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Poste Italiane SpA - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c.1 - DICB Milano Virginia Gambino Editore Srl - Viale Monte Ceneri 60 - 20155 Milano
N. 43 | AGOSTO-SETTEMBRE 2013
TENDENZE E ATTUALITÀ DELLA DISTRIBUZIONE EDILE
IL FUTURO È
NELLE SUPERCITTÀ
(TRA CUI RESTA MILANO)
RICONVERSIONE
Il 24 settembre
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Nazionale YouTrade
DOSSIER
Il report
di YouTrade
sui territori
del terremoto
CERSAIE
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dell’architettura
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Tendenze e attualità della distribuzione edile
Anno 6 - Numero 43 - Agosto/Settembre 2013
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La tecnologia
ci salverà
C
ambiare, cambiare, cambiare:
un mantra che solo i sordi
non vogliono (o non possono)
ascoltare. Perché l’azienda, ora più
che mai, è come un fuoco che deve
rinnovarsi in continuazione per riuscire
a scaldare il business nel gelo della
crisi economica. E la chiave per far
scoccare la scintilla e cambiare pelle
è una: si chiama innovazione. Ma le
imprese italiane in fatto di investimenti
sono avare come uno scozzese. Una
recente ricerca condotta da Ipsos Mori
indica che solo il 14% delle aziende
italiane pensa di investire in tecnologia
nei prossimi mesi per ridurre i costi,
razionalizzare i processi e migliorare
la produttività dei dipendenti. Ed è
un doppio errore, perché allo stesso
tempo gli imprenditori di piccole e
medie imprese sotto i 25 dipendenti,
oggetto dell’indagine, pensano che,
malgrado il momento critico, la
situazione economico-finanziaria
della propria azienda migliorerà
nei prossimi mesi (19%) o resterà
uguale (31%). Ed è uno sbaglio anche
perché rischiano di raccogliere meno
frutti dalla ripresa proprio perché
snobbano gli investimenti in hi-tech.
Una dimostrazione? Le società che
hanno adottato una soluzione di cloud
computing mostrano programmi
di crescita più ambiziosi. Secondo
e
Microsoft, più della metà (53%) degli
utenti di servizi «sulla nuvola», cioè
che utilizzano server remoti per la
gestione di documenti e applicazioni,
sostiene che questo tipo di tecnologia
sia fondamentale per le piccole imprese
intenzionate a espandersi. Inoltre, gli
utenti che hanno adottato il cloud
prevedono un’espansione in nuovi
mercati o settori nell’arco di tre-sei
mesi, con l’introduzione di un nuovo
prodotto e del nuovo servizio in questo
arco di tempo. Intendiamoci, non è che
affidarsi a un servizio di questo tipo,
oppure adottando costosi software di
analisi faccia lievitare automaticamente
il fatturato. Alla base deve esserci,
ovvio, una sana attività commerciale
o industriale. Ma dimostra come
reinventarsi attraverso l’adozione della
tecnologia serva ad ammortizzare i
momenti difficili e a mettere il turbo
quando il mercato torna a girare. Non
ci credete? Una ricerca indipendente
del Politecnico di Milano ha calcolato
che le azioni di digitalizzazione dei
documenti in ufficio portano benefici
concreti, fra 1 e 3 euro per ogni
cartellina cartacea trasformata in bit,
con payback entro i 12 mesi nel caso di
conservazione sostitutiva delle fatture
attive. E perfino una minore spesa fra
30 e 80 euro per ciclo con payback
entro 12 mesi nel caso della completa
integrazione e dematerializzazione del
ciclo dell’ordine. Non c’è tempo da
perdere: bisogna rimboccarsi le maniche
e cambiare, cambiare, cambiare.
7
l’econauta
di Federico Mombarone
Giornalista
Attenti alla banda del buco
S
e non credete a quello che dicono
gli imprenditori, leggete ciò che ha
scritto in luglio la Banca d’Italia: «Nel
secondo trimestre del 2013 le politiche di
offerta dei prestiti alle imprese sono divenute
lievemente più restrittive, riflettendo
principalmente prospettive sfavorevoli per
l’attività economica e un connesso maggiore
rischio di credito». Insomma, dopo il
fiume di parole sulla necessità di fornire
liquidità a chi fa lavorare il Paese, cioè il
sistema-imprese, nulla è cambiato. Anzi, la
situazione sembra peggiorare: i banchieri
investono i soldi raccolti o che ottengono
dalla Bce a tassi bassissimi in titoli di Stato,
che rendono di più. E alle imprese vanno
le briciole. Nonostante i proclami dell’Abi,
l’associazione dei maggiori istituti di
credito, insomma, il credit crunch continua
imperterrito.
Certo, è più complicato concedere soldi alle
imprese quando la congiuntura è difficile
e il rischio di insolvenze aumenta. Ma si
potrebbe chiedere ai signori banchieri
perché questa cautela non è stata utilizzata
per i grandi nomi della finanza, quelli che
hanno lasciato voragini grandi come il
costo dell’abolizione dell’Imu. Prendiamo
il caso di Romain Zaleski, finanziere di
origine polacca, ma trapiantato in Italia,
che nel decennio scorso è stato foraggiato
senza limiti dai maggiori istituti. Ora le
banche si sono accorte che ha un passivo
di 3,2 miliardi (sì, miliardi, non milioni) e
che non li rimborserà mai. A una piccola
impresa manderebbero un’ingiunzione,
un’istanza di fallimento, chiederebbero
il sequestro dei macchinari. Pazienza se
poi i dipendenti rimangono senza lavoro
e l’azienda non riapre più. Con la Tassara
(la holding di Zaleski), è invece in corso
una lunga trattativa, un minuetto che,
scommetteteci, non lascerà in mutande il
vegliardo finanziere. Oppure, possiamo
fare il caso dei Ligresti, che hanno lasciato
un buco da mezzo miliardo dopo aver
utilizzato le loro società (quotate in Borsa,
per giunta) per gestire gli affari di famiglia.
Per non parlare dei casi Parmalat, Cirio… E
chi prestava loro i soldi? Risposta esatta: le
stesse banche che lesinano fondi alle piccole
e medie aziende. Che chiudono le linee di
credito agli imprenditori che non utilizzano
jet privati per spostarsi e non hanno figlie
con la passione per l’equitazione, non
hanno alberghi disastrati da piazzare in
pancia alle loro società, e perfino terreni da
comprare e rivendere a stretto giro di posta,
guadagnandoci a spese degli azionisti di
minoranza. Insomma, per farvi ascoltare dalle
banche dovete prima avere almeno qualche
centinaio di milioni di debiti. Poi sì che vi
tratteranno con rispetto.
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chiacchiere di condominio
di Umberto Anitori
Ex segretario nazionale ANACI
Distacco dall’impianto centralizzato
Dubbi sulle applicazioni delle novità della riforma
L’
articolo 3 della legge
220/2012, che modifica
l’art. 1118 del c.c. recita “Il
condomino può rinunciare all’utilizzo
dell’impianto centralizzato di riscaldamento
o di condizionamento, se dal suo distacco
non derivano notevoli squilibri di
funzionamento o aggravi di spesa per gli
altri condomini. In tal caso il rinunziante
resta tenuto a concorrere al pagamento delle
sole spese per la manutenzione straordinaria
dell’impianto e per la sua conservazione
e messa a norma“. Se da una parte
questo articolo sembra semplificare
i rapporti che si vanno a creare per
futuri distacchi, dall’altra lascia molti
dubbi sull’eventuale applicabilità
della norma ai rapporti esistenti.
Nella maggior parte dei casi infatti
il distaccato, oltre a contribuire alle
spese di manutenzione straordinaria,
conservazione e messa a norma
dell’impianto, contribuisce anche
alle spese di gestione versando una
quota percentuale convenuta tra
le parti ed approvata in assemblea.
Nasce quindi un dubbio: lo status dei
condomini che si sono già distaccati
dall’impianto centralizzato, devono
essere uniformati a quanto disposto
dalla nuova normativa? Oggi in
forza delle nuove disposizioni,
anche laddove non si verifichino
nuovi distacchi dall’impianto
centralizzato, sembrerebbe che i
rapporti definiti antecedentemente
all’entrata in vigore della nuova
normativa debbano essere rivisti
sulla base della stessa. In attesa delle
prime pronunce giurisprudenziali,
purtroppo, dobbiamo prendere atto
di come una norma nata con l’intento
di semplificare, andrà di fatto a creare
nuovi contenziosi. Anche in quei
condomini dove il problema aveva
trovato una soluzione.
Le salon des éco-technologies,
de l’énergie et du développement durable
3 > 6 DECEMBRE 2013
Paris Nord Villepinte FRANCE
l’avvocato
di Ludovico Lucchi
del Foro di Milano
e-mail [email protected]
L’attestato di prestazione energetica e la nullità
dei contratti di locazione e compravendita
I
l Senato ha definitivamente
approvato la legge di conversione
del D.L. n. 63/2013, entrato in
vigore il 4 agosto 2013, introducendo
una nuova disposizione (il comma 3
bis dell’art. 6 del Dlgs n. 192/2005)
la quale prevede che “L’attestato
di prestazione energetica deve essere
allegato al contratto di vendita, agli
atti di trasferimento di immobili a titolo
gratuito o ai nuovi contratti di locazione,
pena la nullità degli stessi contratti”. La
norma comporta non pochi dubbi.
La norma stabilisce testualmente che
l’attestato di prestazione energetica
debba essere allegato “al contratto
di vendita”; l’obbligo di allegazione
è dunque limitato al solo contratto
di compravendita o deve ritenersi
esteso a tutti gli atti traslativi a titolo
oneroso? Il Consiglio Nazionale del
Notariato (nel dare indicazioni ai
professionisti che si troveranno ad
applicare tale norma) ha affermato
che una limitazione dell’applicabilità
della nuova disciplina al solo atto di
vendita apparirebbe poco coerente
con quelli che sono gli scopi che si
intendono perseguire (soprattutto oggi
che l’obbligo di allegazione è anche previsto
per gli atti traslativi a titolo gratuito) e,
dunque, ha ritenuto che se ne debba
ammettere l’applicazione all’atto
di permuta (in quanto le norme
stabilite per la vendita si applicano
alla permuta ove compatibili), mentre,
al contrario, si dovrebbe escludere
che la disciplina in esame si applichi
agli atti di divisione in ragione della
loro natura dichiarativa. Per quanto
riguarda gli altri atti traslativi a
titolo oneroso, secondo il Consiglio
Nazionale del Notariato, più che in
relazione al dato testuale, sembra più
opportuno fare riferimento all’effetto
economico del negozio avente per
oggetto edifici energeticamente
rilevanti, per cui si dovrà ritenere
plausibile la sussistenza dell’obbligo di
allegazione in occasione della stipula
12
di tutti quegli atti che comportino
l’immissione nel mercato immobiliare
e la successiva commercializzazione
di edifici comportanti un consumo
energetico. In base alla nuova norma
sono poi soggetti all’obbligo di
allegazione gli atti a titolo gratuito
che comportino “il trasferimento di
immobili”. Dato il generico riferimento
“agli atti a titolo gratuito”, secondo il
Consiglio Nazionale del Notariato
la nuova disciplina dovrà intendersi
riferita ad ogni negozio nel quale
– anche senza spirito di liberalità
– vi sia trasferimento di immobile
a titolo gratuito, cioè in tutti i casi
in cui a fronte del trasferimento
della proprietà o di altro diritto
reale su un immobile da una delle
parti contrattuali a favore dell’altra,
quest’ultima non sopporti alcun
sacrificio, non essendo tenuta né a
corrispondere un corrispettivo in
denaro o in natura, né ad obbligarsi ad
un determinato comportamento.
L’obbligo di allegazione sorge anche
nel caso di stipula di un nuovo
contratto di locazione; la nuova
disciplina non si applica pertanto ad
un contratto che rinnova, proroga
o reitera un precedente rapporto di
locazione. Sempre secondo il Consiglio
Nazionale del Notariato, la disciplina
dettata per la locazione è estesa ai
seguenti contratti (sempre che si tratti
di nuovi contratti): il leasing avente
per oggetto un edificio comportante
consumo energetico e l’affitto di
azienda, se comprende anche l’affitto
di edifici comportanti consumo
energetico.
La sanzione per il caso di mancata
allegazione è la nullità, che può
essere fatta valere da chiunque e può
essere rilevata d’ufficio dal giudice;
inoltre, l’azione per far dichiarare la
nullità non è soggetta a prescrizione e,
soprattutto, il contratto nullo non può
essere convalidato.
Secondo il Consiglio Nazionale del
Notariato, inoltre, può procedersi
all’allegazione di un attestato di
certificazione rilasciato prima del 6
giugno 2013, o all’allegazione di copia
conforme di un attestato già allegato
a precedente atto. Inoltre, in caso
di contratto preliminare di vendita,
il proprietario deve consegnare al
promissario acquirente l’attestato,
ma non vi è obbligo di allegazione,
né sono previste sanzioni relative alla
validità del contratto.
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I FATTI NOSTRI
di Roberto Anghinoni
Giornalista
(RI)CONVERTITEVI!
Abiurare la nostra fede imprenditoriale è ancora più difficile di concretizzare
un preventivo. Il nuovo che avanza ci impone nuove scelte, il già vissuto
non ci aiuta più. Dobbiamo scegliere che porta aprire
O
rmai, essere imprenditori
della distribuzione edile è
diventato un atto di fede,
seppure con la “f” minuscola. La fede qui rispettosamente scorporata da ogni
possibile riferimento religioso - non
prevede di prendere atto della realtà dei
fatti, non tiene conto dell’ineluttabilità
del mondo che cambia, delle diverse
esigenze del mercato. Ci si crede
e basta, costi quel che costi. E, nel
nostro caso, costa moltissimo. L’idea
di continuare a svolgere azione di
“rivendita” come è sempre stato fatto,
come se fossimo fondamentalisti della
compravendita, considerando il nostro
magazzino alla strega di un santuariodeposito che generosamente dispensa
alle genti merci e qualche volta consigli
(solo se richiesti) è un precetto della
nostra cultura imprenditoriale. E i
precetti non si cambiano, perché sono i
capisaldi della fede. Ma convertirsi alla
modernità è difficile, anche perché,
negli ultimi vent’anni, abbiamo assistito
a cambiamenti spesso incoerenti, a
indicazioni contrastanti. La ciclicità
dell’andamento congiunturale
del nostro mercato è sempre stata
considerata come un tranquillizzante
e suadente sottofondo new age. Un
po’ si saliva, un po’ si scendeva, ma
tanto sapevamo che poi si sarebbe
risaliti, e così via. A un certo punto,
poi, la salita non finiva più, ed era così
inebriante che mai avremmo pensato
che ci sarebbe stata una discesa ancora
più ripida della salita e molto più
pericolosa. Perché, dunque, cambiare?
E poi: cambiare che cosa? Cambiare
come? Cambiare chi? Il panico degli
ultimi anni ha messo a dura prova la
nostra fede imprenditoriale, qualche
precetto ha iniziato a vacillare, discorsi
e mottetti di alcuni moderni profeti
del cambiamento all’inizio erano
accolti con scherno, anche se a volte
qualche spora ha attecchito nel prato
14
delle nostre convinzioni, generando
riflessioni e anche azioni. Così, a forza
di sollecitazioni, molti hanno investito
nella loro attività, e dopo pochi anni, in
piena crisi, hanno dovuto smantellare,
perché il magazzino a conduzione
famigliare della porta accanto, avendo
meno costi, andava meglio di loro.
Altri, disubbidendo ai precetti, hanno
scelto di inserire materiali e tecnologie
di mercati paralleli, dimenticandosi
però di affiancare alla fisicità delle
proposte una adeguata consulenza
tecnica, ignorando inoltre la necessità
di una adeguata promozione, attività
da sempre nemica della nostra fede.
Quello della distribuzione edile ai
nostri giorni è ormai per lo più un
mercato in stato confusionale, in cerca
di una identità perduta che la vecchia
fede non riesce più a confortare.
E oggi, mentre il problema non è
più vendere, ma decidere se e a chi
vendere, in considerazione delle
scarse garanzie di solvibilità, arriva
“Youtrade” a parlare di “riconversione”.
Ancora una volta, ci dicono che
dobbiamo cambiare pelle, che
dobbiamo essere pronti a trasformarci
in organizzazioni commerciali
camaleontiche e trasformiste per
essere pronti ad affrontare ogni
diversità, ogni cambiamento, sulla
base delle nuove direzioni del mercato.
Mi domando che cosa ne sarà della
nostra fede e dei precetti che da
sempre la governano. Mi domando
anche se e in che cosa ci dovremo
convertire. Sappiamo che non possiamo
permetterci di stare fermi ad aspettare
miracoli che non ci saranno. Ma
scegliere una direzione per moltissimi
colleghi è ancora un azzardo. Siamo
davanti a due porte chiuse. Su una
c’è scritto “trasformazione”. Sull’altra
“specializzazione”. Qualsiasi porta
decideremo di aprire, per noi sarà
cambiamento. Convertirci a una nuova
idea di presenza commerciale sul
territorio ci spaventa, perché siamo
ancora troppo (coerentemente) legati
al concetto di vendita che per noi
è primario, mentre per il mercato
è secondario, perché prima c’è la
consulenza tecnica, quella cosa che
ancora non tutti sappiamo offrire.
L’unica cosa certa è che decidere di
trasformarci (un giorno scopriremo
come) o di specializzarci seriamente
non è più una questione di fede, ma di
scelta consapevole. Il primo precetto
del cambiamento.
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16
Il futuro è nelle supercittà
(tra cui resta Milano)
agostO
settembre 2013
N. 43
Il futuro è nelle supercittà (tra cui resta Milano)............... 16
Horizon 2020, la ricerca come motore dello sviluppo..... 20
VI convegno nazionale youtrade: riconversione..................... 25
corsa con handicap............................................................................................ 34
uscire dall’euro.................................................................................................... 36
dossier terremoto: quelle crepe dentro di noi...................... 38
consumo di suolo, avanti quasi indietro......................................... 62
Horizon 2020 è il nome
del nuovo programma
dell’Unione Europea per
finanziare la ricerca e
l’innovazione.
Al suo interno molte
opportunità per le
imprese. Vediamo quali
20
Horizon 2020,
la ricerca come
motore dello sviluppo
la regola delle quattro “r”....................................................................... 64
la taglia piastrelle all-in-one.................................................................... 68
cersaie e la regola dell’innovazione.................................................. 70
rassegna cersaie.................................................................................................. 76
l’arte di saper ascoltare il cliente...................................................... 82
Quando la rivendita è sempre più “casa”......................................... 84
Isholnet: una storia di successo.......................................................... 88
Una libellula sul mercato........................................................................... 90
esperienza come trampolino del cambiamento......................... 94
VI convegno nazionale youtrade
riconversione
nel segno del risparmio................................................................................ 95
Quando la tecnologia è in blocchi....................................................... 96
Sermoneta, il borgo perfetto................................................................... 98
A Londra, con Aristotele............................................................................ 102
INTERNATIONAL......................................................................................................... 104
NEWS DALLA RETE.................................................................................................. 106
hi tech.......................................................................................................................... 107
zapping........................................................................................................................ 108
QUESTIONI DI GOLA................................................................................................ 110
YOUBOOK...................................................................................................................... 111
YOUnote....................................................................................................................... 112
16
il 24 settembre
vi aspettiamo
a bergamo
per parlare
del futuro
25
82
38
dossier
i territori
del terremoto
Quelle crepe dentro di noi
L’arte di saper
ascoltare il cliente
Orsolini svela il segreto
del suo successo
La regola
delle quattro
RRRR
Quando
la rivendita
è sempre più
“casa”
84
Così la Procacci
affronta il mercato
64
cersaie
e la regola dell’innovazione
Tra prodotti novità e protagonisti di
primo piano dell’architettura e del
design, Cersaie si conferma uno degli
appuntamenti fieristici da non perdere
Una libellula
sul mercato
70 90
Si chiama Fly la nuova
linea Gridiron che unisce
qualità tecnica e leggerezza
economica, e sogna di volare
oltre i confini italiani
17
Il futuro è
nelle supercittà
(tra cui resta Milano)
18 - youTrend
di federico mombarone
Uno studio di McKinsey
prevede che tra 13 anni
l’economia del mondo
sarà concentrata in
225 megalopoli, in gran
parte in Asia
A
nche l’economia ha i suoi
Branko, specialisti nel predire il
futuro. Non consultano, però,
i quadri astrali, pianeti dominanti
o congiunzioni di segni. Al posto
di Bilancia e Leone, Sagittario e
Capricorno, gli esperti di megatrend
utilizzano numeri, statistiche,
andamenti demografici. È la strada che
ha seguito mesi fa anche McKinsey,
il gruppo principe della consulenza.
Il risultato ci riguarda da vicino:
gli esperti, infatti, hanno studiato
l’andamento (presumibile) degli
aggregati urbani. E sono arrivati a una
conclusione: il mondo si sta coagulando
attorno a grandi città, che saranno il
fulcro dello sviluppo e della ricchezza.
Non solo: tra le 25 città in più rapida
crescita a livello mondiale, 13 saranno
cinesi. Non solo: nel 2025 saranno
le 225 città più grandi a realizzare il
youTrend - 19
30% della crescita economica globale.
Insomma, il pianeta si sta sempre più
concentrando attorno a megalopoli,
che diventeranno hub economici: più
del 65% dell’economia mondiale dei
prossimi anni si muoverà in queste
600 città in maniera significativa. Una
tendenza che interessa anche le nostre
imprese di costruzioni: per esempio,
Mumbai (India) vedrà la realizzazione
di infrastrutture idriche e di viabilità
ed è quindi presumibile che lì saranno
necessarie imprese per realizzare le
infrastrutture.
Tra le big del pianeta, sembra quasi un
miracolo, al momento c’è anche una
città italiana: Milano. Nonostante tutti i
suoi problemi, gli analisti di McKinsey,
che ha condotto la ricerca a livello
globale su 2.600 città, considerano
il capoluogo lombardo come la
tredicesima metropoli per Prodotto
interno lordo (circa 382 miliardi di
dollari). Milano sta fuori dai primi 25,
invece, quanto popolazione e numero
di giovani, mentre è quattordicesima
se si conta la ricchezza delle famiglie.
Insomma, anche se la crisi ha ridotto
il peso della città lombarda, la
definizione di capitale dell’economia
italiana è ancora meritato. Il futuro,
secondo McKinsey, è segnato in quanto
a Pil (l’ingresso delle città cinesi farà
recedere le metropoli europee), ma
nel 2025 Milano resterà nella classifica
delle famiglie ad alto reddito. E in
Europa, Milano resta quinta per Pil e
quarta per reddito famigliare tra le città
sopra i 70mila dollari annui (dietro a
Londra, Parigi e Mosca) e, sempre in
Italia, Roma è tredicesima per tutti e
due gli aspetti. Qualcosa cambierà nei
20 - youTrend
prossimi 12 anni: sia Milano che Roma
avranno perso posizioni nella classifica
generale, ma resteranno comunque
all’interno il ranking delle 25 migliori
europee. In particolare, Milano sarà
decima.
Il trend dei prossimi 15 anni, insomma,
indica che c’è spazio e necessità di
dotare Milano e dintorni delle adeguate
infrastrutture urbanistiche e che
il patrimonio edilizio dovrà essere
all’altezza. Anche se nel frattempo il
grande sviluppo si sarà spostato a Est,
in Asia, la città italiana con maggiore
sviluppo economico resterà centrale.
Lo dimostra, anche se McKinsey non lo
indica, il fatto che Milano e dintorni è
l’area con il reddito medio più elevato
(sotto la Madonnina siamo a oltre
35mila euro a testa, prima di molte città
europee). E se allarghiamo l’orizzonte,
al secondo posto per reddito pro capite
troviamo città che ormai sono quasi
hinterland del capoluogo: Bergamo
e Monza, con 31mila euro. Insomma,
il grande bacino che sta a Nord della
città si traduce in un maxi aggregato
urbano dal reddito elevato. Nelle città
del futuro, però, sarà fondamentale
l’implementazione delle tecnologia.
E qui Milano non primeggia, ma per
poco: secondo la classifica appena
stilata da Between che misura l’utilizzo
dell’hi-tech per migliorare qualità
della vita e ridurre la spesa, cioè
quell’insieme di azioni che trasformano
una città in una smartcity. In questo
caso Milano è seconda, preceduta di
poco da Bologna. Un piccolo gap da
superare per rimanere nel megatrend
delle grandi metropoli dei prossimi
anni.
i numeri
I
n base ai dati (che sono però del 2010) raccolti da McKinsey, Milano è di gran
lunga la città più ricca d’Italia, con 358,2 miliardi di dollari. Seguono a grande
distanza Roma (182), Venezia (106,3), Napoli (86,1), Torino (84,8) e Firenze
(61,5). Un primato negativo, invece, l’Italia lo conquista per concentrazione
cittadina di pensionati. Nella classifica europea delle città con maggiore percentuale di persone a riposo spiccano Trieste, al primo posto assoluto, seguita
da Genova. Terza è curiosamente la tedesca Chemnitz, ma al quarto posto ecco
di nuovo un’italiana: Livorno, mentre al sesto c’è Ravenna. A livello mondiale,
invece, la megalopoli con maggiore Pil è e resterà Tokio, seguita da New York.
L’ascesa dell’economia del colosso cinese è invece simboleggiata dall’ascesa
di Shanghai: tra una decina d’anni sarà al terzo posto mondiale per Prodotto
interno lordo, mentre Pechino salirà in quinta posizione.
youTrend - 21
Horizon 2020,
la ricerca
come motore
dello sviluppo
22 - youeconomy
Horizon 2020 è il nome del nuovo
programma dell’Unione Europea per
finanziare la ricerca e l’innovazione nella
nuova programmazione 2014-2020 che
sostituisce i vecchi “programmi quadro”
per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico
e per la Competitività e l’Innovazione.
Al suo interno molte opportunità per le
imprese. Vediamo quali
di Carlo Lorenzini
L
a crisi finanziaria del 2008 è
iniziata proprio quando il 7°
Programma Quadro dell’Unione
Europea aveva iniziato a muovere i
primi passi. La ricerca, lo sviluppo
tecnologico, la competitività e
l’innovazione sono temi sempre
al centro dell’agenda politica e
programmatica europea, che con i
programmi quadro aveva definito
anche nei periodi precedenti,
modalità e strumenti per accedere
a fondi destinati all’innovazione e
allo sviluppo. La crisi si è inserita in
questo percorso e ha potuto contare
su una serie di “pacchetti” di stimolo
per rimettere in moto l’economia, a
partire dalla ricerca e dallo sviluppo
tecnologico, veri motori della ripresa,
come testimoniano i dati relativi agli
investimenti in questi settori messi
a frutto negli Stati Uniti e in alcuni
paesi europei e che in Italia, invece,
stentano ad affermarsi. Nel nostro
paese la spesa pubblica e quella
privata per ricerca e sviluppo è più
bassa degli altri partner europei: la
media nazionale è dell’1,26% sul Pil
con un peso della ricerca privata pari
allo 0,68% del Pil. Il gap è rilevante,
dato che la spesa media europea
della ricerca privata è dell’1,24% sul
Pil. I paesi più competitivi in Europa
investono in ricerca e sviluppo molto
più dell’Italia, dalla Francia alla
Germania a tutti i paesi scandinavi,
con percentuali superiori al 2,2% del
Pil e con la spesa privata superiore
all’1,4% del Pil, con il record della
Finlandia che investe il 3,9% del Pil
in ricerca e sviluppo (R&S) e con gli
investimenti privati nel settore al 2,7%
del Pil. Un adeguato rapporto tra spesa
R&S e Pil è uno dei cinque obiettivi
cardine stabiliti nell’ambito della
strategia “Europa 2020”, definita dalla
Commissione europea nel marzo 2010
per accrescere i livelli di produttività,
di occupazione e di benessere sociale,
anche attraverso l’economia della
conoscenza. In tale prospettiva,
youeconomy - 23
particolare risalto viene dato alla
necessità di incentivare l’investimento
privato in R&S. I “programmi quadro”
hanno sempre avuto questa funzione
e Horizon 2020 ne eredita da un lato
le valenze, ma ne amplifica anche la
portata, in quanto gli investimenti
in ricerca e in innovazione sono
fondamentali per costruire un alto
livello di qualità della vita e per
creare posti di lavoro, aumentando la
prosperità e affrontando le sfide della
società. Per questi motivi, la ricerca e
l’innovazione si collocano al centro
della strategia Europa 2020 per una
crescita intelligente, sostenibile e
inclusiva. Rientra in questo contesto
l’obiettivo principale di portare la
spesa europea per R&S al 3% del Pil
entro il 2020. In Italia il MIUR alcuni
mesi fa ha presentato un documento
sulla programmazione settennale per
la ricerca e l’innovazione, chiamato
“Horizon 2020 Italia”. L’obiettivo
della strategia generale per il sistema
della ricerca italiana non è solo
quello di accedere con maggiore
efficacia alle risorse finanziarie che
la Commissione Europea mette a
disposizione, ma anche quello di
aprire il nostro sistema agli stimoli
{
Dal 1° gennaio 2014
vi sarà il lancio
dei primi bandi
24 - youeconomy
La spesa per R&S in Europa
Fonte: Istat
ed agli incentivi della competizione
internazionale. Il documento individua
una serie di punti deboli del “sistema
Italia” ma al contempo, attraverso i
risultati di una ampia consultazione
pubblica, individua anche i punti
di forza sui quali operare. L’Italia è,
nello scenario europeo, uno dei Paesi
definiti “moderate innovators”, con una
bassa quota di esportazioni ad alto
contenuto di tecnologia. Il documento
pertanto promuove alcune linee di
indirizzo, prima fra tutte la necessità
di favorire l’incontro tra la domanda
di ricerca e l’innovazione espressa dai
cittadini. Il sistema della formazione
è individuato come elemento centrale
e strategico per la formazione delle
cosiddette “comunità intelligenti”
(smart communities), sulle quali Horizon
2020 punta moltissimo e che il MIUR
ha attivato con i bandi Smart Cities
and Smart Commnunities da 655,5
milioni di euro, di cui 25 milioni di
euro per giovani ricercatori under 30.
Un primo passo verso lo sviluppo di
una nuova consapevolezza del nostro
paese sull’investimento in R&S. Le
opportunità per le imprese sono molte,
dato che i fondi europei assegnati al
programma sommano 6,7 miliardi
di euro eseguiranno le tre priorità
di Horizon 2020, ovvero “scienza di
eccellenza”, “leadership industriale” e
“sfide della società”. Molto interessante
al riguardo è l’approccio integrato
nei confronti delle PMI, grazie al
quale si prevede di dedicare ad esse il
15% circa della dotazione finanziaria
complessiva per le sfide della società
e le tecnologie abilitanti e industriali.
È bene dunque che le nostre imprese
si informino e inizino a costruire
ipotesi di ricerca sugli assi individuati,
che si possono trovare nel nuovo
portale “ResearchItaly”, sviluppato dal
Consorzio CINECA con l’obiettivo di
fotografare, supportare e promuovere
la ricerca italiana d’eccellenza, e
disponibile, in italiano ed in inglese,
all’indirizzo www.researchitaly.it. I
tempi per farlo ci sono, ma bisogna
prepararsi, in quanto entro la fine del
2013 l’UE adotterà gli atti legislativi su
Horizon 2020 e dal 1° Gennaio 2014
vi sarà il lancio dei primi bandi. E
l’Italia con le sue imprese dovrà essere
protagonista.
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Il 24 settembre incontriamoci
per parlare del futuro
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VI convegno nazionale
riconversione
Cambiare pelle, cambiare testa, cambiare
aspetto: se il mondo si trasforma, bisogna
adattarsi come camaleonti. La selezione
darwiniana delle imprese è il dato che
ha caratterizzato il primo decennio del
secolo. Adesso è arrivato il momento
di abbandonare le strade senza uscita:
per le aziende è scoccata l’ora della
riconversione. Il tema sarà al centro
del prossimo Convegno Nazionale di
YouTrade, in programma per settembre
2013. L’appuntamento, attraverso il
dibattito con gli operatori e gli esperti,
fornirà una mappa per attraversare il
cambiamento. Il Convegno sarà anche
l’occasione per fare il punto sui lavori del
Tavolo tecnico, momento di confronto che
quest’anno sarà centrato sul nuovo ruolo del
rivenditore di materiali. Perché la Riconversione
è un’opportunità che riguarda tutti.
martedì 24 settembre 2013 ore 9.30
CENTRO CONGRESSI FIERA DI BERGAMO Via Lunga, 1 - Bergamo
Ecco a voi il futuro
Gli abstract del vI Convegno Nazionale YouTrade
C
hiamatela, se volete, la legge
della giungla. Invece, è solo
l’economia. Che piaccia o
meno, la crisi sta spazzando via i più
deboli e salvando i più forti che, a
recessione conclusa, saranno ancora
più padroni del campo. Non che
questo sia un trend auspicabile, ma è
la realtà con cui dobbiamo fare i conti.
Appunto: per guardare in faccia la
realtà, per cercare di capire i pericoli,
ma anche le opportunità che riserva
il futuro, torna la grande occasione
di confronto organizzata da YouTrade.
Nelle ultime due edizioni del convegno
annuale abbiamo posto la riflessione
sul cambiamento dei fattori esterni
all’impresa: dalle dinamiche di mercato
orientate sempre più al recupero
dell’esistente, all’avvento dell’efficienza
energetica e della sostenibilità
come elementi imprescindibili per
gli operatori. E, ancora, le nuove
dinamiche in campo: dall’avvento
del consumatore più sensibile ai
temi dell’ambiente, alla crescita dei
nuovi modelli di acquisto, consumo e
investimento degli utenti finali. Perché
è impossibile ignorare questi elementi,
bisogna affrontarli se si vuole rimanere
nella pattuglia dei vincitori.
Ma il mondo va avanti, cambia, muta,
si riconverte. E così il convegno
di YouTrade, in programma il 24
settembre, sarà l’occasione per iniziare
una riflessione anche sulle mosse
necessarie all’interno dell’impresa
e nei rapporti con gli altri soggetti
della filiera. Gli aspetti sono molti: per
esempio, ottimizzazione dei processi,
nuove sinergie, forme di integrazione
e di collaborazione. E la riconversione,
che significa modifica dei
comportamenti fino a oggi utilizzati per
rispondere alle esigenze del mercato.
Perché se la situazione è diversa,
anche le imprese devono adattarsi,
riconvertendosi in un processo
darwiniano senza sosta. Come va di
moda dire adesso, l’organizzazione
deve essere più “liquida”, che vuol
dire flessibile e adattabile. Insomma,
perde chi si siede ad attendere che
il passato ritorni, vince che impara
come il mercato cambia e vi si adatta
nel modo migliore. È una sfida
per l’innovazione, in un cammino
continuo. Il convegno di settembre sarà
dedicato a questo tema e focalizzerà
l’attenzione non solo sulla consueta
e approfondita analisi congiunturale
del mercato, ma soprattutto sulle
prospettive di riconversione, sulle
necessità di riposizionarsi a livello di
filiera, anche in rapporto ai trend di
crescita dei nuovi grandi competitor,
e sulla necessità di poter contare,
per riconvertirsi in modo adeguato,
su strumenti e politiche che oggi
sono molto carenti, ma sui quali tutti
gli operatori devono impegnarsi.
L’adattamento al nuovo è un processo
individuale, ma è tutto il sistema
industriale delle costruzioni e della
filiera edilizia che, alla fine, ne
beneficia. A patto di tenersi aggiornati
e non perdersi il convegno di
settembre, naturalmente.
Il difficile momento delle costruzioni:
picco minimo e ripresa
(ma non per tutti)
di Lorenzo Bellicini
Le costruzioni e la distribuzione dei
materiali edili stanno attraversando
in questi ultimi mesi del 2013 una
fase molto particolare, potremmo
dire che stanno vivendo allo stesso
tempo, il momento più duro della
crisi iniziata nel 2006 e l’inizio di
una nuova stagione meno negativa.
Non dobbiamo pensare ad una
ripresa forte, ma ad una uscita
dalla fase di caduta. I segnali che
arrivano dall’economia, pur deboli, e
comunque non in grado di cancellare
la nuova pesante recessione del 2013,
descrivono aree del Paese e tipologie
di mercato con dinamiche finalmente
positive. E per il 2014 lo scenario
28 - youfocus
si fa, da più punti di vista, meno
negativo. Certo, una parte della ripresa
dell’economia viene dalle esportazioni
che solo parzialmente e per le imprese
maggiori riguardano il settore
delle costruzioni e molto poco la
distribuzione dei materiali edili. Certo,
la domanda interna stenta a riprendere
e vi sono settori e aree del Paese che
son ben distanti da una fase positiva,
ma si può sostenere che si è toccato
il picco minimo e si può iniziare a
ripartire. Il problema è come. Le
esperienze imprenditoriali positive
mostrano come solo innovazione e
ridefinizione dei modelli di offerta
sono in grado di cogliere pienamente
i vantaggi del nuovo ciclo di mercato:
e paradossalmente solo chi è capace di
comprendere i nuovi comportamenti
e la nuova forma del mercato può
giocare la nuova partita.
La nuova era del camaleonte
di Federico Della Puppa
Nel futuro la competitività delle
imprese si giocherà sull’ottimizzazione
dei processi, prima ancora che sui
prodotti, e le imprese in questa fase
devono trovare da sole le motivazioni
e le modalità per il cambiamento.
La nuova era del mercato, non solo
delle costruzioni ma dell’economia
in generale, è un’era in cui bisogna
guardare dentro noi stessi e chiederci
se siamo adeguati al cambiamento
che la crisi ci impone o se dobbiamo
avviare e impostare modelli di
approccio diversi, nuovi, innovativi. La
nuova era è l’era dell’adattamento, è
l’era dell’impresa camaleonte, che si
adatta alle circostanze che l’ambiente
propone. Nel mondo delle costruzioni
fino a ieri la catena del valore la
costruiva il mercato per le imprese.
Era la domanda a costruirla e bastava
esserci. Oggi e soprattutto domani non
sarà più così. La catena del valore va
costruita partendo dall’impresa e dalla
filiera, ottimizzando l’organizzazione
interna e quella esterna, agendo
sugli asset che sono in grado di
far recuperare e promuovere la
competitività delle imprese, a partire
da ciò che il mercato offre e dalla
domanda, sempre più frammentata,
diversificata, qualificata. Non c’è più
spazio per l’improvvisazione. L’era del
camaleonte è iniziata.
programma
09,30
Registrazione
10,00
Apertura dei lavori e saluti
10,15
Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio
Federico Della Puppa, docente di economia presso l’Università IUAV di Venezia
10,35
La tempesta è finita? Dopo un 2013 nero, le prospettive per il 2014
Previsioni e classifiche inedite sulla distribuzione di materiali per edilizia
Lorenzo Bellicini, direttore di Cresme Ricerche
11,10
Come gestire la nuova Era del camaleonte
Federico Della Puppa, docente di economia presso l’Università IUAV di Venezia
11,40
Strategie e proposte concrete per riconvertirsi
12.00
Conclusioni e dibattito
13,00
Buffet lunch
youfocus - 29
Il tavolo tecnico
di Veronica Monaco
M
ossa dalla volontà di riflettere
sui cambiamenti in corso e
comprendere i driver alla base
del processo di “riconversione” della
filiera, YouTrade ha riunito intorno
a un tavolo esperti del settore delle
costruzioni ed esponenti del mondo
della produzione e della distribuzione.
I due incontri del
tavolo tecnico, in
preparazione del VI
Convegno Nazionale,
che avrà luogo il 24
settembre presso la
Fiera di Bergamo, si
Giovanni Pietro Grazioli
sono focalizzati proprio
sulle trasformazioni
strutturali che
stanno investendo
le costruzioni, e
in particolare sul
nuovo volto del
Alessandra Pettenon rivenditore che, come il
camaleonte – diventato
mascotte del convegno
– deve necessariamente
adattarsi alla nuova
realtà per rimanere sul
mercato. Al secondo e
ultimo incontro, che
Claudio Troni
si è tenuto a Milano
lo scorso 27 giugno,
hanno partecipato
Giovanni Pietro
Grazioli (Centredil),
Alessandra Pettenon
(Fila), Claudio Troni
Roberto Anghinoni
(Gruppo Made),
Roberto Anghinoni
(giornalista), Riccardo
Cavalli (Fibrotubi),
Roberto Nava (Knauf),
Giovanni Spagnol
e Stefano Morucci
Riccardo Cavalli
(Naici), Gianni
30 - youfocus
Virginia Gambino
Heinz Slink
Stefano Morucci
Guidoccio (CRE),
Ubaldo Gambardella
(Unifix), Massimo
Bussola (Bigmat),
Tony Principi
(Hauraton Italia),
Antongiulio Ceccariglia
(Italcementi),
Paolo D’Agostino
(Redi), Gianluca
Menozzi (Termolan),
Stefano Marconi
e Renato Tesolin
(Cap Arreghini).
Oltre al moderatore
Federico Della
Puppa (professore di
Economia e Gestione
delle Imprese presso
l’Università IUAV di
Venezia), all’editore
di YouTrade Virginia
Gianni Guidoccio
Ubaldo Gambardella
Massimo Bussola
Gambino e a un
ospite straniero,
l’amministratore del
gruppo di rivenditori
tedesco FDF Heinz
Slink, che ha illustrato
le caratteristiche di
una realtà di mercato
completamente diversa
da quella italiana. «Il
punto chiave oggi è
che non dobbiamo
gestire la crisi ma il
cambiamento – ha
esordito il moderatore
Federico della Puppa
–. Siamo di fronte a un
cambiamento epocale:
la filiera è cosciente
della necessità di
razionalizzare il
mercato e affrontare
by
una selezione, ma incontra ancora
moltissime difficoltà nel gestire la
trasformazione in atto e applicare
nuovi modelli organizzativi e
imprenditoriali». A offrire qualche
spunto sulle possibili direzioni da
intraprendere è intervenuto il tedesco
Slink. Nato nel 1988, il gruppo FDF
(acronimo che sta per “Für Dach
und Fassade”, cioè “per il tetto e la
facciata”) conta 48 soci,
73 punti vendita e 650
dipendenti, con un
fatturato di 331 milioni
di euro. «Sono da 12
anni amministratore
di FDF, gruppo di
rivenditori presente
Tony Principi
in undici regioni
della Germania. Il
90% dei nostri clienti
sono professionisti, in
prevalenza carpentieri,
conciatetti e lattonieri.
Una clientela
Antongiulio Ceccariglia
specializzata che
preferisce rivolgersi a
strutture in grado di
offrire loro materiali
e servizi, ma anche un
rapporto privilegiato.
Per questo in Germania
la GDO non si
Paolo D’Agostino
posiziona in maniera
concorrenziale con
la rivendita edile,
avendo come target
di riferimento la
clientela privata –
spiega Slink –. FDF
Roberto Nava
possiede un sistema di
fatturazione elettronica
centralizzato, realizzato
in collaborazione
con l’Aktivbank di
Pforzheim: la fattura
arriva in forma
Giovanni Spagnol
elettronica alla banca
che, attraverso una
delega sul conto dei consorziati,
provvede ai pagamenti, dopo averne
verificato la solvibilità. I pagamenti
avvengono con una media di 25 giorni,
al massimo 90 giorni per fornitori più
piccoli. Per migliorare la liquidità,
inoltre, FDF si impegna nel pagamento
puntuale dei rimborsi, anche durante
l’anno. Tutti i proventi degli accordi
con i fornitori sono pagati al 100% agli
azionisti. Gli acquisti e le campagne di
vendita con i fornitori selezionati sono
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decise a livello centrale». E prosegue:
«In Germania, tutte le aggregazioni
fanno parte di un’associazione
nazionale che rappresenta il veicolo
per scambiarsi informazioni. I fornitori
hanno invece creato una piattaforma
informatica utilizzata
dai rivenditori
specializzati, in cui
è possibile trovare e
ordinare oltre 600mila
articoli diversi».
Nonostante il mercato
Luca Berardo
tedesco sia più evoluto
di quello italiano,
qualche ingranaggio
pare si sia inceppato
anche lì, come ha
ammesso lo stesso
Slink al tavolo tecnico
di YouTrade: «Negli
Gianluca Menozzi
ultimi anni, FDF ha
avuto un incremento
costante del 15%,
grazie anche al piano
anti-crisi varato nel
2009 che incentivava
le costruzioni
Stefano Marconi
attraverso interventi di
riqualificazione degli
edifici. Nell’ultimo
anno invece abbiamo
subito una flessione:
da cinque mesi ormai,
anche in Germania,
il mercato sembra
Renato Tesolin
essersi bloccato». Il
confronto con la realtà
distributiva tedesca
del gruppo FDF ha
comunque avuto il
merito di avviare un
dibattito estremamente
Federico Della Puppa
interessante, che
si è aperto con l’intervento di
Giovanni Pietro Grazioli, titolare di
Centredil: «Non penso che questo
tipo di struttura e strategia possa al
momento essere valida tout court anche
da noi – ha affermato –. Ritengo
infatti che sia la clientela a formare
il mercato: in Italia l’artigiano è
molto meno standardizzato, non
abbiamo un tessuto economico che
può permettersi dei pagamenti a 30
giorni, i rivenditori di materiali edili
sono troppi, non riconosciamo ancora
il valore della specializzazione. Nel
nostro Paese abbiamo vissuto sulla
speculazione di mercato, e non di
mercato reale come in Germania,
32 - youfocus
e non c’è mai stata
una programmazione
seria delle risorse. Per
questo, ora come ora,
dobbiamo gestire la
crisi e i cambiamenti
Franco Nessi
che questa comporta,
per arrivare almeno in
parte ad assomigliare
al mercato tedesco».
«Una distribuzione
specializzata, come
sul modello tedesco,
Cristian Zanni
– ha proseguito
Roberto Nava di
Knauf – dovrebbe essere collocata in
un mercato dove c’è specializzazione
anche della clientela. Ciò che in
Italia al momento manca, anche per
l’assenza di una solida formazione di
base e di controlli sulla professionalità
di coloro che operano sul mercato».
Il bisogno di specializzazione c’è e si
fa sentire. «Il cambiamento non può
avvenire dall’oggi al domani, tuttavia
qualcosa dalla Germania
possiamo impararlo.
Ma i rivenditori sono
in grado di gestire
questo cambiamento?
– si chiede il giornalista
Rosanna Morghen
Roberto Anghinoni –
Quanti sono in grado di competere
in un mercato in cui si assiste a una
pesante riduzione dei volumi e ad una
GDO che sta moltiplicando i propri
punti vendita? Molti non sono adatti al
nuovo mercato e non hanno le risorse
strutturali per riconvertirsi. Gli altri
invece, che altro possono fare se non
specializzarsi?».
Lasciamo volutamente aperto il quesito,
in attesa che la risposta a questa, e
a molte altre domande sul nuovo
volto della distribuzione, vengano
approfondite durante l’appuntamento
annuale con il Convegno Nazionale di
YouTrade, giunto quest’anno alla sua
sesta edizione.
PRIMO INCONTRO DEL TAVOLO TECNICO DI YOUTRADE
Innovazione di sistema, programmazione e condivisione, queste le parole chiave
emerse durante il primo incontro del tavolo tecnico di YouTrade, tenutosi giovedì
30 maggio a Milano. A partire dal tema cardine della riconversione e del nuovo
ruolo del rivenditore, la riflessione si è focalizzata sulla necessità, quasi fisiologica, di un processo di selezione tra produzione e distribuzione, per continuare
a operare in un mercato sempre più ristretto e con meno marginalità. A cui si
aggiunge la presenza minacciosa di un concorrente che sembra non conoscere
flessione: la Gdo. Quali strategie mettere in campo per arginare la crisi? YouTrade
allargherà la discussione, approfondendo i temi emersi durante il tavolo tecnico
con il pubblico presente al suo VI Convegno Nazionale. Moderato da Federico
Della Puppa (professore di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università
IUAV di Venezia) e dall’editore di YouTrade Virginia Gambino, il primo incontro del
tavolo tecnico ha visto la partecipazione di Paolo D’Agostino (Redi), Tony Principi
(Hauraton Italia), Rosanna Morghen e Cristian Zanni (Gruppo Edilcom), Claudio
Troni (Gruppo Made), Antongiulio Ceccariglia (Italcementi), Gianluca Menozzi
(Termolan), Gianni Guidoccio (CRE), Riccardo Cavalli (Fibrotubi), Franco Nessi
(Eternedile), Stefano Marconi e Renato Tesolin (Cap Arreghini), Luca Berardo
(CasaOikos), Roberto Nava (Knauf) e Giovanni Spagnol (Naici).
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Corsa con handicap
Le nostre imprese giocano
sul campo internazionale
con lo svantaggio di
infrastrutture insufficienti
e costi energetici più cari
di Federico Mombarone
«N
egli ultimi dieci anni la
dotazione infrastrutturale
del Paese ha sofferto di un
pesante gap». Risultato: 50 miliardi
di ricchezza perduta «nel solo 2010
per il divario infrastrutturale esistente
fra le diverse aree del Paese». Le
parole, amare come un Fernet, sono
state pronunciate da Claudio Andrea
Gemme, presidente di Confindustria
Anie. Lo svantaggio su cui devono
fare i conti le imprese italiane è, in
effetti, sempre più pesante. Il divario
infrastrutturale rispetto alla Germania
nell’ultimo decennio, sono sempre
parole di Gemme, “si stima abbia
fatto perdere 142 miliardi di Pil”.
E, cosa ancora peggiore, dal 1990
l’Italia ha destinato alle infrastrutture
«il 35% in meno» rispetto agli altri
Paesi. Per non parlare delle risorse
comunitarie (cioè i fondi strutturali e
Fas): sono stati “utilizzati solo il 12%
degli oltre 41 miliardi stanziati per
il 2007-2013”. Insomma, non solo le
costruzioni, ma un po’ tutto il sistema
delle imprese è svantaggiato rispetto
ai nostri competitor. Come se giocasse
a calcetto su un campo inclinato, con
la palla che rotola inesorabilmente
verso la nostra porta. Prendiamo il caso
dell’energia. Le bollette per le famiglie
rimangono affidate a un sistema di
sussidi incrociati che fa pagare prezzi
europei a chi consuma poco e troppo a
chi è costretto a utilizzare più elettricità.
Non lo dicono industriali incavolati, ma
si legge nella relazione al Parlamento
34 - youeconomy
del presidente dell’Autorità per
l’Energia Guido Bortoni, presentata
a metà giugno. Nell’analisi si legge
che il prezzo del gas è più alto tra il 5
e il 10% rispetto a quello della media
Ue. E le imprese pagano l’elettricità
mediamente il 30% di più, con un
divario che, invece di ridursi, aumenta.
Unico dato positivo: il prezzo del gas
si sta lentamente allineando a quello
dell’Europa, grazie ai nuovi benefici
{
Il divario infrastrutturale
rispetto alla Germania
nell’ultimo decennio, “si
stima abbia fatto perdere 142
miliardi di Pil”
dell’apertura internazionale dei
mercati all’ingrosso. Ma l’insieme ha
un effetto persino paradossale: nella
composizione della bolletta, sia per
le famiglie che per le imprese, il peso
degli oneri che non riguardano la
componente energia cresce sempre di
più. Ci sono troppe tasse che servono
per pagare altro, insomma, e in questo
modo si restringono strutturalmente
gli spazi di competizione tra fornitori. I
dati di confronto con gli altri Paesi sono
lì a confermare il problema: secondo
Eurostat, l’incremento registrato in
Italia, sul fronte dell’energia elettrica,
è il terzo maggiore alle spalle di
Cipro (+21%) e Grecia (+15%). Una
situazione diametralmente opposta
a quella di Svezia (-5%), Ungheria
(-2%) e Finlandia (-1%). Un altro
punto dolente è quello dei trasporti
e della logistica. Sotto questo aspetto,
l’inefficienza del nostro Paese è stata
valutata a 40 miliardi di euro, una
specie di tassa invisibile sul sistema
economico e produttivo. Gli esperti
ritengono che tale gap rispetto alla
media europea non si sia modificato
negli ultimi anni. Se si riuscisse,
quindi, ad abbassare di un solo punto
percentuale l’incidenza del costo
della logistica e dei trasporti sul valore
della produzione, si otterrebbe già un
risparmio di circa 10 miliardi l’anno.
Non c’è da stupirsi: secondo un report
2012 della Banca Mondiale, l’indice
Lpi, che misura l’efficienza della
logistica, colloca l’Italia al 24esimo
posto nel mondo, dopo quasi tutti gli
altri principali Paesi Ue e molti Paesi
asiatici. Che fare? Secondo Gemme
occorre una strategia di ampio respiro:
«Sarebbe anacronistico pensare il
contrario. I percorsi e gli scenari in
termini di reti e infrastrutture, città,
edifici, sono già delineati e si basano
sulla capacità di gestire e scambiare
informazioni, sulla maggiore richiesta
di funzionalità, sulla integrazione, sulla
decentralizzazione di intelligenza nelle
singole parti. Gli edifici sono destinati
a diventare i nodi intelligenti di reti
intelligenti e, come tali, parti di un
sistema più ampio nel cui contesto il
parametro energetico quasi zero dovrà
essere ridefinito».
Uscire
dall’Euro?
Il dibattito sull’Euro e sulle
opportunità che
– secondo alcuni – si
aprirebbero per l’Italia
con l’uscita dalla moneta
unica, è sempre presente.
Proviamo a fare il punto della
situazione e capire
l’effettiva utilità dell’Euro
proprio in questa fase di crisi
di Federico Della Puppa
D
i fronte alla crisi e alle difficili
e non immediate ricette per
superarla, da più parti negli
ultimi tempi si è sollevata l’idea che
l’uscita dalla moneta unica possa
rappresentare per l’Italia un vantaggio
competitivo rispetto agli altri paesi.
In realtà le resistenze alla moneta
unica hanno un lungo corso e sono
nate ancor prima che l’Euro nascesse.
Ma va ricordato che il percorso che
ha portato all’unione monetaria in
Europa non è casuale, ma segue un
disegno strategico che dal 1957, con la
nascita della CEE, ha progressivamente
ampliato l’area del libero scambio da 6
36 - youeconomy
a 28 Stati. La progressiva eliminazione
di ogni barriera al libero movimento
di persone, capitali, merci e servizi tra
i paesi membri è una delle conquiste
economiche e sociali più importanti
per il vecchio continente, in quanto
il sistema di dazi doganali, barriere
tariffarie e non tariffarie, limiti alle
importazioni ed esportazioni, di fatto
limitavano la competitività dei singoli
paesi, e del sistema europeo nel suo
insieme, di fronte alle modifiche che
la globalizzazione ha progressivamente
imposto all’economia mondiale. Un
primo tentativo di limitazione delle
oscillazioni delle monete era stato
introdotto da alcuni paesi europei
con lo SME, nel 1978, e con la nascita
dei nostri prodotti, derivata dal basso
prezzo, sui mercati internazionali.
L’economia dell’Italia, al tempo,
era basata su un circuito per lo più
interno, con barriere all’importazione
di prodotti dall’estero, il cui esempio
più eclatante fu il blocco delle
importazioni di auto dal Giappone.
Le condizioni della svalutazione e le
barriere tariffarie e non tariffarie di
fatto hanno consentito, per un breve
periodo, una forte competitività dei
nostri prodotti sui mercati esteri, una
competitività tuttavia di breve periodo,
che ha segnato peraltro una stagione
di cambiamenti e di modifiche del
sistema economico e politico italiano,
a partire da Tangentopoli in poi. Ma
{
L’uscita dell’Italia dall’Euro ci esporrebbe alla speculazione
internazionale e, dopo un impatto positivo di brevissima durata sulla
competitività dei nostri prodotti, avrebbe serie ricadute sui costi per
l’approvvigionamento delle materie prime e dell’energia
dell’ECU. Ma i tassi di cambio e il
rafforzamento di alcune monete, in
primo luogo il marco, sui mercati
mondiali, e l’esposizione di altre
monete alle speculazioni, come
quella subita dalla lira nel biennio
1992-1993, evidenziarono la necessità
di superare il sistema delle banche
centrali nazionali e di raggiungere
una vera integrazione monetaria
sulla base della costituzione di una
banca centrale europea. L’idea alla
base di questa scelta era la possibilità
di governare la stabilità dei prezzi,
contribuendo ad una crescita durevole,
al benessere economico e all’aumento
dell’occupazione. L’eliminazione della
discrezionalità delle banche nazionali
è uno dei fattori chiave di questa
politica, ma è anche una delle chiavi di
lettura della voglia, di alcuni, di tornare
alle condizioni pre-euro. Perché tale
discrezionalità, ad esempio, permetteva
azioni e politiche monetarie che, nel
breve periodo, fornivano una extracompetizione ai prodotti nazionali.
L’esempio più eclatante e relativamente
recente è l’ultima svalutazione della lira
operata da Ciampi nel 1992. In pochi
mesi la nostra moneta perse quasi il
40% di valore rispetto al marco e al
dollaro, con conseguente aumento
dei prezzi delle materie prime ma
anche con una extra-competitività
quella breve stagione di competitività
non è stata una stagione di crescita
reale. Basta osservare l’andamento del
Pil del nostro paese, che si è mantenuto
sostanzialmente costante negli anni ’90
del secolo scorso, mentre ben diverso è
l’andamento a partire dall’introduzione
dell’Euro. Infatti la fine dei costi di
conversione da una moneta nazionale
all’altra ha di fatto eliminato il
rischio di cambio, ha aperto ad una
nuova stagione della propensione al
risparmio e agli investimenti. Nei fatti
l’adozione dell’Euro ha sostenuto i
mercati finanziari europei e ha favorito
l’aumento del commercio. L’Euro ha
reso effettivamente i nostri prodotti più
competitivi sui mercati internazionali
proprio in questo momento di crisi, e
la bilancia degli scambi lo conferma.
Tuttavia c’è ancora chi teorizza che
un’uscita dell’Italia dall’Euro sarebbe
una condizione favorevole per la nostra
economia, mentre ci esporrebbe alla
speculazione internazionale, come
accadeva in passato. La possibilità
poi di svalutare la nostra moneta, in
un mondo fortemente globalizzato,
avrebbe solo un effetto di brevissima
durata sulla competitività dei nostri
prodotti, che sarebbero poi gravati da
forti costi per l’approvvigionamento
delle materie prime, e tra questi in
particolare l’energia. Perché dunque
sostenere l’Euro? Non solo per questi
motivi, ma anche perché con la
moneta unica il fattore prezzo è meno
determinante di altri nel definire
le categorie della competitività sui
mercati. Perché attraverso la stabilità
monetaria, la bassa inflazione e il basso
costo del denaro gli investimenti sono
più sicuri, soprattutti quelli in ricerca
e sviluppo. Perché è lì che si genera
la competitività. Nel passato l’alta
inflazione consentiva a molti soggetti di
guadagnare semplicemente giocando
sui tempi degli acquisti e delle vendite,
magari aumentando la dimensione
dei propri magazzini e depositi. Oggi
non è più possibile operare in questo
modo e la leva della competitività
è sulla ottimizzazione dei processi
e della gestione. Uscire dall’Euro
significherebbe essere esposti, tutti, ad
una forte instabilità, perché il debito
pubblico italiano è per lo più in mano
proprio agli italiani e una svalutazione
della nostra moneta si tradurrebbe,
ad esempio, in una patrimoniale
ai cittadini. La crisi non ammette
semplificazioni e ritorni al passato.
La crisi impone liberalizzazioni vere,
sburocratizzazioni, apertura e sostegno
agli investimenti esteri, aumento
della spesa in ricerca e sviluppo,
valorizzazione del nostro patrimonio
materiale e immateriale. Senza Euro la
crisi costerebbe molto di più. Semmai
la parziale debolezza dell’Euro è dovuta
alla mancata integrazione europea
sulle politiche fiscali. E lì che bisogna
spingere. Integrare a tutti i livelli i
paesi europei rafforza il sistema, la
nostra moneta e la nostra economia. Le
altre ricette, di questi tempi, sono solo
slogan che poco hanno a vedere con la
effettiva necessità di sostenere le nostre
imprese, le loro capacità competitive e i
nostri mercati.
youeconomy - 37
Quelle crepe
dentro di noi
Viaggio nei territori dei terremoti italiani per raccontare un’Italia
che sembra saper rinascere nonostante gli errori. E che mostra
la necessità di mettere in sicurezza gli edifici
di Federico Della Puppa
dossie
terr
38 - youDOSSIER
R
icordo come fosse ora. Era il 6
maggio 1976, avevo quindici anni
e, come tutti i ragazzi di
quell’età, a volte ero un po’ esuberante.
Era sera e con la mia famiglia e alcuni
amici stavamo mangiando una pizza
quando, per fare lo spiritoso, mi alzai in
piedi per tagliarla meglio. Mia madre
mi rimproverò, dicendo di sedermi,
dato che stavo facendo tremare il
tavolo. Ma proprio in quel momento
arrivò un cameriere che ci disse di
uscire rapidamente dal locale. Non ero
io a far tremare il tavolo, era il
terremoto. La scossa fu lunga, molto
lunga. E poi ne seguirono altre.
All’epoca non c’era internet, esisteva
solo la radio, il mezzo più rapido per
informarsi sugli avvenimenti. Ma le
informazioni erano frammentarie e
ricordo l’apprensione di tutti nel
cercare notizie, con il titolare del locale
che cercava di sintonizzare la radio sui
notiziari. Andando a casa quella sera
cercavamo di immaginare dove fosse
stato l’epicentro. I miei genitori,
originari del Friuli, cercavano di
tranquillizzarci, dicendo che Mestre,
essendo sul bordo della laguna, era
un’area sicura. Ma immediatamente il
pensiero fu che se noi, che vivevamo in
un’area “sicura”, avevamo sentito la
scossa così forte, chissà cos’era successo
nei luoghi dove il terremoto aveva
avuto origine. Il Friuli era vicino a noi,
sia geograficamente sia per legami
affettivi. La radio iniziò a raccontare
frammentariamente il terremoto. I
telefoni non rispondevano, non
sapevamo come stessero i nostri
parenti, non sapevamo esattamente
dove e che cosa fosse successo, ma era
er
remoto
youDOSSIER - 39
evidente la sensazione che fosse
accaduto qualcosa di molto grave. E il
senso di angoscia e una paura sottile
iniziò a farsi strada. Ricordo mio padre
che continuava a tranquillizzarci, come
sempre, dicendo che la nostra casa era
solida, che non dovevamo temere. Nei
giorni seguenti riuscimmo a metterci in
contatto con i nostri parenti, che per
fortuna stavano bene. Avevano perso
tante cose, la casa e molto altro. Ma
erano vivi. Eppure. Eppure un
terremoto, anche lontano, ti resta
dentro. Resta dentro quella sensazione,
particolarissima e unica, nella sua
tragicità, di essere in balia di qualcosa
40 - youDOSSIER
che non si può fermare. È quella
sensazione ben stampata nei ricordi di
tutti noi, nei racconti dei nostri amici,
come di quella bambina ora adulta che
al tempo si trovò a correre a piedi nudi
scappando dalla distruzione intorno a
sé. Di fronte ad altri eventi catastrofici
c’è sempre l’idea che si possa fare
qualcosa. Di fronte alle alluvioni, alle
frane, agli incendi, al maltempo.
Mettere in sicurezza i nostri cari e alle
volte anche le nostre cose. Difendersi.
Di fronte a certi eventi le difese ci sono
e oggi, con i sistemi di previsione e
prevenzione, sappiamo già se e che
cosa dobbiamo o possiamo aspettarci.
Riusciamo a prepararci, perlomeno
mentalmente. Gli eventi calamitosi
degli ultimi anni ci hanno insegnato
molto, in questo senso. Ma di fronte al
terremoto siamo inermi. L’unica difesa
è difenderci prima, costruendo case
antisismiche, mettendo in sicurezza gli
edifici. Eppure di fronte alle scosse,
nonostante tutte le prevenzioni, non
siamo preparati. Perché a differenza
delle altre catastrofi, arrivano quando
non le aspetti. E capisci che non puoi
fare nulla. E quando proseguono,
minano le nostre sicurezze, aprendo
delle crepe dentro di noi, oltre che sui
muri delle case, con lo stillicidio delle
“scosse di assestamento”, degli
aftershocks, degli sciami sismici. Fin da
bambini ci hanno raccontato che dopo
la “grande scossa” ci sono quelle di
assestamento e che poi finisce tutto e
tutto rientra nella normalità. Un modo
come un altro per tranquillizzarci. Oggi
sappiamo che non è così. I terremoti
sono costanti e continui, in tutto il
mondo, compreso il nostro Paese. È
solo l’intensità che cambia e molte
scosse neppure le avvertiamo, ma gli
strumenti registrano tutto e, grazie a
internet, oggi possiamo sapere
esattamente quante e dove sono. Dopo,
mai prima. Viviamo su una superficie
che crediamo solida ma che invece è
mobile, che si sposta e si adatta, a volte
addirittura va in liquefazione, e che
procede imperterrita nelle sue
modificazioni geologiche. Dobbiamo
adattarci. Negli ultimi cinque anni in
Italia ci sono stati 55 terremoti con
intensità superiore al 4° grado della
scala Richter. In media un evento
significativo ogni mese. Alcuni sono
stati particolarmente gravi e catastrofici,
l’Abruzzo nel 2009, l’Emilia nel 2012,
ma sono tanti gli altri terremoti
“dimenticati” perché non hanno
causato vittime. Quello più recente e
più eclatante è il terremoto della
Lunigiana del 2013, il “non evento”,
come lo chiamano ormai tutti, dato che
i danni esterni alle case sono poco
visibili e che non ci sono state vittime.
Ma basta entrare dentro le case, vedere
le crepe, vedere un patrimonio di
ricordi, di vite, di affetti ed effetti
personali incrinato dalla forza della
natura. E parlando con le persone,
sentendo le loro sensazioni, si
percepisce il loro stato di precarietà. È
quello che resta dentro di noi. I
terremoti scavano crepe non solo nelle
case, non solo nel terreno, le scavano
dentro di noi, portandoci via a volte i
nostri cari, ma portando via anche i
nostri ricordi, che sono anche fatti di
luoghi, di case, di strade, di piazze e di
negozi. Il vuoto delle strade deserte, il
vuoto delle case abbandonate, il vuoto
dei capannoni svuotati delle macchine
e delle attrezzature produttive è il vuoto
che ci si porta dentro quando si visitano
i luoghi nei quali il terremoto ha
colpito. Attraversare l’Italia
dall’Abruzzo all’Emilia, per visitare i
luoghi dove gli eventi sismici degli
ultimi quattro anni hanno lasciato una
lunga scia di distruzione, morte e di
danni ingenti, è raccontare un’Italia
colpita nel profondo, ferita
indelebilmente, ma è anche accorgersi
che il sentimento comune è proseguire,
andare avanti, riprendersi i luoghi,
come se non vi fosse alternativa alla
riappropriazione, alla necessità di
dichiarare la propria appartenenza, di
testimoniare la propria volontà, di
affermare la propria determinazione
nel ricominciare. Di affermare la vita,
in fin dei conti. Le polemiche innescate
dalla gestione del post-terremoto in
Abruzzo ruotano proprio attorno al
tema della necessità di riconquistarsi i
luoghi della propria vita, di farli tornare
vivi quanto prima, riempiendoli dei
suoni e dei respiri delle persone che da
sempre li hanno abitati. Oggi quei
luoghi sono vuoti e silenziosi, ma non
per volontà dei cittadini. Il contrario di
quanto accade nelle città emiliane,
dove la vita scorre a fianco e a stretto
contatto con gli edifici lesionati, con i
cantieri che si affacciano su piazze
transennate nelle quali comunque si
svolge il mercato, si organizzano
concerti, si rioccupano i plateatici. E
allora il dolore che si prova di fronte a
così tanta distruzione, ai 365 morti, ai
2mila feriti, agli 80mila sfollati dei
terremoti recenti, si tramuta in lieve
speranza. È il rumore del cantiere in
lontananza che rompe il silenzio della
grande città abbandonata, è la gru in
azione attorno alla quale si muovono i
caschetti bianchi e gialli dei tanti operai
che, all’ora di pranzo, escono dai
cantieri e danno una parvenza di
vitalità cittadina. È la quieta
rassegnazione di chi si sente
abbandonato e dimenticato più degli
edifici e delle seconde case, ma che
resta nonostante tutto, nonostante il
turismo che da risorsa vitale, come per
la Lunigiana, scompare del tutto e si
trasforma in pochi “turisti del
terremoto”, quei visitatori che cercano
la distruzione e, qui, non la trovano,
andandosene delusi. O come la
mamma che al centro de L’Aquila dice
al figlio «vedi qui era tutto raso al suolo
ma adesso stanno ricostruendo». La
lieve speranza è il perdono di chi sente
queste frasi e spera solo che domani
tornino i turisti, quelli veri. È la
sopportazione e la convivenza con le
scosse continue, più o meno deboli,
che accompagnano questi luoghi e li
accompagneranno per sempre. È la
caparbietà di chi vuole tornare alla
normalità subito, nelle proprie case,
cancellando le crepe esteriori,
riaprendo subito le fabbriche, i
capannoni, le piazze, le strade, i negozi,
perimetrando esattamente solo le aree
veramente a rischio e chiedendo che la
burocrazia non ostacoli la volontà di
ripartire. Esattamente da dove si era
rimasti. Se c’è una lezione che si
impara attraversando questi territori è
che rimanere e riappropriarsi dei
luoghi è rinascere. La vita dopo un
terremoto continua, ma deve
continuare lì, mettendo in sicurezza e
recuperando tutto ciò che si può
recuperare, sgombrando il campo
subito dalle macerie, ridando dignità ai
luoghi, che significa ridare dignità alle
persone. Significa mettere in atto
scelte, sistemi e procedure che devono
essere partecipate, condivise,
socializzate. Certo, ogni terremoto e
ogni luogo è diverso dagli altri e la
lezione friulana è lontana, anche se nel
ricordo è sempre ben presente. Ma un
viaggio in queste aree ci racconta di
un’Italia che sembra saper rinascere
nonostante i tanti errori, alcuni gravi
ed eclatanti. E ci dice che è la socialità
che va tutelata, prima ancora degli
edifici. Ed è facendo con i residenti e
non per i residenti che si può trovare la
strada giusta. Il dossier che presentiamo
in queste pagine fa il punto della
situazione sui terremoti recenti, che dal
2009 a oggi, hanno attraversato l’Italia.
Lo fa attraverso un racconto
fotografico, appunti di viaggio,
riflessioni e notizie utili a comprendere
che il nostro territorio va tutelato con
scelte adeguate alle nostre specificità.
Significa comprendere che
l’antisismicità non è più una
condizione prescrittiva per alcune aree,
ma deve essere un elemento strutturale
che da Nord a Sud deve permeare tutto
il sistema costruttivo italiano e che,
proprio vedendo che cosa è stato
colpito in questi terremoti, deve partire
da una grande azione di messa in
sicurezza dei nostri edifici, utilizzando
tutti gli strumenti a disposizione, a
partire dagli incentivi. Non è
un’urgenza, è una necessità
inderogabile, che deve essere sorretta
politicamente da scelte consapevoli,
coerenti e lungimiranti. Le attendiamo
da anni e non sono ormai più
prorogabili. Ce lo ricorda la corsa di
una bambina a piedi nudi mentre il
mondo le crolla intorno. È per lei che
dobbiamo impegnarci tutti. Per ridare
al suo viso il sorriso che le appartiene.
Qui e ora.
youDOSSIER - 41
Scosse
a orario continuato
Anche se non sempre li avvertiamo, ogni giorno in Italia si
registrano 34 terremoti. Un dato che dovrebbe spingere governo
e imprese ad adottare misure di prevenzione. Perché il disastro è
in agguato
di Federico Della Puppa
D
a molti anni è attiva la Rete
sismica nazionale italiana, che
pubblica i parametri dei
terremoti registrati e revisionati dagli
analisti del Centro nazionale terremoti
dell’Istituto nazionale di geofisica e
vulcanologia. I dati, consultabili online
con uno strumento interattivo per la
selezione e la creazione di mappe dei
terremoti all’indirizzo: http://iside.
rm.ingv.it, fanno riferimento a oltre
300 stazioni di rilevamento e a un
sistema, ormai ben collaudato, che è in
grado di aggiornare la situazione ogni
due minuti. Dal 2005 a oggi sono stati
registrati oltre 100mila terremoti,
ovvero oltre 12mila eventi all’anno,
con una media di circa mille al mese.
Insomma: circa 34 terremoti ogni
giorno. Le oscillazioni possono
ovviamente essere elevate, per cui si
passa da giornate con pochi eventi a
quelle con centinaia di eventi. Per la
cronaca, il centomillesimo evento, da
quando è stato istituito questo servizio
nel 2005, è stato registrato il 26 aprile
2013 alle 2:53 (ora italiana) e ha avuto
magnitudo 0.7, ovvero al di sotto della
42 - youDOSSIER
soglia dell’avvertibilità, nella zona di
Città di Castello, in Umbria, dove da
tempo è in atto una sequenza sismica
molto ricca di terremoti. Le mappe
che si ricavano da Iside evidenziano
come il territorio italiano sia ovunque
molto attivo, con l’unica eccezione
della Sardegna. In particolare tutta
l’Italia peninsulare, con una fascia
pressoché continua di epicentri dalla
Pianura padana alla Sicilia. Ma anche
l’arco alpino risulta attivo,
particolarmente nei settori occidentale
e orientale, e il Mar Tirreno,
caratterizzato da terremoti molto
profondi (alcune centinaia di
chilometri). Secondo uno studio
riservato della Protezione civile, che
pianifica l’emergenza in caso di
terremoti, il numero di crolli, di case
inagibili e di abitazioni danneggiate,
oltre che di vittime e feriti potenziali,
nel caso di un forte terremoto, sono
preoccupanti: 160mila a Catania,
112mila a Messina, 85mila a Reggio
Calabria, 46mila a Catanzaro, 32mila a
Benevento, 19mila a Potenza, 74mila a
Foggia, 24mila a Campobasso, 21mila a
Rieti, 17.500 a Belluno, per citare solo i
capoluoghi più esposti e
potenzialmente più colpiti. A questi
danni vanno poi sommati gli effetti
nelle città vicine, che possono
aggravare il bilancio del potenziale
disastro. Un disastro che è sotto i nostri
piedi quotidianamente e che, ad ogni
evento reale, mette in luce la fragilità
del nostro territorio, ma soprattutto il
tanto tempo sprecato in prevenzione,
precauzioni e prescrizioni costruttive
dall’ultimo grave terremoto
dell’Irpinia, del 1980. L’Aquila e
l’Emilia sono lì a ricordarcelo, come
peraltro anche la Lunigiana.
Quest’ultimo caso è, in particolare,
molto interessante perché le
prescrizioni antisimiche di quei luoghi
hanno fatto sì che nessun edificio sia
crollato, e che le strutture esterne
abbiano potuto resistere bene. Ma
anche dove non si è intervenuto, per
esempio sulle partizioni interne, si
sono verificati crolli interni e gravi
condizioni di inagibilità, nonostante
l’attenzione all’antisismicità dei muri
perimetrali degli edifici. Recentemente
una rete di monitoraggio
internazionale, alla quale partecipa il
dipartimento di Matematica e
geoscienze dell’Università di Trieste,
ha acceso un segnale d’allarme
sull’Italia centrale e sul Meridione, in
particolare sulla Calabria e la Sicilia
orientale. D’altronde, basta consultare
quotidianamente il bollettino Iside per
osservare quante scosse vi sono, molte
delle quali non sentite dalla
popolazione, ma anche molte ben
avvertite, perché oltre la soglia minima
di percezione. Chiunque, analizzando i
dati, può scoprire che nelle zone del
terremoto dell’Emilia del 2012,
quest’anno l’attività sismica è stata
comunque rilevante, anche se al di
sotto della soglia di danno. «Non si
registrano danni a persone o a cose», è
la frase con la quale i bollettini
raccontano un’attività tellurica che nel
nostro Paese è in continua evoluzione
e della quale dobbiamo essere
consapevoli, per mettere in atto
politiche di intervento adeguate a
garantire una sufficiente sicurezza alle
nostre città, grandi e piccole. Un sisma
di magnitudo 7 nell’Appennino
meridionale, ovvero di una intensità
rilevante, ma ritenuta possibile perché
già registrata in passato, potrebbe
contare fino a 11mila morti e più di
15mila feriti. I dati delle medie
mondiali per queste soglie di rischio si
fermano a 6.500 morti e 20mila feriti.
In Giappone a 50 morti e 250 feriti. La
youDOSSIER - 43
grande differenza nei numeri e nelle
medie sta tutta nelle tecniche di
costruzione impiegate e agli
investimenti nella prevenzione. L’Italia
fa scarsa prevenzione e l’esito delle
regole e delle normative costruttive,
basate su mappe sismiche non
adeguate, si è evidenziato nel
terremoto emiliano del 2012, che ha
colpito anche alcune aree del Veneto e
della Lombardia. Quello è territorio
non solo di case, ma di capannoni e di
strutture produttive, che hanno
evidenziato tutti i limiti delle modalità
costruttive della prefabbricazione
spinta all’italiana. E se si ripercorrono i
terremoti e le gestioni delle emergenze
dal 1968 a oggi, attraverso i dati della
Camera dei Deputati è possibile
quantificare come la gestione
dell’emergenza e la ricostruzione
finora sono costate allo Stato 135
miliardi di euro (valori attualizzati al
2008), dei quali 92 stanziati dalla
pubblica amministrazione. Gli effetti
sui conti pubblici sono ancora oggi di
tutta evidenza: per il terremoto del
Belice in Sicilia (1968) gli impegni di
spesa finanziati da leggi e decreti
termineranno nel 2018, per l’Irpinia
(1980) nel 2020, per le Marche e
l’Umbria (1997) nel 2024, per il Molise
(2002) nel 2023, per l’Abruzzo (2009)
nel 2033. Soltanto per il Friuli (1976) il
capitolo di bilancio è stato archiviato
definitivamente nel 2006. La
prevenzione è dunque uno degli
elementi sui quali intervenire e da
44 - youDOSSIER
promuovere attraverso specifiche
politiche e azioni, compreso il sostegno
agli incentivi governativi che
considerano gli interventi antisismici al
pari delle spese di ristrutturazione e
dunque defiscalizzabili oggi al 50%.
Ma da più parti si chiede che tale
soglia sia portata al 65%, per agevolare
la loro realizzazione e soprattutto per
permettere una grande azione di
prevenzione e precauzione che
potrebbe allineare in alcuni anni
l’Italia alle medie internazionali di
rischio, con meno vittime potenziali,
meno crolli e meno danni
patrimoniali. Un beneficio per tutti,
per le famiglie, per le imprese, per
l’economia, per il patrimonio
edificato. Anche in prospettiva di
quanto accaduto e che potrebbe
accadere con le decisioni del Governo
in merito al sostegno alle famiglie e
alle imprese in caso di terremoto. Tutti
ricordano, infatti, come poche
settimane prima del terremoto in
Emilia, l’esecutivo aveva proposto la
riforma della Protezione Civile,
affermando che lo Stato non si sarebbe
più fatto carico dei danni subiti dai
cittadini in caso di catastrofe naturale.
Ciò che è accaduto in Emilia è
emblematico, dato che se la
ricostruzione è a carico dei
danneggiati, il problema è il ruolo che
possono assumere le compagnie
assicurative, tra polizze che potrebbero
divenire molto elevate e in generale
una politica mutualistica ancora tutta
da definire. Il Governo Letta propone
di rendere obbligatoria la copertura
assicurativa contro le catastrofi naturali
per le aziende, con l’adozione di un
sistema che riduca l’aggravio sulle
imprese. È evidente che il patrimonio
edificato è un bene privato, ma è
anche parte della competitività di un
Paese. Prevenzione, dunque, ma anche
assistenza e assicurazioni adeguate,
perché va trovato un punto di
equilibrio, tra pubblico e privato, che
permetta di rendere adeguate scelte
che privatizzano il rischio. Ma le
imprese, in caso di eventi eccezionali,
devono comunque poter contare su
una facilità di accesso alle protezioni
da rischi, per esempio attraverso una
parziale defiscalizzazione dei premi
assicurativi contro le catastrofi.
Prevenzione può significare molte
cose, dagli interventi sulle strutture alla
sottoscrizione di polizze contro i rischi.
Ma è evidente che deve essere al
centro dell’azione del Governo la
sburocratizzazione delle procedure e
una vera sussidiarietà nelle azioni di
intervento post-sisma. L’esempio più
chiaro è l’accelerazione che vi è stata
nella risoluzione degli impasse nella
gestione del post terremoto a L’Aquila.
E in questo senso l’esempio del Friuli è
sempre lì a ricordarci che se vogliamo,
possiamo e sappiamo farlo. Con
l’impegno di tutti.
L’Aquila, il silenzio
rumoroso della
ricostruzione
Una visita alla zona rossa de L’Aquila riporta alla dura realtà di una
ricostruzione lenta, difficile e complessa. L’enorme spiegamento di
sistemi di sicurezza, ponteggi e ancoraggi che reggono i muri della
città sono l’indice della necessità di intervenire ricostruendo
con la massima sicurezza. Per non subire più in futuro i danni che il
terremoto del 2009 presenta in tutta la sua gravità ancora oggi
di Federico Della Puppa
È
stato il quinto terremoto più
grave dell’epoca recente (dopo
quelli di Messina nel 1908,
di Avezzano nel 1915, dell’Irpinia
nel 1980 e del Friuli nel 1976): 308
morti, 1.600 feriti, circa 65mila
sfollati e danni per 14 miliardi. Il
cratere sismico nella zona dell’Aquila
ha coinvolto 57 comuni, 42 nella
provincia del capoluogo, otto di quella
di Teramo, sette di quella di Pescara.
Quello abruzzese del 6 aprile 2009 è
stato anche il terremoto più seguito
dal punto di vista mediatico, non
solo perché è rimbalzato attraverso
internet, ma anche perché ha ospitato
l’incontro del G8 del 2009, che
inizialmente doveva essere realizzato
in Sardegna e che invece, proprio in
omaggio alle popolazioni colpite, il
governo ha poi spostato a L’Aquila.
La diffusione della comunicazione ha
anche favorito l’intervento umanitario
di numerosi Paesi per ricostruzione.
Ma, accanto al dramma per i cittadini
colpiti, il sisma ha portato anche
una lunga scia di polemiche e di
inchieste della magistratura, alcune
delle quali recentemente, e con
ulteriore clamore, sono giunte alla
46 - youDOSSIER
conclusione. Per esempio, la sentenza
che ha comminato condanne per il
crollo alla Casa dello Studente o quella
legata alla commissione Grandi rischi,
peraltro molto discussa, secondo cui la
popolazione non sarebbe stata avvertita
in modo adeguata del possibile
disastro. Ma, al di là delle polemiche
e delle decisioni dei giudici, ciò che
emerge dall’esperienza del terremoto
abruzzese è che, per la prima volta, un
evento del genere viene considerato
come «non imprevedibile».
Certo, un terremoto rimane comunque
un evento non programmabile nel
giorno e nell’ora, argomentano i
magistrati, ma la negligenza nella
realizzazione dei lavori di messa
in sicurezza antisismica e la scarsa
informazione ai cittadini sui rischi
potenziali di fenomeni in atto,
rappresentano due facce di una
medaglia che in realtà ha una sola
immagine, quella della prevenzione e
della precauzione, qui completamente
dimenticate. La tesi non ha mancato
di suscitare perplessità. Ma una cosa è
certa: le sentenze evidenziano che di
fronte all’eventualità di un sisma, le
misure precauzionali, la prevenzione
e le prescrizioni devono essere fattori
al centro dell’operato di tutti i soggetti
coinvolti, da chi controlla e deve
avvertire di potenziali rischi a chi è
chiamato a intervenire per adeguare
gli edifici alle norme. Il terremoto
a L’Aquila insegna anche che molti
morti possono essere evitati con la
prevenzione, l’informazione e se si
seguono regole edilizie adeguate. Nel
caso specifico, la scossa di magnitudo
5,9 sulla scala Richter (ma pari ad una
magnitudo momento di 6,3) che alle
3 e mezza di notte ha colpito l’area
abruzzese, provocando danni a oltre
il 50% degli edifici, in particolare
nel centro storico de L’Aquila e in
alcune frazioni come Onna, era stata
preceduta da una lunga serie di eventi
(uno sciame sismico). I primi sono stati
di lieve entità, nel dicembre 2008, e
poi, dal gennaio 2009, con fenomeni
crescenti per frequenza e intensità.
Ancora oggi, a distanza di anni, le
scosse proseguono molto frequenti,
alcune delle quali avvertibili, come
quelle della fine di luglio del 2013:
segno che l’attività tellurica non è
conclusa e che tutti gli interventi di
ricostruzione e di messa in sicurezza
degli edifici devono comprendere oggi
una estrema attenzione alla riduzione
del rischio e al non improbabile
reiterarsi di terremoti nella zona.
Basti considerare che l’Ingv (Istituto
nazionale di geofisica e vulcanologia)
ha registrato circa 18mila terremoti in
tutta l’area della città dell’Aquila nei 12
mesi successivi all’evento catastrofico.
A distanza di oltre quattro anni dal
sisma qual è la situazione a L’Aquila?
Una visita alla zona rossa, ancora
molto estesa, riporta alla dura realtà
di una ricostruzione lenta, difficile e
complessa, per la natura urbanistica del
capoluogo e per la notevole presenza
di palazzi storici e di un patrimonio
storico-artistico di cui la città era ricca,
con le oltre cento chiese quasi tutte
ancora oggi inagibili. Chi cammina, a
oltre quattro anni di distanza dal sisma,
nella zona rossa della città non può
che provare un’immersione profonda,
dolorosa, silenziosa nel dramma. Per
dirla con lo scrittore ceco Bohumil
Hrabal, è una «solitudine troppo
youDOSSIER - 47
rumorosa» quella che ci accompagna
nella nostra visita. Una solitudine e
un dolore amplificato dal silenzio
irreale che pervade tutte le aree della
zona rossa. Pochi echi di suoni in
lontananza. Solo il battito delle ali dei
48 - youDOSSIER
colombi che hanno colonizzato tutti
i buchi e le macerie di una città che
vuole rinascere, ma che oggi è ancora
vietata, chiusa, impermeabilizzata al
passaggio, se non per alcune strade,
poche, che permettono di avvicinarsi ai
luoghi della ricostruzione. Quello che
si vede, ancora prima di avvicinarsi alla
zona rossa, è l’enorme spiegamento
di sistemi di sicurezza, di ponteggi, di
ancoraggi che reggono i muri di una
città, purtroppo, fantasma. Entrare
nel centro storico è immergersi in
un numero infinito di nodi e telai e
travi, che in alcune aree avvolgono il
visitatore completamente, da una parte
all’altra della strada, vietando perfino
il cielo. L’esistenza della zona rossa
e le poche strade aperte potrebbero
dare l’impressione che L’Aquila sia
di nuovo vivibile. Nel centro città due
bar aperti sembrano dire che si può
ricominciare. Ma appena si esce dalla
strada principale e ci si addentra per
le strade e i vicoli vietati al passaggio,
senza adeguato lasciapassare, la
sensazione è che riportare la vita, la
socialità in questi luoghi sarà compito
difficile, duro, lungo e che prevede una
volontà ferrea, come quella del sindaco
Massimo Cialente e di chi si adopera
per dare certezza alla ricostruzione.
Servono 10 miliardi di euro, e oggi si
può contare solo su risorse limitate, 630
milioni di euro fino al 2015, come ha
di recente puntualizzato il ministro per
youDOSSIER - 49
la Coesione territoriale Carlo Trigilia
in una audizione della Camera. Se la
ricostruzione durerà dieci anni, come
stimato, significa 1 miliardo all’anno. Il
governo ha dichiarato che affronterà il
tema nella legge di stabilità. Vedremo.
Ciò che è verificabile da chiunque,
oggi, è la lentezza della ricostruzione.
50 - youDOSSIER
Sono passati più di quattro anni ma, a
dispetto delle promesse della politica
(e delle sceneggiate a uso delle reti
televisive) dispensate all’epoca del
sisma, in alcune strade tutto sembra
immobile, fermo a quella notte, con
l’aggiunta del vuoto delle vetrine che ci
accompagna, che accresce la sensazione
di abbandono e solitudine. La lunga
teoria di porte sprangate, con catene e
lucchetti, che qui non simboleggiano
promesse d’amore, ma solo la tutela
dei beni di chi li possiede. Ma che è in
qualche modo una promessa d’amore,
un segno della voglia di tornare.
Le poche porte e finestre aperte
testimoniano infatti un abbandono
definitivo. In qualche caso si vedono
ancora le tazze sui tavoli, che nessuno
userà mai più. Paradossalmente le
porte chiuse sono un segno positivo,
rappresentano l’idea che qui si tornerà,
un’idea solo a tratti rovinata dalle
erbacce che crescono dappertutto e
che testimoniano come la natura sia
sempre pronta a riprendersi quello
che le abbiamo sottratto. Oppure dalle
poche macerie, ancora presenti, che in
alcune zone hanno di fatto cristallizzato
quella tragica notte. L’infinita
sequenza di ponteggi ci assiste nel
nostro cammino, ci protegge, ma
protegge soprattutto la città e la aiuta
a rimettersi in piedi, come le stampelle
aiutano noi negli infortuni. E allora
guardando con occhi diversi alla zona
rossa, non si può non notare i tanti
gruppi di tegole ben allineate e pronte
a essere rimesse sui tetti, quando
sarà il momento. E ci si accorge che
la città può rinascere quando all’ora
di pranzo dai tanti cantieri escono i
caschetti gialli e bianchi degli operai
che, invisibili, stanno ricostruendo gli
edifici. I grandi cantieri con le grandi
gru e i contenitori dei materiali sono
ben visibili, ma è nelle piccole strade,
nei vicoli laterali dove si riconquista
metro a metro l’agibilità, dove il gesto
sapiente di un intonacatore evidenzia
la cura nel riportare una casa al suo
antico splendore, che si respira la
ricostruzione. E allora quel silenzio si
fa rumore, improvviso, dirompente: è
quello dei motori dei miniescavatori
che d’improvviso sbucano di fronte a
noi e spariscono dentro a un palazzo,
dei martelli pneumatici che i teli dei
cantieri nascondono alla vista, delle
pompe che sigillano con il calcestruzzo
le crepe di un dramma che oggi è
visibile a tutti, dentro ma anche fuori
la zona rossa, e che attira oggi tanti
turisti sui luoghi del disastro e del
dolore. È da lì che si deve ripartire,
dalla socializzazione della ricostruzione,
dal mantenere viva l’attenzione sulla
necessità di intervenire ben sapendo
che non tutto, e forse ben poco, potrà
essere «com’era e dov’era». In molte
parti della città si dovrà demolire
per ricostruire. Ma anche quella sarà
una ripartenza. E se sarà fatta con
le necessarie e dovute prescrizioni e
precauzioni, mettendo la prevenzione
al primo posto, e con adeguati
finanziamenti, sarà una vera rinascita
per L’Aquila. Quella che attendiamo
tutti da quella buia notte del 6 aprile
2009.
Emilia, la vita
nonostante tutto
Non sono i danni, ancora visibili, che colpiscono chi attraversa
e visita i luoghi del terremoto del 2012, ma la volontà e la
caparbietà di un ritorno alla normalità da parte degli abitanti,
dei commercianti, delle imprese. È la vita che, nonostante
tutto, è più forte di qualsiasi dramma e che qui ha saputo già
riprendersi quello che il terremoto voleva portarsi via
di Federico Della Puppa
I
l terremoto che ha colpito l’Emilia
e alcune aree del Veneto e della
Lombardia il 20 maggio 2012 è stato
un evento che ha messo in evidenza,
più di tutti gli altri e in tutta la sua
drammaticità, come sia cambiata
la mappa della sismicità del nostro
territorio. Le aree della pianura
52 - youDOSSIER
padana fino ad alcuni anni fa erano
classificate come potenzialmente
sicure e, in caso di eventi sismici,
oggetto di danni di piccola entità. I
terremoti in Italia negli ultimi 30 anni
non hanno provocato tragedie nel
territorio tra Torino e Venezia. Ma
il 2012 ha rappresentato la presa di
coscienza che nessuna area, salvo rare
eccezioni, è esclusa da possibili disastri.
La conclusione è che bisogna rivedere
non solo i parametri di sismicità delle
diverse aree geografiche, ma anche le
prescrizioni costruttive e di sicurezza.
Il terremoto dell’Emilia ha, inoltre,
presentato un fenomeno ben
conosciuto ma tutto sommato nuovo
per l’Italia: la cosiddetta liquefazione
dei terreni (cioè quel comportamento
dei suoli sabbiosi che, a causa di un
aumento della pressione, passano
improvvisamente da uno stato solido
a uno fluido, instabile). Questo
fenomeno ha colpito alcune zone
e ha ulteriormente allarmato le
popolazioni. Un altro elemento che
ha aggravato la situazione è che alle
prime due forti scosse, di magnitudo
5,9 registrate alle 4:03 (ora italiana)
ne è seguita una di uguale intensità il
29 maggio alle 9:00, seguita da altre
tre rilevanti alle 12:55 (magnitudo
5,4), alle 13:00 (magnitudo 4,9) e
un ulteriore evento alla stessa ora
di magnitudo 5,2. La successione è
proseguita il 31 maggio con due scosse
oltre la magnitudo 4,0, alle quali poi
è seguito uno sciame sismico con un
ulteriore forte tremito della terra,
di magniutudo 5,1, il 3 giugno. Le
scosse e lo sciame sismico sono poi
proseguiti ininterrottamente, come
dimostrano i dati dell’Ingv (Istituto
nazionale di geofisica e vulcanologia),
fino all’evento recente, di magnitudo
4,0, del luglio 2013. Il terremoto del
2012 ha causato complessivamente
27 vittime, delle quali 22 a causa dei
crolli, e hanno generato circa 15mila
sfollati in un’ampia area compresa
tra le province di Modena, Ferrara,
Mantova e in alcuni comuni della
provincia di Bologna. Rispetto al
terremoto all’Aquila il bilancio delle
vittime è stato inferiore, ma la stima
dei danni complessivi è invece più
elevata, perché sono stati colpiti in
modo consistente i centri storici di
molti comuni, in particolare Cavezzo,
Concordia sulla Secchia, Mirandola,
Moglia, Novi di Modena, San Felice
sul Panaro, Camposanto, Crevalcore,
Mirabello, San Giacomo delle Segnate,
youDOSSIER - 53
Bondeno, Finale Emilia, Ficarolo,
Reggiolo, Carpi, Cento, Medolla,
Poggio Renatico e Poggio Rusco.
Danni molto consistenti sono
stati subiti dalle costruzioni rurali
e industriali, da alcune opere di
canalizzazione delle acque, nonché
dagli edifici e dai monumenti
storici, oltre dagli edifici civili più
vecchi. Colpite in modo significativo
anche alcune costruzioni degli
anni Settanta e Ottanta, mentre il
tessuto urbano delle case mono e
bifamiliari di recente costruzione
ha resistito quasi ovunque. Gli
unici stabili di recente costruzione
54 - youDOSSIER
danneggiati in modo consistente dal
sisma sono stati quelli interessati da
fenomeni della citata liquefazione del
terreno. I danni stimati ammontano
complessivamente a poco più di 13
miliardi di euro, dei quali circa 3,3
per l’edilizia residenziale, 5,3 per
le attività produttive, 2,7 per i beni
storico‐culturali e gli edifici religiosi. I
restanti danni riguardano altri edifici,
servizi pubblici e infrastrutture. Questi
numeri mettono in evidenza come
il terremoto abbia colpito molto
profondamente il tessuto produttivo
delle aree coinvolte, dove si trovano
capannoni industriali e artigianali,
costruzioni industriali, oltre ai
fabbricati rurali.
Attraversare oggi, a poco più di
un anno di distanza dal sisma, le
aree colpite si constata proprio
questa situazione. Ma si avverte
anche la volontà di iniziare subito
la ricostruzione, per proseguire
la produzione nelle fabbriche,
mettendo in sicurezza nel più breve
tempo possibile tutto ciò che poteva
permettere di riprendere la vita
normale. Percorrere le strade che da
Bondeno portano a Mirandola e poi a
Cavezzo, a Concordia sulla Secchia, a
Moglia, a Poggio Rusco, a Crevalcore
e negli altri comuni disseminati in una
campagna coltivata e curata con amore
e maestria, riporta quasi un senso
di normalità il post terremoto. Le
tante case rurali crollate, i capannoni
danneggiati e semi smontati, i centri
storici transennati racconterebbero
altro, se non fosse per il senso di
caparbietà e di volontà di riprendere la
normalità della vita, nonostante tutto,
da parte delle popolazioni coinvolte.
Così le piazze storiche, circondate
dai palazzi lesionati, sono messe in
sicurezza garantendo tuttavia la loro
fruizione. Ovunque si leggono cartelli
con scritto «aperto» o «siamo aperti».
Qui si è usato moltissimo legno e
meno ponteggi, si è transennato a filo
dei palazzi, lasciando aperte le strade,
rendendo percorribili le zone colpite,
garantendo l’accesso ai palazzi non
lesionati e alle case agibili. Sono state
organizzate le piazze all’aperto per gli
eventi estivi come se il terremoto non
avesse creato delle quinte particolari.
Anzi, forse proprio da quelle quinte
la vita, quella post terremoto, prende
forza. Così a Finale Emilia il mercato
è esattamente lì dove è sempre stato,
in centro, a ridosso del municipio,
lesionato e transennato. A Mirandola
la piazza pedonale è occupata dalle
sedie e dal palco dove si svolgono
in concerti estivi. E a Crevalcore la
strada centrale è percorribile da una
porta all’altra, i locali del centro
stanno riaprendo, rendendo vive
queste aree. Sono poche le «zone
rosse» ancora esistenti. A Concordia
sulla Secchia i vigili del fuoco stanno
liberando le ultime macerie dalla
piazza, ma appena al di là delle
transenne le attività hanno già ripreso,
il bar, la farmacia, perfino il negozio
che ripara le biciclette. Se c’è una
lezione che si impara attraversando
i territori del terremoto emiliano è
che restare e ripartire subito significa
riappropriarsi del territorio che il
terremoto vorrebbe rendere insicuro.
La sensazione diffusa è in una volontà
di rinascita che si scontra non tanto
con gli eventi calamitosi, ma con la
youDOSSIER - 55
necessaria riorganizzazione delle
attività economiche, vero motore della
ricostruzione, costrette in alcuni casi
a delocalizzarsi o a spostare la propria
sede. Ma si scontra anche con le
esigenze di una burocrazia che molti,
da queste parti, contestano duramente,
abituati alla velocità delle scelte e
alla capacità operosa di metterle in
atto velocemente. Non sono pochi
i segnali di una insofferenza alla
eccessiva burocratizzazione della
gestione degli aiuti e in particolare
alle difficoltà di avere certezze sui
tempi. Ma al di là delle polemiche,
inevitabili, la sensazione è che qui si
56 - youDOSSIER
è voluto procedere con velocità per
cancellare immediatamente i segni,
nefasti, delle crepe e dei crolli. Quasi
tutti gli edifici pericolanti sono già
stati demoliti, le aree pulite. Pochi
edifici di grande dimensione resistono,
nella loro inagibilità, a ricordarci
che, se si deve costruire, ma in modo
sicuro, antisismico e in qualità. Sono
quasi totem, quegli edifici, di ciò che
non si deve fare. Mentre i cantieri sui
palazzi storici, sulle case private sono
attivi, l’edilizia industriale smonta
e rimonta pezzi, adatta le strutture,
riparte esattamente nei luoghi dove è
sempre stata, perché l’attaccamento al
territorio e la volontà di ricostruirlo è
l’esatta dimostrazione di una qualità
della vita ricercata e voluta nel passato
come oggi. Ed è proprio quella
qualità che oggi emerge nonostante
le transenne, nonostante i cantieri.
È una qualità fatta dalle persone che
qui abitano, vivono, lavorano. Una
qualità voluta, cercata, vissuta in
prima persona, attraverso l’impegno
attivo, giorno per giorno, a riportare
al centro la vita, nonostante tutto.
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Lunigiana, le crepe
dimenticate
del “non evento”
È avvenuto il 21 giugno 2013 ma pochi ne sono a conoscenza, eppure
è un terremoto come gli altri. Solo che in queste zone ha assunto
caratteristiche diverse. E si scopre così che un terremoto può anche
diventare, drammaticamente, un “non evento”
di Federico Della Puppa
A
lle ore 12:33 del 21 giugno di
quest’anno un terremoto di
magnitudo 5.2 è avvenuto tra le
province di Lucca e Massa, con
epicentro nei comuni di Minucciano,
Casola in Lunigiana e Fosdinovo. Il
terremoto, che non ha fatto vittime, ha
fatto registrare una serie ininterrotta di
scosse nei giorni seguenti, fino alla forte
scossa del 30 giugno, con magnitudo
4.4, e a quella del 12 luglio, con
magnitudo 3.4, ed ha interessato anche
le aree di Ugliancaldo e Equi Terme. In
sostanza per circa un mese la Lunigiana,
in particolare, è stata colpita da una
serie di eventi sismici che hanno
interessato i comuni più interni, in
particolare Casola, che rimane uno dei
58 - youDOSSIER
comuni più colpiti. Su circa 1.300
abitazioni censite, circa 400 risultano
lesionate. Complessivamente sono stati
verificati 1780 edifici in Lunigiana e 781
in Garfagnana e risultano lesionati e
inagibili circa 450 edifici in Lunigiana
oltre un centinaio in Garfagnana. Il
numero di sfollati presenti nei campi
allestiti dalla Protezione civile sono 400
circa in Lunigiana e 240 circa in
Garfagnana. I piccoli numeri di questo
terremoto, se confrontati con quelli dei
terremoti dell’Emilia o dell’Abruzzo,
associati all’assenza di vittime e al fatto
che molti edifici sono lesionati
internamente, ma esternamente non
presentano apparentemente danni,
hanno derubricato questo sisma alla
categoria di “non evento”. La
provocazione viene direttamente dalla
popolazione residente a Casola in
Lunigiana e nei dintorni che, mentre ci
presenta i danni e le crepe nei muri
delle case e dei negozi, ma anche dei
musei e di altri edifici, ci racconta in
modo mestamente rassegnato di sentirsi
dimenticati. Eppure la giornata di visita
inizia proprio alle otto del mattino con
una scossa che ci ricorda che qui, da
circa un mese, le scosse sono
giornaliere, orarie, frequenti, a volte
leggere, a volte più sensibili. E ogni
scossa è una ferita diretta alle
potenzialità turistiche di questo
territorio, che è fatto soprattutto di
seconde case, di qualche risorsa
agrituristica e termale e che solo in
estate riesce, con il movimento turistico,
a garantirsi un po’ di sostegno
economico. Da quando si è saputo del
terremoto tutte le prenotazioni sono
state annullate, specie quelle dall’estero.
Il danno, quindi, non è solo del
terremoto, ma è anche nell’immagine
di una terra difficile, aspra ma
affascinante, se ci si addentra, se si
seguono le strade che costeggiano i
crinali, strade che non hanno alcuna
manutenzione da anni e che,
frequentemente, sono interrotte da
strettoie nelle quali viene segnalato un
principio di frana o di smottamento, o il
cedimento della carreggiata. “È così
dappertutto” – ci dice Raffaella
Castagnoli, fotografa e biocontadina,
che vive in una frazione di Bagnone, a
pochi chilometri dall’epicentro –
“perché non ci sono soldi per sistemare
le strade e ormai la popolazione rimasta
è poca rispetto ad un tempo. Nel
passato si sono spostati tutti verso le
aree più produttive, verso le città, e qui
sono rimasti in pochi. Noi abbiamo
voluto essere tra quei pochi”. Raffaella
ci accompagna per le strade e ci
racconta di come sia duro vivere in
questi luoghi, ma anche della pace e
della serenità che si può respirare nelle
faggete e nei boschi che circondano
queste zone, e dei vecchi borghi sparsi
sulle colline, che per lo più sono ormai
ridotti a insiemi di seconde case. “Qui la
gente è concreta, non fa grandi sogni,
ma per vivere si accontenta di quel poco
turismo che arriva ogni anno”. E il
terremoto quest’anno invece ha
cambiato le carte in tavola. Eppure.
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Eppure la rassegnazione dei negozianti
e degli abitanti, compresi i tanti
proprietari di seconde case per vacanza
che sono abituati a passare qui l’estate,
è anche una sorta di forza interiore che
consente di sopportare questo
momento difficile. La Lunigiana è la
terra più povera e dimenticata della
Toscana. Attraversata dal fiume Magra,
è collegata alla provincia di Lucca e a
quella di Parma da passi montani
impervi ma affascinanti, e nelle zone
più basse si collega, attraverso Sarzana,
al tratto finale della val di Vara, in
provincia di La Spezia. È un territorio
che non fa sconti, a chi ci vive e a chi lo
visita. Lo si può amare o detestare, ma
60 - youDOSSIER
non lascia indifferenti. E richiede
passione. L’estensione del verde, lo
scenario splendido delle Alpi Apuane,
la ricca dotazione di acqua (Equi Terme
è una piccola ma rinomata stazione
termale), la presenza di alcuni grandi
stabilimenti produttivi, come le cartiere
di Fivizzano (già messe in crisi all’inizio
dell’anno dall’esplosione del
metanodotto), le strade non finite.
Tutto porta a vedere la Lunigiana come
una terra difficile. Eppure. Eppure chi
vive qui è abituato a convivere con gli
eventi, ad adattarsi agli eventi, come le
tante piogge dell’inverno appena
dimenticato o come il terremoto, che è
diventato nei piccoli paesi, dove tutti si
conoscono, un legante ulteriore dei
pochi abitanti e villeggianti. A Casola in
Lunigiana, uno dei comuni più colpiti,
la popolazione ci apre le porte dei
negozi e delle case per mostrarci i
danni. Senza lamenti, senza
recriminazioni. Solo la constatazione
delle condizioni nelle quali oggi questa
popolazione vive. Casola, 1.000 abitanti
e 1.300 case, uno dei tanti piccoli
borghi che nel passato erano la forza
vitale del territorio italiano e oggi
soffrono la loro condizione di
perifericità. Eppure. Eppure in questo
comune, dove tutti si conoscono, le
persone ci accolgono con un sorriso, ci
raccontano delle difficoltà di vivere e
convivere con il terremoto, ci mostrano
i segni del sisma, tutti interni alle case,
con le grandi crepe sui muri, con i crolli
dei tamponamenti e delle partizioni
interne. Le case più vecchie qui
risalgono al 1400, quelle più recenti al
1700. Quelle del 1400 hanno retto
meglio il terremoto. Ma solo
esternamente. Perché questo è un
territorio che si era preparato, nel quale
in passato si è fatta adeguata
prevenzione strutturale. I risultati si
vedono. Le crepe esterne sono poche e
poco visibili. Come i sorrisi delle
persone che incontriamo e che ci
aprono le porte delle case e delle
camere da letto. Colpisce che molte
delle crepe, delle fessure e dei muri
rotti è nelle camere da letto. Colpisce
vedere che i travi di legno usciti dopo
secoli dalla loro sede continuano a fare
il loro dovere, reggendo i soppalchi, ma
mostrando il bianco del legno delle
teste. Le case messe in sicurezza hanno
risparmiato in questi luoghi, nonostante
la forza delle scosse, il conteggio delle
vittime. Gli sfollati stanno piano piano
rientrando nelle case rese di nuovo
agibili. E in alcuni casi adattandosi a
vivere nelle parti agibili delle proprie
abitazioni. La cucina, il bagno, il salotto,
non le camere da letto o il soggiorno.
Gli abitanti si sono adeguati alle scosse,
convivono con la paura, ma la paura
peggiore è quella di non poter
rivitalizzare questi luoghi con il turismo.
L’immagine della stazione del treno che
collega Equi Terme a Lucca è
l’emblema di questo terremoto. Chiusa,
transennata, forse per sempre. Eppure.
Eppure basterebbe poco a rivitalizzare
queste aree, ad inserire la Lunigiana in
nuovi territori del turismo verde,
ecosostenibile, dove il treno potrebbe
essere uno dei mezzi di conoscenza dei
luoghi. Ma per ora di sviluppo non se
ne parla. Per ora bisogna intervenire
urgentemente per mettere in sicurezza
le case ancora inagibili e per ridare
l’agibilità laddove le condizioni lo
permettono. Il Governo ha stanziato 3
milioni di euro per i lavori di “somma
urgenza”. Considerando che le case
lesionate sono circa 400, si tratta di circa
7.500 euro per abitazione. In qualche
caso forse potrebbe bastare, ma vi sono
danni che, su edifici del 1400 o del
1700, necessitano di risorse maggiori.
Secondo la Regione i fondi necessari
per finanziare la ricostruzione in
Lunigiana e Garfagnana dopo il
terremoto ammontano a circa 55
milioni, ma la verifica dei danni è
ancora in corso. Come ad esempio al
Museo del Territorio dell’alta Valle
Aulella, appena restaurato, che
necessita oggi di interventi urgenti al
suo interno. Ma anche qui, come per le
case intorno, ci si accorge dei danni
solo se si entra nelle case. Dev’essere un
elemento scritto profondamente nel
DNA della Lunigiana. Mostrare un lato e
celarne un altro. Al turista, al visitatore
disattento, ciò che appare potrebbe
sembrare la realtà. Ma la Lunigiana è
bella perché nasconde la sua bellezza,
perché le cose più belle bisogna cercarle
o farsele mostrare da chi, come Raffella
Castagnoli, qui vive e lavora. Il
terremoto ha svelato, in tutta la sua
drammaticità questo lato. All’esterno
muri perfetti, all’interno le crepe, le
stesse crepe che al primo incontro gli
abitanti non vogliono mostrare,
dispensando i loro dolci sorrisi. Ma
quelle crepe sono ben visibili se ci si
ferma a dialogare con loro, se ci si fa
raccontare, se si supera la soglia. Quella
soglia che spesso ci allontana ma che in
questo caso ci avvicina. Una soglia da
superare per non dimenticare questa
terra, che un “non evento” potrebbe
trasformare, con la nostra dimenticanza,
in un “non territorio”. La Lunigiana ci
chiede attenzione. Diamogliela.
youDOSSIER - 61
Consumo di suolo,
avanti quasi indietro
Una delle azioni promosse dal Governo Letta è stata il proseguimento
dell’iter della norma sul consumo di suolo, ormai inderogabile, che le
Regioni tuttavia hanno bloccato. Vediamo perché
di Carlo Lorenzini
L’
Italia è uno dei paesi a maggior
consumo di suolo. I dati di
una recente ricerca dell’ISPRA
(Istituto Superiore per la Protezione e
la Ricerca Ambientale) sulla perdita di
naturalità e impermeabilizzazione del
territorio evidenziano che dal 1956 al
2010 si è passati dal 2,8% al 7%, nella
media nazionale, con una velocità di
consumo valutata in 8 metri quadrati
al secondo. In termini assoluti, l’Italia
è passata da poco più di 8.000 km2 di
consumo di suolo del 1956 ad oltre
20.500 km2 nel 2010. Un aumento
che non si può spiegare solo con la
crescita demografica: se nel 1956
erano irreversibilmente persi 170 m2
per ogni italiano, nel 2010 il valore
raddoppia, passando a più di 340 m2.
Ma la situazione è molto differenziata
a livello regionale e locale. Nel 1956
la graduatoria delle Regioni più
cementificate vede la Liguria superare
di poco la Lombardia con quasi il 5% di
62 - yougreen
territorio sigillato, distaccando - Puglia a
parte (4%) - tutte le altre. La situazione
cambia drasticamente nel 2010: la
Lombardia, superando la soglia del
10%, si posiziona in vetta alla classifica,
mentre quasi tutte le altre regioni (14
su 20) oltrepassano abbondantemente
{
Dal 1956 al 2010 l’Italia è
passata da poco più di 8.000 km2
a oltre 20.500 km2 di consumo
di suolo, con gravi conseguenze
sulla perdita di naturalità e
impermeabilizzazione del territorio
il 5% di consumo di suolo. Alcuni
approfondimenti regionali evidenziano
poi che vi sono situazioni di fortissimo
consumo in alcune aree. In Veneto ad
esempio tutta la fascia centrale della
futura città metropolitana di Venezia
vede alcuni comuni superare la soglia
del 25% di territorio urbanizzato.
L’impermeabilizzazione, riducendo
l’assorbimento delle acque meteoriche,
è una delle cause dell’aumento dei
dissesti che ogni anno colpiscono le
diverse aree del paese e che creano
notevoli danni a cose e persone. Il
Governo, il 15 giugno scorso, aveva
varato un disegno di legge intitolato
“Contenimento del consumo di
suolo e riuso del suolo edificato”,
ma il testo è stato contestato dalle
Regioni in quanto “privo di una visione
strategica e complessiva del territorio” con
il rischio di “portare a un blocco degli
strumenti urbanistici vigenti”. Secondo
le Regioni il testo del disegno di legge
ha una impostazione concettuale, e
il conseguente articolato che ricalca
pedissequamente la proposta presentata
nella precedente legislatura dall’allora
ministro Catania, vanifica di fatto il
lavoro emendativo che le Regioni
avevano condotto sul ddl. Secondo
Portoni per garage e motorizzazioni
le Regioni, il tema del consumo di
suolo “è complesso e strategico e va
inquadrato non in un’ottica settoriale
ma al contrario con una visione unitaria
di territorio e di politica territoriale
integrata”. La posizione, condivisibile,
peraltro è suffragata anche da azioni
che le singole Regioni stanno portando
avanti con propri provvedimenti. Una
su tutte, il Veneto, che in questi mesi
sta promuovendo una legge regionale
sul tema. È di tutta evidenza che una
norma nazionale sul consumo di suolo
deve non solo rispettare le prerogative
regionali, ma deve anche essere in
grado di misurare l’impatto sulle
norme locali, in primo luogo quelle
urbanistiche. Un blocco indifferenziato
di tre anni alle attività, se non
coordinato, rischia di creare più danni
di quelli che vorrebbe contrastare.
Con ricorsi, contenziosi e con notevoli
problemi di gestione che ricadrebbero
in modo diseguale sui comuni e sulle
Regioni. Il tema del consumo di suolo
è talmente pressante e rilevante che
è impensabile ipotizzare che si possa
procedere attraverso un disegno di
legge non condiviso. La questione
riguarda direttamente la costruzione di
una politica di governance territoriale
che deve essere inquadrata in una
visione unitaria e di politica territoriale
integrata, e non può riguardare solo
l’uso agricolo del territorio, con
meccanismi complessi e, a detta delle
Regioni, sostanzialmente inapplicabili.
Di tutto abbiamo bisogno in questo
momento, tranne che di ulteriori
norme e provvedimenti che rendano
più complessa la gestione dell’uso del
suolo e del territorio. È importante
che su queste tematiche non si pensi
di fare passi avanti che sono, in realtà,
dei veri e propri passi indietro. Queste
norme, inoltre, hanno un impatto
diretto sulle attività edilizie e non si può
pensare che la questione sia risolta solo
guardando alla quantità di superficie
agricola, senza evidenziarne la qualità,
le caratteristiche di biodiversità e di
integrazione con le altre funzioni del
territorio. Aspettiamo dunque gli esiti
dell’evoluzione del dibattito, sperando
in una maggiore concertazione tra
istituzioni per la definizione di una
legge quadro che contenga non solo
indicazioni su cosa non si deve fare,
ma anche su dove e come intervenire
per migliorare il nostro territorio e, di
conseguenza, anche le nostre città.
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La regola
delle quattro
I rifiuti stanno diventando sempre
più una risorsa e in futuro potranno
garantire una maggiore sostenibilità
dei processi produttivi, un fattore
vitale per l’industria delle costruzioni
di Carlo Lorenzini
64 - youTrend
RRRR
L’
Unione Europea, con la Direttiva
Quadro sui Rifiuti del 2008, ha
spinto da tempo l’azione degli
Stati verso una gestione maggiormente
integrata dei rifiuti, chiedendo di
raggiungere la soglia minima del 50%
di raccolta differenziata e orientando
i sistemi produttivi verso un maggiore
virtuosismo. Il quadro giuridico
relativo al sistema di recupero e riciclo
dei rifiuti prevede oggi definizioni
molto specifiche per il trattamento
dei materiali di recupero, inclusa
la definizione di materia seconda
e sottoprodotto, stabilendo regole
più semplici per il loro riutilizzo. La
Direttiva europea è stata tradotta nella
cosiddetta “regole delle 4 R”, ovvero
delle quattro azioni, consequenziali,
da seguire nella gestione dei rifiuti:
riduzione, riuso, riciclo e recupero.
La riduzione è direttamente legata
al contenimento della produzione di
rifiuti a partire dal processo produttivo
e dalla stessa composizione del
prodotto. In edilizia ad esempio si tratta
di utilizzare prodotti che riducono gli
imballaggi, che riducono le emissioni e
youTrend - 65
la produzione di scarti. Il riuso riguarda
la possibilità di riutilizzare i prodotti,
come ad esempio nel recupero dei
vecchi mattoni nelle demolizioni (che
significa smontare più che demolire)
o di altre parti degli edifici. Il riciclo
avviene attraverso la riconversione dei
rifiuti in nuovi prodotti utili. In edilizia
è ciò che avviene quando ad esempio
si riciclano materiali come il legno,
il polistirolo o il vetro. Il recupero,
infine, è il processo di riconversione dei
materiali di scarto e non recuperabili
altrimenti, come ad esempio attraverso
il conferimento del secco non
recuperabile per la produzione di
energia nei termovalorizzatori.
L’Italia ha recepito la Direttiva europea
del 2008 nel 2010, con il DLgs n° 205
ma per quanto riguarda il riciclo dei
rifiuti, il panorama attuale può essere
suddiviso in filiere ormai consolidate
(vetro, carta, metallo, legno, plastica)
e filiere ancora allo stato embrionale
(rifiuti elettronici, inerti, pannelli
fotovoltaici, ecc.). Ma proprio queste
ultime fanno intravedere enormi
potenzialità di sviluppo. Un esempio
di settore con grandi prospettive nel
futuro è quello legato al fotovoltaico
e agli altri materiali elettrici ed
elettronici, per i quali esistono
specifiche metodologie di recupero e
riutilizzo dei singoli componenti, e il
Design+Qualità+Semplicità=
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tecnologicamente unica!
66 - youTrend
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cui costo di smantellamento e avvio al
ciclo del recupero è già stato pagato
all’atto dell’installazione stessa. Anche
il recupero degli altri materiali da
costruzione a secco oggi rappresenta
un potenziale business non solo per
gli operatori che agiscono nella filiera
dei rifiuti, ma per gli stessi produttori
di materiali che, recuperando in
parte le materie prime con apposite
tecnologie, possono costruire una
filiera di valore relativamente ai
propri prodotti. Si pensi ad esempio
al sistema della costruzione in legno,
al cartongesso o ai sistemi isolanti
termoacustici. In alcuni casi si
stanno aprendo prospettive molto
interessanti nell’ottimizzazione dei
processi legati alle “quattro R”, come
ad esempio ciò che sta avvenendo a
Venezia con l’avvio dell’Ecodistretto,
un’area di circa 10 ettari nei quali
Veritas Ecoricicli e l’amministrazione
comunale di Venezia realizzeranno una
vera e propria “cittadella del riciclo”,
con la collocazione in un’unica area
di tutta la filiera del riciclo (vetro,
plastica, lattine, carta, ecc.) che ha
già dato in questi anni importanti
risultati sia in termini occupazionali,
sia prefigurando un vero e proprio
nuovo ramo d’industria modernissima
e sostenibile, capace di trasformare i
rifiuti in nuova materia prima. Una
filiera che, in particolare nel vetro,
sta già portando a nuove importanti
collaborazioni di livello internazionale,
destinate a fare dell’Eco-distretto
di Marghera-Fusina, una delle
maggiori aree di settore italiane ed
europee. Il settore dell’edilizia e delle
costruzioni in futuro potrà beneficiare
fortemente del recupero delle materie
prime, promuovendo una maggiore
sostenibilità non solo dei prodotti
non ci credi?
edilizi, ma dell’intero ciclo di vita dei
manufatti. Un obiettivo al quale tutta
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La taglia piastrelle
all-in-one
Si chiama Masterpiuma 3, la grande novità firmata
Montolit che permette di risolvere tutti i tipi di problemi
legati al taglio di ceramica, vetro e mosaico
di Veronica Monaco
A
ria di novità in casa Brevetti
Montolit, azienda alle porte
di Varese specializzata
nella produzione di attrezzature
professionali e macchine per il taglio
e la foratura dei materiali lapidei.
Presentata ufficialmente al Cersaie
2013 di Bologna, la nuova macchina
si chiama Masterpiuma 3 e intende
rivoluzionare il modo di lavorare su
ceramica, vetro e mosaico. Cento
per cento made in Italy e brevettata
dall’azienda lombarda, Masterpiuma
3 è una tagliapiastrelle all-in-one
che, in un unico prodotto racchiude
molte funzionalità, permettendo
all’operatore di risolvere tutti i
68 - youprimopiano
problemi legati al taglio dei materiali.
«Come un coltellino svizzero delle
macchine tagliapiastrelle, la nuova
Masterpiuma 3 rappresenta una
scelta full optional per gli operatori –
dichiara Vichi Montoli, amministratore
unico di Brevetti Montolit –. La
macchina presenta infatti una gamma
completa di peculiarità che la rendono
estremamente funzionale. Uno fra
tutti il braccio estendibile per grandi
formati e la squadra goniometrica
rinforzata, che può raggiungere
un’apertura fino a 180°. Oppure
l’incisione assistita da 0 a 22 mm,
che garantisce ancora più precisione
nell’operazione di taglio, coadiuvata
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anche da un sistema ergonomico a
spinta e dalla lubrificazione integrata
dell’incisore». Masterpiuma 3 presenta
infatti un piccolo serbatoio collegato
da un canalino alla rotellina d’incisione
che, tramite un particolare materiale
assorbente, permette di mantenere
{
Masterpiuma 3 rappresenta
una scelta full optional per gli
operatori grazie una gamma
completa di peculiarità che la
rendono estremamente funzionale
costantemente lubrificata questa
parte della macchina, che è quella più
soggetta all’uso. «Inoltre – aggiunge
Montoli – la rotellina è collocata in
una posizione visibile più accessibile
all’operatore, in maniera da favorirne
anche la pulizia, la manutenzione e
l’eventuale sostituzione. Anche se,
grazie al rivestimento di titanio, che
garantisce la massima scorrevolezza
nel taglio e una durata elevata, la
Le lastre di grande formato stanno ormai
“invadendo” i mercati di tutto il mondo. Architetti e ingegneri prendono sempre più
spesso in considerazione l’utilizzo di questa
tipologia di ceramiche ultrasottili per la loro
versatilità e per gli svariati effetti estetici
che è possibile ottenere. Per un recente
cantiere in British Columbia, in Canada,
sono state utilizzate lastre Laminam da 3
mm portate a misura e posate per la creazione di mobili di pregio all’interno di un
ufficio commerciale. Non quindi la solita
posa a parete o pavimento ma una speciale
applicazione. Le fasi più delicate della posa
sono state il taglio e la movimentazione.
Trovandosi l’ufficio al terzo piano del palazzo, la fase di movimentazione delle lastre
tagliate è risultata particolarmente delicata,
dato lo spazio ridotto di manovra all’interno
degli unici ascensori disponibili, e i possibili
punti di contatto della lastra con pavimento o altri oggetti. Il problema è stato
risolto però dall’estrema versatilità del sistema di movimentazione utilizzato. La
presenza poi di ventose con doppi sistemi di verifica della tenuta, ha garantito
la tranquillità del lavoro dei posatori.
La posa è stata realizzata dalla società di costruzioni Marrox Construction e
dalla squadra di posa Filip Tile, Granite & Stone Ltd, con il supporto dei tecnici
della filiale canadese di Brevetti Montolit, che ha fornito anche i macchinari.
rotellina Brevetti Montolit è certificata
e garantita fino a 5km di utilizzo». Il
telaio a scatola rinforzato, i piedoni
antisdrucciolo, i piani in acciaio
molleggiati e l’ammortizzatore
completano la macchina-novità
dell’azienda, rendendo Masterpiuma
3 un prodotto completo per gli
operatori. «Abbiamo voluto creare
qualcosa di diverso da quello che
è possibile trovare attualmente sul
mercato – afferma Montoli –. Dalla
progettazione alla realizzazione e
promozione sul sito dedicato, dai colori
alle vernici utilizzate, abbiamo voluto
fare qualcosa di veramente nuovo
che si rivolgesse sia al posatore che
quotidianamente si occupa di posa
e taglio di materiali, sia a coloro che
non sono professionisti. La macchina,
infatti, è talmente semplice e intuitiva
da utilizzare, che può essere usata
veramente da chiunque».
youprimopiano - 69
Cersaie e la regola
dell’innovazione
Tra prodotti novità e protagonisti di primo piano dell’architettura
e del design, Cersaie si conferma uno degli appuntamenti
fieristici da non perdere
di Veronica Monaco
T
orna anche quest’anno Cersaie,
manifestazione fieristica italiana
diventata punto di riferimento
internazionale per il settore della
ceramica e dell’arredobagno. Giunta
alla sua trentunesima edizione, dal
23 al 27 settembre il Cersaie porterà
a Bologna oltre 800 espositori tra
produttori di piastrelle di ceramica,
di arredobagno e apparecchiature
igienico-sanitarie, di attività di servizio,
materiali per la posa e materie prime,
di cui un terzo provenienti dall’estero.
Sono trentacinque i paesi presenti,
dall’Australia all’Arabia Saudita,
dalla Cina agli Stati Uniti, e grande
attenzione è stata riservata anche ai
paesi emergenti, dall’India al Brasile.
Riconfermato inoltre il progetto
Cersaie Business, che prevede l’arrivo
di circa 250 esponenti del trade, del
design e dell’architettura mondiale,
tra cui il francese Ora-Ïto (venerdì 27
settembre), i giovani norvegesi dello
studio TYIN Tegnestue (mercoledì 25
settembre), Carla Juaçaba, vincitrice
Vittorio Borrelli
70 - youfocus
{
Grès porcellanato, legni ceramici e texture superficiali sempre
più simili alla realtà sono le tendenze più attuali del settore
ceramico. Grande successo stanno inoltre riscuotendo sul mercato
i grandi formati e gli spessori sottili, oltre a soluzioni colorate,
antibatteriche e la posa senza adesivi
dell’ArcVision Prize – Women and
Architecture (venerdì 27 settembre).
«Aumenta il numero degli operatori
professionali partecipanti al “Cersaie
Business”, la cui provenienza copre
ora molte delle nazioni più vivaci ed
importanti – afferma il neopresidente
di Confindustria Ceramica, Vittorio
Borrelli –. L’idea che ci guida è
l’innovazione continua. Anche per
questo abbiamo confermato iniziative
importanti, come i convegni “Costruire
Abitare Pensare” e “La Città della Posa”,
migliorando la qualità dei relatori
partecipanti e il coinvolgimento dei
professionisti”». Il programma culturale
di “Costruire, abitare, pensare” affronta
temi di attualità in discussione fra gli
architetti, partendo dal significato del
costruire e dell’abitare attraverso un
ricco calendario di convegni e seminari.
Si riconferma inoltre l’appuntamento
con la mostra-laboratorio “La Città della
Posa”, che ospiterà lezioni teoriche e
pratiche di taglio e posa di piastrelle,
anche nel segno delle nuove tendenze.
«Anche per questo aspetto vale la regola
dell’innovazione – dichiara Borrelli –.
Il grès porcellanato si conferma la
tipologia centrale nella produzione
italiana. Cresce l’importanza del colore,
anche se non si intravede un’unica
cromia in grado di monopolizzare
le tendenze estetiche, e crescono
i formati dei rivestimenti ceramici
con lastre che, con sempre maggiore
frequenza, superano i 90 centimetri di
lato. Lo spessore sottile, le soluzioni
antibatteriche, le ceramiche spessorate
a 20 mm e la posa senza adesivi
confermano la propria proposta al
mercato». Un fermento positivo che
testimonia le dinamiche di un mercato
in continua evoluzione, nonostante
un andamento in flessione, come
testimoniano i dati 2012 pubblicati da
Confindustria Ceramiche. Secondo le
indagini statistiche presentate lo scorso
giugno, infatti, si stima che l’industria
ceramica italiana abbia raggiunto lo
scorso anno un fatturato totale di 4,6
miliardi di euro (-2,85% dal 2011), con
un crollo del mercato interno (-19,82%).
Il settore si mantiene prevalentemente
grazie alle esportazioni (per un totale
di 3,66 miliardi,+2,60%) e il 2012 si
è mostrato particolarmente positivo
solo per le aziende delocalizzate. E
per il 2013? “Segnali di rallentamento
nell’economia europea, aggravamento
della congiuntura immobiliare italiana e
youfocus - 71
CALENDARIO EVENTI CERSAIE 2013
Lunedì 23 settembre
- Convegno economico “Manifattura e innovazione: la ceramica
italiana nella competizione internazionale” (Europauditorium Palazzo
dei Congressi - ore 11.00)
- Conferenza stampa internazionale e serata Cersaie; relatori Emilio
Mussini e Valerio Castelli (Sala
Conferenze c/o Ospedale dei Bastardini - Via d’Azeglio - Bologna
Centro – ore 18.30)
conferma della positiva intonazione sui
mercati extra europei sono gli elementi
che caratterizzano l’andamento del
primo trimestre del 2013 – si legge nel
Rapporto di Confindustria Ceramiche –.
A fronte di una forte espansione del
fatturato verso i paesi extracomunitari
(+9,59% il dato complessivo, con
crescite a doppia cifra in Russia,
Stati Uniti, Africa ed Australia) si
contrappone una flessione di alcuni
punti percentuali sui mercati europei
ed il crollo delle vendite sul mercato
interno (-11,55%) che si somma alle
forti perdite già registrate nel corso del
2012”. «I risultati congiunturali sono il
frutto di dinamiche della domanda sui
diversi mercati – commenta il presidente
Borrelli –. In Italia, dove l’industria
delle costruzioni registra un continuo
calo dal 2009, non si intravedono ancora
segnali di ripresa, perché purtroppo
permangono tutt’ora tutti i fattori
di crisi. L’attesa di una inversione di
72 - youfocus
tendenza esiste, ma a breve termine
sembra più una speranza che una reale
possibilità. Diverso è invece il discorso
su alcuni mercati esteri, quali gli Stati
Uniti, il Medio Oriente e la lontana
Australia, dove la ripresa c’è ed ha
anche tassi di crescita a doppia cifra. In
questi paesi – spiega – la crisi non solo
si è metabolizzata, ma in alcuni casi è
riuscita a riportare il livello dell’attività
edilizia ai livelli pre-crisi e, talvolta,
anche oltre. Quello che è cambiato in
modo sostanziale è il periodo di analisi.
Se in passato era possibile ‘pianificare’,
ovvero ragionare sui 12-24 mesi, oggi la
trasformazione si è accelerata ed avviene
anche in poche settimane, delineando
uno scenario in continuo e perenne
movimento». Di queste tematiche e del
futuro del settore si è discusso anche
alla tavola rotonda “Ceramic Futures:
from poetry to science fiction”, che si è
tenuta a giugno alla Design Library
di Milano, e di cui la fiera Cersaie è
stata promotrice. Si tratta del primo
progetto social dedicato interamente
alla ceramica, che durante l’estate ha
coinvolto gli studenti di quattro scuole
di eccellenza (lo IED di Roma, l’Abadir
di Catania, la Glasgow School of Art
e il Politecnico di Milano): nei mesi
di giugno e luglio i giovani progettisti
hanno lavorato in maniera interattiva
e collaborativa sulla realizzazione di
prototipi innovativi, che verranno
esposti proprio al Cersaie di Bologna.
«Con questa iniziativa, assolutamente
sperimentale nel panorama italiano,
abbiamo voluto che gli studenti di
quattro scuole di design (una di queste
estera) “rileggessero” la ceramica dal
principio, reinterpretandone il senso,
gli usi, le valenze – spiega Borrelli –.
Abbiamo voluto liberarli dal vincolo
della prototipazione industriale, perché
ci è sembrato importante leggere
Martedì 24 settembre
- “Ceramic Futures: from poetry to
science fiction”; relatori: Stefano
Mirti - Elio Caccavale - Irene Bell
- Alberto Iacovoni - Laura Negrini
- Marco Lampugnani - Ko Sliggers
- Lucia Giuliano - Matteo Poli (Galleria dell’architettura 21/22 – ore
10.00)
- Inaugurazione mostra “Bathroom
Excellence 1998-2012 - ADI Design Index @ Cersaie 2013” (Padiglione 29 – ore 11.00)
- “A vision is indeed reality: a tribute to Paolo Soleri”; relatori
Aimee Madsen - Roger Tomalty - Michael P. Johnson - Chiara Baglione (Galleria dell’architettura 21/22 – ore 15.00)
MERCOLEDì 25 SETTEMBRE
- Tyin Tegnestue (Galleria dell’architettura 21/22 – Ore 14.00)
Giovedì 26 settembre
- “Riccardo Dalisi – Lezione alla rovescia”; relatori Riccardo Dalisi e
Fulvio Irace (Europauditorium Palazzo dei Congressi – ore 10.00)
Venerdì 27 settembre
- “Donna. Architetto”; relatori: Izaskun Chinchilla - Carla Juaçaba
- Sarah Robinson - Michael P.
Johnson (Galleria dell’architettura
21/22 – ore 10.00)
-Ora-Ïto (Galleria dell’architettura
21/22 – ore 15.00)
spunti ed elementi nuovi da chi è
neofita del prodotto, pur avendo avuto
modo di vederlo ed apprezzarlo con
specifiche visite ed incontri a Sassuolo.
Una sintesi di quanto è emerso verrà
esposta a Cersaie, presso la galleria
dell’Architettura».
La lastra che difende dall’acqua e non solo.
• Sistema certificato dall’ITC-CNR per l’esposizione diretta agli agenti atmosferici.
• Sistema certificato dall’Istituto Giordano per la resistenza all’effrazione.
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di Veronica Monaco
C
ersaie rappresenta anche un
momento di dibattito sui temi
dell’architettura e del design.
Non a caso la fiera, all’interno del
format “Costruire, abitare, pensare”,
già da qualche anno ospita alcuni
dei principali professionisti e guru
del settore. Con un approccio
internazionale, Cersaie accoglie
personaggi emergenti o già affermati,
accomunati da un’unica caratteristica:
quella di essere in grado di stimolare la
riflessione sul presente e sul futuro del
costruire, creando così un cartellone
ricco di contenuti culturali di altissimo
profilo. Una sinergia di sicuro interesse
con l’anima più commerciale della
fiera, dove è possibile toccare con
mano le principali novità delle aziende
espositrici. Quest’anno al Cersaie 2013
saranno presenti:
- Ora-Ïto (alias Ito Morabito),
il designer francese ironico e
irriverente, capace di dare vita a
prodotti di grande impatto estetico,
come il nuovo packaging per i
cosmetici di Guerlain o la bottiglia in
alluminio per la birra Heineken. OraÏto si occupa anche di allestimenti:
suo lo showroom Toyota di Parigi,
che rappresenta attualmente la più
grande applicazione architettonica in
Corian mai realizzata.
- Andreas G. Gjertsen e Yashar
Hanstad, architetti norvegesi dello
Studio TYIN Tegnestue che, in
novanta giorni di tempo e un budget
di 30mila euro, hanno realizzato a
Sumatra un centro di formazione
ed educazione per i coltivatori e gli
operai del settore della cannella,
coinvolgendo attivamente la
popolazione locale sia nella fase
di progettazione che nella fase di
costruzione
74 - youfocus
- Carla Juaçaba, vincitrice del
premio internazionale ArcVision
Women and Architecture, è un
architetto brasiliano, impegnato n
progetti pubblici e privati relativi a
programmi abitativi e culturali.
- Izaskun Chinchilla, architetto e
designer spagnolo, propone esercizi
progettuali multidisciplinari in cui
grande attenzione viene data alle
ripercussioni sociali, estetiche ed
ecologiche delle soluzioni tecniche,
oltre le distinzioni stilistiche
- Sarah Robinson, presidente del
Board of Trustee della Frank Lloyd
Wright School of Architetcture, vive
e lavora in California. I suoi progetti
sfruttano la trasparenza del design
moderno, puntando al comfort e
ridisegnando lo spazio in maniera
funzionale e intuitiva.
- Stefano Mirti, progettista Id-Lab,
docente di design all’Università
Bocconi di Milano. I suoi lavori sono
stati esposti al Victoria & Albert
Museum di Londra, alla Triennale
di Milano, alla Biennale di Venezia
e alla Beijing First Biennale of
Architecture
- Elio Caccavale, designer
interessato ai collegamenti fra
scienze biologiche e bioetica, con
particolare riferimento ai metodi
di collaborazione nella ricerca. Ha
lavorato con Mattel, Dmagic Mobile
China, Orange, France Telecom, PBJ
Japan e LG Electronics.
- Irene Bell, coordinatrice della
didattica e responsabile laboratorio
ceramiche Glasgow School of Art
- Alberto Iacovoni, architetto e
direttore scientifico dello IED di
Roma, la cui attività spazia dagli
allestimenti multimediali ed
interattivi fino alla progettazione
urbana
- Laura Negrini, architetto e direttore
IED Design di Roma, svolge attività
professionale nel campo del design e
della progettazione architettonica di
spazi e servizi pubblici
- Marco Lampugnani, progettista e
partner di Snark Space Making, una
rete interdisciplinare aperta che
coinvolge architetti, urban planner,
geografi, semiologi, economisti e
giornalisti ed è attiva nel settore
privato e pubblico
- Ko Sliggers, graphic designer e
docente all’Accademia Abadir di
Catania, ha contribuito negli anni
’80 allo sviluppo dello stile Dumbar e
attualmente si occupa dell’ideazione
di font e collabora con studi di
progettazione.
- Lucia Giuliano, architetto e direttrice
dell’Accademia Abadir, la sua
attività si focalizza sull’incontro tra
architettura, cultura contemporanea,
territorio e problematiche attuali
della società.
- Aimee Madsen, regista indipendente
e autrice del docufilm “Paolo Soleri:
Beyond Form”
- Roger Tomalty, amministratore di
Cosanti Foundation e Arcosanti, ha
lavorato a stretto contatto con Soleri
nel design architettonico e nella
costruzione del progetto Arcosanti
negli anni ‘70
- Michael P. Johnson, architetto,
famoso per il suo approccio
innovativo che pone molta enfasi
sull’ambiente, focalizzando
l’attenzione sulla scoperta dei valori
sensibili allo spirito umano.
- Chiara Baglione, architetto e
storica dell’architettura, insegna
attualmente presso la Facoltà
di Architettura e Ingegneria
dell’Università Kore di Enna
- Riccardo Dalisi, uno dei più
noti architetti, designer e artisti
italiani, i suoi lavori sono presenti
in numerose collezioni private e
nei più prestigiosi Musei europei e
d’oltreoceano
- Fulvio Irace, architetto e docente di
Storia dell’Architettura Politecnico
di Milano, fa parte del Comitato
Scientifico della Fondazione Vico
Magistretti ed è nel board of trustees
della Fondazione Piano.
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Isomix, il miscelatore termostatico di
Rubinetterie Stella, è presentato in nuove
declinazioni che costituiscono l’ampliamento
della proposta per i gruppi vasca/doccia
delle Serie Storiche. Padiglione 29, stand
C69-D72.
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Paintowood of Cerim evoca i legni
colorati dei paesaggi marini erosi
dalla salsedine. Due finiture lasciano
spazio alla comunicazione tra gli
ambienti interni ed esterni, sei colori
costituiscono il ventaglio cromatico di
una collezione dall’aspetto shabby chic.
Florim Ceramiche,
padiglione 15, stand C1, D2-C7,D8.
5
Melody, la nuova collezione dai toni
contemporanei. Elemento caratterizzante è
la struttura tridimensionale che permette
di rivestire intere pareti, di realizzare bagni
dal design pulito ed originale. Ceramiche
Supergres, padiglione 26, stand A284-B291.
La collezione Jurassic di Cisa Ceramiche si ispira alla contemporaneità pur conservando lo
sguardo al passato. Un concetto del vivere gli interni con un’estetica naturale, ottenuta grazie ai
colori e alle venature, per un effetto pietra fossile. Padiglione 14, stand D19-E20.
6
Il Cotto Arte e Natura di Industrie
Cotto Possagno combina due
antiche e tradizionali tecniche
di lavorazione nel campo dei
pavimenti, quella propria del Cotto
Fatto a Mano, funzionale e di gran
pregio, con quella dei pavimenti
a base di calce dell’elegante
Pastellone veneziano. Padiglione
25, stand B134.
76 - youSPECIAL
7
Istà è la doccia per esterni
con base in plastica e asta
verniciata a polveri in diversi
colori.
La possibilità di collegarla al
tubo per annaffiare la rende
un prodotto molto versatile
e adattabile a diverse
tipologie di abitazioni.
Lineabeta, padiglione 30,
stand B24.
speciale Cersaie
8
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Il nome Fast collezione di arredoba
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9
Hiti è il nuovo radiatore disegnato da Simone
Micheli per Antrax IT. Costituito da una piastra
ovale in acciaio, può essere installato in
verticale, in orizzontale o collocato ad angolo.
Hiti è ideale all’interno di moderne abitazioni e
sofisticati hotel. Padiglione 33, stand F28–G27.
10
L’acqua viene rievocata, non solo nel nome
ma soprattutto nella sua funzione, nelle
nuove soluzioni di cabine doccia Acqua
5000 new e Acqua R 5000 new di Duka.
Padiglione 21, stand A69–B68.
11
Il classico è di rigore per questa serie ispirata esteticamente ai modelli del primo
Novecento, senza trascurare le normative e le esigenze attuali. La collezione
Impero rappresenta la scelta ideale per tutti i contesti architettonici in stile
classico italiano o coloniale inglese. Olympia Ceramica, padiglione 21, stand B44.
12
Pietra del Mondo è la nuova collezione di Tagina Ceramiche
che trae ispirazione dall’animo internazionale dell’azienda
stessa, e che prende vita e corpo dalla bellezza di cinque
luoghi suggestivi: i Paesi del Nord Europa, Israele, l’Arizona,
il Belgio e il Giappone. Padiglione 36, stand A24-B27 Padiglione 36 stand B-28 B-31.
13
La serie Artwork di
Ceramiche Refin si ispira
ai movimenti delle superfici
decorate con le tecniche
dello Stucco Veneziano e del
Marmorino. Padiglione 36,
stand B32-C37/B33.
youSPECIAL - 77
speciale Cersaie
14
opone il
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Greigetone
25, stand
Padiglione
3.
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1
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15
La collezione 4D VitrA creata dalla celebre
designer Defne Koz si appresta a portare in
viaggio gli amanti della ceramica, un viaggio
attraverso il tempo. Koz trasporta il design
all’interno di uno spazio immaginario, la
quarta dimensione. Padiglione 36, stand
A38-B43.
18
16
Pure, Elemental, Intrinsic, Basic e Deep:
le cinque cromie che compongono
la collezione Exential Extreme di
GranitiFiandre vanno dal pallore diafano
del Pure alla scura profondità del
Deep, passando attraverso i toni caldi
dell’Elemental per arrivare al greige del
Basic. Padiglione 25, stand A164–B165.
78 - youSPECIAL
Calx è una collezione semplice
e accattivante che combina
il tocco retrò di muretti e
mosaici dal gusto d’antan con
il minimalismo degli ambienti
più moderni. Un’estetica
attuale che restituisce il calore
accogliente degli ambienti
familiari. Iris Ceramica,
padiglione 26, stand A188–
B189.
17
Maxfine di FMG Fabbrica Marmi e Graniti
unisce la forza di un formato mai offerto
prima con uno spessore minimo: la
flessibilità di questo materiale non impone
limite alcuno in termini di superficie.
Padiglione 26, stand A188–B189.
19
Grazie alle tre nuove varianti
della collezione Rusty
Stone sarà possibile fare
un salto nella preistoria e
circondarsi di sfumature che
rievocano l’era giurassica. I
materiali Rusty Silver, Rusty
Gold e Rusty Grey rivelano
un’eleganza naturale.
Porcelaingres, padiglione
25, stand A242.
Sof fio è il la
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20
21
Modula è il nuovo rivestimento versatile per la composizione di spazio
vasca, doccia, hammam, aree funzionali del bagno, disegnato da
AnzaloneBistacchi per Glass. Padiglione 31, stand A55.
speciale Cersaie
22
23
I lavabi della collezione Genesis hanno linee
morbide che richiamano le armonie del corpo
umano. Di forme differenti, compatti e funzionali,
declinati in diverse misure e varianti, portano
la firma di Creative Lab+. Ceramica Globo,
padiglione 32, stand A40-B31.
24
Volutamente ispirata alla sensibilità
rinascimentale, Lante Collection evoca
le regolari geometrie di uno tra i più belli
e leggendari giardini italiani, quello di
villa Lante a Bagnaia di Viterbo. Simas,
padiglione 30, stand C13-B02.
Synergy Stone è la nuova collezione bagno
presentata da Fir Italia. La maniglia in
DuPont Corian a forma di sasso, trae
ispirazione dalle forme compatte e lisce delle
pietre che si possono trovare in prossimità di
mari e fiumi. Padiglione 29, stand A77-B80.
25
i tessuti
Il fascino de eziosi
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18
Padiglione
B22-C21.
27
La linea New Arco di Provex oggi aggiunge alla tecnologia di base un
design minimalista, sottolineato dal minor spessore dei profili, dalla
valorizzazione delle parti funzionali e da una nuova maniglia squadrata.
Padiglione 29, stand B47.
80 - youSPECIAL
26
Stile ricercato e particolari ricchi di luce dettano il
carattere raffinato della collezione Desire di Ceramiche
Marca Corona. L’ambiente assume personalità ed
eleganza. 30,5x56 rettificato in monoporosa pasta
bianca. Padiglione 18, stand B2-C1.
28
Ermitage e le sue tre linee decorative Ermitage, Classic ed Ermitage
Impero rappresentano tre modi e stili diversi che appartengono a una
collezione che si sa adattare ad altrettanti modi di vivere il proprio
spazio abitativo. Rivestimento in formato 25,5x78 rettificato. Ceramiche
Settecento, padiglione 20, stand C64-D63.
Fila presenta la nuova
estensione d’uso di
FilaPD15. Il protettivo
antimacchia e antisporco
per gres porcellanato
lappato da oggi è ideale
anche per gres naturale
strutturato, posato sia
all’interno che all’esterno
e protegge le superfici
aumentandone la
brillantezza. Padiglione
45, stand 28.
29
30
Il concept di Boomerang,
design di Marco Piva per
Gattoni Rubinetteria,
rispecchia in dettaglio le
caratteristiche di progettazione
del suo creatore. L’innovativo
sistema assicura una nuova
modalità di intervento in caso
di manutenzione o sostituzione
di parti interne. Padiglione 31,
stand B28.
31
Listone Giordano presenta l’evoluzione internazionale dei suoi nuovi “concept store” multisensoriali:
il punto vendita diventa luogo familiare, improntato alla naturalezza, alla tattilità e al calore, luogo
dove identificarsi vivendo in prima persona la magia del legno. Padiglione 22, stand A90.
La collezione Cityline di
Flaviker Pi.Sa è nuova
e mutevole, concepita
per diventare ogni volta
espressione unica e originale.
Partendo dall’osservazione
di lastre in ferro grezzo, il
progetto si arricchisce di
contaminazioni tra diverse
superfici contemporanee.
Padiglione 18, stand A20-B19.
33
32
Rassegna a cura di Santina Muscarà
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La collezion riana
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Padiglione
C34 -B31.
youSPECIAL - 81
L’arte di saper
ascoltare il cliente
Da più di 133 anni sul mercato grazie a sorriso e dialogo con il cliente,
formazione, gestione del credito e marketing. Elementi che la rivendita
Orsolini considera fondamentali
di Santina Muscarà
N
el 1955 ha vinto la medaglia
d’oro della Camera di
Commercio per il progresso
economico, nel 2011 le è stato
assegnato il premio di riconoscimento
di impresa storica d’Italia perché ha
raggiunto i 133 anni di iscrizione
alla Camera di Commercio, oggi è
un’azienda con 300 dipendenti e 24
punti vendita e riceve ancora lettere
di ringraziamento da parte dei suoi
clienti. Perché l’ascolto e il sorriso
sono i punti di forza della Orsolini di
Vignanello, in provincia di Viterbo.
«In un mondo dominato da iPad e
simili, la gente ha bisogno di
essere ascoltata, accolta e
seguita nelle sue scelte
per la casa – sostiene
Rino Orsolini, titolare
dell’omonima azienda
–. Questo è quello che ci
differenzia dalla grande
distribuzione, che
negli ultimi anni
sta dominando
il mercato».
Rino Orsolini
82 - youTalk
Non si è mai visto, infatti, che i
dipendenti della grande distribuzione
ricevano regolarmente lettere,
inviti a occasioni importanti come
battesimi e matrimoni, regali. Vuoi
per la conduzione familiare, vuoi
per l’importanza che la Orsolini dà
al rapporto umano, ma quel che
si instaura nei punti vendita del
multipoint laziale è qualcosa di unico
e «almeno il 75% dei nostri visitatori è
arrivato da noi tramite il passaparola»,
afferma orgoglioso il titolare. Tutto
nasce alla fine dell’Ottocento grazie
a Pacifico Orsolini, che intraprende
l’attività di commercio di materiali
edili, trasformata poi, con Amedeo,
Rino e Giorgio, in una solida realtà
Comunicazione del fondatore Amedeo Orsolini, risalente
alla fine dell’800, che testimonia la propensione
al marketing dell’azienda fin dalla sua nascita
presente in Lazio, Umbria, Toscana
e Abruzzo. «Ora stiamo aprendo
due nuove sale mostre a Roma, per
allargarci a una fascia più alta del
mercato – fa sapere Rino Orsolini -.
Crediamo che questo possa essere un
altro buon modo per difendersi dalla
grande distribuzione e per affrontare
il momento congiunturale in atto.
Anche perché già Einstein affermava
che “è nella crisi che sorge l’inventiva, le
LA ORSOLINI OSPITA SQUINZI
Lo stabilimento di Patrica (Fr) della Orsolini ha avuto l’onore di ricevere la visita di
Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, che ha preso parte a un interessante
dibattito su economia, crisi e rimedi per uscirne. «Dateci un Paese normale e gli
italiani sapranno far vedere cosa sono in grado di fare!», ha esordito il presidente, seguito da Rino Orsolini che ha invitato la politica a essere più decisionista.
I dati e le constatazioni emerse fanno paura: sembra che in Parlamento non ci
sia urgenza di risolvere i problemi dell’economia reale e in poco più di dieci anni
l’Italia ha perso il 9% del Pil e un quarto della produzione di prodotti manifatturieri. Ma Squinzi e Rino Orsolini non si piangono di certo addosso: «C’è bisogno
di decisioni che consentano la ripartenza. L’Italia può ancora farcela», affermano.
Rino Orsolini e Giorgio Squinzi
scoperte e le grandi strategie […]. Parlare
di crisi significa incrementarla, e tacere
nella crisi è esaltare il conformismo. Invece,
lavoriamo duro […]”». Questo è lo
spirito che muove Orsolini che, più che
alle parole, fa affidamento all’agire,
ai fatti, nonostante le difficoltà che il
nostro Paese sta attraversando «senza
gli adeguati supporti politici e sociali
– osserva -. La grande distribuzione
ogni anno cresce di fatturato e non
ha debiti con le banche, mentre nel
nostro settore il fallimento è dettato
principalmente dalla gestione del
credito». Per quanto riguarda le due
nuove sale mostre, restando in tema
di fatti, il cuore dell’organizzazione
rimane la sede principale, dalla
quale viene inviato il materiale
necessario all’esposizione di pavimenti,
rivestimenti, sanitari e rubinetteria.
Nei due secoli, infatti, la Orsolini si
è dedicata sempre di più alla casa
e «oggi offriamo dal cemento al
rubinetto - come dice il titolare -. Io e
mio fratello ci dividiamo i compiti: lui
segue la parte immobiliare e contabile
e io quella commerciale, e il segreto
della nostra squadra è un po’ simile a
quello che usiamo con i clienti, ovvero
il dialogo e il rapporto interpersonale.
In più ci poniamo degli obiettivi
che vengono premiati al momento
del raggiungimento». Importante
anche il discorso della formazione:
«La formazione è vitale – sottolinea
Orsolini – perché solo se conosci un
prodotto puoi essere convincente e
venderlo. Proprio per questo nella
nostra sede abbiamo una sala riunioni
adibita a ospitare 96 posti, più un
tavolo da 26 posti e tutta l’attrezzatura
per la formazione interna, per i nostri
rivenditori, ed esterna, quindi per gli
installatori e i posatori in generale.
La formazione coinvolge tutti e anche
io vado a scuola un giorno e mezzo al
mese. Abbiamo pensato, infatti, ad una
formazione familiare per essere sempre
aggiornati». Anche la pubblicità è
importante e la formazione tiene conto
di quest’aspetto: «Spesso non capiamo
che la pubblicità è una scienza e va
studiata – sostiene il titolare -, ecco
perché stiamo dando maggior rilevanza
al marketing, con una persona che
se ne occupa interamente. Abbiamo
inoltre un nuovo settore, Orsolini
Green Energy, di cui si occupano
persone specifiche, e la nostra rete
vendita comporta trentacinque
elementi che vanno direttamente in
cantiere, facendo da trait d’union tra
azienda e rivendita». Insomma, di
passi ne sono stati fatti tanti e tanti
ancora sono in attesa di essere tracciati:
«Vogliamo festeggiare altri 133 anni,
aumentare i punti vendita, fare
sempre più rete e conquistare ancora
mercato», questi gli obiettivi delineati
da Orsolini.
youTalk - 83
Quando la rivendita
è sempre più “casa”
Due punti vendita
con spazi sempre più
specializzati, rivolti
a imprese, privati e
professionisti. Così la
Procacci affronta il
mercato, rimanendo un
punto di riferimento per
il territorio
di Santina Muscarà
«I
solamento e cappotto,
cartongesso e colori
sono i settori di mercato
maggiormente richiesti per quanto
riguarda l’edilizia; porte e finestre
con il recupero dell’incentivo del
65% sono, invece, i più richiesti per
84 - youTalk
quanto riguarda le finiture. La cucina
e il bagno rientrano tra gli ambienti
per i quali il cliente è più propenso
a spendere soldi», sostiene Luigi
Procacci, amministratore delegato
della Procacci di Mocaiana, frazione
del comune di Gubbio (Pg), che negli
ultimi anni ha ampliato la propria
offerta, seguendo le tendenze del
mercato. «Sempre per quel che
concerne le finiture – continua
l’ad – sono molto richiesti il legno
e il finto legno, quindi pavimenti in
legno o in gres porcellanato, mentre
il professionista è attratto dalle resine
e dalla carta da parati, sempre più in
voga». Se un tempo, infatti, la Procacci
si rivolgeva principalmente alle
imprese, adesso è cresciuta l’attenzione
verso il privato e i professionisti, con
un occhio di riguardo all’arredamento
della casa. Finiture e arredobagno
per l’azienda non sono mondi nuovi
ma trattati da oltre vent’anni, eppure
le evoluzioni stanno andando avanti,
dall’aver aderito al progetto habiMat di
BigMat, che ha apportato cambiamenti
di visibilità, target di riferimento e
fornitori, all’aver diversificato gli spazi
Luigi Procacci
youTalk - 85
espositivi. «Tre anni fa abbiamo rilevato
un negozio a 15 chilometri di distanza
dalla nostra sede centrale e da circa
un anno e mezzo vi abbiamo inserito
una zona dedicata all’arredamento –
racconta Procacci -. L’obiettivo in realtà
è quello di diversificare completamente
i nostri due punti vendita, trasportando
la sezione arredamento nella sede
centrale, dotata di 3mila metri quadrati
di shoowroom, e specializzando
l’altra sede in ferramenta, noleggio
attrezzature, cartongesso, pitture.
Avremmo così uno spazio per i
privati e i professionisti, e uno spazio,
a ridosso del centro storico, con
prodotti differenti per arrivare un
giorno a offrire al cliente un pacchetto
completo per la casa». I venditori
lavorano sia nei cantieri, che negli
studi tecnici e negli showroom. La
scelta aziendale, inoltre, è quella di
non avere persone che si occupino di
tutto: «Abbiamo deciso di specializzare
l’azienda in settori, affidandoli ai
relativi venditori, perché trattando
molti prodotti non è possibile sapere
tutto – spiega Procacci -, quindi
abbiamo preferito puntare a una
maggiore specializzazione, anche se
il cliente potrebbe trovarsi a parlare
86 - youTalk
servizio dedicato ai tetti ma destinato
a estendersi a ogni sezione della
casa. Importante la presenza della
Procacci sul territorio e se l’attività
pubblicitaria in passato era affidata a
televisioni locali ed eventi sportivi per
i quali l’azienda è stata sponsor, «oggi
stiamo puntando anche sull’aspetto
culturale, attraverso la promozione di
libri, manifestazioni, corsi di filosofia
– dichiara Procacci -. Insomma, siamo
consapevoli dei cambiamenti del
mercato e la sfida è quella di capire
come sarà nei prossimi anni».
con più interlocutori». Il segreto per
una buona esposizione? «Innanzitutto
evitare di “far dormire” troppo i
prodotti in sala mostre – risponde – e
poi noi, per esempio, per pavimenti
e finiture riserviamo uno spazio per
ogni fornitore, che viene curato e
rinnovato insieme, in base alle sue
e alle nostre esigenze. Abbiamo
anche altre accortezze, per esempio
la zona box bagno è divisa in due
parti: una ambientata per il privato e
una più di tendenza, con oggetti di
valore e design, per il professionista
che deve progettare il bagno». Altri
punti di forza sono i servizi: disegni e
progettazione in 3D, ma anche posa
in opera di porte e infissi e, quando
richiesto, il servizio chiavi in mano. È
da poco stato istituito Max Service, un
youTalk - 87
Isholnet:
una storia di successo
Quattro imprenditori operanti nella distribuzione di materiali
isolanti termo-acustici decidono di unire le forze e creare la holding
Isholnet, dando un nuovo impulso alle proprie aziende
e facendosi spazio in un mercato in divenire
di Santina Muscarà
C
i si scambia qualche esperienza,
si abbozza qualche consiglio
e, senza quasi rendersene
conto, ci si ritrova con una holding
di partecipazione specializzata nel
risanamento energetico a 360 gradi. È
questo il risultato nato dall’incontro
di quattro imprenditori che, nel 2010,
hanno deciso di unirsi sotto il nome
di Isholnet. Ecco il chiaro esempio
di come la matematica possa essere
un’opinione quando si uniscono le
giuste forze e uno più uno, anziché
fare due, può fare addirittura tre.
«Operavamo tutti nel settore della
distribuzione di materiali isolanti
– racconta uno dei protagonisti
di questa avventura, Francesco
Galeotti, presidente del Consiglio di
Amministrazione Isholnet –, gestendo
ognuno la propria azienda. Poi le
affinità di vedute e l’amicizia che era
nata nel corso degli anni ci ha portati
a trasferire le nostre competenze in
una società per azioni
con la mission, tuttora
in atto, di arrivare
all’integrazione
completa delle
nostre aziende».
L’unione si è rivelata
una sorta di passaggio
spontaneo,
nonostante
Francesco Galeotti
88 - youfocus
le aziende in questione non fossero
in difficoltà, come sottolinea Galeotti:
«Ognuno di noi gestiva un’azienda di
successo ma eravamo dell’idea che
per affrontare le sfide del futuro fosse
necessario cambiare dimensione e
dare un nuovo impulso al ciclo di vita
delle nostre aziende, confrontando e
condividendo l’esperienza acquisita
singolarmente. Fondamentale per dare
forza e credibilità al progetto è stato
proprio il patrimonio di competenze
che avevamo maturato nelle nostre aree
di azione. In pratica, anziché cambiare
il ciclo di vita di aziende singole,
abbiamo indirizzato il cambiamento di
tutte in un’unica vision, raccogliendo le
eccellenze». Dopo aver quindi rilevato
il 100% di una delle società, Isotrade,
è stato acquistato il 5% di tutte le
aziende coinvolte e nel 2011 Isholnet
ha esteso lo sguardo su nuovi mercati,
alla ricerca di prodotti esclusivi:
«Abbiamo iniziato a cercare prodotti,
soprattutto materiali isolanti tecnici,
in aree al di fuori dei confini europei,
principalmente in Estremo Oriente – fa
sapere il presidente –. Sono ancora in
corso visite mirate a nuovi produttori
e stiamo testando prodotti innovativi
per nuove applicazioni». Nel 2012
la holding ha rilevato il 60% (ora
diventato il 75%) di un’altra società a
Parma, e da pochi mesi è stata avviata
l’attività di un nuovo magazzino a
Treviso. Insomma, Isholnet cresce e,
in un periodo in cui molti rivenditori
chiudono, ha trovato la strada vincente
per farsi spazio in un mercato in
divenire, in cui la riqualificazione
INNOVAZIONI PER L’EDILIZIA E L’ARCHITETTURA
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Crédits Photo : Henri de Carvalho / Illustration : Jeff van Dyck / Réalisation :
energetica si fa sempre più imponente.
«Siamo partiti come distributori di
materiali isolanti – spiega Galeotti –,
ma ci siamo orientati sul risanamento
e la riqualificazione a 360 gradi,
quindi non proponiamo materiali ma
soluzioni complete che coinvolgono
sia ciò che riguarda l’isolamento, sia
ciò che ha a che fare con le fonti di
energia, i sistemi a secco, gli impianti».
La nuova vision ha permesso alla
holding di trovare ottime soluzioni per
il futuro e di superare bene gli ultimi
tre anni di crisi economica, lavorando
nella riqualificazione di abitazioni,
ma anche di fabbricati industriali,
ottimizzando i cicli produttivi per il
risparmio energetico e proponendo
componenti per rendere efficienti
macchinari o impianti in maniera
mirata. «Quindi siamo legati anche
al mondo dell’industria, non solo
all’edilizia», constata Galeotti. E alla
domanda “Come vede il futuro?”,
Galeotti risponde: «La domanda di
materiale isolante legata al risanamento
energetico dovrebbe sovraperformare
nei prossimi anni quella generale del
mercato delle costruzioni, anche grazie
alle recenti disposizioni governative
che recepiscono le indicazioni della
Comunità Europea sull’abbattimento
delle emissioni di gas serra, da
conseguire attraverso una riduzione
significativa del consumo di energia
per scaldare e rinfrescare le abitazioni».
Oltre ad aver compreso e anticipato
le esigenze del mercato, quali sono gli
altri segreti del successo? «Sicuramente
l’unione delle forze e la credibilità che
abbiamo con fornitori e clienti. Gli
stakeholder per noi sono fondamentali
e danno risposte importanti», dichiara
il presidente. Nel settore edile i
principali interlocutori di Isholnet
sono i rivenditori di materiali edili
e gli specialisti, come gli applicatori
di finiture d’interni, le aziende di
costruzioni, impiantistica, isolamento.
«Diciamo che il nostro cliente tipico è il
magazzino generalista e poi interveniamo
anche per risolvere le problematiche
di chi solitamente non si rivolge al
magazzino – continua –.
Il prossimo step? Arrivare a
un’integrazione completa delle aziende
del gruppo Isholnet: tutte dovranno
offrire la stessa gamma di prodotti e
soluzioni orientate verso il risanamento
e la riqualificazione energetica a 360
gradi».
DICE: B9Y
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89
RIUNIAMO LE NOSTRE ENERGIE PER COSTRUIRE IL FUTURO
Una libellula
sul mercato
Si chiama Fly la nuova linea Gridiron che unisce
qualità tecnica e leggerezza economica, e
sogna di volare oltre i confini italiani
di Santina Muscarà
U
na libellula, simbolo di
leggerezza, marchierà e
renderà riconoscibile i
prodotti della nuova serie Gridiron,
“in volo” sul mercato nella stagione
autunnale. «La serie si chiamerà Fly
– anticipa Diego Pizzol, responsabile
marketing e coordinatore ufficio
estero di Gridiron –, nome che
sottolinea ulteriormente l’immagine
di leggerezza del prodotto sotto
diversi punti di vista: la materia
prima utilizzata (ABS e cemento
polimerico), la facilità di posa
(impiego di meno manodopera) e di
trasporto (meno emissioni di CO2),
90 - youPRODUCT
e quindi anche un minor impatto
economico e ambientale». La linea
unisce due tipologie di prodotti: i
canali in ABS e i canali in cemento
polimerico. «Li accomuna la stessa
griglia e le stesse dimensioni per
quanto riguarda la sezione – spiega
Pizzol –, nonché il simbolo della
libellula sulla parte in superficie».
È programmata per il mese di
settembre la produzione di Fly,
che sarà effettivamente lanciata sul
mercato quando ci sarà uno stock
considerevole in magazzino, «anche
perché – precisa il responsabile – le
consegne vengono fatte in quattro/
Diego Pizzol
cinque giorni». È così che Gridiron
ha affrontato il mercato in questi
ultimi tre anni, incrementando i
servizi con consegne più rapide,
facendo attività di promozione
direttamente nelle rivendite
edili e mettendole in contatto
con i cantieri, organizzando per
i progettisti convegni mirati sul
drenaggio in diverse province
italiane, in collaborazione con
l’Ordine degli Ingegneri. «Per la
promozione dei prodotti abbiamo
puntato molto su Internet – continua
Pizzol – offrendo servizi online per
la ricerca dei prodotti attraverso
un supporto tecnico virtuale che
fornisce anche schede tecniche,
preventivi e risposte immediate.
Contrariamente da quanto avveniva
in passato, oggi il 60% del nostro
fatturato deriva dai circa quaranta
agenti che seguono le rivendite. Gli
utili sono stati registrati anche nel
2011 e 2012 perché i clienti che
acquistano i nostri prodotti sanno
che sono di fascia medio-alta e che
puntiamo alla qualità». Altro punto
a favore dell’azienda è la vastità di
produzione offerta: «Per quanto
riguarda il drenaggio produciamo
tre tipi di materiali – conferma
youPRODUCT - 91
Pizzol –: ABS, cemento polimerico
e cemento vibrocompresso Oltre al
manufatto, produciamo i profili e
la griglia, che può essere in acciaio
zincato o in ghisa». Si aggiungono
altre tipologie di prodotti come
chiusini, grigliato pedonabile e
carrabile, recinzioni, cancelli e
addirittura zerbini. Il sogno nel
cassetto è quello di «spaccare a metà
il fatturato con un 50% di mercato
italiano e un 50% estero», confida
il responsabile, aggiungendo che
«l’impegno per i prossimi anni è
quello di formare i venditori per
ampliare gli sbocchi all’estero,
al momento avviati in Francia,
Inghilterra, Irlanda, Austria, Svizzera,
Slovenia e il raggio intorno alle Alpi.
Ma l’obiettivo è di volare in Sud
Africa e Nord America».
92 - youPRODUCT
GRIDIRON IN STEP
Mauro Zanette,
responsabile commerciale Italia
Valentino Pizzol,
amministratore
Giancarlo Zanette,
amministratore
Diego Pizzol,
responsabile marketing e coordinatore ufficio estero
•Nasce nel 1979 e si occupa di produzione e lavorazione del grigliato,
prima per carpentieri e fabbri, poi inserendolo come prodotto standard
in piccoli formati nella rivendita.
•La produzione si arricchisce con
i chiusini.
•Si inserisce il drenaggio a partire
da una linea tradizionale che ha
permesso all’azienda di emergere.
•I cavalli di battaglia di oggi sono
il drenaggio e il grigliato personalizzato.
•Dieci anni fa ha investito nell’azienda Fabris che produce il grigliato pressato.
•Attualmente è guidata dalle famiglie Pizzol e Zanette e ha circa un
centinaio di dipendenti.
Esperienza come
trampolino
del cambiamento
Ecco come Unifix SWG ha messo in campo
l’esperienza di oltre trent’anni,
per aprirsi a nuovi mercati e offrire nuovi
strumenti di competitività alle aziende
PUBLIREDAZIONALE
N
uove strategie, innovazione,
affidabilità ed esperienza
sono gli ingredienti giusti per
affrontare il mercato attuale. Ne è
convinta Unifix SWG, l’azienda di
Terlano, in provincia di Bolzano,
produttrice di soluzioni di fissaggio per
i settori della ferramenta e dell’edilizia,
del fai da te e della carpenteria, e per
i settori elettrico e idraulico. Parte di
un gruppo internazionale presente
sul mercato italiano da oltre 30 anni,
Unifix SWG ha adottato una scelta
di campo: investire in tecnologia e
94 - youTalk
spostarsi sempre più dal prodotto
al servizio, allargando le proprie
competenze relative alla progettazione
del punto vendita. «Siamo impegnati
in nuove sfide che puntano alla
“digitalizzazione” degli strumenti di
lavoro e ad un’offerta sempre più
completa, che affianchi il cliente
con un nuovo servizio pensato per
potenziare il business e l’immagine dei
punti vendita L’appartenenza ad un
gruppo internazionale e l’esperienza
pluridecennale sul campo, ci hanno
permesso di acquisire la cultura
di progetto utile alla realizzazione
dell’“architettura” dell’ambiente di
vendita», spiega Ubaldo Gambardella,
responsabile marketing Unifix SWG.
Due sono in particolare le soluzioni
messe a punto dall’azienda: Unilis e
Uniscan. Con Unilis (Unifix Libero
Servizio), Unifix SWG propone la
personalizzazione degli impianti
espositivi attraverso un sistema di
vendita flessibile e modulare, pensata
sia per la distribuzione assistita che
per quella self service, di qualsiasi
dimensione. Con Uniscan, invece,
l’azienda punta a semplificare il lavoro
del rivenditore attraverso un sistema
che consente di effettuare i propri
ordini in modo semplice e veloce,
in ogni momento della giornata.
«Nell’innovare, continuiamo a
coltivare l’efficienza. Per Unifix SWG
è di prioritaria importanza soddisfare
il cliente attraverso servizi efficacicontinua Ubaldo Gambardella. UniLis
e Uniscan ne sono un esempio, in
quanto permettono di organizzare
il sistema espositivo e facilitare gli
ordini». L’azienda copre le esigenza del
punto vendita con approccio globale,
attraverso interventi che vanno dallo
studio del sistema di vendita, all’offerta
di tecnologie pensate per ottimizzare il
lavoro del rivenditore.
Nel segno
del risparmio
Pensato come alternativa alla tradizionale rete in rotoli, Super
Eco è il nuovo prodotto di Siderurgica Ferro Bulloni, in grado di
garantire un sensibile abbattimento dei costi di posa
di Gaia De Lorenzi
S
pesso il costo della recinzione
è determinante nella scelta del
prodotto da utilizzare. Pensato
come alternativa alla tradizionale rete
in rotoli, Super Eco è il nuovo prodotto
di Siderurgica Ferro Bulloni, in grado
di garantire un sensibile abbattimento
dei costi di posa. Novità nel settore
delle recinzioni metalliche, Super Eco
è un pannello di rete elettrosaldata
(larghezza di 3300 mm e altezza di
1820 mm) con maglia identica a
quella utilizzata per le recinzioni da
cantiere, composta da filo zincato a
caldo del diametro di 3,3 mm, oppure
zincato e poi plastificato in verde RAL
6005. Per la posa vengono utilizzati
paletti tondi Ø 48 mm ed il fissaggio è
{
Super Eco
garantisce
la posa con il 60%
in meno di pali
di sostegno
eseguito mediante opportuni collari in
metallo. Per dare ulteriore rigidità al
pannello è possibile inoltre utilizzare,
se necessario, i tradizionali fili di
tensione. A differenza dell’abituale
posa della rete in rotoli, in cui i pali
di sostegno vengono solitamente
posati ad interasse di circa 2 m uno
dall’altro per dare una sufficiente e
necessaria robustezza alla recinzione,
con il pannello Super Eco è possibile
praticare meno fori nel terreno o sul
muretto, garantendo l’utilizzo del 60%
di pali in meno.
95
Quando
la tecnologia
è in blocchi
BravoBloc, il nuovo sistema di blocchi
in calcestruzzo di Italcementi, è facile
da usare ma conserva in sé
un concentrato di tecnologia e innovazione
di Sofia Marsigli
I
l video di presentazione mostra un
bambino che assembla una serie
di blocchi come fossero pezzi di
lego. E invece si tratta di BravoBloc,
la soluzione pratica e innovativa
che Italcementi sta presentando ai
progettisti di tutta Italia attraverso un
Road Show di 14 tappe iniziate a luglio
e previste fino a ottobre.
«Uno dei valori di BravoBloc è definibile
nel termine “facile” – sostiene Anna
Borroni, account tecnico commerciale
BravoBloc –, che non significa “banale”
o “semplice” ma caratterizza un
blocco studiato nei minimi dettagli e
tecnologicamente avanzato al punto
da risultare estremamente facile nel
suo utilizzo, nonostante conservi in
sé un concentrato di tecnologia e
Anna Borroni
96 - youPRODUCT
innovazione». L’immagine del bambino
risulta quindi azzeccata, perché anche
un muratore non specializzato può
utilizzare senza difficoltà il nuovo
sistema costruttivo a termoblocchi,
frutto di un’iniziativa imprenditoriale
a cui partecipano Italcementi e Sacme.
BravoBloc nasce anche come una sorta
di sfida alla crisi economica, portando
risposte concrete alle esigenze del
cantiere: «Inglobare in un unico blocco
di calcestruzzo alleggerito, facile da
movimentare, dell’isolante ad alte
prestazioni, permette di ridurre una
parte delle fasi tradizionali di cantiere e
assicura un risultato certo ed efficiente
in tempi brevi», spiega Anna Borroni. I
principali nodi costruttivi che BravoBloc
risolve? «In primo luogo l’incontro
tra la parete perimetrale esterna e le
divisorie nelle unità abitative – risponde
l’account tecnico commerciale –, per
il quale abbiamo studiato un blocco
a T specifico; poi risolve i problemi
dei pilastri e tutti quei nodi come le
spallette delle finestre o le aperture,
gli architravi, le discontinuità nella
muratura». Non solo progettisti
e imprese, ma anche i rivenditori
possono trarre vantaggio dal nuovo
sistema, portando valore aggiunto in
termini economici e di qualità, infatti
«BravoBloc permette di liberare spazio
in magazzino a favore di materiali più
performanti e riteniamo possa essere
una buona opportunità per ripensare
alla rotazione dei prodotti. Ovviamente
la rivendita anche in quest’aspetto non
sarà lasciata sola, ma messa in sinergia
con la progettazione e i cantieri, grazie
al nostro approccio come anello di
congiunzione tra i diversi attori della
filiera», conclude Anna Borroni.
Team BravoBloc
ARMANDO TESTA
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Luigi Capraro per Cersaie 2013
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ufficio stampa: EDI.CER. spa - Viale Monte Santo 40 - 41049 SASSUOLO (Modena) - Tel. 0536.804585 - Fax 0536.806510
Sermoneta,
il borgo perfetto
Prosegue il nostro viaggio nei piccoli borghi italiani, per raccontare
la bellezza del nostro territorio e la capacità di valorizzarlo,
recuperando e riqualificando i luoghi con sapienza e maestria,
e dando loro nuova bellezza
di Beatrice Casarin
98 - youplaces
S
e c’è un aggettivo che possiamo
usare senza il rischio di esagerare
nel descrivere e raccontare
Sermoneta è “perfetto”. Sermoneta è
un borgo perfetto, perfetto nella sua
dimensione, perfetto nella sua cura
e qualità, perfetto negli scorci che
presenta al visitatore, perfetto nella
sua collocazione nel paesaggio. Forse
uno dei punti di maggiore forza di
questo borgo è proprio il luogo nel
quale sorge. Sermoneta è adagiata in
un luogo che racchiude altri luoghi,
che li traguarda e li abbraccia, non
solo immaginariamente, ma anche
fisicamente. La collina che lo ospita,
a 257 metri di altezza sul livello del
mare, è posizionata tra i monti e il
mare e domina la pianura pontina.
Ma non è solo vicino a quei luoghi, in
realtà li domina, li traguarda, offre al
visitatore la possibilità di cogliere come
lo spazio attorno – i monti, la pianura,
il mare – sia uno spazio che, nella
sua bellezza, assume una maggiore
qualità proprio per la presenza di
Sermoneta. Vi è un intimo legame
con il territorio e mentre ci si avvicina
attraversando la pianura pontina che
da Latina e dal mare ci porta verso il
borgo, Sermoneta da ogni lato la si
guardi sembra dominare con dolcezza,
restituendo già alla vista da lontano
parte della sua bellezza. Qui siamo in
uno dei borghi più belli d’Italia, uno
dei borghi medievali italiani meglio
conservati, in un luogo ricco di cultura
e di storia, le cui origini si perdono nel
tempo. Sermoneta si trova leggermente
decentrata rispetto alla via Appia, ma
procedendo sia da nord verso sud,
da Roma verso Latina per intenderci,
oppure al contrario arrivando da sud,
da Terracina verso Latina, Sermoneta
richiama la vista del viaggiatore. La
pianura pontina, con il suo paesaggio
ricco, fatto di una agricoltura di qualità,
è una quinta perfetta per il borgo, che
ha alla sua sommità un castello, quello
dei Caetani, che nel passato era il
centro di un feudo molto ampio e che
è ricordato soprattutto per gli interessi
non solo storici, ma soprattutto artistici
e culturali che seppe avviare. La quiete
dei luoghi, il borgo perfettamente
conservato e recuperato, il grande
patrimonio storico, artistico e culturale,
le tante iniziative di alto spessore che
lo contraddistinguono, ne hanno fatto
un esempio e hanno portato il borgo
a diventare “Bandiera Arancione” per
il turismo, titolo ottenuto dal Touring
Club Italiano, “Destinazione Europea
D’Eccellenza” riconosciuta dall’Unione
Europea attraverso il progetto EDEN
2007-2011 e “Gioiello d’Italia”,
conferito il 12 febbraio 2013 dal
Ministero del Turismo. Ma la qualità
di Sermoneta non è solo la qualità del
youPLACES - 99
luogo, è l’insieme degli elementi che
compongono. Avvicinarsi a Sermoneta
significa, come spesso accade per
i borghi italiani, salire qualche km
per una strada tortuosa dopo aver
attraversato una pianura fatta di strade
diritte, quasi a comprendere che se
nell’Agro Pontino, da e verso Latina, le
strade sono dritte e dirette, qui bisogna
rallentare, immergersi in una atmosfera
diversa, fatta di lentezza, di ascolto, di
pace. Lasciando l’auto fuori dal borgo
e addentrandosi nelle vie, nelle strade,
nei vicoli, nelle piccole piazze, nei
passaggi tra vecchie case restaurate e
100 - youplaces
abitate, si percepisce che qui il tempo,
se vogliamo, si può fermare. Dipende
da noi, decidere se rallentare oppure
no. E Sermoneta ci accoglie dando a
noi la facoltà di scegliere. Possiamo
passarci solo una giornata o qualche
ora, ma possiamo anche immaginare
di restare qui alcuni giorni, come
punto di partenza e di arrivo di una
visita che deve comprendere, per forza
di cose, l’Agro Pontino e i luoghi ai
quali Sermoneta è intimamente legata,
come ad esempio Latina. Oppure
possiamo decidere di venire qui per
assaporare non solo il paesaggio
e i prodotti enogastronomici, ma
anche per partecipare ai tanti eventi
culturali che nel corso dell’anno ne
rappresentano la vera intimità, dai
concerti agli stages, dalle mostre alle
rievocazioni, come quella storica della
battaglia di Lepanto, che ogni ottobre
rinnova nel ricordo l’importanza
del passato storico del borgo. Ma
un luogo di così elevata qualità,
universalmente riconosciuta, al punto
da essere una quinta scenografica
molto rinomata (Sermoneta è stata
set cinematografico per quasi 90 film,
uno dei più famosi tra questi è stato
“Non ci resta che piangere”), e in
grado di richiamare ogni anno oltre
100mila visitatori, pur avendo una
scarsa dotazione di posti letto (solo
50 circa), non potrebbe conservare
queste doti se non avesse alla sue
spalle precise scelte strategiche di
valorizzazione. E la tutela del territorio,
la conservazione e valorizzazione delle
aree è uno degli obiettivi principali
Eventi e appuntamenti
Sermoneta nel corso dell’anno
offre numerosi eventi e
manifestazioni, tutti comunicati
nel sito ufficiale del comune
(www.comunedisermoneta.it).
I più importanti sono:
•tradizionale Sagra della polenta,
ultimo giorno di carnevale
•festa di San Giuseppe e Festa
dei Fauni, 18 marzo
•Maggio sermonetano, spettacoli
in strada
•Campus internazionale di
musica e Festival pontino
di musica, giugno e luglio
(corsi di perfezionamento e
di interpretazione musicale,
famosi in Europa e nel mondo
per il valore dei docenti e per
il modello di vita e di studio
seminariale)
•mostre di arte contemporanea,
tutto l’anno
•Chitarra festival, mese di
agosto
•Fiera di San Michele, fine
settembre
•Concorsi di pittura
estemporanea, prima settimana
di settembre
•Festa della Madonna della
Vittoria e Rievocazione storica
della Battaglia di Lepanto,
seconda domenica di ottobre
•Natale a Sermoneta: presepi
artistici nel borgo, concerti
e rappresentazioni teatrali
durante le festività natalizie
dell’Amministrazione comunale,
come ci ha raccontato Giuseppina
Giovannoli, sindaco quasi in scadenza
del secondo mandato: «Noi dobbiamo
tutelare il nostro territorio, perché la
qualità della vita si misura su ciò che
possiamo dare ai nostri cittadini; ma
la misuriamo anche sull’attrattività
del nostro Comune». Un’attrattività
che è in crescita, in forte crescita.
Una crescita data dall’espansione,
nei territori della pianura più vicini a
Latina, di nuovi quartieri residenziali.
Perché qui la domanda di residenzialità
è alta perché vi è un’alta qualità della
vita, che significa qualità dei servizi.
«Oggi stiamo riscuotendo i buoni
investimenti del passato e del recente
101 - youplaces
passato in termini di conservazione
e mantenimento dell’esistente, con
regole specifiche per il restauro e
la valorizzazione del centro storico.
Ma abbiamo curato anche l’aspetto
urbanistico delle aree comunali in
pianura, potenziando al contempo i
servizi alle famiglie e alle imprese»,
afferma Giuseppina Giovannoli, e nelle
sue parole si respira la concretezza
e la passione per un lavoro, quello
del Sindaco, che in questi tempi
non è certo facile, qui come negli
altri comuni italiani. Ma Sermoneta
dimostra che oltre a valorizzare il
proprio patrimonio storico, ambientale,
culturale ed enogastronomico, si può
anche essere un comune virtuoso. È
infatti uno dei comuni italiani con il
più alto indice di raccolta differenziata,
che gli è valso il titolo di “Comune
Riciclone” da Legambiente. E questi
risultati sono raggiunti anche per
una attenta gestione degli strumenti
pianificatori, attraverso una sistema di
governance che comprende Regione
e Soprintendenza, e che a partire
dalla revisione del PRG del 1982, ha
proceduto attraverso la strutturazione
di un piano specifico per il centro
storico, che prevede solo il recupero e
non ampliamenti e nuovi insediementi,
spostando questi ultimi nelle aree della
pianura. Ma significa anche aver messo
mano all’abusivismo diffuso nelle aree
agricole negli anni ’70 e ’80 e aver
avviato piani di recupero, proseguendo
con i nuovi strumenti oggi in corso
di adozione, come la variante al PRG.
I punti chiave della pianificazione a
Sermoneta oggi sono la mobilità, la
viabilità, i servizi scolastici, sociali,
culturali. E la popolazione gradisce, al
punto da essere cresciuta negli ultimi
anni in modo molto consistente, dai
6.600 residenti del 2001 agli oltre
9.100 del 2011. E ciò non dipende
solo dalle aree di espansione urbana
della pianura, ma proprio dal sistema
di servizi che il Comune e il territorio
offrono. Visitare Sermoneta dunque
non è solo immergersi nella bellezza
dell’agricoltura pontina, del borgo
storico e dei saperi e sapori del luogo,
è rendersi conto che un altro modello
di sviluppo è veramente possibile. E
che l’Italia è ricca di questi esempi, che
forse andrebbero un po’ più studiati e,
anche aiutati.
youSPECIAL - 101
A Londra,
con Aristotele
La polis come modello di conoscenza e (dunque) di tolleranza
Jatinderpal Singh Bhullar, il primo militare di
religione sikh a entrare nelle Scots Guards della
regina Elisabetta II indossando non il solito
copricapo in pelo d'orso, ma un turbante.
di Stefano Moriggi
C
hi avesse assistito al cambio
della guardia a Buckingham
Palace l’11 dicembre scorso,
aguzzando un po’ la vista avrebbe
potuto notare qualcosa (o meglio,
qualcuno!) di insolito. Una delle Scots
Guards, infatti, pareva essersi concesso
qualche licenza di troppo rispetto
alla rigorosa divisa d’ordinanza
delle celebri Guardie appiedate
(footguards) di Sua Maestà. Al posto
del tradizionale busby (il colbacco – in
origine – di pelle d’orso, alto 47,5
cm), il militare in questione portava
un esotico turbante e, non meno
vietata dal severo protocollo, esibiva
anche una folta barba nera. I più
informati già sapevano che quella
“curiosa presenza” rispondeva al
nome di Jatenderpal Bhullar e che,
in realtà, non aveva infranto alcun
102 - youTalk
regolamento. Anzi, il venticinquenne
di origini indiane era il primo sikh
ammesso a presidiare il Palazzo Reale.
Per l’occasione, le autorità militari - a
cominciare da Elisabetta II, capo delle
giubbe rosse - avevano messo mano a
norme che erano rimaste inalterate
dal 1815, inglobando l’eccezione nella
regola.
Forse che persino ai piani alti della
monarchia si sia cominciato a non
equivocare tra rispetto della tradizione
e astratta conservazione di un modello
(estetico, ma non solo)? Ci sarebbe
da augurarselo! Anche perché - ironia
della storia - in quelle stesse ore in cui
Bhullar prendeva servizio, venivano
resi noti i risultati del censimento del
2011. Dopo di che, quella che avrebbe
anche potuto suonare come una
notizia di colore da rubricare tra le
tante eccentricità del Regno, diventava
invece a pieno titolo un eloquente
segno dei tempi.
Limitandosi ai dati relativi alla capitale
inglese, emergeva infatti che degli
8,2 milioni di abitanti i “bianchi
britannici” per la prima volta erano
diventati minoranza: ovvero, se nel
2001 costituivano ancora il 59,8% della
popolazione londinese, solo dieci anni
dopo erano scesi al 45%.
Più nel dettaglio, a fronte di 3
milioni e 700 mila “wasp” (white
anglo-saxon protestant), dall’ultimo
censimento risultavano un milione
e mezzo di asiatici, un milione di
africani e caraibici, 100 mila arabi,
405 mila che si sono riconosciuti
sotto l’etichetta di “razza mista” e
1 milione e 175 mila di altri gruppi
etnici. E, come opportunamente
osservava dalle colonne del Corriere
della Sera (13/12/2012) Fabio
Cavalera, sbaglierebbe chi si limitasse
a considerare l’emigrazione per
lo più nei termini di un “trend di
indigenza”. Nella ricca ed elegante
zona di Kensington-Chelsea, per
esempio, “i banchieri, gli oligarchi e
i professionisti sia russi, sia cinesi, sia
arabi, sia indiani, sia anche italiani
costituiscono un esercito pari al 30%
della popolazione”.
Non è mancato chi, alla luce di
questi dati, abbia visto nella realtà
demografica londinese l’anticipazione
di un futuro “globalizzato” e senza
identità. Nulla di nuovo, verrebbe
da dire... Già il dottor Watson, prima
di cominciare a misurarsi con le
geometrie della ragione di Sherlock
Holmes, aveva definito la Londra
della regina Vittoria come “quel
grande pozzo nero dal quale tutti
gli sfaccendati dell’Impero vengono
irresistibilmente inghiottiti” (A.
Conan Doyle, Uno studio in rosso,
1881). Ma forse a Watson – e a molti
altri come lui – non è mai capitato di
imbattersi nella Politica di Aristotele.
Diversamente, il dottore partorito
dalla mente di Conan Doyle avrebbe
potuto capire cosa, secondo il
pensatore greco, contraddistingue
una città da altre forme di agglomerati
urbani. La polis, scriveva il filosofo di
Stagira, è tale non per la sua grandezza
o per le sue ricchezze, ma solo se “si
compone di uomini di tipi differenti”.
E precisava: “popolazioni simili non
possono dar luogo a una polis”.
Certo, Aristotele era un meteco
(oggi diremmo uno “straniero” –
residente in una Città-Stato, Atene
- con un permesso di soggiorno
a tempo determinato); tuttavia,
ben più che l’auspicio etico di una
tolleranza diffusa e praticata verso
chi “viene da fuori”, a stimolare la sua
argomentazione era la convinzione
che la compresenza di diversità
è (anzitutto!) una esperienza di
conoscenza - degli altri, per differenza
da sé; e di sé, nel confronto con
gli altri. E la città andrebbe quindi
concepita come il teatro delle
diversità. Dopotutto, cos’altro significa
conoscere se non, appunto, pensare
la differenza? E la stessa tolleranza
tanto predicata, a meno di concepirla
come un fragile spirito di reciproca
sopportazione, non può che derivare
da quella (doppia) conoscenza che si
genera solo nell’incontro tra “diversi”.
Ecco allora che l’altro, lo straniero,
il diverso diventano addirittura
indispensabili, non fosse altro per
provare a comprendere davvero se
stessi, la propria storia, le proprie
tradizioni. La città è il luogo dove
tale incontro è possibile e necessario.
Sempre e di nuovo. Non rimane
dunque che scegliere: passeggiare
nella “nuova” Londra sottobraccio
ad Aristotele o precipitare nel “pozzo
nero” delle (elementari) ansie
identitarie, inseguendo qualche
“dottor Watson” di ieri o di oggi...
youTalk - 103
essere un omaggio alla natura realizzato sia
attraverso texture ricordo di lussureggianti
vegetazioni sia per le caratteristiche di
ecologia e tutela dell’ambiente.
L’OCCHIO DELLA TELECAMERA
CHE RIDIMENSIONA
L’ARCHISTAR
PARETI DA ACCAREZZARE
Un nuovo rivestimento murario per
interni, affascinante, innovativo e ideale
per donare un tocco creativo alle pareti
di casa. Si tratta di Luce Wall Painting, un
prodotto frutto di una ricerca sviluppata
da Novacolor del Gruppo San Marco,
realtà specializzata da oltre 40 anni
nella creazione di finiture d’interni
per l’architettura. Una nuova gamma
che amplia il settore Cityvision concept
dell’azienda di Forlì e lo rinnova con
un rivestimento in grado di donare alle
pareti sensazioni cromatiche futuristiche
abbinate a giochi tattili delle superfici. I
timbri tintometrici si arricchiscono delle
gradazioni ottenute dalla leggera scabrosità
permessa dall’abbinamento delle vernici
con rivestimenti d’interni a base di cariche
metalliche. Il risultato sono soluzioni
tattili e visive innovative. Alle capacità
sensoriali suggerite dalla vasta gamma
tintometrica, completamente in linea con
le ultime tendenze delle decorazioni di
interni, si abbina una facilità di utilizzo
che rende il prodotto utilizzabile sia dal
decoratore professionista sia dal privato.
Lo sviluppo di questi elementi decorativi e
d’immagine trovano inoltre la fortuna del
mercato estero nonostante le normative
siano più restrittive e severe. Alla luce di
tutto ciò, Novacolor presenta questo nuovo
prodotto che si caratterizza per il suo
104
L’architettura contemporanea è fascinosa,
ricca di spunti e talvolta tecnologicamente
all’avanguardia ma molto spesso si scorda
dell’uomo in quanto suo reale fruitore.
Il contemporaneo dimentica di dover
preferire l’usabilità alla fascinazione. Per
questo l’archistar, o meglio le sue creazioni,
sono molto spesso calamita di critiche. A
questi quesiti, e forse in difesa degli artisti
dell’architettura, risponde il tour Living
Architectures Marathon, un progetto
itinerante che porterà nei principali musei
italiani di arte contemporanea una serie
di film dedicati all’argomento. Il progetto
creato e sviluppato da Ila Bêka e Louise
Lemoine nasce dal desiderio di raccontare
le architetture attraverso le persone che
la abitano portando alla luce la vitalità,
la fragilità e la bellezza degli individui
che la mantengono ogni giorno. L’opera
architettonica abbandona così la seduzione,
risultato di interpretazioni che la vogliono
monumento devozionale, e inizia a
mostrarsi come il risultato dell’unione
di spazi, di ambienti e di persone, ovvero
come luoghi di vita quotidiana. Il progetto
partito con il film “Koolhaas houselife”,
nel quale la protagonista è la domestica
della villa realizzata da Rem Koolhaas a
Bordeaux, ha sin da subito riscosso un
notevole successo invitando gli autori a
produrre altri quattro film. Protagonisti
della serie alcune opere di Richard Meier,
Renzo Piano, Frank Gehry ed Herzog&De
Meuron. Un lavoro imponente che, dopo
le anteprime al Palais de Tokyo e alla Cité
de l’Architecture di Parigi, questa estate
sarà protagonista di un’intensa maratona
di proiezioni gratuite, iniziata il 27 giugno
al MAXXI di Roma e che si concluderà il
20 settembre a Casa Cavazzini di Udine.
Nel mezzo, il progetto farà tappa anche
alla Triennale di Milano, al Centro Pecci di
Prato e al MART di Rovereto.
LO SCHWEIGHOFER PRIZE
2013 DICE ITALIA
Il 2013 è l’anno della sostenibilità e molti
progetti iscritti all’ormai tradizionale
Schweighofer Prize, premio biennale
dedicato al legno, ne hanno ribadito
l’importanza. E a vincere è stato un
italiano. Il Gran Premio 2013 è stato
infatti assegnato a Federico Giudiceandrea
della Microtec di Bressanone, un premio
alla carriera e ai risultati di anni di
attività di ricerca sul campo. L’ingegnere
italiano ha dedicato una vita allo studio
del legno grezzo realizzando oltre 60
brevetti e dedicandosi con passione a
formazione, educazione e divulgazione
del tema. Il concorso nato nel 2002 su
iniziativa della famiglia Schweighofer,
da anni impegnata nella lavorazione
del legno e nella divulgazione di questa
tipologia costruttiva anche attraverso il
premio biennale, è stato assegnato come
da tradizione all’interno del Municipio
di Vienna. Oltre all’Italia altri quattro
progetti – tedeschi, scandinavi e austriaci –
si sono contraddistinti tra i 71 partecipanti,
convincendo la giuria ad assegnare loro
l’ambito Premio all’Innovazione. Ad essere
premiati sono state le soluzioni come
il Kiesteg Bauelemente – un elemento
per la costruzione di legno efficace pur
permettendo un uso ridotto di materiale
con l’unione di legno e di lamiera forata,
un’accoppiata resistente e di alto valore
estetico; il Legno-Hybrid che somma i
benefici del legno unito ad uno strato di
cemento armato prefabbricato; e il Nordic
Wooden Cities, ovvero una collaborazione
tra enti pubblici e privati scandinavi
per lo sviluppo di uno standard per le
costruzioni in legno sopra i due piani. La
cerimonia di premiazione è stata arricchita
dall’esperienza offerta da Foresta Futura,
un’installazione interattiva rappresentante
il ciclo del legno e le interazioni tra natura,
clima, economia e tecnologia.
news
dalla rete
CLOUD E MOBILE PER AUTOCAD
www.autocad360.com
www.perlite.it
106
L’ENERGIA ALTERNATIVA
DIVENTA UN GIOCO
www.powermatrixgame.com
portoghese e spagnolo, ma il team di
sviluppatori sta lavorando per ampliare
le lingue disponibili. Pensata sia per
iPhone sia per sistemi Android, la app per
smartphone è scaricabile dai sistemi online
di riferimento, mentre per la versione
beta web è necessario visitare il sito www.
autocad360.com.
PERLITE SI RIFÀ IL LOOK
Autodesk Inc rilancia i propri software e
immette sul mercato una versione del suo
prodotto di punta: Autocad. Nasce, infatti,
AutoCAD 360, una linea di applicazioni
web e mobile per il disegno industriale,
che permette di modificare, creare e
condividere ogni progetto in qualsiasi
istante. La novità fa parte dell’offerta
del pacchetto AutoCAD Pro Mobile, una
versione professionale acquistabile con tre
possibili modalità tutte connesse. Un vero
e proprio cloud pensato per il disegno
professionale con un pacchetto funzionalità
davvero completo: dalla creazione di
nuovi disegni o del caricamento di vecchi
progetti alla possibilità di supportare file
anche di grosse dimensioni. AutoCAD
360 riesce a connettersi con i maggiori
servizi di condivisione dati e presenta una
tavolozza dei blocchi di oggetti davvero
ricca e completa. Per meglio operare
sono stati realizzati nuovi strumenti
che facilitano le opzioni più avanzate
necessarie per un progetto realmente
professionale. Al momento AutoCAD 360
è disponibile in inglese, cinese, francese,
tedesco, italiano, giapponese, coreano,
soffermandosi sulla veloce presentazione
dei prodotti oppure approfittare
dell’attenta descrizione del singolo
prodotto mostrato attraverso case history,
schede tecniche e schemi di capitolato.
Molto interessanti sono anche i rimandi a
siti esterni di approfondimento scientifico,
di presentazione normativa o dedicati alle
novità, agli eventi e agli appuntamenti
del mondo dell’edilizia. Il sito permette
d’iscriversi alla newsletter dell’azienda, un
modo per rimanere connessi aggiornati
sul mondo Perlite e su tutte le novità e
proposte lanciate dall’azienda.
Una nuova veste grafica per migliorare la
navigabilità del sito. Queste le novità del
restyling del sito di Perlite - www.perlite.it –
la nota azienda di produzione di perlite
espansa. Nuovo design ma anche nuovi
contenuti, molto più ricchi e approfonditi
per rendere la navigazione del sito utile
anche al professionista o alle imprese
edili che necessitano di informazioni
precise e complete. La home page chiara,
accessibile e dall’alta usabilità mette in
primo piano le declinazioni principali per
conoscere ed utilizzare le soluzioni Perlite
nei settori dell’agricoltura, dell’industria
e dell’edilizia. Tre link diretti alle
sottosezioni, a loro volta suddivise nelle
varie categorie del settore, dove l’utente
può decidere il livello di approfondimento,
Il settore Energy di Siemens ha realizzato
un gioco online gratuito nel quale
l’utente deve realizzare un sistema
energetico sostenibile per una città:
Power Matrix. L’utente potrà apprendere
gli effetti causati dall’interazione
tra diversi tipi di generazione di
energia elettrica e le normative che
regolano le reti. Il gioco si rivolge sia al
professionista sia all’utente interessato
al tema, entrambi assumeranno il ruolo
di energy manager di un determinata
zona rurale e attraverso lo sviluppo
energetico diverranno fautori o meno
della crescita di questa realtà. Una
crescita che passa inesorabilmente
attraverso le corrette scelte energetiche,
puntando al mix tecnologico intelligente
e alla funzionale fornitura di impianti
di alimentazione. L’energy manager
potrà confrontarsi e scegliere tra i diversi
sistemi di produzione dell’energia, dai
più tradizionali alle innovative soluzioni
delle fonti rinnovabili. Lo sviluppo
sostenibile e il mix energetico sono
visti come la soluzione ideale. Meglio
saranno combinate le fonti energetiche,
maggiore sarà la crescita della città. Ma
anche gli investimenti in ricerca vengono
premiati. L’utente può infatti guadagnare
bonus qualora decida di investire nella
creazione di nuovi soluzioni per l’uso
sostenibile ed efficiente delle risorse.
hi
AI PIEDI DELLA TECNOLOGIA
I calzini sportivi verranno identificati non più solo per la
loro comodità d’uso durante l’attività fisica, ma anche perché
da oggi si fanno sempre più hi-tech. Nasce infatti Sensoria di
Heapsylon, un sofisticato sistema di calza dal tessuto speciale che
intreccia al suo interno una serie di sensori in grado di raccogliere
durante l’attività fisica tutta una serie di informazioni e di inviarle
tramite il dispositivo bluetooth, posizionato ad altezza caviglia, a
dispositivi come smarthphone o computer. L’analisi di tutti i dati raccolti
permetterà all’utente di modificare o migliorare le sue tipologie d’allenamento.
Non solo, Sensoria permette tramite l’accumulo d’informazioni di prevenire il
rischio di infortuni o di migliorare il recupero dagli stessi evitando sollecitazioni
dannose e pericolose. Una tecnologia da seguire, sperando che presto venga distribuita
anche in Italia.
GUARDAROBA SPRAY
Addio tessuti lavorati a maglia o a
macchina, benvenuta tecnologia spray.
Nasce infatti Spray-on-Fabric, una nuova
tecnica per indossare le nostre magliette
preferite, o meglio, per spruzzarle.
L’idea è scaturita dall’ingegno del
designer spagnolo Manuel Torres e
delle conoscenze fisico chimiche di
Paul Luckkham dell’Imperial College di
Londra. Questo rivoluzionario sistema
porterà ad un radicale ripensamento
della moda tradizionale: si tratta di un
tessuto-non tessuto formato da una
miscela di fibre di cotone, polimeri
e solventi da spruzzare direttamente
sulla superficie che si vuole ricoprire.
La creatività trova quindi nuovi terreni
nei quali esprimersi. Il materiale viene
spruzzato e crea così una patina, che si
secca all’istante, facile da personalizzare
con colori e persino profumi diversi. Il
vantaggio? I vestiti non sono monouso
ma resistono ai lavaggi anche in
lavatrice. Ma in futuro si guarderà
anche ad altri campi applicativi come
bende, salviettine, tappezzerie per auto
e mobili.
ADDIO FELINI
è L’ORA DEL SURF
NUOVO SOFTWARE
PER NOKYA MOBILE
Nokya abbandona il problematico
Symbian e si tuffa a capo fitto nella
tecnologia Microsoft. Il nuovo modello
LUMIA 925 baserà la sua tecnologia
su Windows Phone. I plus saranno la
serie 8o8 Pureview con fotocamera
da 8,7 megapixel che permettono foto
e riprese video di elevata qualità.
Con l’applicazione Smart Camera
sarà possibile trasformasi in abili
fotografi professionali e le opzioni
Best Shot e Action Shot renderanno
audaci le prestazioni fotografiche
dell’apparecchio. La presenza di Nokya
Music renderanno invece interminabili
le ore di ascolto dei file audio con la
possibilità di creare gratuitamente
le playlist. Affascinante risulta anche
l’applicazione Map Here che consente
un’esperienza unica nella visualizzazione
di mappe, viabilità e realtà aumentata.
La scocca del nuovo smartphone sarà in
metallo con una cornice in alluminio a
protezione del potente display Amoled
da 4,5 pollici. Il costo dovrebbe aggirarsi
dai 599 ai 649 euro per la versione in
esclusiva Vodafone.
Tante novità sono state presentate
al consueto Apple WWDC 2013, tra
queste il OS X Mavericks. Il nuovo
sistema operativo lanciato dalla casa di
Cupertino. Apple ha rinnovato il nome
abbandonando le declinazioni feline per
una più sportiva denominazione surfistica
come la città californiana. Insieme al
nome, le novità sono oltre 200 e tra queste
si fanno notare le applicazioni per le
mappe, iBooks, finder Tag e Tab. Le
mappe permettono di pianificare su Mac
i viaggi e di condividere in istantanea i
risultati con qualsiasi accessorio Apple.
Con iBooks invece sarà possibile leggere
tutta l’offerta editoriale dello store.
Quest’ultima applicazione permette
di cambiare supporto - iPad, iPhone,
etc - continuando dal punto in cui si
aveva interrotto la lettura. I nuovi tag
dimostrano lo sforzo degli sviluppatori
di semplificare la ricerca dei file, e sono
una delle novità più interessanti: basterà
etichettare il file con una determinata
parola chiave per poi rendere più veloce
il suo recupero. Uno stesso file può avere
più tag per farlo rientrare in più progetti.
I tab invece presentano finalmente la
possibilità di raggruppare più finestre in
una attraverso l’uso dei pannelli.
107
ZAPPING
Roma… a Como con M.V.B.
La finitura superficiale simile alla pietra
di Roma, il massello autobloccante di
M.V.B., ha portato a nuova vita la parte
del lungolago di Como tra piazza Cavour
e i Giardini di Ponente. L’area, inserita in
un intervento di riqualificazione che l’ha
resa nuovamente fruibile per i cittadini, è
stata trattata in parte a verde con una zona
per il gioco bimbi, e in parte pavimentata.
Quest’ultima ha visto l’utilizzo del massello
Roma, nelle due colorazioni “Lava” per i
viottoli di collegamento e “Grigio serizzo”
per la passeggiata principale, e di inserti di
masselli Quadro, di 24 x 24 cm e Quadro
Plus che ha permesso il posizionamento di
faretti a luce LED. Particolarmente adatto
per pavimentazioni di piazze e strade,
Roma di M.V.B. garantisce un’estrema
stabilità grazie al sistema di incastro di
elementi modulari (interlocking system),
pensato già in fase di progettazione per
agevolare la posa a macchina e velocizzare
le operazioni di cantiere.
Ninfa Muretto certifica
anche il fissaggio
Faraone ripropone Ninfa Muretto, presentando
un innovativo sistema brevettato e certificato che
comprende anche il fissaggio. La balaustra in vetro
Ninfa Muretto è fissata al pavimento con viti certificate
Faraone, mentre il fissaggio delle balaustre è su una
base in cemento simile ad un terrazzo, e non più su
trave in ferro. Già pronta alla consegna e alla posa in
opera, il prodotto unisce un design elegante e ricercato
ad una tecnologia innovativa e all’avanguardia
che comprende le seguenti caratteristiche: sistema
brevettato, vetro temperato, altezza massima del vetro di
750 mm, altezza del profilo di soli 88 mm, certificazione
alla spinta ed effettuata da ente autorizzato.
Wienerberger sostiene
la ricostruzione post sisma in Emilia-Romagna
Wienerberger ha deciso di sostenere Alessandro Cecchini, fondatore di Young Architects
Competitions (YAC) e ideatore del concorso di idee per progettisti under 35 “Post
Quake Visions”, dedicato alle tematiche sismiche. Le idee progettuali di intervento sono
destinate all’insieme dei lotti compromessi dal terremoto emiliano all’interno del centro
storico di Crevalcore, uno dei comuni italiani più danneggiati. I partecipanti potranno
elaborare progetti che rispondano a una logica di personalizzazione dell’uso dello spazio
architettonico e con finalità di rivitalizzazione culturale e commerciale del centro storico.
Sul sito www.youngarchitectscompetitions.com sono disponibili tutti i materiali necessari per
lo sviluppo dei progetti. Il concorso è aperto fino all’11 novembre 2013.
Silenzio certificato
con Isolmant Polimuro
Isolmant ha progressivamente ampliato nel tempo la propria
gamma di soluzioni per l’isolamento acustico degli edifici.
Ultima novità Polimuro, un prodotto che in soli 12 mm è
in grado di offrire, integrato in opportune stratigrafie di
parete, elevate prestazioni fonoisolanti. Composto da uno
strato di Isolmant 5 mm accoppiato su entrambi i lati alla
fibra agugliata Fibtec XF3, Isolmant Polimuro è indicato
per l’isolamento in intercapedini di dimensioni ridotte,
da 2 a 4 cm. L’azione combinata di Isolmant e degli strati
di fibra Fibtec XF3 permette di raggiungere, con pareti
di massa idonea, elevati valori di isolamento acustico, in
quanto fornisce sia l’effetto di fonoassorbimento che di
fonoimpedimento. Isolmant Polimuro è inoltre semplice da
posare: basta fissare il telo alla parete già costruita mediante
tasselli in nylon o mediante listello superiore inchiodato
al muro, avendo cura di stendere il materiale in un unico
strato continuo utilizzando la battentatura.
108
Un portone
di design per Hörmann
LPU40 di Hörmann è un portone sezionale
in acciaio che si contraddistingue per
il design moderno e curato. Dotato di
apertura verticale e scorrimento a soffitto,
LPU40 consente il massimo utilizzo dello
spazio nel garage e nella zona antistante
l’ingresso. Adattabile ad ogni tipo di
garage, sicuro e resistente nel tempo,
LPU40 ha una doppia parete coibentata ed
è disponibile in 16 colori preferenziali e, a
richiesta, in tutte le tonalità della gamma
RAL. Molteplici le varianti estetiche, dalle
eleganti finestrature all’inserimento della
portina pedonale, dai classici cassettoni
S alle moderne grecature (S, M e L)
effetto legno Woodgrain. Oltre all’effetto
materico della finitura New Silkgrain,
finemente ruvida al tatto e di grande resa
estetica, LPU40 è disponibile anche nella
finitura Micrograin con microprofilatura
ondulata, ed effetto simil legno Decograin
che dall’autunno 2013 sarà sostituito
dalla nuovissima superficie Duragrain,
disponibile in 24 motivi decorativi
fotorealistici.
Riconoscimento
internazionale
per Laterlite
Perform & Protect:
il nuovo logo Dewalt
che certifica la sicurezza
Laterlite ha vinto l’“NCE International
Tunnelling Awards” per l’anno 2012,
nella categoria “Miglior innovazione
tecnologica dell’anno”. Il merito va allo
sviluppo di un’originale tecnologia
applicativa dell’argilla espansa Leca nel
campo delle costruzioni geotecniche,
realizzata dalla collaborazione tra
Laterlite, la società di progettazione SWS
Engineering di Trento e il Dipartimento
di Strutture del Politecnico di Milano.
L’unione tra le competenze di queste tre
realtà ha permesso di ideare, progettare
e sperimentare un nuovo impiego per
l’argilla espansa nello scavo meccanizzato
di gallerie profonde, investigandone in
particolare il comportamento come strato
di riempimento tra le pareti di scavo e
i conci prefabbricati. Sperimentato per
il nuovo tunnel di sicurezza del Gran
San Bernardo e quello del Frejus, questa
tecnica innovativa d’impiego di argilla
espansa è attualmente al vaglio anche per
altri importanti progetti infrastrutturali.
DeWalt concretizza il suo impegno per la
riduzione degli incidenti sul lavoro e delle
malattie professionali, con Perform & Protect
(P&P), progetto mondiale che certifica
attraverso un logo
le prestazioni di
protezione degli
elettroutensili
DeWalt in merito
a riduzione delle
polveri e delle
vibrazioni manobraccio, oltre a un
miglior controllo
della macchina.
In Italia sono già
52 i prodotti che
hanno ottenuto
il logo Perform
& Protect, come
la nuova gamma di martelli demo-perforanti
da 6, 8 e 10 Kg. Gli altri elettroutensili con
logo P&P sono aspiratori solidi/liquidi,
martelli elettropneumatici, tassellatori
elettropneumatici, smerigliatrici angolari,
tassellatori a batteria e i trapani a filo. Perform
& Protect a breve allargherà il suo campo
d’azione anche alla protezione dal rumore.
Sicis inaugura un nuovo
showroom a Beijing
Da Isover Saint-Gobain,
il tetto anti-zanzare
Si chiama SyntoDefense ed è uno speciale telo
sottotegola tri-strato per tetti a falda ventilati
di Bituver, marchio di Isover Saint-Gobain, che
assicura una difesa da zanzare, insetti e volatili.
Grazie ad uno speciale trattamento certificato a
cui è sottoposto in fase di produzione, il telo si è
già dimostrato efficace come anti-zanzare, antiinsetti, anti-muffe, antifunghi e alghe, anti-acari
e per il controllo dei volatili. È però anche un
materiale ecosostenibile, a misura dei residenti e
dell’ambiente. È infatti un prodotto organico che
sfrutta la nanotecnologia, biodegradabile al 98%,
anallergico per l’uomo e gli animali domestici.
Composto da una lamina traspirante rivestita
su entrambe le facce con film polipropilenico,
SyntoDefense è nello stesso tempo traspirante al
vapore acqueo e impermeabile all’acqua, oltre ad
avere un’alta grammatura e una buona resistenza
ai raggi U.V e agli agenti atmosferici.
A ottobre 2013 Sicis sbarca in Cina
con il suo nuovo showroom, grazie
all’accordo siglato con il distributore
pechinese, la società Di Lusso Gaopin
(Beijing) Design Co.Ltd. Disposto
su una superficie di oltre 600 mq, lo
showroom presenta due aree: la prima
ricrea gli ambienti di un’abitazione
con eleganti pavimenti in marmo,
pareti in mosaico artistico raffiguranti
fantasie floreali, e arredi del brand
Sicis Next Art; la seconda parte invece
è composta da librerie di mosaici
in marmo, vetro ed altri materiali.
Pensato ad hoc per il concept store
di Beijing, un elegante pavimento a
mosaico rende omaggio alla cultura
cinese, raffigurando un lungo dragone
su sfondi rossi, neri e dorati, mentre
le superfici in mosaico impreziosite da
ori, iridescenze geometriche e ventagli
orientali richiamano l’arte decorativa
cinese.
109
Questioni di
gola
AMMICCANTE DELIZIA
Con cipolla, olive, salvia o semplicemente all’olio la focaccia da
sempre conquista i palati di gourmet e non solo. Inoltre è un prodotto
riconosciuto e quella genovese si può griffare del marchio Pat,
Prodotto agroalimentare tradizionale. Dal 2012 però anche il marchio
Igp ha fatto sua una particolare versione di focaccia, quella col
formaggio di Recco. Uno dei luoghi nei quali si può riassaporarla in tutta la sua tradizionale forma
è il panificio Moltedo in via Assereto a Recco. Gli ingredienti sono noti, acqua, farina, sale, crescenza
e olio d’oliva, ma le giuste dosi sono uno dei segreti della zona difesi e protetti anche dal consorzio
Focaccia di Recco. Il prodotto della Moltedo non si ferma all’Igp ma è diventato anche un presidio
Slow food, il merito sta anche nell’uso di un forno girevole il cui movimento rende uno spettacolo
il cospargere la superficie con i pezzetti di crescenza. L’impasto viene poi ricoperto da un nuovo
strato d’impasto e ripiegato a mano. Questa è la poesia culinaria scritta ogni giorno dal fornaio
Gio Batta Moltedo, ma alcuni trucchi del mestiere possono essere rubati approfittando delle lezioni
professionali organizzate da Ascom-Confcommercio per panificatori e ristoratori della regione.
Striscia rossa: Un’estate a tutta Birra!
NETTARE D’ORZO
DA PICCOLO PRINCIPE
Ormai non si parla più solo di buon
vino ed etichette enologiche. Le bionde,
ovvero le birre, stanno scalando la
classifica delle bevande più apprezzate
e anche i birrifici stanno vivendo un
periodo di fortuna. In Italia una delle
realtà più importanti è il Birrificio
del Ducato di Roncole Verdi di
Busseto (PR), e da questa fucina
nasce L’Ultima luna, una barley
wine – ovvero vino d’orzo – di
grande carattere. Maturata per 18
mesi in barriques di rovere francese
precedentemente utilizzate per il vino
Amarone della Valpolicella, questa birra dal
colore ramato diviene un viaggio attraverso
profumi di frutti rossi e vaniglia che scivolano
poi in timbri tipici del sottobosco e ricordi
di vigna. Calda e avvolgente al primo sorso
diviene poi corposa e priva di gasatura.
L’etichetta cita Dalì e Saint-Exupéry: un
bimbo che surrealisticamente solleva il mare a
ricordo delle opere dell’artista e dello scrittore.
Uno stimolo ai giovani a coltivare la passione
per la ricerca, la scoperta e la meraviglia.
MITOLOGIA DA BICCHIERE
Nell’antica Creta, isola nella quale prese
avvio la civiltà minoica, con il termine
Brùton si era soliti nominare la birra. E
litri e litri di Brùton erano le
offerte gradite al sacro dio toro, ovvero il
Minotauro, rinchiuso nel suo labirintico
palazzo di Cnosso, mentre le vestali erano
solite cospargersi di questa bevanda durante
le danze propiziatorie. Questi ricordi
mitologici sono alcune delle motivazioni
che hanno portato alla nascita del birrificio
Brùton, una realtà sorta sulle rive del
fiume Serchio all’interno di una tipica
costruzione rurale toscana. E il risultato
più rappresentativo è la Birra Bruton, una
birra chiara poco alcolica ma, come vuole
la tradizione tedesca, caratterizzata da
note floreali intense e fresche. Una bionda
dissetante e dall’aroma delicato in grado di
abbinarsi, vista la sua semplicità gustativa,
anche con prodotti delicati come pesce e
formaggi poco stagionati.
COCCARDA PER LA NERA
Il birrificio Rienzbräu di Brunico si ricorda
per l’accogliente ristorante dal quale una
serie di oblò permettono anche agli ospiti
di controllare la fermentazione della birra,
prodotta con l’avanguardistico impianto
Joh Albrecht, fra i migliori al mondo per la
produzione qualitativa della birra. Per questo,
le birre Rienzbräu continuano ad inanellare
successi e vittorie nei principali concorsi
nazionali. Nel 2012 la Nera, birra ambrata
e scura dal basso grado alcolico, ha infatti
trionfato nella sua sezione sbaragliando
tutte le altre concorrenti presenti all’annuale
concorso organizzato UnionBirrai. La Nera,
dal sapore forte e marcato, ha vinto grazie
al suo essere un prodotto che nulla ha da
invidiare ai modelli irlandesi.
andando per ristoranti
BIRRA IN CUCINA
Un luogo nel quale è la riscoperta il fil rouge che lega assieme i piatti e le bevande
proposte dallo chef Marco Stabile. Si tratta de l’Ora d’Aria il ristornate aperto nel
2010 dal giovane chef quarantenne e che da ormai tre anni convince gli appassionati
della tradizione culinaria toscana a fermarsi in via dei Georgofili. Stabile presenta
quindi una carta fatta di ingredienti tradizionali, di piatti poveri tipici della cucina toscana, tutto
mescolato al ritmo di semplicità e genuinità che dal 2011 è valsa la stella Michelin. Una voglia
di riscoperta che ha lanciato la sfida anche al mondo della birra. Dal 2008 infatti lo chef ha
iniziato un percorso tra birra e cibo mostrando la forza di questa bevanda come ingrediente
di molti dei suoi piatti. Un percorso di ricerca che è stato premiato nel 2011 anche a Identità
Golose. In quell’edizione infatti lo chef Stabile è stato insignito del premio Birra in cucina. Il
menù attuale non presenta alcun piatto realizzato con l’uso della birra, ma nel sito internet del
ristorante l’unica ricetta proposta e consigliata sono le animelle appunto alla
birra. Un salto all’Ora d’Aria vale la pena di farlo, quantomeno per provare in
tutta la sua varietà un’esperienza culinaria dal timbro toscano e meglio se
a pranzo quando viene proposta la versione tapas: piccoli assaggi di tutto
il menù a prezzi economici.
Ristorante Ora d’Aria
Via dei Georgofili 11R – 51022 Firenze (FI) ITALIA
T/F +39 055 200 16 99 – [email protected]
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youbook
I signori del rating
Conflitti di interesse e relazioni pericolose delle
tre agenzie più temute dalla finanza globale
di Paolo Gila
e Mario Miscali
Bollati Boringhieri
Collana Temi
2012; pp. 183
14 euro
È di poco tempo fa la notizia che
l’agenzia Standard & Poor’s ha tagliato
il rating dell’Italia a BBB, gettando il
nostro Paese a un passo dal gradino junk
(spazzatura), uno spauracchio per tutti
gli investitori. Le agenzie di rating si sono
imposte all’attenzione dell’opinione
pubblica per il potere abnorme che hanno
nel determinare le sorti dei mercati e
degli Stati interi: un loro giudizio può
sconvolgere le sorti di una nazione.
Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch sono le
“tre sorelle” della finanza mondiale. Ma chi
sono nella realtà? Chi sono i suoi azionisti,
come operano, quali regole sono tenuti
a seguire? Basti pensare che parte degli
azionisti di Standard & Poor’s e di Moody’s
sono il fior fiore dell’industria statunitense
dei fondi di investimento. A questo punto
una domanda sorge spontanea: chi
controlla i controllori? Paolo Gila e Mario
Miscali rispondono a queste e a molte
altre domande, offrendo una panoramica
dettagliata e documentata delle agenzie
di rating e individuando, al tempo stesso,
le possibili riforme del settore, basate su
responsabilità, concorrenza, trasparenza,
efficienza e indipendenza.
Per chi: esperti di economia e non,
il libro, chiaro e scorrevole, aiuta a
comprendere i meccanismi che si celano
dietro i mostri della finanza internazionale.
Dissanguati?
La guida pratica per la tutela del consumatore
a cura del Codacons
De Agostini
2013; pp. 416
14,90 euro
Come dimenticare la celebre scena di
“Totòtruffa ‘62”, in cui un abile Totò vendeva
la fontana di Trevi a un ingenuo turista
americano? Diventato emblema del navigato
imbroglione, il personaggio interpretato dal
celebre comico italiano non è mai scomparso.
Tra contratti telefonici e titoli finanziari su cui
aleggia l’ombra del sospetto, tranelli dell’ecommerce e frodi alimentari (ricordate il caso
delle famose mozzarelle blu?), il pericolo è
sempre in agguato. “Per difendersi dalle frodi
non serve un supereroe: basta essere informati
sui propri diritti” affermano dal Codacons,
l’associazione per la tutela dei consumatori,
che ha appena dato alle stampe una pratica
guida. Attraverso i labirinti della normativa,
la guida del Codacons spiega in modo chiaro
e semplice come aggirare le trappole, e cosa
fare quando invece ci si è già caduti (azioni di
risarcimento, class action, fac-simili dei moduli
da compilare e link ai siti internet più utili).
Per chi: tra polizze assicurative, cartelle
esattoriali da salasso, pubblicità ingannevoli
e stangate varie, siamo tutti potenziali
vittime di truffe e trappole finanziarie.
“Non ingoiate il rospo!” è la risposta del
Codacons, che ha fatto della tutela dei
consumatori la sua mission.
Islanda chiama Italia
Storia del paese che rifiutò il debito
di Andrea Degl’Innocenti
prefazione
di Loretta Napoleoni
Edizioni Ludica - Collana
L’Informazione che Cambia
2013; pp. 284 in pdf
pp. 219 in ePub
8 euro
Una terra di ghiacciai e di vulcani, l’Islanda
è stato finora l’unico Paese che ha avuto il
coraggio di ribellarsi al debito imposto dai
governanti e dalla comunità internazionale.
L’inchiesta, condotta dal giovane giornalista
Andrea Degl’Innocenti, racconta la rivoluzione
islandese, dal sogno neoliberale fino al brusco
risveglio del collasso economico causato da
governanti corrotti e banchieri senza scrupoli.
Degl’Innocenti narra le vicende di un popolo di
ex-pescatori, travolto dal progresso e poi dalla
sua crisi, che ha deciso di sollevarsi in massa
contro la dittatura finanziaria internazionale
e di riscrivere le proprie regole, arrivando fino
alla stesura di una nuova costituzione condivisa.
Infine, il giornalista offre una panoramica di
alcune realtà che anche in Italia si adoperano
per cambiare la società. Il libro comprende
inoltre una prefazione dell’economista Loretta
Napoleoni, e si avvale dei contributi di Serge
Latouche, teorico della decrescita, Pierluigi
Paoletti, fondatore di Arcipelago SCEC, Marco
Bersani, del Forum dei movimenti per l’acqua.
Il testo è disponibile come e-book in versione
ePub e pdf.
Per chi: vuole approfondire le vicende di un
paese che, con una situazione finanziaria simile
alla nostra, se non peggiore, è riuscito a trovare
una via d’uscita alla “dittatura del debito”.
Ecomafia 2013
Le storie e i numeri
della criminalità ambientale
di Osservatorio Ambiente e
Legalità di Legambiente
prefazione di Carlo
Lucarelli
Edizioni Ambiente
2013; pp. 464
25 euro
Anche quest’anno si rinnova l’appuntamento
editoriale Legambiente con i dati aggiornati
e le storie della criminalità ambientale nel
nostro Paese. Dal 1993, anno della prima
edizione di “Ecomafia”, lo spessore del volume
è cresciuto costantemente, a testimonianza
del duro lavoro di contrasto delle forze
dell’ordine impiegate quotidianamente
nella lotta ai crimini contro l’ambiente,
ma anche dell’intensificarsi del fenomeno
dell’eco-criminalità. Dallo smaltimento
illegale dei rifiuti tossici all’abusivismo
edilizio, l’Osservatorio Nazionale Ambiente e
Legalità fa il punto sulla situazione presente,
con la speranza che tra vent’anni non ci sia
finalmente più nulla da segnalare.
Per chi: un libro per riflettere su
un fenomeno sommerso che influenza
direttamente le vite di ciascuno di noi, anche
per i costi che i reati contro l’ambiente
riversano ogni anno sulla collettività.
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e
t
o
n
u
yo
24 SETTEMBRE
9 ottobre
Smart Energy Expo
Fiera internazionale sull’efficienza
energetica
VI Convegno Nazionale
YouTrade “Riconversione”
20 SETTEMBRE
Quando: 24 settembre 2013, ore 9.30
Dove: Sala Caravaggio - Centro Congressi
Fiera di Bergamo, Via Lunga 1
Maggiori info: www.youtradeweb.com
Quando: dal 9 all’11 ottobre
Dove: VeronaFiere
Viale del Lavoro 8 37135 – Verona
Maggiori info: www.smartenergyexpo.net
16 OTTOBRE
25 settembre
Ediltek
Fiera dedicata al settore edile
Quando: dal 20 al 22 settembre 2013
Dove: MalpensaFiere
Via XI Settembre 16
21052, Busto Arsizio (Mi)
Maggiori info: www.ediltek.info
23 SETTEMBRE
Marmomacc 2013
Fiera internazionale di marmo, design e
tecnologie
Quando: dal 25 al 28 settembre 2013
Dove: VeronaFiere
Viale del Lavoro 8 37135 – Verona
Maggiori info: www.marmomacc.it
Saie 2013
Building innovation exhibition
Quando: dal 16 al 19 ottobre
Dove: Quartiere Fieristico Bologna
Viale della Fiera 20
40128 - Bologna
Maggiori info: www.saie.bolognafiere.it
18 OTTOBRE
2 ottobre
Cersaie 2013
Salone internazionale della ceramica per
l’architettura e dell’arredobagno
Made Expo 2013
Fiera internazionale dell’edilizia,
dell’architettura e del design
Quando: dal 23 al 27 settembre 2013
Dove: Quartiere Fieristico Bologna
Viale della Fiera 20
40128 - Bologna
Maggiori info: www.cersaie.it
Quando: dal 2 al 5 ottobre 2013
Dove: Quartiere Fiera Milano, Rho
Strada Statale del Sempione 28
20017 Rho - Milano
Maggiori info: www.madeexpo.it
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KlimaHouse Umbria
Fiera dedicata al risparmio energetico degli
edifici
Quando: dal 18 al 20 ottobre 2013
Dove: Umbria Fiere
Piazza Moncada
via Nazionale
06083 - Bastia Umbra (Pg)
Maggiori info: www.fierabolzano.it/
klimahouseumbria/
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