Lasciare a casa da sola la figlia di undici anni alla sera

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Lasciare a casa da sola la figlia di undici anni alla sera
Lasciare a casa da sola la figlia di undici anni alla sera può configurare il reato di abbandono di minori.
A stabilirlo la terza sezione penale della Corte d’Appello di Milano, in una recente sentenza del 29/3
depositata l’8/4/2011.
Questo il caso che ha dato luogo alla pronuncia.
Dagli atti del procedimento penale risultava che il marito della madre, imputata in tale procedimento,
avesse telefonato, verso le ore 21.45 a casa dal luogo di lavoro: al telefono, gli aveva risposto la figlia di 11
anni, la quale gli aveva riferito di essere a casa da sola. Il padre, arrivato a casa propria alle ore 22.30, aveva
trovato la figlia ancora sola. Aveva telefonato varie volte al numero di cellulare della moglie, che però non
rispondeva. L’uomo aveva telefonato anche da un’amica della moglie e quindi a Carabinieri. Alle ore 1,30 la
madre era tornata a casa.
Il Gip, incaricato di dover decidere appunto se l’imputata fosse rea del reato di cui all’art. 591 cp per avere
abbandonato sola di notte la figlia di undici anni, l’aveva ritenuta colpevole asserendo che l’imputata
avesse coscientemente lasciato la figlia sola per un periodo di tempo e di notte e così facendo l’aveva
esposta, ancorchè in astratto, al pericolo di possibili eventi lesivi.
Avversa tale sentenza di condanna, proponeva appello la madre.
Evidenziava invero l’imputata che la ragazzina, all’epoca dei fatti, avesse quasi 12 anni, molto matura e
giudiziosa e lei stessa aveva chiesto di darle maggiore fiducia ed autonomia: quella sera avevano
concordato assieme che la madre si sarebbe assentata per qualche ora. Asseriva inoltre l’imputata che la
minore si trovava in casa, quindi in luogo sicuro con a disposizione i numeri di telefono della madre, della
zia, dei nonni e parenti che vivevano nelle vicinanze, e anche dei vicini di casa, ben conosciuti dalla stessa e
ai quali la ragazzina sapeva di potersi rivolgere in caso di necessità.
Per cui, sosteneva la difesa della madre, mancava l’elemento materiale del reato perché la minore non era
affatto stata abbandonata, non vi era nessuna situazione pericolosa per la minore. Inoltre, mancava nella
madre la coscienza e consapevolezza di abbandonare la minore. L’ambiente, insomma, secondo la madre,
era privo di pericoli e il reato non c’era.
La Corte d’appello però riteneva infondate le doglianze della madre appellante.
Evidenziava la Corte, nella motivazione della sentenza, che correttamente il Gip avesse ritenuto la
sussistenza del reato ascritto all’imputata perché “come più volte ribadito dalla Suprema Corte, ‘ai sensi
dell’art. 591 c.p. (abbandono di persone minori o incapaci) costituisce abbandono qualsiasi azione o
omissione che contrasti con l’obbligo di custodia o della cura ed è sufficiente per l’integrazione del reato,
che da tale condotta derivi un pericolo anche solo potenziale per l’incolumità della persona incapace’ e che ‘
ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 591 cpc, l’esposizione a pericolo della persona
abbandonata può essere anche meramente virtuale e non resta esclusa né della temporaneità della
condotta determinante l’abbandono né della possibilità di eventuali soccorsi ‘aliunde’ inidonei ad una
supplenza vicaria delle attività di custodia o di cura facenti carico al soggetto attivo del reato”. Pertanto,
continuavano i giudici di secondo grado, “è sufficiente ad integrare il reato de quo il pericolo astrtto che può
derivare dalla condotta di chi ha l’obbligo della custodia e della cura, nella specie, della minore di anni 14;
situazione che si è realizzata nel caso concreto avendo la madre lasciato la figlia di undici anni sola in casa,
di notte, per un lungo periodo di tempo” – la signora infatti era rientrata, notava la Corte, all’una e mezza di
notte e non era neppure rintracciabile avendo il cellulare spento. E, a parere dei giudici, a nulla rilevava che
la figlia fosse una ragazzina giudiziosa poiché la norma, trattandosi di minore di anni quattordici, ne
presume l’incapacità a provvedere a sé stessa. Peraltro, aggiungevano, “anche in casa possono verificarsi
eventi pericolosi anche se in via eccezionale, come per esempio un malore”.
Infine, secondo i magistrati, sussisteva anche l’elemento soggettivo del reato atteso che l’imputata era
cosciente di lasciare sola la figlia per un lungo lasso di tempo, di notte, esponendola al pericolo, anche se
astratto, di possibili eventi lesivi, “come dimostra anche il fatto che la madre si è premurata di lasciare alla
figlia vari numeri di telefono da chiamare in caso di necessità, cosa che non avrebbe fatto se veramente
avesse escluso qualsiasi situazione di pericolo anche solo potenziale”.
Quindi responsabilità penale confermata per la madre. A cura dell’avv. Monica Bombelli e dell’Avv. Matteo
Iato