Super lavoro negli ospedali fiorentini Arriva
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Super lavoro negli ospedali fiorentini Arriva
18 febbraio2004 LAPSICOLOGAÈINLINEA! ATAVOLACOLNUTRIZIONISTA SALUTE La farfalla sulla pelle Lievito di birra: un integratore tutto naturale Continuiamo a parlare dei piccoli traumi Era bella, anzi bellissima. Me ne sono innamorata a prima vista. Con quelle sue ali così leggere, trasparenti, al primo sguardo pareva stesse volando o pronta a farlo. Mi sono identificata subito in quella farfalla, anch’io volevo volare o stavo per farlo. Ho detto subito “voglio quella” e non ho cercato altri disegni per il mio tatuaggio. E l’ho voluta scura, scurissima perché risaltasse sulla mia pelle bianca, non celeste o gialla ma scura e quasi nera. E infatti non è passata inosservata. Tutti, ma proprio tutti la guardavano e avevano qualcosa da dire. Quella farfalla sul mio braccio aveva qualcosa di straordinario che attirava l’attenzione. Un bambino mi disse: «Legala con un filo altrimenti quella ti scappa». Un vecchietto la guardò fissamente e poi sentenziò: «Questa farfalla nasconde un segreto». Uno mi disse: «Se fossi io quella farfalla non starei fermo sul tuo braccio». Questa attenzione da parte di tutti mi rendevano fiera, mi facevano sorridere, a volte ridere. Ero diventata io la farfalla, un’altra piccola me stessa che stava al sole, felice, sotto lo sguardo incantato di tutti. Le avevo anche dato un nome: Lila. Finita l’estate non saprei dire cosa successe. Forse avevo sognato, non lo so di sicuro; so soltanto che mi sono alzata dal letto e sono andata a guardare la farfalla: era diventata un brutto insetto schifoso, un verme a cui avevano attaccato le ali, posato sul mio braccio. Istintivamente ho voluto liberarmene con un gesto della mano, ma quel verme è rimasto attaccato al mio braccio come una foglia bagnata incollata dal vento sul vetro di una finestra. Ho cercato di ragionare: non era che un tatuaggio, ero stupida, ero ridicola a impressionarmi così, in fondo non era che un tatuaggio. Me ne sarei liberata al più presto. Invece nessuno ha voluto tentare di farlo, mi dicevano che era impossibile cancellare quel nero, era troppo scuro, era penetrato troppo a fondo nella pelle, le tecniche correnti cancellavano solo i tatuaggi chiari. Intanto sulla mia pelle la farfalla penetrava sempre più a fondo cercando di diventare parte di me. Ho provato un desiderio sconvolgente, quello di tagliarmi il braccio pur di li- berarmene. Ormai era guerra, ma lei piccola, insidiosa, penetrante, era più forte di me perché quel verme schifoso ormai non volava più. Oltre la storia Dobbiamo chiederci che cos’è il corpo per Io, un semplice involucro o sua parte integrante? Con il suo corpo il neonato approda nel mondo, “viene alla luce”. Tutto l’apparato sensoriale di cui è dotato gli permette via via di adattarsi all’ambiente ricevendo e trasmettendo ogni tipo di comunicazione utile. Attraverso questo apparato, il cui compito è delicatissimo e insostituibile, egli viene a contatto con la sua realtà. L’Io non è soltanto un’entità mentale e astratta e senza alcun riferimento concreto, ma un’entità che si viene formando e cresce a seguito di esperienze infinite. Primordiali e fondamentali sono le esperienze attraverso la pelle la quale oltre a recepire dall’esterno manifesta situazioni mentali interne. L’identificazione col tatuaggio, nel caso specifico, fa riflettere. La farfalla a cui era stato dato perfino un nome Lila (anagrammato richiama ali) rappresentava nell’immaginario del soggetto più di un semplice disegno sulla pelle come vuole una certa moda abbastanza diffusa tra i giovani. Nascondeva, come quel vecchio inavvertitamente aveva detto, un segreto. Un segreto che l’Io si era sforzato di superare e fare apparire bello(farfalla) ma che per un insight improvviso, una rivelazione inaspettata le si era presentato in tutta la sua bruttezza (verme). La farfalla in senso inverso di quanto succede in natura, era ridiventata verme. Di questo segreto la ragazza in questione deve liberarsi riconsiderando fatti reali conosciuti o probabilmente rimossi. Solo allora potrà realmente volare libera. Noto sin dai tempi più antichi per le sue qualità medicamentose, il lievito riafferma ancora oggi il suo ruolo di prezioso integratore alimentare. Ma cos'è esattamente il lievito di birra? Si tratta di un microscopico fungo appartenente al genere dei saccaromiceti, capace di riprodursi velocemente e coltivato a scopo alimentare. In commercio è disponibile fresco (in panetti), per la lievitazione di pane, focacce e dolci, oppure secco (in polvere, scaglie e compresse), per la produzione di birra, da cui il nome, e come integratore alimentare. Entrambe le versioni hanno proprietà nutrizionali e curative simili. Il lievito di birra, infatti, è fonte naturale e abbondante di aminoacidi e vitamine del gruppo B, specie la B1 (30 volte più di cereali e legumi). Contiene minerali quali il ferro, potassio, fosforo, magnesio e calcio. Ma soprattutto è ricco di sostanze particolarmente attive e rare: il cromo ed il selenio. Il cromo svolge un ruolo assai importante nel metabolismo degli zuccheri e nella produzione di insulina: è quindi particolarmente utile per i diabetici. Il selenio esercita una spiccata azione antiossidante, proteggendo l'organismo dall'invecchiamento. Grazie alle sue caratteristiche, il lievito di birra può risolvere grandi e piccoli problemi quotidiani. Migliora e riequilibra la flora batterica intestinale, contrastando gonfiori, fermentazioni e diarree, anche infantili. È per questo indicato nel corso di terapie antibiotiche, allo scopo di contenere le perdite dei batteri intestinali. Il lievito è poi indispensabile per integrare le diete vegetariane, per migliorare la funzionalità epatica e regolarizzare il metabolismo di colesterolo e grassi. Ma la sua azione benefica si estende anche nella cura di molte affezioni cutanee: brufoli, acne, seborrea, forfora, pruriti e micosi. Come potersi avvantaggiare delle numerose proprietà del lievito? Sono sufficienti dalle 4 alle 6 compresse al giorno (2 cucchiai se in polvere) per un minimo di 30 giorni; per i più piccoli la dose va ridotta della metà. Nelle terapie più lunghe il lievito va assunto anche per molti mesi, intervallato però da pause di 8-10 giorni. Può essere consumato direttamente ai pasti ma non insieme a cibi troppo caldi; il calore, difatti, e la luce troppo intensa disattivano gran parte delle sue qualità nutrizionali. È per questo che va conservato in flaconi di vetro scuro e al fresco. Nell’articolo di dicembre 2003 abbiamo parlato di come piccoli traumi (piccoli soltanto in apparenza) possono condizionare l’intero equilibrio della “macchina umana”. Abbiamo parlato dell’osso sacro e di come un trauma su questo possa creare problemi sull’intera postura. L’articolo di dicembre si concludeva parlando delle “lesioni intraosse dell’osso sacro” L’osso sacro è composto di cinque vertebre che si saldano insieme entro il diciottesimo anno di età circa. Una “lesione introssea” sul sacro sta ha significare che, in seguito ad un forte urto o ad una forte caduta su quest’ultimo, le vertebre sacrali non ancora saldate insieme perdono la normale articolazione fisiologica reciproca con conseguente possibile ostruzione degli spazi dai quali fuori escono i nervi spinali e quindi compressione di questi. Ne seguono varie problematiche periferiche che possono investire sia gli aspetti neurologici sia quelli circolatori del piccolo bacino e del perineo. Si possono avere ripercussioni sul- l’impotenza sessuale e sull’equilibrio ormonale, in generale problemi sull’intera postura. Se queste lesioni vengono corrette entro l’età della completa ossificazione tali problematiche possono essere risolte. Viceversa se non si interviene entro questo periodo le vertebre sacrali si saldano tra loro in quel rapporto di lesione e le lesioni su indicate diventano permanenti. In questo caso si può recuperare qualcosa sulla mobilità del sacro con pompaggi e modellamenti sull’osso stesso, data la sua discreta plasticità, anche se in seguito alle lesioni su indicate esso perde molta elasticità. Spesso quando parliamo di osso sacro trascuriamo di parlare del coccige, oppure nel linguaggio comune viene fatto di confonderli l’uno con l’altro. Il coccige è composto di tre, quattro, cinque vertebre saldate insieme, atrofizzate, saldate all’osso sacro. Esso ha movimenti di piccola ampiezza in tutti i sensi; nei traumi e nelle cadute spesso è coinvolto insieme al sacro. Nella donna può andare in lesione in seguito al parto. Le lesioni del coccige solitamente sono molto dolorose. Per inciso vorrei fare una precisazione: in osteopatia si dicono “lesioni” tutto ciò che non rientra nella normale fisiologia. Comunemente questo termine viene frainteso come un qualcosa di entità più grave. Nelle lesioni coccigee il coccige perde mobilità rispetto all’osso sacro. In questi casi possiamo andare incontro ai seguenti quadri clinici: emicrania, depressione, vertigini, nausea, problemi ginecologici–sessuali, problemi viscerali. Si hanno infatti ripercussioni sulla mobilità di tutta la colonna vertebrale fino alle cervicali; si possono avere quindi lesioni delle prime vertebre cervicali con associati possibili torcicolli. Questa situazione di blocco delle due cerniere, sacrale e occipitale, determina una riduzione del movimento sull’asse cranio sacrale e riduce considerevolmente il Movimento Respiratorio Primario (Mrp) con conseguenze sul funzionamento di tutta la “macchina umana”. dott.ssa Karla Saunig dott. Daniele Leoni Studio Kinesi del dott. Giovanni Quercioli psicologa - psicoterapeuta La rubrica è aperta ai lettori che possono scrivere alla redazione: via Volturno 10/12a - 50019 Sesto F.no fax 055340814 specialista in scienza dell’alimentazione Il dott. Leoni risponde ai lettori dal lun. al ven. dalle 21 alle 22 allo 055715777 Studi: viale Talenti 118 - 50142 Firenze, tel. 0557135069 via G. Milanesi 83 - 50134 Firenze, tel. 055476087/055485418 scienze motorie-fisioterapista kinesiologo Via Martelli, 8 50122 Firenze tel. 055214770 SALUTE lettere Super lavoro negli ospedali fiorentini I nosocomi sono stati presi d’assalto da persone colte da malessere per gli sbalzi di temperature n Emilia Mannini Ci risiamo. Anche quest’anno, medici e infermieri dei pronto soccorso degli ospedali fiorentini si trovano a fare i conti con giornate di super-lavoro. E il sovraffollamento di quei reparti che costituiscono il cuore pulsante dei presidi sanitari cittadini è all’ordine del giorno. Le cause? Sul banco degli imputati non finisce solo l’epidemia influenzale che, pure, sta mietendo le sue “vittime”. A causare fastidiosi malesseri, secondo gli esperti, sono anche le forti oscillazioni di temperatura registrate nelle ultime settimane, a cominciare dalla fine dell’autunno. Secondo i dati in possesso del servizio meteorologico dell’Arsia, in periodi di tempo molto brevi, la variazione della temperatura è stata dell’ordine di dieci gradi centigradi, con picchi di addirittura quindici gradi. Il bilancio del mese di dicembre parla chiaro. Tanto per fare un esempio, l’11 dicembre la temperatura è calata di cinque gradi in un colpo solo. E se le giornate comprese tra Natale e Capodanno sono state caratterizzate da un freddo intenso, quelle successive hanno regalato ai fiorentini un tepore quasi primaverile. Una situazione del tutto transitoria a cui ha fatto seguito un ritorno al gelo tipico della stagione invernale. Ed è risaputo che gli sbalzi climatici, soprattutto se repentini, possono causare disturbi al sistema cardio-circolapagina precedente torio. A risentirne sono soprattutto gli anziani e le persone con problemi cardiaci e respiratori. In molti, di fronte a sintomi allarmanti, non esitano a comporre il numero dell’emergenza per ricevere assistenza. Il picco delle chiamate, di solito, si verifica nel week-end, quando i pazienti non hanno possibilità di mettersi in contatto con il proprio medico di fiducia. In questi casi, quella di rivolgersi al 118 – i centralinisti rispondono 24 ore su 24 - costituisce una scelta obbligata. Ma non sono mancati problemi neppure nelle giornate infrasettimanali. A risentire maggiormente dell’ondata di richieste è soprattutto il pronto soccorso di Careggi. I reparti della “cittadella”, non è una novità, costituiscono un punto di riferimento per molti fiorentini. I problemi, però, non sono mancati neppure nel centralissimo ospedale di Santa Maria Nuova che, proprio per la sua vicinanza a quei tesori che costituiscono il patrimonio artistico e architettonico della città gigliata, è da sempre il più “gettonato” da turisti e stranieri. Nei momenti di maggiore afflusso, può capitare che i posti letto disponibili siano tutti occupati e i pazienti, naturalmente i casi meno gravi, vengano sistemati su scomode brande nei corridoi. E nei casi di vera emergenza, può capitare, anche se raramente, che i malati non possano neppure essere sbarellati. Questo avviene per- ché i pazienti più bisognosi di cure, quelli che in termine tecnico vengono definiti “codici rossi”, hanno la precedenza assoluta sugli altri. Gli operatori, naturalmente, ce la mettono tutta. Anche per loro vale la pena sopportare qualche disagio, in attesa che anche le magagne del sistema vengano definitivamente risolte. NEGOZI Arriva Pennyblack in via Gioberti Un negozio interamente dedicato all’abbigliamento “total look” Pennyblack arriverà tra breve a Firenze in via Gioberti, subito dopo l’inaugurazione di un altro punto vendita specializzato all’interno dei Gigli nel comune di Campi Bisenzio. Febbraio sarà quindi un mese importante per Pennyblack e per tutte le donne giustamente amanti dei suoi prodotti alla moda. In via Gioberti 33/r il negozio – di cui saranno titolari Roberto e Alessandra Rogai - verrà, in particolare inaugurato il 14 febbraio e per tutto il pomeriggio, dalle 15.30 in poi, ci saranno gadget in regalo per i visitatori che potranno tra l’altro guardare e provarsi i capi di abbigliamento della collezione primavera estate 2004. Per scrivere al nostro giornale: IN-FORMA Firenze - Edimedia s.r.l. via Volturno 10/12a - 50019 Sesto F.no (FI) fax 055340814 - [email protected] Per difenderci dal Cerit ci vuole James Stewart Caro direttore, leggo sui giornali di oggi (14 gennaio) un’esilarante intervista al vicedirettore del Cerit, il famigerato Centro di riscossione tributi. È tutta una minaccia, un’intimidazione, un far paura, uno stridio di ganasce e un tintinnar di manette. Ope legis, naturalmente, contro i 15 mila “furbi evasori” fiorentini in arretrato di multe e contravvenzioni. Ben 4000 telefonate ha ricevuto il nostro call center, dice. Dimenticando di riferire che al call center niente sanno rispondere se non di mettersi di persona in code sterminate agli uffici Cerit di via Baracca. La gente è esasperata, altro che, da un servizio che più disservizievole non si può. Ci sono storie scandalose di errori e omissioni già finite più volte sui giornali. Io stesso sono stato convocato in questi giorni a sanare una multa stradale da ben 258 euro già pagata tre anni fa. E in mancanza di ogni vera informazione dal Cerit (ma chi si ricorda di tre, quattro anni fa?) ho ripagato, salvo accorgermene a cose fatte. Ma nessun vicedirettore o impiegato si è prodigato per farmelo sapere. C’è gente, come mia moglie, alla quale per anni è stata chiesta perentoriamente una stessa somma già regolarmente pagata. E non è servito a niente esibirne ogni volta la prova. Casi analoghi ce ne sono a centinaia, forse migliaia, e non si giustificano, caro vicedirettore, con la vostra ormai proverbiale sbadatezza. Qui c’è del premeditato. Così com’è evidentemente premeditata l’ultima operazione scattata proprio sotto Natale, con la crisi che strangola tante famiglie, i più fortunati in ferie e perfino molti uffici chiusi senza preavviso, come quello stesso del Cerit di mercoledì 31 dicembre o, dopo Capodanno, quello dei vigili urbani unici abilitati a fornire reali informazioni. Dover pagare entro 20 giorni in un periodo simile, caro vicedirettore intimidatorio, è suonato a tanti come una cattiveria inutile, un affronto. E perché si renda conto dell’effetto, le suggerisco di rivedersi il bel film natalizio di Frank Capra in cui il ricco e avido banchiere non si fa scrupolo di gettare nella strada decine di povere famiglie. Esiste un James Stewart a Firenze che ci difenda dagli orrori della burocrazia? C’è poco da fare o da dire: in un Paese rispettoso della gente il metodo Cerit non può avere cittadinanza e dev’essere ripensato alla radice. Né sono accettabili le interviste di un qualsiasi funzionario che ci tratta tutti da comuni delinquenti magari perché abbiamo dimenticato di saldare un divieto di sosta. Spesso, voglio rammentarlo, già pagato. Riccardo Catola pagina successiva