a Todi.
La sua forma è organica, nel senso di
adattarsi a quella della città: se la città è fatta
di un tessuto regolare continuo, essa stessa
è regolare, come a Chioggia e Cittadella, e in
tutte le città fondate; se invece il tessuto della
città è irregolare, come a Siena e a S. Gimignano, rifugge da ogni geometria superimpo-
sta, adattandosi piuttosto alla conformazione
originaria dei sito.
Le strade non devono attraversarla diagonalmente, e piuttosto confluirvi tangenzialmente; sia per evitare l’irruenza del traffico, che ne
comprometterebbe l’uso, sia per consentire approcci visuali mediati più che diretti, come ad
Ascoli e a Vigevano.
Le pareti degli edifici che le racchiudono
hanno il carattere della permeabilità, per accogliere attività diverse e consentirne le mutazioni
nel tempo; saranno duttili, piuttosto che monumentali, e caso mai si doteranno di accessori
spugnosi – come i portici – per meglio catturare le attività quotidiane; come ad Ascoli e a
Padova.
Padova
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Infine, ospitano i simboli della città, mutevoli e sovrapposti: in modo da trasmettere alla
comunità le vicende delle sue diverse stagioni,
e fare sì che essa si identifichi in un luogo fisico riconoscibile: come a Brescia e a Vicenza, e
dovunque vi sia una vera piazza.
Tutto ciò è nella storia. Ma oggi le piazze,
nella concezione e nella gestione degli interventi, devono presentare caratteristiche
ulteriori. Occorre anzitutto che siano
gli spazi di chi si
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muove a piedi: dei cittadini che vi si recano per
attraversarle, sostarvi, incontrarsi, riconoscersi. L’esclusione del traffico automobilistico di
attraversamento o di sosta, ed in ogni caso la
sua compatibilizzazione con gli usi pedonali, è
dunque la prima fra le buone pratiche da attuare; sia che si debba operare su piazze che
già esistono, sia che ne debbano concepire di nuove. Verrà un tempo in
cui questa pratica la si applicherà ad ampie
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porzioni della città; ma intanto si cominci a farlo nelle piazze: ove lo si è giù fatto, le piazze,
esistenti e nuove, hanno cominciato subito a
vivere – o a rivivere – inducendo straordinari
fenomeni di appropriazione civile e sociale.
Un buon disegno della piazza deve inoltre
favorire una molteplicità di usi e di funzioni.
Occorre averne consapevolezza, perché spesso si assiste ad arredi invasivi che impediscono
una fruizione libera e multiforme dello spazio.
Sedersi, comunicare, incontrarsi, ma anche
assistere ad eventi, spettacoli, manifestazioni.
Non possono esservi
barriere e dislivelli, che non
siano trattati
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in modo da essere superabili. Non possono
esservi ostacoli all’incrocio delle visuali e all’intersecarsi delle traiettorie e dei flussi. E le
funzioni ospitate dagli edifici, nella loro auspicata molteplicità, devono potersi prolungare
nella piazza, alimentandone i caratteri e l’attrattività.
Da sempre le piazze accolgono opere d’arte. Devono poterlo fare anche adesso, pur nelle forme mutevoli e innovative in cui l’arte si
esprime, e con i materiali e le tecnologie di cui
oggi si avvale. L’arte contemporanea è perfettamente compatibile con i caratteri delle piazze
(Berlino, Mestre, Napoli, Carbonia), anche di
quelle storiche. Ma gli eventi artistici non devono essere invasivi e totalizzanti, al punto da
comprometterne la duttilità funzionale e l’elasticità d’uso. Essi vanno concepiti quindi come
elementi, ancorché rilevanti, di un disegno
d’insieme, e non come il tutto. A volte le forme delle piazze devono essere preservate,
visto che sono apparse in opere d’arte
contemporanee, così come nella letteratura e nel cinema (Odessa).
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Le piazze devono essere illuminate, ma il dosaggio delle fonti luminose può essere variabile e
modificabile con facilità in corrispondenza delle
diverse circostanze d’uso e di funzione (come
a Rotterdam). Possono esaltarne la conformazione spaziale (Trieste) e le peculiarità microambientali (Kabelvag), o piuttosto far risaltare
le quinte (Nancy, Santiago di Compostela, Salamanca, Barcellona), illuminando le facciate degli
edifici. E possono suggerire percorsi e direttrici,
a patto di non condizionare le molteplici modalità
d’uso dello spazio (una manifestazione collettiva,
il mercato, etc.).
Al fine di consentire – e di incentivare – l’accoglienza di eventi particolari – concerti, manifestazioni teatrali, dibattiti e conferenze, etc. – vi sono
piazze (Rotterdam) che sono state attrezzate con
Vicenza
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reti e cablaggi che permettono l’installazione rapida di impianti tecnologici e apparecchiature: per la
diffusione sonora, l’illuminazione supplementare,
l’approvvigionamento di energia, l’allacciamento
alle reti telefoniche e informatiche, e così via. Per
alcune, anche con forti connotati storici, l’installazione è diventata condizione fondamentale per
il successo della loro peculiare utilizzazione. Si
tratta di una pratica che merita di essere diffusa,
indipendentemente dai caratteri della piazza cui si
applica, incorporando i terminali delle reti nei manufatti che ne caratterizzano il disegno (supporti
degli apparecchi di illuminazione, pavimentazioni,
basamenti di sedute e parapetti, etc.).
La piazza, specie quando si apre nelle parti
centrali della città, è la materializzazione di stratificazioni storiche di eventi e interventi. È buona
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pratica incorporare tali materializzazioni nel progetto, e renderle
visibili e interpretabili: sia quando
si tratta di vere stratificazioni storiche di lungo periodo (Palmanova,
Matera, Rodi), sia quando si riferiscono ad eventi che hanno lasciato
di recente segni irreversibili sulle
strutture preesistenti (Varsavia,
Salemi). Altrettanto importante è
che il tracciato di configurazioni
fisiche precedenti, anche se non
particolarmente antiche, e anche
se appartenenti a contesti funzionali diversi (Cardiff), sia assunto
come base per il disegno dell’intervento.
La piazza è infine, per definizione, uno spazio urbano definito
da quinte di edifici. Nella sua evoluzione storica, ha ospitato spesso in
uno stesso ambito architetture con
caratteri e stili diversi, amalgamandone e metabolizzandone nel tempo
le differenze. L’architettura moderna
ha pieno titolo per essere ospitata nelle piazze storiche, sia quando sappia interpretarne, con intelligenza e semplicità (Nimes, Murcia), i caratteri e le
necessità, sia quando assume configurazioni che
incentivano nel tempo l’appropriazione sociale degli spazi antistanti; mentre dimostra ovviamente di
poter essere protagonista assoluta di molte piazze
realizzate ex novo e più di recente (Helsinki, Nowa
Huta, Evry, Barcellona).
Questa breve e sintetica disamina sui caratteri delle piazze europee si conclude con una
raccomandazione che si riferisce alla modalità
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Pienza
cui attenersi per generare (o per rigenerare)
una piazza. La piazza è ancora, come si è visto,
il luogo per eccellenza dei cittadini, e dunque è
con loro che la si dovrà concepire: ove ancora
non esiste, e occorre decidere come sarà fatta,
o dove già c’è, e occorre decidere come adeguarla alle esigenze dell’oggi. Nel futuro, altre
esigenze ne cambieranno sicuramente ruolo e
identità: ma essa avrà materialmente trattenuto, nel succedersi delle generazioni, l’impronta
condivisa di quanti hanno partecipato alla sua
concezione.
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“IL VIAGGIATORE MODERNO È UN CONSUMATORE ESPERTO,
CONSAPEVOLE, ATTENTO ALLA QUALITÀ E SENSIBILE AL PREZZO”
TURISTI SÌ, MA NON PER CASO
di ANNALISA BALDINELLI
n una realtà quale quella turistica,
così soggetta ai mutamenti spesso imprevedibili e improvvisi, che
hanno determinato e continuano a
determinare un forte cambiamento
nel modo di viaggiare, riuscire ad
individuare le possibili tipologie di
turisti diviene sempre più difficile. Presentare
e proporre una singola destinazione adeguatamente, risulta estremamente delicato, in quanto richiede l’essere a conoscenza dei continui
cambiamenti del mercato, dell’offerta e della
domanda e riuscire a comprendere le attese
del turista per poterle soddisfare al meglio. Nel
momento in cui ognuno di noi si appresta a effettuare un viaggio, è spinto da bisogni diversi
più o meno coscienti, che lo hanno portato ad
immaginarsi un sogno da realizzare e nel quale
poter soddisfare ogni sua attesa. Accettata la
teoria di Gulotta secondo cui ogni turista nell’intraprendere il viaggio, oltre alla sua valigia
materiale, ne porta con sé una psicologica,
realizzatasi nel momento precedente l’impatto
con la destinazione, fondamentali diventano i
vari media, i racconti di altre persone, le diverse letture e il bagaglio culturale, che consentono la costruzione di tutta una serie di mappe
mentali relative al tipo di esperienza che andrà
a svolgere e alla destinazione. Nella presentazione di una offerta si richiede pertanto, una
professionalità sempre più elevata, a fronte di
un turista sempre più esigente e smaliziato rispetto al passato e che si trova a disporre di
una pluralità di strumenti per ottenere informazioni e di canali per acquistare i servizi. Il
turista è, oggi, un personaggio del tutto nuovo
rispetto al passato anche recente: attento alle
proprie esperienze e poco disposto alla spesa
dissennata, informato sulle offerte del mercato e sui propri diritti, che si lascia coinvolgere
dai racconti degli amici/parenti più che dalla
pubblicità, che non vuole delegare totalmente
il compito di scelta della sua vacanza ad agenti
di viaggio, ma ricerca in loro un professionista
in grado di guidarlo, ma anche di assecondarlo
nelle sue scelte.
Il turista di oggi ha, insomma, una caratteristica importante ai fini della costruzione dell’offerta del “prodotto” vacanza: è infatti un consumatore consapevole, conoscitore dei meccanismi che regolano l’industria della vacanza,
ricco di esperienze sempre più numerose, con
un elevato grado di percezione della qualità e, al
contempo, sempre più sensibile al prezzo.
Un consumatore quindi smaliziato, ma anche letteralmente travolto da informazioni di
ogni tipo e veicolate con ogni mezzo, da quello
più tradizionale della carta stampata, a quello
televisivo, a quello multimediale, a quello di Internet, travolto anche da forme di promozione,
più o meno aggressive, suadenti, promettenti ed
efficaci. La capacità di discernimento e di lettu-
Pisa
ra dei mezzi più evoluti da parte del turista non
sempre è sviluppata nel modo corretto.
Si pensi ad esempio alla grande forza di Internet, un mezzo che consente una comunicazione bidirezionale, che facilita la trasmissione
delle informazioni e permette di comunicare a
costi contenuti, ma che offre a volte una vastità
di informazioni non certificate e controllate nella
loro attendibilità, tale da ingenerare confusione
o senso di smarrimento e incapacità di valutarne
la “bontà”. La strategia si basa sulla massima
praticità per il turista, che deve acquistare il miglior viaggio in termini di prezzo a parità di qualità e di servizi proposti, nel modo più semplice e
veloce direttamente presso il turista stesso.
Partendo dal presupposto che ogni pratica
turistica è figlia del suo tempo e quindi affonda
le sue radici nella realtà sociale, storica, economica e ambientale del momento, e considerando che il fenomeno del turismo di massa ha
ceduto il passo al fenomeno del “post-turismo”,
che considera i turisti non più come un insieme omogeneo al pari del turismo di massa, ma
come singoli individui con valori, identità, desideri e aspettative proprie, il turista oggi è intenzionato a viaggiare a seguito delle motivazioni
più differenti.
Proprio per questo si informerà sugli aspetti
del viaggio più diversi: dalla sicurezza alla situazione politica della destinazione, dalla qualità del cibo
alla presenza dei servizi essenziali, da quali vestiti
portare, al clima, agli oggetti che potrà acquistare, al tipo di persone che incontrerà per valutare le
possibili occasioni di divertimento.
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In base anche ad una personale e pluriennale esperienza condotta a diretto contatto con
il turista-cliente l’individuazione delle diverse
tipologie di turisti con le loro caratteristiche può
aiutare a presentare un’offerta sempre più completa. Queste potrebbero essere alcune delle
tipologie più comuni:
• L’informato. Colui che ha già valutato
delle alternative, deve soltanto scegliere quella
che più si avvicina alle sue esigenze. Accade
quindi che consulti l’agente di viaggio perchè
è in grado di fornirgli quel valore in più che gli
permetta di decidere o di riconfermare la sua
decisione che era in realtà già stata presa.
• L’indeciso. Colui che non ha la benché
minima idea di dove voglia recarsi, di che tipo
di esperienza sarebbe disposto ad effettuare;
ha sentito parlare da amici/parenti/colleghi di
lavoro di qualcosa che potrebbe interessarlo.
Richiede pertanto di essere guidato nella scelta
proponendo soluzioni a lui congeniali, presentando vantaggi e svantaggi, che lo rassicuri, che
interpreti i suoi desideri più nascosti.
• L’economo. Colui che è sensibile al
prezzo. L’unico obiettivo è trovare l’occasione,
servendosi di qualsiasi strumento, il più delle
volte ricorrendo ad Internet, pubblicità di qualsiasi tipo per riuscire a trovare l’offerta.
• L’imitatore. Colui che ricerca nella
vacanza la possibilità di effettuare la stessa
esperienza che hanno già svolto parenti/amici/
colleghi di lavoro che gli permetta di essere inquadrato in un certo status sociale. Meglio sarà
se riuscirà ad effettuare la stessa esperienza ad
un prezzo più vantaggioso degli “altri”.
• L’avventuriero. Colui che o per un elevato numero di esperienze compiute, o per spirito
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d’avventura, ricerca la novità, il rischio, la diversità dalla massa. E’ alla ricerca di chi è sempre
in grado di offrirgli nuove proposte, spesso di
buon livello culturale, nuove destinazioni o destinazioni tali che gli consentano di misurarsi
con l’ambiente esterno.
• Il turista di alta classe. Colui che viaggia solo con i migliori servizi, prende in considerazione solo offerte di elevatissimo standard
qualitativo, in destinazioni esclusive nelle quali
possa socializzare con i Vip. • L’organizzato – familiare. Colui che
ricerca solo situazioni super organizzate,
spesso in villaggi che gli ricostruiscono una
parte di quotidianità. Lo scopo è quello di ricostruire una sorta di bolla ambientale che
non lo esponga a rischi, che sia familiare e
che gli faccia vivere una realtà creata apposta
per lui. Quanto sarà importante per lui potersi
affidare ad un professionista che conosca alla
perfezione tutti i villaggi e che possa subito
capire la differenza di qualità che il cliente
stesso assicura di aver provato per diretta
esperienza. Di conseguenza l’offerta dovrà
essere calibrata proprio rispettando il giudizio
che ha del prodotto/Tour Operator.
L’importanza di individuare il target da colpire in relazione alla destinazione e le modalità di
fruizione dell’offerta che si va a proporre divengono il legame che determina il successo di un
prodotto/destinazione.
L’obiettivo della soddisfazione del turista,
intesa come soddisfacimento delle sue attese,
viene di conseguenza raggiunto, innescando un
meccanismo di pubblicità indiretta dovuto al
passaparola e comportando una probabile ripetizione della visita nella destinazione.
Il Foro romano
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L’IMPORTANZA DELLE ECCELLENZE CULTURALI
NEL PROCESSO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
UNA GRANDE RETE
PER I SITI UNESCO SICILIANI
Agrigento
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di SONIA GRASSO
a complessa stratificazione storica e culturale rende la Sicilia
una terra unica, ricca di risorse
materiali ed immateriali. Tra
queste emergono le eccellenze
promosse come siti dell’Unesco
(area archeologica di Agrigento,
villa romana del Casale di Piazza Armerina, isole
Eolie, le città tardo barocche del Val di Noto, Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica) e quelle che
hanno fatto rich iesta per rientrare nella lista del patrimonio dell’umanità (area archeologica di Segesta,
area archeologica di Selinunte, cattedrale di Cefalù
e abitato storico, isola Mothia e Lilibeo, Palermo e la
cattedrale di Monreale, Taormina e Isola Bella).
Annoverare un bene tra i siti Unesco significa,
oltre che riconoscerne valore e carattere di unicità,
promuovere un’attenzione specifica alla tutela e alla
valorizzazione.
Partendo proprio dalla presenza di questi siti
nell’isola, diventa interessante provare a studiare in
che modo queste “eccellenze” possano contribuire
ad un concreto sviluppo del territorio.
Nell’ultimo decennio il dibattito culturale europeo ha posto diversi spunti di riflessione sul valore
del patrimonio culturale, in particolare su come questo possa essere «elemento significante e generatore di valori, di memorie e di identificazioni» (Carta
M., L’armatura culturale del territorio, il patrimonio
culturale come matrice di identità e strumento di
sviluppo, Franco Angeli, Milano, 1999, p.33). Il percorso è dunque quello che vede il riconoscimento
del patrimonio da valore sociale e di identità fino a
valore territoriale.
Cercare gli elementi di un luogo che possano indirizzarne il processo di sviluppo significa scegliere
di fare una lettura del territorio che guardi ad esso
non come semplice somma di elementi, ma come
complessità di relazioni tra fenomeni naturali e azioni antropiche che si stratificano sul paesaggio.
Interpretare il territorio attraverso questo tipo
di lettura induce a guardare al patrimonio culturale
come elemento indispensabile nella programmazione di una pianificazione urbanistica “culturalmente
fondata”.
Per provare ad applicare queste teorie in un progetto di area vasta si è guardato alla Sicilia attraverso la lettura di carte tematiche che, riferendosi alle
Linee Guida del Piano Territoriale Paesistico Regionale, individuano la presenza delle risorse (dai siti
archeologici ai beni isolati, dai valori paesaggistici
alla viabilità storica, ecc.). A queste se ne aggiungono altre che, opportunamente indagate, oltre a
rilevare potenziali risorse materiali (linee ferroviarie
dismesse, siti castellani, ecc.), provano ad interpretare il territorio anche attraverso la presenza di beni
intangibili, (sagre, feste, eventi, ecc.) e che, opportunamente sovrapposte, segnalano la presenza di
risorse sparse nel territorio.
Leggere i luoghi attraverso la sovrapposizione
di carte tematiche permette di mettere in risalto le
emergenze culturali di un luogo, scegliendo, di volta
in volta, di sottolineare alcuni aspetti rispetto ad altri.
In questo senso i Siti Unesco vengono letti
come le eccellenze territoriali dalle quali partire per
promuovere un processo di valorizzazione complessivo, per cui non basta la presenza di elementi di
particolare pregio (i Siti), ma è necessario costruire
una rete di relazioni (materiali ed immateriali) che
crei un intero sistema culturale sul territorio.
La ricerca che si sta portando avanti guarda
al territorio della Sicilia attraverso questi strumenti di interpretazione, scegliendo come ambiti
culturali omogenei quelli definiti dall’antica
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Siracusa
suddivisione dell’isola in tre valli (Val Demone, Val
di Noto e Val di Mazara), superando i confini delle
amministrazioni comunali che, come in altri casi,
non rappresentano una divisione giustificata dalla
stratificazione storica che nei secoli ha contribuito a
formare l’identità dei luoghi.
Le indagini sul patrimonio culturale e la lettura
del territorio attraverso la sovrapposizione di carte
tematiche contribuiscono a formare il bagaglio di
conoscenza necessario per una pianificazione dei
luoghi consapevole delle risorse presenti. Le proposte di progetto sono volte a valorizzare soprattutto
quei territori dell’entroterra che, per posizione geografica, ragioni storiche ed economiche, non sono
sufficientemente conosciuti e partecipi di potenziali
flussi turistici. Considerando i Siti Unesco come “testate” di itinerari culturali, si prevedono dei percorsi
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Noto
di mobilità non motorizzata da realizzare su tracciati
di viabilità storica (regie trazzere, mulattiere, sentieri, strade a fondo naturale), viabilità panoramica,
ferrovie dismesse. Con la progettazione di queste
greenways si crea un sistema di mobilità dolce che,
collegando le diverse risorse presenti, promuove la
valorizzazione dell’intero territorio attraversato.
Nei centri minori siciliani a volte non è facile
programmare una politica di sviluppo, pur essendo
presenti elementi di valore del patrimonio culturale.
Questi, infatti, se considerati come elementi puntuali, non sempre giustificano l’innescarsi di processi
di promozione turistica e di conseguente crescita
economica, che invece sono più semplicemente
attuabili se inclusi in un sistema di pianificazione
più ampio.
In questo modo le “eccellenze territoriali”, oltre
ad essere esse stesse patrimonio da proteggere,
diventano soggetti in un processo di tutela “attiva”,
che non guardi solo alla conservazione delle risorse, ma miri ad una loro reale valorizzazione. Una
pianificazione, che tenga conto anche di questi punti di forza, trasforma elementi puntuali in sistema,
innescando processi di sviluppo complessivi.
Gli spunti progettuali che nascono da questo
tipo di indagine sono tanti e dipendono dalla scelta dei diversi layers; nascono così diversi itinerari
culturali in Sicilia che, partendo dai siti protetti,
incrociano i centri minori e le risorse sparse sul
territorio.
Queste ipotesi progettuali possono esse raccolte e costituire un abaco da cui attingere per la
progettazione di ogni singolo percorso, oppure essere messe a loro volta a sistema e formare una rete
culturale nel territorio. In questo caso gli strumenti
urbanistici a cui si fa riferimento sono di scala regionale e provinciale e riguardando i confini amministrativi, quasi mai rispettosi delle identità culturali
dei luoghi, si può pensare a dei distretti interprovinciali utilizzando come strumento la possibilità delle
province stesse di aggregarsi in consorzi (attraverso l’art. 34 della L.R.5/2005).
Dare maggiore risalto ai beni naturali ed antropici e metterli a sistema attraverso la realizzazione
di percorsi turistico-culturali, serve ad impostare un
metodo progettuale che va dal riconoscimento di alcuni valori, all’inizio di un programma di tutela, fino
alla promozione di un processo di valorizzazione e
sviluppo, al fine di aggiungere al valore testimoniale del patrimonio quello di risorsa economica per il
territorio.
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I MONASTERI PORTOGHESI DELL’UNESCO,
UN TRITTICO CHE RIEMPIE GLI OCCHI E RESTA NEL CUORE
I GIOIELLI DELLA VALLE DEL TAGO
di SUSANNA VENTURI e LUISELLA D. MEOZZI
ove non basterebbero diecimila
pagine, una è di
troppo”. E se lo
scrive José Saramago, nel suo
Viaggio in Portogallo, diventa arduo aggiungere questa pagina su tre dei tesori portoghesi
dichiarati Patrimonio dell’umanità dall’Unesco:
un imperdibile percorso che si snoda seguendo
la storia di tre monasteri a Nord di Lisbona e
del fiume Tago. Da Alcobaça a Batalha, fino a
Tomar, la grandiosità del Portogallo si erge su
un’architettura romanica, gotica, barocca, che
rivela a strati le vicende che hanno segnato secoli di storia e di conquiste per la popolazione
portoghese. Un trittico che riempie gli occhi e
resta nel cuore, da scoprire con la religiosità
della concentrazione e il gusto per la ricerca
del particolare.
I fiumi Alcôa e Baça, confluendo, hanno
cullato in origine un castello arabo. Sotto il
dominio dei mori, il sud del Portogallo ha vissuto un lungo periodo –quasi due secoli- di
pace e prosperità economica. Ma nell’XI secolo esplode la riconquista cristiana, e battaglia dopo battaglia, fiancheggiati dai Crociati,
i portoghesi cominciano a riappropriarsi delle
loro terre. Nel 1147, Afonso Henriques vince
la battaglia di Santarém conquistando la città
roccaforte dei mori, oggi vivace centro turi-
stico e capitale della provincia del Ribatejo.
Il Papa gli riconosce il titolo di Dom –re del
Portogallo- e lui adempie al voto fatto per ottenere la vittoria: dedicare una chiesa alla Vergine Maria. Per costruire il Mosteiro de Santa
Maria de Alcobaça, i monaci Cistercensi arrivano direttamente dalla Francia. È il 1150: gli
albori della fondazione del gotico. Il monastero
è speciale, la più pura e maestosa abbazia che
l’Ordine abbia costruito in Europa; un esempio
Tomar
unico del gotico iniziale monumentale, ancora innestato sullo
stile romanico, dove ‘il rigore dell’architettura ripete il rigore della
regola. La navata è profonda (non
ne esiste una più grande in Portogallo) e sembra strettissima tale
è l’altezza delle volte […] L’insieme è imponente, schiacciante,
questo spazio può essere abitato
solo da grandi cori e solenni imprecazioni’. A dirlo, ancora Saramago. Sette secoli d’arte che si
integrano tra i torrioni barocchi,
il portale gotico e i ricami manuelini. Che lasciano ancora più
esterrefatti, all’interno, per tutta
quella ricchezza data dalla verticalità, dall’ingresso della luce,
dai contrafforti. A causa della distruzione della maggior parte dei
monasteri cistercensi in Francia,
per studiare lo stile gotico-cistercense iniziale, i francesi sono
dovuti venire fino ad Alcobaça.
Dei valori iniziali su cui si fondava l’Ordine –misticismo ascetico,
vocazione all’isolamento in posti austeri- ben
poco resta nella storia di questo monastero.
Sembra anzi che i costumi dei monaci tendessero sempre più alla lascivia, e che la loro
bisboccia non conoscesse limiti. Rimane a
testimonianza dell’ingordigia una cucina dalle
proporzioni impossibili, dove dispensa, camino e spianatoia sembrano creati per una tribù
di giganti; e una vasca in pietra in cui un condotto riusciva a scaricare il pesce, per appetiti
Alcobaça
insaziabili, direttamente dal fiume Alcôa. Pare
che, per consumare i loro pasti pantagruelici,
i monaci entrassero nel refettorio attraverso
una porticina che faceva da “misura”: venivano messi a digiuno solo quando non riuscivano
più ad attraversarla.
Proseguendo a nord, verso Leiria, il concentrato di patrimoni del Ribatejo si traduce
in un altro monastero: Santa Maria da Vitória,
ancora dedicato a Maria in seguito a un
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Alcobaça
voto fatto in battaglia da Dom Ioão I. Tre anni
dopo avere sconfitto gli spagnoli ad Aljubarrota (14 agosto 1385) e avere dato un altro corso
alla storia del Portogallo, il re fece avviare i
lavori di costruzione dell’abbazia domenicana
pochi chilometri a nord del sito del combattimento. Il Mosteiro da Batalha è un mirabile
cocktail di stili: ‘è l’esuberanza manuelina che
aggiunge alla gravità gotica il valore scenografico che, fondamentalmente, le appartiene’.
Sostiene Saramago. Concepito dall’architetto
Afonso Domingues come monastero-mausoleo senza complesso abitazionale interno, in
mezzo alla campagna invece che nel centro
della città, Batalha capovolge i canoni in uso
fino ad allora. Ridondanza esterna nel tripu-
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dio del portale, riccamente decorato da figure
evangeliche scolpite, e del portico, in pietra
ricamata come merletti. E archi traforati decorati con motivi arabeschi negli interni. Sublimi
le Capelas Imperfeitas, mai portate a termine.
‘Per nostra fortuna’, scrive Saramago, altrimenti ‘avremmo una visione priva di sorprese. Così,
c’è una promessa che rimane tale e che, pur sapendo noi tutti che non si avvererà, ci soddisfa
quanto l’opera compiuta, se non di più’.
In prossimità del confine con l’Estremadura, ci si trova all’improvviso sulle tracce
dei Templari. A Tomar, il Convento de Cristo
è ancora oggi di notevole impatto, perché fa
parte di uno dei centri più importanti dei monaci-guerrieri fuori dalla Terra Santa. L’ordine
religioso militare, nato intorno al 1119, aiutò i
primi re portoghesi a sconfiggere i musulmani e a segnare le proprie frontiere. I Templari
cominciarono a costruire il castello di Tomar
sotto il regno del primo re portoghese, Dom
Afonso Henriques, e proprio accanto a lui si
aggiudicarono la vittoria di Santarém del 1147,
in seguito alla quale consolidarono i loro possedimenti nella valle tra il Rio Mondego e il Rio
Tejo. A capire l’importanza dei Templari per lo
sviluppo del Portogallo fu soprattutto Dom Dinis, che nel momento in cui Filippo IV di Francia sterminava i cavalieri (peraltro di origine
francese) con l’appoggio di papa Clemente V,
ricostituiva l’ordine con il nome di Ordine di
Cristo, per farlo tornare a Tomar dopo venticinque anni di esilio. Con le loro ricchezze, i
Templari hanno potuto finanziare le scoperte
e i commerci della nazione, e dare una forte
impronta culturale e amministrativa a tutto il
paese. Il convento è situato in mezzo al bosco,
Bathala
su una collina da cui domina la città, e si raggiunge in pochi minuti di piacevole cammino.
Il lucernario della casa capitolare, fantasmagorico succedersi di elementi manuelini in una
fusione spettacolare, è diventato col tempo la
parte più conosciuta dell’intero complesso, a
tal punto da divenirne il simbolo. Al Convento de Cristo si può ammirare tutto lo sviluppo
dell’architettura che va dal Romanico fino all’Umanesimo e al Rinascimento portoghese,
ricordando soprattutto che i Templari sono
stati per il Portogallo l’unico collegamento
con Bisanzio e l’arte romanico-bizantina, ben
visibile nella charola, la chiesa a sedici lati
che domina il monastero: ‘così concepita, è
contemporaneamente sole irradiante e ombelico del mondo’, conclude Saramago. Avvolto
dal silenzio di quest’àbside, che circonda uno
spazio ottagonale dove l’altare veglia sull’essenza immateriale del luogo, il tempo trascende; e nella penombra sbiadita, scaldata dalla
luce che scivola sugli affreschi, sembra quasi
di udire lo scalpitio dei cavalli dei leggendari
monaci-guerrieri: gli unici che, in sella ai loro
destrieri, potevano assistere alla celebrazione
della messa senza inginocchiarsi.
AUTENTICI “MIRACOLI” DI ARTE, CULTURA E SPIRITUALITÀ
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tre siti rispondono tutti al criterio che li dichiara “capolavori del genio creativo umano”, ovvero
il primo dei criteri culturali stabiliti per la selezione. Essendo stati iscritti nel World Heritage
Fund precedentemente all’anno 2005, ovvero il 1983 per Tomar e Batalha, il 1989 per Alcobaça, le linee guida per l’identificazione dei requisiti di idoneità si rifacevano ancora alla divisione
in due ambiti: culturale con sei criteri e naturalistico con quattro. Pur con la nuova lista unificata, la
sostanza non cambia: nel caso di Tomar, oltre al criterio uno è stato attribuito anche il criterio sei:
“essere direttamente associato a avvenimenti legati a idee, credenze o opere artistiche e letterarie
aventi un significato universale eccezionale”. Per Batalha si aggiunge il numero due: “testimoniare un
cambiamento considerevole culturale in un dato periodo sia in campo archeologico sia architettonico
sia tecnologico, artistico o paesaggistico”. Alcobaça contiene invece il quarto criterio: “offrire un
esempio eminente di un tipo di costruzione architettonica, o del paesaggio, o di tecnologia illustrante
uno dei periodi della storia umana”.
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DOPO 2600 ANNI
RIEMERGE UNA SPLENDIDA PIAZZA SACRA ETRUSCA
LE INFINITE SORPRESE
DELLA NECROPOLI DI CERVETERI
di ARNALDO GIOACCHINI
aysra non finisce mai di
stupire continuando a consegnare, a piene mani, ai
contemporanei, testimonianze eccezionali del suo
formidabile vissuto etrusco.
Che l’attuale Cerveteri fosse
una delle più ricche e potenti città della Dodecapoli
etrusca, se non la più potente ed influente in assoluto, avendo contemporaneamente in attività ben
tre porti, andando ad esercitare, in tal modo, una
sorte di talassocrazia su tutto il Mediterraneo, non
è certo un segreto; come è noto che la sua Necropoli della Banditaccia (una delle sette attualmente
censite in loco), che nella sua parte monumentale
è Sito Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità,
con i suoi 170 ettari d’estensione, è la seconda
necropoli al mondo dopo quella della Valle dei Re
in Egitto. Ciò che sorprende è che, la città, che i
romani chiamavano Caere ed i greci Agylla, ancora
ai nostri giorni, renda, dal punto di vista storico ed
archeologico, sorprese incredibili. L’ultima di esse
è il ritrovamento, dopo quattro anni di incessanti lavori (a seguito di una apposita convenzione stipulata con la Soprintendenza Archeologica per l’Etruria
Meridionale nel 2003) ed oltre 400 camion di terra
(attentissimamente vagliata) rimossa a cura del
Gruppo Archeologico Romano - Sezione di Cerve-
teri, guidato con grande perizia ed entusiasmo dal
suo infaticabile presidente, la dottoressa Vittoria
Carulli, della più grande Piazza Sacra Etrusca (forse
l’unica) finora mai rinvenuta. Un luogo incredibile, di
venticinque metri di lunghezza e dieci di larghezza,
posto cinque metri sotto l’attuale livello stradale, su
cui si affacciano ben 12 tombe di cui 5 a “camera”
4 a “fossa” (cosiddette alla “cappuccina”) e 3 di
bambini. Il bello, anzi il bellissimo in questo caso, è
che tre di esse non sono state mai violate ed hanno
restituito integro il loro importante corredo funerario formato da 40 “pezzi” comprendenti, fra l’altro,
un oikonoe con fiori di loto dipinti ed una bianca
danzatrice, due specchi bronzei di cui uno magnifico inciso (cosa piuttosto rara) con il mito di Leda
ed il Cigno (nello specifico Leda cavalca il Cigno),
insieme ad essi sono stati rinvenuti anche un vaso
panatenaico del VI secolo con dipinti due atleti in
corsa con alle loro spalle un uomo seduto (forse un
giudice) ed un altro giudice in atto di premiarli all’arrivo e molti vasetti dipinti con civette (qualcuno
era particolarmente dedito a Minerva) e palmette
laterali. Ritrovati inoltre 35 cippi funerari fra quelli maschili (colonnine - simboli fallici) e femminili
(a casetta) con una prevalenza numerica di quelli
maschili. Fra quelli a “casetta” ne è stato riportato
alla luce uno di ben 1,07 metri di lunghezza (il più
grande finora di tutta l’Etruria) con sopra
Scala di accesso alla Piazza Sacra
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lavorato un inusuale tetto a pagoda. Dalla notte dei
tempi sono riemerse anche varie lapis manalis, tufi
squadrati con sopra sulla parte superiore, al centro,
scavato un alveo nel quale i proprietari delle tombe ponevano e cementavano, a mo’ di tappo, delle
pietre ovoidali, che il giorno dei defunti venivano
rimosse affinché si liberassero le anime dei morti
per averli accanto durante tutto lo svolgersi della
giornata. Su questa usanza etrusca i romani “motteggiavano” molto. È inutile dire del rinvenimento di
tante ossa e di molte arcate dentarie nelle quali si
vedono, benissimo, pure le varie carie. E pensare
che tutto iniziò con l’intento di ripulire e ripristinare,
al fine di una successiva valorizzazione, la già nota
ma particolarissima Tomba/Tempio delle Cinque
La Piazza Sacra
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Sedie, che è posizionata al limite del pianoro sul
lato ovest della Banditaccia, praticamente dove, in
quella zona, termina il tufo vulcanico; tomba di cui,
nell’agosto del 2003, si intravedeva, sì e no, solo il
pertugio d’ingresso. La straordinarietà della Tomba
delle Cinque Sedie (650-625 a.C.), con i suoi cinque tronetti e relativi statuine (di 48 cm. di altezza)
degli antenati (delle tre ritrovate integre due sono
al British Museum di Londra ed una al Palazzo dei
Conservatori - Musei Capitolini di Roma), è costituita dal fatto che all’interno di essa è contenuto un
vero e proprio tempio per cerimonie (funebri e di altro tipo?) con il suo altare ed i suoi stanzini ove tenere gli oggetti per le cerimonie (cosa questa della
tomba/tempio assolutamente desueta). La Piazza
Statuine degli antenati
Sacra dell’area sacra delle Cinque Sedie è emersa
quando riportato in luce il “tamburo” delle Cinque
Sedie i volontari del Gar di Cerveteri si sono resi
conto che di fianco ad essa, scavando si rivelavano, man mano, delle importanti cavità, e di là, pian
piano, sono giunti a “liberare” di nuovo, dopo oltre
2600 anni, questa splendida realtà archeologica
che al centro mostra, ancora benissimo, l’ampio
foro in cui vi era collocato un grande pithos per le
cerimonie dell’acqua e del fuoco. Il luogo è stato
riaperto il 4 ottobre 2007 con un concerto, ad inviti, per soprano e pianoforte. Invitati ivi condotti con
il trenino elettrico ecologico gommato che percorre, dal 2006, una parte del pianoro della Banditaccia. Un luogo questo che ha dell’incredibile se si
pensa che: “… sotto l’attuale livello riportato alla
luce…”, come dice la dottoressa Rita Cosentino,
archeologa della Soprintendenza Archeologica per
i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale (di cui
è Soprintendente la dottoressa archeologa Anna
Maria Moretti), direttore del Museo Nazionale
Etrusco di Cerveteri e della stessa Necropoli della
Banditaccia nonché responsabile di tutta la Zona
archeologica, “… ne abbiamo individuato anche
un altro…”. Per inciso, tornando all’Area Sacra
delle Cinque Sedie, va sottolineato come si tratti
di una sorta di mini-necropoli nella necropoli visto che racchiude tutto il periodo etrusco, infatti
presenta tombe che vanno dall’VIII secolo a.C.
(villanoviano) fino al II secolo d.C. con la presenza
di sepolcri che, cronologicamente, “coprono” tutto
l’arco di tempo della storia etrusca. A proposito
dimenticavo di dire che nella parete frontale della
Tomba/Tempio delle Cinque Sedie, rispetto alla
scala di discesa, è riapparsa una scritta etrusca
su due righe (sopra al giaciglio principale), di cui
è in corso la ripulitura; scritta che ad una prima
decrittazione nelle prime parole, è stata tradotta in:
“… lo sono di…”, forse sapremo quale era la ricca
famiglia proprietaria, oppure cos’altro ci viene comunicato, direttamente, pur attraverso i millenni?
Sembrerebbe esservi anche un’altra scritta, più
contenuta, questa nella zona tempio, anche qui,
se riuscissero a farla “emergere” per la lettura, su
cosa ci ragguaglierebbe? Staremo a vedere, pronti
a leggere.
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LE DOLCI BUSTINE DELL’UNESCO:
UN NUOVO ED ORIGINALE STRUMENTO DI PROMOZIONE
PER IL PATRIMONIO CULTURALE ITALIANO
BASTA UN POCO DI ZUCCHERO…
di ARIANNA ZANELLI
el 2007 ci abbiamo provato quasi per gioco. Quattro
immagini per quattro Siti:
la Città Storica di Roma,
Tivoli con la Villa Adriana,
Venezia e la sua Laguna, il
Centro Storico di Firenze
riprodotte singolarmente su una serie di bustine di zucchero, lanciate in occasione della
partecipazione dell’Associazione alla scorsa
edizione del Salone del Restauro a Ferrara.
Una scelta, quella di uno strumento comunicativo inconsueto come lo zucchero, che ha
ampiamente ripagato in termini di visibilità e
di promozione. La capacità delle bustine di
zucchero, le stesse che ogni
mattina troviamo sul ban-
cone del bar, di catturare l’attenzione del
pubblico e di diffondere in modo immediato e divertente, attraverso suggestive immagini il significato e l’importanza dello straordinario patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese,
ha sorpreso anche noi. Il gradimento dei nostri
soci e il fulmineo apprezzamento riscontrato
nelle varie occasioni nelle quali abbiamo avuto modo di presentarle, ci ha perciò convinti
a dare seguito al “gioco”. Quest’anno, quindi, ci riproviamo, cercando di potenziare il
messaggio attraverso il mondo del collezionismo, una realtà dinamica e varie-
gata, attiva in
ogni angolo del mondo.
Presenteremo, infatti, a metà marzo al
World Sugar Meeting di Ferrara (il principale
appuntamento mondiale per i collezionisti di
zucchero), grazie alla preziosa collaborazione
di Paolo Atti, vero deus ex dulcis della manifestazione, la nostra nuova “raccolta”. La selezioni delle dodici località da ritrarre in questa
seconda serie è stata dettata essenzialmente
da un criterio geografico; dalla volontà, cioè,
di percorrere con le immagini l’intero territorio
della nostra penisola ed attribuire adeguata
visibilità ad ogni sito riconosciuto dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”.
Le “bustine di zucchero dell’Unesco”
costituiscono solo la prima di una serie di
proposte promozionali alle quali l’Associazione delle Città e dei Siti italiani Patrimonio
Mondiale Unesco sta attivamente lavorando.
Non vi distraete: cercheremo di sorprendervi
con altri effetti speciali.
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PROGETTI STRATEGICI
PER UNA RIQUALIFICAZIONE PAESAGGISTICA
LE SPLENDIDE VILLE
DI ANDREA PALLADIO
di FAUSTA BRESSANI
Direzione Beni Culturali della Regione Veneto
no degli elementi che più
caratterizzano il territorio
della Regione del Veneto è
la presenza di grandi dimore
patrizie, distribuite in tutta la
sua estensione. Si tratta un
fenomeno sviluppatosi nel XVI
secolo, quando, in seguito agli eventi legati alla Lega di
Cambrai, la Serenissima cambiò indirizzo alla propria
politica economica, investendo sempre più cospicui
capitali nello sfruttamento delle risorse dell’entroterra
veneto, conquistato durante la fase espansionistica in
terraferma nel corso del secolo precedente.
Così facendo la Repubblica impose la propria identità territoriale, promuovendo trasformazioni a livello
sociale, economico e amministrativo, e riqualificando
l’ambiente attraverso vaste campagne di bonifica e di
dissodamento del suolo. La villa svolgeva il triplice ruolo di residenza nobile del proprietario, dove questi poteva godere delle proprie comodità nello sfarzo abituale,
di manifestazione esteriore delle posizione sociale di
appartenenza, e di struttura preposta alla gestione del
fondo agricolo.
Le splendide dimore patrizie sono dunque espressione di una classe dominante aperta alla cultura, sensibile alle bellezze della natura e dell’arte, e al tempo
stesso attiva nell’amministrare oculatamente le sue
vaste proprietà agricole; fin dalle origini la “civiltà di
villa”, per il suo valore insieme economico e culturale,
ha avuto una capillare diffusione e ha profondamente
segnato il territorio veneto nella storia.
Tra più di quattromila beni, di proprietà pubblica o
privata, disseminati nel territorio veneto – di cui oltre
duecento aperti al pubblico – spiccano indubbiamente
le opere di uno dei più grandi maestri dell’architettura
cinquecentesca, Andrea Palladio, al cui genio si deve la
codificazione stessa del modello di “villa” destinato ad
affermarsi con grande fortuna non solo in queste zone
ma anche in tutta l’Europa continentale, per diffondersi
poi in Inghilterra e oltreoceano.
Per queste ragioni le realizzazioni architettoniche
palladiane sono state riconosciute dall’UNESCO come
“Patrimonio mondiale dell’Umanità”, e iscritte nel 1996
nella Lista del World Heritage a estensione e integrazione del già esistente sito di “Vicenza città del Palladio”
istituito nel 1994, del quale fanno oggi parte, costituendone per così dire il versante di tipo ‘seriale’.
Considerando il ruolo storico e l’eccezionale valore
architettonico delle ville palladiane, è chiaro che la loro
conservazione, mediante forme di uso compatibili con
il carattere dei monumenti, non può prescindere dalla
protezione del contesto paesaggistico entro cui essi
sono situati.
La Regione del Veneto è da tempo sensi-
Villa Foscari, Mira
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unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
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bile alle delicate problematiche di tutela, conservazione
e valorizzazione di un simile patrimonio, che vengono
affrontate mediante un’azione continua, basata su un
apparato normativo assai complesso e articolato. Alla
luce dell’esperienza maturata operando in vari contesti,
l’Amministrazione regionale ha potuto approfondire le
problematiche connesse alla gestione del patrimonio
delle ville palladiane, e, di conseguenza, pensare a nuove modalità di intervento, che l’evoluzione normativa
regionale ha nel frattempo reso possibili e praticabili.
Ci si riferisce, in particolare a uno specifico strumento amministrativo di governo del territorio, denominato “Progetto strategico”, introdotto dall’art. 26 della
nuova legge urbanistica regionale (L.R. 23 aprile 2004,
n. 11), che consente la realizzazione di “interventi o programmi di intervento di particolare rilevanza per parti
significative del territorio”, qualora “l’amministrazione,
che ha la competenza primaria o prevalente sull’opera
o sugli interventi o sui programmi di intervento” agisca all’interno della pianificazione territoriale regionale
“promuovendo la conclusione di un accordo di programma, che assicuri il coordinamento delle azioni e
determini i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni
altro connesso adempimento”.
Tale strumento assume carattere di assoluta novità nel panorama della normativa regionale sul governo
del territorio. In particolare, grazie alla procedura di
attuazione, che avviene mediante la conclusione di un
accordo di programma, esso risponde all’esigenza di
intervenire in tempi relativamente brevi su ambiti determinati, secondo una programmazione strategica del
territorio, e soprattutto prima che eventuali fenomeni di
sviluppo di fatto precludano scelte essenziali di rilievo.
L’opportunità di predisporre un Progetto strategico
sul tema “Le Ville di Andrea Palladio” ha così trovato
subito un proprio spazio all’interno del percorso progettuale avviato con l’aggiornamento del Piano Territo-
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riale Regionale di Coordinamento. Nel luglio del 2006 la
Giunta regionale ha predisposto una specifica azione,
avviando il Progetto strategico “Le ville di Andrea Palladio”, con l’obiettivo di definire misure di salvaguardia
dell’intorno di ciascuna singola villa palladiana, di ‘ricomporre’ la relativa immagine ambientale, in quanto
parte significativa dell’identità culturale veneta, e di
rivedere la pianificazione urbanistica vigente.
A tal fine è stato studiato un percorso di lavoro
suddiviso in due fasi: una prima fase di tipo analiticoconoscitivo, e una successiva, a carattere più propriamente progettuale-operativo.
Per quanto riguarda la prima parte dei lavori, si è
ritenuto di adottare un approccio fondato sull’integrazione di due livelli conoscitivi: lo studio dello stato di
fatto degli ambiti interessati e l’approfondimento della
normativa vigente. I lavori sono iniziati con l’analisi
ricognitiva, effettuata su mappe e planimetrie, di tipo
storico e urbanistico, finalizzata a evidenziare l’inquadramento territoriale, la struttura fisica del territorio, le
destinazioni e i vincoli urbanistici presenti, cui è stata
affiancata un’analisi documentale storico-architettonica, sia sui manufatti, sia sull’armatura ambientale del
contesto figurativo.
Il secondo livello di approfondimento riguarda la
verifica dei vincoli normativi, ovvero vincoli afferenti la
tutela monumentale diretta (vincolo ex art. 1 della legge
1089/1939, art. 10-13 del D.Lgs. 42/2004), la tutela indiretta sul contesto di pertinenza dell’edificio (vincolo ex
art. 21 legge 1089/1939, art. 45 del D.Lgs. 42/2004),
la tutela paesaggistica (vincolo ex legge 1497/1939, art.
136 del D.Lgs. 42/2004), oltre a eventuali prescrizioni
e vincoli derivanti dai piani regolatori comunali e/o piani
territoriali di area vasta.
Questa prima fase, attualmente in corso d’opera,
produrrà una descrizione del contesto fisico in cui ogni
singola villa è inserita, e delle modifiche prodotte nel
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tempo dalle relazioni economiche e sociali, a documentazione dell’eventuale esistenza di misure di tutela già
efficaci.
La fase più propriamente progettuale si fonderà
sulla lettura integrata dei dati emersi dagli approfondimenti sopraccitati. In particolare, muovendo dalle
stesse direttive emanate dall’UNESCO, relativamente
alle cosiddette ‘zone tampone’, ci si ripropone di applicare le prescrizioni e sviluppare anche oltre il concetto,
definendo un’area di rispetto intorno a ciascuna singola
villa del Palladio, e prevedendo l’aggiornamento della
disciplina o della programmazione urbanistica vigente,
laddove si riveli carente delle attuali sensibilità culturali
e disciplinari.
Ciascuno di questi ambiti, che dovranno essere
sgombri da elementi di degrado, ma anche potenziati
nelle loro valenze di pregio ambientale, sono da intendere come ‘zone cuscinetto’ (buffer zone), contigue
alla propria eccellenza architettonica, e aventi esten-
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O
sione sufficiente da svolgere funzione di valorizzazione
paesaggistica e di protezione dalla pressione antropica.
Attualmente sono allo studio le definizioni delle varie
buffer zone, che saranno essere approvate con il coinvolgimento degli enti locali interessati.
Non vi è chi non veda come l’attenzione per il paesaggio e la sua riqualificazione risulti elemento strategico ai fini della politica di valorizzazione di un patrimonio
culturale di entità pari a quello delle ville venete. Non
solo: progetti di questo tipo, che permettono di creare
una banca dati contenente informazioni derivate dall’analisi del contesto economico e territoriale in cui ogni
singola villa è inserita, dalle ricognizioni sugli strumenti
urbanistici, dalla catalogazione delle ville in relazione al
proprio valore artistico e culturale, possono costituire
un valido modello di riferimento, sia per la sperimentazione della stessa metodologia adottata, sia per la
programmazione di interventi analoghi o paralleli nelle
attività future.
Villa Badoer, Fratta Polesine
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CRONACA DI UN PROGETTO EUROPEO
LA CULTURA UNISCE
CIÒ CHE IL MARE DIVIDE
di SEBASTIANO CARIANI e MONIA BARCA
Ufficio Politiche Comunitarie della Provincia di Ferrara
er parlare del Progetto S.U.A., prima rete adriatica dei Siti Unesco, si dovrebbe partire dalle
sue origini, ma in questa sede si preferirà principiare dalle ultime attività. Lo scorso novembre, infatti, il Progetto ha ottenuto un prezioso riconoscimento in un concorso promosso
dal Comitato delle Regioni a Bruxelles. I premi, mirati a dare luce ai migliori e più innovativi
progetti regionali in Europa, hanno visto la candidatura di più di 150 progetti. Il Progetto Siti
Unesco Adriatici, con capofila la Provincia di Ferrara, si è aggiudicato la medaglia di argento
nella categoria per i migliori progetti culturali in Europa. Un risultato tanto inatteso quanto
meritato per un progetto ambizioso negli obiettivi sin dal principio; obiettivo del S.U.A. era, infatti, la creazione
di una rete culturale tra Siti Unesco affacciati sull’Adriatico, finanziata dal Programma europeo INTERREG IIIA
Adriatico. Capofilato dalla Provincia di Ferrara, al progetto hanno preso parte il Comune di Ferrara, il Museo
d’Arte di Ravenna, le Facoltà di conservazione dei beni culturali e di lettere e filosofia dell’Università di Bologna,
l’Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna. Tra i partner balcanici i Comuni
di Sarajevo e di Parenzo, l’Università di Sarajevo, il Comune di Dubrovnik, l’Istituto regionale per la protezione
del patrimonio di Kotor, il Congresso
serbo per la protezione del patrimonio, il Ministero della Cultura albanese e la Sovrintendenza per la tutela
dei beni culturali di Parenzo.
Tra gli obiettivi, la messa in rete
dei Siti, e la loro promozione congiunta; il trasferimento di tecniche
innovative di recupero, restauro,
conservazione e documentazione;
l’individuazione di forme innovative,
economicamente sostenibili e redditizie di gestione e valorizzazione
dei beni e del patrimonio culturale
nei diversi territori attraverso
Sarajevo
Kotor
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l’elaborazione di Piani di Gestione. Grazie a questo percorso, il sito di
Kotor ha presentato in occasione del meeting finale di progetto il suo
Piano di Gestione. Nello scorso mese di maggio 2007, presso il Castello Estense della Mesola, sì è così tenuto il momento conclusivo ufficiale
del Progetto S.U.A., con la partecipazione di tutti i rappresentanti delle
Istituzioni coinvolte e delle istituzioni regionali e ministeriali italiane e
balcaniche.
Grazie al progetto sono inoltre stati realizzati tre interventi pilota
legati allo studio, al recupero, al restauro ed alla valorizzazione di beni
monumentali: nella fattispecie, il recupero dell’abside della Cattedrale
di Ferrara (vedi box), la ricostruzione della Via Coperta e dell’Appartamento della Pazienza nel Castello Estense, ed infine la creazione di
Dubrovnik
un Centro di Documentazione sul Mosaico, realizzato presso le sale
del Museo d’Arte della Città di Ravenna. In aggiunta, si è deciso di realizzare due interventi di training per i
tecnici balcanici dei partner progettuali sulla gestione e management dei siti e dei beni culturali: la Facoltà di
Economia dell’Università di Ferrara ha pertanto curato due settimane di corsi formativi legati alle discipline
parte del Master in Management e gestione economica dei beni culturali dell’Ateneo ferrarese.
Il Castello di Mesola
unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
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Il più rilevante risultato raggiunto
dal progetto, fruibile da un più vasto
pubblico e mirato alla diffusione della conoscenza dei Siti Unesco che si
affacciano sull’Adriatico, è il sito web
www.suaweb.org. Il Portale, oltre a
rappresentare le diverse emergenze,
consente la costruzione di percorsi
che evidenziano i legami storico-artistici e le caratteristiche condivise dei
diversi siti Unesco, suggerendo anche itinerari turistici inediti. E’ in versione multilingue (italiano, inglese,
serbo, croato, bosniaco, albanese) e
oltre a descrivere il progetto e le sue
attività, cataloga e illustra i vari siti
Unesco coinvolti nel progetto. La caMosaico a Kotor
talogazione consente di esplorare le
ricchezze del patrimonio Unesco per
stili artistici (greco, romano, prima epoca cristiana, bizantino, islamico, pre-romanico, gotico, rinascimentale, manierista e barocco, rococò, neoclassico, romantico, modernista); per percorsi tipologici (monumenti,
siti naturali, gruppi di edifici, siti opera dell’uomo misti uomo-natura e archeologici) e per luoghi (Ferrara,
Ravenna, Padova, Venezia, Alberobello, Urbino, Aquileia, Castel del Monte, Butrint, Gjrokastra, Mostar, Spalato, Dubrovnik, Trogir, Parenzo, Plitvice, Sibenik, Decani, Studenica, Sopocani, Stari Ras, Kotor e Durmitor).
Infine, oltre al Portale, si è
realizzata una mostra sui
Siti Unesco Adriatici, che
da’ testimonianza di questo
patrimonio condiviso, illustrando attraverso 60 pannelli multilingue i vari Siti.
Trattandosi di una mostra
itinerante, essa è disponibile
a richiesta. L’obiettivo è, infatti, quello di renderne fruibili i contenuti dalla più vasta
platea possibile.
Parenzo
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unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
FERRARA, RICONSEGNATA ALLA CITTÀ L’AREA
ATTORNO ALL’ABSIDE DEL DUOMO, DISTRUTTA DAI
BOMBARDAMENTI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
“IL MURO DELLA MEMORIA”
di ANGELA GHIGLIONE
Servizio infrastrutture del Comune di Ferrara
ell’ambito del proget to europeo
SUA il Comune di Ferrara ha
proposto e curato il proget to
pilota per ii recupero dell’area
at torno all’abside del Duomo.
L’area era stata ogget to di pesanti bombardamenti negli ultimi mesi della II guerra mondiale. Insieme a molte
vit time civili erano andati distrut ti i luoghi della
vita quotidiana della Cat tedrale, la Sagrestia e il
Coret to d’inverno e un denso e secolare insediamento edilizio cresciuto at torno all’area absidale. Dopo il completamento delle opere che hanno
por tato negli
anni
Dopo i bombardamenti
passati alla
costruzione della nuova sagrestia e alla ridefinizione del
fronte su via degli Adelardi, mancava ancora un
accordo sulla soluzione del vuoto tra l’abside, il
campanile e le bot teghe.
Il proget to conclusivo, che ha avuto il contributo dei tecnici del Comune di Ferrara e della
Soprintendenza per i Beni architet tonici e paesaggistici di Ravenna, integrando quanto già redat to dell’arch. Carlo Bassi, esprime la volontà
di dare forma all’accesso sud della Cat tedrale
mantenendo il più possibile visibile l’immagine
dell’Abside, proponendo un intervento che dia
Prima della guerra
La Madonna del Corridoio
segue della piazza centrale fino all’area absidale.
La parete di fondo verso ovest è
diventata il “muro della memoria”,
una superficie trattata in modo plastico per raccontare e ricordare la storia
del luogo, un segno che dia senso alla
storia della città ferita. La realizzazione di quest’idea è stata possibile
anche grazie al lavoro del Maestro
Maurizio Bonora che, interpretando le
intuizioni dei progettisti, ha dato forma artistica alla materia della parete.
Nella parete così voluta è stata alloggiata la statua della Madonna
del Corridoio, un calco dell’originale che in questo luogo era presente
prima della distruzione bellica, e
una lapide a ricordo di tut ti i caduti
civili della cit tà durante la seconda
guerra mondiale.
71
notizia dei fat ti accaduti, capace di consegnare
alla memoria gli eventi che hanno provocato l’attuale connotazione dei luoghi lasciandone percepire la “ ferita”.
E’ stato realizzato un percorso d’ingresso unico e privo di barriere architettoniche, un ampio
piano inclinato capace di raccordare in un continuum spaziale le diverse quote esistenti. La scelta
dei materiali ha voluto riproporre le suggestioni
cromatiche dei paramenti murari della cattedrale
e la tipologia delle preesistenze.
Di concerto con il Capitolo della Cattedrale si è
scelto di lasciare l’intera area aperta al pubblico,
senza evidenziarne i limiti di proprietà in modo
da ottenere una sorta di percorso fluido che pro-
Al termine del restauro
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MODENA FESTEGGIA DIECI ANNI DI UNESCO
E DÀ IL VIA AL RESTAURO DELLA TORRE CIVICA
LA TRANSAVANGUARDIA
AVVOLGE LA GHIRLANDINA
di ROSSELLA CADIGNANI
odena ha festeggiato lo scorso dicembre il decimo
anniversario Unesco sottoscrivendo
il Piano di Gestione
da attuare nel prossimo biennio. Il sito comprende il Duomo, la
Torre civica e la Piazza Grande. Il Comune è
proprietario della Torre detta “Ghirlandina”
e della Piazza ed il Capitolo Metropolitano
è proprietario del Duomo. Questi Enti, assieme alla Provincia ed alle Soprintendenze
territorialmente competenti, hanno stabilito
un programma di interventi per la tutela e la
promozione dell’intero sito.
Obiettivi del Piano sono:
• la tutela del sito, con l’aggiornamento dei vecchi
decreti di vincolo;
• lo sviluppo della conoscenza, attraverso la costruzione di una banca dati informatizzata;
• la conservazione attraverso l’attuazione degli
interventi di restauro;
• la valorizzazione e fruizione con la promozione
di progetti educativi e l’elaborazione di un regolamento per l’uso e gestione degli eventi.
Il programma attuativo di questi quattro punti
è definito da un piano finanziario degli interventi
previsti nel biennio e definiti sulla base degli impegni proposti degli Enti.
Da sottolineare l’importanza, per lo sviluppo
della conoscenza, della catalogazione in archivio
informatico delle documentazioni raccolte.
Tutto il materiale archivistico ritrovato e tutte le
analisi fin qui eseguite sui due monumenti saranno
archiviate all’interno del programma SICaR, un sistema integrato per la catalogazione del restauro,
un GIS web-based già predisposto per la gestione
dei cantieri di restauro. Questo strumento sarà
utile al Comitato di gestione anche per monitorare l’andamento dei restauri e dal prossimo anno
sarà visibile al pubblico.
Gli interventi più significativi per la conservazione sono senza dubbio i restauri dei due monumenti, necessari per fermare in primo luogo il
degrado del materiale lapideo di rivestimento e per
tenere sotto controllo le lesioni.
Nel 2005 un grosso frammento cadde dal frontone del Duomo e nel 2006 si staccò parte di una
colonnina della balaustra posta a sessanta metri
sulla Ghirlandina. Iniziarono subito gli interventi di
messa in sicurezza e i primi interventi di restauro
al Duomo.
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Ora partono quelli sulla Torre civica, grazie al
contributo sostanziale della Fondazione Cassa di
Risparmio di Modena, ad un finanziamento della
Regione Emilia Romagna e di singoli privati.
Sono in corso una serie di campagne conoscitive per valutare lo stato di conservazione delle
lastre in pietra di rivestimento e sono state avviate
le prime indagini per quantificarne con precisione
i movimenti e i cedimenti del terreno per determinare le cause dell’inclinazione della Torre e l’interazione con il Duomo.
E’ stata condotta un’indagine storico–archivistica dell’evoluzione costruttiva e dei restauri
della torre finalizzata allo studio sistematico della
documentazione archivistica, delle fonti e della bibliografia relative all’edificio, finora meno studiato
rispetto al Duomo.
La Ghirlandina è il simbolo della città,
a cui i cittadini modenesi sono par ticolarmente legati.
L’Amministrazione comunale, per affrontare il
restauro in modo completo ed interdisciplinare, ha
istituito un Comitato Scientifico con il compito di
Immagine termografica
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proporre le linee di intervento, orientare le scelte
attuative e valutare i risultati scientifici dei lavori,
dare il proprio apporto per la definizione ed il completamento delle indagini preliminari.
E’ composto, oltre che dai rappresentanti del
Comune, da esperti delle varie discipline individuati per le loro professionalità (in particolare, statica,
geotecnica, geologia, restauro), dai rappresentanti
delle Soprintendenze ai Beni Architettonici ed Archeologici, dal coordinatore del Comitato di pilotaggio del Sito.
Gli esperti sono stati individuati nell’ambito
universitario e sono state attivate diverse convenzioni per condurre le analisi di approfondimento.
Il Dipartimento di Scienze della Terra L’Università di Modena e Reggio E. ha eseguito la mappatura del paramento lapideo con catalogazione
del degrado, che ha contribuito alla datazione
delle fasi costruttive e dei restauri, ha permesso
di comprendere le modalità di riuso del materiale
lapideo, in gran parte proveniente dalla spoliazione
di monumenti romani.
Il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Civile della stessa Università ha eseguito il
rilievo e il monitoraggio dei movimenti
verticali del suolo della zona circostante i due monumenti, evidenziando una,
seppur minima, attività di cedimento.
Ha inoltre eseguito il rilievo laser scanner della torre e la termografia delle
superfici. Quest’ultima sovrapposta
alla mappatura del materiale e del
degrado fornirà un quadro dettagliato
dello stato di conservazione del materiale del rivestimento.
Il Dipartimento di Ingegneria Civile
e Architettura dell’Università di Parma
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ha elaborato il rilievo metrico e fotogrammetrico ed ha condotto una
prima indagine statica.
Il Dipartimento di Ingegneria
Strutturale e Geotecnica del Politecnico di Torino sta eseguendo la caratterizzazione geotecnica dei terreni di fondazione della torre. Durante
l’esecuzione dei carotaggi, avvenuta
sotto la supervisione dell’archeologo
della Soprintendenza, è stato possibile identificare in corrispondenza
delle fondazioni della torre il livello
della via Emilia in epoca romana e la
sua stratificazione in tre livelli successivi.
I risultati degli studi condotti, che si preannunciano estremamente interessanti, saranno
presentati il 16 maggio nell’ambito del convegno
specifico che si terrà in città.
L’insieme delle indagini svolte ha consentito
di completare il quadro storico della prima fase
costruttiva, non documentabile diversamente
per la perdita dei più antichi documenti. Con un
notevole bagaglio di conoscenze ci si avvia al
restauro della torre.
Si intende ora procedere sia con tecniche tradizionali, sia con modalità di tipo sperimentale,
testando prodotti per il consolidamento e la protezione che siano a basso impatto, anche ambientale, cercando di evitare l’uso di tecniche troppo
invasive. La torre presenta un esteso uso di resine,
largamente impiegate nel ’70 per risarcire le parti
decorate e stuccare le lastre, che a trent’anni di
distanza mostrano tutti i loro limiti.
Ogni restauro risente infatti delle conoscenze e delle tecniche proprie del periodo in
cui è stato eseguito. Il restauro da eseguire sarà
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Scansione laser
complesso, in quanto si tratterà di restaurare
“un restauro”.
Nello scorso mese di gennaio è stato completato il montaggio del ponteggio per l’intera
altezza della torre ed è stato ricoperto da un
telo decorato dall’artista Mimmo Paladino.
L’opera temporanea è di grandi dimensioni,
circa 4.000 metri quadri, in PVC microforato a
vivaci colori su fondo bianco. La scelta ha fatto molto discutere in città, ma è sicuramente
da vedere.
Ora ci si concentra sul restauro, completando gli studi e testando i prodotti, per iniziare ad
avanzata primavera gli interventi di restauro veri
e propri. La durata del cantiere sarà di due anni
e per coinvolgere maggiormente la cittadinanza
saranno riprese le fasi principali di lavorazione
e saranno trasmesse in un video posto sulla recinzione del cantiere. Da marzo ad aprile,
prima dell’inizio dei lavori, sarà possibile salire
sul ponteggio per vedere da vicino le bellissime
decorazioni delle cornici: un’occasione da non
perdere.
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L’ A P P R O F O N D I M E N T O
LA CLASSIFICA DELLE ESPOSIZIONI TEMPORANEE
PIÙ VISITATE NEL 2007
AGLI ITALIANI
PIACCIONO LE MOSTRE
di FAUSTO NATALI
a classifica delle dieci mostre
più visitate in Italia nel 2007,
pur con le dovute precauzioni
che ogni graduatoria meramente quantitativa comporta,
offre molti spunti di riflessione.
Innanzitutto, i quasi due milioni e mezzo di biglietti staccati rappresentano per il sistema museale
un risultato sensibilmente inferiore rispetto alle
attese, se paragonato a quello ottenuto nel 2006
(quasi tre milioni di visitatori). Va detto, ad onor
del vero, che probabilmente la flessione non va
ascritta ad una generale disaffezione per le mostre
d’arte, anzi, il settore registra un interesse sempre maggiore (il boom delle fiere d’arte moderna
e contemporanea ne è un ulteriore dimostrazione),
ma, piuttosto, al successo delle cosiddette mostre
di “seconda fascia” (tutte le prime trenta superano
i 100 mila visitatori, mentre nel 2006 questa soglia
si fermava alla 24a posizione). I centri con minori
capacità di spesa e di promozione stanno, infatti,
cercando di migliorare la propria offerta e i risultati
cominciano a vedersi, a scapito, ovviamente, delle
città di maggior tradizione espositiva.
Emblematico è il caso di Brescia che, pur collocandosi anche quest’anno al primo posto con
“Turner e gli impressionisti” (352 mila visitatori,
oltre duemila al giorno di media), non conferma
il brillante risultato del 2006, quando con “Gauguin/Van Gogh” aveva fatto registrare ben 540
mila spettatori. Dalla classifica esce Mantova,
che non riesce a ripetere il successo del Mantegna e che con “Fontana scultore”, una scelta di
nicchia, si piazza oltre la sessantesima posizione.
MOSTRA
Città
1. Turner e gli impressionisti. La grande storia del paesaggio moderno in Europa *
Brescia
Visitatori
352.415
2. 52ma Biennale d’arte. Pensa con i sensi. Senti con la mente. L’arte al presente
Venezia
319.332
296.580
3. Cina. Nascita di un impero
Roma
4. Cézanne a Firenze. Due collezionisti e la mostra dell’Impressionismo nel 1910
Firenze
260.858
5. Mondrian
Brescia
228.612
6. Chagall delle meraviglie
Roma
218.984
7. Matisse e Bonnard. Viva la pittura!
Roma
200.659
8. Ambre. Trasparenze dall’antico
Napoli
195.574
9. Paul Gauguin artista di mito e sogno
Roma
177.364
10. Il Simbolismo. Da Moreau a Gauguin a Klimt
Ferrara
160.529
* biglietto distinto o cumulativo con “Mondrian” sempre al Museo di Santa Giulia (dati www.repubblica.it)
Un’installazione alla Biennale di Venezia
Ad entrare (o rientrare, in certi casi) sono, invece,
Venezia (la Biennale ha fatto segnare uno degli
afflussi maggiori nella sua centenaria storia),
Firenze (una bellissima ed innovativa mostra su
Cézanne in occasione del centenario della morte)
e Ferrara che fa il pieno con il Simbolismo (1745
visitatori al giorno di media). Roma, ancora una
volta recita la parte del leone piazzando nella top
ten ben quattro importanti mostre (Cina, Chagall,
Matisse e Gauguin), per complessivi 900 mila visitatori (un milione e 251 mila l’anno precedente
con cinque mostre in classifica). Da segnalare
l’ottimo risultato dell’affascinante mostra “Ambre. Trasparenze dall’Antico” al Museo archeologico di Napoli, unica città del sud presente fra le
prime quaranta. Per quanto riguarda la tipologia,
è interessante sottolineare la netta prevalenza in questa classifica dell’arte moderna. Se si
eccettua, infatti, la Biennale di Venezia, la Cina
alle Scuderie del Quirinale e le “ambre” di Napoli,
tutte le altre temporanee sono dedicate all’arte
moderna (con un marcato accento francese).
Nel 2008 tutte le concorrenti si presentano
ai nastri di partenza con esposizioni in grado
di calamitare l’attenzione del mondo culturale
internazionale. Roma, anche in questo caso,
avrà un ruolo da assoluta protagonista: il Cinquecento alla Galleria Borghese, l’Ottocento alle
Scuderie del Quirinale, il “Mito della velocità nel
Novecento” al Palazzo delle Esposizioni (dove in
questi mesi ha furoreggiato Rothko) e “Roma e
l’Egitto dalla storia al mito” a Castel Sant’Angelo. Ma anche le altre città sembrano avere tutte
le carte in regola per lasciare il segno: Venezia
con “Coming of age. L’arte americana fra il 1850
e il 1950” al Guggenheim e “L’ultimo Tiziano”
alla Galleria dell’Accademia, Milano con la retrospettiva su Francis Bacon, Vicenza con il Palladio, Verona con la “Pittura italiana del Museo
Pushkin”, Perugia con il Pinturicchio, Ferrara
con la grande antologica di Mirò, la retrospettiva su Turner e la mostra dedicata al “Garofalo e
il Cinquecento ferrarese” (che segnerà il debutto
ufficiale dell’attività espositiva di Ermitage Italia). Grandi nomi e grandi mostre, nelle quali rivaleggiano quantità e qualità, per un menu ricco
e raffinato, in grado di soddisfare anche i palati
più esigenti.
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B R E V I
* Notizie dall’Italia e dal mondo
IL 2009 SARà L’ANNO DELLE STELLE
L
’Assemblea
Generale
delle Nazioni
Unite ha deciso che
il 2009 sarà l’Anno Internazionale
dell’Astronomia.
Un appuntamento
fortemente voluto
dall’Italia per celebrare nel modo
migliore il quadricentenario di una
data importante
per la storia della
cultura: il 1609,
l’anno in cui per la prima volta un cannocchiale fu
puntato verso il cielo e agli occhi di Galileo si rivelarono i crateri della Luna, le fasi di Venere, i satelliti
di Giove e la Via Lattea. Il coordinamento è stato
affidato all’UNESCO, con il supporto dell’Unione
Astronomica Internazionale (IAU) e dell’European
Southern Observatory (ESO). Con l’International
Year of Astronomy - (www.astronomy2009.org)
– l’ONU si prefigge, attraverso una rinnovata consuetudine con il cielo, di incoraggiare tutto il mondo
a riscoprire il proprio ruolo nell’universo. Il motto
dell’IYA2009 sarà “L’Universo, a te scoprirlo”.
iL MARCHIO “lOUVRE” IN VENDITA
L
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e indiscrezioni sulla possibile vendita dei diritti
di utilizzo del marchio “Louvre” sta animando il dibattito d’Oltralpe. Si parla di Abu Dhabi come possibile acquirente per una cifra che si
aggirerebbe attorno ai 500 milioni di euro. Un’operazione che includerebbe anche l’apertura di un
centro culturale nel Golfo Persico e il trasferimento,
seppure in prestito oneroso, di alcune centinaia di
opere d’arte. La notizia arriva dopo la sigla da parte
del museo parigino di una altro accordo con l’High
Museum di Atlanta
per il prestito di
svariati pezzi della
propria collezione.
Alte si sono levate
le grida di protesta
di alcuni dei più importanti esponenti della cultura francese. L’ex direttrice dei Musées de France,
Francoise Cachin, ha promosso una petizione, alla
quale hanno aderito sovrintendenti di musei, storici
dell’arte e archeologi, per “mantenere l’integrità delle collezioni dei musei francesi”. L’ex ministro della Cultura, Jack Lang, difende invece l’operazione
sostenendo che le opere d’arte non devono essere
fruite solo da una ristretta cerchia di privilegiati.
14 fotografi per 41 siti
È
stata presentata nel febbraio scorso alla Biblioteca Nazionale di Roma la mostra UNESCOITALIA, una bellissima esposizione di 120 immagini di 14 fra i migliori fotografi italiani contemporanei,
da anni impegnati con i loro obiettivi nella ricerca
delle anime e delle identità di monumenti e paesaggi
nostrani. Oliviero Barbieri, Gabriele Basilico, Gianni
Berengo Gardin, Giuseppina Caltagirone, Luca Campigotto, Dario Coletti, William Guerrieri, Vittore Fossati, Mimmo Jodice,
Giuseppe Leone,
Marc
Lesimple,
Raffaela Mariniello,
Luciano Romano e
Ferdinando Scianna sono gli artisti
chiamati dall’Ufficio Lista del Patrimonio Culturale
dell’Unesco del MIBAC e dalla Direzione Generale
per la Promozione e la Cooperazione Culturale del
MAE ad approfondire ed esaltare il significato visivoculturale di un patrimonio unico al mondo. L’esposizione, attraverso la rete diplomatica e culturale degli
Istituti Italiani di Cultura, si sposterà in tutta Europa e
concluderà il proprio percorso a dicembre in Lituania
Notizie dall’Italia e dal mondo *
in occasione delle celebrazioni del 2009 per Vilnius
Capitale Europea della Cultura.
Venezia, dalle crociate
alle crociere
C
on quasi un milione e mezzo di passeggeri
sbarcati alla marittima di San Basilio, Venezia
si conferma leader italiana nel settore croceristico. Rispetto al 2006 l’’incremento è stato di ben
11 punti percentuale e le stime per il 2008 annunciano un’ulteriore crescita del 10%. Risultati ottenuti
grazie alla scelta di riqualificare le aree, di restaurare
gli edifici e di migliorare i collegamenti. L’area della
Marittima,
dove
si localizza tutto il
traffico passeggeri,
si estende per 53
ettari e dispone di
3850 metri di banchine e di cinque
specifiche stazioni passeggeri. Il mercato croceristico sta vivendo una fase di forte ascesa (oltre sette
milioni il movimento passeggeri complessivo nei porti italiani) dovuta principalmente ad una accentuata
destagionalizzazione e alla tendenza ad utilizzare navi
di dimensioni sempre maggiori.
wELCOME TO CANADA
S
arà Québec City ad ospitare, dal 2 al 10 luglio
2008, la 32ma sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale. L’importante organismo
Unesco, composto dai rappresentanti di Australia,
Bahrain, Barbados, Brasile, Canada, Cina, Cuba,
Egitto, Israele, Giordania, Kenya, Madagascar, Mauritius, Marocco, Nigeria, Perù, Repubblica di Corea,
Spagna, Svezia, Tunisia, Stati Uniti, si riunirà al Centro Congressi del quartiere storico di Old Québec per
esaminare le nuove candidature, verificare lo stato
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di conservazione
dei siti già iscritti,
decidere eventuali
provvedimenti di
cancellazione ed
analizzare le richieste di assistenza
internazionale da
parte del Fondo del patrimonio mondiale.
la candidatura seriale
“Italia longobardorum”
L’
Italia propone all’Unesco di inserire nella prestigiosa Lista del Patrimonio Mondiale i centri di potere e di culto dell’Italia longobarda,
sette gioielli dell’arte e dell’architettura. Un unico sito
che raccoglie le maggiori testimonianze della cultura
longobarda nel suo momento di massima capacità
espressiva, prima della caduta dei territori del centro e
nord Italia ad opera dei Franchi di Carlo Magno. Il progetto coinvolge cinque Regioni, sei Province, otto amministrazioni comunali, un Ente parco, due Comunità
Montane, tre enti
ecclesiastici, due
fondazioni
pubblico-private, due
Centri di studi e
ben diciannove fra
Direzioni Regionali
del Ministero e Soprintendenze. Il sito
seriale comprende:
il Tempietto longobardo a Cividale del Friuli (UD), con
i resti del Palazzo Patriarcale e con il Museo Archeologico Nazionale, il complesso monastico S. Salvatore
e S. Giulia a Brescia, il castrum di Castelseprio (VA),
con la chiesa di S. Maria foris portas, il Tempietto del
Clitunno, a Campello (PG), la Basilica di S. Salvatore a
Spoleto (PG), la chiesa di S. Sofia, con il chiostro e il
Museo del Sannio a Benevento e il Santuario micaelico
di Monte Sant’Angelo (FG).
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* Notizie dall’Italia e dal mondo
WORLD HERITAGE MAP 2007-2008
A
nche quest’anno è possibile richiedere gratuitamente, compilando l’apposita scheda sul
sito web dell’Unesco (www.unesco.org), la
bellissima mappa cartacea dei siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità. La pubblicazione, realizzata in
tre lingue (inglese,
francese e spagnolo) con la collaborazione di National Geographic
e Hewlett Packard,
elenca e localizza su una grande
mappa del globo
terrestre (cm 78x50) gli 851 beni culturali e paesaggistici protetti dalla Convenzione dell’Unesco.
Le Corbusier nel patrimonio
MONDIALE DELL’Unesco?
L
unesco • associazione città e siti italiani patrimonio mondiale
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e opere di Charles-Edouard Jeanneret-Gris,
meglio noto come Le Corbusier, potrebbero
entrare a far parte del Patrimonio mondiale
dell’UNESCO quali capolavori dell’architettura
moderna. È stato firmato a fine gennaio a Parigi,
alla presenza dei rappresentanti di sette Paesi
(Francia, Svizzera, Germania, Belgio, Argentina,
India, Giappone) e della Fondazione Le Corbusier,
il dossier di candidatura intitolato “L’Oeuvre architecturale et urbaine de Le Corbusier”. Ventitrè le
opere dell’architetto incluse nel dossier: dalla Villa
Curutchet a Buenos Aires all’Unità di Abitazione
a Marsiglia, dalla Weissenhofsiedlung di Stoccarda al Chandigarh
in India, dal Musée
National
des Beaux-Arts
de l’Occident in
Giappone
alla
Villa Blanche in
Svizzera. Con la
candidatura di Le Corbusier, per la prima volta un
dossier Unesco si occupa dell’opera internazionale di un architetto del ventesimo secolo.
LA Giornata mondiale
della libertà di stampa
L’
accesso a informazioni eque e imparziali,
la disponibilità di più fonti e la possibilità di
utilizzare gli strumenti necessari alla comunicazione per poter attivamente partecipare alla vita
della comunità sono i temi al centro della “Giornata
mondiale della libertà di stampa” che si celebrerà il
prossimo 3 maggio. L’Unesco, promotrice di questa iniziativa, assegnerà anche quest’anno il prestigioso Premio Guillermo Cano ad un giornalista,
ad una organizzazione o ad una istituzione che si
sia particolarmente distinta nell’opera di difesa e di
promozione della
libertà di espressione in qualunque
parte del mondo.
Nel 2007 il premio
è stato assegnato
postumo alla reporter russa Anna
Politkovskaja.
Il Barbaresco e i suoi vitigni
candidati all’Unesco
L
e colline piemontesi si candidano ad entrare
nel patrimonio mondiale dell’Unesco. Dopo
i Sacri Monti e il circuito delle Regge Sabaude, ora anche i territori noti per la loro produzione vinicola come Barbaresco, Canelli, Costigliole
d’Asti e Casale Monferrato ambiscono a fregiarsi
della tutela dell’Unesco. Le caratteristiche della
zona geografica costituita da Astigiano, Langhe,
Monferrato e Roero sono state valutate idonee
alla candidatura dal gruppo di lavoro interministeriale permanente per il Patrimonio Mondiale
Notizie dall’Italia e dal mondo *
dell’Unesco già
nel 2006. Nel
febbraio scorso
il Ministero, la
Regione e le Provincia di Alessandria, Asti e Cuneo
hanno
firmato
l’intesa per la redazione del dossier di candidatura alla Lista del
Patrimonio Mondiale dell’Unesco del sito “Paesaggi vitivinicoli tipici del Piemonte”.
Il Museo del Confetto
A
d Andria, nella storica sede dell’Azienda
dolciaria Giovanni Mucci, è stato recentemente allestito il Museo del Confetto. Frutto
di una sapiente ed appassionata ricerca, il museo
raccoglie documenti, curiosità, utensili, attrezzature, stampi per
la produzione di
confetti, caramelle e cioccolato.
Nel museo, unico nel meridione
d’Italia, attraverso una accurata
esposizione
di
materiali e antichi macchinari di un’archeologia
industriale praticamente scomparsa, è possibile
conoscere, con la storia dell’Azienda, la cura e la
meticolosità nella lavorazione di queste delicate
produzioni dolciarie. Info: 0883.591871 - www.
museodelconfetto.it.
NUOVO Allarme
per le grotte di Lascaux
G
li straordinari dipinti neolitici di Lascaux,
nella Francia sud-occidentale, rischiano di
scomparire a causa delle muffe e le autori-
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tà francesi hanno deciso di chiudere l’accesso a
quella che viene considerata la “Sistina della Preistoria”. L’impianto di aerazione, installato sette
anni fa, non sta dando i risultati sperati e i tecnici
sono già al lavoro per sostituirlo ed applicare un
potente fungicida. Gli scienziati temono una recrudescenza del fenomeno, visto che dal 2001,
data dell’ultimo intervento, il microclima delle
grotte e della zona
della Dorgogne,
dove si trovano,
è sensibilmente
cambiato. Il surriscaldamento
globale ha infatti
innalzato la temperatura interna
alterando il livello di umidità e favorendo l’invasione dei microrganismi.
Foie gras e soufflé
nel menu Unesco?
È
lo stesso presidente Nicolas Sarkozy a
sponsorizzare l’inserimento della cucina
francese nella Lista dell’Unesco. “Ho fatto
in modo che la Francia sia il primo Paese a depositare nel 2009 una candidatura presso l’Unesco per
permettere il riconoscimento del nostro patrimonio gastronomico come patrimonio mondiale” ha
affermato il capo dello Stato transalpino. La proposta spagnola di
includere la dieta
mediterranea nel
patrimonio immateriale deve aver
fornito lo spunto
ai cugini d’oltrepirenei per proporre
la loro raffinata
“nouvelle cousine”. Per inciso, in fatto di specialità alimentari riconosciute dall’Unione Europea,
l’Italia batte la Francia 166 a 156.
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L’ASSOCIAZIONE CITTÀ E SITI ITALIANI PATRIMONIO MONDIALE UNESCO
L’
Associazione delle città e dei siti italiani
patrimonio mondiale dell’Unesco è nata
nel 1997 da una felice intuizione di sette
amministrazioni comunali convinte dell’utilità di
costruire una collaborazione con altre città e con
altri soggetti per migliorare la capacità progettuale
delle proprie realtà territoriali. Oggi quella intuizione è diventata una necessità. La crescente competitività dei paesi emergenti, europei e non, impone
infatti di sviluppare, con coerenza e determinazione, politiche di valorizzazione sulle quali convergano capacità, competenze e responsabilità a più
livelli. Progetti ampi e condivisi che consentano di
offrire proposte competitive in termini di qualità e
di opportunità di crescita culturale. Il sodalizio, del
quale fanno parte 49 soci fra Comuni, Province,
Regioni, Comunità Montane ed Enti Parco, svolge
una intensa attività di sostegno alle politiche di
tutela e di promozione dei territori insigniti del
prestigioso riconoscimento Unesco.
Il presidente dell’associazione è Gaetano
Sateriale - sindaco di Ferrara; vice presidenti i sindaci di Assisi, Claudio Ricci e di
Tivoli, Marco Vincenzi . Il comitato direttivo è composto dai rappresentanti dei
Comuni di Andria, Firenze,
Siena
Noto, Urbino, Verona e Vicenza. Presidenza e segreteria hanno sede presso il Comune di Ferrara in
Piazza del Municipio n° 2. Tel. 0532 419969-902
Fax 0532 419909 E-mail: associazione.unesco@
comune.fe.it Sito web: www.sitiunesco.it.
I soci: Comune di Alberobello, Comune di
Amalfi, Comune di Andria, Comune di Aquileia,
Comune di Assisi, Comune di Barumini, Comune
di Capriate San Gervasio, Comune di Caserta, Comune di Cerveteri, Comune di Ercolano, Comune
di Ferrara, Comune di Firenze, Comune di Lipari,
Comune di Matera, Comune di Modena, Comune
di Montalcino, Comune di Napoli, Comune di Noto,
Comune di Padova, Comune di Palazzolo Acreide,
Comune di Piazza Armerina, Comune di Pienza,
Comune di Pisa, Comune di Porto Venere, Comune
di Ravenna, Comune di Riomaggiore, Comune
di Roma, Comune di San Gimignano, Comune di Siena, Comune di Siracusa, Comune
di Sortino, Comune di Tarquinia, Comune di
Tivoli, Comune di Torino, Comune di Torre
Annunziata, Comune di Urbino, Comune
di Venezia, Comune di Verona, Comune
di Vicenza, Comunità Montana di Valle
Camonica, Parco del Delta del Po, Ente
Parco archeologico e paesaggistico
della Valle dei Templi, Provincia di Ferrara, Provincia di Pesaro e Urbino,
Provincia di Roma, Provincia di Salerno, Regione Lazio, Regione Toscana e Regione Veneto.