risorse idriche e desertificazione

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risorse idriche e desertificazione
GIORNATE DI STUDIO
18/21 OTTOBRE CATANIA
18 ottobre 2004 – Hotel Parco degli Aragonesi – Catania
On. Sergio BERLATO
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RISORSE IDRICHE E DESERTIFICAZIONE
Una sfida per l’Unione Europea e per l’intera Umanità, al centro di
strategie per uno sviluppo sostenibile.
Introduzione
L'acqua dolce rappresenta una risorsa preziosa e limitata, essenziale per la
vita, per le attività economiche produttive e per l'ambiente stesso. Uno degli
aspetti fondamentali di tutte le analisi riguardanti gli attuali problemi idrici risiede
nel fatto che nessuna strategia per la riduzione della povertà può ignorare
l'importanza dell'acqua per la vita delle popolazioni e l'esigenza di una
gestione equa e sostenibile di questa risorsa fondamentale nell'interesse
dell'intera società.
Un altro elemento essenziale per la salute e la dignità umana e per la
produttività è il risanamento ambientale, anch'essa in stretto rapporto con
l'approvvigionamento idrico.
All'inizio del nuovo millennio, il mondo si trova a dover affrontare
numerosi problemi irrisolti. Nel 2000, 1,1 miliardi di persone (17% della
popolazione mondiale) non avevano accesso all'acqua potabile e 2,4
miliardi di persone (40%) non disponevano di strutture igienicosanitarie adeguate. La maggioranza di queste persone vive in Africa e in Asia.
La rapida urbanizzazione determina un aumento della domanda. Negli
insediamenti periurbani, soltanto il 18% e l'8% delle abitazioni sono allacciate
rispettivamente alla rete idrica e a quella fognaria. Sfortunatamente, gli abitanti
più poveri devono spesso pagare un prezzo più alto per l'acqua fornita dai
venditori rispetto alle persone più agiate alle quali l'acqua viene erogata
attraverso le condutture a tariffe sovvenzionate. I poveri nelle zone urbane sono
inoltre maggiormente esposti alle malattie causate da condizioni igienico sanitarie carenti.
Appare pertanto opportuno porre un maggior accento sulla gestione delle
risorse idriche nell'ambito della pianificazione e della programmazione degli
interventi di sviluppo finalizzati a ridurre la povertà.
La crescita demografica, il cambiamento degli stili di vita e lo sviluppo
economico sono alla base delle crescenti pressioni cui sono soggette le risorse
idriche in tutto il mondo e in particolare nei paesi in via di sviluppo, dove il
consumo di acqua registra un aumento tendenziale superiore rispetto
alla crescita demografica. In molti paesi dell'Africa e dell'Asia la situazione è
aggravata dal fatto che la disponibilità di risorse idriche è esposta a forti
fluttuazioni stagionali, nonché a cicli periodici di siccità e inondazioni. Nel 2025,
due terzi della popolazione mondiale potrebbe vivere in regioni colpite
da stress idrico.
I cambiamenti climatici sono e continueranno ad es sere una delle
cause di ulteriore pressione, in particolare per i paesi in via di sviluppo e per le
loro popolazioni più povere. Per molti paesi in via di sviluppo e comunità, la
capacità di fronteggiare e adattarsi alle variazioni e ai cambiamenti climati ci
rappresenterà un elemento fondamentale nell'ambito delle strategie di riduzione
della povertà e per le prospettive generali di sviluppo.
La sicurezza degli approvvigionamenti idrici è essenziale a livello
domestico, ma anche per l'agricoltura, l'industria, la produzione di
energia, ecc. Il settore agricolo è il maggior consumatore di acqua; in alcuni
paesi in via di sviluppo l'irrigazione rappresenta l'80% del consumo idrico.
Sebbene tale percentuale possa diminuire grazie ad un impiego più produttivo
dell'acqua, l'utilizzo di grandi quantità d'acqua per la produzione di generi
alimentari assume un'importanza vitale in un mondo ancora caratterizzato da una
rapida espansione demografica.
La ripartizione delle risorse idriche tra le diverse categorie di
consumatori diverrà pertanto sempre di più un argomento di contesa.
L'errata gestione delle acque (attraverso l'adozione di pratiche irrigue non
sostenibili) può causare la siccità e la desertificazione. In tali circostanze, il fatto
che gran parte dei più grandi fiumi, dei laghi e delle falde acquifere sotterranee
attraversino i confini nazionali alimenta sempre di più il rischio di conflitti.
La condivisione delle risorse idriche a monte e a valle tra paesi con diversi
obiettivi di sviluppo e differenti capacità istituzionali è una questione di
prevenzione dei conflitti, che richiede una crescente attenzione a livello politico.
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L'acqua è inoltre esposta ai potenziali seri pericoli legati alle
attività umane. Le attività industriali e agricole implicano l'impiego di sostanze
chimiche che spesso vanno a finire nelle acque di superficie e nelle falde
acquifere subito dopo essere state rilasciate nell'ambiente o in seguito a un lungo
periodo di immagazzinamento in condizioni inadeguate. Nei paesi in via di
sviluppo gran parte di tali sostanze vengono scaricate direttamente nei fiumi, nei
laghi e nelle acque costiere senza alcun tipo di pretrattamento. Il progressivo
deterioramento della qualità dell'acqua ha gravi ripercussioni non soltanto per la
disponibilità delle risorse e per la salute umana, ma anche per gli ecosistemi
vitali.
La situazione dell’Acqua in Europa
In Europa i problemi estremi legati all’acqua sono fortunatamente rari e a
parte il caso delle grandi inondazioni esistono le soluzioni tecniche per affrontarli.
Il continente europeo non è caratterizzato da penuria d’acqua o da malattie
mortali legate all’acqua che sono invece molto frequenti in altre parti del mondo.
A prima vista la situazione dell’acqua in Europa sembra soddisfacente, ma
non si può restare inattivi e compiacenti perché la qualità dell’acqua europea
in realtà è lungi dall’essere soddisfacente e sull’acqua gravano minacce
e pressioni notevoli.
Dalla prima direttiva europea sull’acqua del 1975 molto è stato fatto per
risolvere l’inquinamento delle acque europee dovuto a fonti localizzate, ossia
l’inquinamento dovuto ad una data fonte, ad esempio gli scarichi di acque reflue
da un sito industriale o le perdite da vasche di deposito. L ’inquinamento da fonti
diffuse, ad esempio il deflusso di fertilizzanti e antiparassitari dai terreni agricoli,
si è rivelato un problema più difficile da risolvere e desta crescenti
preoccupazioni. Queste sostanze nutritive e chimiche che si riversano nelle acque
sotterranee e di superficie possono rendere l’acqua non potabile. L’inquinamento
delle acque marine a seguito di scarichi radioattivi e di alcuni rifiuti organici è
stato ridotto.
Permangono, comunque, elementi preoccupanti — sfruttamento
eccessivo della pesca, concentrazioni elevate di sostanze nutritive, inquinanti
organici persistenti (persistent organic pollutants: POP ) e metalli pesanti —
soprattutto nel Mediterraneo, nel Mare del Nord e nel Mar Baltico.
Malgrado l’introduzione nell’UE di obiettivi di qualità per l’acqua,
dall’inizio degli anni ’90 la qualità dei fiumi non è migliorata in modo significativo
e il 20% di tutte le acque di superficie nell’Unione Europea è, secondo le stime,
seriamente minacciato dall’inquinamento. Vi sono stati tuttavia alcuni
miglioramenti nei fiumi maggiormente inquinati a partire dagli anni ’70.
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L’eutrofizzazione di fiumi, laghi, bacini e della fascia costiera causata
principalmente dai nitrati usati in agricoltura è in aumento e la sua minaccia è
spesso molto sottostimata. Un segno visivo dell’eutrofizzazione è la presenza di
eccessive fioriture algali.
Negli ultimi cinque anni, grazie a misure prese nell’industria, un migliore
trattamento delle acque reflue e un maggiore uso di detersivi senza fosfati da
parte delle famiglie, le emissioni di fosforo sono state ridotte del 40-60%.
Il 20% di tutte le falde acquifere dell’Unione europea è
seriamente minacciato dall’inquinamento. Le falde acquifere forniscono
circa il 65% di tutta l’acqua potabile europea. Il 60% delle città europee sfrutta
eccessivamente le proprie risorse idriche. Il 50% delle terre con falde
acquifere si trova in uno “stato di emergenza” a causa dell’eccessivo
sfruttamento delle stesse.
La superficie delle terre irrigate nell’Europa meridionale è aumentata del
20% dal 1985 è, quindi, assolutamente necessario che strumenti legislativi
adeguati affrontino il problema in modo efficace e aiutino a garantire la
conservazione di queste risorse per le generazioni future.
Le acque sotterranee forniscono circa il 65% di tutta l’acqua
potabile in Europa. La loro qualità — e di conseguenza quella della salute
umana — è minacciata da concentrazioni elevate di nitrati, antiparassitari, metalli
pesanti, idrocarburi e idrocarburi clorurati. Per migliorare la qualità delle acque
sotterranee saranno necessari molti anni considerati i tempi di introduzione e
spostamento nelle falde acquifere sotterranee delle sostanze inquinanti. In molti
paesi europei a partire dal 1980 vi è stato un declino del consumo totale di
acqua, in particolare dovuto al consumo industriale a seguito del passaggio dalle
industrie pesanti che consumano molta acqua a servizi che ne usano meno.
Parallelamente vi sono stati miglioramenti tecnici e un maggiore riciclaggio.
L’uso dell’acqua nei vari settori varia fortemente tra i paesi europei.
L’agricoltura è il settore che usa maggiormente acqua nei paesi del
Mediterraneo, soprattutto a scopi di irrigazione. Il settore dell’erogazione
pubblica di acqua è il maggiore utilizzatore di acqua nella maggior parte dei paesi
nordeuropei.
Normativa Comunitaria in materia di acque : la Direttiva quadro per
l’azione comunitaria
La Direttiva quadro 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia
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di acque costituisce la base di una strategia dell’Unione Europea per
l’acqua. Essa apporta un notevole miglioramento alla gestione sostenibile e
integrata delle risorse idriche in quanto per la prima volta sono coperti tutti i tipi
e usi dell’acqua.
La Direttiva 2000/60/CE, quindi, oltre ad ampliare il campo di applicazione
della protezione delle risorse idriche a tutte le acque, stabilisce chiaramente
che l’obiettivo del “buono stato” deve essere raggiunto per tutte le
risorse idriche europee entro il 2015 e che per tutta l’Europa si faccia
un utilizzo sostenibile di tali risorse .
La Direttiva mira a:
1. riunire tutte le regole inerenti alla gestione dello stato delle acque in un unico
sistema: una gestione del bacino idrografico basata sulle aree
geografiche e idrologiche anziché sui confini amministrativi e nazionali;
2. coordinare gli obiettivi per i diversi tipi di protezione delle acque (acqua
potabile, acque di balneazione, superficiali e sotterranee);
3. coordinare le misure da adottare per affrontare problemi individuali e
settoriali al fine di conseguire gli obiettivi;
4. definire il rapporto tra valori limite di emissione e standard di qualità
attraverso il cosiddetto approccio combinato;
5. rafforzare la partecipazione del pubblico e quindi la trasparenza e
l'applicazione della legislazione comunitaria in materia di acque;
6. introdurre un sistema di recupero integrale dei costi relativi ai servizi
idrici, in base al quale gli Stati membri saranno tenuti, entro il 2010, a
imputare ai consumatori i costi reali dell'acqua in tutti i settori di utilizzazione,
in particolare i costi di estrazione e distribuzione dell'acqua utilizzata e i costi
di raccolta e trattamento delle acque reflue. E' tuttavia prevista una serie di
deroghe a questo sistema generale, come la fornitura alle famiglie di servizi
idrici di base ad un prezzo accessibile.
Nella direttiva gli elementi chiave per una gestione sostenibile dell’acqua in
Europa sono:
1. Tutte le acque europee rientrano nella protezione assicurata dalla direttiva
(acque superficiali, acque sotterranee, acque di transizione e acque costiere);
2. Tutte queste acque dovranno raggiungere un «buon livello qualitativo » nel
Dicembre 2015;
3. Per raggiungere questi obiettivi sarà applicato un approccio innovativo che
combina i valori limite di emissione e le norme di qualità;
4. I bacini fluviali formeranno l’unità di gestione per tutte le questioni idriche
come è già il caso in vari Stati membri;
5. I costi globali dell’acqua dovrebbero riflettersi sul prezzo dell’acqua
rafforzando il principio «Chi inquina paga » e confrontando gli utenti ai costi
reali dell’approvvigionamento di acqua;
6. I cittadini devono partecipare più da vicino al processo di gestione dell’acqua;
7. La legislazione deve essere razionalizzata.
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La Direttiva quadro 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 23 ottobre 2000 sulle risorse idriche intende, inoltre, promuovere nuove
partnership, strutture e responsabilità e una gestione dell’acqua più
efficiente. Si tratta di una direttiva di ampia portata e dopo la sua adozione
sono state abrogati diversi atti legislativi europei sull’acqua mentre altri sono
rimasti in vigore in quanto complementari alla nuova direttiva.
Le strategie per la preservazione delle risorse idriche nel mondo:
forum internazionali da Rio a Johannesburg
Nell’ultimo decennio, svariate conferenze internazionali hanno
ricevuto il mandato di garantire l’accesso universale ad un’acqua
potabile e sicura. Le conferenze di Dublino e di Rio hanno definito i seguenti
principi per una gestione sostenibile delle risorse idriche:
– l’acqua potabile, risorsa limitata e fragile, è un elemento essenziale alla vita,
allo sviluppo ed all’ambiente;
– lo sviluppo e la gestione delle risorse idriche devono fondarsi su
un’impostazione partecipativa, che coinvolga gli utilizzatori, i pianificatori e i
responsabili politici;
– il ruolo delle donne è essenziale dal punto di vista dell’approvvigionamento in
risorse idriche nonché della relativa gestione e cura.
Il Decennio mondiale dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie (1981 –
1991) si è concluso con un impegno internazionale volto ad assicurare per il 2000
un approvvigionamento universale in acqua potabile sicura.
Un bilancio ancora preoccupante
Malgrado le dichiarazioni d’intenti a livello internazionale, i programmi
mondiali, regionali o nazionali e le “sovvenzioni” della Banca mondiale e del FMI,
il numero di persone che non hanno accesso all’acqua potabile non è diminuito.
Nel 1992, tale numero era stimato in un miliardo e 200 milioni di persone.
All’ora attuale, secondo l’OMS, 1,7 miliardi di esseri umani sono privi di
acqua potabile.
Gli esperti sono concordi: circa 2,4 miliardi di persone non dispongono di
servizi igienico-sanitari. Le conseguenze dal punto di vista della salute sono di
estrema gravità. Si calcola che 30.000 decessi siano quotidianamente
causati da malattie legate all’assenza di acqua potabile sana e di servizi
igienici. Malaria, colera, dissenteria, scistosomiasi, epatiti di origine infettiva e
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febbri diarroiche provocano 3,4 milioni di decessi ogni anno. Secondo l’OMS la
diarrea colpisce, da sola, quasi quattro miliardi di persone e provoca circa 2,2
milioni di decessi. Le vittime sono, il più delle volte, bambini di meno di 5 anni.
Si calcola che un bambino muoia per questa ragione ogni 15 secondi.
La povertà è direttamente alla base della penuria d’acqua potabile e di servizi
igienico-sanitari. All’epoca del libero scambio, il fossato tra ricchi e poveri di ogni
nazione ha continuato ad approfondirsi. Secondo la relazione annuale 2002 della
Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo, intitolata “Sfuggire
alla trappola della povertà”, il numero di abitanti dei paesi meno avanzati che
vivono in stato di estrema povertà è passato da 138 milioni negli anni ’60 a 307
milioni negli anni ’90.
L’impoverimento dei paesi del sud del mondo in maniera generale, e la
carenza d’acqua in particolare, sono determinati da molteplici fattori:
– un’agricoltura intensiva ispirata ad un modello produttivistico, che
assorbe quasi il 70 % delle risorse di acqua dolce disponibili a livello
mondiale, il 40 % delle quali vengono disperse per l’irrigazione;
– un’economia rivolta all’esterno, la cui persistenza nei paesi del sud del
mondo che favoriscono le colture rivolte all’esportazione a spese delle colture
alimentari attenta allo sviluppo dell’economia locale, compromettendo il
benessere delle popolazioni;
– la condizionalità dell’aiuto, in virtù della quale i prestiti della Banca
mondiale e del FMI ai paesi del sud del mondo sono vincolati alla
liberalizzazione dei servizi pubblici, compreso il settore idrico, alla
deregolamentazione ed al trasferimento ai privati dei servizi di interesse
pubblico. Tali condizioni hanno spesso amplificato il processo di
indebitamento estero e dunque di impoverimento dei paesi del sud del
mondo, le cui risorse finanziarie pubbliche disponibili sono impegnate per il
risarcimento del debito invece che per lo sviluppo sostenibile, l’accesso
all’acqua potabile, all’energia, alla sanità o all’educazione. La liberalizzazione
di questo settore, nei paesi industrializzati e con delle democrazie mature, é
da considerarsi un fenomeno acquisito che produce effetti positivi nella
gestione e nella distribuzione dell’acqua. Al contrario ragionevoli dubbi
possono sorgere per una liberalizzazione sfrenata e senza la
copertura minima di un Partenariato Pubblico –Privato nei paesi in
via di sviluppo.
Punti fondamentali per la salvaguardia e l’approvvigionamento delle
risorse idriche per i paesi in via di sviluppo
La Commissione e il Consiglio fondano la loro politica di sviluppo sui principi
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definiti dalla Banca mondiale. Tali principi sono volti ad assicurare l’ottimizzazione
del servizio nell’interesse dei consumatori.
Il problema centrale della politica delle risorse idriche su scala mondiale e
nella grande maggioranza delle situazioni locali è l’inadeguatezza tra la
domanda e l’offerta per ovviare a tale problema è stata data la priorità al
modello “francese” di gestione delle risorse idriche, fondata sul PPPpartenariato pubblico/privato.
Secondo un giudizio unanime, il PPP
costituisce una delle forme più evolute di privatizzazione dell’acqua. I poteri
pubblici realizzano gli investimenti in infrastrutture e definiscono il quadro
generale più favorevole all’azione del settore privato il quale, da parte sua, si
incarica di gestire i servizi di adduzione, di distribuzione e di manutenzione della
rete, nonché il trattamento delle acque reflue.
Strettamente collegati al tipo di gestione restano ancora da risolvere due
problemi: il tipo di finanziamento dell’accesso alle risorse idriche che
troppo spesso deve essere assicurato dai soli consumatori ( anche se tale
principio non viene applicato in modo coerente all’agricoltura ed all’industria,
compreso il settore energetico ) e la determinazione del prezzo dell’acqua
stabilita in base al principio del recupero del costo totale.
In un settore altamente strategico, soprattutto per i suoi profili umanitari, si
ritiene che il ruolo dell’autorità pubblica resti ancora decisivo e che non
possa applicarsi “sic et simpliciter” la logica del profitto.
Il vertice di Johannesburg
Le decisioni assunte a Johannesburg non fanno altro che riattualizzare le
politiche condotte a partire dagli anni ’90 in conformità con le prescrizioni del
FMI, della Banca mondiale e dell’OMC. La “grande novità” di Johannesbourg ha
consistito infatti nel rilanciare gli obiettivi del vertice del Millennio del 2000 e
della conferenza di Monterrey del marzo 2002. L’impegno è quello di ridurre
della metà, all’orizzonte del 2015, il numero delle persone prive di
acqua potabile sicura e di servizi igienico-sanitari. Tale obiettivo è stato
accolto come un grande progresso, indice di una grande ambizione a livello
mondiale.
Per quantificare l’obiettivo è stato preso quale termine di riferimento la cifra
di 1,3 miliardi di poveri (i più indigenti, coloro che “vivono” con meno di un
dollaro al giorno) e i 1,2 miliardi di persone prive di acqua potabile.
Non si è tenuto conto, però, della cifra di 1,4 miliardi di poveri che
“vivono” con meno di 2 dollari al giorno. Difatti, secondo le Nazioni Unite, vi
sono nel mondo 2,7 miliardi di poveri (1,3 miliardi dei quali si mantengono con
meno di un dollaro al giorno). Resteranno dunque 1,4 miliardi di poveri, che
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vivono con meno di due dollari al giorno. Sommando queste due cifre, si può
concludere che nel 2015 ci saranno 2,5 miliardi di poveri.
Non è stata, però, presa in considerazione la demografia. Infatti, se si
considera che entro 15 anni si registreranno 1,2 miliardi di nascite (80 milioni
all’anno) in Asia, Africa ed America Latina, e che 200 milioni tra loro saranno
“ricche”, 1 miliardo di nuovi poveri saranno venuti a popolare il pianeta per
condurre nel 2015 il numero dei poveri ad oltre 3 miliardi di individui.
Il Terzo Forum Mondiale sull’Acqua
Dal 13 al 23 marzo 2003 a Kyoto si é svolto il 3° Forum Mondiale
sull’Acqua. Il Forum si é concluso con qualche polemica dovuta al fatto che
secondo alcune ONG il Forum non avrebbe definito alcune fondamentali questioni
come quella relativa alla gestione pubblica o privata per l’utilizzo delle risorse
idriche dei paesi in via di sviluppo. In tutti i modi il Forum ha affrontato i
seguenti temi:
Povertà, genere, indigeni: è emersa la dimensione gigantesca del
problema. Si è riaffermata da più parti la necessità di dare priorità alla riduzione
della povertà e alla soluzione degli urgenti problemi legati all’acqua delle
popolazioni più svantaggiate. E’ stata affermata a tutti i livelli la necessità di una
maggiore partecipazione delle comunità locali alle decisioni e alla gestione. E’
stata affermata la necessità di salvaguardare le identità indigene e il loro
patrimonio culturale così come il ruolo fondamentale delle donne nella gestione
dell’acqua nelle popolazioni “del terzo mondo”.
Mega opere (dighe): molte le organizzazioni della società civile (ONG,
comunità locali, associazioni internazionali “alternative”, ecc) che hanno
sostenuto fermamente la necessità di prendere atto dell’esito generalmente
molto negativo dei mega progetti già realizzati.
Finanziamenti: gran parte della discussione sul finanziamento è ruotata
attorno ad alcuni aspetti:
1. Moltissima gente non ha accesso all’acqua potabile e non ha un servizio di
smaltimento reflui;
2. Rileva che il problema acqua deriva per lo più dal malgoverno e dalle
caratteristiche proprie del settore idrico;
3. Assume che bisogna rimediare a tale situazione ponendosi obiettivi concreti;
4. Stabilisce che bisogna agire su un ampio spettro di azioni;
5. stima che per supplire a queste carenze gli investimenti dovrebbero
raddoppiare;
6. Rileva che in sostanza mancano i finanziamenti perché soprattutto i governi
dei paesi in ritardo di sviluppo sono reticenti ad allocare risorse alla questione
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acqua avendo molte altre priorità in ballo, le agenzie internazionali hanno
diminuito il livello di donazioni e prestiti anche a causa delle accese proteste
sollevatesi attorno ai grandi progetti idrici, mentre i privati trovano troppo
rischioso il tema dell’acqua per attrarre i loro finanziamenti;
7. Raccomanda a attori chiave (governi, organizzazioni locali, associazioni di
utenti, ONG, banche e investitori privati, agenzie di aiuto, Istituzioni di
Finanziamento Multilaterale, Nazioni Unite e altre organizzazioni
internazionali) di stimolare in tutti i modi possibili i governi nazionali per
mobilitare risorse finanziarie.
Tra le critiche emerse:
1. Non c’è la dovuta enfasi sull’obiettivo primario che è ridurre la povertà e
migliorare le condizioni di vita dei “poveri;
2. Non si dà enfasi alla dimensione locale di piccola scala;
3. Riapre le porte al finanziamento di megaopere affermando la necessità di
creare nuova capacità di accumulo.
Servizio idrico: privatizzazione/liberalizzazione: su questo complesso
tema al Forum, molte sono state le esperienze addotte a giustificazione di una o
dell’altra soluzione: dalla società civile dei paesi in ritardo di sviluppo sono venute
diverse esperienze di successo di gestione comunitaria diretta e in partnership
con il pubblico; da altri paesi sviluppati ( es. La città di Marsiglia), esempi di
successo di partnership pubblico-privata. Le esperienze sono quindi
contraddittorie e non permettono di propendere a priori per un modello piuttosto
che un altro. La considerazione chiave potrebbe essere che per muoversi verso
una soluzione sostenibile, in fondo, chi deve avere l’ultima parola non è né
l’istituzione pubblica, né il privato, ma l’utente stesso.
Inondazioni e gestione dei fiumi e del territorio: è stata riconosciuta
la dimensione globale del fenomeno e la necessità di intraprendere azioni comuni
globali, come anche a livello locale. A livello globale: creazione di una rete
(International Flood Network) diffusione di conoscenza e best practices,
creazione di sistemi informativi globali per prevedere gli eventi estremi (mappe
della precipitazione ogni 8 ore su Internet), finanziamenti per ricerche applicate.
A livello locale, è stato dato molto spazio al ragionamento sulla necessità di
cambiare l’approccio finora adottato nella gestione dei fiumi e del territorio. In
sostanza più voci hanno ribadito che : l’approccio idraulico al controllo delle piene
è fallito; è fondamentale riqualificare i fiumi e il territorio annesso, agendo a
livello di bacino ed in modo integrato; occorre dare priorità a misure non strutturali anche se si tende sempre a soluzioni che integrano anche misure
strutturali (il problema resta il quanto e come).
Acqua e conflitti – Water for Peace: si e è rilevato come l’acqua possa
essere nel prossimo futuro il motore principale di seri conflitti anche armati tra
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diversi paesi, ancor più che il petrolio. Per prevenire i conflitti e trasformare
potenziali conflitti in occasione di cooperazione e beneficio mutuo sono state
messe in moto iniziative quali ”Water for Peace” promossa dall’UNESCO e da
Green Cross International.
Formazione (capacity building): tutti sono concordi nel sostenere la
necessità di informazione, sensibilizzazione, presa di coscienza, formazione e in
particolare capacity building istituzionale.
Agricoltura e irrigazione: tema molto dibattuto, visti i grandi interessi
in gioco e vista la complessità della problematica. Dalla dichiarazione ufficiale dei
Ministri emergono diversi riferimenti all’esigenza di migliorare la politica agricola,
le pratiche agricole e l’irrigazione.
Conclusioni : acqua migliore e per tutti
L’accesso alle risorse idriche, elemento indispensabile per la vita e
per la salute, fa ormai parte dei diritti fondamentali di ogni essere
umano. Dopo un’ampia mobilitazione civica, il Comitato delle Nazioni unite per i
diritti economici, sociali e culturali ha preso l’iniziativa di includerlo nel commento
generale del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. I 145
paesi che hanno ratificato questo patto sono d’ora in avanti tenuti ad assicurare
progressivamente alle popolazioni l’accesso universale, equo e non
discriminatorio a risorse idriche sicure. Si tratta di un primo passo importante nel
senso di un cambiamento della politica delle risorse idriche.
Di fronte a questa nuova situazione, l’UE deve orientare la propria politica sulle
seguenti priorità:
1) All’interno dell’Unione Europa
• Influenzare l’uso e gestire la domanda
Iniziative volte a proteggere l’ambiente idrico e a promuovere un uso più
razionale delle risorse idriche. Attraverso la promozione di iniziative miranti alla
riduzione del volume d’acqua utilizzato (per es. l’introduzione di strumenti
economici e di misura del consumo), solitamente corredate da programmi di
informazione ed educazione incoraggianti un uso più razionale.
• Agire sulla misurazione dei consumi
Si presume che la presenza di contatori sensibilizzi maggiormente la popolazione
sul consumo dell’acqua. Per esempio, si valuta che nel Regno Unito il consumo di
acqua nelle case dotate di contatore sia inferiore del 10 % rispetto a quelle
senza contatore.
La misurazione domestica e molto presente in Danimarca, Francia, Germania,
Paesi Bassi, Portogallo e Spagna), ma meno diffusa, per esempio, nel Regno
Unito. È difficile distinguere il suo impatto da altri fattori, in particolare la bolletta
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dell’acqua. Tuttavia, si valutano risparmi immediati sul consumo del 10-25 %
circa.
• Diminuzione delle perdite
L’efficienza di una rete ha delle conseguenze dirette sul consumo totale di acqua.
Nella maggior parte dei paesi, le perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua sono
tuttora importanti. La diminuzione delle perdite tramite una manutenzione
preventiva e un rinnovamento della rete è uno degli elementi essenziali per una
politica di gestione efficiente dell’acqua.
• Attrezzature per il risparmio idrico
L’utilizzo di sistemi per il risparmio idrico é in aumento nell’UE. Ma occorre
intensificare la riutilizzazione delle acque reflue serve soprattutto per attenuare la
scarsità d’acqua in talune regioni (ad es. Europa meridionale) ma anche per
proteggere l’ambiente evitando tutti gli scarichi in acque sensibili (specialmente
le acque costiere). È necessario incrementare la ricerca sugli aspetti sanitari.
Attualmente, la desalinizzazione dell’acqua marina avviene soprattutto in zone
dove non è disponibile alcuna altra fonte di approvvigionamento a prezzo
competitivo e il volume totale di acqua desalinizzata in Europa è molto esiguo se
comparato ad altre fonti di acqua desalinizzata in Europa è molto esiguo se
comparato ad altre fonti di approvvigionamento.
• Fonti alternative
La più vasta applicazione del riutilizzo delle acque reflue è l’irrigazione delle
colture, dei campi da golf e sportivi dove gli agenti patogeni possono entrare in
contatto con il pubblico. Sono necessarie ulteriori ricerche sulla sanità pubblica
nonché lo sviluppo di norme e orientamenti affinché tale riutilizzo diventi
socialmente accettabile. Il fattore principale che ostacola l’attuazione della
desalinizzazione è il costo dell’acqua proveniente da impianti di desalinizzazione,
che dipende strettamente dal costo dell’energia (dal 50 al 75 % del costo di
produzione). Da un punto di vista ambientale, è necessario un attento esame per
chiarire fino a che punto l’uso di energia primaria per la produzione di acqua è
ecologicamente ed economicamente valido.
2) All’esterno dell’Unione Europa
a) messa in opera, nel Nord come nel Sud del mondo, di nuovi modi di
produzione e di consumo fondati su:
– una gestione sostenibile dell’acqua, intesa a sostenere un’agricoltura
ecologica, basata essenzialmente sulle risorse locali, sulle tecnologie pulite e
sulle cooperative a livello delle comunità regionali;
– nuovi sistemi di irrigazione, che rimpiazzino i sistemi di irrigazione attuali,
largamente responsabili del dissesto idrogeologico con un’agricoltura
rispettosa dell’ambiente grazie a nuovi metodi d’irrigazione, di estrazione
dell’acqua e di utilizzo delle acque reflue riciclate.
Occorre del resto evitare il tranello rappresentato dall’offerta di “acqua
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virtuale” - importazione di prodotti agricoli che consumano grandi quantità
d’acqua - e ridurre la quantità d’acqua necessaria per la produzione locale nel
quadro del libero scambio commerciale. Infatti, un’agricoltura meno avida
d’acqua può nonostante tutto accrescere la dipendenza agricola ed alimentare
nei confronti dei grandi gruppi agroalimentari.
b) creazione di istituzioni partecipative e rappresentative
– gestione comunitaria: la migliore gestione dell’acqua è quella affidata ai
cittadini ed alle amministrazioni local i attraverso un PPP – Partenariato
Pubblico Privato. La proprietà dell’acqua e la sua gestione (distribuzione
e gestione delle acque reflue) devono restare o tornare nell’ambito di
responsabilità condivise all’interno di una regolamentazione chiara
e trasparente dettata dalle autorità pubbliche all’interno della quale
il settore privato deve poter trovare spazi ed autonomia adeguata.
A tal fine, l’UE può aiutare i paesi di Asia, Africa ed America latina a definire
piani (locali, continentali, interregionali e per bacino) di promozione e
sviluppo dei servizi idrici, a formare delle imprese “locali” (su scala regionale,
nazionale o continentale) di tipo cooperativo e mutualistico, incaricate di
fornire i servizi idrici su una base economico-finanziaria adeguata;
– creazione di organizzazioni regionali incaricate, su una base rappresentativa
allargata, della coordinazione della politica di approvvigionamento
idrico tra i paesi che attingono al medesimo bacino. Le risorse idriche
devono contribuire alla solidarietà tra le comunità, i paesi, le società, i sessi e
le generazioni, affinché la gestione razionale e democratica dell’acqua a livello
regionale venga rafforzata;
– regolamentazione internazionale:
devono essere istituite cornici
regolamentari chiare a livello internazionale e mondiale, per concretizzare una
politica idrica sostenibile e solidale. Le istanze parlamentari avranno un ruolo
fondamentale in questo settore;
– strumenti di finanziamento innovatori: tutti riconoscono l’inefficacia e
l’inadeguatezza degli attuali strumenti di finanziamento, pubblico e privato. E’
inoltre evidente che è illusorio lasciare che sia il mercato a regolare da solo i
problemi di accesso all’acqua potabile e di agricoltura sostenibile a fini
alimentari.
Alla politica, in conclusione, con il supporto delle conoscenze offerte
dalla scienza ma in piena autonomia, il compito di fare delle scelte
ponderate nel settore dell’acqua, che tengano conto di tutte le
differenti variabili, volte alla salvaguardia dei cittadini e a garantire
uno sviluppo sostenibile all’alba del terzo millennio.
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