Islam alla francese - Osservatorio sul Pluralismo Religioso
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Islam alla francese - Osservatorio sul Pluralismo Religioso
L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 sabato 3 settembre 2016 Pace tra musulmani e cristiani dopo un attacco a Faisalabad La strada del perdono PARIGI, 2. L’istituzione di una nuova «Fondazione dell’islam di Francia» con obiettivi culturali, educativi e sociali; la costituzione di un’associazione musulmana dedicata al finanziamento delle moschee e della formazione teologica dei ministri del culto; l’avvio di una missione tesa a proporre la creazione di corsi di islamologia in alcune università. Sono i tre progetti annunciati lunedì scorso dal ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, in occasione della giornata di consultazioni che ha visto la partecipazione di rappresentanti del Consiglio francese del culto musulmano, di personalità della società civile e di un gruppo di parlamentari, riuniti nella sede del dicastero per riflettere sulla costruzione di un islam «nel rispetto dei valori della Repubblica». Nel suo lungo discorso, Cazeneuve si è soffermato soprattutto sulla Fondazione dell’islam di Francia destinata (prima della fine dell’anno) a sostituire la vecchia Fondazione delle opere dell’islam, istituita nel 2005 per sovvenzionare la costruzione di moschee e la formazione degli imam, ma che — ha detto lo stesso ministro — «non ha mai funzionato» perché, essenzialmente, «alcune delle parti coinvolte, le federazioni delle moschee, non avevano interesse a usufruire di essa per finanziare i loro progetti». Il nuovo organismo non avrà uno scopo strettamente cultuale, come il finanziamento delle moschee o la formazione teologica Annunciati tre progetti per favorire un migliore inserimento nella società Islam alla francese degli imam, ma perseguirà obiettivi di ordine culturale, educativo e sociale, come già fanno altre fondazioni di ispirazione confessionale (per esempio l’associazione caritativa cattolica Notre Dame). In particolare, potrà contribuire alla formazione laica dei cappellani e degli imam, dare il proprio sostegno a iniziative che facilitino la conoscenza al grande pubblico della religione e della cultura musulmana, attraverso mostre, produzioni audiovisive, oppure promuovere la ricerca in islamologia. «Più in generale — ha sintetizzato Cazeneuve — essa sosterrà tutti i progetti utili al buon inserimento dell’islam nella società francese». Il consiglio di amministrazione comprenderà tre rappresentanti dei ministeri dell’Interno, dell’Istruzione e della Cultura, il presidente del Consiglio francese del culto musulmano e due rappresentanti del comitato dei do- Dalla città siriana la testimonianza dell’arcivescovo Hindo Tè amaro per la gente di Hassaké HASSAKÉ, 2. «Siamo circondati. A nord il confine con la Turchia è chiuso, a est ci sono l’Is e i curdi, a ovest e a sud ancora lo Stato islamico. Niente passa di lì, tutto giunge in aereo. Stanno arrivando dei carichi di cibo ma non basteranno neanche per il 5 per cento della popolazione che qui conta 1.200.000 persone». Nella sua drammatica testimonianza alla fondazione di diritto pontificio «Aiuto alla Chiesa che soffre», l’arcivescovo di Hassaké - Nisibi dei Siri, Jacques Behnan Hindo, racconta di una città, Hassaké, capoluogo dell’omonimo governatorato, «sotto assedio, piagata dai combattimenti, circondata da ogni parte, dove il poco cibo a disposizione ha un prezzo inaccessibile per la popolazione». Gli scontri fra gli eserciti curdo e siriano hanno raggiunto anche l’arcivescovado e un colpo di mortaio ha sfiorato lo stesso monsignor Hindo. Ora la situazione è più tranquilla ma fino a qualche giorno fa la gente non poteva uscire di casa. «Da diversi giorni chiedo che vengano smantellati i check-point della città che — spiega il presule — non servono che ad alimentare le tensioni e si trovano in maggioranza nell’area abitata dai cristiani». Prima dell’inizio dei combattimenti, Hindo aveva offerto l’arcivescovado siro-cattolico come sede di incontro per una negoziazione tra le parti finalizzata alla rimozione dei checkpoint, introdotti nel giugno 2015 quando il cosiddetto Stato islamico si era impadronito di gran parte di Hassaké. Ma sono rimaste solo le buone intenzioni. L’Is, pur distante ora settanta chilometri, impedisce l’arrivo di aiuti umanitari e beni di prima necessità. I pochi rifornimenti che riescono a raggiungere Hassaké e la vicina Qamishli via terra devono pagare una “tassa” allo Stato islamico, ma spesso gli estorsori non si accontentano. «Una volta su cinque si impadroniscono comunque di tutto», afferma amareggiato monsignor Hindo. In oltre cinque anni di guerra l’arcivescovo di Hassaké - Nisibi dei Siri ha sempre sostenuto la popolazione senza alcuna distinzione di fede e occupandosi dei bisogni più disparati: dalla pulizia all’emergenza rifiuti, agli aiuti alimentari. «Non sarei vescovo e nemmeno cristiano se facessi preferenze in base alla religione. Oggi molte famiglie sopravvivono con pane e tè, a colazione, pranzo e cena. Tè amaro, perché lo zucchero è troppo caro», sottolinea. A metà agosto «Aiuto alla Chiesa che soffre» ha approvato un contributo di 1.500.000 euro per le popolazioni in difficoltà ad Aleppo e ad Hassaké. Dall’inizio della crisi siriana (marzo 2011) a oggi la fondazione ha donato quasi 15 milioni di euro. Sempre in Siria, meno drammatica ma ugualmente difficile è la situazione a Wadi al-Nasara («Valle dei cristiani»), area che ospita attualmente 210.000 cristiani, di cui ottomila famiglie sfollate, alle quali se ne stanno aggiungendo altre tremila. In questi anni circa 75.000 giovani hanno lasciato la zona, diretti all’estero, per mancanza di prospettive di lavoro e di alloggio. Per questo un comitato composto da laici e religiosi, sostenuto dalle Chiese cattolica grecomelkita e ortodossa, ha deciso di lanciare un vasto programma di urbanizzazione nella regione. «Le giovani coppie hanno prioritariamente bisogno di uno spazio di vita per fondare una famiglia», ha spiegato a Radio Vaticana il padre gesuita Ziad Hilal, che partecipa alla realizzazione del programma insieme ad alcune organizzazioni non governative. Tra esse l’associazione cattolica francese Œuvre d’Orient, guidata da monsignor Pascal Gollnisch, che sostiene in particolare un progetto per la realizzazione di un laboratorio di case prefabbricate, iniziativa particolarmente utile, considerando che la maggior parte delle imprese di costruzione di Aleppo e Damasco sono state distrutte dal conflitto. natori. Presidente della fondazione sarà Jean-Pierre Chevènement, 77 anni, ex ministro dell’Interno, «grande repubblicano e conoscitore del mondo musulmano, dall’incontestabile attaccamento alla laicità», persona con «la competenza, l’esperienza e la neutralità» necessarie per lo svolgimento di questo delicato compito, ha detto Cazeneuve. Ad affiancarlo quattro grandi personalità del mondo musulmano: l’islamologo Ghaleb Bencheikh, il rettore della Grande moschea di Lione, Kamel Kabtane, l’ex presidente del «Club del XXI secolo» (rete che raggruppa soprattutto l’élite degli immigrati di origine africana), Najoua Arduini Elaftani, e lo scrittore Tahar Ben Jelloun. A fianco della Fondazione dell’islam di Francia lavorerà un’associazione cultuale nazionale incaricata di reperire e ripartire collettivamente i sovvenzionamenti per la costruzione di moschee o la formazione propriamente teologica degli imam. Sarà presieduta da un francese di confessione musulmana e lo Stato «si asterrà naturalmente dall’intervenire sul suo funzionamento». Il principale obiettivo di questa associazione è di trovare nuove fonti nazionali di finanziamento, soprattutto presso imprese della filiera halal e del settore dei pellegrinaggi, sotto forma di contributo volontario. «Questo modello economico dovrà essere sufficientemente dinamico per evitare eventuali conflitti di interesse fra le principali federazioni di moschee», ha auspicato il ministro dell’Interno, raccomandando inoltre una stretta cooperazione con la Fondazione dell’islam di Francia per permettere il co-finanziamento dei progetti misti, ovvero cultuali e culturali (a esempio una biblioteca o uno spazio espositivo legato a una moschea). Per quanto riguarda invece la “missione”, lanciata assieme ai ministeri della Pubblica istruzione e dell’Insegnamento superiore, tesa a creare corsi di islamologia negli atenei francesi che ne faranno richiesta, il suo scopo è di «rafforzare l’offerta universitaria “dotta” alla quale possono avere accesso futuri imam in materie “non confessionali” (lingua e letteratura araba, storia ed esegesi del Corano, storia della civiltà musulmana), completando il percorso di studi compiuto negli istituti privati di teologia musulmana». Per far sì che questi corsi siano di alto livello (nella tradizione dei Massignon e dei Berque), rigorosamente laici e aperti a tutti gli studenti interessati, il ministero affiderà la missione a tre esperti: uno specialista laico dell’islam, un teologo musulmano e un giurista. «Dare alle istituzioni musulmane dei mezzi finanziari contribuisce a rafforzare il loro ruolo nella prevenzione della radicalizzazione, in particolare attraverso l’abilitazione degli imam», ha dichiarato il presidente del Consiglio francese del culto musulmano, Anouar Kbibech, per il quale queste strutture consentiranno di superare le divisioni interne: «La gravità delle sfide ci impone di lavorare nell’unità». Iniziativa del World Council of Churches Petizione alle Nazioni Unite per i rifugiati GINEVRA, 2. Le guerre e i conflitti continuano a costringere migliaia di famiglie ad abbandonare le proprie case ogni giorno e ad affrontare viaggi lunghi ed estenuanti che molto spesso finiscono in tragedia. Per questo, il World Council of Churches (Wcc) ha lanciato un forte appello a tutte le persone di buona volontà per indurli a sostenere la campagna di sensibilizzazione “#WithRefugees” dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), firmando la petizione che sarà consegnata alla sede delle Nazioni Unite, prima che si svolga la riunione dell’assemblea generale il prossimo 19 settembre a New York. «Tutte le persone — afferma il segretario generale del Wcc, Olav Fykse Tveit, in un videomessaggio che aprirà la riunione dell’assemblea dell’Onu — sono invitate ad alzare la voce, al fine di garantire che ogni bambino rifugiato possa ricevere un’istruzione; che ogni famiglia di rifugiati possa avere un posto sicuro per vivere e che ogni rifugiato possa lavorare o almeno imparare nuove competenze per poter dare un contributo positivo alla comunità che lo ospita o nella quale risiede». Secondo Tveit «il fenomeno migratorio è una realtà che ha bisogno di essere gestita, piuttosto che un problema da risolvere». Il World Council of Churches si è impegnato a sostenere attivamente la campagna dell’Unhcr, invitando i leader mondiali «a trovare soluzioni per la protezione dei rifugiati, sulla base di un spirito di responsabilità condivisa, valori condivisi e interessi comuni. Purtroppo — ha spiegato il segretario generale nel suo messaggio — rifugiati e migranti sono diventati facili capri espiatori per tutti i problemi socio-economici nazionali e internazionali e inoltre si assiste a un abuso sempre più diffuso a codificare, in materia di immigrazione, fanatismi xenofobi e pregiudizi». Secondo Katalina Tahaafe-Williams, responsabile esecutivo del Programma per la missione ed evangelizzazione del World Council of Churches, «con il fenomeno migratorio su larga scala in tutto il mondo, la xenofobia e la violenza razziale sono in continuo aumento. Solo essendo pienamente fedeli ai nostri valori umani possiamo raggiungere la giustizia, la pace e costruire quella speranza così necessaria alle società di oggi, alle prese con divisioni ed esclusioni». FAISALABAD, 2. «È la prima volta nella storia della città che sessanta musulmani si scusano in pubblico per i loro atti violenti e promettono di non offendere nemmeno a parole i cristiani che vivono in modo pacifico. Ringrazio tutti i leader cristiani che ci hanno sostenuto in questo percorso di riconciliazione». È quanto ha dichiarato ad AsiaNews Robin Daniel, presidente dell’Alleanza per le minoranze del Pakistan, il quale ha definito «straordinario» il risultato delle trattative che hanno portato a chiudere pacificamente — addirittura con le scuse della comunità musulmana — l’episodio di violenza che ha visto coinvolti i cristiani del quartiere Khushal Town di Faisalabad (nella provincia pakistana di Punjab) che due settimane fa sono stati assaliti da un gruppo di musulmani. Tutto è cominciato il 19 agosto quando un giovane operaio cristiano, Adnan Masih, ha ferito accidentalmente un musulmano mentre viaggiava in mo- protezione per i cristiani. Il 26 agosto i capi delle comunità cristiane delle colonie vicine a Khushal Town si sono riuniti in assemblea per deliberare sul caso, hanno istituito due commissioni legali e deciso di incontrare il funzionario della polizia speciale per chiedere di mettere in pratica il codice penale relativamente agli «attacchi di massa» e alla «violazione di proprietà privata con intenti criminali». Decisivo nella normalizzazione dei rapporti è stato l’intervento del ministro provinciale per i Diritti umani e le minoranze, Kahlil Tahir Sandhu, giunto in visita a Faisalabad. I leader della comunità locale lo hanno reso partecipe del clima di tensione fra i musulmani e i cristiani del quartiere di Khushal Town. Il ministro ha invitato la sera stessa i responsabili delle due comunità religiose a riunirsi. I cristiani hanno ricordato ai musulmani di avere i mezzi per difendersi, che la comunità internazionale può esse- to. La vittima, cognato di un influente leader musulmano locale, nonostante le ripetute scuse del giovane ha iniziato a picchiarlo assieme ad altre persone, per poi fare irruzione nel quartiere cristiano e attaccare i residenti. Almeno quattro persone, fra cui Masih, sono state trasportate in ospedale. Tre giorni dopo, alcuni leader cristiani accompagnati da Robin Daniel e da George Clement, ex parlamentare, si sono recati alla centrale di polizia per denunciare l’attacco e chiedere re allertata in pochi minuti e che il Pakistan si è impegnato a proteggere le minoranze secondo i dettami dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Due giorni dopo, il 30 agosto, i colpevoli dell’attacco hanno chiesto perdono in pubblico e otto leader musulmani hanno garantito la durata della riconciliazione. Le vittime cristiane hanno accettato le scuse e i documenti che hanno sancito l’intesa sono stati consegnati alla commissione preposta.