La storia del Rum - Enoteca Squillari
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La storia del Rum - Enoteca Squillari
La storia del Rum Lo zucchero ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione del commercio internazionale e delle strategie geopolitiche degli stati europei nel XVI e XVII secolo. Sino alla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, lo zucchero aveva un prezzo veramente proibitivo ed era prodotto solo in Medio Oriente, nord Africa, Sicilia, Canarie e Madeira. La produzione era molto limitata ed era usato come dolcificante solo dalla nobiltà europea. La canna da zucchero, portata nel secondo viaggio di Cristoforo Colombo in quella che è oggi la Repubblica Dominicana, trova nei Caraibi e in Brasile il clima ideale per la sua coltivazione, con dei costi di produzione irrisori, grazie all’importazione degli schiavi dall’Africa. Un business milionario, che viene sviluppato da Francia, Inghilterra e Portogallo e in misura minore dal regno spagnolo, che si dedica intensamente allo sfruttamento delle miniere d’oro e argento in centro e sud America e usa i suoi possedimenti nei Caraibi (Cuba e Santo Domingo) più che altro come base logistica, sulla via del ritorno della Invincibile Armada. La tecnica di produzione dello zucchero di canna è comunque abbastanza complessa e inizialmente le potenze europee impediscono alle colonie di raffinare lo zucchero. Sino alla metà del ‘600, le principali raffinerie sono situate ad Amsterdam, Hamburg, Londra, Bristol, Bordeaux e Marsiglia. Sino a questa epoca, nelle colonie viene prodotto uno zucchero molto grezzo, semiliquido, chiamato muscovado, frutto di una prima cottura e conseguente cristallizzazione, che viene inviato in barili in Europa per un ulteriore raffinamento. Lo zucchero muscovado non ha praticamente residui e quindi non resta nulla da distillare. No molasses, no rhum. Nella seconda metà del seicento si evolvono le tecniche di raffinazione, sotto l’impulso della comunità ebraica-olandese scacciata dallo stato di Pernambuco, in Brasile, che trova asilo prima lungo il fiume Demerara in Guyana e poi a Barbados. In questa epoca viene sviluppata la tecnica del "sucre terré", "clayed sugar" in inglese. Il "sucre terré " viene prodotto concentrando il succo di canna in cinque caldaie di rame, riscaldate a fuoco vivo e portando alla massima cristallizzazione possibile il liquido, che dopo la cottura viene versato in contenitori d’argilla con il fondo traforato, ed esposti al sole per permettere l’essicazione dello zucchero e il defluire del liquido non cristallizzabile, che non è altro che la melassa. Inizia quindi negli anni ’50 del diciassettesimo secolo la possibilità di distillare rum nei paesi tropicali. La melassa è comunque ricca in zuccheri non cristallizzabili, come il saccarosio e il fruttosio e quindi in grado di sviluppare una fermentazione alcolica che trasforma gli zuccheri in alcol. Sino all’arrivo dello zucchero di barbabietola, il prezzo dello zucchero di canna rimane molto elevato e la domanda è in continua espansione; per esempio, i consumi in Inghilterra aumentano da 30 grammi procapite nel 1559 a 12 chili nel 1775, e quindi l’unico rhum prodotto fino agli albori del 1900 é il rum di melassa, che ancora oggi è chiamato rhum traditionnel. La melassa, oltretutto, si conserva per lungo tempo e dà la possibilità di poter distillare tutto l’anno. La qualità della melassa per la produzione del rum è inversamente proporzionale alla produzione dello zucchero. Più zucchero cristallizzato si estrae, meno zucchero conterrà la melassa. La melassa residuo della prima cottura del succo, la più ricca, si chiama ‘grade a’, quella della seconda bollitura ‘grade b’, e quella della terza ‘grade c’. Normalmente, per la produzione del rhum vengono utilizzate melasse che contengono dal 40 al 60% di zuccheri non cristallizzabili. Sarà solo all’inizio del ventesimo secolo che la produzione di rhum distillato dal puro succo fresco di canna da zucchero comincia a essere compiuta a fini commerciali. La concomitanza del crollo del prezzo dello zucchero, diventato ormai quasi una commodity e concorrenziato dallo zucchero di barbabietola e la chiusura progressiva dei piccoli zuccherifici (sucreries), sostituiti dalle usinestecnicamente più avanzate, porta i piccoli agricoltori a non trovare più conveniente il trasporto della canna agli zuccherifici e di conseguenza iniziare a distillare un rhum dal puro succo fresco di canna da zucchero. Inizialmente chiamato in Martinica rhum z’habitants, verrà negli anni ’20 chiamato rhum agricole. Il puro succo fresco è naturalmente disponibile solo nel periodo della raccolta della canna da zucchero, che normalmente avviene tra gennaio e luglio. È un prodotto aromaticamente più ricco, e sicuramente più costoso, visto che non si produce lo zucchero. Da una tonnellata di canna da zucchero si ricavano mediamente 650 litri di puro succo di canna a un brix (grado % si zucchero) tra 15 e 18%, dal quale si produrranno 50 litri di rhum agricole a pieno grado. Lo sviluppo della produzione di rhum agricole ha portato alla selezione di varietà di canna da zucchero specifiche per la produzione del rhum e non altamente performanti per la produzione dello zucchero. Barbados, La Réunion e negli ultimi anni la Guadalupa hanno sviluppato degli ibridi di grande successo come la B69.566, la canne bleue, di cui oggi esistono distillazioni monovarietali. Sicuramente, parlando di rhum bianchi, la supremazia del rhum agricole verso il rhum di melassa è inequivocabile, poiché la materia prima è molto più riconoscibile sia al profumo che al palato. Con l’invecchiamento, il legno e il tipo di distillazione prendono il sopravvento e le differenze si attenuano sensibilmente. Il rhum argricole si è sviluppato nelle regioni tropicali francofone, Martinica, Guadalupa, Marie Galante, Guyana francese e in misura minore alle Mauritius e Réunion. Solo River Antoine a Grenada e Callwood a Tortola producono rhum agricole al di fuori della regione francofona. Come mai il rhum agricole, che comincia a ragione a essere considerato il rhum super premium a livello mondiale, non è prodotto anche nell’area di colonizzazione inglese e spagnola? Oltre alla mancanza di background culturale, il problema maggiore è stata la sparizione della coltivazione della canna da zucchero in moltissime isole caraibiche, dovuta alla chiusura degli zuccherifici. Antigua, Saint Croix, Tortola, Puertorico, Saint Vincent, Saint Kitts e Saint Lucia oggi non producono più canna da zucchero in quantità industriale. Nel dopoguerra si è assistito alla progressiva chiusura di tutti gli zuccherifici privati, lasciando in molti casi, per motivi socio-economici, un solo zuccherificio statale in funzione. Nelle isole sopracitate l’ultimo zuccherificio ha chiuso a cavallo del secolo, e le poche distillerie sopravvissute sono state costrette ad approvvigionarsi della melassa da altri paesi produttori come il Brasile, la Guyana, il Venezuela e il Nicaragua, con notevoli problemi logistici e di stoccaggio, vista l’inadeguatezza delle rotte navali mercantili tra il Sudamerica e i Caraibi. Diverse distillerie, per esempio Saint Lucia distillery, stanno pensando di iniziare microdistillazioni di rhum agricole; hanno iniziato a piantare piccole superfici, tra 10 e 50 ettari, con la canna da zucchero, e a equipaggiarsi di mulini per la pressatura della canna ed estrazione del succo. Oltre alle due ‘basi classiche’, esistono altre declinazioni della canna da zucchero per produrre il rum. Fino ai primi anni del novecento era abbastanza comune l’utilizzo del vesou cuit, la cui utilizzazione è ancora messa in opera da River Antoine a Grenada. Il succo di canna (vesou) viene lavorato nella boiling house composta da cinque marmitte in metallo, una volta in rame, posate sopra un forno a fuoco nudo, alimentato con la bagasse. Il vesou viene schiumato con delle pale di legno, e viene passato progressivamente dalla marmite più grande a quella più piccola. Il processo di concentrazione dura circa sei ore; contemporaneamente, il vesou viene chiarificato utilizzando piccole quantità di calce. Questo processo permette di effettuare delle fermentazioni più lunghe, di sei-otto giorni, che danno vita a un rhum più aromatico ma con un profumo di vesou meno pronunciato. Un’altra tecnica ancora molto utilizzata, specialmente ad Haiti, è quella di utilizzare lo sciroppo di vesou, chiamato sirop de batterie. Lo sciroppo viene concentrato tra 35° e 38° baumé, e ha quindi la capacità di conservarsi nel tempo, dando la possibilità di fermentare e distillare tutto l’anno. Abitualmente il mosto per la fermentazione viene composto da un 20% di sciroppo, 60% di vinasse e 20% di acqua, raggiungendo una densità di 1060. Questo metodo produce rum molto aromatici, che vanno verso lo stile ‘grande arome’. Ad Haiti esistono più di 200 distillerie artigianali che usano questo metodo. La stessa Barbancourt usa, nel periodo dove non si raccoglie la canna da zucchero fresca, lo sciroppo concentrato, e sta costruendo un atelier per incrementare sensibilmente l’autoproduzione di sciroppo concentrato. L’azienda più famosa a utilizzare lo sciroppo concentrato di puro succo di canna è l’Industria Licorera de Guatemala, produttrice del ron Zacapa. Zacapa produce un mosto senza l’aggiunta delle vinasse ma solo dell’acqua. La versione più moderna degli sciroppi concentrati si chiama erroneamente high-test molasses, perché la parola melassa dovrebbe essere utilizzata solo per i residui conseguenti alla produzione dello zucchero, mentre in questo caso abbiamo la presenza di tutti gli zuccheri senza alcuna estrazione. Gli zuccheri cristallizzabili vengono invertiti tramite un processo tecnologico, e le high-test molasses hanno una concentrazione di zuccheri pari all’89%. Oltre all’utilizzo del succo di canna e degli sciroppi e della melassa, nel corso dei secoli si sono sviluppate tecniche che prevedevano l’utilizzazione di altri componenti. In Guyana i rhum erano addizionati con sauces a base di frutta (prugne, uva passa) e spezie, che venivano aggiunte a un alcolato di rhum diluito con acqua e lasciate invecchiare per qualche mese fino a tre anni, e poi venivano assemblate al prodotto standard. Metodo analogo era usato nelle isole di colonizzazione spagnola, specialmente Cuba, aggiungendo vino dolce e frutta, che entravano a far parte della mezcla, una formula tenuta gelosamente segreta dal produttore. In Giamaica, per ottenere gli high esters, utilizzano la tecnica dunder, che prevede, oltre all’utilizzo di vinasse ed écumes, anche l’aggiunta in fermentazione di succo di canna preventivamente fermentato in presenza di bagasse e prodotti organici messi a fermentare nelle fosse de tannerie. Queste sono ancora utilizzate da Hampden Estate in Queen of Spain valley, nella contea di Trelawny. Scritto da Luca Gargano Marzo 2014, Whisky Magazine