cessione o conferimento di azienda nel concordato in

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TESTO NON DIVULGABILE
CESSIONE O CONFERIMENTO DI AZIENDA NEL
CONCORDATO IN CONTINUITÀ: ASPETTI OPERATIVI.
Avv. Alessandra Giovetti
Partner
Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners
Paradigma
Milano, 8 – 9 aprile 2013
1.

INTRODUZIONE.
1
Con la recente novella estiva del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (“Decreto Sviluppo”), intitolato
“Misure urgenti per la crescita del Paese”, il Legislatore ha apportato l'ennesima modifica alla legge
fallimentare, ed in particolare alle norme disciplinanti quelle procedure per la soluzione della crisi di
impresa alternative al fallimento che, almeno nelle intenzioni, dovrebbero costituire lo sbocco primario e
preferenziale per la gestione dell'insolvenza o, più ampiamente, appunto, della crisi di impresa.

In particolare, le novità recentemente introdotte hanno privilegiato il versante della cd. “protezione
dell’impresa”, intesa quale insieme di misure finalizzate ad evitare che, nelle more dell'attivazione e
completamento delle procedure di soluzione della crisi, i creditori si affrettino ad aggredire
individualmente gli assets aziendali, allo scopo di assicurarsi cause legittime di prelazione, con la
conseguenza, ovviamente negativa, di compromettere l'integrità complessiva dell'impresa, facendo
2
naufragare ogni tentativo di salvataggio concordato della medesima .

Finalità che ha ispirato il Legislatore è “quella di incentivare l’impresa a denunciare per tempo la propria
3
situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure di controllo esterno che la rilevino” , con
il che implicitamente rispondendo a quella corrente di pensiero
4
che invocava (in altro contesto
economico) l’introduzione di misure di allerta e prevenzione.

In tale prospettiva, si inserisce la novella apportata dal Decreto Sviluppo che, in tema di Concordato
Preventivo introduce, all’art. 186 bis l. fall., la figura del concordato con continuità aziendale
(“Concordato in Continuità”). Preliminarmente, deve osservarsi che non si tratta di un istituto
sconosciuto al mondo del diritto fallimentare, ma che già prima della riforma estiva era ricompreso tra le
ipotesi di piano sotteso alle operazioni concordatarie che, ai sensi dell’art. 160 l. fall., può prevedere la
“ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti in qualsiasi forma, anche mediante cessione dei
5
beni, accollo o altre operazioni straordinarie”. Il regime di flessibilità è, infatti, uno dei tratti dominanti
nella disciplina del concordato preventivo, avendo il debitore la facoltà di articolare il piano nel modo che
reputa più appetibile per i creditori e, al contempo, meno pregiudizievole per l’impresa.
1
Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, pubblicato in Gazz. Uff. 26 giugno 2012, n. 147 - Supplemento Ordinario n. 129, e convertito,
con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134, in Gazz. Uff. 11 agosto 2012, n. 187 – Supplemento Ordinario n. 171. Le
modifiche introdotte dalla Legge entrano in vigore dal trentesimo giorno successivo all’entrata inj vigore della legge di conversione del
decreto legge e pertanto dall’11 settembre 2012.
2
In tal senso, ROLFI, La generale intensificazione dell’automatic stay, in ilfallimentarista.it, 1.
3
Relazione illustrativa al decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, rubricato “Misure urgenti per la crescita del Paese”, 30.
4
Sul tema cfr., da ultimo, Panzani, Misure di allerta e prevenzione della crisi. Nuove prospettive?, in www.ilfallimentarista.it, 15 maggio
2012. Cfr. altresì LAMANNA, Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, in ilfallimentarista.it, 10;
l’Autore afferma che “non avere introdotto nemmeno ora, con il decreto-legge in commento, tale sistema si rivela obiettivamente come
un autogol, poiché segna la rinuncia ad anticipare il momento di emersione della crisi, lasciando al debitore e ai creditori più forti la
possibilità di celarla per tempi spesso incompatibili con la possibilità di un’effettiva salvezza dell’impresa”.
5
ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 148; JACHIA, Il concordato preventivo e la sua proposta, in FAUCEGLIA - PANZANI
(diretto da), Fallimento, 3, Torino, 2009, 1584; BONFATTI - CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011, 523; Pacchi, La
valutazione del piano del concordato preventivo, in Dir.fall., 2011, I, 95; CANALE, Il concordato preventivo a cinque anni dalla riforma, in
Giur. comm., 2011, I, 358; CASSANDRO - CESCHEL - NICITA - NORELLI, Il concordato preventivo, in APICE (diretto da), Trattato di diritto
delle procedure concorsuali, III, Torino, 2011, 49; SANTANGELI, Auto ed etero tutela dei creditori nelle soluzioni concordate delle crisi
d’impresa (il piano di risanamento, l’accordo di ristrutturazione, il concordato preventivo) - Le tutele giudiziali dei crediti nelle procedure
ante crisi, in Dir. fall., 2009, I, 616.
2

Ed infatti, come noto, in dipendenza del percorso che l’imprenditore intende intraprendere per
raggiungere gli obiettivi concordatari, il piano può assumere:
o
carattere liquidatorio: in tale ipotesi il debitore ricorrente perde la titolarità dei beni aziendali, i quali
vengono ceduti atomisticamente allo scopo di garantire il soddisfacimento del ceto creditorio con
conseguente disgregazione dell’azienda ed il tutto all’interno di un concordato preventivo che, nella
6
maggior parte delle volte, assume natura esdebitatoria ;
o
carattere conservativo: in tale ipotesi la finalità di preservazione e salvaguardia del valore
dell’azienda passa attraverso alternativamente (i) una conservazione cd. propria, volta al
risanamento soggettivo dell’imprenditore, nel senso che quest’ultimo mantiene la titolarità dei beni,
tornando in bonis al termine del processo di risanamento; ovvero (ii) una conservazione cd.
impropria, che mediante il trasferimento a terzi del complesso aziendale (il cui aspetto
caratterizzante, ossia l’esistenza di un’organizzazione di beni strumentali atti nel loro complesso e
7
nella loro interdipendenza all’esercizio dell’impresa , permane anche in dipendenza di una
8
procedura concorsuale ), comporta il risanamento oggettivo dell’azienda, a prescindere dalla sorte
dell’imprenditore. A tal fine, la proposta di concordato preventivo può prevedere, contestualmente al
deposito del relativo ricorso, la stipulazione di un contratto preliminare di cessione d’azienda e/o
l’assunzione di un impegno irrevocabile all’acquisto della stessa, anche in seno ad un eventuale
contratto di affitto d’azienda, subordinati alla condizione sospensiva dell’omologazione della
proposta stessa, ovvero di un contratto di affitto d’azienda che riconosca a favore dell’affittuario un
diritto di opzione o di prelazione per l’acquisto del complesso aziendale;
o
carattere misto: è ben possibile che vi sia un’attività di liquidazione dei beni nel contesto di un
concordato conservativo e ciò le quante volte esistano assets non strategici che l’imprenditore possa
dismettere per recuperare risorse da impiegare sia per soddisfare creditori che per finanziare
l’impresa. In questo caso si avrà un concordato parzialmente liquidatorio, ma poiché si prevede che
l’impresa resti nel governo dell’imprenditore, è evidente che la proposta di concordato preventivo
non avrà ad oggetto la cessione dei beni, ma la cessione dei beni fungerà da strumento di
acquisizione di risorse (e, dunque, in tal caso, la disciplina della liquidazione dovrebbe essere
lasciata all’autonomia del debitore).

Pertanto, in base alla strutturazione che il debitore ha inteso attribuire, il concordato preventivo può
presentarsi in due forme alternative:
6
MANDRIOLI, Struttura e contenuti dei “piani di risanamento” e dei “progetti di ristrutturazione” nel concordato preventivo e negli accordi
di composizione stragiudiziale di situazioni di “crisi”, in BONFATTI – FALCONE (a cura di), Le nuove procedure concorsuali per la
prevenzione e la sistemazione delle crisi d’impresa – Atti del convegno di Lanciano, 17-18 marzo 2006, in Quad. giur. comm., n. 296,
Milano, 2006, 466
7
Cass., 25 gennaio 2002, n. 897, in Giust. civ. Mass. 2002, 134. La Corte afferma infatti che “si ha cessione di azienda quando i
contraenti pattuiscono il trasferimento dei beni organizzati in vista dell'esercizio dell'impresa; non occorre che venga ceduta l'impresa
quale attività economica in corso, essendo sufficiente che il complesso dei beni presenti una attitudine a tale esercizio, ovvero una
potenzialità produttiva”; ed ancora “ove sussista una cessione di beni strumentali atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza,
all'esercizio di impresa, devesi ravvisare cessione di azienda”.
8
MANDRIOLI, Struttura e contenuti dei “piani di risanamento” e dei “progetti di ristrutturazione” nel concordato preventivo e negli accordi
di composizione stragiudiziale di situazioni di “crisi”, cit., 466.
3
o
quanto al concordato preventivo con finalità liquidatorie, esso deve dunque intendersi come
9
quell’istituto che conduce alla dissoluzione dell’imprenditore ;
o
10
con riferimento, invece, al concordato preventivo con finalità conservative , esso può ulteriormente
suddividersi in:

“concordati di ristrutturazione” o “di risanamento”, ossia quei concordati in cui l’attività prosegue,
dopo la ristrutturazione, in capo alla stessa impresa, senza cessione a terzi dell’attività; è,
dunque, la stessa impresa che, grazie alla ristrutturazione del proprio indebitamento, ritorna in
bonis e prosegue l’attività,

“concordati con cessione” a terzi dei beni, in cui la cessione avviene per lo più in forma
aggregata attraverso il trasferimento dell’azienda a terzi.

A seguito dell’introduzione, operata dal recente Decreto Sviluppo, del nuovo art. 186 bis l. fall., entrambe
le fattispecie di concordato preventivo da ultimo menzionate (“concordati di ristrutturazione” e
“concordati con cessione”) entrano a far parte della medesima categoria del Concordato in Continuità,
che così ricomprende tutti i concordati in cui l’attività prosegua in qualunque modo, vuoi in capo allo
stesso imprenditore, vuoi in capo a terzi.

Merita poi evidenziare come nella categoria anzidetta rientrano altresì i cd. concordati “misti”, nei quali
l’attività prosegue mediante l’utilizzazione (ovvero, il mantenimento ‘in esercizio’) di una parte soltanto
dell’attivo (un ramo d’azienda, per esempio), mentre altra parte dell’attivo (non funzionale all’esercizio
dell’impresa) viene liquidata atomisticamente (e.g. viene chiuso un ramo d’azienda con vendita del
11
capannone e dei macchinari, mentre altro ramo prosegue in capo allo stesso imprenditore o a terzi) .

Ciò posto, si tratta a questo punto di esaminare i profili di maggiore interesse, e le criticità riconnesse,
relativamente ad un Concordato in Continuità, il cui piano preveda la cessione ovvero il conferimento del
complesso aziendale quale strumento per conseguire il risanamento dell’impresa.
2. LA CESSIONE E IL CONFERIMENTO DI AZIENDA IN ESERCIZIO NELL’AMBITO DEL CONCORDATO: TECNICHE
OPERATIVE.

Come premesso, il Decreto Sviluppo, intervenendo nuovamente sulla materia del concordato preventivo,
introduce, all’art. 186 bis l. fall., la nuova tipologia del Concordato in Continuità, da riferirsi a tutte quelle
ipotesi in cui il piano di concordato “prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore,
la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società,
anche di nuova costituzione”.

In base al disposto della norma citata, il piano sotteso al Concordato in Continuità deve prevedere:
9
FABIANI, La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite
concordatarie, in Fallimento, 2012, 8, 908.
10
In proposito cfr. MANDRIOLI, sub art. 160 l. fall., in FERRO (a cura di), La legge fallimentare, Padova, 2011, 1753.
11
ARATO, Il concordato con continuità aziendale, in ilfallimentarista.it, 3.
4
a) un’analitica indicazione di costi e ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa. Come è stato
osservato, questo primo requisito si configurerebbe diversamente, in dipendenza della concreta
natura che dovesse assumere il Concordato Preventivo:

nel caso in cui l’attività prosegua in capo alla stessa impresa debitrice, l’indicazione dei costi e
dei ricavi dovrebbe estendersi fino al completo superamento, da parte dell’impresa, della crisi; in
particolare, il professionista dovrebbe verificare l’effettiva capacità del piano di consentire il
“riequilibrio finanziario” dell’impresa, evidenziando in particolare la rimozione delle eventuali
12
situazioni di insolvenza ed escludendone la futura emersione . In proposito, è stato evidenziato
come le risorse necessarie alla prosecuzione dell’attività potrebbero altresì derivare da
finanziamenti prededucibili, assunti in corso di procedura in base al nuovo disposto dell’art. 182
quinquies l. fall., il cui rimborso ed i cui oneri finanziari andrebbero ad essere conteggiati fra i
13
costi ;

nella diversa ipotesi in cui, invece, il Concordato in Continuità preveda la cessione dell’azienda a
terzi od il conferimento in una società, lungi dal potersi ritenere che tali operazioni facciano
venire meno qualsiasi onere di indicazione sulle sorti future dell’azienda, la dottrina ha ritenuto
che anzi una verifica in merito allo svolgersi della gestione futura abbia un rilievo essenziale, sia
ai fini della fattibilità del piano, sottoposta al controllo immediato del Tribunale, sia ai fini del
14
giudizio di convenienza che devono esprimere i creditori ; ed infatti:

nell’ipotesi di conferimento d’azienda, sarebbe necessario verificare la sostenibilità
15
“economica e finanziaria della conferitaria”, onde evitare fenomeni di insolvenza indotta ;

nell’ipotesi di affitto e successiva cessione d’azienda ad una società costituita ad hoc,
dovrebbe verificarsi la sostenibilità del piano in capo alla società cessionaria “in quanto
16
esso rileva, in via mediata, ai fini del soddisfacimento dei creditori pregressi” ;

è stato peraltro posto in luce che anche nel caso in cui la cessione d’azienda venisse
conclusa con modalità che comportano un immediato pagamento del corrispettivo,
sarebbe comunque necessario valutare le vicende dell’azienda presso il cessionario
“almeno quando la prosecuzione aziendale sia funzionale anche all’esecuzione della
liquidazione dei restanti assets non trasferiti, nel caso in cui l’orizzonte temporale di
osservazione non si ferma al momento dell’incasso del prezzo, ma deve estendersi a
17
quello del completamento dei lavori dai quali dipende l’incasso dei crediti” ;

in ogni caso, è stato evidenziato come le prospettive di recupero aziendale, accertate
dall’attestazione del professionista, non possano limitarsi al breve periodo, bensì “ai fini
dell'attendibilità della proposta, considerando anche le best practices in materia di valutazione
d'azienda, esse debbano ricomprendere un periodo futuro non inferiore ai tre anni, attraverso cui
12
QUATTROCCHIO – RANALLI, Concordato in continuità e ruolo dell’attestatore: poteri divinatori o applicazione di principi di best practice,
in ilfallimentarista.it, 7.
13
ARATO, Il concordato con continuità aziendale, cit., 4.
14
LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, in Il civilista, 2012, 60.
15
QUATTROCCHIO – RANALLI, Concordato in continuità e ruolo dell’attestatore: poteri divinatori o applicazione di principi di best practice,
cit., 7.
16
Ibidem
17
LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, cit., 60.
5
la rinnovata gestione aziendale svolta in continuità sia in grado di generare flussi di cassa
18
congrui da destinare alla migliore soddisfazione dei creditori sociali” ;
b) una relazione del professionista incaricato che attesti che la prosecuzione dell’attività d’impresa è
funzionale al “miglior soddisfacimento dei creditori”. In proposito:

è necessario notare come tale locuzione presupponga una valutazione di tipo comparatistico, di
cui deve tenersi conto nel piano, tra la prospettiva liquidatoria e quella della continuità aziendale,
19
da cui deve emergere una preferibilità economica di quest’ultima ;

tale locuzione, che certa dottrina ha ritenuto di poter configurare in termini di “condizione
20
legale” , è stata aspramente criticata sin dai primi commenti sul punto, in quanto sarebbe
piuttosto difficoltoso ravvisare la ratio che il Legislatore avrebbe voluto perseguire attraverso il
21
suo inserimento . In particolare, il requisito di maggior soddisfacimento dei creditori:

sarebbe in apparente contrasto con le finalità della riforma di incentivazione alla
composizione della crisi ed al mantenimento delle componenti positive delle aziende; il
dettato letterale della norma attualmente in vigore, infatti, sembrerebbe porre, quale
condizione per accedere alla misura del Concordato in Continuità, un vantaggio
economico per i creditori derivante dalla prosecuzione dell’attività; e questo, come da più
parti sottolineato, appare come una sconfessione di un impianto di base non solo del
recente Decreto Sviluppo, ma altresì delle riforme dell’ultimo decennio, in quanto pone
l’accento sul soddisfacimento economico dei creditori piuttosto che sulla salvaguardia di
altri fattori determinanti, quali, ad esempio, i dipendenti, che potrebbero vedere
conservata la loro occupazione solo nell’ipotesi in cui ciò coincida con la soddisfazione
22
dei creditori ;

potrebbe risultare difficoltoso da accertare, “almeno laddove, proposta la suddivisione in
classi, si riveli obiettivamente controvertibile la misura del vantaggio che la continuazione
può avere nell’economia dei singoli creditori, laddove un vantaggio potrebbe sussistere
anche solo per effetto della stessa prosecuzione, più che per l’entità del previsto
23
pagamento” ;

potrebbe inoltre presentare profili di rischio per l’attestatore; infatti, come è stato
evidenziato, con l’introduzione del novello reto di “Falso in attestazioni e relazioni” di cui
all’art. 236 bis l. fall., è ragionevole ritenere che il professionista chiamato ad attestare il
18
RAVAZZIN, Concordato preventivo più snello per le tempestiva risoluzione della crisi d’impresa, in Corriere Tributario, 2012, 34, 2631.
BIANCO, Brevi riflessioni economiche sul concordato preventivo in continuità, in ilfallimentarista.it, 8.
BIANCO, Brevi riflessioni economiche sul concordato preventivo in continuità, cit., 9.
21
LAMANNA, Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, cit., 31; l’Autore afferma addirittura che tale
norma, così come espressa, sovvertirebbe “ciò che sembrava ormai un dato acquisito per il nuovo concordato preventivo, ossi che esso
servisse più a salvare l’impresa che a soddisfare i creditori. Sembra trattarsi quindi di un possibile arretramento delle finalità della
riforma in quest’ordine di idee”.
22
QUATTROCCHIO – RANALLI, Concordato in continuità e ruolo dell’attestatore: poteri divinatori o applicazione di principi di best practice,
cit., 8.
23
LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, cit., 61.
19
20
6
miglior soddisfacimento dei creditori pretenda un maggior livello di certezza in ordine alle
24
probabilità di realizzazione del piano .

Oltre a tali documenti, formalmente necessari quanto al contenuto del piano (e, quindi, della proposta
concordataria), l’art. 186 bis l. fall. stabilisce che lo stesso può altresì prevedere:
(i) una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio,
pegno o ipoteca, eccezion fatta per l’ipotesi in cui il piano preveda la liquidazione dei beni sui quali
sussiste la causa di prelazione; tale norma, chiaramente inserita con intento incentivante a favore
del Concordato in Continuità, apre tuttavia alcuni quesiti:

in primo luogo, non è chiaro se alla dilazione del pagamento, in linea capitale, dei crediti
privilegiati consegua altresì l’interruzione del loro decorso. In proposito, è stato evidenziato
25
che, in mancanza di diversa previsione normativa, non potrebbe sostenersi che nel periodo di
moratoria il credito privilegiato non produca interessi, in deroga all’art. 55, primo comma, l. fall.;
a conferma di ciò, si è rilevato che, mentre il decorso degli interessi di mora non potrebbe che
arrestarsi, poiché non si potrebbe considerare inadempiente il debitore, in presenza di una
norma che legittimi la dilazione di pagamento, altrettanto non avverrebbe per gli interessi
compensativi, nella misura del tasso legale, che hanno la sola funzione di “riequilibrare il
26
vantaggio che il debitore trae dalla dilazione del pagamento” ;

in secondo luogo, sussiste il dubbio se nel caso di liquidazione dei beni su cui insiste la
prelazione, tale pagamento debba essere immediato ovvero la moratoria sia invece implicita
nell’attesa di liquidazione del bene assistito da prelazione, ovvero ancora se il pagamento debba
27
e/o possa avvenire dopo la liquidazione, con l’aggiunta degli interessi ;

in ultimo, sorgono alcuni dubbi sulla possibilità di detta dilazione allorché il Concordato in
Continuità preveda il trasferimento dell’azienda per conferimento o per cessione della stessa
nonché la cessione di tutti i restanti beni (posto che si tratterebbe di un Concordato di carattere
liquidatorio con previsione di liquidazione di tutti i beni su cui insiste il privilegio anche c.d.
generale), con ciò vanificando nella sostanza la portata della norma se si considera che i
concordati liquidatori sono e restano nella prassi la grande maggioranza dei concordati proposti;
(ii) la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa. In merito occorre rilevare quanto
segue:

pur nell’assenza di alcun riferimento normativo sul punto, si deve ritenere che il requisito della
funzionalità dovrebbe intendersi riferito non all’attività di impresa come esercitata dal debitore al
24
ARATO, Il concordato con continuità aziendale, cit., 5; l’Autore afferma che “se si prevede la cessione dell’azienda a terzi, sarà quanto
mai opportuno avere già individuato l’acquirente dell’azienda; se si prevede la prosecuzione dell’attività in capo allo stesso imprenditore,
occorre avere la ragionevole certezza del pagamento dei creditori concorsuali, certezza che con ogni probabilità non potrà prescindere
dall’inserimento in società di nuovi mezzi propri (a titolo di aumento di capitale o di finanziamento soci che, verosimilmente, per essere
considerato alla stregua di capitale proprio dell’impresa, dovrà essere integralmente postergato e non dovrà essere considerato
prededucibile nella misura dell’80% come consentito dall’art. 182- quater)”.
25
BALDASSARRE – PERENO, Prime riflessioni in tema di concordato preventivo in continuità aziendale, in ilfallimentarista.it, 2.
26
LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, cit., 62.
27
LAMANNA, Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, cit., 31;l’Autore propende per la tesi che
secondo cui il pagamento dovrebbe avvenire successivamente alla liquidazione.
7
momento della presentazione della domanda di concordato preventivo, bensì con riferimento
28
alle future prospettive di utilizzo del medesimo bene ;

come è stato evidenziato, nell’ipotesi in cui i beni dei quali sia prevista la liquidazione risultino
funzionali all’esercizio dell’impresa, dovrebbe ritenersi non più configurabile il Concordato in
29
Continuità ;

sarebbe poi da valutare anche l’ipotesi di un giudizio sulla “non funzionalità del bene” in ragione
dell’offerta di acquisto dell’azienda eventualmente pervenuta da un terzo e posta a base del
piano concordatario. A me pare che in siffatto caso, dovrebbe però essere lo stesso piano di
prosecuzione dell’attività a modularsi, sin dall’accesso alla procedura, sulla base di tale offerta
escludendo beni o contratti ai sensi dell’art. 169 bis l.fall., con la conseguenza che la valutazione
di “convenienza” dell’attività di prosecuzione formulata dall’attestazione non potrà che essere di
fatto inscindibilmente collegata con una valutazione di convenienza dell’offerta di acquisto e in
un ultima battuta, quindi, del piano concordatario; e ciò, con gli evidenti rischi di aprire il varco a
sindacati di convenienza e non solo di fattibilità da parte del tribunale in sede di ammissione del
concordato.

Ulteriore elemento di interesse attiene poi alla materia delle trascrizioni ed iscrizioni, poiché l’ultimo
periodo del comma 3 dell’art. 186bis l. fall. prevede che il giudice delegato, all’atto della cessione
dell’azienda o del conferimento a terzi, ne dispone la cancellazione. In proposito, è stato osservato che:
o
il potere di disporre la cancellazione da parte del giudice delegato non è subordinata né
30
all’intervenuto soddisfacimento dei creditori garantiti né al loro consenso ;
o
nell’ipotesi in cui il concordato consista nella cessio bonorum ex art. 182 l. fall., l’art. 186 bis l. fall.
31
avrebbe natura di norma speciale ;
o
la norma in oggetto deve ritenersi applicabile anche al caso del cd. concordato di ristrutturazione,
ossia quello in cui l’attività prosegue in capo alla stessa impresa senza trasferimento dell’azienda, in
quanto applicazione di un principio di interpretazione sistematica; l’opposta interpretazione
condurrebbe a consentire pretestuose manovre di disturbo da parte del creditore che, in esecuzione
32
del concordato di ristrutturazione, avesse ricevuto una soddisfazione parziale del proprio credito .
Queste due ultime conclusioni appaiono però quantomeno dubbie se si considera (i) la collocazione di
tale previsione nel solo Concordato in Continuità, dovendosi forse escludere, proprio in forza di tale
collocazione, l’applicabilità analogica della disciplina nel caso di concordato che preveda la cessione
dell’azienda all’esito di un concordato liquidatorio con cessione c.d. “atomistica”; (ii) l’addurre
l’inconveniente di un rischio di manovre di disturbo non supera il dato espresso della norma che ha
probabilmente inteso evitare il rischio che un mancato consenso “artificioso” del creditore privilegiato
28
BALDASSARRE – PERENO, Prime riflessioni in tema di concordato preventivo in continuità aziendale, cit., 3; gli Autori osservano che
tale interpretazione “pare preferibile, in quanto consente una maggiore elasticità nelle scelte gestionali e nelle conseguenti implicazioni
economiche e, non vincolando l’impresa debitrice, la cessionaria o la conferitaria a scelte precedentemente compiute, appare coerente
con l’obiettivo della riforma, che è quello di favorire la continuità aziendale (obiettivo che, viceversa, potrebbe essere frustrato ove si
imponesse al terzo cessionario di ricomprendere l’immobile nel compendio aziendale); una diversa interpretazione condurrebbe, inoltre,
ad una soluzione più restrittiva rispetto alla prassi invalsa in mancanza di una norma espressa”.
29
LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, cit., 63.
30
LAMANNA, Il c.d. Decreto Sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, cit., 33.
31
BALDASSARRE – PERENO, Prime riflessioni in tema di concordato preventivo in continuità aziendale, cit., 4.
32
ARATO, Il concordato con continuità aziendale, cit., 8.
8
possa vanificare l’operazione di trasferimento e salvataggio dell’impresa (ove sia prevista le cessione a
terzi dell’azienda), laddove, invece, tale rischio non sussiste nel concordato per ristrutturazione posto
che l’imprenditore avrà modo di ottenere l’esecuzione in via ordinaria (come ogni impresa in bonis in
caso controversia su diritti) della cancellazione del gravame senza che ciò pregiudichi il salvataggio
dell’impresa.

Passando alle tecniche operative di cessione o conferimento di azienda in prosecuzione di attività
dell’impresa che accede al concordato, i punti più complessi da regolamentare in sede di prassi
operativa possono essere in estrema sintesi così riassunti:
o
trattamento e rango dei debiti sorti anteriormente all’accesso a procedura e derivanti da contratti
pendenti, con particolarmente riferimento alla possibilità di trattare tali debiti in moneta concorsuale o
se, invece, la prosecuzione del rapporto determini la c.d. “prededucibilità” anche di tali debiti; il tema
rileva anche ai fini del trasferimento di tali contratti in sede di cessione/ conferimento di azienda e del
rischio che l’eventuale contraente ceduto possa, in ipotesi, vuoi pretendere dal cessionario
dell’azienda il pagamento integrale di tali debiti vuoi, soprattutto, ritenere risolubile il rapporto in
ragione di tale mancato pagamento integrale da parte dell’imprenditore in concordato; l’art. 169bis l.
fall. non pare avere risolto questi problemi, avendo disciplinato il diverso caso che sia il debitore in
concordato a volersi sciogliere dal rapporto giuridico pendente; laddove poi si prevede un diritto
d’indennizzo in moneta concorsuale del terzo contraente in caso di scioglimento dal contratto in
corso di esecuzione da parte del debitore concordatario, la norma sembra addirittura lasciare spazio
alla tesi che in caso di prosecuzione del contratto i c.d. debiti “anteriori” siano da considerarsi in
prededuzione;
o
trattamento dei contratti stipulati in corso di procedura a prestazioni continuative o a prestazioni non
interamente eseguite da una o più delle parti ed i cui effetti non si siano esauriti al momento della
cessione/conferimento a terzi: in questo caso il problema è disciplinare il trattamento economico di
siffatti contratti nell’ambito del contratto di cessione o nell’atto di conferimento di azienda, ma,
soprattutto, nell’eventuale offerta o contratto preliminare di acquisto dell’azienda del terzo presentata
a corredo della domanda di concordato;
o
mutamento delle “condizioni” o “qualità” dei beni o dell’azienda a causa dell’esercizio intrapreso in
corso di procedura; si pensi, ad esempio, al caso di un piano di prosecuzione dell’attività d’impresa
che rappresenti ed attesti dei dati che poi a c.d. “consuntivo” siano difformi e all’eventuali eccezioni
che sul punto potrebbero essere sollevate dal terzo che abbia formulato l’offerta di acquisto
dell’azienda su cui si fonda il piano concordatario;
o
responsabilità per attività rese in corso di procedura e per le quali si renda magari necessaria
un’attività di c.d. assistenza in garanzia del prodotto o dell’attività; anche in questo caso si tratta di
comprendere come disciplinare la fattispecie nell’atto di trasferimento o come regolamentare il
rischio di impossibilità dell’impresa in concordato di fornire detta assistenza all’esito del trasferimento
aziendale;
o
la sorte di tutti questi rapporti citati in caso di revoca del concordato ex art. 173 l.fall. come
richiamato dall’art. 186bis l. fall., tanto in caso di modifica della proposta (non essendo peraltro
9
chiaro se, per esempio, possa modificarsi la proposta di un concordato in continuità in un concordato
liquidatorio senza prosecuzione dell’attività d’impresa e se, in questo caso, possa ancora operarsi lo
scioglimento dai contratti di cui all’art. 169bis l. fall.), quanto in caso di eventuale fallimento o
presentazione di una nuova proposta di concordato.

Questi sono alcuni dei temi e delle problematiche rilevanti che il Legislatore ha omesso di considerare
nella recente riforma estiva; una riforma che, sebbene abbia il vantaggio di cercare di agevolare le
soluzioni di c.d. “continuità” aziendale nell’ambito degli istituti della crisi d’impresa, rischia tuttavia di
aprire nuovi dubbi interpretativi anziché dissolvere quelli numerosi che già vi erano.
3.
ATTI PROPEDEUTICI ALLA CESSIONE O AL CONFERIMENTO DI AZIENDA IN CORSO DI PROCEDURA: RUOLO DEL
GIUDICE DELEGATO EX ART. 167 L.F. E DEL COMMISSARIO GIUDIZIALE.

Dunque, nell’attuale disciplina legislativa conseguente alla recente riforma estiva, il debitore, al fine di
addivenire alla conservazione delle componenti attive dell’impresa può presentare una proposta di
concordato preventivo, che preveda la continuazione dell’attività d’impresa attraverso la cessione od il
conferimento dell’azienda.

Fermo restando quanto verrà detto al successivo paragrafo in merito alle possibilità di presentare un c.d.
“pacchetto preconfezionato”, è stato osservato che ai sensi dell’art. 160 il piano concordatario può
prevedere la vendita dei beni, ovvero la cessione dell’azienda funzionante, in favore di terzi promittenti
acquirenti, da concludersi successivamente all’omologa del concordato, ovvero nel corso della
33
procedura previa autorizzazione del Giudice Delegato .

In passato era controverso se nel concordato preventivo per cessione dei beni il debitore, prima
dell’omologazione, potesse essere autorizzato alla vendita dell’intero complesso aziendale. In un primo
tempo, la giurisprudenza lo aveva escluso (Cass., n. 64/1985; Cass. n. 2354/68), ma l’orientamento era
in seguito mutato in funzione della conservazione dell’impresa (Cass., 8960/2004). Ed infatti, costituendo
la conservazione dell’organismo produttivo una finalità del concordato preventivo, è stato ritenuto che, in
attuazione del piano concordatario, il giudice autorizzi la cessione dell’azienda nel corso della procedura.
 Pertanto, trattandosi di operazioni attuative dello stesso piano concordatario, sembrerebbe corretto
ritenere le stesse come atti sottratti all’autorizzazione del giudice delegato, in quanto meramente
attuativi del piano concordatario, salvo subordinarne l’efficacia ed eseguibilità solo all’esito dell’omologa
del concordato.

Ciò posto, pare in ultimo necessario compiere un breve accenno al potere del commissario giudiziale
nello svolgimento delle dinamiche concordatarie. In proposito, è stato segnalato che:

33
il potere affidato al commissario giudiziale, ex art. 167 l. fall., avrebbe un carattere di tipo ispettivo
MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2009, 291.
10
sull’attività del debitore, finalizzato a prevenire ed a segnalare al tribunale, ove compiuti, atti non
34
autorizzati o frodatori delle ragioni dei creditori ;

non essendo prevista alcuna sanzione da parte del Legislatore, gli atti di ordinaria amministrazione
compiuti dal debitore senza il controllo del commissario giudiziale devono ritenersi validi ed
35
efficaci

dunque, non sarebbe configurabile un potere di veto in ordine al compimento di atti di ordinaria
36
amministrazione .

Inoltre, il potere del commissario giudiziale si realizza, ex art. 172 l. fall., nella predisposizione
dell’inventario e nella redazione di una relazione “particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla
condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori”. In proposito, è
stato osservato che seppure il criterio di meritevolezza non costituisca più presupposto per l’ammissione
alla procedura concordataria, tale relazione rimane un documento di riferimento e di ampio contenuto,
attraverso il quale il commissario giudiziale è tenuto a confermare o meno il giudizio di fattibilità del piano
presentato dal debitore, ad accertare i possibili atti di frode compiuti dal debitore ed a valutare le
37
eventuali garanzie offerte : “la conclusione a cui deve giungere il commissario, nell’interesse di una
massima informativa ai creditori, è quella di redigere all’interno della propria relazione conclusiva una
situazione patrimoniale rettificata, che possa evidenziare gli scostamenti fra quanto proposto dalla
società ai creditori in relazione alle classi di appartenenza e le determinazioni raggiunte dal commissario
(per accertamenti, errori o sopravvenienze non oggettivamente determinabili al momento della stesura),
38
sulla base dell’indispensabile ausilio di un revisore contabile” .

Tale potere valutativo del commissario giudiziale è stato integrato a seguito della riforma estiva, con
l’introduzione del nuovo comma 2 dell’art. 179 l. fall., il quale prevede che “quando il commissario
giudiziario rileva, dopo l’approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del
piano, ne dà avviso ai creditori, i quali possono costituirsi nel giudizio di omologazione fino all’udienza di
cui all’art. 180 per modificare il voto”. Attraverso l’inserimento di tale nuovo comma, la figura del
commissario giudiziale viene indubbiamente valorizzata, essendo allo stesso affidato il controllo in
merito al mutamento delle condizioni di fattibilità del piano, dopo l’approvazione del concordato.

E tale ulteriore controllo, in una sede successiva all’approvazione del concordato da parte dei creditori,
pare essere di indubbia rilevanza nell’ambito di un Concordato in Continuità che, attraverso la cessione
od il conferimento dell’azienda, persegue il “miglior soddisfacimento dei creditori”.
4.
AMMISSIBILITÀ DI UNA CESSIONE A TERZI CON IL CD. “PACCHETTO PRECONFEZIONATO” SENZA RICORSO A
PROCEDURE DI EVIDENZA PUBBLICA E POTERI DI CONTROLLO DEL TRIBUNALE
34
FILOCAMO, Commento sub art. 167 l. fall., op. cit., 1902.
PACCHI, Gli effetti del concordato preventivo, in PACCHI (a cura di), Il nuovo concordato preventivo. Dallo stato di crisi agli accordi di
ristrutturazione, Milano, 2005, 169.
36
AUDINO, Commento sub art. 167 l. fall., op. cit., 964.
37
PAJARDI, Commento sub art. 172 l. fall., in BOCCHIOLA – PALUCHOWSKI (a cura di), Codice del Fallimento, Milano, 2013, 1967.
38
TROMMINO, I compiti del commissario giudiziale nel concordato: cenni sulle procedure contabili da adottare, in ilfallimentarista.it, 2.
35
11

In dottrina e giurisprudenza si registrano orientamenti contrastanti in merito alla legittimità, per
l’imprenditore in crisi, di presentare una proposta di concordato preventivo che preveda il c.d. “pacchetto
39
preconfezionato” , ovvero un piano concordatario che – nell’ottica della massima valorizzazione
dell’autonomia privata – sia “chiuso” e determinato in tutti i suoi aspetti.

La questione assume oggi un rinnovato interesse, a seguito dell’introduzione dell’istituto del Concordato
in Continuità, che, come visto, prevede la prosecuzione dell’attività d’impresa attraverso la cessione od il
conferimento d’azienda. In particolare, si pone la questione se la cessione:

sia vincolata alle modalità previste dall’art. 182 l. fall., e, dunque, soggetta al potere di indirizzo del
tribunale; in tale ipotesi, la vendita dell’azienda avverrebbe tramite procedure competitive di vendita,
ai sensi degli artt. 105 – 108 ter l. fall. (espressamente richiamati dall’art. 182, comma 5, l. fall.);

sia rimessa alla libera determinazione del debitore, nell’ipotesi in cui questo presenti una proposta
40
concordataria nella veste del c.d. “pacchetto preconfezionato” , ossia laddove “il piano
41
concordatario cui la stessa è sottesa si presenti come “chiuso” e determinato in tutti i suoi aspetti” .

In proposito, in dottrina e giurisprudenza lo stato delle posizioni sul punto è il seguente:
a)
l’orientamento predominante sostiene la tesi della legittimità del c.d. "pacchetto preconfezionato"
(e, quindi, conferma che il piano possa prevedere modalità liquidatorie predeterminate e differenti
42
da quelle previste ex lege) sulla scorta delle seguenti argomentazioni :
(i)
il fatto che l’art. 182 l. fall. sia norma di principio, immanente all’intero corso della procedura e,
come tale, ove non osservata ab origine, potenzialmente ostativa all’ammissione, non è
pacifico. L’incipit della norma (“se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone
diversamente”) parrebbe infatti deporre, sotto un profilo squisitamente letterale, nel senso che
al debitore è consentito prevedere liberamente la liquidazione dei propri beni secondo
modalità diverse da quelle previste per la liquidazione fallimentare, avendo la norma in
oggetto carattere suppletivo e derogabile: conseguentemente, ove la proposta del debitore
escluda l’intervento giudiziale predeterminando le modalità liquidatorie, se ne dovrebbe
inferire che il tribunale sarà in concreto sfornito del potere di determinazione delle regole di
43
svolgimento dell’attività, tra le quali la nomina degli organi della liquidazione ;
(ii) nella nuova “concezione” privatistica dell’istituto concordatario, i creditori che esprimono il
proprio voto sulla meritevolezza della proposta sarebbero gli unici legittimati ad assumere una
39
CONCA, Concordato Preventivo – Conflitto di interessi e poteri del Tribunale, in www.ilfallimentarista.it; FABIani, Concordato preventivo
per cessione dei beni e predeterminazione delle modalità di liquidazione, in Fallimento, 2010, 5, 593.
40
In proposito, FABIANI, La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite
concordatarie, in Fallimento, 2012, 8, 911.
41
CONCA, op. cit., 3.
42
FABIANI, Concordato preventivo per cessione dei beni e predeterminazione delle modalità di liquidazione, in Fallimento, 2010, 5, 593;
MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2009, 1031; NIGRO-VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese,
Bologna, 2009, 371; Trib. Lodi, decr. 1° marzo 2010, in Fallimento 2010, 5, 593; Cass., 08 luglio 1985, n. 4068, in Dir. fall. 1985, 2,
321;Trib. S.Maria Capua V, 13 marzo 1983 in Giur. merito 1985, 382. In tema di concordato fallimentare: "Con la sentenza di
omologazione del concordato fallimentare, in quanto decisione "a contenuto vincolato", il tribunale non può apportare modifiche o
aggiunte alla proposta di concordato, se non quelle destinate a ricondurre la stessa nell'orbita della legge" (App. Torino, 19 maggio
1999, in Giur. merito 2001, 679).
43
AUDINO, op. cit., 1040; Filocamo, op. cit., 361.
12
decisione in ordine a tutte le condizioni e/o previsioni in essa contenute e non solamente sulla
mera opzione concordataria. La Suprema Corte si è in tal senso espressa, confermando “la
marcata natura privatistica che la riforma operata dal D. Lgs. n. 5 del 2006 ha voluto
imprimere alla procedura concordataria, prevedendo alla L.Fall., art. 180, che, in caso di voto
favorevole dell’assemblea dei creditori alla proposta di concordato ed in assenza di
opposizioni, il tribunale omologhi la proposta di concordato stessa senza alcun sindacato sul
merito”. Il che “sta a significare che l’accordo raggiunto tra il proponente ed i creditori riveste
44
carattere prevalente rispetto ad ulteriori valutazioni” . In proposito, è stato correttamente
osservato che “ora, l'accordo fra debitore e creditori si forma anche sulla condivisione del
45
piano operativo” . Pertanto, anche le concrete modalità di esecuzione del piano (tra cui quelle
di liquidazione), ove previste, sono parte integrante della accordo e, ove accettate, divengono
insindacabili in quanto “contrattualizzate”. In proposito, autorevole dottrina ha recentemente
rilevato che “se il tribunale dovesse procedere alla nomina di un liquidatore giudiziale diverso
da quello indicato dal debitore, o dettare talune modalità di esecuzione, in sostituzione di
quelle previste dal debitore, o disporre in modo contrario al contenuto del piano, ci sembra che
si finirebbe per ledere le aspettative del debitore di potere regolare la sua insolvenza, secondo
quelle clausole inserite nella proposta che è stata approvata dai creditori […] dando luogo alla
46
violazione di un diritto soggettivo” . Di talché, specialmente alla luce del principio del c.d.
“consenso informato”, “quanto più è dettagliata la proposta, quanto più è consapevole
47
l’adesione dei creditori, tanto più è forte il vincolo negoziale che si costituisce” ;
(iii) il tutto, a maggior ragione, laddove il debitore prometta (anche perché in ipotesi invitato dal
tribunale) una precisa percentuale di pagamento ai creditori chirografari: non si vede infatti
come, nell’ipotesi in cui l’attività di liquidazione sia demandata ad un soggetto terzo
(liquidatore giudiziale), il debitore potrebbe poi essere chiamato a rispondere di un eventuale
inadempimento non imputabile al proprio operato (ex art. 1218 c.c. è il debitore a dover
dimostrare che l’obbligazione è stata adempiuta, ovvero, in caso contrario, che
l’inadempimento è dipeso da una causa allo stesso non imputabile). In siffatta ipotesi, potrà
48
piuttosto trovare applicazione la disciplina relativa al concordato c.d. “per garanzia” , che ante
riforma, attribuiva piena legittimità in capo al debitore per la nomina del liquidatore volontario;
49
(iv) in coerenza con tale impostazione, si registra un recente arresto delle Sezioni Unite , le quali,
in materia di sindacato del Tribunale in ordine alla fattibilità della proposta di concordato
presentata dall’imprenditore in crisi, hanno ribadito che lo stesso non dispone del potere di
valutare il merito della proposta concordataria, essendo, quest’ultimo, ambito di competenza
esclusiva del debitore; nel dettaglio, il Collegio ha affermato che al giudice:

è totalmente precluso un giudizio in merito alla ‘fattibilità economica’, la quale è legata ad
un giudizio prognostico, che fisiologicamente presenta margini di opinabilità ed implica
44
Cass., 20 gennaio 2011, n. 1345, in Giust. civ. Mass. 2011, 1, 93.
FABIANI, Concordato preventivo per cessione dei beni e predeterminazione delle modalità di liquidazione, cit., 596.
LO CASCIO, Natura della liquidazione concordataria, in Fallimento, 2011, 5, 533.
47
AUDINO, op. cit., 921.
48
In tal senso, si veda FILOCAMO, op. cit., 2085.
49
Cass. Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521, in Red. Giust. civ. Mass. 2013, 1.
45
46
13
possibilità di errore, e che a sua volta si traduce in un fattore rischio per gli interessati; il
Collegio ha ritenuto ragionevole che “di tale rischio si facciano esclusivo carico i creditori,
una volta che vi sia stata corretta informazione sul punto”;

compete invece il potere di valutare la ‘fattibilità giuridica’ della proposta, che si
estrinseca nel dovere di dichiarare inammissibile la stessa “quando modalità attuative
risultino incompatibili con norme inderogabili”.
Ne deriva dunque che, ove il debitore provvedesse a determinare condizioni e modalità
operative della proposta concordataria, esse sarebbero oggetto di giudizio (di convenienza) da
parte dei soli creditori; un sindacato del tribunale permarrebbe solo nell’ipotesi in cui le
modalità operative rilevassero dal punto di vista giuridico (perché, ad esempio, il debitore
programmi di adempiere la proposta attraverso contratti nulli). Peraltro, in materia si è rilevato
che tale controllo giuridico da parte del Tribunale non sarebbe limitato alla sola violazione di
norme imperative, ma riguarderebbe tutti i profili strettamente giuridici collegati alle azioni
programmate per la realizzazione della proposta “posto che appare naturale rimettere al
controllo del tribunale la risoluzione di ogni questione dipendente dalla corretta o quantomeno
50
non manifestamente errata applicazione di norme di diritto” .
b)
Un secondo orientamento ritiene che la disciplina legale prevalga anche sulla volontà negoziale in
tutto
51
52
o in alcune sue parti , che cioè la stessa costituisca la regolamentazione minima
cogente della fase esecutiva della cessio bonorum concordataria, cui qualsiasi piano che la
preveda deve adeguarsi a pena di inammissibilità o non omologabilità. Nel dettaglio, una parte
della giurisprudenza appare incline a salvaguardare il compito di controllo del giudice
53
sull’autonomia delle parti, al fine di evitare abusi e tutelare così le minoranze . Tale orientamento
è stato espresso nel recente caso di Concordato Preventivo della Fondazione Centro San Raffaele
del Monte Tabor, il Tribunale di Milano:

ha ritenuto che la struttura del “pacchetto preconfezionato” potesse presentare possibili
criticità in termini di conflitto di interesse tra il consiglio di amministrazione della Fondazione e
gli investitori (essendo questi ultimi componenti di tale organo gestorio) laddove detta struttura
sarebbe potuta essere in astratto potenzialmente idonea ad impedire la massimizzazione del
54
prezzo di vendita degli assets derivante dalla liquidazione ;

al fine di risolvere il detto conflitto di interessi, ha operato la scelta di un procedimento di
apertura al mercato in corso di procedura, che ha condotto alla vendita dell’assets dell’azienda
con un maggior realizzo rispetto all’offerta originaria. Autorevole dottrina
55
ha recentemente
osservato che “non può però ritenersi che l’obbligatorietà della procedura competitiva, così
50
Nardecchia, La fattibilità al vaglio delle sezioni unite, in ilcaso.it, 7.
DI CECCO, in NIGRO, SANDULLI, SANTORO (a cura di) , La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010,2234
52
Trib. Roma, 23 luglio 2010, in Redazione Giuffrè 2010.
53
Trib. Piacenza 3 luglio 2008, in Fallimento, 2009, 120; Trib. Bari 25 febbraio 2008, ivi, 2008, 682, con nota di P. Genoviva; Trib.
Ancona 19 novembre 2007, ibidem, 245; Trib. Palermo 18 maggio 2007, ibidem, 75; Trib. Torino 12 dicembre 2006, ibidem, 2007, 685;
App. Bologna 30 giugno 2006, ibidem, 470; Trib. Milano 24 aprile 2007, ibidem, 1441; Trib. Milano 16 gennaio 2007, ibidem, 974; Trib.
Milano 9 marzo 2007, ibidem, 684; Trib. Milano 31 ottobre 2006, ibidem, 728; Trib. Milano 2 ottobre 2006, ibidem, 331.
54
Trib. Milano, (decr.) 27 ottobre 2011, inedita.
55
CONCA, Concordato Preventivo – Conflitto di interessi e poteri del Tribunale, op. cit., 7.
51
14
come la designazione giudiziale del liquidatore possano trovare la loro legittimazione sulla
scorta dell’assunto di (presuntiva) maggior efficienza di tale opzione liquidatoria. Se, in linea di
mero fatto e di là di ogni considerazione di specie (l’attitudine e l’onorabilità del singolo
liquidatore volontario che, nel singolo caso, possa essere proposto), è massima di esperienza
che la complessità e l’elevato tecnicismo della liquidazione concorsuale pongono al liquidatore
volontario – ben diversamente che ad un liquidatore giudiziale – problematiche difficilmente
risolvibili e se, per altro verso, la competizione e la sollecitazione al mercato costituiscono
ragionevolmente veicolo della più efficiente allocazione degli assets, vero quanto in
precedenza osservato in punto giudizio di convenienza, deve ritenersi che solo i creditori
siano titolati ad esprimersi circa la profittevolezza di una proposta che preveda una certa
figura di liquidatore e una cessione predeterminata dei beni. I creditori sono, al postutto, i
“padroni” dell’impresa concordataria insolvente (rectius, in crisi) e, dunque, possono scegliere
se le modalità proposte sono quelle di maggiore o, comunque, adeguato soddisfacimento
delle loro ragioni”;

56
ha ritenuto la non legittimità della nomina del liquidatore da parte del debitore stesso , in
quanto il potere di nomina rientrerebbe tra le prerogative del Tribunale, tuttavia riservandosi la
possibilità di valutare indicazioni meritevoli di accoglimento formulate nella proposta. Un
diverso orientamento
57
ritiene invece che la nomina del liquidatore sia rimessa al tribunale
soltanto in mancanza di una apposita previsione del piano proposto dal debitore e approvato
dai creditori. In particolare si è evidenziato
il carattere meramente suppletivo del potere
affidato al tribunale dall’art. 182 l. fall., da ciò conseguendo che le parti possono prevedere
modalità liquidatorie diverse da quelle previste ex lege, trovando queste ultime applicazione
58
residuale nei soli limiti non definiti negozialmente .
5.
AMMISSIBILITÀ DI UN PIANO FONDATO SU UN CONTRATTO PRELIMINARE O UN’OFFERTA D’ACQUISTO: PROFILI
TECNICI E OPERATIVI.

Come si è visto, dunque, un orientamento maggioritario, sia in dottrina che in giurisprudenza, ritiene che,
nell’ipotesi in cui la proposta concordataria si concretizzi nella veste del cd. pacchetto preconfezionato,
le modalità operative del concordato debbano essere quelle stabilite dal debitore ed approvate dai
creditori.

Tuttavia, tale conclusione pare presentare alcune criticità nel momento in cui la proposta concordataria
sia basata non su contratti definitivi, bensì su meri contatti preliminari, in ragione del fatto che, mentre i
primi trasferiscono la proprietà (conseguenza immediata dell’omologazione del concordato preventivo,
evento al quale sono sospensivamente condizionati), i secondi obbligano esclusivamente le parti a
stipulare il definitivo.
56
Trib. Milano (decr.), 3 maggio 2012, inedita.
Trib. Lodi, 1° marzo 2010, in Fallimento, 2010, 593
58
DI CECCO, Commento sub art. 182, in NIGRO – SANDULLI – SANTORO (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010,
2234.
57
15

In considerazione di ciò, ci si è posti la questione se sia ammissibile che una proposta di Concordato in
Continuità, presentata nelle forme del pacchetto preconfezionato, sia basata su un contratto preliminare:
infatti, in ragione del suo carattere meramente obbligatorio, parrebbe controverso se, a seguito
dell’omologazione, il liquidatore designato debba adempiere l’obbligazione di stipula del definitivo,
ovvero se sia preferibile porre il contratto preliminare in competizione con altre possibili offerte reperibili
sul mercato, in considerazione del fatto che condizione della continuità aziendale è il “miglior
soddisfacimento dei creditori”. Per comprendere la questione, giova compiere una breve premessa.

Come ampiamente noto, il contratto preliminare è quel contratto con il quale le parti assumono l’impegno
59
“all’esecuzione di un facere per sua natura infungibile” , ossia alla conclusione del contratto definitivo;
come da alcuni sottolineato, il contratto preliminare svolgerebbe un’importante funzione di incentivo per i
creditori all’approvazione della proposta di concordato, conferendo alla stessa una maggiore certezza
dell’esito della liquidazione; a tal fine, tali contratti verrebbero integrati attraverso una clausola di cd.
60
‘condizionamento’, che ne subordina l’efficacia all’omologazione del concordato stesso .

Addirittura, certa dottrina si è spinta ad affermare che il contratto preliminare sarebbe lo strumento
principale attraverso cui presentare una proposta concordataria nelle forme del cd. pacchetto
preconfezionato, in quanto consentirebbe di individuare a priori gli acquirenti dei beni oggetto di
cessione e le relative modalità di alienazione, oltre che il soggetto che dovrà attuarle, escludendo
pertanto alcuna necessità di integrazione da parte del Tribunale, “mentre in tutte le altre ipotesi
l’intervento giurisdizionale sarà tanto più necessario e complesso, tanto meno esaustive e
predeterminate saranno le indicazioni del piano omologato in merito ai beni dal liquidare, al soggetto
61
incaricato di tale liquidazione ed alle modalità della liquidazione stessa” .

Ciò posto, il rapporto del contratto preliminare con il Concordato in Continuità, si pone nei seguenti
termini:

da un lato, è ben vero che un tale strumento avrebbe il vantaggio di precostituire un percorso
interamente programmato dal debitore, con indubbi effetti positivi in termini di certezza dell’esito
della liquidazione; il che:
o
agevolerebbe l’assolvimento del compito del professionista che, ai sensi dell’art. 186 bis,
comma 2, lett. a) l. fall., deve attestare i costi ed i ricavi derivanti dalla continuità aziendale;
o
incentiverebbe l’approvazione da parte dei creditori, apportando un grado di maggiore
certezza circa il successo dell’operazione di risanamento;

tuttavia, tale predeterminazione, sia delle modalità che dei soggetti, si porrebbe in contrasto con il
secondo requisito della continuità aziendale, ovvero la funzionalità “al miglior soddisfacimento dei
creditori”, ex art. 186 bis, comma 2, lett. b). Infatti, la stipula di un contratto preliminare, che vincoli
59
TORRENTE – SHLESINGER, Manuale di Diritto Privato, Milano, 2009, 526.
FABIANI, La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite concordate,
in Fallimento, 2012, 8, 913.
61
PACCHI – D’ORAZIO – COPPOLA, Il concordato preventivo, in DIDONE (a cura di), Le riforme della legge fallimentare, Torino, 2009, 1917.
60
16
il liquidatore a concludere il definitivo alle condizioni e con il soggetto prefissati, potrebbe
rappresentare un pregiudizio nella misura in cui gli impegni vincolanti possono impedire che si apra
una competizione sul mercato.

62
In proposito, si è rilevato che :

un percorso virtuoso dovrebbe essere quello che contempli nella proposta impegni vincolanti ma
solo unilaterali, e cioè solo quelli del terzo, in modo che il liquidatore della procedura possa
verificare se non sia il caso di aprire una competizione; è questa, l’ipotesi in cui, anziché un
contratto preliminare, il terzo presenti un’offerta irrevocabile d’acquisto (condizionata all’omologa),
poiché in tal caso l’impegno grava solo su quest’ultimo, ed il liquidatore “può porre in essere le
attività idonee a stimolare il mercato per verificare se l’offerta sia, davvero, vantaggiosa”;

sarebbe dunque preferibile che la proposta che stabilisca compiutamente lo sviluppo della
liquidazione contenesse anche “clausole di uscita o di salvaguardia a favore dei creditori quando il
mercato sia in grado di offrire soluzioni migliori”.

Conclusivamente, potrebbe dunque porsi un problema di ammissibilità di una proposta concordataria
basata su un mero contratto preliminare, considerato che l’obbligazione per il liquidatore di concludere il
definitivo con un soggetto predeterminato parrebbe frustrare la condizione della miglior soddisfazione dei
creditori, che il Legislatore della recente riforma ha inteso porre fra le condizioni del nuovo Concordato in
Continuità.
62
FABIANI, La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite concordate,
cit., 913.
17