Novembre 2012 Cellule staminali fra scienza e diritto

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Novembre 2012 Cellule staminali fra scienza e diritto
Novembre 2012
Cellule staminali fra scienza e diritto: la libertà di ricerca scientifica
e la regolamentazione giuridica delle biobanche
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Stampato in Italia
Stampa: Centro Stampa Università degli Studi di Trento
Impaginazione a cura di Alessandro Castelletti
Copertina a cura di Alessandro Castelletti, Giulia Finco Gambier, Francesca Francine Zani
ELSA Trento
Facoltà di Economia
Via Inama 5, 38122
Trento
L'iniziativa è stata realizzata con il contributo finanziario dell'Università degli
Studi di Trento e dell'Opera Universitaria
a Rodolfo Sacco
V
Premessa
Il Journal of European and Transnational law/Diritto Europeo e Transnazionale edito
da ELSA Trento è giunto alla terza edizione.
Il presente numero della rivista giuridica JET/DET è il risultato di un Legal Research
Group che ha impegnato studenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università
degli Studi di Trento del percorso Europeo e Trasnazionale durante l’anno 2012.
Seguendo le direttive di ELSA International, che ha scelto come International Focus
Programme per il triennio 2010-2013 l’Health Law, il LRG ha scelto di rivolgere la
propria attenzione alla sfera del biodiritto. In particolare, sono stati approfonditi due
argomenti principali: la libertà di ricerca sulle cellule staminali e le biobanche.
Vediamo qui pubblicati i risultati della ricerca legale condotta dai partecipanti su
questi argomenti.
Tale pubblicazione, verrà presentata in occasione della conferenza Oltre i confini
del diritto: le nuove sfide della ricerca sulle cellule staminali, evento di apertura della
XLVIII Assemblea Nazionale di ELSA Italia.
Ci uniamo ai componenti del LRG nel ringraziare i docenti e collaboratori della
Facoltà di Giurisprudenza, che li hanno affiancati nella loro prima esperienza di
ricerca. Un ringraziamento particolare va rivolto alla Professoressa Cinzia Piciocchi,
coordinatrice del progetto; al Dottor Matteo Macilotti che si è occupato della parte
inerente alle biobanche e al Dottor Simone Penasa per la parte relativa alla libertà di
ricerca.
Ringraziamo infine gli studenti dell’Ateneo trentino che hanno aderito con entusiasmo
alla nostra iniziativa rendendo possibile questo progetto.
Il Direttivo di ELSA Trento
VII
INDICE SOMMARIO
Presentazione
1
Parte Prima
LA LIBERTÀ DI RICERCA
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica e
nuovi orizzonti
di Alessandra Baccarini e Carla Maria Reale
Introduzione
1. Cellule staminali: cosa sono ed i loro metodi di derivazione
1.1 Cosa sono
1.2 Differenti tipologie
1.3 Derivazione e cenni legislativi
2. Bioetica applicata alle cellule staminali
2.1 La libertà di ricerca scientifica nel campo delle cellule staminali
2.2 Il momento in cui l’embrione può definirsi persona
3. Produzione, importazione ed esportazione di linee cellulari
3.1 Importazione ed esportazione di linee cellulari
3.2 Il mercato degli Ovociti
4. Human admixed embryo
4.1 Cosa sono
4.2 Aspetti scientifici
4.3 Aspetti legislativi
4.4 Questioni etiche
Conclusione
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VIII
Le cellule staminali embrionali: il bilanciamento possibile
Riflessioni e orientamenti giuridici alla luce del caso
Brüstle v Greenpeace
di Chiara Fusari
1. Introduzione.
2. L’embrione comunitario: quale bioetica europea?
2.1 Il caso Brüstle: la causa principale e le questioni pregiudiziali.
2.2 La ratio decidendi e nuovi possibili scenari.
3. L’ordinamento giuridico italiano.
4. Conclusioni
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La libertà di ricerca scientifica su cellule staminali
embrionali in Italia ed il ruolo della legge n° 40/2004
di Giulia Finco Gambier e Francesca Francine Zani
1. Introduzione
2. La ricerca sulle cellule staminali embrionali
3. Normativa e dibattito in Italia inerenti all’impiego delle cellule embrionali umane
4. La Chiesa Cattolica e la tutela dell’embrione
5. Analisi legge 40/2004:
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Parte Seconda
BIOBANCHE
Le biobanche
di Barbara Bonalda, Federico Ceccon, Giada Chiari, Evi Dall’Antonia
Premessa
1.Il fenomeno
2.Fonti normative
2.1 Fonti dell’OCSE
2.2 Le Dichiarazioni UNESCO
2.3 Il Consiglio d’Europa
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IX
2.4 Fonti dell’Unione Europea
3.Tipi di Biobanche e problemi correlati
3.1 Premessa
3.2 Le biobanche genetiche: che cosa sono e come funzionano
3.2.1 Le biobanche di popolazione
3.2.1.1 Il progetto canadese CARTaGENE
3.2.2 Biobanche del sangue del cordone ombelicale
3.3 Biobanche di tessuti
4.Le problematiche inerenti alle biobanche
4.1 La proprietà dei materiali biologici
4.2 La privacy
4.3 Il consenso informato prestato dal donatore
4.4 Proprietà intellettuale, brevettabilità dei campioni biologici e tutela delle banche
dati che conservano le informazioni genetiche ottenute dai campioni
5. Fonti Nazionali
5.1 Francia
5.2 Spagna
5.3 Regno Unito
Conclusioni
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Cellule staminali cordonali
di Carlotta Baretton
1. Introduzione.
2. Studio ed evoluzione.
3. Sorgenti alternative alle cellule staminali emopoietiche: le cellule staminali cordonali.
4. La nascita delle biobanche: la conservazione delle unità prelevate.
5. Conservazione autologa e allogenica.
6. Regolamentazione europea.
7. Regolamentazione italiana.
8. Conclusioni.
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1
Presentazione
Quando uno studente sceglie d’iscriversi alla Facoltà di giurisprudenza, oggi,
non so di preciso quali aspettative riponga negli studi che si appresta ad intraprendere.
Probabilmente si è consapevoli sin dall’inizio che si dovranno studiare
norme giuridiche (molte norme giuridiche) – la Costituzione, i codici, le leggi – e
come la giurisprudenza le interpreta. Sicuramente ci si aspetta di studiare regole, che
dettano la disciplina di settori diversi: dalle norme che regolamentano le istituzioni
dello Stato a quelle che disciplinano i contratti, dai confini della libertà di espressione
ai rapporti di lavoro, e via dicendo.
Difficilmente, credo, uno studente di giurisprudenza si aspetterebbe
di affrontare l’argomento delle cellule staminali. Non si tratta tuttavia di un
fenomeno così sorprendente, ma di un percorso formativo che caratterizza il giurista
contemporaneo, che sempre più spesso si trova ad occuparsi di diritto e tecnologia,
diritto e scienza, diritto e bioetica, in un fenomeno in cui il diritto assume talvolta i
tratti delle hyphenated identities (cioè di quelle identità che si definiscono – si passi
la sintesi brutale – per sommatoria) sino a giungere – grazie a quel processo che la
linguistica identifica come “composizione” – al neologismo del biodiritto, che dà
conto di una strutturale ed ineliminabile interdisciplinarietà.
Presso la Facoltà di giurisprudenza di Trento – dai cui studenti ha origine
questo volume – didattica e ricerca raccolgono ampiamente la sfida, offrendo diverse
occasioni di analisi del rapporto tra diritto e scienza. Ne derivano differenti suggestioni,
spesso raccolte dagli studenti stessi che, forse anche per un fattore generazionale,
comprendono appieno l’importanza di queste tematiche, fornendo uno sguardo che,
spesso, per chi insegna e svolge ricerche su questi argomenti, getta prospettive inedite
o inaspettate, che risultano preziose e stimolanti.
In questo “humus” (ed in particolare grazie all’apporto del dott. Matteo
Macilotti del gruppo di ricerca LawTech e del dott. Simone Penasa del gruppo di
ricerca BioDiritto, che hanno messo a disposizione la propria competenza) nasce
l’iniziativa promossa dall’associazione ELSA ed è con grande piacere, quindi,
che accolgo l’invito a presentare questo lavoro collettaneo, che trae spunto da un
argomento di ricerca iniziale – la regolamentazione giuridica delle cellule staminali
– esaminato secondo diverse prospettive, che si sono “arricchite” in corso d’opera.
Quando si affrontano queste tematiche, infatti, ci si accorge che partendo dalla
disciplina giuridica di questo tipo di cellule (analizzata in prima analisi da Alessandra
Baccarini e Carla Maria Reale) si finisce per parlare di diritto e scienza, dalla ricerca
sulle cellule staminali embrionali (considerata nei contributi di Chiara Fusari, Giulia
2
Finco Gambier e Francesca Francine Zani) si giunge alla disamina del diritto alla salute
e dalla regolamentazione delle biobanche (indagata da Barbara Bonalda, Federico
Ceccon, Giada Chiari, Evi Dall’Antonia e, nel caso specifico della conservazione
del sangue da cordone ombelicale, da Carlotta Baretton) si finisce per analizzare la
libertà, nelle sue diverse epifanie: individuale, collettiva e nel rapporto con il concetto
di solidarietà. Si parla, insomma, di come l’innovazione scientifica possa condizionare
i diritti e le libertà fondamentali e di come – a sue volta – il diritto possa incidere sulla
scienza e condizionarne l’esercizio di libertà che essa presuppone, alla luce dei diversi
interessi coinvolti: dell’individuo, del ricercatore e della società presente e futura.
Di questo trattano i diversi contributi qui raccolti, che presentano
prospettive ed approcci differenti, nel comune interesse per un argomento che, mi
piace evidenziare, appare strutturalmente intergenerazionale. Temi come questi
evidenziano particolarmente e più di altri la necessità di solidarietà tra le generazioni,
o perlomeno le interazioni tra esse, che rappresentano un passaggio sociale e culturale
spesso problematico nel panorama contemporaneo, ma anche un concetto evocato
dalla Corte costituzionale italiana, ad esempio quando si è occupata di risorse
ambientali e delle generazioni future. I confini della libertà di ricerca scientifica così
come sono individuati dagli ordinamenti giuridici oggi, infatti, avranno ripercussioni
sull’individuazione di cure per i malati di domani e ciò che si consente o non si
consente alla scienza oggi, svolgerà conseguenze anche sulle scelte dei luoghi in cui i
ricercatori decideranno di operare nel prossimo futuro.
Di tutto questo emerge consapevolezza nei lavori qui riportati, così come
quanto alla necessità d’individuare alcune linee interpretative in tematiche come
queste, che si caratterizzano per rapidità di sviluppo ed avanzamenti ed in cui
tracciare punti fermi diventa esercizio difficile, ma necessario ed anche stimolante,
poiché il giurista che non riesca a vedere lontano anche in relazione a sviluppi
scientifici complessi o imprevedibili, è destinato a rincorrere la scienza, in una gara
che difficilmente lo vedrà “vincitore”.
Cinzia Piciocchi
Parte Prima
LA LIBERTA’ DI RICERCA
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Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica e
nuovi orizzonti
alessandra baccarini e carla maria reale
sommario: Introduzione -1. Cellule staminali: cosa sono ed i loro metodi di derivazione - 1.1 Cosa sono -1.2 Differenti tipologie - 1.3 Derivazione e cenni legislativi - 2.
Bioetica applicata alle cellule staminali - 2.1 La libertà di ricerca scientifica nel campo
delle cellule staminali - 2.2 Il momento in cui l’embrione può definirsi persona - 3. Produzione, importazione ed esportazione di linee cellulari - 3.1 Importazione ed esportazione di linee cellulari - 3.2 Il mercato degli Ovociti - 4. Human admixed embryo - 4.1
Cosa sono - 4.2 Aspetti scientifici - 4.3 Aspetti legislativi - 4.4 Questioni etiche - Conclusione
Introduzione
Perché parlare di cellule staminali oggi? L’argomento, seppur oggi così
altamente abusato è ancora in realtà un campo in evoluzione e quanto mai aperto a
nuove idee.
Con la nostra analisi vorremmo depurare la tematica da considerazioni di mero
ordine speculativo, strumentalizzazioni ed ideologie ed arrivare, in fine, all’essenza
della questione, che riguarda trasversalmente l’etica e la scienza, ma soprattutto
cercheremo di tratteggiare il ruolo che il diritto può svolgere in rapporto a queste
due. Per raggiungere questo fine è inevitabile un’impronta di tipo comparatistico che
porti ad avere una visione il più possibile ampia, destrutturata e scevra da pregiudizi,
ma non acritica della materia.
La nostra breve trattazione si articolerà in quattro differenti punti. I primi due si
occupano di spiegare gli estremi fondamentali della questione, trattando della natura
dei soggetti in questione e analizzando le principali posizioni al riguardo nel campo
della bioetica. Le successive due, si soffermano invece su tematiche più specifiche,
quali il commercio di linee cellulari ed ovociti e la questione degli Human Admixed
Embryo forse meno note ed esplorate, ma a nostro avviso non meno interessanti.
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1. Cellule staminali: cosa sono ed i loro metodi di derivazione.
1.1 Cosa sono
«L’aggettivo “staminale” viene da “stame” che significa “ceppo”, “stipite”, origine”. In
prima approssimazione possiamo dire quindi che per cellula staminale s’intende una
cellula capace, nel suo processo continuo di replicazione, di dar luogo ad una progenie
di cellule via via sempre più differenziate e specializzate»1.
Nel suo processo evolutivo la cellula ovocita passa dall’essere totipotente
a pluripotente e da pluripotente a multipotente, perdendo progressivamente la sua
potenziale plasticità. Vediamo nel dettaglio come avvengono e cosa implicano dal
punto di vista scientfico questi passaggi, dei quali la conoscenza risulta fondamentale
per capire successivamente le questioni legate ai diversi tipi di cellule.
1.2 Differenti tipologie
Cellule staminali totipotenti: si dicono tali quelle cellule capaci di
specializzarsi in numerosi tessuti, capaci quindi, in potenza, di dare origine a un
organismo adulto, proprietà presente nello zigote e i blastomeri fino alla terza
divisione cellulare, già evidenziata dagli esperimenti di Driesch2. Con la formazione
della morula, si perde tale caratteristica per approdare ad un nuovo stato che è quello
di formazione della blastocisti3.
Cellule staminali pluripotenti: con il processo di blastocisti si viene a
formare il trofoblasto ciò che darà luogo alla placenta, differenziato dall’embrioblasto
cioè il “germe dell’embrione”4. Le cellule staminali pluripotenti sono localizzate
nell’embrioblasto e sono cellule capaci di generare tutti i tessuti dell’organismo adulto
ma non l’organismo adulto nella sua interezza. Tale fase è limitatissima5.
Cellule staminali multipotenti: a partire dall’ottavo giorno l’embrioblasto va
incontro ad un processo di gastrulazione, il momento più importante della nostra
vita secondo alcuni studiosi6. In tale fase l’embrioblasto assume l’aspetto di un disco
1 D. Neri, La Bioetica in laboratorio, Roma-Bari, 2005, p. 28.
2 D. Neri, op.cit. a nota prec. p. 29. Nei suoi esperimenti sullo sviluppo della larva, Driesch dimostrò
la totipotenza delle cellule dell’embrione. Prendendo infatti un blastomero (embrione a 4 cellule) ed
isolando ciascuna di esse egli notò come ciascuna di queste potesse dare origine ad una larva.
3 A. Massarenti, Staminalia, Le Cellule «Etiche» e I Nemici Della Ricerca, Parma,2008, p. 200.
4 Il termine blasto, significa “germe”, “origine”.
5 D. Neri, La bioetica in laboratorio, Roma-Bari, 2005, pp. 30-32.
6 Come dichiarato da Lewis Wolpert, eminente biologo dell’University College of
London,nell’intervista Interview with Lewis Porter a cura di Vienna Leigh, 2007, reperibile all’indirizzo
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
7
ove sono individuabili due differenti strati di cellule, a cui intorno al quattordicesimo
giorno se ne aggiunge un terzo, il mesoderma. Questi tre stati, conosciuti come
foglietti germinativi, svilupperanno ciascuno determinati tessuti e organi del corpo
umano. Queste sono le cellule multipotenti, destinate a formare determinati tipi di
tessuti. Tuttavia, studi dimostrano che la differenza fra le cellule multipotenti e le
cellule pluripotenti non è così netta, in quanto una cellula di un determinato foglietto
se collocata altrove è capace di cambiare la propria direzione di specializzazione,
ovvero, in questo stadio, tale cellula è ancora altamente plastica e capace di mutare
funzione a seconda della collocazione.
Cellule unipotenti: cellule che mantengono le proprietà di rinnovamento ma sono
capaci di dare vita ad un solo tipo cellulare.
1.3 Derivazione delle cellule staminali e cenni legislativi
Avendo analizzato le diverse tipologie, passiamo alle fonti e facciamo un
breve cenno al panorama legislativo europeo e internazionale in materia, tralasciando
le correlate e fondamentali questioni etiche che saranno trattate in un successivo
paragrafo.
Cellule staminali provenienti da tessuti adulti
Le cellule staminali provenienti da tessuti adulti sono cellule multipotenti
e unipotenti, capaci di generare un limitato numero di tessuti già predeterminato.
Tali cellule si trovano in numero ristretto in ogni tessuto e organo terminalmente
differenziato di qualsiasi organismo, esse sono deputate al mantenimento della
struttura e funzionalità del tessuto in cui sono localizzate. Tali tipi di cellule sono
quelle sulle quali l’opinione pubblica riversa spesso le maggiori aspettative, in quanto,
sarebbero capaci di annientare i risvolti di natura etica che implica invece l’uso delle
staminali embrionali, non prevedendo tale procedura la distruzione di embrioni,
tuttavia attualmente esse sono impiegate per la cura di pochissime patologie. Quelle
che Armando Massarenti definisce «cellule etiche»7 hanno infatti, a causa della loro
multipotenza un potenziale ridotto. L’uso di tali cellule e la ricerca intorno ad esse è
consentito in tutti i paesi in quanto la questione viene risolta nell’ambito del consenso
del diretto interessato.
www.scienceinschool.org.
7 A. Massarenti, Staminalia, Le Cellule «Etiche» e I Nemici Della Ricerca, Parma, 2008; Massarenti
le definisce tali in quanto esse non sono legate alla problematica della distruzione di un embrione.
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Cellule staminali cordonali
Le cellule staminali cordonali provengono dal sangue del cordone ombelicale.
I genitori, al momento della nascita del proprio figlio possono in alcuni paesi scegliere
liberamente di conservare e/o donare il cordone ombelicale. L’atto della donazione
implica l’esistenza di banche pubbliche che raccolgono tali tessuti e li mettono a
disposizione della comunità, la conservazione invece avviene tramite banche private,
che attraverso pagamento (spesso molto oneroso), garantiscono la conservazione del
cordone ad esclusivo uso personale (si veda in proposito il paper seguente intitolato
“Le Biobanche”). La legislazione in materia non è uniforme, in alcuni paesi infatti è
consentita la sola donazione, in altri il soggetto è messo nella condizione di scegliere
liberamente quali dei due metodi di conservazione adottare.
Le cellule del cordone ombelicale sono cellule adulte unipotenti, emopoietiche e
quindi dalle ristrette capacità curative, tuttavia esse sono semplici da isolare8, anche se
spesso la quantità che si riesce a raccogliere è scarsa.
Cellule staminali fetali
Le cellule staminali fetali sono quelle provenienti da feti abortiti. Esse sono
«una via di mezzo fra le cellule adulte e le embrionali»9 in quanto, pur perdendo la
totale plasticità tipica delle embrionali, non sono ancora cellule altamente specializzate.
In tutti i paesi è consentito l’uso di feti abortiti per cause naturali, mentre, solo in quei
paesi che non vietano l’aborto è possibile l’utilizzazione di feti provenienti da aborto
procurato. Alcuni di questi paesi sono India, Cina, Cile, Irlanda, Polonia.
Cellule staminali embrionali
Le cellule staminali embrionali sono quelle che vengono estratte
dall’embrioblasto ed implicano la sua distruzione. Sono cellule pluripotenti, dotate
di altissima plasticità, qualità che le rende particolarmente interessanti per le ricerche
scientifiche.
Le cellule staminali embrionali, possono derivare da linee cellulari già
esistenti prodotte da paesi in cui tale pratica è consentita, da trattamenti della fertilità
(embrioni crioconservati) o essere appositamente prodotte mediante trasferimento
nucleare.Il trasferimento nucleare è quella procedura, conosciuta anche come
“clonazione terapeutica”, che consente di sostituire il genoma di una cellula con quello
derivante da un’altra. Il procedimento implica l’estrazione di un nucleo da una cellula
con il successivo inserimento di quest’ultimo in un oocita precedentemente maturato
e poi enucleato, privato cioè del suo nucleo.
Riguardo alle linee cellulari già esistenti il discorso verrà approfondito in un
8 M. Sampaolesi, Le Cellule Staminali, Bologna, 2011, p. 58.
9 M. Sampaolesi, op.cit. a nota prec. p. 61.
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
9
successivamente, per adesso ci limitiamo a dire che tale metodo è l’unico che consente
la ricerca sulle staminali embrionali in Germania e in Italia.
L’uso di embrioni crioconservati non oltre il quattordicesimo giorno di
sviluppo è largamente accettato in Spagna, Svezia, Danimarca, Finlandia, Iran 10. In
Francia, la legge n. 2004-800 del 6 agosto 2004 vieta ogni forma di clonazione a fini
terapeutici ma autorizza l’uso di embrioni sovrannumerari derivanti da fecondazione
assistita. La legge del Belgio, 3 Aprile 2003, limita la ricerca agli embrioni
sovrannumerari, ma consente, nei casi in cui gli obiettivi della ricerca lo richiedano la
clonazione a fini terapeutici (cioè il processo di trasferimento nucleare). Tale pratica
è attualmente ammessa anche in Svezia e Finlandia. In paesi quali Polonia, Lituania,
Norvegia, Austria, Cile troviamo un rigidissimo divieto di utilizzazione di embrioni a
scopo di ricerca. In antitesi, paesi quali Cina, Singapore, Corea del Sud, annoverano le
legislazioni più permissive. Discorso a collocazione intermedia è quello riguardante
i paesi che subordinano l’uso di embrioni per la ricerca e quindi il procedimento
di clonazione terapeutica alla deliberazione di un’apposita Authority; fra questi
annoveriamo in primis la Gran Bretagna e l’India, Sud Africa e Israele.
Il procedimento di trasferimento nucleare per l’apposita creazione di
embrioni è regolamentato e consentito in Gran Bretagna, Belgio, Usa, India, Iran,
Argentina, Israele, Cina, Svezia11.
2.Bioetica applicata alle cellule staminali
Lo sviluppo del corpo umano, trova il suo punto d’origine nella cellula
staminale, da questa sono originate infatti i 220 tipi di cellule che lo compongono.
Gli studi effettuati sulle stesse, hanno portato a scoperte sempre più importanti che possono ora e sempre più in futuro, migliorare la qualità di vita dell’uomo, ad esempio
prospettando nuove terapie per patologie non ancora curabili. Molti i risultati finora
raggiunti, ma la strada è ancora lunga e la ricerca ha bisogno di sempre maggiori spazi
e forme di sostegno ecomomico per perseguire obiettivi che si rivelano sempre più
ambiziosi. Spesso però la ricerca è osteggiata da riserve di ordine etico e morale, le
quali si pongono l’obiettivo di fungere da contrappeso a spinte che potrebbero portare
la ricerca alle soglie dell’umano, come ad esempio nel caso dell’utilizzo delle cellule
staminali per ricerche eugenetiche.
Secondo alcuni studiosi, tali ricerche, hanno come inevitabile sottofondo
10 V. Franco, Bioetica e Procreazione assistita, Le Politiche della Vita tra Libertà e Responsabilità,
Roma, 2005, pp. 118-121.
11 Per dati concernenti la comparazione si veda, Luciano Conti, Cellule Staminali: normativa sulla
ricerca, UNISTEM Università degli studi di Milano, reperibile all’indirizzo www.scienzattiva.eu.
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l’insoddisfazione nei confronti dell’umano, la sensazione che l’uomo non sia
abbastanza; per costoro, tali studi se non adeguatamente frenati, portano al cosiddetto
transumanismo, che non niente pi che un termine per indicare la fantasia di un
potenziale umano senza alcun limite12 .
In questo panorama, due sono i punti che più animano il dibattito etico in
materia:
A) La libertà della ricerca scientifica
B) Il momento in cui un embrione può definirsi persona
2.1 La libertà di ricerca scientifica nel campo delle cellule staminali
Secondo l’articolo nove della Costituzione italiana «La Repubblica
promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica», mentre
l’articolo 33 della stessa statuisce che «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è
l’insegnamento». Questi due diritti, così bene descritti dalla carta Costituzionale,
sono il punto di partenza del dibattito etico che normalmente si crea attorno alla
nascita d’innovazioni scientifiche in ambito biomedico; per le cellule staminali non
è fatta eccezione. Nei diversi casi che prospetta l’esperienza comune, vengono ad
essere coinvolti più diritti attribuibili al singolo, i quali necessitano, proprio per la
tendenza ad una dilatazione eccessiva del loro campo d’azione, di un bilanciamento.
Il bilanciamento è la pratica che porta ad una giusta compressione di uno o più diritti
in gioco per far prevalere quello che effettivamente risulta predominante e meritevole
di maggior tutela. Nel caso delle cellule staminali, il primo diritto ad entrare in gioco
è la libertà di ricerca.
La Corte Costituzionale italiana ha affermato13 a riguardo, che la libertà
di ricerca scientifica non si riflette soltanto sulla libertà individuale del singolo
ricercatore, ma anche su un elevato grado di autonomia della comunità scientifica nel
suo insieme e le leggi che introducono limiti alla ricerca debbano essere sottoposte
a uno strict scrutiny cioè ad un regime di controllo serrato, per il quale il legislatore,
prima di poter censurare o comunque porre limiti a detta libertà, debba avvalersi
dell’opinione di esperti e di scienziati, ferrati in materia14. Nonostante ciò, spesso e
12 F. Tomasini , Imagining Human Enhancement: Whose Future, Which Rationality?, Theoretical
Medicine and Bioethics, 2007.
13 Indicative a questo proposito le sentenze: Corte Costituzionale, sent. 282/2002 e Corte
Costituzionale, sent. 151/2009.
14 R. Bin, Libertà di Ricerca Scientifica in Campo Genetico, Tratto da “Alle Frontiere del Diritto
Costituzionale” scritti in onore di V. Onida, Milano, 2011.
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
11
volentieri, soprattutto in Italia, si è assistito ad un silenzio tombale delle istituzioni
davanti agli appelli degli scienziati15 che richiedevano un approccio pi laico e meno
influenzato da posizioni religiose e ideologiche, in un ambito così pieno di possibilità
non ancora esplorate che, se lasciate responsabilmente libere, potrebbero sviluppare
moltissimo le cure per numerose malattie come ad esempio il Parkinson e la sclerosi
multipla. Per costoro alla luce del progresso scientifico è necessario che libertà e limiti
siano continuamente ridefiniti16.
Alcuni autori hanno in proposito affermato la necessità di un’interpretazione
restrittiva dell’articolo 13 della legge 40/2004, che essendo una norma limitatrice
della libertà di ricerca scientifica, non deve veder ampliato il suo campo di applicabilità
oltre il significato letterale ; in altre parole secondo questa corrente dottrinale, ci
sarebbe la possibilità di svolgere ricerche sulle cellule embrionali non essendoci un
espresso divieto legislativo17.
Sono proprio le cellule staminali embrionali, e la ricerca su di esse, che
scatenano le più infervorate obiezioni di origine etico. Obiezioni che si riflettono
anche sulle legislazioni di altri stati, come ad esempio la Germania, la quale lentamente
si sta aprendo a questo tipo di ricerche, abbandonando quello che per anni stato il
brocardo delle sue politiche anti-ricerca sulle cellule staminali embrionali «Und bloß
kein Dammbruch18 », che accolgieva i timori relativi ad una ricerca illimitata sugli
embrioni umani, timori che risalgono alle esperienze politiche negative vissute nel
ventesimo secolo19. Mentre, ad esempio in California, un referendum popolare ha
votato il via libera alla sperimentazione sulle cellule staminali embrionali20.
Un esempio di politica tra «laicità e democrazia» come sostiene Carlo
Alberto Redi, invece l’iniziativa portata avanti dall’ex primo ministro inglese Tony
Blair, il quale con un ingente investimento ha voluto divulgare il libro bianco della
genetica in tutta la comunità, per spiegare alla popolazione tutti i risvolti di questo
settore così controverso21.
Si è detto in precedenza che l’ambito di studio più problematico è quello
15 Si veda la lettera aperta al presidente del Consiglio Romano Prodi, del gruppo di ricercatori italiani
sulle cellule staminali embrionali, “Il Progresso della Scienza”, Roma, 14 luglio 2006.
16 V. Franco, Bioetica e Procreazione assistita, Le Politiche della Vita tra Libertà e Responsabilità,
Roma, 2005, p 98.
17 Si veda in proposito l’opinione di A. Santosuosso riportata in: C. A. Redi, Il Biologo Furioso,
Provocazioni d’Autore tra Scienza e Politica, Milano, 2011, p 116.
18 Il brocardo tedesco è assimilabile a quella che nell’esperienza italiana è definita come ”etica del piano
inclinato”.
19 R. G. Mazzolini , HJ. Rheinberger, Differing Routes to Stem Cell Research: Germany and Italy,
Bologna-Berlino, 2010, p.98.
20 D. Neri, La Bioetica in Laboratorio, Cellule Staminali, Clonazione e Salute Umana, Roma-Bari,
2005, 131-132.
21 C. A. Redi, Biologo Furioso, Provocazioni d’Autore tra Scienza e Politica, Milano, 2011, p .121.
12
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riguardante le cellule staminali embrionali, ambito che è culla di dissapori e di scontri
etici.
Spesso, si è auspicato, soprattutto da parte delle autorità religiose, di
concentrare gli sforzi della ricerca sulle sole cellule staminali adulte come ad esempio
quelle presenti all’interno del midollo osseo, che vengono già utilizzate a fini
terapeutici. In proposito, è interessante la Dichiarazione Sulla Produzione e Sull’uso
Scientifico e Terapeutico Delle Cellule Staminali Embrionali Umane emanata dalla
Pontificia accademia per la vita, nella quale si sostiene «la tesi dell’equivalenza» dei
due tipi di cellule (staminali embrionali e staminali provenienti da tessuti adulti). La
possibilità di utilizzare cellule staminali adulte per raggiungere le stesse finalità che si
intenderebbe raggiungere con le cellule staminali embrionali-anche se si richiedono
molti ulteriori passi prima di vederne chiari e definitivi risultati - indica questa come
la via più ragionevole e umana da percorrere per un corretto e valido progresso in
questo nuovo campo che si apre alla ricerca e a promettenti applicazioni terapeutiche.
Inoltre, nella stessa dichiarazione, è riportato anche il parere dei professori D.L.Clarke e J. Frisén che confermano, che: «Questi studi suggeriscono che le cellule
staminali nei differenti tessuti adulti possono essere molto più simili di quanto finora
pensato alle cellule embrionali umane, fino ad averne in alcuni casi un repertorio molto
simile». Ciò suscita obiezioni da parte di alcuni scienziati, in quanto non corrisponde
al modo in cui costoro percepiscono quello che Demetrio Neri definisce lo «stato
dell’arte»; cioè chiudere completamente la ricerca alle sole cellule staminali adulte
significherebbe mutilare in partenza la ricerca in un campo ancora nuovo e tutto da
esplorare, rallentando l’intero campo. Le domande sottese a tale problematica sono
quelle legate alla precisa definizione di embrione, oppure riguardo alla tutela giuridica
del diritto alla vita dello stesso, o più in generale riguardo al momento esatto in cui
inizia la vita. Quest’ultimo è il punto focale che da il via alle obiezione verso l’uso
delle cellule staminali embrionali, la determinazione del momento esatto in cui un
embrione diventa persona e le tesi a riguardo sono tantissime e spesso diametralmente
opposte.
2.2 Il momento in cui l’embrione può definirsi persona
Nel 2000, durante il Congresso Internazionale sui Trapianti il premio Nobel per la
medicina Rita Levi Montalcini ha dichiarato: «È difficile dire quando l’embrione
diventi persona, ognuno ha le sue idee. Ma certamente non lo è fino ai quattordici
giorni dal concepimento». Nella stessa conferenza il padre della pecora Dolly, Jan
Wilmut, ha detto: «L’embrione non ancora una persona: un potenziale uomo, una
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
13
potenzialit di vita ma non ha la differenziazione del sistema nervoso, che caratterizza e
distingue la persona. Ecco perchè credo si possano usare cellule embrionali per curare
molte malattie». Entrambe le opinioni appartengono ad una posizione molto diffusa
all’interno del dibattito in questione che considera l’embrione come persona non
immediatamente dopo la formazione dello zigote, ma solamente dopo il suo impianto
nell’utero (5°- 6° giorno), o ancora quando si forma la «linea primitiva»( 14° giorno ),
o quando si forma l’abbozzo del cervello ( 28° giorno ) oppure in seguito alla nascita.22
Questa tesi sostenuta non solo da molti scienziati, ma si possono ritrovare opinioni
affini anche indagando il panorama delle diverse religioni mondiali. Un esempio per
certi versi sorprendente a riguardo quello della religione islamica. Il testo sacro di
questa religione il Corano, al suo interno contenuto un passo (Capitolo 23, versi 1214), che stato interpretato dagli studiosi come la definizione di embrione:
12.In verità creammo l’uomo da un estratto di argilla.
13.Poi ne facemmo una goccia di sperma [posta] in un sicuro ricettacolo,
14.poi di questa goccia facemmo un’aderenza e dell’aderenza un embrione;
dall’embrione creammo le ossa e rivestimmo le ossa di carne. E quindi ne facemmo
un’altra creatura Sia benedetto Allah, il Migliore dei creatori!
Nel testo viene in evidenza l’espressione «[..] ne facemmo un’altra creatura» questa
stata interpretata in un famoso hadith (parole dei profeti musulmani) inserito nelle
raccolte di Al-Bukhari e di Muslim che recita: «La creazione di ciascuno di voi avviene
per quaranta giorni sotto forma di sperma, per altrettanti sotto forma di aderenza, per
altrettanti sotto forma di embrione, quindi gli viene inviato l’angelo che vi insuffla
lo spirito». L’insufflazione dello spirito ci che distingue la persona dall’animale, e
come appunto risulta dall’hadit avviene dopo centoventi giorni. Quindi, in accordo
con questa interpretazione la cultura islamica non considera l’embrione una vera
e propria persona, fermo restando il fatto che sin dal concepimento l’embrione sia
destinatario comunque di rispetto e di tutela; ma proprio perchè vita in potenza, la
protezione deve essere minore rispetto a quella della persona, ponendo un obbligo (il
cosiddetto “fardh kifayah”), statuito dagli studiosi musulmani, di continuare questa
ricerca per alleviare le sofferenze dell’uomo23.
22 D. Neri, La Bioetica in Laboratorio, Cellule Staminali, Clonazione e Salute Umana, Roma-Bari,
2005, p.192.
23 M. Siddiqi, An Islamic Perspective on Stem Cells Researc, reperibile all’indirizzo:www.islam101.
com/science/stemCells.htm, 2001; inoltre consultare: M. Weckerly,The Islamic Views on Stem Cell
Research;
14
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Nasce spontanea l’osservazione di un forte contrasto fra quanto sopra
affermato e il divieto di aborto dell’Islam. La contraddizione può essere risolta
all’interno di una questione di unanimità di consensi e interpretazioni, consensi
che si formano attorno all’embrione, per fini di ricerca ma non per l’aborto, a fronte
del fatto che di esso non vi esplicita menzione nel testo sacro. Il Corano condanna
tuttavia l’uccisione di altri uomini in ogni sua forma (escluso il caso di difesa personale
o esecuzione capitale). Questa lacuna del diritto rivelato stata colmata dalle diverse
dottrine con una libera interpretazione delle scritture e la conseguente desunzione
del concetto di aborto partendo da concetti più generali. Ci si traduce oggi con una
generale prevalenza delle teorie negazioniste24 .
La religione ebraica invece, reputa essenziale la ricerca sulle cellule staminali
embrionali; all’interno di questo credo religioso infatti le opinioni al riguardo,
come traspare dal terzo volume del Rapporto della National Bioethics Advisory
Commission statunitense, sono principalmente due.25 Entrambe hanno in comune
il fatto di non riconoscere all’embrione uno status morale fino a quaranta giorni dalla
fecondazione. Questo fino a quel momento “come acqua” e non titolare di diritti. la
fonte fondamentale a cui fare riferimento è il versetto biblico Genesi 9,6 intrepretato
come segue:
Chi versa il sangue dell’uomo nell’uomo (haadam baadam), avrà il proprio sangue
versato dall’uomo, perchè Dio fece l’uomo ad immagine propria.
L’uomo nell’uomo è considerato l’embrione che si trova nel ventre
materno, da cui discende infatti la punibilità dell’uccisione del feto, ma anche, cosa
importantissima ai giorni nostri, la non punibilità per l’uccisione dell’embrione non
impiantato in utero materno.26 A questo punto le opinioni si differenziano perch
per una l’embrione acquista diritti appunto dopo il trascorrere di quaranta giorni,
per l’altra invece, acquista diritti solo dopo il parto. In entrambe le tesi comunque
consentito lo studio sulle cellule staminali embrionali ed infatti lo stato di Israele
molto avanzato nel campo27.
24 I.B. Syed, Abortion, Islamic Research Foundation International, reperibile all’indirizzo www.irfi.
org/articles/articles_101_150/abortion.htm .
25 C’è da precisare che non si tratta di esponenti ufficiali delle varie religioni,anche perché, come
vedremo, molti di loro hanno ricordato che la religione di appartenenza non contempla un organo
centrale in grado di esprimere una posizione ufficiale.” D. Neri, La Bioetica in Laboratorio, Cellule
Staminali, Clonazione e Salute Umana, Roma-Bari, 2005, p 195.
26 S.Ferrari (a cura di), Introduzione al Diritto Comparato delle Religioni, Bologna, 2008, p.143.
27 D. Neri, La Bioetica in Laboratorio, Cellule Staminali, Clonazione e Salute Umana, Roma-Bari,
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
15
Riguardo alla religione cattolica, lo stesso Rapporto fornisce l’opinione di tre
teologi uno dei quali sostiene la tesi ormai fatta propria dagli organismi ufficiali della
Chiesa cattolica, quella secondo la quale qualsiasi tipo di intervento sull’embrione,
e in qualsiasi momento, rappresenta un’interruzione della vita umana, che inizia
non appena i nuclei dei due gameti si uniscono. Ma nonostante ciò, teologi come
Margaret Farley e Kevin Wildes sostengono che questa non sia l’unica posizione
adottabile nel panorama cattolico. Quest’ultimo infatti è ricco di opinioni divergenti
e di personalità che sono a favore della ricerca delle cellule staminali, poiché, come
sostiene Demetrio Neri non considerano «l’embrione umano nei suoi primi stadi
come un’entità individualizzata e tale da poter sostenere questa tesi». Da tutto ciò
si può notare come, la vera difficoltà, sia quella di stabilire in quale momento e se si
possa chiamare l’embrione persona. Tuttavia, quel che in realtà sarebbe auspicabile
non è il raggiungimento di una definizione concreta e assoluta del momento iniziale
della vita, che porterebbe solamente a quella che Stefano Rodotà28 definisce come
un «presidio di leggi naturali che la volontà di potenza dell’uomo mai dovrebbe
violare», cioè ad un impasse scientifico, all’interno del quale la scienza risulterebbe
congelata e la ricerca soffocata. Un possibile compromesso invece potrebbe ravvisarsi
in ciò che Umberto Galimberti definisce «l’etica del viandante», il quale «affronta
le difficoltà del percorso di volta in volta, a seconda di come esse si presentano e con i
mezzi al momento a disposizione»29, cioè fare una valutazione che ci porti a decidere
se sul momento la scelta compiuta sia vantaggiosa o meno per l’uomo, ricordandoci
che nessun tipo di opinione a riguardo (e soprattutto in questo campo) può definirsi
come assolutamente falsa oppure assolutamente vera.
3. Produzione, importazione ed esportazione di linee cellulari
Le cellule staminali, oggi, esattamente come un qualsiasi altro prodotto
di mercato, circolano attraverso vettori globali, esse cioè vengono prodotte in
determinati paesi e da lì esportate in tutto il mondo. Tale fenomeno ha dato vita al
così detto “Tissue Market”, le cui dinamiche verranno analizzate in questo paragrafo,
con particolare riguardo al commercio di linee cellulari e ovociti. Emergeranno le
modalità di funzionamento di quest’ultimo che, estremamente complesse, si rivelano
essere una sorta di cartina tornasole di interessi economici, politiche restrittive,
2005, 195-196.
28 V. Franco, Bioetica e Procreazione Assistita, le Politiche della Vita tra Libertà e Responsabilità, Roma,
2005, pp. 108-109.
29 U. Galimberti, Come Trovare un’Etica Moderna, in “La Repubblica”, 12 agosto 2004.
16
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relazioni di potere e dibattiti pubblici. La grande utilità di quello che viene definito il
“Tissue Market” è la creazione di una collaborazione scientifica internazionale volta
allo studio di un medesimo oggetto standardizzato30. Alla definizione di oggetto
standardizzato, cioè di oggetto con caratteristiche predeterminate, rispondono le linee
cellulari. Esse sono entità robuste e flessibili, possono essere congelate, distribuite in
tutte il mondo senza alcuna apparente perdita di proprietà, possono essere testate e
standardizzate in numerosi modi per confrontarle con differenti linee31.. Sono entità
che si distaccano e si depurano rispetto al loro antenato, l’embrione derivante da
fecondazione in vitro, da questioni quali la riproduzione, le relazioni familiari e le
controversie sociali giungendo attraverso un graduale processo-«donation to clinic
and then to laboratory, disaggregation, immortalization, passage32»- ad uno status di
asetticità33.
Altro prodotto del Tissue Market sono gli ovociti. Essi sono richiesti infatti per
le procedure di trasferimento nucleare implicate nella clonazione a scopo terapeutico
e anche per i processi di fecondazione assistita, con una sempre crescente domanda
a fronte di una generale scarsità. Tale fenomeno implica una grande pressione sulla
biologia riproduttiva femminile. Come notano Brown e Webster, la riproduzione
femminile si stacca sempre più dal fine naturale predisposto (quello riproduttivo) per
diventare preda di interessi scientifici, economici e medici34.
3.1 Importazione ed esportazione di linee cellulari
E’ un percorso intricato quello che porta alla creazione delle linee cellulari, le difficoltà
che si incontrano sono di ordine tecnico. La creazione infatti richiede un numero
elevatissimo di blastocisti, il cui reperimento è altamente complesso a causa delle
controversie sociali in materia.
Le diverse situazioni socio-politiche dei paesi generano da un lato
un’abbondanza di embrioni, tipica di quei paesi con una legislazione in materia di
ricerca e fecondazione assistita di ampio respiro, dall’altro una scarsità di embrioni
30 B. Latour, Science in Action: How to Follow Scientist Evengineers through Society, MA: Harvard
University Press, Cambridge,1987.
31 H. Gottwies, B. Salter, C. Waldby ,The Global Politics Of Human Embryonic Stem Cell Science,
Basingstoke, Hampshire, England, 2009 p 35.
32 B. Latour, Science in Action: How to Follow Scientist Evengineers through Society , MA: Harvard
University Press, Cambridge,1987.
33 C. Waldby, R. Mitchell, “Tissue Economies: Blood, Organs and Cell Lines in Late Capitalism”
,Durham, NC: Duke University Press , 2006.
34 N. Brown, A. Webster, New Medical Technologies and Society: Reordering Life, Hoboken, New
Jersey, USA, 2004.
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
17
isolati per la produzione di linee cellulari, dovute invece alle restrizioni in materia
di ricerca e fecondazione assistita vigenti; fenomeno che tuttavia si risolve quasi
interamente all’interno dei processi di import-export ormai consolidati.
I principali paesi esportatori sono Gran Bretagna, India, Israele. Per quanto
riguarda la Gran Bretagna un grande ruolo viene giocato dalla UK Stem Cell Bank
(UKSCB) aperta nel 2004, l’unica insieme a quella spagnola (2005) e a quella di
Singapore. Il suo compito è quello di trasportare le linee di cellule staminali oltre i
confini nazionali. Tali biobanche ricevono fondi statali e sono rappresentative proprio
di quelle dinamiche, a cui accennavamo, di tensione fra un libero mercato dei tessuti e
le politiche sociali in merito.
La UKSCB nasce con lo scopo di favorire la creazione di un mercato ed un
fondo comune a cui sia privati che enti pubblici possano avere accesso di linee cellulari
ben caratterizzate e qualitativamente garantite.
Per depositare linee cellulari bisogna accettare determinate condizioni di distribuzione
35
che includono le seguenti:
•
•
•
•
•
Cell lines must not be sold for financial gain.
Depositors are to make lines available to academic researchers with minimal
constraints and conditions, and no upfront fees. Fees may be charged for
commercial users.
Public sector researchers will pay the bank the marginal costs of supplying the
lines, while commercial users will pay full costs.
Neither users nor depositors may pass sample lines to third parties without the
explicit approval of the Bank steering committee or the HFEA.
Users of lines must deposit any further cell lines developed with the bank.
Inoltre la UKSCB esplicitamente provvede alla regolamentazione dei fattori
sociali e bioetici nella gestione di linee hESC. A riguardo ha istituito una Steering
Committee che valuta il corretto svolgimento delle procedure di consenso informato
ed altri protocolli di protezione dei pazienti, per la tutela dell’embrione e del
donatore36.
Discorso a parte può essere effettuato per l’India, nella quale i fattori sociali e
culturali sono determinanti. L’embrione vanta una differente concezione ontologica
tale per cui le barriere bioetiche e culturali alla donazione di embrioni sono pressoché
inesistenti. Tuttavia, contrariamente a quanto esposto nel caso inglese, i ricercatori ci
suggeriscono di guardare con occhio critico agli aspetti bioetici di tale derivazione di
35 SCUKSCB Annex 11: “Terms and Conditions for Deposition and Access to Human Stem Cell
Lines”, 2004.
36 H. Gottwies, B. Salter, C. Waldby , The Global Politics Of Human Embryonic Stem Cell
Science, Basingstoke, Hampshire, England,2009, p.43.
18
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linee cellulari, in quanto considerando la stigmatizzazione sociale legata all’infertilità
e gli alti costi dei trattamenti rispetto ai guadagni medi, può succedere che una coppia
consenta di donare embrioni pressata dall’offerta di una In Vitro Fertilisation (in
seguito IVF) gratuita37.
Anche Israele, definita da Gross come «one of the centres where researches
from less liberal countries go shopping» come l’India, ha un fiorente mercato
dell’IVF e non vi sono controversie in merito alla ricerca sulle linee cellulari
embrionali. In un estensivo lavoro etnografico, Prainsack38 sostiene che la facilità
dell’approvvigionamento di linee cellulari embrionali sia strettamente connesso alla
concezione giudaica dell’embrione (ut supra). Inoltre la studiosa, con una teoria
altamente a rischio di risultare generica e generalizzante, sostiene che l’alto tasso
di nascite e l’uso massiccio di pratiche di fecondazione assistita siano sintomatiche
di quella concezione di perenne fragilità endemica che gli israeliti associano a sé
medesimi. Ed è questo stesso sentimento che incentiva lo sviluppo di biotecnologie,
nella speranza di migliorare la salute generale e la longevità.
Per quanto concerne gli importatori si annoverano fra i maggiori Germania,
Francia e Italia. Questi ultimi hanno attuato una strategia simile per consentire, seppur
limitatamente, la ricerca sulle staminali embrionali. Con la UK Stem Cell Initiative
del maggio 2005, iniziativa che mira a creare una piattaforma di coordinamento per
i finanziamenti alla ricerca sia pubblici che privati, sono state garantite ai ricercatori
francesi otto licenze.
In Germania, l’embrione vanta un particolare status ontologico profondamente
connesso agli accadimenti storici del nazionalsocialismo39. Già nella Costituzione
tedesca “Grundgesetz” l’attenzione alla persona, alla vita e alla dignità umana è
fortemente accentuata e configurata come uno dei primi doveri dello stato, l’art. 1
infatti definisce la dignità come un qualcosa di intangibile e pone su di essa un limite alla
revisione costituzionale, con una legge del 1990 (Gesetz zum Schutz von Embryonen)
appositamente creata, tale attenzione viene esplicitamente estesa all’embrione.
Sono infatti proibiti: la ricerca sugli embrioni, la manipolazione di linee cellulari, la
clonazione a scopo riproduttivo e terapeutico e la creazione di ibridi. Solo nel 2002, a
seguito di un aspro dibattito pubblico e parlamentare, con la Stammzellgesetz, legge
sulle cellule staminali, viene introdotta la possibilità di importare linee cellulari sotto
rigidi controlli. La ricerca è infatti ristretta ai soli embrioni creati prima del 1° gennaio
37 A. Bharadwaj, P. Glasner, Spare Embryons and Biotech Futures: Embryonic Stem Cells Research
in India, Paper presentato al 4S/EASST Conference, Ecole de Mines, Paris, 24-29 agosto 2004.
38 B. Prainsack, Negotiating Life: the Biopolitics of Embryonic Stem Cells Research and Human
Cloning in Israel, Social Studies of Science vol. 36 no. 2 , Department of Political Science, University of
Vienna, aprile 2006, pp. 173-205, reperibile all’indirizzo www.m.sss.sagepub.com/content/36/2/173.
short.
39 Si fa riferimento in particolare agli esperimenti medici e di eugenetica effettuati sotto il regime.
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
19
2002, data della legislazione; la ratio di tale restrizione è volta ad evitare che nessun
embrione muoia a causa delle ricerche effettuate in Germania40.
3.2 Il mercato degli Ovociti
Come abbiamo precedentemente accennato, una delle possibile conseguenze
potrebbe essere una corsa all’approvvigionamento di ovociti sempre più sfrenata.
Lo dimostra la crisi politica causata da Hwang Woo-Suk ( Hwang affair) in Sud
Corea, crisi che ha generato un grandissimo scandalo scientifico, portando il mondo
scientifico all’autocritica. Hwang Woo-Suk, scienziato stimato a livello mondale è
stato il simbolo sudcoreano della ricerca su staminali embrionali create con la così detta
clonazione, autorità indiscussa nel suo campo, ha fondato la prima banca mondiale di
cellule staminali. Tuttavia, nel 2005, da inchieste e interviste condotte dalle testate
Nature e Science emerge che due ricercatrici e successivamente altre donne sono state
pagate in cambio di quella che non era più -ormai- una donazione di ovociti, ma una
mera compravendita. Tralasciando ulteriori aspetti del caso e soffermandoci su ciò
che in questa sede rileva, dobbiamo far presente che le quantità in ballo sono enormi;
in uno degli studi condotti sul caso, emerge che per la creazione di una solo linea
cellulare si necessitano trenta blastocisti, derivati da 242 ovociti provenienti da 18
donatori41, dati notevolmente scoraggianti per la scienza.
La Seoul University, investigando sul caso, riporta che fra il novembre
2002 e il novembre 2005 i laboratori hanno prodotto 2221 ovociti prodotti da 119
donne, con una media di 19 ovociti per donna42. Tali dati preoccupano fortemente
per i loro dubbi aspetti bioetici. Infatti l’approvvigionamento di ovociti implica le
difficoltà, il tempo, la sofferenza e il rischio associati con la donazione degli stessi43.
Quest’ultima necessita di una complessa IVF procedura. Ormoni sono somministrati
per sospendere il normale ciclo riproduttivo della donna, successivamente diversi
ormoni sono somministrati per stimolare lo sviluppo di follicoli multipli. Il prelievo
di tali ovociti implica interventi di chirurgia invasiva: sono necessarie altre iniezioni di
ormoni, l’intervento si svolge in anestesia totale con lunghi periodi di guarigione. Non
40 S. Sperling, From Crisis to Potentiality; managing potential selves: Stem Cells, Immigrants, and
German Identity, Science and public policy, Harvard University, Cambridge, 2004, paper reperibile
all’indirizzo www.m.spp.oxfordjournals.org/content/31/2/139.abstract.
41 Hwang, Evidence of a Pluripotent Stem Cell Line Derived from a Cloned Blastocyst, Science online,
13 febbraio 2004.
42 R. Steinbrook, Egg donation and Human Embryonic Stem Cell Research, New England journal of
medicine, 2006, 354(4),324-6.
43 H. Gottwies, B. Salter, C. Waldby ,The Global Politics Of Human Embryonic Stem Cell Science,
Basingstoke, Hampshire, England, 2009, p.49.
20
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è lontano il rischio di incorrere nella sindrome da iperstimolazione ovarica, causata
in genere da una ovulazione indotta, che comporta infiammazione addominale,
insufficienza renale, infertilità, trombosi e disturbi cardiaci44. Più del 5% delle donne
che subiscono la procedura descritta sviluppano la sindrome da iperstimolazione
ovarica. Nel Sud Corea, una legge del 2005, proprio concomitante con l’emergere del
Hwang’s Affair vieta la retribuzione delle donatrici di ovociti. In Australia, Canada,
Singapore e gran parte dei paesi europei la donazione di ovociti è un atto di generosità
non retribuito, anche se la maggior parte dei paesi prevede il rimborso delle spese.
In Gran Bretagna è consentita la donazione di ovociti per le donne sotto procedura
di IVF che ad essa acconsentono, quindi sostanzialmente esse ricevono sussidi per la
procedura IVF in cambio di donazioni per la ricerca.
Per ovviare a quanto sopra esplicato, la Gran Bretagna e la Cina stanno
spostando i loro studi verso l’uso di ovociti animali, fenomeno che approfondiremo
nel successivo paragrafo.
4. Human admixed embryo
4.1 Cosa sono
Gli “human admixed embryo” sono embrioni ottenuti tramite il procedimento
di trasferimento nucleare, mischiando componente umana a componente animale.
Consideriamo nel nostro studio 4 diversi tipi di “human admixed embryo”:
Ibridi citoplasmatici ovvero “cibridi”: sono il risultato dell’inserimento di un
nucleo somatico umano in un ovocita animale, una cellula anucleata. Il processo è
quello del trasferimento di nuclei, tuttavia il risultato non è un “clone” ma una sorta
di ibrido contenente meno dell’1% di DNA animale, destinato a scomparire durante
il processo evolutivo. Il DNA del nucleo dovrebbe essere umano, mentre altrettanto
non può essere detto del DNA mitocondriale che potrebbe essere un misto dei
due. All’interno di una cellula, la compatibilità del DNA del nucleo e del DNA
mitocondriale è un requisito essenziale per il corretto funzionamento della stessa; in
questo caso, detto che il DNA nucleare è umano ma il mitocondriale no, bisognerebbe
verificare se tale status non comprometta dunque il corretto espletamento di funzioni
da parte della cellula. Prima che l’HFEA Authority inglese si esprimesse in merito,
solamente due gruppi di ricerca, uno in Cina e l’altro negli Stati Uniti avevano creato
44 R. Steinbrook, Egg donation and Human Embryonic Stem Cell Research, New England journal of
medicine, 2006, 354(4),324-6.
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
21
dei cibridi e pubblicato i loro risultati45.
Ibridi: sono una fusione di DNA di due differenti specie, ottenuta fecondando
un ovocita animale con uno spermatozoo umano. Questi embrioni contengono così
un DNA composto in egual misura da patrimonio umano e patrimonio non umano.
Tali embrioni, secondo gli scienziati hanno un’ aspettativa quasi nulla di vita46.
Embrioni transgenici: Organismi il cui patrimonio genetico contiene geni
aggiunti al DNA nucleare e mitocondriale originale, intatti o modificati. Gli animali
transgenici, che contengono un gene umano introdotto nella linea germinale animale
che viene trasmesso alle cellule dei discendenti, possono essere usati per la produzione
di sostanze di potenziale interesse terapeutico e come modello per lo studio delle
malattie umane47.
Embrioni chimera: sono embrioni umani/animali in cui sono introdotte
cellule animali/umani. Se normalmente in un embrione le cellule contengono tutte
il medesimo DNA, cosa che accade anche negli ibridi il cui DNA risulta dalla fusione
del DNA umano e quello animali, in una chimera vi sono cellule con differenti
informazioni genetiche. La chimera quindi, come una sorta di mosaico, presenta due
differenti tipi di cellule, alcune provenienti dalla specie umana altre dall’animale in
questione48.
4.2 Aspetti scientifici
La sperimentazione con gli “human admixed embyo” potrebbe portare
ad avanzamenti scientifici e terapie rivoluzionarie, ad esempio la generazione in
laboratorio di tessuti perfettamente compatibili per la medicina rigenerativa, la cura
di malattie quali il diabete ed il Parkinson. Si ovvierebbe così anche al problema di
reperire un numero sufficiente di cellule uovo umane, con il correlato superamento
del problema di natura etica che rappresenta la distruzione di un embrione umano per
la creazione di una cellula staminale embrionale.
Tuttavia il fronte scientifico non è unanime. Le ragioni del no, sostengono che
le procedure di trasferimento nucleare siano altamente inefficienti, come dimostra un
45 Embryonic stem cells generated by nuclear transfer of human somatic nuclei into rabbit oocytes Chen Y
et al Cell Research, 2003, 13(4) 251-263; Evaluation of the embryonic preimplantation potential of human
adult somatic cells via an embryo interspecies bioassay using bovine oocytes, Illmensee K et al Fertility and
Sterility,2006, (85) Supplement 1 April.
46 H. Homer, M. Davies,The science and ethics of human admixed embryos, New York, 2009
47 Comitato nazionale di bioetica,Chimere ed Ibridi. Con una riflessione particolare sugli ibridi
citoplasmatici, 2009.
48 Ricordiamo in proposito il test per la fertilità, effettuato tramite un ovocita, di un criceto per
valutare la qualità dello sperma umano, già consentita dall’originale HFEA Act ,1990.
22
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recente studio che ha dovuto impiegare trecento cellule uovo di scimmia per produrre
solamente due linee cellulari. Tali scienziati in opposizione agli “human admixed
embryo”, supportano l’utilizzo di tecnologie alternative e meno controverse, come ad
esempio le iPS cells49 o le cellule staminali adulte. Inoltre, asseriscono, considerata la
differenza fra specie umana e animali non si può assicurare l’utilità e la certezza delle
informazioni che con tali procedure sono ottenute.
4.3 Aspetti legislativi
Vediamo adesso come è regolamentata la questione in alcuni paesi. In Gran
Bretagna, lo Human Fertilisation and Embryology Act del 1990 vietava di mischiare
gameti umani e gameti animali se non sotto la concessione di esplicite autorizzazioni.
Nel novembre del 2006 l’autorità competente (HFEA) ha ricevuto due diverse
richieste da due team di ricercatori per creare cellule staminali da embrioni umani.
Tuttavia, considerando la scarsità di ovociti umani, i ricercatori richiedevano di poter
utilizzare ovociti animali dai quali avrebbero rimosso quasi tutto il DNA animale.
Avevano chiesto dunque l’autorizzazione per creare un “cibrido”. Nel 2007 L’HFEA
Authority, data la delicatezza del tema, decise di indire delle consultazioni pubbliche
con informative e prospettive sulle implicazioni etiche e sociali di tali procedimenti
per favorire un dibattito pubblico. Il responso della consultazione, durata tre mesi,
evidenziò che una grande maggioranza di persone erano generalmente contrarie a
questo tipo di ricerche eccetto che queste fossero strettamente regolamentate e vi
fosse un’alta probabilità di avanzamenti medico-scientifici. Nel settembre del 2007
l’HFEA Authority giunse alle seguenti conclusioni:
• Che la ricerca con i cibridi fosse attinente agli scopi dell’HFEA;
• Che la creazione di cibridi sarebbe stata subordinata all’autorizzazione
dell’Autorità;
• Che non vi fosse alcuna ragione di principio per cui la ricerca sui cibridi dovesse
essere vietata;
• Che le future decisoni dell’Autorià non sarebbero state decisioni di principio, ma
avrebbero comportato una valutazione caso per caso
• Che sarebbe stato sbagliato emettere una decisione senza una adeguata ed
evidente motivazione
• Che l’HFEA Authority avrebbe continuato a monitorare il potenziale di ulteriori
ricerche ed ogni emergente questione attraverso il suo programma di “horizon
49 Le Cellule staminali pluripotenti indotte, iPS sono cellule staminali pluripotenti derivate
artificialmente da una cellula adulta.
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
23
scanning” .
Nello stesso anno è emanata dal Department of Hill una dettagliata proposta di
revisione attraverso lo Human Tissue and Embryos (Draft) Bill50. Nel 2008 l’Human
Fertilisation and Embryology Act, giunse finalmente a revisione, trattando nel punto
4 il problema delle chimere e degli ibridi. Tale punto, riguarda la “Prohibitions in
connection with genetic material not of human origin” ed introduce la dizione
“human admixed embryo”, corredata da una serie dettagliata e analitica di ipotesi51.
E’ fatto divieto di impianto nel corpo della donna di tutte le citate categorie
di “human admixed embryo”, di ogni altro embrione non-umano, ogni gamete diverso
dai gameti umani. Nessuno può mescolare gameti umani e gameti animali, creare,
conservare e usare “human admixed embryo”, salva la presenza di autorizzazioni.
Tuttavia l’autorizzazione non può essere volta a tenere o usare “human admixed
embryo” dopo il quattordicesimo giorno dall’inizio del processo di creazione, né
all’impianto in un animale.” Al momento in cui questo documento viene scritto,
l’HFEA (Human Fertilisation Embryology Authority) ha concesso tre licenze ad
altrettanti gruppi di ricerca per la creazione di embrioni ibridi citoplasmatici, con
la condizione che non siano trasferiti nell’utero materno; che siano distrutti al 14°
giorno; che la ricerca porti ad un accrescimento della conoscenza52.
50 In particolare l’art. 17.2 vieta di impiantare nel corpo della donna o di un animale embrioni interspecie descrivendo dettagliatamente varie ipotesi: a) embrioni creati usando gameti umani e gameti
animali; b) embrioni creati clonando il nucleo di un ovocita animale o una cellula derivata da un embrione
animale con una cellula umana o il nucleo di una cellula umana; c) un embrione umano che sia stato
alterato con l’introduzione di una sequenza di DNA nucleare o mitocondriale animale. L’autorizzazione
alla ricerca non può consentire di conservare o usare un embrione inter-specie a) oltre l’apparire della
stria primitiva; b) oltre la fine del periodo di 14 giorni a partire dall’inizio del processo di creazione
dell’embrione inter-specie; c) quando è trascorso metà del periodo della gestazione o dell’incubazione il
cui DNA nucleare o mitocondriale sia contenuto nell’embrione.
51 (a) An embryo created by replacing the nucleus of an animal egg or of an animal cell, or two animal
pronuclei, with— (i) two human pronuclei, (ii) one nucleus of a human gamete or of any other human
cell, or
(iii) one human gamete or other human cell, (b) any other embryo created by using — (i) human
gametes and animal gametes, or (ii) one human pronucleus and one animal pronucleus, (c) a human
embryo that has been altered by the introduction of any sequence of nuclear or mitochondrial DNA of
an animal into one or more cells of the embryo,
(d) a human embryo that has been altered by the introduction of one or more animal cells, or (e) any
embryo not falling within paragraphs (a) to (d) which contains both nuclear or mitochondrial DNA of a
human and nuclear or mitochondrial DNA of an animal (“animal DNA”) but in which the animal DNA
is not predominant.
52 HFEA, Hybrids and Chimeras. A consultation on the ethical and social implications of creating
human/animal embryos in research, April 2007. 80 La documentazione sui progetti e le licenze può essere
consultata in http://www.hfea.gov.uk/en/1640.html per quelle concesse alla University of Newcastle
Upon Tyne e al King’s College London, e in http://www.hfea.gov.uk/en/1698.html per quella alla
24
Jet Det - 2012
In Australia la creazione di cibridi è consentita sotto il rilascio di una specifica
autorizzazione della competente autorità, ma il loro sviluppo deve essere bloccato
entro il quattordicesimo giorno.
In Canada vige il “Canadian Assisted Human Reproduction Act” (2004), il
quale vieta esplicitamente la creazione di ibridi e chimere umani/animali e il loro
trasferimento in esseri umani o non umani ed anche la creazione di ibridi a scopo
riproduttivo.
Lo “USA Draft Human Chimera Prohibition Act” (2005) proibisce la
creazione di chimere umane53, il trasferimento di embrioni umani in utero non
umano, e quello di embrione non umano in utero umano. Tuttavia per il testo
“Guidelines for Human Embryonic Stem Cells” della National Academy for Sciences
(NAS) del 2005, emendato il 26 Maggio 2010 la creazione di chimere animali a scopo
di ricerca è permessa sotto approvazione della commissione Embryonic Stem Cell
Research Oversight (ESCRO)54. Per tali direttive inoltre è permessa la creazione
di ibridi citoplasmatici, tuttavia vi è l’obbligo di non superare il quattordicesimo
giorno di sviluppo ed è proibito l’impianto di tali embrioni in utero umano e non
umano (Paragraph 4.5), è inoltre necessaria l’approvazione dell’ESCRO. Va tenuto
presente anche che, nel quadro della legislazione federale i singoli stati americani
presentano un panorama estremamente differenziato. Anche qui abbiamo stati
con una legislazione più permissiva (ad esempio, California, Connecticut, Illinois,
Maryland, Massachusetts, New Jersey, Missouri, Rhode Island) e altri con norme
molto restrittive (ad esempio Florida, Louisiana, Maine, Michigan, Minnesota,Nord
e Sud Dakota, Pennsylvania).
In India, paese permissivo quanto vigile nei confronti di tale tematiche, nelle
“Ethical guidelines for biomedical research on human partecipants-indian council of
medical research” del 2006 nel capitolo 7 “statement of specific principles for research
in transplantation” al paragrafo 4 intitolato “stem cells” si parla, fra le “restricted
areas of research” di ricerche riguardanti l’introduzione di hES/hEG/hSS in animali
allo stato embrionale o fetale per lo sviluppo di studi volti alla differenziazione e
integrazione di cellule umane in tessuti non umani e di ricerche sulle chimere ove
cellule staminali provenienti da due o più specie sono mescolate e introdotte in
animali inclusi i primati a qualsiasi stadio del loro sviluppo55. E tra le “prohibited
University of Warwick.
53 Alcuni tipi di ibridi uomo/animale rientrano nella definizione di chimera.
54 Paragraphs 1.3(a), 1.3(b)(ii) and 1.3(b)(iii)).
55 3. Research involving introduction of hES/hEG/hSS cells into animals, at embryonic or fetal stage
of development for studies on pattern of differentiation and integration of human cells into non- human
animal tissues.If there is a possibility that human cells could contribute in a major way to the development
of brain or gonads of the recipient animal, the scientific justification for the experiments must be strong.
The animals derived from these experiments shall not be allowed to breed.Such proposals would need
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
25
areas of research”:
5. Animals in which any of human stem cells have been introduced at any stage of
development should not be allowed to breed.
In Giappone troviamo “The Law Concerning Regulation Relating to Human
Cloning Techniques and Other Similar Techniques” del 2001 e “Guidelines for the
utilization of human embryonic stem cells”, 2009. La creazione di chimere animali è
permessa sotto approvazione del Ministero dell’educazione, cultura, sport e scienze
(MEXT), mentre il trasferimento di questi embrioni in utero umano o non umano è
proibito56. Le ricerche riguardanti il trapianto di cellule iPS umani in embrioni umani
è consentita, ma non lo è l’impiantare tali embrioni in utero umano e non umano
(2009 Guidelines). La creazione di ibridi citoplasmatici è proibita57.
La legislazione italiana preclude, oltre agli «interventi di clonazione mediante
trasferimento di nucleo» tutte le forme di produzione di chimere e ibridi, punendo
con una sanzione che potrebbe essere anche superiore ai 6 anni «la fecondazione
di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o
di chimere» (art. 13, comma 3, c-d della L. 2004/40 “In materia di procreazione
medicalmente assistita”). A seguito degli accadimento in Gran Bretagna (ci si riferisce
al via libera della HFEA Authority all’uso di Human Admied Embryo di cui sopra),
nel 2009 il Comitato Nazionale di Bioetica si è riunito ed ha emanato il seguente
parere: “Chimere ed ibridi con una riflessione particolare sugli ibridi citoplasmtici”
ove, a seguito di un dettagliato excursus di ordine etico e scientifico si asserisce che
[…] Gli stessi membri del Comitato Nazionale di Bioetica, per le ragioni discusse in
questo documento, auspicano la sospensione della produzione di ibridi uomo-animale
e, solo se adeguatamente giustificate, l’utilizzazione di tecniche di ricerca alternativa,
come ad esempio l’ibridazione tra specie animali diverse, che pure richiede una attenta e
adeguata valutazione bioetica.
Con l’esistenza tuttavia di opinioni discordanti:
Altri membri del CNB sono giunti invece alle seguenti conclusioni:[…]la condanna della
produzione di cibridi non è condivisibile.58
approval of the NAC-SCRT through Institutional Animal Ethics Committee (IAEC) and IC-SCRT.
4. Studies on chimeras where stem cells from two or more species are mixed and introduced into animals,
including primates, at any stage of development viz., embryonic, fetal or postnatal, for studies on pattern
of development and differentiation.”
56 Articolo 2(1) delle Guidelines del 2001, e Article 6 della legge del 2001.
57 Articolo 2(1) delle Guidelines del 2001, e Article 2(1)14 della legge del 2001.
58 Comitato Nazionale di Bioetica, Chimere ed Ibridi con una riflessione particolare sugli ibridi
26
Jet Det - 2012
4.4 Questioni etiche
La questione dei cibridi, non è scevra di questioni etiche, anzi, a parer di molti,
come riassunto esemplificativamente in questa affermazione di Angelo Vescovi,
neurobiologo del San Raffaele di Milano «Sono esperimenti che con presunzione
vengono proposti come superamento del problema etico ma che nella realtà ne
pongono di ancora più gravi»59.
Tutta le questioni etiche vertono fondamentalmente sulla domanda
gnoseologica “cosa caratterizza l’identità dell’uomo?”, problema che era già in un
certo senso stato affrontato in Italia nel dibattito pubblico sugli xenotrapianti60. Ciò
che spaventa è che si possa perdere il confine fra ciò che è umano e ciò che è negazione
dell’umano: l’animale, da cui l’uomo ha sempre preteso di differenziarsi per dignità.
Si teme che, la categoria universale di uomo, a cui fino ad oggi si è fatto riferimento
possa risultare ora fallibile, fatto reputato inaccettabile e lesivo della stessa humanitas.
La prima questione etica che si pone è indubbiamente quella intorno alla protezione
ed alla dignità dell’embrione umano. Cioè, la non accertata natura degli “human
admixed embryo”, in particolare degli ibridi citoplasmatici, non può implicare una
esclusione aprioristica del loro carattere umano. Un tale ragionevole dubbio, è fonte
della riapertura della questione sull’embrione umano, i quali punti salienti sono stati
ampiamente trattai nel precedente paragrafo 2.
La seconda ragione attiene quella che viene definita l’etica del piano inclinato61.
Si teme infatti che, nonostante la scienza opti attualmente per la distruzione
dell’embrione così creato entro il quattordicesimo giorno della sua genesi, finisca, per
una sorta di “volontà di potere” con il voler testare la sopravvivenza di tali esseri e
quindi con l’impiantarli in utero. In merito, il CNB nel già più volte citato parere
del 2009, richiama l’attenzione sul concetto di responsabilità di Jonas, da esercitare
soprattutto nei confronti delle generazioni future. Continua con il dire che bisogna
al riguardo adottare il principio di precauzione, principio che apre la strada ad un
atteggiamento «tuzioristico e di responsabilità», rimandando ad un documento già
precedentemente redatto62.
La terza motivazione attiene a quell’istintivo sentimento di ripugnanza
citoplasmatici, 2009.
59 M. de Bac,Corriere della Sera del 08 novembre 2006, articolo reperibile all’indirizzo http://www.iss.
it/binary/sibi2/cont/CorriereSera081106.1163062346.pdf .
60 Quando venne emanata la legge n. 91 del 1° aprile 1999, cioè la legge che disciplina il trapianto di
organi.
61 Ricordiamo in merito un articolo di E. Bellone sulle Scienze il 29 febbraio 2008, in cui le ricerche
sulle chimere venivano definite “piani inclinati verso il dominio della tecnica sull’uomo”.
62 Principio di precauzione: profili bioetici, filosofici e giuridici, 2004.
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
27
che si può provare di fronte a simili sperimentazione scientifiche63. La forza di tale
argomento, secondo i suoi sostenitori, è proprio il suo surclassare la ragione scientifica.
Il presupposto è che tale argomentazione emozionale, sia sinonimo di etica autentica,
di saggezza, di sensatezza. Una sensazione sentinella di un transumano che non può e
non deve avvenire.
Fortemente contraria si è dichiarata la chiesa cattolica. Monsignor Elio
Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, così si esprime a proposito
della decisione dell’Autorità britannica per la fertilizzazione e l’embriologia di
consentire la creazione di embrioni uomo-animale a scopo di ricerca: «con il
superamento di questa ulteriore frontiera della creazione di ibridi per clonazione, la
disumanizzazione tocca le soglie della mostruosità e si attua quel piano inclinato che si
verifica ogni volta che si abdica ad una esigenza fondamentale dell’etica stessa. […] Per
quanto riguarda l’etica che i ricercatori dell’Authority prospettano, essa non potrebbe
essere se non un’etica utilitarista per la quale sono state compiute due offese all’etica
umana e razionale, basata sulla dignità dell’uomo: si è guardato al fine senza tener
conto dei mezzi (creazione di embrioni e loro soppressione) ed è stato consumato un
delitto certo, oggi, in vista di un ipotetico vantaggio di domani.»64.
Coloro i quali si oppongono a tali argomentazioni fanno breccia
principalmente su un’avvenuta “mistificazione logica”, profondamente connessa al
rifiuto dell’etica del piano inclinato.
Riguardo al primo punto, riportiamo una dichiarazione di Carlo Alberto
Redi65
[…] Nessun ibrido tra DNA umano e DNA animale! È del tutto fantasiosa e fuorviante
la presentazione sui media della creazione di individui mezzo uomo e mezzo animale,
come nei miti: dalla sfinge, al minotauro alla chimera. […] È questa una entità ibrida
che non potrà mai dare inizio ad alcun processo di organogenesi per giungere ad un
embrione pronto ad impiantarsi in un utero: questo dato fattuale è incontestabile. La
potenzialità di sviluppo embrionale di questi ibridi citoplasmatici è nulla: Ci si augura
che, se l’esperimento riesce, il nucleo somatico acquisti delle caratteristiche di espressione
genica simile a quella delle cellule embrionali, si riprogrammi. Di più non può accadere.
63 Argomento ampiamente trattato a pp. 29-30 del documento del CBN ed anche della “ripugnanza”
è preso in considerazione anche nel documento del Comitato di bioetica danese, Man or mouse? Ethical
aspects of chimera research, 2008, cfr. in particolare pp. 42-44 e pp. 54-57. In tale documento si ritiene che
tale sentimento possa avere una valenza biologica (in quanto meccanismo ereditato evoluzionisticamente
per proteggere la specie) oppure una valenza antropologico-culturale e simbolica (in quanto tabù sociale,
precisamente il tabù del mescolamento inter-specie). Si tratta di interpretazioni che attribuiscono al
sentimento di ripugnanza la funzione conservativa di protezione della specie, in senso forte (nella misura
in cui si ritiene non modificabile dalla cultura) o debole (se modificabile).
64 L’Osservatore Romano, Domenica 9 Settembre 2007, p. 13.
65 C. A. Redi, Il Biologo Furioso, Provocazioni d’Autore tra Scienza e Politica, Milano, 2011 p.137.
28
Jet Det - 2012
La compresenza di un nucleo somatico umano con il citoplasma (e cioè dei mitocondri)
di un’altra specie non permette di accoppiare le reazioni chimiche che normalmente
avvengono tra il DNA mitocondriale e quello nucleare (che deve essere strettamente speciespecifica), e dunque non permette di avere l’energia chimica (ATP) necessaria a sostenere
lo sviluppo embrionale; in altre parole è garanzia del fatto che l’ibrido citoplasmatico, il
cibrido, non ha alcuna potenzialità di svilupparsi.
Anche nello stesso CNB, alcuni dei membri 66hanno espresso simili riserve,
ribadendo il rifiuto dell’etica del piano inclinato, che arrivano addirittura a delineare
“catastrofista” nella sfumatura delineata dagli altri membri, asserendo che, proprio in
ossequio alla responsabilità citata, è bene evitare un uso spropositato del principio di
proporzionalità e fare largo a tali tecnologie usate a scopi conoscitivi purché siano
subordinate ad un controllo rigido e trasparente.
Conclusione
In un simile ambito, concludiamo, così frastagliato, come precedentemente
accennato, un possible compromesso potrebbe essere quella di cui esemplificativamente
parla Galimberti, paragonando l’uomo moderno ad un nuovo Ulisse, bugiardo,
astuto e nomade, l’etica del viandante, termine sapientemente mutato dalla filosofia di
Nietzsche. L’etica del viandante è, secondo il filosofo, l’unica proponibile nell’età della
tecnica, è quella che sfrutta la furbizia di Ulisse, la greca “phronesis”, per trovare di caso
in caso un nuovo equilibrio fra forze di direzione opposta. Galimberti preannuncia
la scomparsa di un’etica prestabilita, preconfezionata, la scomparsa di principi
inappellabili a cui aggrapparsi e da il benvenuto ad un’etica che si appella all’esperienza.
Nell’esporre tale pensiero egli saluta la fine dell’uomo giuridico, pensiero che tuttavia
noi non possiamo condividere. Auspichiamo infatti un nuovo ruolo del diritto che
appunto si appelli, come suggestione Galimbertiana, all’esperienza, un diritto fluido,
non rigidamente caratterizzato, ma pur sempre un diritto.
La strada potrebbe forse essere quella di un diritto di origine giurisprudenziale,
capace di adattarsi alle situazioni di volta in volta poste, che abbia tuttavia come
binari i principi cardine della costituzione e quelli del diritto internazionale e
comunitario. Tuttavia, la fallibilità di tale sistema potrebbe essere in esso stesso
insita. Come ci fa notare Patrizia Borsellino, nel libro “Bioetica fra morale e diritto”,
l’esperienza al riguardo dimostra come un’ applicazione del principio di analogia ,
di regole apparentemente affini a nuove e nascenti situazione abbia portato quasi
66 Membri dissenzianti: C. Flamigni, S. Garattini, D. Neri, A. Piazza, M. Toraldo di Francia, G. Zuffa.
Cellule staminali oggi: libertà di ricerca scientifica
29
inevitabilmente ad una certa distorsione nei risultati. Inoltre, la stessa ci fa ancora
notare come un criterio meramente giurisprudenziale dagli anni novanta ad oggi
abbia portato ad avere differenti e alternanti trend, talvolta propulsivi altre volte a
stampo recessivo, in una situazione che lei definisce di «denegata giustizia».
Altra soluzione potrebbe essere una di tipo procedurale, affine a quella
adottata in Gran Bretagna. Il coinvolgimento e la consultazione, in primis, del popolo
sulle diverse questioni bioetiche, tramite meccanismi democratici e la concomitante
istituzione di una apposita autorità che si occupi di vagliare le proposte concrete della
comunità scientifica potrebbero essere una soluzione valida, partecipata e condivisa,
capace di risolvere l’impasse in cui attualmente l’Italia, divisa fra varie anime e schiava
di un potere legislativo inerte, si ritrova.
Benché ancora non si concordi unanimemente al riguardo, il diritto non
può che avere un ruolo fondamentale nella questione bioetica. Non un ruolo rigido,
dittatoriale, ruolo che gli scienziati temono e aborrono, ma un diritto privo di dogmi,
capace di ascoltare nuovi valori sentiti e socialmente apprezzati guardando con occhio
privo di diffidenza e pregiudizi ai progressi delle scienze.
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Jet Det - 2012
31
Le cellule staminali embrionali: il bilanciamento possibile
Riflessioni e orientamenti giuridici alla luce del caso
Brüstle v Greenpeace
chiara fusari sommario: 1. Introduzione. – 2. L’embrione comunitario: quale bioetica europea?
– 2.1 Il caso Brüstle: la causa principale e le questioni pregiudiziali. – 2.2 La ratio decidendi e nuovi possibili scenari. – 3.L’ordinamento giuridico italiano. – 4. Conclusioni
1. Introduzione
“Perdute le regole della natura, la
società si rispecchia nel diritto e a
esso chiede rassicurazione, prima
ancora che protezione”.1
Il biodiritto contemporaneo, crocevia di differenti discipline e affresco di
un politeismo di valori sempre più radicato, soffre di un insopportabile paradosso:
«quanto più fortemente si avverte l’urgenza della risoluzione delle problematiche
bioetiche, tanto più emerge e si acutizza il divario tra l’accelerazione incalzante del
progresso tecno-scientifico e la lentezza nella elaborazione di una risposta».2 In un
tempo in cui l’inizio e la fine della vita non sono più suggellati soltanto da ‘eventi di
natura’, in cui la trasformazione da uomo a donna non è più l’unico limite intangibile
per il legislatore (come proclamava aforisticamente un parlamentare inglese nel ‘700),
ma uno dei possibili interventi sul corpo umano nell’era della sua riproducibilità tecnica, le incessanti innovazioni biotecnologiche ci pongono di fronte ad un numero
sempre crescente di ipotesi da decidere, alle quali la fisiologica lentezza della riflessione giuridica, del confronto politico e della produzione legislativa mal si adeguano. 3
A ciò si aggiunga, da un lato, la pluralità di fonti normative (europee, internazionali, interne) concorrenti fra loro e che meritano un attento contemperamento, dall’altro, un’eterogenea prospettiva compara1 Stefano Rodotà, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Milano, Giangiacomo Feltrinelli
Editore, 2009, 15
2Cfr. Laura Palazzani, Introduzione alla biogiuridica, Torino, Giappichelli, 2002, 7
3 Come sottolineato da Carlo Casonato, Biodiritto e pluralismo nello stato costituzionale, in C.
Casonato, Cinzia Piciocchi (a cura di) Biodiritto in dialogo, Padova, Cedam, 2006, 7
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Jet Det - 2012
ta dei modelli giuridici propri dei singoli ordinamenti: in un orizzonte di
principi e valori sanciti in testi europei ed internazionali apparentemente piani, si
staglia un ventaglio di risposte legislative statali che ben dimostrano la difficoltà di
un consenso (transnazionale) sulla materia, ossia di quel substrato culturale, politico, giuridico, etico e scientifico sufficientemente coeso e condiviso da poter esprimere e fondare la legittimazione di una comune normativa, quantomeno comunitaria.
La ricerca sulle cellule staminali embrionali rappresenta un ambito del biodiritto sul quale ormai si dibatte da tempo, nel 1988 due gruppi di ricercatori hanno per
la prima volta isolato con successo e coltivato cellule staminali embrionali umane,4 e
che incide profondamente sul contenuto dei diritti fondamentali. È necessario chiarire sin da ora che contrariamente al settore delle cellule staminali somatiche (adulte),
già impiegate con successo in determinate terapie cellulari, le conoscenze relative alle
potenzialità terapeutiche delle cellule staminali embrionali sono ancora assai scarse,
tuttavia, la ricerca sul differenziamento cellulare con la speranza di derivare linee cellulari utili per terapie ricostruttive rappresenta la grande sfida nel campo della medicina rigenerativa.5
Ciononostante, la regolazione giuridica mostra i suoi limiti ed una sua latente impotenza nella determinazione di un punto di equilibrio tra la libertà di ricerca
scientifica e la tutela dell’embrione, ne è un esempio l’Italia, ove la normativa in
materia si esaurisce in un divieto generalizzato della sperimentazione scientifica sugli
embrioni: una posizione di intransigenza che difficilmente cela un cieco proibizionismo ideologicamente orientato al quale neanche la circolazione degli esempi ormai
diffusi a livello comparato ha giovato.
Ad infuocare nuovamente il dibattito è intervenuta nell’ottobre 2011 una
decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea6 che ha interpretato in modo
molto ampio il divieto di brevettabilità di invenzioni biotecnologiche che prevedono
4 «La prima linea cellulare di ES è stata isolata nel topo negli anni ’80 da M. J. Evans e da M. H.
Kaufman, nel Regno Unito, mentre le prime linee cellulari di ES umane (3 maschili e 2 femminili)
vengono allestite da J.A. Thompson nel 1998, negli USA, a partire da blastocisti»: Carlo Alberto Redi,
La questione delle cellule staminali. Il quadro scientifico, in Trattato di biodiritto. Il governo del corpo,
Milano, Giuffrè, 2011, 1090
5 Per le possibili applicazioni terapeutiche delle cellule staminali embrionali si veda: Carlo
Alberto Redi, op. cit., 1094, secondo il quale «le cellule staminali embrionali possiedono l’unica
caratteristica di permettere lo studio delle fasi iniziali dello sviluppo embriologico, per capire come si
attua il differenziamento cellulare e l’instaurasi di una patologia. (…) Le cellule staminali embrionali,
contrariamente alle somatiche, possono essere mantenute in coltura per moltissimi cicli di divisione,
addirittura per più di dieci anni, senza perdere la pluripotenzialità». Inoltre, per gli usi terapeutici della
ricerca sulle cellule embrionali staminali umane si consulti: Parlamento europeo, Direzione generale
degli studi, STOA, Le implicazioni etiche della ricerca sugli embrioni umani. Studio finale., Lussemburgo,
2000, 32
6 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sez., 18 ottobre 2011, n. 34, C-34/10, Brüstle v.
Greenpeace eV
Cellule staminali embrionali: il bilanciamento possibile
33
l’utilizzo di embrioni umani a fini industriali e commerciali, imbattendosi in una definizione di embrione umano eccessivamente frustrante nei confronti della libertà di
ricerca scientifica, sollevando così i malumori della comunità scientifica, di gran parte
della dottrina e degli ordinamenti che da tempo hanno sposato scelte legislative più
liberali.
In un quadro così complesso e ancora non troppo rassicurante, non fosse
altro che per la natura, a detta di taluni scoraggiati, «intrinsecamente indecidibile»7
dei dilemmi etici sollevati, questa breve trattazione si propone di illustrare, in un primo momento, lo scenario europeo delineato dalla sopracitata sentenza a confronto
con la normativa transnazionale, successivamente, il dibattito dottrinale italiano e
l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, impegnati nell’inesauribile opera di
interrogazione dei principi della Costituzione.
2. L’embrione comunitario: quale bioetica europea?
2.1 Il caso Brüstle: la causa principale e le questioni pregiudiziali
La recente decisione della Corte di giustizia dell’UE relativa al caso Brüstle
c. Greenpeace ha il pregio di gettare le basi per una più precisa configurazione di un
diritto europeo in materia di libertà di ricerca sulle cellule staminali embrionali, confermandoci che è in primis a questo ordinamento che ormai dobbiamo appellarci per
disegnare le discipline interne.
Per comprendere la posizione della Corte, vale la pena descrivere il caso riprendendo sinteticamente i fondamentali passaggi argomentativi del ragionamento
dei giudici per poi analizzarne i profili di maggiore criticità. 8
Il signor Brustle, genetista tedesco, nel 1997 diventa titolare di un brevetto avente ad oggetto il procedimento di produzione «in quantità praticamente illimitata di cellule progenitrici isolate e depurate, aventi proprietà neurali o
gliali, ricavate da cellule staminali embrionali» (§ 18), e il loro utilizzo in campo
biomedico per la terapia di anomalie neurali, in particolare costituirebbe un metodo promettente per pazienti affetti dal morbo di Parkinson. Il ricorrente, l’associazione Greenpeace, presenta domanda di annullamento del brevetto presso il
7 A. Cantaro, Europa Sovrana, La Costituzione dell’Unione tra guerra e diritti, Ed. Dedalo, 2003,
111
8 Per una più completa ricostruzione della vicenda si veda V. Altamore, La tutela dell’embrione tra
interpretazione giudiziale e sviluppi della ricerca scientifica, in una recente sentenza della Corte di Giustizia
europea (C-34/10 Olivier Brüstle c. Greenpeace eV.), in Forum di Quaderni costituzionali, 2 dicembre
2011
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Bundespatentgericht (Tribunale federale dei brevetti) ai sensi della normativa tedesca, trasposizione dell’art. 6, comma 2, lett. c) della direttiva n. 98/44/CE sulla
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, in tenore del quale «sono
escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario all’ordine pubblico o al buon costume”, in particolare “sono considerati non
brevettabili le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali e commerciali».
Dichiarata la nullità del brevetto, in appello il Bundesgerichthof con
decisione 17 dicembre 2009 stima che la decisione del litigio necessiti l’interpretazione da parte della Corte di Lussemburgo del sopracitato articolo,
sottoponendole così tre questioni pregiudiziali al fine di stabilire se le cellule staminali embrionali umane che fungono da materiale di partenza per i procedimenti brevettati costituiscono ‘embrioni umani’ ai sensi del detto articolo
e quindi per conoscere la giusta delimitazione delle esclusioni di brevettabilità.
Con la prima questione il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare
la nozione di ‘embrione umano’ ai sensi della direttiva (ossia al solo fine di stabilire
l’ambito del divieto di brevettabilità ivi previsto). Alla Corte preme ricordare quali
siano gli scopi della direttiva alla luce dei quali legittimare una nozione autonoma di
embrione umano: posto che l’armonizzazione dei diritti nazionali mira a rimuovere gli ostacoli agli scambi commerciali e quindi al buon funzionamento del mercato
interno, «secondo una giurisprudenza costante, l’applicazione uniforme tanto del
diritto dell’Unione quanto del principio di uguaglianza esige che una disposizione
del diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata
debba normalmente dar luogo, in tutta l’Unione, ad un’interpretazione autonoma
e uniforme» (§ 25). Nel caso di specie, lasciare un ampio margine di discrezionalità agli stati nell’elaborazione di differenti normative e nozioni di embrione significherebbe minare la ratio della direttiva che è quella di incoraggiare la ricerca e lo
sviluppo industriale nell’ambito dell’ingegneria genetica attraverso un’efficace protezione giuridica delle invenzioni in tutto il territorio dell’Unione: «la mancanza
di una definizione uniforme della nozione di embrione umano determinerebbe il rischio che gli autori di talune invenzioni biotecnologiche siano tentati di chiedere la
brevettabilità di queste ultime negli Stati membri che concepiscono nel modo più
restrittivo la nozione di embrione umano e, quindi, i più permissivi per quanto riguarda le possibilità di brevettare le invenzioni di cui trattasi, a motivo del fatto che
la brevettabilità delle stesse sarebbe esclusa negli altri Stati membri. Una tale situazione costituirebbe una lesione al buon funzionamento del mercato interno» (§ 28).
Se è vero, come enunciato nel preambolo della direttiva, che questa punta ad
incoraggiare gli investimenti nel settore della biotecnologia, lo sfruttamento commerciale del materiale biologico di origine umana deve avvenire nel rispetto dell’ordine
pubblico e del buon costume, in particolare, ai sensi del sedicesimo ‘considerando’
Cellule staminali embrionali: il bilanciamento possibile
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della direttiva «il diritto dei brevetti dev’essere esercitato nel rispetto dei diritti fondamentali che garantiscono la dignità e l’integrità dell’uomo». È sull’enfasi posta
su quest’ultimo riferimento normativo che la Corte fonda la definizione, in senso
ampio, di embrione umano: l’art. 6, comma 2, lett. c) della direttiva deve essere interpretato nel senso che «costituisce un embrione umano qualunque ovulo umano
fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi».
Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se la nozione di ‘utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o commerciali’ ai sensi
dell’art.6, comma 2, lett. c) della direttiva includa anche l’utilizzazione di embrioni umani a fini di ricerca scientifica. La Corte precisa «anche se la direttiva non è
intesa a disciplinare l’utilizzazione di embrioni umani nell’ambito di ricerche
scientifiche» e «lo scopo di ricerca scientifica deve essere distinto dai fini industriali e commerciali, l’utilizzazione di embrioni umani a fini di ricerca che sia oggetto della domanda di brevetto non può essere scorporata dal brevetto medesimo e dai diritti da esso derivanti» (§ 43). Si deve concludere che l’utilizzazione di
embrioni umani al fine di ricerca scientifica non può sottrarsi all’esclusione della
brevettabilità. L’unica eccezione, nel senso che può essere oggetto di brevetto, riguarda l’utilizzazione a fini di ricerca scientifica «per finalità terapeutiche o diagnostiche che si applichi all’embrione umano e sia utile a quest’ultimo» (§ 46).
Nella terza questione la Corte interpreta l’art. 6, n. 2, lett. c) della direttiva nel senso che è esclusa anche la brevettabilità di un’invenzione che non abbia di per sé ad oggetto l’utilizzazione di embrioni umani,
ma un prodotto o un procedimento che presuppongono la distruzione di
embrioni umani «in una fase ben precedente all’attuazione dell’invenzione»(§ 49).
2.2 La ratio decidendi e nuovi possibili scenari
A partire da questa sintetica, ma imprescindibile, ricostruzione delle tre interpretazioni sulle quali la Corte è stata chiamata a pronunciarsi si può trarre qualche
considerazione. Innanzitutto, il bilanciamento fra la dignità dell’embrione umano
e la libertà della ricerca scientifica sembra inesorabilmente pendere verso la prima.
La tutela accordata all’embrione, così estensivamente interpretata, non lascia trapelare in nessuna delle tre risposte alcun favor nei confronti dell’attività di ricerca
scientifica su cellule staminali embrionali (e dei relativi brevetti) e della tutela del-
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la salute.9 Nonostante nel preambolo della direttiva si legga che «soprattutto nel
campo dell’ingegneria genetica, la ricerca e lo sviluppo esigono una notevole quantità di investimenti ad alto rischio che soltanto una protezione giuridica adeguata
può consentire di rendere redditizi» e che «una protezione efficace e armonizzata
in tutti gli Stati membri è essenziale al fine di mantenere e promuovere gli investimenti nel settore della biotecnologia», la ratio decidendi della sentenza non tiene
in debita considerazione il legame indissolubile tra promozione della ricerca scientifica e tutela brevettuale, tra progresso scientifico e interesse collettivo alla salute.
Nelle conclusioni dell’avvocato generale Yves Bot, sulle quali la Corte fonda largamente la decisione, viene precisato che la validità della nozione autonoma di
embrione umano, così ampiamente intesa e senza poter rimandare alle diverse accezioni nazionali, è riferita strettamente all’applicazione della direttiva in questione e
quindi ai soli fini della determinazione di ciò che è tutelabile mediante di brevetto
nell’ambito delle invenzioni biotecnologiche che presuppongono lo sfruttamento
di materiale biologico di origine umana10. Così dicendo, l’avvocato generale fuga i
dubbi circa una possibile trasposizione della definizione in altri settori che riguardano la vita umana, ad esempio l’aborto: «Non si può infatti confrontare la questione dell’eventuale utilizzazione di embrioni a fini industriali o commerciali con
le normative nazionali che tentano di dare soluzioni a situazioni individuali dolorose» (§ 49). In questo caso l’avvocato generale sembra compiere un bilanciamento in favore dell’autodeterminazione e della salute della donna; a questo punto ci si
potrebbe chiedere se anche per l’utilizzo delle cellule staminali embrionali a scopi di
sperimentazione scientifica sia possibile, se non necessario, un diverso contemperamento, alla luce dei possibili successi clinici che il trapianto di questo tipo di cellule può realizzare per la cura di alcune malattie, certamente alleviando sofferenze dei
pazienti malati. L’impasse etica, legato alla impraticabilità della distruzione di embrioni umani per isolare cellule embrionali, è già stato da tempo superato da diversi
ordinamenti che, per non sacrificare il diritto alla ricerca scientifica e le aspettative
nel campo medico a esso connesse, hanno adottato risposte legislative che tengono conto della pluralità delle fonti biologiche da cui derivare cellule embrionali. 11
9 Sul punto cfr. P. I. D’Andrea, La Corte di Giustizia CE e la ricerca sulle cellule staminali embrionali
(C-34/10 Olivier Brüstle c. Greenpeace eV.), in Forum di Quaderni costituzionali, 10 luglio 2012
10 Conclusioni dell’Avvocato Generale Y. Bot, presentate il 10 marzo 2011, Causa C-34/10 - Olivier
Brüstle c. Greenpeace eV., § 49, si legge: «Mi sembra anche utile precisare che la definizione giuridica
che propongo si inserisce nell’ambito della direttiva tecnica esaminata e che, a mio avviso, non si
potranno ricavarne conseguenze altrettanto giuridiche in altri settori che riguardano la vita umana ma
che sono situati ad un livello diverso, ed, innanzitutto, al di fuori del diritto dell’Unione. È per questo
che mi sembra che il riferimento fatto in udienza a sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo in merito all’aborto esuli per definizione dal nostro oggetto».
11 Nella dimensione comparata, i paesi ‘procedure oriented’, ad esempio la Francia e la Germania,
ammettono la ricerca con cellule staminali embrionali ma vietano sia la creazione di embrioni per scopi
Cellule staminali embrionali: il bilanciamento possibile
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Stando alla definizione della Corte, si avrebbe embrione umano ogni volta
che ci troviamo di fronte a cellule totipotenti qualsiasi sia il mezzo con cui esse sono
state ottenute e a prescindere dal destino delle stesse. Il principio di dignità umana viene riconosciuto dal momento della fecondazione (anche all’ovulo non fecondato in
cui è impiantato il nucleo di una cellula umana matura oppure indotto a dividersi e svilupparsi tramite partenogenesi), il quale non vi è dubbio che sia tale «da dare avvio al
processo di sviluppo di un essere umano» (§ 35), ma la protezione dell’embrione mostra un’inammissibile rigidità proprio nella scelta di inglobare sotto un’unica categoria
giuridica (‘embrione’) realtà molto differenti che il pensiero giuridico degli stati membri da tempo si era convinto a distinguere: l’embrione fecondato in vivo, l’embrione
fecondato in vitro e quello ottenuto artificialmente mediante clonazione terapeutica.
E’ ormai un dato noto che vi sono embrioni sovrannumerari, ottenuti con il
metodo di procreazione medicalmente assistita e che non sono stati impiantati nell’utero della donna, il cui destino è quello della crioconservazione infinita o della dissoluzione inesorabile. La donazione volontaria alla scienza di tali embrioni, previo consenso informato, da parte della coppie che hanno fatto ricorso alla fecondazione in vitro,
appare una strada percorribile assicurando, da un lato, un’adeguata protezione all’embrione senza ricorrere alla creazione ad hoc mediante clonazione terapeutica, dall’altro,
non vanifica le essenziali possibilità offerte dalla ricerca per la medicina rigenerativa.
Soluzione che pare coerente con le basi normative internazionali di riferimento: in particolare, la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina12 sembra prendere in considerazione i possibili diversi statuti giuridici degli
embrioni vietando esplicitamente la creazione ad hoc per fini di ricerca scientifica,
ma lasciando la più ampia discrezionalità agli stati membri nel permettere o meno la
sperimentazione su quelli sovrannumerari ottenuti in vitro. Il punto debole di questa
previsione normativa scolpita nell’art.1813 risiede proprio nella sua manifesta natura
di ricerca che la c.d. clonazione terapeutica. Per un tentativo di classificazione dei modelli giuridici (value
oriented, procedure oriented, liberal) si veda: Simone Penasa, La questione delle cellule staminali. Il
quadro giuridico, in S. Canestrari, G. Ferrando, C.M. Mazzoni, S. Rodotà, P. Zatti (a cura
di), Il governo del corpo. Tomo I, Milano: Giuffrè Editore, 2011, 1109. - (Trattato di biodiritto).
12 In riferimento al mancato perfezionamento della procedura di ratifica da parte dell’Italia, cfr,
Carlo Casonato, Recensione di Carlo Casonato al libro di Amedeo Santosuosso, Diritto, scienza,
nuove tecnologie, Cedam, 2011, in corso di pubblicazione, ove precisa: «Nonostante la legge di ratifica
regolarmente approvata e promulgata già nel marzo del 2001 (n. 145) e più che la mancanza dei decreti
legislativi recanti le disposizioni occorrenti per l’adattamento dell’ordinamento ai suoi principi, ciò che
impedisce che l’Italia sia parte della Convenzione consiste nel mancato deposito presso il Consiglio
d’Europa dello strumento di ratifica (cioè della stessa legge n. 145 del 2001). Ancora una volta, tuttavia,
la giurisprudenza ha in parte colmato la carenza, questa volta dell’Esecutivo, disponendo che quel
documento internazionale debba comunque “essere utilizzato nell’interpretazione di norme interne al
fine di dare a queste una lettura il più possibile ad esso conforme» (Corte di Cassazione, I sez. civile, sent.
n. 21748 del 16 ottobre 2007)».
13 L’art. 18, rubricato “Ricerca sugli embrioni in vitro” al cap. V intitolato “Ricerca scientifica”, della
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compromissoria non idonea a fondare dei principi standard comuni per una bioetica
europea nel campo della genetica con il rischio di ingenerare potenziali contrasti con
l’ordinamento dell’Unione europea,14 ed in questa vicenda sembra potersi realizzare.
Ci si domanda quale sia il destino dell’orientamento fissato della Corte di
giustizia, in particolare in quei paesi che da tempo hanno adottato discipline aperte
alla possibilità di sperimentare sugli embrioni sovrannumerari basando le loro scelte
sull’art.18 della Convenzione o addirittura chi considerando questa troppo restrittiva
e non aderendovi, come l’Inghilterra e il Belgio, ha legalizzato la clonazione terapeutica, probabilmente andranno incontro ad una neutralizzazione delle normative. 15
In Italia, come si dirà meglio anche più avanti, la Corte costituzionale ha già
avuto modo di considerare l’interpretazione della Corte di giustizia nell’ordinanza n.
196/2012, in occasione di un ricorso per verificare la legittimità costituzionale della
norma che autorizza l’interruzione volontaria di gravidanza di una minorenne alla luce
della nuova nozione europea di embrione. La Corte, nel motivare la manifesta inammissibilità della questione per l’assoluta primizia della libera autodeterminazione della
donna sulla tutela della aspettativa di vita del nascituro, riporta le considerazioni dell’Avvocatura generale dello Stato, la quale, fra l’altro, ha invocato sorprendentemente la
c.d. ‘teoria dei contro limiti’, «in base al[la] quale la “ritrazione” del diritto interno nei
confronti del diritto comunitario non opera “in riferimento ai principi fondamentali
del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della persona umana»16
In conclusione, sembra da accogliere la posizione di chi sostiene, in una
prospettiva consapevole e dialettica nei confronti dell’inarrestabile evoluzione della
scienza, che lo scenario desiderabile sia quello di un’illegittimità della direttiva per
violazione del principio di proporzionalità nei confronti dell’art. 13 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea che enuncia: «Le arti e la ricerca scientifica
sono libere. La libertà accademica è rispettata». D’altronde nessuna norma europea
vieta esplicitamente l’utilizzo a scopo di ricerca di cellule embrionali derivate da embrioni creati in vitro, contrariamente a quanto espressamente previsto per la produzione. Nel rispetto dell’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali che vieta di fare del
corpo umano e delle sue parti una fonte di lucro17, il test di proporzionalità prevede
Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina stabilisce al primo comma «Quando la ricerca sugli
embrioni in vitro è ammessa dalla legge, questa assicura una protezione adeguata all’embrione» e al
secondo comma «La costituzione di embrioni umani a fini di ricerca è vietata».
14Al riguardo si veda Cinzia Piciocchi, La Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la
biomedicina: verso una bioetica europea?, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2001, III, 1301
15Cfr. Stéphanie Hennette-Vauchez, L’embryon de l’Union, in Revue trimestrelle de droit
européen, 2012, 355
16 Corte costituzionale, ordinanza n. 196/2012
17 Carta dei diritti fondamentali dell’UE, Art. 3, Diritto all’integrità della persona, comma 1: «Ogni
persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica». Comma 2: «Nell’ambito della medicina e della
biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero e informato della persona interessata,
Cellule staminali embrionali: il bilanciamento possibile
39
che le norme restrittive, come teorizzato dal professor Bin, debbano essere precedute
dalla risposta alla domanda «quanto una determinata limitazione apposta alla attività
di sperimentazione incide sulla concreta possibilità di svolgere la ricerca scientifica?».
3. L’ordinamento giuridico italiano
La normativa italiana in materia di ricerca sulle cellule staminali embrionali (previsione che fu necessaria anche ai fini dell’attuazione della Convenzione di Oviedo), si è detto, si esaurisce in un divieto generalizzato sancito all’art.
13 di una legge, la n. 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita,
la cui matrice ideologica è passata più volte sotto la scure di tribunali e della Corte costituzionale. Gli unici divieti che, ad oggi, restano ancora in piedi sono quelli
relativi all’impiego della tecnica di fecondazione eterologa e quello, appunto, della sperimentazione su embrioni 18, legittimati dalla assiologica finalità della legge,
scolpita nei principi generali del testo, di assicurare anche i diritti del concepito.19
Assunto il divieto dell’art. 13 come dato positivo di partenza, si cercherà di controllarne la fondatezza costituzionale alla luce, da un lato, del
tracciato segnato a più riprese dalla Corte costituzionale volto a limitare la
discrezionalità politica del legislatore a fronte di acquisizioni scientifiche e sperimentali e, dall’altro, delle tecniche di bilanciamento fra gli interessi costituzionalmente rilevanti coinvolti (e potenzialmente confliggenti). In altre parole, la
secondo le modalità definite dalla legge; b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle
aventi come scopo la selezione delle persone; c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in
quanto tali una fonte di lucro; d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani».
18 Da ultimo dichiarata illegittima dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo nella parte
in cui vieta alle coppie portatrici sane di malattie geneticamente trasmissibili di ricorrere alla diagnosi
preimpianto attraverso la tecnica di procreazione medicalmente assistita. A fronte di tale divieto la Corte
ha rilevato un’incoerenza del sistema giuridico italiano, laddove alle stesse coppie è permesso di ricorrere
all’aborto terapeutico una volta accertate anomalie fetali di origine cromosomica tramite amniocentesi
(Legge 22 maggio 1978, n. 194, ‘Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria
della gravidanza’, art. 6, lettera b).
19 Legge 19 febbraio 2004, n. 40, ‘Norme in materia di procreazione medicalmente assistita’, art. 1
(Finalità), comma 1: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità
o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni
e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti,
compreso il concepito». Dalla lettura della legge appare evidente come, per il legislatore, i termini
‘concepito’ ed ‘embrione’ siano fungibili. Sui problemi di compatibilità di tale disposizione con il
contesto normativo designato dai principi fondamentali del diritto civile (in particolare quello secondo
cui ‘la capacità giuridica si acquista dalla nascita’) si veda Carlo Casonato, Introduzione al biodiritto. La
bioetica nel diritto costituzionale comparato, Trento, Litotipografia Alcione, 2006, 36
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domanda che percorrerà l’intera analisi è: quali sono i limiti legittimi alla sperimentazione scientifica, nella fattispecie, sulle cellule staminali embrionali?20
Nel nostro ordinamento il principio della libertà di ricerca scientifica trova
il suo principale e specifico fondamento giuridico nella Costituzione che ne declina
la protezione sotto due diversi profili. Il primo è quello proclamato all’art. 9 («La
Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»),
inserito tra i “valori culturali” della Repubblica, impegna i poteri pubblici a «predisporre per l’avvenire le condizioni idonee alla sua esplicazione ed al suo sviluppo»21,
l’altro, previsto all’art. 33 («L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento»), tutela la libertà di ricerca dalle possibili censure che potrebbero colpire
il contenuto della stessa, garantendo il pluralismo assoluto. Così come per i limiti
opposti alla libertà di espressione22, la ricerca scientifica incontra delle restrizioni là
dove da pensiero si trasformi in principio d’azione, in sperimentazione, «la mia assoluta libertà di fare ricerca non si può tradurre in un’altrettanto assoluta libertà di
sperimentare le mie ipotesi»23, perchè verrebbe a collidere con altrettanti interessi
di rango costituzionale quali, ad esempio, la tutela dell’ambiente, la tutela della salute dei pazienti, le ‘precauzioni’ nei confronti delle conseguenze ancora ignote degli
esperimenti, la dignità delle persone e degli animali, i quali, astrattamente, assumono
sempre più rilievo come controlimiti alle potenzialità illimitate del progresso scientifico. A quali condizioni, dunque, è possibile circoscrivere la libertà di ricerca che
gode di un ampio ancoraggio costituzionale e, nel caso delle cellule staminali embrionali, è così intimamente connessa al diritto fondamentale alla salute? Qual è il margine di discrezionalità del legislatore e fino a che punto può ingerirsi indisturbato?24
La Corte costituzionale ha fissato un orientamento precisando quali sono
i limiti della regolazione giuridica derivanti dal rispetto del diritto fondamentale alla salute che il legislatore deve tenere presente quando opera delle scelte attinenti a consentire o meno determinati trattamenti sanitari, (e quindi, sull’utilità o
meno di un tipo di ricerca), e nella sentenza 282/2002 ha affermato con chiarezza:
20 Per una trattazione approfondita si veda Roberto Bin, La Corte e la scienza, in Bio-tecnologie e
valori costituzionali, Giappichelli editore, Torino
21 Corte costituzionale, sent. 20/1978
22 Secondo il professor Bin, i criteri di giudizio con cui valutare le limitazioni opposte alla libertà
della ricerca vanno ricollegati a quelli della libertà di espressione. Nel sistema statunitense non sono
contemplate norme costituzionali specifiche per la libertà di ricerca, questa è protetta dalla freedom of
speech che subisce limitazioni quando si scontra con altri interessi rilevanti, quando da puro pensiero
diventa principio di azione, così, ad esempio, non posso istigare qualcuno a suicidarsi o a compiere reati,
né offendere la dignità altrui. Per una trattazione maggiormente approfondita si consulti Roberto Bin,
Libertà della ricerca scientifica in campo genetico, in Alle frontiere del diritto. Scritti in onore di Valerio
Onida, a cura di M. D’Amico e B. Randazzo, Milano 2011, 215 - 230
23 Ibidem
24 Ibidem
Cellule staminali embrionali: il bilanciamento possibile
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«un intervento sul merito delle scelte terapeutiche in relazione alla loro appropriatezza non potrebbe nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica dello stesso legislatore, bensì dovrebbe prevedere l’elaborazione di indirizzi fondati
sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali
acquisite, tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali o sovranazionali - a
ciò deputati, dato l’”essenziale rilievo” che, a questi fini, rivestono gli organi tecnicoscientifici… o comunque dovrebbe costituire il risultato di una siffatta verifica»25.
Concetto ribadito nella sent. 151/2009:
«Al riguardo, va segnalato che la giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente
posto l’accento sui limiti che alla discrezionalità legislativa pongono le acquisizioni
scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione e sulle quali si fonda l’arte medica: sicché, in materia di pratica terapeutica, la regola di fondo deve essere la
autonomia e la responsabilità del medico, che, con il consenso del paziente, opera le
necessarie scelte professionali».
Insomma, non può essere il decisore politico a pronunciarsi nel merito della speranza
che è lecito riporre nella ricerca di nuove terapie. Il legislatore, nell’annosa ricerca del
punto di equilibrio fra interessi antagonisti, deve in primis fondare i propri ragionamenti sui dati forniti dalla scienza e poi domandarsi: alla protezione di quali interessi
è ispirata la limitazione da introdurre? Vi è proporzione tra sacrificio richiesto e beneficio ottenuto? Vi sarebbero soluzioni meno costose?
Il divieto generalizzato dell’art. 13 della legge n.40/2004 mira a tutelare
l’embrione in sé e per sé, conferendogli uno status che, a prescindere da quale sia lo
scopo prefissato dalla ricerca, sacrifica interamente l’interesse alla sperimentazione
scientifica e agli esiti terapeutici che potrebbero conseguirne. Eppur si muove! Sostenere che l’embrione abbia la medesima dignità di una persona è questione etica,
convinzione personale rispettabile ma non incontrovertibile, tantomeno imponibile
a tutti. Come ha affermato un autorevole costituzionalista tedesco «la questione del
momento in cui iniziare a tutelare la dignità della vita umana è una decisione valutativa e non è un problema di semplice conoscenza del diritto. La giurisprudenza non
è competente a rispondere alla domanda quando inizia la vita umana (…) le scienze
naturali secondo le loro conoscenze non sono in grado di rispondere alla domanda
da che momento la vita umana debba essere messa sotto la tutela costituzionale».26
Insomma, né la scienza né i tribunali possono indicarci con certezza a partire da quale
momento la vita umana viene ad essere ammantata dall’impalpabile e incerta nozione
di dignità. Tuttavia il diritto, in ‘simbiosi’ con la scienza, non può sottrarsi alla dimensione problematica e casistica legata all’emergere di nuove aspettative e interessi che
25 Corte costituzionale, sent. 282/2002
26 Si tratta di Jutta Limbach, citato da Carlo Casonato, Introduzione al biodiritto. La bioetica nel
diritto costituzionale comparato, Trento, Litotipografia Alcione, 2006, 32
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richiedono di essere posti sul piatto della bilancia.27
In diverse occasioni il giudice delle leggi ha fatto prevalere altri diritti fondamentali sulla dignità dell’embrione. Nella sentenza 151/2009 la Corte costituzionale
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.14 comma 2 della legge 40/2004
nella parte in cui prevedeva nel procedimento di procreazione medicalmente assistita
un unico e contemporaneo impianto di embrioni nell’utero, comunque non superiore a tre, con la conseguenza, in caso di fallimento, di ulteriori perniciose stimolazioni
ovariche. La Corte, aprendo la strada alla creazione di embrioni sovrannumerari, ha
accolto il bilanciamento indicato dal giudice a quo inteso ad asserire la prevalenza del
diritto alla salute dell’essere persona (della donna) rispetto a ciò che “ancora persona
non è”.28
In un’altra ordinanza, già citata, la n. 196/2012 riguardante la legittimità
costituzionale della norma che prevede l’interruzione volontaria di gravidanza delle
minori alla luce della recente nozione di embrione della Corte di giustizia dell’UE,
la Corte costituzionale ha precisato che tale definizione non solo è applicabile ai soli
specifici casi della individuazione di che cosa costituisca invenzione biotecnologia ai
sensi della direttiva europea, ma che comunque, considerata la fondamentale importanza che il nostro ordinamento accorda all’autodeterminazione e alla tutela della
salute della donna, non sarebbe possibile far operare il principio di primazìa del diritto europeo. Viene, dunque, confermata la supremazia del diritto inalienabile della
donna (anche minorenne) ad interrompere volontariamente la gravidanza sulla tutela
dell’aspettativa di vita del nascituro.
Anche quest’ultima decisione lascia aperta la questione su quali siano i diritti fondamentali che di volta in volta, nei bilanciamenti, non possono essere erosi
(addirittura neanche dal diritto sovranazionale). Il diritto alla ricerca, inteso come
27 Sul rapporto fra diritto e scienza in questo senso si legga Diego Quaglioni, Riflessioni in margine,
in Carlo Casonato, Cinzia Piciocchi, Paolo Veronesi (a cura di), Forum BioDiritto 2008.
Percorsi a confronto. Inizio vita, fine vita e altri problemi, Padova, Cedam, 2008, 132. «Il problema del
giurista alle prese col problema della disciplina dell’attività scientifica nel campo della vita, è quello di
far capire che se ne occupa in un modo diverso da quello semplicemente sanzionatorio, o repressivo
(…). Sul giurista pesa infatti il sospetto di essere il tecnico, il facitore di orpelli ad un sistema di regole,
con quale il legislatore tenta di disciplinare autoritariamente, e secondo direzioni ideologiche incerte,
un ‘attività potenzialmente, se non attualmente sovvertitrice di un ordine morale. Il realtà il problema
di cui il giurista si occupa è molto più serio. È il problema della concorrenza del diritto e le scienze della
natura nella costruzione del mondo morale del nostro tempo. SI tratta della cooperazione del diritto
alla costruzione di una nuova dimensione delle scienze, e viceversa: si tratta appunto di dialogo, di
relazione».
28 Corte costituzionale, sent. 151/2009: «Di qui la lesione dell’art. 32, primo comma, Cost., sotto
il profilo del diritto della salute della donna, pur nel bilanciamento con quella dell’embrione richiesto
dall’art. 1 della legge n. 40 del 2004, atteso che, al di là della definizione giuridica del concetto di
concepito, deve ritenersi, ad avviso del giudice a quo, la prevalenza del diritto alla salute dell’essere
persona rispetto a ciò che ancora persona non è».
Cellule staminali embrionali: il bilanciamento possibile
43
aspettativa nei confronti dei risultati della scienza e quindi di nuove possibili terapie
per il malato, può essere direttamente azionabile? E da chi? Il professor Bin ha così
inteso risolvere la questione:
«È chiaro che sarebbe assai arduo cercare di fondare in costituzione il riconoscimento
diretto di un diritto soggettivo, direttamente azionabile, alla ricerca scientifica e al godimento dei suoi risultati. Ma non è in questi termini che intendo impostare il tema.
La questione è se il soggetto, affetto da una malattia che può essere curata esclusivamente attraverso trattamenti basati sulla genetica, possa agire a tutela del suo diritto
alla salute invocando la rimozione di quelle limitazioni alla ricerca e alla sperimentazione scientifica che gli tolgono quelle “aspettative comprese nel contenuto minimo
del diritto alla salute” a cui fa accenno la Corte nel caso ‘Di Bella’».29
Sperimentare su embrioni sovrannumerari non più utilizzabili, destinati alla
morte certa o al congelamento per saecula saeculorum, significherebbe concedere una
possibilità alla ricerca (anche nella consapevolezza di eventuali esiti deludenti), non
all’insegna di una chimerica “medicina dei desideri”, ma per soddisfare le legittime
aspettative dei pazienti che sperano negli annunciati progressi della scienza per alleviare i loro mali, e il mercato della speranza, in fatto di salute almeno, è inesauribile.
Che l’embrione sia oppure no “uno di noi”.
4. Conclusioni
«La natura umana, principio guida
nella cultura antica e medievale, è
diventata nella nostra una questione
aperta e un progetto. Le scoperte più
importanti aprono nuove direzioni di
ricerca e nuove attività culturali,
filosofiche e scientifiche».30
Nella breve ricostruzione delle diverse e spesso disarmoniche situazioni legi-
29Cfr. Roberto Bin, Libertà della ricerca scientifica in campo genetico, op. cit.,13
Nel noto caso “Di Bella” la Corte si è espressa positivamente sulla questione se il diritto alla salute
può estendersi sino a legittimare la pretesa del malato a godere dei risultati della ricerca scientifica,
“considerato che dalla disciplina della sperimentazione, così prevista, scaturiscono indubbiamente
aspettative comprese nel contenuto minimo del diritto alla salute”.
30 David Roy, Orientamenti e tendenze della bioetica nel ventennio 1970-1990, in C. Viafora (a cura
di), Vent’anni di bioetica, Fondazione Lanza, Libreria Gregoriana Editrice, Padova-Roma, 1990, p. 97
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slative in materia di ricerca su cellule staminali embrionali, emergono tutte le problematiche connesse alla necessità di trovare risposte normative chiare e condivise, non
solo nell’ambito della medicina rigenerativa, ma più in generale, in tutti quei settori
che vedono protagonisti momenti della vita umana incisi e trasformati dalla rivoluzione biotecnologica.
Il biodiritto, come si è detto sin dall’inizio, rivela con veemenza la natura del
diritto come fenomeno tutto in divenire, obbligato a mutare le sue categorie tradizionali in un incessante dialogo con la scienza e la bioetica, aperto a inediti margini di
libertà e autodeterminazione individuali. Sempre di più, dunque, l’attività di ‘trovare’
nuovi diritti attraverso delicati bilanciamenti di interessi, si impone in una cornice di
principi che per essere interrogati richiedono un atteggiamento responsabile e critico
nei confronti dell’universo di possibilità che la scienza ci spalanca e poi ci lascia soli
nel decidere. La sfida lanciata dallo sviluppo della biologia delle cellule staminali ci
costringe a indagare le nozioni di vita, esistenza, persona, embrione, con uno sguardo
il più possibile libero da equivoci e fondamentalismi culturali e politici. Nel settore della medicina rigenerativa le aspettative da parte della comunità scientifica sono
molto alte: bisogna astenersi dalla tentazione di considerare le potenzialità positive
delle cellule staminali come la pietra filosofale della medicina, poiché nel campo delle
staminali embrionali la sperimentazione è solo agli albori, tuttavia, rappresentano per
molte patologie la speranza di una cura, e tale aspettativa, se ancora non può essere
rivendicata come un diritto (collettivo) alla ricerca, può ben misurarsi con la dignità
di un embrione congelato.
Non vi è dubbio, peraltro, che le scelte bioetiche devono prendere forma
attraverso le vie procedurali che connotano la nostra identità costituzionale, volte
alla garanzia di un pluralismo istituzionale e sociale. Il metodo della comparazione,
l’analisi dei diversi formanti giuridici, il riferimento a tutti i livelli normativi (internazionale, europeo, interno) sono gli ineludibili strumenti metodologici del giurista
contemporaneo, ma il legislatore al quale, come si è visto, è demandato l’oneroso dovere del bilanciamento, nel rispetto formale dei procedimenti legislativi deve tener
conto che il biodiritto non può che trovare la sua legittimazione nell’apertura e nella
partecipazione, in altre parole, il bilanciamento possibile non è quello risolto dalle
sole convinzioni della maggioranza politica di turno. 31
Di tutto ciò è convinta una delle fonti internazionali di riferimento per il
biodiritto, la Convenzione di Oviedo, che all’art. 28, rubricato ‘Dibattito pubblico’,
sancisce quanto segue:
«Le Parti di cui alla presente Convenzione vigilano a che le domande fondamentali poste dallo sviluppo della
biologia e della medicina siano oggetto di un dibattito pubblico appropriato alla luce, in particolare, delle
implicazioni mediche, sociali, economiche, etiche e giuridiche pertinenti, e che le loro possibili applicazioni
siano oggetto di consultazioni appropriate».
31Cfr. Carlo Casonato, Biodiritto e pluralismo nello stato costituzionale, op. cit., p.11
45
la libertà di ricerca scientifica su cellule staminali
embrionali in italia ed il ruolo della legge n° 40/2004
giulia finco gambier e francesca francine zani
sommario: 1. Introduzione - 2. La ricerca sulle cellule staminali embrionali - 3.
Normativa e dibattito in Italia inerenti all’impiego delle cellule embrionali umane - 4.
La Chiesa Cattolica e la tutela dell’embrione - 5. Analisi legge 40/2004
1.Introduzione
Come è noto la ricerca scientifica sulle cellule staminali rappresenta
un’importante opportunità di scoprire soluzioni valide per la cura di patologie molto
gravi e degenerative per le quali, attualmente, non sono ancora stati trovati rimedi
terapeutici efficaci.
Tuttavia l’analisi sulla regolamentazione giuridica dell’utilizzo delle cellule
staminali embrionali ai fini della ricerca solleva non poche critiche di natura etica, ed
in ogni Paese scientificamente e tecnologicamente avanzato i dibattiti, concernenti la
liceità dell’utilizzo di embrioni a fini sperimentali, sono ancora accesi.
Anche in Italia da anni si discute sull’argomento. Il dibattito non si è ancora
chiuso ma per il momento la posizione assunta dallo Stato è fortemente restrittiva nei
confronti della libertà di ricerca su questo tipo di cellule. Come vedremo in seguito,
infatti, più volte sono stati negati finanziamenti con fondi pubblici allo studio sulle
staminali embrionali. Inoltre, nel 2004, è stata emanata una legge sulla procreazione
medicalmente assistita che vieta la sperimentazione e la crioconservazione degli
embrioni.
Non essendoci quindi una disciplina organica in materia, ci si è posti la
domanda sulla possibilità di fare ricerca sulle linee cellulari di embrioni importate
dall’estero. Il legislatore non ha ancora dato risposta ma nella prassi viene liberamente
fatta sperimentazione su embrioni stranieri: infatti, citando una lettera di Amedeo
Santosuosso, la norma per la quale si più fare ricerca sulle cellule embrionali importate,
è l’assenza di una norma che lo vieti esplicitamente e legittimamente1.
1 Lettera ai ricercatori di Amedeo Santosuosso disponibile sul sito web http://www.unipv-lawtech.
eu/lettera-ai-ricercatori.html
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Jet Det - 2012
2. La ricerca sulle cellule staminali embrionali
La ricerca sulle cellule staminali embrionali compì i suoi primi passi già nel
1981 attraverso l’estrazione di cellule staminali da embrioni di topi e successivamente
di altri animali: due scienziati statunitensi, attraverso la loro analisi e sperimentazione,
ottennero importanti risultati pratici, come la creazione di animali transgenici per
lo studio di malattie tumorali purtroppo sempre più diffuse nel mondo e malattie
neurologiche, come il morbo di Parkinson. 2
In campo umano, la ricerca e la sperimentazione impiegava cellule staminali
fetali, ossia estratte da feti provenienti da interruzioni di gravidanza, su cellule staminali
adulte, come quelle ematopoietiche estratte dal midollo osseo di una persona adulta,
ed infine su quelle derivanti dal cordone ombelicale.
Solo nel novembre del 1998 un gruppo di ricerca dell’Università del
Wisconsin guidata da James Thompson ebbe successo nell’isolare e coltivare in vitro
cellule staminali dall’embrione umano3: la notizia è apparsa dapprima sulle pagine
delle riviste specialistiche, come la prestigiosa Science4, che sottolineavano in maniera
particolare l’importanza della scoperta scientifica, dei benefici che ne sarebbero
scaturiti e di cui l’umanità intera avrebbe potuto giovarsi con l’approfondimento e
l’affinamento delle tecniche di analisi e di sperimentazione.
La notizia finì inevitabilmente sui periodici che non si occupavano
specificatamente di biotecnologie, di embriologia ed in generale di scienza, riviste
quindi alla portata di una più ampia fetta di lettori, per finire sulle pagine dei
quotidiani ed in televisione, da cui seguirono dibattiti soprattutto di natura etica
e sociale, proprio perché la portata rivoluzionaria medico-scientifica della scoperta
coinvolse anche ambiti non riservati solamente alla scienza, ma campi in cui pure la
filosofia ed in particolar modo la bioetica, avevano il dovere ed il diritto di partecipare
e di dare il loro contributo all’informazione e alla formazione dell’opinione pubblica.
2 D. Neri, La bioetica in laboratorio. Cellule staminali, clonazione e salute umana, Bari, 2005, pag 40
e ss.
3 D. Neri, La bioetica in laboratorio. Cellule staminali, clonazione e salute umana, Bari, 2005 paag 41
e ss.
4 Articolo della rivista scientifica pubblicata dall'American Association for the Advancement of
Science, rivista che nel 1999 assegna alla scoperta il titolo di Breakthrough of the year “Embryonic Stem
Cell Lines Derived from Human Blastocysts” http://www.sciencemag.org/content/282/5391/ 1145.
full Breakthrough of the year http://www.sciencemag.org/content/286/5448/2238
il ruolo della legge n° 40/2004
47
3. Normativa e dibattito in Italia inerenti all’impiego delle cellule embrionali
umane
La nostra Carta Costituzionale promuove la ricerca scientifica e tecnica5,
sancendo oltretutto la libertà della scienza e la libertà del suo insegnamento6. Le
norme di legge ordinaria che regolano la libertà di ricerca scientifica sulle cellule
staminali embrionali umane si ricavano dalla legge n° 40 del 2004 che provvide a
colmare un vuoto normativo disciplinando tecniche di procreazione medicalmente
assistita ormai già da tempo consolidate e praticate da numerosi centri clinici privati
sorti sul territorio italiano.
In realtà, la prima proposta di legge riguardante la disciplina della procreazione
medicalmente assistita fu presentata già negli anni ‘607, ma ciò nonostante in Italia la
questione sull’utilizzo delle cellule staminali non ricevette grande interesse da parte
dell’opinione pubblica e dei mass media fino agli anni ‘80, periodo in cui dilagò in
tutto il mondo la notizia della nascita di Louise Brown, la prima persona al mondo
concepita in provetta attraverso la tecnica di fertilizzazione in vitro (FIVET)8.
A livello parlamentare i lavori s’incrementarono ed un’ulteriore proposta
venne presentata nel 1985 dalla Commissione nominata dal Governo e presieduta dal
magistrato Fernando Santosuosso: la proposta di legge non ebbe seguito ma a livello
sanitario venne successivamente emanata una Circolare volta a regolare le tecniche
di procreazione assistita nelle strutture sanitarie pubbliche e private ed a prescrivere
cautele igienico-sanitarie.
Come già detto, il momento fondamentale che diede vita ad un dibattito più
intenso fu la scoperta che avvenne nell’anno 1998 ad opera di un gruppo di ricerca
americano: per la prima volta in tutto il mondo gli scienziati dell’Università del
Wisconsin furono in grado di ricavare cellule staminali da embrioni umani.
Uno dei primi articoli dedicati alla questione fu quello di Norman Ford,
rettore e docente di bioetica del collegio salesiano di Brusnswick (Australia), che
sul primo numero del 2000 della rivista Bioetica. Rivista Interdisciplinare9 (rivista
espressamente dedicata alla bioetica in Italia) richiamò l’attenzione sui problemi
etici ed in maniera particolare sulla questione dell’identità dell’embrione, ponendo
5 Comma 1 dell' art. 9 Cost.
6 Comma 1 dell' art. 33 Cost.
7 Sito web dedicato allla procreazione medicalmente assistita http://www.pmaonline.altervista.org/
legislazioneita.html
8 V. Franco, Bioetica e procreazione assistita. Le politiche della vita tra la libertà e la responsabilità,
Roma, 2005, pag 5 e ss.
9 Articolo di Norman Ford Tutte le cellule embrionali isolate sono embrioni? del primo numero del
2000 della rivista Bioetica. Rivista Interdisciplinare. Indice del fascicolo sul sito web della rivista http://
www.consultadibioetica.org/media/docs/downloads/79-2.pdf
48
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l’interrogativo se fosse da considerarsi una persona, ossia se allo stadio embrionale si
potesse ritenere che lo scienziato abbia a che fare con un individuo umano e quindi
soggetto di diritto, oppure soltanto con un agglomerato di cellule che nella fase
iniziale di totipotenza (cioè con linea di sviluppo non definita) non può ancora essere
reputato un essere umano.
Nell’aprile del 2000 il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB, comitato
istituito con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1990 che svolge
funzioni consultive) decise di affrontare la questione10.
Oltre al CNB nell’agosto del 2000 l’allora ministro della Salute Umberto
Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e presidente
del comitato scientifico della Fondazione Italia USA, istituì un’apposita commissione
composta da 25 membri e presieduta dal premio Nobel Renato Dulbecco, incaricato
di occuparsi anch’egli della questione sul destino degli embrioni soprannumerari, cioè
di quegli embrioni che non vengono impiantati11.
Sia nel parere del CNB che nella relazione Dulbecco risultarono
differenti opinioni rispetto al tema dell’identità dell’embrione ma si scorse nella
maggioranza di entrambe la posizione di apertura e di compromesso secondo la
quale la sperimentazione su embrioni soprannumerari è reputata lecita nel caso in cui
l’alternativa sia il deterioramento progressivo degli embrioni stessi.
Posizione che risultò in netto contrasto con quella della Chiesa cattolica. Per
mettere in ombra le opinioni espresse dal CNB e dalla Commissione Dulbecco12, il
Parlamento approvò un emendamento alla legge finanziaria del 200113 che stanziava
cinque miliardi per la ricerca su cellule staminali adulte e da cordone ombelicale,
escludendo quindi quelle di tipo embrionale. Inoltre, anche più tardi, nel 2009, il
Governo seguì la stessa linea emanando, insieme a Province e Regioni, un bando in cui
si escludeva dal finanziamento dei progetti scientifici sulle cellule staminali la ricerca su
quelle embrionali di origine umana14. Contro questa decisione sono stati proposti due
ricorsi da parte di due ricercatrici per ottenere l’annullamento del provvedimento: il
primo al TAR Lazio, il quale ha respinto l’istanza, il secondo, in appello, al Consiglio
10 Parere del Comitato nazionale per la bioetica sull'impiego terapeutico delle cellule staminali del
2000 reperibile sul sito web ufficiale del CNB http://www.governo.it/bioetica/pdf/43.pdf
11 Relazione della Commissione Dulbecco del 2000 reperibile sul sito web dell' Istituto Italiano di
Bioetica http://www.istitutobioetica.org/documenti/biotecnologie/relazione_dulbecco.htm
12 D. Neri, La bioetica in laboratorio. Cellule staminali, clonazione e salute umana, Bari, 2005, pag 156
e ss., cfr.
13 Legge del 23 dicembre 2000, n. 388 disponibile sul sito web del Parlamento Italiano http://www.
camera.it/parlam/leggi/00388l.htm
14 Programma per la Ricerca Sanitaria 2008: attività di Ricerca sulle Cellule Staminali disponibile sul
sito web http://www.salute.gov.it/bandi/dettaglio.jsp?id=57
il ruolo della legge n° 40/2004
49
di Stato che a suo volta ha rigettato la questione.15
Attraverso questo percorso si è giunti infine alla promulgazione della legge
n° 40 del 2004 nella quale si rispecchia la posizione di resistenza alla libertà di ricerca
scientifica nell’ambito delle cellule staminali embrionali.
4. La Chiesa Cattolica e la tutela dell’embrione
Malgrado ci siano teologi, come il sopracitato Norman Ford16, che
condividono la liceità della ricerca su cellule staminali derivanti da embrioni umani,
la Chiesa cattolica ribadisce da anni l’intangibilità dell’embrione umano, considerato
come persona e come tale titolare degli stessi diritti di un individuo adulto, diritti
fondamentali tra i quali prevale ovviamente quello alla vita. Seguendo questa teoria,
Papa Giovanni Paolo II, poco prima che venisse approvata la proposta di legge sulla
procreazione medicalmente assistita, in un discorso ai membri del Movimento Italiano
per la Vita, disse che all’interno della futura legge fosse necessaria la più ampia tutela
della vita nascente, ovvero anche degli gli embrioni in soprannumero onde evitare che
vengano sottoposti a sperimentazione distruttiva, e per scongiurare la prospettiva che
questi siano destinati alla morte con decisione premeditata.17
La contrarietà della Chiesa alla sperimentazione sulle cellule embrionali
evidente anche nella Dichiarazione sulla produzione e sull’uso scientifico e terapeutico
delle cellule staminali embrionali umane diffusa dall’Accademia Pontificia Pro Vita
nella cui parte conclusiva di legge che "Il dato, ormai accertato, della possibilità di
utilizzare cellule staminali adulte per raggiungere le stesse finalità che si intenderebbe
raggiungere con le cellule staminali embrionali - anche se si richiedono molti ulteriori
passi prima di vederne chiari e definitivi risultati - indica questa come la via più
ragionevole e umana da percorrere per un corretto e valido progresso in questo nuovo
campo che si apre alla ricerca e alle promettenti applicazioni terapeutiche. Queste
rappresentano, senza dubbio, una grande speranza per una notevole parte di persone
sofferenti"18.
15 Ricorso e sentenze disponobili al sito web http://www.unipv-lawtech.eu/il-non-finanziamentodella-ricerca-che-utilizzi-cellulle-staminali-embrionali-di-origine-umana.html
16 N. Ford, Quando comincio io? Il concepimento nella storia, nella filosofia, nella scienza., Milano,
1997
17 Discorso di Papa Giovanni Paolo II nel maggio del 2003 ai membri del Movimento Italiano Per la
Vita disponibile sul sito web ufficiale del Vaticano, cit. par. 4 http://www.vatican.va/holy_father/john_
paul_ii/speeches/2003/may/documents/hf_jp-ii_spe_20030522_movimento-vita_it.html
18 Dichiarazione sulla produzione e sull’uso scientifico e terapeutico delle cellule staminali embrionali
50
Jet Det - 2012
Padre Angelo Serra, uno dei più importanti genetisti cattolici italiani,
docente presso la facoltà di Medicina dell’università Cattolica di Roma dove ha
fondato e diretto l’istituto di Genetica Umana, era il primo a sostenere che esistesse
uno sviluppo organico unitario, continuato e coordinato dell’essere umano che parte
dal concepimento per giungere all’et matura e alla vecchiaia: l’embrione dunque una
sola tappa di un unico processo di crescita di colui che già persona umana sin dal
momento della fecondazione19.
5. Analisi legge 40/2004:
Come già sopraddetto, in Italia manca una disciplina ad hoc sulle cellule
staminali embrionali. Esiste però una legge, la L 40/2004 sulla procreazione
medicalmente assistita, che pone una serie di divieti per quanto riguarda l’utilizzo
degli embrioni. Divieti mal argomentati che, come vedremo in seguito, lasciano
irrisolte moltissime questioni. Il legislatore ha infatti voluto essere cauto nel trattare la
materia preferendo tacere ed eludere i problemi, piuttosto che affrontarli.
Il primo divieto, posto dall’articolo 13 della detta legge afferma che “ è vietata
qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano”. Il rispetto di tale norma è
incentivato dalla sanzione prevista dal comma 4 che commina la reclusione da due
a sei anni e la multa da 50.000 a 150.000 euro per chi viola gli obblighi del primo
comma.
Esso mira a tutelare la vita dell’embrione, ma sembra non tener conto dell’attuale
stato dell’ordinamento che consente l’aborto. Infatti la legge 174 del 78 ammette in
maniera pressochè libera di abortire nei primi novanta giorni di gravidanza. La donna
infatti potrà decidere di abortire non solo per motivi di salute, ma anche per le sue
condizioni sociali o familiari o economiche. La vita dell’embrione dunque ottiene
una tutela assai minore rispetto al diritto di autodeterminazione della donna.20
Emerge dunque la contraddittorietà del divieto assoluto di sperimentazione sugli
embrioni umani, dal momento che da un lato si ammette la possibilità per la madre
di interrompere volontariamente la gravidanza e dall’altra si nega la possibilità di
utilizzare embrioni che altrimenti sarebbero destinati alla distruzione per finalità
sociali, quali la sperimentazione. Le cellule staminali infatti, essendo pluripotenti
umane della Pontificia Accademia Per la Vita disponibile sul sito web ufficiale del Vaticano, cit. parte
conclusiva
19 A. Serra, L'uomo embrione. Questo misconosciuto, Siena, 2003
20 Pasquale Stanzione e Giovanni Sciancalepore, “Procreazione assistita”, commento alla
legge 19 febbraio 2004, n.40, Milano 2004, cfr.
il ruolo della legge n° 40/2004
51
(ovvero avendo la possibilità di trasformarsi in tessuti di diverso tipo) potrebbero
essere utilizzate per curare gravi malattie come ad esempio i tumori, il diabete, le
leucemie, le immunodeficienze, ecc.
E' poi lasciata in sospeso la questione degli embrioni orfani, ovvero nel caso
di morte dei genitori prima del trapianto nell’utero della madre oppure nel caso
in cui la donna revochi il consenso al trapianto. Infatti, nonostante la citata legge
preveda la revoca del consenso fino al momento della fecondazione, nulla vieta
alla madre di revocarlo anche in un momento successivo. La gravidanza non potrà
esserle imposta, visto il divieto di trattamenti sanitari obbligatori sancito dal secondo
comma dell’articolo 32 della nostra Costituzione21. Le linee guida della L 40/2004
prevedevano che gli embrioni definiti in stato di abbandono fossero crioconservati
in maniera centralizzata con oneri a carico dello stato. Nell’agosto 2004 è stato a
proposito firmato un decreto dall’allora Ministro Sirchia, che istituiva nell'ospedale
Maggiore di Milano una Biobanca Nazionale ove sarebbe stato attivato un centro di
crioconservazione degli embrioni in stato di abbandono.22 Questa banca però, non è
mai entrata in funzione. Resta dunque dubbio il destino di questi embrioni.
Unica deroga al divieto di questa sperimentazione è data dal comma 2
dello stesso articolo, il quale permette la ricerca sugli embrioni soltanto quando si
perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche dirette alla tutela della
salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie
alternative.23 Quest’ articolo dunque, non vieta totalmente la sperimentazione, ma la
ingabbia entro limiti ben determinati, punendo con sanzioni il superamento degli
stessi.
Altri divieti sono posti dall’art 14 della legge, oggi parzialmente modificato
dalla sentenza 151/2009.
Esso al primo comma recita “È vietata la crioconservazione e la soppressione
di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.”
Divieto che pone lo stesso problema dell’articolo 13, ovvero il destino degli embrioni
non impiantati: essi non potendo né essere crioconservati, né distrutti né sottoposti a
sperimentazione, verranno probabilmente lasciati morire.
Al secondo comma invece, prima dell’intervento della Corte, si affermava
che non doveva essere creato un numero di embrioni superiore a quello strettamente
necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a
21 Art 32, comma 2, Costituzione della Repubblica Italiana : “ Nessuno può essere obbligato ad un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
22 cfr Decreto 4 agosto 2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita” del Ministro
Girolamo Sirchia, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 200 del 26 agosto 2004.
23 Pasquale Stanzione E Giovanni Sciancalepore, “Procreazione assistita”, commento alla
legge 19 febbraio 2004, n.40, Milano 2004, cit. p 221.
52
Jet Det - 2012
tre. Questo comma mirava ovviamente ad evitare la produzione di embrioni in
sovrannumero. Nel tutelare per la vita degli embrioni, cozzava contro il diritto
alla salute della donna sancito dall’articolo 32 della nostra costituzione. Infatti
prima che un embrione attecchisca all’utero sono necessari vari tentativi dunque la
donna avrebbe dovuto essere sottoposta a più cicli di stimolazioni ormonali con le
conseguenza che ne sarebbero derivate sia fisiche che psicologiche. Si è calcolato
infatti che, in media, con tale soluzione normativa si sono triplicati i cicli di
fecondazione medicalmente assistita e con essi anche i rischi ed i disagi consistenti
nella sindrome da iperstimolazione ovarica oppure nei rischi chirurgici24. Esso,
inoltre, nel prevedere la creazione di un numero di embrioni non superiore a tre, in
assenza di ogni considerazione delle condizioni soggettive della donna che di volta
in volta si sottopone alla procedura di pma, si poneva in contrasto con l’art 3 della
Costituzione, il principio di eguaglianza, in quanto il legislatore riservava lo stesso
trattamento a situazioni dissimili25. Altro problema dato dal divieto di riduzione
embrionaria sancito dal comma 4 del citato articolo. Infatti, "l'unico e contemporaneo
impianto" di tutti e tre gli embrioni, portava a tutta una serie di rischi legati alle
gravidanze plurime. Gravidanze che possono causare seri problemi sia per la madre
sia per i gemelli (nascite premature, complicazioni prima o dopo il parto, nascita di
neonati gravemente sottopeso).
Le questioni irrisolte poste da tale legge portarono alla proposta di un
referendum un anno dopo, nel 2005. Inizialmente esso si componeva di cinque
quesiti, uno per l’abrogazione totale e gli altri per l’abrogazione parziale. La Corte
Costituzionale non ammise l’abrogazione totale, affermando che la richiesta
di sottoporre a referendum l’intera legge 40/2004 coinvolgeva una disciplina
costituzionalmente necessaria26. Non si poteva dunque lasciare un vuoto normativo
in materia perchè la non sussistenza di quella disciplina, avrebbe provocato una
lesione di disposizioni costituzionali. Esso dunque, si compose di quattro quesiti
che modificarono solo parzialmente la legge, andandone a toccare i punti più
critici. Il primo proponeva di rimuovere i limiti alla ricerca clinica e sperimentale
sugli embrioni, il secondo invece voleva abrogare i limiti posti dalla legge 40, in base
ai quali possono essere creati al massimo tre embrioni, il terzo mirava a sancire la
differenza tra diritti dell’embrione ed i diritti di una persona vivente ed il quarto a
concedere il ricorso alla donazione di embrioni per coppie sterili. Ricorso che non
concesso dalla legge del 2004. La vittoria fu dell’estensionismo: alle urne si recò solo
il 25,9% degli italiani. Motivi di questa scarsa affluenza al voto furono da un lato la
24PASQUALE STANZIONE e GIOVANNI SCIANCALEPORE, “Procreazione assistita”,
commento alla legge 19 febbraio 2004, n.40, Milano 2004, cit. p 221.
25 CARLO CASONATO, “Introduzione al biodiritto”, Torino, p 230.
26 Cfr sentenza 45/2005 della Corte Costituzionale.
il ruolo della legge n° 40/2004
53
quasi totale mancanza di informazione e dall’altro la campagna pro-astensionismo
sostenuta dalla Chiesa Cattolica. In particolare dal Cardinal Camillo Ruini, all’epoca
presidente della Cei (conferenza episcopale italiana) il quale affermò che la legge non
aveva bisogno di alcuna modifica poichè pur non corrispondendo all’insegnamento
etico della Chiesa salvaguarda principi e criteri essenziali. Sostenne dunque, a nome
della Chiesa, l’estensione al voto definendola non una scelta di disimpegno ma un
modo di opporsi nella maniera più forte ed efficace ai contenuti dei referendum e
alla stessa applicazione dello strumento referendario in materie di tale complessità.27
Di parere contrario fu invece la FCEI (federazione delle chiese evangeliche italiane)
che schierandosi a favore del referendum affermò essere eticamente inaccettabile
la completa subordinazione delle aspettative delle persona ad astratti diritti di un
organismo vitale che persona non è. L' opinione pubblica italiana dunque, fortemente
influenzata dalla chiesa cattolica e mal informata, non si pronunciò sulla legge del
2004. Il cardinal Camillo Ruini definì questa vittoria dell’estensionismo come la
maturità del popolo italiano che si è rifiutato di pronunciarsi su quesiti tecnici e
complessi, che ama la vita e diffida di una scienza che pretende di manipolare la vita.
La legge dunque rimase immutata, ma i problemi che il legislatore aveva
accuratamente evitato di affrontare restavano in sospeso. Nel 2005 e nel 2007, il
Comitato Nazionale di Bioetica, cercò delle possibili soluzioni al problema più
difficile posto da tale legge: la sorte degli embrioni in sovrannumero. E’ il problema
che ha maggiori risvolti etici e che il legislatore, come dicevamo sopra, ha eluso,
vietando semplicemente la possibilità di creare embrioni in eccesso.
Nel parere del 2005 il comitato si occupa dell’ APN (l’adozione per la
nascita) vista come la soluzione eticamente più accettabile. Infatti se si muove dal
presupposto che l’embrione ha un diritto alla vita e che tale diritto debba essere tutelato
dall’ordinamento, è chiaro che la miglior soluzione è far nascere quest’embrione
anche nel caso in cui i genitori siano morti o non vogliano più procedere al trapianto.
L’APN dunque permetterebbe di nascere ad embrioni che altrimenti sarebbero
destinati a non nascere.
Molte sono le critiche che potrebbero essere mosse a questa proposta.
Innanzitutto si potrebbe temere che attraverso l’APN si legittimi, anche se
indirettamente, la pma eterologa, considerata illecita dalla legge 40/2004. Tale
preoccupazione però sarebbe infondata poiché esiste una significativa differenza tra
le due pratiche. La PMA eterologa è la fecondazione che si realizza con l’apporto
(genetico) di una persona esterna alla coppia che intende generare, nella apn
l’intervento della persona esterna non incide sulla fecondazione, ma permette ad una
fecondazione già iniziata di procedere nel suo sviluppo.
Altra critica riguarda i rischi di morte degli embrioni che vengono scongelati
27 dalla prolusione di su Em.za Cardinale Camillo Ruini, 7 marzo 2005, www.chiesacattolica.it .
54
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per essere impiantati in un altro utero. Infatti è provato che molti embrioni muoiono
per effetto dello scongelamento o comunque non sono più idonei ad essere impiantati.
Anche in questo caso, però, la critica appare infondata. Infatti lo scongelamento
è concesso dalla stessa legge del 2004, la quale permette il congelamento fino al
momento in cui la donna non decida di voler procedere al trapianto o non cessino le
condizioni di salute critiche. Inoltre l’intenzione che porterebbe allo scongelamento
sarebbe quella di far vivere l’embrione, non di distruggerlo.
L'ultima obiezione che viene mossa a tale pratica è quella che la definisce una
sorta di accanimento terapeutico. Infatti l'embrione,invece che esser lasciato morire
una volta scongelato, viene mantenuto in vita a causa del trasferimento nell'utero di
un'altra donna. Tale trasferimento però, è l'unico modo per far nascere il concepito e
comunque non un mezzo sproporzionato per proseguire una vita. Anzi, nulla è più
proporzionato per un concepito dell'utero.28
Questa soluzione dunque, potrebbe risolvere le questioni lasciate aperte dal
legislatore del 2004. Eppure, anche permettendo l' APN, il problema degli embrioni
in eccesso continuerebbe parzialmente ad esistere. E’ infatti scientificamente provato
che il 30-35 % degli embrioni, dopo lo scongelamento, in parte muore, in parte appare
biologicamente inidonea all’impianto in utero. Questi embrioni residuali e non
impiantabili, all’attuale stato della legislazione, sarebbero destinati alla morte.
Il CNB, con un parere successivo del 2007, si occupò della delicata questione
degli embrioni residuali, cercando una soluzione che conciliasse scienza ed etica.
Parte del comitato sostenne l’ipotesi di destinare tali embrioni abbandonati
alla ricerca, dunque di trasformarne la morte naturale in una donazione all’umanità
intera. L’altra parte per, ritenne che qualsiasi utilizzazione strumentale e con esito
distruttivo degli embrioni non fosse mai eticamente accettabile perchè contraria
alla loro intrinseca dignità ed al loro diritto alla vita29. I componenti del CNB dopo
lunghe discussioni riuscirono a trovare un possibile compromesso tra le due correnti
di pensiero: individuare un criterio di accertamento della morte dell’embrione,
che renda possibile la donazione delle cellule embrionali alla ricerca, stabilendo
un’analogia con la donazione di organi ex mortuo.
Infatti, così come si stabilito che la morte di un uomo coincida con la sua
morte cerebrale, si potrebbe stabilire un momento in cui l’embrione muore, ovvero non
ha più la capacità di svilupparsi e dunque di vivere. Di esso resterebbero vitali alcune
parti, ma non avrebbe più vitalità l’intero, in modo analogo con quanto accade nel
processo di morte cerebrale, dove restano vitali alcuni organi del corpo del defunto (il
28
cfr parere del Comitato Nazionale di bioetica, 2005, www.governo.it/bioetica/testi/ APN.
pdf
29parere del Comitato Nazionale di bioetica, 2007 www.governo.it/bioetica/pubblicazioni_
comitato/1_destino_embrioni_it.pdf, p. 6
il ruolo della legge n° 40/2004
55
cuore, i reni, ecc) pur essendo possibile ritenere definitivamente distrutto (cio morto)
l’individuo30. Attraverso questa soluzione dunque, le cellule di embrioni che ormai
non sono più in grado di proseguire il loro sviluppo, potrebbero essere utilizzate a fini
di ricerca. Ad opporsi però, vi è una parte del Comitato, la quale sostiene, a ragione,
che ancora non è possibile stabilire in maniera precisa il momento in cui l’embrione
non è più in grado di vivere. Qualunque previsione sarebbe meramente probabilistica
e dunque eticamente inaccettabile. Nel trattare valori delicati come la vita umana
non si può fare affidamento su possibilità, ma solo su certezze. Il Comitato dunque
incoraggia la Comunità scientifica ad approfondire il tema dell’individuazione dei
criteri di accertamento della morte organismica dell’embrione considerato dagli stadi
precoci dello sviluppo in vitro.
Due anni dopo quest’ultimo parere del comitato, tornò ad occuparsi
della questione la Corte Costituzionale, attraverso una sentenza che ha modificato
parzialmente la legge 40, risolvendo finalmente alcuni problemi fondamentali.
La Corte dichiarò incostituzionale il seconda comma dell’articolo 14,
limitatamente alle parole “ad un unico e contemporaneo impianto” ed il terzo comma
dello stesso articolo nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni,
da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio per la
salute della donna.
Pertanto viene dato più rilievo alla salute della donna che alla tutela della vita
dell’embrione, rendendo più coerente questa legge con il resto dell’ordinamento. Si
pone per, nuovamente, in maniera ancor più esplicita, il problema degli embrioni in
eccesso. Fino a tale sentenza, infatti, ci si poteva rifugiare dietro la scusa del divieto
di creare embrioni in sovrannumero. Ora però, gli embrioni saranno per forza di cose
prodotti in quantità maggiori rispetto a quelli che poi verranno impiantati. Emerge
infatti dall’ultima Relazione del Ministro della Salute sullo stato di attuazione
della PMA che dopo la sentenza 151/2009 il valore medio degli embrioni trasferiti
è diminuito ed è pari al 2,8 embrioni per ogni trasferimento. Sono diminuiti i
trasferimenti con tre embrioni: dal 44,8 % del 2009 al 38,1 % del 2010. Sono invece
aumentati i trasferimenti con due embrioni: dal 33,6 % del 2009 al 38,2 % del 201031.
E’ dunque chiaro che vi sono molti più embrioni in eccesso a seguito della sentenza
della Corte Costituzionale ed il problema riguardante la loro sorte, invece che
estinguersi, si pone con maggior intensità ed urgenza.
A tal proposito sarebbe consigliabile un intervento del legislatore che
potrebbe muoversi in due sensi: da un lato rendendo più completa ed omogenea
30parere del Comitato Nazionale di bioetica, 2007 www.governo.it/bioetica/pubblicazioni_
comitato/1_destino_embrioni_it.pdf, p.7
Cfr Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 40/2004,
31
Roma, Giugno 2012 disponibile sul sito www.iss.it/binary/rpma/cont/relazione_12luglio2012.pdf
56
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la legge 40/2004, dall’altro creando una disciplina ad hoc riguardante la ricerca in
questo campo.
In particolare bisognerebbe affrontare con più concretezza e chiarezza il
problema del destino degli embrioni soprannumerari. Tra le soluzioni suggerite dal
CNB noi pensiamo che quella avanzata nel parere del 2007 sia più adatta a conciliare
la tendenza ad approfondire la ricerca in materia con quella che invece mira ad
arginarla, ritenendo l’embrione già vita. In tale parere si affermava che bisognerebbe
individuare un criterio di morte dell’embrione, in modo tale da poterlo utilizzare ai
fini della sperimentazione piuttosto che lasciarlo morire.
Oggigiorno ancora non è possibile individuare simile criterio con precisione,
ma sarebbe utile incentivare la ricerca in questo senso.
il ruolo della legge n° 40/2004
57
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Parte Seconda
BIOBANCHE
63
le biobanche
b. bonalda, f. ceccon, g. chiari, e. dall’antonia
sommario: Premessa - 1.Il fenomeno - 2.Fonti normative - 2.1 Fonti dell’OCSE 2.2 Le Dichiarazioni UNESCO - 2.3 Il Consiglio d’Europa - 2.4 Fonti dell’Unione
Europea - 3.Tipi di Biobanche e problemi correlati - 3.1 Premessa - 3.2 Le biobanche
genetiche: che cosa sono e come funzionano - 3.2.1 Le biobanche di popolazione 3.2.1.1 Il progetto canadese CARTaGENE - 3.2.2 Biobanche del sangue del cordone
ombelicale - 3.3 Biobanche di tessuti - 4.Le problematiche inerenti alle biobanche - 4.1
La proprietà dei materiali biologici - 4.2 La privacy - 4.3 Il consenso informato prestato
dal donatore - 4.4 Proprietà intellettuale, brevettabilità dei campioni biologici e tutela
delle banche dati che conservano le informazioni genetiche ottenute dai campioni 5.Fonti Nazionali - 5.1 Francia - 5.2 Spagna - 5.3 Regno Unito - Conclusioni
Premessa
L’obiettivo di questo lavoro è quello di fornire un quadro esemplificativo
sul fenomeno delle biobanche. In primo luogo, si è analizzato il fenomeno delle
biobanche, al fine di collegarlo con il piano giuridico del tema. In secondo luogo,
difatti, si è proceduto con l’analisi delle fonti internazionali e sovranazionali
dell’Unione Europea attinenti a quanto si sta trattando; successivamente si è deciso
di focalizzare l’attenzione del lettore sui tipi di biobanche mediche attualmente
esistenti, a cui fa seguito un’analisi approfondita della situazione italiana in materia.
Infine, si è deciso di analizzare il fenomeno biobanche in alcuni Paesi, giudicati fra i
più rappresentativi, a livello europeo, del fenomeno in questione.
1. Il fenomeno
Lo studio e l’indagine dell’essere umano sotto molteplici punti di vista,
scientifico, filosofico, giuridico, medico e delle altre discipline che riguardano
direttamente o indirettamente l’argomento in questione, hanno da sempre affascinato
64
Jet Det - 2012
ed attirato l’attenzione dell’uomo e della scienza.
Nel XX secolo, grazie allo sviluppo scientifico e tecnologico, diviene
possibile studiare ed analizzare singolarmente anche la più piccola componente del
corpo umano: dagli organi più complessi ai geni presenti nel nostro DNA1.
Un punto di svolta è avvenuto nel 2003, con la mappatura (completata nel
2006) del genoma umano grazie allo Human Genome Project (HGP), iniziativa
che ha visto la partecipazione di eminenti scienziati, come il premio Nobel James D.
Watson2. Da quel momento la medicina genetica e la biotecnologia sono entrate in
possesso di nuove informazioni e sono progredite, arrivando persino a sperimentare
prime forme di “medicina personalizzata”. Sono emerse quindi nuove esigenze, che
hanno portato alla necessità di conservare i materiali biologici reperiti ai fini di ricerca,
di dar loro un ordine e di classificarli. Da qui nasce il fenomeno del “Bio-banking”,
strumento di ricerca altamente specializzato.
Viene creata quindi una nuova struttura, la biobanca. Ancora non vi
è uniformità di pensiero sull’esatta definizione di biobanca, soprattutto se si
considerano i numerosi ambiti che questa complessa struttura va a toccare. Inoltre,
anche in merito alle distinzioni tra i vari tipi di biobanche, e ai confini tra esse, la
classificazione è molto lontana dall’essere condivisa. Questo si riflette poi sull’intero
complesso normativo, sia nazionale sia in prospettiva comparata, causando notevoli
problematiche giuridiche.
In dottrina emergono varie definizioni. Vi è, ad esempio, chi definisce
‹‹La biobanca (…) è una struttura di raccolta e conservazione di materiali biologici,
attrezzata e dotata di tutti i mezzi necessari alla loro analisi a fine di ricerca3››. Tuttavia
questa è solo una delle possibili definizioni.
Muovendo ora dal versante dottrinale al versante del diritto positivo, una
prima definizione alla quale far riferimento è contenuta nella Raccomandazione
R(94)1 del Consiglio d’Europa sulle biobanche di tessuti umani, la quale definisce una
biobanca: “Un’organizzazione no-profit che deve essere ufficialmente riconosciuta
dall’autorità sanitaria competente negli stati membri e che deve garantire il
trattamento, la distribuzione e la conservazione del materiale secondo certi standard
di qualità e di professionalità”4.
1 I.A. COLUSSI, “Dai vichinghi agli oroscopi genetici: saghe islandese passate e future”, atti del Forum
di biodiritto, Trento-Ferrara, 2010, consultabile all'indirizzo: http://www.unipv-lawtech.eu/files/
CONTRIBUTO-ECLT-9.pdf.
2
V. per approfondire http://www.ornl.gov/sci/techresources/Human_Genome/home.shtml,
http://www.treccani.it/enciclopedia/progetto-genoma-umano/,
http://www.nature.com/nature/
journal/v422/n6934/full/nature01626.html.
3 I.A. COLUSSI, ib.
4 Raccomandazione R(94)1 del Consiglio d'Europa del 14 marzo 1994, Raccomandazione sulle
banche di tessuti umani. Consultabile sul sito del Consiglio d'Europa all'indirizzo: https://wcd.coe.int/
ViewDoc.jsp?id=519281.
Biobanche
65
Questa Raccomandazione viene richiamata in numerosi documenti ufficiali, spesso
con alcuni ampliamenti e specificazioni. Lo stesso Consiglio d’Europa, nel 2006, nella
Raccomandazione R(2006)4 specifica, per quanto concerne le biobanche genetiche,
la necessaria connessione dei singoli campioni alle informazioni del soggetto da cui
essi provengono (c.d. tracciabilità).
In Italia, il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) fornisce la seguente
definizione (anch’essa relativa alla biobanche genetiche): “Una unità di servizio, senza
scopo di lucro diretto, finalizzate alla raccolta e conservazione di materiale biologico
umano utilizzato per diagnosi genetica, per studi sulla biodiversità, per la ricerca. La
peculiarità delle banche genetiche richiede che i campioni conservati siano collegabili
a dati anagrafici, genealogici e clinici relativi ai soggetti da cui deriva il materiale
depositato”5. Come specificato dall’ultimo periodo della definizione del CNB, una
delle caratteristiche delle biobanche, rispetto a istituti simili più risalenti, è proprio
il fatto che, all’interno di esse, non solo viene attuata una meticolosa raccolta dei
campioni, ma sono raccolte e conservate anche le informazioni genetiche, fisiche,
cliniche, anagrafiche e sullo stile di vita del soggetto a cui i campioni in questione
appartengono.
Altra definizione sovente richiamata nei documenti internazionali, è
contenuta nelle Regulations dell’European Biobank dell’Università di Maastricht, le
quali definiscono la biobanca come “una unità operativa che fornisce un servizio di
conservazione e gestione del materiale biologico e dei relativi dati clinici, in accordo
con un codice di buon utilizzo e di corretto comportamento e con ulteriori indirizzi
forniti da Comitati Etici ed Università”6.
Accanto alla disomogeneità di definizioni di cui si è detto pocanzi (la quale è,
dal punto di vista giuridico e non solo, problema di fondamentale importanza), sussiste
una sostanziale differenza e discordanza circa le modalità di raccolta e organizzazione
dei campioni nei vari Paesi, che si evidenzia anche nella disomogeneità delle scelte
normative. A titolo esemplificativo: in Italia, a volte, è un singolo ospedale che inizia
a raccogliere campioni, creando una collezione. Quando però questa collezione si
amplia, sorge la necessità di costruire un’adeguata ed efficiente struttura, di garantire
un adeguato livello di organizzazione e la presenza di personale specializzato7. A
questo punto, il “caos” e la carenza legislativa, burocratica e, sovente, l’insufficienza di
5 A. DE ROBBIO, A. CORRADI, “Biobanche in bilico tra proprietà privata e beni comuni: brevetti
o open data sharing?”, in JLIS.IT, Dicembre 2010, vol.I, 2, in http://leo.cilea.it/index.php/jlis/
article. Inoltre, si veda anche "PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, COMITATO
NAZIONALE PER LA BIOSICUREZZA E LE BIOTECNOLOGIE, del 19 aprile 2006, Linee
Guida per la certificazione delle Biobanche", v. indirizzo http://www.governo.it/biotecnologie/
documenti/7.biobanche.pdf .
6 V. supra A. DE ROBBIO et alia.
7 L. CELANI, “Comprendere la ricerca, studio pilota sull'attitudine e la consapevolezza nei confronti
della donazione di campioni biologici e delle Biobanche”, Università di Bologna, 2010.
66
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fondi, divengono un ostacolo pressoché invalicabile per qualsiasi iniziativa di questo
tipo8. Da questo esempio, si evince come, principalmente, vi sia il concreto rischio
di allungare notevolmente i tempi della ricerca, nonché l’aspetto pratico connesso
all’uso dei campioni stessi. Tali rischi si ridurrebbero notevolmente, se avessimo una
solida base legislativa sulla materia e, ad esempio, se avessimo a disposizione una rete di
scambio di materiale genetico non solo a livello nazionale ma anche internazionale9.
Da quanto appena rilevato, emerge che si tratta di un quadro normativo non
solo lacunoso, ma anche frastagliato. Nonostante questo, vi sono aspetti della materia
che hanno una disciplina maggiormente dettagliata, vale a dire quella inerente al
trattamento dei dati personali. La disciplina in questione comprende la conservazione
dei campioni, la loro circolazione, l’accesso ai dati personali da parte dei ricercatori
e, in particolar modo, il consenso dei donatori10. Questi temi evidenziati, sono stati
oggetto di tentativi di regolamentazione a livello internazionale e sovranazionale.
Alcuni di questi tentativi, sono frequentemente richiamati nelle legislazioni nazionali:
si pensi alla Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997, ai Regolamenti e alle Direttive
emanate dall’Unione Europea nel corso degli anni.
Per quanto riguarda l’Italia, si deve considerare il Decreto legislativo 30
Giugno 2003 n.196 (Codice in materia di protezione dei dati personali)11, in
particolare si prendano in considerazione gli artt. dal 23 al 27 (inerenti al consenso
del soggetto, al trattamento di dati personali senza di esso, al divieto di comunicazione
e diffusione dei dati in questione e alle garanzie per dati sensibili nonché per quelli
giudiziari), l’intero tit. V della parte II (riguardante il trattamento dei dati personali
in ambito sanitario), con particolare attenzione al capo V, parte II (dati genetici),
tit. VII, ossia “trattamento dei dati per scopi storici, statistici e scientifici”, ponendo
attenzione ai capi I e III (vale a dire ai profili generali e al trattamento per scopi
statistici e scientifici). È bene precisare, che tale decreto legislativo, non è stato
creato appositamente per il fenomeno di cui si tratta, ma è indubbiamente un valido
strumento per regolare la questione delle informazioni e del consenso in questo
campo. Ancora, si può evidenziare anche l’Autorizzazione generale al trattamento
dei dati genetici del 24 giugno 201112 (che richiama più volte il d.lgs. di cui sopra e
ne costituisce una sorta di specificazione per quel che concerne l’ambito genetico),
8 V. meglio infra.
9 V., tra molti, J.K. MASCHKE, “Navigatin an ethical patchwork- Human gene banks. Population
genetics research collaborations are reaching increasingly across national bundaries to access human tissue
repositories. Will discrepancies in national policies on informed consent and IP rights hinder progress?”, in
Nature biotechnology, 2005, 539-545.
10 V. infra.
11 Garante per la protezione dei dati personali, D.lgs. 30 Giugno 2003 n.196, Codice per la protezione
dei dati personali, in Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2003, Supplemento Ordinario n. 123.
12 Garante per la protezione dei dati personali Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici,
Provvedimento del 24 giugno 2011 in G. U. n. 159 del 11-7-2011.
Biobanche
67
essa è forse la più richiamata, in Italia, quando si tratta di biobanche. Con detta
Autorizzazione si consente l’utilizzo dei dati genetici per la ricerca con la condizione,
però, che alla base vi sia un progetto ben definito.
Retrocedendo di qualche decennio è interessante accennare al fatto che, con
il Codice di Norimberga (derivante dal processo contro i medici e scienziati nazisti)13
si fossero gettate le basi di alcuni principi fondamentali relativi alla persona umana
in materia di sperimentazioni e si individui nel “consenso informato” la garanzia
principale a cui ancora oggi si lega ogni attività medico-scientifica sull’uomo. Tale
concetto, venne ripreso anche da altri documenti ufficiali, quali, la sopra accennata
Convenzione di Oviedo, o anche la Dichiarazione di Helsinki14.
Tornando alla regolamentazione italiana in materia, oltre alle fonti
precedentemente citate, emergono alcuni documenti di “soft law”. Uno di
questi menziona specificatamente le biobanche, si tratta delle Linee Guida per la
certificazione delle biobanche15, redatto dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza e
le Biotecnologie, del 19 Aprile 2006. Questo documento del CNBB sottolinea che vi è
carenza di strutture, personale specializzato e fondi in Italia. Viene inoltre evidenziato
un ulteriore problema: la non circolazione delle informazioni, o meglio, la difficoltà
di queste a circolare fra le varie strutture nazionali ed internazionali. All’interno
dell’ultima parte delle Linee Guida, si evince l’importanza ricoperta dalla tutela
della riservatezza, richiamando la Dir. 95/46/CE sulla tutela delle persone fisiche
con riguardo al trattamento dei dati personali. Vengono poi richiamati “in ausilio”16
le disposizioni del d.lgs. 196/2003 relative ai dati genetici, procedure per l’accesso e
comunicazione dei dati, misure per la salvaguardia della confidenzialità. Al punto 5.3
viene trattata la proprietà del materiale biologico e il divieto di commercializzazione
ed al punto 5.4 la delicata questione dell’informativa e del consenso descrivendo i
requisiti necessari perché l’informativa sia corretta; per quanto riguarda il consenso
informato, la direttiva richiama l’art.5 della Convenzione di Oviedo, l’art.5 della
Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina ed infine l’art.3 della Carta
europea dei diritti. Le Linee Guida appena esposte, se da un lato rappresentano un
13 Codice di Norimberga, Norimberga, 1946. Consultabile sul sito http://www.portaledibioetica.it/
documenti/000309/000309.htm.
14 A. SANTOSUOSSO, I. A. COLUSSI, in Trattato di biodiritto, il governo del corpo, parte II,
capitolo 5,“Diritto e genetica delle popolazioni”, pag.354, 2011. Inoltre si veda la Convenzione di Oviedo
del 1997, consultabile all'indirizzo http://www.portaledibioetica.it/documenti/001306/001306.
htm ; Dichiarazione di Helsinki, principi etici per la ricerca medica che coinvolge soggetti umani, 1964
consultabile all'indirizzo http://www.idi.it/Data/Sites/4/media/documenti/dichiarazione-di-helsinki.
pdf.
15 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, COMITATO NAZIONALE PER LA
BIOSICUREZZA E LE BIOTECNOLOGIE, del 19 aprile 2006, Linee Guida per la certificazione delle
Biobanche, punto 5.1 tutela alla riservatezza.
16Ibidem.
68
Jet Det - 2012
documento utile per disciplinare le biobanche in Italia, dall’altro sono “solo” una
fonte di soft law e per tanto il loro contenuto non è vincolante17. Pertanto questo
testo rappresenta una delle possibili soluzioni in materia di regolamentazione delle
biobanche in Italia.
2. Fonti normative
Le biobanche sono una creazione relativamente recente, frutto di un’epoca
in cui la ricerca scientifica rappresenta uno strumento fondamentale di studio della
vita di ogni essere umano. In un momento talmente delicato nel progresso umano, la
legislazione nazionale e sovranazionale tenta di regolamentare lo status giuridico dei
dati utilizzati dai ricercatori, nonché le loro scoperte. Il binomio legislazione-ricerca
scientifica è stato inimmaginabile per decenni ma ora risulta doveroso trovare un
punto d’accordo tra le due scienze. Il diritto sembra talvolta percorrere un binario
ben più lento rispetto a quello della ricerca medica che talvolta risulta frenata dalle
normative non ancora al passo con i tempi, pertanto è opportuno che i legislatori
statali, e non solo, si impegnino per creare spazi di manovra più ampi per i ricercatori,
che troppo spesso risultano bloccati da normative eccessivamente articolate e poco
chiare.
Alcuni Stati si sono adattati ai nuovi tempi molto rapidamente, altri invece
hanno ignorato le problematiche e si sono dilungati in eterni dibattiti sulla miglior
posizione da prendere. Le fonti internazionali di riferimento sono molto varie e
nonostante alcune abbiano portata di “soft law”18 rappresentano dei modelli per
la legislazione nazionale e comunitaria, poiché forniscono linee guida elaborate a
seguito di un processo di interazione con organismi scientifici. Ovviamente ogni
legislazione nazionale è uguale solo a se stessa, poiché le fonti internazionali e
sovranazionali pongono solamente dei principi guida e le modalità di applicazione
degli stessi variano in base alla capacità recettiva di ogni sistema normativo nazionale.
2.1 Le fonti OCSE
17 ibidem
18 Il termine soft law è difficilmente traducibile in italiano, si riferisce a fenomeni normativi
caratterizzati dalla produzione di norme prive di efficacia vincolante diretta. Pertanto, si contrappongono
ai tradizionali strumenti di normazione emanati, secondo procedure rigide, da parte di soggetti che ne
hanno l’autorità, come Parlamenti e Governi.
Biobanche
69
Una delle fonti internazionali che tratta specificatamente anche di biobanche,
è costituita dalle “Guidelines on Human Biobanks and Genetic Research Databases”
(HBGRD), redatte dall’OCSE il 22 Ottobre 200919.
Il documento riporta, in maniera molto evidente, le linee guida in merito ai principi
che si devono osservare nella creazione, organizzazione, strutturazione e supervisione
delle biobanche stesse. Dal punto di vista strutturale, le linee guida sono divise in due
parti: nella prima sono delineati i principi, suddivisi articolo per articolo, i quali a loro
volta sono suddivisi in “principi” e “best practices”, vale a dire il modo migliore per
vederli applicati; mentre nella seconda, le c.d. “annotations” precisano il contenuto
della parte I e dell’ HBGRD in generale.
Fra i temi trattati, si annoverano alcuni strettamente collegati alla questione
biobanche, tra i quali la partecipazione ai procedimenti che comportano l’utilizzo
del materiale biologico umano, quindi si riprende la disciplina del consenso; l’accesso
ai materiali biologici umani, coordinato con la loro protezione; infine la proprietà
intellettuale20.
Il documento continua riprendendo i principi precedentemente delineati,
approfondendoli nello stesso ordine presentato nella prima parte.
Interessante notare alcune specificazioni che vengono fatte sia
nell’introduzione sia all’inizio della seconda parte come il fatto che, dette linee guida
siano dettate al solo fine della ricerca. Pertanto potrebbero non essere interamente
applicabili ad alcune biobanche (quali quelle terapeutiche, diagnostiche, per il trapianto
o che comunque non perseguano un fine di ricerca). Viene inoltre sottolineato il fatto
che il Documento in questione non è da considerarsi esaustivamente competente
per tutti gli aspetti riguardanti le biobanche e la ricerca genetica21
19 È la stessa OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) a dare una delle
prime definizioni di biobanche Sono definite come centri che “forniscono servizi di conservazione di
cellule viventi, di genomi di organismi e informazioni relative all’ereditarietà e alle funzioni dei sistemi
biologici”.
20 La disciplina del consenso si trova all’art. 5; dai “principles” dell’articolo si ricava come il consenso
sia strettamente collegato alla questione dell’accesso ai dati personali, alle informative dei donatori e, in
generale all’agire, da parte dei ricercatori, nel pieno rispetto della persona del donatore stesso. In tema di
proprietà intellettuale e trattamento dei dati, si vedano a riguardo gli artt. 6 e 9, in particolare all’art.6
sono indicati i principi inerenti alla protezione dei dati personali biologici, mentre all’art.9 sono indicati
quelli riferibili alla proprietà intellettuale.
21 È necessario richiamare una serie di altre Raccomandazioni dello stesso organo: OECD Recommendation on Quality Assurance in Molecular Genetic Testing, adottata dall’ OCSE nel 2007;
OECD - Recommendation on the Licensing of Genetic Inventions, adottata dall’ OCSE nel 2006;
infine vi è l’OECD - Best Practice Guidelines for Biological Resource Centres.
70
Jet Det - 2012
2.2 Le Dichiarazioni UNESCO
Nel 1997, all’UNESCO, fu approvata all’unanimità la “Dichiarazione
universale sul genoma umano e dei diritti dell’uomo”22, si tratta del primo documento
di portata universale in ambito di bioetica, con cui si forniscono i principi eticogiuridici di: libertà di ricerca, dignità umana, solidarietà nonché cooperazione
internazionale. Le motivazioni che portarono alla formulazione di questo documento
di soft law sono varie, prima fra tutte l’esigenza di individuare un quadro normativo di
riferimento per il rapido sviluppo tecnologico e scientifico che influenzano sempre di
più la vita umana.
All’ art. 1 si enunciano una serie di principi generali sul genoma umano che
viene considerato patrimonio dell’umanità, poiché “sottende l’unità fondamentale di
tutti i membri della famiglia umana, come pure il riconoscimento della loro intrinseca
dignità e della loro diversità”. Si specifica agli articoli seguenti che, nonostante il valore
del patrimonio genetico umano, esso possa esser suscettibile di ricerche genetiche,
mediche e biologiche (art. 12 lett. a) nel rispetto della dignità e dei diritti propri
di ogni individuo. La libertà di ricerca, presupposto fondamentale per lo sviluppo
medico-scientifico, è derivante dalla libertà di pensiero, è una sua specificazione
e deve essere rivolta ad alleviare le sofferenze umane nonché a migliorare la salute
dell’individuo e di tutta l’umanità.
Questo documento pone delle linee guida generali senza addentrarsi nello
specifico del problema, ovvero analizzando il consenso e la proprietà dei dati genetici
umani, documenti successivi hanno esaminato il problema più nel concreto, tentando
di fornire dei principi generali che i singoli Stati potessero prendere come punto di
riferimento per le proprie legislazioni. Una prima specificazione si è avuta nel 2003
con la “Dichiarazione internazionale sui dati genetici umani”23, la quale ha affrontato
più nel dettaglio alcune tematiche basilari come il tema della “raccolta e consenso
di dati genetici e proteomici umani o materiali biologici”. Nello specifico, l’art. 8
lett. a pone la regola generale per cui, al fine di raccogliere dati proteomici24 umani o
materiali biologici sia fondamentale ottenere il consenso libero, preventivo, informato
22 La Dichiarazione è stata adottata dalla 29° sessione della Conferenza Generale dell’UNESCO
il giorno 11 Novembre 1997. È da rilevare il ruolo di leadership dell’Italia nell’elaborazione di tale
Dichiarazione.
23 Si tratta di una Dichiarazione che specifica la precedente del 1997, poiché stabilisce le regole per la
collezione, uso e stoccaggio di dati genetici umani.
24 Il proteoma è l’insieme di tutti i possibili prodotti proteici espressi in una cellula, esso è dinamico
nel tempo poiché varia in risposta a fattori esterni tra cui le interazioni fra le proteine stesse che fanno
parte della sua struttura. È oggetto degli studi della proteomica, la quale consiste nell’identificazione
sistematica delle proteine e nella loro caratterizzazione rispetto a strutture, funzione, attività, qualità e
interazioni molecolari.
Biobanche
71
ed espresso da parte del soggetto fonte. Un’eventuale deroga a tale principio sembra
esser ammissibile solamente per ragioni imperative, individuate da leggi nazionali che
siano in accordo con il diritto internazionale sui diritti umani.
I successivi paragrafi b e c rinviano alle normative nazionali sulla tematica
della prestazione del consenso di persona incapace. Ovviamente il consenso è sempre
revocabile ed i dati raccolti non potranno più esser utilizzati a fini di ricerca (art. 9 lett.
a), a meno che i dati siano irrevocabilmente dissociati da una persona identificabile.
Se il materiale genetico non è irrevocabilmente dissociato da persona identificabile,
allora dovrà essere trattato secondo i desideri della persona25.
Le informazioni fornite al momento del consenso dovrebbero indicare che
la persona interessata ha il diritto di decidere se o meno essere informata dei risultati.
Tale regola non si applica alla ricerca su dati irrimediabilmente dissociati da persone
identificabili o a dati che non portano a risultati univoci riguardo alle persone che
hanno partecipato all’esperimento di ricerca26.
In riferimento a quanto appena detto, inerente al diritto di essere o non
essere informati dei risultati della ricerca, sicuramente uno degli argomenti più
importanti quanto discussi dell’intera Dichiarazione, concerne il paragrafo c, titolato
“trattamento”, nel quale si delinea la fattispecie del consenso al trattamento dei dati
genetici o proteomici, questione strettamente correlata al diritto alla privacy.
La regola generale è delineata all’art. 13, secondo il quale l’accesso ai propri
dati genetici è personale. “Nessuno dovrebbe essere privato dell’accesso ai propri
dati genetici o proteomici”, con due eccezioni: a meno che questi dati non siano
irrimediabilmente dissociati dalla persona come fonte identificabile e a meno che
la legge nazionale limiti tale accesso nell’interesse della sanità pubblica, dell’ordine
pubblico o della sicurezza nazionale.
I dati genetici e proteomici in linea generale non dovrebbero esser associati
a persone identificabili, ed anche quando “questi dati o altri materiali biologici sono
dissociati da una persona identificabile, si devono prendere le precauzioni necessarie
per assicurare la sicurezza dei dati e dei materiali biologici”. La deroga a questo
principio generale delineato all’art. 14 lett. c, è specificata alla lett. d in cui si precisa
che se i fini sono quelli della ricerca scientifica e della sperimentazione medica, allora
25 A riguardo, si veda l’intero testo dell’art.9 lett. a, b, c.
26 Articolo 10 - Il diritto di essere informati o non informati dei risultati della ricerca - “Quando dati
genetici e proteomici umani o materiali biologici sono raccolti per finalità mediche o di ricerca scientifica,
le informazioni fornite al momento del consenso dovrebbero indicare che la persona interessata ha il
diritto di decidere se essere informata o non essere informata dei risultati. Questa regola non si applica
alla ricerca su dati irrimediabilmente dissociati da persone identificabili o a dati che non portano a
risultati univoci riguardo alle persone che hanno partecipato all’esperimento di ricerca. Ove ciò risulti
appropriato, il diritto di non essere informati dovrebbe estendersi a parenti identificabili che possono
risentire delle conseguenze”.
72
Jet Det - 2012
i dati possono rimanere associati a persona identificabile se ciò fosse necessario per far
proseguire la ricerca, a condizione che sia protetta la riservatezza dell’individuo e la
segretezza del materiale raccolto.
Gli articoli finora visti sono rivolti solo indirettamente alle biobanche,
poiché trattano di tematiche inerenti il consenso, la proprietà, la raccolta dei dati
stessi. Un riferimento esplicito alle biobanche si rinviene all’art. 1527, che le delinea
come entità responsabili del trattamento dei dati genetici e proteomici umani. Esse
diventano, pertanto, garanti di affidabilità e sicurezza nella raccolta e nel trattamento
del materiale genetico.
Riprendendo il discorso sul consenso bisogna specificare che esso si riferisce
esclusivamente alla finalità per cui era stato originariamente concesso dal donatore. In
accordo con l’art. 16, tale regola è derogabile solamente in conformità con il diritto
interno, qualora lo scopo delle ricerche scientifiche sia rivolto all’interesse pubblico e
qualora tale finalità sia compatibile con il diritto internazionale sui ai diritti umani.
Dunque, le necessità statali ricoprono un ruolo fondamentale nella legislazione di
bioetica, infatti la normativa nazionale può disporre, in accordo con l’art. 17, che
i materiali biologici debbano sottostare alla regola del consenso informato, ma
i dati biologici potranno esser utilizzati anche prescindendo alla regola generale
del consenso, qualora vi sia una particolare finalità scientifica e di ricerca. Tale
regolamentazione è ulteriormente specificata agli art. 18 e 1928 che trattano nello
specifico della cooperazione internazionale di dati e materiali genetici.
Altro discorso va fatto sulla “Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti
umani” del 200529. Ancora una volta viene affrontato il tema del consenso espresso ed
informato della persona interessata. Anche qui si tratta della possibilità di revocarlo,
salvo che non sia stabilito diversamente a livello nazionale (art. 27).
E’ inoltre prevista la tutela e la riservatezza delle persone interessate (art. 9),
ma si sottolinea anche la necessità della condivisione dei benefici (art. 15) risultati
dalla ricerca scientifica nonché dalle sue applicazioni, sia per la società civile che per
la comunità internazionale. Dunque ancora una volta lo scopo è quello di metter in
contatto differenti strutture di ricerca al fine superiore di incoraggiare le scoperte
27 Articolo 15 - Accuratezza, affidabilità, qualità e sicurezza - “Le persone e le entità responsabili del
trattamento dei dati genetici e proteomici umani e dei materiali biologici dovrebbero prendere le misure
necessarie per assicurare l’accuratezza, l’affidabilità, la qualità e la sicurezza di questi dati e del trattamento
dei materiali biologici. Dovrebbero altresì dimostrare rigore, cautela, onestà e integrità nel trattamento e
nell’interpretazione dei dati genetici e proteomici umani e di altri materiali biologici, in considerazione
delle implicazioni etiche, giuridiche e sociali”.
28 Art. 18 titolato “Circolazione eco operazione internazionale”; Art. 19 titolato “Condivisione di
benefici”.
29 Tale Dichiarazione fu approvata dalla Conferenza Generale UNESCO il 19 ottobre 2005 ed
approfondisce le tematiche di bioetica, scienza e tecnologia in rapporto al diritto internazionale ed ai
diritti umani.
Biobanche
73
scientifiche.
2.3 Consiglio d’Europa
Per quanto concerne gli atti del Consiglio d’Europa, la principale fonte,
in tema di biomedicina e biobanche, è la “Convenzione sui diritto dell’uomo e la
biomedicina”30.
Tale Convenzione nacque con l’obiettivo di porre delle regole di bioetica
comuni negli Stati aderenti al Consiglio, in realtà si tratta di un documento di
portata più ampia, infatti il tema dominante riguarda i diritti, le libertà fondamentali,
l’identità dell’essere umano negli ambiti della medicina e della ricerca.
Un riferimento indiretto alle biobanche sembra essere previsto all’art. 22,
titolato “Utilizzo di una parte del corpo umano prelevato”. E’ previsto che “allorquando
una parte del corpo umano è stata prelevata nel corso di un intervento, questa non può
esser conservata ed utilizzata per scopo diverso da quello per cui è stata prelevata, se
non in conformità alle procedure di informazione di consenso appropriate.” Questo
significa che il tessuto, prelevato dopo un intervento e conservato nella biobanca, non
potrà essere utilizzato a fini differenti da quelli previsti al momento dello stoccaggio
del materiale, come può essere ad esempio la ricerca, almeno che non vi sia consenso
espresso ed informato del donante.
Emerge come, anche in tale Convenzione si disciplina, il consenso informato.
L’art. 5 enuncia la regola generale, per cui il consenso libero ed informato deve esser
preceduto da adeguata informazione sullo scopo e la natura dell’intervento, nonché
i rischi cui esso può portare; tanto che è prerogativa dell’interessato ritirare, in ogni
momento e liberamente, il consenso originario.
Volendo confrontare la Convenzione di Oviedo con le Dichiarazioni
UNESCO31, bisogna precisare che solo nel documento del Consiglio d’Europa si
tutelano rigorosamente i diritti della persona, disponendo in modo più dettagliato e
preciso il consenso informato. Occorre però ricordare che la Convenzione di Oviedo
non ha efficacia in Italia, anche se spesso richiamata dalla giurisprudenza32.
È evidente come la dichiarazione di Oviedo non sia sufficiente a completare
il quadro normativo sulle biobanche, infatti nel 2006, il Consiglio d’Europa, emanò
30 Si tratta della ‘Convenzione di Oviedo’, adottata il 4 aprile 1997.
31 Per le quali, si veda a riguardo il capitolo precedente.
32 L’Italia non ha ancora depositato il protocollo di ratifica, nonostante abbia approvato la legge n.145
del 28 marzo 2001. Questo problema è stato a lungo fonte di dibattito e recentemente ha coinvolto lo
stesso CNB (Comitato Nazionale di Bioetica) che ha sollecitato il Ministero della Sanità al deposito
stesso.
74
Jet Det - 2012
la Raccomandazione N.4 titolata ”Utilizzo di campioni biologici di origine umana
per scopi di ricerca”33. Ancora una volta il tema del consenso risulta centrale, infatti
il paziente (art. 10) deve esser informato riguardo le ricerche che verranno eseguite
sul campione prelevato. Una simile previsione lascia forti perplessità poiché la ricerca
scientifica muta continuamente e pertanto è difficoltoso ed infruttuoso prevedere a
lungo termine l’utilizzo dei campioni prelevati.
È altresì previsto che, nel caso in cui l’utilizzo del materiale biologico ecceda i
limiti espressi nella dichiarazione di consenso, sarà premura del ricercatore contattare
il donatore del materiale affinché ne venga rilasciato uno nuovo34. Ciò nonostante,
qualora l’uso del campione biologico identificabile non rientrasse nello scopo per cui
era stato rilasciato il consenso dell’interessato (o mancasse integralmente dello stesso),
i ricercatori dovranno, con un ragionevole sforzo, prendere i contatti con il soggetto
donatore, al fine di ottenere il consenso. Qualora non risultasse possibile contattare,
con ragionevole sforzo, l’interessato, i campioni potranno comunque essere utilizzati
nel progetto in questione sulla base di tre condizioni: nel caso la ricerca fosse volta a
conseguire un importante interesse scientifico; se i materiali biologici in questione non
possono esser sostituiti con altri materiali per cui è già stato dato il consenso; infine se
non c’è prova dell’opposizione definitiva del donatore del materiale biologico35.
La Raccomandazione differenzia accuratamente il materiale biologico
identificabile da quello non identificabile soprattutto per quanto riguarda il consenso.
Nel primo caso è sempre possibile ritirare il consenso all’utilizzo del proprio materiale
biologico per scopi di ricerca, in quanto si tratta di materiale riconducibile direttamente
al donatore e disciplinato all’art. 22. Nel secondo caso, poiché i campioni biologici
anonimi, non tracciabili, potranno essere utilizzati in ricerca, si devono tenere in
considerazione le restrizioni poste dal soggetto donatore prima che il campioni fosse
reso anonimo.
Nel capitolo IV della Raccomandazione, dedicato alla collezione dei materiali
biologici, il riferimento alle biobanche è diretto. È infatti prevista la specificazione
degli scopi nonché il metodo di gestione del materiale genetico, in accordo al principio
di trasparenza e del consenso del donatore. Al fine di agevolare la ricerca sono previsti
i trasferimenti transfrontalieri di tessuti e, ovviamente, dei relativi dati personali,
affinché, ancora una volta, sia tutelato il principio del consenso, nonché della privacy.
Si tratta di un settore di grande interesse a livello internazionale, poiché l’esigenza
comune, riguarda la ricerca scientifica e l’utilizzo di quanto ricavato, scoperto
e perfezionato al fine dell’applicazione pratica in ambito medico. Pertanto è di
33http://www.sibioc.it/upload/bc/32/3/graziani.pdf.
34 Art.10 titolato “Acquisizione di campioni biologici per ricerca”
35 Si veda a riguardo l’art.22 titolato “Campioni biologici identificabili”. Nella seconda parte
dell’articolo, si prevede che l’interessato possa, in ogni momento, rifiutare o ritirare il consenso all’uso dei
propri campioni identificabili”.
Biobanche
75
fondamentale importanza favorire la cooperazione tra i vari istituti di ricerca
transfrontalieri per garantire un continuum nella ricerca biomedica.
È bene tener presente che, questa Raccomandazione, nonostante si interessi
di argomenti comuni al mondo delle biobanche di ricerca e, in generale di quelle
che praticano la conservazione autologa, si occupa nello specifico di biobanche di
popolazione36.
2.4 Fonti dell’UNIONE EUROPEA
Per quanto concerne le fonti europee, è da rilevare come a livello di Trattati,
non vi sia nulla che discorra esplicitamente di biobanche; tuttavia si tratta di disinteresse
apparente: innanzi tutto è bene far riferimento al Carta dei Diritti Fondamentali
Dell’Unione Europea (detta comunemente Carta di Nizza)37, precisamente all’art.
3. Qui si prevede la fissazione di alcune norme che mirano a tutelare l’integrità fisica,
vietando, in particolare al comma 2, quelle pratiche eugenetiche volte alla selezione
delle persone, nonché vietando di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali
fonte di lucro. Nella stessa fonte, il legislatore inserisce anche il principio del consenso
libero ed informato, il quale può essere definito uno degli aspetti più interessanti
quanto controversi dell’intero ambito delle biobanche.
Sempre nella Carta di Nizza, è da rilevare ulteriormente l’art. 8, titolante
“protezione dei dati personali”, nel quale emergono alcuni elementi e tematiche38 che
verranno riprese anche in molte direttive del Parlamento e del Consiglio Europeo.
Proprio da queste direttive, piuttosto che dai trattati, emerge una legislazione europea
adattabile alle biobanche; a questo proposito però sono da effettuare alcune importanti
precisazioni: innanzitutto non emerge una definizione, a livello comunitario, di
36 Il riferimento è al Cap. V titolato “Biobanche di popolazione”, definite, all’art.17.1 come “una
raccolta di campioni biologici che risponde alle seguenti caratteristiche:
i. la raccolta identifica una popolazione,
ii. è stata creata, o è stata riconvertita, per fornire campioni biologici o dati derivanti da futuri, multipli,
progetti di ricerca,
iii. contiene campioni biologici e relativi dati personali che possono includere o essere collegati ad informazioni su
genealogia, stili di vita, informazioni cliniche che possono essere aggiornate regolarmente.
iv. riceve e fornisce materiale in modo strutturato.”
37 È uno dei Trattati fondamentali dell’Unione Europea, ha modificato il Trattato di Maastricht e i
Trattati di Roma, è stato approvato l’11 Dicembre 2000 e firmato il 26 Febbraio 2001, dopo essere stato
ratificato dagli allora 15 Membri UE, è ufficialmente entrato in vigore il 1 Febbraio 2003. Con il Trattato
di Lisbona, ha assunto la stessa valenza giuridica dei Trattati dell’Unione Europea (TUE e TFUE).
38 Un esempio riguarda la possibilità di accedere liberamente ai propri dati e di ottenerne una rettifica
e quello di creare un’autorità indipendente nazionale che si occupi, anche nello specifico, di biobanche.
76
Jet Det - 2012
biobanca39 e delle varie tipologie. Come ovvio, da questo consegue che non esistano,
allo stato attuale, direttive o altre fonti comunitarie che trattino in modo specifico
delle biobanche. In secondo luogo, si può ricavare come le norme che si è in procinto
di analizzare, non riguardano direttamente la disciplina delle biobanche, bensì tutta
una serie di istituti che però ad esse sono strettamente correlate.
Osservando le Direttive in ordine temporale, la prima di queste, è la
Direttiva 1995/46/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo, relativa alla “tutela
delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera
circolazione dei dati”. Di tale direttiva è bene tener presente l’art. 2, dove si danno
alcune definizioni tra cui quella di dato personale (art. 2 lett. a), inteso come “qualsiasi
informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile”40 e quella
di “trattamento di dati personali” (art. 2 lett. b), vale a dire “qualsiasi operazione
o insieme di operazioni compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e
applicate a dati personali” elencando infine le suddette operazioni.
Il tema del consenso della persona interessata emerge innanzi tutto all’art. 7,
in apertura della sezione sui “principi relativi alla legittimazione del trattamento dati”,
dove lo si individua come condizione necessaria al fine di consentire la disposizione
del trattamento di dati personali. Questa indicata è la regola generale, a cui segue
il “trattamento riguardante categorie particolari di dati”41, per il quale è vietato il
trattamento di tutti quei dati personali che possano rivelarsi discriminatori nei
confronti della persona fonte42.
La direttiva affronta ulteriormente le informazioni preliminari che deve
ricevere il soggetto fonte, tra queste le finalità della ricerca, i responsabili della stessa
e se o meno esiste un diritto di accesso ai dati che verranno trattati. Soffermandosi
in particolare sul diritto di accesso ai dati trattati43, si specifica come sia garantita
liberamente e senza costrizioni la comunicazione dei dati oggetto dei trattamenti, le
informazioni inerenti al soggetto e il metodo applicato nell’analisi; inoltre si deve
garantire la possibilità di rettificare e cancellare quei dati, nonché di revocare il proprio
consenso in caso di modifica delle condizioni iniziali di trattamento.
Tutto ciò allo scopo di tutelare il diritto alla riservatezza e della protezione dei dati
39 Nei vari documenti internazionali, le biobanche sono definite in base alla differente tipologia di
campioni in esse conservate. Secondo le “Regulations” dell’Università di Maastricht, la biobanca è intesa
come un’unità operativa che conserva e gestisce il materiale biologico, nonché i relativi dati clinici in
base ad un codice di buon utilizzo e di corretto comportamento ed infine sulla base di ulteriori indirizzi
forniti da Comitati Etici ed Università.
40 Dicendo che una persona è identificabile, s’intende che possa essere direttamente o indirettamente
identificata, facendo riferimento ad un numero d’identificazione o ad elementi specifici che la riguardano.
41 Art.8 Dir.95/46/CE
42 Una deroga alla norma prevista all’art.8.1 si ha all’art.8.2 dove sono presentate le fattispecie
derogatorie nell’elenco numerato alfabeticamente.
43 Art.12 Dir.95/46/CE
Biobanche
77
personali44.
Come visto, la direttiva è alquanto generica e non si occupa di biobanche,
ciò nonostante ha incentivato molti legislatori nazionali a prevedere discipline più
specifiche sull’argomento45.
La Direttiva 1998/44/CE sulla “protezione giuridica delle invenzioni
biotecnologiche”46, insiste prevalentemente sul rapporto tra istituti di ricerca (e tra
questi è bene annoverare le biobanche) ed i ricercatori.
Il corpo umano non si può considerare brevettabile in nessuno stadio della
sua costituzione e sviluppo e non può nemmeno esser considerata tale una sequenza
totale o parziale di un gene (questa specificazione è molto importante, in quanto si
arriva così ad escludere la brevettabilità dell’unità minima fondamentale dell’essere
umano. In assenza di questa precisazione, operando anche su una singola parte di un
gene, contenuto nello zigote ad esempio, si giungerebbe a modificare l’intero essere
vivente47); tuttavia in deroga a quanto appena detto, si stabilisce come un elemento
isolato del corpo umano, riprodotto mediante procedimento tecnico e, quindi,
non naturale, possa costituire un’invenzione brevettabile48. Tuttavia è esclusa la
brevettabilità per le invenzioni, il cui sfruttamento commerciale è contrario all’ordine
pubblico o al buon costume49.
L’utilità di questa direttiva, in termini di biobanche, è chiara se si considera
la rilevanza commerciale che alcune ricerche (condotte avendo come basi materiale
stoccato nelle stesse), possono avere nel settore, ad esempio, della biomedicina. È
ovvio che la direttiva mira, come citato, ad applicare dei limiti che ineriscono più
che altro a questioni eticamente riprovevoli e contrarie al buon costume e all’ordine
pubblico. Il testo degli articoli 5 e 6, ad ogni modo, tiene conto di come una pesante
limitazione alle ricerche possa comportare il venir meno di quei finanziamenti, che
44 Artt.16 – 17 Dir.95/46/CE
45 Il riferimento è al “Data Protection Act” del 1998 di cui si tratterà nella sezione dedicata al Regno
Unito.
46 La Direttiva del Parlamento e del Consiglio dell’UE è del al 6 Luglio 1998.
47 È da precisare che il gene è l’unità ereditaria fondamentale di tutti gli esseri viventi. Vanno a
localizzarsi all’interno dei filamenti di DNA, i quali sono contenuti nei cromosomi che, a loro volta, sono
contenuti in tutte le cellule di ogni vivente (gene c.d. strutturale). Da questa definizione si può intuire,
come ricordato, l’importanza di escludere la brevettabilità su sequenze anche parziali di un gene, al fine
di non incidere ugualmente sul corpo umano.
48 Art.5 Dir.98/44/CE.
49 Il riferimento è all’art.6 della direttiva, che specifica come lo sfruttamento di un’invenzione non
sia di per se stesso contrario all’ordine pubblico o al buon costume, per il semplice fatto che sia vietato
da disposizione legislativa o regolamentare. Difatti all’art.6.2 si specifica ciò che non è brevettabile:
“i procedimenti di clonazione di esseri umani, i procedimenti di modificazione dell’identità genetica
germinale dell’essere umano, le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali, i
procedimenti di modificazione dell’identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenza
senza utilità medica sostanziale per l’uomo o l’animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti”.
78
Jet Det - 2012
fanno la differenza sulla riuscita o meno di una ricerca, la quale con i suoi effetti, potrà
avere un’utilità nel campo terapeutico per le persone interessate50.
La Direttiva 2004/23/CE “Sulla definizione di norme di qualità e di
sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la
conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani”, è la fonte
principale a cui si deve fare riferimento per quanto concerne il rapporto fra diritto
e biologia. È denominata, in particolare nel mondo anglosassone, “direttiva sulle
cellule e i tessuti”, la quale però, esattamente come quelle finora trattate, nulla dice
sulle biobanche; tuttavia dal suo testo normativo, si possono cogliere e identificare
elementi di particolare rilevanza per l’analisi che si sta conducendo51.
L’ambito di applicazione della direttiva è delineato all’art. 2.1, sono però gli articoli
6, 9 e 14 ad interessare particolarmente per i temi connessi alle biobanche. L’art. 6
introduce il ruolo di un’autorità nazionale, posta in essere ad hoc, al fine di rilasciare
le autorizzazioni agli istituti di tessuti per lo svolgimento delle loro attività, inoltre
questo riguarda anche i procedimenti di preparazione dei tessuti stessi e delle cellule,
sottoponendo quindi ad un controllo di un entità indipendente sia l’istituto, che le
pratiche dello stesso, al fine di garantire un controllo qualitativo e sulla sicurezza di
queste52.
L’art. 9 invece si occupa dell’importazione ed esportazione dei tessuti e
cellule umane. Ciò risulta strettamente connesso con la questione della rintracciabilità,
vale a dire la possibilità di ricostruire iter, provenienza e caratteristiche dei campioni
stessi. L’articolo riporta la regolamentazione nella sfera di competenza dell’autorità53,
creando quindi un meccanismo che consenta un’attenta vigilanza su un fenomeno
molto significativo soprattutto per il mondo della ricerca54; per avere sia scambi
fra ricercatori a livello internazionale, sia per implementare le proprie ricerche con
apporti esterni alla propria55.
Infine, l’art. 14 si occupa della protezione dei dati sensibili, stabilendo come debbano
50 In merito a questa direttiva, è opportuno ricordare la celebre sentenza Brüstle vs Greenpeace del 18
Ottobre 2011, in merito alla brevettabilità di invenzioni biotecnologiche a partire da cellule staminali
embrionali, nonché la loro utilizzazione a fini terapeutici. In questa sede fu per la prima volta data una
definizione scientifica di embrione umano, considerato come “ogni ovulo umano fin dalla fase della
fecondazione”. Dunque da questo momento si dà avvio al processo di sviluppo dell’essere umano.
51 Si veda a riguardo CARLO PETRINI. Workshop “Le banche di cordone ombelicale” della
Pontificia Accademia Pro Vita, 25 Febbraio 2011.
52 Si veda a riguardo l’art.5 titolato “vigilanza sull’approvvigionamento dei tessuti e delle cellule umane”
53
Si veda a riguardo l'art. 6 Dir. 2004/23/CE
54 In tema di ricerca, è bene precisare come la direttiva le sia stata applicata per estensione posta in
essere dalla Corte di Giustizia, e non perché contenesse nel dettato una disciplina su questo tema.
55 Inizialmente era previsto che venisse disciplinata nello specifico pure la ricerca, in seguito le
divergenze di vedute fra i vari Paesi hanno comportato la circoscrizione dell’oggetto della direttiva a
quello attuale.
Biobanche
79
essere adottate “tutte le misure necessarie per assicurare che tutti i dati, comprese le
informazioni genetiche, raccolti nell’ambito della presente direttiva e a cui abbiano
accesso terzi, siano resi anonimi in modo tale che né il donatore né il ricevente
siano identificabili”. Alla regola generale qui presentata al primo comma, seguono le
puntualizzazioni del secondo nella quale emerge nel dettaglio l’ambito di applicazione
dei dati personali56.
Ulteriori considerazioni da fare, analizzando la direttiva, è che questa, nel
trattare specificatamente di biobanche cordonali, non impedisce la conservazione
autologa ma la disciplina in maniera stringente57.
La Dir.2004/23/CE è una direttiva generica alla quale, per attuare
specificatamente quanto previsto nel suo dettato normativo, hanno fatto seguito
la Direttiva 2006/17/CE inerente alle “prescrizioni tecniche per ogni fase delle
procedure di donazione, approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umane”,
al fine di garantire la qualità e la sicurezza dell’intero processo nei casi di conservazione
allogenica e conservazione autologa58.
Oltre a questa, vi è la Direttiva 2006/86/CE riguardante “le prescrizioni
in tema di rintracciabilità, notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate
prescrizioni tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e
la distribuzione di tessuti e cellule umane”. Riguarda le biobanche dal punto di vista
dello stoccaggio; per il vero si parla di istituti di tessuti, i quali sono sottoposti alla
stringente disciplina della direttiva, nonché all’autorità nazionale costituita al fine
di controllarne gli operati. Essa si occupa altresì della definizione dei criteri per il
rilascio delle autorizzazioni, licenze alle strutture da parte dell’autorità competente
prevista nella Dir.2004/23/CE. Vengono quindi esplicitati criteri per la codifica,
lavorazione, preservazione e distribuzione di tessuti e cellule, tracciabilità, notifica di
situazioni avverse, concentrando invece negli allegati la gestione di quanto previsto
nella direttiva generale che questa va ad attuare.
56 Art.14.2: “A tal fine essi provvedono affinché:
a) siano adottate misure di protezione dei dati e misure di salvaguardia per prevenire aggiunte, soppressioni o modifiche dei dati non autorizzate negli archivi riguardanti i donatori o nei registri dei
donatori esclusi, o qualunque trasferimento di informazioni;
b)siano
istituite
procedure
volte
a
risolvere
le
divergenze
tra
i
dati;
c) non vi sia alcuna divulgazione non autorizzata di informazioni, garantendo al tempo stesso la
rintracciabilità delle donazioni.”
57 CARLO PETRINI. Workshop “Le banche di cordone ombelicale” Pontificia Accademia Pro Vita,
25 febbraio 2011.
58 Si tratta di conservazione autologa ed allogenica in tema di biobanche per la conservazione di
sangue cordonale. La prima si ha nel caso in cui l’unità di sangue prelevato dal cordone ombelicale venga
conservato a nome del titolare, diventando una sua proprietà, al fine di poterlo utilizzare in caso di
necessità (l’utilizzo è personale). Mentre la seconda si ha quando l’unità di sangue prelevato dal cordone
ombelicale viene conservata con lo scopo di utilizzarla per chiunque la necessiti.
80
Jet Det - 2012
3. Tipi di biobanche e problemi correlati
3.1 Premessa
Nel trattare di biobanche, come si è precedentemente accennato, è necessario
precisare che non ne esiste un solo tipo, anzi: il fenomeno delle biobanche è talmente
complesso e sfaccettato che nel 2004 la Commissione Europea ha raccomandato un
censimento completo del numero e dei tipi di biobanche presenti in Europa59. A quasi
10 anni di distanza dalla Raccomandazione il censimento non è ancora stato fatto.
Questa parte del lavoro analizza le biobanche genetiche, partendo da un
inquadramento generale delle stesse per poi proseguire con alcuni tipi di biobanche
genetiche, le biobanche dei tessuti umani e conclude trattando le problematiche che
in Italia derivano da questi due tipi di biobanche.
3.2 Le biobanche genetiche: che cosa sono e come funzionano
Le biobanche genetiche sono strutture che raccolgono e conservano campioni
di tessuti umani, linee cellulari umane, campioni di DNA e materiale transgenico/
ingegnerizzato60. I campioni raccolti conservati in queste biobanche provengono da:
« - persone e famiglie con patologie genetiche;
- gruppi di popolazione con alta frequenza di portatori o di affetti da patologie
genetiche;
- popolazioni con caratteristiche idonee per l’individuazione di geni di suscettibilità;
- gruppi di popolazioni idonee per studi di farmacogenetica;
- gruppi di popolazione utilizzati come controllo”61.»
Queste biobanche rappresentano un’importante risorsa per la diagnosi, la
ricerca e la sperimentazione di terapie contro le malattie genetiche ed è soprattutto
per questo che i campioni che vi sono contenuti sono collegabili a dati anagrafici,
genealogici e clinici riguardanti i soggetti donanti.
Ci sono degli aspetti pratici che riguardano la biobanca genetica e si tratta
59 COMMISSIONE EUROPEA, 25 Raccomandazioni concernenti le implicazioni etiche, giuridiche
e sociali dei test genetici, 2004, consultabile sul sito http://ec.europa.eu/research/conferences/2004/
genetic/pdf/reccomendations_it.pdf.
60 Definizione ricavata da “Biobanche genetiche, linee guida” a cur. F. DAGNA BRICARELLI, C.
BALDO, M. FILOCAMO, inserto Analysis, 5/6, 2003, scaricabile dal sito http://www.biobanknetwork.
org/documents/Analysis%205-6.03.pdf.
61Ibidem.
Biobanche
81
dell’istituzione della stessa, dell’organizzazione e dell’accesso alle informazioni e ai
campioni contenuti nella biobanca. In merito all’istituzione di queste biobanche è
indispensabile l’autorizzazione dell’ente dove è situata, perché è proprio quest’ultimo
a condividere con la biobanca la responsabilità del funzionamento. Secondo le “Linee
guida” elaborate da Telethon e la Società Italiana di Genetica Umana (SIGU) le
biobanche genetiche devono sia essere inserite nella programmazione regionale sia
essere accreditate con specifiche norme.
L’organizzazione è un aspetto centrale perché bisogna assicurare la privacy
del soggetto da cui provengono i campioni62, la qualità del campione, la conservazione
del campione per il maggior tempo possibile e il corretto utilizzo e la distribuzione del
campione63.
L’accesso al servizio, secondo le Linee guida64, deve essere preceduto da
contatti con il responsabile della banca, il quale fornisce le informazioni necessarie
unitamente a un modulo di richiesta, a un modulo per la raccolta del consenso
informato del paziente e ad una scheda per la raccolta dei dati clinici e anagrafici del
paziente. Se la richiesta è approvata la biobanca distribuisce il campione richiesto e
si assume la responsabilità dell’identità dei campioni e della loro qualità ma non è
responsabile della diagnosi collegata al campione, la quale è sì allegata dalla biobanca
al campione ma è redatta dalla struttura che ha depositato il materiale biologico65.
Un esempio di biobanca genetica presente in Italia è quello di Telethon, che
nel 2008 ha realizzato una rete di dieci biobanche a fini di ricerca scientifica e, come
menzionato sopra, ha collaborato con SIGU per la stesura delle Linee Guida66.
3.2.1 Le biobanche di popolazione
Le biobanche di popolazione rappresentano un tipo di biobanca genetica
peculiare, molto utile per gli studi epidemiologici osservazionali sulle popolazioni.
Secondo il Consiglio d’Europa queste biobanche possono essere inquadrate come «a
collection of biological materials that has the following characteristics:
the collection has a population basis;
it is established, or has been converted, to supply biological materials or data derived
62 Punto meglio analizzato infra.
63 Meglio infra.
64Ibidem.
65 V. anche l'Autorizzazione al trattamento dei dati genetici del Garante della Privacy del 2011, in G.U.
159 del 2011.
66 Il progetto Telethon è consultabile sul sito http://www.telethon.it/ricerca-progetti/ricercatori/
biobanche.
82
Jet Det - 2012
there from for multiple future research projects;
it contains biological materials and associated personal data, which may include or be
linked to genealogical, medical and lifestyle data and which may be regularly updated;
it receives and supplies materials in an organized manner”67.»
I quattro punti sopra citati evidenziano due problematiche: una inerente
all’organizzazione e l’altra ai finanziamenti. In merito alla prima questione
l’organizzazione delle biobanche di popolazione è sovente complessa a causa del lungo
iter procedimentale68 a cui sono sottoposte le richieste di accesso alla biobanca e vi è
quindi il rischio di scoraggiare la richiesta di accesso ai campioni ivi contenuti69. Le
richieste di accesso sono infatti sottoposte ad attenti esami da parte di più organi, così
che i campioni e le informazioni contenute nella biobanca siano correttamente usati.
La seconda difficoltà è ancora più rilevante perché può portare ad ingerenze da parte
di soggetti privati maggiormente propensi a curare i propri interessi piuttosto che
quelli della biobanca. Quest’ultima criticità risulta ancor più pericolosa se si considera
che i soggetti che conferiscono i propri campioni biologici alla biobanca sono definiti
“information altruists”70, poiché forniscono il proprio DNA e informazioni personali
(punto tre della Recommendation del Consiglio d’Europa citato poco sopra) senza
alcun beneficio individuale.
Una delle più famose biobanche di questo tipo è la canadese CARTaGENE.
3.2.1.1 Il progetto canadese CARTaGENE
CARTaGENE è la biobanca della popolazione del Quebec gestita
dall’Università di Montreal71 e fa parte del Canadian Partnership for Tomorrow
Project (CPTP), organizzazione il cui obiettivo è creare nuove conoscenze ed
accelerare il progresso di quelle attuali riguardanti le malattie croniche presenti in
Canada.
CARTaGENE consiste in un database contenente informazioni sulla salute
67 v. CONSIGLIO D'EUROPA, Recommendation Rec(2006)4 of the Committee of Ministers to
Member States on Research on Biological Materials of Human Origin, 2006, adottata dal Consiglio dei
Ministri il 15.03.2006.
68 v. infra.
69 v. sul punto K.J. MASCHKE, “Navigatin an ethical patchwork- Human gene banks. Population
genetics research collaborations are reaching increasingly across national bundaries to access human tissue
repositories. Will discrepancies in national policies on informed consent and IP rights hinder progress?”, in
Nature biotechnology, 2005, III, 5, 539-545.
70 Definizione tratta da B.M. KNOPPERS, M.N. ZAWATI, “Population biobanks and access”, “Trattato
di biodiritto. Il governo del corpo”, I, cur. S. RODOTA', P. ZATTI, Giuffré 2010, 1181-1193.
71 v. www.cartagene.qc.ca.
Biobanche
83
e una biobanca con campioni di sangue e urina provenienti da 20.000 individui tra i
40 e i 69 anni.
L’accesso a tutte queste informazioni è possibile sia ai ricercatori canadesi
che a quelli stranieri sebbene le regole di accesso siano rigide. Esistono apposite
strutture che si occupano di esaminare le richieste di accesso ai dati e ai campioni
biologici: sono necessari tra i cinque e i sette passaggi perché una richiesta di accesso ai
dati del progetto CARTaGENE venga accettata. Questa lunga procedura di accesso
scoraggia i ricercatori a far richiesta ma costituisce anche uno dei punti di forza di
CARTaGENE perché la rigidità e lunghezza delle procedure di accesso vengono
intese dagli “information altruists” come aspetti positivi e invogliano altri soggetti a
partecipare al progetto72.
3.2.2 Biobanche del sangue del cordone ombelicale
Le biobanche del sangue del cordone ombelicale sono banche genetiche
particolari perché contengono un unico tipo di “prodotto”, il quale viene raccolto al
momento della nascita. Il sangue del cordone ombelicale è molto importante perché
è utilizzabile in numerose patologie con una manipolazione minima del campione73.
Il sangue del cordone ombelicale contiene infatti cellule staminali emopoietiche, utili
per alcune patologie, come la leucemia.
In questo tipo di biobanche è evidente la differenza tra pubbliche, private e
miste.
In Italia le biobanche del sangue del cordone ombelicale sono delle
organizzazioni no profit accreditate che ricevono il materiale biologico dopo aver
ottenuto il consenso informato dei genitori alla donazione. Una volta ottenuto il
campione esso è sottoposto a test e se sussistono i parametri stabiliti richiesti per
l’utilizzo terapeutico il campione viene inserito nei registri internazionali perché
possa essere utilizzato. In questo caso il sangue diviene di proprietà della banca74.
Le biobanche private, invece, ottengono i propri campioni da soggetti che
intendono utilizzarli all’interno della propria famiglia. In questo caso il sangue rimane
di proprietà del neonato da cui proviene, sotto la tutela genitoriale e non è rintracciabile
dalle biobanche pubbliche perché non compare nei registri internazionali. Si tratta di
una pratica sempre più comune, anche in Italia, dove ci sono famiglie che portano
72 B.M. KNOPPERS, M.N. ZAWATI, “Population biobanks and access”.
73 C. PETRINI, “A comparative analysis of the options from European national and international ethics
committees regarding the collection, storage and use of umbilical cord blood”, Blood transfusion, 2012, 279289.
74 Ibidem.
84
Jet Det - 2012
all’estero, presso queste biobanche private, il sangue del cordone ombelicale75. Nel
nostro paese non è possibile conservare il cordone ombelicale per usi privati perché
non è ancora dimostrato che sia più utile conservare il cordone ombelicale per uso
autologo anziché affidarlo a strutture pubbliche. In Italia, però, chiunque voglia
conservare il proprio cordone ombelicale per uso autologo in una biobanca privata
sita all’estero è libero di farlo.
Esistono poi altri modelli, come la Virgin Health Bank nel Regno Unito.
Si tratta di una banca che non è totalmente privata. La Virgin Health Bank conserva
il 20% del sangue del cordone ombelicale per l’uso privato da parte del bambino da
cui proviene o da parte dei suoi familiari mentre il restante 80% è donato alla parte
pubblica della banca, accessibile a tutti gratuitamente76.
In Italia esiste una rete di diciotto biobanche cordonali pubbliche istituita
con il decreto ministeriale del 18 novembre 200977 che lavora come sportello unico
per i centri di trapianto: è così possibile una ricerca simultanea sia a livello nazionale
che internazionale.
3.3 Biobanche di tessuti
Le biobanche di tessuti raccolgono e conservano materiale derivato da
interventi diagnostici o terapeutici, materiale donato appositamente per un progetto
di ricerca e conservato per usarlo successivamente, materiale donato per trapianto e
non utilizzato o ritenuto inadatto e, infine, materiale proveniente da persone decedute
e sottoposte ad autopsia78.
Le Linee guida per la certificazione delle biobanche elaborate nel 2006 dal
Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie79 hanno fornito un quadro
generale sulla conservazione dei tessuti in Italia: attualmente negli archivi di anatomia
patologica sono presenti raccolte di tessuto normale e patologico crioconservato
secondo le procedure previste dalle Linee guida80. I laboratori di anatomia patologica
possiedono inoltre degli archivi di tessuti fissati in formalina e inclusi in paraffina
75 A. DE ROBBIO, “Biobanche e proprietà intellettuale: commons o caveau?”, Bibliotime, XIII, 3, 2010
76www.virginhealthbank.com.
77 http://www.salute.gov.it/cnt/cntDettaglioMenu.jsp?id=68&area=cnt-cellule&menu=menuPrinc
ipale&sotmenu=istituzioni&label=istit
78 Così COMITATO NAZIONALE PER LA BIOSICUREZZA E LE BIOTECNOLOGIE,
Linee guida per la certificazione delle biobanche, 2006 consultabile sul sito http://www.governo.it/
biotecnologie/documenti/7.biobanche.pdf.
79 scaricabili dal sito http://www.governo.it/biotecnologie/documenti/7_biobanche_1.pdf.
80 Ibidem.
Biobanche
85
per un eventuale uso futuro e per collezione. Attualmente questi materiali non sono
ancora utilizzabili a fini di ricerca nell’ambito di studi collaborativi.
Nel nostro Stato queste banche conservano i propri campioni prevalentemente
per ricerche nell’ambito delle patologie tumorali. I risultati sono condizionati
dalla qualità e accessibilità dei campioni, dalla loro affidabilità e dalla portata delle
informazioni conservate assieme ai tessuti. Lo specialista anatomo-patologo svolge
quindi un ruolo fondamentale perché certifica la conformità del campione ai requisiti
della biobanca.
In Italia un esempio di queste biobanche è dato dalla Trentino Biobank,
istituita presso il reparto di Anatomia Patologica dell’Ospedale Santa Chiara di
Trento. Questa biobanca si occupa di raccogliere e conservare materiale biologico
umano a scopo di ricerca scientifica. I materiali conservati comprendono frammenti
di tessuti asportati chirurgicamente, campioni di sangue e altri liquidi biologici
(saliva, etc..)81.
4.Le problematiche inerenti alle biobanche
Un tema come quello delle biobanche è complesso e sono numerose le
difficoltà che ne possono compromettere sia un corretto uso che una corretta disciplina
giuridica. Analizziamo dapprima quei problemi che, pur non essendo prettamente
giuridici, coinvolgono anche il diritto.
Il primo ostacolo che si incontra nel trattare il tema delle biobanche è di natura
linguistica: sono infatti numerose le incertezze definitorie82. Basti pensare che
nemmeno il termine biobanca è univoco: per anni sono stati usati, nella letteratura
specialistica, indistintamente i termini “biobank” e “gene-bank” e altri ancora.
Un secondo ostacolo è costituito dalle tecniche di stoccaggio e conservazione
utilizzate dalle biobanche: non sono seguite procedure univoche, a discapito della
realizzazione di reti nazionali e internazionali83.
Il terzo problema riguarda le procedure farraginose e non standardizzate
per tutte le biobanche che vengono utilizzate dalle stesse per consentire l’accesso
alle informazioni da parte dei richiedenti. Le disposizioni internazionali in merito
sono numerose e concordi tra loro sulla necessità di non ricorrere a procedure troppo
81 Per ulteriori informazioni www.tissuebank.it.
82 V. A. DE ROBBIO, op.cit supra, nota 79 .
83 Tra molti v. K.J. MASCHKE, “Navigatin an ethical patchwork- Human gene banks. Population
genetics research collaborations are reaching increasingly across national bundaries to access human tissue
repositories. Will discrepancies in national policies on informed consent and IP rights hinder progress?”, in
Nature biotechnology, 2005, III, 5, 539-545.
86
Jet Det - 2012
lunghe ma questo non ha rimosso né l’ostacolo né il consenso che circonda queste
procedure84. Le disposizioni internazionali inoltre, dato il loro carattere generale, non
portano alla formulazione di linee guida univoche.85
Dal punto di vista normativo la premessa indispensabile per affrontare il
problema è che non esiste un quadro normativo coerente per regolare la materia:
non possono sottostare a norme univoche biobanche con finalità di ricerca, volte a
studiare specifiche malattie di specifiche popolazioni e biobanche di cellule staminali
cordonali. Le difficoltà qui menzionate non devono però essere una scusa per non
regolamentare la materia perché l’armonizzazione normativa è indispensabile in
questo campo. Norme univoche permettono infatti di evitare quelle incertezze
giuridiche che potrebbero portare a violazioni dei diritti della persona e inoltre
favoriscono le creazione di reti nazionali e internazionali.
Sono quattro le problematiche giuridiche principali in materia di biobanche:
- la proprietà dei materiali biologici;
- la privacy;
- il consenso informato prestato dal donatore;
- le questioni relative alla proprietà intellettuale, alla brevettabilità dei campioni
biologici e alla tutela delle banche dati che conservano le informazioni genetiche
ottenute dai campioni.
Si tratta di spunti problematici talmente importanti sia sul piano giuridico
che pratico per il funzionamento ottimale delle biobanche che meritano quindi di
essere analizzati nel dettaglio.
4.1 La proprietà dei materiali biologici
In Italia, e non solo, non vi è univocità di pensiero nell’attribuzione della
proprietà dei materiali biologici. Nel nostro Paese tanto il quadro normativo quanto
quello dottrinale sono discordanti perché ogni posizione presa rappresenta il prodotto
di diverse sensibilità etiche, giuridiche e anche economiche il che è inevitabile, data la
particolarità della tematica che si sta analizzando.
Prima di incominciare ad approfondire il tema della proprietà dei materiali
84 Ibidem.
85V. tra le molte le disposizioni dell'OECD, Guidelines on Human Biobanks and Genetic
Research Databases (HBGRD), 2009, consultabile e scaricabile su http://www.oecd.org/sti/
biotechnologypolicies/guidelinesforhumanbiobanksandgeneticresearchdatabaseshbgrds.htm.
Nel
2007 l'OECD aveva già divulgato un altro documento, Principles and Guidelines for Access to Research
Data from Public Funding, che metteva in evidenza i principi che dovrebbero essere presi in considerazione
per accedere alle informazioni, come: apertura, trasparenza, conformità alle leggi ed interoperabilità.
Biobanche
87
biologici bisogna premettere che le difficoltà a stabilire il regime proprietario dei
suddetti, come rilevato da alcuni autori86, sono causate dal fatto che i campioni umani
sono sia aggregati di molecole che fonte di dati genetici. Risulta quindi difficoltoso
parlare di “proprietà” perché, in primis, il fascio di diritti esercitabili dalla persona
da cui provengono i materiali biologici umani asportati è limitato dalla natura dei
tessuti asportati. I tessuti umani sono considerati beni non commerciabili: parlare di
proprietà risulta quindi errato per alcuni perché viene svuotato il significato stesso di
proprietà87. A livello di legislazione nazionale questo principio è ricavabile sia dalla
Costituzione, con gli articoli 2, 3, 13 e 32 che dal codice civile, all’articolo 5.
In secondo luogo ci sono dubbi su chi sia il proprietario del materiale asportato
e in che modo si sia acquisita la proprietà su di esso. Bisogna considerare che il materiale
contenuto nelle biobanche non è funzionalmente autonomo: è parte distaccata di un
corpo e non è più utilizzabile dal soggetto al cui organismo apparteneva. Però il bene
distaccato è legato alla persona da cui proviene perché contiene svariate informazioni
personali su di essa. Ci si chiede quindi a chi appartenga questo materiale e in che
modo abbia acquisito la proprietà su di esso. Ci sono più teorie in merito88:
1. Teoria della c.d. separazione.
I sostenitori di questa teoria ritengono che, al momento del distacco del tessuto dal
soggetto, quest’ultimo ne diventa immediatamente proprietario.
2. Teoria dell’occupazione.
Secondo questa teoria le parti staccate del corpo umano una volta separate godono
dello stesso status giuridico delle res nullius.
3. Teoria del parallelismo tra il diritto sulle parti staccate del corpo e il diritto sulle
opere dell’ingegno.
Traendo spunto da un’interpretazione estensiva dall’articolo 275689 c.c., si ritiene che
la parte prelevata sia una res originata per creazione - anche se con aiuto chirurgico –
da parte del soggetto, il quale ne deve quindi essere titolare.
4. Teoria dell’equivalenza tra parti staccate dal corpo e frutti naturali.
Le parti staccate del corpo provengono dal corpo dell’uomo a cui sono stati
prelevati con l’aiuto di un chirurgo.
In terzo luogo il materiale biologico rappresenta l’espressione materiale dei
dati e quindi materiali biologici e dati non sono separabili.
86 M. MACILOTTI, U. IZZO, G. PASCUZZI, M. BARBARESCHI, “La disciplina giuridica delle
biobanche”, in Pathologica, 2008, 86-101.
87 Questa è la posizione sostenuta dei giuseconomisti, ibidem.
88V. Ibidem per una trattazione più dettagliata sul punto.
89 L'articolo così recita: “I crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento
di beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni
o le spese.
Il provilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le
prestazioni o le spese sia stato in buona fede[..]”.
88
Jet Det - 2012
Infine ragioni giuseconomiche sconsigliano di allocare la proprietà dei
materiali biologici sia a coloro che hanno subito l’asportazione dei tessuti quanto ai
ricercatori. Come detto sopra i soggetti a cui è stato rimosso il campione biologico
non sono più in grado di utilizzarlo90, concentriamoci quindi sul perché non sia
conveniente attribuire la proprietà dei materiali biologici ai ricercatori. I motivi sono
3. Il primo è che i materiali in questione contengono dati sensibili riconducibili al
soggetto donatore-ex proprietario. Il secondo motivo invece consiste nella possibilità
che si crei un conflitto di interessi nel caso in cui i ricercatori fossero incaricati di
anonimizzare le informazioni riguardanti i materiali che poi dovranno analizzare
per le loro ricerche: i ricercatori sarebbero infatti in possesso sia delle informazioni
personali del donatore che in possesso dei dati o del materiale utilizzato per la ricerca.
In questo modo i ricercatori riuscirebbero a collegare i dati del campione o il campione
stesso in capo al soggetto da cui provengono e si verificherebbe una violazione della
privacy. L’ultimo motivo riguarda l’ente di ricerca perché questo potrebbe impedire
l’utilizzo del materiale biologico ai ricercatori esterni.
Alcuni autori91 suggeriscono che per risolvere il problema sia percorribile
una via alternativa, quella dei commons: il campione sarebbe quindi di proprietà della
collettività. Questi autori sostengono che, sebbene alcune linee guida suggeriscano
di ricorrere all’anonimizzazione del campione per risolvere la questione, portando
quindi all’applicazione delle disposizioni sulla circolazione dei dati genetici e al
trattamento dei dati anonimi come oggetti, questa non sarebbe la via migliore.
I sostenitori dei commons ritengono infatti che sarebbe meglio ricomprendere i
tessuti ceduti a scopo di ricerca nella categoria dei commons e quindi, al momento
della cessione a titolo gratuito da parte dei pazienti, i materiali biologici divengono
patrimonio dell’intera comunità, come detto poco sopra92. Al fine di attuare questo
sistema diviene necessaria la creazione di una struttura giuridica apposita, come le
biobanche pubbliche.
4.2 La privacy
La tutela della privacy per essere efficace deve essere il risultato del
bilanciamento di interessi tra il diritto alla riservatezza dell’individuo da cui
provengono le informazioni genetiche e i campioni biologici e la collettività, la quale
potrebbe ottenere dei benefici da informazioni complete sul campione analizzato per
90 Costituisce un'eccezione il caso di donazione del cordone ombelicale alle biobanche private per uso
autologo.
91 v. MACILOTTI et alia e DE ROBBIO.
92 v. nota supra.
Biobanche
89
le ricerche.
Sono numerosi i testi normativi internazionali che trattano il tema della
privacy e il loro contenuto non è univoco. Facciamo alcuni esempi.
L’articolo 8 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea93
del 2000 statuisce che rientra nel novero dei diritti fondamentali la protezione
dei dati personali. L’art. 1 della Dichiarazione Universale sul Genoma Umano e i
Diritti Umani UNESCO (1997) dichiara invece che il genoma umano è patrimonio
dell’umanità94. Sostengono quest’ultima posizione sia l’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) che l’Organizzazione sul Genoma Umano, le quali affermano che
l’informazione genetica è “familiare” perché il genoma è patrimonio della famiglia
e ne collega le generazioni proprio per questo deve essere possibile identificare
ogni campione. Queste poche norme mostrano che la materia deve bilanciare due
opposte esigenze. Da un lato vi sono le esigenze della collettività, interessata ad avere
informazioni di dominio pubblico utili alla scienza e alla salute in generale, e dall’altro
lato vi è il singolo soggetto, il quale vuole tutelata la propria sfera privata.
A livello interno le Linee Guida elaborate da Telethon e SIGU95 ritengono
sia dovere dei responsabili delle biobanche garantire la privacy, senza essere però
obbligati ad anonimizzare i campioni. L’intenzione è quella di poter rendere in
futuro disponibili ai familiari biologici i campioni per eventuali diagnosi e per
ricerche; in quest’ultimo caso il Comitato di Bioetica interno alla struttura dove si
trova la biobanca deve autorizzare l’uso del materiale biologico. E’ quindi essenziale la
codificazione dei campioni: essa deve essere effettuata nel rispetto sia della normativa
vigente che delle decisioni espresse dall’interessato tramite le procedure da espletare
per il consenso informato. La successiva identificazione dei campioni si articola su vari
livelli, convenzionalmente utilizzati per classificare i campioni:
«- Anonimi: sono campioni raccolti e subito identificati solo con un codice. I dati del
paziente non vengono registrati.
-Anonimizzati: i dati anagrafici del paziente vengono rimossi dopo l’attribuzione del
codice e successivamente non è più possibile alcun collegamento.
-Identificabile: sono campioni identificabili tramite un codice, noto solo al responsabile
della biobanca e ai suoi diretti collaboratori. […]-Identificazione completa: il
campione è identificabile da nome e indirizzo. Questa opzione è possibile solo su
esplicita richiesta dell’interessato ed in ogni caso ad esclusivo interesse personale e
familiare”»96 97.
93 UNIONE EUROPEA, Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, Nizza, 2000. Scaricabile
dal sito http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf.
94 Per una visione globale delle atti UNESCO sul tema v. http://web.ceu.hu/celab/unesco_ita.pdf.
95 Ibidem.
96 Ibidem.
97 Questa classificazione è rintracciabile anche nel lavoro di K.J. MASCHKE, Ibidem.
90
Jet Det - 2012
Quest’aspetto è trattato anche dalla Recommendation R(2006) 4 del
Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, riportando la stessa distinzione.
Sul punto è intervenuto anche il Garante della Privacy con l’Autorizzazione
al Trattamento dei dati genetici98. L’Autorizzazione prevede che quando le finalità di
trattamento e dei dati genetici non possono essere realizzate senza identificare, anche
temporaneamente, gli interessati il titolare deve adottare specifiche misure volte a
mantenere separati i dati identificativi già al momento della raccolta, a meno che ciò
non risulti impossibile a causa del tipo di trattamento o perché richiede un impiego di
mezzi sproporzionato.
4.3 Il consenso informato prestato dal donatore
Il consenso libero e informato da parte di coloro che partecipano alle
ricerche costituisce un principio etico fondamentale della ricerca sull’essere umano99
e va bilanciato con la necessità di facilitare la ricerca utilizzando campioni biologici
senza ostacoli organizzativi. Da quanto appena scritto è evidente sia che si tratta di
un concetto in continua evoluzione sia che, sebbene ci sia unanimità nel riconoscere
l’importanza di questo principio, le tecniche per applicarlo differiscono.
Nel nostro Paese i fondamenti etici del consenso informato sono enunciati
nell’articolo 32 comma 2 della Costituzione, nell’articolo 5 della Convenzione di
Oviedo (Convenzione che non è stata ancora ratificata dall’Italia), dall’articolo 38
del Codice di Deontologia Medica della Federazione Italiana Medici, dall’articolo 3
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea100. C’è inoltre una sentenza
della Corte costituzionale che è fondamentale in materia di consenso informato:
la sentenza 438 del 2008101. In questa sentenza vengono poste le basi del principio
del consenso informato in Italia ed è qui importante riportare il punto 4 delle
considerazioni in diritto: << il consenso informato, inteso quale espressione della
consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale
vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’art.
2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e
32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale
è inviolabile», e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento
sanitario se non per disposizione di legge»102.
98 G.U. 159 del 2011.
99 Così A. DE ROBBIO, ibidem.
100 Così le Linee Guida elaborate da Telethon e SIGU.
101 Consultabile sul sito www.cortecostituzionale.it.
102 Ibidem.
Biobanche
91
In Italia il consenso del donatore è soggetto ad una dettagliata normativa.
L’informativa da sottoporre al paziente deve infatti indicare103:
1. L’esplicitazione analitica di tutte le finalità perseguite;
2. I risultati che è possibile conseguire, anche in relazione alle notizie inattese che
possono essere conosciute trattando i dati genetici;
3. Il diritto dell’interessato di opporsi al trattamento dei dati genetici per motivi
legittimi;
4. La facoltà in capo all’interessato di limitare l’ambito di comunicazione dei dati
genetici;
5. La libera manifestazione del consenso e l’informazione che esso è revocabile in ogni
momento senza che questo pregiudichi o svantaggi l’interessato, a meno che i dati e i
campioni biologici non consentano più di identificare l’interessato;
6. Gli accorgimenti adottati per consentire l’identificabilità degli interessati soltanto
per il tempo necessario agli scopi della raccolta o del successivo trattamento;
7. L’eventualità che i dati e/o campioni biologici siano conservati e utilizzati per altri
scopi di ricerca scientifica e statistica, per quanto possibile adeguatamente specificati
anche con riguardo alle categorie di soggetti ai quali possono essere eventualmente
comunicati i dati oppure trasferiti i campioni;
8. Le modalità con cui gli interessati che ne facciano richiesta possono accedere alle
informazioni contenute nel progetto di ricerca;
9. Informazioni sui potenziali utilizzi futuri del materiale biologico, inclusi gli usi
commerciali dei risultati della ricerca, dei dati e dei campioni;
10. L’impossibilità per i soggetti di partecipare, su base individuale, agli eventuali
profitti derivanti dallo studio dei loro campioni104.
In caso di campioni prelevati a minorenni o infermi di mente, secondo la
Convenzione di Oviedo, che in Italia non è ancora stata ratificata, e il Codice di
Deontologia medica italiano, il consenso alla conservazione deve essere accordato dal
rappresentante legale. L’articolo 2 del d.lgs. 135 del 1999 statuisce che il consenso
può essere accordato da chi esercita legalmente la potestà105.
È necessario che a tutto questo si accompagni un adeguato consulto e,
secondo le Linee Guida elaborate da Telethon e SIGU, il soggetto che presta il
consenso ha anche il diritto di rivolgersi a altri per chiarire dubbi e acquisire altri dati.
Ci si chiede se il soggetto debba essere ricontattato ogni volta che il suo materiale
biologico debba essere utilizzato per un nuovo progetto di ricerca per il quale non ha
prestato il consenso o se sia sufficiente un consenso ad effettuare ricerche sul tessuto,
senza specificare che tipo di ricerche verranno condotte (c.d. consenso in bianco).
103
104
105
Ibidem.
V. MACILOTTI et alia, ibidem.
Così le Linee Guida elaborate da Telethon e SIGU.
92
Jet Det - 2012
L’autorizzazione al trattamento dei dati genetici del Garante per la
protezione dei dati personali il punto 6 dispone che <<i dati genetici possono essere
trattati e i campioni biologici utilizzati soltanto per gli scopi indicati nella presente
autorizzazione e rispetto ai quali la persona abbia manifestato previamente e per
iscritto il proprio consenso informato. In conformità all’art. 23 del Codice, il consenso
resta valido solo se l’interessato è libero da ogni condizionamento o coercizione e
resta revocabile liberamente in ogni momento. Nel caso in cui l’interessato revochi
il consenso al trattamento dei dati per scopi di ricerca, è distrutto anche il campione
biologico sempre che sia stato prelevato per tali scopi, salvo che, in origine o a seguito
di trattamento, il campione non possa più essere riferito ad una persona identificata
o identificabile [...]. Quando il trattamento è necessario per la salvaguardia della vita
e dell’incolumità fisica dell’interessato, e quest’ultimo non può prestare il proprio
consenso per impossibilità fisica, incapacità d’agire o incapacità di intendere o di volere,
il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo
congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della
struttura presso cui dimora l’interessato. Si applicano le disposizioni di cui all’art.
82 del Codice. L’opinione del minore, nella misura in cui lo consente la sua età e il
suo grado di maturità, è, ove possibile, presa in considerazione, restando preminente
in ogni caso l’interesse del minore. Negli altri casi di incapacità, il trattamento è
consentito se le finalità perseguite comportano un beneficio diretto per l’interessato e
la sua opinione è, ove possibile, presa in considerazione, restando preminente in ogni
caso l’interesse dell’incapace. I dati e i campioni biologici di persone che non possono
fornire il proprio consenso per incapacità, possono essere trattati per finalità di ricerca
scientifica che non comportino un beneficio diretto per i medesimi interessati qualora
ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni:
a) la ricerca è finalizzata al miglioramento della salute di altre persone appartenenti
allo stesso gruppo d’età o che soffrono della stessa patologia o che si trovano nelle
stesse condizioni e il programma di ricerca è oggetto di motivato parere favorevole del
competente comitato etico a livello territoriale;
b) una ricerca di analoga finalità non può essere realizzata mediante il trattamento di
dati riferiti a persone che possono prestare il proprio consenso;
c) il consenso al trattamento è acquisito da chi esercita legalmente la potestà, ovvero
da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal
responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato;
d) la ricerca non comporta rischi significativi per la dignità, i diritti e le libertà
fondamentali degli interessati. In tali casi, resta fermo quanto sopra previsto in
ordine all’esigenza di tenere in considerazione, ove possibile, l’opinione del minore
o dell’incapace.»106
106
Garante della privacy, Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici del 24 giugno
Biobanche
93
Parte della dottrina ritiene che ricontattare i pazienti per riottenere il
consenso ai fini di una nuova ricerca sia eccessivamente oneroso e parzialmente
inutile e quindi suggeriscono di ricorrere a forme di consenso più ampio, seguendo
la soluzione prospettata dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa R(2006)
4107. La Raccomandazione suggerisce di ricorrere al c.d. general o broad
consent. Ricorrendo a questo strumento la richiesta del consenso all’utilizzo
di materiale biologico per future ricerche deve essere formulata nel modo più
specifico possibile. Sono però necessari dei meccanismi di compensazione e
controllo esterni che possano tutelare il soggetto che ha espresso il proprio
consenso. La Raccomandazione stabilisce quindi che il progetto di ricerca
sia preventivamente approvato da un’autorità indipendente, compito che
nel nostro sistema spetta alla Commissione etica dell’ente presso il quale la
ricerca viene predisposta e successivamente alla biobanca. Il difetto di questo
sistema proposto dalla Raccomandazione è però quello di non prevedere alcun
meccanismo di coinvolgimento dei donatori nel governo della biobanca.
4.4 Proprietà intellettuale, brevettabilità dei campioni biologici e tutela delle banche
dati che conservano le informazioni genetiche ottenute dai campioni
Si tratta di un punto cruciale. Come evidenziato da Antonella De Robbio
“le informazioni intrinseche al campione possono essere la tipologia del campione, la
notazione sulla durata della conservazione del campione stesso, la valutazione della
sua qualità e quantità, in modo che possa essere usato al meglio, o ancora i riferimenti
alla rispondenza della gestione dei campioni biologici a un codice di comportamento
stabilito da organi aventi un ruolo consultivo o di supervisione […]. Sono tutte
informazioni o “dati” che, per la loro “genericità”, non sono coperti da diritti di
proprietà intellettuale […]. Siamo quindi entro un diritto sui generis proprio delle
banche dati, regolato dalle norme sulla proprietà intellettuale non di tipo brevettuale
ma entro il contesto definito di diritto d’autore”108.
La regola generale, tanto a livello nazionale quanto internazionale, è che gli
istituti che conservano i materiali biologici e hanno i database genetici esercitano il
controllo sugli stessi e sui diritti di proprietà intellettuale che ne derivano. Manca
in Italia una normativa specifica disciplinante la questione e le Linee Guida redatte
2011, reperibile in G.U. 159 dell'11 luglio 2011. Consultabile sul sito http://www.garanteprivacy.it/
web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1822650.
107 V. MACILOTTI ET ALIA, ibidem.
108 A. DE ROBBIO, ibidem.
94
Jet Det - 2012
da Telethon e SIGU ritengono in merito che sia indispensabile chiarire al donatore
che il materiale da lui donato non verrà mai sfruttato a fini di lucro diretto ma potrà
indirettamente dare origine a dei profitti economici. Se quest’evenienza si verificasse
né il donatore né il ricercatore godranno di alcun beneficio economico in merito
e il responsabile della biobanca genetica tutelerà l’interesse della comunità affinché
eventuali profitti economici siano investiti in future ricerche e in opere e servizi utili
per la collettività.
Alcuni scienziati propendono per una tutela di tipo brevettuale delle loro
ricerche ma questo, a livello di Unione Europea, non è più possibile per gli embrioni
umani a seguito della sentenza Brüstle del 18 ottobre 2011109.
Questa sentenza è interessante ai fini del nostro lavoro perché sancisce che
l’esclusione della brevettabilità relativa all’utilizzazione dei embrioni umani a fini
industriali e commerciali riguarda anche l’utilizzazione ai fini di ricerca scientifica e
solo l’utilizzazione per finalità terapeutiche o diagnostiche che si applica all’embrione
umano e sia utile per quest’ultimo può essere brevettabile110111. Inoltre (punto 3 dei
motivi della sentenza) un’invenzione non è brevettabile se l’insegnamento
tecnico oggetto della domanda di brevetto richiede la previa distruzione
di embrioni umani o la loro utilizzazione come materiale di partenza,
indipendentemente dallo stadio in cui esse hanno luogo.
Dopo questa sentenza si teme che il principio ivi sancito possa essere esteso
anche agli altri campioni umani e questo, secondo i ricercatori, potrebbe scoraggiare
la ricerca scientifica perché sarebbe difficile reperire i fondi, dato il rischio di non
ottenere alcun riscontro economico dalle proprie ricerche112.
5. Fonti nazionali [Francia, Spagna e Regno Unito]
E’ stato deciso di trattare tre differenti Stati europei per porre l’accento sulle differenti
modalità con cui i legislatori nazionali fanno fronte alle questioni di ricerca biomedica,
109 Corte di giustizia C-34/10.
110 Punto 2 dei motivi della sentenza.
111 V. sul punto, in questo volume, il lavoro di C. FUSARI.
112 Interessante in merito il lavoro di S. PATHMASIRI, M. DESCHENES, Y. JOLY, T. MREJEN,
F. HEMMINGS, B.M. KNOPPERS,” Intellectual property rights in publicly funded
biobanks: much ado about nothing? Should biobanks be involved in downstream intellectual property rights
developed from accessing materials contained in them, and to what extent?”, in Nature America, 2011, 319-323.
Biobanche
95
nonostante le direttive di riferimento europee e le fonti di soft law siano le stesse. Le
tre esperienze considerate sono rilevanti per i diversi approcci legislativi.
Si delineeranno i quadri normativi di Francia, Spagna e Regno Unito.
5.1 Francia
Riguardo la situazione francese esistono attualmente biobanche di medie e
piccole dimensioni, esse furono create a partire dagli anni ’90, con la creazione di una
delle maggiori strutture del Paese di questo genere, ovvero la Généthon DNA and Cell
Bank113, istituita nel 1990. Il suo principale obiettivo consiste nella promozione della
ricerca genetica, tutelando l’interesse dei pazienti e rendendo i risultati disponibili
alla comunità scientifica. In particolar modo essa si occupa della ricerca di rare
malattie genetiche. È importante sottolineare come le relazioni tra la biobanca e gli
utenti sia regolata da principi etici114, infatti è previsto un Comitato (struttura interna
alla biobanca in questione) con il compito di verificare tutti i progetti che prevedono
l’utilizzo del DNA e delle cellule in essa stoccate, nonché di preparare dei contratti,
specificando i diritti e gli obblighi in capo alle parti coinvolte (la biobanca e l’utente
privato richiedente).
Sempre nello stesso anno (1990) fu istituita la Biobanque de Picardie115, che
si occupa della conservazione dei campioni biologici, in particolare: tessuti cellulari,
DNA, RNA e plasma.
Entrambe le biobanche qui presentate seguono i dettami previsti dalle linee
guida dell’OCSE .
Poiché la normativa di riferimento diretta alle biobanche, come già detto, non
è molto ampia, è opportuno approfondire la legislazione applicabile alle collezioni di
materiale biologico umano, dalla loro rimozione al loro stoccaggio, inclusa la loro
trasformazione nonché distribuzione. A tal proposito il Décret n°1220 del 2007
risulta di fondamentale importanza, poiché ha introdotto nuovi articoli al Code
de la Santé Publique (CSP), che presenta una normativa alquanto particolareggiata
sul tema della raccolta nonché della ricerca su tessuti e cellule del corpo umano. Gli
articoli di riferimento sono quelli dal 1243 al 1245.
Detto ciò bisogna comunque ricordare che la legislazione sulla bioetica
113 http://www.genethon.fr
114 I principi etici sono ispiratori dell’ordinamento giuridico e rappresentano le linee guida dello
stesso, non vanno però confusi con le fonti normative qui trattate. Vedi infra sulla legislazione di bioetica
in Francia, ed in particolar modo sulla loi de bioéthique del 2004
115 http://www.biobanque-picardie.com/
96
Jet Det - 2012
comprende una fitta serie di leggi emanate dal 1994 ad oggi, in particolare su impulso
europeo116.
Le normative di riferimento, sono principalmente le tre leggi del 1994117 e la
ben nota, quanto discussa L.2004-800 sulla bioetica (quest’ultima è stata recentemente
modificata). Le leggi del 1994 vietano in modo categorico la sperimentazione su
embrioni umani, anche se con alcune deroghe, ovvero se la ricerca comporta vantaggi
per l’embrione stesso ed i genitori hanno espresso il proprio consenso. Il dibattito
per la modifica della normativa vigente (L.2004/800) è iniziato l’8 febbraio 2011 e
si è concluso il 23 giugno 2011 con la votazione definitiva da parte del Senato. La
nuova legge autorizza l’importazione, la conservazione e alcune ricerche sulle cellule
staminali embrionali, anche se con moltissime deroghe, contrariamente al disegno
di legge iniziale che mirava ad una legislazione più permissiva ed in linea con le
normative di Stati europei più all’avanguardia nel settore della ricerca biomedica118. I
test genetici sono autorizzati ma solo in circostanze eccezionali, come nel caso di gravi
malattie trasmissibili.
Uno degli argomenti che ha suscitato maggiore interesse, ma anche difficoltà
nell’adozione del testo in Aula riguarda l’interdizione, anche se con deroghe, alla
ricerca con embrioni umani e con cellule staminali prelevate da embrioni umani.
Ovviamente l’intento del legislatore era quello di incentivare la ricerca biomedica ed il
progredire delle tecniche terapeutiche, ciò nonostante le critiche alla nuova legge sono
state molte, sia da parte delle comunità scientifiche che da parte dei conservatori119. I
ricercatori non hanno apprezzato l’innovazione poiché è solo parziale e gli ambiti di
ricerca sembrano essere residuali, poiché la regola generale è ancora piuttosto rigida,
mentre i conservatori accusarono un’eccessiva liberalità della legislazione.
In aggiunta alla legislazione nazionale, un ruolo fondamentale di costante
monitoraggio della situazione bioetica è stato affidato agli Etats Généraux de la
bioéthique ed alla Mission Parlementaire d’information sur la révision des lois
de bioéthique120. Lo scopo era evidentemente quello di monitorare il continuo e
rapidissimo evolversi della situazione scientifica per poter emendare la legislazione di
bioetica, infatti il compito di tali organismi era anche quello di revisionare l’ampio
panorama legislativo sul settore. Oltre a ciò, è inoltre importante delineare il ruolo
116 Si veda la Dir.2004/23/CE per la “donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione,
la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani”.
117 L.94-548, L.94-653 e L.94-654.
118 Si prenda come riferimento il caso inglese e spagnolo, trattati in seguito.
119 I vescovi francesi, così come lo stesso Vaticano, criticarono il progetto fin dalla fase iniziale
(febbraio 2011), sostenendo ci fosse una violazione della dignità umana.
120 Gli Etats Généraux de la bioéthique fu istituita su impulso del Presidente della Repubblica e del
Ministro della Sanità, mentre Mission Parlementaire d'information sur la révision des lois de bioéthique
grazie al lavoro dei presidenti dell’Assemblea Nazionale e del Senato.
Biobanche
97
di ulteriori autorità dedite alla protezione dei dati personali nella ricerca medica. Tra
queste va certamente citato il CNIL (Commission nationale de l’informatique et des
libertés)121, responsabile per la supervisione dell’uso dei dati personali, inclusi i dati
biomedici utilizzati, o utilizzabili, per la ricerca. Esso si i occupa anche delle richieste
di utilizzo delle collezioni, decidendo se autorizzare o meno, i ricercatori ad accedere
ai dati personali sanitari della collezione stessa122.
Merita un approfondimento la questione riguardante la conservazione e
l’utilizzo del materiale biologico umano in rapporto alle diversità etniche; la legislazione
a riguardo è molto rigorosa ed ha lo scopo di prevenire la discriminazione razziale.
Le autorità sanitarie francesi incontrano grandi difficoltà nel reperire le informazioni
demografiche utili per valutare i campioni biologici raccolti. Di conseguenza proprio
le minoranze ne risultano discriminate, in quanto si rende difficile il reperimento di
campioni compatibili in biobanche francesi; si ottiene così l’effetto contrario a ciò cui
mirava la legislazione antirazziale123.
Diverso è il discorso per quanto riguarda la conservazione, nonché l’utilizzo
di cellule derivanti dal cordone ombelicale. In Francia sono previste esclusivamente
biobanche pubbliche per la conservazione allogenica ed infatti un ruolo
fondamentale è esercitato da una struttura nazionale, con il compito di coordinare
le attività di donazione e trapianti di organi, tessuti e cellule, si tratta della Agence de
la Biomédecine (ADB)124. L’ADB esercita un ruolo fondamentale per la creazione
di nuove biobanche. Altro discorso va fatto per le biobanche private, le proposte
legislative per la loro regolamentazione sono sempre molte ma incontrano una
costante opposizione.
Dal 2008 ad oggi si sono intensificate le proposte su tal settore. Il 29
settembre 2009 il deputato francese Damien Meslot ha depositato presso l’Assemblea
Nazionale una proposta per l’istituzione di banche commerciali per la conservazione
autologa, ma ancor una volta il progetto si arenò125. Il quadro normativo sulla raccolta
121 http://www.cnil.fr/
122 Altre strutture di riferimento sono: il Comitato per la protezione delle persone (CPPs), l’Agence
Française de Sécurité Sanitaires des Produitis de Santé (AFSSAPS), Comité Consultatif sur le Traitement
de l'Information en Matière de Recherche dans le Domaine de la Santé (CCTIRS), Conseil de l'Ordre
des Médecins, Comité Consultatif National d’Ethique (CCNE).
Per capire come intervengono le varie autorità, si veda a riguardo: http://ipts.jrc.ec.europa.eu/
publications/pub.cfm?id=3259.
123 Mesure de la diversité statistiques ethniques, égalité, des chances: les 10 reccomandations de
la CNIL pour mieux lutter contre les discriminations (16 maggio 2007). Il CNIL è la ‘Commission
Nationale de l’Informatique et des libertés’.
124 In precedenza il suo ruolo era ricoperto dall’Établissement Français des Greffes, fino al 10
maggio 2005.
125 Proposition de loi relative au prélèvement et à la conservation del cellules souches issues du sang
de cordon ombilical. Proposta n.1938, presentata all’Assemblea Nazionale del 29 settembre 2009
98
Jet Det - 2012
e la ricerca a partire da cellule e tessuti umani è tanto fitto quanto disorganizzato;
fortunatamente la legislazione francese prevede una serie di strumenti per disporre
revisioni periodiche, al passo con le innovazioni scientifiche.
5.2 Spagna
La LIB (Ley de Investigaciòn Biomédica), L.14 del 2007, promuove la
ricerca scientifica nel settore della biomedicina, in particolare essa promuove la ricerca
relativa alla salute umana, che può comportare procedimenti invasivi per il soggetto
coinvolto nelle sperimentazioni126.
Questa legge ha inoltre regolato la raccolta e la conservazione nonché il
trasferimento dei materiali biologici ed infine ha dettato la struttura, l’organizzazione
ed altri elementi residuali inerenti le biobanche.
La biobanca è stata definita come “la struttura pubblica o privata, senza scopo
di lucro, che raccoglie una collezione di campioni biologici con finalità diagnostiche
o di ricerca biomedica, ed è organizzata come un’entità tecnica dotata di criteri di
qualità, ordine e destinazione”127. La LIB traccia una tripartizione riguardante
possibili classi di collezioni, ognuna con un proprio status giuridico autonomo:
collezione di campioni per usi personali, collezione ordinata di campioni e biobanche
in senso stretto. Queste ultime sono quelle che costituiscono la categoria di maggior
interesse e possono essere istituite per due finalità: la prima, per scopi diagnostici e
terapeutici, la seconda per ricerca biomedica. È inoltre previsto, per la creazione di
una biobanca in senso stretto, che organizzazione, obiettivi e mezzi disponibili siano
rivolti ad un interesse biomedico128. Dopo l’istituzione della biobanca, è prevista la
sua registrazione presso l’Agenzia spagnola di protezione dei dati (Comité de Ética
de la Investigación)129 ed in particolar modo nel Registro nazionale di biobanche di
ricerca biomedica, il Ministero di Sanità dovrà certificare la natura e la portata della
collezione130, e saranno previste ispezioni periodiche presso le biobanche per garantire
126 Oltre alle sperimentazioni, nello specifico si fa riferimento anche alle donazioni e all’utilizzazione
di ovuli, spermatozoi, preembioni, embrioni, feti o tessuti fetali, a scopi di ricerca biomedica nonché di
applicazione clinica.
127 Art.3.1 lett. d – di conseguenza tale definizione include sia le biobanche già fondate, o che
possono orientarsi a fini di ricerca, ma anche archivi delle Unità Operative di Anatomia Patologica
(Morente M., Esteller M. “Investigación traslacional y biobancos”.
128 Art.63 titolante “Interesse scientifico”.
129 Questo Comitato, sostituisce i precedenti comitati di etica e ricerca clinica (CEIC).
130 Art.67.3 titolante “Registro Nazionale delle Biobanche”
Biobanche
99
il rispetto delle condizioni previste dalla legge131.
Delineate queste caratteristiche tecniche, occorre scendere nel dettaglio
dell’analisi della legge, poiché essa non regola solamente le biobanche dal punto di
vista organizzativo e strutturale, ma ha anche il pregio di garantire, assicurare nonché
incentivare la circolazione dei campioni. Infatti è possibile la cessione degli stessi
solamente a titolo gratuito e per scopi di ricerca biomedica132. Ogni progetto di
ricerca dovrà essere approvato dal punto di vista scientifico e la richiesta dei suddetti
campioni, dovrà essere accompagnata da tutte le informazioni tecniche sul progetto e
sull’impiego stesso dei materiali.
La LIB prevede che il paziente fonte del campione oggetto della ricerca
scientifica, sia preventivamente informato. Egli dovrà esprimere il proprio consenso
in forma scritta, poiché risulta di importanza fondamentale per consentire la
continuazione in modo uniforme della ricerca in questione133. È inoltre imprescindibile
il consenso, qualora il campione raccolto per un determinato fine, sia poi utilizzato
per un altro fine di ricerca, eccezionalmente infatti potranno essere utilizzati
campioni codificati o identificati a fini di ricerca biomedica, senza il consenso del
soggetto donatore, quando l’ottenimento del consenso sia impossibile o rappresenti
uno sforzo non ragionevole134. Detto ciò, però, il consenso previsto dalla LIB, che va
sempre assunto all’inizio della ricerca biomedica, è particolarmente ampio, lo scopo
evidentemente è quello di agevolare il progetto biomedico stesso.
Classificazione delle biobanche. L’attuale quadro normativo prevede
quattro differenti modelli organizzativi di biobanche: banche nazionali, biobanche
ospedaliere, reti di biobanche e biobanche in rete:
1.Banche Nazionali - In questa prima categoria rientrano il Banco Nacional de ADN
(BNADN) e il Banco Nacional de Lìneas Celulares. BNADN fu creata nel 2004 e
gestisce una piattaforma tecnologica di supporto alla ricerca genomica in Spagna. Si
occupa principalmente della raccolta di DNA, plasma e cellule di volontari, questi
campioni sono messi a disposizione della comunità scientifica spagnola ma anche
internazionale; lo scopo è ovviamente quello di favorire la ricerca sulla evoluzione
umana e sulle diversità genetiche nonché sul relativo impatto sulla salute e sulla
medicina. Tale biobanca rappresenta il modello di riferimento nazionale per la
raccolta, conservazione e stoccaggio di vari materiali biologici, in modo particolare di
DNA, poiché ha creato una struttura organizzata di campioni, rappresentativa della
popolazione sana residente in Spagna ed associata ad informazioni sulla salute, stile
131 Art.68 titolante “Ispezioni e misure di controllo”
132 Art.69.2 titolante “Ottenimento e cessione dei campioni”
133 Art.58 titolante “Ottenimento dei campioni”, prevede che il soggetto debba essere informato
sull’utilizzo che verrà fatto del campione da esso prelevato, nonché delle conseguenze e dei rischi per la
sua salute.
134 Art.3 titolante “Definizioni”.
100
Jet Det - 2012
di vita ed abitudini.
La seconda delle banche nazionali di riferimento, ovvero il Banco Nacional de Lìneas
Celulares135, è una struttura organizzata in rete che garantisce su tutto il territorio
spagnolo la disponibilità di linee cellulari provenienti da staminali embrionali e
adulte, per fini di ricerca biomedica.
2.Biobanche ospedaliere - Sono le biobanche più diffuse in tutta la Spagna, e l’esempio
tipico è quello della Biobanca dell’Ospedale clinico dell’Institut d’Investigacion
Biomèdiques August Pi i Sunyer di Barcellona (IDIBAPS)136, questa biobanca
colleziona principalmente DNA, siero e plasma. Il DNA è utilizzato per studi genetici
su larga scala, mentre il siero ed il plasma vengono utilizzati per la determinazione
dei profili proteici e metabolici. Questa biobanca offre assistenza tecnica a tutti i
ricercatori che necessitano di tali materiali, garantendo così la continuità della ricerca
biomedica anche oltre i confini nazionali.
3.Reti di Biobanche - La prima struttura di tal genere, fu creata appena undici anni
fa, infatti nel 2001, nacque l’Instituto Nacional del Càncer, allo scopo di promuovere
delle ricerche a livello nazionale che coinvolgessero il maggior numero possibile di
ricercatori, nonché di istituti sanitari.
Nel 2003, invece, vi è la nascita della Red Temàtica de Investigaciòn Cooperativa
en Càncer (RTICC), tale collaborazione si rese forte ed autorevole grazie ad una
partecipazione massiccia di istituti di ricerca, ognuno facente riferimento a diverse
strutture ospedaliere137.
La cooperazione rappresenta la chiave di svolta dell’intera rete, poiché si mira a
promuovere, nello specifico, le banche tumorali, facendo defluire i singoli risultati
delle ricerche in un network comune. Lo scopo della rete è quello di formulare delle
procedure tecniche omogenee e di basarsi su requisiti tecnici condivisi, sulla base di
un coordinamento centralizzato. È bene precisare che sia le biobanche che i tessuti
restano di pertinenza dei singoli ospedali.
4.Biobanche in Rete - La Biobanca Basca (Fundación Vasca de Innovación e
Investigación Sanitarias / B+I+O eusko fundazioa – BIOEF) di ricerca è una
struttura promossa dal Dipartimento di Sanità della Comunità Autonoma del
Paese Basco. Si tratta del modello spagnolo più rilevante di biobanca in rete, creata
con l’ausilio di strutture sanitarie e di ricerca. Infatti, permettendo la raccolta e la
conservazione dei campioni presso gli istituti ospedalieri aderenti, e non all’interno di
una struttura unicamente definibile come biobanca, ogni ospedale può dirsi parte di
135 Creata con il Decreto Reale n.2132 del 2004 – essa aderisce a Convenzioni e Trattati
internazionali sottoascritti dalla Spagna in ambito biomedico.
136 L’IDIBAPS è uno dei centri di riferimento per una vasta area europea, infatti la Regione della
Catalogna, così come la Spagna e l’intera Europa Meridionale, fanno riferimento ad essa.
137 Le istituzioni coinvolte all’inizio del progetto furono 23, le quali facevano riferimento a 40
strutture ospedaliere.
Biobanche
101
questa. Ogni struttura è indipendente ma lavora in modo coordinato e le stesse risorse
sono condivise tramite una piattaforma informatica.
A tale meccanismo di condivisione partecipano enti e società specializzati
in diversi settori d’intervento. Tutto ciò favorisce la condivisione e la collaborazione
medica nonché universitaria, dunque la sua rilevanza è notevole poiché mette
a confronto strutture di ricerca con pazienti e personale sanitario. Le raccolte
riguardano intere collezioni di materiali biologici di vario tipo, da ciò è facilmente
comprensibile come il legame territoriale sia molto forte. Al fine di incentivare la
collaborazione tramite la rete, il medesimo ente finanzia e supporta le ricerche dei
medici degli istituti sanitari aderenti al network, fornendo i campioni raccolti e i dati
aggiornati.
Altro discorso va fatto per le biobanche cordonali. Il tema ha sempre suscitato
grande interesse e acceso dibattito, ma la vera e propria polemica nazionale che fece
emergere il problema, risale al 2006 quando il principe ereditario Felipe e la sua consorte
Letizia, depositarono il sangue della primogenita Leonor negli Stati Uniti138. Da ciò si
arrivò alla promulgazione del Regio Decreto 1301 del 10 Novembre del 2006, il quale
consentì la conservazione autologa. Tale atto prevede che tutto il sangue cordonale
conservato in Spagna, venga elencato nel Registro Spagnolo dei Donatori di Midollo
Osseo139. A fianco del Registro, va inoltre ricordata l’Organizzazione Nazionale dei
Trapianti, la quale coordina le banche di sangue, la raccolta e la conservazione di
midollo e di sangue cordonale. È possibile utilizzare il sangue cordonale depositato
da parte di ogni paziente, anche se il campione non gli appartiene. È comunque
previsto il rimborso alla famiglia dalla quale proviene il campione utilizzato, per le
spese affrontate per la conservazione dello stesso140.
La prima banca di sangue cordonale spagnola indipendente (costituita dopo
l’entrata in vigore del Regio Decreto del 2006), è la VidaCord, la quale consente la
conservazione in 3 possibili collocazioni: Alcalà de Henares (nei pressi di Madrid),
Nottigham (tramite la Future Health Technology) oppure a Cracovia (presso la
Polish Stem Cell Bank)141.
138 Presso la società CordBlood Registry.
139 CARLO PETRINI. Workshop “Le banche di cordone ombelicale” Pontificia Accademia Pro
Vita, 25 febbraio 2011.
140 Il testo del Regio Decreto è alquanto innovativo, ciò nonostante molte famiglie spagnole,
propense per la conservazione autologa, esportarono ugualmente all’estero il cordone ombelicale. Il
timore generale era ovviamente quello per cui il campione depositato potesse essere utilizzato da ogni
paziente ne avesse bisogno, vanificando così lo scopo stesso della conservazione autologa (che diventa
in questo modo allogenica). Lo stesso Principe Felipe nel 2007, trasportò il sangue cordonale del
secondogenito in Germania.
141 Si tratta di una società privata fondata da Ángel Álvarez, biologo imprenditore che per molti
anni inseguì il sogno di creare una banca privata spagnola per la conservazione del sangue cordonale
ombelicale per scopi autologi.
102
Jet Det - 2012
5.3 Regno Unito
Il panorama delle biobanche nel Regno Unito è decisamente molto
complesso e frastagliato. Considerando unicamente quelle coinvolte più strettamente
nel mondo della biomedicina142, sono presenti sia biobanche pubbliche e biobanche
private143; vi sono biobanche c.d. no-profit (che per l’esattezza sono tre: la British
Bone Marrow Registry, la Bone Marrow Donors Worldwide Registry per le ricerche
internazionali e The Anthony Nolan Trust, biobanca cordonale organizzata da un
privato (Shirley Nolan) per trovare un donatore compatibile con suo figlio, esiste poi
anche una quarta biobanca no-profit operante nel Regno Unito che è la biobanca
scozzese, la quale però non è ancora operativa)144, a cui si affiancano le biobanche
che mirano a conseguire un profitto con i servizi erogati verso i clienti145; ancora, nel
Regno Unito emergono anche le biobanche di ricerca, tra cui emerge per importanza
e mole di campioni detenuti la UK Biobanking.
Concentrandosi sulla disciplina inglese inerente alle biobanche, questa vede
affiancarsi molteplici fonti tra cui spiccano per importanza lo Human Tissue Act del
2004146 e il Data Protection Act del 1998147. A queste si affiancano le fonti di soft
142 Volendo essere precisi, il termine biobanche può far riferimento anche ad altri tipi slegati, più
o meno, dalla biomedicina. Un esempio sono le c.d. biobanche criminali, delle quali è bene ricordare
l’NDNAD, biobanca inglese famosa per la mole di campioni di tessuti e DNA di tutti coloro che hanno
compiuto reati nel Regno Unito, e che sono ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica.
143 Tale suddivisione è utile più per capire la natura delle biobanche inglesi che per evidenziare
una vera e propria differenza. Entrambe sono vincolate a quanto stabilito dalle norme inglesi in tema di
biobanche, proprietà intellettuale, trattamento dei dati personali e, infine, entrambe possono o meno
ricavare profitto dai servizi erogati.
144 È bene anticipare che la Scozia segue una disciplina differente rispetto a Inghilterra, Galles ed
Irlanda del Nord. In tema di donazioni, trapianti nonché di biobanche, la Scozia Applica lo Human
Tissue Scotland Act del 2006 invece che lo Human Tissue Act del 2004.
145 Sulle biobanche private che perseguono fini lucrativi, è bene precisare come lucrare sul corpo
umano sia vietato non solo dai Trattati Europei, ma anche dalle leggi inglesi. Il profitto infatti è generato
dal servizio erogato tra cui, ad esempio, la conservazione e lo stoccaggio all’interno dell’istituto stesso.
146 Lo Human Tissue Act del 2004 si occupa dell’intera disciplina inerente alla donazione, gestione,
organizzazione, utilizzo di materiale umano. Ha sostituito lo Human Tissue Act del 1961, l’Anatomy Act
del 1984 e lo Human Organ Transplants Act del 1989, nonché costituito la Human Tissue Authority.
147 Nasce nel 1998 andando a soppiantare il Data Protection Act del 1984, ritenuto inadeguato
e lacunoso tanto da essere stato oggetto di innumerevoli modifiche fino all’arrivo dell’odierna legge
sulla protezione dei dati personali. L’atto, ad ogni modo, si rese necessario col venire in essere della Dir.
1995/46/CE di cui già si è trattato nella parte europea, che obbligava gli Stati a conformarsi entro 3 anni
ai principi comuni come diritto del singolo di opporsi al trattamento dei dati che lo riguardano, lealtà e
liceità del trattamento medesimo, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, istituzione
di appositi organismi indipendenti per la vigilanza sulla correttezza e rispetto della direttiva, ha reso
necessario, per l'ordinamento giuridico inglese, la stesura di una legge che facesse propri i principi della
direttiva. Biobanche
103
law, vale a dire pareri e raccomandazioni richieste dal Governo a determinati enti,
tra i quali è bene citare lo Human Genetic Council e il British Medical Association;
è bene precisare come queste fonti rivestano un ruolo primario nella disciplina delle
biobanche, questo perché sia lo Human Tissue Act, sia il Data Protection Act non
hanno nelle biobanche l’oggetto principale del loro testo normativo, inoltre tali
pareri sono stati molto seguiti per la loro autorevolezza. Il panorama non può dirsi
completo se, oltre alle fonti citate, non si evidenziassero i 9 Codes of Practice148
derivanti dallo Human Tissue Act e posti in essere dalla Human Tissue Authority,
autorità indipendente nata ufficialmente il 1 Aprile del 2005 che regola la rimozione,
stoccaggio, uso e utilizzo dei corpi umani, tessuti, organi, cellule per scopi di ricerca,
trapianto, educazione e pratica. Inoltre, si occupa di concedere le licenze alle
biobanche al fine di operare il Regno Unito (con l’eccezione della Scozia che segue la
sua particolare disciplina)149.
Le fonti di cui sopra, vanno considerate singolarmente, cercando di porre in
evidenza la disciplina che più inerisce il tema trattato.
La prima fonte ad essere esaminata è il Data Protection Act del 1998.
Quest’atto, è importante per la definizione che si viene a dare di dati sensibili150,
stabilendo che essi riguardano l’origine razziale o etnica del soggetto interessato, i
suoi pareri politici, la sua credenza religiosa o l’altra credenza di natura simile, se è
un membro di un sindacato, la sua salute o stato fisico o mentale, la sua vita sessuale,
la commissione o commissione presunta di qualsiasi reato, qualsiasi dato relativo ad
illeciti commessi o dichiarati.
All’art. 4 del Data Protection Act del 1998, si fa un riferimento a quanto
previsto nella Schedule 1 Part I, nella quale vengono stabiliti i principi cardine finalizzati
al trattamento dei dati personali151. È previsto come tutti gli utilizzatori di dati
devono aderirvi incondizionatamente; inoltre tali principi vengono dettagliatamente
148 In tutto esistono 9 Codes of Practice. Alcuni di questi sono stati rivisitati rispetto ai precedenti
e sono entrati in vigore il 15 Settembre 2009 (per l’esattezza quelli rivisti sono 7 su 9).
149 È un organo indipendente che sostituisce direttamente la Unrelated Transplant Regulatory
Authority (ULTRA) e l’HM Inspector of Anatomy, assorbendone le funzioni. Opera sotto l’egida, e nel
rispetto, delle direttive UE per i tessuti e le cellule (Dir.2004/23/CE).
150 Art.2 Data Protection Act del 1998.
151 I principi previsti sono in tutto 8: 1.I dati personali saranno trattati in modo corretto e lecito;
2.I dati personali vanno ottenuti per scopi determinati e legittimi e non devono essere utilizzati se non
per questi; 3.I dati personali devono essere adeguati in relazione all’obiettivo da conseguire; 4.Devono
essere accurati; 5.I dati personali non sono conservati oltre i tempi necessari per conseguire le finalità
per cui sono stati forniti; 6.Vanno utilizzati in accordo con quanto previsto dal diritto e da questo Atto;
7.Si devono porre in essere misure tecniche appropriate per evitare pregiudizi all’individuo fonte come
lo smarrimento dei suoi dati personali; 8.Il trasferimento di questi dati al di fuori della CEE (siamo nel
1998) è vietato salvo che i Paesi in questione non abbiano una legge adeguata in tema di rispetto e tutela
dei dati personali.
104
Jet Det - 2012
specificati, interpretati e adeguati nel corso del tempo dal “Garante”152, inoltre sono
previste sanzioni penali per omissione degli stessi. Tuttavia, è bene precisare come tali
principi non si applicano nei casi relativi alla sicurezza nazionale, la prevenzione o la
repressione del crimine, la valutazione o determinazione della tassazione nazionale e
per gli scopi specifici dell’amministrazione statale.
Considerandoli nello specifico, fra questi emerge chiaramente il primo
principio, base per la protezione di dati personali della legge sulla privacy inglese, il
quale consiste nel trattare tali dati in modo corretto e lecito. È nella Part II della
Schedule 1, che si chiarisce e spiega il significato di questo principio153: la raccolta
ed elaborazione dei dati potrà dirsi lecita solo quando la persona dalla quale i dati si
riferiscono non sia stata fuorviata circa gli scopi del trattamento. Dall’altra parte, si
vedrà rispettato il dovere di correttezza quando i dati vengono trattati per gli scopi
per i quali sono stati raccolti, in modo che un eventuale mutamento del tipo di
trattamento venga autorizzato con il consenso esplicito dall’interessato154. Il settimo
principio prevede come si debba garantire la sicurezza dei dati personali, concernente
con l’adottare misure adatte per assicurare una corretta elaborazione dei seguenti.
L’obiettivo è quindi che non si verifichino eventuali trattamenti non autorizzati o che
il materiale venga smarrito o rubato155.
L’ottavo principio inerisce al divieto di trasmissione dei dati personali al di
fuori della Comunità Economica Europea. Come già specificato, si fa riferimento al
1998. Tuttavia a questa regola generale, è prevista una deroga all’interno del medesimo
principio; essa si riferisce a quei paesi che hanno legislazione sufficientemente garantista
per la protezione di dati personali secondo gli standard della Data Protection Act
(come per esempio la Svizzera) e quando ci sia il consenso all’esportazione effettuato
dall’interessato. Il motivo dell’ottavo principio è intuibile e, si fa riferimento ai
Paesi extraeuropei, in virtù della presenza della Dir.95/46/CE che già disponeva sul
trattamento dei dati personali.
Come si può intuire, a questi principi sono correlati dei diritti attribuiti al
soggetto fonte dei dati personali: oltre al già citato consenso (riferito al primo ed al
152 Nel Data Protection Act, Schedule 5, viene prevista un’autorità chiamata Data Protection
Commissioner.
153 E non solo del primo, anche gli altri sono precisati e spiegati nella medesima parte del Data
Protection Act.
154 Il discorso relativo al consenso, riprende in particolar modo il secondo principio, dove si precisa
come il trattamento dei dati personali debba essere destinato solo ed esclusivamente per gli scopi e le
finalità previste al momento in cui si è stati autorizzati dal soggetto fonte all’uso di questi. La questione
del consenso è decisamente molto rilevante nel Regno Unito, non è un caso che, dal punto di vista dei
dati genetici, venga ripreso nel Code of Practice 1 e nell’Encore Project, al fine di precisarne e migliorarne
il contenuto.
155 A tal fine, spetterà al Data Protection Commissioner il compito di predisporre opportuni
provvedimenti di specificazione dei principi posti nel Data Protection Act.
Biobanche
105
secondo principio in particolar modo), ci si riferisce anche al dovere di informazione
a proposito delle ricerche condotte e sui responsabili di queste, in virtù dell’utilizzo
dei dati personali propri; il richiedere una copia dei dati medesimi; l’ impedire il
trattamento e/o la conservazione dei propri dati personali quando sussiste il pericolo
di pregiudizi a questa persona; l’esercitare opposizione al trattamento di dati condotto
per scopi non conformi a quanto stabilito nella dichiarazione di consenso e, infine,
chiedere la rimozione o la correzione di dati inesatti o utilizzati illegalmente.
Al tempo stesso il Data Protection Act stabilisce gli obblighi che l’utilizzatore dei dati
deve necessariamente osservare per un corretto trattamento dei dati personali e per
non incorrere nelle sanzioni penali che la legge stabilisce a protezione della disciplina
della privacy156.
A fianco del Data Protection Act, è da porre in evidenza, come già detto, lo
Human Tissue Act del 2004. L’importanza di questo Atto, per quanto riguarda le
biobanche emerge per il fatto che: queste rientrano all’interno delle sue previsioni, la
Human Tissue Authority si occupa anche della vigilanza e del controllo sulle biobanche
e, infine, per quanto riguarda nello specifico il trattamento dei dati personali, l’accesso
ai medesimi, il consenso e la sua revocazione e il diritto all’informazione, si prende
come riferimento quanto previsto nei Codes of Practice.
A queste fonti appena viste, si affiancano quelle di “soft law”, le quali, come
precedentemente scritto, sono spesso commissionate dal Governo al fine di formare un
orientamento più specifico e chiaro sul tema biobanche. Si prenda in considerazione
quanto rilevato dalla Human Genetic Commission (HGC) nella ricerca denominata
“Balancing interests in the use of personal genetic data” del Maggio 2002157, la quale
ha come obiettivo il porre in essere un’analisi atta a portare avanti e favorire la ricerca
e lo sviluppo sui dati genetici, con un occhio di riguardo però alla sicurezza dei dati
stessi.
Punto focale è proprio il trattamento dei dati, A questo riguardo l’HGC
individua 4 principi che devono sorreggere la materia:
1.Principio della privacy: ognuno ha diritto alla sua privacy e in assenza di
giustificazioni morali valide, nessuno dovrebbe essere obbligato a rivelare le proprie
informazioni genetiche.
2.Principio del consenso: le informazioni private genetiche di una persona non
dovrebbero essere ottenute, comunicate, trattenute senza il consenso informato della
stessa.
156 L’utilizzatore dovrà quindi fornire i dati che lo riguardano, una descrizione generale delle misure
di sicurezza adottate, comunicare le eventuali modifiche che dovessero intervenire successivamente e,
infine, aderire ad un codice di comportamento sull'elaborazione dei dati. Per ulteriori specificazioni si
veda a riguardo quanto previsto dal Data Protection Commissioner.
157 Tale report, individua come il problema sulla ricerca e sui dati genetici stia sia in questioni etiche,
sia in questioni di protezione dei dati personali che verranno utilizzati a tali scopi.
106
Jet Det - 2012
3.Principio della confidenzialità: le informazioni private genetiche di una persona
dovrebbero essere trattate in maniera confidenziale senza rivelarle a terzi senza
consenso salvo gravi motivi.
4.Principio di non discriminazione: nessuno dovrebbe venir discriminato in base alle
proprie caratteristiche generiche.
Al fine di rispettare questi principi, certamente la situazione preferibile è
l’anonimato dei campioni (è bene precisare che, tuttavia, la natura stessa del DNA,
non consente di ottenere una perfetta anonimità158).
L’HGC indica come sarà necessario l’ottenimento del consenso dei
partecipanti159. La regola generale che emerge prevede quindi che: se i dati utilizzati
per la ricerca sono anonimizzati, si avrà un consenso generale, d’altro canto, se i dati
non sono anonimi si avrà un consenso specifico160. Infine, per qualunque diversità
da quanto predisposto nella ricerca iniziale, la regola generale rimane comunque la
richiesta del consenso, specifico e certo al soggetto fonte dei dati genetici.
Altro questione verte sull’esporre, ai partecipanti alla ricerca l’esistenza di
interessi di carattere commerciale per quanto concerne la stessa, al fine di evitare
strumentalizzazioni o prese di posizione lesive in contrasto col progetto161.
Da quanto rileva l’HGC, si è convinti che una ricerca etica nonché realmente
utile alle persone, sia più facilmente condotta da quelli istituti, quelle biobanche
di popolazione, che operano su larga scala e che, supportate da fondi pubblici,
costituiscono un asset strategico per implementare ulteriori ricerche e come base per
tutti quei ricercatori che necessitassero di una base buona al fine di condurre al meglio
i propri progetti.
158 Dal punto di vista biologico, analizzando il DNA, e focalizzandosi sui dati genetici ivi contenuti,
si possono ricavare sempre moltissime informazioni sulla persona donatrice. Ad esempio, ponendo il
caso che il DNA del donatore sia stato inserito in una biobanca criminale, certamente l’uso del campione
in questione porterà il ricercatore o l’utilizzatore a conoscere alcuni dati personali del donatore
indipendentemente dal consenso di costui.
159 Sicuramente questo discorso è valevole per il consenso iniziale, tuttavia l’HGC rileva come un
consenso continuato sia lesivo della ricerca e decisamente intrusivo, per quanto rispettoso dei principi
elencati, si rileva in particolare la difficoltà di riceverlo da quei soggetti che, per questioni personali
(luogo di residenza, lavoro, altro), non sono facilmente rintracciabili dai ricercatori.
160 Il problema del consenso è decisamente molto sentito. L’Health and Social Care Act del 2001
dà diritto alla Segreteria di Stato di autorizzare l’uso di informazioni sui pazienti, a scopo di ricerca,
senza la richiesta specifica del consenso (ulteriore, s’intende, a quello generale prestato ad inizio ricerca).
Ad ogni modo questa è solo un’eccezione, per quanto significativa, al principio del consenso e della
confidenzialità.
161 L’HGC non si esprime sul dovere del Governo inglese di introdurre norme di carattere etico per
regolare queste ricerche e mettere, senza lederle, un freno agli utilizzi per scopi commerciali delle ricerche
stesse. La Commissione raccomanda, in ogni caso, che si pervenga all’incoraggiamento di rilevanti
ricerche da condurre da parte di istituzioni, enti specifici di ricerca connessi allo Stato, al fine di garantire
più facilmente principi di eticità sui progetti stessi.
Biobanche
107
L’HGC ritiene che tali progetti (come la UK Biobank) dovrebbero essere
implementati e maggiormente sostenuti, in quanto eccellenze e risorse notevoli per il
Paese e i suoi cittadini.
Opportuno, a questo punto, è trattare della UK Biobank, sempre ricompreso
nelle fonti di soft law, è importante analizzare un documento dell’Ethic Governance
Council (EGC) in proposito alla UK Biobank162, titolato “Access to the UK Biobank
resource: Advising on the public interest and the public good” e datato 17 Febbraio
2009163.
Dai due report, si evidenzia il ruolo dell’EGC come strumento di protezione
dei valori e dei principi base che sorreggono la comunità, anche dal punto di vista
scientifico, come ad esempio la protezione dei dati genetici ed il loro utilizzo a scopi
utili, questo è visto come un bene pubblico oltre che rientrare nel pubblico interesse164.
Il consenso e la fiducia sono visti come beni pubblici e, l’EGC enfatizza ambo i punti
come elementi di pubblico interesse necessari al fine di implementare e completare le
ricerche.
Sostanzialmente, sia il consenso che la fiducia devono essere utilizzati per
dipanare eventuali dubbi sugli scopi che le ricerche, condotte da coloro che utilizzano
la UK Biobank, non coinvolgono unicamente un interesse di carattere economico. Si
deve invece porre l’accento sugli eventuali risvolti nel sociale, senza però precluder la
collaborazione con le imprese165.
Per quanto riguarda la pubblica sicurezza dell’informazione, questa si basa
sugli strumenti dell’anonimato e del consenso. La gestione dei dati genetici viene
controllata dall’EGC con un report, inviato dalla UK Biobank, inerente alla sua
organizzazione e al suo modus operandi166.
Sulla proprietà intellettuale, il documento rileva l’importanza che l’UK
Biobank sviluppi una chiara, trasparente, robusta e ragionevole via d’accesso alle
162 Concilio di Etica e governance si occupa di monitorare e controllare l’operato del management
della UK Biobank, delle ricerche, si occupa della protezione degli interessati e della promozione del
pubblico interesse.
163 Nel documento, l’EGC ha chiesto di porre in essere 2 paper sul suo duplice ruolo di bene
pubblico e di tenere in considerazione il pubblico interesse correlato alla UK Biobank.
164 Sull’operato dell’EGC cosa deve risultare:
1. Trasparenza
2. Articolare le ragioni ed i motivi che orientano una scelta prima di una decisione
3. Articolare il valore dell’informazione
4. Articolare come casi scientifici ed esigenze di tal genere possano orientare le scelte dell’UK Biobank
5. Porre in essere meccanismi di responsabilità
165 Ricordiamo poi, a proposito di questo, che la UK Biobank dà rilevanza notevole allo Human
Right Act del 1998, nel quale è previsto comunicazione e dialogo fra istituto e paziente/cliente.
166 Così facendo, l’EGC conferma come la sicurezza delle informazioni e dei campioni dell’UK
Biobank, sia compito suo.
108
Jet Det - 2012
informazioni genetiche, nonché una politica di proprietà intellettuale, tale che
sia costruita al fine di proteggere gli interessi dei partecipanti, dei beneficiari e
sia sufficientemente dettagliata e chiara al fine di non eliminare una delle regole
fondamentali della legislazione inglese, ovvero che la proprietà di questi beni, in
quanto promana dall’individuo che li dona, rimane all’individuo stesso e non viene
trasferita né alla biobanca né ai ricercatori stessi.
Infine, trattando dell’accesso ai dati, è bene chiarire cosa e come ci si debba
comportare per l’accesso di dati da parte di ricercatori esteri. È importante che
l’UK Biobank preveda un meccanismo di informazione allo scopo di concedere o
negare l’accesso ai database167. Questo ovviamente non deve ledere la collaborazione
internazionale, vista come una priorità per l’UK Biobank; questa è utile per
massimizzare i progetti scientifici delle ricerche condotte tramite l’UK Biobank.
A questo proposito si ritiene necessario un supporto da parte del Governo a tali
procedure e collaborazioni, in quanto si incentiverebbe decisamente la cooperazione
internazionale168.
Conclusioni
Dall’analisi effettuata, si evince che è indispensabile, al fine di conseguire gli
obiettivi delle biobanche, vale a dire agevole accesso dei dati e, soprattutto, progresso
scientifico, armonizzare la disciplina vigente nell’Unione Europea, in modo da
garantire una disciplina omogenea fra tutti gli Stati che ne sono membri. Solo in questo
modo si potranno sfruttare pienamente le potenzialità delle biobanche, potenzialità
che attualmente riguardano in particolar modo la medicina personalizzata e il
progresso della ricerca in ambito biomedico e non solo.
Allargando il campo, si nota che anche in ambito internazionale, vi è una
mancanza di chiarezza e coerenza tra le fonti inerenti il fenomeno delle biobanche.
La conseguenza di questo modus operandi è che non vi è uniformità di disposizioni e
ogni Stato, in virtù del proprio percorso storico e giuridico, regola la disciplina delle
biobanche in modo diverso creando parecchi problemi, come abbiamo dimostrato
con questo lavoro.
I prossimi anni saranno cruciali per le tematiche affrontate in questo lavoro,
e quindi non solo sulle biobanche strictu sensu, bensì anche sulle questioni che
167 Dai report infatti emerge come l’accesso consentito a qualunque ricercatore in ambito
internazione potrebbe causare disagi ai partecipanti stessi, è bene quindi provi rimedio introducendo,
cosa di cui l’EGC dovrà occuparsi, regole serie su questo versante.
168 Si pensi al Pubblico Progetto di Popolazione sulla Genomica di cui la UK Biobank fa parte.
Biobanche
109
completano la panoramica del fenomeno. Il problema è più urgente di quanto si possa
pensare: stanno infatti proliferando in tutto il mondo biobanche private le quali, in
assenza di una regolamentazione di riferimento, si trovano nella posizione di poter
alterare i principi nonché le linee guida dettate da organismi riconosciuti o soggetti al
controllo pubblico che devono essere rispettate dalle biobanche pubbliche per poter
funzionare e permettere la ricerca.
Un altro problema sempre più impellente riguarda la disuguaglianza che si
già sta instaurando a livello globale fra Stati sviluppati e Paesi sottosviluppati o in via
di sviluppo. L’assenza di una regolamentazione univoca e internazionale può favorire
la migrazione dei campioni biologici , come anche il loro prelievo e conservazione in
Paesi emergenti, dove le normative sono meno severe e può risultare più facile trovare
soggetti che, per poco denaro, si rendono disponibili a fornire parti del proprio corpo.
Un’ipotesi come questa non è improbabile, basti pensare a quanto accade in India con
le madri surrogate. Nel subcontinente indiano è infatti frequente che giovani donne,
a fronte di un pagamento sovente insignificante in relazione a ciò per cui “si prestano”,
portano in grembo figli altrui senza aver alcun diritto sul bambino e senza alcun tipo
d’informativa in merito, in quanto analfabete e firmatarie di un contratto che non
sono in grado di leggere o addirittura sottoscrivere, tant’è che si ricorre infatti alla
firma tramite l’impronta digitale; inoltre queste donne, pur di guadagnare qualcosa,
spesso “affittano il loro utero” più volte non essendovi alcun limite in India per questo
tipo di procedimenti169170.
Questa discriminazione, quindi, favorirebbe commerci eticamente scorretti,
nonché forme di ricerca vietate.
La causa di tutto questo è rintracciabile nella mancanza di accesso alle
informazioni da parte di queste popolazioni e dalle lacune legislative presenti in
questi Paesi.
Ancora una volta occorre sottolineare che le esigenze scientifiche, la
tutela dell’essere umano e dei dati ad esso connessi sono in forte contrasto; l’ovvia
conseguenza riguarda le difficoltà inerenti la protezione dei dati personali, l’accesso
agli stessi, il consenso, l’informazione e la circolazione di campioni e materiali
biologici. Concludendo, appare necessario porre in essere, innanzi tutto una
definizione condivisa di biobanca e, oltre a questo, anche una normativa internazionale
sull’argomento, che venga recepita dal maggior numero di Stati possibile. Parimenti,
si ritiene auspicabile anche una normativa specifica a livello europeo, al fine di
raccogliere quanto si è detto e fatto finora in tema di biobanche e concretizzarlo in
169 v. il sito www.salutefemminile.it/Template/detailArticoli.asp.
170 Su questo punto vedi, tra i molti, LEORA I. GABRY “Procreating Without Pregnancy: Surrogacy
and the Need for a Comprehensive Regulatory Scheme”, in Columbia Journal of Law and Social Problems,
2012, 45, 415.
110
Jet Det - 2012
testi normativi che vi facciamo esplicitamente riferimento.
111
Cellule Stamianli Cordonalic
carlotta baretton
sommario:1. Introduzione. -2. Studio ed evoluzione. - 3. Sorgenti alternative alle cellule staminali emopoietiche: le cellule staminali cordonali. - 4. La nascita delle biobanche: la conservazione delle unità prelevate. - 5. Conservazione autologa e allogenica. - 6.
Regolamentazione europea. -7. Regolamentazione italiana. - 8. Conclusioni.
1.Introduzione
Quando Prometeo trasgredì le leggi degli dei e donò agli uomini il fuoco
sottratto a Zeus, per punizione fu incatenato al Monte Caucaso dove un rapace ogni
giorno gli divorava con ferocia il fegato, che rapidamente si rigenerava. Questo antico
mito coglie, in modo icastico, la straordinaria capacità del nostro corpo di rigenerare
se stesso. Questa “miracolosa” realtà è frutto di minuscole cellule presenti nel nostro
organismo chiamate cellule staminali. Le cellule staminali sono progenitrici cellulari
ad alto potenziale proliferativo. A seconda da dove vengono estratte, tali cellule si
suddividono in cellule staminali totipotenti, cellule capaci di generare un organismo
nella sua totalità, quindi capaci di creare qualsiasi tipo di tessuto, e cellule staminali
multipotenti , cellule staminali che presentano un potenziale differenziativo più limitato rispetto a quello delle cellule totipotenti. Nel primo caso ci troviamo di fronte a
cellule staminali non ancora specializzate poiché estratte da cellule embrionali, invece, nel secondo caso le cellule provengono da cellule adulte, già specializzate, presenti
in vari organi e tessuti come nel pancreas, nel midollo osseo o nel cordone ombelicale.
Quest’ultime vengono anche denominate cellule staminali emopoietiche poiché appartengono alla categoria di cellule che vi sono nel sistema del corpo umano deputato
a generare e rigenerare le cellule del sangue.
2.Studio ed evoluzione
Lo studio delle cellule staminali emopoietiche midollari e del sangue periferico è da far risalire agli anni 20, precisamente nel 1922, quando il ricercatore Danese
Fabricious-Moeller notò,1 nei suoi studi su modelli animali, che in alcune cavie, espo1 E. ANGELUCCI, “Le basi scientifiche del trapianto di cellule staminali emopoietiche” <www.
pagepress.org/journals/index.php/hmr/article>2009 pdf
112
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ste all’irradiazione corporea totale ( TBI), poteva prevenire la piastrinopenia e la diatesi emorragica2 post irradiazione.3 Questa osservazione4 rimase isolata fino a quando
nel 1949 il ricercatore Jacobson e i suoi colleghi la ripresero in considerazione e notarono che, esponendo le cavie a radiazioni tali da causare un’insufficienza midollare (
aplasia midollare) , ma schermando la milza, loro organo emopoietico, non andavano
contro la morte. Essi inoltre dimostrarono che la prevenzione degli effetti letali della
TBI potesse essere effettuata tramite l’infusione nell’organismo di cellule spleniche,
ossia cellule della milza. Poco dopo un altro studioso, Lorenz e i suoi collaboratori,
videro che l’infusione di midollo osseo singenico nelle cavie li proteggeva dall’effetto
letale della TBI. Ciò faceva supporre che la protezione dalle radiazioni era data da un
fattore umorale5, ma successivamente si scoprì che l’effetto era dovuto alla colonizzazione del ricevente da parte di cellule staminali emopoietiche. Nel 1957 si cominciò a
vedere che v’era una diversa sopravvivenza tra animali sottoposti a trapianto di cellule
staminali singeniche6 o allogeniche7 .
Nella metà degli anni 60 attraverso modelli umani e animali, il ricercatore
Billingham riuscì a definire le caratteristiche della malattia del “trapianto verso l’ospite”, cioè la GvHD Graft versus Host Disease che è una comune forma di complicanza
medica, una sindrome che si origina quando, durante un trapianto di tessuto od organo, le cellule immunologiche forniscono una risposta esagerata aggredendo il sistema
immunitario della persona, riconoscendolo come corpo estraneo.8 Quindi Billingham capì che le cellule del donatore devono essere immunologicamente competen2 Enciclopedia medica italiana, USES edizioni scientifiche Firenze :
“TBI: radiazione corporea totale ( Total body irradiation (TBI)) è una tecnica della radioterapia usata
principalmente come parte del regime di condizionamento precedente il trapianto di cellule staminali
ematopoietiche. È la pan-irradiazione corporea, cioè l’irradiazione totale e simultanea del corpo (in una
o più frazioni).”
“piastrinopenia: quantità di piastrine (o trombociti) circolanti inferiore a 150.000/mm3 (valori di
riferimento 150.000 - 400.000/mm3)”.
“diatesi emorragica: predisposizione costituzionale alle emorragie spesso conseguenti a trombocitopenie
o a carenza di piastrine”.
3E.ANGELUCCI, A.A.DI TUCCI, D.BARONCIANI, C.DEPAU, M.PETTINAU,
F.ZANCCHEDDU, C.COGONI, “Hematology Meetig Reports” 2008; pp.1-6.
4 E LORENT, D UPHOFF, TR REID, F SHELTON, “Modification of irridation injury in mice and
guinea pigs by bone marrow injections”, J Natl Cancer inst ,1951, pp.197ss
5 Enciclopedia medica italiana, USES edizioni scientifiche Firenze, II edizione “Fattore umorale:
fa parte dei fattori dell’immunità aspecifica. I fattori dell’immunità aspecifica sono di tipo cellulare
(leucociti, cellule natural killer), e tumorale (proteine plasmatiche, citochine). La difesa immunitaria
aspecifica è innata e non si rinforza mai come conseguenza dell’incontro con la cellula invasore.
Si tratta di sostanze, di natura e origine non sempre ben definite, presenti nella compagine dei tessuti o
sulla superfice della cute e delle mucose, le quali hanno azione battericida”.p.1359.
6 cellule staminali singeniche: donatore è un gemello identico.
7 Cellule staminali allogeniche: midollo osseo dei paziente è ricostituito mediante la re infusione di
cellule staminali emopoietiche di un donatore sano compatibile.
8 Se si è interessati sulla Gvhd guarda <www.staminalfoundation.org/section/gvhd-staminali-adulte>
Cellule staminali cordonali
113
ti, che l’ospite deve contenere importanti antigeni non presenti nel donatore che lo
fanno apparire come estraneo e che l’ospite è incapace di organizzare una reazione
immunologica contro il trapianto. Tutto ciò divenne più chiaro quando lo studioso
e medico Mathè ottenne un attecchimento di midollo osseo9, e si capì che la malattia
del trapianto verso l’ospite era dovuto all’incompatibilità antigenica del complesso
maggiore di istocompatibilità ( HLA = Human Leucocyte Antigen)10 e il danno tessutale causato dall’irradiazione o da infezioni virali.11 Dalla scoperta dell’HLA e dei
suoi diversi loci 12,cioè la compatibilità dell’HLA tra soggetto donatore e ricevente,
si cominciò a identificare il donatore in base a questo. Nel 1968 due bimbi furono
sottoposti con successo a trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore famigliare identico: videro che lo sviluppo di infezioni o di rigetto era altamente diminuito proprio per l’HLA identico ed inoltre compresero che un corretto e completo
attecchimento midollare correggeva la malattia di base. Purtroppo solo il 30% dei
pazienti candidati a trapianto di cellule staminali emopoietiche allogeniche possedeva un donatore famigliare HLA identico. Vi era difficoltà a reperire per alcuni pa9 G MATHE, JL AMEIL, L SCHWARZENBERG, A CATTAN, M SCHNEIDER,
“Heametopoietic Chimera in Man after Allogenic (Homologus) bone marrow transplantation”.Br Med J
1963; pp.1633-1635.
10 Dizionario Medico DeAgostini “ HLA: Human leukocyte antigen, antigene umano leucocitario:
detto anche sistema di istocompatibilità, composto da molecole che si trovano sulla superficie cellulare
e che si comportano come antigeni: venute a contatto con il sistema immunitario di un individuo
diverso, sono riconosciute come estranee e suscitano una risposta immune. I geni che contengono le
informazioni necessarie alla sintesi dei prodotti HLA sono localizzati, in ogni individuo, sul braccio
corto del cromosoma 6 e sono stati suddivisi in due classi principali: la I che contiene 3 loci (A, B, C) e la
II o HLA-D (che comprende i geni DP, DQ, DR). La distribuzione ubiquitaria degli antigeni di classe
I ne fa presumere l’importanza quali marker di riconoscimento tra ciò che l’organismo riconosce come
appartenente a esso (self) e ciò che è estraneo (non-self) e come mezzo per individuare modificazioni
cellulari indotte da infezioni virali, attivando all’occorrenza il linfociti T citotossici. Le proteine di classe
II hanno distribuzione più limitata: in particolare, esse si ritrovano sui macrofagi, sui linfociti B e T
helper, sui monociti e sulle cellule epiteliali e partecipano al riconoscimento del non-self attivando i
linfociti T helper e il processo di cooperazione tra linfociti B e T. Come appare evidente, il sistema
HLA è alla base del rigetto dei trapianti: se il tessuto trapiantato in un soggetto non è HLA-compatibile
(ossia le cellule che lo compongono non hanno gli stessi antigeni HLA del ricevente), il trapianto viene
riconosciuto come estraneo e rigettato. Per questo motivo, prima di eseguire un trapianto, è necessario
accertare che donatore e ricevente siano HLA-compatibili, mediante un procedimento detto tipizzazione
tissutale. Oltre che nel campo del trapianto di organi e tessuti, le molecole del sistema HLA rivestono
un’importanza fondamentale nei meccanismi di riconoscimento immunologico di tutte le sostanze
estranee che vengono in contatto con l’organismo”.
11 JR FENYK, CM SMITH, PL WARKENTIN, et al. “Sclerodermatous graft-versus-host disease
limited to an area of measles exanthema” Lancet 1978; pp.472-473.
12 Dizionario Medico DeAgostini “Diversi loci dell’HLA: Nel 1968 si capì che l’insorgere di
complicazioni che portavano alla morte dei soggetti sottoposti a questi trattamenti, era dovuto alla non
compatibilità dell’HLA tra soggetto donatore e ricevente. Furono così identificati i loci dell’HLA-A,
HLA-B, nel 1971 il locus C e nel 1980 il locus D. Questo sistema di antigeni geneticamente legati,
definisce il complesso maggiore di istocompatibilità ( MHC).
114
Jet Det - 2012
zienti un donatore, soprattutto quando v’era la necessità di un intervento terapeutico
rapido. Per lungo tempo erano conosciute alternative sorgenti di cellule staminali ma
non erano mai state utilizzate.
3. Sorgenti alternative di cellule staminali emopoietiche: le cellule cordonali
Alla fine del 1980 fu proposta come sorgente di cellule staminali emopoietiche il SANGUE CORDONALE.13 Si vide, infatti, che queste cellule avevano un
tempo inferiore di attecchimento e ricostruzione midollare, in confronto alle cellule
staminali emopoietiche midollari. Il primo successo con questa tecnica avvenne a Parigi nel 1988 in un paziente affetto da anemia di Fanconi.14 Egli fu curato grazie al
trapianto di cellule staminali emopoietiche raccolte dal cordone della sorellina HLA
identica, ottenuta per selezione genetica . Dopo questo primo caso vi furono successive esperienze che confermarono la possibilità di utilizzare il sangue cordonale raccolto immediatamente dopo il parto, come fonte alternativa di progenitori emopoietici
a scopo trapiantologico. Si scoprì, inoltre, che, grazie alle caratteristiche biologiche
delle cellule cordonali, vi è la possibilità di superare le problematiche di compatibilità,
effettuando il trapianto anche tra soggetti non perfettamente compatibili. L’impiego
delle cellule staminali emopoietiche cordonali ha permesso di rispondere in modo efficiente alla crescente domanda trapiantologica ed ha portato ad effettuare oltre 8000
trapianti in pazienti affetti da varie patologie neoplastiche, genetiche, immunologiche
e metaboliche.15 Nonostante tutti questi vantaggi, ossia facile reperibilità, maggiore
rapidità nell’identificazione di un donatore, minor rischio di trasmissione di malattie
infettive, vi sono anche degli svantaggi, come ad esempio vi si trova il problema dello
scarso numero di cellule utilizzabili in ogni singola unità. Ciò ha comportato l’utilizzo di queste cellule come fonte alternativa a quella midollare soprattutto in pazienti
pediatrici. Infatti solo 1/3 dei trapianti è stato eseguito in pazienti adulti.16 In entrambi i casi trattati i risultati ottenuti con l’utilizzo di cellule staminali “cordonali”
sono promettenti e incoraggianti.
13 HE BROXMEYER, GW DUGLAS, G HANGOC, et al. “Human umbilical cord blood as
a potential source of transplantable hematopoietic stem/progenitor cells.” Proc Natl Acad Sci USA
1989;pp.3828-3832.
14 E GLUCKMAN, HA BROXMEYER, AD AVERBACH, et. Al. “Hematopoietic reconstitution in
a patient with Fanconi’s anemia by means of umbilical-cord blood an HLA- identical sibling.” 1989; p.1174.
ga
16 L.LOMBARDINI “Ventesimo anniversario del primo trapianto di staminali da sangue cordonale”,
2008;p.1.
Cellule staminali cordonali
115
4.La nascita delle biobanche : la conservazione delle unita’ di sangue prelevate
I risultati positivi dell’utilizzo di cellule staminali da cordone ombelicale
hanno indotto la costituzione di vere e proprie banche dove vengono conservate le
unità di sangue cordonale raccolte. La Raccomandazione del Consiglio d’Europa R
(94) 1 del 14/03/1994 definisce la banca dei tessuti umani come una organizzazione
no-profit che deve essere ufficialmente riconosciuta dalle autorità sanitarie competenti degli stati membri, e deve garantire il trattamento, la conservazione e la distribuzione del materiale. 17 Pertanto possiamo definire le biobanche come unità di servizio,
senza scopo di lucro diretto, finalizzate alla raccolta e alla conservazione di materiale
biologico umano utilizzato per diagnosi genetica, per studi sulla biodiversità e per
ricerca.18 La rete nazionale italiana è attualmente composta da 18 banche diffuse su
tutto il territorio nazionale. Esse svolgono la loro attività sotto il coordinamento del
Centro Nazionale Sangue in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti. 19
5.Conservazione autologa e allogenica
Donazione e conservazione del sangue prelevato dal cordone ombelicale
sono argomenti assai dibattuti in questi ultimi anni. Come abbiamo visto, il sangue
contenuto nel cordone ombelicale è molto ricco di cellule staminali, utilizzabili per il
trattamento di diverse patologie. Le cellule prelevate dal cordone, subito dopo il parto, vengono analizzate e, se queste lo dichiarano idoneo, il campione potrà avere due
diverse destinazioni di conservazione. In Italia è possibile conservare le unità di sangue cordonale prelevato nelle banche pubbliche a uso allogenico, ossia non autologo.
La differenza tra i due tipi di conservazione sta nel fatto che, nel primo, allogenico,
il trapianto consiste nel prelievo da un donatore sano compatibile di un numero di
cellule emopoietiche e nella loro successiva introduzione nel paziente ricevente. Il
secondo, autologo, la conservazione è fatta solo ed esclusivamente per uso personale,
quindi la persona da cui viene fatto il prelievo e il paziente ricevente coincidono. La
conservazione autologa non poggia, al momento, su solide basi scientifiche e la si può
fare solo in banche private situate all’estero. Da non confondere con la conservazione
autologa è la conservazionededicata. In Italia è permessa la conservazione di donazioni “dedicate”. Questa avviene per il neonato o per un familiare che presenti una
patologia per la quale risulti scientificamente fondato l’appropriato utilizzo di cellule
17 Raccomandazione del Consiglio d’Europa R (94) 1 del 14/03/1994
18 FRANCA DAGNA BRICARELLI, CHIARA BALDO, MIRELLA FILOCAMO, LUCIA
MONACO, “Biobanche genetiche, linee guida” <www.biobanknetwork.org/documents/Analysis%20
5-6.03 pdf>
19 R. CHICCHI, R. SANTARELLI, “La donazione di cellule staminali cordonali” 2009
116
Jet Det - 2012
staminali da sangue cordonale, e quindi, in questi casi, come per malattie genetiche o
specifiche patologie, è possibile conservare l’unità prelevata per attuare un trapianto
intra-familiare. 20
6. La regolamentazione europea
In Europa vi sono state tre disposizioni comunitarie che hanno contribuito maggiormente alla regolamentazione delle cellule staminali cordonali e del loro
utilizzo. Le tre direttive hanno stabilito requisiti di qualità e di sicurezza minimi comuni per la donazione, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio
e la distribuzione di tessuti e cellule umani. Nella direttiva 2004/23 si impone agli
stati membri di designare una o più “ autorità competenti” il cui compito è quello di
attuare le prescrizioni della direttiva stessa, in particolare per quanto riguarda autorizzazioni, accreditamenti e licenze, nonché per quanto riguarda l’organizzazione e
il controllo delle unità prelevate. Inoltre la direttiva stabilisce requisiti inderogabili
per la tracciabilità, il controllo dell’importazione e dell’esportazione, la registrazione delle attività, la notifica di reazioni e eventi avversi.21 Nella direttiva 2006/17 si
stabiliscono prescrizioni tecniche specifiche per ciascuna delle fasi delle procedure
con tessuti e cellule umani, disponendo un sistema di qualità e sicurezza, sia nei casi
di conservazione allogenica, sia nei casi di conservazione autologa. Con tale direttiva
si stabiliscono quindi i requisiti per l’approvvigionamento di tessuti e cellule umani,
i criteri di selezione dei donatori di tessuti e cellule, tests di laboratorio richiesti per
i donatori.22 Nella direttiva 2006/86 sono poi definiti i criteri per il rilascio dell’autorizzazione o dell’accreditamento o della licenza alle strutture da parte dell’autorità
competente. Con la direttiva si stabilisce che per la manipolazione del sangue siano
rispettati alcuni requisiti fondamentali previsti dalle Good Manufacturing Practices
(GMP) adottate dall’Unione Europea. Pertanto, nella direttiva sono esplicati criteri
per la codifica, lavorazione, preservazione, conservazione e la distribuzione de tessuti
e cellule e la tracciabilità di essi.23Oltre le direttive vi sono dei Networks, ossia del20 Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, “Uso appropiato delle cellule staminali del
sangue del cordone ombelicale” pp.5-6. Per definizione autologo, allogenico e dedicato vedi glossario.
21 European Parliament, Council of European Union. Directive 2004/23/EC of the European
Parliament and of the Council of 31 March 2004 on setting standards of quality and safety for the
donation, procurement, testing, processing, preservation, storage and distribution of human tissues and
cells. Official journal of the European Union 7 April 2004.
22 European Commission. Commission Directive 2006/17/EC of 8 February 2006 implementing
Directive 2004/23/EC of the European Parliament and of the Council as regards certain technical
requirements for the donation, procurement and testing of human tissues and cells text with EEA
relevance. Official journal of the European union 9 February 2006.
23 Europen Commission. Commission Directive 2006/86/EC iplementing Directive 2004/23/EC
Cellule staminali cordonali
117
le organizzazioni no-profit che non solo promuovono l’utilizzo di cellule derivanti
dal sangue cordonale ma contribuiscono anche alla ricerca scientifica. Per esempio
vi è NetCord 24 che è un organizzazione no-profit fondata nel 1998 con lo scopo di
promuovere l’uso di sangue cordonale per il trapianto allogenico di cellule staminali.
Inoltre , NetCord ha istituito il cosiddetto “Virtual Office”, che consente ai centri
che effettuano i trapianti di cercare in un unico database le unità più idonee. Questa
organizzazione ha stabilito, insieme alla Foundation for the Accreditation of Cellular
Therapy (FACT), standards di qualità per la raccolta, la lavorazione, la caratterizzazione, la conservazione, il rilascio delle unità di sangue cordonale.25 Tutte le banche
accreditate devono rispettare tali standards. Attualmente 20 banche di 14 nazioni
sono membri effettivi o associati di NetCord, ma il numero è in continuo aumento
essendo molte le domande di partecipazione già inoltrate. Le unità di sangue raccolte
nell’ambito di NetCord rappresentano oltre la metà delle oltre 400.00 unità di sangue cordonale attualmente conservate in biobanche del mondo. Nel 1996 l’European Group for Blood Marrow Transplantation (EBMT)26 ha contribuito ad avviare il
progetto EuroCord27. Eurocord è un’associazione no-profit che promuove la ricerca
scientifica accademica e industriale, favorendo la condivisione di esperienze tra medici e ricercatori impegnati nel settore e promuovendo lo sviluppo di progetti comuni.
Eurocord promuove anche vasti programmi di formazione, informazione e diffusione
delle conoscenze. Promuove tutti gli aspetti associati al trapianto di cellule ematopoietiche di ogni provenienza: ricerca di base e clinica, formazione, standardizzazione,
controlli di qualità, accreditamento, procedure.
Queste tre direttive sono state applicate negli stati appartenenti all’Unione Europea in vari modi. In Austria la direttiva 2004/23 è attuata nel Gewebesicherheitsgesetz (GSG)28( Tissue Safety Act), entrato in vigore il 30 marzo 2008. Esso
si applica anche al sangue cordonale. Nell’art. 22 si stabilisce che le banche di sangue
cordonale possano operare soltanto se autorizzate. Tutte le biobanche devono fare
riferimento all’Austrian Agency for Health and Food Safety (AGES). All’interno di
questo atto vi è un paragrafo, precisamente il terzo dell’art.4 riguardante i requisiti
per iI consenso informato, mentre nel paragrafo sei del medesimo articolo si stabli-
of the European Parliament and Council as regards traceability requirements, notification of serious
adverse reactions and events and certain technical requirements for the coding, processing, preservation,
storage and distribution of human tissues and cells. Official journal of the European Union 25 October
2006.
24 “About netcord” <www.netcord.org.>
25 NetCord, Foundation for the Accreditation of Cell Therapy- FACT. Cord blood accreditation
manual. Fourth edition. 2010.
<www.factwebsite.org/uploadedfiles/news/4th_edition_cord_blood_guidance_4.0.pdf.>
26 “About ebmt” <www.ebmt.org.>
27 “About us”<www.eurocord.org>
28 Gewebesicherheitsgesets. Federal Law Gazette I 2008/49.
118
Jet Det - 2012
sce il divieto di ricompense economiche per coloro che donano cellule o tessuti29.
In Austria al momento vi è una biobanca pubblica presso l’ospedale di Linz
per la conservazione di sangue cordonale destinato a trapianti allogenici, ma vi
sono operative varie banche private per la conservazione autologa a pagamento.
La situazione Austriaca è molto simile a quella tedesca: le “ Richtlinien zur
Transplantation von Stammzellen Teil III”30 ( “ Guidelines for the transplantation
of stem cells. Part III: cord blood stem cells- collection, storage, manipolation and
use”) austriache sono molto simili alle line guida tedesche. Infatti, in Germania l’Associazione Medica Federale Tedesca ha adottato le “Linee guida per il trapianto de
cellule staminali di sangue cordonale”31. In Germania vi sono sei banche no-profit per
la conservazione allogenica, che offrono anche la possibilità di conservazione dedicata in caso di indicazione famigliare previa richiesta del medico. I centri che operano
trapianti effettuano la ricerca tramite il Registro Nazionale Tedesco di Donatori di
Cellule Staminali del Sangue, ZKRD.32 Sono consentite anche banche private, ma le
linee guida si applicano sia alle banche pubbliche per la conservazione allogenica che
alle banche private.
In Francia il Réseau Français de Sang Placentaire (RFSP)33 è stato fondato
nel 1999 dall’établissement Française du sang 34e dall’Agence del la Biomédicine35.
Quest’ultima è la struttura pubblica nazionale creata per coordinare le donazioni e
il trapianto di organi, tessuti e cellule. In Francia vi sono solo banche pubbliche per
la conservazione allogenica e solo in alcuni casi è possibile la conservazione dedicata per trapianto autologo o intra-familiare, sulla base di indicazioni cliniche redatte
dall’Agence de la Biomédicine. La raccolta del sangue cordonale è regolata dagli articoli del Code de la Santé Publique ( 1242-1245 del CSP). In base a questo codice
le strutture che conservano, preparano e distribuiscono il sangue devono esercitare
secondo le Good Manufacturing Practices (GMP)36 recepite dall’Agence Française
de Sécurité Sanitaire et des Produits de Santé ( AFSSAPS)37. Il decreto 14 Settembre
29 Austrian Bioethics Commissiona at the Federal Chancellery "Cord blood banking" 19 May 2008.
<www.bka.gv.at/Doc View.axd?CobId=31001.>
30 “Richteline zur transplantation von stammzellen teil III: nabelschnurstammzellen (cord blood,cb)gewinnung, lagerung, manipulation und anwendung” <www.stammzelle.at/pub_9.pdf.>
31 Federal Medical Association “ Guidelines for the transplantation of cord blood”
<www.bundesaerztekammer.de/downloads/transnabel_pdf.pdf.>
32 “The German National Registry of Blood Stem Cell Donors”< www.zkrd.de.>
33 Se si è interessati alla RFSP <www.agence-biomedicine.fr/agence/le-reseau-francais-de-sangplacentaire-1.html.>
34 Prima era Agence Française du sang, poi diventata établissement Française du Sang nel 2000
<www.dondusang.net.>
35 Agence de la Biomédicine è solo dal 2005; prima era l’établissement Française des Greffes.
<www.agence-biomedicine.fr.>
36 Arreté du 16 décembre 1998, article II relatif au prélèvement de cellules souches Hématopoiétiques
issues de sang placentaire . Journal Officiel de la République Française 30/12/1998.
37 ₺Agence nationale de sécurité et du médicament et des produits de santé₺ <www.afssaps.fr.>
Cellule staminali cordonali
119
2009 stabilisce, inoltre, che i reparti di maternità che effettuano la raccolta di sangue
cordonale devono essere autorizzati dalle autorità sanitarie competenti.38 Nel 1994,
poi modificata nel 2011, la Francia ha emanato una legge molto importante relativa
alla bioetica.39Attraverso questa legge lo stato Francese ha compiuto una scelta precisa: il prelievo delle cellule emopoietiche del sangue cordonale o placentario è consentita solo per fini terapeutici o scientifici, in vista di una donazione autonoma e
gratuita, previo consenso scritto della madre. Da questa legge emerge chiaramente
la volontà del legislatore di vietare la formazione, all’interno del territorio nazionale,
delle biobanche private che praticano la conservazione delle unità prelevate solo per
uso autologo. Proprio da questa deliberazione ne è derivato un giudizio davanti al
Conseil d’état 40; una biobanca privata41 ha sollevato la questione di legittimità della
legge del 2011 per la violazione della libertà personale, del diritto alla salute e del
principio di uguaglianza. Essa mirava ad ottenere l’autorizzazione per l’esercizio delle
sue attività all’interno dello Stato francese. Il caso è stato mandato davanti alla Conseil Constitutionnel che ha giudicato conforme “à la constitution” la disciplina sul
prelievo di cellule dal cordone ombelicale o placentare della legge n.2011-814 ai sensi
dell’art.L.1241-1,c.4,del Code de la sanité publique.42
Nel Regno Unito la raccolta di sangue cordonale è sotto la responsabilità
della Human Tissue Authority (HTA). Le norme per il sangue cordonale stabilite
nello Human Tissue Act 43del 2004, si applicano in Inghilterra, Galles e Irlanda del
nord. La normativa prevista in Scozia con lo Human Tissue Scotland Act del 2006
è molto simile a quella Inglese. L’attuale normativa sul sangue cordonale è quella in
vigore dal 5 luglio 200844. Essa prevede che i reparti di maternità, dove si raccoglie il
sangue cordonale per la conservazione pubblica e privata, debbano attuare procedure
che garantiscano sia che il personale sia formato per la raccolta sia che i campioni
siano rintracciabili. Attualmente vi sono tre banche no-profit che raccolgono sangue
cordonale. La prima è la National Health Service Cord Blood Bank, la seconda è la
Newcastle University Hospital Bank e l’ultima ma non d’importanza è la Northen
Ireland cord-blood bank. Le unità di sangue cordonale raccolte sono registrate nel
British Bone Marrow Registry45per le ricerche interne allo Stato e nel Bone Marrow
38 Arreté du 14 septembre 2009 fixant le contenu du dossier accompagnant la demande d’autorisation
des prélèvements de cellules à des fins rhérapeutiques. Journal officiel de la république Française 11
octobre 2009 Annexe II.
39 Loi N. 2011-814 du 7 Juillet 2011. Loi relative à la bioétique. <www.journal-officiel.gouv.fr>
40 Décision n.348764 e n.348765 du 19 mars 2012.
41 La biobanca che ha sollevato la questione di legittimità è la società Cryo-save France
42 Décision n.2012-249 QPC, Journal officiel de la république Française du 17mai 2012 ;p.9155.
43 Norme per il sangue cordonale stabilite nello Human Tissue Act <www.legislation.gov.uk/
ukpaga/2004/30/contents.>
44 “New rules for cord blood collection”
<www.hta.gov.uk/media/mediareleases.cfm/418-New-rules-for-cord-blood-collection.html.>
45 “British Bone Marrow Registry”
120
Jet Det - 2012
Donors Worlwide Registry46 per le ricerche internazionali. Inoltre nel Regno Unito
è presente l’esperienza di conservazione mista pubblica e privata realizzata da Richard
Branson47, la Virgin Health Bank48. In esse si prevede la conservazione autologa per
scopi di medicina rigenerativa del 20% del campione prelevato, mentre il restante
80% viene destinato al sistema pubblico. Inoltre, un’altra peculiarità della Virgin
Bank è il fatto che una parte del profitto viene devoluto alla ricerca come una vera
e propria donazione. All’interno del regno unito vi sono anche numerose banche
private commerciali per la conservazione autologa, come ad esempio la Future Health
Technologies. In ogni caso anche le banche private devono sottostare ai requisiti stabiliti nell’Human Tissue Act.
7. Regolamentazione italiana
In Italia le attività trasfusionali e la produzione di emoderivanti sono disciplinati dalla legge n.219 del 25 ottobre 2005. Ulteriormente, tra il 2002 e il 2009 sono
state promulgate otto successive ordinanze ministeriali riguardanti il sangue cordonale. Le ordinanze hanno consentito la conservazione ad uno allogenico e dedicato,
e l’esportazione all’estero di sangue cordonale ad uso autologo previo iter autorizzativo. 49 Inoltre la stessa normativa che regolamenta le donazioni in Italia stabilisce
che le banche del sangue cordonale debbano rispondere a requisiti tali da garantire
<www.nhsbt.nhs.uk/bonemarrow/index.asp.>
46 Registro internazionale per la ricerca di unità cordonali HLA compatibili <www.bmdw.org.>
47 Guarda “Richard Branson’s message”<www.virginhealthbank.com.>
48 Guarda “Reasons to choose Virgin Health Bank”<www.virginhealthbank.com.>
49 Ministero della salute. Ordinanza 11 gennaio 2002. “Misure urgenti in materia di cellule staminali
da cordone ombelicale”. Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana –serie generale n. 31 del 2 giugno
2002.
Ministero della salute. Ordinanza 30 dicembre 2002. “Proroga dell’ordinanza 11 gennaio 2002”. Gazzetta
ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.27 del 2 marzo 2003.
Ministero della Salute. Ordinanza 25 febbraio 2004. “Misure urgenti in materia di cellule staminali da
cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.65. del 18 marzo 2004.
Ministero della salute. Ordinanza 7 aprile 2005 . “Misure urgenti in materia di cellule staminali da cordone
ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.107 del 10 maggio 2005.
Ministero della Salute. Ordinanza 13 aprile 2006. “Misure urgenti in materia di cellule staminali da
cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.106 del 5 maggio 2006.
Ministero della Salute. Ordinanza 4 maggio 2007. “Misure urgenti in materia di cellule staminali da
cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.110. del 15 maggio
2007
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Ordinanza 19 giugno 2008. “Ulteriore proroga
dell’ordinanza del Ministero della Salute del maggio 2007, in materia di cellule staminali emopoietiche da
cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.151 del 30 giugno 2008.
Cellule staminali cordonali
121
che le fasi della lavorazione, conservazione e distribuzione delle cellule staminali da
essi ricavati, siano idonee e sicure e che le singole unità siano rintracciabili secondo
standard internazionali. (art.5, capo II, ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA
TRASFUSIONALE , (Livelli essenziali di assistenza sanitaria in materia di attività trasfusionale)).50 Due decreti del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali datate 18 novembre 2009 riguardano le biobanche cordonali. Il primo
contiene “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del
cordone ombelicale per uso autologo dedicato”51 ,il secondo, invece, si dedica nello
stabilire “ l’Istituzione di una rete nazionale di banche per la conservazione di sangue
da cordone ombelicale”52. Attualmente vi sono 19 banche pubbliche collocate nello
stato italiano. Le banche private sono vietate perché la normativa italiana non permette la conservazione a uso personale del sangue cordonale, a eccezione della donazione
dedicata, per la quale è scientificamente provata l’effettiva utilità nella cura di varie
patologie.53Tuttavia è consentito ai genitori di esportare all’estero il sangue prelevato
dal cordone al momento della nascita del proprio figlio e di conservarlo per uso personale
in banche private. Infatti, a questo scopo, sono presenti nel nostro territorio agenzie
di varie società estere54 che aiutano nell’esportazione. Inoltre, dal 1995 vi è l’associazione ADISCO55 ( Associazione Donatrici Italiane Sangue Cordone ombelicale) che
aiuta nell’informazione, fa donazioni di strumentazioni alle banche cordonali, realizza corsi di aggiornamenti e promuove la donazione di sangue cordonale mediante
manifestazioni. Oltre a ciò, nello stato Italiano è presente la rete nazionale Italia Cord
Blood Network (ITCBN)56, istituito con decreto del ministro della salute del 26 aprile 2007, svolge funzioni di coordinamento e controllo tecnico-scientifico del sistema
trasfusionale nazionale, e che opera secondo gli standard definiti dalle normative italiane e internazionali.
50 L.21 ottobre 2005,n.219. “Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale
degli emoderivanti”. Gazzetta Ufficiale della repubblica italiana n.251 del 27 ottobre 2005.
51 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali. Decreto 18 novembre 2009.”Disposizioni
in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo dedicato”.
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana-Serie generale n.303.31dicembre 2009.
52 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Decreto 18 novembre 2009.”Istituzione
di una rete nazionale di banche per la conservazione di sangue da cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale
della Repubblica Italiana-Serie Generale n. 303.31 dicembre 2009.
53 Donazione dedicata :donazione per il neonato o per un familiare che presenti una patologia per la
quale risulti scientificamente appropriato l’utilizzo di cellule staminali da sangue cordonale
54 Ad esempio Bioscience Institute, Cryo-save, FamiCord, Future Health, ProCrea Stem Cells, Smart
Bank ecc.
Si rammenta che comunque la conservazione privata non trova validi riconoscimenti nel mondo
scientifico-internazionale circa gli effettivi resultati. Infatti, non sempre l’unità raccolta è utilizzabile o
comunque l’unità è troppo “piccola” per poter essere effettivamente utilizzata dal proprietario. Potrebbe
essere invece utile per qualcun altro.
55 “Associazione Donatrici Italiane di Sangue Cordonale” <www.adisco.it>
56 “ Cord Blood Network” <www.centronazionalesangue.it>
122
Jet Det - 2012
Nel 2010 è stato istituito il “Comitato Italo Francese per il buon uso del sangue del
cordone ombelicale”, costituito da professionalità italiane e francesi, rappresentanti
di società scientifiche e da esponenti del volontariato, che, a fronte dei risultati reali
sull’utilizzo delle donazioni solidali e delle raccolte conservate nelle banche private,
considerata la mancanza di dati sulla validità, l’efficacia e i rischi dell’uso autologo
del sangue bancato a fini preventivi, nonché li carattere lucrativo di tale tipologia, ha
chiesto al Parlamento Europeo di far applicare le stesse Direttive da lui emanate in
materia in tutti i paesi dell’Ue. Infatti solo in Italia e Francia tali direttive sono applicate con una interpretazione rigorosa e infatti, nel loro territorio, non sono presenti
biobanche private.57
8. Conclusioni
Fingiamo che il nostro organismo sia una immensa e complicatissima macchina e che un giorno, senza preavviso, decida di non funzionare correttamente; come
fare per “salvarla” prima che essa si fermi? La si porta dal meccanico in modo tale da
aggiustarla e “ravviarla” correttamente. Così succede al nostro organismo con le cellule
staminali. Esse “ravviano” il nostro corpo umano che presenta determinate problematiche. Perché allora suscitano dibattiti infuocati per quanto riguarda il loro prelievo
e utilizzo? Per le cellule staminali cordonali, a differenza di quelle embrionali, non
si presentano particolari problemi etici riguardo il loro prelievo. Infatti, mentre per
le cellule staminali embrionali il problema etico principale riguarda proprio che nel
prelievo viene distrutto l’embrione, per le cellule staminali cordonali ciò non sussiste,
l’unità di sangue viene presa dal cordone ombelicale del bimbo appena nato senza
alcun pericolo né per il neonato né per la madre. Le complicazioni del rapporto tra
diritto e scienza sorgono successivamente alla raccolta, nella conservazione e utilizzo
delle unità prelevate; principalmente si verificano se si prende in considerazione che
la donazione debba essere solidaristica, e quindi senza fini di lucro, o conservazione
autologa. Nel nostro paese, come precedentemente visto, la prima è legittimata e regolamentata dall’ordinamento grazie ai resultati avuti su base scientifica, le seconde
sono vietate anche se vi è la possibilità di conservarle all’estero in banche private, fuori
dal servizio sanitario nazionale, e questa seconda “opportunità” , per rispetto della
libertà personale, lo Stato italiano la consente, previa autorizzazione. 58 In ogni modo
si ricorda che è ampiamente riconosciuto, da società scientifiche, associazioni professionali, comitati competenti in materia, che la donazione solidaristica ha un grande
57 “Federazione Italiana ADoCeS (Associazione Donatori Cellule Staminali)-L’azione Europea”
<www.adoces.it/donazione-sangue-cordone/category/lazione-europea/>
58 CARLO CASONATO, CINZIA PICIOCCHI, PAOLO VERONESI, “La disciplina delle
biobanche a fini terapeutici e di ricerca” , UniTn, forum di biodiritto 2010; pp.273-293
Cellule staminali cordonali
123
valore terapeutico; infatti, privando la comunità di unità cordonali, vi è la privazione
di possibilità di cura di molti pazienti. In questo senso sono molto utili le opinioni
espresse, sulla raccolta, conservazione e utilizzo delle cellule staminali cordonali, dai
Comitati Nazionali per la Bioetica di vari paesi come Francia59, Austria60, Belgio61,
Irlanda62, Italia63. Nei vari testi si raccomanda alle autorità di incentivare la donazione
nel sistema pubblico e non la conservazione autologa in banche private, poiché da esse
dipenderebbero le vite di moltissime persone che altrimenti non avrebbero la possibilità di ricevere le cure adeguate per mancanza di unità cordonali utilizzabili. Spesso
le informazioni erronee e forviate dalle forti pressioni commerciali rischiano di non
rendere note le indicazioni provenienti dai dati scientifici, “manipolando” le scelte dei
singoli cittadini senza dar loro garanzie e informazioni adeguate.
Oltre a ciò, per quanto riguarda il sangue cordonale prelevato alla nascita,
esso può avere due destinazioni diverse. Se questo risulta, dalle analisi a cui vengono
sottoposte tutte le unità di sangue prelevate, non idoneo alla conservazione a fini
terapeutici, può essere destinato a fini di ricerca; se invece è idoneo verrà destinato
alla conservazione. In entrambi i casi, riguardando materiale biologico pediatrico ci
vorrà il autorizzazione della madre attraverso il consenso informato. Il consenso informato è quella procedura consensuale attraverso la quale le persone ricevono le varie
informazione riguardanti i vari trattamenti e/o sperimentazioni che, in questo caso,
saranno destinate le varie unità prelevate. Il consenso per essere valido deve essere libero, ossia frutto della volontà del paziente, e informato, cioè prestato con consapevole
cognizione della natura e degli effetti destinati. Nel caso preso in considerazione il
consenso informato deve tenere presente di alcune caratteristiche. Innanzitutto, visto
che il neonato non può in prima persona dare il proprio consenso, esso verrà svolto dai
genitori o da chi ne ha la patria potestà. Quando il minore, con l’aumentare dell’età,
acquisisce consapevolezza, molti sono concordi per il fatto che sia giusto dare a loro
la possibilità di esprimere il proprio parere e volontà e di tenerne conto. Proprio per
questo alcuni autori propongono di chiedere un secondo consenso ai diretti interessati quando hanno le capacità di comprendere a pieno le informazioni.64 Questa ultima
ipotesi non viene ancora attuata e comunque, in Italia, come si è espresso il Ministero
della Salute, nel 2005, ha stabilito che la donazione per scopi terapeutici è irrevocabile
59 Comité Consultatif National d’éthique pour les sciences de la vie et de la santé ( CCNE) Avis74 "le
banques de sang de cordon ombilical en vue d’une utilisation autologue ou en recherche", 12 Decenber
2002
60 Austrian Bioethic Commission at the Federal Chancellery, cord blood banking, 19 may 2008
61 Comité Consultatif de Bioéthique de Belgique, Avis n.42 du 16 Avril 2007 relatif aux banques de
sang de cordon ombilical
62 Irish Council for Bioethics, Stem cell research hope or hype? Exploration of ethical questions 2008
63 Comitato Nazionale per la Bioetica, “mozione del Comitato Nazionale per la Bioetica sulla raccolta e
conservazione di cellule staminali derivate da cordone ombelicale”. 13 luglio 2007.
64 K.HENS, K.DIERICKY, Addressing the ethical objections to pediatric biobanks, a cura di J.Kaje,
M. Stranger "Principles and practice in biobank governance", Farnham,2009; pp.105-110
124
Jet Det - 2012
; quindi anche se il minore è di opinione divergente da quella espressa in precedenza
dai tutori legali, in teoria non potrebbe revocarla. Ciò non significa che il soggetto che
ha donato alla banca pubblica la sua unità non possa più recuperarla. Ricordiamo che
le cellule staminali cordonali prelevate e che vengono inserite all’interno del circuito
delle biobanche pubbliche vengono registrate e sono quindi rintracciabili.
L’arte medica è sempre stata diretta alla tutela della salute. L’art.32 della
Costituzione sancisce il diritto della salute come fondamentale diritto dell’individuo, ma anche può essere intesa come salute nell’interesse della collettività. La salute, infatti, interessa il singolo perché egli possa vivere la propria vita e svolgere le
proprie attività, inoltre, riguarda la collettività perché il benessere del singolo inevitabilmente si riflette nella società. Così anche il tema delle cellule staminali cordonali e delle biobanche; essi coinvolgono alcuni diritti fondamentali della persona.
Pertanto vi è la necessità di bilanciare gli interessi del singolo, quali la volontaria
partecipazione del prelievo di materiale biologico, la riservatezza e il controllo delle informazioni e l’interesse collettivo. È per questo bilanciamento che, a mio parere, le biobanche debbano essere enti senza scopo di lucro, cioè non deve esserci la
possibilità di porre un prezzo alle unità prelevate e conservate al loro interno, per
questo deve essere una conservazione eseguita da enti pubblici, accessibili a tutti.
Il cittadino, quindi, dovrebbe essere educato e sensibilizzato a tale tematica, andrebbe
incoraggiata una informazione priva di qualsiasi secondi fini lucrativi, finalizzata unicamente al bene e all’interesse del singolo e della collettività.
65
65 Ministero della salute decreto 3 marzo 2005 "protocolli per l’accertamento dell’idoneità del donatore
di sangue ed emocomponenti" Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 13 Aprile 2005, n. 85.
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