Prodotti di origine animale: esigenze dei consumatori e sfide per la

Transcript

Prodotti di origine animale: esigenze dei consumatori e sfide per la
Prodotti di origine animale: esigenze dei consumatori e sfide
per la zootecnia
V. Russo1, G. Bertoni2, A. Franchini3, D. Lanari4, L. Nanni Costa1,
G. Pulina5, F. Valfrè6
Parte II
La richiesta di tecnici per il sistema delle produzioni animali
Ranghino L., Aleandri R., Bracciaferri C.
Associazione Italiana Allevatori, Roma
Obiettivo dell’intervento è illustrare il punto di vista e l’esperienza dell’AIA in merito al tema “L a richiesta di tecnici
per il sistema delle produzioni animali” . Prima di affrontare il tema è necessario fare un breve cenno sull’importanza
che attualmente riveste il contesto cioè il comparto agricolo-zootecnico in termini numerici ed economici.
Evoluzione economica
del comparto agricolo-zootecnico
N°occupati in agricoltura
N°occupati in agricoltura
(% della popolazione
(% della popolazione
attiva)
attiva)
1950=43%
43%
• • 1950=
(8,6 milioni di addetti);
(8,6 milioni di addetti);
Occupazione % della
popolazione attiva
(ISTAT 1996)
70%
61%
60%
50%
40%
32%
30%
20%
Servizi
0%
7%
Industria
(1,5milioni
milionididiaddetti)
addetti)
(1,5
10%
Agricoltura
OGGI=
7%
OGGI 7%
• OGGI=
OGGI
•
1
Dalla figura si nota che dal 1950 al 1996 (dati ISTAT) si è assistito ad una notevole riduzione degli addetti al comparto
agricolo da 8,6 a 1,5 milioni dal 43% al 7% della popolazione attiva a fronte di un aumento, pari a 2,5 volte, della
produzione lorda vendibile, che nel 1996 è pari a 69.000 miliardi e che pone l’Italia ai vertici delle principali agricolture
dell’Unione Europea. Infatti, oggi l’Italia produce il 15% del valore delle produzioni nell’ambito della UE, dopo
Francia e Germania, come risulta dalla figura seguente.
Evoluzione economica
del comparto agricolo-zootecnico
Contributo alla Produzione
Finale della UE (a 15 Paesi)
• Francia= 22%
• Germania= 15,5%
• Italia=15%
• Spagna, Regno Unito,
Olanda= 9-10% cad..
N.B.
“Se invece del valore finale
della produzione agricola,
consideriamo il valore
aggiunto, e cioe’ il valore
della produzione meno i costi
per l’acquisto di beni
intermedi (mangimi,
fertilizzanti, concimi ecc…)
l’importanza dell’agricoltura
italiana sale notevolmente e
si pone a un livello simile a
quello francese”(da: R.
Fanfani. L’agricoltura in
Italia. Ed. il Mulino. 1998)
Se poi tale classifica si esprime in termini di valore aggiunto, cioè il valore delle produzioni meno i costi per l’acquisto
dei beni internazionali, l’Italia sale al primo posto con la Francia.
Nella figura seguente viene riportata la ripartizione del valore della produzione agricola italiana tra i vari settori da cui
si evidenzia la maggiore importanza in termini economici del settore zootecnico.
Evoluzione economica
del comparto agricolo-zootecnico
•
Coltur
erbace
Ripartizione del valore
della Produzione Agricola
italiana (ISTAT 1996):
• produzioni zootecniche=
Lit. 27.000MD
• colture arboree= Lit.19.000
MD
Coltur
arbore
Zootecn
• colture erbacee= Lit.23.000
MD
2
Il comparto zootecnico, che incide per un valore di 27.000 miliardi si può suddivide nei 5 settori più
significativi in base alla specie animale allevata, come risulta dalla figura seguente:
Evoluzione economica del comparto
agricolo-zootecnico
Composizione della
produzione zootecnica
(valore totale
27.000MD)
Suinicoli
Ovicaprini
Bovini da
latte
• 7.300= Bovini latte
• 6.200= Bovini carne
• 7.000= Avicunicoli
Avicunicoli
• 4.500= Suinicoli
Bovini da
carne
• 1.300= Ovicaprini
L’AIA opera in questo contesto e ha come obiettivo istituzionale lo sviluppo, la tutela, il
miglioramento dal punto di vista tecnico delle produzioni zootecniche nazionali.
L’AIA associa, attraverso le sue diramazioni periferiche, circa 43.000 aziende zootecniche con un
patrimonio di animali controllati di circa 1.900.000 capi.
Pertanto, l'AIA ha come sua principale finalità e preoccupazione la ricerca e la realizzazione di tutte
quelle iniziative che possono contribuire allo sviluppo tecnico, economico, culturale e tecnologico
delle aziende zootecniche italiane che dell'organizzazione sono clienti.
L'esame delle azioni istituzionali e delle esperienze tecniche dell’AIA, che nel tempo si sono
sviluppate a favore del settore produzioni animali e che di seguito vengono ricordate , serve a
meglio inquadrare le problematiche che interessano il settore delle produzioni zootecniche e che
possono rappresentare punti di collaborazione e di confronto tra associazione degli allevatori e
.
mondo della ricerca e della formazione scientifica
3
Esperienze tecniche dell’AIA
• Controlli Funzionali (CCFF)
• Servizio Controllo Mungitrici (SCM)
• Trasferimento operativo di risultati della
ricerca
• Assistenza Tecnica (piano IPO)
• Latte Qualita’(LQ)
• Uffici Tecnici Sanitari (UTS)
• Progetto F.S.E. ( QUALITA’ TOTALE)
I Controlli funzionali della produzione e riproduzione animale si possono definire, in sintesi,
come segue:
Ruolo tecnico dell’AIA
CONTROLLI FUNZIONALI (CCFF)
• normati dalla Legge n. 30 del 15.1991 e successive
modifiche
• svolti per ogni razza, specie o tipo genetico in
produzione zootecnica
• attraverso Uffici Provinciali (UPCPA presso le APA)
• in riferimento a norme internazionali (ICAR),
Disciplinari approvati dal MiPAF, decisioni del CTC
dei CCFF.
Gli obiettivi dei CCFF sono fondamentalmente: la rilevazione dei dati produttivi e riproduttivi di un allevamento allo
scopo di contribuire al miglioramento genetico del bestiame e alla gestione aziendale, in quanto essi rappresentano una
fonte sicura e costante di informazioni tecniche relative al bestiame.
I controlli funzionali interessano circa 1.900.000 di capi e sono in continua crescita come risulta dalla tabella seguente.
4
Ruolo tecnico dell’AIA
CONTROLLI FUNZIONALI (CCFF)
Capi controllati .
1995
1996
1997
1998
1999
1.116.348 1.173.089 1.199.814 1.199.114 1.242.090
133.449 142.830 136.965 161.942 164.440
291.739 331.090 346.360 382.305 418.412
14.360
14.010
14.912
18.830
20.651
26.497
28.400
22.374
25.150
31.133
1.578.270 1.686.169 1.724.548 1.790.591 1.876.726
Bovini latte
Bovini carne
Ovini
Caprini
Bufalini
TOTALI
C a p i c o n t r o lla t i
ca pi co n tro lla ti
( n °)
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
.9
.8
.7
.6
.5
.4
.3
.2
.1
.0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1995
1996
1997
1998
1999
an n i
Un altro servizio fondamentale per gli allevatori, svolto a partire dagli anni ’70 dall’AIA, è il Controllo degli impianti
di mungitura presenti nelle aziende zootecniche. Le finalità di questo servizio agli allevatori, che interessa tutto il
territorio italiano e vede il coinvolgimento di 143 tecnici specializzati in appositi corsi teorico-pratici organizzati
dall'AIA, vengono riportati nella figura seguente:
Ruolo tecnico dell’AIA
Servizio Controllo Mungitrici (SCM)
1 . v e r ific a d e l c o r r e tto fu n z io n a m e n to d e g li str u m e n ti
u tiliz z a ti d a lle A P A p e r la r e g istr a z io n e d e lle p r o d u z io n i
(la tto m e tr i);
2 . v e r ific a d e lla fu n z io n a lità d e g li ’im p ia n ti d i m u n g itu r a ;
3 . v e r ific a d e lla c o r r isp o n d e n z a a lle n o r m a tiv e d i se tto r e
e m a n a te d a ll’IC A R d a p a r te d e lle d itte c o str u ttr ic i le
a p p a r e c c h ia tu r e d i r e g istr a z io n e d e lle p r o d u z io n i;
4 . o r g a n iz z a z io n e e g e stio n e d e i c o r si d i fo r m a z io n e d e i n u o v i
te c n ic i S C M ;
5 . o r g a n iz z a z io n e e g e stio e d e i c o r si d i a g g io r n a m e n to d e i
te c n ic i S C M , a n c h e a ttr a v e r so in c o n tr i c o n r a p p r e se n ta n ti
d e lle d itte p r o d u ttr ic i.
5
Nel periodo 1995 –96, l’AIA ha svolto un’interessante esperienza tecnica in collaborazione con gli Istituti Universitari
nell’ambito del Progetto RAISA finanziato dal CNR che aveva come finalità l'esame di tutti i lavori scientifici
realizzati con il progetto e il trasferimento in campo dei risultati ottenuti dalla ricerca.
Esperienza tecnica dell’AIA
Trasferimento risultati ricerca
Esperienza condotta recentemente dall’AIA in collaborazione
con Istituti Universitari italiani all’interno del Progetto
Finalizzato del CNR denominato R.A.I.S.A.
OBIETTIVO:: TRASFERIMENTO OPERATIVO DEI
RISULTATI DELLA RICERCA NEL CAMPO
ZOOTECNICO.
Si e’ operato nei seguenti settori:
•QUALITA’ DELLA CARNE
•SISTEMI AUTOMATIZZATI PER ANALISI DEL
LATTE
Nell'ambito della suddetta iniziativa, l’AIA ha realizzato diversi incontri di aggiornamento con i tecnici che operano
nell’ambito delle Associazioni allevatori, in occasione dei quali i ricercatori interessati hanno avuto modo di illustrare i
risultati scientifici più significativi e di facile trasferimento in campo ottenuti con il progetto RAISA, inoltre sono stati
sviluppati in termini applicativi alcuni temi di particolare interesse zootecnico, quali: la qualità della carne delle razze
bovine e le analisi qualitative automatizzate sul latte.
In realtà il dialogo tra mondo scientifico e AIA è stato sempre attivo, e ha raggiunto il livello massimo di efficacia nel
corso degli anni ’80, quando l’AIA ha avviato una delle sue esperienze tecniche più significative: Il piano di lotta
all’ipofertilità e alla mortalità neonatale del bestiame.
Il piano ha riscosso grande successo in quanto ha introdotto il servizio di assistenza tecnica continuata e organizzata
negli allevamenti italiani, contribuendo fattivamente alla crescita culturale delle aziende agricole piccole e grandi. Ha
inoltre avuto il pregio di avvicinare il mondo allevatoriale a quello scientifico attraverso l’intermediazione dei tecnici
presenti in azienda.
Dal 1980 al 1998 sono stati organizzati dall’AIA un numero elevato di corsi di formazione e di aggiornamento per i
tecnici del Piano IPO e sono state svolte diverse prove in campo, entrambe le iniziative con la più ampia collaborazione
del mondo accademico e di esperti del settore.
Le finalità del piano si possono così riassumere:
1. Individuazione dei fattori alimentari, genetici, sanitari, gestionali che determinano l’ipofertilità animale e che,
riducendo la disponibilità di soggetti nati, in ultima analisi limitano la quantità di carne prodotta in Italia
2. Creazione di uno staff tecnico specializzato (zootecnici + veterinari)
3. Gestione informatica dell’azienda e raccolta organizzata di dati tecnici
4. Conoscenza analitica delle caratteristiche qualitative delle materie usate e prodotte in zootecnia
5. Applicazione di un unico modello operativo di assistenza in tutti gli allevamenti italiani.
Nel 1990, anno di maggiore estensione, il Piano Ipofertilità interessava:
• 850 tecnici operanti in tutte le regioni italiane
• 21.250 allevamenti bovini con un totale di 830.000 capi
• 7.000 allevamenti ovicaprini con 400.000 capi in totale
• 570 allevamenti suinicoli con un totale di133.000 scrofe
Le attività tecniche previste dal Piano IPO si sono integrate con quelle avviate con fondi comunitari a partire dalla fine
degli anni '70 , che avevano come finalità la lotta alla mastite negli allevamenti bovini, tale piano negli anni '80 e '90 si
è evoluto nel Piano di miglioramento della qualità del latte, in concomitanza con l’entrata in vigore del pagamento
del latte in base alla qualità e con l'introduzione delle normative nazionali e comunitarie sulla produzione di latte crudo
per il consumo alimentare ( decreti ministeriali 184 e 185 del 1991 e direttiva comunitari 92/46 e relativo recepimento
nazionale).
Le finalità del piano di miglioramento erano e sono ancora oggi l'attuazione di sistemi di controllo e di miglioramento
dei parametri qualitativi del latte, lo svolgimento in allevamento di azioni volte alla prevenzione e cura della mastite
negli animali da latte.
6
Il piano si avvale per la sua esecuzione di due elementi fondamentali: l'intervento in allevamento e in caseificio di
tecnici specializzati, che hanno il compito di prevenire e di verificare i fattori che determinano la qualità del latte dal
punto di vista microbiologico, igienico-sanitario e merceologico, i laboratori di analisi del circuito AIA-ARA, che,
operando in modo omogeneo e coordinato su tutto il territorio nazionale, forniscono dati analitici che esaurientemente
determinano le caratteristiche e dei prodotti zootecnici.
Il Piano di miglioramento della qualità del latte nel 1994 interessava 200 tecnici, 39 enti esecutori (APA - APL Cooperative.), 69.000 allevamenti con 1.390.000 vacche, 103.000 campioni di massa (18 campioni/azienda) analizzati
nei laboratori AIA per un totale di 13 milioni determinazioni analitiche.
Gli UTS o uffici tecnici sanitari sono nati nel 1998 in un momento storico, in cui erano emersi gravi problemi sanitari
negli allevamenti italiani. Gli uffici dislocati presso ciascuna APA italiana avevano il compito di:
• favorire i rapporti di collaborazione e di scambio di informazione tra istituzioni e allevatori per garantire il successo
delle attività di risanamento, profilassi, uso dei farmaci in allevamento
• collaborare con le istituzioni nell'avvio dell’anagrafe unificata allevamenti(AUA)
• gestire le informazioni relative la situazione sanitaria degli i allevamenti presenti sul territorio
• risolvere problemi di scambi e movimentazione di animali in Italia e verso l’estero
• collaborare con l’allevatore per la risoluzione di problemi veterinari.
Oggi sono rimasti attivi solo alcuni uffici tecnici vecchia maniera, la maggior parte dei veterinari impegnati sono
entrati a far parte del servizio di Assistenza Tecnica agli allevamenti, ex Piano IPO.
Nel 1997 l’AIA ha avviato progetti, finanziati dal Fondo Sociale Europeo e dal Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale, per la riqualificazione professionale del personale operante nelle proprie strutture. Sono nati così programmi
di formazione per il personale operante nelle associazioni allevatori delle regioni italiane sul tema ” La Qualità Totale
nel Sistema Zootecnico”.
Finalità dei progetti di formazione del personale è introdurre nel mondo associativo zootecnico la filosofia e gli
strumenti propri della Qualità Totale e dei Sistemi Qualità.
Il progetto di formazione, realizzato prima nelle regioni del centro-nord Italia e poi in alcune del Sud, era strutturato
secondo lo schema sotto riportato che riguarda solo le tre regioni del Sud Italia.
QUALITA’ TOTALE NEL SISTEMA ZOOTECNICO
P.O. 940026/I/1 - FASC. 1081/26
PREPARAZIONE
DELL’INTERVENTO
FORMATIVO
Analisi per l’individuazione
dei fabbisogni formativi
per Regione
Definizione dell’intervento
formativo
PUBBLICIZZAZIONE
Seminari
Incontri
Avvisi su stampa
Pagine Internet
REGIONI
INTERESSATE
DALL’INTERVENTO
ATTIVITA' FORMATIVE
Corso Base
Corso Specialistico
Destinatari: 25
Moduli: 8
2 Sicilia, 1 Basilicata
5 Sardegna
Destinatari: 20
Moduli: 5
2 Sicilia, 1 Basilicata
2 Sardegna
Cantieri
Seminario conclusivo
Organizzazione
delle ARA/APA
Latte
Formaggi
Carne
Destinatari: 10
Moduli: 5
2 Sicilia, 1 Basilicata
2 Sardegna
Destinatari: 10
Moduli: 5
2 Sicilia, 1 Basilicata
2 Sardegna
Destinatari: 20
Moduli: 5
2 Sicilia, 1 Basilicata
2 Sardegna
7
La fase più significativa ed efficace del percorso formativo è risultata essere quella che prevedeva la realizzazione del
cosiddetto “cantiere di miglioramento”, un gruppo di lavoro costituito da più persone interessate all’approfondimento e
all' applicazione di metodologie e strumenti della Qualità Totale a problematiche aziendali proprie delle Associazioni
Allevatori e delle aziende agricole. Nell'ambito di alcuni cantieri di miglioramento sono stati sviluppati temi riguardanti
l'applicazione dei sistemi Qualità ai processi aziendali delle Associazioni, ad esempio al servizio di assistenza tecnica
offerto agli allevatori. A tale proposito il gruppo ha approfondito la metodologia per la definizione di un manuale della
qualità e ha provveduto alla stesura di una bozza del manuale e delle procedure che rappresentano il punto di partenza
del percorso che porta alla richiesta di certificazione da parte di ente terzo di un servizio. In seguito a questo lavoro
preliminare alcune Associazione allevatori hanno deciso di procedere alle certificazioni ISO 9000 del servizio di
assistenza tecnica agli allevatori.
Un secondo filone ha approfondito l’applicazione dei sistemi di autocontrollo dei processi per la produzione di latte in
un allevamento di bovini e per la produzione di soggetti bovini da carne di qualità certificata. Di seguito vengono
riportati i diagrammi di flusso descrittivo del processo produttivo del latte o della carne dell’allevamento tipo.
(
E S E M P I O D I F L U S S O (L A T T E )
B o v in a in
p ro d u z io n e
A n im a le s o tto
tra tta m e n to ?
M u n g itu ra
C o n tro llo
s a n ità
M u n g itu ra
s e p a ra ta
no
si
A n im a le d a
tra tta re ?
no
M u n g itu ra
R a c c o lta
si
R a c c o lta
d iffe re n z ia ta
C onse gna
d iffe re n z ia ta
C o n s e r v a z io n e
C onse gna
ESEM PIO DI FLU SSO (C ARN E)
Approvvigionam ento
anim ali
(produzione interna)
Verifica stato ok
sanitario
ko
Elim inazione
Svezzam ento
Rim onta
interna
M aschi
Femm ine
Ingrasso
Finissaggio
M aturità
soggetti
Stato sanitario
Increm ento peso
Uscita
Trasporto
M acellazione
8
Questa ultima esperienza dell'AIA ha evidenziato chiaramente che le esigenze e i fattori economici, commerciali e
organizzativi che influiscono sul settore produttivo si sono modificati e complicati nel tempo e che, pertanto,
richiedono alla categoria degli allevatori scelte più articolate che tengano in considerazione tutti i fattori e i soggetti che
stanno a monte e a valle della produzione zootecnica.
Anche chi opera nell'ambito della formazione professionale deve tenere conto di questi elementi e adoperarsi perché il
personale che svolge interventi tecnici nel settore produzioni animale sia sufficientemente e adeguatamente preparato
sulle nuove problematiche che interessano l'impresa agricola.
L’AIA, per contribuire all' adeguamento e allo sviluppo continuo della categoria, ha analizzato a fondo gli elementi
esterni che agiscono sul settore agricolo e che ne condizionano necessariamente le scelte. Alcuni dei fattori esterni che
attualmente influiscono e interagiscono con il comparto agricolo si possono sintetizzare così:
costi di produzione
globalizzazione dei mercati
integrazioni di filiera
raccordo con il mondo della ricerca scientifica
normative nazionali e comunitarie
salvaguardia dell'ambiente
benessere degli animali
salute del consumatore
produzioni tipiche e di qualità
Anche le indicazioni ultime dettate dall’Unione Europea in materia di interventi tecnici ed economici a favore delle
produzioni animali risentono dell’evoluzione che è avvenuta o sta avvenendo nell’economia mondiale, nelle abitudini
ed esigenze del mercato e del consumatore.
Oggi l’Unione impone a chi opera nel mondo produttivo agricolo di effettuare interventi tecnici a largo spettro cioè di
assumersi il compito di divulgare presso il maggior numero possibile di addetti le informazioni di natura tecnica al fine
di facilitare la gestione globale dell’azienda zootecnica, inserita nel contesto di filiera produttiva.
I tecnici sono chiamati ad un’azione di consulenza generale alla gestione con l’obiettivo di ottenere produzioni che
rispondano ai canoni dettati dal mercato sia in termini qualitativi sia quantitativi e che consentano, comunque sempre,
un risultato positivo in termini di reddito per l’imprenditore.
Pertanto, il ruolo del tecnico in allevamento si sta modificando, ora deve avere una formazione professionale di base
tale da consentirgli l'analisi completa di tutti gli elementi interni ed esterni che interessano e influiscono sulla gestione
dell’azienda agricola.
L’AIA consapevole dell’evoluzione che il settore sta vivendo, lavora con le sue strutture centrali e periferiche allo
scopo di raggiungere alcuni obiettivi tecnici, quali ad esempio:
9
OBIETTIVI TECNICI DELL’ASSOCIAZIONE
ITALIANA ALLEVATORI
• MIGLIORAMENTO DEI SERVIZI TECNICI ALL’ALLEVATORE
• MIGLIORAMENTO DELLE TECNICHE DI PRODUZIONE DEI
PRODOTTI LATTIERO-CASEARI E DELLA CARNE
• MIGLIORAMENTO DELLO STATO IGIENICO-SANITARIO
DEGLI ALLEVAMENTI E DEI PRODOTTI
• MONITORAGGIO IN TEMPI REALI SULLO STATO DELLA
ZOOTECNIA ATTRAVERSO L’ANALISI STATISTICA DELLE
INFORMAZIONI DELLE BANCHE DATI TECNICI
• FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO CONTINUO DEL
PERSONALE TECNICO
Per la definizione ed attuazione di nuovi piani di attività tecnica a favore del settore zootecnico, l’AIA ha ridefinito in
base al seguente schema:
Evoluzione dell’Assistenza Tecnica negli
allevamenti
I piani regionali ed interregionali di
Assistenza Tecnica in Zootecnia.
•
•
•
•
•
•
•
Nuove filosofie per i piani di assistenza tecnica
Ruolo dello Zootecnico
La partecipazione dell’Allevatore
Il collegamento con le strutture territoriali
I supporti tecnici
La formazione
Il coordinamento
Nella formulazione di nuovi programmi tecnici ora si parla di servizio di consulenza all'azienda zootecnica per tutti gli
aspetti che interessano la gestione dell'impresa, il ruolo e la funzione dello zootecnico consulente è di collaboratore
dell'allevatore nelle azioni di prevenzione e controllo dei fattori che influiscono sulle fasi del processo produttivo
aziendale..
L'AIA ritiene sempre più importante il coinvolgimento diretto dell'allevatore nella fase decisionale e programmatica
degli interventi tecnici, oltre ad una compartecipazione finanziaria sempre più condivisa e motivata.
Inoltre, si reputa indispensabile per il buon esito dell’intervento tecnico in azienda che questo avvenga in collegamento
e in sintonia con tutte quelle strutture presenti sul territorio che agiscono in maniera diretta o indiretta sul processo
produttivo aziendale: industrie fornitrici di materie prime, organizzazioni di trasformatori, consumatori e commercianti,
strutture di ricerca, specialisti del settore e grande distribuzione.
Fa parte del patrimonio culturale dell'AIA attribuire grande valore al fattore umano per ottenere
successo nelle iniziative tecniche a favore degli allevatori, pertanto, nella definizione di nuove attività, continua a
puntare sulla qualità del personale tecnico che lavora per gli allevatori; ritiene fondamentale che il personale segua un
10
percorso formativo che inizia prima dell'avvio delle attività lavorative e continua durante tutto il periodo di
collaborazione professionale con l'associazione.
Le tematiche trattate nella fase formativa devono essere di attualità ed di interesse per l’allevatore, in modo tale che
l’intervento tecnico sia sempre efficace e possa realmente dare un contributo valido alla gestione dell’impresa agricola.
Oltre alla preparazione professionale, i tecnici possono beneficiare nello svolgimento dell’attività di consulenza di
supporti tecnici che l'organizzazione allevatori ritiene utile mettere a disposizione , come ad esempio: procedure
informatiche per la raccolta ed elaborazione dei dati aziendali fonte indispensabile per una conoscenza continua e
costante degli eventi che interessano l’azienda e per le scelte gestionali conseguenti, laboratori di analisi in grado di
fornire dati tecnici su materie prime, su prodotti zootecnici, su materiale biologico in genere utilizzato e prodotto in
aziende agricole. La conoscenza dei parametri igienici, quanti-qualitativi sanitari, sanitari dei prodotti, dei soggetti
allevati e degli ambienti consentono di operare delle scelte tecniche in allevamento più oculate ed efficaci.
Pertanto, la fase formativa del personale tecnico deve prevedere anche un approfondimento sull' interpretazione e uso
corretto delle informazioni che i laboratori di analisi e i centri di ricerca specializzati sono in grado di fornire, in modo
tale che esse possano rappresentare un valido supporto alle scelte dell’azienda.
Allo stesso modo il tecnico deve saper utilizzare gli strumenti che la tecnologia continuamente mette a disposizione
dell’agricoltura sia per quanto attiene le strutture, le attrezzature e gli strumenti che fanno parte integrante dell'azienda
zootecnica, sia per quanto riguarda le metodologie che sono alla base delle varie fasi del processo produttivo
dell’allevamento.
Un elemento fondamentale per un’organizzazione diffusa capillarmente sul territorio nazionale e operante in realtà assai
differenti, quale è l'AIA, è rappresentato dalla capacità di intervenire in modo omogeneo e qualitativamente uniforme su
tutto il territorio interessato. Per ottenere questo risultato, è fondamentale l'esistenza di un organismo che eserciti
un’adeguata azione di coordinamento di tutte le attività di tipo organizzativo, tecnico- formativo, economico, gestionale
che vengono svolte dal personale presente nelle diverse zone di produzione.
Il coordinamento unico e centralizzato è stato il punto di forza del Piano di lotta all’ipofertilità e ha consentito di creare
una rete nazionale di assistenza tecnica agli allevamenti zootecnici che aveva gli stessi obiettivi , era composta da
personale con una preparazione omogenea e aggiornamento professionale continuo, in grado di operare in allevamento
seguendo lo stesso modello operativo. In tale modo si è formato uno staff tecnico omogeneo nella metodologia
operativa in grado di offrire a tutti gli allevatori in qualsiasi regione italiana si trovino, servizi tecnici simili in termini di
livello qualitativo di intervento.
Ancora oggi nella formulazione dei programmi interregionali di consulenza in campo zootecnico, Pertanto, ancora oggi
l’AIA, pur non svolgendo più il ruolo di coordinamento nazionale dei programmi di assistenza tecnica, si adopera , in
modo diretto o indiretto, perché nella definizione dei piani interregionali di assistenza in zootecnia sia mantenuta la
stessa uniformità in termini di formazione e di operatività per il raggiungimento di obiettivi unici, quali:
il miglioramento qualitativo delle produzioni zootecniche, nel rispetto delle normative vigenti
il miglioramento igienico-sanitario dell'ambiente (strutture, impianti, attrezzature)
il miglioramento della sanità e salubrità delle materie prime ( alimenti ,animali) e dei prodotti (latte, carne e
prodotti caseari) a salvaguardia della salute del consumatore
Per raggiungere tali obiettivi, occorre disporre di personale tecnico qualificato cioè di uno zootecnico professionista, in
grado di supportare l’allevatore in tutte le scelte che la gestione globale dell'impresa zootecnica comporta. In particolare
lo zootecnico è chiamato a collaborare con l’allevatore nella definizione delle azioni di prevenzione ai problemi che
possono insorgere nelle diverse fasi del processo produttivo e di controllo dei punti critici del processo stesso.
La logica che deve guidare lo zootecnico nella sua azione di consulenza all'azienda è quella che sta alla base del
Sistema di autocontrollo di un processo produttivo, dove per autocontrollo, secondo la definizione di J. Leissirand, si
intende “l’insieme delle azioni o delle attività destinate ad assicurare e dimostrare che un prodotto alimentare è
conforme alle esigenze d’igiene e sicurezza”, .e come metodo ha questi obiettivi di:
- riflettere sulla realtà e individuare gli errori di gestione
- definire le regole di gestione condivise e applicate da tutti i partecipanti il processo aziendale
- far sì che le conoscenze del singolo diventino di tutti
- dimostrare la capacità dell’azienda di garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti
- avere informazioni necessarie a valutare e migliorare le diverse fasi del processo produttivo.
La legislazione nazionale e comunitaria in materia di sanità, igiene e rintracciabilità dei prodotti, i principi economici
che regolano il mercato dei prodotti alimentari e le esigenze del consumatore finale impongano all’imprenditore
agricolo e allo zootecnico consulente che collabora con lui scelte e metodi di produzione che tengano conto di tutti
questi fattori e che siano documentabili, in modo tale da poter dimostrare quanto viene fatto in azienda a garanzia della
qualità del prodotto finale.
Lo zootecnico e l'allevatore sanno che la Qualità, secondo la definizione ISO 8402, è " l'insieme delle caratteristiche di
un'entità (prodotto/servizio) che ne determinano la capacità di soddisfare esigenze espresse ed implicite " e , in
particolare che la qualità di un prodotto zootecnico, latte o carne, è il risultato di un processo produttivo complesso,
composto da più fasi, in cui intervengono più elementi e procedure operative, soggette a fattori di rischio e a punti
critici.
11
Come si vede dallo schema riportato di seguito la qualità del latte è influenzata da diversi fattori che occorre valutare e
tenere sotto controllo.
Operazioni
di stoccaggio
Operazioni
di
mungitura
Igiene
strutture ed
attrezzature
Igiene degli
animali
QUALITA’ LATTE
Eco-Ambiente
Igiene degli
operatori
Sanità degli
animali
Gestione
dell’alimentazione
Per certificare o assicurare la qualità di un prodotto, quindi, occorre applicare un piano di autocontrollo della
produzione che presuppone la conoscenza dettagliata delle fasi che compongono il processo produttivo , l'analisi dei
fattori di rischio, l'individuazione e il controllo dei punti critici propri di ciascuna fase di processo.
Oggi, il settore delle produzioni animale sta incominciando ad adottare questa metodologia operativa ed ritiene utile
che il tecnico consulente sia adeguatamente preparato e in grado di collaborare in modo fattivo per l'avvio di questo
processo innovativo.
12
A tale proposito, si riporta di seguito un esempio di diagramma di flusso descrittivo del processo produttivo di un
formaggio siciliano, in cui sono messi in evidenza i punti critici di alcune fasi del processo, il lavoro è stato sviluppato
in occasione dei corsi di riqualificazione del personale tecnico delle associazioni realizzati, come sopra detto, nel 1999.
LINEA DI CASEIFICAZIONE DEL PECORINO SICILIANO
LATTE CRUDO DI PECORA
CO
RICEVIMENTO
CO
FILTRAZIONE
CCP
CCP
CCP
CONSERVAZIONE
MISCELAZIONE E
RISCALDAMENTO (33 +3 °C)
CAGLIO
70 gr/q*
CR
ACQUA CALDA (75 +5 °C
20 lt x 100 lt di latte)
CO
CR
COAGULAZIONE-PRESA E
INDURIMENTO (45’ + 5’)
CCP
ROTTURA A LENTICCHIA
ESTRAZIONE DELLA CAGLIATA
CO
TRASFERIMENTO IN CANESTRI E
PRESSATURA (manuale)
CO
CR
SO
MATURAZIONE SOTTO SCOTTA
SCOTTA CALDA
(escursione termica
da 80 a 50 °c in
almeno 3 ore, pH
finale della pasta 6,0
+0,1)
ESTRAZIONE DELLE FORME
MATURAZIONE E RASSODAMENTO A
TEMPERATURA AMBIENTE PER 24 ORE
CR
CCP
SALATURA A SECCO
SALE
CO
CCP
SO
STAGIONATURA
CCP
KO
CONTROLLO
QUALITA’
ELIMINAZIONE
OK
CR
CONSERVAZIONE,TRASPORTO
VENDITA
CCP
13
In conclusione, oggi il tecnico che opera nel settore delle produzioni animali deve essere professionalmente preparato su
tutti i settori che interessano l’azienda zootecnica, avere una visione globale delle problematiche e un approccio non
settoriale anche se adeguatamente specialistico. Per tutto ciò risulta di fondamentale importanza che il personale tecnico
che opererà presso i soci dell’AIA acquisisca già durante gli studi universitari un'adeguata conoscenza d’insieme delle
problematiche che interessano il settore delle produzioni animali, oltre ad una specializzazione su tematiche particolari
che caratterizzano la professionalità di ciascun tecnico.
L’AIA, pertanto, ben volentieri collabora e continuerà a collaborare con il mondo accademico per la definizione delle
esigenze professionali necessarie alla adeguata formazione dello zootecnico del 2000 e per il trasferimento in campo
delle risorse scientifiche per il miglioramento continuo della zootecnia italiana.
RIORDINO UNIVERSITARIO E PROFILI PROFESSIONALI1
PIER LORENZO SECCHIARI2
Credo sia opportuno avvicinarsi all'argomento che devo
illustrare ripercorrendo le tappe che hanno segnato il cammino
che ci vede oggi alla vigilia di una innovazione radicale della
struttura dell’insegnamento universitario.
1997 – - Legge 15 Maggio1997, n° 127 Autonomia Didattica.
- Nota di indirizzo del Ministro sulla Legge 15 Maggio 1997, n° 127 autonomia Didattica.
- Rapporto finale del Gruppo di Lavoro del MURST (Commissione Martinotti) su “Autonomia didattica e
innovazione dei corsi di studio di livello universitario e post-universitario” (3/X/1997).
1998 – - Dichiarazione congiunta su “L’armonizzazione dell’architettura dei sistemi
di istruzione Superiore in Europa”. (Da parte dei Ministri di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia).
Parigi, La Sorbona, 25/05/98.
1999 – - “Regolamento in materia di autonomia didattica” (3/11/99).
- Schema di decreto ministeriale recante la “Definizione delle Classi delle aree universitarie”. Trasmesso
al CUN in data 15/12/99.
2000 – - Schema del decreto ministeriale recante la definizione delle lauree
specialistiche (2/03/2000).
Il nodo cruciale degli eventi che si sono succeduti è rappresentato dal Regolamento sull’autonomia didattica che ha dato
corpo a quanto affermato nella legge 127/97, ed è stato accompagnato da un ampio dibattito culturale, seguito dalla nota
di indirizzo dell’allora Ministro G. Berlinguer sulla legge medesima e, successivamente, dalle discussioni sul rapporto
finale del Gruppo di lavoro del MURST (Commissione Martinotti).
A seguito di questo processo, l’Università italiana assumerà un volto completamente nuovo.
Come appare chiaro dai documenti programmatici (Manifesto della Sorbona; Documento Martinotti) l’Università
italiana infatti si accinge a passare da un impianto che vedeva l’offerta formativa articolata su una ampia e approfondita
1
Al momento della stesura definitiva dell'intervento è stato presentato il decreto legge (4/8/2000) che definisce le classi
di 1° livello, insieme è stato presentato anche l'elenco delle classi di 2° livello. Il testo è stato pertanto adeguato alla
nuova situazione.
2
Dipartimento di Agronomia e Gestione dell'Agroecosistema, Sezione di Scienze Zootecniche - Università di Pisa.
14
formazione di base su cui si innestavano le specializzazioni, ad un impianto, tipicamente anglosassone, in cui sono
definiti vari livelli di preparazione, rispetto ai quali è previsto soltanto quanto è indispensabile per garantire la
preparazione richiesta dagli obiettivi di ogni specifico livello.
Noi tutti veniamo dal primo tipo di formazione e in larga misura siamo figli della cultura classica, da cui era derivata la
scuola italiana (basti pensare al primato dei Licei Classici nella struttura della scuola italiana nata dalla riforma, di
impronta idealistica, di G. Gentile).
Perciò siamo istintivamente diffidenti verso il nuovo disegno della struttura universitaria e lo sentiamo in qualche
misura estraneo alla nostra formazione culturale, anche se molti di noi hanno fatto esperienze e tratto positive
impressioni dal mondo accademico anglosassone.
Sono note le ragioni che hanno propiziato la riforma.
L’ampliamento del sapere rende sempre più problematico il compito di garantire a tutti una formazione culturale di
ampio respiro. La società dei paesi industrializzati avanzati ha bisogno di intelligenze che siano padrone di preparazioni
professionali precise, con livelli di conoscenza differenziati in relazione alla necessità del mercato del lavoro e delle
aspirazioni dei candidati al lavoro medesimo.
Il basso rendimento dell' “impresa” Università, con solo il 30% degli immatricolati che giungono alla laurea, imponeva
di diversificare l'offerta didattica, graduandola in tipologie di differente durata e difficoltà per favorire l’immissione sul
mercato del lavoro di laureati giovani e non quasi trentenni come spesso accade ora.
Questa modulazione di più livelli di laurea e di conseguenti acquisizione di conoscenze è contraddistinta da un primo
livello di formazione, rappresentato dalla laurea normale che può proseguire e concludersi con la laurea specialistica (5
anni) o costituire titolo terminale, con il conseguimento di una qualificazione professionale compiuta, che, tuttavia, non
esclude un successivo completamento in una laurea specialistica.
Questa è la novità più vistosa: la trasformazione del titolo unico di laurea in una struttura a due livelli: uno di tre e
l’altro di cinque anni, più un terzo diploma chiamato master universitario che può collocarsi dopo il primo o il secondo
livello.
Inoltre, dopo la laurea quinquennale, sono previste le Scuole di specializzazione o le Scuole di dottorato di ricerca.
Un altro aspetto innovativo è l’introduzione dei crediti. Il credito è un modo per pesare le diverse attività formative,
anche in base al lavoro di apprendimento dello studente.
Il credito non sostituisce il voto, ma è la misura convenzionale del lavoro di apprendimento: ore di lezione, studio
personale, esercitazioni, tirocini, stage. Un credito corrisponde a 25 ore, la metà delle quali è attribuita al lavoro dello
studente. Ogni anno occorre totalizzare 60 crediti. La verifica del credito avviene con il superamento dell’esame (voto
in trentesimi), oppure con un altro tipo di valutazione scelto dall’Università.
In definitiva: il credito misurerà la quota di lavoro, il voto esprimerà il livello qualitativo di quel lavoro.
Il terzo momento qualificante la riforma, riguarda quanto è derivato dai decreti d’area e verrà definito con
l’approvazione delle classi, ormai imminente. I corsi di laurea e quelli di laurea specialistica sono infatti raggruppati in
classi. Queste corrispondono ad aree scientifico-disciplinari e per la laurea (primo livello) sono 42 ( ad esse si
aggiungeranno quelle dell’area sanitaria ).
In ogni classe saranno presenti corsi di laurea con gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le medesime attività
formative indispensabili, in grado pertanto di garantire profili professionali e culturali affini. Il corso si concluderà con
una prova finale che, comunque, non prevederà una tesi analoga a quella che viene discussa attualmente al termine del
corso di studio.
Le classi specialistiche sono 104, con una varietà di indirizzi che coprono tutti gli ambiti professionali. Il corso di laurea
specialistico conferisce allo studente una preparazione culturale e professionale avanzata per l’esercizio di attività di
elevata qualificazione.
In particolare per le 2 tipologie di laurea introdotte, occorre precisare che alcune delle lauree attuali e molte delle future,
pur avendo una loro specificità, verranno a far parte della medesima classe.
Le lauree di una determinata classe sono equivalenti per l’accesso ai pubblici concorsi o alle professioni, fermo restando
che per l’accesso medesimo si può prevedere il possesso di specifiche competenze oltre al titolo di studio di una
determinata classe (acquisizione di crediti specifici).
Gli atenei sono comunque liberi di offrire agli studenti più corsi di laurea della medesima classe, molto diversificati:
- con preparazione fortemente orientata alla professionalità (tipologia degli attuali Diplomi Universitari);
- con preparazione fortemente orientata ad una solida preparazione di base aperta a successivi affinamenti;
- con preparazione intermedia tra queste due tipologie (a vari gradi di valore intermedio).
Le classi, insieme con i crediti, sono la base su cui si articola la flessibilità del nuovo sistema
formativo universitario.
Il Master è un corso di perfezionamento scientifico di alta formazione permanente e ricorrente, successivo al
conseguimento della laurea (master di primo livello) o della laurea specialistica (master di secondo livello). I master
saranno in genere di durata annuale, ma essa potrà variare caso per caso; in ogni caso i crediti da raggiungere saranno
almeno 60.
15
Il Dottorato di Ricerca è il livello più elevato di acquisizione del sapere universitario e, solitamente biennale, si
potrà frequentare dopo la laurea specialistica.
Il numero dei crediti necessari per il dottorato, che prepara ad intraprendere attività di studio e
ricerca, sarà stabilito dagli Atenei.
Le Scuole di Specializzazione forniscono una preparazione specifica per particolari attività professionali. Possono
essere previste sia al termine del primo livello (per es.: per gli insegnanti) o, per altre aree, dopo la laurea specialistica.
Occorrono comunque 300 o 360 crediti, compresi quelli già acquisiti.
Ogni classe ha una sua denominazione, che non necessariamente ricorda quella dei possibili corsi di
laurea ed è articolata in due parti:
1) Contiene in forma descrittiva gli obiettivi formativi qualificanti della classe, cioè le competenze e le capacità che
qualificano il profilo culturale e professionale del laureato.
2) Contiene lo schema delle attività formative indispensabili per il conseguimento dei suddetti obiettivi formativi.
Le attività formative indispensabili di ogni classe sono raggruppate in sei tipologie:
a)
attività formative di base
b)
“
“
caratterizzanti
c)
“
“
affini o integrative
d)
“
“
a scelta dello studente
e)
“
“
per la prova finale e per la lingua straniera
f)
“
“
per ulteriori competenze linguistiche, per abilità informatiche e
relazionali, per i tirocini, etc.
Le attività formative dei primi tre tipi ( di base, caratterizzanti, affini o integrative) sono individuate mediante
l’elencazione di uno o più “ambiti disciplinari”, per ciascuno dei quali è indicato il numero minimo di crediti previsti
dagli ordinamenti didattici di Ateneo.
Un ambito disciplinare è un insieme di settori scientifico-disciplinari culturalmente e professionalmente affini e nei
prospetti è individuato da un titolo e da un elenco di almeno due settori scientifico–disciplinari.
Il numero minimo di crediti in ogni allegato per ciascuna delle tre tipologie (a-b-c) non può essere minore di 18, ma la
somma dei tre valori non deve superare 90 il che implica che gli allegati non vincolano più di metà del curriculum di
ogni studente.
In molti casi il Ministero ha indicato soltanto il numero minimo dei crediti per ogni tipologia di attività formativa; ciò
comporta un’autonomia maggiore per gli Atenei; in ogni ordinamento didattico, infatti, sarà prevista qualche attività
formativa in ciascun ambito indicato nel prospetto (con l’obbligo che la somma dei crediti destinati ai vari ambiti superi
il valore minimo previsto per la tipologia relativa).
Per le rimanenti tre tipologie (a scelta dello studente, per la prova finale ecc.) sono indicati il numero minimo di crediti
per ogni tipologia, che non devono essere meno di 9 e la cui somma non può superare 36.
Il MURST accerterà la coerenza degli ordinamenti didattici dei corsi di laurea con i requisiti delle corrispondenti classi
specificate nel decreto sulla determinazione delle medesime.
Gli aspetti organizzativi di un corso di laurea e ogni decisione sugli insegnamenti da attuare nell’ambito dei settori
scientifico-disciplinari indicati dall’ordinamento didattico, sono completamente affidati agli Atenei, nel rispetto della
funzionalità agli obiettivi formativi specifici indicati dall’ordinamento didattico del corso di laurea.
Il 34% dei crediti verrà definito in autonomia dalle sedi universitarie e dagli studenti.
L’autonomia, tuttavia, giocherà un ruolo ancora più sostanziale; nella parte vincolata infatti si faranno sentire le scelte
delle Facoltà che dovranno concretamente riempire, con le varie “materie”, i grandi contenitori costituiti dai settori
scientifico-disciplinari, elencati in ogni ambito di ciascuna classe.
Questo riferimento dei singoli corsi alla classe di appartenenza costituirà il denominatore comune dei percorsi
autonomamente caratterizzati dalle sedi universitarie.
Gli elementi unificanti per i corsi saranno spesso molto tenui e si limiteranno a garantire il valore legale dei titoli di
studio, anche se quasi certamente non basteranno per partecipare agli Esami di Stato.
Occorrerà per questo un “supplemento al diploma”, cioè un riferimento ai saperi e alle competenze, concretamente
acquisiti in termini di crediti, che verranno certificati nel diploma.
Questo, in prospettiva, svuoterà il significato di valore legale del titolo di studio, in quanto il valore sostanziale del
curriculum degli studi sarà dato dai crediti accumulati negli anni di corso.
16
Appare pertanto oziosa la querelle antica: valore legale sì – valore legale no; se da un lato infatti, soprattutto per
l’esercizio della professione sarà sempre necessaria una certificazione di abilità e preparazione professionale, questo
però si otterrà probabilmente per altre vie, rispetto all’attuale articolazione dell’Esame di Stato, e un grande rilievo avrà
a questo proposito la certificazione dei crediti acquisiti.
Quanto detto potrebbe aprire un altro versante della discussione, cioè i rapporti con gli Ordini professionali, che hanno
innescato un ampio dibattito su vari aspetti connessi con la riforma: livello e denominazione dei nuovi titoli; problema
delle equipollenze fra gli stessi e rispetto ai vecchi titoli di diploma e di laurea; attribuzione delle competenze ai laureati
e ai laureati specialisti, accesso agli esami di stato e caratteristiche delle prove.
Per questo è all’opera una commissione detta "di raccordo con le professioni" insediata a fine maggio dal Ministro
dell’Università.
Il quadro generale nazionale a questo punto deve essere calato nella realtà della formazione dello zootecnico e dei
profili professionali attinenti la zootecnica.
Qui si impone una breve riflessione sulle Facoltà (Agraria e Medicina veterinaria) e sui principali corsi di laurea per la
formazione del profilo professionale zootecnico (C.d.L. in Scienze e Tecnologie Agrarie, C.d.L. in Medicina
Veterinaria, C.d.L. in S.T.P.A.).
Alla situazione relativa all’insegnamento nelle Facoltà di Agraria e ai corsi di Laurea in S.T.A. e S.T.P.A., la nostra
Associazione e la sua Commissione Didattica, hanno sempre prestato molta attenzione.
In più documenti, presentati anche in sede europea nei convegni EAAP, ma soprattutto nell’ultimo aggiornamento dei
dati (Secchiari et al.,1998), pur nella consapevolezza che l’agricoltura italiana rappresenta un settore che concorre in
maniera limitata e difforme da regione a regione alla formulazione del plus valore nazionale (su cui incide soltanto poco
più del 2,5%), sottolineammo altresì il ruolo strategico dell’agricoltura e della Zootecnia in particolare, cosi come
proposto in occasione del Convegno tenutosi durante la Fiera di Cremona del 1997, nel famoso rapporto che enfatizzava
il ruolo della zootecnia come attivatore di ricchezza (Nomisma, 1997).
In particolare però, se nel 1998 noi constatavamo con sgomento che l’Italia possedeva 19 Facoltà di Agraria, oggi, con
raccapriccio, ne contiamo 22: pensate soltanto all’allineamento sulla via Emilia delle Facoltà di Bologna, Modena,
Parma e Piacenza.
Inoltre, a fronte dell’andamento positivo delle immatricolazioni nel periodo 89-90 e 96-97, per quasi tutti i corsi di
laurea, ma soprattutto per S.T.A., nell’anno accademico 97-98 si registrava già una flessione che è continuata in
maniera accentuata nei due anni successivi e che, è facile prevedere, diventerà ancora più preoccupante con la
diminuzione degli studenti dovuta al calo di natalità pregressa.
L’analisi condotta su dati degli iscritti dei singoli C.d.L. non è più incoraggiante per i corsi di laurea tradizionali.
Solo i corsi di laurea in S.T.Al. e, pur con un calo in questo anno accademico S.T. Tropicale e sub-Tropicale, assorbono
bene l’andamento non positivo delle immatricolazioni al primo anno. Atipica la situazione di S.T.P.A., in quanto tale
corso di laurea fa capo a due differenti Facoltà (Agraria e Medicina Veterinaria), che presenta però un calo
preoccupante del totale degli iscritti nell'anno 1999/2000; S.T.A., infine, evidenzia la stessa situazione declinante già
prevista per gli immatricolati e S.F.A, si mostra in affanno, invertendo la tendenza positiva del recente passato.
Un'analoga osservazione per il corso di laurea in Medicina Veterinaria non è proponibile a causa delle differenti finalità
della Facoltà e delle altrettanto differenti motivazioni degli iscritti alla medesima che però, come vedremo, è in grado di
fornire un’offerta di peso e sostanza alle professionalità zootecniche.
Sul fronte delle professioni future la nostra associazione nel 1998 ha operato una riflessione, che si deve al contributo di
un gruppo di Colleghi, componenti di una commissione voluta dal Presidente di allora Donato Matassino e presieduta
da Mario Bonsembiante; tale commissione era, inoltre, formata da Archimede Mordenti, Vincenzo Russo, Gianfranco
Piva e da chi scrive, e produsse una serie di “Considerazioni e proposte sulla formazione zootecnica nell’ambito della
Facoltà di Agraria”.
Non posso, come sarebbe forse opportuno, riportare tutto il documento che rappresenta uno dei più equilibrati profili
della figura dell’operatore zootecnico, fatto da parte di zootecnici di estrazione agraria e veterinaria.
In sintesi il documento ricordava anzitutto l’intima connessione, dal punto di vista gestionale, dell’allevamento animale
con le produzioni agricole, rivendicando alle Scienze agrarie il merito di aver smentito le previsioni di Malthus,
provvedendo invece risorse alimentari a popolazioni sempre più numerose.
Inoltre si rimarcava che al sistema agricolo sarebbe spettato, nel prossimo trentennio, il compito di aumentare del 75%
la produzione di derrate, per far fronte alle esigenze nutrizionali di una popolazione che, secondo le previsioni,
raggiungerà gli 8,7 miliardi di abitanti e ridurre il numero di individui malnutriti e sotto alimentati.
L’allevamento animale, si diceva, contribuisce al 30% della produzione agricola mondiale e gioca un ruolo importante
per la sicurezza alimentare, l’agricoltura sostenibile e lo sviluppo rurale (Fujita, 1997), inoltre fornisce energia,
fertilizzanti, lana, pollame ed altri prodotti alimentari.
Per raggiungere gli obiettivi sopra enunciati si sottolineava l’importanza di una stretta interconnessione tra le Facoltà di
Agraria e di Medicina Veterinaria, pur restando immutabili i tradizionali compiti delle facoltà di Agraria nel preparare
professionisti che conoscano e sappiano
17
governare i processi produttivi dei settori animale e vegetale.
Per questi motivi si riaffermava che la zootecnia è parte integrante della formazione dell’Agronomo, inteso come il
professionista cui attengono la gestione delle imprese agricole , la produzione e la trasformazione delle derrate
alimentari, la gestione del territorio e la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio.
In merito alle prospettive, l’impostazione culturale degli estensori del documento prevedeva una formazione molto
ampia, che poteva da un lato unirsi alle altre attività professionali dell’agronomo nella gestione economica
organizzativa delle imprese agricole, nella produzione e trasformazione delle derrate alimentari, nella gestione del
territorio e nella salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, e dall’altro lato doveva possedere una accurata
preparazione di “ esperto di filiera” senza chiudersi in una angusta corazza specialistica.
Da tutto questo emerge che la zootecnia del passato e gli zootecnici quali siamo noi oggi, provengono da scuole
culturali differenti, ma affini (Facoltà di Agraria, Facoltà di Medicina Veterinaria con i rispettivi corsi: S.T.A., S.T.P.A.,
Medicina Veterinaria) in un ambito culturale che è compreso fra cultura biologica e cultura tecnologica e che fra questi
due estremi deve trovare un equilibrio.
Esaminando le prospettive professionali che si possono ipotizzare in base al nuovo ordinamento, occorre sottolineare
anzitutto che le Classi triennali prevedono un’area specifica per la zootecnia (Classe XLI: Scienze Zootecniche e delle
Produzioni Animali).
Questo si pensa potrà dare figure professionali che vanno dal dirigente di azienda zootecnica, al tecnico che opera
nell’ambito del Miglioramento Genetico (Centri genetici, società per produzione e commercio di seme e di embrioni);
all’esperto dei problemi della qualità dei prodotti primari e di quelli trasformati (filiera, latte, carne); al tecnico esperto
nella filiera di produzione di mangimi; all’esperto nell’approvvigionamento ai macelli e nella macellazione; all’esperto
in problemi ambientali legati alle attività zootecniche, all’esperto aziendale per l’accesso ai fondi agevolati dell'UE;
all’esperto di macchine e di edilizia per la zootecnia; al tecnico esperto di assistenza ai paesi in via di sviluppo.
La classe XXI (Scienze e Tecnologie Agrarie, Agro-Alimentari e Forestali), almeno nei corsi di laurea che vorranno
conservare l’impianto tradizionale (nel senso migliore, non con valenza negativa), potrà garantire una figura
professionale con attribuzioni sovrapponibili a quelle sopra elencate per la classe S.T.P.A., se verrà assicurata nel
percorso didattico una equilibrata presenza delle discipline zootecniche.
Figure professionali più specifiche potranno derivare dalle classi I (Biotecnologie) e XXVIII (Scienze e Tecnologie per
l'Ambiente e la Natura).
Molto più articolato il panorama delle classi specialistiche: Scienze e Tecnologie Agro-Zootecniche; Scienze e
Tecnologie Agroalimentari; Medicina Veterinaria.
Queste sono le fonti di operatori zootecnici più immediatamente percepibili nelle classi specialistiche, con attribuzioni
professionali riconducibili a quelle prima ricordate, con un livello di conoscenze e di capacità più approfondite e più
mirate.
In particolare è da sottolineare che l'ordinamento della Facoltà di Medicina Veterinaria prevede un apporto di discipline
zootecniche completo ed equilibrato, tale da garantire una specifica formazione zootecnica.
Altri importanti apporti di figure professionali coinvolte con le produzioni animali potranno essere dati dalle classi di
Biotecnologie Agrarie; di Biotecnologie Veterinarie, comprese in una classe più ampia insieme con Biotecnologie
Mediche e Farmaceutiche; di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari; di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e per il
Territorio; di Scienze e Tecnologie del Sistema Agroterritoriale; di Scienze e Tecnologie dell'Ambiente Forestale.
Il futuro accentuerà la diversificazione, che sarà favorita dall’autonomia delle sedi nel modellare i Corsi di laurea
triennali e specialistici, e dalla libertà degli studenti di programmarsi un terzo dei percorsi didattici.
Ricordo inoltre, a questo proposito, il ruolo che avranno le istituzioni locali che, al momento della proposta di nuovi
corsi di laurea, dovranno pronunciarsi sulla loro corrispondenza con le necessità del bacino di utenza territoriale
dell’Ateneo.
Appare pertanto necessario che presso le sedi sia mantenuta una chiara omogeneità nella formazione dello zootecnico,
che origina da una corrispondente omogeneità dei corsi universitari e , in qualche misura, dei loro contenuti.
Ricordo che J. Van Soest (1982) in “Nutritional Ecology of the ruminant”, dice esplicitamente che il sapere zootecnico
consta di 3 momenti: - Miglioramento Genetico, Alimentazione e Management-, che sono talmente interdipendenti che
il progresso di ciascuno di essi non sarebbe stato possibile senza il contemporaneo progresso degli altri due. Questo
semplice concetto illustra sinteticamente in cosa consista una piena ed equilibrata preparazione zootecnica, da cui si può
partire per muoversi in qualsiasi settore dell’allevamento animale e del suo indotto.
In merito alla riforma universitaria ho voluto invitare ad un confronto sereno senza rifiuti pregiudiziali, ma anche senza
accoglimenti acritici.
Abbiamo già avuto due riforme della Facoltà di Agraria, che non sono state positive per gli zootecnici.
Di nostro ci abbiamo messo anche la distinzione dei settori disciplinari in 4 tipologie, affini, ma diverse e autonome;
questo ci è costato molto sul piano della visibilità accademica e potrà essere ancora più pregiudizievole per il futuro.
Ci accingiamo pertanto a sperimentare il 3° riordino con l’umiltà di chi si sforza di volgere al bene anche quello rispetto
cui è perplesso, ricordando che l’Università non è per noi, ma per chi viene all’Università per apprendere e per formarsi
culturalmente, per acquisire una professione.
18
Il compito principale per conseguire questo obiettivo spetta agli studenti; l’applicazione allo studio da parte loro è infatti
il momento fondamentale della loro formazione. Non esiste un altro modo di studiare e di apprendere, che stare seduti al
tavolo con un libro, un blocco di appunti e una penna; oggi si potrebbe aggiungere, un computer.
I professori da parte loro hanno la responsabilità di promuovere, accompagnare, aiutare, guidare l’apprendimento dei
giovani.
Ognuno allora faccia bene la sua parte e, se e quando gli ordinamenti didattici universitari diverranno definitivi,
sappiamo utilizzarli “virtuosamente”, e valutiamo le innovazioni secondo il costume che contraddistingue lo studioso,
seguendo il metodo sperimentale che dobbiamo al grande Galileo Galilei, metodo che si basa sul celebre “probando aut
reprobando”, cioè approvando o disapprovando in forza delle evenienze sperimentali, in questo caso della bontà o meno
delle innovazioni medesime, e adoperandoci per proporre gli eventuali miglioramenti.
L'autonomia ci consente di essere propositivi; come scriveva domenica 18 giugno 2000 sul "Sole 24 Ore" Alberto
Quadrio Curzio, l'Università ha l'occasione di europeizzarsi, ma può correre il rischio di balcanizzarsi. Molto dipende
da come vivremo la riforma universitaria e le altre innovazioni (riforma dello stato giuridico dei docenti) che
completeranno il nuovo assetto universitario.
Bibliografia
-
P. Secchiari, D. Matassino, B. Ronchi, C. Barone e P. Colatruglio (1998).”le Facoltà di Agraria in Italia”.
L’Inform.Agr:, LIV (42), 133-137.
Nomisma (1997). “Primo rapporto sull’economia zootecnica italiana”.
P.J. Van Soest (1982).“Nutrition Ecology of the Ruminant”. Comstock Publ. Ass., Ithaca and London.
T. Fujita (1997). “Strategie globali di gestione dell’allevamento degli animali e politiche di intervento della FAO”.
Piacenza, 24 Novembre.
19