Dopo l`analisi sul discernimento dei pensieri, approfondiamo il tema

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Dopo l`analisi sul discernimento dei pensieri, approfondiamo il tema
CATECHESI DEI GIOVANI quinto Incontro INTRODUZIONE Sono due condizioni dell’animo che non si possono vivere in solitudine: la gioia, che chiede di essere comunicata, e il dolore, che chiede di essere condiviso. Anche Dio è infelice, perché attraverso il Figlio ha condiviso tutto il nostro dolore. da Anche Dio è infelice, D. M. Turoldo Dopo l’analisi sul discernimento dei pensieri, approfondiamo il tema del cuore ferito. Il cuore può essere ferito a causa del proprio peccato, del peccato subito o del male di cui nessuno ha colpa che si sperimenta quando la natura stessa si ammala e porta alla morte. IL FALLIMENTO: L’ESPERIENZA DEL PECCATO Fondamento della fede cristiana è proprio questo: Avere il cuore completamente frantumato. Pseudo-­‐ Macario Ritorniamo ai cinque stadi di penetrazione della malizia nel cuore Quando c’è il peccato? Abbiamo già trattato questo tema, ma lo ripercorro brevemente. Per compiere il peccato si devono compiere alcuni passaggi. 1) La suggestione: accadde qualcosa che cattura la mia attenzione e mi distoglie dal Signore e dal mio essere figlio di Dio, battezzato. Può essere qualcosa che giunge a noi dall’esterno: una frase che sentiamo, un’azione che vediamo o subiamo, un incontro inaspettato, una parola letta, un’immagine vista mentre camminiamo, o mentre siamo in macchina che andiamo al lavoro; potrebbe essere una suggestione che nasce dall’interno, dal nostro mondo interiore: un’ idea, un pensiero, una fantasia, un ricordo del passato che riemerge, una sofferenza, un desiderio passionale nel senso che non mi lascia libero. Sia che la suggestione provenga dall’esterno che dall’interno, questa cattura la nostra vigilanza, diventa quel puntino nero su un lenzuolo bianco che ci colpisce e occupa tutto il nostro pensiero e il nostro cuore. E’ il serpente che entra nel paradiso del nostro cuore e comincia a dialogare con noi, passando al secondo stadio della penetrazione del male. 2) Il colloquio: a questo punto, se non arrestiamo questo processo, si passa alla seconda fase. La nostra attenzione è stata colpita e cominciamo a fantasticare, a riflettere e immaginare che cosa accadrebbe se si seguisse o meno quel pensiero, c’è chi costruisce dei “film”, cose che non esistono, pensieri che non hanno nessun fondamento, parole mai sentite, menzogne che si presentano come veritiere. 3) Il combattimento: se il dialogo con il pensiero cattivo non viene fermato, dicendo a se stessi: “sento il desiderio di peccare, di acconsentire, ma decido liberamente il contrario, sono capace di resistere e ritorno a essere vigilante/attento”. Se questo non avviene inizia il combattimento vero e proprio, o più semplicemente scelgo di stare in dialogo con questo pensiero che mi appare appagante, gratificante e piacevole. La tentazione in questo combattimento cercherà di convincerci a cedere, ci farà vedere soprattutto i pro di questa azione cosicché in noi si farà spazio la frase: “In fondo, che male c’è?”. 4) Il consenso: dal “che male c’è” alla scelta concreta il passo è brevissimo; acconsento così alla scelta sbagliata. La battaglia è persa! E il peccato è compiuto. 1 5) La passione: ultimo stadio della penetrazione del male coincide con la cattiva abitudine al male (il vizio), o coazione a ripetere. A questo punto ci vuole tanto esercizio ascetico per uscire da questo stadio e un buon padre/madre spirituale è molto utile per vincere il vizio e ritornare a vegliare/vigilare. IL PECCATO È COMPIUTO, MA IL CUORE È SPEZZATO? Un amore che non vi domanda niente se non di esserci. Che, mentre passa, vi dona l’eterno. da Salmo, di Mario Bertin L’esperienza del peccato fa parte della vita dell’uomo e del credente. Per il percorso che stiamo compiendo, è, ora, importante sondare il cuore e comprendere che cosa in esso si muove quando abbiamo scelto il male. Infatti compiere il male, il peccato, non significa immediatamente essere consapevoli del dolore che introduce nel nostro cammino di discepoli del Signore e delle conseguenze che può avere nella vita interiore. Il motivo per cui il sacramento della confessione, riconciliazione, sia uno dei sacramenti meno frequentati non sta nella fatica di comprenderne il significato e la valenza teologica del sacramento stesso come molti sostengono, ma sta nell’incapacità di essere coscienti del dolore che il peccato semina nel cuore dell’uomo, nel nostro cuore. Se l’uomo non fosse anestetizzato e fosse più allenato ad ascoltare i movimenti del cuore, non sopporterebbe il dolore che il proprio peccato gli provoca e, prima o poi, cercherebbe la misericordia del Padre, la certezza del suo perdono, che è offerto nel sacramento, tornerebbe più volentieri al suo Amore, all’abbraccio benedicente. Avrebbe un cuore spezzato, frantumato, per il proprio male, ma profondamente disponibile all’amore del Padre. L’uomo, con il cuore frantumato per il proprio peccato, sarebbe come una terra inaridita, dura e colma di spaccature, ma ardente di ricevere al più presto e in abbondanza l’acqua che da la Vita, l’acqua purificante del perdono. Ma concretamente cosa significa avere un cuore frantumato? O per usare una terminologia teologica, un cuore contrito? Di seguito riporto un’esperienza che aiuta a comprendere meglio il vissuto di un cuore spezzato, un cuore capace di patire per il proprio peccato. In modo commovente descrive il proprio dolore per aver tradito il Signore: ”Tu mi consideravi un amico, hai sempre agito nei miei confronti e hai sempre preso le mie difese come un amico fedele: ebbene sappi che io non ho fatto la stessa cosa! Ti ho tradito, ti ho tradito come Giuda ha tradito Cristo; ti ho abbandonato come Pietro ha abbandonato Cristo quando ha visto il pericolo… ma io non ero in pericolo! Nulla mi minacciava, ero semplicemente affascinato da qualcosa di menzognero, volevo qualcosa di più della tua amicizia, qualcosa di più della mia purezza fisica e spirituale”. LE FERITE CHE BRUCIANO E DEVONO BRUCIARE Ciò che si ama non ha nome. Si avvicina a noi e ci appoggia la mano sulla spalla, prima che riusciamo a trovare una parola per fermarlo, per dargli un nome, per fermarlo donandogli un nome. Ciò che si ama è come una madre, ci partorisce e ci rigenera mille volte. da Mille candele danzanti, C. Bobin Il peccato fa male e ci fa del male, e aggiungo ci deve fare del male e dobbiamo aver coscienza di questo male, altrimenti non può maturare un cuore pentito capace di gustare l’amore gratuito di Dio in tutta la sua pienezza e grandezza. Il peccato spezza il 2 cuore, lo deve spezzare. Lo rende incapace di amare perché impedito dal disordine interiore che genera. Molte volte non diamo peso ai piccoli peccati, ci accorgiamo del male contro Dio solo quando compiamo qualcosa di grave. Nella vita di un russo, folle in Cristo, si racconta la storia di due donne che un giorno si mettono in cammino per andare a incontrare questo innamorato di Dio, per chiedere perdono per i propri peccati. Si presentano a lui manifestando il proprio peccato. La prima donna, con profondo dolore, ammette il proprio grave peccato e ne è pentita. La seconda, invece, che non ha peccati così pesanti nel cuore, a suo dire, con una certa superficialità e senza alcuna sofferenza, afferma che ha commesso piccole mancanze, ma nulla di grave. Il folle in Cristo, allora, invita le due donne a prendere dei sassi in corrispondenza dei proprio peccati. Alla prima chiede di prendere una grossa pietra, alla seconda molte piccole pietruzze. Dopo pochi minuti la prima donna arriva con il masso, la seconda, invece, arriva dopo un paio d’ore con la borsa piena di sassolini. A questo punto il folle in Cristo dice alla donna: bene Dio ti ha perdonata poni il tuo masso dove l’hai trovato; poi comanda la stessa cosa alla seconda donna. Ma quest’ultima rinuncia perché le risultava impossibile riporre tutte le pietruzze al posto giusto. Ecco cosa accade a chi non da peso alle proprie mancanze, soprattutto se piccole: l’incapacità di patire per il proprio peccato (anche se tanti piccoli peccati producono tanto peso) e, quel che è peggio, non maturare un cuore “largo” in grado di “contenere” l’amore misericordioso di Dio. (cfr. p. 8, Perché confessarsi, di A. Bloom). Altre volte ci nascondiamo dietro a delle espressioni tipo: “Passerà! Non è grave! Mi concedo una tregua; per un certo periodo passo dall’altra parte, dove la mia coscienza non mi muoverà rimproveri, perché dalla parte delle tenebre non mi vedrò più così tenebroso come se fossi ancora dalla parte della luce” o ancora: “Passerà! E’ proprio così importante? Che male c’è?”. Ma il vero uomo spirituale è:“L’uomo è combattuto tra la propria libertà e la grazia del perdono e la sua sfida sta nell’accettare questa lotta e questa lotta produce il cuore spezzato. Si tratta di assumere un vuoto, un vuoto che diventa capacità di accoglienza, un vuoto che ci fa anelare ancor più fortemente della grazia. E se c’è sforzo, è quello dell’umana fragilità” (Giovanni Cassiano). COME DIRE DI NO AL MALE? COME APRIRE IL CUORE ALL’AMORE? Era solo sguardo ora. Avvertiva incontenibile e confuso il desiderio di Dio. La voglia di amarlo. Lo implorò che gli insegnasse come fare, perché il cuore suo era ancora incirconciso. da Salmo, di Mario Bertin Un primo modo per imparare a dire di no al male è guardando come Gesù ha agito quando è stato tentato. Dopo il Battesimo nel Giordano, infatti, Gesù fu condotto nel deserto e lì fu tentato dal diavolo per quaranta giorni e quaranta notti. Gli evangelisti ci riportano questa lotta e Gesù, che è Dio e che poteva far sparire il diavolo con un battito di mani se avesse voluto, combatte affinché il suo modo di lottare potesse essere per noi una scuola di vita interiore. E la lotta è così povera di mezzi che forse potrebbe risultarci banale. Gesù a ogni tentazione del diavolo risponde con la Parola di Dio. “Sta scritto…”, dice. Ecco perché la scorsa catechesi vi ho introdotti alla preghiera del cuore. Gesù a ogni tentazione ha risposto con un versetto della Bibbia diverso, e, più noi 3 “mastichiamo” la Parola, più potremmo fare come lui. Ma già allenarci su un versetto della Parola, memorizzandolo, ripetendolo durante la giornata, facendolo divenire respiro quotidiano della nostra vita interiore, diventa vittoria “quasi” certa su ogni suggestione, pensiero, immagine che ci potrebbe condurre lontani da Dio. Un secondo modo è confessarsi con il cuore spezzato. Chiedere la grazia al Signore del penthos (dolore che crea la gioia), delle lacrime (interiori o esteriori) per il male compiuto, accogliendo il fatto che davvero il peccato produce un vuoto tra me e me, tra me e Dio e tra me e gli altri, una distanza che solo il perdono può sanare, amare e colmare. Un vuoto che diventa capacità. Fammi capacità, Signore, e tu sai il mio torrente, pregava una santa. Scoprendomi peccatore aumenta la tristezza nel mio cuore, il dolore, ma allo stesso tempo che questa consapevolezza coincide con il desiderio di incontrare il Volto di colui che mi salva, di colui che ha preso su di se il peccato del mondo e il mio peccato personale, che si è compromesso con me per amore, tanto da morire anche per me. Dentro questa consapevolezza matura il penthos, le lacrime spirituali. Un esempio di penthos è ben descritto da questa poesia. Lascia che io deponga il mio fardello in grembo al tuo mistero perché tu riempia il mio respiro. Perché tu, come nebbia che cala dagli alberi, prenda possesso di questa pianura arida. Sterile. E mi faccia comprendere il significato nascosto del mio andare sconclusionato. Del cammino che ho fatto. E di quello che mi resta perché tu sarai sempre con noi. Fino a sera. Rivelami qual è, qual era il tuo disegno. Sì che io lo possa sovrapporre alla mia immagine sfigurata che l’ha tradito e misurare altezza e profondità, larghezza e vastità del mio peccato. E pianga. Se ne sarà capace. da Salmo, di Mario Bertin Anche Isacco di Ninive, parlava di penthos. Divide le lacrime in due tipologie principali: "Ci sono lacrime che infiammano e ci sono lacrime che nutrono". Le prime sono versate per i peccati. Vengono "dalla compunzione (dispiacere) e da un cuore umile". Sono lacrime dolorose. "Spesso quando scorrono, si sente perfino male al cervello", "seccano il corpo e lo incendiano", cioè mortificano le passioni. Queste sono le lacrime caratteristiche del principiante. "Poi, attraverso di esse, gli è aperta la porta che dà sull'ordine secondo, molto più eccellente di questo perché è un luogo di gioia". Le seconde lacrime cadono quando l'intelletto accede alla comprensione spirituale accordata all'uomo per la grazia di Dio. "Esse scorrono naturalmente", senza 4 affettazione, né costrizione. Rigenerano il corpo e gli rendono la sua freschezza grazie alla felicità del cuore, a tal punto che anche il suo aspetto esteriore cambia. È il motivo per cui queste lacrime luminose sono considerate il segno dei frutti interiori dell'anima. QUANDO IL MALE È SUBITO? LE FERITE INFERTE DA ALTRI Vidi tutte le reti del nemico sulla terra e gemendo dissi: “Chi potrà sfuggire?”. E udii una voce che mi disse: “L’ umiltà”. da Detti dei Padri del deserto, Abbà Antonio Mi soffermo brevemente su altre possibili ferite che ciascuno di noi può incontrare nella propria vita. Le ferite del cuore causate dal peccato degli altri verso di noi. Fatti questi che accadono continuamente lungo il percorso di vita di un discepolo del Signore. Ho scelto di trattare il dolore per il male subito offrendo, semplicemente, la lettura di due detti dei padri del deserto. L’intenzione è di provocare una riflessione personale e non dare una risposta vera e propria. Certo il male che gli altri ci infliggono fa soffrire e nel cuore del discepolo del Signore si potrebbe fare strada la tentazione della “vendetta intelligente”, che potrebbe paralizzare la vita spirituale. I due detti che ho scelto sono uno di Abba Macario l’Egiziano e l’altro di Abba Mosè, padri del deserto. Sono due racconti molto radicali perché hanno lo scopo di evocare nel cuore di colui che ascolta una riflessione e un possibile cammino. In particolare, Abba Macario è molto conosciuto nel mondo della spiritualità orientale per le virtù che ha acquisito attraverso la preghiera e l’ascesi nella solitudine del deserto: l’umiltà e la misericordia. Egli rispetto al male subito, ma non solo anche rispetto a qualsiasi tipo di successo, invocava la misericordia e l’umiltà. A lui sono attribuiti alcuni detti molto radicali, ma che fanno comprendere bene come vivere da discepolo del Signore le relazioni fra gli uomini. Abba Mosè fu un uomo di profonda umiltà, di grande dolcezza e misericordia. Nel primo Abba Macario scrive: “Un fratello si recò dal padre Macario e gli chiese: «Padre, dimmi una parola, come posso salvarmi?». Gli dice l'anziano: «Va' al cimitero e insulta i morti». Il fratello vi andò, li insultò e li prese a sassate. Quindi ritornò a dirlo all'anziano e questi gli disse: «Non ti hanno detto nulla?». Ed egli: «No». Gli dice l'anziano: «Ritorna domani e lodali». Il fratello vi andò e li lodò chiamandoli apostoli santi e giusti. Quindi ritornò dall'anziano e gli disse: «Li ho lodati». Ed egli: «Non ti hanno risposto nulla?». «No». «Tu sai quanto li hai insultati -­‐ dice l'anziano -­‐ e non hanno risposto nulla, e quanto li hai lodati, e non ti hanno detto nulla; diventa anche tu morto in questo modo, se vuoi salvarti. Non far conto né dell'ingiuria né della lode degli uomini, come i morti; e potrai salvarti». (Detti dei padri del deserto, Macario 23 e 32) Nel secondo. Un giorno peccò un fratello a Scete; e i padri, radunatisi, mandarono a chiamare il padre Mosè. Ma, poiché egli non voleva venire, il presbitero gli mandò a dire: «Vieni, la gente ti aspetta!». Egli allora si mosse e venne, portando sulle spalle una cesta forata piena di sabbia. Gli andarono incontro dei fratelli e gli chiesero: «Padre, cos'è mai questo?». Disse loro l'anziano: «Sono i miei peccati che scorrono via dietro di me senza che io li veda. E oggi sono venuto qui, per giudicare i peccati degli altri». A queste parole non dissero nulla al fratello, e gli perdonarono. (Detti dei padri del deserto, Mosè 2) La risposta, dunque, per rispondere in modo evangelico al male subito sta nel maturare nel cuore l’umiltà, che ci ricorda che tutti cadiamo e tutti ci facciamo del male, e la misericordia, può crescere e trasparire da noi solo se a nostra volta ci facciamo 5 abbracciare dalla misericordia di Dio. Dicevano del padre Macario il Grande che diventò, come sta scritto, un dio sulla terra. Infatti, come Dio copre il mondo con la sua protezione, così il padre Macario copriva le debolezze che vedeva come se non le vedesse, quelle che udiva come se non le udisse. LA PREGHIERA DELLA SERA Preghiera. Entra e snoda i quattro venti perché mi sciolgano dal fuoco di passione che mi ha lasciato
preda delle mie conquiste. Entra e forza i miei mutismi, il mio essere trascinato quando mi rimetto in
fila per abitudine più che per fiducia. Entra con i tuoi occhi spalancati di bambino che amano le
lampade che dondolano nel cuore degli uomini. Entra quando il dolore non vuole sorpassi e toglimi
l’istinto di dare forma, che io torni a creare oltre i dubbi dell’esperienza oltre i dubbi non risolti. Preghiera. Mi sta a cuore chi riconsacra la vita per cancellare la nostra viltà, chi fa un piccolo passo per
volta senza sapere la distanza, chi mantiene gli occhi aperti nella lunga attesa. Mi sta a cuore il tuo
soffrire per poter cambiare, il tuo sforzo per riuscirci, il tuo smarrirti per arrivare a capire. Mi sta a
cuore chi rimane mite oltre le lingue maligne, lo scherno degli egoisti e le consuetudini di ogni giorno.
Mi sta a cuore chi è fedele al poco e al mistero, a qualunque trama di vita pazientemente tessuta. Dal Vangelo secondo Luca. In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed
era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei
giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a
questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il
diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: sarò tutto questo
potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in
adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a
lui solo renderai culto”». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse:
«Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non
inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.
Il perdono di Luigi Verdi. Ha un grande valore il perdono, se non si perdona la vita si blocca, non
riesce più a scorrere. Ed è impossibile ricominciare davvero. Ma come si può arrivare a perdonare?
Perdonare è innanzitutto comprendere. Comprendere non vuol dire giustificare, il male è male, capire è
la misericordia che nasce da un cuore che conosce le proprie miserie, i propri dolori, i propri errori e
che quindi riesce ad accogliere anche l’altro nella sua debolezza. Perdonare è anche non voler diventare
come ciò che odiamo. Il perdono libera il cuore quando va oltre le ferite, quando non cerca la sconfitta
dell’avversario ma ha rispetto di quello che l’altro potrebbe essere e non riesce ad essere. Infine
perdonare è riuscire a ringraziare chi ti ha ferito. È la cosa più difficile, ma la più liberante: nel suo
testamento Bernardette di Lourdes dirà grazie a tutti coloro che l’hanno ferita perché quelle contrarietà
l’hanno resa un’altra persona. Ciò che abbiamo di più bello sono tutti quei punti della nostra vita che in
origine possono aver fatto molto male, ma coi quali abbiamo imparato a vivere e che si sono trasformati
in sorgenti di comprensione e di bene.
Preghiera. In quest'ora del tramonto, mentre il tuo angelo passa tra luce e luce, ricolma, o Signore, di
pace il cuore che attende, la nostra mano che ti cerca. In quest'ora, mentre cade la sera e appaiono le
prime stelle, la terra raccoglie in sé ogni vita in tumulto; su tutte, il tuo angelo, segni la pace!
Benediciamo la terra per il pane che dona, per i frutti delle dure fatiche, per la dolcezza dei lunghi riposi.
Gesù ispiratore delle nostre azioni, tu sei la parte migliore di noi. Sei Tu il nostro lume interiore, che
nulla può spegnere al mondo. Tu sei la ragione, che dice ad ognuno di noi: tu devi Vogliamo riportarti
in noi come germe, che diventa pane nella carestia. Vogliamo portarti in noi come luce, che rischiara le
tenebre. Vogliamo portarti in noi come àncora, che salva nella tempesta. Tu sei per noi AMORE che
nell'amore ci guida. 6 Preghiera. In quest'ora, fra il buio e la luce, raccogli le gioie e i rimpianti, e tutta l'incoerenza che mi
aggredisce. In quest'ora, fra il giorno e la notte, percorro il filo degli avvenimenti, prima di restituirmi e
dormire al tuo nudo chiarore. In quest'ora, fra il rumore e il silenzio vieni più vicino, giacimi accanto
rendimi sincero, toglimi l'ombra che mi invecchia il cuore. In quest'ora, fra la fretta e la quiete, torni
l'infinito a liberarmi del limite, torni l'eternità ad annullare il tempo. In quest'ora, fra il chiarore e
l'ombra, fai che ciò che ho raccolto oggi di luce, domani lo ritrovi nell'aurora.
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