NA 6 2013_NasAzz Congresso
Transcript
NA 6 2013_NasAzz Congresso
1) 2) 3) 4) 5) 6 7) 8) 9) Distintivi con decorazione e Dame Patronesse Distintivi dorati: piccoli, medi e grandi Portachiavi smaltato Orologio Crest grande Labaretto Emblema Araldico Cartolina, cartoncino doppio e busta Fermacarte in onice 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) Posacenere Attestato di Benemerenza Cravatta: disponibile in polyestere e seta Foulards in seta Mug Fermacarte peltro Copricapo a bustina Quadro con emblema araldico del Nastro Azzurro Tutta l’oggettistica è in vendita presso le Federazioni che, in caso di carenza di materiale, possono richiederla alla Presidenza Nazionale dell’Istituto. Le spese di spedizione saranno a carico delle Federazioni ed aggiunte al costo del materiale. PERIODICO NAZIONALE DELL ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO FRA COMBATTENTI DECORATI AL VALORE MILITARE ANNO LXXIV - N. 6 -NOV./DIC. 2013 - Bimestrale - Poste Ital. S.p.A. Sped. in abb. postale D.L. n. 353/2003 (Conv. in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 MP-AT/C-CENTRO/RM L’ITALIA DOPO L’8 SETTEMBRE È SPEZ ZATA IN DUE: AL SUD IL GOVERNO LEG GITTIMO DEL RE AL NORD LA REPUBBLI CA SOCIALE DI MUSSOLINI LA LINEA GUSTAV DIVIDE IL CAMPO DI BATTAGLIA TRA TEDESCHI E ALLEATI SOMMARIO PERIODICO NAZIONALE DELL ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO FRA COMBATTENTI DECORATI AL VALOR MILITARE In copertina “L’Italia dopo l’8 settembre 1943” In questo numero: pag. 9 Il Calendario Azzurro 2014 pag. 18 Ricordo delle quattro giornate da pag. 32 La PS nel terremoto di Messina COME COLLABORARE La collaborazione a “Il Nastro Azzurro” è aperta a tutti ed è a titolo gratuito. I testi possono pervenire per posta elettronica oppure possono essere inviati alla redazione su supporto informatico (CD-Rom o DVD). Le immagini in formato elettronico devono essere “ad alta risoluzione”. Testi e foto, anche se non pubblicati, NON si restituiscono. • • • • • • • Sommario Editoriale: Lettere a “Il Nastro Azzurro” La Presidenza Nazionale comunica Il Congresso nazionale Michele Maddalena negli USA 70° anniversario del sacrificio di Salvo D’Acquisto • Il Calendario Azzurro 2014 • L’invasione della Sicilia e la Marina • 10 anni fa il Campo del Tricolore • Riesumate 22 salme della Gamucci • La rivolta di Matera • La Maggioranza silenziosa • Ricordo delle quattro giornate • La battaglia di Lero • La battaglia di Monterotondo • Nasce la Repubblica Sociale Italiana • Roma città aperta • Il riscatto di Mignano Montelungo • Cap. Pil. Loris Bulgarelli • Cap. Carlo Piazza: chi era costui? • MOVM eccellenti: S. Scirè Risichella • Angeli tra le rovine • Parliamone ancora • Notizie in Azzurro • Azzurri che si fanno Onore • Cronache delle Federazioni • Recensioni • Azzurri nell’azzurro dei cieli • Consigli Direttivi • Potenziamento periodico • Oggettistica del Nastro Azzurro Pag. “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” “” 2 3 4 6 6 6 8 9 10 12 14 16 17 18 20 23 24 26 27 28 29 30 32 34 36 37 38 46 47 47 47 48 “Il Nastro Azzurro” ha iniziato le pubblicazioni a Roma il 26 marzo 1924 - (La pubblicazione fu sospesa per le vicende connesse al secondo conflitto mondiale e riprese nel 1951) - Bimestrale - Anno LXXIII - n.° 5 - SettembreOttobre 2013 - Poste Ital. S.p.A.: Sped. in abb. postale D.L. n. 353/2003 (Conv. in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 - MP-AT/C-CENTRO/RM Direz. e Amm.: Roma 00161 - p.zza Galeno, 1 - tel. 064402676 - fax 0644266814 - Sito internet: www.istitutonastroazzurro.org - E-mail: [email protected] - Direttore Editoriale: Carlo Maria Magnani - Presidente Nazionale dell’Istituto Direttore Responsabile: Antonio Daniele - Comitato di Redazione: Carlo Maria Magnani, Antonio Daniele, Francesco Maria Atanasio, Graziano Maron,Anna Maria Menotti, Carlo Minchiotti, Giuseppe Picca, Federico Vido - Segretaria di Redazione: Chiara Caradente - Autorizzazione del Tribunale Civile e Penale di Roma con decreto n.° 12568 del 1969 - Progetto Grafico e stampa: Arti Grafiche San Marcello s.r.l. - v.le Regina Margherita, 176 - 00198 Roma - Finito di stampare: Aprile 2012 - C.F. 80226830588 - Il Nastro Azzurro viene inviato a tutti i soci dell’Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare, ma è anche possibile, per chi non è socio dell’Istituto del Nastro Azzurro, riceverlo abbonandosi. Per abbonarsi i versamenti possono essere effettuati su C/C Postale n. 25938002 intestato a “Istituto del Nastro Azzurro”, oppure su C/C Bancario CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA - Filiale di Roma - P.zza Madonna Loreto, 24 - c/c n. 0722122-3 - CIN IT “A” - ABI 06155 - CAB 03200 - IBAN: IT69A0615503200000000002122 Abbonamenti: Ordinario: 20 Euro, Sostenitore: 25 Euro, Benemerito: 30 Euro e oltre. Associato alla Unione Stampa Periodica Italiana 2 IL NASTRO AZZURRO EDITORIALE: il nostro futuro Azzurre e non dobbiamo essere solo presenti alle cerimonie Cari Azzurri, istituzionali, peraltro ora decisamente ridotte, ma quando leggerete che dobbiamo vivere le realtà dei nostri tempi. questo parole il nostro L’archivio informatico sui Decorati ci ha perXXIX Congresso sarà termesso di avere contatti con importanti realtà istiminato e l’Istituto inituzionali, di scambiare idee e di ricevere preziosi zierà un quadriennio consigli. Stiamo ad esempio prendendo contatti che mi auguro meno con un Ateneo di Roma per esaminare la possibilità sofferto del precedendi realizzare dei corsi post-laurea. Il master è un te. Abbiamo dovuto confrontarci con una crisi titolo accademico concesso alle persone che generale del Paese che ha avuto dei riflessi negahanno seguito studi in uno specifico settore di stutivi su di noi in termini di risorse economiche dio o area di pratica professionale. E’ una forma di ormai ridotte ad elemosina, canoni di affitto di apprendimento oggi molto richiesta in quanto alcune Federazioni portati dall’Agenzia del assegna ai frequentatori un punteggio, che può Demanio a livelli insostenibili e, non ultima, la essere utilizzato in concorsi pubblici. dura legge anagrafica che ci ha privato di punti di Stiamo concorrendo con altri Enti ed riferimento essenziali in termini di determinazioAssociazioni ad un finanziamento della Presidenza ne, iniziativa ed esempio. del Consiglio per iniziative Uno per tutti il nostro connesse alle celebrazioni del non è più possibile esistere 70° Presidente Onorario Giorgio anniversario della facendo esclusivamente riferi- Resistenza e della Guerra di Zanardi. Queste difficoltà ci hanno mento al passato, è necessario Liberazione con due progetti fatto capire che non è più molto interessanti che, se possibile esistere facendo adeguarsi ai tempi, utilizzando approvati, richiederanno la esclusivamente riferimento al il nostro patrimonio culturale e collaborazione e la partecipapassato, è necessario ade- storico, i mezzi che la tecnolo- zione attiva di tutte le guarsi ai tempi, utilizzando il gia oggi ci offre e le diversifica- Federazioni e di tutti i Soci nostro patrimonio culturale e dell’Istituto. storico, i mezzi che la tecno- te opportunità presenti nelA questo numero del periologia oggi ci offre e le diversi- l’ambito culturale. dico è allegato l’ormai tradificate opportunità presenti zionale Calendario. Il 2014 è nell’ambito culturale. dedicato alla Marina Militare Ecco perché è stato prodotto uno sforzo econoed ai suoi Decorati. E’ un doveroso omaggio ad una mico per aggiornare il nostro sito internet, con Forza Armata ed ai suoi Uomini che hanno scritto l’obiettivo che diventi non solo un mezzo di comupagine indelebili nella nostra storia, compiendo nicazione interno ma anche un punto di riferimenazioni che a distanza di anni mantengono inalterato per gli appassionati di storia. Le iniziative reata in tutti noi l’ammirazione per il coraggio, la lizzate ad esempio ad Arezzo, Catanzaro, Potenza determinazione ed il senso del dovere dimostrato. e Foggia su argomenti che non riguardavano solo il A tutti Voi, alle vostre Famiglie, all’Istituto i Valor Militare, ci hanno consentito di far conoscepiù cari auguri di Buon Natale e l’auspicio che il re ad una vasta platea l’Istituto. Gli apprezzamen2014 ci riservi qualche buona notizia in più. ti espressi dai convenuti ci hanno fatto capire che Carlo Maria Magnani L’Istituto del Nastro Azzurro augura Buone Feste IL NASTRO AZZURRO 3 LETTERE A “IL NASTRO AZZURRO” Risponde il generale Carlo Maria Magnani, Presidente Nazionale dell’Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare e Direttore Editoriale della rivista “Il Nastro Azzurro”. La seguente lettera, indirizzata dal gen. Giuseppe Calamani, socio del Nastro Azzurro ed ex Presidente di Assoarma, all'avv. Francesco Atanasio, Presidente della Federazione di Siracusa e Consigliere Nazionale, a seguito della pubblicazione del suo articolo "La Campagna di Tunisia" alle pagg. 20 e 21 del n.° 3-2013 de "Il Nastro Azzurro", è stata girata in copia anche alla Presidenza dell'Istituto. Gentile avvocato, ho letto sul n.° 3 del Nastro Azzurro 2013 la sua eccellente sintesi della Campagna di Tunisia. Messe è stato un grandissimo comandante e gli sono stato alla dirette dipendenze dal 1 febbraio 1943 al 13 maggio 1943 quale Capo Centro Collegamenti e Cifra della 1^ Armata. In tale incarico ho naturalmente seguito, giorno dopo giorno, la sua eccezionale attività. Sono stato quindi testimone delle "questioni" con Von Arnim (Comandante gruppo di Armate) ed i vertici Italia - Germania ed ho organizzato i collegamenti per le trattative di resa dell'VIII Armata. Ho trasmesso a radio Coltano (?) - dopo varie vicissitudini - migliaia di messaggi unificati alle famiglie dei soldati delle Armate (tutti recapitati) e con una A/310 ho tenuto i collegamenti con Roma fino alle ore 17,00 del 3 maggio. Ed ho assistito alla "discesa dell'ultima bandiera italiana in Africa". Con tanti ringraziamenti e vivissimi complimenti per il suo articolo. Cordialmente gen. Giuseppe Calamani (socio del Nastro Azzurro) L'argomento che il nostro periodico ha cominciato a trattare sistematicamente già dalla fine del 2012 è l'approfondimento, attraverso le testimonianze di chi visse quei fatti, della storia della nostra Patria 70 anni orsono. Si tratta di un periodo particolarmente complesso e di grave difficoltà da cui poi ebbe origine l'Italia odierna, pertanto "Il Nastro Azzurro" sta dedicando più di un articolo in ogni suo numero a tali eventi. L'articolo sulla "Campagna di Tunisia", a cui fa riferimento il gen. Calamani nella sua lettera rivolta all'avv. Atanasio è particolarmente importante perché mette in luce tre aspetti poco noti: come si è giunti allo spostamento del fronte dalla Libia, ex colonia italiana ormai perduta, in Tunisia, territorio coloniale francese, la notevole capacità di combattimento sostenuta dall'Asse nonostante l'enorme divario di mezzi e materiali bellici esistente con gli Alleati e la bellissima figura di comandante del generale Giovanni Messe, uno dei migliori ufficiali comandanti che le Forze Armate italiane hanno potuto schierare nel conflitto e potrei aggiungere, uno dei più grandi e meno noti eroi italiani. La tempra del generale Messe è stata ricordata molto bene dalla lettera del generale Calamani che, pur nello stile sobrio, quasi riservato, fa trasparire rispetto, ammirazione ed affetto per il suo diretto superiore che ha saputo gestire sia la difficilissima situazione tattica in cui si sono trovate le forze dell'Asse, molto inferiori di numero e mezzi, sia i rapporti non sempre ideali tra le forze italiane e quelle tedesche. "Il Nastro Azzurro" aveva già in passato più volte ricordato la figura del generale Messe, in particolare con l'articolo pubblicato sul n. 3-2008 alle pagg. 20 e 21 in cui si narravano proprio le drammatiche fasi finali ricordate dalla lettera del gen. Calamani, e si tracciava la carriera del grande condottiero evidenziandone la capacità di infondere negli uomini a lui affidati grande fiducia e consapevolezza e di trarne la massima volontà di combattere e resistere anche nelle peggiori condizioni. Non va dimenticato che egli fu uno dei pochi generali d'Armata che seppe meritare una promozione sul campo anche nella sconfitta: infatti si trattò di una sconfitta più che onorevole, fatta pagare a caro prezzo al vincitore e chiusa solo dopo che la resa era stata "autorizzata" personalmente da Mussolini, resosi conto che ormai non c'era più alcuna ragione perché la 1^ Armata dovesse continuare a combattere. Per tutte queste ragioni, ho ritenuto opportuno pubblicare la lettera che il generale Calamani ha scritto all'avv. Atanasio, affinché sia ancora una volta onorata la leggendaria figura di Giovanni Messe. Gentilissimo Generale Magnani, faccio parte di quella minoranza di cittadini che si sente ancora italiano in questa terra espropriata da politicanti corrotti, da associazioni a delinquere di ogni risma e nazionalità, da poveri diavoli che hanno paura ad esibire la propria italianità pena l'accusa di razzismo! Coloro che non ce la fanno più sono fuggiti (non emigrati) all'estero, hanno preferito abbandonare il territorio in cui sono nati, in quanto sono cresciuti senza conoscere il significato della Terra dei Padri: la Patria! Se dici queste cose in giro, ti fischiano dietro, ti dileggiano, dicono che farnetichi e che la Nazione non esiste più, esiste il villaggio globale ed il mercato globale, e quindi sei un cittadino del mondo, devi rinnegare millenni di storia che secondo i mondialisti, deve farci vergognare in quanto sempre secondo loro, è fatta di colonialismo e guerre! Una desolazione culturale che spesso scoraggia anche noi che ci occupiamo delle nostre amate Associazioni e che ci fanno pensare che tutto finirà, quando l'ultimo di noi se ne sarà andato per sempre! Mi sento rinfrancato quando mi viene recapitato il Notiziario del Nastro Azzurro, quando vedo che altre persone ben più istruite e acculturate di me, pensano e dicono le cose che penso e dico anch'io, quando 4 IL NASTRO AZZURRO sento esprimere sentimenti di amore di Patria, senso dell'Onore, senso del Dovere fino al sacrificio estremo! Allora penso a tutti coloro che ancora muoiono in nome della nostra Nazione, lo fanno mentre indossano la divisa militare italiana e mentre sul mezzo o sul luogo dove stanno svolgendo il Loro Servizio, sventola la Bandiera d'Italia! Grazie Generale, per l'impegno e la dedizione con cui Ella assolve i compiti non facili di Presidente Nazionale, grazie per l'esempio che a tutti noi, serve di sprone per continuare a mantenere accesa la fiamma ideale che non dovrà mai spegnersi e diventare cenere! Grazie! Alberto Gradin (Socio simpatizzante della Federazione di Pescara) Gent.mo Gradin, non è facile commentare una lettera come la sua, dalla quale traspare tanta rabbia e delusione per un degrado morale e culturale che appare inarrestabile. Eppure un filo di speranza c'è e sembra trasparire anche dalle righe del suo stesso scritto quando lei dichiara di sentirsi "... rinfrancato ..." leggendo su "il Nastro Azzurro "... le cose che ..." pensa e dice anche lei. Mi creda, l'Italia reale non è quella dei mass media, non è quella descritta dalla RAI, soprattutto da RAI 3 testata per la quale ogni occasione è buona per gettare fango e discredito sulle nostre povere istituzioni. L'ultima la ho vista solo qualche giorno fa per puro caso e ... per pochi secondi (non ho resistito ed ho cambiato canale per rabbia). In prima serata RAI 3 ha mandato in onda uno spezzone di filmato con in sovraimpressione lo stemma e la scritta "Marina Militare" che documentava l'improba fatica dei nostri sommozzatori militari comandati a recuperare le salme dei naufraghi del barcone affondato nei pressi di Lampedusa a metà ottobre. La cosa che mi ha fatto male era una ulteriore iscrizione sovraimpressa: "Male nostrum", con cui si parafrasava il nome dell'operazione "Mare nostrum" che le nostre Forze armate e Forze dell'Ordine stanno conducendo dopo che quell'ennesima tragedia del mare pare abbia finalmente mosso a compassione(?) i vertici europei. Questa evidente strumentalizzazione dello stemma della Marina Militare, usato con quella disinvoltura a significare che la tragedia era stata causata forse proprio da chi cerca di evitare che l'Italia sia una specie di colabrodo dove si può accedere in tutte le maniere, purché siano clandestine, con tutti i rischi connessi che sovente diventano reali, mi ha fatto davvero imbestialire. Se abbiamo un "servizio pubblico" radiotelevisivo che, nonostante sia sotto il controllo di una "Commissione parlamentare di vigilanza", riesce a trasmettere in prima serata messaggi così fuorvianti, non possiamo meravigliarci che l'Italia sia preda della demagogia così ben sintetizzata nella sua lettera. Se poi aggiungiamo che questo “servizio pubblico” lo finanziamo col “Canone RAI” obbligatorio per legge per tutti i possessori di apparecchi televisivi ... Eppure, glielo ripeto, l'Italia non è quella! Gli italiani non sono quelli descritti, o meglio, lo sono ma ... in minoranza. Purtroppo però, si tratta di una minoranza molto "rumorosa" che riesce, complice anche l'incapacità di farsi sentire della maggioranza "silenziosa", a far credere che chi s'indigna perché dall'Africa la gente vuole venire in Italia pagando gli scafisti della mafia piuttosto che seguendo le regole previste dalle nostre leggi, è "razzista"; chi s'indigna perché dopo che questi poveracci sono giunti a Lampedusa rischiando la vita e dando tutto ciò che avevano agli scafisti mafiosi, poi viene loro offerto solo un "posto di lavoro" da pulitore di vetri delle automobili ai semafori o di venditore di rose nei ristoranti, è "razzista"; chi s’indigna perché la Francia ha già ultimato la sua quota del nuovo traforo del Frejus mentre in Val di Susa il lavori sono frenati, bloccati da anni dai cosiddetti NOTAV, delle cui ragioni sappiamo tutto mentre nulla si sa di quelle per cui il traforo si deve fare, è "insensibile ai temi ambientali"; chi s'indigna perché i nostri giovani migliori devono andare all'estero per veder valorizzate le loro qualità è un "retrogrado"; chi s'indigna perché, sebbene se ne parli, il merito non è assolutamente incoraggiato, anzi vale sempre e soltanto un dannoso egualitarismo, è "fascista". Potrei continuare, ma servirebbe a poco. Una cosa voglio dirle: stia tranquillo! La maggioranza la pensa come lei e come me, purtroppo però, ciò non si riesce più a percepirlo perché si tratta di una maggioranza "silenziosa", che ha altro da fare nella vita che andare a fare chiasso in piazza chiedendo il rispetto di diritti esasperati, chiedendo di NON fare ciò che serve per l'utilità comune, chiedendo di sostenere tutto ed il contrario di tutto senza mai rimboccarsi le maniche per contribuire al progresso della nostra Patria e della nostra società. Questa minoranza "rumorosa" sta diffondendo da decenni la sensazione che l'intero popolo italiano voglia non lavorare, voglia essere equalizzato, voglia distruggere la ricerca (salvo poi lamentarsi perché in Italia non se ne fa abbastanza), voglia eliminare il concetto stesso di "impegno", di fatica, di sacrifico destinati ad uno scopo: tutto deve essere facile, scontato, a disposizione ... ma chi deve pensarci? Lo Stato, che diamine! Peccato che lo Stato siamo noi. Lei allora si chiederà da dove viene la mia convinzione che si tratta solo di una minoranza, sebbene molto "rumorosa". Semplice: i risultati delle elezioni dimostrano che la maggioranza degli italiani, per quanto disorientata e bombardata continuamente dai mass media con propaganda del tipo di quella che le ho descritto poc'anzi, è orientata secondo quei canoni di pensiero che lei ha molto ben esposto nella sua appassionata lettera. Più diventa ossessiva la propaganda sfascista, più la “maggioranza silenziosa” degli italiani si ritira dalle piazze, si allontana dalla politica urlata, prende le distanze dai “diritti pretesi” senza senso del dovere. L’unico male è che il pensiero della maggioranza silenziosa viene raccolto solo da piccole testate giornalistiche come questa e non, come sarebbe giusto, anche dai grandi giornali nazionali e dalle televisioni. Grazie per il suo bel messaggio e vive cordialità. IL NASTRO AZZURRO 5 LA PRESIDENZA NAZIONALE COMUNICA XXIX CONGRESSO NAZIONALE DELL’ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO Quando questo numero de “Il Nastro Azzurro” giungerà ai soci e agli abbonati, il XXIX Congresso Nazionale dell’Istituto avrà già avuto luogo, saranno stati già eletti i titolari delle cariche sociali che dirigeranno l’Istituto per i prossimi quattro anni e sarà già stata tracciata la linea di attività che l’Istituto cercherà di porre in essere nel prossimo quadriennio. Sul n.°1-2014 sarà pubblicato un ampio resoconto dei lavori congressuali, uno stralcio dei punti salienti della “Relazione Morale” presentata ai delegati al Congresso, un dettagliato consuntivo sul quadriennio appena trascorso e l’intervista al Presidente Nazionale eletto in cui egli traccerà un consuntivo del suo programma per l’Istituto. Poiché la rivista sarà in stampa proprio nel periodo del Congresso, non è possibile qui anticipare nulla su tale evento ed è altresì troppo tardi per dare indicazioni utili a chi vi dovrà partecipare. Quindi, rinviamo i lettori al prossimo numero per un approfondito servizio. MICHELE MADDALENA MARCIA NEGLI STATI UNITI D’AMERICA Michele Maddalena, il protagonista della “Marcia dell’Unità d’Italia” svolta sotto l’egida dell’Istituto del Nastro Azzurro e dell’UNUCI dal 3 novembre 2010 al 17 marzo 2011, percor rendo a tappe tutto il territorio nazionale, ha compiuto un’altra delle sue imprese: la “Marcia della cultura italiana in America”, attraversando tutti gli Stati Uniti da costa a costa e giungendo a Washington per consegnare al Presidente USA il crest dell’Istituto del Nastro Azzurro (fig. in basso). Il successo dell’impresa è testimoniatop dalla lettera che l’Ambasciatore italiano negli USA, Claudio Bisogniero, ha inviato a Michele Maddalena (pag. accanto). Di seguito potete leggere il diario del giorno dell’arrivo scritto proprio da Michele Maddalena al quale va sempre il plauso dell’intero Istituto per la sua eccezionale capacità di convogliare grandi idealità nella sua passione per la marcia. Quanto sotto riportato è, per il momento, la conclusione della "Marcia della Cultura Italiana". Dico per il momento, in quanto non potevo arrivare, a Washington, in un momento peggiore. - Arrivo previsto: 6 ottobre 2013 - Arrivo effettivo: 3 ottobre 2013 Il forte anticipo della conclusione è nato dal fatto che, al di là della programmazione, ogni tappa ha dovuto essere armonizzata con la disponibilità dell'alloggio (motel e similari), per cui raramente le distanze chilometriche sono scese al di sotto dei 40 Km. giornalieri, con non poche punte al di sopra dei 50. La mattina del 3 ottobre 2013, dopo una notte trascorsa a Lanhan (11 miglia da Washington, pari a circa 17,6 Km.), sono partito alle 06.30 e, alle 09.30, mi sono fermato, già abbondantemente dentro la Capitale, per darmi una sistemata. Alle 10.00 sono giunto a Mt. Vernon square, a poche centinaia di metri dalla Casa Bianca. Noto un insolito via vai di poliziotti e di macchine della polizia, oltre ad un paio di ambulanze, ma non vi do peso. Sto per sedermi sul bordo di un'aiuola quando, improvvisamente, sono accerchiato da quattro poliziotti in assetto di guerra (giubbetto antiproiettile, casco, paratia salva occhi, ecc.). Non c'è voluto molto per capire che non dovevo fare alcuna mossa sospetta. Uno dei quattro, con la canna della pistola e tenendosi a distanza di sicurezza, mi intima di mostrare il contenuto del mio borsone sul carrello. Con molta calma, tiro fuori tutto il contenuto, compreso le pergamene e i due contenitori con i crest del Nastro Azzurro e dell'Unuci. Non ho potuto fare a meno di ridere sotto i baffi, nel vedere lo scatto indietro fatto dai quattro alla vista dei due contenitori. Sempre interpretando il loro linguaggio, capisco che devo poggiarli a terra e a vista e, molto lentamente, devo aprirli. La certezza che il borsone non contenesse materiale esplosivo e che "quei due contenitori blu" altro non erano che due volgarissimi crest, scioglie di colpo ogni nervosismo. Chiedo se, tra loro, ci fosse qualcuno che capisse l'italiano. La non risposta non vuol dire che non vi fosse, perché ho potuto toccare con mano, durante tutto il percorso, che i discendenti da italiani, non amano farsi riconoscere, sia che capiscano, o che non capiscano la lingua. Un'altra caratteristica, che accomuna sia ex italiani che ex in genere, è la parola Italia. Tutti credono che l'Italia sia la Sicilia, e che tutti i siciliani, siano di Palermo. Scusate la divagazione. Dunque, dissoltasi la tensione, quello che sembra il capo fra i quattro, mi intima di allontanarmi, indicandomi anche la direzione. Ogni mio tentativo, con pergamena ben in vista, di far capire la mia intenzione (consegnare le pergamene e i crest alla Casa Bianca) cade nel vuoto. Così, mi avvio lungo la direzione indicata e raggiungo una seconda piazza. Apro la carta di Washington e mi rendo conto di essere sulla Massachusetts avenue. Mi fermo, sistemo in il carrello e... che faccio adesso? Il primo pensiero corre all'Ambasciata e mi do da fare. Dopo diverse telefonate, con entusiastiche "chiacchierate" con il centralino automatico, finalmente riesco a sentire una voce umana. Spiego chi sono, cosa faccio e cosa mi è capitato. La voce mi dice di attendere qualche secondo e, dopo una trentina di secondi, riappare. Mi chiede se so dove mi trovo ("Ah, benissimo, lei è vicino all'Ambasciata. A piedi, credo ci vorranno circa tre quarti d'ora. Venga, l'aspettiamo!). Per prima cosa, mi pizzico la guancia. Sono proprio sveglio, non c'è che dire! Venti minuti dopo sono al cancello della nostra Ambasciata. Mi riceve il dott. Cristiano Maggipinto, minstro plenipotenziario consolare e un altro membro dell'Ambasciata. Dapprima increduli, man mano che faccio vedere le ricevute dei motel il loro atteggiamento si trasforma in aperta ammirazione. "Signor Maddalena, mi scusi, ma è certo che ha 73 anni?" "Dott. Maggipinto, ha ragione! Non sono 73, ma 27. Mi spiego meglio. Per raggiungere il secolo di vita, mi mancano ancora 27 anni. E, quelli ce li ho! I 73, ormai, sono solo un ricordo. Ovvero, sono svaniti." L'ammirazione, a sua volta, si trasforma in meraviglia alla vista delle pergamene e dei crest. Si scioglie ogni formalismo e il dott. Maggipinto (di Noci, provincia di Taranto) mi spiega il trattamento ricevuto dai poliziotti americani. Introno alle 09.30, vicino al Congresso, una macchina ha tentato di sfondare il cordone di scurezza e la guidatrice è stata uccisa. "Lasci pure a noi il materiale. Sarà per noi un punto d'onore consegnarlo, a nome suo, al presidente Obama.". La precisazione che io sono solo il modesto messaggero cade nel vuoto. Ubi major, minor cessat! La "Marcia della Cultura Italiana" è ufficialmente conclusa. Non resta che tornare a casa. Michele Maddalena (Socio della Federazione di Latina e marciatore solitario) ANNO CONTRIBUTO ORDINARIO DEL TESORO 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 18.990 14.990 14.990 14.990 14.990 13.350 9.993 CONTRIBUTO STRAORDINARIO DIFESA 49.998 49.998 42.063 24.490 2.990 2.798 2.798 70° ANNIVERSARIO DEL SACRIFICIO DI SALVO D’ACQUISTO I l 70° Anniversario del sacrificio del Servo di Dio Vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto M.O.V.M. “alla memoria” è stato celebrato con due sentite cerimonie: una svoltasi a Napoli, sua città natale, il 21 settembre e l’altra il 23 settembre alla Torre di Palidoro sul luogo del martirio. Il Ministro della Difesa Sen. Prof. Mario Mauro ha ricordato D’Acquisto definendolo un “giovane eroe custodito nella memoria collettiva del paese ha sacrificato la vita in nome del prossimo e della giustizia e va ricordato alle generazioni che verranno”. Nella città partenopea si sono riunite per la commemorazione tutte le Sezioni dell’Associazione Nazionale Carabinieri intitolate all’Eroe con il Presidente Nazionale dell’A.N.C. Gen.C.A. Libero Lo Sardo. In mattinata è stata celebrata la Santa Messa, officiata dall’Arcivescovo Ordinario Militare d’Italia Emerito Mons. Vincenzo Pelvi, nella Basilica di S.Chiara, l’antica chiesa che oltre ad ospitare le Reali Tombe dei Borbone di Napoli accoglie il sepolcro del Carabiniere Martire. Al termine, il Comandante Generale dell’Arma Gen. C.A. Leonardo Gallitelli ha deposto una corona d’alloro sulla tomba del Martire. In serata migliaia di napoletani si sono ritrovati in Piazza del Plebiscito per un evento evocativo e musicale dedicato all’eroico ed amato concittadino, evento che ha visto tra i protagonisti la celeberrima Banda della Benemerita. Altrettanto toccante la cerimonia svoltasi alla Torre di Palidoro dove il giovane sottufficiale rincuorò cristianamente i ventidue ostaggi condannati a morte e costretti a scavarsi la fossa per un presunto attentato causato dallo scoppio di una bomba all’interno della torre, probabilmente residuo di un sequestro d’armi effettuato dalla G.d.F. che prima dell’armistizio presidiava la torre e che fu maneggiata con eccessiva imperizia dai tedeschi, causando la morte di due soldati germanici ed il ferimento di altri due. Salvo D’Acquisto, fallito ogni tentativo di dimostrare la totale estraneità degli ostaggi ed essendo stato violentemente percosso egli stesso, si assunse la responsabilità dell’attentato salvando così la vita agli altri, ma sacrificando la propria. In seguito a questo sublime atto d’amore, con cui concluse la sua esistenza terrena a soli ventitré anni, il 17 febbraio 1945 il Luogotenente Generale del Regno Umberto di Savoia gli conferiva la M.O.V.M. “alla memoria”. Nel 1983 la Chiesa Cattolica, su proposta dell’allora Ordinario Militare d’Italia Mons. Gaetano Bonicelli, e dopo accurate indagini sulla sua intera esistenza, ne diede avvio alla causa di beatificazione. Il comandante della Legione Carabinieri Lazio Gen. Gaetano Maruccia, alla presenza del Sindaco di Fiumicino Esterino Montino, ha deposto una corona d’alloro dinnanzi la stele eretta in memoria del Martire ai piedi della Torre, dietro di lui “sull’attenti” il fratello dell’eroe, prof. Alessandro D’Acquisto. Le note del Silenzio risuonavano ancora più vibranti 8 grazie alla quiete della campagna circostante; sullo sfondo il mare che Salvo tanto amava. Dopo aver dato lettura della motivazione della M.O. è stata recitata la Preghiera del Carabiniere che nella sua parte finale sembra proprio ben rappresentare il gesto di D’Acquisto “ … testimoniare con la fedeltà fino alla morte l’amore a Dio e ai fratelli italiani”. Il Gen. Maruccia ha poi passato in rassegna il Picchetto d’Onore dell’Arma e lo schieramento misto formato da rappresentanti della Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Capitaneria di Porto, Polizia Provinciale di Roma, Associazione Nazionale Polizia di Stato, A.N.C e dal sottoscritto, in rappresentanza dell’Istituto del Nastro Azzurro, schierato a fianco del Carabiniere Paolo Padovani, Presidente della sezione A.N.C di Torrimpietra-Palidoro intitolata all’eroico Vicebrigadiere. Al termine della cerimonia il Prof. Alessandro D’Acquisto mi ha espresso parole di ringraziamento nei riguardi dell’Istituto del Nastro Azzurro, che conosce da molti anni, e mi ha fatto dono graditissimo di una toccante dedica sul volume biografico dell’amato fratello. L’Arma dei Carabinieri ha mostrato estrema cortesia e disponibilità nei riguardi Gabriele Gigliotti dell’Istituto e del sottoscritto mettendomi a alla Torre di disposizione una vettura Palidoro dell’Arma, condotta dal Vicebrigadiere Angelo Tancredi, per accompagnarmi alla Torre di Palidoro e per ricondurmi a casa al termine della cerimonia. Un ringraziamento particolare al Maggiore Angelo Pitocco ed al Maggiore Massimo Pesa Comandante la Compagnia C.C. Roma Parioli. Il Ten. Tommaso Angelone (un carabiniere, nell’accezione più nobile del termine), che ha seguito personalmente l’iter necessario per garantire la mia presenza a Palidoro, al ritorno a Roma inaspettatamente mi ha fatto dono di un caro effetto personale inerente il suo servizio nell’Arma. Un ultimo pensiero lo vorrei dedicare a mio nonno, l’Azzurro Generale Medico Francescantonio Gigliotti, anche lui Decorato per aver rischiato più volte la vita affinché tante altre fossero salve e rimanendo in conseguenza di ciò invalido, a cui debbo in parte la mia devozione a Salvo avendone più volte incoraggiato lo studio ed avendomelo posto come esempio di giovane virtuoso cui trarre ispirazione: posso affermare di aver sentito spiritualmente la loro presenza vicina. La storia di Salvo D’Acquisto è una storia intensa ed al tempo stesso semplice, fatta di persone semplici ma di valori profondi e autentici, valori che il tempo non scalfisce, che l’individualismo non riesce ad annichilire e lo scarso senso civico obliare perché rappresentano il senso più profondo dell’esistenza, il significato più puro dell’amore come dono, valori che possono essere vissuti e seguiti solo rimanendo ad essi, parafrasando il motto dell’Arma, “Fedeli nei secoli”. Gabriele Gigliotti (Socio della Federazione di Roma) IL NASTRO AZZURRO FOTO COPERTINA DEL CALENDARIO QUI E A PAG. 2 Il Nastro Azzurro anche quest'anno pubblica, in alle- periodo storico importante per la nostra Patria, nel gato a questo numero della rivista, il CALENDARIO cui contesto è inserita la figura di almeno un militaAZZURRO. Il tema dell'anno 2014 è "I Decorati al re Decorati al Valor Militare nel periodo considerato. Valor Militare della Marina Militare". L'intento del CALENDARIO AZZURRO 2014 non è di Ovviamente non vi sono riportati tutti i Decorati riproporre ancora una volta la storia d'Italia, ma di appartenuti alla Marina da quando il Re di Sardegna approfondire, attraverso l'esempio dei Decorati ivi Carlo Alberto istituì, nel 1833, la Medaglia al Valor ricordati, il Valore del marinaio italiano in tutte le Militare. Il Calendario riporta per ciascun mese un epoche. BREVE STORIA DELLA MARINA ITALIANA L 'armata navale del Regno d'Italia venne formata dall'unione della piccola Real Marina Sarda con la Marina borbonica, che contribuì con equipaggi esperti e navi di buona qualità al suo potenziamento, e con le meno potenti marinerie toscana, garibaldina e successivamente pontificia. Il 17 marzo 1861, con la proclamazione del Regno da parte del Parlamento di Torino, nacque la Regia Marina. L'allora Presidente del Consiglio Camillo Benso di Cavour sostenne che il Regno doveva dotarsi di una forza navale potente che facesse dell'Italia una nazione di spiccato carattere marittimo. L'impegno di Cavour portò ad un notevole sviluppo della flotta, che si interruppe con la battaglia di Lissa. Perché la Regia Marina tornasse a dotarsi di navi moderne ci vollero dieci anni, con lo sviluppo della classe Caio Duilio. Grazie ad ingegneri navali come Benedetto Brin, Cuniberti e Masdea vennero prodotte classi di navi interessanti, ma sempre in numero limitato a causa delle necessità di bilancio del paese. La guerra italo-turca fu il primo vero banco di prova per la nuova flotta, che schierava praticamente le stesse navi poi impegnate nella prima guerra mondiale, durante la quale, tuttavia, non vi fu mai alcuna vera e propria "battaglia navale" con la flotta austro-ungarica. Le scelte operate tra le due guerre (niente portaerei, poca innovazione tecnologica) condizionarono infine pesantemente le strategie e le capacità operative della Regia Marina nella seconda guerra mondiale, durante la quale, pur battendosi validamente, essa subì una serie di sconfitte e non riuscì ad impedire il sostanziale predominio della Royal Navy nel Mar Mediterraneo. Dopo il conflitto, a seguito al referendum con cui veniva proclamata la Repubblica Italiana, la denominazione della forza armata cambiò in Marina Militare, ereditando la struttura della Regia Marina e quelle unità navali che le condizioni armistiziali avevano lasciato all'Italia. Con la firma del trattato di pace nel 1947, vennero poste serie limitazioni al numero e alla tipologia di naviglio e di armamenti utilizzabili dalla Marina, mentre un considerevole lotto di unità veniva ceduto alle potenze vincitrici in conto riparazione danni di guerra. Ma il mutato scenario internazionale e l'adesione italiana alla NATO , richiesero un'immediata nuova espansione, sostenuta anche con la cessione da parte degli Stati Uniti d'America di alcune unità navali e con un programma di costruzioni finanziato dalla "legge navale" degli anni '70, necessario per far fronte alla minaccia del Patto di Varsavia. Conclusasi la guerra fredda, dall’inizio del XXI secolo, è stato attuato un programma di ridimensionamento dovuto alla revisione dei compiti assegnati alla Marina Militare di controllo e condotta delle operazioni navali nelle acque territoriali ed internazionali con una forza in grado di operare autonomamente garantendosi la protezione dalle offese aeree, di superficie e subacquee, cui affiancare una componente anfibia in grado di svolgere limitate operazioni. A seguito dell'abolizione del servizio di leva e della revisione della spesa pubblica causata dalla crisi economica iniziata nel 2008, la Marina Militare sta riducendo il personale che, dai 31.000 effettivi del 2012, passerà a 27.000 nel 2024. IL NASTRO AZZURRO 9 L’INVASIONE DELLA SICILIA, L’ARMISTIZIO, LA REGIA MARINA CONVEGNO MARINA MILITARE DI AUGUSTA S Foto di gruppo dei relatori abato 7 settembre 2013 si è svolta presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare “C.F. Vandone” di Augusta una rievocazione nel 70° Anniversario della “Battaglia di Sicilia 1943” organizzata dal “Museo della Piazzaforte” di Augusta, dall’Associazione “Lamba Doria” di Siracusa, dalla Federazione di Siracusa dell’Istituto del Nastro Azzurro fra Decorati al Valore Militare e dal Comando di Marisicilia. Il convegno ha avuto per titolo: “L’invasione: fine della Piazzaforte ed i Caduti per la Bandiera; l’Armistizio ed il sacrificio della Corazzata Roma” sì da rendere immediatamente esplicito il collegamento fra gli eccezionali avvenimenti militari e diplomatici che segnarono la storia d’Italia e del mondo fra il 10 luglio e l’8 settembre 1943. L’esigenza del convegno è sorta nel momento in cui da più parti – spesso senza la dovuta preparazione – sono state promosse manifestazioni “celebrative” autoreferenziali e o del tutto inidonee a rappresentare con un minimo di fondamento storico i drammatici eventi dell’estate 1943. L’iniziativa del 7 settembre è stata presentata alle Autorità civili e militari intervenute ed al qualificato e folto uditorio presente dal Contrammiraglio Giuseppe Abbamonte, Presidente del Circolo Ufficiali M.M. di Augusta. Ha aperto i lavori l’Avv. Antonello Forestiere, Direttore del “Museo della Piazzaforte” Augusta e vice presidente della Federazione provinciale di Siracusa, che ha relazionato sul tema: “I Caduti italiani per la Bandiera nel territorio della Piazzaforte nel luglio 1943". Forestiere ha presentato un’accurata analisi della 10 situazione della Piazzaforte al momento dell’invasione, descrivendo le forze costiere italiane stanziate, le batterie antiaeree ed antinave ed i personaggi più significativi che componevano la catena di Comando e ha poi tratteggiato le operazioni militari nel territorio di Augusta dopo lo sbarco alleato. Diversamente dalle ricostruzioni storiografiche stereotipate che, prescindendo da un’analisi della situazione e del contesto tattico e strategico degli eventi, hanno liquidato per anni con giudizio impietoso la fase dell’occupazione della Piazzaforte di Augusta, è emerso come più di uno furono i duri scontri sostenuti dai nostri militari contro le truppe nemiche, spesso incredule di trovare una tale resistenza da parte di unità non specializzate e soprattutto armate in maniera inadeguata: rievocati così con dovizia di particolari i combattimenti svoltisi presso il Ponte Grande sull’Anapo, Luogo Grande ed il Ponte della Peppa sopra Punta Cugno; ad Arcile ed al caposaldo di Cozzo Telegrafo vicino Brucoli; le fasi, seppure contenute, di resistenza italo-tedesca anche allo sbarco dei reparti speciali britannici direttamente ad Augusta il 12 luglio 1943; le azioni risolute di sommergibili, motosiluranti ed Arditi; le numerose e disperate missioni di nostri aviatori dei “Tuffatori” e dei bombardieri sul porto di Augusta e nelle acque antistanti assiepate di naviglio alleato, coronate dalle numerose Decorazioni al Valor Militare, alla Memoria ed a viventi, concesse ai loro protagonisti (si veda l’articolo pubblicato sul n. 4/2013 del Nastro Azzurro). Il Dott. Alberto Moscuzza, Presidente dell’Associazione “Lamba IL NASTRO AZZURRO Doria” ha ricordato la vicenda del sommergibile italiano “Bronzo” che gli inglesi, dopo averlo mitragliato e fortunosamente catturato al largo, ormeggiarono presso il Porto Grande di Siracusa con parte dei caduti ancora riversi in coperta. E’ stato reso noto che nel luglio del 2014 quella banchina, per iniziativa della “Lamba Doria”, sarà intitolata ufficialmente ai marinai che persero la vita in quello sfortunato episodio bellico. L’Avv. Francesco Atanasio, Presidente della Federazione di Siracusa dell’Istituto Nastro Azzurro fra Decorati al Valor Militare, ha affrontato il delicato e complesso argomento delle controverse fasi dell’Armistizio del settembre 1943 intervenendo sul tema: “Da Roma a Brindisi: storia di un armistizio”. Il relatore ha ripercorso le vicende politiche e diplomatiche che determinarono la resa dell’Italia agli anglo-americani alla luce della più accurata e attenta opera di rivisitazione storiografica portata avanti dalla rivista “Nuova Storia Contemporanea”, diretta dal Prof. Francesco Perfetti, Capo Ufficio Storico del Ministero degli Affari Esteri. La decisione di avviare dei negoziati con gli anglo-americani in Portogallo, le missioni di Lanza d’Aieta, Castellano e Zanussi, la totale “chiusura” delle potenze alleate a qualsivoglia collaborazione con il governo italiano (lasciato all’oscuro sia della data dell’invasione del territorio peninsulare che della data dell’annuncio dell’armistizio), i preconcetti ideologici nel valutare le proposte italiane, la fraudolenta imposizione di un doppio testo armistiziale (con il timore da parte del Comando alleato di Algeri di un rifiuto da parte del governo italiano dinanzi alle umilianti clausole del c.a. armistizio “lungo”), le oggettive difficoltà di comunicazioni fra tutte le parti cointeressate, le diverse valutazioni di natura geopolitica del governo britannico e di quello statunitense, le responsabilità personali maturate a Roma e ad Algeri nella mancata attuazione dell’operazione “Giant II” e nell’indicazione dell’effettiva data dell’operazione “Avalanche”, la miopia dei vertici alleati dinanzi alle richieste di rinvio da parte di Roma, le ragioni della prevedibile crisi delle Forze Armate italiane, il gravissimo “errore” strategico degli angloamericani nel sottovalutare il peso più che rilevante che la resa di uno Stato come l’Italia poteva avere nella conduzione complessiva della guerra contro la Germania, l’impatto dell’armistizio sull’opinione pubblica d’oltreoceano, le ricadute diplomatiche in Europa della resa italiana: questi alcuni dei temi affrontati dal relatore che, come nel caso della c.d. “mancata difesa” della Piazzaforte di Augusta, hanno suggerito nuovi temi di riflessione e di analisi su un evento che ha segnato e segna tutt’ora la vicende italiane. L’Ing. Salvatore Leanza del Comitato Scientifico dell’Associazione “Lamba Doria” ha riferito delle sue originali ricerche sul campo di concentramento “Camp Pow 369” realizzato nella zona di Priolo (piccolo centro vicino Siracusa), anche per prigionieri politici, da parte degli inglesi. Ha concluso gli interventi, il C.V. Francesco Loriga, Direttore dell’Ufficio Storico della Marina Militare, sul tema “Luglio 1943: la difficile scelta strategica della Marina: il sacrificio della Corazzata IL NASTRO AZZURRO Roma”. L’autorevole relatore ha descritto la consistenza delle forze della Regia Marina in Italia, nel Mediterraneo e nell’Atlantico prima dell’invasione della Sicilia, la coesione ideale da questa mantenuta tenuta sino all’ultimo, le ragioni della sua condotta operativa prima e dopo l’8 settembre 1943, la sofferta obbedienza agli ordini del Sovrano all’annuncio dell’armistizio e dell’ordine di raggiungere il porto di Malta quando quasi immediata era maturata la volontà di autoaffondarsi. Le pagine di sublime eroismo compiute dagli uomini della Regia Marina in quei frangenti sono compendiate dalla tragica fine della Corazzata “Roma” a seguito della quale perirono l’Ammiraglio Bergamini e quasi tutto l’equipaggio, ma anche del sacrificio degli ammiragli Campioni e Mascherpa, “giustiziati” nel 1944 per essere rimasti fedeli al giuramento prestato. E’ seguita la proiezione di un breve filmato realizzato dalla Marina Militare Il sommergibile “Ascianghi” sul recente ritrovamento della “Roma” al largo della Sardegna. Il Contrammiraglio Roberto Camerini, Comandante di Marisicilia, concludendo i lavori, ha sottolineato l’importanza dell’evento soffermandosi sugli argomenti affrontati dai relatori, che ha ringraziato per i contributi offerti, e ha sottolineato il rilievo che la Marina Militare ha conferito al ritrovamento della Corazzata “Roma”, quale momento di memoria e riflessione sul sacrificio di tutti i marinai caduti in mare, ai quali sarà d’ora in avanti dedicata la giornata del 9 settembre. La manifestazione è stato arricchita dalla presenza di un gruppo di figuranti della “Lamba Doria” in divise d’epoca italiane, tedesche, inglesi ed americane e dai modelli del sommergibile “Ascianghi” e del “Barchino” della Regia Marina realizzati da Giuseppe Saraceno del Museo della Piazzaforte; il collezionista siracusano Gabriele Scozzarella ha esposto alcuni pezzi delle sua raccolta di radio militari del periodo. Le Sale del Circolo hanno anche ospitato la Mostra itinerante di immagini realizzata e dati informativi realizzata dalla Marina Militare in ricordo della Corazzata “Roma” e del suo equipaggio. Copiosa la presenza dei Soci della Federazione provinciale del Nastro Azzurro, presente con il suo Presidente onorario Gen. B. CC Dott. Nicola Snaiderbaur, i Presidenti delle Sezioni di Augusta, Noto e Lentini comm. Failla, cav. uff. Maiore e cav. uff. Grancagnolo, i consiglieri avv. Failla, cav. uff. Fazzino, il segretario M.llo Buccheri. 11 A TREVISO DIECI ANNI FA SI INAUGURAVA IL CAMPO DEL TRICOLORE I l 2 novembre 2003, veniva inauLe due stele e la targa sul pengurato in forma solenne il Campo none della Bandiera del Tricolore situato all' interno del cimitero Di San Lazzaro (TV). L'area antistante il sacrario dei Partigiani, grande circa 260 metri quadrati, fu donata dal Comune di Treviso, affinché fosse destinata alla inumazione delle spoglie dei Decorati al Valor Militare e dei Mutilati ed Invalidi di Guerra. Fu il vescovo monsignor Mistrorigo, figlio di un alpino Decorato di Medaglia di Bronzo nella Grande Guerra, a benedire il Campo del Tricolore. Parteciparono all'avvenimento le rappresentanze dell'Associazione Nazionale dei Mutilati ed Invalidi di Guerra e della Federazione Provinciale di Treviso dell'Istituto Nastro Azzurro, le autorità Comunali e le associazioni combattentistiche. Era presente il Presidente regionale dell'Associazione Nazionale dei Mutilati ed Invalidi di Guerra, Cav. Uff. Giulio Vescovi. Negli interventi, tutti molto sentiti, fu messo in luce lo spirito col quale Il Campo del Tricolore era stato edificato, in particolare fu ricordato "... l'Avv. Renato Capraro potuto essere qui adesso ma ... che ha sempre che ebbe la felice idea di realizzare quest'opera appoggiato in maniera determinante i nostri properché fossero ricordati i Mutilati e gli Invalidi di getti ..." l'opera è stata realizzata. Guerra insieme con i Decorati al Valore Militare. Un pensiero fu infine rivolto al "... Geom. Paon Ossia coloro che hanno sofferto in modo indelebile che fu il progettista di questa opera bellissima nel proprio corpo le conseguenze nefaste della nella sua semplicità ed un ricordo anche al Cav. di Guerra e coloro che hanno saputo affrontare con Gr. Croce Walter Omiccioli, oggi assente per gravi eroismo la dura legge del dovere ...". Poi fu reso ragioni di salute, che ne fu l'esecutore ..." atto che "... Grazie all'Amministrazione Comunale Il momento clou della cerimonia fu quando il di Treviso, che ha concesso l'area ed ora ha donato Magg. Pannicelli, Presidente del Consiglio la targa con l'Inno del Tricolore, che andremo a scoComunale, rimosse il drappo tricolore che copriva prire insieme con il rappresentante del Comune. una targa che riportava incisi i versi dell'Inno del Grazie al Pro sindaco dott. Gentilin, che non ha Tricolore, apposta sull'asta della Bandiera situata a L’avv. Renato Capraro, nato a Belluno il 03 maggio1925 e deceduto a Treviso il 15 marzo 2002, ha partecipato alla Lotta di Liberazione ottenendo la Decorazione al Valore Militare con la seguente motivazione: “Prendeva parte a numerose azioni dando ripetute prove di ardimento, capacità e spirito di sacrificio. Catturato durante una rischiosa missione, riusciva abilmente ad evadere insieme ad un altro commilitone, procurando serie perdite all’avversario. Paese di Treviso 5 aprile 1945” Ha perso il bràccio destro e gli è stata riconosciuta pensione di guerra. Iscritto alla sezione A.N.M.I.G. di Belluno nel 1951, trasferitosi a Treviso nel 1957, è entrato a far parte del Consiglio Direttivo della sezione dal 1999 fino alla morte con la carica di Consigliere. Si è prodigato e ha ottenuto dal Comune di Treviso uno spazio nel Cimitero Maggiore di San. Lazzaro per la sepoltura dei Decorati al Valor Militare e dei Mutilati di Guerra intitolato "Campo del Tricolore" dove è stato sepolto. 12 IL NASTRO AZZURRO lato delle due stele con i distintivi dell'Associazione Mutilati ed Invalidi di Guerra e della Federazione del Nastro Azzurro. La targa era stata donata dall'Amministrazione Comunale. Di fronte alle due stele, hanno trovato posto le ventisei tombe destinate all'inumazione di tredici Mutilati e tredici Decorati. L'opera è stata progettata dal geometra Paon ed è stata ideata dallo scomparso avv. Renato Capraro, consigliere della Associazione; egli purtroppo deceduto il 15 marzo del 2002 non ha potuto vederla nella sua suggestiva realizzazione che è stata oggetto di ammirazione fra gli intervenuti. La salma dell'avv. Capraro è stata la prima ad essere traslata per l'inumazione nella nuova zona sepolcrale destinata a riunire simbolicamente tutti coloro che hanno dato molto per la Patria. I fondi per la realizzazione dell'opera sono stati raccolti grazie alle generose sottoscrizioni di enti ed organizzazioni, e dei soci di entrambe le Associazioni, sebbene la Federazione del Nastro Azzurro, come peraltro riconosciuto anche nel memorandum stipulato tra le due associazioni, avesse contribuito in misura maggiore, sia economica che soprattutto di impegna da parte dei suoi vertici. Infatti, nel Memorandum si trova esplicitamente scritto che il "... Monumento ai Decorati al Valor Militare ed ai Mutilati ed Invalidi di guerra é stato eretto per volontà delle due Associazioni nel terreno concesso in uso cinquantennale dal Comune di Treviso nel Cimitero Maggiore, pur riconoscendo una particolare preminente attività da parte del Presidente dell'Associazione del Nastro AZzurro. Infatti la convenzione con il Comune, con la quale é stato concesso il terreno cimiteriale, è stata stipulata dal Presidente del Nastro Azzurro il quale si è assunto anche l'onere non solo della progettazione e costruzione ma anche delle spese relative, eccettuata la spesa per la costruzione delle croci a ricordo dei Mutilati ed Invalidi di guerra che sarà assunta dall'Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di guerra..." In base alla Convenzione stipulata col Comune di Treviso, saranno le due Associazioni a gestire l'assegnazione dei luoghi di sepoltura nel Campo del tricolore, secondo il Regolamento in calce alla Convenzione riportato nel riquadro. REGOLAMENTO PER LE SEPOLTURE NEL CAMPO DEL TRICOLORE 1) Il campo del Tricolore é stato dato in concessione gratuita per 50 anni dal Comune di Treviso per l'inumazione di 13 soci della Federazione del Nastro Azzurro di Treviso e di 13 soci della Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di guerra di Treviso. 2) I soci dovranno fare domanda per iscritto alle rispettive associazioni che ne daranno comunicazione ai servizi cimiteriali del Cimitero Comunale di S. Lazzaro; 3) La domanda potrà essere fatta anche dai parenti entro il 4 grado (cugini) alle rispettive associazioni che ne daranno comunicazione ai servizi cimiteriali del Cimitero di S. Lazzaro. 4) Le inumazioni avverranno a spese dei parenti in accordo tra i Servizi Cimiteriali e la Agenzia pompe funebri incaricati. 5) Sulla croce potrà essere scritto, a spese dei parenti, solo il nome e l'anno di nascita e di morte; 6) I fiori saranno graditi solo nel vaso comune fra le stele delle Associazioni, esclusi altri oggetti (fotografie, lumini e quant'altro); 7) Data la gratuità del posto concesso per 50 anni saranno gradite offerte alle Associazioni per la manutenzione del Campo. IL NASTRO AZZURRO 13 RIESUMATE 22 SALME DELLA COLONNA GAMUCCI contro i tedeschi saranno considerati fratelli d’arma”. Questo era l’appello del comando partigiani albanese dopo la dichiarazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943 e l’inizio di uno sterminio senza precedenti per l’efferatezza con cui si accanirono contro i nostri militari sia i partigiani locali che l’esercito tedesco. Nel 1993 siamo stati inviati nuovamente in Albania alla ricerca del luogo dell’eccidio di 129 carabinieri appartenenti alla colonna Gamucci. Ricoverato nell’ospedale di Tirana, rintracciammo il Ten.Col. Kadri Hoxka, all’epoca comandante di un battaglione partigiani e accusato dello sterminio dei nostri militari. Ci trovammo di fronte un uomo paralizzato, ma la sua stretta di mano ci dette l’impressione che il fardello dei suoi 81 anni avesse intaccato solo le gambe. Disse che ci avrebbe fatto da guida sul luogo dell’eccidio in quanto il suo desiderio era quello di pregare per quei poveretti e che per quella strage si dichiarava innocente perché, avendo avuto ordine di procedere alla fucilazione dal suo comandante, Henver Hoxka, poi divenuto Presidente dell’Albania per oltre 50 anni, si era rifiutato di obbedire dato che quei carabinieri avevano combattuto al loro fianco contro i tedeschi, dunque da non considerare dei nemici. Il giorno successivo andammo a prelevarlo a casa, con lui era presente un ingegnere geologo suo parente e ci portammo nel luogo esatto della strage noto come “Guri Imuzkaqit” sul monte Panit a nord est di Labinat località Fushigurre di Elbasan, dove giungemmo dopo qualche ora di macchina lungo impervie strade montane. La commozione di aver trovato il luogo esatto dove erano stati fucilati i 129 Carabinieri a 50 anni dalla strage, fu enorme! Emozione dovuta anche dal fatto che eravamo i primi ad essere giunti in quel luogo dopo anni di ricerche inutili effettuate da altre delegazioni. Il racconto fatto da Hoxha è stato orribile, la nostra interprete traduceva il tutto con il volto rigato dalle lacrime. Cominciammo a sondare il terreno alla ricerca di qualche segno di riconoscimento ma sembrava tutto irreale. I nostri lavori andarono avanti diversi giorni alla ricerca di resti mortali o di oggetti vari, facemmo ricerche anche nel vicino canalone che, ci raccontavano, in inverno con le piogge si trasforma in fiume. Così accadde anche nella primavera dopo l’eccidio, quando, con lo scioglimento delle nevi, vennero portati a valle i resti dei nostri carabinieri. Per questo fu sopranominato il “fiume degli italiani”. I pochissimi resti rinvenuti, assieme ad una manciata di terra del luogo, furono traslati al Sacrario Militare di Bari. I 129 Carabinieri furono portati in quella radura, spogliati di tutto per non rovinare le divise che servivano ai partigiani, trucidati barbaramente e lasciati alla fine senza sepoltura. Al comando del plotone di esecuzione c’era il Capitano Albanese Xhela Staravecka, inquadrato nel battaglione comandato dal Ten. Col. Kadri Aziz Hoxha, parente di Henver Hoxka. Negli anni Cinquanta il Comandante Hoxha fu condannato all’ergastolo in contumacia. Il Cap. Staravecka anche egli condannato all’ergastolo venne rimesso in libertà dopo qualche mese di carcere. Sulle vicende di questa pagina nera successiva all’8 settembre 1943 dovrebbe essere a breve pubblicato un libro. Negli anni successivi tornai ancora in terra d’Albania con il mio capo delegazione Magg. Ciro Cantore con il quale si creò una forte collaborazione. Nel 1994, sulla base di segnalazioni inviate al Commissariato Generale ONORCADUTI da ex militari che avevano combattuto in quelle zone e da cittadini locali tornammo ancora per le ricerche di sepolture. A volte capitava che certe indicazioni non erano veritiere, ma comun- Uno schizzo della Grotta dei Pipistrelli N el mese di settembre del 1992, una delegazione di ONORCADUTI (Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra) operò in Albania alla ricerca, recupero e rimpatrio, di 14 militari italiani morti nel corso della Seconda guerra mondiale; contestualmente, nella cosiddetta Grotta dei Pipistrelli, compì il ritrovamento dei resti di 64 carabinieri catturati e trucidati dopo la battaglia di Selenice, in una missione che ebbe inizio il 13 novembre al comando del Maggiore Ciro Cantore, cui ebbi l’onore di prendere parte insieme con il gruppo rocciatori della Brigata Alpini “Julia“ comandata dal Capitano Alberto Zamboni. Essendo la zona della Grotta dei Pipistrelli raggiungibile solo a piedi o dal cielo, fummo elitrasportati sul luogo dove incontrammo il capo del villaggio, il quale raccontò quanto accaduto nel lontano aprile 1943. Dopo la battaglia di Selenice, infatti 64 carabinieri, fatti prigionieri e portati in quella località, furono spogliati e trucidati prima di essere gettati nella foiba. Ascoltando attentamente ogni sua parola, avemmo la sensazione che quella persona avrebbe potuto essere uno degli esecutori materiali della strage. Testimonianze degli abitanti della zona riferiscono che alcuni carabinieri erano ancora vivi quando furono gettati nella foiba, cosa che risultò veritiera perché uno di essi fu trovato circa dieci metri più in alto, forse nel tentativo di portarsi verso l’uscita. Gli alpini, calatisi in profondità fino a circa 40 metri, portarono alla luce i resti di quel carabiniere, con ancora indosso piastrino di riconoscimento. Enorme fu la commozione in quel preciso istante: ero infatti alla mia prima esperienza, e le parole che riuscii a pronunciare furono “Bentornato a casa”. I lavori durarono molti giorni e i corpi recuperati solamente di 22, perché a causa delle intemperie e degli smottamenti verificatisi in 50 anni, i corpi erano stati ricoperti da una spessa coltre di fango e pietre solidificandosi: si sconsigliava dunque l’uso dei martelli pneumatici per il pericolo di frane. I resti mortali dei carabinieri furono infine traslati e inumati nel Sacrario Militare Caduti d’Oltremare di Bari, con una commovente cerimonia alla presenza di autorità civili e militari. “Tutti coloro che si consegneranno alle nostre truppe, avranno lo stesso trattamento che godono i prigionieri di guerra italiani in URSS – USA – Inghilterra. Tutti coloro che passeranno nelle nostre file e combatteranno per la causa 14 IL NASTRO AZZURRO que tutte degne di verifica. Censimmo il cimitero di Tirana, dove giacciono diversi italiani, ma solamente quattro di essi risultarono nostri Caduti e quindi esumati e traslati in Italia. Trovammo, inoltre, le sepolture di altri militari in vari “Cimiteri degli Eroi Albanesi” lì sepolti perché tali venivano considerati avendo combattuto al fianco dei Partigiani contro i tedeschi (e gli italiani). Durante i lunghi viaggi di trasferimento da una località all’altra, il più delle volte in montagna, ci imbattemmo in piccoli villaggi abbandonati a se stessi e in gente che sembrava vivesse in un altro mondo. Cercavo di immaginare come potesse essere stata la loro vita nel periodo della presidenza di Henver Hoxha, la risposta mi fu data da un vecchio del posto, il quale fermandomi per strada, mi chiese in un italiano stentato come stava il Duce. Al momento rimasi interdetto e non sapevo cosa rispondere: era la conferma a quello che avevo sentito, e cioè che avevano vissuto per 50 anni nel terrore e nell’ignoranza. Quell’anno riesumammo Caduti ad Elbasan, Bence e Kuci ma purtroppo quasi tutti Ignoti. A Kuci, cercammo ma inutilmente la terza fossa comune degli Ufficiali Italiani della Divisione "Perugia" (tutti gli Ufficiali furono giustiziati dai tedeschi dopo l’armistizio). Tutti i tentativi andarono a vuoto perché qualcuno che diceva di conoscere il luogo esatto, non lo ha mai voluto svelare. Quando nel 1995 portammo a compimento l’opera di esumazione di Caduti in sepolture singole, provai una sana curiosità nel notare che tutti erano sepolti rivolti dalla stessa parte, e in risposta alla mia domanda mi fu detto che era stato l’ultimo saluto a questi nostri Eroi rivolgere il loro capo verso la Patria per la quale avevano donato le loro giovani vite. Il numero dei Caduti fatti rientrare in Italia in quegli anni non è stato rilevante perché già negli anni Sessanta un gruppo di militari con a capo il Gen. Bandini aveva effettuato ricerche per quasi tre anni rimpatriando i corpi di circa 20.000 Caduti. Noi abbiamo provato l’emozione di riesumare 22 carabinieri infoibati nella Grotta del Pipistrello e aver rintracciato il luogo esatto dell’eccidio dei Carabinieri della colonna Gamucci e aver conosciuto, forse, il responsabile materiale di quella efferatezza. Un’ultima considerazione da parte mia: perché l’ingresso alla Grotta del Pipistrello non è stata chiusa con una lapide a ricordo dei Carabinieri infoibati e perché non è stata posto un cippo sul Monte Panit in memoria dei Carabinieri trucidati con a capo il Col. Giulio Gamucci? Domenico Caccia L'ECCIDIO DEI CARABINIERI Nel letto di un torrente che si forma durante le piogge invernali, a circa 250 chilometri dalla città di Tepelene, c'è una fossa comune dove sono sepolti i resti di 129 carabinieri italiani. Furono massacrati, dopo un calvario di sevizie e di brutalità, con colpi alla nuca, un proiettile per ciascuno di loro, da partigiani comunisti il 4 novembre 1943. Per alcuni mesi, quei carabinieri, comandati dal tenente colonnello Gamucci, avevano combattuto al fianco dell'esercito di liberazione nazionale albanese contro i nazisti. L'ordine di eliminarli venne da un comunista italiano, il soldato Terzilio Cardinali, della Divisione "Firenze", che dopo l'8 settembre del '43 divenne capo di stato maggiore della Prima Brigata d'assalto partigiana comandata da Mehmet Shehu. Sembra che a Cardinali, la nostra Repubblica abbia conferito la Medaglia d'Oro al Valor Militare (per aver liberato l'Albania dall'oppressione). Della strage dei 129 carabinieri mai si è parlato e scritto: soltanto ora, grazie al racconto di Kadri Hoxha, un albanese che durante gli ultimi due anni di guerra comandò un battaglione di partigiani operanti nella zona di Elbasan, siamo in grado rivelarne i particolari. "Quella tragedia - ha detto Hoxha.- pesa ancora sulla coscienza della nostra nazione". Ecco, riassunto, il racconto. All'inizio di ottobre del 1943, poche settimane dopo la capitolazione delle Forze armate italiane che occupavano l'Albania, il capo partigiano Mehmet Shehu ordinò che le formazioni dell'esercito di liberazione accogliessero immediatamente nelle loro file, considerandoli compagni d'arme, gli ufficiali, i sottufficiali e i soldati italiani che volontariamente desiderassero unirsi agli albanesi per combattere contro i nazisti. Il 12 ottobre, nei pressi di Elbasan, i partigiani attaccarono un reparto della Wehrmacht che aveva catturato varie centinaia di soldati italiani nella zona di Valona: circa duecento di loro, sfuggiti al tedeschi, si unirono ai partigiani e vennero aggregati al battaglione di Kadri Hoxha. 129 erano carabinieri al comando del tenente colonnello Gamucci. Nei giorni successivi, quei militari italiani, al fianco degli albanesi e di alcuni disertori del nostro esercito che si dichiaravano comunisti, sconfissero i tedeschi in vari scontri. “Il Comando generale dell'esercito di liberazione - ha riferito Hoxha - era fiero di queste vittorie: con l'aiuto dei carabinieri e grazie alle loro informazioni, riuscimmo a liberare dagli occupanti alcune importanti zone". Verso la fine di ottobre, dopo che la base operativa dei partigiani era stata spostata a Fushe Gurre, località a nord di Elbasan, a Hoxha venne recapitato un messaggio segreto di Mehmet Shehu (capo di stato maggiore) nel quale ordinava di disarmare i carabinieri e di internarli in un campo di concentramento. Kadri Hoxha, prima di attuare la deportazione si recò a Libanot, rifugio del comando generale partigiano, per conoscere i motivi che avevano indotto Shehu a prendere una decisione che si rivelava dannosa anche sul piano militare. La spiegazione fu che i carabinieri dovevano essere immediatamente deportati "perché il comando generale, guidato dal partito comunista, li aveva condannati a morte. - Shehu aggiunse che lui stesso aveva ordinato che fossero - uccisi come cani". I carabinieri con il loro comandante vennero, cosi, rinchiusi nel lager di Tepelene che Hoxha definisce "il più terrificante di tutta l'Albania". Vi restarono poco: una mattina per i 129 soldati italiani ebbe inizio una via crucis lunga duecentocinquanta chilometri. Malmenati, percossi; privati delle scarpe e di alcuni indumenti, i carabinieri. vennero condotti al massacro legati ai polsi, spalla a spalla. Dovettero scalare montagne, resistere alla brutalità dei partigiani albanesi che, ad ogni pretesto, li bastonavano. Giunsero infine, in una foresta situata a mille metri di altitudine dove, d'inverno, scorre un impetuoso torrente. La loro esecuzione, presumibilmente, durò qualche decina di minuti. A "cose fatte", il comandante partigiano Xhelal Staravecka si recò da Mehmet Shehu e gli mostrò i denti d'oro strappati ad alcuni carabinieri. I nomi degli italiani assassinati furono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale albanese ed indicati come "nemici del comunismo". Riferendosi agli italiani disertori che avevano combattuto nel suo battaglione, Kadri Hoxha ha detto: "Nessuno di loro ha sentito il dovere morale di raccontare quello che vide o sentì". Ed ha aggiunto: "Nella zona di Cernez, sulle colline che dominano Peskopia, c'è un monumento dedicato al soldato italiano, della divisione "Firenze", Terzilio Cardinali che nel 1943 era partigiano e capo di Stato maggiore della prima Brigata d'assalto comandata da Mehmet Shehu: è l'uomo che materialmente ordinò il massacro dei carabinieri. Ma risulta che al Cardinali la Repubblica italiana ha concesso la medaglia d'oro al valor militare". Il vecchio comandante partigiano albanese, testimone dei crimini stalinisti nel suo Paese ha concluso il racconto con alcune indicazioni per poter recuperare i resti dei 129 carabinieri della cui straziante fine mai, nel nostro Paese, si è parlato sebbene, sicuramente, qualcuno sia stato al corrente della strage. Ufficialmente, quegli sventurati figurano tra i "dispersi". "Per ritrovare ciò che rimane dei loro corpi - ha detto Hoxha - o almeno per recuperare le piastrine di riconoscimento, occorrerebbe scavare fino a una cinquantina di metri di profondità nel letto del torrente. Sarebbe il solo modo per restituire ai parenti ciò che resta di quella che io considero la fossa di Katyn dei carabinieri italiani". IL NASTRO AZZURRO 15 LA RIVOLTA DI MATERA Matera è stata la prima città del Mezzogiorno ad insorgere contro i nazisti. Il 21 settembre 1943, il popolo materano insorse undici persone furono uccise dai mitragliamenti tedeschi in ritirata. Nei giorni precedenti, molti cittadini erano già stati uccisi in combattimento, altri anche solo per il vago sospetto di essere antifascisti. Il popolo materano non riusciva più a sopportare le angherie a cui era sottoposto, e si ribellò. Il grido unanime fu "Via i tedeschi da Matera". Il risultato ottenuto fu grandioso, però al costo di un gran numero di vittime. Vito Sebastiani, nato a Bari e materano di adozione, nei suoi due libri "Quel 21 Settembre 1943 a Matera una memoria da ravvivare" e "Storia da non contaminare", raccoglie documenti ufficiali e testimonianze di cittadini, attivisti o spettatori, dimostrando che Matera è stata una delle prime città d'Italia e la prima del Mezzogiorno a combattere il Nazifascismo anche con l'intervento civile e non solo militare. Il 21 settembre di ogni anno viene commemorata la liberazione di Matera con la deposizione di una corona di alloro al Monumento ai Caduti in Piazza Vittorio Veneto e al Monumento sito in Via lucana dov'era il Palazzo della Milizia. Dopo l'8 settembre 1943, il Palazzo della Milizia era stato occupato dai nazisti e adibito a comando-prigione. Nella settimana precedente il 21 Settembre, l'atmosfera diventò via, via più tesa e, mentre i cittadini si organizzavano e si armavano con l'appoggio dei militari italiani, i tedeschi incendiavano e saccheggiavano tutto per ostacolare l'avanzata degli alleati. Colpivano soprattutto le stazioni ferroviarie e i relativi mezzi di trasporto, i ponti e le strade principali. Dal 18 settembre iniziò la cattura di soldati italiani; il 20 furono presi cinque civili e cinque militari; il 21 Settembre due soldati italiani, Natale Farina e Pietrantonio Tataranni, anche loro condotti al Palazzo della Milizia. Nel pomeriggio dello stesso giorno due finanzieri, in Via San Biagio, si imbatterono, presso la gioielleria Caione, in due militari tedeschi che poco prima avevano saccheggiato il negozio; nello scontro a fuoco persero la vita i due tedeschi. I materani cercarono di nascondere i cadaveri trasportandoli prima sotto l'arco di Via Rosario e, successivamente, in una scalinata detta "La Scaricata". Alcuni soldati tedeschi, scopperto l'accaduto, corsero ad allertare il loro comando. Nel contempo sopraggiungeva, armato, Emanuele Manicone. Il padre di Natale Farina, Francesco detto "r siciliano", alla notizia della cattura del figlio si diresse alla Milizia per cer- 16 care di liberarlo, ma anche lui fu arrestato. La stessa sorte toccò a Vincenzo Luisi, di sedici anni, che si era recato in piazza incuriosito dal fragore degli spari. Il Sottotenente Nitti radunò tutti, sia militari che civili, li armò e li dislocò in luoghi strategici di Via San Biagio a proteggere il Comando di Sottozona della Finanza. I tedeschi, giunti in Piazza Vittorio Emanuele, aprirono il fuoco e i materani, posizionati sui tetti delle case e della Chiesa Materdomini, risposero a loro volta. Durante lo scontro persero la vita Eustachio Guida, Francesco Paolo Loperfido, Antonio Lamacchia, Eustachio Paradiso e numerosi tedeschi. Alcuni finanzieri e Emanuele Manicone si diressero verso la Caserma della Guardia di Finanza di Via Capelluti. Ci fu un altro scontro a fuoco con i tedeschi in cui Emanuele Manicone e il finanziere Vincenzo Rutigliano, oggi ricordato dall'intestazione della Caserma della Finanza di Matera, morirono. I tedeschi attaccarono il Palazzo della Società Elettrica con l’intento di minare l'impianto di distribuzione elettrica della città e lasciarla al buio; fecero uscire dallo stabile tutti i dipendenti con le loro famiglie indirizzando su di loro il fuoco uccisero l'ing. Raoul Papini, Pasquale Zigarelli, Michele e Salvatore Frangione, l'ing. Mirko Cairola, e ferirono gravemente altri. Nel tardo pomeriggio altri tedeschi, scambiandola per la Caserma della Guardia di Finanza, presero a cannonate, l'abitazione del farmacista Raffaele Benedenti, che perse la vita. Prima della ritirata i tedeschi fecero saltare in aria il Palazzo della Milizia. L’esplosione co-stò la vita a 13 cittadini prigionieri, L’unico sopravvissuto riportò gravi ustioni. L'eccidio è ricordato dalla lapide eretta il 21 Settembre 2005 nel luogo dove sorgeva il Palazzo. A ricordo di tali avvenimenti sono state affisse anche altre lapidi: una posta sulla facciata laterale del Palazzo del Governo il 21 Settembre del 1944, un'altra sulla parte frontale del Palazzo della Società Elettrica il 21 Settembre 2003, l'altra ancora in Via Capelluti a lato del Palazzo della Camera di Commercio il 21 Settembre 2008. Rimane ancora oggi una grande amarezza nella città perché quel sacrificio collettivo non venne riconosciuto con la Medaglia d'Oro al Valor Militare, ma solo con quella d'Argento consegnata il 10 Settembre 1966, con cui Matera fu riconosciuta una delle prime città d'Italia a insorgere contro i nazisti. ing. Fabio Mazzilli IL NASTRO AZZURRO C LA MAGGIORANZA SILENZIOSA onfesso che faccio parte di quella maggioranza silenziosa che assiste quotidianamente ad avvenimenti che lasciano attonito e che generano interrogativi a cui non so o forse non voglio dare una risposta. Parlando con altre persone ho notato che queste perplessità non sono solamente mie e quindi vorrei esternare i miei pensieri: - mi riferisco alle recenti manifestazioni di protesta verificatesi nella Capitale dove, ad una maggioranza di cittadini pacifici si è unita, come sempre accade, un’aliquota forse meno pacifica di persone con caschi, bastoni, bottiglie molotov che hanno pensato bene di incendiare auto, spaccare vetrine e “colloquiare” con le forze dell’ordine. Dico colloquiare perché, leggendo i resoconti dei giornali, tutti coloro che erano stati fermati a seguito dei colloqui spinti all’estremo (20 poliziotti all’ospedale) sono stati immediatamente scarcerati da un giudice integerrimo che non ha riscontrato alcuna prova a loro carico nei filmati prodotti dall’accusa. E allora penso a quei poveri uomini in uniforme che per 1200 euro al mese passano intere giornate nelle piazze, in Val di Susa, negli stadi a farsi insultare da quei gentiluomini che manifestano democraticamente e che prima di intervenire (come la maggioranza silenziosa pensa sarebbe cosa buona e giusta) ci pensano mille volte perché rischiano di essere incriminati; La beatificazione di Carlo Giuliani a Genova è un punto fermo della nostra storia patria! - mi riferisco al problema del sovraffollamento delle carceri, che si pensa di ridurre con provvedimenti di amnistia e di indulto. Sembra che non ci siano altre soluzioni come ad esempio un invito ai magistrati di sveltire i procedimenti penali lavorando qualche ora in più e tralasciando incarichi extragiudiziari oppure pensare alla costruzione di nuove carceri anche mediante l’utilizzazione di caserme abbandonate. Ci preoccupiamo unicamente degli ospiti delle carceri, “Nessuno tocchi Caino” è un’associazione che si preoccupa giustamente delle condizioni di vita dei carcerati, ma non mi risulta esista una corrispondente “Nessuno tocchi Abele” a salvaguardia delle vittime. Loro hanno subito e quindi zitti e camminare! Forse basterebbe non commettere reati e non mettersi nelle situazioni di finire dietro le sbarre; - mi riferisco all’ossessiva campagna mediatica a favore delle unioni omosessuali. Una lotta per i diritti dei gay si sta trasformando in una scontata pantomina iniziata con la pubblica ammissione, non richiesta, di giornalisti, attori, cantanti, parrucchieri ed atleti della loro condizione di omosessuali per finire ad una valanga di film e fiction: il commissario gay, il commissario con il figlio gay, l’anziano con il fratello gay, il babbo con la figlia lesbica. Per non parlare di altre trasmissioni televisive dove è sempre prevista la presenza almeno di un transessuale o di un gay. Sono personalmente favorevole alle famiglie tradizionali, ma posso capire che vi siano altre posizioni in materia; quello che non sopporto sono le esternazioni pubbliche, le effusioni, gli atteggiamenti a cui assisto quotidianamente nelle nostre città da parte di coppie omosessuali; - mi riferisco infine al grottesco balletto funebre della salma di Priebke. Possibile che nessuno si sia preventivamente preoccupato di quanto sarebbe successo alla morte del criminale nazista che aveva appena compiuto 100 anni? Abbiamo dato un’immagine poco edificante al mondo intero: improvvisazione, piccola furbizia, scarico di responsabilità, mancanza di credibilità. Uno Stato assente, incapace di prendere una decisione che ci ha fatto assistere ad uno spettacolo visto finora solo in qualche paese mediorientale, con la bara di un uomo, sia pure un criminale, sballottata tra insulti, calci, sputi e cori di omaggi nostalgici, costretta a fuggire in un aeroporto militare. Era così difficile non pubblicizzare l’evento e non scatenare tutte quelle reazioni? Mi domando quali funerali abbino avuto i responsabili dell’Eccidio di Katyn, dove 22.000 Ufficiali Polacchi furono giustiziati con un colpo alla nuca dai soldati dell’Armata Rossa su ordine di Stalin. Guai ai vinti! gen. Carlo Maria Magnani (Presidente Nazionale) Abbiamo ricevuto una cortese e gradita e-mail da parte dell’ing. Giampiero Presti, figlio del capitano di Vascello Giuseppe Presti, che ci ringrazia perché “Il Nastro Azzurro”, pubblicando una sua lettera in cui lamentava la scarsa attenzione riservata dall’Ufficio Storico della Marina Militare ad una sua offerta dei cimeli di famiglia relativi a suo padre. Si era trattato di un disguido che la pubblicazione di quella lettera ha contribuito a chiarire. Siamo contenti di pubblicare il suo scritto con cui l’ing. Presti non solo ringrazia “Il Nastro Azzurro”, ma ringrazia anche il Comandante Loriga dell’Ufficio Storico della Marina Militare, e apre ad una proficua futura collaborazione con entrambi. Egregio Direttore, Sono il figlio del pluridecorato C.V. Giuseppe Presti. Ho potuto leggere sul numero 4 della vs rivista lo scambio di corrispondenza fra me, voi e e il Comandante Loriga. Ringrazio tutti del contributo. Tramite il vostro giornale vorrei far pervenire questo ringraziamento al Comandante stesso per la sua sollecitudine e precisione. Purtroppo il lavoro mi prende molto ma sto raccogliendo nei tempi liberi alcuni cimeli di mio padre (ad esempio il libro che studiava all'Accademia nel 1939) e poi sara' mia cura contattare la Marina. Fra l'altro mio padre ha contribuito anni fa sia con impegno di tempo sia economicamente al restauro di un importante cimelio della Marina Ovvero una Motozattera originale che mi risulta sia ancora al Museo dell'Arsenale di Venezia. Avrei molti aneddoti da raccontare sulla vita di mio padre in Marina e non escludo un giorno di chiedervi un po' di spazio sulla vs rivista. Grazie Un saluto ing. Giampiero Presti IL NASTRO AZZURRO 17 RICORDO DELLE QUATTRO GIORNATE D al campo littorio, oggi stadio Collana, uscì una camionetta tedesca, si diresse verso via Case Puntellate. Ero, con mio fratello Romano, affacciato al balcone della nostra camera e guardavo la strada deserta, le campagne intorno a quella unica cosa che si muoveva in quella immobilità totale. Poi in un attimo, un botto ed il guidatore, un tedesco era morto, seguito da un crepitio di fucile: e dagli angoli dei palazzi spuntarono uomini armati e, subito dopo, un gruppo di persone circondata l’auto, in fretta, con movimenti precisi portarono il corpo del tedesco nel campo vicino, oggi via Paisiello all’epoca solo tracciata ed in terra battuta, e per prima cosa gli tolsero le scarpe e quindi quanto era possibile prendere per riutilizzarlo. Poi di nuovo il silenzio e sulla strada rimase solo la carcassa di un auto abbandonata. E’ incredibile come la mente sia capace, a distanza di cinquant’anni, di risentire suoni, rimbombi e rivedere scene, persone che con te non hanno nulla di amicale e parentale eppure sono parte integrante della tua infanzia. All’epoca avevo solo otto anni ma riesco ancora a risentire le grida di gioia: "Se ne vanno! E’ finita la guerra! Siamo liberi!" E rivedo le autocolonne di camion tedeschi sfilare sotto il mio palazzo dirigendosi verso Pozzuoli, al nord, mentre la rabbia, l’esasperazione dei Napoletani si tramutavano in odio per le violenze e le sopraffazioni subite, per le privazioni e le umiliazioni. Rivedo la fiumana di gente, uomini e donne, dirigersi verso il campo littorio per saccheggiare gli alloggiamenti appena abbandonati dai tedeschi: materassi, lenzuola, stoviglie, suppellettili e quanto altro era possibile trasportare: occorreva tutto. Certo in questo non vi era molta dignità ma ormai anche la dignità, in quel settembre del ’43, non 18 aveva più per molti i contorni definiti: vi era il bisogno di tutto e per tutti! L’uomo, indistintamente e indifferentemente dal ceto sociale dalla condizione culturale, era allo stremo delle forze e mirava alla sopravvivenza dei figli, della propria famiglia e di se stesso. Non vi erano più eroi in quel tempo: quelli che lo erano stati giacevano imprigionati ancora nelle carceri. La disperazione, l’angoscia, la fame fanno talvolta dimenticare all’uomo la nobiltà che lo caratterizza, che lo distingue dalle bestie, talvolta al contrario, esaltano la sua umanità inducendolo ad atti di coraggio. Risento ancora i colpi secchi alla porta e rivedo l’ufficiale tedesco che puntava la pistola contro mio padre mentre un soldato con il mitra spianato apriva la porta della cucina ricevendo, da mia sorella, un netto rifiuto ad entrare in quanto impegnata nelle faccende domestiche. Il soldato capì; ma che rischio corremmo tutti. Era il giorno seguente l’attentato alla camionetta. I tedeschi cercavano gli autori dell’uccisione del commilitone ed era in atto una feroce rappresaglia. Rastrellavano uomini da deportare in Germania o da fucilare sul posto. In parecchi furono presi e rinchiusi nel campo littorio in attesa di essere fucilati o messi sui camion in partenza; cose che entrambe avvennero; dei primi vi è l’elenco dei nomi inciso sulle lapidi affisse ai muri della caserma dei Carabinieri in piazza Quattro Giornate e della chiesa della Addolorata alla Pigna. Il rastrellamento si estese per tutta l’area circostante il campo littorio e coinvolse l’antica tenuta di ”Pezzalonga” dove caddero nelle mani nemiche molti giovani che ivi si erano nascosti e rifugiati, ed anche donne. Furono fucilati sul ponte della Pigna. Ma oramai Napoli non stava più a guardare ed un gruppo di partigiani tentò di liberare gli ostaggi. Anche da casa mia si sparava per opporsi ai tedeschi. I partigiani si installarono al secondo piano dell’edificio nel quale vi era l’ingresso alla tenuta di “Pezzalonga”. La casa fu raggiunta da vari colpi di fucile che, per fortuna di tutti, non ferirono e non arrecarono danni se non alla muratura. Risento gli spari che si susseguivano furenti mentre dalle campagne circostanti spuntavano uomini feriti, sanguinanti, ed io ragazzino, insieme alle mie sorelle, strappavamo lunghe strisce dalle lenzuola e dalle federe per farne bende e le calavamo col “paniere” offrendole agli uomini feriti che scendevano dalla campagna di “Pezzalonga”. E ancora un ricordo vivo: “Ero in fila, nella piazza di Antignano per prendere il pane; una fila lunga anche se mancavano ancora due ore all’apertura del negozio. Era quello di Malinconico un Signore che abitava nel mio stesso palazzo alla scala “C” ed era anche inusuale l’orario perché si trattava dell’apertura pomeridiana. Ma in quel periodo di confusione IL NASTRO AZZURRO erano saltati gli orari e le norme che regolavaGli scugnizzi disarmano soldati no la nostra vita: era ancora una fortuna poter tedeschi ricevere il pane con le tessere. Avevo in mano le tessere annonarie senza le quali non si poteva avere la razione di 125 grammi di pane a persona che doveva bastare per l’intera giornata. Quello che ci davano era un pane fatto in prevalenza di farina di segale, dal colore verdognolo che, quando si tagliava, “filava”, proprio come accade oggi con la mozzarella fritta. Ero a metà della fila ed ascoltavo i commenti della gente, quasi tutti adulti, esasperata dall’attesa e dalla fame. Si avvicinò un camion tedesco carico di soldati armati di mitra che si fermò a poca distanza da noi. Diverse imprecazioni si levarono dalla fila contro i tedeschi perché l’esasperazione era al culmine. Si sentì allora un secco ordine, urlato, in tedesco, e tanti occhi, al di sotto degli elmetti, ci fissarono insieme alle canne lucenti delle armi puntate contro di noi. Furono attimi d’immobilità e di terrore, in nuovi orizzonti e ci ha consentito di avvicinarci a cui paura, odio, fame, avvilimento, stanchezza si nuove culture, a nuovi paesi. Abbiamo assistito a mescolarono, colmando lo spazio tra noi e loro. Poi nuove scoperte e a radicali cambiamenti in bene, di una donna si buttò d’avanti al camion gridando: cui oggi godiamo, ma certamente una cosa non è "Iatevenne a casa vosta. Nui vulimmo sulo o ppane!" cambiata: il desiderio di libertà, la ferma volontà di Forse i Tedeschi capirono o capirono solo la dispe- non permettere più a nessuno di sovvertire quei valorazione tant’è che abbassarono le armi e il camion ri riconquistati, dopo venti anni di dittatura fascista, ripartì. con la lotta e la vita di tanti. Fu allora che realizzai il mio progetto di vita: la Chi ha vissuto quegli anni e sa cosa significano i cosa che doveva contare di più era la libertà, quella bombardamenti, le fughe nei ricoveri a tutte le ore, di poter camminare senza l’incubo di essere sparati, soprattutto durante la notte, con l’incertezza di quello di non subire privazioni, di non dover vedere restare vivi e senza la certezza di ritrovare, al termipiù gente umiliata, offesa, di non aver più fame. ne del bombardamento, la propria casa perché gli Facevo un sogno ricorrente in quel tempo: sogna- obiettivi da colpire non erano le postazioni militari e vo di mangiare pasta al ragù, quel buon sugo scuro, le infrastrutture ma erano anche i centri abitati per tipicamente napoletano, servita in quei belli piatti di generare sconforto, malcontento, e quindi opposizioporcellana bianca decorati con fiori azzurri (il primo ne al regime. Chi ha vissuto quegli anni sa di paure, piatto della domenica nei tempi tranquilli) e, nel macerie, sa che nulla va sprecato quando tutto sognare grattavo con le unghie il lenzuolo. Il rumore manca, e sa la felicità di avere pure solo un frutto mi faceva svegliare e il sogno svaniva, lasciandomi in tutto per sé, non può permettere che certe atrocità una desolazione unica, senza più il sapore del ragù si ripetano. mentre, con la mano aperta sul lenzuolo, le unghie Nel ’43 Napoli era una città avvilita, sventrata, a n c o r a ridotta in macerie e perfino l’arte di arrangiarsi che MOVM alla città di Napoli “raschiavano”. le è propria e la precarietà del “tirare a campare” per le quattro giornate Q u a n t e dei suoi vicoli le permettevano a stento di sopravvicose sono cam- vere. Oggi, a distanza di 70 anni, Napoli ha ritrovato biate da allora! la sua dimensione di città civile. E’ singolare come Abbiamo assi- noi napoletani, capaci di sopportare le più grosse stito al mutare umiliazioni, di farci sfruttare fino all’inverosimile, di mode e di troviamo poi l’orgoglio, l’amor proprio che ci conatteggiamenti, traddistingue e facciamo scattare la scintilla del alla scoperta riscatto. della penicilliDedico questi miei ricordi ai giovani, abituati alle na e della tec- comodità e al consumismo, che poco o niente sanno nologia avan- della guerra e della Resistenza e della guerra civile zata tra cui la che si sviluppò al Nord e che passano per piazza della t e l e v i s i o n e , Repubblica, ignorando che quello al centro è il monualla contesta- mento dedicato allo “scugnizzo”, a un ragazzo uguazione ed ai le a loro, ma vissuto 70 anni prima, che aveva voglia “ c a p e l l o n i ” , di vivere e divertirsi come loro ma che non ne ha alla minigonna avuto la possibilità. Credo che quanti come me sono e allo sbarco stati testimoni di quel tempo hanno il dovere civile di dell’uomo sulla trasmettere ai giovani i loro ricordi per far sì che essi luna: un pro- diventino patrimonio della memoria collettiva della gresso ed un nostra città, per non permettere che certe cose, e v o l u z i o n e brutture e atrocità, pur se storicizzate, vadano della mente dimenticate. dell’uomo che Arch. Pasquale Campo ci ha aperto (Socio della Federazione di Napoli) IL NASTRO AZZURRO 19 La battaglia di Lero D una pagina poco conosciuta del valore dei nostri combattenti a qualche tempo, si sta glio in navigazione; inoltre rivalutando l’operato emanò una circolare diretta delle nostre forze armaagli enti civili e militari delte dopo l’8 settembre, in l’isola, esortando tutti alla particolare nei territori d’oldifesa e all’obbedienza agli tre mare. Opera meritoria ordini del Sovrano. che serve a ricordare il sacriIntanto nei giorni 12 e 13 ficio di quanti, fedeli al giusettembre sbarcarono a Lero ramento all’Italia, compresedue missioni inglesi per un ro che in quei giorni si poneprimo contatto con le autovano le basi per la ricostrurità italiane e la notte del 15 zione della Patria. I soldati, i e poi del 16 dello stesso marinari, gli avieri condivisemese giunsero nell’isola due ro la decisione dei loro ufficontingenti di truppe inglesi, ciali e comandanti, purtropal comando del generale po abbandonati a se stessi dal Brittorous. Governo e dagli alti comandi. Mascherpa, autorizzato Tra i tanti episodi, merita di da un fonogramma di essere ricordato, a sessanta Supermarina, assunse il anni dal suo svolgimento, grado di Contrammiraglio per quello di Lero, una delle isole poter trattare alla pari con il del Dodecanneso, delle quali Comandante inglese e per Luigi Mascherpa MOVM la più importante e conosciuriaffermare l’italianità ta è Rodi, all’epoca sede del dell’Isola. Natural-mente a Governatore, Ammiraglio di Squadra Inigo Campioni. Lero non vi erano i gradi di contrammiraglio che Lero costituiva la base navale più importante, Mascherpa doveva indossare sulla divisa e intorno al dalla quale partivano le numerose missioni dei nostri berretto; furono le suore Missionarie Zelatrici del S. sommergibili e MAS nel Mediterraneo orientale; era Cuore, dirette dalla Superiora Suor Speranzina (dopo fornita anche di un arsenale. Al momento dell’armi- la guerra fu Madre generale del suo Ordine), a confestizio erano a Lero 6.000 marinai, 1200 fanti del zionarli con cotone giallo. Mascherpa ebbe subito la primo battaglione del 10° Reggimento Fanteria preoccupazione di mantenere distinti i due comandi e “Regina”, 400 avieri e circa 5400 uomini appartenen- di assicurare che il Tricolore avrebbe continuato a ti a Carabinieri, finanzieri, milizia volontaria (MVSN), sventolare sulla caserma della Marina e sulla sede del ecc. comando nella zona di Gonià. A tal proposito è indicaIl Comando della Base, dal febbraio 1942, era affi- tivo l’episodio narrato da Alfredo Cavallo (Una sola dato al Capitano di Vascello Luigi Mascherpa, apparte- bandiera, Schena Editore, 1995) che era il consegnanente al ruolo dei Comandi Marittimi, che a differen- tario dei viveri dell’Isola. za del ruolo Comandi Navali, non consentiva la proIl gen. Brittorous avrebbe espresso a Mascherpa mozione a Contrammiraglio. Al Comando Difesa era l’intenzione di stabilire il suo comando proprio nella preposto il Capitano di Fregata, Luigi Re, al Comando Caserma della Marina, nella zona militare dove vi Gruppo Sommergibili il Capitano di Fregata Virgilio erano anche la sede protetta, gli uffici di Spigai; comandava il 1° battaglione del 10° Commissariato, il panificio, l’Ospedale, gli alloggi dei Reggimento Fanteria il Ten. Colonnello Giuseppe Li marinai, ecc. Volsi. Mascherpa oppose un eloquente rifiuto e assicurò Nell’isola non vi erano truppe tedesche, per cui che avrebbe dato ordini perchè gli inglesi disponessenon si ebbero i problemi che invece l’Ammiraglio ro di locali idonei a Porto Lago, la zona nella quale vi Campioni dovette affrontare a Rodi, che l’11 settem- erano edifici civili, la Casa del Fascio, il Cinema, le bre cadde in mano ai tedeschi, inferiori di numero, scuole pubbliche, la Chiesa di S. Francesco ecc. ma superiori in mezzi ed equipaggiamento. Infatti chiamò al telefono il Ten. Cavallo perchè proA Rodi venne fatto prigioniero il Contrammiraglio cedesse a mettere a disposizione degli inglesi quei Carlo Daviso, che era il diretto superiore di locali che erano utilizzati come magazzini, esprimenMascherpa, il quale, senza attendere l’autorizzazione do la sua contrarietà ad una sistemazione degli ingledegli Alti comandi, di sua iniziativa lo sostituì nelle si nel recinto della Marina. funzioni e ordinò il rientro alla base di tutto il naviIn poche ore la questione venne risolta con soddi- MOVM ALLA MEMORIA ALL’AMM. LUIGI MASCHERPA Ufficiale ammiragliodi eccezionali doti morali e militari, assumeva, in circostanze estremamente difficili, il Comando di una importante base dell’Egeo. Attaccato da schiaccianti forze aeree e navali tedesche, manteneva salda in oltre cinquanta giorni di durissima e sanguinosa lotta, la compagine difensiva dell’isola. Dopo una strenua ed epica resistenza protrattasi oltre ogni umana possibilità, ormai privo di munizioni e con gli effettivi decimati, era costretto a desistere dalla lotta. Catturato dal nemico e condannato a morte da un Tribunale di parte asservito ai tedeschi, coronava fieramente col sacrificio della vita una esistenza nobilmente spesa al servizio della Patria. Zona di operazioni, settembre 1943 - maggio 1944 20 IL NASTRO AZZURRO sfazione di ambo le parti. Successivamente il Comando inglese si spostò al centro dell’Isola, in una posizione più strategica. Gli inglesi nutrivano molti dubbi sulla lealtà degli italiani, per cui ritennero di non utilizzare la nostra fanteria al comando del Ten. Col. Li Volsi, adducendo che in caso di sbarco, con i tedeschi sarebbero potuti esserci anche degli italiani. Fu questo un grave errore di valutazione ed una delle ragioni della sconfitta. Agli italiani rimase affidata la difesa costiera delle 24 batterie, navali e contraeree. Così descrive il loro armamento Virgilio Spigai (Lero, soc. ed. Tirrena – Livorno, 1949) : “Come qualità, erano un campionario della produzione nazionale degli ultimi cinquant’anni. Dal vecchio cannone da 152/40, della batteria Ciano si scendeva, attraverso un discreto assortimento, al moderno 90/53 contraereo della batteria 127. La media dell’età era alquanto spostata verso il passato, perchè le batterie di cannoni nuovi erano una e le batterie di cannoni vecchi 23. Tutto l’insieme dipendeva da un comando DICAT-FAM (difesa contraerea, fronte a mare)”. Il primo terribile bombardamento del 26 settembre danneggiò gravemente la struttura a terra della base sommergibili e provocò diecine di morti; venne affondato il cacciatorpediniere greco Principessa Olga e colpito con pericolo di affondamento il caccia inglese Intrepid. Da quel giorno fino al 31 ottobre l’isola subì incessanti bombardamenti aerei, fino a 11 incursioni al giorno con un numero variabile di aerei che raggiunse il numero di ottanta. La difesa contraerea, a dirigere la quale era stato assegnato il Capitano di Fregata Virgilio Spigai, inflisse gravi perdite ai tedeschi (essi stessi ammisero di aver perso cento aerei dopo il primo mese di incursioni); i nostri marinai stavano ai posti di combattimento fino a venti ore al giorno. Purtroppo la batteria più moderna, la 127, comandata dal capitano Cacciatori (Medaglia d’Oro) esaurì la scorta di munizioni; gli uomini continuarono a combattere con le mitragliere e dopo lo sbarco, affrontarono i tedeschi corpo a corpo. La battaglia di Lero fu gravemente condizionata dall’assenza dell’aviazione alleata, cioè inglese, mentre i tedeschi, che il 5 ottobre avevano occupato l’isola di Coo, unico aereoporto utilizzabile dopo la caduta di Rodi, utilizzarono proprio l’aviazione per ridurre la capacità di difesa dell’isola. Riportiamo la prima parte dell’ordine del giorno n. 57, che il 12 ottobre ’43, venne emanato da Mascherpa e che evidenzia lo spirito patriottico che lo animava: “Il continuo, quotidiano, duro cimento al quale è sottoposta l’isola di Lero da svariati giorni, e l’impareggiabile reazione bellica, passerà alla storia come una delle più eroiche gesta dell’attuale guerra. Nella particolare situazione, la resistenza di Lero, oltre ad essere essenziale, assume l’aspetto di una epopea, in quanto Lero è l’unico lembo della nostra Patria che, nella tragica sorte toccata all’Italia, non sia stata calpestata dal nemico. Le Forze Armate Britanniche ammirano il vostro comportamento ed il generale Brittorous mi ha più volte manifestato il più alto compiacimento. Ognuno di voi deve essere fiero ed orgoglioso per avere l’onore di partecipare a questa lotta”. Il 1° novembre il Generale Brittorous fu sostituito dal Generale Tilney e il generale Hall assunse il comando dell’intero scacchiere Egeo; i due non fecero visita a Mascherpa nè cercarono, tramite l’ufficiale di collegamento Borghi, di stabilire un incontro. Contemporaneamente il Capo della missione mili- IL NASTRO AZZURRO tare alleata inviava al generale Ambrosio, Capo di Stato maggiore generale, un telegramma con il quale comunicava che la cooperazione italiana a Lero non era completa, che il comandante italiano (Mascherpa) doveva servire sotto il comandante inglese senza riserve, che il comandante inglese aveva assunto le funzioni di governatore di Lero, che l’Ammiraglio Mascherpa doveva essere immediatamente sostituito. Il generale Ambrosio indirizzò a Mascherpa il seguente indicativo telegramma: “Preciso che vostro compito est di considerarsi alle dipendenze di impiego e quindi di dare piena collaborazione senza riserva al comandante inglese (........) predetto comandante inglese ha assunto funzioni governatore Lero” Nel frattempo Ambrosio operava la sostituzione di Mascherpa e con telegramma del 10 novembre disponeva il rientro dello stesso e la sua sostituzione con il Capitano di vascello Lorenzo Daretti. Il 12 novembre con telegramma a firma De Courten si intimava a Mascherpa di dare le consegne al comandante Borghi e di rientrare in Italia col primo mezzo disponibile. Intanto era iniziata l’ultima fase della battaglia: proprio all’alba di quel 12 novembre, mezzi da sbarco tedeschi apparvero intorno all’isola. Numerose sono le testimonianze dei comandanti di batteria e di semplici marinai, raccolte nel libro Lero di V. Spigai, che narrano questa fase cruenta dello sbarco, contrastato dal fuoco continuo delle bocche di fuoco e poi dallo scontro corpo a corpo, con episodi di grande valore. Naturalmente Mascherpa rifiutò di lasciare l’isola e telegrafò comunicando la estrema gravità della situazione e la necessità di rinforzi. Dopo le ore 14,00 del 12 novembre, mentre era in atto una delle tante azioni aeree, sull’isola apparve una grossa formazione di aerei da trasporto, scortata da aerei da combattimento. La difesa contraerea colpì molti di essi, ma non potè impedire il primo lancio di paracadutisti che giunti al suolo si scontrarono con i nostri marinai male armati e con la fanteria inglese. 21 I giorni successivi furono caratterizzati da aspri Spagnolo M.O.V.N.) erano stati passati per le armi combattimenti e l’indecisione del comandante nel corso dei combattimenti. inglese consentì ai paracadutisti di congiungersi con L’Ammiraglio Mascherpa aveva già informato di le forze che erano penetrate nell’isola da sud-ovest. queste barbare uccisioni il Generale Soldarelli a Mascherpa telegrafò al Gen. Soldarelli, a Samo, Samo il quale il 15 novembre inviò un telegramma al chiedendo di inviare almeno 800 uomini, ma il Comando Alleato del Mediterraneo con il quale tracomandante inglese di quell’isola si oppose. smetteva quanto comunicatogli da Mascherpa ed A questo punto va evidenziato che gli inglesi non invocava un intervento energico per il rispetto delle permisero ai nostri fanti di prendere parte ad opeleggi internazionali. razioni di contrattacco, con la giustificazione che i La capitolazione di Lero venne comunicata con tedeschi avrebbero potuto usare divise italiane; in un bollettino straordinario del Comando Supremo realtà gli inglesi non volevano che l’eventuale vittoTedesco, in data 18 novembre. Nelle ore notturne ria fosse merito degli italiani. Il Ten. Col. Li Volsi successive alla resa con piccolo naviglio e con qualchiese più volte di poter contrattaccare con i suoi che mezzo militare alcuni ufficiali e marinai riuscifanti, ma gli inglesi non lo autorizzarono. rono ad allontanarsi dall’isola diretti in Turchia. Il 14 novembre finalmente questi ultimi contratAnche per Mascherpa era pronto un MAS per portaccarono, al comando del Ten. Col. French che tarlo in salvo, ma egli rifiutò e con lui rimasero gli cadde in combattimento, ma furono bombardati ufficiali più alti in grado e i comandanti delle battedall’aviazione tedesca, sempre presente sul cielo rie che non erano stati trucidati. Il Capitano di dell’isola. La situazione stava oramai precipitando e Fregata Luigi Re, Comandante della Difesa di Lero, anche il generale Tilney lo comunicò al suo superiotestimonia che la sera della resa, il Gen. Tilney, re, a Samo. Nei giorni 15 e 16 i tedeschi occuparostringendo la mano a Mascherpa, esclamò : “Vi rinno quasi interamente la parte settentrionale dell’igrazio e vi ammiro per il vostro coraggio e per il sola, mentre le batterie ancora in mano agli italiani valore di tutti i vostri combattenti! Fate assegnadisponevano di pochi pezzi effimento sul mio aiuto!“ cienti. Dopo qualche giorno iniziò l’oPadre Igino Lega MOVM Non meno di 300 aerei tedeschi dissea dei nostri prigionieri, imbarrovesciarono una vera valanga di cati su navi dirette al Pireo e poi fuoco su ciò che era rimasto delle trasportati su carri bestiame in nostre difese, soprattutto nella Polonia e in Germania nei lagher zona di Monte Meraviglia, dove si nazisti. Ma questo è un altro capitotrovava il comando inglese. lo. Alle 12.30 del 16 novembre, Abbiamo citato le Medaglie un’auto tedesca con bandiera biand’Oro al V.M. conferite a ca e parlamentari giunse a Mascherpa, Cavazzoli, Meneghini, Portolago, nella sede del Comando Spagnolo, tutte alla memoria e Italiano: il Generale tedesco offriva quella al Capitano di artiglieria salva la vita a tutto il presidio itaCacciatori; ma vi è un’altra liano se Mascherpa avesse ordinato Medaglia d’Oro : a Padre Igino Lega, la resa. La risposta fu negativa. Nel cappellano militare, gesuita, a Lero pomeriggio la batteria 127, comandal febbraio 1942; egli si prodigò data dall’intrepido Capitano ogni oltre umana possibilità, duranCacciatori (M.O.V.M.) che perse un te la battaglia per non fare mancabraccio nello scontro all’arma bianre il conforto della religione anche ca, e il comando tattico britannico nei punti più lontani dell’isola ed furono annientati. Il gen. Tinley fu esposti a continui bombardamenti. fatto prigioniero ed ordinò alle I suoi manoscritti su quei terribili truppe di cessare il fuoco. Si reagiorni sono stati pubblicati postumi, lizzò così la pressante invocazione nel 1974, sotto il titolo di “Lero che qualche ora prima Mascherpa eroica”. Di straordinario coraggio e aveva rivolto a Spigai per telefono: di commovente lettura il discorso “Per amore di Cristo, Spigai – disse che Padre Lega pronunciò alla fine fermo, senza alcun romanticismo dell’ultima Messa celebrata su di un nella voce – per l’amore di Cristo, fatemi la grazia camion alla presenza dei nostri marinai in attesa di di resistere finchè resisteranno loro”. Le difficoltà imbarcarsi per la prigionia. Alla fine egli recitò per di comunicazione ritardarono la trasmissione e ricel’ultima volta la Preghiera del Marinaio, nonostante zione, da parte di tutti i nuclei combattenti, della la presenza dei tedeschi e la concluse al grido di notizia della resa; in qualche caso, la trasmissione “Viva l’Italia”, pronunciato all’unisono dai presenti. del messaggio per via ottica, non venne creduto e si I tedeschi si affacciarono dalle navi vicine e gli continuò a combattere fino al mattino successivo, inglesi presenti balzarono in piedi. Egli non voleva come alla batteria Farinata e alle batterie del grupassolutamente quella Medaglia e costretto a ricepo nord. verla, nel Piazzale dell’Accademia Navale di I Comandanti di diverse unità, una volta catturaLivorno, il 17 novembre ’47, dalle mani del Ministro ti, furono trucidati: il Capitano di fregata Vittorio della Difesa, Cingolani, dopo la cerimonia corse Meneghini (M.O.V.M.), il capitano di fanteria nella Cappella e appese la medaglia all’immagine Radice, il centurione della Milizia Dante Calise, del S. Cuore di Gesù. Sulla sua vita, spentasi nel ’51, schieratosi subito contro i tedeschi, il S. Ten. di artia soli 39 anni, ha scritto un libro P. Alessandro glieria Antonio Quaranta, il S. Ten. di vascello Scurani (1953, Ed. Lampade viventi – Selecta, Edoardo Cardone, il S. Ten. V. Luigi Folzari, il S. Ten. Milano). V. Massimo Calabrese, il Sottotenente di artiglieria Clodomiro Mosca, il Ten. Ferruccio Pizzigoni. Avv. Stefano CAVALLO Gli ufficiali della batteria Ciano, della 211 (Ten. (Presidente della Sezione di Ostuni) A. Lo Presti), della 763 e della Lago (S. Ten. Corrado 22 IL NASTRO AZZURRO LA BATTAGLIA DI MONTEROTONDO Prima dell' 8 settembre 1943 nel Palazzo Comunale era insediato il Quartier Generale delle Forze Armate Italiane sotto il comando del generale Roatta, che aveva l'abitazione personale a villa Betti, posta a mezza strada fra Monterotondo e Mentana. Vi rimase sino all'annunzio dell'armistizio; l'intero Comando seguì poi le alte cariche dello Stato al Sud. All'alba del 9 settembre, dopo un mitragliamento a bassa quota, i tedeschi lanciarono nell'area di Monterotondo un battaglione forte di 800 paracadutisti, con il compito di occupare il Castello Orsini, “sede di campagna” dello Stato Maggiore dell'Esercito Italiano. Il dispositivo di difesa, di cui faceva parte la 2a Compagnia Carabinieri SMRE, contrastò energicamente l'attacco nemico, dando modo allo Stato Maggiore di trasferirsi, con tutti gli archivi, in zona più sicura. I tedeschi, dopo un relativo successo, che consentì loro di penetrare nel Castello a pomeriggio inoltrato, vennero chiusi dalla morsa delle nostre truppe e poterono uscirne soltanto dopo che, per l'evolversi della situazione a Roma, vennero raggiunti accordi col feldmaresciallo Goering. Dei 107 carabinieri della Compagnia che partecipò alla difesa di Rievocazione della Battaglia di Monterotondo, 14 rimasero feriti. L'azione Monterotondo costò ai tedeschi ben 300 uomini. 70/ENNALE DELLA BATTAGLIA DI MONTEROTONDO Nell'ambito delle commemorazioni del 70/ennale degli eventi susseguenti a quel tremendo e indimenticabile 8 settembre 1943 che, dopo Porta San Paolo, diedero l'avvio alle ostilità degli italiani contro i nazisti per la Liberazione del suolo patrio, anche la comunità di Mentana ha sentito il bisogno e il prepotente dovere di ricordare i propri martiri; I combattimenti di Monterotondo IL NASTRO AZZURRO e ha dato vita ad un evento solenne. Concepita e ben organizzata dalla Direzione dell’Ara-Ossario Garibaldino di Mentana in sinergia con l’ANVRG (Associazione Nazionale Volontari e Reduci Garibaldini), l’ANIOC (Associazione Nazionale Insigniti di Onorificenze Cavalleresche) e, naturalmente, con il Comune di Mentana, la manifestazione si è svolta domenica 15 settembre. In cartello: con inizio alle ore 11.00 la deposizione di un omaggio floreale avvolto nel Tricolore ai Caduti per la Guerra di Liberazione ed a seguire la storica rievocazione della battaglia di Monterotondo, sostenuta dai Carabinieri con l’appoggio dei combattenti locali contro un battaglione di 800 paracadutisti tedeschi lanciati nel comprensorio eretino. Relatore il prof. Francesco Guidotti – Direttore del Museo nazionale della campagna dell’agro romano per la liberazione di Roma. Al suo fianco Altiero Lodi, Sindaco di Mentana, e l’Assessore alla Cultura Giuseppe Corte. Presenti i Gonfaloni e i Labari delle Associazioni d’Arma attive sul territorio, nonché dell’ANCFargl Roma (Associazione Nazionale Forze Armate Regolari nella Guerra di Liberazione) con un proprio Vice Presidente, dell’ANSI, dei CoSint, dell’Università dei Saggi ANC, e del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare, ecc... Nel corso della cerimonia è stato commemorato il gesto eroico del Cap. CC MBVM Fausto Garrone e l’impresa del Carabiniere Giuseppe Cannata il quale “... sebbene circondato da numerosi nuclei avversari -si legge nella cronaca dell’epoca - riuscì a raggiungere il terrazzo di una casa vicina e di lì continuò l'impari lotta, finché, colpito a morte si abbatté sul suo fucile mitragliatore.” Domenica 15 settembre è stata inaugurata una Mostra documentario-fotografica alla presenza di Annita Garibaldi Jalet (Presidente Nazionale ANVRG). 23 M NASCE LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA ussolini, detenuto sul Gran Sasso dopo la sua deposizione del 25 luglio 1943, fu liberato il 12 settembre da truppe scelte guidate da Kurt Student, Harald-Otto Mors e dal maggiore Otto Skorzeny, e fu condotto a Monaco di Baviera dove Hitler lo convinse a costituire un governo fascista nel nord Italia. Il 15 settembre furono emanate da Monaco le prime direttive per riorganizzare il partito fascista, che peraltro si stava ricostituendo spontaneamente dopo la dissoluzione causata dall'Armistizio. Riprendendo il programma dei Fasci italiani di combattimento del 1919, richiamandosi a Mazzini ed enfatizzando le origini e i contenuti repubblicani e socialisti, il 17 settembre Mussolini proclamò attraverso Radio Monaco la prossima costituzione del nuovo Stato fascista. La Repubblica Sociale Italiana venne formalizzata il 23 settembre a Roma e rivendicava la propria sovranità su tutto il territorio del Regno d'Italia, ma per gli sviluppi bellici la esercitò inizialmente solo fino alle province settentrionali della Campania, ritirandosi poi progressivamente sempre più a nord, in concomitanza con l'avanzata degli eserciti angloamericani. I territori dell'Alto Adige, del Friuli e dell'Istria furono sottoposti al diretto controllo tedesco. Le sedi degli organi istituzionali, dei ministeri e delle forze armate della RSI vennero distribuite in tutto il nord Italia. Il circondario di Salò, fu sede di alcuni dei maggiori uffici governativi, perché era strategicamente importante: oltre alla vicinanza con le fabbriche d'armi e con le industrie siderurgiche, era nel cuore dell'ultima parte dell'Italia ancora in grado di svolgere la produzione e dunque capace di creare merci da poter vendere, ancorché sottoprezzo e soltanto alla Germania. Il 13 ottobre 1943 fu annunciata l'imminente convocazione di un'Assemblea Costituente, che avrebbe dovuto redigere una Carta costituzionale nella quale la sovranità sarebbe stata attribuita al popolo. Dopo la prima assemblea nazionale del PFR, svoltasi a Verona il 14 novembre 1943,, Mussolini decise di convocare la Costituente a guerra conclusa. La Repubblica Sociale Italiana quindi ebbe un governo de facto, ovvero un esecutivo che operava in mancanza di una Costituzione, la quale pur essendo stata redatta non venne mai discussa e approvata. Benito Mussolini fu, sebbene mai proclamato, Capo della Repubblica, Capo del Governo e Ministro degli Esteri. Il Partito Fascista Repubblicano (PFR) fu retto da Alessandro Pavolini. Fu creata la Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) con compiti di polizia giudiziaria e di polizia militare, posta sotto il comando di Renato Ricci. La RSI fu in realtà un protettorato tedesco, sfruttato dai nazisti per legalizzare alcune loro annessioni, per ottenere mano d'opera a basso costo e per riscuotere le spese di occupazione, stabilite nell'ottobre 1943 a 7 miliardi di lire, passate successivamente a 10 miliardi (17 dicembre 1943) e infine a 17 miliardi. L'intero apparato della Repubblica di Salò era infatti controllato dai militari tedeschi, memori del "tradimento" che gli italiani avevano consumato con l'armistizio, alla Repubblica Sociale non fu consentito di 24 poter riportare in patria i militari internati dai tedeschi in seguito all'8 settembre, ma solo di poter reclutare volontari fra di essi per la costituzione di divisioni dell'Esercito da addestrarsi in Germania. In Italia il volontariato fascista e la militarizzazione di organizzazioni esistenti dotarono la RSI di forze armate numericamente consistenti (complessivamente fra i 500 e gli 800 000 uomini e donne sotto le armi)che furono impiegato soprattutto come presidio territoriale e guardia costiera. I rapporti tra Fascismo ed ebrei, già resi difficili e precari dalle leggi razziali del 1938, subì un ulteriore degrado dopo la costituzione della Repubblica Sociale Italiana sotto diretta tutela della Germania: in pratica fu l'inizio della caccia all'ebreo anche in territorio italiano. Ministro delle finanze del nuovo governo fascista fu nominato il professor Domenico Pellegrini Giampietro, insegnante di diritto costituzionale presso l'Ateneo di Napoli. Suo compito principale, per l'intera durata del suo incarico, sarebbe stato quello di difendere le casse del nuovo Stato dalle pretese tedesche e trovare una soluzione per la situazione che il comportamento delle truppe naziste d'occupazione aveva creato. Nella R.S. I. si sarebbe dovuta attuare, secondo le intenzioni di Benito Mussolini, la trasformazione della struttura organizzativa economica da un sistema di tipo capitalista, quello trovato nel 1922, ad uno di tipo organico, corporativo e partecipativo. Nel Manifesto di Verona erano presenti alcuni richiami alla socializzazione delle imprese, che prevedeva la partecipazione dei lavoratori alle decisioni ed agli utili d'azienda, la nazionalizzazione e la gestione statale delle aziende strategiche per la nazione, il diritto al lavoro ed il diritto alla proprietà della casa. Con tali misure IL NASTRO AZZURRO Mussolini sperava di raccogliere consensi fra le masse. Ai vertici dell'organizzazione militare della RSI stava il Ministero della Difesa Nazionale, poi Ministero delle Forze Armate. A capo di esso fu designato l'ex Maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani, che a sua volta nominò quale Capo di stato maggiore generale il generale Gastone Gambara. Collaboravano col ministro un sottosegretario per l'Esercito, uno per la Marina Nazionale Repubblicana e uno per l'Aeronautica Nazionale Repubblicana, per ognuno di essi esisteva inoltre un capo di Stato maggiore. Le forze armate in realtà dipendevano operativamente dai comandi tedeschi che, poco inclini a fidarsi dei militari italiani dopo i fatti dell'8 settembre, preferirono evitare di coinvolgerle nei combattimenti al fronte. Questo atteggiamento contribuì a deprimere ulteriormente il morale di quanti, soprattutto giovani coscritti, avevano risposto al bando Graziani mossi dal sincero desiderio di difendere il suolo patrio, vedendosi invece costretti in buona parte ad azioni di controguerriglia nei confronti delle bande partigiane e di villaggi e popolazioni italiane. Il tenente colonnello Ernesto Botto, nominato sottosegretario per l'Aeronautica Nazionale Repubblicana il 23 settembre, trovò una situazione estremamente complicata dalle spericolate e scoordinate iniziative tedesche: il Feldmaresciallo Wolfram von Richthofen, infatti aveva nominato il generale Müller comandante dell'aviazione italiana e ne stava arruolando già il personale nella Luftwaffe, mentre, Il Feldmaresciallo Albert Kesselring, a sua volta, aveva nominato il tenente colonnello Tito Falconi "ispettore della caccia italiana", con il compito di rimettere la suddetta caccia in condizione di combattere. La costituzione dell'Aeronautica Repubblicana fu autorizzata personalmente da Hitler in novembre, dopo che le proteste ufficiali di Botto avevano risalito l'intera scala gerarchica tedesca, ma solo dal gennaio del 1944 fu possibile iniziare la formazione dei reparti: un gruppo per ogni specialità (caccia, su Macchi M.C.205 Veltro, aerosiluranti, su Savoia-Marchetti S.M.79 e trasporto) con una squadriglia complementare. La formazione di una nuova marina fu un'operazione assai più lenta e difficoltosa rispetto alla pur travagliata vicenda della costituzione delle altre due armi. Gran parte della flotta, infatti, con l'armistizio, si era consegnata agli Alleati mentre le unità abbandonate nei porti erano tutte state sabotate dagli equipaggi. La marina di Salò, oltre ai Comandi di zona servizi della marina (che ne costituivano l'organizzazione territoriale), aveva previsto l'istituzione di Comandi navali per l'impiego delle unità militari: uno per le unità di superficie, uno per i sommergibili, e infine uno per le unità anti-sommergibile. Il primo non venne mai istituito per mancanza di navi da assegnargli; i sommergibili del secondo furono impiegati principalmente per trasportare spie e agenti oltre le linee alleate; l'ultimo fu l'unico effettivamente funzionante. Si schierarono con la nuova repubblica il comandante Grossi, che aveva autorità sui sottomarini della base di BETASOM (Bordeaux) ed il principe Junio Valerio Borghese, comandante la Xª MAS, che aveva preso accordi pressoché privati con gli alti comandi della Kriegsmarine riuscendo a non integrarsi nell'organigramma della futura marina della RSI, almeno nella fase iniziale, ed evitando il coinvolgimento politico. Il sottosegretario per la marina, capitano di fregata Ferruccio Ferrini, nominato il 26 ottobre, tentò subito di inglobare la "Decima" direttamente nella sua forza armata (come arma subordinata), ma dai "marò" IL NASTRO AZZURRO del principe Borghese ottenne solo il rischio di un'insurrezione armata contro il governo. Questo fu peraltro uno dei motivi del successo e della popolarità della Flottiglia, che contando sull'immagine del comandante e sulla sua "indipendenza" politica, riuscì a raccogliere un numero impressionante di arruolamenti volontari e crebbe, allargandosi anche ad attività di terra, sino a divenire una sorta di esercito autonomo. Questi accadimenti, uniti alla scarsità del materiale navale rimasto in mano ai fascisti, portarono i comandi tedeschi ad arroccarsi su posizioni di diffidenza e di non collaborazione. Le Brigate Nere furono l'ultima creazione armata della Repubblica: si trattava di un «esercito fascista», politicizzato, di partito che doveva integrare la Guardia Nazionale Repubblicana, sempre a corto sia di uomini che di mezzi. Il nuovo corpo fu costituito da tutti gli iscritti al Partito Fascista Repubblicano di età compresa tra i diciotto e sessanta anni non appartenenti alle Forze Armate, organizzati in Squadre d'Azione. La struttura politico-militare del Partito fu trasformata «in un organismo di tipo esclusivamente militare», tentando senza grande successo di riesumare lo squadrismo degli inizi da impiegarsi essenzialmente contro i partigiani. Per le armi e i mezzi di trasporto le Brigate mobili dipendevano dai militari tedeschi, inizialmente più che contenti di poter contare sui fascisti repubblicani per le imprese antipartigiane, ben presto si resero conto che l'indisciplina e la violenza gratuita manifestate dalle Brigate e la loro incapacità di coordinarsi con i reparti della Wehrmacht erano tali che, nelle zone in cui operavano, per reazione popolare i partigiani aumentavano di numero. Successivamente nella RSI venne anche istituito il Servizio Ausiliario Femminile. La bandiera della Repubblica Sociale Italiana rimase il Tricolore Italiano privo dello scudo sabaudo, sebbene alcune lievi modifiche gli venissero apportate nei circa due anni di esistenza della RSI. Il problema della natura della Repubblica Sociale italiana come fantoccio nelle mani dell'occupante tedesco, fu posto dallo stesso Benito Mussolini - utilizzando proprio tale termine - già nell'ottobre del 1943, in un promemoria stilato esattamente un mese dopo l'annuncio dell'armistizio. Tale promemoria includeva un appello personale ad Adolf Hitler nel quale Mussolini affermava che «Sta al FÜHRER di decidere, in questa occasione, se gli italiani potranno volontariamente portare il loro contributo alla formazione della nuova Europa o dovranno per sempre essere un popolo nemico». Dopo circa un mese, non avendo ricevuto risposta, Mussolini così si espresse relativamente ai tedeschi: «È perfettamente inutile che questa gente si ostini a chiamarci alleati! È preferibile che gettino, una buona volta, la maschera e ci dicano che siamo un popolo e un territorio occupati come tutti gli altri!». I tedeschi, in realtà, pur mirando a spogliare i fascisti di ogni autorità sull'Italia occupata, intendevano dare alla RSI una parvenza di autogoverno per ragioni di propaganda. La stessa scelta di Hitler di porre Mussolini a capo del nuovo Stato rientrava a pieno in questa strategia tesa a far apparire la RSI come uno Stato sovrano a dimostrare che l'Asse era sopravvissuto all'armistizio del Regno d'Italia. Soddisfare tali esigenze propagandistiche la Germania agì solo da occupante, sebbene secondo Renzo De Felice la presenza di Mussolini alla guida della RSI riuscisse effettivamente a garantirle alcuni margini di autonomia dai tedeschi, tali da rendere "fuorviante" la sua definizione come semplice Stato fantoccio. 25 L ROMA CITTà APERTA ’8 settembre del 1943 il Generale Conte Calvi di Bergolo, consorte il Conte Calvi della Principessa Reale Jolanda di Savoia e dunque genero di Re Vittorio Emanuele III, aveva il comando della Divisione Centauro II, che era una delle quattro divisioni che formavano il XVII Corpo d’Armata, e si trovava in località Bagni di Tivoli. Il Re Vittorio Emanuele III intendeva invitare il genero a partire con lui verso il sud e lo fece avvertire dal Generale Puntoni di questa sua intenzione. Calvi non intendeva lasciare i suoi soldati in frangenti cosi difficili, rispose quindi al Generale Puntoni che egli sarebbe rimasto al suo posto. Il Sovrano approvò pienamente la risposta fornita da Calvi a Puntoni. Il Generale Calvi di Bergolo scrisse in un memoriale riservato, depositato negli archivi del Ministero della difesa e reso noto al pubblico da “Settimana Incom” solo nel 1965, che dimostrava come in quei tragici giorni che seguirono l’8 settembre 1943 nessuno, né il Ministro della Guerra Sorice, né il Generale Carboni, comandante del Corpo d’Armata Motorizzato e capo del Servizio Informazioni Militari, voleva controfirmare la resa incondizionata da parte italiana agli ex alleati Tedeschi. Dato che l’ultimatum tedesco scadeva alle sedici del 10 settembre, il tenente colonnello Leandro Giaccone, ufficiale di fiducia del Generale Calvi di Bergolo, firmò l’atto di resa imposto dal Feldmaresciallo tedesco Kesselring, nell’interesse e nella salvezza di Roma e della sua popolazione. Il 10 settembre il Generale Calvi di Bergolo accettò la nomina proposta dal Ministro della Guerra, Sorice, a Comandante della “Città Aperta” di Roma. Quel compito fu affidato al Generale Calvi di Bergolo perché era considerato la persona più adatta in virtù della conoscenza che aveva acquisito in Libia dei comandanti tedeschi e della loro mentalità. Lo stesso giorno il Generale aveva fatto affiggere in tutta Roma un manifesto contenente disposizioni d’ordine politico e di carattere militare, il cui testo venne riportato dai giornali romani l’11 settembre e comunicato dall’Agenzia Stefani: S.E. il Generale Conte Calvi di Bergolo rivolge alla cittadinanza romana il seguente messaggio: ROMANI, quale comandante responsabile della Città Aperta di Roma, vi confermo il proclama che senza dubbio avrete letto e che ho indirizzato oggi alla cittadinanza. Vi esorto a rimanere calmi e fiduciosi. L’ora che attraversiamo è indubbiamente dolorosa e grave per tutti ma potrebbe diventare infinitamente più grave e dolorosa ancora qualora il senso di responsabilità e l’amor patrio dovessero vacillare. Le autorità responsabili stanno provvedendo con il massimo dell’energia per il ritorno della normalità in ogni aspetto della vita cittadina. Ho affrontato il problema alimentare. Tutti i servizi riprenderanno al più presto a funzionare regolarmente. Ognuno deve rimanere al suo posto ad assolvere il suo compito senza inquietudini, preoccupazioni od ansie che non avrebbero giustificazione. 26 Il giorno successivo, 11 settembre 1943, in un momento di sbandamento generale, fu proprio il Generale Calvi di Bergolo a firmare un accordo con il Feldmaresciallo tedesco Kesselring in base al quale si instaurava un Governo Militare di Roma, considerata “Città Aperta”, segnando, con questo atto, un istituto di valore internazionale, anche se nella realtà la “Città Aperta di Roma” rimase “aperta” soprattutto all’occupazione militare tedesca ed a tutti gli arbitri di questa. Subito dopo, il Generale Conte Calvi di Bergolo, Comandante della Città Aperta di Roma, diffuse un proclama col quale stabilì le procedure e la limitazioni a carico della popolazione e delle truppe a sua disposizione. Il proclama cominciava col seguente preambolo di grande significato: “Premesso che le trattative iniziate ieri tra le autorità militari italiane e tedesche si sono concluse il 10 settembre alle ore 16 con l’accettazione di un accordo, secondo il quale viene stabilito che le truppe tedesche debbano sostare al margine della Città Aperta di Roma, salvo l’occupazione della sede dell’Ambasciata germanica, della stazione radio di Roma e della centrale telefonica tedesca; che quale comandante della Città Aperta di Roma ho alle mie dipendenze una divisione di fanteria per il mantenimento dell’ordine pubblico, oltre a tutte le forze della polizia; che i Ministri rimangono in carica per il normale funzionamento dei rispettivi dicasteri” e seguiva con le disposizioni di dettaglio. Che si concludevano ricordando che “…Valgono le disposizioni di ordine pubblico già in vigore pubblicate con il manifesto del Comando del Corpo d’Armata di Roma. Il coprifuoco rimane fissato alle ore 21.30.” Dall’11 al 23 settembre, in qualità di Comandante della “Città Aperta di Roma”, il Generale Calvi di Bergolo ed il suo aiutante colonnello Cordero di Montezemolo, responsabile degli affari civili, opposero una resistenza determinata ed efficace alle pretese dell’invasore tedesco. Calvi cercò di salvare quanto poté dell’autorità e dell’indipendenza italiane. Se non la sostanza, almeno la forma, infatti, come scrive Paolo Monelli nel suo dettagliatissimo libro “Roma 1943”, le sedute amministrative della Città Aperta di Roma si aprivano “in nome del Re” e le disposizioni, le poche possibili, venivano impartite per autorità che risaliva direttamente al Sovrano. Ma non trovarono che il genero del Re, il Generale Calvi di Bergolo, il cui sacrificio morale ha un valore che gli italiani non dovrebbero dimenticare. Solo la sua presenza, che aveva tutto il carattere di un provvedimento preso da Vittorio Emanuele, permise a Kesselring di imporsi agli estremisti che lo circondavano, accettando l’offerta del Generale di consegnargli la capitale. Inoltre, i paracadutisti erano pronti a saccheggiare Roma, e Kesselring non avrebbe potuto impedirlo se Calvi di Bergolo non fosse stato al suo posto. Secondo il Maresciallo e i suoi più intimi collaboratori, la Monarchia, pur abbandonando Roma, l'aveva salvata lasciandovi un membro di Casa Savoia. di Bergolo IL NASTRO AZZURRO L IL RISCATTO DI MIGNANO MONTELUNGO a battaglia di Montelungo fu il primo episodio che vide in combattimento unità militari italiane organiche a fianco degli Alleati dopo l'armistizio. Fu una battaglia marginale per le dimensioni e per i risultati, ma segnò la rinascita dell'Esercito Italiano dopo lo sfaldamento dell'8 settembre 1943. Dopo molte insistenze da parte del Comando Supremo italiano, che aveva già ottenuto l'utilizzo di varie unità navali al fianco degli Alleati, un reparto italiano venne inviato al fronte per un'operazione di sfondamento delle linee tedesche. Questo reparto, istituito il 27 settembre 1943 a San Pietro Vernotico (BR), avente la consistenza di una brigata, era stato denominato Primo Raggruppamento Motorizzato; costituito con soldati di tutte le regioni d'Italia con uniformi logore e raccogliticcie ed equipaggiato con armamento leggero (compresi mortai Brixia e mitragliatrici Breda 37) con il supporto di un gruppo di artiglieria, era stato dotato di tutti i camion che la logistica militare italiana era riuscita a reperire, e non aveva avuto alcun aiuto alleato in termini di materiali. Il raggruppamento era formato dal 67º Reggimento fanteria "Legnano", dal 51º Battaglione bersaglieri allievi ufficiali di complemento, dall'11º Reggimento artiglieria, dal 5º Battaglione controcarro, da una compagnia mista del genio e da un'unità di servizi. La bandiera di guerra era quella della divisione Legnano. Il Raggruppamento era a disposizione del generale dell'Esercito degli USA Geoffrey Keyes. Guidato dal generale Vincenzo Dapino, venne incaricato di partecipare allo sfon- IL NASTRO AZZURRO damento della Linea del Volturno. Il comando alleato, per saggiare le capacità operative di questo nuovo reparto, gli assegnò il compito di attaccare e conquistare Monte Lungo, nel comune di Mignano Monte Lungo, in provincia di Caserta. Per opporsi all'avanzata nemica, i tedeschi avevano fatto saltare in aria il 29 e il 30 settembre varie abitazioni, la fortezza, il municipio ed il ponte sul torrente Rava, unico passo tra la consolare Casilina ed il centro di Mignano. Il 3 dicembre gli Italiani, appoggiati da due reggimenti di fanteria ed un battaglione di ranger americani, ricevettero l'ordine di conquistare monte Lungo. L'8 dicembre, come previsto nei piani alleati, attaccarono avanzando coperti dalla spessa nebbia, ma questa venne spazzata inaspettatamente da un forte vento: il Raggruppamento, preso di infilata da postazioni laterali che gli statunitensi non erano riusciti a conquistare, subì forti perdite e fu costretto a ripiegare. Nei giorni seguenti furono diramati gli ordini per un nuovo attacco, con un nuovo piano di battaglia. Esso prevedeva la caduta delle principali vette del gruppo di monte Lungo, da destra verso sinistra a cominciare da quota 950, cima Sammucro, San Pietro Infine e monte Lungo. Preceduto da circa tre quarti d'ora di fitto tiro d'artiglieria, alle 09:15 del 16 dicembre fanti e bersaglieri italiani ripartirono alla conquista del monte. A differenza della prima volta, ora erano coperti dal 142º reggimento americano già appostato su Monte Maggiore. I tedeschi furono costretti al ripiegamento per evitare di restare isolati ed alle ore 12:30 le banI fanti italiani all’assalto del Monte Lungo diere italiana e americana sventolavano in cima al monte. I tedeschi dovettero infine ripiegare, ma guadag n a r o n o tempo per approntare le posizioni di quella che sarebbe stata la Linea Gustav, ritardando considerevolmente l'avanzata alleata. 27 AQUILE NEI CIELI: il cap. pil. loris bulgarelli L eggendo lo Stato di spagnole concesse dal Servizio del Capitano Generalissimo Franco: Pilota A.A. Loris Cruz de Guerra Spanola, Bulgarelli si rimane forteMedalla de la Campana mente impressionati per Spanola, Medalla Militar le straordinarie eroiche Spanola, Medaglia Argenimprese da lui portate a to al Valor Militare. compimento fino al Dopo due Medaglie di supremo sacrificio della Bronzo per operazioni in vita. Africa Orientale Italiana, Loris Bulgarelli, classe conquistò tre Medaglie 1909 iniziò la sua avvend’Argento al Valor Militura nell'Arma Azzurra tare nei cieli del Mediterappena diciottenne parraneo e della Cirenaica. tecipando al corso per Rientrato in Italia fu sergenti piloti e conseassegnato all'11° Stormo guendo il 14 ottobre 1928 da bombardamento e, nel la nomina a "Pilota di giugno 1940, gli venne Aeroplano" presso la assegnato il comando Scuola di pilotaggio di della 60a Squadriglia Capua. Assegnato alla Bombardamento Veloce Squadriglia da Ricognidel 33° Gruppo di base zione della II ZAT con il sull'aeroporto di Comiso grado di primo aviere in Sicilia. A sei mesi dall'iconsegue, dopo pochi nizio della guerra, dicemmesi, la promozione a bre 1940 la morte lo ghersergente e viene stanziamisce, durante una azioto al 20° Stormo Ricognine di bombardamento, zione Terrestre a Centoalla età di trentanove celle Sud. anni. Era il 13 dicembre, Nell'anno scolastico come registrato all'Ospe1931/32 consegue il dale della Regia Marina di Diploma di Ragioniere Tobruk. Il Cap. Pil. Loris Bulgarelli Commercialista che gli Per l’eroica azione, gli permette di frequentare viene concessa la Medaun corso presso l'Accademia Aeronautica di Caserta glia d'Oro al Valor Militare alla Memoria. La cronaca uscendone con il grado di Sottotenente in SPE ruolo dell' epoca registra che la sua morte fu vendicata dai naviganti il 1° ottobre 1934. caccia di scorta che abbatterono cinque dei sei aerei Due anni dopo nel 1936 è promosso Tenente e a nemici. Il suo copilota, tenente Pier Luigi Meroni, seguito delle ostilità con l'Abissinia viene inviato con riportò l'aereo a terra. Dopo la guerra il tenente il suo reparto in Africa Orientale ove presta servizio Meroni è transitato nell' aviazione civile e fu il pilonella 16a Squadriglia. Partecipa alla campagna etiota del G-12 che precipitò contro la collina di Superga pica, dove si distingue per perizia e coraggio consea Torino con a bordo tutta la squadra del Torino guendo le prime Decorazioni, due Medaglie di Bronzo Calcio, il 4 maggio 1949, la più grande tragedia nella e una Medaglia d'Argento al Valor Militare. storia dello sport italiano. Nel dicembre del 1938 viene inviato in Spagna Gli stessi Inglesi riportano nelle cronache militari dove nel 1939 ottiene la promozione a Capitano. che "il comandante Bulgarelli era un leader molto Anche in questi cieli saprà distinguersi in eroiche apprezzato ed era sempre alla testa del 33° imprese, meritando le più prestigiose Decorazioni Gruppo". MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE ALLA MEMORIA DEL CAP. PIL. LORIS BULGARELLI "Veterano d'Africa e di Spagna, Comandante di Squadriglia da bombardamento veloce, dall'alba del primo giorno di guerra effettuava numerose azioni su obiettivi terrestri e navali nei cieli di Malta, del Mediterraneo Orientale e dell'Egitto, dimostrando sempre doti di perizia e di valore. Ripetutamente attaccato dalla caccia nemica, mai desisteva dal suo compito e contribuiva all'abbattimento di due assalitori. Alla testa dei suoi piloti, nelle giornate dell'offensiva inglese in Marmarica, si prodigava con magnifico slancio e con dedizione incomparabile anche in difesa dei combattenti di terra. Durante un bombardamento di un reparto corrazzato che minacciava una nostra unità, assalito da sei caccia avversari, sosteneva l'impari lotta. Colpito a morte reclinava sui comandi la nobile fronte." Cielo del Mediterraneo e della Marmarica - giugno/13 Dicembre 1940 28 IL NASTRO AZZURRO CAP. CARLO PIAZZA: CHI ERA COSTUI? sUl n° 2/2013 di questo Periodico è stato pubblicato (pag. 24) un articolo sul 90° anniversario dell'Aeronautica Militare, istituita il 28 marzo 1923, in cui si faceva notare, giustamente, che, ben 12 anni prima, e cioè nel 1911 l'Italia aveva impiegato il mezzo aereo in azioni di ricognizione e di bombardamento in Libia. Prima Nazione al mondo! Nel 2011 ricorreva il 100° anniversario di quanto sopra, e forse ci si chiederà perché mai, due anni fa, la redazione non avesse pensato a ricordare l'episodio. Quale modesto rappresentante di quest'ultima, posso testimoniare che ci avevamo pensato, ed avevo già abbozzato il testo. Però, lo ricorderete benissimo, due anni fa ricorreva anche il 150° Anniversario dell'Unità d'Italia, c'era quindi ben altro da pensare (e pubblicare, per cui l'articolo fu accantonato. Rispolverando i vecchi appunti mi è sembrato che il titolo che avevo scelto, di manzoniana memoria, fosse adatto a suscitare, anche nei lettori più frettolosi, un minimo di curiosità, alla guisa del tremebondo Don Abbondio che si chiedeva curioso: "Carneade!! Chi era costui?"(1). E Piazza, mi chiederete, chi era? Nel 1911 il Cap. Carlo Piazza era il comandante della I° flottiglia Aeroplani (2) ed aveva ai suoi ordini 10 ufficiali, 29 uomini di truppa e 9 velivoli (2 Blériot, 3 Nieuport, 2 Farman e 2 Etrich). Il 28 settembre 1911, alla vigilia della dichiarazione di guerra alla Turchia, Piazza ricevette l'ordine "N. 1 Riservatissimo: di passare alle dipendenze del Corpo d'Armata speciale, da mobilitarsi in zone pianeggianti d'oltre mare". Sebbene la guerra non fosse stata ancora dichiarata, nessuno ignorava che si trattasse delle coste mediterranee della Libia. La flottiglia di Piazza partì da Napoli il 13 ottobre con i piroscafi Enrichetta e Sannio, seguiti due giorni dopo dal Plata, e giunse a Tripoli il 15 ottobre. Nel giro di una settimana era già operativa e alle 06,19 del 23 ottobre il Cap Piazza, seguito dopo qualche minuto dal Cap. Moizo, si levò, in volo col suo Blériot, per la prima missione di guerra. Nasce così L'Aviazione da guerra che ben presto dimostrerà al mondo le sue grandi e tremende possibilità. "Una nuova Arma è nata - dirà con spirito profetico il Gen Douhet (3) - l'Arma dell'Aria; un nuovo campo di battaglia si è schiuso: il cielo". Per i primi giorni le missioni furono solo di ricognizione, ma presto iniziarono anche quelle di offesa diretta. Il I° novembre il Ten. Gavotti eseguì la prima missione di bombardamento lanciando dal suo Blériot le piccole bombe Cipelli su Ain Zara e Tagiura (4). Gli avversari comunque non restarono a guardare; non c'erano all'epoca armi specifiche contraeree. ma i nostri aerei venivano sempre accolti da un nutrito fuoco di fucileria. Ben presto la nascente aviazione ebbe il battesimo del sangue. Il 31 gennaio 1912, il Cap. Montù osservatore a bordo di un Farman, fu colpito dalla fucileria avversaria. Secondo altre fonti, il primo ferito, alla gamba destra, fu il sottotenente Cannoniere (ironia di un nome). Per una curiosa coincidenza, nella sede della Federazione di Bari viene conservato il ricordo di un episodio (sorprendentemente simile a quelli di Montù e di Cannoniere), avvenuto a 5 anni di distanza durante la prima guerra mondiale, non sul fronte Libico ma sul cielo dell'Ortigara, il 20 giugno 1917. In una bacheca si può leggere la seguente motivazione di Medaglia d'Argento concessa al Valor Militare: "Osservatore d'aeroplano, durante il combattimento in una difficile zona d'alta montagna, eseguiva una ricognizione a meno di 500 metri sulle linee nemiche. Sebbene ferito fin dall'inizio da un proiettile di fucileria ad una coscia, con eroica abnegazione, invitava il pilota a continuare il volo, e, noncurante dell'intenso ed aggiustato tiro nemico, portava a termine il mandato affidatogli, con ottimi risultati". Nella stessa bacheca è conservato il proiettile austriaco che colpì l'ufficiale osservatore alla gamba destra, nonché un portamonete di cuoio a forma di ferro di cavallo e una medaglia di San Benedetto. Entrambi si trovavano in una tasca dell'ufficiale; il primo è forato ed ha ancora tracce di sangue, la seconda è tutta contorta per l'impatto col proiettile. Furono certamente questi a rallentare la corsa del proiettile ed a rendere meno grave la ferita. Quel tenente osservatore volava su un Farman, si chiamava Vito Nicola Picca ed era mio padre. Gen Giuseppe dott. Picca (V.Presidente Nazionale) NOTE: (1) Filosofo greco di Cirene (214 - 129 a.C.) fu insegnante dell'Accademia aristotelica, dove teneva lezioni sullo scetticismo radicale sostenendo che non esiste un criterio assoluto di verità. (2) La I° flottiglia era inquadrata nel Battaglione Specialisti dell'Esercito, una delle tante specialità dell'arma del Genio. (3) Il Gen. D. Giulio Douhet (Caserta 1869 - Roma 1930), ufficiale di artiglieria, comandò il primo Battaglione Aviatori costituitosi in Italia nel 1912. E stato uno dei più grandi teorici dell'impiego tattico-strategico dell'Arma aerea. Qualche anno fa l'Istituto del N.A. si fece promotore di una raccolta fondi per il restauro del monumento funebre, eretto al Verano, dove riposa insieme alla moglie. (4) Altri primati segnò la Guerra di Libia: - inizio della cooperazione aeronavale (28.10.1911) con la nave Sardegna, che batteva con le artiglierie l'oasi di Zanzur. - la "guerra dei nervi" con il lancio di manifestini sui villaggi e sugli accampamenti (gennaio 1912). - prime esperienze di volo notturno (marzo 1912). - impiego della fotografia aerea. - costruzione della prima pista artificiale per il decollo degli aerei. IL NASTRO AZZURRO 29 MOVM ECCELLENTI: SEBASTIANO SCIR È RISICHELLA Sebastiano Scirè Risichella nostre difese di Caporetto, si Sebastiano Scirè Risichella nacque a Francofonte, proprodigò nella difficile circovincia di Siracusa, il 12 ottostanza Impegnando bre 1890 da Filippo e da Combattimento col nemico Concetta Bortuna, ha risieduper ritardarne l'avanzata. to a Militello di Catania. In una mischia a corpo a Chiamato alle armi nel corpo, ferito ad una spalla il luglio 1911 e arruolato nel 9° 2 novembre, dopo sommaria reggimento bersaglieri (Asti), medicazione, continuò a partecipò col 28° battagliocombattere. Due giorni dopo, ne, dal 3 al 31 luglio 1912, con magnifico ardimento si alle operazioni di guerra in lanciò nella battaglia e, pur Tripolitania. Rimpatriato, fu gravemente ferito, non desicongedato nel gennaio 1913. sté dal combattere. Gli fu Richiamato per mobilitaconcessa la Medaglia d'Oro al zione nell'aprile 1915 al 10° V.M. con R.D. 30 novembre reggimento bersaglieri, rag1921 e la seguente motivaziogiunse la zona di operazioni ne: col 16° reggimento, di nuova "Meraviglioso soldato, formazione, partecipando ai rifulse per altissime virtù combattimenti su monte Kuk, militari durante le tragiche quindi, nel settore Butvicende del ripiegamento. Degano, sul Freikofel e sul Impegnato In aspro combattiMonte Pal Piccolo. mento corpo a corpo, contro Col grado di sergente. forze soverchianti, si prodigò comandante di pattuglia. a con slancio esemplare, infonCasera Melvio di Sopra, per dendo fede e valore nei prol'audacia con la quale nella pri dipendenti con la energia notte del 4 agosto 1917 si del suoi atti e l'ascendente spinse nelle linee nemiche morale del suo per catturare un posto avanImpareggiabile coraggio, zato, gli fu concesso un "Encomio solenne" con la primo ovunque occorressero reazioni violente per seguente motivazione: rintuzzare gli attacchi nemici. Caduto per gravissima "Facente parte di una pattuglia spintosi nei pres- ferita alla carotide, faceva sforzi supremi per contisi delle linee nemiche per tentare di catturare un nuare nella lotta ed Incitare I dipendenti gridando: posto avanzato dopo di essere stato scoperto ed " Bersaglieri avanti! Viva l'Italia!.. avere suscitato l'allarme In tutta la fronte, dava E nell'Impressione di una fine Imminente gridava: prova di calma, "Signor Capitano, muoio, ma sono contento" ardimento nel Monte Joff (Carnia), 4 novembre 1917. rimanere ad Guarito dalla ferita, nel gennaio 1918 ritornò immediato con- volontario in zona di operazioni con la 1^ divisione tatto dell'avversa- d'assalto, nella 1170^ compagnia mitraglieri "Arditi". rio allo scopo di Nel combattimento alla testa di ponte di Moriago, sul tendere agguato Piave, del 27 ottobre fu decorato di Medaglia ad eventuali pat- d'Argento al V.M. con la seguente motivazione: tuglie che il nemi"Rimasti feriti il proprio capitano ed il tenente co avesse inviato comandante la sezione, prendeva Il comando della in perlustrazio- compagnia In un momento critico e risolutamente la ne". trascinava avanti alla conquista del paese. Nel pomeCasera Melvio riggio, durante un improvviso attacco nemico, volondi Sopra. Notte tariamente con pochi uomini si slanciava avanti del 4 agosto 1917. unendosi alle altre truppe che contrattaccavano, Dal 25 ottobre dando prova di spirito di sacrificio e di nobile e geneal 4 novembre roso impulso" dello stesso anno, Testa di Ponte di Moriago, 27 ottobre 1918. coi reparti di Conclusa la guerra sul suolo europeo, fu Inviato in r e t r o g u a r d i a , Tripolitania, dove la situazione si era fatta difficile, durante il ripiega- con la 2^ divisione d'assalto; rimpatriò nel luglio mento dal fronte 1919. della Carnia verso La nazione esce esausta dal conflitto e Longarone e Santa Sebastiano, invogliato dai parenti che già vivono Giustina per l'av- oltre oceano, si trasferisce negli Stati Uniti dove ricevenuto sfonda- ve la notizia della concessione della Medaglia d'Oro al mento delle VM per l'azione sul Monte Joff, che gli viene conse- 30 IL NASTRO AZZURRO gnata personalmente dall'Ambasciatore d'Italia negli USA, nel corso di un'apposita cerimonia. Nel 1924, sollecitato dalle autorità italiane, rientra, accolto con grandi onori, nella sua Francofonte e diviene Comandante delle Guardie Comunali e poi Ispettore dell'Archivio Comunale. Nel settembre 1940, promosso sottotenente nella riserva, è richiamato a domanda e partecipa alle operazioni di guerra sul fronte albanese. Iscritto nel Ruolo d'Onore ha ottenuto le successive promozioni a tenente nel settembre 1953, a capitano nel 1960 e maggiore nel giugno 1969. È morto ad Asti Il 20 marzo 1981, all'età di 91 anni, mentre Sebastiano Scirè Risichella si trovava ospite dal figlio Filippo. La salma fu trasferita a Militello (CT) e tumulata nella tomba di famiglia. È stato inoltre insignito di: due "Croci al V.M.", "Croce di Cavaliere di Vittorio Veneto", "Croce di Cavaliere dell'Ordine Della Corona d'Italia", "Croce di Cavaliere della Polonia", "Croce di Cavaliere", "Cavaliere Ufficiale", "Commendatore" e "Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana". CAPORETTO Da "Il Risorgimento Italiano" "La Grande Guerra" Gli avvenimenti di Caporetto giungono ovattati e con ritardo sulle alte cime. Quando viene dato l'ordine di ripiegamento l'alta valle del Tagliamento, che segna la linea del fronte provvisorio fino ai ponti di Pinzano, resta ben presto tagliata fuori dal movimento di ripiegamento messo in atto da parte dei resti della II e III Armata nella pianura. Le tre divisioni del XII Corpo d'Armata della Carnia si trovano isolate e "imbottigliate" su varie direttrici, che portano alla pianura, ma che sono ormai impercorribili (dopo il 3 novembre è saltata la linea del Tagliamento con la cattura del ponte ferroviario di Comino) per la presenza di tedeschi già lungo il corso inferiore del Cellina e del Meduna. Gli scontri in atto nell'alto Tagliamento dalla fine di ottobre, per frenare comunque l'avanzata secondo gli ordini ricevuti (si rischiava di scoprire il fianco destro dell'Armata del Cadore e quello sinistro della II Armata), coinvolgono il 2 novembre il sergente Sebastiano Risichella Scirè in una mischia corpo a corpo con il nemico. La ferita alla spalla giudicata lieve e l'impossibilità a muoversi per il momento lo spingono a restare in linea dove, due giorni dopo, sul Monte Joff, sopra S. Francesco, un colpo gli passa da parte a parte la gola. La ferita pur grave non lo fa desistere dal percorrere il calvario di quei giorni che non lasciava alternative alla prigionia. Credendo la fine vicina cosi si esprimeva "Signor Capitano, muoio ma sono contento". Per l'azione gli verrà concessa a fine conflitto la Medaglia d'Oro al Valor Militare. I pochi superstiti del suo battaglione lo caricano su una barella e, complice il freddo e l'abnegazione dei suoi uomini, riescono a fare decine di chilometri verso Tramonti (lago) dove le guide li indirizzano lungo la "Strada degli alpini", arteria militare costruita pochi anni prima attraverso il massiccio del Resettum che si collega attraverso Erto alla valle del Piave. Questa stessa strada (scorciatoia) è stata scelta anche da Rommel che guida l'avanguardia dei cacciatori del Wurtemberg per piombare su Longarone e tagliare la strada alla IV armata. Il loro vantaggio è minimo da quando Rommel ha passato il 3 notte il Tagliamento a Comino. Solo il combattimento di altre unità di retroguardia del reggimento ha fin 'ora evitato il contatto diretto. Gli scontri della retroguardia presidiata dalle compagnie del 16° sono continui ed in aumento, sia lungo la strada degli alpini che a Claut, Cimolais e Passo S. Osvaldo lasciando alla colonna dei feriti poche ore di vantaggio. La valle del Piave che si apre davanti a loro dopo il ponte di Colomber, pur ingombra di uomini della IV Armata del Cadore del gen. Nicolis di Robilant in ritirata, è un segno di speranza. La forte fibra e probabilmente il freddo che cauterizza la ferita gli hanno permesso di superare ogni difficoltà e sarebbe amaro che proprio ora cadesse in mano nemica. Sulle montagne carniche è intanto evaporato, dopo due settimane di scontri, l'intero XII Corpo d'Armata, col 15° Bersaglieri in Val Dogna e tanti altri, Bersaglieri, Fanti, Alpini, che dalle Alpi Giulie non son nemmeno riusciti a scendere a valle e hanno preso direttamente la strada della prigionia. Dopo lunga degenza, il sergente Scirè, guarito dalla grave ferita, rinuncia alla convalescenza e nel gennaio 1918 volontariamente torna in zona d'operazioni e viene aggeragato alla costituenda 1^ Divisione d'Assalto e ai suoi reparti nati per controbattere il nemico con la stessa moneta di Caporetto. Il suo nuovo reparto è la 1170^ Compagnia Mitraglieri "Arditi". Il fregio degli “Arditi” IL NASTRO AZZURRO 31 ANGELI TRA LE ROVINE IL SOCCORSO PUBBLICO: ANTICA TRADIZIONE DELLA POLIZIA Il Terremoto di Messina (illu(illustrazione di Vittorio Pisani) C adrà il 28 dicembre la ricorrenza del terremoto Calabro-Siculo che, nel lontano 1908, sconvolse gran parte della Sicilia e della Calabria. Di magnitudo intensa, seminò decine di migliaia di morti e causò la distruzione quasi totale di Messina, di gran parte di Reggio Calabria e del loro circondario. Alla scossa principale, con epicentro nelle profondità dello stretto, seguì anche un maremoto: il mare, dapprima ritiratosi, successivamente invase la terraferma con tre ondate che risucchiarono navi, barche, strutture e quei pochi superstiti che, tratti in salvo in luogo aperto, si erano portati verso la spiaggia per paura di ulteriori crolli. I soccorsi arrivarono perlopiù via mare a causa delle devastazioni nella viabilità dell’entroterra. Equipaggi della Marina da guerra Russa e Britannica, impegnati in esercitazioni presso le nostre coste, furono tra i primi a mettersi all’opera (nella ricerca e cura dei superstiti oltre alla rimozione dei cadaveri per scongiurare epidemie) insieme agli Italiani dell’incrociatore Piemonte e delle torpediniere Saffo, Serpente, Scorpione e Spica, mentre Roma per molte ore rimaneva all’oscuro del disastro per la mancanza dei mezzi di comunicazione, andati distrutti. Fu proprio la Spica a riuscire a dare l’allarme, navigando, nonostante le sfavorevoli condizioni del mare, fin 32 dove il telegrafo si mostrò in grado di trasmettere la tragica notizia. Agli occhi dei soccorritori si presentarono orrore, morte e distruzione. Le immagini catturate dagli obiettivi dei fotografi, stampate anche in formato cartolina, fecero il giro del mondo a testimonianza del dramma verificatosi. L’opera assidua della Polizia, fu inoltre sottolineata in una cronaca da Reggio Calabria del Giornale d’Italia del 14 gennaio 1909: “I funzionari di P.S. giunti da Roma insieme col commissario Perilli, conducono qui una vita piena di fatiche e di privazioni. Dormono sotto le tende e passano la notte all’aperto seduti presso il fuoco, mangiando quando possono; hanno a disposizione cento guardie, partite anche da Roma col sottotenente Basso ed il maresciallo Putti, e sorvegliano ininterrottamente la città, talvolta aiutati dalle guardie di finanza e dai carabinieri, gareggiando con i più arditi e più pietosi nei salvataggi e nel prestare soccorsi. Il dott. Falco, vice commissario, salendo di notte su di un vapore, si tolse la giacca, si rimboccò le maniche e compì il suo dovere medicando i feriti; mentre funzionari e guardie trasportavano le vittime e sostituivano gli infermieri. Il delegato Lodi ed un suo collega fungono da tesorieri e custodiscono ingenti ricchezze ricuperate che registrano e conservano gelosamente. Il vice commissario Orlando e il delegato Stancanelli redigono verbali, rapporti, rispondono alle domande per le ricerche di scomparsi, forniscono spiegazioni, danno consigli ai profughi.” La solidarietà dei popoli della Terra fece arrivare squadre di soccorritori e aiuti, anche economici, che contribuirono ad alleviare le sofferenze dei feriti e dei sopravvissuti, sfollati in centri urbani limitrofi, che tutto avevano perduto e ai quali tutto necessitava. L’anno successivo alla tragedia, agli Enti e a tutti i contingenti, anche esteri, partecipanti alle operazioni di salvataggio furono conferite Medaglie di Benemerenza, coniate in due dimensioni diverse (maggiore per gli Enti e minore per le persone) in Oro, Argento e Bronzo. Tra le Medaglie d’Oro individuali, concesse dal Re Vittorio Emanuele III, troviamo anche quella conferita ad un delegato di P.S. della I soccorsi alla popolazione IL NASTRO AZZURRO La Stele del Gran Campo Santo di Messina bilità di ridiscendere. Di nuovo, ebbe l’idea di annodare coperte e tende che trovò rovistando fra le macerie, utilizzandole poteva calarsi mettendosi fuori pericolo, e con lui, trasportandoli sulle spalle, i figli della famiglia Cerreti. Fatto questo tornò ad arrampicarsi sui detriti, traendo in salvo anche la madre dei piccoli. Giunto dabbasso, una piccola folla di sopravvissuti lo acclamò mettendolo, inoltre, al corrente che all’ospedale civile, fortemente danneggiato, posto all’ultimo piano vi era, sospeso su alcune travi, un degente. Si precipitò sul posto e iniziò la salita su per un cumulo di detriti che precipitavano sotto i suoi piedi, raggiunto il povero infermo riuscì a trarlo al sicuro. Trascorsa la notte all’addiaccio insieme ad altri compagni di sventura, al riparo di alcuni stabili ancora in piedi cercando di contrastare, per quanto si poteva, il freddo e la paura di non farcela se fosse ripresa nuovamente l’attività tellurica, egli riprese durante il giorno successivo la sua eroica attività di salvataggio. Mentre era intento a portare in salvo una povera vecchia dalla sua casa, per metà distrutta e l’altra metà fortemente lesionata, si ebbe un’ulteriore scossa che fece crollare il piano sul quale si trovava, facendolo precipitare insieme alla struttura. Sbattendo contro gli spezzoni di muro si procurò una ferita alla gamba destra, poi medicata, che non gli impedì di portare a termine il suo ennesimo salvataggio. Anche alla Polizia, il Corpo delle Guardie di Città, fu conferita con una cerimonia che ebbe luogo la mattina del 26 novembre 1911 presso la Scuola Allievi Guardie di Città di Roma, la Medaglia d’Oro di Benemerenza, concessa per l’incessante opera di soccorso prestata alle popolazioni, ottenuta (crediamo) anche per i numerosi lutti avvenuti tra le sue fila. Guardie, sottufficiali, ufficiali, funzionari e impiegati di P.S. furono sorpresi durante il sonno o il servizio notturno, e seppelliti sotto le macerie unitamente ai loro familiari. Tra essi anche il Questore di Messina, Paolo Caruso. Ad onorare quei Caduti, presso il Gran Camposanto di Messina, realizzata con il contributo economico di numerosi dipendenti di P.S. d’Italia, venne eretta una stele commemorativa del sacrificio dei colleghi periti nella circostanza, con inscritti sul basamento i nomi. Questura di Messina, che molto si prodigò in favore di quei poveri sventurati che, come lui durante la notte tra il 27 e il 28 dicembre alle 05.21, vennero svegliati da un frastuono assordante, un fragore foriero di morte. Il delegato di P.S. Luigi Salerno si svegliò di soprassalto e riavutosi dallo sgomento iniziale, si vestì velocemente. Vistasi preclusa la discesa per le scale, andate distrutte, si calò dal balcone della sua abitazione con una corda ottenuta dall’annodamento di varie lenzuola. Sovrintendente Massimo Gay In seguito ai crolli delle abitazioni di Messina si (Ufficio Storico della Polizia di Stato) era alzata un’immensa nuvola di polvere che lo rendeva semi cieco e gli toglieva il fiato. Sotto la pioggia battente e quasi al buio, egli anziché porsi in salvo si diresse, forse senza rendersene conto, al Municipio. Qui trovò i pompieri all’opera che cercavano di spegnere alcuni incendi e dare soccorsi alle sventurate persone che si trovavano sotto le macerie, o in pericolo per l’incombere di altri crolli. Più tardi, non ancora appagato, il funzionario di P.S.continuò la sua opera mentre si aggirava per le vie del centro, dando conforto e indicazioni ai profughi, cercando di raccogliere e porre in salvo quante più persone riusciva a trovare. Ad un certo punto, sentiti dei richiami, salì al terzo piano di uno stabile, quando sopraggiunse la seconda scossa che fece crollare, oltre alle poche strutture rese già pericolanti, anche uno dei muri maestri di quelPremiazione di Guardie di Città, tra queste il la casa. Si trovò quindi isolato e senza la possi- maresciallo Pietro Putti (foto fornita dai familiari) IL NASTRO AZZURRO 33 PARLIAMONE ANCORA Risponde il gen. Antonio Daniele, diret tore responsabile de “Il Nastro Azzurro” Eg. Gen. Daniele, la ringrazio per aver pubblicato (sul n.° 2-2012 - ndr) la "poesia" e lo scritto e, a tal proposito, devo dirle che concordo con quanto lei asserisce nella pagina di risposta. L'argomento trattato non è tra i più semplici né lo scrivente è un "sognatore". So bene delle difficoltà che incontrano i migranti ad inserirsi nel nostro Paese e delle condizioni in cui vengono accolti e del loro modo di comportarsi. Le cronache ne parlano ad ogni sbarco di "miracolati o sopravvissuti". So anche quanto hanno sofferto i nostri emigranti nei tempi trascorsi e anche delle proibizioni che dovevano osservare nei Paesi di accoglienza. Sono pienamente d'accordo che coloro che vengono in Italia, legalmente o in modo clandestino ma comunque sono nella nostra terra, devono rispettare le nostre regole e abitudini e fare in modo che la loro presenza sia accettata benevolmente; cosa che non avviene anche perché le trasformazioni sociali hanno cambiato tanti modi di proporsi e le trasmissioni televisive, specie le peggiori ma più viste, non offrono modelli a cui ispirarsi, anzi, propongono prevaricazione, violenza e cattiva educazione. E' un argomento che Lei ha iniziato a trattare e mi auguro che continui in modo da proporre, anche, modelli di riferimento. Abbiamo bisogno di riferimenti certi e la Scuola da sola non può farcela, occorrono anche altre agenzie educative e, programmi televisivi preparati ad hoc. Occorre, comunque, stabilire le necessità della mano d'opera occorrente, dei settori di applicazione di essa e richiedere che prima dell'ingresso, presentino delle credenziali effettive e valide. In caso contrario, meglio non acconsentire all'ingresso e riportare i "clandestini" nei paesi di provenienza. Tale accorgimento, anche se appena accennato, in modo anche superficiale, potrebbe limitare il traffico illegale e l'esborso di denaro da uomini che tentano di vivere decentemente procurandosi lavoro ed invece vengono sfruttati, nei loro paesi, dai venditori di speranza e nel nostro da individui abietti. Grazie ancora. Pasquale Campo (Federazione di Napoli) Gent.mo architetto Campo, il recente tragico episodio del naufragio in cui hanno perso la vita centinaia di migranti che stavano cercando di raggiungere l'isola di Lampedusa mi ha spinto a pubblicare questa sua lettera che ormai data quasi un anno e mezzo, ma non ha minimamente perso di attualità, anzi ... Il vero problema del nostro paese innanzitutto è che, come lei giustamente nota, quelle che con felice espressione lei ha battezzato le "agenzie educative" hanno da tempo sostituito la loro funzione appunto "educativa" con un'altra: la propaganda. Ormai la famiglia non da più un'educazione alla vita, ma assicura una "dorata sopravvivenza" ben oltre la maggiore età; la scuola non insegna più a ragionare, ma indica canoni di pensiero "ortodosso"; la stampa (a parte qualche caso) non diffonde più notizie, ma fa "opinione"; la televisione non diffonde più immagini dal mondo, ma offre "modelli di vita". Potrei continuare, ma penso che il quadro sia chiaro. In questo quadro che tende soprattutto a distorcere la realtà, diventa davvero difficile comprendere i fenomeni sociali per quello che sono. La questione dell'immigrazione clandestina, peraltro condotta alla piena luce del sole, ne è un esempio lampante. Siamo ad un tale livello di aberrazione che nessuno si rende neppure conto dell'assurdo in cui un barcone stracarico di gente attraversa il Canale di Sicilia e, quando è in vista dell'isola di Lampedusa ... allora e solo allora fa naufragio. Copione che si ripete regolarmente. Nessuno osserva la regolarità di questo fenomeno, eppure ... Ma c'è un altro fenomeno ancora più strano: l'immigrato clandestino e quello regolare, dovrebbero (il condizionale per l'Italia è d'obbligo) essere completamente diversi, invece sono considerati uguali, talmente uguali che il Presidente del Consiglio (mica uno qualsiasi), on. Enrico Letta, dopo aver visitato il Centro di Prima Accoglienza dell'isola ed avervi incontrati sopravvissuti al naufragio ancora sconvolti, si è pubblicamente meravigliato che la Procura di Trapani avesse aperto un'inchiesta a loro carico per "immigrazione clandestina", reato previsto dal nostro codice penale, e ... si è beccato l'altrettanto pubblica e sacrosanta reprimenda del magistrato inquirente. Ebbene, nessuno ha notato l'ottima occasione persa dal nostro presidente del Consiglio per evitare di dire sciocchezze, perché a quelle sciocchezze siamo talmente abituati, ormai, che nessuno le considera più tali! Cerchiamo quindi di capire insieme a quale livello di grossolana sciocchezza siamo arrivati nel settore dell'immigrazione clandestina, non di quella regolare, ma di quella clandestina e facciamolo per punti, seguendo il percorso che un cittadino di un qualsiasi paese africano o asiatico farebbe per emigrare in Italia. 1 - Il protagonista del nostro ipotetico percorso decide di lasciare il suo paese, perché non gli garantisce un futuro degno di tal nome e pensa di emigrare in un paese Europeo. Si reca presso i consolati di diversi paesi europei dove, per concedergli il "visto", più o meno tutti gli chiedono delle capacità professionali che egli non possiede. Il nostro si reca anche presso il consolato italiano che è l'unico che ha una procedura da proporgli. 2 - Al nostro aspirante emigrante non resta che tentare la via claneestina: ne ha sentito spesso parlare, ma ora deve farlo. Si tratta di un'altra cosa. Gli chiedono 2000 dollari americani. Non li ha. Se li procura 34 IL NASTRO AZZURRO vendendo per 2500 dollari una delle sue figlie: i 500 dollari in più gli potranno essere utili durante il viaggio. 3 - Il viaggio è lungo e pericoloso e finisce in Libia, a Tobruk dove il nostro trova imbarco su un vecchio peschereccio in disarmo stipato fino all'inverosimile di gente. La traversata dura tre giorni e tre notti. Quando ormai la costa di Lampedusa si vede all'orizzonte uno dei migranti chiamo col telefono satellitare la Guardia costiera italiana. Un'ora dopo stanno tutti transitando sulle motovedette delle forze dell'ordine italiane. In cielo volteggiano gli elicotteri. Questa volta è andata bene: sono tutti sani e salvi. In serata sbarcano a Lampedusa. Ci sono i giornalisti e la televisione ad accoglierli. 4 - La delusione è grande. Devono rimanere almeno tre mesi sull'isola, nel centro di prima accoglienza mentre le autorità italiane si metteranno in contatto con quelle dei loro paesi per verificare se essi sono partiti in maniera clandestina e, in questo caso, li rimpatrieranno. Sono tutti sconcertati. Sanno di essere clandestini, di essere arrivati senza visto, senza documenti, senza soldi, senza niente ... che significa tutto questo? Ma la doccia fredda arriva dopo. Viene recapitato a tutti un avviso di garanzia con l'imputazione di tentata immigrazione clandestina. Le richieste del magistrato ai paesi di presunta origine dei migranti rimangono inevase e, dopo tre mesi, il nostro riceve un permesso di soggiorno "provvisorio" e dichiara di voler andare in Francia. Dei 500 dollari che aveva ne sono rimasti una trentina, ma il biglietto del traghetto per la Sicilia costa solo 7 Euro (circa dieci dollari) e così lui può lasciare Lampedusa. 5 - Il nostro alla fine si è stabilito a Palermo dove si guadagna da vivere di giorno pulendo i vetri alle automobili che si fermano ad un certo semaforo, di sera girando per alcuni ristoranti dove vende rose rosse agli uomini che cenano in compagnia di belle donne. Entrambi i "lavori" gli sono stati procurati da un connazionale che, in cambio della sua "protezione" e del mazzo di rose fresche da vendere, ogni giorno gli chiede 200 Euro. Vorrei che fosse chiaro che io non sono razzista, ma non ritengo possibile gabellare per normale un simile modo di accedere in Italia. Il resto d'Europa fa in un'altra maniera e per questo, e non per altro, l'Europa è molto critica nei confronti dell'Italia. Non possiamo chiedere all'Europa supporto nelle operazioni di "accoglienza" di chi arriva in spregio a tutte le leggi e i regolamenti nazionali ed internazionali. L'Europa non ha più frontiere interne, quindi se uno solo dei suoi stati non uniforma i propri controlli di accesso agli standard che usano tutti gli altri è come se non lo facesse nessuno. È proprio la parte istituzionale dell'Italia a violare sistematicamente le proprie leggi sull'ingresso dall'estero, quando accoglie i clandestini invece di respingerli. Ovviamente nessuno si premura di seguire la procedura legale per entrare in Italia: non serve e poi ... neppure i consolati la sanno applicare! Quando i nostri giornali (e torniamo al fare opinione e non informazione) hanno fatto sapere che l'Italia aveva ottenuto comprensione dall'Europa, non ci hanno spiegato come mai è partita subito l'Operazione "Mare nostrum" che prevede l'impiego su vasto raggio di tutti i tipi di unità navali da pattuglia, non per trarre in salvo "subito", come è stato detto, i migranti, ma per bloccare (finalmente) la migrazione nei porti di partenza. Ora però manca ancora il tassello principale: far si che anche i consolati italiani sappiano fornire le giuste informazioni nei paesi d'origine a chi vuole entrare in Italia, proprio come fanno i consolati degli altri paesi europei. Avremo così anche noi i migranti "regolari", come gli altri paesi europei. Non si parla quindi né di colore della pelle, né di altri connotati razziali, ma solo di rispetto della legge ... che c'è anche in Italia. Inoltre, e torno al discorso iniziale, l'immigrazione regolare non obbliga i migranti a compiere viaggi pericolosi come la traversata del canale di Sicilia su una barca sottodimensionata sia per il carico umano che porta, sia per il rischio che corre se il mare non dovesse essere più che calmo. Il naufragio di metà ottobre non è stato il primo e non sarà l'ultimo, ha finalmente mosso a pietà, ma ancora non scuote le coscienze. Quei morti non sono un romantico tributo all'anelito di libertà dei migranti, ma una terribile responsabilità della nostra incapacità di incanalare per le vie legali il fenomeno! Se l'Italia avesse trovato il modo di farlo, e lo ripeto, gli altri paesi europei lo fanno "regolarmente", quei morti non ci sarebbero stati. Infatti quei migranti sarebbero potuti arrivare in Italia con un regolare visto di soggiorno, con un volo di linea o con un traghetto, non viaggiando ammassati come bestie su un barcone che alla prima ondata del mare un po' mosso, è colato a picco. Invece, e qui io sono sconvolto, non solo diamo per scontato che la nostra incapacità di applicare sotto forma di procedura una legge sia normale (forse perché Bossi e Fini, cioè gli autori della legge ora non sono più parlamentari?), ma i nostri mass media fanno a gara a mostrarci quanto sono soccorrevoli le nostre forze dell'ordine ... che invece dovrebbero, a norma di legge, respingere chi tenta l'ingresso clandestino. Questo atteggiamento, a onor del vero, ha una spiegazione. Nell'ormai lontano 1997, la migrazione clandestina via mare proveniva dall'Albania in piena crisi post rivoluzionaria. Allora le nostre motovedette si comportavano come quelle degli altri paesi europei: respingevano i clandestini. Una di esse, nel canale d'Otranto, si trovò in rotta di collisione con un barcone con oltre cento persone assiepate sopra. Nell'urto, causato da una manovra spericolata del conduttore del barcone, esso affondò e vi furono parecchie vittime. Il comandante della motovedetta venne subito processato e condannato senza appello "sui giornali", dopo un po' anche in tribunale, e lo stesso Presidente del Consiglio pro tempore, on. Romano Prodi, si recò sul luogo della sciagura e lanciò in mare una corona d'alloro. Il messaggio era chiaro! E da allora le nostre motovedette non fanno più controllo delle frontiere marittime, ma "accoglienza" dei clandestini che arrivano sui barconi. E ... i consolati italiani all'estero? Continuano a non preoccuparsi del problema. Caro architetto Campo, la ringrazio per avermi dato l’opportunità di tornare su un problema che non potremo mai risolvere se prima non facciamo chiarezza innanzitutto nel nostro modo di intendere e di volere la legge. IL NASTRO AZZURRO 35 NOTIZIE IN AZZURRO - NOTIZIE IN AZZURRO VIA RASELLA, PIPPO BAUDO LITIGA CON L'ANPI «Via Rasella? Una volta che sai che la tua azione, per quanto eroica, contribuirà a far ammazzare 335 persone o hai il coraggio di dire "sono stato io" e ti immoli o verranno uccisi degli innocenti». Lo dice Pippo Baudo in polemica con l'ANPI, l'Associazione Nazionale Partigiani Italiani, dopo il servizio sulle Fosse Ardeatine proposto lunedì 8 luglio a «Il viaggio», su Rai Tre, che si è occupato di via Rasella. Nella puntata Baudo ha intervistato il maggiore dell'Esercito Francesco Sardone, direttore del Mausoleo delle Fosse Ardeatine, che dipende dal «Commissariato generale per le onoranze ai caduti di guerra», un ufficio del Ministero della Difesa. La ricostruzione dei fatti presentata non è piaciuta all'ANPI. «Purtroppo ancora una volta, parlando di via Rasella, si sono rappresentati i fatti come se si fosse trattato di un attentato terroristico, e non di una "legittima azione di guerra partigiana", come è stato riconosciuto più volte dalla Corte di Cassazione italiana e da numerosi tribunali» sottolinea in una nota l'ANPI. Ma Baudo difende il suo punto di vista: «Qui si gioca con le parole. Mi pare che non abbiamo mai detto "terrorismo" ma per esserne sicuro dovrei vedere il filmato. In ogni caso anche se avesRastrellamento dei tedeschi a Roma, simo fatto questo riferimento non sarebbe in via Quattro Fontane, subito dopo stato nel senso che si usa oggi». E poi, incalza il conduttore, «allora parliamo di attental'attentato di via Rasella to, lo era sì o no? I nazisti, che hanno tutta la mia disistima per quello che hanno compiuto nel mondo, facevano pattugliamento. I partigiani sapevano che la reazione dei tedeschi sarebbe stata uno a dieci? Purtroppo che questa rappresaglia nazista ci sarebbe stata era noto perchè c'erano manifesti su tutti i muri di Roma, come ha spiegato bene il maggiore Sardone» a sua volta criticato dai partigiani nella nota. «Dobbiamo correggere il maggiore Sardone - scrive l'ufficio stampa ANPI - che ha raccontato che dopo l'8 settembre del '43 i Gruppi Armati Proletari cominciarono a compiere attentati contro i tedeschi, evidentemente confondendo i G.A.P., Gruppi di Azione Patriottica responsabili dell'azione di via Rasella, con i Gruppi Armati Proletari, gruppo terroristico degli anni di piombo». L'ANPI sostiene anche che «parlando della rappresaglia, le domande di Baudo sembrano legittimare le presunte leggi di guerra, solo in parte spiegate dal maggiore dell'Esercito, continuando a diffondere l'idea sbagliata che si potessero uccidere 10 persone per ogni militare morto. Baudo afferma: ”Dobbiamo dire la verità, sui fatti ancora si discute… gli autori non si sono mai presentati, anzi, sono stati insigniti di medaglia d’oro ed alcuni hanno fatto i deputati”». L'ANPI rigetta la ricostruzione fatta a «Il viaggio»: «In realtà l'eccidio fu compiuto dai tedeschi in gran segreto e in tempi rapidissimi (21 ore dopo l'azione), in combutta con la polizia fascista, che consegnò alle SS di Kappler una parte delle vittime. Non fu rivolto alcun appello a consegnarsi agli autori dell'azione di via Rasella nè vi fu alcun preavviso della rappresaglia. Proprio per celare il posto dell'eccidio, i tedeschi fecero esplodere delle bombe all'ingresso delle cave Ardeatine. Ricordiamo - prosegue l'associazione dei partigiani - quindi a Baudo, nel '70 anniversario della Resistenza, e a tutti i cittadini italiani che lo hanno ascoltato, che la verità è un'altra ed è stata definitivamente stabilita dai tribunali». Il conduttore scuote la testa. «Purtroppo questa è una spina dolorosa che si trascina nel tempo» replica Baudo ma «una volta che sai - continua - che la tua azione, per quanto eroica, contribuirà a far ammazzare 335 persone o hai il coraggio di dire "sono stato io" e ti immoli o verranno uccisi degli innocenti. L'esempio più calzante è quello del vice brigadiere dei carabinieri Salvo d'Acquisto che si è immolato» facendosi ammazzare dai nazisti per salvare la vita a 22 persone (e non era neppure il responsabile della morte dei tedeschi per vendicare i quali era stata intrapresa la rappresaglia - ndr). «C'è il tribunale della storia e il tribunale della morale, che è un'altra cosa. Nessuno si è immolato per salvare queste vittime. Io sono per i partigiani - chiarisce Baudo - e quello che hanno fatto in Italia è eroico ma in questo caso un atto di eroismo in più ci stava». LA CROCE ROSSA ITALIANA FORNISCE SUPPORTO PSICOSOCIALE DOPO LA TRAGEDIA DI LAMPEDUSA Venerdì 4 ottobre 2013 un barcone carico di 500 emigrati è affondato al largo di Lampedusa. Centinaia le vittime. La Croce Rossa Italiana ha fornito assistenza e supporto psicosociale ai 155 sopravvissuti e a quelli colpiti. Alessandra Diodati, un’operatrice della CRI che è responsabile degli aspetti sociali del progetto Presidio a Lampedusa dove monitora gli arrivi degli immigranti. “D’ora in avanti uno psicologo sarà disponibile al centro di ricevimento, sia per i sopravvissuti come pure per ognuno di coloro che lavorano qui che abbia necessità di sostegno psicosociale a seguito della tragedia.” ha detto Diodati. “Le persone provano una serie di sensazioni, dall’incredulità ai sensi di colpa per avercela fatta non essendo in grado contemporaneamente di aiutare gli altri. Controllare queste condizioni diviene ancora più complesso quando si arriva in un paese dove le persone parlano una lingua differente." La Croce Rossa Italiana provvederà a fornire un interprete eritreo per aiutare a superare la barriera linguistica. 36 IL NASTRO AZZURRO AZZURRI CHE SI FANNO ONORE LUGLIO 1943 : I CAVALLEGGERI DI LODI IN SICILIA Nel gennaio del 1943 presso la Scuola di Cavalleria di Pinerolo, veniva costituito lo squadrone autonomo autoblindo “Lodi” armato di Spa 40. Lo Squadrone, al comando del capitano Carlo Alberto Orsi, destinato alla Tunisia, imbarcava le blindo ed i piloti sulla nave “Ombrina” che salpata da Napoli, però veniva intercettata e colata a picco. Solo il 2 luglio 1943 lo squadrone, rischierato in Sicilia, venne riarmato con le autoblindo e gli altri materiali di “Nizza Cavalleria”. Per l’usura dei mezzi fu possibile assemblare solto tre plotoni: il 1° del tenente Renato Boccolini, il 2° del sottotenente Pasquale Vitale ed il 3° del sergente maggiore Manlio Maniero, ordinati ciascuno su due blindo e due motociclette. A seguito dello sbarco nemico a Gela, alle tre del mattino del 10 luglio lo squadrone mosse verso Agrigento, procedendo a fari spenti e percorrendo le discese a motori spenti per risparmiare benzina. Alla polveriera di Lercara Friddi si rifornì di munizioni, poi riprese la marcia verso Agrigento. Intorno alle dieci del mattino, durante una sosta nei pressi di Passo Fonnuto, per procedere alla distribuzione delle munizioni, controllare i mezzi e concedere un poco di riposo ai cavalleggeri, in piedi ormai da due giorni, sopraggiunse una formazione di caccia alleati che procedeva a bassa quota in cerca di bersagli. Una macchina tedesca che transitava allo scoperto aprì il fuoco, attirando su di sé la reazione del nemico che attaccò anche i nostri cavalleggeri finché una colonna di fumo e fiamme, convinse l’avversario del successo. Un’autoblindo centrata in pieno aveva, infatti, cominciato a bruciare mentre il suo equipaggio, schizzato fuori, si allontanava velocemente. Il sergente maggiore Perone, con prontezza di spirito, si pose alla guida del mezzo, ormai quasi completamente avvolto dalle fiamme, e lo allontanò per impedire che l’esplosione del serbatoio e delle munizioni coinvolgessero l’intero squadrone. Verificati i danni e medicati i feriti, lo squadrone riprese il viaggio per vie secondarie e in serata giunse nei pressi di Favara. Sistematosi a difesa, il capitano Orsi si recò in moto presso il locale Comando Militare dove fu informato della situazione creatasi a seguito dello sbarco alleato. Gli fu comandato di distaccare continue pattuglie esploranti nella zona a nord-est della città, e di evitare qualsiasi contatto col nemico nell’attesa dell’arrivo di un nucleo di bersaglieri motociclisti. Tornato al bivacco l’ufficiale organizzò le pattuglie, composte da una blindo ed una motocicletta che, essendo più rapida e veloce fungeva da battistrada. Cominciarono le loro perlustrazioni lungo le rotabili Favara-Canicattì-Naro, con rientro a Favara. Nella notte fra il 10 e l’11 luglio la pattuglia composta da Vitale, Boccolini e Libertini incappò nella piana di Agrigento in un posto di sbarramento americano ben celato ai margini della strada. Fatta passare la macchina di testa (quella del Libertini), gli americani investirono col fuoco di mitragliatrici ed armi controcarro le autoblindo del sottotenente Vitale e del sottotenente Boccolini. La prima blindo esplose subito uccidendo i due membri dell’equipaggio mentre lo stesso Vitale, col volto coperto di sangue, ferito e privo di sensi, veniva estratto dalle lamiere dai fanti americani che, ritenendolo morto, lo abbandonarono sul terreno. Il sergente maggiore Libertini, intanto, nonostante la sua autoblindo fosse danneggiata, in retromarcia, si sganciò dal tiro delle armi nemiche defilandosi dietro una curva; poi, si riportò in avanti e, sotto il reiterato fuoco dell’avversario, recuperò i feriti, fra cui il sottotenente Vitale che nel frattempo aveva cominciato a dare segni di vita. Ripartì a tutta velocità ma, quando ormai speravano di essersi messi in salvo, la blindo veniva centrata e messa fuori uso. Tutti gli uomini, compresi i feriti, saltarono a terra e si posizionarono lungo le cunette della strada rispondendo al fuoco e mantenendo il contatto finché, sopraggiunta finalmente la pattuglia dei bersaglieri motociclisti, ripiegarono rientrando nell’accantonamento. Intanto il capitano Orsi aveva ricevuto l'ordine di spostarsi in città con le 6 autoblindo rimaste, per dare sicurezza. Mentre, col poco carburante rimasto, le blindo stavano dirigendo su Agrigento, furono attaccate da una poderosa formazione aerea nemica. Il reparto si disperse nella campagna circostante e il carburante si esaurì rnella manovra. Il capitano Orsi, resi inutilizzabili i motori e le armi di bordo, risolveva di portarsi verso nord muovendosi di notte per sfuggire all’osservazione aerea nemica. Alle prime luci dell’alba, dopo una notte di viaggio in camion, preceduti da una staffetta in moto giunsero a Palazzo Adriano dove trovarono il tenente Lorenzon e gli altri dello squadrone pronti a tentare il rientro verso il Continente. I cavalleggeri però dovettero abbandonare in terra di Sicilia una quindicina di feriti. TRa essi, il sottotenente Vitale, che fatto prigioniero dagli americani e ricoverato al posto medicazione di Grotte, alla prime luci dell’alba successiva era riuscito ad impossessarsi di una moto “Gilera” e, attraversando le linee nemiche, aveva raggiunto lo squadrone, ma il comandante, data la gravità delle ferite, decideva di ricoverarlo all’ospedale da campo di Sambuca di Sicilia. Quando arrivarono le truppe americane il sottotenente Vitale venne di nuovo fatto prigioniero nell’ospedale da campo, affidato alle cure del sottotenente medico Giano Magrì (anch’egli prigioniero). Alcuni mesi dopo, mentre era convalescente all’ospedale militare di Palermo, il sottotenente Vitale fuggì coraggiosamente un’altra volta e, dopo un avventuroso viaggio passando per Messina e la Calabria, raggiunse l’XI Comando Tappa da dove venne assegnato al costituendo XX reparto salmerie da combattimento, prezioso elemento di supporto agli eserciti alleati che doveva garantire rifornimenti alle truppe di prima linea e sgomberare nelle retrovie i feriti e i deceduti. Non erano però escluse azioni di combattimento vere e proprie. Era iniziata la guerra per la liberazione dell’Italia. Francesco Borgese (Consigliere Nazionale ANAC Sicilia) IL NASTRO AZZURRO Il generale Pasquale Vitale 37 CRONACHE DELLE FEDERAZIONI ASCOLI PICENO Il 25 luglio, nelle vicinanze della Caserma "Clementi", ha avuto luogo la cerimonia di intitolazione del "Largo Tenente Francesco Crucioli”, Medaglia d'Oro al V.M. Caduto in Africa Orientale il 5 dicembre 1937. L'Eroe è il padre del Presidente della Federazione, Cav. Franco Bruno Crucioli che, commosso, ha ringraziato tutti i presenti. Alla cerimonia, organizzata dal Comando Militare, su delega del Comune, oltre al Direttivo al completo, hanno partecipato il Sindaco Guido Castelli, il Vice Sindaco dott. Giovanni Silvestri, il Presidente della Provincia Piero Celani, Autorità civili e militari, e diverse Associazioni Combattentistiche. La stampa locale ha dato ampio rilievo all'avvenimento. BARI Vasto e variegato è stato il quadro delle attività della Federazione nel periodo marzo - settembre 2013. Per alcune si è trattato di semplice partecipazione (del Labaro) a manifestazioni organizzate da vari enti e comandi del Presidio di Bari; per la maggior parte si è trattato di attività organizzate dalla Federazione a cui hanno partecipato anche i soci di altre associazioni. Tra le principali e più importanti si ricordano le seguenti: a. Cerimonie militari, civili e religiose 14 marzo: Precetto pasquale 21 marzo: Giornata dell'Unità d'Italia 24 marzo: Spettacolo teatrale 25 aprile: 68° anniversario della Liberazione (cerimonie a Bari e a Modugno) 18 maggio: 161° anniversario della fondazione della Guardia di Finanza 24 maggio: Giornata del Decorato (cerimonia a Bari e partecipazione alla cerimonia organizzata dalla Presidenza Nazionale a Roma) 2 giugno: Festa della Repubblica 16 giugno Festa del Genio 29 giugno Pellegrinaggio ANGET al Sacrario 2 settembre: Cambio del Comandante del Comando Scuole A.M./3^ Regione Aerea b. Attività culturale e ricreativa 1 marzo: continuazione corsi di ballo e bridge 4 marzo: inizio corso per il conseguimento della patente nautica 38 11 marzo: festa della pentolaccia 16 marzo: torneo di bridge fra soci dell'Istituto e soci del Circolo del Bridge 5 aprile: inizio del corso di Bridge Avanzato per gli allievi che hanno superato il corso base 18 aprile: visita alla stazione satellitare COSPAS SARSAT (a Bari) 10 maggio: Visita al 15° Stormo A.A. (a Martinafranca) 20 maggio: gita sociale sul "Murgia express" (a Matera) 30 maggio: conferenza del ten. A.A. Loreto Selena reduce dall'Afghanistan 15 giugno: gita sociale alle "sorgenti del Sele" 18 giugno: Spettacolo teatrale 23 giugno: cena sociale "Aspettando San Giovanni" 24 giugno: Concerto della Banda Nazionale G.d.F. 25 giugno: Conferenza della socia dott.ssa Dora D'Onofrio. c. Attività di protezione sociale 29 marzo -1 aprile: viaggio nelle Marche (Fano) per assistere ai riti pasquali nella regione (Turbe di Cantiano). con l'occasione sono state visitate le località attraversate da Giuseppe Garibaldi nel suo tentativo, dopo la caduta della Repubblica Romana (30 aprile 1849) di raggiungere la Repubblica di Venezia 1 giugno - 16 settembre: Ammissione dei Soci del Nastro Azzurro, alla stabilimento balneare del presidio di Bari, alle stesse condizioni (economicamente molto vantaggiose) dei militari in servizio o in quiescenza. 22 agosto - 3 settembre: Soggiorno a Tarvisio. Con l'occasione sono state visitate alcune località dove si svolsero i combattimenti più cruenti della prima guerra mondiale. In particolare: - Fiume Isonzo (per le sue famose 12 battaglie) - Timau (Tempio ossario) e valle del But (settore delle famose "portatrici carniche") - Gorizia, ecc ... 6 settembre - 16 settembre: soggiorno a Milano Marittima: nell'occasione, insieme a molte altre località, sono state visitate alcune di particolare valore storico (fiume Rubicone, pineta dove morì Anita Garibaldi, ecc ...) BOLOGNA La Federazione di Bologna ha partecipato nel bimestre ai seguenti eventi e manifestazioni: - il 2 giugno, partecipazione col Medagliere, portato dai Granatieri di Sardegna affiancato da un Ufficiale, alle cerimonie che si sono svolte: . in Piazza del Nettuno, con deposizione di corone alle Lapidi ai Caduti; . in Piazza Maggiore per la commemorazione ufficiale della Festa della Repubblica, alla presenza dei Corpi Militari e delle Massime Autorità cittadine, militari e civili; - il 25 maggio, una rappresentanza della Federazione composta dal Presidente Cav. Giorgio Bulgarelli, dai Consiglieri Cav. Ugo Bulgarelli, Grand. Uff. Marco Bettoli, dai Soci Ten. Davide Nanni e Ten. Lorenzo Bulgarelli, hanno presenziato con le insegne e il Medagliere, IL NASTRO AZZURRO Azzurro alla cerimonia svoltasi presso la Caserma “Viali”, sede del 121° Regimento Artiglieria "Ravenna", per il cambio del Comandante Col. Ascenzo Tocci, e il subentrante Col. Massimo Mela. Il Medagliere, scortato da un Ufficiale Superiore, e da un rappresentante dell’Associazione Granatieri di Sardegna, ha sfilato per primo davanti al Reggimento schierato in formazione, ricevendo il saluto delle Autorità militari e civili presenti. Il Col. Mela ha assicurato, appena possibile, una Sua visita alla Sede dell'Istituto. Roma: la Federazione di Bologna partecipa alla Festa del Decorato alla celebrazione del 90° Anniversario della Fondazione dell'Istituto del Nastro Azzurro, con deposizione di corone d'alloro svoltasi a Roma all'Altare della Patria e, a seguire, alla S. Messa nella Chiesa dell'Ara Coeli in suffragio dei Caduti; - il 4 giugno, il Presidente, Cav. Giorgio Bulgarelli, ha presenziato alla conferenza organizzata dal Comando della Brigata Aeromobile "Friuli", dal titolo "La leadership militare nelle missioni internazionali - l'esperienza in Libano", introdotta dal Gen. B. Antonio Bettelli, Comandante del Contingente Italiano Operazione Leonte 13 e relatori il Gen. Franco Angioni, già Comandante Contingente Italiano (ITALCON) LIBANO 2 e l'Ing. Paolo Nespoli, astronauta e ufficiale dell'Esercito Italiano inviato in Libano nella Forza Multinazionale di Pace; - il 5 giugno, nella Chiesa di San Valentino in Bologna, partecipazione alla S. Messa, celebrata dal Vicario Mons. Silvagni, in occasione del rientro Brigata Aeromobile "Friuli", alla presenza del Comandante del Contingente Gen.B. Antonio Bettelli e di una folta rappresentanza di militari e cittadinanza; - il 6 giugno, rappresentanza della Federazione con Medagliere alla cerimonia svoItasi presso la Caserma “Mameli” per il saluto al Contingente in rientro dal Teatro Operativo Libanese della Brigata Aeromobile "Friuli". Era presente il Capo di S.M. dell'Esercito e le massime Autorità Militari e Civili della città e provincia, nonché rappresentanti militari libanesi; - l'8 giugno, Festa Della Marina Militare, il Socio Ten. Davide Nanni, col Medagliere, ha presenziato alla S.Messa tenutasi nella Cappella della Caserma “Minghetti”. - il 19 giugno, Partecipazione alle Celebrazioni per il 199° Anniversario della Fondazione dell'Arma dei Carabinieri, tenutasi in Comune di Monzuno (BO), organizzata dall'A.N.C. dei Comuni dell'Appennino bolognese alla presenza dei Sindaci, dell'Ispettore Regionale Gen. Claudio Rosignoli e delle Autorità Militari e civili. Dopo la S. Messa celebrata dal Cappellano della Legione Carabinieri Emilia-Romagna, Cap. Don Giuseppe Grigolon, un corteo, preceduto dal Medagliere dell'Istituto, portato dal Socio Ten. Davide Nanni, attraversando le principali vie cittadine, si è portato al Monumento ai Caduti dove è stata deposta una corona di alloro; - il 26 luglio, il Socio Ten. Davide Nanni ha rappresentato, con il Medagliere, l'Istituto del Nastro IL NASTRO AZZURRO BRESCIA La Federazione di Brescia ha partecipato nel bimestre ai seguenti eventi e manifestazioni: - l’11 giugno è stata effettuata la seconda documentazione fotografica di altre lapidi presenti nella Caserma "Ottaviani", già sede del 52° Reggimento Artiglieria, affinché, se possibile, questi reperti storici non vadano dispersi o distrutti, ma siano recuperati e ricollocati. Nel progetto si vuole coinvolgere il Comune di Brescia, Assoarma e l'Associazione Fiamme Verdi; Brescia: una delle lapidi nella Caserma “Ottaviani” - il 15 giugno, il Presidente della Federazione ha presenziato, presso il Monumento dell'Autiere, in città, alla cerimonia del 41° Anniversario della Fondazione della Sezione di Brescia dell'Associazione Nazionale Autieri d'Italia (Presidente Cav. Luigi Mainetti), in concomitanza della Festa dell' Arma Trasporti e Materiali; - il 16 giugno, 22 componenti del Gruppo di Gallarate (Va) dell' ANMI, hanno visitato il Museo del Nastro Azzurro di Salò, unitamente a 18 Tr a s m e t t i t o r i Alpini, appartenenti a vari Gruppi ANA della provincia di Verona e ad Delegazione ANMI e GGOOPP in visita al Museo N.A. un gruppo di GGOOPP. 39 BRINDISI La Federazione di Brindisi ha partecipato nel bimestre ai seguenti eventi e manifestazioni: - come ogni anno, nella Chiesa "Stella Maris" di Maribase Brindisi, si è svolta una cerimonia solenne con la celebrazione della Santa Messa in memoria dei Decorati al Valor Militare, alla presenza delle Autorià Civili, e Militari e di numerosi Soci, e relativi familiari, della Federazione di Brindisi, della Sezione di Ostuni e del Gruppo di San Vito dei Normanni, con i rispettivi Labari. Il Presidente della Federazione di Brindisi, Capitano di Fregata Comm. Vincenzo Cafaro, nel suo intervento conclusivo, ha ringraziato il Contrammiraglio Pasquale Guerra, Comandante della Brigata Marina “San Marco” per aver ospitato la cerimonia e poi ha ricordato la figura del C.V. Primo Longobardo, Medaglia d'Oro al Valor Militare, Caduto eroicamente nella sua prima missione al Comando del sommergibile “Torricelli” in Atlantico, al quale sono dedicati la sede dell'Associazione Nazionale Marinai d'Italia e il Circolo Ufficiali della Marina Militare di Brindisi; - il 2 giugno, presso il Monumento ai Caduti in Piazza S. Teresa, è stato celebrato il 67° Anniversario della Repubblica, alla presenza del Prefetto di Brindisi dott. Nicola Prete, del Comandante del Presidio Militare di Brindisi e della Brigata Marina “San Marco”, Contrammiraglio Pasquale Guerra, delle Autorità Civili, Militari, Religiose e delle Associazioni Combattentistiche e d'Arma. Nel corso della cerimonia sono state conferite attestazioni ed Onorificenze O.M.R.I. a personale Militare e Civile. La Federazione Provinciale di Brindisi era presente col Presidente, Capitano di Fregata Comm. Vincenzo Cafaro, e col Labaro scortato da tre Soci. CATANZARO Il 6 luglio, presso la Chiesa Matrice di Soverato, è stata celebrata una messa in onore di San Giovanni Battista, patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta, in occasione della formazione del locale Gruppo di Protezione Civile del CISOM. Alla funzione religiosa hanno presenziato rappresentanti delle Forze Armate e, per la Federazione “Azzurri dei Due Mari” presieduta dall'avvocato Giuseppe Palaja, il Segretario Antonio Palaja di Tocco. Vice Prefetto Vicario Dott.ssa Giordano, il Sindaco di Cremona Prof. Oreste Perri, il Gen.B. Antonio Pennino comandante militare “Esercito Lombardia, il Col. (ismmi) Pierfrancesco Cacciagrano, alcuni Ufficiali in rappresentanza dei Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, il Console Generale di Francia Joel Meyer, di Grecia, George Papadopoulos, di Croazia, Ivan Marsan, di Austria, Sigrid Berka, di Ungheria, Istvan Manno e la Viceconsole di Polonia Zuzanna Schepf Kolacz; presenti anche i delegati delle comunità croata di Milano, Comunità ellenica di Brescia e Cremona, con il Presidente Costantino Buzalis, che furono coinvolte negli aspri combattimenti della seconda guerra d’indipendenza, i Gonfaloni della Città di Cremona, dei Comuni di Solferino, Desenzano, Bedizzole, Cavriana, Medole e Castiglione delle Stiviere con i rispettivi Sindaci; presenti anche il Vice presidente della "Società di Solferino e San Martino", Giorgio Coletto, il Presidente nazionale della Associazione Militari in Congedo Ten.(g.)ris. Arch. Valentino Ramazzotti ed il delegato generale per l’Italia Souvenir Francais e Presidente dell’ Istituto Risorgimento della sezione di Lodi Marco Baratto ed in rappresentanza dell’ Esercito francese il Colonnello Daniel Zouggari. Hanno partecipato tutte le Associazioni Combattentistiche e d’Arma e le Reali Guardie al Pantheon di Brescia e Cremona con il Delegato bresciano Dott. Valter Luigi Cotti Cometti ed il Commissario cremonese Sig. Alessandro Bosio. A fianco dei Gonfaloni spiccavano il Labaro della Federazione del Nastro Azzurro di Cremona con il Presidente Cav. Claudio Mantovani ed il Consigliere Dott. Paola Bosio, quello di Brescia con il Presidente Dott. Raffaele Rivolta (UNUCI Monterosi) e quello di Mantova con il Presidente il pluridecorato al Valor Mil. Sergente Carlo Cattani. La Fanfara dei Bersaglieri in congedo, diretta magistralmente dal Maestro Nolli, ha scandito i momenti salienti della cerimonia; CREMONA La Federazione di Cremona ha partecipato nel bimestre ai seguenti eventi e manifestazioni: - il 29 Giugno a Cremona una Santa Messa, in suffragio dei soldati francesi feriti e Caduti nella battaglia di Solferino e San Martino i cui resti riposano nell’Ossario a Loro dedicato nel Cimitero Maggiore di Cremona, è stata celebrata all’Altare della Vittoria dal Vicario Generale, della diocesi, Mons. Mario Marchesi che ha affidato le letture delle Sacre Scritture alla Guardia d’Onore alle Reali Tombe al Pantheon Rita Grassi Bosio ed all’Azzurro ( Presidente UNSI Cremona) 1° M.llo Luogotenente Salvatore Dugo, speaker della cerimonia. All'evento, perfettamente organizzato grazie all’impegno dell’Azzurro Colonnello Adolfo Cocchetti, al supporto della Prefettura, tramite il Capo di Gabinetto dott. Beaumont Bortone, e del Comune rappresentato dall’Assessore De Micheli, hanno partecipato il 40 Cremona: Cerimonia in memoria dei Caduti francesi a San Martino e Solferino - il 7 luglio, presso il Cimitero Civico di Cremona, il Presidente della locale Federazione del Nastro Azzurro, Magg. Claudio Mantovani e il Consigliere e Alfiere Lgt. Salvatore Dugo, hanno partecipato alla cerimonia organizzata da A.N.F.C.D.G. e A.N.V.C.G. in ricordo di tutte le vittime civili della guerra. "I caduti militari e civili, di tutte le guerre, sono Angeli che ci hanno preceduto in quel nuovo mondo dove non vi sono più guerre e non vi è più odio", ha detto il celebrante. Terminata la Santa IL NASTRO AZZURRO Messa, i convenuti si si sono spostati in corteo alla cripta della Madonnina del Grappa ove il parroco Don Oreste ha posto la benedizione alle Bandiere e ai Labari issati; Cremona: commemorazione dei Caduti civili della guerra FERRARA La Federazione di Ferrara ha partecipato nel bimestre ai seguenti eventi e manifestazioni: - il 5 maggio, al Raduno Provinciale Interforze di Copparo (FE) con la Cerimonia di Gemellaggio tra la Sezione Estense dell’Associazione Nazionale Lagunari Truppe Anfibie ed il Gruppo di Mantova dell’Associazione Nazionale Alpini; Ferrara: Gemellaggio tra il Lagunari e gli Alpini - il 6 maggio, è stata celebrata una S. Messa di suffragio in memoria del Comandante Giorgio Zanardi nel primo anniversario della scomparsa. Al rito, in ricordo anche della consorte Signora Zika Lang, celebrato nella Parrocchia di Santa Caterina Vegri era presente la figlia Nicoletta; - il 22 maggio, alla presentazione, presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara, del libro: “Un eroe veneziano. Umberto Klinger ed i suoi aerei”. Il libro ripercorre la vita del “Comandante”, come lo chiamavano i collaboratori, dalla partecipazione alla prima Guerra Mondiale ed all’Impresa di Fiume, alla collaborazione con Italo Balbo a Ferrara e poi a Roma con la costituzione della compagnia di bandiera “Ala Littoria”. Prosegue poi con la partecipazione alla seconda Guerra Mondiale, durante la quale si meritò 5 Medaglie IL NASTRO AZZURRO d’Argento al V.M., ne illustra, infine, l’instancabile ed appassionata attività di dirigente nell’industria aeronautica italiana. Il Gen. S.A. Giovanni Sciandra, P r e s i d e n t e N a z i o n a l e dell’Associazione Arma Aeronautica, ha coordinato la presentazione aperta dalla prof.ssa Maria Serena Klingler Delisi coautrice del libro e figlia del C o m a n d a n t e Klinger. Hanno preso la parola, poi,la prof.ssa Anna Quarzi, Direttrice dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara ed il Presidente della Federazione ferrarese. La presentazione è stata chiusa dal dott. Bruno Delisi ideatore del progetto; - il 19 maggio, il Labaro della Federazione è stato presente alla cerimonia, presso il Sacrario nel Parco delle Crociere ad Orbetello, per l’80° Anniversario della “Crociera del Decennale”. La Federazione ha voluto, così, onorare e ricordare il concittadino M.O.V.M. Maresciallo dell’Aria Italo Balbo promotore e Comandante della Crociera; Orbetello (GR): la Federazione di Ferrara rende omaggio a Italo Balbo MOVM - il 24 maggio, Giornata del Decorato al Valor Militare celebrata dalla Federazione, in collaborazione con il Gruppo ferrarese dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, con un incontro, ospitato nella prestigiosa “Sala dell’Arengo” della Residenza Municipale, al quale hanno pertecipato Autorità civili e militari. Il Presidente della Federazione ha ricordato il 90° Anniversario dell’Istituto, rendendo omaggio a tutti i 2071 Decorati ferraresi citandone quattro di epoche diverse: Scipione Mayr, Ufficiale di Cavalleria 2 M.A.V.M. nelle Guerre di Indipendenza; Renato Giovanetti, Ufficiale di Artiglieria M.A.V.M. nella prima Guerra Mondiale; Giorgio Zanardi “il Comandante” M.A.V.M. nella Guerra di Liberazione e Giorgio Gonelli, M.O.V.M. Ufficiale dell’Aeronautica Caduto nella Missione di Pace O.N.U. a Kindu. Il Presidente del Gruppo ANMI ha, poi, commemorato il concittadino M.A.V.M. Capitano (CM) Egil Chersi Incursore della Regia 41 Marina caduto con il Sommergibile “Scirè”. A seguire il Capitano di Fregata Marco Mascellani, del Dipartimento Marina Militare dell’Adriatico, ha presentato la storia del “Comando Subacquei ed Incursori dalla 1a Guerra Mondiale ad oggi”. L’incontro si è concluso con la consegna degli Attestati di Benemerenza della Federazione ai Soci Decorati, dell’Istituto; - il 25 maggio, il Labaro della Federazione, con una rappresentanza di Soci, ha partecipato alla cerimonia di inaugurazione del “Monumento agli Aviatori ferraresi”, alla presenza delle massime Autorità civili e militari; dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia presso il proprio Monumento, a suo tempo tenacemente voluto dal “Comandante” Giorgio Zanardi; - il 2 luglio, il Labaro ed una rappresentanza della Federazione ha partecipato al cerimonia per il cambio delle consegne al Comando Operazioni Aeree dell’Aeronautica Militare di Poggio Renatico tra il Gen. S.A. Mirco Zuliani uscente ed il Gen. D.A. Roberto Nordio subentrante. Ferrara: inaugurazione Monumento agli aviatori ferraresi Poggio Renatico (FE): Cambio Comandante del COI - il 2 giugno, il Labaro della Federazione, con una rappresentanza dei Soci, ha presenziato alle celebrazioni per il 67° Anniversario della Repubblica Italiana presso il Castello Estense per la deposizione delle corone d’alloro e poi in piazza Trento e Trieste per l’Alzabandiera e la lettura del messaggio del Presidente della Repubblica; Ferrara: Festa della Repubblica FIRENZE Nel Santuario della SS. Annunziata, ha avuto luogo la tradizionale Cerimonia Commemorativa per il 73° Anniversario dell'affondamento della nave “Paganini”, avvenuto al largo del porto di Durazzo il 28 giugno 1940, a memoria degli oltre 220 soldati Caduti e dispersi ed i moltissimi superstiti, per un totale di circa 950 uomini fra soldati ed equipaggio. Quasi tutti gli imbarcati provenivano dalle province della Toscana, in particolare da quella di Firenze. Al termine della Commemorazione ha preso la Parola il Presidente della federazione fiorentina del Nastro Azzurro, On. Stegagnini, per plaudire all'iniziativa ed esaltare la necessità della conservazione della memoria per i fatti di Storia Patria. Infine sono state lette le Preghiere del Marinaio e dell'Artigliere, dai rappresentanti delle rispettive Associazioni che, insieme a quella dei Caduti e Dispersi in Guerra, erano presenti con i loro Presidenti. Alla Cerimonia hanno presenziato i rappresentati di 20 famiglie. - il 10 giugno, il Labaro della Federazione era presente alla sobria celebrazione della Festa della Marina Militare organizzata dal Gruppo ferrarese Ferrara: Festa della Marina 42 Firenze: rievocato l’affondamento della Nave “Paganini” IL NASTRO AZZURRO FROSINONE Sez. Cassino Nel 70° Anniversario della distruzione dell’abbazia di Monte Cassino, la Sezione di Cassino della Federazione di Frosinone del Nastro Azzurro ha partecipato al 2°raduno Nazionale "Invalidi Civili di Guerra" Cassino (FR): 2° Raduno Nazionale “Invalidi civili di guerra” LECCO La Federazione di Messina ha partecipato nel bimestre ai seguenti eventi e manifestazioni: - il 15 e il 16 giugno, la M.A.V.M. Ten. R.O. Giuseppe Faccinetto, Presidente della Federazione è stato invitato dal Comandante, Colonnello Massimiliano Bianchi a Pinerolo per salutare il "Savoia Cavalleria" che dopo quasi un secolo di permanenza nella città, alla quale non solo storicamente, ha dato e ricevuto molto e vi ha mosso i suoi primi passi nel lontano 1938, presto la lascerà. Erano presenti le autorità militari, dal generale Bosotti comandante della Regione Militare Nord a tutte le altre personalità di primo piano del reggimento. La nostra Medaglia d’Argento era l’ospite d’onore. Infatti, dopo le parole introduttive del Colonnello Massimiliano Bianchi, su sollecitazione anche del Generale Bosotti, ha preso la parola il Faccinetto, simpaticamente proposto di chiamare “Silver”. Dopo i saluti e ringraziamenti di rito, a richiesta ha raccontato un episodio della sua vita militare, successo durante l’iniziale avanzata verso El Alamein, il giorno prima dell’atto di valore che gli valse il conferimento della M.A.V.M.. Mentre era di pattu- Lecco: Il Presidente Faccinetto ospite d’onore del “Savoia Cavalleria” IL NASTRO AZZURRO glia avanzata, s’imbatté e fece prigionieri una nutrita schiera d’inglesi che però, con sua grande sorpresa, inglesi non erano ma indiani comandati da un irlandese con un’irsuta barba rossa. Quell’episodio del maggio del ’42, conferma la stranezza delle guerre, il più delle volte combattute e imposte a gente lontana. E’ stato naturalmente applaudito e al termine della cerimonia, prima di lasciare Pinerolo, ha consegnato al comandante un piatto ricordo della città mentre il Vice Presidente della Federazione Provinciale, Ten. c. Giovanni Bartolozzi, ha donato al reggimento, un gagliardetto del comune di Lecco che concesse la cittadinanza onoraria al reggimento “Voloire"; - il 1 Settembre la M.A.V.M. S. Ten. R.O. Giuseppe Faccinetto è stata accolta con onore all’annuale commemorazione dell’A.N.A di Lecco, a ricordo dei commilitoni del Battaglione "Morbegno" Caduti in guerra o “andati avanti”, che si svolge nella splendida Chiesetta al Pian delle Betulle, chiamata Tempietto dagli Alpini, costruita negli anni ’50 su progetto dell’architetto Cereghini, insigne professionista, ufficiale e reduce. La cerimonia, celebrata all’aperto, si è conclusa con gli interventi delle autorità presenti tra le quali la dott.ssa Antonia Bellomo, prefetto e il nostro lucido Decorato che non ha tradito le aspettative di quell’ospitalità a 1600 metri s.l.m., annualmente rinnovata alla prima domenica di settembre. Pian delle Betulle (LC): Commemorazione Caduti del “Morbegno” MESSINA La Federazione di Messina ha partecipato nel bimestre ai seguenti eventi e manifestazioni: - il 2 giugno, 67° Anniversario della Repubblica alla deposizione di una corona al Monumento dei Caduti, in piazza Unione Europea e al forte S.Salvatore presso la base navale di Messina alla presenza delle massime autorità religiose, civili e militari, delle associazioni combattentistiche, dei sindaci della provincia e dei rappresentanti del governo regionale (assessore Nino Bartolotta, presidente dell’Ars. Giovanni Ardizzone); nell’occasione sono state consegnate onorificenze al bersagliere Giuseppe Ruggeri, presidente regionale dell’A.N.C.R., a Giuseppe Tortorici e alla figlia del sig. Liborio Iudicello, Antonia; - il 28 Agosto, presso la Caserma “Scagliosi”, alla presenza del Brig. Gen. Nicola Sebastiani Capo Reparto Sanità del Dipartimento di Sanita del Comando Logistico dell’Esercito e delle massime autorità civili e militari, è avvenuto l’avvicendamento tra l’uscente Dirigente del Dipartimento 43 Militare di Medicina Legale di Messina, Col. Co.sa. t. ISMMI Michele Tirico, e il subentrante, Col.Co.sa. t. ISMMI Enrico Messina. Messina: avvicendamento alla diredirezione del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Messina ROMA La Federazione di Roma ha partecipato nel bimestre ai seguenti eventi e manifestazioni: - Il 28 Aprile nel “Tempio del Perpetuo Suffragio” è stata celebrata una Messa per i caduti della R.S.I. Il Socio Gabriele Gigliotti, nipote dell’Azzurro Gen. Medico Francescantonio Gigliotti, pur riconoscendosi nei valori e nell’azione del Corpo Italiano di Liberazione e della resistenza cattolica ha donato, in segno di pacificazione, all’Avv. Juan Carlos Gentile, Segretario Nazionaldell’A.N.C.I.S.(Associazione Nazionale Combattenti Italiani Spagna) una corona di fiori per ricordare, oltre i caduti repubblicani, anche quelli delle Formazioni Partigiane “Osoppo Friuli” auspicando che la memoria dello scontro fratricida sia un monito di libertà e di pace fra italiani; - il 13 giugno, presso la Sede dell’Istituto Internazionale di Studi “Giuseppe Garibaldi” a Roma, Franco Tamassia e Giovanni Aldo Ricci hanno tenuto la conferenza su “Garibaldi nell’opera di D’Annunzio”. Il prof. Tamassia ha rievocato gli episodi fondamentali della vita dei due eroi; il dott. Ricci ne ha evidenziato le similitudini: entrambi hanno concepito la lotta come evento fondato sull’amore per la libertà della Patria privo di sterile odio per gli avversari. Tra gli intervenuti alla conferenza Giuseppe Garibaldi e Costanza Roma: conferenza su Garibaldi e D’Annunzio 44 Samuelli Ferretti, pronipoti dell’eroe dei due mondi, il Presidente dell’Associazione Nazionale Garibaldina, Prof.ssa Maria Serra, il dott. Vincenzo Currò in rappresentanza dell’ANF, la Dott.ssa Anna Maria Menotti in rappresentanza della Federazione di Roma del Nastro Azzurro; - il 16 giugno al Cimitero del Verano, La Sezione di Roma dell’ANPdI, con il suo Presidente prof. Adriano Tocchi, ha commemorato i Caduti della "Folgore" con la deposizione di una corona d’alloro sulla tomba monumentale a loro intitolata e con la S. Messa al campo officiata da don Alfio che dopo ha benedetto sia la Tomba Monumentale che il Famedio Militare, poco distante, sul quale è stata poggiata una rosa rossa. Presenti numerosifamiliari, le Associazioni d’Arma, le Volontarie della CRI, gli Allievi del CLI Corso e tanti Paracadutisti tra i quali il Folgorino Santo Pelliccia, Reduce di El Alamein. La Federazione di Roma era rappresentata dal Gen. Valerio Blais, dal Maresciallo 1° Luogotenente Domenico Caccia e dalle Dame Maria Divari, Anna Maria Menotti, Giulia Milesi dé Bazzichini e Raffaella Terracciano, con il Labaro portato dall'Alfiere, il Paracadutista Alfredo Battilocchi; Roma: Commemorazione dei paracdutisti Caduti - il 25 giugno, nei pressi della Colonna eretta sulla via Flaminia a ricordo dei Caduti del Battaglione Universitario Romano, che nel 1849 difesero la Repubblica Romana, l’evento storico è stato commemorato dall’Associazione Nazionale Garibaldina, presieduta da Maria Antonietta Grima Serra, dall'Istituto Internazionale di Studi Giuseppe Garibaldi e dall’Associazione Garibaldini per l’Italia, Presidente Arch. Paolo Macoratti. La Banda Musicale della Polizia Municipale di Roma ha eseguito i brani di rito, mentre il picchetto armato dei “Lancieri di Montebello” rendeva gli onori militari. Tra i presenti una delegazione dell’Ambasciata Polacca che ricordava il valoroso Capitano Podulah, il Presidente, I°cap.f.cpl. Marco Pasquali e il Segretario, dott. Roma: cerimonia Vincenzo Currò, garibaldina IL NASTRO AZZURRO dell’Associazione Nazionale del Fante - Sezione di Roma Capitale - M.O.V.M. Guido Alessi - e la dott.ssa Anna Maria Menotti per la Federazione di Roma del Nastro Azzurro. - il 10 luglio, nel 47° Anniversario dell’assassinio, da parte di terroristi di estrema destra, del Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma Vittorio Occorsio M.O.V.C. “alla memoria”Il Socio Gabriele Gigliotti, nipote dell’Azzurro Gen. Medico Francescantonio Gigliotti e pronipote del Giudice Ottorino Gigliotti, ha donato e deposto due corone di fiori, una ai piedi della stele che ricorda l’eroico magistrato sita in Villa Leopardi e l’altra ai piedi della lapide posta sul luogo dell’agguato in Via Mogadiscio. - il 12 settembre, la Sezione di Roma dell’ANF ha organizzato presso il Museo dei Granatieri di Sardegna una Conferenza sul tema “Cefalonia – Le tragiche vicende della Divisione Acqui”. Il relatore, gen. Renato Capuano, ha fatto rivivere, con la proiezione di alcuni filmati originali dell’epoca, la drammaticità dei giorni successivi all’8 settembre del 1943. Trai numerosi presenti alcuni familiari di Soldati della “Acqui” come: l’avv. Massimo Filippini, figlio del Maggiore Federico Filippini fucilato a Cefalonia; Fabrizio Fratangeli, figlio di Giovanni, morto nel 2011 (1° Battaglione Guardia di Finanza); Anna Maria Ferretti, figlia di Giovanni, vivente. La Federazione di Roma del Nastro Azzurro era rappresentata dalla dott.ssa Anna Maria Menotti e dal Maresciallo I° Luogotenente Domenico Caccia. ROVIGO La Federazione di Rovigo ha partecipato nel bimestre ai seguenti eventi e manifestazioni: - il 21 Giugno si sono svolte a Rovigo le elezioni del Primo Presidente di Assoarma. E’ stato eletto il Magg. Giuseppe Bonfiglio, ex ufficiale dell’esercito presso la ex caserma “Silvestri” del 3° Reggimento Artiglieria e attuale Presidente dell’“UNUCI”. I due vicepresidenti sono il dott. Antonio Tocchio attuale Presidente dell’Ass. Carabinieri e il dott. Giuseppe Maccario Presidente degli Autieri di Nassiriya. I tre eletti sono tutti soci della Federazione di Rovigo che augura loro buon lavoro confidando sempre nei Valori in cui credono; - il 15. settembre è stato inaugurato a Porto Viro (RO) il Monumento ai Bersaglieri. L’autore dell’opera, in acciaio inox, che raffigura un bersagliere in corsa con il tricolore tra le mani, è anche Presidente della Sezione locale dei Bersaglieri. La Santa Messa è stata celebrata sul sito dal padre salesiano don. Italo Fantoni che ha pure benedetto il monumento. Alla cerimonia hanno partecipato molte Autorità Civili e Militari provinciali e regionali oltre a moltissime delegazioni delle regioni limtrofe con i Labari. Apriva la sfilata il Labaro del Nastro Azzurro di Rovigo con l’Alfiere Sergio Rossin. SASSARI Dopo un lungo lavoro di ricerca, l’Azzurro Giacomo Aldo Oppo ha pubblicato il libro" I Caduti di Paulilatino nella Grande Guerra" che è stato presentato nel Teatro Comunale di Paulilatino, alla presenza di Autorità Civili e Militari e Associazioni d'Arma, tra cui l'Associazione Nazionale "Brigata Sassari", e molti giovani. Oltre all'Autore, l'opera è stata illustrata anche dal dott. Giuliano Chirra. Sassari: presentazione del libro sui Caduti di Paulilatino SIRACUSA Il 24 giugno la Sezione di Lentini ha organizzato la celebrazione della “Giornata del Decorato” presso la sede del Circolo “Alaimo da Lentini”. Dopo i saluti del Sindaco portati dall’Assessore Zagami, e del Col. Maglitto a nome del Circolo, hanno preso la parola il cav. uff. Ivan Grancagnolo, presidente della Sezione, e l’avv. Francesco Atanasio, presidente della Federazione. Presenti con il consigliere della Federazione avv. Giovanni Intravaia numerosi soci dell’Istituto e dell’A.N.C.R. di Lentini con il suo presidente e nuovo socio Alfio Caltabiano e le rappresentanze dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Siracusa: Giornata del Decorato IL NASTRO AZZURRO 45 RECENSIONI BRUNO ALESSANDRINI IL MOSCHETTIERE DEI "DIAVOLI ROSSI" di Daniele Gatti - IBN Editore - Pagine 134 - 17 x 24 cm. - Illustrato B/N - ISBN 8875651515 - Prezzo 15,00 € Il generale Bruno Alessandrini, pilota da caccia della Regia Aeronautica prima e dell'Aeronautica Militare in seguito è profondamente legato al 6° Stormo, e di conseguenza al 3° Gruppo Caccia nella seconda guerra mondiale, e alla 6^ Aerobrigata nel dopoguerra. Nel libro sono narrati gli inizi della sua carriera aviatoria, la partecipazione alla guerra civile spagnola, le manifestazioni aeree con la Pattuglia Acrobatica dei ''Diavoli Rossi" e tutte le operazioni svolte durante il secondo conflitto mondiale. Ne deriva così un'analisi storica e documentata delle vicende belliche dei reparti nei quali egli ha prestato servizio: XVI Gruppo Caccia in Spagna, 3° Gruppo Autonomo Caccia in Sardegna, in Africa e in Italia meridionale fino al termine della guerra. La rinascita della nostra Aeronautica Militare, vissuta pienamente da Alessandrini che, da abile disegnatore, ha creò l'emblema della "Diana Cacciatrice" che ha ornato i velivoli del 5° Stormo per molti anni. La 6^ Aerobrigata è stato l'ultimo reparto operativo che ha avuto Alessandrini anche come comandante, legandolo indissolubilmente ai "Diavoli Rossi". L'analisi delle vicende belliche è stata compiuta dall'autore confrontando diverse fonti documentali, sia italiane, sia straniere. Il testo è corredato da 140 foto in bianco e nero e da 6 profili a colori dei velivoli più rappresentativi che Alessandrini ha pilotato. Lo stile è asciutto e conciso e invita alla lettura. La veste grafica è leggera ma originale. L'ANGELO DEL GRAPPA di Loris Giuriati e Davide Pegoraro - Edizioni "Museo Baita Monte Asolone" 180 pagine - 12 X 19 cm. - Racconto - Può essere richiesto direttamente alla casa editrice a "[email protected]" Si narra la storia di Angelo, ragazzo padovano che nato nel 1995 che, come tutti i suoi coetanei, non ama lo studio e passa il tempo a scorazzare per la città imbrattando i muri. Quando il padre porta la famiglia in vacanza sul Monte Grappa, Angelo incontra Davide, il gestore di una piccola baita. La vita del ragazzo cambia: egli si appassiona alla storia di quei luoghi nella grande guerra, ne rivive l'orrore e 46 la sofferenza alla scoperta di un misterioso segreto nascosto in un manoscritto. Lettura piacevole ed interessante, ottimo esempio di come la tecnica del romanzo breve può fare da contenitore alla narrazione di vicende reali trasfondendovi quel quid di fantasia che le rende ancora più interessanti. Lo stile semplice e la veste grafica ridotta e leggera rendono più agevole la lettura che ... avviene tutta d'un fiato. IL CAMPO D'AVIAZIONE DI CAIRO MONTENOTTE di Giancarlo Garello - L.Editrice - 176 pagine - 17 x 24 cm. - foto B/N - ISBN 88-95955-79-X - Fuori commercio, può essere richiesto direttamente alla casa editrice Il campo d'aviazione di Vesima, nei pressi di Cairo Montenotte, dopo la prima guerra mondiale venne smilitarizzato e poi destinato ad altri usi. Nel secondo conflitto mondiale, l'ampio spiazzo divenne sede ideale di un campo di concentramento per prigionieri di guerra e, a guerra finita, accolse una colonia di bambini ebrei sfuggiti all'Olocausto. L'autore, nativo della cittadina, esperto pilota militare e civile, vuole rendere omaggio al suo luogo natale ed alla sua passione professionale con questo libro interessante a metà tra storia e memoria. La veste grafica è leggera e invoglia alla lettura. CONOSCERE PER VINCERE LA PAURA DI VOLARE di Aldo Rossi - Editrice La Grafica - 190 pagine - 15,5 x 21,5 cm. - Illustrato a colori - ISBN 978-88-9740206-0 - Prezzo 18,00 € Finalmente un bel libro che spiega con linguaggio semplice, ma correttamente tecnico, l'attività di volo, il funzionamento di un aereo moderno, il corretto approccio alla sicurezza del volo. L'obiettivo è appunto "rassicurare" i tanti, troppi, che salgono in aereo col cuore in gola, temendo il disastro, solo perché non hanno mezzi di trasporto alternativi per il viaggio che devono compiere. Riuscirà l'autore nel suo intento di far "... vincere la paura di volare"? Dipende da quanto sarà pubblicizzato questo libro. La veste grafica è adeguata allo spirito del libro e non lo fa sfigurare neppure come "regalo" per chi teme troppo e irrazionalmente il volo. IL NASTRO AZZURRO AZZURRI NELL’AZZURRO DEI CIELI FED. AREZZO: Sergente Aldo ZAMPI decorato di CGVM a "El Alamein"; Comm. Luigi VALENTINI Decorato di MBVM già Presidente della Sezione NA di Arezzo; Rag Giuseppe MALTESE figlio della MOVM Col. Giovanni MALTESE; N.D. Natalina GRAZZINI vedova dell'Azzurro Guido FRASI CGVM Alle famiglie colpite da queste dolorose perdite giungano le espressioni del più vivo cordoglio della Presidenza Nazionale e di tutti gli Azzurri. CONSIGLI DIRETTIVI •€ •€ •€ •€ •€ •€ 20,00 15,00 10,00 10,00 10,00 10,00 POTENZIAMENTO DEL PERIODICO Piero Alberto Possati - Verona Francesco Bolsieri – Canneto Mantova Luigi Berardi – Rimini Gemma Novelli ved. Mazzitti – Ascoli Piceno Luigia Francesconi “In memoria di Piero Lucchesi”– Bagnara di Romagna Aldo Pistone Basili - Montefiascone ERRATA CORRIGE IL NASTRO AZZURRO 47