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IJN
N.8/2013
Storia della professione 49
La storia dei Sanitätshunde
durante la Grande Guerra
Anna La Torre
Consigliere, Infermiera
libero professionista,
Dottore magistrale
Councillor, RN self-employed, MscN
The Sanitätshunde history during WWI
During the WWI, the dogs were trained
as real soldiers. Its were considered the
resources and framed in regiments and
battalions. It is estimated that in 1916 in
the Armies more than 10,000 dogs were
employed.
Different breeds were used for different purposes: detection of explosives,
guards for the protection of particular
camps or trains.
On the Italian front, the dogs were used
in different roles especially Habsburg
Army, in particular, appeared among
the ranks Austrian ambulance dogs or
dogs health. Its played a very significant
role on the battlefield in the difficult task
of finding of wounded soldiers and run
in the places of the rescue workers.
Un famoso detto popolare dice che il
cane è il migliore amico dell’uomo e
la pratica quotidiana ci riporta svariati casi di come quest’ultimo lo abbia
utilizzato per innumerevoli scopi di
pubblica utilità. Leggendo un libro
sulla Prima Guerra mondiale mi sono
imbattuta su un lavoro affidato al nostro
amico a quattro zampe interessante per la
professione e anche commovente immaginando le condizioni in cui operava: il Cane
da Sanità, dal tedesco Sanitätshunde.
Durante la Prima guerra mondiale i cani
erano addestrati come veri e propri soldati,
venivano infatti considerati delle risorse e
inquadrati in reggimenti e battaglioni. Si
calcola che nel 1916, tra i diversi eserciti
coinvolti, ne fossero impiegati più di 10.000
esemplari.
Differenti razze vennero utilizzate per differenti scopi: rilevamento di esplosivi, guardie per gli accampamenti o a protezione
di particolari convogli. Sul fronte italiano i
cani furono utilizzati soprattutto dall’Esercito asburgico, in particolare comparvero tra
le file austriache i cani ambulanza o cani di
sanità. Essi ebbero un ruolo estremamente
significativo sui campi di battaglia nel difficile lavoro di ritrovamento di soldati feriti e
conduzione nei luoghi degli addetti al primo soccorso.
La patria della prima scuola del cane da
sanità è materia dibattuta da diversi storici, si pensa che le prime scuole siano nate
in Germania tra l’800 e gli inizi del 900, ma
la pratica si espanse velocemente in molte
altre nazioni, in particolare in Inghilterra e
in Francia.
Si dice che il Tenente Colonnello Inglese Edwin Hautenville Richardson, grande
allevatore di cani e fondatore della prima
Scuola di cani da guerra britannici, prima
dell’inizio della prima guerra mondiale, si
recò a Lechernich, in Germania, dove i cani
erano già addestrati a trovare i soldati feriti sul campo di battaglia. I cani
indossavano un’uniforme - una pettorina con la Croce Rossa in evidenza. Richardson fu così impressionato
dall’abilità di questi cani da acquistarne immediatamente uno e tornato a
casa, iniziò la formazione di altri cani
secondo ciò che aveva visto e sulle
competenze del nuovo acquisto, un
pastore tedesco addestrato.
Le sue scuole si moltiplicarono e durante la guerra i cani britannici non
avevano in evidenza una croce, per
differenziarli da quelli teutonici, ma
portavano con sé delle borse dotate
di scomparti per forniture di primo
soccorso e di un “piccolo fiasco pieno
di spirito ...”, che durante gli esercizi di
allenamento “aveva bisogno di essere
riempito abbastanza spesso”.
Il Compito di questi cani era di ricercare e segnalare i feriti sui campi di
battaglia al fine di consentire il rapido
intervento delle cure mediche. Contestualmente nasce anche una guida
all’addestramento dei cani utilizzati a questi scopi e segue un attento studio sulle
razze da prediligere, sulle bardature e sull’equipaggiamento (borracce, medicazioni, il
collare stesso) che potrebbero intralciare o
rendere pericoloso, impigliandosi, il lavoro
di ricerca dell’animale.
I modi di segnalazione del ritrovamento
potevano essere diverse. La prima era quella di abbaiare sul posto attirando il personale d’assistenza; tecnica rapida ma non
esente da problematiche.
Il primo problema è che non tutti i cani
abbaiano, in seconda battuta l’abbaiare di
più cani poteva indurre in errore il personale rendendo difficoltosa l’azione di ritrovamento e non da ultimo, l’abbaio poteva
attirare l’attenzione dei nemici. Una secon-
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da tecnica fu realizzata e utilizzata ed era
quella di insegnare al cane a riportare un
oggetto appartenente al ferito (solitamente il berretto) e ricondurre quindi il personale sul luogo del ritrovamento.
La loro grande capacità era di operare generalmente di notte, quando le battaglie
non imperversavano ed era impossibile ritrovare i feriti per mancanza di luci artificiali,
di riconoscere un ferito da un morto utilizzando il fiuto, di identificare solamente i feriti del proprio esercito tramite le differenze
dell’uniforme e per ultimo di ricondurre il
personale sanitario dal ferito cui avevano
preso l’oggetto riportato.
Da un manuale tedesco per l’addestramento dei cani sanità si legge che ”I cani delle
ambulanza o cani sanità devono correre
avanti e indietro percorrendo una zona di
circa 220 x 54 metri, annusando le tracce
dei feriti, e annunciando la loro presenza ai
loro leader, per l’occasione chiamati gli UofUof infermieri.”
Non sempre fu facile in un campo di atroci
battaglie, come la prima guerra mondiale
ci ha tristemente ricordato ritrovare il cappello del ferito e infatti: “Se il cane non trova alcun oggetto vicino all’uomo, cercherà
di strappare un documento di identità del
ferito stesso. Questo però potrebbe essere
una situazione di grave di ansia per il soldato ferito, soprattutto quando il cane cerca
di strappargli brandelli di uniforme e potrebbe indurlo a fare movimenti repellenti
che possa istigare il cane di scatto verso di
lui.”
Le scuole tedesche prediligevano il pastore
tedesco, ma furono utilizzati anche molte
altre razze, poiché importanti erano le loro
capacità e non le loro origini.
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“La prima condizione di
successo è che il cane
sia in grado di condurre
la ricerca senza che nulla
possa ostacolarlo. Deve
essere in grado di superare ogni pericolo, deve
saltare, nuotare, e in ogni
caso deve correre velocemente. Nulla deve impedire la sua ricerca, egli
deve attraversare alte colture, un fitto sotto-bosco
e siepi, attraverso spine
alte, viti e reti intricate,
attraverso le barriere di
rami o filo spinato, ove
l’uomo non può andare e penetrare. Se si
fermasse o fosse fermato significherebbe la
fine, non solo del cane, ma anche, e soprattutto, del ferito”.
Vi sono infatti molti racconti riguardanti
delle vere e proprie gesta eroiche da parte
di questi “colleghi” a quattro zampe.
Durante una visita ufficiale sul fronte bellico
germanico orientale, L’imperatore Guglielmo II vide un soldato sofferente sdraiato su
una barella e accanto a lui un cane con la
croce rossa sulla pettorina.
Incuriosito il Kaiser gli chiese il suo nome
e dopo aver appresso essere Tenente von
Wieland, si intrattenne con lui per farsi raccontare cosa gli fosse successo. Il tenente
raccontò che si trovava alla guida di un assalto contro le linee nemiche russe, dopo
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essersi accorto che era un impresa senza
speranza, ferito, ordinò ai suoi uomini di
ritirarsi e si stese sanguinante sul campo di
battaglia poiché non riusciva a muoversi.
Solamente a notte inoltrata si accorse che
un cane gli stava frugando nelle tasche
probabilmente alla ricerca di un oggetto
che lo potesse identificare e che quindi richiamasse l’attenzione dei soccorsi.
Purtroppo il fronte russo era notoriamente
pericoloso e quindi nessuno ebbe la possibilità di avvicinarsi per trarlo in salvo. Semi
incosciente per le ferite e per il freddo si accorse solo più tardi che qualcuno lo stava
trainando per le gambe e con fatica realizzò che il cane lo aveva preso per i pantaloni e con determinazione lo trascinava nel
fango, tra cespugli e ruscelli.
E così facendo il piccolo grande Stief lo
portò in salvo dopo averlo condotto per
ben due chilometri e non fermandosi nemmeno in presenza di fratture alle zampe
anteriori. Per nessun motivo volle lasciarlo
nemmeno nell’ospedale da campo, desideroso di assicurarsi sul benessere del suo
“assistito”.
Impressionato Guglielmo II decise di dare
la croce di ferro per meriti militare al Tenente e di apporne una anche al collare di Stief,
eroe di tenacia e fedeltà. Che infermiere
quel cane! È il caso di dirlo e di esserne
orgogliosi. Come non dedicare questo articolo a Tea e alle persone, come la collega
Carlotta, che hanno cercato di addestrarmi
per vivere meglio con lei.