Trentino indebolito da quella piazza
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Trentino indebolito da quella piazza
Trento l'Adige Il presidente del consiglio provinciale non ha partecipato alla manifestazione per l’autonomia perché era certo che sarebbe stato un fallimento «Prepariamoci al 5 settembre Giornata dall’autonomia con un documento aperto. Il nome Comunità autonoma? Una fuga in avanti che crea solo contrapposizioni» 14 giovedì 15 marzo 2012 POLITICA «Trentino indebolito da quella piazza» Dorigatti: avevo avvertito tutti del rischio si deve guardare al futuro e al nuovo Statuto A sinistra, la manifestazione autonomista di sabato scorso in piazza Battisti alla quale il presidente del consiglio provinciale non ha partecipato A destra, sempre in piazza Battisti, un comizio di Bruno Dorigatti, quando era segretario della Cgil trentina, nel 2002, durante uno sciopero LUISA MARIA PATRUNO Rende antipatici essere tra coloro che dopo un «flop» possono permettersi di dire: «L’avevo detto». E per questo il presidente del consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, ha preferito lasciare passare qualche giorno dalla «Grande manifestazione popolare dei trentini per l’autonomia», che grande non è stata, per spiegare perché lui aveva deciso di non farsi vedere in quella piazza e aveva avvertito gli organizzatori del rischio a cui stavano andando in contro. Presidente Dorigatti, lei rappresenta il consiglio provinciale ma non è andato, a differenza di quasi tutti gli altri politici, alla manifestazione sull’autonomia. Perché? Da circa un mese avevo manifestato la mia contrarietà. L’ho detto al presidente Dellai e ad altri membri della giunta e del consiglio provinciale, che volevano spingermi a partecipare, e non sono stato ascoltato. È vero che lei di piazze ne ha viste tante nella sua esperienza di sindacalista della Cgil, ma cosa non ha funzionato in questa piazza secondo lei ? Io ero convinto che una manifestazione del genere non avrebbe rafforzato ma al contrario avrebbe indebolito l’autonomia. Non sono intervenuto prima nel dire pubblicamente la mia opinione per rispetto di ogni manifestazione. Non volevo che mi accusassero di aver contribuito a sabotare l’iniziativa. Né il giorno dopo sono saltato su per dire: «Avevo ragione». Agli organizzatori avevo detto che una manifestazione così ambiziosa doveva essere condivisa dall’intera comunità, coinvolgendo tutti i partiti, le associazioni, il volontariato, i sindacati, le categorie e si doveva fare anche con Bolzano. Si sarebbero dovute portare in piazza almeno 30-40.000 persone perché avesse un peso e non un effetto controproducente. E certo non si poteva improvvisare in un mese. Per questo avevo suggerito ai giovani or- COMMISSIONE DEI 12 ganizzatori di spostare la riflessione sull’autonomia all’auditorium, ma non hanno voluto. Per me anche 5.000 persone in piazza sarebbero state un fallimento. Perché ha deciso di parlare adesso? Perché archiviata quella giornata ora è necessario dire cosa vogliamo fare di questa autonomia. Il tema è centrale. Io ho grande rispetto per chi ha voluto riaffermare le ragioni e i valori dell’autonomia in quella piazza, ma ora dobbiamo guardare un po’ più in là, al futuro. Chi deve fare questa riflessione? La politica, le istituzioni, insieme alla società civile, ma non come è accaduto sabato scorso, dove i politici hanno partecipato a titolo personale, o solo di passaggio. Ma cosa vuol dire? La posta è alta e dunque o la politica ci investe con coraggio oppure sembra solo muoversi a difesa di un’autonomia intesa come privilegio. Ma lei cosa propone? Il 5 settembre è la giornata dell’autonomia e quest’anno cadono anche i 40 anni del secondo Statuto di autonomia. Io penso che dovremmo cominciare a pensare fin d’ora a prepararci a quella data indi- viduando alcuni saggi, come un politologo, un giurista e altri esperti, per predisporre un canovaccio di documento per un’evoluzione della nostra autonomia sul quale poi chiedere il contributo di volontariato, imprenditori, sindacati e altre voci della società in modo che la discussione sul nuovo Statuto si vissuta dal basso e sul territorio e non calata dall’alto. Il presidente Dellai pensa di cambiare il nome alla Provincia perché diventi Comunità autonoma del Trentino. Le piace l’idea? Io eviterei di fare fughe in avanti e di porre questioni nomina- L’ex presidente della Provincia felice: «Il 28 marzo saremo già al lavoro» L’esponente del Pdl è stato confermato presidente Nicoletti vota per Malossini, Pinter no M2031502 Il Pd si è diviso nel voto per la conferma di Mario Malossini alla presidenza della Commissione dei 12. Roberto Pinter si è astenuto, mentre il segretario del Pd del Trentino, Michele Nicoletti, ha votato a favore insieme a tutti gli altri componenti della commissione paritetica. La proposta del nome di Malossini per la presidenza era stata fatta dal ministro per gli Affari regionali, Piero Gnudi, che ha tenuto conto della richiesta venuta dal Pdl, dell’apprezzamento dei commissari che già avevano lavorato con Malossini e delle sollecitazioni dei presidenti delle Province di Trento e Bolza- no, Dellai e Durnwalder. Roberto Pinter, che è membro della segretaria provinciale del Pd responsabile per gli enti locali, è stato eletto in Commissione dei 12 dal consiglio regionale nel 2009. Già allora si astenne sulla nomina di Mario Malossini alla presidenza per via delle «macchie» giudiziarie che l’ex presidente della Provincia si porta dietro, benché di modesta entità, per fatti che riguardano le inchieste A22 e «Giano Bifronte». La «questione morale» che ha impedito a Pinter di votare a favore, nonostante durante la riunione l’ex vicepresidente della Provincia abbia espresso parole di grande apprezzamento per quanto fatto da Malossini come presidente della Commissione in questi tre anni, non ha costituito un problema, invece, per il segretario del Pd trentino, Michele Nicoletti. «Io ho votato a favore di Malossini - ha spiegato Nicoletti al termine della riunione - perché questo nome è stato proposto dal ministro che mi ha dato la fiducia in qualità di tecnico e non per la mia appartenenza politica. Quindi mi sono attenuto all’indicazione del ministro e ho votato da tecnico e in questa veste non ho avuto alcun problema». Nicolet- listiche che creano solo contrapposizioni e antipatie. Lo Statuto è regionale e dunque dovremmo innanzitutto cominciare a discutere del ruolo nuovo della Regione e dobbiamo farlo con Bolzano nella prospettiva dell’Euregio e io direi anche del rapporto con la Baviera e le altre regioni vicine a noi. Che senso ha cominciare la discussione dicendo: noi siamo diversi da tutti gli altri perché siamo l’unica Comunità autonoma d’Italia? E Bolzano? Io credo che visto il fallimento del federalismo si debba ripartire dal regionalismo. Mario Malossini, presidente Commissione dei 12 ti ha ricordato inoltre la generale stima che Malossini riscuote tra gli altri commissari. E l’astensione di Pinter? «Dovete chiedere a lui» scivola via Nicoletti. Del resto, Pinter non si può dividere in due. È solo un politico del Pd e non un professore-tecnico. Inoltre, rappresenta la Regione e non lo Stato, che ha nominato Nicoletti e proposto Malossini. Mario Malossini è felicissimo per la rielezione e gli attestati di stima e fiducia ricevuti. «Ora - ha commentato - ci possiamo mettere subito al lavoro. Il 28 marzo ci sarà la prima riunione operativa». L.P.