SCIENZE SOCIALI (Classe 36) Metodologia e tecnica della ricerca

Transcript

SCIENZE SOCIALI (Classe 36) Metodologia e tecnica della ricerca
SCIENZE SOCIALI
(Classe 36)
Metodologia e tecnica della ricerca sociale
Prof. Massimo Ampola
SEMINARIO
Dott. Luca Corchia
Lezione IV
La ricerca sociale (1)
1. Le fasi della ricerca
2. I concetti generali
3. Le dimensioni semantiche
4. I concetti di variabile e di indicatore
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
LA RICERCA SOCIALE
Nelle precedenti lezioni si è cercato di mostrare come il dibatto sullo statuto delle scienze sociali,
e particolarmente la disputa su quale sia la metodologia di ricerca adeguata a descrivere, spiegare e
comprendere accuratamente la realtà sociale, sia molto importante non soltanto per stabilire i
criteri di “garanzia“ (seppur relativa) della validità dei risultati raggiunti dalle ricerche. L‘altro
aspetto del tutto fondamentale sta nella consapevolezza che i tentativi di definire le strategie
metodologiche hanno condotto i sociologi a teorizzare la presenza di nuove e complesse questioni,
che con lo “sguardo“ del passato non era neppure riuscito a percepire e quindi a problematizzare.
Nella formulazione del disegno della ricerca sociale rientrano molte “scelte ragionate”:
occorre individuare l’oggetto dello studio, decidere la tecnica di rilevazione dei dati e predisporre le
procedure e gli strumenti conoscitivi che si reputano maggiormente adeguato agli scopi dell’analisi.
È questa la fase metodologica, quando si intenda con essa la filosofia del processo di ricerca
e con metodi semplicemente le tecniche di raccolta dei dati più appropriate per gli obiettivi
della ricerca e le tecniche di elaborazione dei dati raccolti che verranno utilizzate. Si tratta
dell’attività critica esercitata sulle tecniche di ricerca concrete: come possiamo conoscere
la realtà sociale? Che capacità hanno le tecniche di ricerca di soddisfare gli obiettivi conoscitivi?
E quali le tecniche più appropriate allo svolgimento ottimale della ricerca? Ed infine
tentando di fornire validi elementi di valutazione delle tecniche si focalizza la nostra attenzione
sui problemi della loro corretta applicazione e della puntuale lettura dei risultati ottenuti con esse.
1. Le fasi della ricerca
La ricerca sociale si misura con ambiti oggettuali diversi e impiega tecniche di rilevazione e di
analisi differenti a seconda della scuola cui appartiene il ricercatore e a seconda dei paradigmi (il
background teorico sottostante alla stessa ricerca) adottati. Tuttavia, ogni ricerca, oltre ad avere
come obiettivo far avanzare la conoscenza della società, ha in comune le fasi della loro conduzione:
Il ricercatore che si prepara ad affrontare una ricerca empirica si trova davanti un percorso
accidentato, il cui iter può essere schematizzato in un modello ideale costituito da cinque fasi:
1
Definizione del problema, della prospettiva teorica e delle ipotesi;
2
Formulazione del disegno di ricerca;
3
Raccolta dei dati;
4
Codifica e l'analisi dei dati;
5
Interpretazione finale dei risultati, stesura del rapporto scritto ed eventuale pubblicazione.
2
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
La sequenza di queste fasi della scoperta scientifica - maggiormente formalizzata nelle ricerche
quantitative – presenta due caratteristiche che restituiscono flessibilità al disegno della ricerca:
a) la circolarità: ogni fase risulta interdipendente e collegata alle altre secondo un movimento
circolare o a spirale senza fine, in cui il raggiungimento dei risultati non significa necessariamente
la fine dello studio, in quanto ogni ricerca può portare alla riformulazione della ipotesi iniziale;
b) la ripetizione: quando la ricerca raggiunge i risultati attesi, si consiglia di ripetere lo studio per
controllare la loro non accidentalità, anche se spesso il ricercatore preferisce non condurre una
replica uguale della ricerca svolta in precedenza, ma apporre sempre qualche piccolo cambiamento.
Abbiamo già visto che la cumulabilità e il progresso della conoscenza scientifica si fondano sulla
ripetizione e sul controllo pubblico delle ricerche precedenti secondo una metodologia consolidata.
P. Corbetta caratterizza nei seguenti termini le caratteristiche strutturali delle fasi della ricerca
empirica: «Cominciamo innanzitutto col dire che la ricerca scientifica è un processo creativo di
scoperta che si sviluppa secondo un itinerario prefissato e secondo procedure prestabilite che si
sono consolidate all’interno della comunità scientifica. Non sembri contraddittorio questo
accostamento tra la “creatività” invocata inizialmente e le successive “procedure prestabilite”.
L’attributo “creativo” è importante in questa definizione, ed evoca le capacità personali del
ricercatore, la sua perspicacia e intelligenza intuitiva, l’episodio dell’illuminazione improvvisa»1.
In questo brano, P. Corbetta accentua la distinzione tra contesti di scoperta e di giustificazione.
Se il controllo delle ipotesi soggiace all’esame logico-formale della coerenza e all’esame empirico
della verità delle proposizioni osservative, la scoperta delle ipotesi nuove è un processo irregolare.
Nella Logica della scoperta scientifica (1937), K. Popper aveva affermato che «l’atto di concepire
o inventare una teoria, non mi sembra né richiedere un’analisi logica né esserne suscettibile. […] Vi
è una netta distinzione tra il processo del concepire una nuova idea e i metodi e i risultati
dell’esaminarla logicamente». Secondo Popper, come per I. Kant e per Frege il primo aspetto
appartiene all’indagine psicologica che si interessa della genesi delle credenze personali e sociali.
1
P. Corbetta, Metodologia e tecnica della ricerca sociale, Bologna, Il Mulino, 1999, p. 81.
3
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
Questa posizione teorica sebbene dominante ha dato adito da sempre a numerose critiche.
Cellucci afferma (con leggera variazione del testo) che: «l’assunzione che gli aspetti creativi e
intuitivi del lavoro scientifico non siano suscettibili di trattazione logica, è tutt’altro che scontata».
Alimentato dalla sicurezza che la logica debba configurarsi non come logica corrispondente al
naturale procedere della mente nella sua attività di ragionamento, ma come studio delle condizioni
in virtù delle quali si può affermare la certezza di un ragionamento, il pensiero logico ha estromesso
dal proprio dominio di riflessione questioni fondamentali in ogni scienza quali: come si ottengono
nuove conoscenze? Tuttavia, esiste una stretta relazione tra i procedimenti di dimostrazione e di
acquisizione di un risultato? Con una riduzione delle ambizioni in essa confluite con Aristotele,
Platone, Cartesio. In questi pensatori troviamo un metodo analitico di scoperta: «In base ad esso
risolver un problema vuol dire ridurlo a un altro problema. Questo viene assunto come ipotesi per
risolvere il primo problema, ma a sua volta costituisce un problema che verrà risolto nello stesso
modo, cioè riducendolo ad un altro problema temporaneamente assunto come ipotesi, e così via».
La scoperta non consiste nell’atto del concepimento di una vaga idea iniziale, ma include i
meccanismi di controllo attraverso cui quell’idea viene precisata e spesso sensibilmente modificata.
Le nuove ipotesi non vengono scoperte di colpo ma per tentativi ed errori (trial and error) secondo
regole inferenziali di tipo induttivo, ossia con stesse procedure logiche di controllo delle ipotesi.
Affronteremo il problema delle regole della scoperta nella discussione sui tipi di inferenza logica.
Tra la formulazione delle ipotesi di ricerca e la rilevazione dei dati occorre svolgere una
procedura metodologica tipica – l’operazionalizzazione - che si compone di quattro fasi principali:
a) la definizione del concetto interessato, b) la specificazione delle sue dimensioni semantiche,
c) la scelta degli indicatori osservabili, d) la sintesi degli indicatori per la formazione degli indici.2
Il risultato dell’operazionalizzazione è la trasformazione delle ipotesi in proposizioni verificabili.
I l p a r a d ig m a la z a r s f e ld ia n o
C o n c e tto a s tr a tto
L a t e o r ia s t a b i lis c e
r e la z io n i t r a c o n c e t t i
D is c e s a lu n g o la
s c a la d i g e n e r a lit à
D e fin iz io n e d e i s u o i
in d ic a to r i
D e fin iz io n e o p e ra tiv a
I s t r u z io n i p e r la
r ile v a z io n e d e i d a t i
v a r ia b i li
R ic o m p o s iz io n e d e l
c o n c e tto d a lle s u e p a rt i
In d ic i
2
2
P.F. Lazarsfeld, trad. it. Dai concetti agli indici empirici, in P.F. Lazarsfeld – R. Boudon (eds.), L’analisi empirica nelle scienze
sociali, Boloogna, Il Mulino, 1969, p. 42.
4
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
2. I concetti
Il concetto di concetto
Nelle lezioni precedenti abbiamo introdotto i concetti fondamentali delle scienze sociali –
cultura, società e personalità – incominciando, quindi, ad articolare le loro principali specificazioni.
Rimane, però, ancora imprecisato il termine concetto, che A. Marradi definisce come un “ritaglio”
operato in un flusso di esperienze infinito in estensione e in profondità, e infinitamente mutevole.3
Con il termine concetto facciamo riferimento al contenuto semantico, il significato, delle immagini
mentali e dei segni linguistici soggettivi e intersoggettivi con cui facciamo esperienza del mondo.
Corbetta ricorda che dal punto di vista etimologico (ad es. il latino cum capio: prendere assieme),
la concettualizzazione intende riportare ad unità le molteplici esperienze sensibili e intellettuali.4
Ricordiamo che la capacità di formare e di comunicare concetti è una condizone necessaria
dell’esistenza umana e della vita associata, prima ancora che una attività filosofica e scientifica,
e che, la maggior parte dei concetti in uso nelle scienze sociali sono connessi al sapere quotidiano.
Livelli di generalità e scale a di astrazione
I concetti possono essere disposti in una scala di maggiore o minore universalità semantica ed
essere classificati mediante un rapporto di genere e di specie: ogni concetto di una determinata
classe è specie (êidos), perciò il contenuto, di un concetto più universale e genere (ghénos) – perciò
il contenente, di un concetto meno universale, e così via fino a costruire una scala gerarchica di
concetti (e corrispondenti classi di oggetti, eventi o persone), in cui rientra ogni possibile giudizio.
La distinzione tra genere e specie è fondamentale poiché indica il genere prossimo cui si può
riferire un oggetto, un evento o una persona e la sua differenza specifica. Rispetto al genere, la
specie è un concetto che ospita un maggior numero di caratteristiche, ma che può venir riferito ad
un minor numero di individui; viceversa, rispetto alla specie, il genere è un concetto che ospita
un minor numero di caratteristiche, ma che può venir riferito ad un maggio numero di individui.
Ad esempio, Corbetta afferma che in riferimento al concetto di religiosità si possono immaginare
delle dimensioni graduate in ordine di decrescente generalità (estensione) e crescente specificità
(comprensione): credere nell’esistenza di una divinità, credere nel dio cristiano, appartenere alla
chiesa cattolica, agire secondo i dettami della chiesa cattolica, andare a messa tutte le domeniche.
3
4
A. Marrardi, Concetti e metodi per la ricerca sociale, Firenze, La Giuntina, 1984, pp. 9-12.
P. Corbetta, Metodologia e tecnica della ricerca sociale, cit., p. 91.
5
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
Nella terminologia dei logici posteriori ad Aristotele si può ordinare i concetti in base alla loro:
1) Comprensione - intesa come l'insieme delle note o qualità caratteristiche di un concetto; per es. la
comprensione del concetto dei vertebrati è quella di “essere vivente dotato di scheletro”;
2) Estensione - intesa come il numero degli esseri cui fa riferimento un concetto; per esempio
l'estensione del concetto dei vertebrati è il numero di animali dotati di scheletro. È chiaro che
estensione e comprensione sono inversamente proporzionali tra loro: ossia, quante più
caratteristiche possiede un concetto, tanto minore è il numero di individui cui è applicabile.
Percorsa dall’alto in basso (genere specie), la scala dei concetti, offre un progressivo aumento
di comprensione ed una progressiva diminuzione di estensione, sino a giungere al concetto di una
specie che non ha al di sotto di sé altre specie (<specie infima>) e che ha massima comprensibilità e
minima estensione. Si tratta dell’individuo concreto – la vera sostanza in senso proprio (o prima).
Dal punto di vista ontologico tale specie non può mai esistere in altro e dal punto di vista logico
non può mai essere usato come predicato di un soggetto, ma solo come soggetto di predicazione.
Percorsa dal basso verso l’alto (specie genere), la scala complessiva dei concetti, offre un
graduale aumento di estensione ed una graduale diminuzione di comprensione, sino ad arrivare ai
concetti generali in cui ogni giudizio può essere inquadrato e che costituiscono la base del sapere.
Questa scala di generalità è correlata, anche se non coincide, con una scala di astrazione con i
poli astratto-concreto, la quale fa riferimento all’osservabilità empirica delle dimensioni concettuali.
3. Specificazione dei concetti in dimensioni semantiche
Il concetto costituendo l’intermediario tra il “vissuto” e l’”astratto” ha una funzione mediatrice
organizza l’ordine interno della ricerca. Non c’è sociologia senza concetto. Innanzitutto occorre
rendere deliberatamente esplicito il significato dei concetti utilizzati mediante un‘insieme di
operazioni dette semantizzazione concettuale, in seguito si tratterà di individuare gli strumenti
adatti a misurarli adeguatamente colmando così il divario tra piano concettuale e piano empirico.
Il primo problema che lo scienziato sociale deve affrontare è quello di distinguere le dimensioni
specifiche della rappresentazione concettuale espressa attraverso le definizioni – il che cosa è … ?
La creazione dell’insieme di dimensioni permette una maggiore e più semplice analisi del concetto
generale, poiché le dimensioni individuate vengono espresse attraverso dei concetti più specifici e,
in seguito, più traducibili in termini osservativi. Il legame tra i “concetti specifici” e i “concetti
6
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
generali” viene definito di “rappresentanza semantica”, in quanto si tratta di scendere nella scala
di generalità, da concetti generali ai concetti specifici a questi collegati da “affinità di significato”.5
Ma il rapporto di scomposizione tra concetto generale e le specifiche dimensioni individuate per
ricoprire semanticamente il suo significato realizza una “sovrapposizione parziale di significato”.
Il cerchio rappresenta l’area semantica del
concetto da analizzare. Le figure più piccole
sono le dimensioni principali del concetto.
Esempio di alcune delle dimensioni semantiche del concetto di qualità del lavoro in un gruppo:
mancanza di dissensi interni, buone comunicazioni gerarchiche, elasticità dell’esercizio del potere,
razionalità delle decisioni, valorizzazione dei contributi individuale, condivisione dei rischi, ecc.
Inoltre, non esistono dei limiti predefiniti alla specificazione del concetto in diverse dimensioni,
anche se un eccessiva sottigliezza d’analisi potrebbe determinare la scelta di dimensioni ridondanti.
Questo rischio è maggiore quando le dimensioni vengono ricostruite empiricamente dalle ricerche.
Se i concetti sono i mattoni della teoria, le stesse ipotesi, come vedremo, sono interconnessioni
tra due o più concetti, la traduzione della teoria in ricerca empirica richiede l’operazionalizzazione.
4. Operazionalizzazione dei concetti in indicatori. Il concetto di variabile
Come vedremo nelle prossime lezioni, lo scienziato sociale dispone per la ricerca empirica di
numerose strategie possibili in ragione dei presupposti teorici e delle finalità dell’indagine sociale.
In ogni caso, il ricercatore si troverà sempre di fronte al problema della costruzione delle variabili.
Le variabili sono i termini essenziali che costituiscono il vocabolario-base delle ricerche empiriche.
Nella prossima lezione, affronteremo i criteri di distinzione delle variabili, a seconda della loro
manipolabilità, della posizione nella relazione causa-effetto, del grado di osservabilità, del carattere
individuale o collettivo e del trattamento logico-matematico dei dati empirici che rendono possibile.
Al momento, mi limito ad anticipare il concetto di variabile nel contesto dell’operativizzazione.
Il primo passo della traduzione empirica dei concetti astratti in variabili concrete di ricerca
consiste nel farli divenire degli attributi o proprietà di specifici oggetti studiati – le unità d’analisi.
In sintesi, le informazioni raccolte sui singoli casi sono definite proprietà, mentre ogni modo di
5
P. Corbetta, Metodologia e tecnica della ricerca sociale, cit., p. 115.
7
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
presentarsi della proprietà è definito stato di fatto di quella proprietà sull’oggetto esaminato. Ad
esempio, nell’unità di analisi “le famiglie italiane”, nei casi esaminati si possono classificare gli
stati “uomo”, “donna”, “transessuale” rispetto alla proprietà “genere sessuale”. Un dato è il valore
assegnato allo stato su una specifica proprietà dell’oggetto. Successivamente ogni proprietà è
definita operativamente, ovvero si dovranno elencare tutti gli stati della proprietà distinti tra loro,
per poi dare ad ognuno un valore simbolico in modo da manipolare più facilmente la mole di dati.
Quando il ricercatore sociale si appresta a costruire delle variabili al fine di misurare gli stati di fatto
delle proprietà di oggetti complessi deve individuare una serie di indicatori empirici corrispondenti.
Si tratta, ora, di individuare indicatori empirici degli stati di fatto “uomo”, “donna”, “transessuale, a
partire dalla definizione operativa delle regole per la traduzione di concetti in operazioni empiriche.
Una variabile è la proprietà operativizzata di cui è stata data una definizione operativa, in modo
da trasformare la serie di situazioni reali (stati di fatto), in una serie di dati analizzabili confrontabili
tra di loro. Una modalità di una variabile è uno dei possibili valori che tale variabile può assumere.
Ad esempio il concetto “femminilità” può essere rilevato tramite la proprietà “sentimento di cura”,
il quale assume stati diversi nei vari casi esaminati ordinabili secondo una scala di atteggiamento
e rilevabili con una batteria di domande volte a farne emergere la presenza o l’assenza o l’intensità.
Si tenga presente che il modo in cui il ricercatore decide di operativizzare il concetto al centro della
ricerca sociale è discrezionale ma opinabile, ossia aperto alla discussione e alla critica pubbliche:
«Da questo punto di vista va detto che non esiste una definizione operativa corretta ed una errata.
La decisione su come operativizzare un concetto è totalmente affidata alla discrezionalità
del ricercatore, al quale può essere soltanto chiesto di a) esplicitare e b) giustificare le sue scelte»6.
Cambiando esempio, l’intolleranza è scomposta in dimensioni semantiche associate a indicatori:
I n d ic a to r i
6
In to lle ra n z a re lig io s a
Q u a n to c o n ta p e r le i la c o n d iv is io n e d e lla
m e d e s im a c o n fe s s io n e n e llo s trin g e re n u o v e
a m ic iz ie ? (M o lto , a b b a s ta n z a p o c o , p e r n u lla )
In to lle ra n z a ra z z ia le
S a re b b e in fa s tid ito d a l m a trim o n io d i u n s u o
fa m ilia re c o n u n a p e rs o n a d i c o lo re ?
In to lle ra n z a d i g e n e re
L e c a p ita d i p ro v a re d iffid e n z a s e in u n u ffic io
u n a d o n n a ric o p re u n a m a n s io n e
tra d iz io n a lm e n te m a s c h ile ?
I n to lle r a n z a p o litic a
Q u a n to c o n ta p e r le i la c o n d iv is io n e d e lle
id e e p o litic h e n e lla s c e lta d e lle s u e a m ic iz ie ?
In to lle ra n z a v e rs o s tili d i
v ita m in o rita ri
S e s c o p ris s e c h e u n s u o /u n a s u a c o lle g a è
o m o s e s s u a le , p e n s a c h e m o d ific h e re b b e il s u o
a tte g g ia m e n to n e i s u o i c o n fro n ti? (c e rta m e n te
4
s ì, fo rs e , c e rta m e n te n o )
P. Corbetta, Metodologia e tecnica della ricerca sociale, Bologna, Il Mulino, 1999, p. 105.
8
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
Paul F. Lazarsfeld insiste sulla circostanza che, a un certo punto dell’indagine, occorre tradurre
i concetti generali in indicatori od operazioni di ricerca ben definite ed empiricamente utilizzabili.
Ma occorre avvertire che la scelta degli indicatori costituisce una scelta in un certo grado arbitraria,
in quanto attualmente non esiste ancora un orientamento condiviso che realizzi procedure rigorose.
Tra il concetto e l’indicatore esiste un rapporto di indicazione, predefinito, in larga parte, in base
a delle convenzioni semantiche socialmente e storicamente situate nello spazio e nel tempo vissuto.
Non possono sapere se un determinato un indicatore o un insieme di indicatori sono soddisfacenti se
non dopo aver effettuato numerose ricerche empiriche a partire dal confronto con la dottrina sociale.
Il carattere intersoggettivo del controllo restituisce scientificità a una procedura altrimenti arbitraria:
«La definizione operativa è dunque un atto arbitrario e soggettivo, ma paradossalmente in essa
trovano fondamento i caratteri di scientificità e di oggettività della ricerca sociale. Possiamo dire
che essa rappresenta il criterio stesso della scientificità. Come ha scritto Marradi “la necessità di
definire operativamente le proprietà che si studiano è un aspetto caratteristico dell’attività
scientifica, al punto da costituire probabilmente la discriminate più sicura fra essa ed altri generi di
attività, ad esempio la speculazione filosofica”. E va aggiunto che se è vero che la definizione
operativa è arbitraria e soggettiva col procedere e il maturare di una scienza e l’affinarsi delle
tecniche la sua arbitrarietà si riduce, in quanto si formano convergenze all’interno della comunità
scientifica che permettono di arrivare a definizioni convenzionali di carattere intersoggettivo»7.
D’altra parte, nella pratica della ricerca, accade che il passaggio logico sia in direzione inversa.
Numerose ricerche utilizzano come punto di partenza un insieme di rilevazioni empiriche per,
poi, individuare gli indicatori corrispondenti e, infine, elaborare la concettualizzazione sottostante.8
In ogni caso, qualunque sia il numero degli indicatori utilizzati, essi rappresentano soltanto una
parte dell’insieme dei possibili indicatori teoricamente individuabili ed impiegabili nelle ricerche.
Ogni indicatore rileva un fenomeno specifico che non rappresenta completamente il significato
del concetto. In primo luogo, uno stesso indicatore può essere rilevatore di più concetti generali;
in secondo luogo un concetto generale viene misurato attraverso l’impiego di numerosi indicatori.
In altre parole, da una parte, un indicatore può sovrapporsi solo parzialmente al concetto per il quale
concetto per il quale era stato selezionato, e dipendere per il resto da un altro concetto, dall’altra,
un concetto non può essere esaurito da un solo indicatore specifico, necessitando di più rilevazioni.
Nello schema questa incommensurabilità emerge nell’operazionalizzazione del concetto di libertà:
7
8
P. Corbetta, Metodologia e tecnica della ricerca sociale, cit., p. 106.
P.F. Lazarsfeld, trad. it. Introduzione, in P.F. Lazarsfeld – R. Boudon (eds.), L’analisi empirica nelle scienze sociali, cit., p. 35.
9
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
Se un indicatore può essere connesso con più concetti, dal contenuto semantico anche diverso,
Marrani propone di definire “parte indicante” la parte di contenuto semantico che esso ha in
comune con il concetto del quale è assunto come indicatore e “parte estranea” la parte restante.Nella
definizione operativa, si tratta di privilegiare indicatori per i quali la parte indicante sia massima.9
L’errore nella fase di indicazione, cioè nella scelta degli indicatori atti a rappresentare un certo
concetto, è un errore di tipo sistematico che attiene alla scarsa cultura sociologia del ricercatore.10
In conclusione, Marradi ha messo in luce tre possibili tipi di rapporto di indicazione tra concetti
e indicatori nella ricerca sociale: (1) un concetto direttamente operazionalizzabile è trasformato in
variabile tramite una definizione operativa; (2) un concetto più generale (A) viene collegato tramite
un rapporto di indicazione a un concetto più specifico (B); (3) Il concetto più specifico a sua volta
può essere operazionalizzato in una variabile B, in modo più semplice di quanto sia possibile fare
con il concetto A. Questi passaggi sono raffigurati da A. Marradi nelle seguenti schematizzazioni.11
9
A. Marrardi, Concetti e metodi per la ricerca sociale, cit., p. 30.
P. Corbetta, Metodologia e tecnica della ricerca sociale, cit., p. 122.
11
A. Marrardi, Concetti e metodi per la ricerca sociale, cit., pp. 32-34.
10
10
Luca Corchia – Seminario di Metodologia e tecnica della ricerca scientifica – Classe 36
continua ...
11