cessione o conferimento di azienda nel concordato in
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TESTO NON DIVULGABILE CESSIONE O CONFERIMENTO DI AZIENDA NEL CONCORDATO IN CONTINUITÀ: ASPETTI OPERATIVI. Avv. Alessandra Giovetti Partner Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners Paradigma Milano, 8 – 9 aprile 2013 1. INTRODUZIONE. 1 Con la recente novella estiva del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (“Decreto Sviluppo”), intitolato “Misure urgenti per la crescita del Paese”, il Legislatore ha apportato l'ennesima modifica alla legge fallimentare, ed in particolare alle norme disciplinanti quelle procedure per la soluzione della crisi di impresa alternative al fallimento che, almeno nelle intenzioni, dovrebbero costituire lo sbocco primario e preferenziale per la gestione dell'insolvenza o, più ampiamente, appunto, della crisi di impresa. In particolare, le novità recentemente introdotte hanno privilegiato il versante della cd. “protezione dell’impresa”, intesa quale insieme di misure finalizzate ad evitare che, nelle more dell'attivazione e completamento delle procedure di soluzione della crisi, i creditori si affrettino ad aggredire individualmente gli assets aziendali, allo scopo di assicurarsi cause legittime di prelazione, con la conseguenza, ovviamente negativa, di compromettere l'integrità complessiva dell'impresa, facendo 2 naufragare ogni tentativo di salvataggio concordato della medesima . Finalità che ha ispirato il Legislatore è “quella di incentivare l’impresa a denunciare per tempo la propria 3 situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure di controllo esterno che la rilevino” , con il che implicitamente rispondendo a quella corrente di pensiero 4 che invocava (in altro contesto economico) l’introduzione di misure di allerta e prevenzione. In tale prospettiva, si inserisce la novella apportata dal Decreto Sviluppo che, in tema di Concordato Preventivo introduce, all’art. 186 bis l. fall., la figura del concordato con continuità aziendale (“Concordato in Continuità”). Preliminarmente, deve osservarsi che non si tratta di un istituto sconosciuto al mondo del diritto fallimentare, ma che già prima della riforma estiva era ricompreso tra le ipotesi di piano sotteso alle operazioni concordatarie che, ai sensi dell’art. 160 l. fall., può prevedere la “ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti in qualsiasi forma, anche mediante cessione dei 5 beni, accollo o altre operazioni straordinarie”. Il regime di flessibilità è, infatti, uno dei tratti dominanti nella disciplina del concordato preventivo, avendo il debitore la facoltà di articolare il piano nel modo che reputa più appetibile per i creditori e, al contempo, meno pregiudizievole per l’impresa. 1 Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, pubblicato in Gazz. Uff. 26 giugno 2012, n. 147 - Supplemento Ordinario n. 129, e convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134, in Gazz. Uff. 11 agosto 2012, n. 187 – Supplemento Ordinario n. 171. Le modifiche introdotte dalla Legge entrano in vigore dal trentesimo giorno successivo all’entrata inj vigore della legge di conversione del decreto legge e pertanto dall’11 settembre 2012. 2 In tal senso, ROLFI, La generale intensificazione dell’automatic stay, in ilfallimentarista.it, 1. 3 Relazione illustrativa al decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, rubricato “Misure urgenti per la crescita del Paese”, 30. 4 Sul tema cfr., da ultimo, Panzani, Misure di allerta e prevenzione della crisi. Nuove prospettive?, in www.ilfallimentarista.it, 15 maggio 2012. Cfr. altresì LAMANNA, Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, in ilfallimentarista.it, 10; l’Autore afferma che “non avere introdotto nemmeno ora, con il decreto-legge in commento, tale sistema si rivela obiettivamente come un autogol, poiché segna la rinuncia ad anticipare il momento di emersione della crisi, lasciando al debitore e ai creditori più forti la possibilità di celarla per tempi spesso incompatibili con la possibilità di un’effettiva salvezza dell’impresa”. 5 ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 148; JACHIA, Il concordato preventivo e la sua proposta, in FAUCEGLIA - PANZANI (diretto da), Fallimento, 3, Torino, 2009, 1584; BONFATTI - CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011, 523; Pacchi, La valutazione del piano del concordato preventivo, in Dir.fall., 2011, I, 95; CANALE, Il concordato preventivo a cinque anni dalla riforma, in Giur. comm., 2011, I, 358; CASSANDRO - CESCHEL - NICITA - NORELLI, Il concordato preventivo, in APICE (diretto da), Trattato di diritto delle procedure concorsuali, III, Torino, 2011, 49; SANTANGELI, Auto ed etero tutela dei creditori nelle soluzioni concordate delle crisi d’impresa (il piano di risanamento, l’accordo di ristrutturazione, il concordato preventivo) - Le tutele giudiziali dei crediti nelle procedure ante crisi, in Dir. fall., 2009, I, 616. 2 Ed infatti, come noto, in dipendenza del percorso che l’imprenditore intende intraprendere per raggiungere gli obiettivi concordatari, il piano può assumere: o carattere liquidatorio: in tale ipotesi il debitore ricorrente perde la titolarità dei beni aziendali, i quali vengono ceduti atomisticamente allo scopo di garantire il soddisfacimento del ceto creditorio con conseguente disgregazione dell’azienda ed il tutto all’interno di un concordato preventivo che, nella 6 maggior parte delle volte, assume natura esdebitatoria ; o carattere conservativo: in tale ipotesi la finalità di preservazione e salvaguardia del valore dell’azienda passa attraverso alternativamente (i) una conservazione cd. propria, volta al risanamento soggettivo dell’imprenditore, nel senso che quest’ultimo mantiene la titolarità dei beni, tornando in bonis al termine del processo di risanamento; ovvero (ii) una conservazione cd. impropria, che mediante il trasferimento a terzi del complesso aziendale (il cui aspetto caratterizzante, ossia l’esistenza di un’organizzazione di beni strumentali atti nel loro complesso e 7 nella loro interdipendenza all’esercizio dell’impresa , permane anche in dipendenza di una 8 procedura concorsuale ), comporta il risanamento oggettivo dell’azienda, a prescindere dalla sorte dell’imprenditore. A tal fine, la proposta di concordato preventivo può prevedere, contestualmente al deposito del relativo ricorso, la stipulazione di un contratto preliminare di cessione d’azienda e/o l’assunzione di un impegno irrevocabile all’acquisto della stessa, anche in seno ad un eventuale contratto di affitto d’azienda, subordinati alla condizione sospensiva dell’omologazione della proposta stessa, ovvero di un contratto di affitto d’azienda che riconosca a favore dell’affittuario un diritto di opzione o di prelazione per l’acquisto del complesso aziendale; o carattere misto: è ben possibile che vi sia un’attività di liquidazione dei beni nel contesto di un concordato conservativo e ciò le quante volte esistano assets non strategici che l’imprenditore possa dismettere per recuperare risorse da impiegare sia per soddisfare creditori che per finanziare l’impresa. In questo caso si avrà un concordato parzialmente liquidatorio, ma poiché si prevede che l’impresa resti nel governo dell’imprenditore, è evidente che la proposta di concordato preventivo non avrà ad oggetto la cessione dei beni, ma la cessione dei beni fungerà da strumento di acquisizione di risorse (e, dunque, in tal caso, la disciplina della liquidazione dovrebbe essere lasciata all’autonomia del debitore). Pertanto, in base alla strutturazione che il debitore ha inteso attribuire, il concordato preventivo può presentarsi in due forme alternative: 6 MANDRIOLI, Struttura e contenuti dei “piani di risanamento” e dei “progetti di ristrutturazione” nel concordato preventivo e negli accordi di composizione stragiudiziale di situazioni di “crisi”, in BONFATTI – FALCONE (a cura di), Le nuove procedure concorsuali per la prevenzione e la sistemazione delle crisi d’impresa – Atti del convegno di Lanciano, 17-18 marzo 2006, in Quad. giur. comm., n. 296, Milano, 2006, 466 7 Cass., 25 gennaio 2002, n. 897, in Giust. civ. Mass. 2002, 134. La Corte afferma infatti che “si ha cessione di azienda quando i contraenti pattuiscono il trasferimento dei beni organizzati in vista dell'esercizio dell'impresa; non occorre che venga ceduta l'impresa quale attività economica in corso, essendo sufficiente che il complesso dei beni presenti una attitudine a tale esercizio, ovvero una potenzialità produttiva”; ed ancora “ove sussista una cessione di beni strumentali atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all'esercizio di impresa, devesi ravvisare cessione di azienda”. 8 MANDRIOLI, Struttura e contenuti dei “piani di risanamento” e dei “progetti di ristrutturazione” nel concordato preventivo e negli accordi di composizione stragiudiziale di situazioni di “crisi”, cit., 466. 3 o quanto al concordato preventivo con finalità liquidatorie, esso deve dunque intendersi come 9 quell’istituto che conduce alla dissoluzione dell’imprenditore ; o 10 con riferimento, invece, al concordato preventivo con finalità conservative , esso può ulteriormente suddividersi in: “concordati di ristrutturazione” o “di risanamento”, ossia quei concordati in cui l’attività prosegue, dopo la ristrutturazione, in capo alla stessa impresa, senza cessione a terzi dell’attività; è, dunque, la stessa impresa che, grazie alla ristrutturazione del proprio indebitamento, ritorna in bonis e prosegue l’attività, “concordati con cessione” a terzi dei beni, in cui la cessione avviene per lo più in forma aggregata attraverso il trasferimento dell’azienda a terzi. A seguito dell’introduzione, operata dal recente Decreto Sviluppo, del nuovo art. 186 bis l. fall., entrambe le fattispecie di concordato preventivo da ultimo menzionate (“concordati di ristrutturazione” e “concordati con cessione”) entrano a far parte della medesima categoria del Concordato in Continuità, che così ricomprende tutti i concordati in cui l’attività prosegua in qualunque modo, vuoi in capo allo stesso imprenditore, vuoi in capo a terzi. Merita poi evidenziare come nella categoria anzidetta rientrano altresì i cd. concordati “misti”, nei quali l’attività prosegue mediante l’utilizzazione (ovvero, il mantenimento ‘in esercizio’) di una parte soltanto dell’attivo (un ramo d’azienda, per esempio), mentre altra parte dell’attivo (non funzionale all’esercizio dell’impresa) viene liquidata atomisticamente (e.g. viene chiuso un ramo d’azienda con vendita del 11 capannone e dei macchinari, mentre altro ramo prosegue in capo allo stesso imprenditore o a terzi) . Ciò posto, si tratta a questo punto di esaminare i profili di maggiore interesse, e le criticità riconnesse, relativamente ad un Concordato in Continuità, il cui piano preveda la cessione ovvero il conferimento del complesso aziendale quale strumento per conseguire il risanamento dell’impresa. 2. LA CESSIONE E IL CONFERIMENTO DI AZIENDA IN ESERCIZIO NELL’AMBITO DEL CONCORDATO: TECNICHE OPERATIVE. Come premesso, il Decreto Sviluppo, intervenendo nuovamente sulla materia del concordato preventivo, introduce, all’art. 186 bis l. fall., la nuova tipologia del Concordato in Continuità, da riferirsi a tutte quelle ipotesi in cui il piano di concordato “prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione”. In base al disposto della norma citata, il piano sotteso al Concordato in Continuità deve prevedere: 9 FABIANI, La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite concordatarie, in Fallimento, 2012, 8, 908. 10 In proposito cfr. MANDRIOLI, sub art. 160 l. fall., in FERRO (a cura di), La legge fallimentare, Padova, 2011, 1753. 11 ARATO, Il concordato con continuità aziendale, in ilfallimentarista.it, 3. 4 a) un’analitica indicazione di costi e ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa. Come è stato osservato, questo primo requisito si configurerebbe diversamente, in dipendenza della concreta natura che dovesse assumere il Concordato Preventivo: nel caso in cui l’attività prosegua in capo alla stessa impresa debitrice, l’indicazione dei costi e dei ricavi dovrebbe estendersi fino al completo superamento, da parte dell’impresa, della crisi; in particolare, il professionista dovrebbe verificare l’effettiva capacità del piano di consentire il “riequilibrio finanziario” dell’impresa, evidenziando in particolare la rimozione delle eventuali 12 situazioni di insolvenza ed escludendone la futura emersione . In proposito, è stato evidenziato come le risorse necessarie alla prosecuzione dell’attività potrebbero altresì derivare da finanziamenti prededucibili, assunti in corso di procedura in base al nuovo disposto dell’art. 182 quinquies l. fall., il cui rimborso ed i cui oneri finanziari andrebbero ad essere conteggiati fra i 13 costi ; nella diversa ipotesi in cui, invece, il Concordato in Continuità preveda la cessione dell’azienda a terzi od il conferimento in una società, lungi dal potersi ritenere che tali operazioni facciano venire meno qualsiasi onere di indicazione sulle sorti future dell’azienda, la dottrina ha ritenuto che anzi una verifica in merito allo svolgersi della gestione futura abbia un rilievo essenziale, sia ai fini della fattibilità del piano, sottoposta al controllo immediato del Tribunale, sia ai fini del 14 giudizio di convenienza che devono esprimere i creditori ; ed infatti: nell’ipotesi di conferimento d’azienda, sarebbe necessario verificare la sostenibilità 15 “economica e finanziaria della conferitaria”, onde evitare fenomeni di insolvenza indotta ; nell’ipotesi di affitto e successiva cessione d’azienda ad una società costituita ad hoc, dovrebbe verificarsi la sostenibilità del piano in capo alla società cessionaria “in quanto 16 esso rileva, in via mediata, ai fini del soddisfacimento dei creditori pregressi” ; è stato peraltro posto in luce che anche nel caso in cui la cessione d’azienda venisse conclusa con modalità che comportano un immediato pagamento del corrispettivo, sarebbe comunque necessario valutare le vicende dell’azienda presso il cessionario “almeno quando la prosecuzione aziendale sia funzionale anche all’esecuzione della liquidazione dei restanti assets non trasferiti, nel caso in cui l’orizzonte temporale di osservazione non si ferma al momento dell’incasso del prezzo, ma deve estendersi a 17 quello del completamento dei lavori dai quali dipende l’incasso dei crediti” ; in ogni caso, è stato evidenziato come le prospettive di recupero aziendale, accertate dall’attestazione del professionista, non possano limitarsi al breve periodo, bensì “ai fini dell'attendibilità della proposta, considerando anche le best practices in materia di valutazione d'azienda, esse debbano ricomprendere un periodo futuro non inferiore ai tre anni, attraverso cui 12 QUATTROCCHIO – RANALLI, Concordato in continuità e ruolo dell’attestatore: poteri divinatori o applicazione di principi di best practice, in ilfallimentarista.it, 7. 13 ARATO, Il concordato con continuità aziendale, cit., 4. 14 LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, in Il civilista, 2012, 60. 15 QUATTROCCHIO – RANALLI, Concordato in continuità e ruolo dell’attestatore: poteri divinatori o applicazione di principi di best practice, cit., 7. 16 Ibidem 17 LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, cit., 60. 5 la rinnovata gestione aziendale svolta in continuità sia in grado di generare flussi di cassa 18 congrui da destinare alla migliore soddisfazione dei creditori sociali” ; b) una relazione del professionista incaricato che attesti che la prosecuzione dell’attività d’impresa è funzionale al “miglior soddisfacimento dei creditori”. In proposito: è necessario notare come tale locuzione presupponga una valutazione di tipo comparatistico, di cui deve tenersi conto nel piano, tra la prospettiva liquidatoria e quella della continuità aziendale, 19 da cui deve emergere una preferibilità economica di quest’ultima ; tale locuzione, che certa dottrina ha ritenuto di poter configurare in termini di “condizione 20 legale” , è stata aspramente criticata sin dai primi commenti sul punto, in quanto sarebbe piuttosto difficoltoso ravvisare la ratio che il Legislatore avrebbe voluto perseguire attraverso il 21 suo inserimento . In particolare, il requisito di maggior soddisfacimento dei creditori: sarebbe in apparente contrasto con le finalità della riforma di incentivazione alla composizione della crisi ed al mantenimento delle componenti positive delle aziende; il dettato letterale della norma attualmente in vigore, infatti, sembrerebbe porre, quale condizione per accedere alla misura del Concordato in Continuità, un vantaggio economico per i creditori derivante dalla prosecuzione dell’attività; e questo, come da più parti sottolineato, appare come una sconfessione di un impianto di base non solo del recente Decreto Sviluppo, ma altresì delle riforme dell’ultimo decennio, in quanto pone l’accento sul soddisfacimento economico dei creditori piuttosto che sulla salvaguardia di altri fattori determinanti, quali, ad esempio, i dipendenti, che potrebbero vedere conservata la loro occupazione solo nell’ipotesi in cui ciò coincida con la soddisfazione 22 dei creditori ; potrebbe risultare difficoltoso da accertare, “almeno laddove, proposta la suddivisione in classi, si riveli obiettivamente controvertibile la misura del vantaggio che la continuazione può avere nell’economia dei singoli creditori, laddove un vantaggio potrebbe sussistere anche solo per effetto della stessa prosecuzione, più che per l’entità del previsto 23 pagamento” ; potrebbe inoltre presentare profili di rischio per l’attestatore; infatti, come è stato evidenziato, con l’introduzione del novello reto di “Falso in attestazioni e relazioni” di cui all’art. 236 bis l. fall., è ragionevole ritenere che il professionista chiamato ad attestare il 18 RAVAZZIN, Concordato preventivo più snello per le tempestiva risoluzione della crisi d’impresa, in Corriere Tributario, 2012, 34, 2631. BIANCO, Brevi riflessioni economiche sul concordato preventivo in continuità, in ilfallimentarista.it, 8. BIANCO, Brevi riflessioni economiche sul concordato preventivo in continuità, cit., 9. 21 LAMANNA, Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, cit., 31; l’Autore afferma addirittura che tale norma, così come espressa, sovvertirebbe “ciò che sembrava ormai un dato acquisito per il nuovo concordato preventivo, ossi che esso servisse più a salvare l’impresa che a soddisfare i creditori. Sembra trattarsi quindi di un possibile arretramento delle finalità della riforma in quest’ordine di idee”. 22 QUATTROCCHIO – RANALLI, Concordato in continuità e ruolo dell’attestatore: poteri divinatori o applicazione di principi di best practice, cit., 8. 23 LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, cit., 61. 19 20 6 miglior soddisfacimento dei creditori pretenda un maggior livello di certezza in ordine alle 24 probabilità di realizzazione del piano . Oltre a tali documenti, formalmente necessari quanto al contenuto del piano (e, quindi, della proposta concordataria), l’art. 186 bis l. fall. stabilisce che lo stesso può altresì prevedere: (i) una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, eccezion fatta per l’ipotesi in cui il piano preveda la liquidazione dei beni sui quali sussiste la causa di prelazione; tale norma, chiaramente inserita con intento incentivante a favore del Concordato in Continuità, apre tuttavia alcuni quesiti: in primo luogo, non è chiaro se alla dilazione del pagamento, in linea capitale, dei crediti privilegiati consegua altresì l’interruzione del loro decorso. In proposito, è stato evidenziato 25 che, in mancanza di diversa previsione normativa, non potrebbe sostenersi che nel periodo di moratoria il credito privilegiato non produca interessi, in deroga all’art. 55, primo comma, l. fall.; a conferma di ciò, si è rilevato che, mentre il decorso degli interessi di mora non potrebbe che arrestarsi, poiché non si potrebbe considerare inadempiente il debitore, in presenza di una norma che legittimi la dilazione di pagamento, altrettanto non avverrebbe per gli interessi compensativi, nella misura del tasso legale, che hanno la sola funzione di “riequilibrare il 26 vantaggio che il debitore trae dalla dilazione del pagamento” ; in secondo luogo, sussiste il dubbio se nel caso di liquidazione dei beni su cui insiste la prelazione, tale pagamento debba essere immediato ovvero la moratoria sia invece implicita nell’attesa di liquidazione del bene assistito da prelazione, ovvero ancora se il pagamento debba 27 e/o possa avvenire dopo la liquidazione, con l’aggiunta degli interessi ; in ultimo, sorgono alcuni dubbi sulla possibilità di detta dilazione allorché il Concordato in Continuità preveda il trasferimento dell’azienda per conferimento o per cessione della stessa nonché la cessione di tutti i restanti beni (posto che si tratterebbe di un Concordato di carattere liquidatorio con previsione di liquidazione di tutti i beni su cui insiste il privilegio anche c.d. generale), con ciò vanificando nella sostanza la portata della norma se si considera che i concordati liquidatori sono e restano nella prassi la grande maggioranza dei concordati proposti; (ii) la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa. In merito occorre rilevare quanto segue: pur nell’assenza di alcun riferimento normativo sul punto, si deve ritenere che il requisito della funzionalità dovrebbe intendersi riferito non all’attività di impresa come esercitata dal debitore al 24 ARATO, Il concordato con continuità aziendale, cit., 5; l’Autore afferma che “se si prevede la cessione dell’azienda a terzi, sarà quanto mai opportuno avere già individuato l’acquirente dell’azienda; se si prevede la prosecuzione dell’attività in capo allo stesso imprenditore, occorre avere la ragionevole certezza del pagamento dei creditori concorsuali, certezza che con ogni probabilità non potrà prescindere dall’inserimento in società di nuovi mezzi propri (a titolo di aumento di capitale o di finanziamento soci che, verosimilmente, per essere considerato alla stregua di capitale proprio dell’impresa, dovrà essere integralmente postergato e non dovrà essere considerato prededucibile nella misura dell’80% come consentito dall’art. 182- quater)”. 25 BALDASSARRE – PERENO, Prime riflessioni in tema di concordato preventivo in continuità aziendale, in ilfallimentarista.it, 2. 26 LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, cit., 62. 27 LAMANNA, Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, cit., 31;l’Autore propende per la tesi che secondo cui il pagamento dovrebbe avvenire successivamente alla liquidazione. 7 momento della presentazione della domanda di concordato preventivo, bensì con riferimento 28 alle future prospettive di utilizzo del medesimo bene ; come è stato evidenziato, nell’ipotesi in cui i beni dei quali sia prevista la liquidazione risultino funzionali all’esercizio dell’impresa, dovrebbe ritenersi non più configurabile il Concordato in 29 Continuità ; sarebbe poi da valutare anche l’ipotesi di un giudizio sulla “non funzionalità del bene” in ragione dell’offerta di acquisto dell’azienda eventualmente pervenuta da un terzo e posta a base del piano concordatario. A me pare che in siffatto caso, dovrebbe però essere lo stesso piano di prosecuzione dell’attività a modularsi, sin dall’accesso alla procedura, sulla base di tale offerta escludendo beni o contratti ai sensi dell’art. 169 bis l.fall., con la conseguenza che la valutazione di “convenienza” dell’attività di prosecuzione formulata dall’attestazione non potrà che essere di fatto inscindibilmente collegata con una valutazione di convenienza dell’offerta di acquisto e in un ultima battuta, quindi, del piano concordatario; e ciò, con gli evidenti rischi di aprire il varco a sindacati di convenienza e non solo di fattibilità da parte del tribunale in sede di ammissione del concordato. Ulteriore elemento di interesse attiene poi alla materia delle trascrizioni ed iscrizioni, poiché l’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 186bis l. fall. prevede che il giudice delegato, all’atto della cessione dell’azienda o del conferimento a terzi, ne dispone la cancellazione. In proposito, è stato osservato che: o il potere di disporre la cancellazione da parte del giudice delegato non è subordinata né 30 all’intervenuto soddisfacimento dei creditori garantiti né al loro consenso ; o nell’ipotesi in cui il concordato consista nella cessio bonorum ex art. 182 l. fall., l’art. 186 bis l. fall. 31 avrebbe natura di norma speciale ; o la norma in oggetto deve ritenersi applicabile anche al caso del cd. concordato di ristrutturazione, ossia quello in cui l’attività prosegue in capo alla stessa impresa senza trasferimento dell’azienda, in quanto applicazione di un principio di interpretazione sistematica; l’opposta interpretazione condurrebbe a consentire pretestuose manovre di disturbo da parte del creditore che, in esecuzione 32 del concordato di ristrutturazione, avesse ricevuto una soddisfazione parziale del proprio credito . Queste due ultime conclusioni appaiono però quantomeno dubbie se si considera (i) la collocazione di tale previsione nel solo Concordato in Continuità, dovendosi forse escludere, proprio in forza di tale collocazione, l’applicabilità analogica della disciplina nel caso di concordato che preveda la cessione dell’azienda all’esito di un concordato liquidatorio con cessione c.d. “atomistica”; (ii) l’addurre l’inconveniente di un rischio di manovre di disturbo non supera il dato espresso della norma che ha probabilmente inteso evitare il rischio che un mancato consenso “artificioso” del creditore privilegiato 28 BALDASSARRE – PERENO, Prime riflessioni in tema di concordato preventivo in continuità aziendale, cit., 3; gli Autori osservano che tale interpretazione “pare preferibile, in quanto consente una maggiore elasticità nelle scelte gestionali e nelle conseguenti implicazioni economiche e, non vincolando l’impresa debitrice, la cessionaria o la conferitaria a scelte precedentemente compiute, appare coerente con l’obiettivo della riforma, che è quello di favorire la continuità aziendale (obiettivo che, viceversa, potrebbe essere frustrato ove si imponesse al terzo cessionario di ricomprendere l’immobile nel compendio aziendale); una diversa interpretazione condurrebbe, inoltre, ad una soluzione più restrittiva rispetto alla prassi invalsa in mancanza di una norma espressa”. 29 LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto Sviluppo”, cit., 63. 30 LAMANNA, Il c.d. Decreto Sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, cit., 33. 31 BALDASSARRE – PERENO, Prime riflessioni in tema di concordato preventivo in continuità aziendale, cit., 4. 32 ARATO, Il concordato con continuità aziendale, cit., 8. 8 possa vanificare l’operazione di trasferimento e salvataggio dell’impresa (ove sia prevista le cessione a terzi dell’azienda), laddove, invece, tale rischio non sussiste nel concordato per ristrutturazione posto che l’imprenditore avrà modo di ottenere l’esecuzione in via ordinaria (come ogni impresa in bonis in caso controversia su diritti) della cancellazione del gravame senza che ciò pregiudichi il salvataggio dell’impresa. Passando alle tecniche operative di cessione o conferimento di azienda in prosecuzione di attività dell’impresa che accede al concordato, i punti più complessi da regolamentare in sede di prassi operativa possono essere in estrema sintesi così riassunti: o trattamento e rango dei debiti sorti anteriormente all’accesso a procedura e derivanti da contratti pendenti, con particolarmente riferimento alla possibilità di trattare tali debiti in moneta concorsuale o se, invece, la prosecuzione del rapporto determini la c.d. “prededucibilità” anche di tali debiti; il tema rileva anche ai fini del trasferimento di tali contratti in sede di cessione/ conferimento di azienda e del rischio che l’eventuale contraente ceduto possa, in ipotesi, vuoi pretendere dal cessionario dell’azienda il pagamento integrale di tali debiti vuoi, soprattutto, ritenere risolubile il rapporto in ragione di tale mancato pagamento integrale da parte dell’imprenditore in concordato; l’art. 169bis l. fall. non pare avere risolto questi problemi, avendo disciplinato il diverso caso che sia il debitore in concordato a volersi sciogliere dal rapporto giuridico pendente; laddove poi si prevede un diritto d’indennizzo in moneta concorsuale del terzo contraente in caso di scioglimento dal contratto in corso di esecuzione da parte del debitore concordatario, la norma sembra addirittura lasciare spazio alla tesi che in caso di prosecuzione del contratto i c.d. debiti “anteriori” siano da considerarsi in prededuzione; o trattamento dei contratti stipulati in corso di procedura a prestazioni continuative o a prestazioni non interamente eseguite da una o più delle parti ed i cui effetti non si siano esauriti al momento della cessione/conferimento a terzi: in questo caso il problema è disciplinare il trattamento economico di siffatti contratti nell’ambito del contratto di cessione o nell’atto di conferimento di azienda, ma, soprattutto, nell’eventuale offerta o contratto preliminare di acquisto dell’azienda del terzo presentata a corredo della domanda di concordato; o mutamento delle “condizioni” o “qualità” dei beni o dell’azienda a causa dell’esercizio intrapreso in corso di procedura; si pensi, ad esempio, al caso di un piano di prosecuzione dell’attività d’impresa che rappresenti ed attesti dei dati che poi a c.d. “consuntivo” siano difformi e all’eventuali eccezioni che sul punto potrebbero essere sollevate dal terzo che abbia formulato l’offerta di acquisto dell’azienda su cui si fonda il piano concordatario; o responsabilità per attività rese in corso di procedura e per le quali si renda magari necessaria un’attività di c.d. assistenza in garanzia del prodotto o dell’attività; anche in questo caso si tratta di comprendere come disciplinare la fattispecie nell’atto di trasferimento o come regolamentare il rischio di impossibilità dell’impresa in concordato di fornire detta assistenza all’esito del trasferimento aziendale; o la sorte di tutti questi rapporti citati in caso di revoca del concordato ex art. 173 l.fall. come richiamato dall’art. 186bis l. fall., tanto in caso di modifica della proposta (non essendo peraltro 9 chiaro se, per esempio, possa modificarsi la proposta di un concordato in continuità in un concordato liquidatorio senza prosecuzione dell’attività d’impresa e se, in questo caso, possa ancora operarsi lo scioglimento dai contratti di cui all’art. 169bis l. fall.), quanto in caso di eventuale fallimento o presentazione di una nuova proposta di concordato. Questi sono alcuni dei temi e delle problematiche rilevanti che il Legislatore ha omesso di considerare nella recente riforma estiva; una riforma che, sebbene abbia il vantaggio di cercare di agevolare le soluzioni di c.d. “continuità” aziendale nell’ambito degli istituti della crisi d’impresa, rischia tuttavia di aprire nuovi dubbi interpretativi anziché dissolvere quelli numerosi che già vi erano. 3. ATTI PROPEDEUTICI ALLA CESSIONE O AL CONFERIMENTO DI AZIENDA IN CORSO DI PROCEDURA: RUOLO DEL GIUDICE DELEGATO EX ART. 167 L.F. E DEL COMMISSARIO GIUDIZIALE. Dunque, nell’attuale disciplina legislativa conseguente alla recente riforma estiva, il debitore, al fine di addivenire alla conservazione delle componenti attive dell’impresa può presentare una proposta di concordato preventivo, che preveda la continuazione dell’attività d’impresa attraverso la cessione od il conferimento dell’azienda. Fermo restando quanto verrà detto al successivo paragrafo in merito alle possibilità di presentare un c.d. “pacchetto preconfezionato”, è stato osservato che ai sensi dell’art. 160 il piano concordatario può prevedere la vendita dei beni, ovvero la cessione dell’azienda funzionante, in favore di terzi promittenti acquirenti, da concludersi successivamente all’omologa del concordato, ovvero nel corso della 33 procedura previa autorizzazione del Giudice Delegato . In passato era controverso se nel concordato preventivo per cessione dei beni il debitore, prima dell’omologazione, potesse essere autorizzato alla vendita dell’intero complesso aziendale. In un primo tempo, la giurisprudenza lo aveva escluso (Cass., n. 64/1985; Cass. n. 2354/68), ma l’orientamento era in seguito mutato in funzione della conservazione dell’impresa (Cass., 8960/2004). Ed infatti, costituendo la conservazione dell’organismo produttivo una finalità del concordato preventivo, è stato ritenuto che, in attuazione del piano concordatario, il giudice autorizzi la cessione dell’azienda nel corso della procedura. Pertanto, trattandosi di operazioni attuative dello stesso piano concordatario, sembrerebbe corretto ritenere le stesse come atti sottratti all’autorizzazione del giudice delegato, in quanto meramente attuativi del piano concordatario, salvo subordinarne l’efficacia ed eseguibilità solo all’esito dell’omologa del concordato. Ciò posto, pare in ultimo necessario compiere un breve accenno al potere del commissario giudiziale nello svolgimento delle dinamiche concordatarie. In proposito, è stato segnalato che: 33 il potere affidato al commissario giudiziale, ex art. 167 l. fall., avrebbe un carattere di tipo ispettivo MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2009, 291. 10 sull’attività del debitore, finalizzato a prevenire ed a segnalare al tribunale, ove compiuti, atti non 34 autorizzati o frodatori delle ragioni dei creditori ; non essendo prevista alcuna sanzione da parte del Legislatore, gli atti di ordinaria amministrazione compiuti dal debitore senza il controllo del commissario giudiziale devono ritenersi validi ed 35 efficaci dunque, non sarebbe configurabile un potere di veto in ordine al compimento di atti di ordinaria 36 amministrazione . Inoltre, il potere del commissario giudiziale si realizza, ex art. 172 l. fall., nella predisposizione dell’inventario e nella redazione di una relazione “particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori”. In proposito, è stato osservato che seppure il criterio di meritevolezza non costituisca più presupposto per l’ammissione alla procedura concordataria, tale relazione rimane un documento di riferimento e di ampio contenuto, attraverso il quale il commissario giudiziale è tenuto a confermare o meno il giudizio di fattibilità del piano presentato dal debitore, ad accertare i possibili atti di frode compiuti dal debitore ed a valutare le 37 eventuali garanzie offerte : “la conclusione a cui deve giungere il commissario, nell’interesse di una massima informativa ai creditori, è quella di redigere all’interno della propria relazione conclusiva una situazione patrimoniale rettificata, che possa evidenziare gli scostamenti fra quanto proposto dalla società ai creditori in relazione alle classi di appartenenza e le determinazioni raggiunte dal commissario (per accertamenti, errori o sopravvenienze non oggettivamente determinabili al momento della stesura), 38 sulla base dell’indispensabile ausilio di un revisore contabile” . Tale potere valutativo del commissario giudiziale è stato integrato a seguito della riforma estiva, con l’introduzione del nuovo comma 2 dell’art. 179 l. fall., il quale prevede che “quando il commissario giudiziario rileva, dopo l’approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne dà avviso ai creditori, i quali possono costituirsi nel giudizio di omologazione fino all’udienza di cui all’art. 180 per modificare il voto”. Attraverso l’inserimento di tale nuovo comma, la figura del commissario giudiziale viene indubbiamente valorizzata, essendo allo stesso affidato il controllo in merito al mutamento delle condizioni di fattibilità del piano, dopo l’approvazione del concordato. E tale ulteriore controllo, in una sede successiva all’approvazione del concordato da parte dei creditori, pare essere di indubbia rilevanza nell’ambito di un Concordato in Continuità che, attraverso la cessione od il conferimento dell’azienda, persegue il “miglior soddisfacimento dei creditori”. 4. AMMISSIBILITÀ DI UNA CESSIONE A TERZI CON IL CD. “PACCHETTO PRECONFEZIONATO” SENZA RICORSO A PROCEDURE DI EVIDENZA PUBBLICA E POTERI DI CONTROLLO DEL TRIBUNALE 34 FILOCAMO, Commento sub art. 167 l. fall., op. cit., 1902. PACCHI, Gli effetti del concordato preventivo, in PACCHI (a cura di), Il nuovo concordato preventivo. Dallo stato di crisi agli accordi di ristrutturazione, Milano, 2005, 169. 36 AUDINO, Commento sub art. 167 l. fall., op. cit., 964. 37 PAJARDI, Commento sub art. 172 l. fall., in BOCCHIOLA – PALUCHOWSKI (a cura di), Codice del Fallimento, Milano, 2013, 1967. 38 TROMMINO, I compiti del commissario giudiziale nel concordato: cenni sulle procedure contabili da adottare, in ilfallimentarista.it, 2. 35 11 In dottrina e giurisprudenza si registrano orientamenti contrastanti in merito alla legittimità, per l’imprenditore in crisi, di presentare una proposta di concordato preventivo che preveda il c.d. “pacchetto 39 preconfezionato” , ovvero un piano concordatario che – nell’ottica della massima valorizzazione dell’autonomia privata – sia “chiuso” e determinato in tutti i suoi aspetti. La questione assume oggi un rinnovato interesse, a seguito dell’introduzione dell’istituto del Concordato in Continuità, che, come visto, prevede la prosecuzione dell’attività d’impresa attraverso la cessione od il conferimento d’azienda. In particolare, si pone la questione se la cessione: sia vincolata alle modalità previste dall’art. 182 l. fall., e, dunque, soggetta al potere di indirizzo del tribunale; in tale ipotesi, la vendita dell’azienda avverrebbe tramite procedure competitive di vendita, ai sensi degli artt. 105 – 108 ter l. fall. (espressamente richiamati dall’art. 182, comma 5, l. fall.); sia rimessa alla libera determinazione del debitore, nell’ipotesi in cui questo presenti una proposta 40 concordataria nella veste del c.d. “pacchetto preconfezionato” , ossia laddove “il piano 41 concordatario cui la stessa è sottesa si presenti come “chiuso” e determinato in tutti i suoi aspetti” . In proposito, in dottrina e giurisprudenza lo stato delle posizioni sul punto è il seguente: a) l’orientamento predominante sostiene la tesi della legittimità del c.d. "pacchetto preconfezionato" (e, quindi, conferma che il piano possa prevedere modalità liquidatorie predeterminate e differenti 42 da quelle previste ex lege) sulla scorta delle seguenti argomentazioni : (i) il fatto che l’art. 182 l. fall. sia norma di principio, immanente all’intero corso della procedura e, come tale, ove non osservata ab origine, potenzialmente ostativa all’ammissione, non è pacifico. L’incipit della norma (“se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente”) parrebbe infatti deporre, sotto un profilo squisitamente letterale, nel senso che al debitore è consentito prevedere liberamente la liquidazione dei propri beni secondo modalità diverse da quelle previste per la liquidazione fallimentare, avendo la norma in oggetto carattere suppletivo e derogabile: conseguentemente, ove la proposta del debitore escluda l’intervento giudiziale predeterminando le modalità liquidatorie, se ne dovrebbe inferire che il tribunale sarà in concreto sfornito del potere di determinazione delle regole di 43 svolgimento dell’attività, tra le quali la nomina degli organi della liquidazione ; (ii) nella nuova “concezione” privatistica dell’istituto concordatario, i creditori che esprimono il proprio voto sulla meritevolezza della proposta sarebbero gli unici legittimati ad assumere una 39 CONCA, Concordato Preventivo – Conflitto di interessi e poteri del Tribunale, in www.ilfallimentarista.it; FABIani, Concordato preventivo per cessione dei beni e predeterminazione delle modalità di liquidazione, in Fallimento, 2010, 5, 593. 40 In proposito, FABIANI, La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite concordatarie, in Fallimento, 2012, 8, 911. 41 CONCA, op. cit., 3. 42 FABIANI, Concordato preventivo per cessione dei beni e predeterminazione delle modalità di liquidazione, in Fallimento, 2010, 5, 593; MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2009, 1031; NIGRO-VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2009, 371; Trib. Lodi, decr. 1° marzo 2010, in Fallimento 2010, 5, 593; Cass., 08 luglio 1985, n. 4068, in Dir. fall. 1985, 2, 321;Trib. S.Maria Capua V, 13 marzo 1983 in Giur. merito 1985, 382. In tema di concordato fallimentare: "Con la sentenza di omologazione del concordato fallimentare, in quanto decisione "a contenuto vincolato", il tribunale non può apportare modifiche o aggiunte alla proposta di concordato, se non quelle destinate a ricondurre la stessa nell'orbita della legge" (App. Torino, 19 maggio 1999, in Giur. merito 2001, 679). 43 AUDINO, op. cit., 1040; Filocamo, op. cit., 361. 12 decisione in ordine a tutte le condizioni e/o previsioni in essa contenute e non solamente sulla mera opzione concordataria. La Suprema Corte si è in tal senso espressa, confermando “la marcata natura privatistica che la riforma operata dal D. Lgs. n. 5 del 2006 ha voluto imprimere alla procedura concordataria, prevedendo alla L.Fall., art. 180, che, in caso di voto favorevole dell’assemblea dei creditori alla proposta di concordato ed in assenza di opposizioni, il tribunale omologhi la proposta di concordato stessa senza alcun sindacato sul merito”. Il che “sta a significare che l’accordo raggiunto tra il proponente ed i creditori riveste 44 carattere prevalente rispetto ad ulteriori valutazioni” . In proposito, è stato correttamente osservato che “ora, l'accordo fra debitore e creditori si forma anche sulla condivisione del 45 piano operativo” . Pertanto, anche le concrete modalità di esecuzione del piano (tra cui quelle di liquidazione), ove previste, sono parte integrante della accordo e, ove accettate, divengono insindacabili in quanto “contrattualizzate”. In proposito, autorevole dottrina ha recentemente rilevato che “se il tribunale dovesse procedere alla nomina di un liquidatore giudiziale diverso da quello indicato dal debitore, o dettare talune modalità di esecuzione, in sostituzione di quelle previste dal debitore, o disporre in modo contrario al contenuto del piano, ci sembra che si finirebbe per ledere le aspettative del debitore di potere regolare la sua insolvenza, secondo quelle clausole inserite nella proposta che è stata approvata dai creditori […] dando luogo alla 46 violazione di un diritto soggettivo” . Di talché, specialmente alla luce del principio del c.d. “consenso informato”, “quanto più è dettagliata la proposta, quanto più è consapevole 47 l’adesione dei creditori, tanto più è forte il vincolo negoziale che si costituisce” ; (iii) il tutto, a maggior ragione, laddove il debitore prometta (anche perché in ipotesi invitato dal tribunale) una precisa percentuale di pagamento ai creditori chirografari: non si vede infatti come, nell’ipotesi in cui l’attività di liquidazione sia demandata ad un soggetto terzo (liquidatore giudiziale), il debitore potrebbe poi essere chiamato a rispondere di un eventuale inadempimento non imputabile al proprio operato (ex art. 1218 c.c. è il debitore a dover dimostrare che l’obbligazione è stata adempiuta, ovvero, in caso contrario, che l’inadempimento è dipeso da una causa allo stesso non imputabile). In siffatta ipotesi, potrà 48 piuttosto trovare applicazione la disciplina relativa al concordato c.d. “per garanzia” , che ante riforma, attribuiva piena legittimità in capo al debitore per la nomina del liquidatore volontario; 49 (iv) in coerenza con tale impostazione, si registra un recente arresto delle Sezioni Unite , le quali, in materia di sindacato del Tribunale in ordine alla fattibilità della proposta di concordato presentata dall’imprenditore in crisi, hanno ribadito che lo stesso non dispone del potere di valutare il merito della proposta concordataria, essendo, quest’ultimo, ambito di competenza esclusiva del debitore; nel dettaglio, il Collegio ha affermato che al giudice: è totalmente precluso un giudizio in merito alla ‘fattibilità economica’, la quale è legata ad un giudizio prognostico, che fisiologicamente presenta margini di opinabilità ed implica 44 Cass., 20 gennaio 2011, n. 1345, in Giust. civ. Mass. 2011, 1, 93. FABIANI, Concordato preventivo per cessione dei beni e predeterminazione delle modalità di liquidazione, cit., 596. LO CASCIO, Natura della liquidazione concordataria, in Fallimento, 2011, 5, 533. 47 AUDINO, op. cit., 921. 48 In tal senso, si veda FILOCAMO, op. cit., 2085. 49 Cass. Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521, in Red. Giust. civ. Mass. 2013, 1. 45 46 13 possibilità di errore, e che a sua volta si traduce in un fattore rischio per gli interessati; il Collegio ha ritenuto ragionevole che “di tale rischio si facciano esclusivo carico i creditori, una volta che vi sia stata corretta informazione sul punto”; compete invece il potere di valutare la ‘fattibilità giuridica’ della proposta, che si estrinseca nel dovere di dichiarare inammissibile la stessa “quando modalità attuative risultino incompatibili con norme inderogabili”. Ne deriva dunque che, ove il debitore provvedesse a determinare condizioni e modalità operative della proposta concordataria, esse sarebbero oggetto di giudizio (di convenienza) da parte dei soli creditori; un sindacato del tribunale permarrebbe solo nell’ipotesi in cui le modalità operative rilevassero dal punto di vista giuridico (perché, ad esempio, il debitore programmi di adempiere la proposta attraverso contratti nulli). Peraltro, in materia si è rilevato che tale controllo giuridico da parte del Tribunale non sarebbe limitato alla sola violazione di norme imperative, ma riguarderebbe tutti i profili strettamente giuridici collegati alle azioni programmate per la realizzazione della proposta “posto che appare naturale rimettere al controllo del tribunale la risoluzione di ogni questione dipendente dalla corretta o quantomeno 50 non manifestamente errata applicazione di norme di diritto” . b) Un secondo orientamento ritiene che la disciplina legale prevalga anche sulla volontà negoziale in tutto 51 52 o in alcune sue parti , che cioè la stessa costituisca la regolamentazione minima cogente della fase esecutiva della cessio bonorum concordataria, cui qualsiasi piano che la preveda deve adeguarsi a pena di inammissibilità o non omologabilità. Nel dettaglio, una parte della giurisprudenza appare incline a salvaguardare il compito di controllo del giudice 53 sull’autonomia delle parti, al fine di evitare abusi e tutelare così le minoranze . Tale orientamento è stato espresso nel recente caso di Concordato Preventivo della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, il Tribunale di Milano: ha ritenuto che la struttura del “pacchetto preconfezionato” potesse presentare possibili criticità in termini di conflitto di interesse tra il consiglio di amministrazione della Fondazione e gli investitori (essendo questi ultimi componenti di tale organo gestorio) laddove detta struttura sarebbe potuta essere in astratto potenzialmente idonea ad impedire la massimizzazione del 54 prezzo di vendita degli assets derivante dalla liquidazione ; al fine di risolvere il detto conflitto di interessi, ha operato la scelta di un procedimento di apertura al mercato in corso di procedura, che ha condotto alla vendita dell’assets dell’azienda con un maggior realizzo rispetto all’offerta originaria. Autorevole dottrina 55 ha recentemente osservato che “non può però ritenersi che l’obbligatorietà della procedura competitiva, così 50 Nardecchia, La fattibilità al vaglio delle sezioni unite, in ilcaso.it, 7. DI CECCO, in NIGRO, SANDULLI, SANTORO (a cura di) , La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010,2234 52 Trib. Roma, 23 luglio 2010, in Redazione Giuffrè 2010. 53 Trib. Piacenza 3 luglio 2008, in Fallimento, 2009, 120; Trib. Bari 25 febbraio 2008, ivi, 2008, 682, con nota di P. Genoviva; Trib. Ancona 19 novembre 2007, ibidem, 245; Trib. Palermo 18 maggio 2007, ibidem, 75; Trib. Torino 12 dicembre 2006, ibidem, 2007, 685; App. Bologna 30 giugno 2006, ibidem, 470; Trib. Milano 24 aprile 2007, ibidem, 1441; Trib. Milano 16 gennaio 2007, ibidem, 974; Trib. Milano 9 marzo 2007, ibidem, 684; Trib. Milano 31 ottobre 2006, ibidem, 728; Trib. Milano 2 ottobre 2006, ibidem, 331. 54 Trib. Milano, (decr.) 27 ottobre 2011, inedita. 55 CONCA, Concordato Preventivo – Conflitto di interessi e poteri del Tribunale, op. cit., 7. 51 14 come la designazione giudiziale del liquidatore possano trovare la loro legittimazione sulla scorta dell’assunto di (presuntiva) maggior efficienza di tale opzione liquidatoria. Se, in linea di mero fatto e di là di ogni considerazione di specie (l’attitudine e l’onorabilità del singolo liquidatore volontario che, nel singolo caso, possa essere proposto), è massima di esperienza che la complessità e l’elevato tecnicismo della liquidazione concorsuale pongono al liquidatore volontario – ben diversamente che ad un liquidatore giudiziale – problematiche difficilmente risolvibili e se, per altro verso, la competizione e la sollecitazione al mercato costituiscono ragionevolmente veicolo della più efficiente allocazione degli assets, vero quanto in precedenza osservato in punto giudizio di convenienza, deve ritenersi che solo i creditori siano titolati ad esprimersi circa la profittevolezza di una proposta che preveda una certa figura di liquidatore e una cessione predeterminata dei beni. I creditori sono, al postutto, i “padroni” dell’impresa concordataria insolvente (rectius, in crisi) e, dunque, possono scegliere se le modalità proposte sono quelle di maggiore o, comunque, adeguato soddisfacimento delle loro ragioni”; 56 ha ritenuto la non legittimità della nomina del liquidatore da parte del debitore stesso , in quanto il potere di nomina rientrerebbe tra le prerogative del Tribunale, tuttavia riservandosi la possibilità di valutare indicazioni meritevoli di accoglimento formulate nella proposta. Un diverso orientamento 57 ritiene invece che la nomina del liquidatore sia rimessa al tribunale soltanto in mancanza di una apposita previsione del piano proposto dal debitore e approvato dai creditori. In particolare si è evidenziato il carattere meramente suppletivo del potere affidato al tribunale dall’art. 182 l. fall., da ciò conseguendo che le parti possono prevedere modalità liquidatorie diverse da quelle previste ex lege, trovando queste ultime applicazione 58 residuale nei soli limiti non definiti negozialmente . 5. AMMISSIBILITÀ DI UN PIANO FONDATO SU UN CONTRATTO PRELIMINARE O UN’OFFERTA D’ACQUISTO: PROFILI TECNICI E OPERATIVI. Come si è visto, dunque, un orientamento maggioritario, sia in dottrina che in giurisprudenza, ritiene che, nell’ipotesi in cui la proposta concordataria si concretizzi nella veste del cd. pacchetto preconfezionato, le modalità operative del concordato debbano essere quelle stabilite dal debitore ed approvate dai creditori. Tuttavia, tale conclusione pare presentare alcune criticità nel momento in cui la proposta concordataria sia basata non su contratti definitivi, bensì su meri contatti preliminari, in ragione del fatto che, mentre i primi trasferiscono la proprietà (conseguenza immediata dell’omologazione del concordato preventivo, evento al quale sono sospensivamente condizionati), i secondi obbligano esclusivamente le parti a stipulare il definitivo. 56 Trib. Milano (decr.), 3 maggio 2012, inedita. Trib. Lodi, 1° marzo 2010, in Fallimento, 2010, 593 58 DI CECCO, Commento sub art. 182, in NIGRO – SANDULLI – SANTORO (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, 2234. 57 15 In considerazione di ciò, ci si è posti la questione se sia ammissibile che una proposta di Concordato in Continuità, presentata nelle forme del pacchetto preconfezionato, sia basata su un contratto preliminare: infatti, in ragione del suo carattere meramente obbligatorio, parrebbe controverso se, a seguito dell’omologazione, il liquidatore designato debba adempiere l’obbligazione di stipula del definitivo, ovvero se sia preferibile porre il contratto preliminare in competizione con altre possibili offerte reperibili sul mercato, in considerazione del fatto che condizione della continuità aziendale è il “miglior soddisfacimento dei creditori”. Per comprendere la questione, giova compiere una breve premessa. Come ampiamente noto, il contratto preliminare è quel contratto con il quale le parti assumono l’impegno 59 “all’esecuzione di un facere per sua natura infungibile” , ossia alla conclusione del contratto definitivo; come da alcuni sottolineato, il contratto preliminare svolgerebbe un’importante funzione di incentivo per i creditori all’approvazione della proposta di concordato, conferendo alla stessa una maggiore certezza dell’esito della liquidazione; a tal fine, tali contratti verrebbero integrati attraverso una clausola di cd. 60 ‘condizionamento’, che ne subordina l’efficacia all’omologazione del concordato stesso . Addirittura, certa dottrina si è spinta ad affermare che il contratto preliminare sarebbe lo strumento principale attraverso cui presentare una proposta concordataria nelle forme del cd. pacchetto preconfezionato, in quanto consentirebbe di individuare a priori gli acquirenti dei beni oggetto di cessione e le relative modalità di alienazione, oltre che il soggetto che dovrà attuarle, escludendo pertanto alcuna necessità di integrazione da parte del Tribunale, “mentre in tutte le altre ipotesi l’intervento giurisdizionale sarà tanto più necessario e complesso, tanto meno esaustive e predeterminate saranno le indicazioni del piano omologato in merito ai beni dal liquidare, al soggetto 61 incaricato di tale liquidazione ed alle modalità della liquidazione stessa” . Ciò posto, il rapporto del contratto preliminare con il Concordato in Continuità, si pone nei seguenti termini: da un lato, è ben vero che un tale strumento avrebbe il vantaggio di precostituire un percorso interamente programmato dal debitore, con indubbi effetti positivi in termini di certezza dell’esito della liquidazione; il che: o agevolerebbe l’assolvimento del compito del professionista che, ai sensi dell’art. 186 bis, comma 2, lett. a) l. fall., deve attestare i costi ed i ricavi derivanti dalla continuità aziendale; o incentiverebbe l’approvazione da parte dei creditori, apportando un grado di maggiore certezza circa il successo dell’operazione di risanamento; tuttavia, tale predeterminazione, sia delle modalità che dei soggetti, si porrebbe in contrasto con il secondo requisito della continuità aziendale, ovvero la funzionalità “al miglior soddisfacimento dei creditori”, ex art. 186 bis, comma 2, lett. b). Infatti, la stipula di un contratto preliminare, che vincoli 59 TORRENTE – SHLESINGER, Manuale di Diritto Privato, Milano, 2009, 526. FABIANI, La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite concordate, in Fallimento, 2012, 8, 913. 61 PACCHI – D’ORAZIO – COPPOLA, Il concordato preventivo, in DIDONE (a cura di), Le riforme della legge fallimentare, Torino, 2009, 1917. 60 16 il liquidatore a concludere il definitivo alle condizioni e con il soggetto prefissati, potrebbe rappresentare un pregiudizio nella misura in cui gli impegni vincolanti possono impedire che si apra una competizione sul mercato. 62 In proposito, si è rilevato che : un percorso virtuoso dovrebbe essere quello che contempli nella proposta impegni vincolanti ma solo unilaterali, e cioè solo quelli del terzo, in modo che il liquidatore della procedura possa verificare se non sia il caso di aprire una competizione; è questa, l’ipotesi in cui, anziché un contratto preliminare, il terzo presenti un’offerta irrevocabile d’acquisto (condizionata all’omologa), poiché in tal caso l’impegno grava solo su quest’ultimo, ed il liquidatore “può porre in essere le attività idonee a stimolare il mercato per verificare se l’offerta sia, davvero, vantaggiosa”; sarebbe dunque preferibile che la proposta che stabilisca compiutamente lo sviluppo della liquidazione contenesse anche “clausole di uscita o di salvaguardia a favore dei creditori quando il mercato sia in grado di offrire soluzioni migliori”. Conclusivamente, potrebbe dunque porsi un problema di ammissibilità di una proposta concordataria basata su un mero contratto preliminare, considerato che l’obbligazione per il liquidatore di concludere il definitivo con un soggetto predeterminato parrebbe frustrare la condizione della miglior soddisfazione dei creditori, che il Legislatore della recente riforma ha inteso porre fra le condizioni del nuovo Concordato in Continuità. 62 FABIANI, La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite concordate, cit., 913. 17