6. Melanoma - Istituto Toscano Tumori

Transcript

6. Melanoma - Istituto Toscano Tumori
6. Melanoma
Coordinatori
Lorenzo Borgognoni (Firenze)
Michele Maio (Siena)
Comitato di redazione
Paola Brandani (Firenze)
Emanuele Crocetti (Firenze)
Riccardo Danielli (Siena)
Daniela Massi (Firenze)
Hanno collaborato alla stesura e revisione:
Nome Cognome
Nome Cognome
Ente di Appartenenza
Giacomo
ALLEGRINI
ASL 5 Pisa
Domenico
Gregorio
Ente di Appartenenza
CERVADORO
AOU Pisa – UNIPI Pisa
Alessandra
CHIARUGI
ISPO – Firenze
Cristina
CHIARUGI
ASF Firenze
CIONINI
COF Sesto Fiorentino
AMOROSO
ASL 12 Viareggio
Chiara
ANICHINI
ASF Firenze
Andrea
ANTONUZZO
AOU Pisa
APICELLA
ASL 3 Pistoia
Maurizio
COSTANTINI
AOU Siena
ARMATI
ASL 8 Arezzo
Sergio
CRISPINO
ASL 7 Siena
BAGNONI
ASL 6 Livorno
Giovanni
BALDI
ASL 4 Prato
BALDONCINI
ASL 8 Arezzo
Paolo
BARACHINI
AOU Pisa
Paolo
BASTIANI
ASF Firenze
Francesco
Silvio
BATTISTINI
ASL 1 Massa Carrara
Francesco
Paola
Giampiero
Giovanni
Giacomo Giulio
Alfonso
Luca
CRISTIANI
AOU Pisa
Carlo
D’ANIELLO
ASL 7 Siena
Vincenzo
DE GIORGI
UNIFI ASF Firenze
DE NISI
ASL 6 Livorno
DI CLEMENTE
ASL7 Siena
DI COSTANZO
AOU Careggi, Firenze
DI LEO
ASL 4 Prato
DI PAOLO
UNIPI Pisa
DONI
AOU Careggi, Firenze
Maria Caterina
Brunero
BEGLIOMINI
ASL 4 Prato
Carmelo
BENGALA
ASL 9 Grosseto
Paolo
BERTELLI
AOU Siena
Pietro
BERTOLACCINI
ASL 1 Massa Carrara
Raffaella
FABBRI
ASL 6 Livorno
BEVILACQUA
UNIPI Pisa
Paolo
FABBRI
UNIFI - ASF Firenze
BIANCALANI
ASL 11 Empoli
Fabio
FALASCHI
AOU Pisa
BITI
AOU Careggi Firenze
Alfredo
BONI
ITT
BOSIO
ASL 6 Livorno
BRACARDA
ASL 8 Arezzo
BRANDINI
ASL 11 Empoli
CAGNO
AOU Pisa
CALCINAI
ASL 11 Empoli
CALDARELLA
ISPO Firenze
Maurizio
CANTORE
ASL 1 Massa Carrara
Federico
CAPPUZZO
ASL 6 Livorno
Oreste
Andrea
CARNEVALI
ASL 8 Arezzo
Generoso
Mauro
Giampaolo
Luca
Manrico
Sergio
Luca
Maria Cristina
Alessandra
Adele
Angelo
Antonello
Laura
FALCONE
AOU Pisa
Giovanni
FANELLI
AOU Pisa
Michele
FIMIANI
UNISI Siena
FIORETTO
ASF Firenze
FLORIDI
ASL 8 Arezzo
Gino
FORNACIARI
UNIPI Pisa
Sara
FORTUNATO
UNIFI -ASF Firenze
FRANCHI
UNIFI AOU Careggi – Firenze
GALLI
AOU Pisa
GALLO
AOU Careggi - Firenze
Riccardo
GATTAI
AOU Careggi - Firenze
Riccardo
GELLI
ASF Firenze
GENSINI
UNIFI AOU Careggi – Firenze
GENUARDI
UNIFI AOU Careggi – Firenze
Luisa
Donatella
Alessandro
Luca
Franco
CASAMASSIMA
Empoli
Camilla
CASI
ASL 7 Siena
Francesca
Antonio
CASTAGNOLI
ASL 4 Prato
Maurizio
Antonio
CASTELLI
ASL 8 Arezzo
Gianni
GERLINI
ASF Firenze
Andrea
CAVAZZANA
ASL 1 Massa Carrara
Fabrizio
GHIARA
AOU Pisa
CECCHI
ASL 3 Pistoia
Alberto
GHILARDI
ASL 2 Lucca
Roberto
Melanoma
211
Melanoma
Nome Cognome
Giovanna
Augusto
Vanni
Chiara
Orlando
Carlo
Raffaella
Maria Silvia
Ente di Appartenenza
GIANFRANCESCHINI
ASL 12 Versilia
Nome Cognome
Antonio Giuseppe
Ente di Appartenenza
NACCARATO
UNIPI Pisa
GIANNINI
ASL 4 Prato
Paolo
NARDINI
ISPO – Firenze
GIANNOTTI
ASF Firenze
Vincenzo
NARDINI
UNIPI Pisa
GINANNESCHI
ASF Firenze
Eugenio
PACI
ISPO- Firenze
GOLETTI
ASL 5 Pisa
PALLI
ISPO – Firenze
GRECO
AOU Pisa
Annarita
PALOMBA
UNIFI AOU Careggi, Firenze
GRIFONI
ASF Firenze
Marcello
PANTALONI
AOU Pisa
PASQUALETTI
ASL 5Pisa
PATA
ASF Firenze
Eugenio
PATTARINO
ASF Firenze
Domenico
GUIDETTI
ASL 8 Arezzo
Maurizio
Roberto
INCENSATI
ASL 6 Livorno
Maria Antonia
Marco
INNOCENTI
AOU Careggi, Firenze
Stefania
INNOCENTI
ASL3 Pistoia
Camilla
PECCIANTI
ASL9 Grosseto
Sheyda
KETABCHI
ASF Firenze
Marco
PELLEGRI
ASL 2 Lucca
Lorenzo
LIVI
UNIFI ASF Firenze
Cristina
PENNUCCI
ASL 1 Massa Carrara
Barbara
LOGGINI
AOU Pisa
Leonardo
PESCITELLI
ASF Firenze
LORENZETTI
AOU Pisa
Nicola
PIMPINELLI
UNIFI - ASF Firenze
LORENZI
ASL2 Lucca
Raffaele
PINGITORE
UNIPI Pisa
LO SCOCCO
ASL 4 Prato
Maria Simona
PINO
ASF Firenze
MAGNANINI
ASL 8 Arezzo
PINTO
AOU Siena
Vincenza
MAIO
UNIFI AOU Careggi – Firenze
PIRTOLI
AOU Siena
Gianpiero
MANCA
AOU Pisa
Sabina
PISTOLESI
AO Pisa
MARCHETTI
AOU Pisa
Pietro
PONTICELLI
ASL 8 Arezzo
Fulvio
Stefano
Giovanni
Simonetta
Gabriella
Riccardo
Enrico
Luigi
MARCONCINI
AOU Pisa
Loretta
PRESENTI
ASF Firenze
MARIOTTI
UNIFI ASF Firenze
Angela
PUCCI
ASL 5 Pisa
Franco
MARSILI
ASL 12 Versilia
Emanuele
REALI
ASF Firenze
Patrizia
MARTINI
ASL 2 Lucca
Angela
RIBECCO
ASF Firenze
Salvino
MARZANO
ASL4 Prato
Marco
ROMANELLI
UNIPI Pisa
Pietro
MASSEI
ASL 2 Lucca
Antonella
ROMANINI
AOU Pisa
Nicola
MAZZUCA
ASL 6 Livorno
Armando
ROSSI
ASL 9 Grosseto
Enrica
MENNI
ASL 2 Lucca
Pietro
RUBEGNI
UNISI Siena
MIGNONA
ASL 2 Lucca
Claudio
SABÒ
ASL 2 Lucca
Giulia
Marcello
Carlo
MILANDRI
ASL 11 Empoli
Camilla
SALVINI
ASL 4 Prato
Lucia
MILIGI
ISPO – Firenze
Marco
SANTUCCI
UNIFI AOU Careggi - Firenze
Clelia
MIRACCO
UNISI Siena
Serena
SESTINI
ASF Firenze
MIRRI
ASL 8 Arezzo
SIRNA
ASL 9 Grosseto
MORETTI
UNIFI ASF Firenze
STECCA
ITT Firenze
MORINI
ASL 3 Pistoia
Marco
STEFANACCI
ASL 3 Pistoia
MURABITO
ASL 3 Pistoia
Angiolo
TAGLIAGAMBE
ASL 1 Massa Carrara
Francesco
Silvia
Silvano
Elisabetta
Riccardo
Barbara
212
Nome Cognome
Guglielmo
Ente di Appartenenza
TALINI
ASL 6 Livorno
Adele
TOGNETTI
AO Pisa
Piero
TOSI
UNISI Siena
TOSTI BALDUCCI
ASL 9 Grosseto
Enrico
TUCCI
ASL 9 Grosseto
Carmelo
URSO
ASF 10 Firenze
VAGGELLI
AOU Careggi
Paolo
VIACAVA
ASL 12 Versilia
Marco
ZAPPA
ISPO – Firenze
ZOLFANELLI
ASF Firenze
ZUCCHI
ASL 6 Livorno
Massimo
Luca
Federica
Vanna
6.1. Introduzione
Ormai da molti decenni stiamo assistendo ad un continuo incremento dei tassi di
incidenza per il melanoma cutaneo, in particolare nelle popolazioni di razza caucasica, con un
incremento annuo del tasso di incidenza del 3-7%, dati che fanno del melanoma il tumore a
più rapido incremento di incidenza nelle popolazioni di razza bianca.
In Europa l’incidenza del melanoma è raddoppiata ogni 12-15 anni, tanto che qualcuno ha
parlato di “epidemia di melanoma”. Un aumento di incidenza è registrato anche nella nostra
regione, con un rischio di avere una diagnosi di melanoma che è passato da un caso ogni 180
individui negli anni ’90 ad un caso ogni 120 individui circa attualmente.
213
Il melanoma colpisce frequentemente in età giovane adulta e per questo motivo è stimato
essere uno dei tumori che determina uno dei valori più alti di perdita di anni di vita attesa. La
lotta al melanoma si basa essenzialmente su una precoce diagnosi e trattamento chirurgico.
Infatti l’asportazione di melanomi “sottili” si associa ad un’ottima sopravvivenza, circa il 95%
per lesioni < 1mm di spessore, mentre la sopravvivenza scende al 50-55% per lesioni > 4mm
di spessore.
Negli ultimi anni notevoli progressi sono stati fatti nel campo della diagnosi precoce
mediante campagne di informazione e con l’ausilio di nuove tecnologie quali la dermatoscopia,
e in quello chirurgico con tecniche maggiormente conservative a livello della lesione primaria
e dei linfonodi regionali con la biopsia del linfonodo sentinella. Inoltre negli ultimi tempi risultati
incoraggianti si stanno osservando anche nel trattamento delle forme avanzate con le nuove
molecole bersaglio specifiche. Da tutto ciò risulta evidente come nella lotta al melanoma sia sempre più importante una
stretta collaborazione tra i vari specialisti ed un approccio multidisciplinare. In questa edizione rinnovata delle Raccomandazioni cliniche ITT si è voluto privilegiare,
rispetto alla versione precedente, la rappresentazione con algoritmi diagnostico-terapeutici,
di immediata consultazione e di più facile aggiornamento, seguita da tabelle riassuntive dei
principi cardine di diagnosi e trattamento e con una parte di discussione finale dei dati della
letteratura.
Un ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito alla stesura e revisione delle
Raccomandazioni, con il cui aiuto ci auguriamo di poter proseguire in futuro nell’opera di
implementazione e aggiornamento.
Melanoma
Melanoma
In questo capitolo sono state adottate le seguenti categorie di evidenza
Categoria 1
La raccomandazione è basata su evidenze
di alto livello (es. studi randomizzati).
Uniforme consensus nel ritenere tale
procedure appropriata.
Categoria 2A
La raccomandazione è basata su evidenze
di livello inferiore. Uniforme consensus nel
ritenere tale procedure appropriata.
Categoria 2B
La raccomandazione è basata su evidenze
di livello inferiore. Consensus nel ritenere
tale procedure appropriata.
Categoria 3
La raccomandazione è basata su
qualsiasi livello di evidenza. Esiste un forte
disaccordo nel ritenere tale procedure
appropriata.
Legenda: in questo capitolo nelle flow-chart i rimandi ad altri algoritmi sono indicati con
l'iniziale "A" e il numero dell'algoritmo stesso: ad es. A90 indica l'algoritmo 90.
Tutte le raccomandazioni sono di categoria 2A se non ulteriormente specificato.
214
6.2. Epidemiologia
Il melanoma cutaneo (MC) si posiziona in Europa (WHO European region) all’11° posto
tra i tumori più frequentemente diagnosticati fra gli uomini con circa 41.000 nuovi casi/anno
(rappresentando il 2.3% del totale dei tumori) ed all’8° tra le donne con circa 48.000 casi
(3.0%) [1]. Al MC sono inoltre attribuiti, sempre in Europa, circa 21.000 decessi l’anno [1].
In Italia si stima che ogni anno siano diagnosticati circa 9.700 nuovi casi di MC, 5.200
fra gli uomini e 4.500 fra le donne [2]. Nel nostro Paese il MC rappresenta il 2.6% delle
nuove diagnosi di tumore nella popolazione maschile (esclusi gli epiteliomi cutanei) ed il
2.7% nella popolazione femminile. In particolare fra i soggetti di età giovane-adulta, 0-49
anni, il melanoma cutaneo è al 3° posto tra i tumori più frequentemente diagnosticati con
un’incidenza proporzionale del 7-8% sul totale dei tumori [2]. Il MC presenta da tempo
un’incidenza in crescita nelle popolazioni caucasiche dei paesi di tipo occidentale [3]. Anche in
Italia si conferma una crescita statisticamente significativa nel numero delle nuove diagnosi sia
tra gli uomini che tra le donne [2]. L’incremento dell’incidenza è avvenuto prevalentemente per
le forme di melanoma cosiddette “sottili” (spessore secondo Breslow ≤1.0 mm), così come
delle forme in situ, e sembra legato alla diffusione dell’attività di diagnosi precoce. Accanto
alla crescita delle nuove diagnosi si osserva in Italia anche una crescita significativa della
mortalità specifica per MC nel sesso maschile [2]. In Italia è tutt’ora presente un gradiente
geografico dell’incidenza decrescente da nord verso sud. Il MC presenta una sopravvivenza
relativa a 5 anni media in Italia di 82% per gli uomini e 89% per le donne con valori simili al
Centro-Nord e lievemente inferiori nel meridione [4]. Considerando l’incidenza in aumento e la
buona sopravvivenza i casi di MC tendono ad accumularsi nella popolazione, è stimato che
quasi 81.000 dei circa 2.200.000 italiani che hanno una anamnesi oncologica abbiano avuto
un MC [5].
In Regione Toscana si stima che ogni anno siano diagnosticati circa 700-750 nuovi casi
di MC mentre i decessi specifici nel 2009 sono stati 151 (Registro di mortalità regionale).
L’ordine di grandezza dei casi prevalenti di MC in regione è di 7.000 casi. I tassi di incidenza
per età mostrano come i livelli siano più elevati nel sesso femminile nelle età più giovani (fino
ai 50 anni) mentre nelle età successive gli uomini hanno valori costantemente maggiori delle
donne. Mentre nelle donne la crescita legata all’età sembra meno accentuata, i tassi negli
uomini aumentano in maniera quasi lineare fino agli 84 anni. In Toscana come in Italia il MC
è un tumore importante anche nelle classi d’età più giovani, infatti circa il 50% dei casi viene
diagnosticato entro i 59 anni di età. Una parte consistente dell’incremento dell’incidenza del
MC è avvenuto a carico delle forme sottili, a questo non ha tuttavia corrisposto una riduzione
delle forme di melanoma “spesso”, che presentano tassi di incidenza sostanzialmente stabili
nel tempo [6]. In Toscana la mortalità per MC è, in accordo con quanto segnalato anche in
l’Italia, in crescita statisticamente significativa fra gli uomini. La sopravvivenza relativa a 5 anni
su base di popolazione è di 86% per gli uomini e di 90% per le donne, valori allineati ai più
elevati italiani.
• Algoritmo 90. Lesione pigmentata sospetta
Istotipo
Fase di crescita
Valutazione dei
fattori di
rischio per
melanoma
Spessore di
Breslow
Stadio IV
(A95)
Lesione
pigmentata
sospetta
(esame clinico e
dermoscopico)(1)
Biopsia
escissionale(2)
Esame
istologico:
Melanoma
Referto(3)
Numero di
mitosi per
mm2
Livello
di Clark
Reazione
Infiammatoria
TIL
Regressione
Invasione
angiolinfatica
Micro-satellitosi
1 Vedi esame diagnostico non invasivo mediante dermatoscopia.
2 Vedi indicazioni per biopsia (T1).
3 Vedi indicazioni per referto istologico (T2).
Stato dei margini
periferici e profondi
Melanoma
Valutazione
preliminare
Ulcerazione
Ispezione
cutanea
totale
con
ricerca di
ulteriori
lesioni
sospette
Stadio III
(A93 – A94)
Stadiazione
Clinica
Anamnesi e esame fisico
con
particolare attenzione
all’area
perilesionale ed ai
linfonodi drenanti la
zona interessata
Stadio IB,
Stadio II
(A92)
Stadio 0 in
situ o Stadio
IA
(A91)
215
Melanoma
• Algoritmo 91. Melanoma stadio 0-IA
Stadio clinico
Valutazione preliminare
Trattamento principale
Ampia asportazione
(5 mm)
Stadio 0
Tis
Stadio IA
T1a
Follow-Up
A97
Anamnesi ed
esame fisico
esami ematici e
strumentali non
raccomandati di
routine
216
Ampia asportazione
(1 cm)
(Categoria 1)
(1) Discutere con il paziente e valutare su base individuale la biopsia del linfonodo
sentinella per spessore 0.76-1 mm e/o livello IV.
Follow-up
Follow-Up
A97
• Algoritmo 92. Melanoma stadio IB-II
Stadio clinico
Valutazione preliminare
Trattamento principale
T1-T2: 1 cm
Stadio IB(1), Stadio II
T3-T4: 2 cm
Follow-up
Linfonodo
sentinella
negativo
Follow-up
A97
Ampia asportazione
(Categoria 1)
Anamnesi ed esame fisico
Esami ematici e strumentali non raccomandati di
routine
(Rx torace opzionale)
(TC, PET/TC, RM per indagare specifici segni e
sintomi)
+
217
Biopsia del linfonodo
sentinella(1)
Linfonodo
sentinella
positivo
(1) Per melanomi T1b discutere con il paziente e valutare su base individuale la
biopsia del linfonodo sentinella; fattore di rischio per linfonodo sentinella
positivo è considerato lo spessore 0.76-1 mm e/o livello IV; la decisione se
effettuare la biopsia del linfonodo sentinella può essere basata sulla presenza
di significative comorbidità, volontà del paziente, altri fattori.
Melanoma
Vedi Stadio III
(A93)
Melanoma
• Algoritmo 93. Melanoma stadio III
Stadio clinico/patologico
linfonodo
sentinella
positivo(1)
Stadio
III
Valutazione preliminare
Trattamento principale
Esami strumentali di
imaging (Rx torace,
TC, PET/TC, RM)
per la stadiazione e
per valutare segni e
sintomi specifici.
Linfoadenectomia
regionale (Vedi Tab. 5
pag. 231)
Trattamento adiuvante
Trial Clinico o
Osservazione o
Interferone alfa(2) (Categoria 2B)
Vedi Follow-up
A97
∙∙ Conferma
Linfonodi
clinicamente
positivi
1 Vedi Indicazioni per la refertazione del linfonodo sentinella.
2 Vedi Terapia adiuvante.
3 Vedi Radioterapia.
strumentale
(ecografia) o
agoaspirato
o biopsia (se
indagini negative
vedi trattameto
principale A3)
∙∙ Indagini strumentali
di staging e per
valutare specifici
segni e sintomi (TC,
PET/TC, RM)
Ampia escissione del
tumore primitivo
(vedi Tab. 3 pag.
228)
(Categoria 1)
+
linfoadenectomia
regionale (Vedi Tab. 5
pag. 231)
Tial Clinico o
Osservazione
o Interferone
alfa(2) (Categoria 2B)
Considerare
radioterapia(3)
218
• Algoritmo 94. Melanoma stadio III con metastasi in transit
Stadio
clinico/Patologico
Valutazione preliminare
Trattamento principale
N2c
senza
linfonodi
metastatici
Malattia
resecabile
Stadio IIIB-IIIC
con metastasi in
transit (N2c, N3)
Esame clinico,
biopsia, indagini
strumentali di
staging e per
valutare specifici
segni e sintomi
(ecografia
linfonodale, TC,
PET/TC, RM)
Asportazione
radicale della
lesione/i(1)
Asportazione
radicale della
lesione/i e
linfadenectomia
regionale
N3
con linfonodi
metastatici
∙∙ Perfusione
Malattia non
resecabile
N2c
senza linfonodi
metastatici
∙∙
∙∙
∙∙
∙∙
∙∙
∙∙
ipertermica
Terapia sistemica
Infusione ipossica
Elettrochemioterapia
Radioterapia
palliativa(2)
(Categoria 2B)
Trial clinico
∙∙ Linfoadenectomia
N3
con linfonodi
metastatici
(1) Considerare la biopsia del linfonodo sentinella per indagare lo stato
dei linfonodi regionali se metastasi unica (e biopsia del linfonodo
sentinella non effettuata in precedenza).
(2) Le diverse terapie possono essere usate da sole, in associazione o
in sequenza, su scelta individuale in considerazione di condizioni
generali, numero di lesioni, co-morbidità.
∙∙
∙∙
∙∙
∙∙
∙∙
∙∙
Melanoma
Trattamento adiuvante
inguino-iliacootturatoria +
perfusione ipertermica
Terapia sistemica
Infusione ipossica
Elettrochemioterapia
Radioterapia
palliativa(2)
(Categoria 2B)
Trial clinico
Considerare
radioterapia
(Vedi Tab. 7
pag. 234)
Trial Clinico o
Osservazione
o
IFN
(Categoria 2B)
Trial clinico
Follow-up
(Vedi A97)
219
Melanoma
• Algoritmo 95. Melanoma stadio IV
Stadio
clinico/Patologico
Stadio IV
Metastasi a
distanza
Valutazione preliminare
Trattamento
∙∙ TC torace/addome/pelvi, RM encefalo e/o PET/TC
∙∙ Biopsia della lesione secondaria o ago aspirato(1)
∙∙ LDH
Vedi Trattamento per malattia limitata (resecabile) o
disseminata (non resecabile) (A96)
(1) La prima lesione metastatica, quando possibile, dovrebbe essere confermata
istologicamente; ottenere tessuto per analisi genetica da materiale archiviato o attraverso
biopsia della metastasi se il paziente è candidato ad effettuare terapie bersaglio o se
necessario per l’arruolamento in trials clinici.
• Algoritmo 96. Melanoma stadio IV: trattamento delle metastasi a distanza
Terapia delle
Metastasi
Malattia
limitata
(resecabile)
Metastasi a
distanza
Malattia
disseminata
(non
resecabile)
Terapia sistemica(1)
e ripetere controllo
strumentale
Asportazione
radicale
Con metastasi
cerebrali
Positivo per altre
lesioni
Negativo per altre
lesioni
Considerare
resezione e/o
radioterapia
Senza metastasi
cerebrali
(1) Vedi indicazioni per terapie sistemiche del melanoma avanzato o metastatico (T6).
(2) Nei pazienti con metastasi disseminate la resezione o la radioterapia possono essere indicate per alleviare i sintomi
come sanguinamento o ostruzione intestinale, ulcerazioni dei tessuti molli da metastasi cutanee o adenopatie
ingombranti.
Malattia residua
Resezione
Nessuna evidenza
di malattia residua
Trial clinico o
Terapia sistemica(1) o
Resezione palliativa e/o
radioterapia(2) per pazienti
sintomatici o Elettrochemioterapia
palliativa per mtx cutanee o
Terapie di supporto
Trattare come
malattia
disseminata
Trial Clinico o
Osservazione
(Vedi Follow-up
A97)
220
• Algoritmo 97. Melanoma: follow-up
Stadio
Clinico/ Patologico
Follow-Up
(Categoria 2B)
Stadio 0
In situ
Raccomandazionidi follow-up comuni per tutti i pazienti
controllo clinico ogni 6-12 mesi (in basse a fattori di rischio(1))
Stadio IA
Raccomandazioni di follow-up comuni per tutti i pazienti(1).
Anamnesi ed esame fisico (cute e linfonodi)
Ogni 6 mesi controllo clinico per 5 anni, poi ogni 6-12 mesi (in base a fattori di rischio(1))
Non indicati esami radiologici di screening per malattia asintomatica, ma solo per indagare specifici segni o sintomi
Stadio IB - IIA
Raccomandazioni di follow-up comuni per tutti i pazienti(1).
Anamnesi ed esame fisico (cute e linfonodi)
Ogni 4-6 mesi controllo clinico per 5 anni, poi ogni 6-12 mesi
Ogni 12 mesi Rx torace, ecografia epatica e linfonodale per 5 anni
Dopo 5 anni non indicati esami radiologici di screening per malattia asintomatica, ma solo per indagare specifici segni o sintomi
Stadio IIB – III2
Raccomandazioni di follow-up comuni per tutti i pazienti(1).
Anamnesi ed esame fisico (cute e linfonodi)
Ogni 3-4 mesi controllo clinico per 5 anni, poi ogni 6-12 mesi
Ogni 6 mesi Rx torace, ecografia epatica e linfonodale per 5 anni(2)
Dopo 5 anni non indicati esami radiologici di screening per malattia asintomatica, ma solo per indagare specifici segni o sintomi
Stadio IV
Su base
individuale
(1) Raccomandazioni di follow-up comuni a tutti i pazienti:
-- almeno un controllo cutaneo annuale per tutta la vita;
-- educare il paziente ad autocontrollo mensile cutaneo e dei linfonodi per stadio IA-IV NED;
-- non raccomandati esami ematici di routine;
-- esami di imaging radiologico indicati per indagare specifici segni o sintomi;
-- la programmazione del follow-up è influenzata, oltre che dal rischio di recidive in base allo
stadio di malattia, anche dalla presenza di fattori di rischio quali pregresso melanoma,
familiarità per melanoma, fototipo, elevato numero di nevi atipici, ecc…, che possono influenzare la
frequenza ed il tipo dei controlli.
La frequenza dei controlli ed il tipo di indagini possono variare su base individuale e a giudizio clinico.
(2) Per melanomi in stadio IIIC, Rx torace, ecografia epatica e linfonodale possono essere alternati ogni 6
mesi con TC con m.d.c. torace/addome/encefalo (o RM per encefalo)
Melanoma
221
Melanoma
6.3. Diagnosi
La diagnosi precoce è uno dei punti cardine per la lotta al melanoma. Infatti l’asportazione
di melanomi iniziali e “sottili” dal punto di vista istologico si associa ad una prognosi favorevole,
con una sopravvivenza a 10 anni di circa il 90% per melanomi invasivi di spessore < 1mm;
al contrario per tumori di spessore >4 mm ulcerati la sopravvivenza scende a circa il 50%.
Al fine di ottenere una diagnosi precoce è importante il convolgimento attivo di più figure, dal
paziente stesso che, correttamente informato con appropriate campagne di informazione
effettui l’autoesame della pelle, al medico curante, fino agli specialisti di settore. In un
percorso ottimale il medico di medicina generale invia agli ambulatori specialistici dedicati
alla diagnosi precoce del melanoma i pazienti a cui abbia individuato una lesione cutanea
sospetta nel corso di una visita eseguita per altri motivi, o quei pazienti che si siano a lui
rivolti dopo aver notato una lesione sospetta nel corso di un autoesame, dopo aver escluso i
più comuni simulatori clinici del melanoma. Presso gli ambulatori specialistici la lesione viene
esaminata e se confermato il sospetto è indicata la biopsia escissionale con esame istologico.
Un valido ausilio diagnostico non invasivo introdotto negli ultimi anni nella pratica clinica è
l’esame dermatoscopico della lesione, che migliora la capacità di diagnosi differenziale tra
neoformazione pigmentata di natura melanocitaria e non melanocitaria e, nell’ambito delle
neoformazioni melanocitarie, fra lesioni benigne e maligne. Qualora la lesione asportata
risulti un melanoma, il referto istopatologico deve riportare i principali fattori prognostici del
melanoma, sui quali si basa il successivo trattamento chirurgico.
6.3.1. Esame diagnostico non invasivo mediante dermatoscopia
La dermatoscopia (detta anche microscopia in epiluminescenza, microscopia cutanea
di superficie, demoscopia) rappresenta un valido ausilio nella diagnosi delle neoformazioni
pigmentate cutanee. Nel caso di dubbio diagnostico, l’esame dermoscopico consente di
migliorare la capacità di diagnosi differenziale tra neoformazione pigmentata di natura
melanocitaria e non melanocitaria e - nell’ambito delle neoformazioni melanocitarie - fra lesioni
benigne e maligne [7].
In particolare, uno studio prospettico randomizzato controllato ha evidenziato che l’esame
dermoscopico pre-operatorio riduce la possibilità di falsi positivi all’escissione chirurgica,
limitando così il rischio di asportare lesioni pigmentate definite sospette all’esame clinico,
ma che risultano poi benigne all’esame istologico [8]. Siccome l’accuratezza diagnostica
della dermoscopia non raggiunge il 100%, è importante che la valutazione diagnostica finale
derivi dalla integrazione delle caratteristiche dermoscopiche con quelle anamnestiche e
cliniche (morfologia macroscopica della lesione) rilevate dall’osservatore. In particolare risulta
importante la corretta valutazione del segno del “brutto anatroccolo” (“ugly duckling sign”)
secondo il quale deve essere considerato potenzialmente sospetto un “nevo” che appare
diverso dagli altri nevi. Tale segno appare una utile integrazione della regola dell’ABCDE basata
sulla morfologia della lesione (A=Asimmetria; B= Bordi irregolari, C= Colore disomogeneo,
D=Dimensioni > 6mm, E= Evoluzione nel tempo), scarsamente sensibile nel caso di
melanomi in fase iniziale e nei casi di melanoma nodulare. Siccome inoltre esistono melanomi
“featureless”, cioè che dal punto di vista dermoscopico non presentano caratteri di malignità
identificabili con certezza, solo un esame integrato della lesione permetterà di evitare il rischio
di falsi negativi [9]. È importante sottolineare che l’incremento di accuratezza diagnostica
ottenuto con l’esame dermoscopico si ha soltanto nel caso di osservatori esperti.
Nel caso di lesioni clinicamente e/o dermoscopicamente sospette devono essere effettuate
escissione chirurgica ed esame istologico. Il ricorso alla archiviazione digitale dell’immagine per
il controllo nel tempo è da limitarsi a casi selezionati, nei quali il clinico abbia adeguatamente
confrontato gli eventuali benefici (evitare la biopsia escissionale) con i rischi (lasciare in sede un
possibile melanoma). Anche la possibilità che il paziente non si presenti al controllo successivo
deve essere tenuta in adeguata considerazione [10,11, www.eblue.org]. Non esistono
attualmente evidenze che la cosiddetta “mappatura dei nevi”, cioè la archiviazione fotografica
di aree corporee e/o la archiviazione digitale mediante videodermatoscopio di alcune o tutte
le formazioni neviche di un soggetto risulti utile nel migliorare la diagnosi precoce rispetto alla
visita di controllo tradizionale (visita clinica + eventuale esame dermatoscopico).
L’esame dermatoscopico può risultare scarsamente affidabile nel caso di lesioni
completamente amelanotiche, in quelle con pigmentazione troppo intensa oppure nel caso di
lesioni traumatizzate associate a fenomeni flogistici e ricoperte da croste. Talvolta è impossibile
ottenere una adeguata visualizzazione di lesioni localizzate in sedi di difficile accesso (spazi
interdigitali, mucose).
6.3.2. Biopsia
Di fronte ad una lesione in cui si ponga la diagnosi clinica o dermatoscopica di sospetto
di melanoma è indicato effettuare la biopsia escissionale, cioè l’asportazione completa della
lesione con circa 2 mm di cute sana circostante e del grasso sottocutaneo, al fine di poter
effettuare una accurata diagnosi istopatologica con valutazione di tutti i parametri prognostici
necessari a pianificare la successiva strategia terapeutica [12-15]. Generalmente la biopsia
dovrebbe tenere in considerazione la sede della lesione per permettere di operare seguendo
l’asse maggiore della stessa sede anatomica (ad es. escissioni longitudinali a livello degli arti),
pianificandola tenendo presente l’eventuale successivo intervento definitivo. Con l’incremento
dell’indicazione ad eseguire la successiva stadiazione con la tecnica del linfonodo sentinella,
la biopsia dovrebbe tenere conto di questa possibilità. Per questa ragione è utile non
eseguire biopsie escissionali con margini ampi. La biopsia incisionale mirata, preferibilmente
dermoscopicamente guidata, può trovare indicazione per lesioni estese (tipo lentigo maligna)
e/o localizzazioni particolari quali volto, cuoio capelluto, regione palmo-plantare, orecchio,
sedi sub-ungueali, in cui una asportazione completa comporterebbe demolizioni eccessive.
Biopsie shave, laser, diatermocoagulazioni non dovrebbero essere effettuate in quanto non
permettono uno staging patologico accurato [12-15].
222
Tab. 1 - Indicazioni per la biopsia
• La biopsia escissionale con margini di 2-3 mm è la tecnica consigliata. Evitare margini
più ampi per poter permettere la eventuale successiva biopsia del linfonodo sentinella.
• La biopsia deve tenere in conto della sede della lesione per permettere di re-intervenire
secondo l’asse maggiore della stessa sede anatomica.
Sebbene LDH non sia un marker sensibile per individuare la malattia metastatica è
unanimemente riconosciuto il suo ruolo prognostico. È raccomandato determinare il livello
di LDH al momento della diagnosi di stadio IV. Eventuali altri esami ematici sono lasciati alla
descrizione del medico curante.
Indicatore ITT 1
• La biopsia incisionale a tutto spessore o “punch biopsy”, generalmente sconsigliata, è
accettabile, preferibilmente dermoscopicamente guidata, in particolari sedi anatomiche
come volto, bocca, localizzazioni acrali e genitali o per lesioni molto grandi.
Proporzione di nuovi casi di melanoma invasivo ≤ 1mm sul totale dei casi incidenti
• La biopsia “shave” è in genere sconsigliata poiché può compromettere la diagnosi
patologica ed una corretta valutazione dello spessore di Breslow.
Proporzione di nuovi casi di melanoma in situ e invasivo ≤ 1mm sul totale dei casi in
situ e invasivi con spessore noto
6.3.3. Valutazione preliminare
A diagnosi di melanoma confermata è raccomandato effettuare una attenta anamnesi
personale e familiare e una accurata visita dell’intera superficie cutanea con particolare
riferimento all’area di insorgenza del melanoma e del corrispondente bacino linfonodale
drenante, al fine di rilevare eventuali altre lesioni primitive sospette, satellitosi, metastasi in
transit e/o linfonodali.
Gli accertamenti strumentali per i pazienti con melanoma sono necessari principalmente
per l’identificazione di malattia clinicamente occulta in grado di indirizzare la scelta terapeutica.
Inoltre vi è la necessità di studiare in maniera uniforme i pazienti sia per eventuale inclusione in
trials clinici sia per poter comparare in studi futuri le immagini nei pazienti a rischio di recidiva.
L’utilità di eseguire esami ematici e strumentali di routine per individuare eventuali metastasi
asintomatiche è di scarsa validità in pazienti affetti da melanoma in stadio I-II, per i quali la
biopsia del linfonodo sentinella è attualmente la tecnica stadiativa più accurata. Gli esami
ematici di screening sono poco sensibili e gli esami strumentali sono spesso non specifici, con
frequenti “falsi positivi” non correlati al melanoma [16-18].
L’esecuzione routinaria di esami ematici e strumentali non sono raccomandati nello
screening di pazienti in stadio clinico I-II e dovrebbero essere impiegati solamente per indagare
specifici segni e sintomi.
L’utilità delle indagini strumentali (TC, Pet/TC, RM) è stata maggiormente considerata per
quanto riguarda invece i pazienti affetti da melanoma in stadio III.
Per i pazienti in stadio IV con metastasi a distanza, questa dovrebbe essere preferibilmente
confermata mediante agoaspirato o con biopsia della lesione. Campioni di tessuto dovrebbero
essere ottenuti durante la biopsia per eseguire un’analisi genetica qualora si consideri utile
attuare la “terapia target” o in caso di potenziale arruolamento in trials clinici riguardanti tali
terapie. La TC toraco-addomino-pelvica con o senza esecuzione PET/TC dovrebbe essere
considerata per poter meglio definire l’estensione della malattia in stadio IV. Poiché i pazienti
con melanoma metastatico hanno un’alta incidenza di metastasi cerebrali la RM encefalica o
la TC con mezzo di contrasto dovrebbero essere effettuate anche in caso di sintomatologia
minima o in caso di sospetto di coinvolgimento del sistema nervoso centrale o se il risultato di
tali indagini possa influenzare la decisione terapeutica.
Indicatore ITT 2
Indicatore ITT 3
Proporzione e tasso di incidenza dei casi di melanoma invasivo per classi di spessore
di Bresolw
223
Melanoma
Melanoma
6.4. Anatomia patologica
6.4.1. Campionamento del tumore primitivo
I frammenti da inviare al laboratorio di anatomia patologica devono essere posti in
contenitori di dimensioni idonee per evitarne la distorsione, contenenti un’adeguata quantità
di fissativo formalina tamponata al 10% ed opportunamente contrassegnati con i dati del
paziente. La quantità idonea di formalina è 20 volte il volume del frammento da fissare. Il
tempo di fissazione medio è di 24 ore. L’esame dopo inclusione in paraffina e colorazione con
ematossilina-eosina è la procedura diagnostica standard.
Biopsia escissionale
È il tipo di biopsia più idoneo per la valutazione di una lesione melanocitica, che va escissa
in toto con una rima di tessuto normale. Si ottiene in genere una losanga cutanea, che deve
essere misurata nelle sue tre dimensioni (lunghezza, larghezza, spessore); deve essere
misurata anche la lesione (lunghezza, larghezza) e annotata la sua distanza dal margine
chirurgico più vicino. La lesione va sezionata ed inclusa nella sua totalità (inclusioni seriate).
Biopsia escissionale della cicatrice
Viene eseguita dopo la diagnosi istologica di melanoma per adeguare i margini di
escissione. Se alla prima asportazione i margini erano risultati negativi, e macroscopicamente
non si evidenziano lesioni pigmentate, è sufficiente un campionamento random della cicatrice
(1 inclusione ogni 1-2 cm lineari). Se i margini erano risultati positivi, è opportuno eseguire
inclusioni seriate.
6.4.2. Tecnica istopatologica
L’esame intraoperatorio al congelatore è generalmente sconsigliato per la diagnosi di tutte
le lesioni melanocitiche cutanee. La citologia nella diagnosi di melanoma primitivo ha un ruolo
del tutto secondario. Si possono ottenere preparati per apposizione in caso di melanomi
ulcerati, centrifugati o thin-prep da liquido pleurico, peritoneale o cerebrospinale per la ricerca
di cellule neoplastiche.
L’agoaspirato può essere utilizzato nel caso di presenza di masse metastatiche in organi
raggiungibili dall’ago. L’istochimica può talora essere di ausilio alla diagnosi. La colorazione
di Masson-Fontana può aiutare a identificare la melanina, la colorazione tricromica di Masson
può aiutare la distinzione del derma papillare dal reticolare nella valutazione del livello di
Clark. L’immunoistochimica ha un ruolo importante nella diagnosi differenziale tra melanoma
metastatico e metastasi da altri tumori (proteina S100, HMB45, MART-1, MiTF, ecc.).
Questi anticorpi possono anche essere usati quale ausilio nell’identificazione delle
micrometastasi nel linfonodo sentinella. L’HMB45 talora può aiutare nella diagnosi differenziale
tra melanoma e nevo, ma sempre in subordine alla morfologia. Il Ki67 (Mib-1) può essere
usato per valutare la attività proliferativa di una lesione. La proteina S100 può essere utile nello
studio dei margini. L’anticorpo fosfoistone-H3 (PHH3) può essere di ausilio nella identificazione
dell’area del tumore con maggiore indice mitotico, come fase preliminare alla conta delle mitosi/
mm2 (che deve essere comunque effettuata su sezioni colorate con ematossilina ed eosina).
Il CD31, CD34 e l’anticorpo D240 possono essere utilizzati per aiutare nell’identificazione di
invasione vascolare ematica e/o linfatica.
6.4.3. Referto microscopico
Tipo Istologico
Per la classificazione istologica del melanoma si fa riferimento alla classificazione WHO
2006 che comprende i quattro tipi principali di melanoma: melanoma a diffusione superficiale,
melanoma nodulare, lentigo maligna ed il melanoma acrale-lentigginoso. Esistono inoltre
numerose varianti istopatologiche rare, tra le quali è opportuno ricordare il melanoma
desmoplastico ed il melanoma nevoide.
Spessore sec. Breslow
Lo spessore secondo Breslow rappresenta il più importante parametro prognostico e
viene misurato dallo strato granuloso o, se la lesione è ulcerata, dal fondo dell’ulcerazione,
fino al punto di massima infiltrazione.
Ulcerazione
La presenza di ulcerazione deve essere valutata al microscopio e viene definita dalla
presenza delle seguenti caratteristiche:
224
• mancanza dell’epidermide a tutto spessore compreso lo strato corneo
• evidenza di fenomeni reattivi (depositi di fibrina, neutrofili)
• iperplasia reattiva o assottigliamento dell’epidermide adiacente, in assenza di trauma in
anamnesi.
Indice mitotico
L’indice mitotico deve essere espresso come numero di mitosi/mm2 ed è valutato nella
componente invasiva del melanoma a partire dalle zone con maggiore attività mitotica (“hot
spot”) ed estendendo la conta ai campi adiacenti per un’area complessiva di 1 mm2. Se non
sono presenti “hot spot” e le mitosi sono sparse random nella componente in fase di crescita
verticale si sceglie un campo con una mitosi rappresentativa e si estende la conta ai campi
adiacenti per un’area complessiva di 1 mm2.
Livello di Clark
I livelli di Clark sono definiti come segue:
• I. Il melanoma è confinato esclusivamente all’epidermide
• II. Il melanoma infiltra, ma non riempie il derma papillare
• III. Il melanoma infiltra completamente ed espande il derma papillare
• IV. Il melanoma infiltra il derma reticolare
• V. Il melanoma infiltra il tessuto adiposo sottocutaneo
Tale parametro ha perso in questi ultimi anni rilevanza ai fini prognostici. Nel nuovo sistema
di stadiazione dell’AJCC 2010 infatti, il livello di Clark (IV e V) viene infatti solo utilizzato come
criterio per la definizione della categoria T1b nei melanomi non ulcerati, qualora l’indice
mitotico non possa essere determinato.
Microsatellitosi
La microsatellitosi è definita come la presenza di nidi tumorali di diametro >0,05 mm
localizzati nel derma reticolare e/o nel sottocute e distanti almeno 0,3 mm dalla massa
principale della neoplasia.
Fase di crescita
Il melanoma durante la progressione tumorale evolve attraverso due fasi di crescita: radiale
e verticale. La fase radiale è la fase non tumorigenica, caratterizzata dalla proliferazione di
melanociti nell’epidermide e/o nel derma papillare, senza formazione di nodulo tumorale. La
fase di crescita verticale rappresenta la fase tumorigenica nella quale il melanoma acquisisce
la capacità di metastatizzare ed è caratterizzata morfologicamente dalla presenza di un nodulo
espansivo di dimensioni maggiori rispetto agli aggregati intraepidermici e/o dalla presenza di
figure mitotiche nella componente invasiva.
Diagnosi di lesioni melanocitarie ambigue
Nella valutazione istopatologica di una proliferazione melanocitaria ambigua i parametri
morfologici che vengono presi in considerazione a favore di una diagnosi di melanoma
piuttosto che di nevo melanocitico sono numerosi e si diversificano tra loro nel contesto di
specifiche diagnosi differenziali. Nel casi di maggiore complessità è opportuna la revisione
collegiale interna dei preparati istopatologici seguita da eventuale richiesta di secondo
parere esterno, preferibilmente in ambito regionale. Nei casi dubbi in supporto della diagnosi
morfologica può essere indicato l’utilizzo di indagini immunoistochimiche (tra le quali HMB-45,
Ki-67, p16) ed ibridazione in situ fluorescente (FISH), la cui lettura richiede operatori esperti
ed appropriate linee guida per l’interpretazione. Sebbene la CGH offra sensibilità e specificità
maggiore rispetto alla FISH nella diagnosi di melanoma, il suo utilizzo è attualmente confinato
a laboratori specializzati [19].
Infiltrato linfocitario (TIL)
I TIL sono classificati in “brisk”, “non-brisk” ed “absent”. Nella risposta di tipo “brisk”, i
linfociti permeano diffusamente la componente del melanoma in fase di crescita verticale o ne
infiltrano l’intera porzione inferiore. Nella risposta di tipo “non brisk” l’infiltrato linfocitario infiltra
solo focalmente il tumore. Una risposta TIL di tipo “brisk” si associa a prognosi favorevole.
Regressione
La regressione rappresenta un continuum di modificazioni dermiche comprendenti, in fase
iniziale, la comparsa di un infiltrato linfoistioide e lo sviluppo di processi neoangiogenetici e,
in fase più avanzata, la comparsa di melanofagi e l’affermarsi di fenomeni di fibrosclerosi
con obliterazione focale o diffusa della neoplasia. La presenza di regressione costituisce
un parametro istologico ancora controverso. In numerosi studi la presenza di regressione
diffusa (>75% della lesione) è risultata associata ad una prognosi sfavorevole, particolarmente
nel melanoma sottile, mentre in altri più recenti che hanno utilizzato lo stato del linfonodo
sentinella come indice indiretto di prognosi, non è stata confermata tale associazione. Tali
risultati contrastanti possono essere in parte dovuti alla mancanza di standardizzazione nella
definizione e nelle modalità di valutazione di tale parametro. Nel caso in cui gli estesi fenomeni
di regressione siano associati ad una residua componente di melanoma intraepidermico il
referto anatomo-patologico dovrebbe indicare esplicitamente “Melanoma con estesi fenomeni
di regressione e residua componente di melanoma in situ” poiché la terminologia “melanoma
in situ con fenomeni di regressione” potrebbe non corrispondere al reale potenziale biologico
della lesione.
Invasione vascolare e perineurale
La presenza di invasione angiolinfatica costituisce un parametro prognostico sfavorevole
essendo correlata con il rischio di recidiva di malattia, sviluppo di metastasi in transit e ridotta
sopravvivenza. L’invasione perineurale si riscontra particolarmente in alcune varianti quali il
melanoma desmoplastico/neurotropo e la sua presenza sembra correlare con un incrementato
rischio di recidive locali.
Tab. 2 - Indicazioni per il referto istopatologico
• Il preparato istologico deve essere valutato da un anatomo-patologo con esperienza
di lesioni melanocitarie.
• Il referto istologico deve contenere:
-- Istotipo(*)
-- Spessore di Breslow (mm);
-- Ulcerazione (presente vs. assente);
-- Numero di mitosi/mm2;
-- Fase di crescita (radiale vs. verticale)
-- Livello di Clark;
-- Reazione infiammatoria (TIL);
-- Regressione;
-- Invasione angiolinfatica;
-- Microsatellitosi
-- Presenza di componente nevica associata
-- Stato dei margini laterali e profondo
-- Stadiazione patologica
• Per lesioni istologicamente ambigue è indicata revisione collegiale interna seguita
eventualmente dalla acquisizione di secondo parere esterno. Nei casi controversi
valutare l’utilizzo di indagini di ibridazione in situ fluorescente (FISH).
(*) Nel caso di melanoma desmoplastico, specificare se si tratti di una forma pura o mista. Nel caso si tratti di un melanoma
desmoplastico puro non è indicata la biopsia del linfonodo sentinella.
Melanoma
225
Melanoma
6.4.4. Allestimento del linfonodo sentinella
L’esame del linfonodo sentinella deve essere effettuato su materiale fissato in formalina
e si sconsiglia nel modo più assoluto l’esame estemporaneo al congelatore. Nel reperto
macroscopico devono essere riportate le dimensioni nei due diametri del linfonodo/i, l’eventuale
presenza di colorante e di metastasi macroscopicamente evidenti. Poiché in base all’attuale
sistema di stadiazione, un SLN è considerato positivo in presenza di isolate cellule tumorali
evidenziate anche solo con colorazioni immunoistochimiche per gli anticorpi anti-antigeni
melanoma associati, si raccomanda di utilizzare un protocollo estensivo di campionamento,
quale il protocollo dell’EORTC Melanoma Group [20,21].
Ogni linfonodo va diviso in due metà, attraverso l’ilo e lungo l’asse maggiore, fissato in
formalina e successivamente incluso in paraffina. Se il linfonodo è di grandi dimensioni, si
consiglia di includere le singole metà separatamente. Da ciascuna inclusione vengono tagliate
20 sezioni secondo il seguente schema: dopo le prime 3 sezioni (sezioni 1-3), vengono
eseguite altre 6 sezioni ad un intervallo di 50 μm (sezioni 4-9); dopo successivi ulteriori
intervalli di 50 μm vengono tagliate altre 3 triplette di sezioni (sezioni 10-12, 13-15, 16-18) ed
infine 2 sezioni dopo ulteriore intervallo di 50 μm (sezioni 19-20). Le sezioni 1, 4, 10, 13, 16
e 19 vengono colorate con ematossilina-eosina; le sezioni 2, 5, 11, 14, 17 e 20 sono testate
immunoistochimicamente (proteina S100); le rimanenti 8 sezioni sono tenute di riserva per
ulteriori studi.
Refertazione del linfonodo sentinella
Nella refertazione devono essere riportati il numero di linfonodi sentinella esaminati, il
numero di linfonodi positivi ed il risultato delle colorazioni immunoistochimiche. In caso di
positività, si suggerisce di indicare nel referto [22-23]: i) il diametro massimo della metastasi
(se ci sono più focolai, il diametro massimo di quello maggiore), ii) la sede (sottocapsulare,
parenchimale o mista); iii) la presenza di estensione extracapsulare. È opportuno segnalare nel
referto anche la presenza di agglomerati nevici.
Linfadenectomia
Il tessuto adiposo contenente i linfonodi deve essere dissecato accuratamente per isolare
i linfonodi, che devono essere contati e inclusi.
6.4.5. Analisi mutazionali
Studi recenti hanno dimostrato che i melanomi sono eterogenei da un punto di vista
genetico-molecolare, con profili distinti in relazione alla sede anatomica ed alla esposizione
solare [24-28]. I melanomi che insorgono a livello del tronco ed arti su cute esposta in maniera
intermittente al sole mostrano mutazioni di BRAF (nel 45-50% dei casi), mutazioni di NRAS
(nel 15-20% circa) mentre raramente risultano c-KIT mutati (1%). I melanomi BRAF mutati si
manifestano in età più giovanile (<55 anni) ed in pazienti con elevato numero di nevi melanocitici.
Da un punto di vista istopatologico, i melanomi con genotipo BRAF mutato mostrano
peculiari caratteristiche fenotipiche cito-architetturali quali marcata diffusione intraepidermica
pagetoide, tendenza a formare teche, netta circoscrizione periferica, iperpigmentazione,
citotipo epitelioide e rotondocellulare. I melanomi associati ad esposizione solare cronica
a livello della regione testa collo possono mostrare mutazioni di BRAF nel 5-30% dei casi,
mutazioni di NRAS in circa 10-15% dei casi e mutazioni di c-KIT nel 2-17% circa. Infine, nei
melanomi in sede acrale e mucosale sono state dimostrate, sebbene con bassa frequenza
(10-15%), mutazioni di c-KIT.
La valutazione dello stato mutazionale (B-RAF, c-KIT) nei tessuti di melanoma è indicata
per i pazienti con melanoma inoperabile o metastatico che possono beneficiare di terapie
innovative molecolari attualmente disponibili all’interno di protocolli sperimentali. In particolare,
Vemurafenib è indicato in pazienti affetti da melanoma con mutazione V600. La mutazione
V600E, che consiste nella sostituzione della valina con acido glutammico nel codone 600,
rappresenta circa il 90% delle mutazioni di BRAF nel melanoma, la V600K ha una frequenza
del 10% circa mentre altre mutazioni, quali la V600R e la V600D, risultano meno frequenti.
Per le raccomandazioni e criticità tecniche (incluse le metodologie da utilizzare) relative alla
determinazione dello stato mutazionale di BRAF si fa riferimento al documento recentemente
elaborato dal gruppo lavoro AIOM – SIAPEC-IAP (www.aiom.it).
Indicatore ITT 4
Proporzione dei casi di melanoma invasivo con segnalazione dello spessore di
Breslow nel referto
Indicatore ITT 5
Proporzione dei casi di melanoma invasivo con indicazione dell’indice mitotico nel
226
referto
Indicatore ITT 6
Proporzione dei casi di melanoma invasivo con segnalazione della presenza di
ulcerazione nel referto
Indicatore ITT 7
Proporzione dei casi sottoposti a linfoadenectomia con numero dei linfonodi
asportati segnalato nel referto
6.5. Stadiazione
6.5.2. Stadio Anatomico/Gruppo Prognostico
Stadiazione Clinica(*)
6.5.1. Classificazione TNM
TNM Classification Malignant Tumors, 7th ed., 2009
Tumore primario (pT)
pTx
Tumore primario non rilevabile
pT0
Nessuna evidenza di di Tumore primario
pTis
Melanoma in situ
pT1
Melanoma di spessore ≤ 1,00 mm
pT1a
Senza ulcerazione e indice mitotico < 1mm2
pT1b
Con ulcerazione o indice mitotico ≥ 1mm2
pT2
Melanoma di spessore 1,01-2.00 mm
pT2a
Senza ulcerazione
pT2b
Con ulcerazione
pT3
pT3a
pT3b
pT4
pT4a
pT4b
Linfonodi Regionali (N)
Melanoma di spessore 2.01-4,0 mm
Senza ulcerazione
Con ulcerazione
Melanoma di spessore >4,0 mm
Senza ulcerazione
Con ulcerazione
Nx
Linfonodi regionali non valutabili (es: precedentemente rimossi per altro motivo)
N0
Nessuna metastasi rilevata
N1
Metastasi in 1 linfonodo regionale
N1a
N1b
Micrometastasi(*)
Macrometastasi(**)
N2
Metastasi in 2-3 linfonodi regionali
N2a
Micrometastasi(*)
N2b
Macrometastasi(**)
N3
Metastasi in 4 o più linfonodi, o pacchetto linfonodale, o metastasi in transit/
satellite(i) con metastasi linfonodale(i)
Metastasi a distanza (M)
M0
Nessuna evidenza rilevabile di metastasi a distanza
M1a
Metastasi a livello cutaneo, sottocutaneo, o linfonodale extraregionale con
valori normali di LDH sierico.
M1b
Metastasi polmonari con valori normali di LDH sierico
M1c
Metastasi viscerali in altri organi con valori normali di LDH sierico o qualsiasi
metastasi con valori elevati di LDH sierico
(*) Le micrometastasi vengono diagnosticate dopo la biopsia del linfonodo sentinella e la linfoandenectomia totale (se eseguita).
(**) Le macrometastasi sono definite come metastasi nodali clinicamente rilevabili confermate dalla linfoadenectomia terapeutica
o come metastasi nodali che mostrano una macroscopica estensione extracapsulare.
Stadio 0
Tis
N0
M0
Stadio IA
T1a
N0
M0
Stadio IB
T1b
T2a
N0
N0
M0
M0
Stadio IIA
T2b
T3a
N0
N0
M0
M0
Stadio IIB
T3b
T4a
N0
N0
M0
M0
Stadio IIC
T4b
N0
M0
Stadio III
Qualsiasi T
≥N1
M0
Stadio IV
Qualsiasi T
Qualsiasi N
M1
(*) La stadiazione clinica comprende la microstadiazione del melanoma primitivo e la valutazione clinico/radiologico per la
ricerca di metastasi. Per convenzione dovrebbe essere utilizzata dopo la completa rimozione del melanoma primitivo e la
valutazione clinica di metastasi regionali e a distanza.
Stadiazione Patologica(**)
Stadio 0
Tis
N0
M0
Stadio IA
T1a
N0
M0
Stadio IB
T1b
T2a
N0
N0
M0
M0
Stadio IIA
T2b
T3a
N0
N0
M0
M0
Stadio IIB
T3b
T4a
N0
N0
M0
M0
Stadio IIC
T4b
N0
M0
Stadio IIIA
T(1-4)a
T(1-4)a
N1a
N2a
M0
M0
Stadio IIIB
T(1-4)b
T(1-4)b
T(1-4)a
T(1-4)a
T(1-4)a
N1a
N2a
N1b
N2b
N2c
M0
M0
M0
M0
M0
Stadio IIIC
T(1-4)b
T(1-4)b
T(1-4)b
Qualsiasi T
N1b
N2b
N2c
N3
M0
M0
M0
M0
Stadio IV
Qualsiasi T
Qualsiasi N
M1
(**) La Stadiazione Patologica comprende la microstadiazione del melanoma primitivo e informazioni anatomo patologiche
sullo stato dei linfonodi regionali dopo linfoadenectomia parziale o completa. Lo Stadio Patologico 0 e IA rappresentano delle
eccezioni poiché non necessitano della valutazione anatomo patologica dei linfonodi.
Melanoma
227
Melanoma
6.6. Terapia chirurgica
6.6.1. Margini di escissione
Dopo la biopsia escissionale, il trattamento chirurgico del melanoma si completa con
l’ampliamento della escissione in base allo spessore istologico della lesione ed eventuale
biopsia del linfonodo sentinella.
Relativamente ai margini di escissione chirurgica, cinque trials randomizzati sono stati
effettuati per confrontare diverse ampiezze di asportazione del melanoma primario [29].
Nel 1988 è stato pubblicato il primo trial randomizzato dalla World Health Organization
(WHO) che confrontava melanomi di spessore ≤2 mm che venivano asportati a 1 o 3 cm dai
margini [29-32]. Non sono state evidenziate differenze statisticamente significative nell’intervallo
libero e nella sopravvivenza tra i due gruppi in studio. Altri due randomizzati hanno confrontato
melanomi di spessore ≤2 mm asportati a 2 o 5 cm dai margini, non evidenziando differenze
significative nel numero di recidive locali e sopravvivenza tra i due gruppi [29-32].
L’Intergroup Melanoma trial ha confrontato melanomi di spessore 1-4 mm asportati a 2 o
4 cm dai margini. Non sono state evidenziate differenze statisticamente significative tra i due
gruppi in studio relativamente a recidive locali, intervallo libero, sopravvivenza [29-32].
Infine, uno studio prospettico randomizzato effettuato in Gran Bretagna ha confrontato
melanomi di spessore >2 mm asportati ad 1 o 3 cm dai margini [29-31]. Al gruppo di pazienti
con melanoma asportato a 1 cm dai margini si associava un numero significativamente
maggiore di recidive locali e di progressione regionale della malattia, mentre non vi erano
differenze significative nella sopravvivenza.
Pertanto, i risultati che emergono dagli studi randomizzati non permettono di individuare
con certezza margini di escissione ottimali per tutti i melanomi. In particolare, non abbiamo
indicazioni chiare relativamente all’ampiezza ottimale di escissione di melanomi di spessore
compreso tra 1 e 2 mm e per spessori maggiori di 4 mm, in quanto i diversi trials randomizzati
confrontano melanomi di spessori diversi e utilizzano diversi margini di escissione.
Sono state effettuate metanalisi degli studi randomizzati, in considerazione della possibilità
che singoli trials possano avere un potere statistico non sufficiente per evidenziare differenze
di sopravvivenza più piccole di quelle previste dal disegno dello studio, ma rilevanti dal punto
di vista clinico. Nessuna di tali metanalisi ha evidenziato differenze di sopravvivenza globale
(overall survival; OS) tra escissioni “ampie” (3-5 cm) rispetto ad escissioni “strette” (1-2 cm)
[29-32].
Tuttavia, l’ultima di tali metanalisi [32] evidenzia limiti metodologici e di comparazione
tra i trials precedenti. In particolare, il confronto tra escissioni a margini stretti ed escissioni
a margini ampi in tale studio evidenzia: a) un rischio aumentato di recidive loco-regionali
(locoregional disease-free survival; LDFS); b) una differenza “borderline” nell’intervallo libero
(disease free survival; DFS), che diviene significativa se si analizzano separatamente i 2 trials
randomizzati effettuati sui melanomi spessi (>2mm); un rischio aumentato nella mortalità
specifica per malattia (disesase specific survival; DSS) nei 3 trials che riportano tale dato;
differenze non significative nella sopravvivenza globale (OS).
In definitiva, sulla base dei dati disponibili (Categoria 1) attualmente sono ritenute
appropriate asportazioni con i seguenti margini di ampiezza dal melanoma primitivo (T2)
[12-15,33,34]: 0,5 cm dai margini per melanomi in situ (particolare attenzione deve essere
rivolta ai casi di lentigo maligna di ampie dimensioni a limiti sfumati, ove si possono rendere
necessarie asportazioni più ampie e/o tecniche di valutazione intraoperatoria dei margini per
raggiungere una exeresi completa); 1 cm dai margini per melanomi di spessore ≤1 mm; 1-2
cm dai margini per melanomi di spessore compreso tra 1,01 e 2 mm; 2 cm dai margini per
melanomi di spessore compreso tra 2,01 e 4 mm; almeno 2 cm dai margini per melanomi di
spessore >4 mm.
È indicato estendere l’exeresi fino alla fascia muscolare, che viene generalmente
conservata, in quanto non vi sono differenze in termini di recidive locali o a distanza tra la
rimozione o conservazione della stessa [15,34].
L’ampiezza di escissione può essere ridotta in sedi particolari di insorgenza del melanoma,
dove un’exeresi allargata comporterebbe esiti invalidanti dal punto vista estetico e funzionale.
L’asportazione di melanomi del letto ungueale o della porzione distale delle dita delle mani
o dei piedi frequentemente necessita la disarticolazione della falange distale o metacarpofalangea [15,34].
Tab. 3 - Ampiezza di escissione del melanoma primario(1)
Spessore del melanoma
(2)
In situ
Margine di escissione
0,5 cm
≤ 1,0 mm
1 cm (Categoria 1)
1,01-2,0 mm
1-2cm (Categoria 1)
2,1 - 4mm
2 cm (Categoria 1)
> 4,0 mm
2 cm (Categoria 1)
(1) Le indicazioni sui margini di escissione sono basate sui margini clinici misurati al momento dell’intervento chirurgico e non
sui margini macroscopici ed istologici misurati dal patologo. L’ampiezza dei margini di escissione può essere adattata in
base alle caratteristiche anatomiche e funzionali.
(2) Per poter ottenere margini istologici negativi negli ampi melanomi in situ, tipo lentigo maligna, possono essere necessari
margini chirurgici di escissione > 0,5 cm; utile l’esecuzione di esami intra-operatori.
228
6.6.2. Biopsia del linfonodo sentinella
La biopsia del linfonodo sentinella viene generalmente indicata a fini stadiativo-prognostici
per melanomi di spessore >1mm in cui non vi sia evidenza clinica e strumentale di linfadenopatia
regionale. La tecnica viene indicata anche per i melanomi T1b (o di livello IV), in particolare
se di spessore > 0.75 mm (Categoria 2B). La decisione se effettuare la biopsia del linfonodo
sentinella viene valutata su base individuale in considerazione della presenza di significative
comorbidità, volontà del paziente, altri fattori.
La nuova stadiazione AJCC ha incorporato l’indice mitotico nei criteri di stadiazione del T1
in base ai dati di sopravvivenza [19]. Tuttavia il ruolo di questo fattore prognostico nel predire
il rischio metastatico nei linfonodi regionali non è definito con precisione [35] e lo studio AJCC
non fornisce la percentuale di positività del linfonodo sentinella in rapporto al numero di mitosi
[19]. La conoscenza della correlazione tra indice mitotico e positività del SLNB nei melanomi
T1b è invece di fondamentale importanza [36]. Dati preliminari suggeriscono che in presenza
di melanomi T1 con un indice mitotico 1/mm2 e spessore > 0.75 mm è stato riportato un
rischio di metastasi occulte nel linfonodo sentinella di circa il 10% [19]. Nei melanomi sottili
è stata riportata una percentuale di positività del linfonodo sentinella del 8.7% se il tasso
mitotico è >0, che sale al 12.3% se lo spessore è > 0.75 mm [37].
La biopsia del linfonodo sentinella nel melanoma viene indicata in quanto: attualmente è
un’indagine diagnostica necessaria per la corretta stadiazione dei pazienti secondo il sistema
AJCC [19]; ad oggi non vi sono indagini alternative (ecografia, risonanza magnetica, PET…)
con analoga sensibilità che permettano di identificare metastasi linfonodali clinicamente
occulte [38,39]; l’esame istologico è il metodo più accurato per identificare presenza tumorale
nei linfonodi [40]; lo stato del linfonodo sentinella è il parametro prognostico maggiormente
significativo nei confronti della sopravvivenza [40-44]; i pazienti con linfonodo sentinella
positivo hanno una sopravvivenza significativamente peggiore rispetto ai pazienti linfonodo
sentinella negativo (LdE I) [ 45-49]; qualora tale indagine non venisse effettuata un 20% circa
di pazienti sarebbero erroneamente sotto-stadiati al I-II stadio, con conseguenti imprecise
informazioni prognostiche sia per il medico che per il paziente, nonché inadeguate strategie
terapeutiche adiuvanti e di follow-up.
Tab. 4 - Indicazioni e tecnica per la biopsia del linfonodo sentinella
• La biopsia del linfonodo sentinella è indicata a fini stadiativi in pazienti con melanoma di
spessore >1mm in cui non vi sia evidenza clinica e strumentale di linfadenopatia regionale.
È indicato valutare la tecnica e discuterla con il paziente anche in caso di melanomi
invasivi con spessore inferiore a 1 mm ulcerati o con mitosi ≥1/mm2 (T1b), spessore >
0.75 mm o livello IV (Categoria 2B). La decisione se effettuare la biopsia del linfonodo
sentinella può essere basata sulla presenza di significative comorbidità, volontà del
paziente, altri fattori.
• Linfoscintigrafia pre-operatoria con acquisizione di immagini statiche e dinamiche;
Utilizzo preferibilmente combinato di iniezioni intradermiche di Patent Bleu e sonda
scintigrafica intraoperatoria;
• Asportazione di tutti i linfonodi blu e di quei linfonodi eventualmente non colorati
che abbiano una radioattività ≥ 2:1 rispetto al fondo o ≥10% rispetto al linfonodo
maggiormente radio-emittente;
• Identificazione ed asportazione di eventuali “interval nodes”.
Tecnica
La tecnica della biopsia del linfonodo sentinella si è evoluta nel tempo, in particolare con
l’introduzione della sonda scintigrafica intra-operatoria, che facilita la ricerca del linfonodo
sentinella e la sua asportazione attraverso una minima incisione.
229
L’utilizzo del colorante vitale blu, del tracciante radioattivo e della sonda pongono talvolta
il problema di quali e quanti linfonodi si debbano asportare. Con frequenza vengono infatti
repertati linfonodi colorati e “caldi” (i.e. radioemittenti) e ulteriori linfonodi “caldi non-blu”. Il
criterio generalmente adottato è di asportare tutti i linfonodi colorati ed i linfonodi non colorati
la cui radioattività rispetto al fondo abbia un rapporto 2:1 o maggiore [50,51]. Con le nuove
sonde altamente collimate il valore di radioattività del fondo in realtà è frequentemente nullo
ed è pertanto preferibile applicare il criterio di asportare i linfonodi “caldi” che abbiano una
radioattività ≥10% rispetto al linfonodo maggiormente radioattivo [52].
Deve essere tuttavia considerato che il numero dei linfonodi radioattivi varia in rapporto al
tipo di tracciante utilizzato ed al tempo che intercorre tra l’iniezione del tracciante e l’intervento.
Bostick e Morton, considerando il problema della possibilità di asportare talvolta un numero
eccessivo di linfonodi (pertanto anche linfonodi non-sentinella), hanno sottolineato che il
linfonodo sentinella è il linfonodo che si colora di blu, in cui sia stato isolato ed identificato il
linfatico afferente colorato e che, quando repertato con tali caratteristiche, può essere inutile
asportare eventuali ulteriori linfonodi radioemittenti non colorati; in questo studio è stato anche
riportato il caso di un linfonodo blu, non radioattivo, metastatico [50].
Anche Thompson e Uren hanno enfatizzato il concetto di isolare il linfatico afferente
colorato a conferma di aver identificato il “vero” linfonodo sentinella [53]. Tuttavia, le percentuali
di identificazione di linfonodi colorati riportate in letteratura sono molto variabili, 60-95%
[50,51,54-56], evidenziando quanto sia importante effettuare le iniezioni intra-dermiche di
colorante vitale con estrema accuratezza. La presenza di una quota di casi in cui il linfonodo
non si colora rende ovviamente indispensabile l’impiego della sonda, che ne facilita comunque
Melanoma
Melanoma
l’identificazione. Inoltre, l’utilizzo combinato del colorante vitale e della sonda intra-operatoria
aumenta la percentuale di identificazione dei linfonodi sentinella rispetto a ciascuna delle
metodiche impiegate singolarmente [57-61].
Deve essere sempre effettuata la linfoscintigrafia pre-operatoria. Questo esame nel
melanoma infatti ha un’importanza anche maggiore rispetto ad altri tumori in cui viene
effettuata la biopsia del linfonodo sentinella, in quanto è una peculiarità del melanoma, ad
esempio quando localizzato al tronco, avere spesso drenaggi multipli, che solo con questa
indagine possono essere evidenziati. La linfoscintigrafia è inoltre importante per l’identificazione
dei cosiddetti “interval/in-transit nodes”, cioè quei linfonodi posti tra il tumore primitivo ed il
bacino linfonodale regionale, che devono essere attentamente ricercati, asportati ed analizzati,
in quanto anch’essi possibile sede di metastasi nel 15% circa dei casi [62-64].
Per un’accurata esecuzione della procedura in tutte le sue fasi è importante un approccio
multidisciplinare ed una stretta collaborazione tra medico nucleare, chirurgo e patologo, al
fine di ottenere il più alto tasso di identificazione del linfonodo sentinella e ridurre al minimo i
falsi negativi. L’analisi dei dati del Multicenter Selective Lymphadenectomy Trial I (MSLT-I) ha
evidenziato che è necessaria una “fase di apprendimento” della metodica, che sono necessari
almeno 55 casi per raggiungere una accuratezza di identificazione del linfonodo sentinella del
95% e che la percentuale di identificazione aumenta in rapporto all’esperienza del centro [65].
In sintesi la tecnica attualmente prevede:
• linfoscintigrafia pre-operatoria con acquisizione di immagini statiche e dinamiche: serve
per evidenziare il bacino o i bacini linfonodali drenanti, il numero e la sede dei linfonodi
sentinella, eventuali “interval nodes”, che vengono tatuati sulla cute;
• colorazione vitale pre-operatoria: iniezioni intradermiche peri-lesionali di 0,5-1 ml di
• Patent Bleu 20 minuti prima dell’incisione cutanea;
• impiego di sonda scintigrafica intra-operatoria: consente di effettuare l’escissione
attraverso una incisione minima, permette di identificare il linfonodo sentinella qualora
questo non si colori di blu, facilita la ricerca e ne diminuisce i tempi;
• isolamento del linfonodo sentinella insieme al collettore linfatico afferente che dovrebbe
risultare di colore blu;
• asportazione di tutti i linfonodi blu e di quei linfonodi eventualmente non colorati che
abbiano una radioattività ≥2:1 rispetto al fondo o ≥10% rispetto al linfonodo più “caldo”;
• identificazione ed asportazione di eventuali “interval nodes”.
Nei casi in cui il linfonodo sentinella risulti positivo è indicata la linfadenectomia regionale
radicale [38,40,66-71]. Linfonodi metastatici oltre al linfonodo sentinella, qualora questo risulti
positivo, sono riscontrati nel 10-30% dei casi alla successiva linfadenectomia regionale [72].
Alcuni studi hanno indagato possibili caratteri istopatologici della micrometastasi nel linfonodo
sentinella (sede, numero, spessore…) che sembrano associati a negatività degli altri linfonodi
regionali, tanto che è stato anche ipotizzato in tali casi di non effettuare la linfadenectomia
regionale radicale [73-76], che tuttavia rimane ad oggi lo standard al di fuori di trials clinici.
In caso di linfonodo sentinella positivo all’inguine viene effettuata linfoadenectomia inguinale
o linfoadenectomia inguino-iliaco-otturatoria se alla linfoscintigrafia viene documentato
drenaggio linfatico ai linfonodi pelvici o con TC pelvica positiva.
6.6.3. Trattamento dei linfonodi regionali, satellitosi, metastasi in transit
In pazienti con linfonodi metastatici la linfoadenectomia è oggi l’unica efficace opzione
terapeutica per il controllo locale della malattia ed una possibile cura [66,67,69], con una
sopravvivenza a 10 anni che varia dal 20 al 60% circa, in base al numero dei linfonodi metastatici
ed all’ulcerazione nel tumore primitivo [77]. Sono riportati pazienti lungo-sopravviventi dopo
solo trattamento chirurgico. In una casistica di 1422 pazienti al terzo stadio trattati con la sola
chirurgia, con un follow-up massimo di 32 anni, sono state riportate sopravvivenze a 15-, 20-,
25-anni rispettivamente del 36, 35, 35% [78].
Attualmente, in caso di metastasi linfonodale, a seconda della sede interessata, viene
effettuata:
• dissezione radicale o radicale modificata del collo comprendente i linfonodi dei livelli I-V,
conservativa del muscolo sternocleidomastoideo, della vena giugulare interna e del nervo
spinale accessorio. La parotidectomia conservativa del nervo faciale viene generalmente
associata alla linfadenectomia del collo in presenza di metastasi infraparotidee
documentate (Categoria 2B) [38,66,67.69,71,79,80];
• linfadenectomia ascellare comprendente i linfonodi dei tre livelli ascellari (Categoria 2B)
[38,66-68,71,80];
• dissezione inguinale superficiale e profonda (con esami strumentali per linfonodi pelvici
negativi) o dissezione inguino-iliaco-otturatoria (in presenza di linfoscintigrafia che
documenta drenaggio ai linfonodi pelvici e linfonodo sentinella inguinale positivo, linfonodi
inguinali positivi clinicamente ed ecograficamente, numero di linfonodi superficiali positivi
≥3, linfonodo di Cloquet positivo, TC pelvica positiva) (Categoria 2B) [38,66,67,69,71,80- 230
82]. In caso di satellitosi/metastasi in transit, quando il numero delle lesioni è piccolo e
l’area interessata ristretta, è indicata escissione chirurgica completa che ipotizzi radicalità
di trattamento [38,66,67,69,83,84].
Quando sono presenti metastasi in transit diffuse degli arti, senza evidenza di metastasi
a distanza, può trovare indicazione la perfusione isolata di arto. Anche se i risultati degli
studi randomizzati e delle diverse casistiche non sembrano evidenziare un impatto sulla
sopravvivenza, si ottiene un importante controllo locale della malattia, con tassi di risposta
di 80-90% e risposte complete del 55-65%; la durata della risposta è generalmente di 9-12
mesi, un 20-25% di pazienti hanno risposte a lungo termine [85-87]. La tecnica prevede
l’isolamento chirurgico dei vasi e l’inserimento del circuito extracorporeo che permette la
perfusione chemio-ipertermica dell’arto. L’agente chemioterapico generalmente utilizzato è il
melphalan [131], associato ad ipertermia moderata o alta [89-92], che può essere associato
anche al TNF-alfa [93]. La metodica è complessa e la tossicità varia da lieve eritema ed
edema, ad epidermolisi estesa, fino a complicanze maggiori quali impotenza funzionale ed
anche amputazioni [66].
L’infusione antiblastica ipossica di arto è una tecnica che ha una minor invasività e tossicità
rispetto alla perfusione ipertermica [94], generalmente indicata in casi non eleggibili per tale
metodica, a rischio elevato per condizioni generali e/o locali. L’approccio vascolare può essere
chirurgico o percutaneo radiologico, l’agente chemioterapico (melphalan, dactinomicina) [95]
è infuso attraverso un semplice circuito extracorporeo a dosi inferiori rispetto alla perfusione.
I risultati della metodica necessitano di una più larga valutazione nell’ambito di studi clinici
controllati.
In casi di lesioni del tronco, del distretto testa-collo o quando le tecniche precedenti e
chirurgiche non siano applicabili, possono essere effettuate terapie ablative o intralesionali
[66].
Recentemente è stata introdotta anche la metodica della elettrochemioterapia, che dà
ottimi risultati in termini di controllo locale della malattia con morbidità ed effetti collaterali
ridotti [96-99]. La tecnica prevede infusione endovenosa o intralesionale di un chemioterapico
(bleomicina, cisplatino) accompagnata dall’applicazione di un impulso elettrico breve ed
intenso che determina un aumento transitorio della permeabilità delle membrane cellulari.
In tal modo vengono somministrate dosi ridotte di chemioterapico ed il farmaco, di per sé
poco o per niente permeante, penetra nel citoplasma cellulare ed aumenta la propria azione
anti-tumorale senza danneggiare i tessuti non sottoposti ad impulso elettrico. È riportata una
percentuale di risposte oggettive di circa 85% e di risposte complete di circa 70% [98,100].
In caso di metastasi in transit diffuse può essere indicata anche terapia sistemica,
radioterapia palliativa, terapie di associazione, arruolamento del paziente in trials clinici.
6.6.4. Il ruolo della chirurgia nel IV stadio
• I limiti anatomici della dissezione linfonodale dovrebbero essere riportati nel registro
operatorio
Circa un terzo dei pazienti con melanoma sviluppa metastasi a distanza; in tali casi le
opzioni terapeutiche efficaci sono scarse e la prognosi è infausta, con una sopravivenza a
5 anni inferiore al 10 % [77,101]. Per la maggior parte dei pazienti al IV stadio di malattia
non vi è indicazione chirurgica. Pazienti attentamente selezionati possono essere sottoposti
ad intervento chirurgico, in base alla sede ed al numero delle metastasi ed alla morbidità
operatoria [38,66,67,102-106].
Metastasi cutaneo/sottocutanee oltre il bacino linfonodale drenante, se asportabili
chirurgicamente con criteri di radicalità, possono essere escisse. Questi pazienti hanno
generalmente una prognosi migliore rispetto a quelli con metastasi viscerali, con una
sopravvivenza a 5 anni di circa il 20% [101]. A seguito di asportazione chirurgica completa di
metastasi dei tessuti molli sono state riportate sopravvivenze a 5 anni del 20-50% [107-109].
Sono riportati impatti positivi sulla sopravvivenza a seguito di asportazione completa di
metastasi polmonari. In una casistica di 945 pazienti con metastasi polmonari è stata riportata,
per pazienti con lesioni isolate, una sopravvivenza a 5 anni del 4% per quelli non sottoposti a
resezione chirurgica e del 20% per quelli che avevano effettuato metastasectomia completa
[110]. Anche in altre casistiche è stata riportata una sopravvivenza del 20-25% per pazienti
sottoposti a metastasectomia polmonare radicale [108,111-114].
Il ruolo della chirurgia in caso di metastasi epatiche è controverso. Tuttavia le tecniche di
chirurgia epatica si sono evolute negli ultimi anni e possono essere candidati a tale trattamento
pazienti selezionati, con intervallo libero >24 mesi dall’asportazione del melanoma primario e 231
assenza di co-morbidità clinica, in cui non vi siano ulteriori localizzazioni di malattia (TC/RM/
PET) e sia presumibile una asportazione chirurgica completa [115,116].
• Dissezione radicale o radicale modificata del collo comprendente i linfonodi dei livelli
I-V. La parotidectomia conservativa del nervo faciale viene generalmente associata alla
linfadenectomia del collo in presenza di metastasi infraparotidee documentate. (Categoria 2B)
linfoadenectomia ascellare comprendente i linfonodi dei tre livelli ascellari. (Categoria 2B)
Proporzione dei casi di melanoma di spessore > 1mm che eseguono la biopsia del
linfonodo sentinella
Tab. 5 - Indicazioni per la linfoadenectomia radicale
• È necessaria una dissezione anatomica completa delle stazioni linfonodali sede di
metastasi(1)
• Dissezione inguinale superficiale e profonda (con esami strumentali per linfonodi
pelvici negativi) o dissezione inguino-iliaco-otturatoria (in presenza di linfoscintigrafia
che documenta drenaggio ai linfonodi pelvici e linfonodo sentinella inguinale positivo,
linfonodi inguinali positivi clinicamente ed ecograficamente, numero di linfonodi
superficiali positivi ≥3, linfonodo di Cloquet positivo, TC pelvica positiva). (Categoria
2B)
(1) Attualmente la linfoadenectomia regionale è indicata in tutti i casi di linfonodo sentinella positivo al di fuori di trials clinici,
indipendentemente dal tipo, dimensioni, sede della micro- o macro-metastasi e numero dei linfonodi sentinella coinvolti.
Indicatore ITT8
Indicatore ITT 9
Proporzione dei casi di melanoma di spessore > 1mm che eseguono la biopsia del
linfonodo sentinella in pazienti di età < 75 anni
Indicatore ITT 10
Proporzione dei casi con linfonodo sentinella positivo sul totale dei casi che
eseguono la biopsia del linfonodo sentinella
Indicatore ITT11
Proporzione dei casi con linfonodo sentinella positivo che eseguono la successiva
linfoadenectomia
Melanoma
Melanoma
6.7. Terapia medica
6.7.1. Terapia adiuvante
6.7.1.1. Interferone a dosaggi bassi ed intermedi
Il primo grande studio sull’utilizzo di interferone nei pazienti affetti da melanoma in stadio III
operati è stato condotto da WHO, ma non è stato osservato un incremento della sopravvivenza
(35% nel gruppo interferone vs 37% nei pazienti all’interno del braccio di osservazione)[117].
Nello studio clinico del gruppo cooperativo Francese, ad un tempo mediano di follow-up di
5 anni, l’interferone in adiuvante era associato ad un significativo beneficio in tempo libero
da progressione e con un trend in aumento della sopravvivenza globale. In un altro studio
prospettico randomizzato, l’utilizzo dell’interferone in adiuvante ha prolungato la sopravvivenza
libera da malattia per i pazienti con melanoma di stadio II ad un tempo mediano di follow-up
di 41 mesi [118]. Inoltre ulteriori due studi randomizzati (EORTC 18952 e AIMHIGH Study)
hanno comparato l’utilizzo dell’interferone in adiuvante con la sola osservazione in pazienti
con melanoma resecato di stadio IIB e III. In tali studi l’utilizzo di interferone non ha dimostrato
un vantaggio statisticamente significativo in termini di intervallo libero da malattia rispetto alla
sola osservazione clinica [119,120].
6.7.1.2. Interferone ad alte dosi e Interferone Peghilato
L’utilizzo di interferone ad alte dosi è stato valutato in 3 studi randomizzati. Lo studio
ECOG 1684 un follow-up mediano di 6.9 anni, ha dimostrato un vantaggio statisticamente
significativo in sopravvivenza e tempo libero da progressione per i pazienti nel gruppo di
trattamento con interferone. Al contrario, ad un follow-up di 12.6 anni, non si è notato un
vantaggio statisticamente significativo in sopravvivenza tra i due gruppi, mentre permaneva
un vantaggio in tempo libero da ripresa di malattia per i pazienti in trattamento con interferone
[121]. Lo studio ECOG 1690 ha confermato un vantaggio in termini di tempo libero da
progressione per i pazienti in trattamento con alte dosi di interferone alfa-2b, mentre non
si è osservato un vantaggio in sopravvivenza globale rispetto alla sola osservazione [122].
Lo studio E1694 ha comparato la somministrazione di alte dosi di interferone alfa-2b con
un vaccino sperimentale, GM2-KLH21. Ad un tempo approssimativo mediano di follow-up
di 2 anni, la sopravvivenza globale ed il tempo libero da ripresa di malattia erano migliori nel
braccio di trattamento con interferone alfa-2b se comparati con il vaccino sperimentale. Di
recente in merito a tale studio sono insorte delle perplessità in merito al vaccino sperimentale
usato come braccio di controllo in tale sperimentazione. Infatti, uno studio randomizzato di
fase III (EORTC 18961) sull’utilizzo di un vaccino adiuvante GM2-KLH21 in 1314 pazienti, è
stato chiuso precocemente per inferiorità nella sopravvivenza dei pazienti trattati con il vaccino
sperimentale[123]. Una revisione sistematica degli studi clinici randomizzati controllati, ha
dimostrato che l’utilizzo in adiuvante di interferone nei pazienti con melanoma ad elevato
rischio di recidiva, non è associato ad aumento della sopravvivenza. Un’altra analisi degli studi
E1684, E1690 e E1694, ha mostrato un vantaggio nel tempo libero da ripresa di malattia nei
pazienti con melanoma ad alto rischio trattati con interferone, ma non ha evidenziato alcuna
differenza in sopravvivenza globale rispetto al solo follow-up [124,125]. Nonostante l’utilizzo di
alte dosi di interferone sia associato con un incremento della sopravvivenza libera da malattia
nei pazienti con melanoma ad alto rischio, l’utilizzo dell’interferone in questo setting di pazienti
rimane non definito (2B). La decisione sull’utilizzo o meno dell’interferone ad alte dosi in
adiuvante dovrebbe essere discussa con ciascun paziente, mostrando potenziali benefici ed
effetti collaterali di tale trattamento.
Recentemente il protocollo EORTC (18991) ha randomizzato 1256 pazienti con melanoma
in stadio III operato, a ricevere interferone peghilato o sola osservazione per un periodo di 5
anni. Il tasso di sopravvivenza libera da malattia a 4 anni, era migliore nel gruppo di pazienti
che ricevevano interferone rispetto al solo controllo (45.6% vs 38.9%), ma non c’era una
differenza statisticamente significativa tra i due gruppi in termini di sopravvivenza globale [126].
Sulla base di questi dati, l’interferone peghilato alfa ha ricevuto l’approvazione di FDA
nel 2011 come opzione in adiuvante nei pazienti affetti da melanoma con coinvolgimento
linfonodale. Una recente analisi post-hoc di due studi randomizzati di fase III (EORTC 1892
e EORTC 18991), ha indicato che la riduzione del rischio di recidiva in pazienti trattati con
interferone in adiuvante era osservata soprattutto nei pazienti con melanoma primario ulcerato
[127]. Questa osservazione rimane non spiegata sia da un punto di vista clinico che biologico.
In definitiva, il trattamento con interferone peghilato, in tutti i casi ha attualmente un livello di
evidenza 2B, in considerazione del rapporto benefici/effetti collaterali. La decisione sull’utilizzo
o meno dell’interferone in adiuvante dovrebbe essere discussa con ciascun paziente,
mostrando potenziali benefici ed effetti collaterali di tale trattamento.
Per i pazienti operati radicalmente in stadio IIIC o IV, può essere considerato un trattamento
adiuvante. Attualmente non esistono evidenze sull’utilizzo dell’interferone in questo setting. La 232
scelta più appropriata in questi è la valutazione di una terapia adiuvante all’interno di un trial
clinico.
6.7.2. Terapia sistemica del melanoma metastatico
6.7.2.1. Monochemioterapia
La dacarbazina (DTIC) è il farmaco fino ad oggi singolarmente più impiegato (IIB). Questo
agente alchilante è in grado di indurre risposte nel 6-10% dei casi; tali risposte sono raramente
complete (3%) e per lo più di breve durata (2-6 mesi)[128] Gli altri farmaci considerati attivi
nel melanoma sono nitrosouree, cisplatino (CDDP), alcaloidi della vinca, taxani, temozolomide
(profarmaco di DTIC che può essere somministrato per via orale e diffonde anche nel SNC;
ha fatto osservare una percentuale di risposte simile a quella ottenuta con DTIC in uno studio
randomizzato), fotoemustine (farmaco disponibile solo in Europa, che diffonde anche nel SNC;
in un recente studio randomizzato ha dato risposte nel 15.5% vs 6.8% di DTIC, con ritardo
nella comparsa di metastasi cerebrali rispetto al braccio trattato con DTIC - mediana: 22.7 vs
7.2 mesi, pur non dimostrando vantaggi significativi in termini di sopravvivenza) (IIB)[129-131]
Tra i regimi polichemioterapici, da riservare ai casi nei quali sia auspicabile una rapida
riduzione della massa tumorale, più utilizzati il CVD (CDDP + vindesina + DTIC), una
combinazione di CDDP e DTIC, oppure Palclitaxel in associazione a Carboplatino o CDDP,
fanno osservare una percentuale di risposte compresa tra il 20 e il 45% e una durata mediana
inferiore a 6 mesi [132-134]. Per quanto sia preferibile inserire i pazienti affetti da melanoma
metastatico in studi clinici controllati, la scelta tra mono e polichemioterapia è applicabile
sulla base di una scelta clinica individuale con evidenza di tipo R, poiché non ci sono dati che
supportino un vantaggio in termini di sopravvivenza in relazione al tipo di trattamento.
6.7.2.2. Biochemioterapia
La biochemioterapia è la combinazione di agenti chemioterapici ed agenti biologici. In
uno studio di fase II monocentrico, un regime di biochemioterapia (cisplatino, vinblastina,
dacarbazina, interferon alfa ed IL-2) ha prodotto un tasso di risposte del 27-64% con un
tasso di risposte complete di 15-21% in pazienti affetti da melanoma metastatico. Un piccolo
studio di fase III randomizzato che comparava un regime di biochemioterapia (dacarbazina,
cisplatino, vinblastina con Il-2 ed interferon alfa-2b) vs dacarbazina, vinblastina e cisplatino,
ha mostrato un tasso di risposte del 48% per il regime di biochemioterapia vs il 25% per
il regime polichemioterapico standard [135]. In uno studio di fase III (E3695) un regime di
biochemioterapia (cisplatino, vinblastina, dacarbazina, IL-2 e interferon alfa-2b) ha mostrato
un tasso di risposte lievemente superiore per il regime di biochemioterapia rispetto al braccio
di controllo, ma non si è osservato un vantaggio in termini di sopravvivenza. Inoltre è stata
riportata una maggiore tossicità per il regime di biochemioterapia vs il braccio di controllo
[136]. Una recente metanalisi, ha riportato che nonostante la biochemioterapia aumenta il
tasso di risposte, questo dato non correla con un aumento in sopravvivenza.
6.7.2.3. Nuove terapie
Ipilimumab, un nuovo anticorpo monoclonale diretto contro l’antigene 4 dei linfociti T
citotossici (CTLA-4) e che stimula le cellule T del sangue, ha ricevuto l’approvazione da parte
di FDA nel marzo 2011. L’approvazione è stata basata su su uno studio randomizzato di fase
III che ha randomizzato 676 pazienti affetti da melanoma metastatico che erano progrediti
in seguito ad un trattamento precedente sistemico. I pazienti hanno ricevuto ipilimumab
in associazione a un vaccino peptidico (gp100), ipilimumab in monoterapia, o gp 100 in
monoterapia con randomizzazione 3:1:1. la sopravvivenza globale era significativamente
superiore nei pazienti che avevano ricevuto o la combinazione (10.0 mesi; HR 0.68 comparata
a gp100 in monoterapia; p< 0.001) o ipilimumab da solo (10.1 mesi; HR 0.66 comparata a
gp 100 in monoterapia; p= 0.003), comparato ai pazienti che avevano ricevuto solamente
gp100 (6.4 mesi) [137]. Un secondo studio di fase III è stato condotto su 502 pazienti con
melanoma metastatico non pretrattati. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere ipilimumab
in associazione a dacarbazina o dacarbazina in associazione a placebo. L’end point primario
dello studio è stato raggiunto con il braccio di associazione dacarbazina ed ipilimumab che
ha mostrato una sopravvivenza globale superiore rispetto al braccio di controllo (11.2 vs 9.1
mesi). Il tasso di sopravvivenza a 5 anni era del 20.8% vs 12.2% dei pazienti che avevano
ricevuto dacarbazina più ipilimumab e dacarbazina più placebo rispettivamente (HR= 0.72;
p< .001) [138].
Recentemente inoltre è stato visto che circa il 45% dei pazienti affetti da melanoma è
portatore di una mutazione di una chinasi di trasduzione del segnale intracellulare che si chiama
BRAF. Vemurafenib è un farmaco a bersaglio molecolare che blocca la traduzione del segnale
nei pazienti con mutazione di BRAF. Uno studio randomizzato di fase III ha comparato la
somministrazione di vemurafenib vs dacarbazina nei pazienti affetti da melanoma metastatico
non pre-trattati. Vemurafenib era associato con una sopravvivenza migliore ed un tempo
libero da progressione di malattia più lungo. (RR di morte =0.37; RR di morte o progressione
= 0.26; p< .001). A sei mesi, l’84% dei pazienti in trattamento con vemurafenib erano vivi,
contro il 64% in trattamento con dacarbazina. Sulla base di questi risultati di questo studio
randomizzato, nell’Agosto del 2011, vemurafenib è stato approvato per il trattamento dei
pazienti affetti da melanoma metastatico recanti la mutazione di BRAF. Il test COBAS 4800
utilizzato per determinare lo status mutazionale di BRAF è stato approvato da FDA insieme al
farmaco [139].
Nonostante l’approvazione di ipilimumab e vemurafenib ha significativamente impattato
la terapia del melanoma metastatico, ogni agente ha delle limitazioni. Per quanto riguarda
ipilimumab, ci sono gli eventi avversi immuno-correlati, il tempo necessario per ottenere una
risposta clinica ed il tasso di risposte inferiore al 20%. Comunque, le risposte quando si
osservano, sono molto durature. Vemurafenib, è associato ad un tasso di risposte del 4050% in pazienti con BRAF mutato, e queste si possono verificare anche dopo pochi giorni
dall’inizio del trattamento. Sfortunatamente, la mediana di durata delle risposte è di 5-6 mesi.
Tab. 6 - Indicazioni per terapie sistemiche del melanoma avanzato o metastatico(1)
(Categoria 2B)
• Dacarbazina 800-1000 mg/mq e.v. g1 q 21-28
• Temozolomide 150-200 mg/mq o.s. g1-5 q 28
• Fotemustine 100 mg/mq e.v. gg 1, 8, 15 (fase induzione) –
• 4/6 settimane stop – 100 mg/mq e.v. g1 q21 (fase mantenimento)
• Paclitaxel 80 mg/mq e.v. gg 1, 8, 15 q 28
• Carboplatino AUC 6 + Paclitaxel 175-225 mg/mq e.v. g1 q21
• Cisplatino 20 mg/mq e.v. gg 2-5
+ Dacarbazina 800 mg/mq e.v. g1
+ Vinblastina 1.6 mg/mq e.v. gg 1-5. (CVD).
• Cicli ripetuti ogni 21-28 giorni.
Nuove terapie
• Ipilimumab 3mg/Kg e.v. g 1 q ogni 3 settimane per 4 cicli (in attesa di approvazione
AIFA)
• Vemurafenib 960 mg per o.s. due volte al giorno ogni 12 ore (in attesa di approvazione
AIFA)
(1) Ai pazienti che progrediscono dopo la prima terapia sistemica può essere proposta una terapia successiva se questi
mantengono un performance status ECOG di 0-2 o un indice di Karnosky ≥ 60.
Melanoma
233
Melanoma
6.8. Radioterapia
6.8.1. Radioterapia adiuvante
Per il trattamento di un melanoma primario escisso la radioterapia adiuvante è
raramente necessaria. Una eccezione può essere rappresentata dal melanoma neurotropico
desmoplastico (MND) che tende ad avere una elevata aggressività locale [140]. La radioterapia
ha un ruolo nel controllare la recidiva nodale nei pazienti a rischio. La definizione delle categorie
a rischio varia nei diversi studi [141,142]. In una estesa revisione retrospettiva [143] sono
stati valutati 615 pazienti che erano considerati ad “alto rischio” per recidiva nodale locale,
cioè: a) metastasi cervicali con estensione extra-capsulare, o linfonodi metastatici ≥2, o
linfonodo metastatico ≥2 cm; b) metastasi ascellari con estensione extracapsulare, o linfonodi
metastatici ≥4, o linfonodo metastatico ≥3 cm; c) metastasi inguinali con associazione di
almeno 2 criteri tra estensione extracapsulare, linfonodi metastatici ≥4, linfonodo metastatico
≥3 cm. Ad un follow-up medio di 5 anni la recidiva locale si era verificata solo nel 10,2% dei
pazienti trattati con radioterapia rispetto al 40,6% dei pazienti non trattati con radioterapia.
L’analisi multivariata ha evidenziato differenze significative nelle recidive locali e nella
sopravvivenza specifica da malattia in favore dei pazienti che avevano effettuato radioterapia
adiuvante rispetto a quelli che avevano effetuato solo linfadenectomia. La radioterapia
si associa a maggior morbilità correlata al trattamento (tasso a 5 anni 20% contro 13%,
P=0,004), rappresentata principalmente dal linfedema [143].
La radioterapia post operatoria con vari schemi di frazionamento è stata utilizzata in altri
studi clinici [144-146].
La radioterapia ipofrazionata sembra essere efficace come quella con frazionamento
standard. Sebbene particolari attenzioni in termini di tossicità devono essere impiegate
quando si somministrano alte dosi per frazione, tutti i regimi studiati sembrano essere ben
tollerati.
6.8.2. Radioterapia palliativa
Contrariamente alla comune percezione che il melanoma sia radio resistente, spesso
con la terapia radiante si riesce ad ottenere una buona palliazione della malattia metastatica
sintomatica.
Studi hanno dimostrato un miglioramento della sintomatologia nel 39% per metastasi del
sistema nervoso centrale e dal 68% al 84% per metastasi non del sistema nervoso centrale
[147,148]. Il tasso di risposta clinica completa varia dal 17 al 69% con il raggiungimento di una
risposta parziale o completa dal 49 al 97% [146,149-150]. (Categoria 2B).
Tab. 7 - Indicazioni per la Radioterapia
Valutare trattamento radioterapico nelle seguente condizioni(1):
Malattia Primaria:
• Terapia adiuvante per pazienti selezionati con melanoma desmoplastico escisso con
margini limitati, recidivo, con neurotropismo esteso.
Malattia Regionale(2):
-- Adiuvante
• Marcata estensione extracapsulare linfonodale;
• ≥ 4 linfonodi coinvolti;
• Dimensioni ≥ 3 cm;
• Localizzazione Cervicale3 > Ascellare > Inguinale;
• Recidiva dopo precedente linfoadenectomia totale(3).
-- Palliativa
•
•
•
•
Satellitosi
Metastasi in transit
Metastasi linfonodali
Non resecabili
Malattia Metastatica:
• Metastasi cerebrali:
-- Radiochirurgia stereotassica e/o radioterapia encefalica completa come trattamento
adiuvante o primario;
-- Radioterapia adiuvante seguita da resezione delle metastasi cerebrali
• Altre metastasi sintomatiche o potenzialmente sintomatiche dei tessuti molli e/o delle
ossa.
(1) Molte terapie sistemiche possono essere effettuate durante la radioterapia.
(2) Vari protocolli di dose/frazionamento sono risultati efficaci. Regimi ipofrazionati possono aumentare il rischio di complicanze
a lungo termine.
(3) Nella regione cervicale la radioterapia può essere considerata dopo linfoadenectomia regionale se sono risultati coinvolti ≥2
linfonodi e/o un linfonodo è risultato coinvolto con una metastasi ≥2 cm.
234
6.9. Follow-up
Non ci sono indicazioni univoche dalla letteratura sullo schema di follow-up per il melanoma
cutaneo, per quanto riguarda la frequenza dei controlli clinici, il tipo e la frequenza delle indagini
strumentali eventualmente utilizzate [33,151-155]. Non vi sono evidenze che permettono di
trarre conclusioni definitive tra follow-up più o meno intensivi sulla base di un confronto fra
l’effettivo beneficio clinico (diagnosi precoce di recidiva o vantaggio in sopravvivenza) ottenuto
dall’una o dall’altra strategia (Categoria 2B).
Il ruolo della ecografia linfonodale per la diagnosi precoce di metastasi ai linfonodi regionali
sembra evidenziato in termini di sopravvivenza globale in uno studio prospettico [151]. È
riportato anche un possibile impatto sulla sopravvivenza a seguito di trattamento chirurgico
precoce di metastasi viscerali uniche [103,104,114]. Il rischio maggiore di sviluppare metastasi
sistemiche o cerebrali è risultato associato ad un sotto-stadio maggiore, con un rischio del
48% di metastasi non cerebrali e del 13% di interessamento cerebrale in stadio IIIC. È stato
pertanto suggerito che una periodica sorveglianza con tecniche di imaging mirate per il SNC
per 3 anni potrebbe scongiurare alcune delle morbidità riscontrate nei pazienti in stadio IIIC
con ricorrenze sintomatiche a livello di tale localizzazione.
In generale è accettato variare il tipo e la frequenza dei controlli in base al rischio di recidiva.
Nei pazienti a basso rischio indagini strumentali di routine non sono ritenute utili, ma indicate
solo per indagare specifici segni e sintomi. Indagini strumentali più frequenti sono considerate
per pazienti a maggior rischio di progressione.
La durata ottimale del follow-up rimane controversa. Sebbene nella maggior parte dei
pazienti che vanno incontro a recidiva ciò si verifica entro i 5 anni dal trattamento, recidive
tardive (oltre i 10 anni) sono ampiamente documentate soprattutto nei pazienti con un
melanoma primitivo in stadio iniziale [33,156].
Il medico dovrebbe istruire tutti i pazienti all’autoesame mensile della pelle e dei linfonodi
qualora la diagnosi sia stata di melanoma in stadio IA-IV. In occasione della visita di controllo
dovrà essere valutato con estrema cura lo stato delle stazioni linfonodali drenanti il sito di
insorgenza, il tegumento tra sede di insorgenza e stazione drenante per la ricerca di eventuali
metastasi in transit e tutto l’ambito cutaneo per l’identificazione di un eventuale secondo
melanoma primario. Segni o sintomi particolari sono indicazione per ulteriori indagini
strumentali.
Un esame accurato della pelle è raccomandato almeno una volta l’anno per tutta la vita in
tutti i pazienti affetti da melanoma.
Esami ematici non sono raccomandati di routine.
Un possibile schema di follow-up, in cui tipo e frequenza degli esami variano in base
al rischio di recidiva, può prevedere: a) pazienti con melanoma stadio O (in situ): controllo
clinico ogni 6-12 mesi (in base alla associazione con eventuali fattori di rischio quali pregresso
melanoma, familiarità per melanoma, altri); b) pazienti con melanoma stadio IA: controllo clinico
ogni 6 mesi, indagini strumentali solo per indagare specifici segni e sintomi; c) melanoma
stadio IB-IIA: controllo clinico ogni 4-6 mesi, Rx torace, ecografia epatica e linfonodale 1 volta
l’anno; d) melanoma stadio IIB-III: controllo clinico ogni 3-4 mesi; Rx torace, ecografia epatica
e linfonodale ogni 6 mesi (o alternare i precedenti esami strumentali ogni 6 mesi con TC con
m.d.c torace/addome/encefalo –o RM per encefallo-, in particolare per stadio IIIC); e) stadio
IV: controllo clinico ed indagini strumentali su base individuale in base a sede e numero di
metastasi, terapia.
Poiché il 90% delle metastasi si manifesta entro i primi 5 anni, l’esecuzione di indagini
di imaging non è raccomandata di routine oltre questo periodo di tempo [33]. Dopo 5
anni si consiglia controllo clinico ogni 6-12 mesi. Autoesame e visita una volta l’anno sono
raccomandati anche dopo 10 anni.
La programmazione del follow-up è influenzata, oltre che dal rischio di recidive in base
allo stadio di malattia, anche dalla presenza di fattori di rischio quali pregresso melanoma,
familiarità per melanoma, fototipo, elevato numero di nevi atipici, ecc…, che possono
influenzare la frequenza ed il tipo dei controlli. La frequenza dei controlli ed il tipo di indagini
possono variare su base individuale e a giudizio clinico.
Indicatori ITT sui tempi di attesa
Indicatore 12
Tempo di attesa fra primo intervento chirurgico e primo referto anatomo-patologico
(tempo di diagnosi di melanoma)
Indicatore 13
Tempo di attesa fra referto del primo intervento e data del secondo intervento (tempo
di attesa per allargamento/biopsia del linfonodo sentinella)
Indicatore 14
Tempo di attesa tra primo intervento di escissione del melanoma e referto della
linfoadenctomia a seguito di linfonodo sentinella positivo (tempo totale per diagnosi
e trattamento di melanoma con linfonodo sentinella positivo)
Melanoma
235
Melanoma
6.10.Trial clinici
No. Eudract(*)
6.11.Bibliografia
Titolo del protocollo
2011-000954-46
Studio di fase II, in aperto, a braccio singolo, multicentrico, volto a valutare l'efficacia
di vemurafenib in pazienti affetti da melanoma metastatico con metastasi cerebrali.
2011-004011-24
Studio sulla terapia adiuvante con vemurafenib in pazienti operati per melanoma
cutaneo BRAF mutato.
2011-004029-28
Studio di fase III, randomizzato, in doppio cieco con ipilimumab somministrato alla
dose di 3 mg/kg vs 10 mg/kg in pazienti con melanoma non resecabile o metastatico
precedentemente trattato o non trattato.
2011-006088-23
Studio di fase III randomizzato, in aperto, di confronto tra l'associazione dell`inibitore
di BRAF dabrafenib e l`inibitore di MEK trametinib verso l`inibitore BRAF vemurafenib
in soggetti affetti da melanoma cutaneo metastatico non resecabile (stadio IIIC) o
metastatico (stadio IV) positivo per la mutazione BRAF V600E/K.
2012-001828-35
Studio randomizzato, in aperto, di fase 3 di confronto fra BMS 936558 e trattamento
scelto dallo Sperimentatore in pazienti affetti da melanoma avanzato (inoperabile o
metastatico) in progressione dopo terapia con ANTI-CTLA4.
2012-002669-37
Studio multicentrico, in aperto, randomizzato, di fase II sull’inibitore di mek
pimasertibor o dacarbazina in pazienti non precedentemente trattati affetti da
melanoma cutaneo maligno con N-Ras mutato, in stadio localmente avanzato o
metastatico.
2012-003008-11
Studio di fase III, in doppio cieco, controllato con placebo, sull’associazione
vemurafenib e CDC-0973 in pazienti e non precedentemente trattati.
2012-004301-27
Studio randomizzato, di fase III, di confronto fra fotemustina e associazione
fotemustina più ipilimumab in pazienti con melanoma metastatico e localizzazione
cerebrale.
(*) Melanoma: sperimentazioni cliniche in corso in Toscana al 31 ottobre 2012 (fonte Osservatorio Nazionale sulla Sperimentazione
Clinica dei Medicinali AIFA, comunicazioni personali).
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Melanoma