Senza titolo-1 - Jean

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Senza titolo-1 - Jean
J EAN -M ARIE B AROTTE
“LA
TOILE DOIT GARDER LE MYSTÈRE.
LE
PEINTRE EST LE GARDIEN DU MYSTÈRE”
BRAM VAN VELDE
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V O Y A G E
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Peindre: faire l’expérience de nous mêmes, être en chemin, expérimenter notre origine.
Peindre, non pour demeurer mais pour prendre congé car notre patrie est toujours la patrie
absente vers laquelle nous tendons.
Les tableaux comme ports d’attache provisoires mais fugitifs. Seuils ouverts vers l’autre.
L’œuvre nous invite à avancer là où le péril nous fait oublier le chemin dans l’illusion d’être
rentré au port.
Il faut donc avancer et dans ce mouvement donner forme à l’avancement à travers les
signes, les espaces et les formes.
Pendant ce cheminement, chaque moment, chaque œuvre, plus que mouvement et
limite est réflexion, mesure de l’ insistance, c’est à dire instant. Quand un parcours pictural
est constitué de tels instants alors seulement l’œuvre apparaît.
Revenir à moi cela signifie s’effondrer dans la matière de mes œuvres.
Sur cette matière, l’écriture fait son chemin. Traces que l’empreinte de l’homme à pied
laisse sur le terrain.
Sur ce chemin, laissons derrière nous toute position ferme car c’est le terrain même qui
nous désarçonne, qui empêche toute tentative de conquête et accueille au contraire la
recherche, l’expérience et peut-être même la prière.
«Caminante, son tus huellas/ el camino, y nada mas ;/ caminante, no hay camino,/ se
hace camino al andar» Machado
Ce cheminement est le voyage de l’âme sur la terre. L’âme de celui qui se détache, qui se
sépare de la parole déjà dite et avance solitaire, comme dans «La nuit obscure » de Saint
Jean de la Croix
« In principio était le Verbe … et le Verbe était près de Dieu… et le Verbe était Dieu. »
(Evangile selon Saint Jean)
« Le Père ordonne le monde avec la parole et son souffle. » (Genèse)
La parole devient livre, mai aussi geste, signe et peinture.
Les signes nous invitent à un silence attentif. Nous conduisent vers une dimension plus
intime en rapport direct avec l’Absolu.
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E A N
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L’A N I M A ,
A R O T T E
L’artista fortemente segnato dall’esperienza teatrale vissuta con Tadeusz Kantor trova nella pittura la libertà di un nuovo linguaggio.
L’interesse che l’artista porta sulla scrittura è il motore di tutta la sua ricerca pittorica. È soprattutto attraverso la lettura dei testi di Edmond
Jabes, Paul Celan, dei mistici cristiani e orientali che la sua pittura prende la forma d’una meditazione. La parola dialoga con il tratto,
nel soffio di un nuovo respiro, la parola diventa segno.
‘La notte oscura’ è una sorta di viaggio dell’anima che attraverso la notte giunge alla luce.
Dipingere: fare l’esperienza di noi stessi, essere in cammino, sperimentare la
nostra origine.
Dipingere, non per dimorare ma per prendere congedo da noi stessi poiché la nostra
patria è sempre la patria assente verso cui ci incamminiamo.
I dipinti come porti provvisori, porte aperte verso l’altro.
L’opera ci invita a procedere laddove il pericolo ci fa dimenticare il cammino
nell’illusione di essere arrivati in porto.
È necessario dunque procedere e procedendo dare forma al procedere con segni
spazi e figure.
Durante questo cammino, ogni momento, ogni opera , più che movimento è
riflessione, misura dell’insistere, istanti che si susseguono. Da questi istanti allora
solamente l’opera appare.
Ritornare in sé significa sprofondare nella materia delle proprie opere. Su questa
materia, la scrittura traccia il suo cammino. Traccia che lascia sul terreno il passo
dell’uomo.
Tracce che ci lasciamo alle spalle e che la terra stessa ricopre.
Il terreno stesso ci disarciona, ci impedisce ogni tentativo di conquista e accoglie
invece la ricerca, l’esperienza e forse la preghiera.
“Caminante, son tus huellas/ el camino, y nada mas ;/ caminante, no hay camino,/
se hace camino al andar ” Machado
Questo cammino è il viaggio dell’anima sulla terra. L’anima di colui che si separa
dalla parola già detta e procede solitario come nella ‘Notte oscura’ di San Giovanni
della Croce.
“In principio era il Verbo … e il verbo era presso Dio… e il Verbo era Dio.”
(Vangelo Secondo San Giovanni)
La parola diviene libro, ma anche segno e pittura.
I segni ci invitano ad un silenzio e ci conducono verso una dimensione più intima
in rapporto diretto con l’Assoluto.
I segni, come discrete presenze sono testimoni di un cammino, di un movimento,
spesso ascensionale, invocazione preghiera dell’artista.
Ogni pittura è un doloroso avvertimento della violenza necessaria per esprimere il
sublime o forse il suo contrario.
Nel 1977
Dal 1980 al 1992
1980
1985
1987
1988
1991
2005
2001
2002
2003
2005
gennaio 2006
febbraio 2006
marzo 2006
ottiene il diploma della scuola d’Arte Drammatica di Milano.
fa parte del Teatro ‘Cricot 2’ diretto da Tadeusz Kantor e recita nei seguenti spettacoli in tournées mondiali:
‘Wielopole, Wielopole’
‘Qu’ils crèvent les artistes’
‘La Macchina dell’Amore e della Morte’ per Dokumenta a Kassel.
‘Je ne reviendrai jamais’
‘Aujourd’hui c’est mon anniversaire’
Nel corso degli ultimi anni di collaborazione con il Teatro Cricot 2 inizia il suo percorso di pittore.
Dal 1993 lavora come pittore.
Collabora come pittore con la regista Maria Cristina Madau e realizza i quadri del sipario boccascena della Salomé
di Oscar Wilde, Teatro l’Onde a Velizy-Villacoublay (Parigi)
esposizione collettiva alla galleria Ebusus a Ibiza
esposizione alla galleria Claire de Villaret a Parigi
crea con altri artisti il progetto ‘I colori dell’ estasi’ percorso plastico teatrale pluridisciplinare.
esposizione alla galleria del centro culturale l’Onde a Velizy-Villacoublay (Parigi)
esposizione alla galleria “La Bacheca” di Cagliari
esposizione al Chiostro di Voltorre, Gavirate (VA)
esposizione nel municipio di Montreuil-Sous-Bois in Francia.
In copertina senza titolo, tecnica mista, cm 150x50
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senza titolo, tecnica mista, cm 18x24
senza titolo, tecnica mista, cm 40x30
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senza titolo, tecnica mista, cm 40x40
senza titolo, tecnica mista, cm 40x30
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VI
senza titolo, tecnica mista, cm 15x20
senza titolo, tecnica mista, cm 33x24
VII senza titolo, tecnica mista, cm 40x30
VIII senza titolo, tecnica mista, cm 15x20
Les signes comme discrètes présences sont témoins d’un chemin, d’un mouvement,
souvent ascensionnel, invocation prière de l’artiste.
Dans ce texte je suis resté à la lisière de la part d’ombre de la
peinture... il y a donc un manque... un reste qui ne se voit pas... un
trou effacé mais qui est quand même là, dangereusement présent, parce
que derrière chaque peinture la mort guette. (la beauté est infiniment
proche de l’horreur). Chaque peinture n’est qu’un avertissement douloureux de la violence
nécessaire pour exprimer le sublime et peut-être son contraire.
Cartella d’autore della collana Lucernaria ideata da Debora Ferrari • finita di stampare nel mese di febbraio 2006 in 1.000 copie firmate dall’autore
Edizioni Cervino - Châtillon
Evento creato e organizzato da Musea_Fabbrica Arte© • www.fabbrica-arte.com • un ringraziamento a Maria Cristina Madau, Thesaurus A.A. Art Paris • Art Direction Debora Ferrari • Impaginazione Katty Girardi
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M P R E S S I O N I
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R ITMO,
I N T O R N O
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A L L A
La pittura di Jean-Marie Barotte è un percorso dentro. Un addensarsi di
indicazioni e riferimenti e luoghi che li celano per poi svelarli di nuovo.
Viaggio dell’anima come egli stesso la definisce, ma non solo, occorre
aggiungere: anima medesima.
Non ha occhi per la realtà chi dice che l’anima non si vede. E’ forma e
forza, segno e impulso in ogni essere vivente; elegante fremito che
veste le linee corporali.
Se ancora oggi l’artista ha un senso nella società contemporanea è
quello dell’uomo/sacerdote, anzi del pontifex propriamente, capace di
collegare i mondi sensibili a quelli metafisici.
Barotte ha sperimentato su di sé i transfert necessari all’attore per
inscenare i drammi dell’anima nella sua decennale esperienza con
Kantor, così forte e intensa da restare viva anche in quella creativa
dell’artista, capace a sua volta di attingere a altre forze come i testi di
mistici profondi e innamorati della vita di Santa Teresa e San Giovanni
della Croce. Barotte estende tutta la propria esperienza al suo modo di
essere artista e pittore, cioè colui che ha visioni prima di tracciare le
proprie, chiamate a vivere nel mondo per gli altri dal preciso momento
in cui vengono evocate nella materia.
Osserviamo le composizioni: esse fluiscono sempre in un tracciato
luminoso e materico, liquido e profondo, il più delle volte intenso da
apparire come la fototraccia di una torcia che viene fatta oscillare nel
cupo germoglio della notte. Una direzione, un senso, uno sfondamento,
appaiono sempre a indicare una nascita e un occaso, un alba e un
vespro.
In questo ondeggiare di contrapposizioni –ma gli opposti sappiamo si
congiungono- raccogliamo un ritmo quasi naturale, una modalità vicina
al canto gregoriano, alla musica di lontani tamburi o organi, una danza
rituale, uno scandire di ore anzi di ere, con una tensione
elettromagnetica viva nell’unire il polo della terra a quello del cuore, le
ritmiche lunari a quelle cosmiche, i cicli del corpo e il riposo dello spirito
annegato nel suo silenzio meditativo anche dopo la produzione poetica.
Le sue vie sono luce e traccia, orma e sentiero, solco senza profondità
come la via Lattea così stupendamente bidimensionale ai nostri occhi.
Tutto si ricongiunge, ouroboros, principio alchemico di trasformazione
morte e rinascita.
E’ un fuoco sacro questa traccia, lo stesso che ispira i profeti e gli ar tisti.
L’ispirazione stessa sta alla meditazione come il fuoco sacro cromatico
sta alla pittura nera che lo circoscrive; così entrambe possono esistere.
P I ETR A,
P I T T U R A
D
L A PAROL A
I J - M B A R O T T E
DEBORA FERRARI
E’ una rivelazione quella che si crea con la pittura di Barotte, un rapporto
mente/corpo impastati come pigmenti, come sangue e saliva e polvere.
La mano dell’artista traccia rabdomanticamente la direzione di una nongeografia in grado di far perdere i punti cardinali del mondo per
concedere all’essere di cercare se stesso nel cosmo micro e macro del
proprio cuore, così come fra le stelle.
Quando ritroviamo segni simili a scritture in realtà osserviamo il
cardiogramma dell’amore perché anche questo è la pittura è l’arte è la
vocazione dell’artista a compiere il suo atto di povertà_rinunciare a tutto
darlo ai poveri e seguire la propria missione a dar vita ai mondi.
Questa parola è in realtà un segno pre-linguistico tracciato con la volontà
di far comprendere che dietro quella mano c’è un uomo e i segni sono
espressioni di una civiltà, di uno spirito.
Si stagliano con veemenza queste cromie campite a ampi spazi talvolta
piccoli gesti altri estesi percorsi e in alcuni casi sembrano divenire
materia opaca, architettura, muro.
Pittura come pietra la cui durezza e solidità divengono asserzioni
dell’imperitura vitalità dell’anima. E’ un imperativo il verbo che sortisce
dalle tele più essenziali e scabre, dalla voce baritonale come una nota
primordiale, un mantra.
Collocate tra le pietre e le colonne di un monastero, nelle antiche
fodamenta delle città, in luoghi pregni di storia, esse divengono il
sudario impresso del profilo di ogni anima.
Tra la terra dell’isola di Prospero dove nelle sue viscere Caliban selvaggio
si ribella, e le colonne del tempio del Signore sorge una melodia, ritmata
di vita e colori, buio e luce: pietra-pittura di Barotte, voce e viaggio
dell’anima, parola e ritmo. Cometa colma di senso che attraversa
l’oscurità del mistero!
L’artista chiama a esistere ciò che prima era solo ‘in nuce’, con la
semplice volontà.
Nel Medioevo del Secondo Millennio la pittura di Jean-Marie Barotte ha
un evocativo potere eliomantico.
XV
Getta fuoco sull’oblio
E fuoco in petto
Non è un angolo prudente la palestra dell’anima
La sorte assume una strana espressione da eliomante
Danza per la primavera
(…)
XVI
Di che pietre, di che sangue e ferro
Di che fuoco siamo fatti
E sembriamo di pura nuvola
E ci lapidano, ci chiamano
Illusi
Come campiamo giorno e notte
Dio solo sa.
(…)
Ma la visione del desiderio si desta carne un giorno
E dove prima non risplendeva che un deserto nudo
Adesso ride una città, bella come tu l’hai voluta
(…)
Amico (…) sogniamo, cantiamo, edifichiamo!
Odisseo Elitis, Sole il primo,
Guanda, Milano, 1979