6. Melanoma - Istituto Toscano Tumori
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6. Melanoma - Istituto Toscano Tumori
6. Melanoma Coordinatori Lorenzo Borgognoni (Firenze) Michele Maio (Siena) Comitato di redazione Paola Brandani (Firenze) Emanuele Crocetti (Firenze) Riccardo Danielli (Siena) Daniela Massi (Firenze) Hanno collaborato alla stesura e revisione: Nome Cognome Nome Cognome Ente di Appartenenza Giacomo ALLEGRINI ASL 5 Pisa Domenico Gregorio Ente di Appartenenza CERVADORO AOU Pisa – UNIPI Pisa Alessandra CHIARUGI ISPO – Firenze Cristina CHIARUGI ASF Firenze CIONINI COF Sesto Fiorentino AMOROSO ASL 12 Viareggio Chiara ANICHINI ASF Firenze Andrea ANTONUZZO AOU Pisa APICELLA ASL 3 Pistoia Maurizio COSTANTINI AOU Siena ARMATI ASL 8 Arezzo Sergio CRISPINO ASL 7 Siena BAGNONI ASL 6 Livorno Giovanni BALDI ASL 4 Prato BALDONCINI ASL 8 Arezzo Paolo BARACHINI AOU Pisa Paolo BASTIANI ASF Firenze Francesco Silvio BATTISTINI ASL 1 Massa Carrara Francesco Paola Giampiero Giovanni Giacomo Giulio Alfonso Luca CRISTIANI AOU Pisa Carlo D’ANIELLO ASL 7 Siena Vincenzo DE GIORGI UNIFI ASF Firenze DE NISI ASL 6 Livorno DI CLEMENTE ASL7 Siena DI COSTANZO AOU Careggi, Firenze DI LEO ASL 4 Prato DI PAOLO UNIPI Pisa DONI AOU Careggi, Firenze Maria Caterina Brunero BEGLIOMINI ASL 4 Prato Carmelo BENGALA ASL 9 Grosseto Paolo BERTELLI AOU Siena Pietro BERTOLACCINI ASL 1 Massa Carrara Raffaella FABBRI ASL 6 Livorno BEVILACQUA UNIPI Pisa Paolo FABBRI UNIFI - ASF Firenze BIANCALANI ASL 11 Empoli Fabio FALASCHI AOU Pisa BITI AOU Careggi Firenze Alfredo BONI ITT BOSIO ASL 6 Livorno BRACARDA ASL 8 Arezzo BRANDINI ASL 11 Empoli CAGNO AOU Pisa CALCINAI ASL 11 Empoli CALDARELLA ISPO Firenze Maurizio CANTORE ASL 1 Massa Carrara Federico CAPPUZZO ASL 6 Livorno Oreste Andrea CARNEVALI ASL 8 Arezzo Generoso Mauro Giampaolo Luca Manrico Sergio Luca Maria Cristina Alessandra Adele Angelo Antonello Laura FALCONE AOU Pisa Giovanni FANELLI AOU Pisa Michele FIMIANI UNISI Siena FIORETTO ASF Firenze FLORIDI ASL 8 Arezzo Gino FORNACIARI UNIPI Pisa Sara FORTUNATO UNIFI -ASF Firenze FRANCHI UNIFI AOU Careggi – Firenze GALLI AOU Pisa GALLO AOU Careggi - Firenze Riccardo GATTAI AOU Careggi - Firenze Riccardo GELLI ASF Firenze GENSINI UNIFI AOU Careggi – Firenze GENUARDI UNIFI AOU Careggi – Firenze Luisa Donatella Alessandro Luca Franco CASAMASSIMA Empoli Camilla CASI ASL 7 Siena Francesca Antonio CASTAGNOLI ASL 4 Prato Maurizio Antonio CASTELLI ASL 8 Arezzo Gianni GERLINI ASF Firenze Andrea CAVAZZANA ASL 1 Massa Carrara Fabrizio GHIARA AOU Pisa CECCHI ASL 3 Pistoia Alberto GHILARDI ASL 2 Lucca Roberto Melanoma 211 Melanoma Nome Cognome Giovanna Augusto Vanni Chiara Orlando Carlo Raffaella Maria Silvia Ente di Appartenenza GIANFRANCESCHINI ASL 12 Versilia Nome Cognome Antonio Giuseppe Ente di Appartenenza NACCARATO UNIPI Pisa GIANNINI ASL 4 Prato Paolo NARDINI ISPO – Firenze GIANNOTTI ASF Firenze Vincenzo NARDINI UNIPI Pisa GINANNESCHI ASF Firenze Eugenio PACI ISPO- Firenze GOLETTI ASL 5 Pisa PALLI ISPO – Firenze GRECO AOU Pisa Annarita PALOMBA UNIFI AOU Careggi, Firenze GRIFONI ASF Firenze Marcello PANTALONI AOU Pisa PASQUALETTI ASL 5Pisa PATA ASF Firenze Eugenio PATTARINO ASF Firenze Domenico GUIDETTI ASL 8 Arezzo Maurizio Roberto INCENSATI ASL 6 Livorno Maria Antonia Marco INNOCENTI AOU Careggi, Firenze Stefania INNOCENTI ASL3 Pistoia Camilla PECCIANTI ASL9 Grosseto Sheyda KETABCHI ASF Firenze Marco PELLEGRI ASL 2 Lucca Lorenzo LIVI UNIFI ASF Firenze Cristina PENNUCCI ASL 1 Massa Carrara Barbara LOGGINI AOU Pisa Leonardo PESCITELLI ASF Firenze LORENZETTI AOU Pisa Nicola PIMPINELLI UNIFI - ASF Firenze LORENZI ASL2 Lucca Raffaele PINGITORE UNIPI Pisa LO SCOCCO ASL 4 Prato Maria Simona PINO ASF Firenze MAGNANINI ASL 8 Arezzo PINTO AOU Siena Vincenza MAIO UNIFI AOU Careggi – Firenze PIRTOLI AOU Siena Gianpiero MANCA AOU Pisa Sabina PISTOLESI AO Pisa MARCHETTI AOU Pisa Pietro PONTICELLI ASL 8 Arezzo Fulvio Stefano Giovanni Simonetta Gabriella Riccardo Enrico Luigi MARCONCINI AOU Pisa Loretta PRESENTI ASF Firenze MARIOTTI UNIFI ASF Firenze Angela PUCCI ASL 5 Pisa Franco MARSILI ASL 12 Versilia Emanuele REALI ASF Firenze Patrizia MARTINI ASL 2 Lucca Angela RIBECCO ASF Firenze Salvino MARZANO ASL4 Prato Marco ROMANELLI UNIPI Pisa Pietro MASSEI ASL 2 Lucca Antonella ROMANINI AOU Pisa Nicola MAZZUCA ASL 6 Livorno Armando ROSSI ASL 9 Grosseto Enrica MENNI ASL 2 Lucca Pietro RUBEGNI UNISI Siena MIGNONA ASL 2 Lucca Claudio SABÒ ASL 2 Lucca Giulia Marcello Carlo MILANDRI ASL 11 Empoli Camilla SALVINI ASL 4 Prato Lucia MILIGI ISPO – Firenze Marco SANTUCCI UNIFI AOU Careggi - Firenze Clelia MIRACCO UNISI Siena Serena SESTINI ASF Firenze MIRRI ASL 8 Arezzo SIRNA ASL 9 Grosseto MORETTI UNIFI ASF Firenze STECCA ITT Firenze MORINI ASL 3 Pistoia Marco STEFANACCI ASL 3 Pistoia MURABITO ASL 3 Pistoia Angiolo TAGLIAGAMBE ASL 1 Massa Carrara Francesco Silvia Silvano Elisabetta Riccardo Barbara 212 Nome Cognome Guglielmo Ente di Appartenenza TALINI ASL 6 Livorno Adele TOGNETTI AO Pisa Piero TOSI UNISI Siena TOSTI BALDUCCI ASL 9 Grosseto Enrico TUCCI ASL 9 Grosseto Carmelo URSO ASF 10 Firenze VAGGELLI AOU Careggi Paolo VIACAVA ASL 12 Versilia Marco ZAPPA ISPO – Firenze ZOLFANELLI ASF Firenze ZUCCHI ASL 6 Livorno Massimo Luca Federica Vanna 6.1. Introduzione Ormai da molti decenni stiamo assistendo ad un continuo incremento dei tassi di incidenza per il melanoma cutaneo, in particolare nelle popolazioni di razza caucasica, con un incremento annuo del tasso di incidenza del 3-7%, dati che fanno del melanoma il tumore a più rapido incremento di incidenza nelle popolazioni di razza bianca. In Europa l’incidenza del melanoma è raddoppiata ogni 12-15 anni, tanto che qualcuno ha parlato di “epidemia di melanoma”. Un aumento di incidenza è registrato anche nella nostra regione, con un rischio di avere una diagnosi di melanoma che è passato da un caso ogni 180 individui negli anni ’90 ad un caso ogni 120 individui circa attualmente. 213 Il melanoma colpisce frequentemente in età giovane adulta e per questo motivo è stimato essere uno dei tumori che determina uno dei valori più alti di perdita di anni di vita attesa. La lotta al melanoma si basa essenzialmente su una precoce diagnosi e trattamento chirurgico. Infatti l’asportazione di melanomi “sottili” si associa ad un’ottima sopravvivenza, circa il 95% per lesioni < 1mm di spessore, mentre la sopravvivenza scende al 50-55% per lesioni > 4mm di spessore. Negli ultimi anni notevoli progressi sono stati fatti nel campo della diagnosi precoce mediante campagne di informazione e con l’ausilio di nuove tecnologie quali la dermatoscopia, e in quello chirurgico con tecniche maggiormente conservative a livello della lesione primaria e dei linfonodi regionali con la biopsia del linfonodo sentinella. Inoltre negli ultimi tempi risultati incoraggianti si stanno osservando anche nel trattamento delle forme avanzate con le nuove molecole bersaglio specifiche. Da tutto ciò risulta evidente come nella lotta al melanoma sia sempre più importante una stretta collaborazione tra i vari specialisti ed un approccio multidisciplinare. In questa edizione rinnovata delle Raccomandazioni cliniche ITT si è voluto privilegiare, rispetto alla versione precedente, la rappresentazione con algoritmi diagnostico-terapeutici, di immediata consultazione e di più facile aggiornamento, seguita da tabelle riassuntive dei principi cardine di diagnosi e trattamento e con una parte di discussione finale dei dati della letteratura. Un ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito alla stesura e revisione delle Raccomandazioni, con il cui aiuto ci auguriamo di poter proseguire in futuro nell’opera di implementazione e aggiornamento. Melanoma Melanoma In questo capitolo sono state adottate le seguenti categorie di evidenza Categoria 1 La raccomandazione è basata su evidenze di alto livello (es. studi randomizzati). Uniforme consensus nel ritenere tale procedure appropriata. Categoria 2A La raccomandazione è basata su evidenze di livello inferiore. Uniforme consensus nel ritenere tale procedure appropriata. Categoria 2B La raccomandazione è basata su evidenze di livello inferiore. Consensus nel ritenere tale procedure appropriata. Categoria 3 La raccomandazione è basata su qualsiasi livello di evidenza. Esiste un forte disaccordo nel ritenere tale procedure appropriata. Legenda: in questo capitolo nelle flow-chart i rimandi ad altri algoritmi sono indicati con l'iniziale "A" e il numero dell'algoritmo stesso: ad es. A90 indica l'algoritmo 90. Tutte le raccomandazioni sono di categoria 2A se non ulteriormente specificato. 214 6.2. Epidemiologia Il melanoma cutaneo (MC) si posiziona in Europa (WHO European region) all’11° posto tra i tumori più frequentemente diagnosticati fra gli uomini con circa 41.000 nuovi casi/anno (rappresentando il 2.3% del totale dei tumori) ed all’8° tra le donne con circa 48.000 casi (3.0%) [1]. Al MC sono inoltre attribuiti, sempre in Europa, circa 21.000 decessi l’anno [1]. In Italia si stima che ogni anno siano diagnosticati circa 9.700 nuovi casi di MC, 5.200 fra gli uomini e 4.500 fra le donne [2]. Nel nostro Paese il MC rappresenta il 2.6% delle nuove diagnosi di tumore nella popolazione maschile (esclusi gli epiteliomi cutanei) ed il 2.7% nella popolazione femminile. In particolare fra i soggetti di età giovane-adulta, 0-49 anni, il melanoma cutaneo è al 3° posto tra i tumori più frequentemente diagnosticati con un’incidenza proporzionale del 7-8% sul totale dei tumori [2]. Il MC presenta da tempo un’incidenza in crescita nelle popolazioni caucasiche dei paesi di tipo occidentale [3]. Anche in Italia si conferma una crescita statisticamente significativa nel numero delle nuove diagnosi sia tra gli uomini che tra le donne [2]. L’incremento dell’incidenza è avvenuto prevalentemente per le forme di melanoma cosiddette “sottili” (spessore secondo Breslow ≤1.0 mm), così come delle forme in situ, e sembra legato alla diffusione dell’attività di diagnosi precoce. Accanto alla crescita delle nuove diagnosi si osserva in Italia anche una crescita significativa della mortalità specifica per MC nel sesso maschile [2]. In Italia è tutt’ora presente un gradiente geografico dell’incidenza decrescente da nord verso sud. Il MC presenta una sopravvivenza relativa a 5 anni media in Italia di 82% per gli uomini e 89% per le donne con valori simili al Centro-Nord e lievemente inferiori nel meridione [4]. Considerando l’incidenza in aumento e la buona sopravvivenza i casi di MC tendono ad accumularsi nella popolazione, è stimato che quasi 81.000 dei circa 2.200.000 italiani che hanno una anamnesi oncologica abbiano avuto un MC [5]. In Regione Toscana si stima che ogni anno siano diagnosticati circa 700-750 nuovi casi di MC mentre i decessi specifici nel 2009 sono stati 151 (Registro di mortalità regionale). L’ordine di grandezza dei casi prevalenti di MC in regione è di 7.000 casi. I tassi di incidenza per età mostrano come i livelli siano più elevati nel sesso femminile nelle età più giovani (fino ai 50 anni) mentre nelle età successive gli uomini hanno valori costantemente maggiori delle donne. Mentre nelle donne la crescita legata all’età sembra meno accentuata, i tassi negli uomini aumentano in maniera quasi lineare fino agli 84 anni. In Toscana come in Italia il MC è un tumore importante anche nelle classi d’età più giovani, infatti circa il 50% dei casi viene diagnosticato entro i 59 anni di età. Una parte consistente dell’incremento dell’incidenza del MC è avvenuto a carico delle forme sottili, a questo non ha tuttavia corrisposto una riduzione delle forme di melanoma “spesso”, che presentano tassi di incidenza sostanzialmente stabili nel tempo [6]. In Toscana la mortalità per MC è, in accordo con quanto segnalato anche in l’Italia, in crescita statisticamente significativa fra gli uomini. La sopravvivenza relativa a 5 anni su base di popolazione è di 86% per gli uomini e di 90% per le donne, valori allineati ai più elevati italiani. • Algoritmo 90. Lesione pigmentata sospetta Istotipo Fase di crescita Valutazione dei fattori di rischio per melanoma Spessore di Breslow Stadio IV (A95) Lesione pigmentata sospetta (esame clinico e dermoscopico)(1) Biopsia escissionale(2) Esame istologico: Melanoma Referto(3) Numero di mitosi per mm2 Livello di Clark Reazione Infiammatoria TIL Regressione Invasione angiolinfatica Micro-satellitosi 1 Vedi esame diagnostico non invasivo mediante dermatoscopia. 2 Vedi indicazioni per biopsia (T1). 3 Vedi indicazioni per referto istologico (T2). Stato dei margini periferici e profondi Melanoma Valutazione preliminare Ulcerazione Ispezione cutanea totale con ricerca di ulteriori lesioni sospette Stadio III (A93 – A94) Stadiazione Clinica Anamnesi e esame fisico con particolare attenzione all’area perilesionale ed ai linfonodi drenanti la zona interessata Stadio IB, Stadio II (A92) Stadio 0 in situ o Stadio IA (A91) 215 Melanoma • Algoritmo 91. Melanoma stadio 0-IA Stadio clinico Valutazione preliminare Trattamento principale Ampia asportazione (5 mm) Stadio 0 Tis Stadio IA T1a Follow-Up A97 Anamnesi ed esame fisico esami ematici e strumentali non raccomandati di routine 216 Ampia asportazione (1 cm) (Categoria 1) (1) Discutere con il paziente e valutare su base individuale la biopsia del linfonodo sentinella per spessore 0.76-1 mm e/o livello IV. Follow-up Follow-Up A97 • Algoritmo 92. Melanoma stadio IB-II Stadio clinico Valutazione preliminare Trattamento principale T1-T2: 1 cm Stadio IB(1), Stadio II T3-T4: 2 cm Follow-up Linfonodo sentinella negativo Follow-up A97 Ampia asportazione (Categoria 1) Anamnesi ed esame fisico Esami ematici e strumentali non raccomandati di routine (Rx torace opzionale) (TC, PET/TC, RM per indagare specifici segni e sintomi) + 217 Biopsia del linfonodo sentinella(1) Linfonodo sentinella positivo (1) Per melanomi T1b discutere con il paziente e valutare su base individuale la biopsia del linfonodo sentinella; fattore di rischio per linfonodo sentinella positivo è considerato lo spessore 0.76-1 mm e/o livello IV; la decisione se effettuare la biopsia del linfonodo sentinella può essere basata sulla presenza di significative comorbidità, volontà del paziente, altri fattori. Melanoma Vedi Stadio III (A93) Melanoma • Algoritmo 93. Melanoma stadio III Stadio clinico/patologico linfonodo sentinella positivo(1) Stadio III Valutazione preliminare Trattamento principale Esami strumentali di imaging (Rx torace, TC, PET/TC, RM) per la stadiazione e per valutare segni e sintomi specifici. Linfoadenectomia regionale (Vedi Tab. 5 pag. 231) Trattamento adiuvante Trial Clinico o Osservazione o Interferone alfa(2) (Categoria 2B) Vedi Follow-up A97 ∙∙ Conferma Linfonodi clinicamente positivi 1 Vedi Indicazioni per la refertazione del linfonodo sentinella. 2 Vedi Terapia adiuvante. 3 Vedi Radioterapia. strumentale (ecografia) o agoaspirato o biopsia (se indagini negative vedi trattameto principale A3) ∙∙ Indagini strumentali di staging e per valutare specifici segni e sintomi (TC, PET/TC, RM) Ampia escissione del tumore primitivo (vedi Tab. 3 pag. 228) (Categoria 1) + linfoadenectomia regionale (Vedi Tab. 5 pag. 231) Tial Clinico o Osservazione o Interferone alfa(2) (Categoria 2B) Considerare radioterapia(3) 218 • Algoritmo 94. Melanoma stadio III con metastasi in transit Stadio clinico/Patologico Valutazione preliminare Trattamento principale N2c senza linfonodi metastatici Malattia resecabile Stadio IIIB-IIIC con metastasi in transit (N2c, N3) Esame clinico, biopsia, indagini strumentali di staging e per valutare specifici segni e sintomi (ecografia linfonodale, TC, PET/TC, RM) Asportazione radicale della lesione/i(1) Asportazione radicale della lesione/i e linfadenectomia regionale N3 con linfonodi metastatici ∙∙ Perfusione Malattia non resecabile N2c senza linfonodi metastatici ∙∙ ∙∙ ∙∙ ∙∙ ∙∙ ∙∙ ipertermica Terapia sistemica Infusione ipossica Elettrochemioterapia Radioterapia palliativa(2) (Categoria 2B) Trial clinico ∙∙ Linfoadenectomia N3 con linfonodi metastatici (1) Considerare la biopsia del linfonodo sentinella per indagare lo stato dei linfonodi regionali se metastasi unica (e biopsia del linfonodo sentinella non effettuata in precedenza). (2) Le diverse terapie possono essere usate da sole, in associazione o in sequenza, su scelta individuale in considerazione di condizioni generali, numero di lesioni, co-morbidità. ∙∙ ∙∙ ∙∙ ∙∙ ∙∙ ∙∙ Melanoma Trattamento adiuvante inguino-iliacootturatoria + perfusione ipertermica Terapia sistemica Infusione ipossica Elettrochemioterapia Radioterapia palliativa(2) (Categoria 2B) Trial clinico Considerare radioterapia (Vedi Tab. 7 pag. 234) Trial Clinico o Osservazione o IFN (Categoria 2B) Trial clinico Follow-up (Vedi A97) 219 Melanoma • Algoritmo 95. Melanoma stadio IV Stadio clinico/Patologico Stadio IV Metastasi a distanza Valutazione preliminare Trattamento ∙∙ TC torace/addome/pelvi, RM encefalo e/o PET/TC ∙∙ Biopsia della lesione secondaria o ago aspirato(1) ∙∙ LDH Vedi Trattamento per malattia limitata (resecabile) o disseminata (non resecabile) (A96) (1) La prima lesione metastatica, quando possibile, dovrebbe essere confermata istologicamente; ottenere tessuto per analisi genetica da materiale archiviato o attraverso biopsia della metastasi se il paziente è candidato ad effettuare terapie bersaglio o se necessario per l’arruolamento in trials clinici. • Algoritmo 96. Melanoma stadio IV: trattamento delle metastasi a distanza Terapia delle Metastasi Malattia limitata (resecabile) Metastasi a distanza Malattia disseminata (non resecabile) Terapia sistemica(1) e ripetere controllo strumentale Asportazione radicale Con metastasi cerebrali Positivo per altre lesioni Negativo per altre lesioni Considerare resezione e/o radioterapia Senza metastasi cerebrali (1) Vedi indicazioni per terapie sistemiche del melanoma avanzato o metastatico (T6). (2) Nei pazienti con metastasi disseminate la resezione o la radioterapia possono essere indicate per alleviare i sintomi come sanguinamento o ostruzione intestinale, ulcerazioni dei tessuti molli da metastasi cutanee o adenopatie ingombranti. Malattia residua Resezione Nessuna evidenza di malattia residua Trial clinico o Terapia sistemica(1) o Resezione palliativa e/o radioterapia(2) per pazienti sintomatici o Elettrochemioterapia palliativa per mtx cutanee o Terapie di supporto Trattare come malattia disseminata Trial Clinico o Osservazione (Vedi Follow-up A97) 220 • Algoritmo 97. Melanoma: follow-up Stadio Clinico/ Patologico Follow-Up (Categoria 2B) Stadio 0 In situ Raccomandazionidi follow-up comuni per tutti i pazienti controllo clinico ogni 6-12 mesi (in basse a fattori di rischio(1)) Stadio IA Raccomandazioni di follow-up comuni per tutti i pazienti(1). Anamnesi ed esame fisico (cute e linfonodi) Ogni 6 mesi controllo clinico per 5 anni, poi ogni 6-12 mesi (in base a fattori di rischio(1)) Non indicati esami radiologici di screening per malattia asintomatica, ma solo per indagare specifici segni o sintomi Stadio IB - IIA Raccomandazioni di follow-up comuni per tutti i pazienti(1). Anamnesi ed esame fisico (cute e linfonodi) Ogni 4-6 mesi controllo clinico per 5 anni, poi ogni 6-12 mesi Ogni 12 mesi Rx torace, ecografia epatica e linfonodale per 5 anni Dopo 5 anni non indicati esami radiologici di screening per malattia asintomatica, ma solo per indagare specifici segni o sintomi Stadio IIB – III2 Raccomandazioni di follow-up comuni per tutti i pazienti(1). Anamnesi ed esame fisico (cute e linfonodi) Ogni 3-4 mesi controllo clinico per 5 anni, poi ogni 6-12 mesi Ogni 6 mesi Rx torace, ecografia epatica e linfonodale per 5 anni(2) Dopo 5 anni non indicati esami radiologici di screening per malattia asintomatica, ma solo per indagare specifici segni o sintomi Stadio IV Su base individuale (1) Raccomandazioni di follow-up comuni a tutti i pazienti: -- almeno un controllo cutaneo annuale per tutta la vita; -- educare il paziente ad autocontrollo mensile cutaneo e dei linfonodi per stadio IA-IV NED; -- non raccomandati esami ematici di routine; -- esami di imaging radiologico indicati per indagare specifici segni o sintomi; -- la programmazione del follow-up è influenzata, oltre che dal rischio di recidive in base allo stadio di malattia, anche dalla presenza di fattori di rischio quali pregresso melanoma, familiarità per melanoma, fototipo, elevato numero di nevi atipici, ecc…, che possono influenzare la frequenza ed il tipo dei controlli. La frequenza dei controlli ed il tipo di indagini possono variare su base individuale e a giudizio clinico. (2) Per melanomi in stadio IIIC, Rx torace, ecografia epatica e linfonodale possono essere alternati ogni 6 mesi con TC con m.d.c. torace/addome/encefalo (o RM per encefalo) Melanoma 221 Melanoma 6.3. Diagnosi La diagnosi precoce è uno dei punti cardine per la lotta al melanoma. Infatti l’asportazione di melanomi iniziali e “sottili” dal punto di vista istologico si associa ad una prognosi favorevole, con una sopravvivenza a 10 anni di circa il 90% per melanomi invasivi di spessore < 1mm; al contrario per tumori di spessore >4 mm ulcerati la sopravvivenza scende a circa il 50%. Al fine di ottenere una diagnosi precoce è importante il convolgimento attivo di più figure, dal paziente stesso che, correttamente informato con appropriate campagne di informazione effettui l’autoesame della pelle, al medico curante, fino agli specialisti di settore. In un percorso ottimale il medico di medicina generale invia agli ambulatori specialistici dedicati alla diagnosi precoce del melanoma i pazienti a cui abbia individuato una lesione cutanea sospetta nel corso di una visita eseguita per altri motivi, o quei pazienti che si siano a lui rivolti dopo aver notato una lesione sospetta nel corso di un autoesame, dopo aver escluso i più comuni simulatori clinici del melanoma. Presso gli ambulatori specialistici la lesione viene esaminata e se confermato il sospetto è indicata la biopsia escissionale con esame istologico. Un valido ausilio diagnostico non invasivo introdotto negli ultimi anni nella pratica clinica è l’esame dermatoscopico della lesione, che migliora la capacità di diagnosi differenziale tra neoformazione pigmentata di natura melanocitaria e non melanocitaria e, nell’ambito delle neoformazioni melanocitarie, fra lesioni benigne e maligne. Qualora la lesione asportata risulti un melanoma, il referto istopatologico deve riportare i principali fattori prognostici del melanoma, sui quali si basa il successivo trattamento chirurgico. 6.3.1. Esame diagnostico non invasivo mediante dermatoscopia La dermatoscopia (detta anche microscopia in epiluminescenza, microscopia cutanea di superficie, demoscopia) rappresenta un valido ausilio nella diagnosi delle neoformazioni pigmentate cutanee. Nel caso di dubbio diagnostico, l’esame dermoscopico consente di migliorare la capacità di diagnosi differenziale tra neoformazione pigmentata di natura melanocitaria e non melanocitaria e - nell’ambito delle neoformazioni melanocitarie - fra lesioni benigne e maligne [7]. In particolare, uno studio prospettico randomizzato controllato ha evidenziato che l’esame dermoscopico pre-operatorio riduce la possibilità di falsi positivi all’escissione chirurgica, limitando così il rischio di asportare lesioni pigmentate definite sospette all’esame clinico, ma che risultano poi benigne all’esame istologico [8]. Siccome l’accuratezza diagnostica della dermoscopia non raggiunge il 100%, è importante che la valutazione diagnostica finale derivi dalla integrazione delle caratteristiche dermoscopiche con quelle anamnestiche e cliniche (morfologia macroscopica della lesione) rilevate dall’osservatore. In particolare risulta importante la corretta valutazione del segno del “brutto anatroccolo” (“ugly duckling sign”) secondo il quale deve essere considerato potenzialmente sospetto un “nevo” che appare diverso dagli altri nevi. Tale segno appare una utile integrazione della regola dell’ABCDE basata sulla morfologia della lesione (A=Asimmetria; B= Bordi irregolari, C= Colore disomogeneo, D=Dimensioni > 6mm, E= Evoluzione nel tempo), scarsamente sensibile nel caso di melanomi in fase iniziale e nei casi di melanoma nodulare. Siccome inoltre esistono melanomi “featureless”, cioè che dal punto di vista dermoscopico non presentano caratteri di malignità identificabili con certezza, solo un esame integrato della lesione permetterà di evitare il rischio di falsi negativi [9]. È importante sottolineare che l’incremento di accuratezza diagnostica ottenuto con l’esame dermoscopico si ha soltanto nel caso di osservatori esperti. Nel caso di lesioni clinicamente e/o dermoscopicamente sospette devono essere effettuate escissione chirurgica ed esame istologico. Il ricorso alla archiviazione digitale dell’immagine per il controllo nel tempo è da limitarsi a casi selezionati, nei quali il clinico abbia adeguatamente confrontato gli eventuali benefici (evitare la biopsia escissionale) con i rischi (lasciare in sede un possibile melanoma). Anche la possibilità che il paziente non si presenti al controllo successivo deve essere tenuta in adeguata considerazione [10,11, www.eblue.org]. Non esistono attualmente evidenze che la cosiddetta “mappatura dei nevi”, cioè la archiviazione fotografica di aree corporee e/o la archiviazione digitale mediante videodermatoscopio di alcune o tutte le formazioni neviche di un soggetto risulti utile nel migliorare la diagnosi precoce rispetto alla visita di controllo tradizionale (visita clinica + eventuale esame dermatoscopico). L’esame dermatoscopico può risultare scarsamente affidabile nel caso di lesioni completamente amelanotiche, in quelle con pigmentazione troppo intensa oppure nel caso di lesioni traumatizzate associate a fenomeni flogistici e ricoperte da croste. Talvolta è impossibile ottenere una adeguata visualizzazione di lesioni localizzate in sedi di difficile accesso (spazi interdigitali, mucose). 6.3.2. Biopsia Di fronte ad una lesione in cui si ponga la diagnosi clinica o dermatoscopica di sospetto di melanoma è indicato effettuare la biopsia escissionale, cioè l’asportazione completa della lesione con circa 2 mm di cute sana circostante e del grasso sottocutaneo, al fine di poter effettuare una accurata diagnosi istopatologica con valutazione di tutti i parametri prognostici necessari a pianificare la successiva strategia terapeutica [12-15]. Generalmente la biopsia dovrebbe tenere in considerazione la sede della lesione per permettere di operare seguendo l’asse maggiore della stessa sede anatomica (ad es. escissioni longitudinali a livello degli arti), pianificandola tenendo presente l’eventuale successivo intervento definitivo. Con l’incremento dell’indicazione ad eseguire la successiva stadiazione con la tecnica del linfonodo sentinella, la biopsia dovrebbe tenere conto di questa possibilità. Per questa ragione è utile non eseguire biopsie escissionali con margini ampi. La biopsia incisionale mirata, preferibilmente dermoscopicamente guidata, può trovare indicazione per lesioni estese (tipo lentigo maligna) e/o localizzazioni particolari quali volto, cuoio capelluto, regione palmo-plantare, orecchio, sedi sub-ungueali, in cui una asportazione completa comporterebbe demolizioni eccessive. Biopsie shave, laser, diatermocoagulazioni non dovrebbero essere effettuate in quanto non permettono uno staging patologico accurato [12-15]. 222 Tab. 1 - Indicazioni per la biopsia • La biopsia escissionale con margini di 2-3 mm è la tecnica consigliata. Evitare margini più ampi per poter permettere la eventuale successiva biopsia del linfonodo sentinella. • La biopsia deve tenere in conto della sede della lesione per permettere di re-intervenire secondo l’asse maggiore della stessa sede anatomica. Sebbene LDH non sia un marker sensibile per individuare la malattia metastatica è unanimemente riconosciuto il suo ruolo prognostico. È raccomandato determinare il livello di LDH al momento della diagnosi di stadio IV. Eventuali altri esami ematici sono lasciati alla descrizione del medico curante. Indicatore ITT 1 • La biopsia incisionale a tutto spessore o “punch biopsy”, generalmente sconsigliata, è accettabile, preferibilmente dermoscopicamente guidata, in particolari sedi anatomiche come volto, bocca, localizzazioni acrali e genitali o per lesioni molto grandi. Proporzione di nuovi casi di melanoma invasivo ≤ 1mm sul totale dei casi incidenti • La biopsia “shave” è in genere sconsigliata poiché può compromettere la diagnosi patologica ed una corretta valutazione dello spessore di Breslow. Proporzione di nuovi casi di melanoma in situ e invasivo ≤ 1mm sul totale dei casi in situ e invasivi con spessore noto 6.3.3. Valutazione preliminare A diagnosi di melanoma confermata è raccomandato effettuare una attenta anamnesi personale e familiare e una accurata visita dell’intera superficie cutanea con particolare riferimento all’area di insorgenza del melanoma e del corrispondente bacino linfonodale drenante, al fine di rilevare eventuali altre lesioni primitive sospette, satellitosi, metastasi in transit e/o linfonodali. Gli accertamenti strumentali per i pazienti con melanoma sono necessari principalmente per l’identificazione di malattia clinicamente occulta in grado di indirizzare la scelta terapeutica. Inoltre vi è la necessità di studiare in maniera uniforme i pazienti sia per eventuale inclusione in trials clinici sia per poter comparare in studi futuri le immagini nei pazienti a rischio di recidiva. L’utilità di eseguire esami ematici e strumentali di routine per individuare eventuali metastasi asintomatiche è di scarsa validità in pazienti affetti da melanoma in stadio I-II, per i quali la biopsia del linfonodo sentinella è attualmente la tecnica stadiativa più accurata. Gli esami ematici di screening sono poco sensibili e gli esami strumentali sono spesso non specifici, con frequenti “falsi positivi” non correlati al melanoma [16-18]. L’esecuzione routinaria di esami ematici e strumentali non sono raccomandati nello screening di pazienti in stadio clinico I-II e dovrebbero essere impiegati solamente per indagare specifici segni e sintomi. L’utilità delle indagini strumentali (TC, Pet/TC, RM) è stata maggiormente considerata per quanto riguarda invece i pazienti affetti da melanoma in stadio III. Per i pazienti in stadio IV con metastasi a distanza, questa dovrebbe essere preferibilmente confermata mediante agoaspirato o con biopsia della lesione. Campioni di tessuto dovrebbero essere ottenuti durante la biopsia per eseguire un’analisi genetica qualora si consideri utile attuare la “terapia target” o in caso di potenziale arruolamento in trials clinici riguardanti tali terapie. La TC toraco-addomino-pelvica con o senza esecuzione PET/TC dovrebbe essere considerata per poter meglio definire l’estensione della malattia in stadio IV. Poiché i pazienti con melanoma metastatico hanno un’alta incidenza di metastasi cerebrali la RM encefalica o la TC con mezzo di contrasto dovrebbero essere effettuate anche in caso di sintomatologia minima o in caso di sospetto di coinvolgimento del sistema nervoso centrale o se il risultato di tali indagini possa influenzare la decisione terapeutica. Indicatore ITT 2 Indicatore ITT 3 Proporzione e tasso di incidenza dei casi di melanoma invasivo per classi di spessore di Bresolw 223 Melanoma Melanoma 6.4. Anatomia patologica 6.4.1. Campionamento del tumore primitivo I frammenti da inviare al laboratorio di anatomia patologica devono essere posti in contenitori di dimensioni idonee per evitarne la distorsione, contenenti un’adeguata quantità di fissativo formalina tamponata al 10% ed opportunamente contrassegnati con i dati del paziente. La quantità idonea di formalina è 20 volte il volume del frammento da fissare. Il tempo di fissazione medio è di 24 ore. L’esame dopo inclusione in paraffina e colorazione con ematossilina-eosina è la procedura diagnostica standard. Biopsia escissionale È il tipo di biopsia più idoneo per la valutazione di una lesione melanocitica, che va escissa in toto con una rima di tessuto normale. Si ottiene in genere una losanga cutanea, che deve essere misurata nelle sue tre dimensioni (lunghezza, larghezza, spessore); deve essere misurata anche la lesione (lunghezza, larghezza) e annotata la sua distanza dal margine chirurgico più vicino. La lesione va sezionata ed inclusa nella sua totalità (inclusioni seriate). Biopsia escissionale della cicatrice Viene eseguita dopo la diagnosi istologica di melanoma per adeguare i margini di escissione. Se alla prima asportazione i margini erano risultati negativi, e macroscopicamente non si evidenziano lesioni pigmentate, è sufficiente un campionamento random della cicatrice (1 inclusione ogni 1-2 cm lineari). Se i margini erano risultati positivi, è opportuno eseguire inclusioni seriate. 6.4.2. Tecnica istopatologica L’esame intraoperatorio al congelatore è generalmente sconsigliato per la diagnosi di tutte le lesioni melanocitiche cutanee. La citologia nella diagnosi di melanoma primitivo ha un ruolo del tutto secondario. Si possono ottenere preparati per apposizione in caso di melanomi ulcerati, centrifugati o thin-prep da liquido pleurico, peritoneale o cerebrospinale per la ricerca di cellule neoplastiche. L’agoaspirato può essere utilizzato nel caso di presenza di masse metastatiche in organi raggiungibili dall’ago. L’istochimica può talora essere di ausilio alla diagnosi. La colorazione di Masson-Fontana può aiutare a identificare la melanina, la colorazione tricromica di Masson può aiutare la distinzione del derma papillare dal reticolare nella valutazione del livello di Clark. L’immunoistochimica ha un ruolo importante nella diagnosi differenziale tra melanoma metastatico e metastasi da altri tumori (proteina S100, HMB45, MART-1, MiTF, ecc.). Questi anticorpi possono anche essere usati quale ausilio nell’identificazione delle micrometastasi nel linfonodo sentinella. L’HMB45 talora può aiutare nella diagnosi differenziale tra melanoma e nevo, ma sempre in subordine alla morfologia. Il Ki67 (Mib-1) può essere usato per valutare la attività proliferativa di una lesione. La proteina S100 può essere utile nello studio dei margini. L’anticorpo fosfoistone-H3 (PHH3) può essere di ausilio nella identificazione dell’area del tumore con maggiore indice mitotico, come fase preliminare alla conta delle mitosi/ mm2 (che deve essere comunque effettuata su sezioni colorate con ematossilina ed eosina). Il CD31, CD34 e l’anticorpo D240 possono essere utilizzati per aiutare nell’identificazione di invasione vascolare ematica e/o linfatica. 6.4.3. Referto microscopico Tipo Istologico Per la classificazione istologica del melanoma si fa riferimento alla classificazione WHO 2006 che comprende i quattro tipi principali di melanoma: melanoma a diffusione superficiale, melanoma nodulare, lentigo maligna ed il melanoma acrale-lentigginoso. Esistono inoltre numerose varianti istopatologiche rare, tra le quali è opportuno ricordare il melanoma desmoplastico ed il melanoma nevoide. Spessore sec. Breslow Lo spessore secondo Breslow rappresenta il più importante parametro prognostico e viene misurato dallo strato granuloso o, se la lesione è ulcerata, dal fondo dell’ulcerazione, fino al punto di massima infiltrazione. Ulcerazione La presenza di ulcerazione deve essere valutata al microscopio e viene definita dalla presenza delle seguenti caratteristiche: 224 • mancanza dell’epidermide a tutto spessore compreso lo strato corneo • evidenza di fenomeni reattivi (depositi di fibrina, neutrofili) • iperplasia reattiva o assottigliamento dell’epidermide adiacente, in assenza di trauma in anamnesi. Indice mitotico L’indice mitotico deve essere espresso come numero di mitosi/mm2 ed è valutato nella componente invasiva del melanoma a partire dalle zone con maggiore attività mitotica (“hot spot”) ed estendendo la conta ai campi adiacenti per un’area complessiva di 1 mm2. Se non sono presenti “hot spot” e le mitosi sono sparse random nella componente in fase di crescita verticale si sceglie un campo con una mitosi rappresentativa e si estende la conta ai campi adiacenti per un’area complessiva di 1 mm2. Livello di Clark I livelli di Clark sono definiti come segue: • I. Il melanoma è confinato esclusivamente all’epidermide • II. Il melanoma infiltra, ma non riempie il derma papillare • III. Il melanoma infiltra completamente ed espande il derma papillare • IV. Il melanoma infiltra il derma reticolare • V. Il melanoma infiltra il tessuto adiposo sottocutaneo Tale parametro ha perso in questi ultimi anni rilevanza ai fini prognostici. Nel nuovo sistema di stadiazione dell’AJCC 2010 infatti, il livello di Clark (IV e V) viene infatti solo utilizzato come criterio per la definizione della categoria T1b nei melanomi non ulcerati, qualora l’indice mitotico non possa essere determinato. Microsatellitosi La microsatellitosi è definita come la presenza di nidi tumorali di diametro >0,05 mm localizzati nel derma reticolare e/o nel sottocute e distanti almeno 0,3 mm dalla massa principale della neoplasia. Fase di crescita Il melanoma durante la progressione tumorale evolve attraverso due fasi di crescita: radiale e verticale. La fase radiale è la fase non tumorigenica, caratterizzata dalla proliferazione di melanociti nell’epidermide e/o nel derma papillare, senza formazione di nodulo tumorale. La fase di crescita verticale rappresenta la fase tumorigenica nella quale il melanoma acquisisce la capacità di metastatizzare ed è caratterizzata morfologicamente dalla presenza di un nodulo espansivo di dimensioni maggiori rispetto agli aggregati intraepidermici e/o dalla presenza di figure mitotiche nella componente invasiva. Diagnosi di lesioni melanocitarie ambigue Nella valutazione istopatologica di una proliferazione melanocitaria ambigua i parametri morfologici che vengono presi in considerazione a favore di una diagnosi di melanoma piuttosto che di nevo melanocitico sono numerosi e si diversificano tra loro nel contesto di specifiche diagnosi differenziali. Nel casi di maggiore complessità è opportuna la revisione collegiale interna dei preparati istopatologici seguita da eventuale richiesta di secondo parere esterno, preferibilmente in ambito regionale. Nei casi dubbi in supporto della diagnosi morfologica può essere indicato l’utilizzo di indagini immunoistochimiche (tra le quali HMB-45, Ki-67, p16) ed ibridazione in situ fluorescente (FISH), la cui lettura richiede operatori esperti ed appropriate linee guida per l’interpretazione. Sebbene la CGH offra sensibilità e specificità maggiore rispetto alla FISH nella diagnosi di melanoma, il suo utilizzo è attualmente confinato a laboratori specializzati [19]. Infiltrato linfocitario (TIL) I TIL sono classificati in “brisk”, “non-brisk” ed “absent”. Nella risposta di tipo “brisk”, i linfociti permeano diffusamente la componente del melanoma in fase di crescita verticale o ne infiltrano l’intera porzione inferiore. Nella risposta di tipo “non brisk” l’infiltrato linfocitario infiltra solo focalmente il tumore. Una risposta TIL di tipo “brisk” si associa a prognosi favorevole. Regressione La regressione rappresenta un continuum di modificazioni dermiche comprendenti, in fase iniziale, la comparsa di un infiltrato linfoistioide e lo sviluppo di processi neoangiogenetici e, in fase più avanzata, la comparsa di melanofagi e l’affermarsi di fenomeni di fibrosclerosi con obliterazione focale o diffusa della neoplasia. La presenza di regressione costituisce un parametro istologico ancora controverso. In numerosi studi la presenza di regressione diffusa (>75% della lesione) è risultata associata ad una prognosi sfavorevole, particolarmente nel melanoma sottile, mentre in altri più recenti che hanno utilizzato lo stato del linfonodo sentinella come indice indiretto di prognosi, non è stata confermata tale associazione. Tali risultati contrastanti possono essere in parte dovuti alla mancanza di standardizzazione nella definizione e nelle modalità di valutazione di tale parametro. Nel caso in cui gli estesi fenomeni di regressione siano associati ad una residua componente di melanoma intraepidermico il referto anatomo-patologico dovrebbe indicare esplicitamente “Melanoma con estesi fenomeni di regressione e residua componente di melanoma in situ” poiché la terminologia “melanoma in situ con fenomeni di regressione” potrebbe non corrispondere al reale potenziale biologico della lesione. Invasione vascolare e perineurale La presenza di invasione angiolinfatica costituisce un parametro prognostico sfavorevole essendo correlata con il rischio di recidiva di malattia, sviluppo di metastasi in transit e ridotta sopravvivenza. L’invasione perineurale si riscontra particolarmente in alcune varianti quali il melanoma desmoplastico/neurotropo e la sua presenza sembra correlare con un incrementato rischio di recidive locali. Tab. 2 - Indicazioni per il referto istopatologico • Il preparato istologico deve essere valutato da un anatomo-patologo con esperienza di lesioni melanocitarie. • Il referto istologico deve contenere: -- Istotipo(*) -- Spessore di Breslow (mm); -- Ulcerazione (presente vs. assente); -- Numero di mitosi/mm2; -- Fase di crescita (radiale vs. verticale) -- Livello di Clark; -- Reazione infiammatoria (TIL); -- Regressione; -- Invasione angiolinfatica; -- Microsatellitosi -- Presenza di componente nevica associata -- Stato dei margini laterali e profondo -- Stadiazione patologica • Per lesioni istologicamente ambigue è indicata revisione collegiale interna seguita eventualmente dalla acquisizione di secondo parere esterno. Nei casi controversi valutare l’utilizzo di indagini di ibridazione in situ fluorescente (FISH). (*) Nel caso di melanoma desmoplastico, specificare se si tratti di una forma pura o mista. Nel caso si tratti di un melanoma desmoplastico puro non è indicata la biopsia del linfonodo sentinella. Melanoma 225 Melanoma 6.4.4. Allestimento del linfonodo sentinella L’esame del linfonodo sentinella deve essere effettuato su materiale fissato in formalina e si sconsiglia nel modo più assoluto l’esame estemporaneo al congelatore. Nel reperto macroscopico devono essere riportate le dimensioni nei due diametri del linfonodo/i, l’eventuale presenza di colorante e di metastasi macroscopicamente evidenti. Poiché in base all’attuale sistema di stadiazione, un SLN è considerato positivo in presenza di isolate cellule tumorali evidenziate anche solo con colorazioni immunoistochimiche per gli anticorpi anti-antigeni melanoma associati, si raccomanda di utilizzare un protocollo estensivo di campionamento, quale il protocollo dell’EORTC Melanoma Group [20,21]. Ogni linfonodo va diviso in due metà, attraverso l’ilo e lungo l’asse maggiore, fissato in formalina e successivamente incluso in paraffina. Se il linfonodo è di grandi dimensioni, si consiglia di includere le singole metà separatamente. Da ciascuna inclusione vengono tagliate 20 sezioni secondo il seguente schema: dopo le prime 3 sezioni (sezioni 1-3), vengono eseguite altre 6 sezioni ad un intervallo di 50 μm (sezioni 4-9); dopo successivi ulteriori intervalli di 50 μm vengono tagliate altre 3 triplette di sezioni (sezioni 10-12, 13-15, 16-18) ed infine 2 sezioni dopo ulteriore intervallo di 50 μm (sezioni 19-20). Le sezioni 1, 4, 10, 13, 16 e 19 vengono colorate con ematossilina-eosina; le sezioni 2, 5, 11, 14, 17 e 20 sono testate immunoistochimicamente (proteina S100); le rimanenti 8 sezioni sono tenute di riserva per ulteriori studi. Refertazione del linfonodo sentinella Nella refertazione devono essere riportati il numero di linfonodi sentinella esaminati, il numero di linfonodi positivi ed il risultato delle colorazioni immunoistochimiche. In caso di positività, si suggerisce di indicare nel referto [22-23]: i) il diametro massimo della metastasi (se ci sono più focolai, il diametro massimo di quello maggiore), ii) la sede (sottocapsulare, parenchimale o mista); iii) la presenza di estensione extracapsulare. È opportuno segnalare nel referto anche la presenza di agglomerati nevici. Linfadenectomia Il tessuto adiposo contenente i linfonodi deve essere dissecato accuratamente per isolare i linfonodi, che devono essere contati e inclusi. 6.4.5. Analisi mutazionali Studi recenti hanno dimostrato che i melanomi sono eterogenei da un punto di vista genetico-molecolare, con profili distinti in relazione alla sede anatomica ed alla esposizione solare [24-28]. I melanomi che insorgono a livello del tronco ed arti su cute esposta in maniera intermittente al sole mostrano mutazioni di BRAF (nel 45-50% dei casi), mutazioni di NRAS (nel 15-20% circa) mentre raramente risultano c-KIT mutati (1%). I melanomi BRAF mutati si manifestano in età più giovanile (<55 anni) ed in pazienti con elevato numero di nevi melanocitici. Da un punto di vista istopatologico, i melanomi con genotipo BRAF mutato mostrano peculiari caratteristiche fenotipiche cito-architetturali quali marcata diffusione intraepidermica pagetoide, tendenza a formare teche, netta circoscrizione periferica, iperpigmentazione, citotipo epitelioide e rotondocellulare. I melanomi associati ad esposizione solare cronica a livello della regione testa collo possono mostrare mutazioni di BRAF nel 5-30% dei casi, mutazioni di NRAS in circa 10-15% dei casi e mutazioni di c-KIT nel 2-17% circa. Infine, nei melanomi in sede acrale e mucosale sono state dimostrate, sebbene con bassa frequenza (10-15%), mutazioni di c-KIT. La valutazione dello stato mutazionale (B-RAF, c-KIT) nei tessuti di melanoma è indicata per i pazienti con melanoma inoperabile o metastatico che possono beneficiare di terapie innovative molecolari attualmente disponibili all’interno di protocolli sperimentali. In particolare, Vemurafenib è indicato in pazienti affetti da melanoma con mutazione V600. La mutazione V600E, che consiste nella sostituzione della valina con acido glutammico nel codone 600, rappresenta circa il 90% delle mutazioni di BRAF nel melanoma, la V600K ha una frequenza del 10% circa mentre altre mutazioni, quali la V600R e la V600D, risultano meno frequenti. Per le raccomandazioni e criticità tecniche (incluse le metodologie da utilizzare) relative alla determinazione dello stato mutazionale di BRAF si fa riferimento al documento recentemente elaborato dal gruppo lavoro AIOM – SIAPEC-IAP (www.aiom.it). Indicatore ITT 4 Proporzione dei casi di melanoma invasivo con segnalazione dello spessore di Breslow nel referto Indicatore ITT 5 Proporzione dei casi di melanoma invasivo con indicazione dell’indice mitotico nel 226 referto Indicatore ITT 6 Proporzione dei casi di melanoma invasivo con segnalazione della presenza di ulcerazione nel referto Indicatore ITT 7 Proporzione dei casi sottoposti a linfoadenectomia con numero dei linfonodi asportati segnalato nel referto 6.5. Stadiazione 6.5.2. Stadio Anatomico/Gruppo Prognostico Stadiazione Clinica(*) 6.5.1. Classificazione TNM TNM Classification Malignant Tumors, 7th ed., 2009 Tumore primario (pT) pTx Tumore primario non rilevabile pT0 Nessuna evidenza di di Tumore primario pTis Melanoma in situ pT1 Melanoma di spessore ≤ 1,00 mm pT1a Senza ulcerazione e indice mitotico < 1mm2 pT1b Con ulcerazione o indice mitotico ≥ 1mm2 pT2 Melanoma di spessore 1,01-2.00 mm pT2a Senza ulcerazione pT2b Con ulcerazione pT3 pT3a pT3b pT4 pT4a pT4b Linfonodi Regionali (N) Melanoma di spessore 2.01-4,0 mm Senza ulcerazione Con ulcerazione Melanoma di spessore >4,0 mm Senza ulcerazione Con ulcerazione Nx Linfonodi regionali non valutabili (es: precedentemente rimossi per altro motivo) N0 Nessuna metastasi rilevata N1 Metastasi in 1 linfonodo regionale N1a N1b Micrometastasi(*) Macrometastasi(**) N2 Metastasi in 2-3 linfonodi regionali N2a Micrometastasi(*) N2b Macrometastasi(**) N3 Metastasi in 4 o più linfonodi, o pacchetto linfonodale, o metastasi in transit/ satellite(i) con metastasi linfonodale(i) Metastasi a distanza (M) M0 Nessuna evidenza rilevabile di metastasi a distanza M1a Metastasi a livello cutaneo, sottocutaneo, o linfonodale extraregionale con valori normali di LDH sierico. M1b Metastasi polmonari con valori normali di LDH sierico M1c Metastasi viscerali in altri organi con valori normali di LDH sierico o qualsiasi metastasi con valori elevati di LDH sierico (*) Le micrometastasi vengono diagnosticate dopo la biopsia del linfonodo sentinella e la linfoandenectomia totale (se eseguita). (**) Le macrometastasi sono definite come metastasi nodali clinicamente rilevabili confermate dalla linfoadenectomia terapeutica o come metastasi nodali che mostrano una macroscopica estensione extracapsulare. Stadio 0 Tis N0 M0 Stadio IA T1a N0 M0 Stadio IB T1b T2a N0 N0 M0 M0 Stadio IIA T2b T3a N0 N0 M0 M0 Stadio IIB T3b T4a N0 N0 M0 M0 Stadio IIC T4b N0 M0 Stadio III Qualsiasi T ≥N1 M0 Stadio IV Qualsiasi T Qualsiasi N M1 (*) La stadiazione clinica comprende la microstadiazione del melanoma primitivo e la valutazione clinico/radiologico per la ricerca di metastasi. Per convenzione dovrebbe essere utilizzata dopo la completa rimozione del melanoma primitivo e la valutazione clinica di metastasi regionali e a distanza. Stadiazione Patologica(**) Stadio 0 Tis N0 M0 Stadio IA T1a N0 M0 Stadio IB T1b T2a N0 N0 M0 M0 Stadio IIA T2b T3a N0 N0 M0 M0 Stadio IIB T3b T4a N0 N0 M0 M0 Stadio IIC T4b N0 M0 Stadio IIIA T(1-4)a T(1-4)a N1a N2a M0 M0 Stadio IIIB T(1-4)b T(1-4)b T(1-4)a T(1-4)a T(1-4)a N1a N2a N1b N2b N2c M0 M0 M0 M0 M0 Stadio IIIC T(1-4)b T(1-4)b T(1-4)b Qualsiasi T N1b N2b N2c N3 M0 M0 M0 M0 Stadio IV Qualsiasi T Qualsiasi N M1 (**) La Stadiazione Patologica comprende la microstadiazione del melanoma primitivo e informazioni anatomo patologiche sullo stato dei linfonodi regionali dopo linfoadenectomia parziale o completa. Lo Stadio Patologico 0 e IA rappresentano delle eccezioni poiché non necessitano della valutazione anatomo patologica dei linfonodi. Melanoma 227 Melanoma 6.6. Terapia chirurgica 6.6.1. Margini di escissione Dopo la biopsia escissionale, il trattamento chirurgico del melanoma si completa con l’ampliamento della escissione in base allo spessore istologico della lesione ed eventuale biopsia del linfonodo sentinella. Relativamente ai margini di escissione chirurgica, cinque trials randomizzati sono stati effettuati per confrontare diverse ampiezze di asportazione del melanoma primario [29]. Nel 1988 è stato pubblicato il primo trial randomizzato dalla World Health Organization (WHO) che confrontava melanomi di spessore ≤2 mm che venivano asportati a 1 o 3 cm dai margini [29-32]. Non sono state evidenziate differenze statisticamente significative nell’intervallo libero e nella sopravvivenza tra i due gruppi in studio. Altri due randomizzati hanno confrontato melanomi di spessore ≤2 mm asportati a 2 o 5 cm dai margini, non evidenziando differenze significative nel numero di recidive locali e sopravvivenza tra i due gruppi [29-32]. L’Intergroup Melanoma trial ha confrontato melanomi di spessore 1-4 mm asportati a 2 o 4 cm dai margini. Non sono state evidenziate differenze statisticamente significative tra i due gruppi in studio relativamente a recidive locali, intervallo libero, sopravvivenza [29-32]. Infine, uno studio prospettico randomizzato effettuato in Gran Bretagna ha confrontato melanomi di spessore >2 mm asportati ad 1 o 3 cm dai margini [29-31]. Al gruppo di pazienti con melanoma asportato a 1 cm dai margini si associava un numero significativamente maggiore di recidive locali e di progressione regionale della malattia, mentre non vi erano differenze significative nella sopravvivenza. Pertanto, i risultati che emergono dagli studi randomizzati non permettono di individuare con certezza margini di escissione ottimali per tutti i melanomi. In particolare, non abbiamo indicazioni chiare relativamente all’ampiezza ottimale di escissione di melanomi di spessore compreso tra 1 e 2 mm e per spessori maggiori di 4 mm, in quanto i diversi trials randomizzati confrontano melanomi di spessori diversi e utilizzano diversi margini di escissione. Sono state effettuate metanalisi degli studi randomizzati, in considerazione della possibilità che singoli trials possano avere un potere statistico non sufficiente per evidenziare differenze di sopravvivenza più piccole di quelle previste dal disegno dello studio, ma rilevanti dal punto di vista clinico. Nessuna di tali metanalisi ha evidenziato differenze di sopravvivenza globale (overall survival; OS) tra escissioni “ampie” (3-5 cm) rispetto ad escissioni “strette” (1-2 cm) [29-32]. Tuttavia, l’ultima di tali metanalisi [32] evidenzia limiti metodologici e di comparazione tra i trials precedenti. In particolare, il confronto tra escissioni a margini stretti ed escissioni a margini ampi in tale studio evidenzia: a) un rischio aumentato di recidive loco-regionali (locoregional disease-free survival; LDFS); b) una differenza “borderline” nell’intervallo libero (disease free survival; DFS), che diviene significativa se si analizzano separatamente i 2 trials randomizzati effettuati sui melanomi spessi (>2mm); un rischio aumentato nella mortalità specifica per malattia (disesase specific survival; DSS) nei 3 trials che riportano tale dato; differenze non significative nella sopravvivenza globale (OS). In definitiva, sulla base dei dati disponibili (Categoria 1) attualmente sono ritenute appropriate asportazioni con i seguenti margini di ampiezza dal melanoma primitivo (T2) [12-15,33,34]: 0,5 cm dai margini per melanomi in situ (particolare attenzione deve essere rivolta ai casi di lentigo maligna di ampie dimensioni a limiti sfumati, ove si possono rendere necessarie asportazioni più ampie e/o tecniche di valutazione intraoperatoria dei margini per raggiungere una exeresi completa); 1 cm dai margini per melanomi di spessore ≤1 mm; 1-2 cm dai margini per melanomi di spessore compreso tra 1,01 e 2 mm; 2 cm dai margini per melanomi di spessore compreso tra 2,01 e 4 mm; almeno 2 cm dai margini per melanomi di spessore >4 mm. È indicato estendere l’exeresi fino alla fascia muscolare, che viene generalmente conservata, in quanto non vi sono differenze in termini di recidive locali o a distanza tra la rimozione o conservazione della stessa [15,34]. L’ampiezza di escissione può essere ridotta in sedi particolari di insorgenza del melanoma, dove un’exeresi allargata comporterebbe esiti invalidanti dal punto vista estetico e funzionale. L’asportazione di melanomi del letto ungueale o della porzione distale delle dita delle mani o dei piedi frequentemente necessita la disarticolazione della falange distale o metacarpofalangea [15,34]. Tab. 3 - Ampiezza di escissione del melanoma primario(1) Spessore del melanoma (2) In situ Margine di escissione 0,5 cm ≤ 1,0 mm 1 cm (Categoria 1) 1,01-2,0 mm 1-2cm (Categoria 1) 2,1 - 4mm 2 cm (Categoria 1) > 4,0 mm 2 cm (Categoria 1) (1) Le indicazioni sui margini di escissione sono basate sui margini clinici misurati al momento dell’intervento chirurgico e non sui margini macroscopici ed istologici misurati dal patologo. L’ampiezza dei margini di escissione può essere adattata in base alle caratteristiche anatomiche e funzionali. (2) Per poter ottenere margini istologici negativi negli ampi melanomi in situ, tipo lentigo maligna, possono essere necessari margini chirurgici di escissione > 0,5 cm; utile l’esecuzione di esami intra-operatori. 228 6.6.2. Biopsia del linfonodo sentinella La biopsia del linfonodo sentinella viene generalmente indicata a fini stadiativo-prognostici per melanomi di spessore >1mm in cui non vi sia evidenza clinica e strumentale di linfadenopatia regionale. La tecnica viene indicata anche per i melanomi T1b (o di livello IV), in particolare se di spessore > 0.75 mm (Categoria 2B). La decisione se effettuare la biopsia del linfonodo sentinella viene valutata su base individuale in considerazione della presenza di significative comorbidità, volontà del paziente, altri fattori. La nuova stadiazione AJCC ha incorporato l’indice mitotico nei criteri di stadiazione del T1 in base ai dati di sopravvivenza [19]. Tuttavia il ruolo di questo fattore prognostico nel predire il rischio metastatico nei linfonodi regionali non è definito con precisione [35] e lo studio AJCC non fornisce la percentuale di positività del linfonodo sentinella in rapporto al numero di mitosi [19]. La conoscenza della correlazione tra indice mitotico e positività del SLNB nei melanomi T1b è invece di fondamentale importanza [36]. Dati preliminari suggeriscono che in presenza di melanomi T1 con un indice mitotico 1/mm2 e spessore > 0.75 mm è stato riportato un rischio di metastasi occulte nel linfonodo sentinella di circa il 10% [19]. Nei melanomi sottili è stata riportata una percentuale di positività del linfonodo sentinella del 8.7% se il tasso mitotico è >0, che sale al 12.3% se lo spessore è > 0.75 mm [37]. La biopsia del linfonodo sentinella nel melanoma viene indicata in quanto: attualmente è un’indagine diagnostica necessaria per la corretta stadiazione dei pazienti secondo il sistema AJCC [19]; ad oggi non vi sono indagini alternative (ecografia, risonanza magnetica, PET…) con analoga sensibilità che permettano di identificare metastasi linfonodali clinicamente occulte [38,39]; l’esame istologico è il metodo più accurato per identificare presenza tumorale nei linfonodi [40]; lo stato del linfonodo sentinella è il parametro prognostico maggiormente significativo nei confronti della sopravvivenza [40-44]; i pazienti con linfonodo sentinella positivo hanno una sopravvivenza significativamente peggiore rispetto ai pazienti linfonodo sentinella negativo (LdE I) [ 45-49]; qualora tale indagine non venisse effettuata un 20% circa di pazienti sarebbero erroneamente sotto-stadiati al I-II stadio, con conseguenti imprecise informazioni prognostiche sia per il medico che per il paziente, nonché inadeguate strategie terapeutiche adiuvanti e di follow-up. Tab. 4 - Indicazioni e tecnica per la biopsia del linfonodo sentinella • La biopsia del linfonodo sentinella è indicata a fini stadiativi in pazienti con melanoma di spessore >1mm in cui non vi sia evidenza clinica e strumentale di linfadenopatia regionale. È indicato valutare la tecnica e discuterla con il paziente anche in caso di melanomi invasivi con spessore inferiore a 1 mm ulcerati o con mitosi ≥1/mm2 (T1b), spessore > 0.75 mm o livello IV (Categoria 2B). La decisione se effettuare la biopsia del linfonodo sentinella può essere basata sulla presenza di significative comorbidità, volontà del paziente, altri fattori. • Linfoscintigrafia pre-operatoria con acquisizione di immagini statiche e dinamiche; Utilizzo preferibilmente combinato di iniezioni intradermiche di Patent Bleu e sonda scintigrafica intraoperatoria; • Asportazione di tutti i linfonodi blu e di quei linfonodi eventualmente non colorati che abbiano una radioattività ≥ 2:1 rispetto al fondo o ≥10% rispetto al linfonodo maggiormente radio-emittente; • Identificazione ed asportazione di eventuali “interval nodes”. Tecnica La tecnica della biopsia del linfonodo sentinella si è evoluta nel tempo, in particolare con l’introduzione della sonda scintigrafica intra-operatoria, che facilita la ricerca del linfonodo sentinella e la sua asportazione attraverso una minima incisione. 229 L’utilizzo del colorante vitale blu, del tracciante radioattivo e della sonda pongono talvolta il problema di quali e quanti linfonodi si debbano asportare. Con frequenza vengono infatti repertati linfonodi colorati e “caldi” (i.e. radioemittenti) e ulteriori linfonodi “caldi non-blu”. Il criterio generalmente adottato è di asportare tutti i linfonodi colorati ed i linfonodi non colorati la cui radioattività rispetto al fondo abbia un rapporto 2:1 o maggiore [50,51]. Con le nuove sonde altamente collimate il valore di radioattività del fondo in realtà è frequentemente nullo ed è pertanto preferibile applicare il criterio di asportare i linfonodi “caldi” che abbiano una radioattività ≥10% rispetto al linfonodo maggiormente radioattivo [52]. Deve essere tuttavia considerato che il numero dei linfonodi radioattivi varia in rapporto al tipo di tracciante utilizzato ed al tempo che intercorre tra l’iniezione del tracciante e l’intervento. Bostick e Morton, considerando il problema della possibilità di asportare talvolta un numero eccessivo di linfonodi (pertanto anche linfonodi non-sentinella), hanno sottolineato che il linfonodo sentinella è il linfonodo che si colora di blu, in cui sia stato isolato ed identificato il linfatico afferente colorato e che, quando repertato con tali caratteristiche, può essere inutile asportare eventuali ulteriori linfonodi radioemittenti non colorati; in questo studio è stato anche riportato il caso di un linfonodo blu, non radioattivo, metastatico [50]. Anche Thompson e Uren hanno enfatizzato il concetto di isolare il linfatico afferente colorato a conferma di aver identificato il “vero” linfonodo sentinella [53]. Tuttavia, le percentuali di identificazione di linfonodi colorati riportate in letteratura sono molto variabili, 60-95% [50,51,54-56], evidenziando quanto sia importante effettuare le iniezioni intra-dermiche di colorante vitale con estrema accuratezza. La presenza di una quota di casi in cui il linfonodo non si colora rende ovviamente indispensabile l’impiego della sonda, che ne facilita comunque Melanoma Melanoma l’identificazione. Inoltre, l’utilizzo combinato del colorante vitale e della sonda intra-operatoria aumenta la percentuale di identificazione dei linfonodi sentinella rispetto a ciascuna delle metodiche impiegate singolarmente [57-61]. Deve essere sempre effettuata la linfoscintigrafia pre-operatoria. Questo esame nel melanoma infatti ha un’importanza anche maggiore rispetto ad altri tumori in cui viene effettuata la biopsia del linfonodo sentinella, in quanto è una peculiarità del melanoma, ad esempio quando localizzato al tronco, avere spesso drenaggi multipli, che solo con questa indagine possono essere evidenziati. La linfoscintigrafia è inoltre importante per l’identificazione dei cosiddetti “interval/in-transit nodes”, cioè quei linfonodi posti tra il tumore primitivo ed il bacino linfonodale regionale, che devono essere attentamente ricercati, asportati ed analizzati, in quanto anch’essi possibile sede di metastasi nel 15% circa dei casi [62-64]. Per un’accurata esecuzione della procedura in tutte le sue fasi è importante un approccio multidisciplinare ed una stretta collaborazione tra medico nucleare, chirurgo e patologo, al fine di ottenere il più alto tasso di identificazione del linfonodo sentinella e ridurre al minimo i falsi negativi. L’analisi dei dati del Multicenter Selective Lymphadenectomy Trial I (MSLT-I) ha evidenziato che è necessaria una “fase di apprendimento” della metodica, che sono necessari almeno 55 casi per raggiungere una accuratezza di identificazione del linfonodo sentinella del 95% e che la percentuale di identificazione aumenta in rapporto all’esperienza del centro [65]. In sintesi la tecnica attualmente prevede: • linfoscintigrafia pre-operatoria con acquisizione di immagini statiche e dinamiche: serve per evidenziare il bacino o i bacini linfonodali drenanti, il numero e la sede dei linfonodi sentinella, eventuali “interval nodes”, che vengono tatuati sulla cute; • colorazione vitale pre-operatoria: iniezioni intradermiche peri-lesionali di 0,5-1 ml di • Patent Bleu 20 minuti prima dell’incisione cutanea; • impiego di sonda scintigrafica intra-operatoria: consente di effettuare l’escissione attraverso una incisione minima, permette di identificare il linfonodo sentinella qualora questo non si colori di blu, facilita la ricerca e ne diminuisce i tempi; • isolamento del linfonodo sentinella insieme al collettore linfatico afferente che dovrebbe risultare di colore blu; • asportazione di tutti i linfonodi blu e di quei linfonodi eventualmente non colorati che abbiano una radioattività ≥2:1 rispetto al fondo o ≥10% rispetto al linfonodo più “caldo”; • identificazione ed asportazione di eventuali “interval nodes”. Nei casi in cui il linfonodo sentinella risulti positivo è indicata la linfadenectomia regionale radicale [38,40,66-71]. Linfonodi metastatici oltre al linfonodo sentinella, qualora questo risulti positivo, sono riscontrati nel 10-30% dei casi alla successiva linfadenectomia regionale [72]. Alcuni studi hanno indagato possibili caratteri istopatologici della micrometastasi nel linfonodo sentinella (sede, numero, spessore…) che sembrano associati a negatività degli altri linfonodi regionali, tanto che è stato anche ipotizzato in tali casi di non effettuare la linfadenectomia regionale radicale [73-76], che tuttavia rimane ad oggi lo standard al di fuori di trials clinici. In caso di linfonodo sentinella positivo all’inguine viene effettuata linfoadenectomia inguinale o linfoadenectomia inguino-iliaco-otturatoria se alla linfoscintigrafia viene documentato drenaggio linfatico ai linfonodi pelvici o con TC pelvica positiva. 6.6.3. Trattamento dei linfonodi regionali, satellitosi, metastasi in transit In pazienti con linfonodi metastatici la linfoadenectomia è oggi l’unica efficace opzione terapeutica per il controllo locale della malattia ed una possibile cura [66,67,69], con una sopravvivenza a 10 anni che varia dal 20 al 60% circa, in base al numero dei linfonodi metastatici ed all’ulcerazione nel tumore primitivo [77]. Sono riportati pazienti lungo-sopravviventi dopo solo trattamento chirurgico. In una casistica di 1422 pazienti al terzo stadio trattati con la sola chirurgia, con un follow-up massimo di 32 anni, sono state riportate sopravvivenze a 15-, 20-, 25-anni rispettivamente del 36, 35, 35% [78]. Attualmente, in caso di metastasi linfonodale, a seconda della sede interessata, viene effettuata: • dissezione radicale o radicale modificata del collo comprendente i linfonodi dei livelli I-V, conservativa del muscolo sternocleidomastoideo, della vena giugulare interna e del nervo spinale accessorio. La parotidectomia conservativa del nervo faciale viene generalmente associata alla linfadenectomia del collo in presenza di metastasi infraparotidee documentate (Categoria 2B) [38,66,67.69,71,79,80]; • linfadenectomia ascellare comprendente i linfonodi dei tre livelli ascellari (Categoria 2B) [38,66-68,71,80]; • dissezione inguinale superficiale e profonda (con esami strumentali per linfonodi pelvici negativi) o dissezione inguino-iliaco-otturatoria (in presenza di linfoscintigrafia che documenta drenaggio ai linfonodi pelvici e linfonodo sentinella inguinale positivo, linfonodi inguinali positivi clinicamente ed ecograficamente, numero di linfonodi superficiali positivi ≥3, linfonodo di Cloquet positivo, TC pelvica positiva) (Categoria 2B) [38,66,67,69,71,80- 230 82]. In caso di satellitosi/metastasi in transit, quando il numero delle lesioni è piccolo e l’area interessata ristretta, è indicata escissione chirurgica completa che ipotizzi radicalità di trattamento [38,66,67,69,83,84]. Quando sono presenti metastasi in transit diffuse degli arti, senza evidenza di metastasi a distanza, può trovare indicazione la perfusione isolata di arto. Anche se i risultati degli studi randomizzati e delle diverse casistiche non sembrano evidenziare un impatto sulla sopravvivenza, si ottiene un importante controllo locale della malattia, con tassi di risposta di 80-90% e risposte complete del 55-65%; la durata della risposta è generalmente di 9-12 mesi, un 20-25% di pazienti hanno risposte a lungo termine [85-87]. La tecnica prevede l’isolamento chirurgico dei vasi e l’inserimento del circuito extracorporeo che permette la perfusione chemio-ipertermica dell’arto. L’agente chemioterapico generalmente utilizzato è il melphalan [131], associato ad ipertermia moderata o alta [89-92], che può essere associato anche al TNF-alfa [93]. La metodica è complessa e la tossicità varia da lieve eritema ed edema, ad epidermolisi estesa, fino a complicanze maggiori quali impotenza funzionale ed anche amputazioni [66]. L’infusione antiblastica ipossica di arto è una tecnica che ha una minor invasività e tossicità rispetto alla perfusione ipertermica [94], generalmente indicata in casi non eleggibili per tale metodica, a rischio elevato per condizioni generali e/o locali. L’approccio vascolare può essere chirurgico o percutaneo radiologico, l’agente chemioterapico (melphalan, dactinomicina) [95] è infuso attraverso un semplice circuito extracorporeo a dosi inferiori rispetto alla perfusione. I risultati della metodica necessitano di una più larga valutazione nell’ambito di studi clinici controllati. In casi di lesioni del tronco, del distretto testa-collo o quando le tecniche precedenti e chirurgiche non siano applicabili, possono essere effettuate terapie ablative o intralesionali [66]. Recentemente è stata introdotta anche la metodica della elettrochemioterapia, che dà ottimi risultati in termini di controllo locale della malattia con morbidità ed effetti collaterali ridotti [96-99]. La tecnica prevede infusione endovenosa o intralesionale di un chemioterapico (bleomicina, cisplatino) accompagnata dall’applicazione di un impulso elettrico breve ed intenso che determina un aumento transitorio della permeabilità delle membrane cellulari. In tal modo vengono somministrate dosi ridotte di chemioterapico ed il farmaco, di per sé poco o per niente permeante, penetra nel citoplasma cellulare ed aumenta la propria azione anti-tumorale senza danneggiare i tessuti non sottoposti ad impulso elettrico. È riportata una percentuale di risposte oggettive di circa 85% e di risposte complete di circa 70% [98,100]. In caso di metastasi in transit diffuse può essere indicata anche terapia sistemica, radioterapia palliativa, terapie di associazione, arruolamento del paziente in trials clinici. 6.6.4. Il ruolo della chirurgia nel IV stadio • I limiti anatomici della dissezione linfonodale dovrebbero essere riportati nel registro operatorio Circa un terzo dei pazienti con melanoma sviluppa metastasi a distanza; in tali casi le opzioni terapeutiche efficaci sono scarse e la prognosi è infausta, con una sopravivenza a 5 anni inferiore al 10 % [77,101]. Per la maggior parte dei pazienti al IV stadio di malattia non vi è indicazione chirurgica. Pazienti attentamente selezionati possono essere sottoposti ad intervento chirurgico, in base alla sede ed al numero delle metastasi ed alla morbidità operatoria [38,66,67,102-106]. Metastasi cutaneo/sottocutanee oltre il bacino linfonodale drenante, se asportabili chirurgicamente con criteri di radicalità, possono essere escisse. Questi pazienti hanno generalmente una prognosi migliore rispetto a quelli con metastasi viscerali, con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 20% [101]. A seguito di asportazione chirurgica completa di metastasi dei tessuti molli sono state riportate sopravvivenze a 5 anni del 20-50% [107-109]. Sono riportati impatti positivi sulla sopravvivenza a seguito di asportazione completa di metastasi polmonari. In una casistica di 945 pazienti con metastasi polmonari è stata riportata, per pazienti con lesioni isolate, una sopravvivenza a 5 anni del 4% per quelli non sottoposti a resezione chirurgica e del 20% per quelli che avevano effettuato metastasectomia completa [110]. Anche in altre casistiche è stata riportata una sopravvivenza del 20-25% per pazienti sottoposti a metastasectomia polmonare radicale [108,111-114]. Il ruolo della chirurgia in caso di metastasi epatiche è controverso. Tuttavia le tecniche di chirurgia epatica si sono evolute negli ultimi anni e possono essere candidati a tale trattamento pazienti selezionati, con intervallo libero >24 mesi dall’asportazione del melanoma primario e 231 assenza di co-morbidità clinica, in cui non vi siano ulteriori localizzazioni di malattia (TC/RM/ PET) e sia presumibile una asportazione chirurgica completa [115,116]. • Dissezione radicale o radicale modificata del collo comprendente i linfonodi dei livelli I-V. La parotidectomia conservativa del nervo faciale viene generalmente associata alla linfadenectomia del collo in presenza di metastasi infraparotidee documentate. (Categoria 2B) linfoadenectomia ascellare comprendente i linfonodi dei tre livelli ascellari. (Categoria 2B) Proporzione dei casi di melanoma di spessore > 1mm che eseguono la biopsia del linfonodo sentinella Tab. 5 - Indicazioni per la linfoadenectomia radicale • È necessaria una dissezione anatomica completa delle stazioni linfonodali sede di metastasi(1) • Dissezione inguinale superficiale e profonda (con esami strumentali per linfonodi pelvici negativi) o dissezione inguino-iliaco-otturatoria (in presenza di linfoscintigrafia che documenta drenaggio ai linfonodi pelvici e linfonodo sentinella inguinale positivo, linfonodi inguinali positivi clinicamente ed ecograficamente, numero di linfonodi superficiali positivi ≥3, linfonodo di Cloquet positivo, TC pelvica positiva). (Categoria 2B) (1) Attualmente la linfoadenectomia regionale è indicata in tutti i casi di linfonodo sentinella positivo al di fuori di trials clinici, indipendentemente dal tipo, dimensioni, sede della micro- o macro-metastasi e numero dei linfonodi sentinella coinvolti. Indicatore ITT8 Indicatore ITT 9 Proporzione dei casi di melanoma di spessore > 1mm che eseguono la biopsia del linfonodo sentinella in pazienti di età < 75 anni Indicatore ITT 10 Proporzione dei casi con linfonodo sentinella positivo sul totale dei casi che eseguono la biopsia del linfonodo sentinella Indicatore ITT11 Proporzione dei casi con linfonodo sentinella positivo che eseguono la successiva linfoadenectomia Melanoma Melanoma 6.7. Terapia medica 6.7.1. Terapia adiuvante 6.7.1.1. Interferone a dosaggi bassi ed intermedi Il primo grande studio sull’utilizzo di interferone nei pazienti affetti da melanoma in stadio III operati è stato condotto da WHO, ma non è stato osservato un incremento della sopravvivenza (35% nel gruppo interferone vs 37% nei pazienti all’interno del braccio di osservazione)[117]. Nello studio clinico del gruppo cooperativo Francese, ad un tempo mediano di follow-up di 5 anni, l’interferone in adiuvante era associato ad un significativo beneficio in tempo libero da progressione e con un trend in aumento della sopravvivenza globale. In un altro studio prospettico randomizzato, l’utilizzo dell’interferone in adiuvante ha prolungato la sopravvivenza libera da malattia per i pazienti con melanoma di stadio II ad un tempo mediano di follow-up di 41 mesi [118]. Inoltre ulteriori due studi randomizzati (EORTC 18952 e AIMHIGH Study) hanno comparato l’utilizzo dell’interferone in adiuvante con la sola osservazione in pazienti con melanoma resecato di stadio IIB e III. In tali studi l’utilizzo di interferone non ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo in termini di intervallo libero da malattia rispetto alla sola osservazione clinica [119,120]. 6.7.1.2. Interferone ad alte dosi e Interferone Peghilato L’utilizzo di interferone ad alte dosi è stato valutato in 3 studi randomizzati. Lo studio ECOG 1684 un follow-up mediano di 6.9 anni, ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo in sopravvivenza e tempo libero da progressione per i pazienti nel gruppo di trattamento con interferone. Al contrario, ad un follow-up di 12.6 anni, non si è notato un vantaggio statisticamente significativo in sopravvivenza tra i due gruppi, mentre permaneva un vantaggio in tempo libero da ripresa di malattia per i pazienti in trattamento con interferone [121]. Lo studio ECOG 1690 ha confermato un vantaggio in termini di tempo libero da progressione per i pazienti in trattamento con alte dosi di interferone alfa-2b, mentre non si è osservato un vantaggio in sopravvivenza globale rispetto alla sola osservazione [122]. Lo studio E1694 ha comparato la somministrazione di alte dosi di interferone alfa-2b con un vaccino sperimentale, GM2-KLH21. Ad un tempo approssimativo mediano di follow-up di 2 anni, la sopravvivenza globale ed il tempo libero da ripresa di malattia erano migliori nel braccio di trattamento con interferone alfa-2b se comparati con il vaccino sperimentale. Di recente in merito a tale studio sono insorte delle perplessità in merito al vaccino sperimentale usato come braccio di controllo in tale sperimentazione. Infatti, uno studio randomizzato di fase III (EORTC 18961) sull’utilizzo di un vaccino adiuvante GM2-KLH21 in 1314 pazienti, è stato chiuso precocemente per inferiorità nella sopravvivenza dei pazienti trattati con il vaccino sperimentale[123]. Una revisione sistematica degli studi clinici randomizzati controllati, ha dimostrato che l’utilizzo in adiuvante di interferone nei pazienti con melanoma ad elevato rischio di recidiva, non è associato ad aumento della sopravvivenza. Un’altra analisi degli studi E1684, E1690 e E1694, ha mostrato un vantaggio nel tempo libero da ripresa di malattia nei pazienti con melanoma ad alto rischio trattati con interferone, ma non ha evidenziato alcuna differenza in sopravvivenza globale rispetto al solo follow-up [124,125]. Nonostante l’utilizzo di alte dosi di interferone sia associato con un incremento della sopravvivenza libera da malattia nei pazienti con melanoma ad alto rischio, l’utilizzo dell’interferone in questo setting di pazienti rimane non definito (2B). La decisione sull’utilizzo o meno dell’interferone ad alte dosi in adiuvante dovrebbe essere discussa con ciascun paziente, mostrando potenziali benefici ed effetti collaterali di tale trattamento. Recentemente il protocollo EORTC (18991) ha randomizzato 1256 pazienti con melanoma in stadio III operato, a ricevere interferone peghilato o sola osservazione per un periodo di 5 anni. Il tasso di sopravvivenza libera da malattia a 4 anni, era migliore nel gruppo di pazienti che ricevevano interferone rispetto al solo controllo (45.6% vs 38.9%), ma non c’era una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi in termini di sopravvivenza globale [126]. Sulla base di questi dati, l’interferone peghilato alfa ha ricevuto l’approvazione di FDA nel 2011 come opzione in adiuvante nei pazienti affetti da melanoma con coinvolgimento linfonodale. Una recente analisi post-hoc di due studi randomizzati di fase III (EORTC 1892 e EORTC 18991), ha indicato che la riduzione del rischio di recidiva in pazienti trattati con interferone in adiuvante era osservata soprattutto nei pazienti con melanoma primario ulcerato [127]. Questa osservazione rimane non spiegata sia da un punto di vista clinico che biologico. In definitiva, il trattamento con interferone peghilato, in tutti i casi ha attualmente un livello di evidenza 2B, in considerazione del rapporto benefici/effetti collaterali. La decisione sull’utilizzo o meno dell’interferone in adiuvante dovrebbe essere discussa con ciascun paziente, mostrando potenziali benefici ed effetti collaterali di tale trattamento. Per i pazienti operati radicalmente in stadio IIIC o IV, può essere considerato un trattamento adiuvante. Attualmente non esistono evidenze sull’utilizzo dell’interferone in questo setting. La 232 scelta più appropriata in questi è la valutazione di una terapia adiuvante all’interno di un trial clinico. 6.7.2. Terapia sistemica del melanoma metastatico 6.7.2.1. Monochemioterapia La dacarbazina (DTIC) è il farmaco fino ad oggi singolarmente più impiegato (IIB). Questo agente alchilante è in grado di indurre risposte nel 6-10% dei casi; tali risposte sono raramente complete (3%) e per lo più di breve durata (2-6 mesi)[128] Gli altri farmaci considerati attivi nel melanoma sono nitrosouree, cisplatino (CDDP), alcaloidi della vinca, taxani, temozolomide (profarmaco di DTIC che può essere somministrato per via orale e diffonde anche nel SNC; ha fatto osservare una percentuale di risposte simile a quella ottenuta con DTIC in uno studio randomizzato), fotoemustine (farmaco disponibile solo in Europa, che diffonde anche nel SNC; in un recente studio randomizzato ha dato risposte nel 15.5% vs 6.8% di DTIC, con ritardo nella comparsa di metastasi cerebrali rispetto al braccio trattato con DTIC - mediana: 22.7 vs 7.2 mesi, pur non dimostrando vantaggi significativi in termini di sopravvivenza) (IIB)[129-131] Tra i regimi polichemioterapici, da riservare ai casi nei quali sia auspicabile una rapida riduzione della massa tumorale, più utilizzati il CVD (CDDP + vindesina + DTIC), una combinazione di CDDP e DTIC, oppure Palclitaxel in associazione a Carboplatino o CDDP, fanno osservare una percentuale di risposte compresa tra il 20 e il 45% e una durata mediana inferiore a 6 mesi [132-134]. Per quanto sia preferibile inserire i pazienti affetti da melanoma metastatico in studi clinici controllati, la scelta tra mono e polichemioterapia è applicabile sulla base di una scelta clinica individuale con evidenza di tipo R, poiché non ci sono dati che supportino un vantaggio in termini di sopravvivenza in relazione al tipo di trattamento. 6.7.2.2. Biochemioterapia La biochemioterapia è la combinazione di agenti chemioterapici ed agenti biologici. In uno studio di fase II monocentrico, un regime di biochemioterapia (cisplatino, vinblastina, dacarbazina, interferon alfa ed IL-2) ha prodotto un tasso di risposte del 27-64% con un tasso di risposte complete di 15-21% in pazienti affetti da melanoma metastatico. Un piccolo studio di fase III randomizzato che comparava un regime di biochemioterapia (dacarbazina, cisplatino, vinblastina con Il-2 ed interferon alfa-2b) vs dacarbazina, vinblastina e cisplatino, ha mostrato un tasso di risposte del 48% per il regime di biochemioterapia vs il 25% per il regime polichemioterapico standard [135]. In uno studio di fase III (E3695) un regime di biochemioterapia (cisplatino, vinblastina, dacarbazina, IL-2 e interferon alfa-2b) ha mostrato un tasso di risposte lievemente superiore per il regime di biochemioterapia rispetto al braccio di controllo, ma non si è osservato un vantaggio in termini di sopravvivenza. Inoltre è stata riportata una maggiore tossicità per il regime di biochemioterapia vs il braccio di controllo [136]. Una recente metanalisi, ha riportato che nonostante la biochemioterapia aumenta il tasso di risposte, questo dato non correla con un aumento in sopravvivenza. 6.7.2.3. Nuove terapie Ipilimumab, un nuovo anticorpo monoclonale diretto contro l’antigene 4 dei linfociti T citotossici (CTLA-4) e che stimula le cellule T del sangue, ha ricevuto l’approvazione da parte di FDA nel marzo 2011. L’approvazione è stata basata su su uno studio randomizzato di fase III che ha randomizzato 676 pazienti affetti da melanoma metastatico che erano progrediti in seguito ad un trattamento precedente sistemico. I pazienti hanno ricevuto ipilimumab in associazione a un vaccino peptidico (gp100), ipilimumab in monoterapia, o gp 100 in monoterapia con randomizzazione 3:1:1. la sopravvivenza globale era significativamente superiore nei pazienti che avevano ricevuto o la combinazione (10.0 mesi; HR 0.68 comparata a gp100 in monoterapia; p< 0.001) o ipilimumab da solo (10.1 mesi; HR 0.66 comparata a gp 100 in monoterapia; p= 0.003), comparato ai pazienti che avevano ricevuto solamente gp100 (6.4 mesi) [137]. Un secondo studio di fase III è stato condotto su 502 pazienti con melanoma metastatico non pretrattati. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere ipilimumab in associazione a dacarbazina o dacarbazina in associazione a placebo. L’end point primario dello studio è stato raggiunto con il braccio di associazione dacarbazina ed ipilimumab che ha mostrato una sopravvivenza globale superiore rispetto al braccio di controllo (11.2 vs 9.1 mesi). Il tasso di sopravvivenza a 5 anni era del 20.8% vs 12.2% dei pazienti che avevano ricevuto dacarbazina più ipilimumab e dacarbazina più placebo rispettivamente (HR= 0.72; p< .001) [138]. Recentemente inoltre è stato visto che circa il 45% dei pazienti affetti da melanoma è portatore di una mutazione di una chinasi di trasduzione del segnale intracellulare che si chiama BRAF. Vemurafenib è un farmaco a bersaglio molecolare che blocca la traduzione del segnale nei pazienti con mutazione di BRAF. Uno studio randomizzato di fase III ha comparato la somministrazione di vemurafenib vs dacarbazina nei pazienti affetti da melanoma metastatico non pre-trattati. Vemurafenib era associato con una sopravvivenza migliore ed un tempo libero da progressione di malattia più lungo. (RR di morte =0.37; RR di morte o progressione = 0.26; p< .001). A sei mesi, l’84% dei pazienti in trattamento con vemurafenib erano vivi, contro il 64% in trattamento con dacarbazina. Sulla base di questi risultati di questo studio randomizzato, nell’Agosto del 2011, vemurafenib è stato approvato per il trattamento dei pazienti affetti da melanoma metastatico recanti la mutazione di BRAF. Il test COBAS 4800 utilizzato per determinare lo status mutazionale di BRAF è stato approvato da FDA insieme al farmaco [139]. Nonostante l’approvazione di ipilimumab e vemurafenib ha significativamente impattato la terapia del melanoma metastatico, ogni agente ha delle limitazioni. Per quanto riguarda ipilimumab, ci sono gli eventi avversi immuno-correlati, il tempo necessario per ottenere una risposta clinica ed il tasso di risposte inferiore al 20%. Comunque, le risposte quando si osservano, sono molto durature. Vemurafenib, è associato ad un tasso di risposte del 4050% in pazienti con BRAF mutato, e queste si possono verificare anche dopo pochi giorni dall’inizio del trattamento. Sfortunatamente, la mediana di durata delle risposte è di 5-6 mesi. Tab. 6 - Indicazioni per terapie sistemiche del melanoma avanzato o metastatico(1) (Categoria 2B) • Dacarbazina 800-1000 mg/mq e.v. g1 q 21-28 • Temozolomide 150-200 mg/mq o.s. g1-5 q 28 • Fotemustine 100 mg/mq e.v. gg 1, 8, 15 (fase induzione) – • 4/6 settimane stop – 100 mg/mq e.v. g1 q21 (fase mantenimento) • Paclitaxel 80 mg/mq e.v. gg 1, 8, 15 q 28 • Carboplatino AUC 6 + Paclitaxel 175-225 mg/mq e.v. g1 q21 • Cisplatino 20 mg/mq e.v. gg 2-5 + Dacarbazina 800 mg/mq e.v. g1 + Vinblastina 1.6 mg/mq e.v. gg 1-5. (CVD). • Cicli ripetuti ogni 21-28 giorni. Nuove terapie • Ipilimumab 3mg/Kg e.v. g 1 q ogni 3 settimane per 4 cicli (in attesa di approvazione AIFA) • Vemurafenib 960 mg per o.s. due volte al giorno ogni 12 ore (in attesa di approvazione AIFA) (1) Ai pazienti che progrediscono dopo la prima terapia sistemica può essere proposta una terapia successiva se questi mantengono un performance status ECOG di 0-2 o un indice di Karnosky ≥ 60. Melanoma 233 Melanoma 6.8. Radioterapia 6.8.1. Radioterapia adiuvante Per il trattamento di un melanoma primario escisso la radioterapia adiuvante è raramente necessaria. Una eccezione può essere rappresentata dal melanoma neurotropico desmoplastico (MND) che tende ad avere una elevata aggressività locale [140]. La radioterapia ha un ruolo nel controllare la recidiva nodale nei pazienti a rischio. La definizione delle categorie a rischio varia nei diversi studi [141,142]. In una estesa revisione retrospettiva [143] sono stati valutati 615 pazienti che erano considerati ad “alto rischio” per recidiva nodale locale, cioè: a) metastasi cervicali con estensione extra-capsulare, o linfonodi metastatici ≥2, o linfonodo metastatico ≥2 cm; b) metastasi ascellari con estensione extracapsulare, o linfonodi metastatici ≥4, o linfonodo metastatico ≥3 cm; c) metastasi inguinali con associazione di almeno 2 criteri tra estensione extracapsulare, linfonodi metastatici ≥4, linfonodo metastatico ≥3 cm. Ad un follow-up medio di 5 anni la recidiva locale si era verificata solo nel 10,2% dei pazienti trattati con radioterapia rispetto al 40,6% dei pazienti non trattati con radioterapia. L’analisi multivariata ha evidenziato differenze significative nelle recidive locali e nella sopravvivenza specifica da malattia in favore dei pazienti che avevano effettuato radioterapia adiuvante rispetto a quelli che avevano effetuato solo linfadenectomia. La radioterapia si associa a maggior morbilità correlata al trattamento (tasso a 5 anni 20% contro 13%, P=0,004), rappresentata principalmente dal linfedema [143]. La radioterapia post operatoria con vari schemi di frazionamento è stata utilizzata in altri studi clinici [144-146]. La radioterapia ipofrazionata sembra essere efficace come quella con frazionamento standard. Sebbene particolari attenzioni in termini di tossicità devono essere impiegate quando si somministrano alte dosi per frazione, tutti i regimi studiati sembrano essere ben tollerati. 6.8.2. Radioterapia palliativa Contrariamente alla comune percezione che il melanoma sia radio resistente, spesso con la terapia radiante si riesce ad ottenere una buona palliazione della malattia metastatica sintomatica. Studi hanno dimostrato un miglioramento della sintomatologia nel 39% per metastasi del sistema nervoso centrale e dal 68% al 84% per metastasi non del sistema nervoso centrale [147,148]. Il tasso di risposta clinica completa varia dal 17 al 69% con il raggiungimento di una risposta parziale o completa dal 49 al 97% [146,149-150]. (Categoria 2B). Tab. 7 - Indicazioni per la Radioterapia Valutare trattamento radioterapico nelle seguente condizioni(1): Malattia Primaria: • Terapia adiuvante per pazienti selezionati con melanoma desmoplastico escisso con margini limitati, recidivo, con neurotropismo esteso. Malattia Regionale(2): -- Adiuvante • Marcata estensione extracapsulare linfonodale; • ≥ 4 linfonodi coinvolti; • Dimensioni ≥ 3 cm; • Localizzazione Cervicale3 > Ascellare > Inguinale; • Recidiva dopo precedente linfoadenectomia totale(3). -- Palliativa • • • • Satellitosi Metastasi in transit Metastasi linfonodali Non resecabili Malattia Metastatica: • Metastasi cerebrali: -- Radiochirurgia stereotassica e/o radioterapia encefalica completa come trattamento adiuvante o primario; -- Radioterapia adiuvante seguita da resezione delle metastasi cerebrali • Altre metastasi sintomatiche o potenzialmente sintomatiche dei tessuti molli e/o delle ossa. (1) Molte terapie sistemiche possono essere effettuate durante la radioterapia. (2) Vari protocolli di dose/frazionamento sono risultati efficaci. Regimi ipofrazionati possono aumentare il rischio di complicanze a lungo termine. (3) Nella regione cervicale la radioterapia può essere considerata dopo linfoadenectomia regionale se sono risultati coinvolti ≥2 linfonodi e/o un linfonodo è risultato coinvolto con una metastasi ≥2 cm. 234 6.9. Follow-up Non ci sono indicazioni univoche dalla letteratura sullo schema di follow-up per il melanoma cutaneo, per quanto riguarda la frequenza dei controlli clinici, il tipo e la frequenza delle indagini strumentali eventualmente utilizzate [33,151-155]. Non vi sono evidenze che permettono di trarre conclusioni definitive tra follow-up più o meno intensivi sulla base di un confronto fra l’effettivo beneficio clinico (diagnosi precoce di recidiva o vantaggio in sopravvivenza) ottenuto dall’una o dall’altra strategia (Categoria 2B). Il ruolo della ecografia linfonodale per la diagnosi precoce di metastasi ai linfonodi regionali sembra evidenziato in termini di sopravvivenza globale in uno studio prospettico [151]. È riportato anche un possibile impatto sulla sopravvivenza a seguito di trattamento chirurgico precoce di metastasi viscerali uniche [103,104,114]. Il rischio maggiore di sviluppare metastasi sistemiche o cerebrali è risultato associato ad un sotto-stadio maggiore, con un rischio del 48% di metastasi non cerebrali e del 13% di interessamento cerebrale in stadio IIIC. È stato pertanto suggerito che una periodica sorveglianza con tecniche di imaging mirate per il SNC per 3 anni potrebbe scongiurare alcune delle morbidità riscontrate nei pazienti in stadio IIIC con ricorrenze sintomatiche a livello di tale localizzazione. In generale è accettato variare il tipo e la frequenza dei controlli in base al rischio di recidiva. Nei pazienti a basso rischio indagini strumentali di routine non sono ritenute utili, ma indicate solo per indagare specifici segni e sintomi. Indagini strumentali più frequenti sono considerate per pazienti a maggior rischio di progressione. La durata ottimale del follow-up rimane controversa. Sebbene nella maggior parte dei pazienti che vanno incontro a recidiva ciò si verifica entro i 5 anni dal trattamento, recidive tardive (oltre i 10 anni) sono ampiamente documentate soprattutto nei pazienti con un melanoma primitivo in stadio iniziale [33,156]. Il medico dovrebbe istruire tutti i pazienti all’autoesame mensile della pelle e dei linfonodi qualora la diagnosi sia stata di melanoma in stadio IA-IV. In occasione della visita di controllo dovrà essere valutato con estrema cura lo stato delle stazioni linfonodali drenanti il sito di insorgenza, il tegumento tra sede di insorgenza e stazione drenante per la ricerca di eventuali metastasi in transit e tutto l’ambito cutaneo per l’identificazione di un eventuale secondo melanoma primario. Segni o sintomi particolari sono indicazione per ulteriori indagini strumentali. Un esame accurato della pelle è raccomandato almeno una volta l’anno per tutta la vita in tutti i pazienti affetti da melanoma. Esami ematici non sono raccomandati di routine. Un possibile schema di follow-up, in cui tipo e frequenza degli esami variano in base al rischio di recidiva, può prevedere: a) pazienti con melanoma stadio O (in situ): controllo clinico ogni 6-12 mesi (in base alla associazione con eventuali fattori di rischio quali pregresso melanoma, familiarità per melanoma, altri); b) pazienti con melanoma stadio IA: controllo clinico ogni 6 mesi, indagini strumentali solo per indagare specifici segni e sintomi; c) melanoma stadio IB-IIA: controllo clinico ogni 4-6 mesi, Rx torace, ecografia epatica e linfonodale 1 volta l’anno; d) melanoma stadio IIB-III: controllo clinico ogni 3-4 mesi; Rx torace, ecografia epatica e linfonodale ogni 6 mesi (o alternare i precedenti esami strumentali ogni 6 mesi con TC con m.d.c torace/addome/encefalo –o RM per encefallo-, in particolare per stadio IIIC); e) stadio IV: controllo clinico ed indagini strumentali su base individuale in base a sede e numero di metastasi, terapia. Poiché il 90% delle metastasi si manifesta entro i primi 5 anni, l’esecuzione di indagini di imaging non è raccomandata di routine oltre questo periodo di tempo [33]. Dopo 5 anni si consiglia controllo clinico ogni 6-12 mesi. Autoesame e visita una volta l’anno sono raccomandati anche dopo 10 anni. La programmazione del follow-up è influenzata, oltre che dal rischio di recidive in base allo stadio di malattia, anche dalla presenza di fattori di rischio quali pregresso melanoma, familiarità per melanoma, fototipo, elevato numero di nevi atipici, ecc…, che possono influenzare la frequenza ed il tipo dei controlli. La frequenza dei controlli ed il tipo di indagini possono variare su base individuale e a giudizio clinico. Indicatori ITT sui tempi di attesa Indicatore 12 Tempo di attesa fra primo intervento chirurgico e primo referto anatomo-patologico (tempo di diagnosi di melanoma) Indicatore 13 Tempo di attesa fra referto del primo intervento e data del secondo intervento (tempo di attesa per allargamento/biopsia del linfonodo sentinella) Indicatore 14 Tempo di attesa tra primo intervento di escissione del melanoma e referto della linfoadenctomia a seguito di linfonodo sentinella positivo (tempo totale per diagnosi e trattamento di melanoma con linfonodo sentinella positivo) Melanoma 235 Melanoma 6.10.Trial clinici No. Eudract(*) 6.11.Bibliografia Titolo del protocollo 2011-000954-46 Studio di fase II, in aperto, a braccio singolo, multicentrico, volto a valutare l'efficacia di vemurafenib in pazienti affetti da melanoma metastatico con metastasi cerebrali. 2011-004011-24 Studio sulla terapia adiuvante con vemurafenib in pazienti operati per melanoma cutaneo BRAF mutato. 2011-004029-28 Studio di fase III, randomizzato, in doppio cieco con ipilimumab somministrato alla dose di 3 mg/kg vs 10 mg/kg in pazienti con melanoma non resecabile o metastatico precedentemente trattato o non trattato. 2011-006088-23 Studio di fase III randomizzato, in aperto, di confronto tra l'associazione dell`inibitore di BRAF dabrafenib e l`inibitore di MEK trametinib verso l`inibitore BRAF vemurafenib in soggetti affetti da melanoma cutaneo metastatico non resecabile (stadio IIIC) o metastatico (stadio IV) positivo per la mutazione BRAF V600E/K. 2012-001828-35 Studio randomizzato, in aperto, di fase 3 di confronto fra BMS 936558 e trattamento scelto dallo Sperimentatore in pazienti affetti da melanoma avanzato (inoperabile o metastatico) in progressione dopo terapia con ANTI-CTLA4. 2012-002669-37 Studio multicentrico, in aperto, randomizzato, di fase II sull’inibitore di mek pimasertibor o dacarbazina in pazienti non precedentemente trattati affetti da melanoma cutaneo maligno con N-Ras mutato, in stadio localmente avanzato o metastatico. 2012-003008-11 Studio di fase III, in doppio cieco, controllato con placebo, sull’associazione vemurafenib e CDC-0973 in pazienti e non precedentemente trattati. 2012-004301-27 Studio randomizzato, di fase III, di confronto fra fotemustina e associazione fotemustina più ipilimumab in pazienti con melanoma metastatico e localizzazione cerebrale. 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