cop 9 - dossier wwf

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cop 9 - dossier wwf
COP 9 - DOSSIER WWF
“GOING, GOING, GONE!”
I CAMBIAMENTI CLIMATICI RESTRINGONO
I GHIACCIAI DEL PIANETA
Il riscaldamento globale sta provocando la fusione dei ghiacciai in ogni parte del mondo,
mettendo milioni di persone a rischio di inondazioni, siccità e mancanza di acqua potabile.
I ghiacciai sono antichi fiumi di neve compressa che si muovono scivolando lentamente e
modificando così la superficie del pianeta. Costituiscono la riserva d’acqua potabile della Terra,
coprendo collettivamente un’area grande quanto il Sud America. I ghiacciai si sono ritirati in tutto il
mondo sin dalla fine della Piccola Era Glaciale (intorno al 1850), ma negli ultimi decenni i
ghiacciai hanno iniziato a ridursi a ritmi che sono al di fuori di qualsiasi trend documentato in
precedenza.
Quello che si prevede potrà essere il cambiamento climatico nel prossimo secolo, influenzerà
ulteriormente la percentuale di fusione dei ghiacci. La media della temperatura mondiale potrebbe
aumentare da 1.4° a 5.8° C entro la fine del ventunesimo secolo. Simulazioni hanno mostrato che un
aumento della temperatura di 4°C provocherebbe la fusione di quasi tutti i ghiacciai del mondo
(un aumento di 2°-3°C potrebbe bastare a minacciare lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia).
Anche in uno scenario meno preoccupante, con un aumento della temperatura di 1°C, insieme
all’aumento di piogge e neve, i ghiacciai continueranno a perdere volume nell’arco di questo secolo.
Sebbene solamente una piccola parte dei ghiacci perenni del pianeta è situata al di fuori della
Groenlandia e dell’Antartico, questi sono estremamente importanti poiché rispondono rapidamente
dei cambiamenti climatici, influenzando direttamente la vita di uomini ed ecosistemi. La
progressiva ed estesa fusione dei ghiacciai porterà durante il prossimo secolo a inondazioni,
riduzioni della disponibilità d’acqua per milioni di persone, e un aumento del livello del mare
che può minacciare e distruggere habitat e comunità costiere.
Regioni a rischio
- Ecuador, Perù e Bolivia, dove i ghiacciai forniscono scorte d’acqua per tutto l’anno e sono
spesso l’unica fonte d’acqua per le grandi città durante la stagione secca.
- L’Himalaya, dove il pericolo di inondazioni catastrofiche è alto e dove i fiumi, alimentati dai
ghiacciai, forniscono acqua a un terzo della popolazione mondiale.
- Piccole isole che costituiscono Stati, come Tuvalu e le Isole Solomon, dove l’aumento del
livello del mare sta sommergendo le terre basse, e l’acqua salata sta infiltrando falde acquifere
vitali.
La natura a rischio
- La tigre reale del Bengala, una specie minacciata, che perderà una grande porzione del suo
habitat quando le Sundarbans soccomberanno all’aumento del livello del mare.
- L’urietta di Kittlitz, rari uccelli specializzati nel cacciare nelle acque dense dei ghiacciai e nel
nidificare sul ghiaccio.
- Le barriere coralline , organismi unici che possono trovarsi in difetto di energia solare quando il
livello del mare si innalzerà.
GHIACCIAI E ACQUA POTABILE
Sebbene il nostro pianeta, visto dallo spazio, sembri essere un’oasi piena d’acqua, la maggior
parte di questa è troppo salata per essere consumata da uomini, piante o animali. Solamente il
2,5% circa dell’acqua presente sulla Terra è acqua dolce, e meno di un centesimo dell’ 1% è
potabile e rinnovata ogni anno attraverso le precipitazioni.
Carenze d’acqua
Il 70% dell’acqua potabile mondiale è congelato nei ghiacciai, che proteggono gli ecosistemi dalle
variazioni climatiche, rilasciando acqua durante gli anni durante le stagioni secche. Nelle zone
tropicali i ghiacciai si sciolgono nell’arco dell’anno, contribuendo continuamente al corso dei fiumi
e fornendo spesso l’unica fonte d’acqua per uomini e animali durante le stagioni secche dell’anno.
L’acqua potabile è già una risorsa limitante per una gran parte del pianeta e, nei prossimi trenta anni,
è probabile che l’aumento della popolazione superi di molto qualsiasi potenziale aumento della
disponibilità d’acqua.
I ghiacciai dell’Himalaya, che alimentano sette dei grandi fiumi dell’Asia ( il Gange, l’Indo, il
Brahmaputra, il Salween, il Mekong, lo Yangtze e lo Huang He) e assicurano per tutto l’anno un
rifornimento d’acqua per due miliardi di persone, si stanno ritirando con una velocità preoccupante.
La perdita di acqua proveniente dai ghiacciai ridurrebbe la portata del Gange, nel periodo GiugnoSettembre, di due terzi, causando diminuzioni nella disponibilità d’acqua per 500 milioni di
persone e per il 37% delle terre irrigate indiane. Nelle montagne del Tien Shan del nord, nel
Kazakhstan, più del 90% del quantitativo d’acqua della regione è usato nell’agricoltura, e il 75-80%
del deflusso superficiale dei fiumi deriva dai ghiacciai e dal permafrost, che si stanno sciogliendo a
ritmi accelerati. Nelle secche Ande, l’acqua che si scioglie dai ghiacciai contribuisce più delle
precipitazioni al corso dei fiumi, anche durante la stagione piovosa. La maggior parte delle grandi
città in Ecuador, Perù e Bolivia si affidano per le loro necessità d’acqua e di energia idroelettrica
all’acqua proveniente dai ghiacciai in rapido scioglimento, e molte comunità stanno già
sperimentando diminuzioni e conflitti sull’uso di questa risorsa.
Le inondazioni
La fusione rapida dei ghiacciai può portare a inondazioni di fiumi in piena e alla formazione di laghi
provenienti dalla fusione dei ghiacci, eventi che possono porre una minaccia ancor più seria. La
fusione continuata dei ghiacciai o la caduta di grandi porzioni di questi nei laghi, possono causare
catastrofiche inondazioni. Nel 1985, una inondazione simile del lago Dig Tsho (Langmoche) in
Nepal uccise molte persone e distrusse ponti, case, suolo arabile, e una centrale idroelettrica appena
completata. Un recente studio dell’UNEP ha scoperto che 44 laghi glaciali in Nepal e Bhutan sono a
rischio immediato di straripamento a causa del cambiamento climatico. In Perù, nel 1941, una
porzione di ghiacciaio cadde nel lago Palcacocha, provocando un’inondazione che uccise 7000
persone; delle recenti immagini del satellite hanno rivelato che un’altra porzione di ghiaccio pende
sullo stesso lago, minacciando le vite delle 100 000 persone ai suoi piedi.
Aumento del livello del mare
La media del livello mondiale del mare è salita di 1-2 mm all’anno per tutto il 1900, e si prevede che
continuerà ad aumentare, con il contributo proveniente dalla fusione dei ghiacciai di 0.2-0.4 mm
l’anno. L’effetto dei ghiacciai potrebbe essere sottostimato, comunque recenti studi suggeriscono che
la fusione accelerata dei ghiacci in Alaska e Patagonia fin dalla metà del 1990 ha aumentato il
contributo di acqua, solamente in queste due aree, di 0.375 mm all’anno. L’innalzamento del
livello del mare influenzerà le regioni costiere di tutto il mondo, provocando inondazioni,
erosione, e l’intrusione di acqua salata in habitat e falde di acqua dolce. Anche il modesto
innalzamento del livello del mare osservato nel ventesimo secolo, ha portato all’erosione e alla
perdita di 100 km quadrati all’anno di zone umide nel delta del fiume Mississippi. A Trinidad e
Tobago, come in molte isole che si trovano poco al di sopra del livello del mare, le spiagge si stanno
ritirando di molti metri all’anno e i livelli di salinità hanno iniziato ad aumentare nelle zone costiere
d’acqua dolce. Piccole isole del Pacifico come Tonga, le isole Marshall e gli Stati Federati della
Micronesia sono particolarmente vulnerabili e potrebbero perdere vaste porzioni di terra a causa del
crescente livello del mare e dei marosi. Un innalzamento globale del livello del mare di un metro,
porterebbe all’inondazione dell’80% delle Maldive, provocherebbe 24 milioni di profughi tra
Bangladesh, India e Indonesia, e farebbe sparire le Sundarbans, la foresta di mangrovie più grande
del mondo, habitat della minacciata Tigre reale del Bengala e di centinaia di altre specie.
Sin dai primi anni sessanta, i ghiacciai di montagna di tutto il mondo hanno subito una perdita
netta stimata di circa 4000 km cubi di acqua, più della portata annuale dell’Orinoco, del
Congo, dello Yangtze e del Mississippi messi insieme; questa perdita è avvenuta in maniera
due volte più veloce negli anni novanta, che nei decenni passati.
Misurare la diminuzione dei ghiacciai
La misurazione più accurata delle variazioni di un ghiacciaio è l’equilibrio di massa, la differenza tra
l’accumulazione (massa che va ad aggiungersi tramite neve) e ablazione (massa che si perde a causa
della fusione del ghiacciaio o del distaccamento di parti di esso). Anche se aumentassero le
precipitazioni, l’equilibrio di massa potrebbe diminuire se le temperature più calde provocano un
cambiamento delle precipitazioni, facendo cadere pioggia invece che neve. Il cambiamento di massa
è riportato in metri cubi di acqua persa, o sotto forma dello spessore medio di un’intera area del
ghiacciaio. Poiché i cambiamenti di massa sono difficili da misurare, la diminuzione dei ghiacciai è
più spesso descritta come la perdita di un’area di ghiacciaio, o come la distanza lungo la quale si è
ritirato il fronte del ghiacciaio.
America del Nord
I ghiacciai delle Montagne Rocciose e delle Catene della costa occidentale hanno subito durante lo
scorso secolo perdite considerevoli, e la fusione sta accelerando velocemente anche nell’Alaska del
Sud. Da quando è stato istituito nel 1910 il Parco nazionale del Ghiacciaio, in Montana, negli
Stati Uniti, più di due terzi dei suoi ghiacciai e circa il 75% della sua area sono scomparsi; se
l’attuale tasso di riscaldamento non varia, nel 2030 non rimarranno più ghiacciai nel Parco.
Nei Parchi Nazionali di Banff, Jasper e Yoho, nelle Montagne Rocciose del Canada, la superficie del
ghiacciaio è diminuita di almeno il 25% durante il ventesimo secolo. Il ghiacciaio della Cascata del
Sud, nella costa di Washington, ha perso 19 metri di spessore tra il 1976 e il 1995, dieci volte di più
che negli ultimi diciotto anni. Quasi tutti i ghiacciai sotto controllo in Alaska si stanno sciogliendo, e
i tassi di assottigliamento degli ultimi 5-7 anni sono più di due volte quelli visti nelle decadi
precedenti.
Sud America
Le Ande Settentrionali contengono la più grande concentrazione di ghiacciai dei tropici,
tuttavia questi stanno indietreggiando rapidamente, e la loro diminuzione si è accelerata
durante gli anni Novanta. In Perù, il ghiacciaio Yanamarey ha perso ¼ della sua area durante gli
ultimi cinquanta anni, e i ghiacciai di Uruashraju e Broggi hanno perso il 40-50% della loro
lunghezza dal 1948 al 1990. In Ecuador, il ghiacciaio Antizana è diminuito 7-8 volte più
velocemente durante gli anni Novanta che nelle decadi precedenti. Ugualmente, il ghiacciaio
Chacaltaya, in Bolivia, ha perso quasi metà della sua area e due terzi del suo volume solamente negli
anni Novanta, e potrebbe scomparire entro il 2010. Nelle Ande subtropicali umide, le grandi masse
di ghiaccio della banchisa della Patagonia del Nord, in Cile, e della banchisa della Patagonia del Sud,
in Argentina e Cile, avevano perso, fino a metà degli anni novanta, solo il 4-6% di quella che era la
loro area attestata nel 1945, ma l’assottigliamento è accelerato negli ultimi tempi. Parti della
banchisa del sud hanno subito tassi di assottigliamento tra il 1995 e il 2000 che erano due volte più
veloci della media di quelli dei tre decenni precedenti.
Europa
Nei quattro decenni passati, la maggior parte dei ghiacciai delle Alpi hanno subito considerevoli
perdite di massa; tutto questo è illustrato dall’Hintereisferner, in Austria, dal Gries, in Svizzera, e dal
Sarennes, in Francia, ognuno dei quali ha perso l’equivalente di 14 metri di spessore di ghiaccio dal
1960. La fusione dei ghiacciai ha iniziato ad accelerare fin dal 1980, e il 10-20% del ghiaccio
delle Alpi si è perso in meno di due decenni. La scoperta di un uomo di 5300 anni fa sepolto nel
ghiaccio in un ghiacciaio italiano, dimostra che molti di essi sono ormai notevolmente più piccoli di
come sono stati per migliaia di anni. L’Organizzazione Meteorologica Mondiale riporta che le
temperature dell’estate 2003, che hanno portato a inondazioni, smottamenti di terreno, e alla rapida
formazione di laghi glaciali, sono state le più calde mai registrate nell’Europa Centrale e del Nord; se
l’attuale tendenza continua, le Alpi perderanno la gran parte dei loro ghiacciai tra pochi decenni.
Africa
L’area dei ghiacciai tropicali in Africa e diminuita di una media del 60-70% fin dall’inizio del 1900.
Le distese di ghiaccio sulle cime del Kilimanjaro hanno perso l’80% della loro area durante
l’ultimo secolo e nonostante siano sopravvissuti per oltre 10.000 anni, è probabile che
scompaiano per il 2020. Sul Monte Kenya, 7 dei 18 ghiacciai presenti nel 1900, erano scomparsi
per il 1993, e quattro ghiacciai (Lewis, Tyndall, Gregory e Cesar) avevano perso tra il 60% e il 92%
della loro area. Anche i ghiacciai rimanenti nelle montagne del Ruwenzori in Uganda e nella
Repubblica Democratica del Congo si stanno sciogliendo rapidamente, con perdite di superficie
durante il ventesimo secolo che vanno dal 53% ( Speke) al 90% ( Moore ).
Asia
La grande maggioranza di tutti i ghiacciai dell’Himalaya si è ritirata e assottigliata durante gli ultimi
trent’anni, con perdite in accelerazione durante l’ultimo decennio. Per esempio, i ghiacciai
nell’Himalaya del Bhutan si stanno ritirando ad un tasso medio di 30-40 metri all’anno. Nell’Asia
Centrale, i ghiacciai si stanno ritirando a velocità eccezionalmente alte. Nel Tien Shan del Nord, in
Kazakhstan, i ghiacciai hanno perso collettivamente due chilometri quadrati di ghiaccio all’anno
sino al 1955 ( lo 0.7% della loro massa totale), e il ghiacciaio Tuyuksu è indietreggiato di quasi un
chilometro dal 1923. I ghiacciai della catena dell’Ak-shirak, in Kyrgystan, hanno perso il 23% della
loro area dal 1977, il Tien Shan del Nord il 29% dal 1955 al 1990, e i Pamir il 16% dal 1957 al 1980.
Nel Tien Shan cinese, il ghiacciaio Urumqihe ha perso l’equivalente di quattro metri di spessore dal
1979 al 1995, e l’Amministrazione Meteorologica Cinese prevede che le montagne della Cina
nordoccidentale perderanno oltre ¼ della loro attuale superficie entro il 2050. Questi ghiacciai
forniscono il 15-20% dell’acqua ad oltre venti milioni di persone solo nelle province dello
Xinjiang e del Qinghai.
Pacifico del Sud
I ghiacciai tropicali Carstensz, nella provincia di Papua (già Irian Jaya), in Indonesia, si stanno
sciogliendo rapidamente; l’80% della loro area collettiva si è perso tra il 1942 e il 2000. Il
ghiacciaio West Meren è indietreggiato di 2600 metri da quando fu controllato per la prima
volta nel 1936, prima di ridursi definitivamente tra il 1997 e il 1999. In Papua Nuova Guinea, tre
cupole di ghiaccio sulla cima della catena della Cordigliera Centrale sono scomparse negli anni
Sessanta. Nella temperata Nuova Zelanda, 127 ghiacciai sotto osservazione nelle Alpi del Sud. Sono
diminuiti del 38% in lunghezza e hanno perso il 25% della loro area dal 1850; comunque molti di
questi ghiacciai sono avanzati negli ultimi decenni, presumibilmente grazie all’aumento delle
precipitazioni.
L’Artico
Negli ultimi decenni, i ghiacciai dell’Artico si sono generalmenti ridotti, con l’eccezione della
Scandinavia e dell’Islanda, dove l’aumento delle precipitazioni ha avuto un effetto positivo. La
fusione dell’Artico sembra essersi accelerata nei tardi anni novanta; le stime della fusione
annuale sono salite da 100 km quadrati all’anno dal 1980 al 1989, fino a 320 km quadrati nel
1997, e 540 km quadrati nel 1998. La Groenlandia da sola contiene il 12% del ghiaccio mondiale,
ma il suo equilibrio di massa generale rimane in dubbio. Mentre porzioni della parte interna stanno
aumentando di massa, c’è stato un significativo assottigliamento lungo le parti marginali. Questa
perdita non è dovuta semplicemente alla fusione delle estremità dei ghiacciai; intere porzioni del
manto di ghiaccio della Groenlandia sembrano scivolare verso il mare. Poiché questo slittamento
accelera quando la fusione di superficie è più intensa, si ritiene che l’acqua formatasi in superficie
possa gocciolare fino al letto glaciale e lubrificare il movimento del ghiacciaio. Questa recente
scoperta mostra un meccanismo di rapida risposta dei ghiacciai al cambiamento climatico, un
processo che precedentemente si riteneva richiedesse centinaia o migliaia di anni.
Antartico
L’Antartico è ricoperto da una superficie ghiacciata contenente circa il 95% dell’acqua dolce del
pianeta. Le temperature fredde impediscono una fusione significativa della superficie, ma un recente
studio fa vedere come la fusione sul fondo dei ghiacciai, lungo la linea di congiunzione tra terra
e mare, è rapida e estesa a tutto l’Antartico, probabilmente a causa dall’aumento delle
temperature oceaniche. Mari più caldi hanno anche contribuito al rapido assottigliamento e alla
rottura di molte grandi piattaforme di ghiaccio galleggiante. Queste piattaforme potrebbero sostenere
e rallentare i ghiacciai che scivolano intorno a loro; sebbene la velocità dei ghiacciai non è cambiata
dopo la perdita della piattaforma di ghiaccio Wordie, molti grandi ruscelli di ghiaccio che
alimentavano la piattaforma Larsen A stanno scorrendo verso il mare a velocità due o tre volte
maggiore dal suo collasso, nel 1995. Allo stesso tempo, la parte interna ha subito un aumento di
superficie, poiché una quantità maggiore di acqua, a causa delle temperature più elevate, evapora dal
mare e cade sotto forma di neve. Non si sa fino a che punto questi aumenti di superficie compensino
la fusione dei margini.
Perdita di habitat
Mentre molte specie saranno colpite dai cambiamenti del livello del mare e dei ruscelli associati con
la fusione dei ghiacciai, gli animali che abitano i ghiacciai o nelle loro vicinanze, potrebbero essere
portati all’estinzione dalla scomparsa del loro habitat di ghiaccio. Lontani dall’essere semplici
distese sterili di ghiaccio, i ghiacciai costituiscono la casa per alcuni degli ecosistemi e degli
organismi più unici al mondo. Per esempio, il piccolo verme del ghiaccio passa la sua vita intera sul
ghiaccio, vagabondando di notte per i ghiacciai, nutrendosi delle alghe glaciali, e divenendo
occasionale pasto dell’affamato zigolo delle nevi. L’adattamento fisiologico che permette a questi
vermi di sopravvivere a 0° C rimane tuttora sconosciuto, e poiché questi vermi si disintegrano a
temperature oltre i 5°C, il loro segreto potrebbe andar perso con le temperature che salgono, e il loro
habitat che si scioglie.
Il cambiamento climatico ha già portato alla perdita di un intero ecosistema sulle piattaforme di
ghiaccio in disfacimento. Tra il 2000 e il 2002, la piattaforma di ghiaccio Ward Hunt, fuori dall’isola
di Ellesmere, in Canada, si spezzò in due, facendo defluire molta dell’acqua del Fiordo Disraeli che
la copriva, il più grande lago dell’Emisfero Settentrionale delimitato da una piattaforma ghiacciata.
Questo lago dell’età di 3000 anni aveva un raro ecosistema all’interno del quale microscopici
organismi marini vicino al fondo del lago vivevano in armonia con i loro fratelli d’acqua dolce che
vivevano nell’acqua salmastra di superficie. Nel 2002, il 96% di questo habitat unico di bassa
salinità è andato perso per sempre.
Anche gli animali che non vivono direttamente sui ghiacciai possono essere gravemente influenzati
dalla scomparsa di questi. L’urietta di Kittlitz, per esempio, è un piccolo uccello marino che può
immergersi, e che va in cerca di cibo quasi esclusivamente nelle aree dove l’acqua sciolta
proveniente dai ghiacciai entra nell’oceano. Questi uccelli già si trovano in serio pericolo; si ritiene
che la loro popolazione totale, presente quasi esclusivamente in Alaska, sia precipitata da molte
centinaia di migliaia nel 1972, a 20000 nei primi anni Novanta. Molte associazioni ambientaliste
hanno fatto una petizione per dichiarare l’urietta di Kittlitz una specie in pericolo, annoverando il
cambiamento climatico e la perdita di habitat essenziali associati ai ghiacciai come una delle cause
primarie del declino della specie.
Anche molto più lontano dai ghiacciai, le barriere coralline saranno influenzate dall’aumento del
livello dei mari. I coralli hanno bisogno di luce per attuare la fotosintesi e sopravvivere. La
profondità alla quale i coralli possono vivere è limitata da quanta luce riesce a penetrare l’acqua.
Quando la luce diminuisce a causa dell’innalzamento del livello del mare, i coralli che vivono a
quella profondità, andranno persi. Barriere coralline a diverse profondità, vedranno una fusione del
tasso di crescita mentre la qualità della luce cambia a causa dell’innalzamento del livello del mare.
Durante una simulazione è stato dimostrato che le barriere coralline dei Caraibi non riusciranno a
convivere con l’innalzamento del livello marino. Ciò ha conseguenze non solamente per i coralli e la
vita marina, ma anche per le comunità umane che si basano su queste barriere per la loro
sopravvivenza.
Inquinanti
Sebbene sostanze inquinanti organiche persistenti (POPs) come i PCB e DDT siano oggi
ampiamente proibite, sono state utilizzate su larga scala dalla metà del secolo scorso. Queste
sostanze inquinanti dotate di lunga vita, sono trasportate nell’aria dalla loro sorgente a zone più
fredde dove condensano e si depositano sul ghiaccio. Fino a quando, recentemente, una rapida
fusione del ghiaccio non ha iniziato a rilasciare questi composti che vi erano intrappolati,
nuovamente nell’ambiente. Per esempio, in un lago canadese, l’acqua proveniente dalla fusione
del ghiaccio è la fonte del 50-97% dei vari POPs che entrano nel lago. Almeno il 10% di questa
fusione glaciale proviene da ghiaccio che si depositò tra il 1950 e il 1970, come evidenziato dalla
presenza di trizio, un sottoprodotto dei test sulla bomba atomica condotti durante quel periodo.
Soluzioni
In tutto il mondo, la fusione accelerata dei ghiacciai fornisce una prova palese e allarmante che il
riscaldamento globale è un fenomeno che sta avendo luogo realmente. È ormai chiaro che la Terra si
sta riscaldando velocemente a causa delle emissioni di anidride carbonica e altri gas serra provocate
dall’uomo, che ricoprono il pianeta e causano l’aumento della temperatura. Il cambiamento climatico
è un fenomeno che sta accadendo sotto i nostri occhi; noi possiamo combattere per mantenere il
riscaldamento globale all’interno di limiti tollerabili, se agiamo ora.
Basandosi sullo scenario dei danni previsti per gli ecosistemi e le comunità umane, il WWF cerca di
limitare il riscaldamento globale ad un massimo di 2°C oltre i livelli pre-industriali. Sebbene un
innalzamento di 1-2°C minaccerà chiaramente la salute dell’uomo, le risorse idriche e gli ecosistemi
più vulnerabili, un riscaldamento di almeno 1° C appare inevitabile. Un riscaldamento superiore ai
2°C potrebbe risultare in danni crescenti, minacciando seriamente le popolazioni e la perdita di
ecosistemi unici e insostituibili. E’ dunque d’obbligo che le emissioni del principale gas serra,
l’anidride carbonica, siano ridotte significativamente per evitare di superare questa soglia dei 2°C.
La maggior parte dell’inquinamento di CO2 è rilasciato quando combustibili fossili come il carbone,
il petrolio e i gas naturali, vengono bruciati per i mezzi di trasporto, riscaldamento o produzione
d’energia elettrica. Il carbone è particolarmente dannoso perché produce il 70% in più di emissioni
di CO2 rispetto al gas naturale, producendo la stessa quantità di energia. La produzione d’energia
elettrica costituisce la più grande fonte di CO2 prodotta dall’uomo, ammontando al 37% delle
emissioni mondiali.
Il WWF sta sfidando il settore elettrico a liberarsi dalle emissioni di CO2 per la metà di questo
secolo, nelle nazioni industrializzate, e ad attuare un cambio significativo verso quell’obiettivo, nelle
nazioni in via di sviluppo. Un certo numero di compagnie elettriche ha già firmato a favore del
progetto del WWF, ma per ridurre significativamente le emissioni, compagnie elettriche, istituzioni
finanziarie, consumatori e politici devono tutti avere un ruolo:
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Le compagnie elettriche possono sostenere una legislazione significativa sul riscaldamento
globale, migliorare l’efficienza delle centrali, aumentare l’uso delle energie rinnovabili, e
arrestare gli investimenti in altre miniere e centrali a carbone.
Le istituzioni finanziarie possono invitare le compagnie nelle quali investono a divulgare le loro
politiche sulle emissioni, e cambiare i loro investimenti scegliendo compagnie che combattono
per essere più competitive in un futuro a emissioni di carbonio limitate.
I consumatori dovrebbero optare per l’energia “verde” laddove sia disponibile, chiedere questa
alternativa dove non c’è, e investire in apparecchi molto efficienti.
I politici dovrebbero facilitare la transizione verso un’industria dell’elettricità libera dal carbone,
votando legislazioni che creano condizioni di mercato favorevoli, formando nuove strutture per il
cambiamento, e assicurando che il Protocollo di Kyoto, il primo strumento legale mondiale per
combattere il riscaldamento globale, entri in vigore il più presto possibile.
Letteratura citata
La lista completa della letteratura qui citata in questa brochure può essere trovata a:
http://www.panda.org/climate/glaciers
Documentazione
Testo di Stacey Combes, Michael L. Prentice, Lara Hansen e Lynn Rosentrater
Programma Climate Change WWF
Direttore: Jennifer Morgan
c/o WWF Germany
Grosse Praesidentenstrasse 10 – 10178 Berlino – Germania
Tel +49 30 308 742 19
Fax +49 30 308 742 50
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Sito Web : http://www.panda.org/climate