Benedetti-Cecchi et al, Cap 14

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Benedetti-Cecchi et al, Cap 14
Biol. Mar. Medit. (2003), 10 (Suppl.): 485-508
L. BENEDETTI-CECCHI1, L. AIROLDI2, S. FRASCHETTI3, A. TERLIZZI3
1
Dipartimento di Scienze dell’Uomo e dell’Ambiente, Università di Pisa, Via A. Volta 6 - 56126 Pisa, Italia
2
Centro Interdipartimentale di Ricerca per le Scienze Ambientali, Università di Bologna,
Via Tombesi Dall’Ova, 55 - Ravenna, Italia
3
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università di Lecce,
Via Provinciale Lecce-Monteroni - 73100 Lecce, Italia
CAPITOLO 14
METODI SPERIMENTALI PER LA VALUTAZIONE
DI INFLUENZE ANTROPICHE SU POPOLAMENTI
ED AMBIENTI MARINI COSTIERI
14.1
14.2
14.3
14.4
14.5
Indice
Introduzione
Criteri logici per la valutazione di effetti antropici
Disegni BACI (Before/After-Control/Impact) e loro evoluzione
Metodi analitici per l’analisi dei disegni BACI evoluti
Analisi di ambienti chiave e studio di impatti esistenti
14.5.1 Metodi per la valutazione dell’impatto di strutture artificiali in ambienti costieri
14.5.1.1 Analisi quantitativa della distribuzione delle specie bentoniche associate alle
strutture artificiali costiere
14.5.1.2 Analisi delle differenze tra popolamenti di strutture artificiali e popolamenti di
fondi rocciosi naturali
14.5.2 Aree Marine Protette (AMP): misure di efficacia e monitoraggio ambientale
15.5.2.1 Metodi di campionamento
15.5.2.2 Disegno di campionamento
15.5.2.3 Metodi di analisi dei dati
14.6 Problemi pratici nella conduzione di programmi di monitoraggio sperimentale
14.7 Bibliografia
14.1 Introduzione
Quantificare gli effetti delle numerose attività antropiche su organismi ed ambienti
è di estrema importanza per garantire una corretta gestione e salvaguardia delle risorse
naturali. La possibilità di individuare impatti ambientali, oppure di valutare l’efficacia
di interventi di mitigazione, dipende in larga misura dai criteri logici e metodologici
utilizzati nella procedura di valutazione (Peterson, 1993; Warwick, 1993; Underwood,
1995). Una fase critica della procedura è l’identificazione di un appropriato disegno
di campionamento che sia in grado di stimare l’effetto in esame e di separarlo dalla
variabilità intrinseca al sistema investigato (Green, 1979, 1993; Bernstein e Zalinski,
1983; Stewart-Oaten et al., 1986, 1992; Eberhardt e Thomas, 1991; Underwood,
1991, 1992; Wiens e Parker, 1995; Benedetti-Cecchi, 2001a; Stewart-Oaten e Bence,
2001).
Questo Capitolo si focalizza sulla valutazione di influenze antropiche sia su
singole popolazioni che su popolamenti (insieme di popolazioni comprendenti più
specie) con particolare riferimento ai sistemi marini costieri. Numerosi studi in
letteratura indicano che i popolamenti marini costieri sono estremamente variabili
per composizione specifica ed abbondanza sia nello spazio che nel tempo (Dayton
e Tegner, 1984; Menge e Olson, 1990; Levin, 1992; Wiens et al., 1993; Schneider,
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L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
1994; Wu e Loucks, 1995; Underwood e Chapman, 1996; Benedetti-Cecchi, 2001b).
Tale variabilità è il prodotto dell’interazione tra numerosi processi abiotici e biotici
che operano su molteplici scale spaziali e temporali. I disegni di campionamento per
una valutazione sperimentale delle influenze antropiche devono quindi essere in grado
di discriminare l’effetto dell’intervento umano dall’insieme dei processi ecologici che
influenzano le modalità di distribuzione e di abbondanza delle singole popolazioni e
la struttura dei popolamenti.
Di seguito sono descritti i requisiti logici di base per l’esame sperimentale di
ipotesi relative alla valutazione di influenze antropiche su popolazioni e popolamenti
di ambienti marini costieri. I principi ed i concetti qui illustrati possono tuttavia
essere estesi ad altri livelli di organizzazione biologica (es., al livello sub-cellulare),
all’analisi di variabili abiotiche (es., concentrazione di contaminanti) o di interazioni
biotiche e ad altri sistemi (terrestre, acque dolci, ecc.). Vi sono due principali classi
di influenze antropiche: (1) interventi di disturbo che possono essere causa di impatto
e (2) procedure di conservazione volte alla prevenzione oppure alla mitigazione di
impatti esistenti. I principali problemi metodologici e logistici relativi alle due tipologie di intervento antropico saranno esaminati con esempi inerenti la valutazione di
impatto di strutture artificiali in ambienti costieri e la valutazione degli effetti di Aree
Marine Protette (AMP). Gli esempi sono stati scelti per rappresentare problematiche
di grande attualità per cui è previsto in futuro un grosso impegno di ricerca e di
indagine lungo le coste del nostro paese.
14.2 Criteri logici per la valutazione di effetti antropici
L’obiettivo di valutare l’effetto di un intervento antropico su singole popolazioni
oppure su popolamenti è perseguibile identificando a priori quali sono le ipotesi
rilevanti al problema in esame. In alcuni casi di studio di valutazione di impatto,
ad esempio, vi possono essere informazioni pregresse relative al sistema investigato
per avanzare previsioni su quale sarà l’effetto dell’intervento antropico sulle variabili
misurate, come ad esempio variazioni in abbondanza media oppure alterazioni delle
varianze spazio-temporali degli organismi. Anche in assenza di informazioni pregresse, tuttavia, la presenza di un impatto determinerà una modificazione nella variabile misurata rispetto a valori di riferimento, qualunque sia la direzione causata da
tale alterazione (es. aumento o diminuzione dell’abbondanza media di una specie).
In generale, quindi, l’identificazione di un effetto antropico esamina il modello
secondo cui l’intervento influenza le modalità di distribuzione e/o di abbondanza di
singole specie, oppure la struttura di popolamenti, attraverso l’analisi di specifiche
ipotesi che il modello genera: se è vero che l’intervento antropico ha effetto sugli
organismi, dovranno esserci differenze tra aree soggette all’intervento ed aree simili
di riferimento non esposte al particolare intervento in esame. L’analisi di una tale ipotesi, in apparenza semplice, è complicata dalla difficoltà di separare l’effetto dovuto
alla influenza umana da altre sorgenti che possono causare eterogeneità spaziale e
temporale nelle variabili misurate e, in certi casi, dalla difficoltà di identificare aree
di riferimento appropriate. Questi obiettivi possono essere perseguiti solo esercitando
considerevole rigore e logica nell’utilizzo dei principi di disegno di campionamento
e di analisi sperimentale di ipotesi.
È opportuno a questo proposito richiamare alla mente alcuni principi generali della
teoria del campionamento (si veda anche il Cap. 13). L’analisi di ipotesi relative ad
effetti antropici è basata su considerazioni probabilistiche e richiede inferenze di tipo
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
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statistico. Ciò deriva dal fatto che non è mai possibile eseguire tutte le misurazioni
teoricamente possibili della variabile in esame, qualunque essa sia. È quindi necessario eseguire un campionamento per ottenere una rappresentazione della distribuzione
a cui la variabile appartiene. Scopo del campionamento è quello di stimare i parametri rilevanti all’analisi delle ipotesi in esame (Cap. 6). Due sono i principali parametri
la cui stima è rilevante ai fini di valutare gli effetti antropici su organismi: la media
(parametro di locazione della distribuzione) e la varianza (parametro di dispersione).
Una volta identificata la variabile (o le variabili) rilevanti al problema, siano esse
misure di abbondanza di singole specie, di struttura di popolamenti, oppure misure
di eterogeneità nello spazio e nel tempo, è opportuno identificare il contesto spaziale
e temporale nel quale le misurazioni devono essere condotte. A questo scopo è di
primaria importanza identificare l’area ritenuta esposta a disturbo antropico (dove con
disturbo si intende una particolare forma di attività antropica, sia che essa causi un
impatto oppure no) ed opportune aree di riferimento non soggette a disturbo. Le aree
di riferimento devono contenere gli stessi popolamenti di quelle disturbate ed essere
rappresentative dello stesso tipo di ambiente. Dato che è poco plausibile ritenere che
possano esistere due aree perfettamente identiche di un dato ambiente, dal cui confronto dovrebbe scaturire la valutazione dell’effetto antropico, vedremo di seguito che
il disegno di campionamento dovrà incorporare più aree di riferimento per evitare
problemi di confusione spaziale (o pseudoreplicazione, da Hurlbert, 1984) e misure
ripetute nel tempo per la stima della variabilità temporale. Di seguito sono illustrate
le principali tappe che hanno caratterizzato lo sviluppo dei disegni di campionamento
per la valutazione di effetti antropici sulla base dei principi sopra esposti.
14.3 Disegni BACI (Before/After-Control/Impact) e loro evoluzione
Idealmente, un’indagine ambientale dovrebbe essere progettata e commissionata
prima della attuazione di un qualunque intervento antropico, sia esso una potenziale
causa di impatto per gli organismi sia che si tratti di un progetto di mitigazione. In
queste circostanze è possibile esaminare un sistema prima e dopo l’intervento, fornendo le basi logiche per valutare possibili relazioni causa-effetto fra intervento e
caratteristiche biotiche del sistema esaminato. I disegni di campionamento di seguito
illustrati sono stati sviluppati per la valutazione di impatto antropico e trovano applicazione in questi casi specifici. Vedremo tuttavia quali alternative sono possibili
quando dati antecedenti l’intervento non sono disponibili. È importante puntualizzare
fin da ora che il monitoraggio sperimentale di ambienti chiave può fornire dati relativi alla condizione antecedente un potenziale impatto anche qualora non vi sia una
pianificazione specifica dell’intervento.
I primi disegni di campionamento per la valutazione di impatto si basavano sul
confronto tra l’area disturbata (quella soggetta all’intervento antropico) ed un’area di
controllo, entrambe campionate una volta prima ed una volta dopo l’intervento (Fig.
1A,B). Questo approccio, denominato procedura BACI (Before/After-Control/Impact)
(Green, 1979) e derivato dalla “intervention analysis” dove veniva esaminato il solo
sito disturbato prima e dopo l’intervento (Box e Tiao, 1975), non è corretto per isolare l’effetto antropico in quanto vi sono problemi sia di confusione spaziale che di
confusione temporale. Due aree di uno stesso ambiente, per quanto simili in apparenza, possono infatti ospitare popolamenti la cui struttura è determinata da processi
che operano in modo diverso nello spazio e nel tempo, per cui eventuali differenze
tra aree non sono necessariamente ascrivibili ad un effetto antropico. In altre parole,
L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
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i popolamenti possono differire tra le due aree per l’effetto antropico oppure perché
altri processi ecologici operano in modo eterogeneo nello spazio, senza possibilità
alcuna di discriminare fra queste due alternative. Analogamente, il disegno di campionamento confonde la variabilità temporale fra il periodo prima ed il periodo dopo
l’intervento con la variabilità tra data e data. In queste circostanze non è possibile
stabilire se le differenze osservate tra le due date esaminate (una prima ed una dopo
l’intervento) sono rappresentative dei due periodi comparati, oppure se differenze
temporali di entità analoga potrebbero sussistere anche tra date campionate all’interno
di uno stesso periodo. Due sono le possibili conseguenze di questi problemi: (1) si
evidenzia un impatto che di fatto non esiste (Fig. 1A), oppure (2) un impatto può
effettivamente sussistere ma non essere evidenziato (Fig. 1B).
Un’evoluzione del disegno precedente consiste nel replicare le misure in più date
prima ed in più date dopo l’intervento, sia nell’area potenzialmente impattata che in
un’area di controllo (Fig. 1C). In questo caso le date sono scelte in modo casuale
all’interno di ciascun periodo con lo scopo di rappresentare il periodo in modo adeguato. Questa alternativa, denominata procedura BACIP (Before/After-Control/Impact
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Disturbato
Controllo
A
Abbondanza
Prim�
Ba
Dopo
Prima
Dopo
Prima
Dopo
C
Fig. 1 - Disegni di campionamento inadeguati per la identificazione di impatto antropico. La freccia indica l’insorgenza di intervento antropico che rappresenta una potenziale causa di impatto. Si veda il testo per
ulteriori dettagli.
Fig. 1. Benedetti-Cecchi et al.
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
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Paired Series) (Stewart-Oaten et al., 1986), risolve solo uno dei problemi del caso
precedente. La variabilità temporale è misurata in modo corretto: se esiste una differenza tra il periodo prima ed il periodo dopo l’intervento, l’entità di tale differenza
deve essere maggiore della variabilità tra le date nei due periodi; la variabilità tra
date fornisce quindi il termine di paragone appropriato per esaminare possibili differenze tra periodi. Il fattore spaziale rimane tuttavia confuso in questo disegno di campionamento. Anche se la differenza tra l’area disturbata e l’area di riferimento varia
tra il prima ed il dopo l’intervento, non è possibile separare l’effetto dell’intervento
dalla influenza di altri fattori che rendono le due aree intrinsecamente diverse.
Per risolvere anche il problema spaziale occorre confrontare l’area disturbata
con più aree di riferimento campionate più volte prima e più volte dopo l’intervento, utilizzando lo stesso numero di repliche in ciascuna area ed in ciascuna data
(Fig. 2). Le aree di riferimento devono essere scelte in modo casuale da una popolazione statistica di possibili controlli. L’obiettivo è quello di misurare la variabilità
naturale fra aree in assenza del particolare disturbo antropico esaminato. I controlli
forniscono la misura di variabilità tra aree in assenza di impatto. Se l’intervento
non causa un impatto, anche l’area disturbata sarà di fatto un controllo e non
aggiungerà nessuna componente di variabiltà rilevante. Se invece l’impatto sussiste, esso causerà una differenza tra l’area disturbata ed il valore medio delle aree
di riferimento aggiungendo così una componente di variabilità significativa rispetto
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alla variabilità tra controlli (stimata dalle aree di riferimento). Ciò permette
di definire in modo oggettivo e quantitativo un impatto: un impatto è identificabile come
una variazione tra il prima ed il dopo l’insorgenza di un intervento antropico nelle
Disturbato
Controll�
Abbondanza
Prima
Dopo
Fig. 2 - Disegno BACI evoluto per l’analisi di impatto. La procedura si basa sul confronto tra il sito disturbato e
siti di riferimento multipli campionati in più date prima e più date dopo l’intervento antropico (indicato
dalla freccia).
differenze tra area disturbata ed aree di riferimento. È da notare che questa definizione ammette differenze naturali tra aree in un dato ambiente; tuttavia, se tali
differenze sono alterate in concomitanza di un intervento antropico, ciò può essere
ragionevolmente interpretato come evidenza di impatto. Infatti, un tale risultato
indicherebbe che in concomitanza con l’intervento è accaduto qualcosa nell’area
disturbata che è estraneo alle aree di riferimento e che risulta inatteso sulla base
della variabilità da queste stimata. Questo tipo di disegno di campionamento è una
evoluzione delle procedure BACI sopra illustrate (Beyond BACI, Underwood 1991,
1992, 1993) ed aumenta la confidenza nella identificazione di relazioni causaeffetto tra disturbo antropico e risposta delle popolazioni naturali.
Fig. 2. Benedetti-Cecchi et al.
L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
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14.4 Metodi analitici per l’analisi dei disegni BACI evoluti
Le tecniche analitiche per l’analisi dei dati ottenuti da un disegno BACI nella
forma più evoluta sono complesse e si basano sull’analisi della varianza nel caso
che le ipotesi siano relative ad una singola variabile (es. la densità di una specie).
A titolo illustrativo si riporta in Tab. 1 l’analisi della varianza relativa al disegno
di campionamento sopra menzionato. L’analisi è asimmetrica in quanto vi è una
sola area disturbata da comparare con più aree di controllo. Ulteriori dettagli per lo
sviluppo di analisi asimmetriche saranno forniti di seguito (Esempio 2. Aree Marine
Protette: misure di efficacia e monitoraggio ambientale). Con la stessa logica è possibile espandere il modello per esaminare impatti ed altre influenze di natura antropica
a molteplici scale spaziali e temporali. Lo sviluppo di tali procedure è illustrato in
Underwood (1992).
Tra le numerose sorgenti di variabilità riportate in Tab. 1, due sono quelle maggiormente rilevanti ai fini di una analisi di impatto. Il test D (Dopo) x I permette di
stabilire se le differenze tra il sito disturbato e la media dei controlli variano da data
a data dopo l’intervento. Ciò evidenzia un impatto che modifica l’abbondanza della
popolazione esaminata (nel caso sia questa la variabile considerata) su piccola scala
temporale. Il test P x I permette di esaminare l’ipotesi di impatto su scala temporale
più ampia. Esso valuta se le differenze tra il sito potenzialmente impattato e la media
dei controlli variano tra prima e dopo l’impatto. Se il test risulta significativo si può
Tab. 1. Analisi della varianza per identificare impatti su popolazioni naturali secondo un
Tab. 1 - Analisi
della varianza
per identificare
impatti
su popolazioni
naturali
disegno
di campionamento
BACI
evoluto.
Spiegazioni
nelsecondo
testo. un disegno di campionamento
BACI evoluto. Spiegazioni nel testo.
Sorgente di variabilità
g.l.
Prima vs dopo
=P
1
Date(P)
= D(P)
2(d-1)
Aree
=A
a-1
Imp. vs Cont.
=I
1
Tra Cont.
=C
a-2
PxA
a-1
1
PxI
PxC
a-2
D (P) x A
2(d-1)(a-1)
(d-1)(a-1)
D(Prima) x A
d-1
D(Prima) x I
D(Prima) x C
(d-1)(a-2)
D(Dopo) x A
(d-1)(a-1)
D(Dopo) x I
d-1
D(Dopo) x C
(d-1)(a-2)
Residuo
2da(n-1)
2dan-1
Totale
d
=
numero
di
date
in
ciascuna
condizione
prima
e dopo�
d = numero di date in ciascuna condizione prima e dopo
(controlli + area impattata)�
= (controlli
numero+ di
a = numero di a
aree
areaaree
impattata)
n = numero di n
repliche
in ciascuna
area
= numero
di repliche������������������
19
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
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concludere che tale divergenza insorge in concomitanza con l’intervento. Ciò evidenzia un impatto che genera differenze tra il sito disturbato ed i controlli persistenti nel
tempo (cioè per tutto il periodo “Dopo”). Altri test statistici possono essere costruiti
per esaminare ipotesi di impatto da una analisi quale quella riportata in Tab. 1. Per
una discussione dettagliata si rimanda ad Underwood (1993).
È opportuno rilevare che l’analisi della varianza si basa su importanti assunzioni
che devono essere rispettate affinché i risultati possano essere interpretati in modo
corretto (Cap. 13). Tale metodo di analisi risulta tuttavia uno strumento importante
in quanto fornisce un metodo analitico che perfettamente si adatta ai requisiti logici
necessari per una corretta valutazione delle influenze antropiche sull’ambiente. In
ultima analisi, qualunque sia la procedura preferita per il trattamento dei dati, è
opportuno che i dati siano raccolti con una visione chiara delle ipotesi in esame e
del disegno di campionamento appropriato per risolvere i vari problemi di confusione
spaziale e temporale. Garantito ciò, la scelta della tecnica analitica da utilizzare è un
problema secondario.
Nessuna procedura, per quanto sofisticata sia, potrà risolvere problemi di logica
nella fase di acquisizione dei dati. Un disegno di campionamento confuso non potrà
mai fornire una risposta logicamente accettabile alla domanda in esame, indipendentemente dalla procedura utilizzata per l’analisi dei dati.
La valutazione di influenze antropiche su organismi si avvale anche di metodi di
analisi multivariata. Tali metodi esaminano ipotesi relative ad effetti sulla struttura
dei popolamenti anziché su singole popolazioni. Vi sono numerose procedure di analisi multivariata a disposizione degli ecologi (Legendre e Legendre, 1998), ma non
esistono metodi in grado di gestire dati strutturati in modo complesso come, ad esempio, quelli originati da un disegno di campionamento BACI evoluto. Metodi statistici
multivariati come l’analisi della varianza multivariata (MANOVA) sono ampiamente
utilizzati in ecologia, ma tali procedure si basano su assunzioni che non sono generalmente soddisfatte dai dati ecologici.
Infatti, l’assunzione che richiede una distribuzione multivariata normale dei dati
non è realistica per misure di abbondanza di organismi (Anderson, 2001). Ancor
meno realistica è l’assunzione di omogeneità delle matrici di varianza-covarianza,
secondo cui le differenze tra trattamenti devono rimanere invariate per tutte le osservazioni non indipendenti presenti nella analisi.
Negli ultimi venti anni è stato pubblicato un elevato numero di lavori in cui l’effetto di influenze antropiche sulla struttura di popolamenti è stato esaminato mediante
tecniche multivariate di ordinamento e di analisi delle similarità. Un ordinamento è
una mappa dei campioni, di solito rappresentata in due o tre dimensioni, in cui la
posizione dei campioni riflette le similarità del popolamento.
La tecnica del “non-metric Multi Dimensional Scaling” (nMDS) è molto utilizzata
nei lavori di valutazione di influenze antropiche sui popolamenti costieri. Alla base
di questa procedura vi è un algoritmo numericamente complesso ma concettualmente
molto semplice.
L’analisi inizia da una matrice triangolare di similarità (o di dissimilarità) calcolata fra coppie di campioni derivanti da una matrice n x m, dove n rappresenta il
numero di specie ed m il numero di campioni. La similarità si esprime convenzionalmente in una scala da 0 (se due campioni sono totalmente diversi) a 100 % (se sono
totalmente simili). Il fine dell’nMDS applicato alla matrice di similarità è quello di
costruire una mappa o “configurazione” del campione, in un numero specificato di
dimensioni, in modo che l’ordine dei ranghi delle distanze tra i campioni sulla mappa
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L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
rifletta l’ordine dei ranghi dei valori di similarità (o dissimilarità) presi dalla matrice
triangolare (si veda l’esempio in Fig. 4).
La similarità (o dissimilarità) tra campioni viene comunemente calcolata tramite
il coefficiente di similarità di Bray-Curtis (1957), misura ampiamente utilizzata in
ecologia ed in genere ritenuta più appropriata per rappresentare variabili biologiche
rispetto alle misure di distanza Euclidea, su cui si basano altri metodi multivariati
anch’essi di uso comune nelle indagini ecologiche, come l’analisi delle componenti principali (PCA) e l’analisi delle corrispondenze canoniche (CCA) (Legendre
e Legendre, 1998). È da notare, tuttavia, che esistono molti indici di similarità/
dissimilarità potenzialmente utili per gli ecologi, oltre a quello di Bray-Curtis e alle
misure di distanza Euclidea (Legendre e Legendre, 1988), ma si tratta di alternative
poco esplorate al momento.
Pur rimanendo validi i criteri logici di cui sopra, la tecnica di ordinamento
nMDS, a differenza dell’analisi della varianza, può essere applicata a disegni
non bilanciati (diverso numero di unità di campionamento per trattamento) e non
richiede l’assunzione di normalità. La procedura, tuttavia, non permette l’analisi
formale di ipotesi, ma solo una rappresentazione grafica delle similarità (o dissimilarità) tra campioni in uno spazio bidimensionale. La trasformazione dei dati ha
qui un significato diverso rispetto al valore che assume nel caso dell’analisi della
varianza.
Nelle procedure univariate i dati sono trasformati per assecondare le assunzioni
di normalità e di omogeneità delle varianze. La procedura di ordinamento nMDS
non ha queste assunzioni e la trasformazione dei dati ha lo scopo di ridurre il peso
delle specie numericamente molto abbondanti rispetto alle specie rare. Vi è dunque
una ragione ecologica e non statistica che può far decidere di analizzare dati trasformati anziché i dati originari.
Se è possibile rappresentare in uno spazio bidimensionale dati di natura multivariata provenienti da disegni di campionamento complessi quali quelli necessari per
una corretta analisi di impatto antropico, più difficile è eseguire un’analisi formale
di ipotesi multivariate su tali dati. L’ANOSIM (si veda il Cap. 13) è una procedura
che permette l’analisi di ipotesi multivariate limitatamente ad uno o a due fattori.
Pur rappresentando un metodo di analisi molto utile in molti studi ecologici, tale
procedura non permette tuttavia la scomposizione della variabilità attraverso le varie
sorgenti di cui è composto un disegno sperimentale (o di campionamento) complesso
e non permette di analizzare interazioni tra fattori in un contesto multivariato (Clarke,
1993). Di conseguenza, per disegni sperimentali elaborati, è necessario condurre analisi separate per ciascuna delle ipotesi in esame, comparando il sito disturbato ed i
controlli separatamente per le date del periodo prima e per le date del periodo dopo.
La valutazione di impatto sarà quindi basata su un confronto qualitativo dei risultati
ottenuti dalle diverse analisi.
Tra le varie tecniche di analisi multivariata disponibili, quella che a nostro parere
sembra avere le maggiori potenzialità di applicazione in studi di impatto basati su
disegni complessi è la NPMANOVA (Anderson, 2001). Questa procedura, presentata
brevemente nel Cap. 13, è in grado di ripartire la variabilità algebrica in base alle
diverse sorgenti incluse nello studio e può quindi essere applicata a disegni BACI
evoluti permettendo l’analisi di ipotesi analoghe a quelle rappresentate in Tab. 4, ma
in un contesto multivariato. La mancanza di software commerciale preclude per il
momento l’impiego diffuso di questa procedura, ma le potenzialità di sviluppo sono
considerevoli.
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
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14.5 Analisi di ambienti chiave e studio di impatti esistenti
Non sempre esistono dati antecedenti l’insorgenza di un disturbo antropico in una
data area. Quali sono le alternative disponibili per una analisi di effetto antropico
in queste circostanze? Indipendentemente dalla insorgenza di impatti è necessario il
monitoraggio di popolazioni naturali in zone dove verosimilmente un impatto potrà
insorgere (ambienti chiave). Le zone costiere, ad esempio, comprendono diverse tipologie di ambiente con elevata probabilità di essere sottoposti ad un impatto di qualche
tipo (scarichi industriali ed urbani, costruzione di moli, dighe e porti, ecc.). In questo
caso sarebbe opportuno individuare delle aree dove eseguire il monitoraggio sperimentale (dove l’aggettivo “sperimentale” enfatizza la necessità di una chiara struttura
logica) delle popolazioni naturali, al fine di stimarne la variabilità spaziale e temporale. L’unico accorgimento è quello di scegliere le aree in modo randomizzato. Ciò
permette l’utilizzo della procedura BACI evoluta nel caso che un’area qualunque di
quel particolare ambiente, in quella particolare regione geografica dove il monitoraggio viene eseguito, sia disturbata. Ciò è possibile anche se l’area disturbata non è tra
quelle monitorate, in quanto la naturale variabilità tra aree è correttamente stimata dal
campione di aree scelto in modo casuale. Un diverso campione (purché selezionato in
modo casuale dalla popolazione di possibili aree) avrebbe fornito la stima dello stesso
parametro della popolazione: la varianza tra aree. Quindi, il monitoraggio di ambienti
chiave permette l’utilizzo di procedure BACI evolute qualora un disturbo antropico
insorga in una qualunque delle aree dell’ambiente considerato. Il monitoraggio fornisce le stime di abbondanza delle popolazioni nei controlli prima e dopo l’intervento.
A questo occorrerà aggiungere i dati relativi all’area potenzialmente impattata nel
periodo successivo all’intervento.
Le circostanze in cui un intervento, potenziale causa di impatto, possa essere programmato o sia in corso di esecuzione, possono essere considerate come esperimenti
dove l’intervento rappresenta il trattamento. L’analisi di impatti esistenti permette di
stimare le varianze spaziali e temporali e le loro interazioni (ad esempio il termine
Date (Dopo) x I nel disegno BACI evoluto), che saranno utili per impostare disegni
di campionamento futuri dotati di una potenza statistica adeguata per evidenziare
impatti di entità specificata (Benedetti-Cecchi, 2001a). L’analisi di impatti esistenti
permette inoltre di esaminare la risposta di un sistema biologico ad un particolare
tipo di intervento. Ciò è importante per fare previsioni sugli effetti di uno stesso
intervento in applicazioni future, oppure sulle capacità di recupero delle popolazioni
naturali una volta che la causa di impatto venga rimossa. Ciò ha evidenti implicazioni
in termini gestionali ed in particolare per la conservazione delle risorse biologiche ed
il ripristino di ambienti degradati.
14.5.1 Metodi per la valutazione dell’impatto di strutture artificiali in ambienti
costieri
Le strutture artificiali sono frequenti negli ambienti costieri marini di tutto il
mondo, e la loro abbondanza è in tendenziale aumento (Collins et al., 1994; Glasby
e Connell, 1999). Queste strutture sono utilizzate per una varietà di scopi, che includono attività marittime ed urbane, la difesa delle coste dall’erosione, l’estrazione di
olio e gas e attività di acquacultura e, in anni recenti, sono state considerate uno strumento potenzialmente utile per aiutare a controllare le attività di pesca, incrementare
la produttività di specie di elevato valore commerciale e per mitigare i danni causati
dalle perdite di habitat rocciosi naturali (Bohnsack e Sutherland, 1985; Pickering et
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L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
al., 1998). Nonostante la crescente proliferazione di strutture artificiali costiere e
nonostante la loro costruzione abbia spesso determinato drammatici deterioramenti
della qualità delle aree marine costiere (IDROSER, 1996; Cencini, 1998), sorprendentemente poche ricerche hanno valutato come gli organismi marini rispondano al
posizionamento di queste strutture (Turner et al., 1969; Davis et al., 1982; Connell e
Glasby, 1999; Bacchiocchi e Airoldi, 2003). Nella maggior parte dei paesi sviluppati
è attualmente pratica comune, ed in molti casi obbligatoria, lo svolgimento di una
qualche forma di valutazione di impatto ambientale prima che lo sviluppo urbano sia
realizzato.
La valutazione degli impatti dopo che le opere sono state realizzate è, tuttavia,
effettuata molto raramente, limitando pertanto la conoscenza dei reali cambiamenti
indotti sui popolamenti e sugli habitat costieri.
In questo esempio illustreremo i principali problemi e le principali metodologie
utilizzate nell’affrontare la valutazione dell’impatto delle strutture artificiali costiere.
In generale, possono essere individuati vari tipi di impatti indotti dalla presenza di
strutture artificiali che includono effetti sulla qualità e la produttività delle acque,
effetti sui fondali circostanti e sui popolamenti che li colonizzano, effetti su organismi mobili, quali pesci, ed effetti legati alla introduzione di specie bentoniche di
fondi duri, prima non presenti, che colonizzano le strutture stesse. Il presente esempio
si concentra su quest’ultimo tipo di impatto. In particolare, la costruzione di strutture
ha come risultato la frammentazione e la distruzione di habitat naturali e la loro sostituzione con substrati artificiali di fondi duri. Questi vengono a loro volta colonizzati
da nuovi popolamenti di alghe ed animali che possono avere importanti effetti, percepiti come negativi o positivi, sulle aree marine costiere. Un esempio di effetti che
vengono generalmente percepiti come positivi è l’incremento della biomassa di specie
sessili di elevato valore commerciale, quali, ad esempio, i mitili (Collins et al., 1994;
Relini et al., 1998; Page et al., 1999). Al contrario, esempi di effetti potenzialmente
negativi includono l’aumento di biomassa di alghe verdi effimere, quali Ulva spp.
ed Enteromorpha spp., che vengono spiaggiate creando quindi disagi per il turismo
balneare, o la possibile espansione dell’area di distribuzione di specie introdotte.
L’approccio alla valutazione ed alla quantificazione degli impatti delle strutture artificiali costiere sulla distribuzione dell’epibenthos sessile si differenzia dal
normale approccio all’analisi di impatti in quanto generalmente non è possibile
utilizzare un disegno di tipo BACI evoluto. Prima della costruzione della struttura,
infatti, il popolamento non è presente ed un sito di controllo sarebbe caratterizzato
dall’assenza del popolamento stesso. L’analisi, quindi, è necessariamente limitata al
periodo successivo l’insorgenza del disturbo antropico. Varie sono le domande che
possono essere esaminate in forma di ipotesi: quali specie colonizzano le strutture
artificiali costiere e come sono distribuite? Le specie che colonizzano le strutture
artificiali sono le stesse che sarebbero presenti in ambienti rocciosi naturali? Come
procede nel tempo la colonizzazione di queste strutture? Quali caratteristiche delle
strutture artificiali costiere influenzano maggiormente la colonizzazione delle
specie? Come avviene la dispersione delle specie tra gli ambienti rocciosi naturali
e le strutture artificiali costiere? Quanto contribuiscono i popolamenti delle strutture artificiali costiere alla diversità a livello regionale dei popolamenti costieri?
Di seguito riportiamo alcuni esempi pratici relativi alle metodologie quantitative
sperimentali utilizzate per affrontare le prime due domande, che sono probabilmente le prime da considerare in una valutazione di impatto delle strutture artificiali sulla distribuzione dell’epibenthos di fondo duro.
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
495
14.5.1.1 Analisi quantitativa della distribuzione delle specie bentoniche
associate alle strutture artificiali costiere
Il primo passo per la valutazione dell’impatto di strutture artificiali sulla distribuzione del benthos di fondi duri è rappresentato dall’analisi quantitativa della composizione, abbondanza e distribuzione delle specie che colonizzano queste strutture.
L’analisi della distribuzione spaziale delle specie può essere effettuata in maniera
analoga e con metodologie simili a quelle utilizzate per lo studio dei popolamenti
bentonici di fondi duri naturali. Questo aspetto viene generalmente affrontato utilizzando disegni di campionamento che coprono un ampio spettro di scale spaziali,
ad esempio da alcuni metri alle centinaia di chilometri (Andrew e Mapstone, 1987;
Airoldi, 2001). I dati possono quindi essere analizzati utilizzando modelli gerarchici
(nested) di analisi della varianza, che permettono di stimare indipendentemente i
valori di variabilità associati a ciascuna scala spaziale coperta dallo studio e di valutare il contributo delle diverse scale spaziali alla variabilità complessiva del popolamento (Underwood e Chapman, 1996). L’utilizzo di programmi di campionamento di
questo tipo permette di identificare, se esistono, le scale caratteristiche di variabilità
per le variabili misurate, permettendo così di identificare i processi ecologici potenzialmente importanti nell’influenzare la distribuzione delle specie (ad esempio fattori
comportamentali che agiscono su piccola scala spaziale influenzando la distribuzione
di specie con una dispersione limitata, oppure variazioni su larga scala dei processi
di reclutamento e/o di mortalità).
Lo stesso approccio può essere utilizzato per lo studio della distribuzione dell’epibenthos su strutture artificiali costiere. In questo caso, tuttavia, è importante tenere
presente che la scelta della scala è condizionata dall’arrangiamento spaziale delle
strutture stesse, cioè dalla loro localizzazione. Per esempio, lungo le coste italiane del
Nord Adriatico, sono in corso marcati processi di erosione costiera che hanno determinato, negli ultimi 30 anni, il proliferare di schemi di strutture adibite alla protezione dei litorali: questi schemi generalmente consistono in sequenze di varie strutture
frangiflutti lunghe circa 70-100 m e distanziate le une dalle altre circa 20 m. Pertanto,
un disegno di campionamento gerarchizzato focalizzato allo studio della struttura del
benthos associato a questi tipi di strutture, dovrebbe probabilmente includere almeno
tre scale spaziali: 1) una scala spaziale piccola corrispondente alla distanza tra repliche all’interno di una singola struttura, 2) una scala spaziale media, corrispondente
alla distanza tra diverse strutture frangiflutto in una stessa località costiera e 3) una
scala spaziale grande corrispondente alla distanza tra località caratterizzate dalla presenza di schemi di strutture di difesa costiera. Un esempio di applicazione di disegni
di campionamento di tipo gerarchizzato all’analisi della distribuzione di specie su
strutture artificiali costiere è riportato in Fig. 3, mentre i risultati dell’analisi statistica
corrispondente sono sintetizzati in Tab. 2. I metodi utilizzati per campionare l’epibenthos sessile sono gli stessi tradizionalmente utilizzati per campionare l’epibenthos di
fondi duri (vedere ad esempio Cap. 6). Al fine di garantire l’efficienza delle ricerche
sul campo ed una corretta ripartizione delle risorse disponibili, è buona norma che
qualsiasi programma di monitoraggio sperimentale sia preceduto da uno studio pilota,
che consenta di individuare la dimensione dell’unità di campionamento che massimizza l’accuratezza e la precisione in funzione dei costi e dell’eterogeneità spaziale
del popolamento, nonché il numero di repliche che permette di ripartire in modo
ottimale lo sforzo di campionamento su diverse scale spaziali. Procedure standard per
la valutazione delle strategie ottimali di campionamento sono illustrate in Andrew e
Mapstone (1987), Benedetti-Cecchi et al. (1996) e Underwood (1997). Negli studi sui
496
L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
Fig. 3 - Campionamento multiscala effettuato in maggio 2000 lungo circa 400 km di coste del Mare Nord Adriatico (da Airoldi et al. dati non pubblicati). Gli scopi della ricerca erano: 1) caratterizzare la composizione
e la struttura dei popolamenti intermareali associati ad opere di difesa costiere in quell’area e 2) identificare le principali scale di discontinuità nella distribuzione delle specie dominanti. Il campionamento è
stato effettuato in 8 località indicate dalle frecce nella figura. In ciascuna località il campionamento è stato
effettuato su 4 strutture di difesa scelte casualmente (strutture). Per ciascuna struttura sono stati effettuati
10 campionamenti in quadrati di 20 x 20 cm localizzati casualmente sul lato a mare delle strutture. In
ciascun quadrato l’abbondanza delle specie sessili dominanti è stata stimata mediante il metodo visivo.
26
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
497
popolamenti delle strutture artificiali va dedicata maggiore attenzione alla scelta delle
dimensioni dell’unità di campionamento, in quanto queste risentono delle dimensioni
e delle caratteristiche della struttura stessa. In un recente studio effettuato lungo le
coste del Nord Adriatico, ad esempio, sono state utilizzate analisi costi-benefici per
individuare le dimensioni ottimali dell’unità di campionamento. I risultati hanno suggerito che i quadrati di 50 x 50 cm erano le unità di campionamento più efficienti
seguite dai quadrati di 20 x 20 cm. Tuttavia, poiché i quadrati di 50 x 50 cm erano
spesso di dimensioni maggiori degli stessi massi utilizzati per costruire le strutture
20
frangiflutto in quell’area, i quadrati di 20 x 20 cm sono stati quelli di fatto utilizzati
nel programma di campionamento.
Tab.
scale
spaziali
illustrato
in in
Fig.
3.
Tab. 2.
2 -Esempio
Esempiodidianalisi
analisidella
dellavarianza
varianzaper
perlolostudio
studiodella
dellavariabilità
variabilitàa molteplici
a molteplici
scale
spaziali
illustrato
Fig.
Le scale 3.
coperte
dallo
studiodallo
erano:
1) piccola
(dapiccola
1 a 30(da
m) 1corrispondente
alla distanza
repliche
ciascuna
Le scale
coperte
studio
erano: 1)
a 30 m) corrispondente
alla tra
distanza
tra su
repliche
su
struttura, ciascuna
2) mediastruttura,
(da alcune
decine
alcune
centinaia
di metri)
corrispondente
alla distanza alla
tra distanza
strutture tra
in
2) media
(daadalcune
decine
ad alcune
centinaia
di metri) corrispondente
ciascuna strutture
località ein3)ciascuna
grande località
(da decine
centinaia
chilometri)
corrispondenti
alla distanza
tra diverse
località.
e 3)a grande
(dadidecine
a centinaia
di chilometri)
corrispondenti
alla distanza
L’esempio
illustrato
riguarda
i dati qui
di ricoprimento
percentuale
di ricoprimento
Enteromorphapercentuale
intestinalis.diIEnteromorpha
fattori inclusi
traqui
diverse
località.
L’esempio
illustrato riguarda
i dati di
nell’analisi
sono: Località
(8 inclusi
località,nell’analisi
random) e sono:
Struttura
(4 strutture,
random,
nested
in Località).
Le località
sono
intestinalis.
I fattori
Località
(8 località,
random)
e Struttura
(4 strutture,
random,
codificatenested
comeininLocalità).
Fig. 1. ns
non-significativo,
***come
= p<0,001.
dati
sono stati trasformati
una
Le =località
sono codificate
in Fig. 3.I ns
= non-significativo,
*** =utilizzando
p<0,001. I dati
trasformazione
angolare.
Dopo utilizzando
l’analisi, le una
medie
dei gruppi sono
state confrontate
a posteriori
utilizzando
il test
di
sono stati
trasformati
trasformazione
angolare.
Dopo l’analisi,
le medie
dei gruppi
sono
Ryan. state confrontate a posteriori utilizzando il test di Ryan.
Fonti di
variabilità
g.l.
M.S.
Località = Lo
Struttura (Lo)
Residuo
7
24
288
16873,1
321,08
333,29
F
52,55
0,96
test Q di Rayan per confronti multipli
***
ns
CB>LN=SI>CAV>CE=GA=SE=NU
Un altro problema è rappresentato dalla scelta della localizzazione adeguata delle
unità di campionamento. Le strutture artificiali possono rappresentare microambienti
molto diversificati su piccola scala spaziale, data la variabilità delle condizioni abiotiche in questo sistema e date le caratteristiche della struttura stessa. Ad esempio,
il lato a mare delle strutture di difesa costiere presenta caratteristiche molto diverse
rispetto al lato di terra, sia in termini di condizioni idrodinamiche che di esposizione
ad agenti atmosferici oppure di intensità di disturbo antropico. Pertanto, localizzare
le repliche in modo casuale intorno alla struttura può comportare l’introduzione di
una variabilità su piccola scala spaziale (tra repliche) eccessivamente elevata, tale da
mascherare eventuali andamenti distributivi ad altre scale spaziali. A seconda dell’ipotesi in esame può essere preferibile stratificare il campionamento scegliendo di
esaminare soltanto un tipo di microambiente (ad esempio lato a mare esposto oppure
lato interno riparato), oppure di esaminare le possibili differenze tra microambienti
campionando i popolamenti nelle varie condizioni con repliche indipendenti, includendo così il microambiente come fattore nell’analisi (Bacchiocchi e Airoldi, 2003).
14.5.1.2 Analisi delle differenze tra popolamenti di strutture artificiali e
popolamenti di fondi rocciosi naturali
Una problematica rilevante connessa con la valutazione degli effetti relativi
all’introduzione di strutture artificiali costiere è rappresentata dall’analisi di quanto i
popolamenti ad esse associati siano rappresentativi dei popolamenti che colonizzano
498
L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
substrati rocciosi naturali. In molti casi l’assunzione esplicita o implicita è che la
costruzione di habitat artificiali, favorendo lo sviluppo di specie di fondi duri, abbia
effetti “positivi” soprattutto in quelle aree dove gli habitat rocciosi naturali scarseggiano o sono minacciati. Risultati di studi recenti suggeriscono tuttavia che gli habitat artificiali non possono essere considerati equivalenti agli habitat rocciosi naturali
(vedere la recente review di Glasby e Connell, 1999). Al contrario, l’aggiunta di habitat artificiali può risultare nell’introduzione nell’ambiente di habitat “non naturali”
che vengono colonizzati da specie che possono avere importanti effetti sui popolamenti naturali circostanti. Le conseguenze al momento sono difficilmente prevedibili,
anche a causa delle scarse conoscenze sulle risposte degli organismi di fondi rocciosi
al posizionamento di strutture artificiali costiere.
L’ipotesi che i popolamenti associati a strutture artificiali siano simili a quelli associati ad ambienti rocciosi naturali può essere valutata confrontando la composizione e
l’abbondanza di specie che colonizzano strutture artificiali con quelle di popolamenti
presenti su aree rocciose naturali di riferimento. Un esempio di questo tipo di approccio si può trovare in Glasby (1999): questo autore ha confrontato popolamenti di
ambiente subtidale che crescevano sui piloni dei moli e su superfici verticali rocciose
circostanti in vari porticcioli turistici nella baia di Sydney (Australia). Glasby (1999)
ha osservato che i piloni rappresentavano un ambiente molto diverso dalle superfici
rocciose naturali in quelle aree, ed ha concluso che questi nuovi ambienti di origine
antropica erano potenzialmente molto diversi da un punto di vista ecologico rispetto
agli ambienti naturali di fondo duro, con conseguenze potenzialmente importanti per
il sistema costiero urbano.
In alcuni casi individuare appropriati siti rocciosi naturali di riferimento può
essere difficile. Ad esempio, le strutture di difesa costiere sono spesso localizzate in
aree sabbiose, caratterizzate dalla assenza di strutture rocciose naturali. Pertanto il
confronto con vicini popolamenti naturali è pressoché impossibile. Il problema può
essere risolto estendendo l’area geografica oggetto di studio, includendo località dove
sono presenti strutture di difesa costiere relativamente vicine ad ambienti naturali
rocciosi.
Un esempio di questo approccio è fornito da una recente ricerca effettuata per
valutare se i popolamenti associati a strutture di difesa costiere nel Nord Adriatico
potevano essere considerati equivalenti a quelli di ambienti rocciosi naturali (Airoldi
et al., dati non pubblicati). In quell’area tuttavia, la costa è rappresentata da un
sistema di spiagge alluvionali lunghe più di 300 km, dove non sono presenti strutture
rocciose naturali di ambiente mediolitorale. Lo studio è stato pertanto esteso fino a
coprire un’area geografica di 400 km che va da Trieste fino ad Ancona, così da includere 3 località dove sono presenti strutture rocciose naturali e cioè Sistiana, Gabicce
e Numana (le località sono illustrate in Fig. 3). In ciascuna località sono state campionate 4 aree di substrato roccioso naturale e 4 aree sul lato esterno di strutture di
difesa costiera selezionate in modo casuale. In ciascuna area è stato stimato il ricoprimento percentuale delle specie sessili dominanti in 10 quadrati di 20 x 20 cm. I
dati sono stati analizzati utilizzando sia metodologie multivariate di ordinamento dei
dati (Fig. 4), sia analisi della varianza (Tab. 3).
Le analisi multivariate hanno rivelato un’elevata variabilità tra località. All’interno di ciascuna località erano inoltre visibili differenze tra popolamenti associati a
strutture di difesa e a strutture rocciose naturali. Le analisi univariate hanno confermato che la distribuzione delle specie cospicue del popolamento differiva tra habitat
naturali ed artificiali, anche se le differenze tra i due habitat talvolta non erano con-
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
499
sistenti tra le diverse località. L’analisi relativa al ricoprimento percentuale di alghe
21
filamentose, ad esempio, ha evidenziato differenze tra i due habitat solo nella località
di Gabicce (Tab. 3).
Tab. 3 - Esempio di analisi della varianza per il confronto tra popolamenti associati a strutture di difesa costiera e
Tab. 3. Esempio
di rocciosi
analisi della
varianza
per il confronto
tra popolamenti
associati
a strutture percentuale
di difesa costiera
ea
a substrati
naturali.
L’esempio
qui illustrato
riguarda i dati
di ricoprimento
di alghe
substrati filamentose.
rocciosi naturali.
L’esempio
qui illustratosono:
riguarda
i dati(3dilocalità,
ricoprimento
percentuale
di alghe filamentose.
I fattori
inclusi nell’analisi
Località
random),
Habitat (naturale
= nat, artifi-I
fattori inclusi
Località
(3 random,
località, random),
= nat,
= art,codificate
fisso) e Area
(4
ciale nell’analisi
= art, fisso)sono:
e Area
(4 aree,
nested inHabitat
Località(naturale
x Habitat).
Leartificiale
località sono
come
aree, random,
x Habitat).*Le
sono
come
Fig. 1. ns
= non-significativo,
*p<
in Fig.nested
1. nsin= Località
non-significativo,
p <località
0,05, **
= codificate
p< 0,01, ***
= in
p<0,001.
I dati
sono stati trasformati
0.05, ** utilizzando
= p< 0.01, una
*** trasformazione
= p<0.001. I dati
sono stati
trasformati
unagruppi
trasformazione
Dopo
angolare.
Dopo
l’analisi, utilizzando
le medie dei
sono stateangolare.
confrontate
a
l’analisi, posteriori
le medie dei
gruppi sono
state
confrontate a posteriori utilizzando il test SNK.
utilizzando
il test
SNK.
Fonti di
variabilità
g.l.
Località = Lo
Habitat = H
LxH
Area (Lo x H)
Residuo
2
1
2
18
216
M.S.
5.019 7,72
1.133 0,48
2.378 3,66
650
85
F
**
ns
*
7,64
test SNK
SI: nat = art
GA: nat > art
NU: nat = art
***
27
SI_N
SI_A
GA_N
GA_A
NU_N
NU_A
Fig. 4 - Plot risultante dall’analisi delle coordinate principali (MDS metrico) che
mostra i centroidi delle aree campionate
su strutture di difesa costiere (indicate
con la lettera A) e su substrati rocciosi
naturali (indicati con la lettera N) in
3 diverse località del Nord Adriatico
(SI = Sistiana, GA = Gabicce e NU =
Numana). Sono evidenti differenze tra i
popolamenti associati ad opere di difesa
costiere ed i popolamenti associati a
substrati rocciosi naturali e un’ampia
variabilità tra località.
14.5.2 Aree Marine Protette (AMP): misure di efficacia e monitoraggio ambientale.
Il recente riconoscimento del profondo impatto antropico sugli ambienti marini ha
portato ad
forte sviluppo
Fig.un
4. Benedetti-Cecchi
et al. delle politiche di salvaguardia e di gestione ambientale.
Uno dei mezzi di protezione che negli ultimi anni ha ricevuto maggiore attenzione
è quello delle AMP. L’utilità delle AMP è oggi generalmente riconosciuta sia negli
ambienti politici che in quelli scientifici, poiché la loro istituzione può offrire un tipo
di protezione non previsto da altre strategie di gestione: specifica protezione di aree
critiche, prevenzione dei fenomeni di sovrasfruttamento degli stock ittici, miglioramento della resa di pesca di tipo artigianale, possibilità di sviluppo socio-economicoculturale compatibile con le esigenze di protezione e salvaguardia dei patrimoni
naturali (Allison et al., 1998).
500
L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
Sino ad oggi la progettazione di AMP e la valutazione della loro eventuale efficacia é stata raramente supportata da rigorosi ed appropriati programmi di monitoraggio
(Lasiak, 1999; Garcia-Charton e Pérez-Ruzafa, 1999). In Mediterraneo, ad esempio,
i pochi tentativi di valutare l’efficacia di protezione nelle AMP non hanno ottenuto
chiare evidenze in parte anche a causa dell’utilizzo di disegni di campionamento
inadeguati che non hanno permesso di distinguere tra variabilità naturale e gli effetti
indotti dalla protezione (Fraschetti et al., 2002; Benedetti-Cecchi et al., 2003). Come
precedentemente descritto, i disegni di campionamento alla base dei programmi di
monitoraggio sperimentale sono stati sviluppati per esaminare il possibile effetto
negativo di attività antropiche sui sistemi costieri (Underwood, 1993; BenedettiCecchi, 2001a). La denominazione “impatto”, tuttavia, può denotare due diverse tipologie di effetto antropico. La prima, potenzialmente negativa, legata ad attività quali
frequentazione turistica, sviluppo urbano, inquinamento e pesca effettuata con mezzi
distruttivi; la seconda, potenzialmente positiva, conseguente l’istituzione di un’AMP.
In questo caso l’impatto, se esiste, è rappresentato dagli effetti che la protezione
svolge nel modificare le modalità di distribuzione spazio temporale delle popolazioni
protette rispetto a quelle non soggette a vincoli di protezione.
I disegni di campionamento di seguito proposti sono applicabili in particolare
ai popolamenti sessili di fondo duro in cui le abbondanze degli organismi possono
essere stimate con relativa semplicità. Procedure simili, tuttavia, possono essere estese
ed applicate allo studio di altri popolamenti (ad es. fauna ittica, Guidetti, 2002).
Nel caso in cui non vi sia replicazione dell’area sottoposta a protezione (es. una
sola zona a protezione totale per AMP denominata A), le procedure “BACI” evolute risultano adeguate al monitoraggio degli effetti della protezione. Tali procedure,
tuttavia, richiedono che i dati siano raccolti con lo stesso criterio prima e dopo l’intervento di protezione (l’istituzione dell’AMP) (Underwood, 1992). Tuttavia, nella
maggioranza dei casi non esistono dati antecedenti l’istituzione dell’AMP. In questo
caso è tuttavia possibile esaminare l’ipotesi secondo cui i popolamenti di una riserva
differiscono da quelli di aree di controllo simili non protette. Anche in questo caso
sarà necessario utilizzare controlli multipli per distinguere tra variabilità naturale ed
effetti indotti dall’intervento di protezione, analogamente a quanto descritto in precedenza per la valutazione di impatto antropico. Le modifiche al disegno “BACI”
evoluto per i casi in cui non ci sia disponibilità di dati antecedenti l’intervento sono
descritti in dettaglio da Glasby (1997).
Anche per la valutazione di effetti di AMP le aree di riferimento devono essere
scelte in modo randomizzato da una popolazione di potenziali controlli tra essi comparabili. Le AMP e le relative aree A, tuttavia, sono spesso scelte per le loro caratteristiche di unicità (ad esempio la presenza di particolari specie, hot spot di diversità,
aree di riproduzione) e l’individuazione di aree di riferimento appropriate può essere
difficoltosa (Glasby e Underwood, 1998).
La scelta delle aree di riferimento deve sottostare ai seguenti criteri (Underwood,
1992; Chapman et al., 1995; Glasby, 1998):
• non devono essere influenzati dalla protezione;
• devono avere le stesse caratteristiche di habitat di quelle dell’area protetta;
• devono essere scelte in base ad una scala spaziale in grado di coprire le potenzialità di dispersione delle popolazioni campionate;
• devono infine tenere conto di differenti scale spaziali nel caso in cui non sia
conosciuta la scala spaziale interessata dalla protezione.
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
501
15.5.2.1 Metodi di campionamento
Il campionamento condotto in immersione è quello in grado di fornire le migliori
informazioni nel l’ambiente sublitorale. Nelle AMP, il campionamento deve essere
preferibilmente di tipo non distruttivo. I dati possono essere raccolti tramite tecniche di “visual census” in situ oppure con un campionamento di tipo fotografico.
Entrambi i metodi comportano una diminuzione nella precisione tassonomica, per
cui l’attenzione é rivolta principalmente alle specie cospicue (sensu Hiscock, 1987)
e facilmente riconoscibili, mentre le specie epifite, criptiche o molto piccole sono di
difficile identificazione con queste procedure di campionamento.
Le stime di abbondanza dei diversi taxa (espresse come percentuale di ricoprimento del substrato o come densità di individui) sono riferite ad una specifica superficie di riferimento (Dethier et al., 1993; Cap. 6). Come discusso in precedenza, la
scelta della taglia delle unità di campionamento e del livello di replicazione dovrebbe
essere effettuata sulla base delle dimensioni delle specie studiate, del comportamento
e della loro distribuzione spaziale.
A questo scopo studi pilota sono di grande utilità per garantire un disegno di
campionamento efficiente ed una potenza adeguata dei test statistici utili per analizzare le ipotesi in esame (Gili e Ros, 1984; Andrew e Mapstone, 1987; Underwood,
1997; Benedetti-Cecchi, 2001a). Il campionamento fotografico risulta di particolare
utilità quando la profondità rende difficile la lunga permanenza sul fondo e/o in
mancanza di adeguate competenze tassonomiche. Roberts et al. (1994) hanno confrontato il metodo fotografico con il campionamento diretto condotto tramite stime
visive e hanno trovato che i due metodi hanno una efficienza paragonabile. Il metodo
fotografico, inoltre, fornisce un’unità di campionamento oggettiva (la fotografia) che
può essere analizzata da ricercatori diversi e che può essere rivisitata qualora ve ne
sia la necessità.
15.5.2.2 Disegno di campionamento
Il disegno di campionamento deve tenere in considerazione il turnover degli
organismi (Connell e Sousa, 1983). Questo aspetto è spesso sottovalutato e la scelta
della frequenza del campionamento è generalmente arbitraria (es. mensile o stagionale) e non viene effettuata sulla base di specifiche ipotesi. Molti studi, ad esempio,
si prefiggono di esaminare la variabilità stagionale senza includere date replicate in
ciascuna stagione.
Nel caso di elevata eterogeneità tra data e data nella variabile misurata, un singolo campionamento stagionale non può essere considerato rappresentativo dell’intera
stagione. In altre parole, le differenze tra stagioni sono confuse con la variabilità a
piccola scala temporale (tra date). La soluzione al problema è quella di scegliere
in modo casuale più date di campionamento in ciascuna stagione e campionare in
ciascuna data sia l’area protetta che le aree di riferimento. Questo disegno di campionamento permette di esaminare se l’effetto della protezione varia in funzione della
stagione e può essere messo in riferimento con eventi di disturbo antropico che hanno
carattere tipicamente stagionale (es., il turismo).
La replicazione temporale dei campionamenti deve tuttavia essere condotta con
cautela, tenendo presente i possibili problemi di non-indipendenza nel tempo delle
osservazioni. È infatti possibile che l’abbondanza di una specie in un dato istante
temporale t sia dipendente dal valore osservato all’istante t-1. L’aspetto critico da
considerare è l’intervallo di tempo tra un campionamento e l’altro. Osservazioni che
502
L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
originano da date di campionamento ravvicinate nel tempo sono in genere maggiormente correlate rispetto ad osservazioni che originano da date separate da intervalli
maggiori. Ciò dipende anche dalle caratteristiche intrinseche della variabile misurata. Ad esempio, l’intervallo di tempo necessario per assicurare l’indipendenza tra
osservazioni sarà verosimilmente maggiore per un organismo longevo rispetto ad
un organismo con ciclo vitale breve. L’assunzione di indipendenza temporale delle
osservazioni, così come quella di indipendenza spaziale, deve essere soddisfatta per
procedere ad una corretta analisi delle ipotesi in esame (Cap. 13).
Di seguito viene riportato, a titolo di esempio, un disegno di campionamento
adatto per esaminare l’ipotesi che l’istituzione di un’ipotetica AMP abbia influenza
sulle modalità di distribuzione ed abbondanza di specie bentoniche. L’interpretazione
dei risultati è semplificata nell’esempio, ma ulteriori dettagli relativi a questo tipo
di analisi possono essere trovati in Underwood (1993) e Glasby (1997). Il disegno
di campionamento include un’area soggetta a protezione (indicata ancora come area
impattata in analogia agli studi di impatto) da confrontare con più aree di riferimento
(controlli), queste ultime scelte in modo randomizzato. Ciascun’area può essere immaginata come un tratto di litorale di alcune centinaia di metri. Al fine di rappresentare
i popolamenti in modo adeguato in ciascun area, più siti (tratti di litorale di alcune
decine di metri) vengono scelti in modo casuale in ciascuna area ed i popolamenti
campionati utilizzando più repliche per sito. I campionamenti sono ripetuti in più date
scelte casualmente per rappresentare un periodo temporale nel quale si presume che
gli effetti della protezione, se efficace, dovrebbero manifestarsi. L’esempio considera
che non sia disponibile nessun dato sull’abbondanza delle specie precedente alla
protezione all’interno e all’esterno dell’AMP. Questo disegno di campionamento permette di esaminare se vi sono differenze tra AMP ed aree di riferimento rispetto alla
variabilità intrinseca ai controlli stessi e se queste differenze siano variabili oppure
consistenti nel tempo (e quindi generalizzabili all’intero periodo di studio).
15.5.2.3 Metodi di analisi dei dati
Di seguito vengono descritte le fasi che caratterizzano l’analisi della varianza
asimmetrica relativa all’esempio precedente (l’asimmetria origina dalla presenza
di un’unica area protetta e di più aree di riferimento). Due differenti analisi della
varianza vengono condotte sui dati raccolti. La prima analisi riguarda l’intero insieme
dei dati, che comprende sia l’area protetta che le aree di controllo che vengono inizialmente considerate come livelli di uno stesso fattore. I siti sono gerarchizzati nelle
aree ed il tempo è un fattore random ortogonale sia ai siti che alle aree. La seconda
analisi viene condotta utilizzando solo i dati relativi alle aree di riferimento. Il contrasto fra le condizioni “protetta” e “controllo” viene calcolato sottraendo le devianze
(SS) della seconda analisi da quelle della prima analisi, per ogni termine in cui compare il fattore “aree” (Tab. 4).
L’analisi procede dividendo le devianze per i relativi gradi di libertà per ottenere
stime dei mean squares (MS), inclusi quelli relativi ai contrasti I vs Cs e T x I vs
Cs. L’effetto della protezione sarà identificato dalla significatività del primo o del
secondo termine, rispettivamente per effetti consistenti oppure variabili nel tempo.
I disegni di campionamento quale quello esaminato nel precedente esempio sono
stati concepiti per esaminare ipotesi di tipo univariato, considerando cioè la risposta
di una singola specie o popolazione. Come già indicato nelle sezioni precedenti, è
tuttavia possibile unire alle analisi univariate una trattazione multivariata dei dati per
esaminare le risposte dei popolamenti alla protezione.
22
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
503
Tab. 4. Esempio di analisi per il confronto di un’area protetta (identificata come I in analogia alla Tab. 1) con
Tab. 4 - Esempio di analisi per il confronto di un’area protetta (identificata come I in analogia alla Tab. 1) con a - 1
a - 1 aree di controllo (Cs); t = numero di date di campionamento, a = numero di aree (inclusa l’area protetta),
aree di controllo (Cs); t = numero di date di campionamento, a = numero di aree (inclusa l’area protetta),
s = numero di siti in ciascun’area, n = numero di unità di campionamento.
S = numero di siti in ciascun’area, n = numero di unità di campionamento.
Sorgente di variabilità
g.l.
Tempo=T
Aree=A
Controlli=Cs
I ��� ��
Siti (A)=S(A)
Siti=�����
Siti (I)
TxA
T x Cs
TxI
t-1
a-1
a-2
1
a(s-1)
(a-1)(s-1)
s-1
(t-1)(a-1)
(t-1)(a-2)
t-1
T x S(A)
T x S(Cs)
T x S(I)
Residuo
A
SS
(t-1) a(s-1)
(t-1)(a-1)(s-1)
(t-1)(a-1)
tas(n-1)
SST
SSA
SSCs
SSA-SSCs
SS
MS
MST
MSA
MSCs
MSI vs. Cs
SS S(Cs)
SS S(A)-SSS(Cs)
SST x A
SS T x Cs
SS ��������������
MSS(A)
MSS(Cs)
MSS(I)
MST x A
MST x Cs
MST x I
SST x S(A)
SST x S(Cs)
SS��������������������
SSResiduo
MST x S(A)
MST x S(Cs)
MST x S(I)
MSResiduo
S(A)
F versus
MST x S(Cs)
MSCs
F
MSResiduo
MST x S(A)
E
MST x S(Cs)
E
MSTx S(I)
MST x S(A)
MSTxS(Cs)
D
MST x Cs
C
MST x S(A)
B
MSResiduo
MSResiduo
A
MSResiduo
A
MSResiduo
G
Se uno di questi due termini è significativo e l’altro no, l’analisi nel complesso indica le fluttuazioni temporali alla
Se uno di questi due termini è significativo e l’altro no, l’analisi nel complesso indica che le fluttuazioni temporali alla scala del
scala del sito differiscono tra area protetta e aree di controllo
B sito differiscono tra area protetta e aree di controllo
B Se entrambi i termini T x Cs e T x S(A) possono essere eliminati dal modello (per p>0.25, Winer et al., 1991)
Se entrambi i termini T x Cs e T x S(A) possono essere eliminati dal modello (per p>0,25, Winer et al., 1991)
C
C Se T x Cs può essere eliminato dal modello mentre T x S(A) non può essere eliminato
Se T x Cs può essere eliminato dal modello mentre T x S(A) non può essere eliminato
DD
Se TT xx Cs
Csnon
nonpuò
puòessere
essereeliminato
eliminato
modello
Se
daldal
modello
EE
Questi
solosolo
se non
c’è evidenza
di effetti
della protezione
come interazione
tra fattoretra
tempo
e fattore
Questitest
testvengono
vengonocondotti
condotti
se non
c’è evidenza
di effetti
della protezione
come interazione
fattore
temposito.
e
Se
ciò è sito.
verificato
e se
uno dei termini
S(Cs)dei
oppure
S(I)(S(Cs)
è significativo
l’altro
no, l’analisi nel
complesso
evidenzianel
differenze
fattore
Se ciò
è verificato
e se uno
termini
oppure eS(I))
è significativo
e l’altro
no, l’analisi
tra
area
protetta
e
aree
di
controllo
nella
eterogeneità
spaziale
alla
scala
del
sito.
complesso evidenzia differenze tra area protetta e aree di controllo nella eterogeneità spaziale alla scala del sito.
F
F Se i termini Cs, S(A), T x A e T x S(A) possono essere eliminati dal modello e se non vi è evidenza di un effetto protezione
Se i termini Cs, S(A), T x A e T x S(A) possono essere eliminati dal modello e se non vi è evidenza di un effetto
variabile nel tempo (se cioè T x I risulta non significativo). Altri MS oltre al residuo possono essere utilizzati come denominatore
nelpossono
tempo (se
cioèeliminati
T x I risulta
non significativo). Altri MS oltre al residuo possono essere
aprotezione
seconda deivariabile
termini che
essere
dal modello.
G utilizzati come denominatore a seconda dei termini che possono essere eliminati dal modello.
Se il termine Cs non può essere eliminato dal modello e non vi è evidenza di un effetto protezione variabile nel tempo (T x I
G
Se ilsignificativo)
termine Cs non può essere eliminato dal modello e non vi è evidenza di un effetto protezione variabile nel
non
A
tempo (T x I non significativo)
14.6 Problemi pratici nella conduzione di programmi di monitoraggio sperimentale
La valutazione di influenze antropiche su specie e popolamenti è importante per
garantire la conservazione delle risorse naturali in un ottica di sviluppo sostenibile.
L’elevata variabilità che caratterizza i sistemi ecologici richiede considerevole attenzione ai requisiti logici e metodologici del disegno di campionamento e di analisi dei
dati. Identificare relazioni causa-effetto tra interventi antropici e variabili biologiche
necessita di disegni di campionamento opportunamente replicati nello spazio e nel
tempo. In assenza di una replicazione appropriata non è possibile separare l’effetto
investigato da altre cause di variabilità, nel qual caso lo studio si dice “confuso” nello
spazio e/o nel tempo (Hurlbert, 1984; Underwood, 1991, 1992, 1993).
Ottemperare ai requisiti logici di replicazione spaziale e temporale necessari per
una valutazione adeguata di influenze antropiche richiede in genere costi elevati
(anche se questo non è necessariamente il caso; Benedetti-Cecchi, 2001a). La carenza
504
L. BENEDETTI-CECCHI, L. AIROLDI, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI
di risorse viene spesso addotta come giustificazione per la inadeguatezza dei disegni
di campionamento rilevabile in numerose indagini. È opportuno notare che uno studio
inadeguato non potrà mai fornire una risposta logicamente accettabile, quindi difendibile, al problema in esame. Il caso dello studio di impatto dovuto allo sversamento di
greggio sulle coste dell’Alaska da parte della Exxon Valdez rappresenta un esempio
eclatante (Paine et al., 1996). In assenza di finanziamenti adeguati per garantire i
requisiti logici minimi di un corretto disegno di campionamento può essere preferibile
non condurre alcuna indagine, in quanto ciò rappresenterebbe un inutile dispendio
di risorse. Non ci sono considerazioni a posteriori né sofisticazioni analitiche tali da
poter sopperire alla carenza nella struttura logica di un disegno di campionamento.
Esistono, invece, considerazioni logistiche che possono limitare l’efficacia di uno
studio in principio ben progettato. Nelle applicazioni reali può essere difficile identificare opportune condizioni di riferimento oppure possono mancare i dati antecedenti
alla insorgenza di un particolare intervento antropico. Ciò condiziona fortemente la
possibilità di identificare relazioni di causa-effetto tra variabili misurate ed interventi
antropici, siano essi potenziali cause di impatto oppure interventi di mitigazione o di
protezione mediante AMP.
Una possibile alternativa è quella di impostare programmi di studio a lungo termine in ambienti chiave, come discusso in precedenza. Si tratta di attivare programmi
di monitoraggio sperimentale, caratterizzati da ipotesi chiare ed esplicite e da una
struttura logica coerente che definisce in anticipo le modalità di acquisizione, di utilizzo e di interpretazione dei dati. L’obiettivo di questo genere di programmi è quello
di ottenere stime di variabilità delle popolazioni esaminate a molteplici scale spaziali
e temporali in ambienti diversi ed in assenza di particolari sorgenti di disturbo antropico. Ciò risolverebbe i problemi connessi con la cronica assenza di dati relativi alla
condizione antecedente l’insorgenza di un disturbo antropico, aumentando la possibilità di identificare relazioni causa-effetto tra disturbo e risposta delle popolazioni
naturali.
Una obiezione che viene spesso mossa agli studi comparativi per l’identificazione
di impatto è che in natura non esistono siti totalmente esenti da influenze antropiche.
In altre parole non sarebbe possibile identificare controlli appropriati per la valutazione di impatto. Questo argomento è poco sostenibile, pur essendo vero che la maggior parte, se non la totalità degli ambienti naturali è esposta ad una qualche forma
di perturbazione antropica. In uno studio di impatto i controlli devono essere selezionati in modo da rappresentare gli stessi popolamenti dell’area disturbata ed essere
sufficientemente lontani da questa in modo da non risentire della particolare sorgente
di disturbo in esame. Qualora lo studio riguardi l’effetto di uno scarico urbano (es.
Terlizzi et al., 2002), per fare un esempio concreto, l’ipotesi riguarda lo scarico e non
altre sorgenti di disturbo. Tale ipotesi può essere esaminata comparando il sito esposto allo scarico con altri siti analoghi non esposti, anche se nell’intera area di studio
vi sono altre possibili cause di impatto che influenzano sia il sito disturbato che i
controlli. Le stesse considerazioni possono essere applicate nel caso in cui lo studio
non venga condotto su popolamenti di substrato duro, ma in un’area con caratteristiche diverse e popolamenti di fondo molle in cui l’impatto sia invece rappresentato
da una centrale termoelettrica (Lardicci et al., 1999). In altre parole, l’obiettivo non
è quello di identificare dei siti di controllo “assoluti”, nel senso di aree totalmente
esenti da effetti antropici, si tratta piuttosto di individuare siti che non siano influenzati dalla particolare forma di disturbo in esame, lo scarico urbano o la centrale
Metodi sperimentali per la valutazione di influenze antropiche su popolamenti ed ambienti marini costieri
505
termoelettrica negli esempi sopra descritti. La condizione che altri processi, naturali
o di origine antropica, siano rappresentati sia nell’area disturbata che nei controlli, è
conseguente all’utilizzo di procedure di randomizzazione nella selezione dei controlli
e dal loro numero. Incrementare il numero dei controlli aumenta la precisione con
cui la variabilità naturale in assenza di uno specifico disturbo antropico viene stimata.
L’insieme dei controlli diventa così rappresentativo anche del sito disturbato se la
specifica fonte di disturbo in esame non causa alcun impatto.
Vi sono, tuttavia, dubbi legittimi sul fatto che un insieme di siti, per quanto
oculatamente e formalmente individuati, possa effettivamente rappresentare controlli
appropriati nelle indagini di impatto (Stewart-Oaten e Bence, 2001). La natura probabilistica delle procedure analitiche descritte in questo articolo, infatti, richiede che i
trattamenti messi a confronto (controlli verso disturbato) siano una particolare realizzazione estratta da un numero teoricamente infinito di possibili comparazioni. Ciò è
sostanzialmente vero per i controlli, dato che nella maggior parte dei casi reali è possibile identificare una popolazione di siti di controllo ed estrarne un numero adeguato
da includere nello studio. Ciò non è tuttavia vero per il sito disturbato. L’ubicazione
di uno scarico urbano o industriale, di un porto turistico o di altre sorgenti di disturbo
non è mai casuale, ma deve rispondere a considerazioni di tipo logistico, economico
e sociale. Ne consegue che i controlli non sono necessariamente rappresentativi dell’insieme delle condizioni che hanno determinato la scelta dell’area disturbata. La
selezione dei potenziali siti di controllo dovrebbe essere condotta utilizzando gli stessi
criteri che hanno guidato la scelta di dove ubicare l’area soggetta a disturbo. In altre
parole, i controlli dovrebbero avere le stesse caratteristiche che hanno determinato
la realizzazione dell’intervento antropico nell’area disturbata. Solo in questo modo è
possibile garantire che anche l’area disturbata, in assenza di impatto, appartiene alla
stessa distribuzione di frequenza di aree da cui provengono i controlli.
Quantificare gli effetti delle molteplici influenze che le attività umane hanno
sull’ambiente è un imperativo per preservare gli ambienti naturali, i processi che vi
operano e gli organismi che ne sono parte. Ciò richiede una considerevole attenzione
alle procedure logiche, metodologiche ed analitiche impiegate. Non esistono soluzioni
universali ai vari problemi connessi con la identificazione di influenze antropiche, ma
la coerenza logica ed il rigore metodologico sono requisiti essenziali per garantire il
progresso in questa direzione. Sulle problematiche ambientali si gioca la credibilità
dell’ecologia come scienza socialmente utile (Underwood, 1995). È solo implementando il rigore metodologico e la natura quantitativa di questa disciplina che gli ecologi potranno assumere un ruolo decisionale più incisivo nel settore della gestione
ambientale.
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