la comunicazione dei beni in godimento a soci/familiari e dei

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la comunicazione dei beni in godimento a soci/familiari e dei
ZAMBON Dott. Rag. GIUSEPPE
Consigliere Nazionale
Coordinatore della Commissione Nazionale per la fiscalità
ISTITUTO NAZIONALE TRIBUTARISTI
LA COMUNICAZIONE DEI BENI IN
GODIMENTO A SOCI/FAMILIARI E DEI
FINANZIAMENTI
(D.L. 138/2011, art. 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies)
Condividere la conoscenza è un modo per raggiungere l’immortalità”
(Tensin Gyatso – 14° Dalai Lama, Premio Nobel per la Pace)
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ZAMBON Dott. Rag. GIUSEPPE
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INDICE DELLA DISPENSA
PREMESSA E FINALITA’ DELLA COMUNICAZIONE
pag.
5
LA NUOVA NORMATIVA
pag.
9
L’obbligo di comunicazione
pag.
9
La nuova ipotesi di reddito diverso
pag. 14
L’indeducibilità dei costi specifici
e il divieto di doppia imposizione
pag. 29
Ambito soggettivo della comunicazione
pag. 40
I beni oggetto della comunicazione e i dati
da indicare
pag. 43
La comunicazione di finanziamenti e
capitalizzazioni (polemiche, dubbi, perplessità)
pag. 51
Comunicazione annullata, comunicazione
sostitutiva, comunicazione negativa
pag. 57
Le sanzioni previste
pag. 59
Il ricalcolo degli acconti per il 2012
pag. 60
Chiuso in Sondrio il 26 settembre 2012
La dispensa ha finalità meramente informativa e, in nessun caso, potrà essere
considerata consulenza, pertanto le considerazioni svolte nel documento non possono
ritenersi supporto sufficiente per l'adozione di scelte e decisioni.
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LA COMUNICAZIONE DEI BENI IN GODIMENTO A
SOCI/FAMILIARI E DEI FINANZIAMENTI
D.L. 138/2011, art. 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies 1
Provvedimento Direttore Agenzia Entrate n. 166485 del 16.11.2011
Provvedimento Direttore Agenzia Entrate n. 37049 del 13.03.2012
Provvedimento Direttore Agenzia Entrate n. 133184 del 17.09.2012
Circolare Agenzia Entrate n. 24/E del 15.06.2012 – Circolare Agenzia Entrate n. 25/E del 19.06.2012 –
Circolare Agenzia Entrate n. 36/E del 24.09.2012
PREMESSA E FINALITA’ DELLA COMUNICAZIONE
Con Provvedimento protocollo n. 133184 del 17 settembre 2012 del
Direttore dell’Agenzia delle Entrate viene spostato di un anno, fino al
prossimo 31 marzo 2013 (scadenza effettiva il 2 aprile 2013, data la
coincidenza con le festività pasquali), il termine già fissato al 31 marzo
2012 (scadenza effettiva il 2 aprile in quanto il 31.03.2012 cadeva di
sabato) e già prorogato una prima volta al 15 ottobre 2012 con
provvedimento Protocollo n. 2012/37049 del 13 marzo scorso2, entro il
quale le imprese (non solo societarie, ma anche individuali) sono tenute a
trasmettere telematicamente all'Anagrafe Tributaria la comunicazione
dei beni in godimento ai soci (e loro familiari3) e ai familiari
dell'imprenditore individuale, relativamente al 2011, insieme a quella
1
Gazzetta Ufficiale n. 188 del 13 agosto 2011 – Decreto dal titolo “Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” (entrato in vigore il giorno stesso) convertito, con
modificazioni, dalla Legge 14 settembre 2011 n. 148 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16
settembre 2011, in vigore dal 17.09.2011.
2
I Provvedimenti direttoriali sono atti soggetti dal 01.01.2008 a pubblicità legale mediante pubblicazione
sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate in luogo della G.U., che non hanno valore normativo, ma solo
provvedimentale. *** Art. 1, comma 361, Legge 24 dicembre 2007 n. 244.
3
Soggetti non previsti dalla norma primaria, ma solo dal Provvedimento Direttoriale 166485/2011.
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dei finanziamenti (di qualunque genere, sia dati a mutuo che da
capitalizzare) eseguiti nei confronti della società dai soci.
L’ulteriore proroga dei giorni scorsi, che di fatto fa coincidere la scadenza
con quella per la trasmissione dei dati relativi al 2012, si è resa
necessaria, si legge nel provvedimento, “tenuto conto delle particolari
difficoltà di attuazione e della assoluta novità dell’obbligo in parola”.
Di queste difficoltà, ma anche dei dubbi e delle perplessità insiti in
questa norma, nei provvedimenti e nei successivi documenti di prassi ad
oggi disponibili, vi renderemo conto in questa dispensa.
Il primo provvedimento attuativo, successivo alla norma primaria
istitutrice della novella legislativa (vedi nota n. 1) è il
provvedimento
Protocollo n. 166485 del 16 novembre 2011 del direttore dell'Agenzia
delle Entrate,
con il quale sono state stabilite le modalità per la
comunicazione e i tracciati record per effettuarla.
NON SI TRATTA, QUINDI, DI UNA DICHIARAZIONE,
ma solo dell'invio di un file di dati.
È una modalità, questa, di interfacciarsi con l'Agenzia delle Entrate, a cui
siamo già stati abituati (vedi elenchi black-list – comunicazione art. 21 per
le operazioni 2010 superiori a 25.000 euro e over 3000/3.600 euro dal
2011 – nuovo elenco documenti clienti/fornitori previsto dal legislatore con
il decreto semplificazioni che sostituisce la comunicazione art. 21 solo per
le operazioni over 3.000 euro dal 2012) e che verrà utilizzata sempre più
spesso per inviare dati all’amministrazione senza compilare dichiarazione
alcuna.
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Lo scopo dichiarato di questa nuova comunicazione è quello di rafforzare
le misure che presiedono il recupero della base imponibile non dichiarata
e vorrebbe ricondurre l'intestazione dei beni dell’impresa all'effettivo
utilizzatore, anche ai fini della ricostruzione sintetica del reddito (sia
redditometro
che
scoraggiando
“spesometro”)
contemporaneamente
l'occultamento, attraverso lo schermo societario/aziendale, di beni che di
fatto vengono posti nella disponibilità dei soci e loro familiari o dei
familiari dell’imprenditore.
Finalità di “spesometro” che troviamo con tutta evidenza anche nella
richiesta,
da
legislativamente
parte
dell’Agenzia
prevista),
di
delle
Entrate
contemporanea
(ancorché
comunicazione,
non
dei
finanziamenti operati dal socio a favore della società, siano essi dati a
mutuo, a fondo perso o capitalizzati; siano essi fruttiferi o infruttiferi.
In effetti se i soci intervengono finanziariamente in aiuto della società,
significa che hanno occorrenze disponibili che dovrebbero in qualche
modo trovare adeguata capienza nei redditi dichiarati a cui sarà cura del
contribuente aggiungere eventuali redditi esenti o soggetti a ritenuta
d’imposta e altre fonti di risparmio.
Eventuali discrasie tra questi flussi societari e i redditi dei soci potranno
condurre alla selezione di questi ultimi per l’accertamento delle fonti di
reddito e/o risparmio che gli hanno permesso di finanziare la società.
Trattandosi, nella maggior parte dei casi, di società a responsabilità
limitata con ristrette basi societarie (per lo più a carattere familiare) o a
società personali dove i soci spesso non hanno altre fonti di reddito
documentabili, i flussi eccedenti i redditi disponibili saranno ricondotti
giocoforza anche alla presunta evasione della società, in quanto unico
o principale “strumento” di produzione del reddito del socio.
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Le movimentazioni dei soci, poi, sono indicative delle eventuali anomalie
presenti nelle registrazioni degli incassi e pagamenti della società. Si
pensi a saldi di cassa elevati o, al contrario, saldi negativi “aggiustati” ad
arte con prelevamenti e/o versamenti dei soci (spesso contabilizzati a fine
anno) che fanno inevitabilmente presumere acquisti o vendite “in nero”
da parte della società.
La scelta potrebbe essere, quindi, quella di non indicare nella
comunicazione i finanziamenti dei soci o di indicarli solo in misura
“adeguata” alla capacità reddituale dei soci stessi, giacché, come
vedremo, la sanzione, tutt’al più, è irrogabile nella misura minima
residuale di € 258,00.
Attenzione però, come già detto, al fatto che l’Agenzia delle Entrate non
mancherà di costruire liste selettive nelle quali inserire i soggetti che
hanno omesso di segnalare nella comunicazione quelle operazioni
individuate mediante l’incrocio dei dati con i flussi finanziari provenienti
dalle banche, compresi quelli eseguiti in contanti agli sportelli per
importi pari o superiori a mille euro4.
Da non sottovalutare, inoltre, in qualità di professionisti del settore
tributario contabile, che ormai consolidata giurisprudenza ritiene
irrogabile la sanzione anche nei nostri confronti, nel caso di omissioni
che sono collegabili alla NON applicazione deontologica delle proprie
capacità professionali e, quindi, sarà necessario che le richieste di
comunicazione del fisco vengano soddisfatte, almeno per quanto può
facilmente dimostrarsi essere di nostra indubbia conoscenza.
4
Limite stabilito a far tempo dal 06.12.2011 per le comunicazioni antiriciclaggio sull’uso del contante e
degli assegni trasferibili (l’importo era stato fissato in € 2.500 dal 13.08.2011, precedentemente stabilito in
€ 5.000 dal 31.05.2010 e in € 12.500 fino a quella data).
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LA NUOVA NORMATIVA
L’OBBLIGO DI COMUNICAZIONE
La norma [D.L. 138/2011, art. 2, commi da 36–terdecies a 36–
duodevicies5, ma non sarebbe ora di cambiare questo sistema di
numerazione romana ormai desueta, sconosciuta e incomprensibile ai più?]
è sufficientemente chiara nel suo dettato letterale e prevede la
comunicazione dei dati relativi ai beni concessi in godimento
(effettuata indifferentemente dall’impresa o dal socio/familiare6) al fine di
controllare l'indetraibilità dei costi aziendali sostenuti, quando, per
la concessione in godimento del bene, il socio o il familiare non paga
nulla o paga un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del
diritto di godimento che ottiene.
Prevede, inoltre, che l’Agenzia in sede di controllo dei soggetti beneficiari
della concessione, tenga conto di qualsiasi forma di finanziamento o
capitalizzazione effettuata nei confronti della società, ma non ne
prevede la comunicazione, prevista soltanto per i beni concessi in
godimento.
Ciò
ha
portato
alcuni
commentatori
sulla
stampa
specializzata a definire “arroganti”7 le richieste dell’Agenzia delle Entrate.
5
Gazzetta Ufficiale n. 188 del 13 agosto 2011 – Decreto dal titolo “Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011
n. 148. ****nota: terdecies = 13 – duodevicies = 18**** Tutti i commi sono stati aggiunti in sede di
conversione del decreto.
6
D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 36-sexiesdecies (alias 16) ***Provvedimento n. 166485/2012, punto 1.2
7
Dario Deotto in “Le richieste arroganti non vincono l’evasione” sul Sole 24 Ore del lunedì, del
10.09.2012, a pagina 21.
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Fin qui la norma, ma l’Agenzia delle Entrate tra Provvedimento
Direttoriale e risposte a quesiti durante gli incontri con la stampa
specializzata8, ha fatto sollevare dubbi e perplessità (di cui accenneremo
più volte nel prosieguo di questa relazione) e la proroga concessa lo scorso
17 settembre con il Provvedimento 2012/133184 permetterà di valutare
meglio e con maggiore ponderazione gli adempimenti da porre in essere
relativamente a ciò che dovrà essere comunicato e ai soggetti interessati,
sempre che il Direttore dell’Agenzia delle Entrate riveda e modifichi nelle
parti controverse, con un apposito nuovo provvedimento, il modello di
comunicazione e le sue istruzioni, già approvati con il Provvedimento n.
166485 del 16.11.2011.
Con il suddetto provvedimento a firma del dott. Attilio Befera viene, di
fatto, operato un ampliamento dei contenuti della comunicazione che va
senz’altro oltre la previsione normativa primaria del decreto legge,
quando si prevede di indicare anche i finanziamenti effettuati dal socio o
familiare utilizzatore nei confronti della società; elementi questi che
l’Agenzia dovrebbe, se già non li possiede, chiedere al contribuente solo
in sede di controllo della posizione (normalmente mediante questionario) e
non
pretendere
fin
da
subito
mediante
l’inserimento
nella
comunicazione, che è stata prevista dal legislatore solo per indicare i beni
concessi
in
godimento,
quasi
ad
anticipare
un
questionario
indiscriminato ad una vasta platea di contribuenti (ancora non
selezionati per il controllo) facendo un uso non previsto della
comunicazione.
8
Videoforum organizzato da Italia Oggi del 18.01.2012 e Telefisco organizzato dal Sole 24 Ore del
25.01.2012
10
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Non sembra, pertanto, rispondere al vero ciò che viene affermato nel
provvedimento direttoriale a pag. 6, laddove si legge che il legislatore
prevede che l’Agenzia delle Entrate procede al controllo sistematico
della posizione delle persone fisiche che utilizzano i beni concessi in
godimento e che effettuano finanziamenti o capitalizzazioni, in
quanto di queste operazioni finanziarie l’Agenzia deve tenerne conto solo
al fine della ricostruzione del reddito sintetico.
Secondo il dettato normativo primario9, infatti, “L’Agenzia delle Entrate
procede a controllare sistematicamente la posizione delle persone
fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento e ai fini
della ricostruzione sintetica tiene conto, in particolare di qualsiasi
forma di finanziamento effettuata nei confronti della società.”.
L’affermazione del Direttore dell’Agenzia Entrate sembra, quindi, fine a se
stessa al solo scopo di giustificare l’inserimento dei finanziamenti e dei
versamenti nella comunicazione prevista dal legislatore ad altri fini.
Un altro punto di criticità, che però è dovuto senz’altro ad una infelice
formulazione della norma da parte del legislatore, riguarda il fatto che il
Provvedimento Direttoriale10 prevede che siano indicati tutti i beni
concessi in godimento anche se non si verifica la condizione di una
differenza negativa tra il corrispettivo pagato e il valore normale del
diritto di godimento, mentre la norma principale11 prevede l’invio della
comunicazione al solo fine di “… garantire l’attività di controllo, nelle
ipotesi di cui al comma 36-quaterdecies …”, comma che prevede proprio
l’indeducibilità dei costi per le imprese concedenti quando si verifica la
suddetta differenza negativa.
Un’interpretazione diversa da quella data dal Direttore dell’Agenzia
avrebbe, però, vanificato lo scopo della norma e non è il caso, quindi,
9
D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 36-septiesdecies (alias 17)
10
Provvedimento n. 166485 del 16.11.2011 – punto 1.3
11
D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 36-sexiesdecies (alias 16)
11
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di contrastarla con una interpretazione letterale che non convince
nessuno, aderendo invece ad una interpretazione sostanziale che
permetta le finalità di controllo auspicate dalla norma e richiamate
esplicitamente dal successivo comma 36-septiesdecies dove è previsto
che “l’Agenzia Entrate procede a controllare sistematicamente la
posizione delle persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in
godimento…” a nulla rilevando il fatto che il corrispettivo pagato sia o
meno in linea con il valore di mercato, in quanto in questo comma non
viene ulteriormente richiamato il 36-quaterdecies.,
Il termine per la trasmissione telematica della comunicazione è stabilito
nel 31 marzo dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo
d’imposta nel corso del quale i beni sono concessi in godimento ai soci o
familiari12.
Il periodo d’imposta di prima applicazione viene individuato dalla
normativa13 in quello successivo a quello in corso alla data di entrata in
vigore della legge di conversione14 del decreto legge n. 138/2011 e cioè il
17 settembre 2011 (ad un anno esatto dal Provvedimento della seconda
proroga, mentre la circolare n. 24/E del 15.06.2012 riporta erroneamente a
pagina 12, quale data di entrata in vigore, il 18 settembre 2011), pertanto, per i
soggetti con esercizio d’imposta coincidente con l’anno solare, si tratta
del periodo d’imposta 2012.
12
Provvedimento n. 166485/2011, paragrafo 3.4
13
D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 36-duodevicies (alias 18)
14
Legge 14 settembre 2011 n. 148 pubblicata in G. U. n. 216 del 16 settembre 2011 entrata in vigore il
17.09.2011
12
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Il Provvedimento Direttoriale n. 166485/2011 prevede l’invio della
comunicazione anche per i beni concessi in godimento nei periodi di
imposta precedenti a quello di prima applicazione, con la scadenza
che dall’iniziale 31.03.2012 (2 aprile 2012) è stata prorogata, come già
visto nella premessa di questa dispensa, inizialmente al 15.10.2012 con
il Provvedimento Direttoriale n. 2012/37049 del 13 marzo 2012 e
successivamente al 31.03.2013 (2 aprile 2013) con il Provvedimento
Direttoriale n. 2012/133184 del 17 settembre 2012, facendola coincidere
con quella dell’invio relativo al periodo d’imposta 2012.
Qualche problema potrebbe porsi per le società con periodo d’imposta
diverso dall’anno solare qualora il termine dello stesso fosse molto vicino
alla scadenza per la trasmissione della comunicazione che è stata
stabilita in data fissa al 31 marzo di ogni anno.
L’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 24/E-2012 propone il classico
esempio della società con esercizio 1° luglio 2011 – 30 giugno 2012 ed
afferma, correttamente, che in questo caso le nuove norme trovano
applicazione dal 1° luglio 2012; ciò significa che per questi soggetti la
prima comunicazione dovrà essere presentata entro il 31 marzo 2013, per i
beni concessi in godimento nel periodo d’imposta precedente e che poi
avranno sempre nove mesi di tempo negli anni successivi.
Certo che se il periodo d’imposta fosse 1° ottobre 2011 – 30 settembre
2012, la società avrebbe avuto a disposizione solo quindici giorni di tempo
in seguito al primo invio del 2012 (con la scadenza prevista dalla prima
proroga al 15 ottobre 2012) , mentre una società con esercizio 1° marzo –
28 febbraio negli anni successivi al primo avrà sempre solo un mese di
tempo per l’invio telematico.
Sarebbe opportuno che la scadenza dell’invio telematico della
comunicazione venisse modificata stabilendola in forma mobile
entro tre mesi dal termine del periodo d’imposta, anziché
ancorarla in forma fissa entro il 31 marzo dell’anno successivo.
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LA NUOVA IPOTESI DI REDDITO DIVERSO
L’obbligo di comunicazione nasce in seguito alla previsione della nuova
ipotesi di reddito diverso che viene introdotta (con decorrenza
01.01.2012) nell’art. 67, comma 1, del T.U.I.R15, inserendovi la
lettera h-ter e che prevede la tassazione in capo a soci o familiari
dell’imprenditore, della differenza tra il valore di mercato per la
concessione in godimento16 di un bene e il corrispettivo previsto
(ancorché non pagato) per lo stesso.
L’art. 67, comma 1 del T.U.I.R. stabilisce che le ipotesi nello stesso
elencate: “Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale
ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di
imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita
semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente”.
Pertanto, come già esplicitato dall’Agenzia delle Entrate durante gli
incontri con la stampa specializzata e poi ripreso e formalizzato nella
Circolare 25/E-2012 e ancora ribadito nelle Circolare 24/E-201217, l’art.
67, comma 1, lettera h-ter, non trova applicazione quando il soggetto
utilizzatore sia al contempo socio/familiare e dipendente della società o
15
T.U.I.R.: Testo Unico delle Imposte sui Redditi – D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917
16
La formula utilizzata del legislatore di “concessione in godimento”, farebbe pensare più alla titolarità di
un diritto che non all’uso solo occasionale di un bene dell’impresa. Né il Provvedimento Direttoriale, né
le successive circolari dell’Agenzia, però, operano una tale distinzione; si consiglia, pertanto, se permane
l’incertezza della norma, di indicare anche i beni utilizzati solo occasionalmente. Anche un uso occasionale,
infatti, magari ripetuto più volte nel corso dell’anno, potrebbe avere risvolti rilevanti sul fronte dei futuri
controlli effettuati al socio con lo “spesometro” e nella tassazione dei redditi diversi.
17
Videoforum organizzato da Italia Oggi del 18.01.2012 e Telefisco organizzato dal Sole 24 Ore del
25.01.2012 *** Risposta 5.1. Circolare n. 25/E del 19.06.2012 *** Circolare n. 24/E del 15.06.2011, $ 5,
pagina 12
14
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dell’impresa individuale, ovvero, sia lavoratore autonomo, in quanto, in
queste ipotesi l’utilizzatore è assoggettato alla prevalente disciplina di
tassazione prevista dagli articoli 51 e 54 del T.U.I.R.
Si può quindi affermare che NON GENERA REDDITO DIVERSO, ex art.
67, c. 1, lettera h-ter del T.U.I.R. l’utilizzo in godimento di un bene
dell’impresa in tutti casi in cui lo stesso costituisca fringe-benefit per
l’utilizzatore
socio/familiare, sia esso dipendente, assimilato al
dipenedente o lavoratore autonomo.
Il rinvio agli articoli 51 e 54 del T.U.I.R. fatto dalla Circolare 24/E-2012,
ci permette di identificare le modalità di calcolo del reddito derivante dai
fringe-benefit:
1. per quanto riguarda i dipendenti nonché gli amministratori, i
sindaci e i revisori legali non professionisti18, l’art. 51 del
T.U.I.R. prevede al comma 3 che i valori, i beni ceduti e i servizi
prestati devono essere valutati al valore normale calcolato ex art. 9
del T.U.I.R. (che per i soli beni prodotti dall’impresa viene stabilito
nel prezzo praticato al grossista) e contempla al comma 4, lettere a)
e c) due sole ipotesi in cui deve essere determinato in via forfetaria
il valore della concessione in uso a dipendenti e assimilati:
18
Gli amministratori non professionisti rientrano nella categoria dei co.co.co., sopravvissuta, per loro e per
i sindaci e revisori legali non professionisti, alla modifica dei contratti di collaborazione coordinata e
continuativa nei nuovi contratti di collaborazione a progetto.
I redditi di detti soggetti rientrano, pertanto, tra quelli assimilati al lavoro dipendente di cui all’art. 50 del
T.U.I.R. e sono determinati secondo le regole dell’art. 51 del T.U.I.R.
15
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autoveicoli, motocicli e ciclomotori19;
fabbricati sia iscritti che non iscritti al N.C.E.U.20
2. per quanto riguarda i lavoratori autonomi, vige la norma
contenuta nell’art. 54, comma 1 del T.U.I.R., laddove si prevede
che costituiscano compensi anche i “pagamenti in natura”, per i
quali ricorre l’obbligo di fatturazione al valore normale calcolato ex
art. 9 del T.U.I.R. e non sono previste deroghe a questa regola, che
si applica, quindi, a qualunque tipologia di bene o servizio.
Manca ancora la risposta ufficiale alla inevitabile domanda: ma in
questo caso la comunicazione è dovuta? Si ritiene di no, stante
l’inutilità di mettere a confronto il corrispettivo dovuto con il valore
normale del diritto di godimento quando deduzioni e reddito sono già
determinati in via forfetaria dal legislatore. Sarebbe decisamente
superfluo monitorarli con una comunicazione, anche se per l’Agenzia
forse può essere interessante sapere chi sono questi utilizzatori e di quali
beni esercitano il godimento per verificare cedolini paga e fatturazioni.
19
Art. 51, c.4, lett. a), T.U.I.R.: “Per gli autoveicoli indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m),
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i motocicli e i ciclomotori concessi in uso promiscuo, si
assume il 30 per cento dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri
calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali che l'Automobile
Club d'Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al Ministero delle finanze
(ora Ministero dell’Economia) che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal
periodo d'imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente.”
20
Art. 51, c.4, lett. c), T.U.I.R.: “Per i fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, si assume la
differenza tra la rendita catastale del fabbricato aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso,
comprese le utenze non a carico dell'utilizzatore e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato
stesso. Per i fabbricati concessi in connessione all'obbligo di dimorare nell'alloggio stesso, si assume il 30
per cento della predetta differenza. Per i fabbricati che non devono essere iscritti nel catasto si assume la
differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello
determinato in regime di libero mercato, e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato.”
16
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Rimane il problema, infatti, delle società che danno in uso il bene ad
un amministratore che non percepisce compenso e, normalmente, non
predispongono un cedolino per il solo fringe benefit, limitandosi ad
applicare la deduzione parziale dei costi prevista per legge in caso di uso
promiscuo. Se il monitoraggio previsto con la compilazione della
comunicazione non viene effettuato, l’Agenzia non saprà mai, salvo
controlli
sul
posto
o
con
l’invio
di
specifici
questionari,
se
l’amministratore usa personalmente beni della società senza subire la
tassazione prevista per i fringe benefit.
Un altro dubbio da risolvere è se la comunicazione sia dovuta e se il
reddito sia tassabile anche quando vi sia una parziale indeducibilità dei
costi da parte del concedente, prevista dalla norma, e non vi sia un
corrispettivo pagato dall’utilizzatore, come succede, ad esempio, per
l’auto
utilizzata
promiscuamente
dalla
società
e
dal
socio
non
amministratore né dipendente, di cui la società deduce solo il 40% dei
costi sostenuti e, correttamente, non subisce l’indeducibilità dei costi
prevista dall’Art. 2, comma 36-quaterdecies dell’ D.L. 138/201121.
La risposta non può che essere affermativa proprio per individuare
quegli utilizzi che non possono essere considerati fringe benefit (e sono
quindi soggetti alla nuova tipologia di reddito diverso), ma non sono
neppure soggetti alla nuova regola della indeducibilità dei costi.
La Circolare, infatti, correttamente afferma22 che la tassazione del reddito
diverso trova applicazione a prescindere dalla circostanza che il bene
sia assoggettato ad un regime di limitazione della deducibilità
nell’ambito del T.U.I.R, in capo al soggetto concedente.
21
Per l’analisi vedi più avanti il paragrafo sulla indeducibilità dei costi.
22
Circolare n. 24/E del 15.06.2012, $ 5, pagina 11
17
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ATTENZIONE:
L’Agenzia delle Entrate specifica23 che il reddito diverso previsto dalla
nuova lettera h-ter) dell’art. 67 del T.U.I.R., a differenza delle altre
tipologie di reddito previste dallo stesso art. 67 che rilevano in base al
principio di cassa, si considera conseguito alla data di maturazione,
in base al principio di competenza temporale.24
Ciò è una riconferma della norma25 che così recita: “La differenza tra il
valore di mercato e il corrispettivo annuo concorre alla formazione del
reddito imponibile del socio o familiare utilizzatore ai sensi dell'articolo 67,
comma 1, lettera h-ter), del testo unico delle imposte sui redditi, introdotta
dal comma 36-terdecies del presente articolo”.
Mentre è chiaro il concetto di “corrispettivo annuo”, è necessario a
questo punto stabilire cosa si intende, invece, ai fini delle imposte dirette
per “valore di mercato” del diritto di godimento del bene, rifacendoci a
come viene definito dall’art. 9, comma 3 del T.U.I.R., secondo il quale
occorre fare riferimento al “(…) prezzo o corrispettivo mediamente
praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di
libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo
e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in
mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.”
23
Circolare n. 24/E del 15.06.2012, § 3, pagina 9
24
Dovrebbe trattarsi solo di un refuso, quindi, il fatto che per ben due volte nell’esempio fatto a pagina 9
della Circolare 24/E-2012, l’Agenzia delle Entrate scriva “corrispettivo pattuito o pagato” come se
l’utilizzo dell’importo effettivamente pagato fosse alternativo al corrispettivo annuo stabilito tra le parti.
La stessa Agenzia, poi, nella Circolare 36/E del 24.09.2012 utilizza erroneamente più volte i termini
“corrispettivo pagato” in luogo di “corrispettivo pattuito”.
25
D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 36-quinquiesdecies (alias 15)
18
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La norma stabilisce, inoltre, che “per la determinazione del valore
normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del
soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai
listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto
degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa
riferimento ai provvedimenti in vigore”.
Alla luce di queste definizioni legislative contenute nel T.U.I.R., l’Agenzia
delle Entrate, nella già più volte citata Circolare n. 24/E-2012, individua
i criteri oggettivi a cui occorre fare riferimento per determinare il
cosiddetto “valore normale del diritto di godimento dei beni dati in
uso”, nei seguenti:
1. gli specifici provvedimenti26, per i beni i cui prezzi sono soggetti
ad una disciplina legale;
26
In origine, l’adozione dei provvedimenti-prezzo rientrava nella competenza del CIP (Comitato
Interministeriale Prezzi), istituito dal D. Lgs. Lgt. (decreto legislativo luogotenenziale *** durante la
luogotenenza di Umberto di Savoia) 19 ottobre 1944, n. 347, dal D. Lgs. Lgt. 23 aprile 1946, n. 363 e
dal successivo D.Lgs. C.P.S. (decreto legislativo del capo provvisorio dello Stato*** Enrico De Nicola)
15 settembre 1947, n. 896.
E’ poi noto che il CIP è stato soppresso dalla Legge 24 dicembre 1993, n. 537 e che le funzioni
originariamente ad esso attribuite sono state devolute dal D.P.R. 20 aprile 1194, n. 373 in parte al CIPE
ed in parte all’ex Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, oggi Ministero dello
Sviluppo Economico (MISE).
In linea assolutamente generale, pare prudente qualificare i provvedimenti-prezzo in esame come veri e
propri provvedimenti ablatori, che, venendo ad incidere su situazioni giuridico-soggettive di terzi, ne
determinano l’affievolimento ad interessi legittimi, con la conseguenza, per gli interessati, di poter
ottenere tutela giurisdizionale solo in sede amministrativa.
Su questa linea, pare poi opportuno ricordare che si tratta di atti caratterizzati da un marcato grado di
discrezionalità, nella misura in cui è interamente rimessa al Comitato Interministeriale la decisione
sull’adozione o meno del provvedimento di determinazione del prezzo, fermo restando – peraltro – che
il profilo del quantum è, invece, conformato a precise risultanze statistiche.
I provvedimenti di determinazione di prezzi e tariffe vengono generalmente annoverati, in dottrina, fra
gli atti amministrativi generali.
In quanto atti rivolti ad una pluralità di destinatari indeterminati ed indeterminabili, è controverso e
dibattuto il loro inserimento tra gli atti normativi anziché tra quelli più squisitamente provvedimentali.
19
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2. il prezzo normalmente praticato dal fornitore o, in mancanza,
quello desunto dai tariffari redatti da organismi istituzionali
oppure dalle mercuriali contenenti valori modali determinati da
Enti di Ricerca, Società Immobiliari di grandi dimensioni, Istituti
Bancari, ecc., sulla base di esperienze di mercato di cui sono in
possesso per l’attività che loro stessi svolgono, per i beni forniti in
condizioni di libero mercato.
Nelle più classiche fattispecie di concessioni in godimento a privati
presenti nel panorama aziendale e cioè quelle che hanno per oggetto
autoveicoli e immobili, un utile riferimento per la determinazione del
valore di mercato delle concessioni stesse, può essere trovato nei canoni
applicati da note case di autonoleggio (con riferimento al noleggio
senza conducente, cosiddetto noleggio a freddo, dello specifico veicolo e ai
suoi costi standard per bollo, assicurazione, manutenzione e quant’altro) e
nei valori O.M.I.27 per le quotazioni locative del mercato immobiliare,
pubblicati semestralmente sul sito internet dell’Agenzia del Territorio.
Sarà cura del contribuente ed è senz’altro nel suo interesse,
conservare copia del calcolo effettuato per determinare il valore
normale del diritto di godimento del bene e del criterio o dei criteri
utilizzati, tra quelli elencati precedentemente.
27
L’O.M.I., Osservatorio del Mercato Immobiliare, cura la rilevazione e l’elaborazione delle informazioni
di carattere tecnico-economico relative ai valori immobiliari, al mercato degli affitti e ai tassi di rendita e la
pubblicazione di studi ed elaborazioni e la valorizzazione statistica degli archivi dell'Agenzia del Territorio.
Tra le sue attività ci sono anche l'analisi, la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di profili teorici,
applicativi e di innovazione nelle materie istituzionali, con specifico riferimento alla definizione dei valori
immobiliari. La banca dati dell’Osservatorio costituisce una rilevante fonte d’informazioni relative al
mercato immobiliare nazionale, proponendosi come un utile strumento per tutti gli operatori del mercato,
per i ricercatori e gli studiosi del settore immobiliare, per istituti di ricerca pubblici e privati, per la pubblica
amministrazione e, più in generale, per il singolo cittadino (Fonte Agenzia del Territorio).
20
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Il contribuente, inoltre, che si trovi nell’impossibilità di utilizzare uno
dei criteri sopra elencati, si vedrà costretto (per soddisfare le future
richieste dell’Agenzia in sede di eventuale controllo) a munirsi di una
apposita perizia che descriva in maniera esaustiva il bene oggetto del
diritto di godimento motivando il valore attribuito al diritto stesso28.
Solo in presenza, quindi, di una perizia particolarmente dettagliata che
rispetti tutte le condizioni richieste, l’Agenzia delle Entrata si sentirà
legittimata all’utilizzo della stessa; diversamente la perizia potrà essere
facilmente disattesa nella fase di controllo e accertamento. La perizia
dovrà pertanto contenere almeno i seguenti dati:
le cause che impediscono di determinare il valore di mercato della
concessione utilizzando i criteri previsti dalla norma e già
esaminati ai precedenti punti 1. e 2.;
la descrizione dettagliata ed esaustiva del bene concesso in
godimento;
la motivazione e il percorso logico utilizzato per determinare il
valore di perizia della concessione.
28
Circolare n. 24/E-2012, § 3, pag. 8
21
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Nella
recentissima
e
ultima
(per
adesso)
Circolare
36/E
del
24/09/2012 al § 3, l’Agenzia delle Entrate “inventa” un nuova tipologia
di valore normale, da applicarsi solo nella determinazione di questo
nuovo reddito diverso e soltanto se il bene concesso in uso è un
autoveicolo, senza smentirsi (“fermo restando”) per quanto già affermato
nella Circolare 24/E-2012 e di cui vi abbiamo dato conto nelle pagine
precedenti. Per esigenze di semplificazione, infatti, l’Agenzia stabilisce
che, in questa sola ipotesi, il valore normale deve essere determinato
in via forfetizzata nella misura prevista dall’art. 51, c. 4, del T.U.I.R. e,
quindi, corrispondente al fringe benefit calcolato per i dipendenti e
assimilati.
E’ quindi sufficiente che venga stabilito un corrispettivo pari all’importo
del benefit forfetario (o anche inferiore ad esso purché la differenza sia
uguale o superiore al reddito imputato al socio/imprenditore per effetto
della indeducibilità dei costi relativi) per azzerare il reddito diverso e
vanificare le finalità della norma.
Non si comprende fino a che punto sia obbligatorio questo sistema di
calcolo forfetizzato del valore normale (visto l’utilizzo del verbo “dovere”),
che potrebbe anche essere penalizzante nel caso in cui l’utilizzo
dell’autoveicolo sia inferiore, magari di molto, ai 4.500 km (30% di
15.000)29 e si riesce a dimostrarlo.
I
sistemi
di
calcolo
forfetizzato
portano
senza
dubbio
ad
una
semplificazione, ma non sono equi per definizione, in quanto sono
sempre penalizzanti per alcuni e vantaggiosi per altri.
29
Si può ipotizzare, ad esempio, un uso a titolo personale nei soli fine settimana e per andare in ferie, senza
raggiungere per questo il 30% della percorrenza convenzionale di 15.000 km.
22
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Non dobbiamo dimenticare, in ogni caso, che il contribuente non è
assolutamente “obbligato” a seguire le interpretazioni che l’Agenzia
espone nelle sue circolari30, soprattutto quando non sono coerenti con la
norma, come in questo caso, dove si prevede l’utilizzo dell’effettivo valore
di mercato della concessione; tale valore, nella fattispecie, è ritraibile dai
listini dei prezzi praticati dalle case di autonoleggio senza conducente.
Tutt’al più la forfetizzazione proposta dall’Agenzia potrà essere utilizzata
in sede di accertamento con adesione e, in ogni caso, usarla potrebbe
mettere al riparo da contestazioni future sul quantum e sulle modalità di
calcolo del valore normale (eliminando l’obbligo della perizia), sempre che
non ci si trovi di fronte al funzionario zelante e giuridicamente preparato
che decide, in ossequio ai principi della Cassazione, di non ritenersi
vincolato dalla circolare del suo “datore di lavoro”
In seguito alle critiche della dottrina e anche per evitare il formarsi di
una doppia imposizione, l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 36/E201231 afferma che il reddito diverso di cui alla novella legislativa che
stiamo commentando, si determina “confrontando la differenza tra il
valore normale del diritto di godimento del bene e il corrispettivo pagato,
con il reddito d’impresa imputato all’imprenditore individuale o la quota
parte del reddito attribuito al socio per trasparenza corrispondente
all’ammontare dei costi non ammessi in deduzione.
30
E' a tutti nota la storica sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 23031 del
02.11.2007 che ha qualificato le Circolari come atti interni alla Pubblica Amministrazione “che esprimono
esclusivamente un parere dell'amministrazione medesima non vincolante per il contribuente, per gli uffici,
per la stessa autorità che l'ha emanata e per il giudice”. *** VEDI ANCHE NOTA A PAGINA 48 ***
31
Circolare n. 36/E-2012, § 2, pag. 3
23
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Solo l’eventuale eccedenza tra detta differenza e il predetto reddito
o quota parte di reddito sarà assoggettata a tassazione come
reddito diverso”.
Questa nuova presa di posizione dell’Agenzia, però, come si evince
chiaramente
dal
testo
della
circolare,
risulta
applicabile
solo
all’imprenditore individuale e al socio di società personali o di S.R.L.
trasparenti quando sono utilizzatori in proprio, mentre ne sono esclusi
i familiari utilizzatori che sembra non possano fruire dell’abbattimento
dal loro reddito diverso della quota di spese resa indeducibile e tassata
in capo all’imprenditore o al socio.32
La norma che istituisce la nuova fattispecie di reddito diverso si applica
sia nel caso in cui il bene venga concesso in godimento per l’intero anno,
sia qualora venga concesso in godimento solo per una frazione d’anno e
di ciò occorre rendere conto nella comunicazione indicando le date di
inizio e fine della concessione oltre che della qualità di subentrante ad
altro utilizzatore, se l’avvicendamento avviene in corso d’anno.
Naturalmente, in caso di utilizzo del bene solo per una frazione
d’esercizio ovvero per alcuni giorni dell’anno anche non consecutivi (ad
esempio tutti i fine settimana, o solo nelle festività, ecc.) il valore normale
annuo della concessione, determinato secondo i criteri già elencati nelle
pagine precedenti, dovrà essere rapportato ai giorni di effettivo
utilizzo prima di essere confrontato con il corrispettivo pattuito33.
32
Vedi un più ampio commento a questa tesi dell’Agenzia nel prossimo paragrafo dedicato al divieto di
doppia imposizione
33
Circolare n. 24/E-2012,§ 3, pagg. 8/9
24
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In assenza di corrispettivo pattuito (ad es. in presenza di un contratto di
comodato34), costituirà, quindi, reddito diverso l’intero l’ammontare del
valore di mercato ovvero la frazione del medesimo calcolata per l’effettivo
periodo di utilizzo mediante la seguente formula:
valore annuo di mercato X giorni di utilizzo nell’anno
365
NON GENERA REDDITO DIVERSO, in quanto estraneo all’applicazione
della novella legislativa secondo l’Agenzia delle Entrate35, l’utilizzo
dell’autovettura adibita al servizio di piazza per il trasporto di persone da
parte del tassista, in quanto è a ciò specificatamente autorizzato dalla
legge.36 Ciò vale per tutti i casi in cui è lo stesso legislatore a
disinteressarsi
dell’uso
privatistico
di
un
bene
permettendone l’integrale deducibilità dei costi relativi.
34
Articoli 1803 e seguenti del Codice Civile
35
Circolare n. 36/E-2012, § 3, pag. 6
36
Vedi anche commento a pagina 39 con relativa nota.
25
aziendale,
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L’Agenzia delle Entrate, sempre nella Circolare 24/E-2012, richiede, per
esigenze di certezza e documentabilità, che il corrispettivo annuo e le
condizioni contrattuali della concessione in uso del bene risultino da una
apposita certificazione scritta, alla quale sia apposta data certa37
antecedente all’inizio di utilizzazione del bene.
37
L’apposizione di data certa di fronte ai terzi (ex art. 2704 c.c.) di una scrittura privata non autenticata può
avvenire in diversi modi. Il sistema classico è quello di registrarla all’Agenzia delle Entrate mediante
assolvimento dell’Imposta di Registro in misura fissa (attualmente di € 168,00) in base all’art. 8 del TUR
(Testo Unico Registro-D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131) il quale prevede che, anche in assenza di un obbligo di
legge, “Chiunque vi abbia interesse può richiedere in qualsiasi momento, pagando la relativa imposta, la
registrazione di un atto”. L’altro sistema è quello di servirsi del servizio postale sia inviando il documento
per posta raccomandata in plico aperto senza busta, affinché il timbro postale venga apposto sul documento
stesso, sia recandosi presso lo sportello dell’ufficio postale per farsi timbrare il documento mediante
annullamento di un francobollo di posta ordinaria (attualmente € 0,60) con la dicitura: “Si richiede
l’apposizione del timbro per data certa – Documento a corpo unico composto da n. … (…….) pagine”.
L’apposizione della data mediante timbro postale su un documento presso un ufficio postale è uno
strumento semplice e giudicato astrattamente idoneo per conferire ad un documento la data certa.
Tale procedimento, cd. AUTOPRESTAZIONE, è particolarmente utilizzato dalla banche per attribuire la
data certa alla contrattualistica. È dal 1983 che si controverte sul valore della certificazione della data
mediante timbro postale apposto su un documento ai fini della data certa e i possibili limiti probatori.
Nel tempo si sono avute decisioni tra loro contrastanti in merito all’efficacia probatoria della scrittura
privata nei confronti dei terzi, in quanto taluni giudici (Cass. civ., 11/01/1983, n.186; Cass. civ. Sez. I,
25/07/1997, n. 6943; Cass. civ. Sez. I, 01/10/1999, n. 10873; Trib. Padova, 30/05/2002; Cass. civ. Sez. II,
07/07/2003, n. 10702; Trib. Mantova, 13/06/2003; Trib. Bari Sez. IV, 02/10/2008; Trib. Bari Sent.,
17/02/2009; Cass. civ. Sez. I, 28/05/2012, n. 8438) hanno ritenuto che la validazione del timbro postale su
una scrittura privata possa essere IDONEA a conferire la data certa mentre altre pronunce (Trib. Padova,
22/01/2004; Trib. Rovigo, 31/01/2005; Cass. civ. Sez. I, 29/07/2005, n. 15954; Trib. Milano, 19/09/2006;
Trib. Vicenza, 15/05/2008; Trib. Vicenza Sent., 08/07/2008) hanno ritenuto l’assoluta inidoneità.
È da premettere che la autoprestazione è prevista dall’art. 8 di cui Decreto Legislativo 22 luglio 1999, n.
261 "Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno
dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio" il quale testualmente
prevede che "E' consentita, senza autorizzazione, la prestazione di servizi postali da parte della persona
fisica o giuridica che è all'origine della corrispondenza (autoprestazione) oppure da parte di un terzo che
agisce esclusivamente in nome e nell'interesse dell'autoproduttore." *** Si segnala che nel D.Lgs. n.
81/2008, art. 28 (Oggetto della valutazione dei rischi) vi è una precisa disposizione che – per altro verso –
ritiene che la data certa del "Documento programmatico sulla sicurezza" possa essere acquisita mediante la
validazione presso l’ufficio postale con apposizione su un documento del timbro postale che annulla il
francobollo. *** Con la recentissima sentenza n. 8438 del 28/05/2012, la Corte di Cassazione, sezione
prima, ha nuovamente precisato "In tema di efficacia probatoria della scrittura privata nei confronti dei
terzi, l'apposizione del timbro postale su una scrittura privata formata in foglio unico rappresenta
circostanza idonea a rendere la data ivi riportata data certa in quanto la timbratura deve ritenersi
equivalente ad un'attestazione autentica che il documento è stato spedito nella data ivi indicata."
In virtù di ciò può legittimamente ritenersi che il meccanismo di autoprestazione relativo all’'apposizione
del timbro postale sulla carta che contiene le pattuizioni dei contraenti attribuisce, di fronte ai terzi, data
certa alla scrittura che forma un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro stesso. (Fonte:
Studio Legale Associato De Simone – Napoli)
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Nulla di tutto ciò è previsto dalla norma, ma soprattutto l’Agenzia nella
Circolare 24/E-2012 non spiega come poter ottemperare a questo invito,
che di fatto è un obbligo (viene usato il verbo “debbano” e non
“dovrebbero”)38, per i beni già in uso nell’anno 2012 e precedenti, visto
che la circolare è del 15 giugno 2012 ed è assolutamente impensabile che
accordi simili siano stati formalizzati in forma scritta e sia stata
attribuita ad essi la data certa.
Si ricorda che la data certa, oltre che con la registrazione, l’invio per
raccomandata e l’apposizione del timbro che annulla il francobollo sul
documento (autoprestazione – vedi nota 37), viene attribuita anche
mediante l’invio del documento mediante posta elettronica certificata.
Nella
Circolare
36/E-201239
l’Agenzia
ritorna
sull’argomento,
rispondendo alle critiche mosse dalla stampa specializzata, e precisa che
la data certa viene richiesta in un’ottica di correttezza e trasparenza dei
rapporti tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria, allo scopo di
chiarire che gli elementi essenziali dell’accordo tra concedente e
utilizzatore40, siano documentati fin dall’inizio in modo certo ed oggettivo.
Scopo della redazione di un atto di data certa, secondo l’Agenzia, è quello
di evidenziare la mancanza di volontà di porre in essere arbitraggi fiscali
sulla base di scelte di convenienza economico/fiscale dell’ultimo
momento (leggasi in sede di redazione delle dichiarazioni fiscali), anche in
considerazione della correlazione esistente tra le parti interessate.
38
L’uso del verbo “dovere” non sottoposto a condizione, induce a ritenere che la data certa costituisca, per
l’Agenzia delle Entrate, una condizione imprescindibile ai fini probatori.
39
Circolare n. 36/E del 24.09.2012, § 1, pagina 2
40
Si fa riferimento alla tipologia del bene, al tipo di utilizzo, al corrispettivo, all’inizio e alla durata del
godimento del bene dato in concessione.
27
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Sempre nella Circolare 36/E-2012 l’Agenzia ammette, infine, l’esistenza
della possibilità che non si riesca a produrre la documentazione scritta di
data
certa
e
permette
al
contribuente,
in
assenza
di
detta
documentazione41, di dimostrare, con altri mezzi, quali sono gli elementi
essenziali dell’accordo. Non è dato sapere in quali forme e modalità,
perciò il problema si presenterà comunque in sede di accertamento.
Si ricorda, inoltre, che qualsiasi scrittura privata42 è assoggettata
all’imposta di bollo di € 14,62 ogni cento righe e che i contrassegni
telematici autoadesivi43 recano la data in cui sono stati acquistati44; non
è improbabile, quindi, che in sede di futuro controllo venga applicata la
sanzione45 per omissione o tardività dell’assolvimento dell’imposta di
bollo.
41
Si pensi all’utilizzo personale da parte dell’imprenditore individuale di un bene della sua impresa.
Dovrebbe redigere un contratto con se stesso! Questi problemi nascono anche dal fatto che l’imprenditore
non è un soggetto utilizzatore individuato dalla normativa, ma lo ha “letteralmente” inventato l’Agenzia
con la Circolare 24/E-2012
42
Art. 2, tariffa parte 1° D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642: "le scritture private contenenti convenzioni o
dichiarazioni anche unilaterali con le quali si creano, si modificano o si documentano rapporti giuridici di
ogni specie" sono assoggettati all'imposta di bollo fin dall'origine.
43
I contrassegni telematici autoadesivi sono stati introdotti nel giungo del 2005 e hanno sostituito le
vecchie marche da bollo in via definitiva il 1° settembre 2007.
44
Art 11, D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642: "per gli atti soggetti al bollo fin dall'origine l'applicazione delle
marche da bollo (ora contrassegni telematici) deve precedere l'eventuale sottoscrizione".
Onde evitare inutili e fastidiose sanzioni e per essere in regola con l'assolvimento dell'imposta di bollo, per
tutti gli atti privati non autenticati è necessario applicare i contrassegni telematici (le marche da
bollo) con una data di emissione antecedente o uguale alla data di sottoscrizione dell'atto.
45
Ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642, la sanzione per la mancata o tardiva
corresponsione dell’imposta di bollo va da una a cinque volte (dal cento al cinquecento per cento)
l’imposta non versata con possibilità di ravvedimento operoso con il versamento tramite il modello F23
utilizzando il codice tributo 675T.
L’azione di accertamento da parte dell’ufficio tributario deve, a pena di decadenza, effettuarsi entro e non
oltre tre anni dal giorno della violazione.
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L’INDEDUCIBILITA’ DEI COSTI SPECIFICI E IL DIVIETO DI DOPPIA
IMPOSIZIONE
Unitamente alla tassazione in capo all’utilizzatore del minor corrispettivo
concordato, viene altresì prevista46 la conseguente indeducibilità, in ogni
caso, dei costi relativi al bene oggetto del godimento per l’impresa
concedente, qualora il corrispettivo previsto sia inesistente o
inferiore al valore normale.
Si tratta dei costi sostenuti dall’impresa per l’acquisto dei beni concessi
in godimento al socio o al familiare dell’imprenditore (naturalmente
saranno rese fiscalmente indeducibili le quote d’ammortamento se il bene è
un cespite ammortizzabile), oltre a tutte le eventuali altre spese e
componenti negativi relativi agli stessi beni quali, ad esempio, le spese di
manutenzione ordinaria e straordinaria, le spese di gestione e tutte le
altre spese ad essi relative47.
Una norma analoga è presente anche nell’ambito dell’Imposta sul Valore
Aggiunto, e precisamente all’art. 4, comma 5, lettera a) del D.P.R. 26
ottobre 1972 n. 633; la disposizione, derogatoria della norma generale
sulla commercialità delle attività societarie, nasce con la riforma degli
anni 1997/1998 per contrastare il fenomeno dell’intestazione fittizia alle
società, con conseguente detraibilità IVA, di che beni che venivano, di
fatto, concessi in godimento ai soci.
46
D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 36-quaterdecies (alias 14)
47
Circolare n. 24/E-2012, § 4, pag. 10
29
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Questa
norma48,
anche
in
deroga
alla
presunzione
assoluta
di
commercialità delle operazioni poste in essere dalle imprese societarie49,
non considera commerciale e non permette quindi la detraibilità
dell’I.V.A. assolta sugli acquisti di beni e servizi effettuati da parte di
società o enti allo scopo di permetterne, gratuitamente o a corrispettivo
inferiore al normale50, il godimento personale ai soci o loro familiari.
La fattispecie di indetraibilità I.V.A. non si applica tutte le volte in cui,
pur applicando un corrispettivo inferiore al valore normale, il godimento
del bene o del servizio non viene utilizzato per fini privati, ma
nell’esercizio di una attività d’impresa51
48
Art. 4, comma 5 D.P.R. 633/72: “a) il possesso e la gestione di unità immobiliari classificate o
classificabili nella categoria catastale A e le loro pertinenze, ad esclusione delle unità classificate o
classificabili nella categoria catastale A10, di unità da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi
altro mezzo di trasporto ad uso privato, di complessi sportivi o ricreativi, compresi quelli destinati
all'ormeggio, al ricovero e al servizio di unità da diporto, da parte di società o enti, qualora la
partecipazione ad essi consenta, gratuitamente o verso un corrispettivo inferiore al valore normale, il
godimento, personale, o familiare dei beni e degli impianti stessi, ovvero quando tale godimento sia
conseguito indirettamente dai soci o partecipanti, alle suddette condizioni, anche attraverso la
partecipazione ad associazioni, enti o altre organizzazioni.
49
Art. 4, comma 2, D.P.R. 633/72: “Si considerano in ogni caso effettuate nell'esercizio di imprese: 1) le
cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice,
dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle società a responsabilità limitata, dalle società
cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle società estere di cui all'art. 2507 del codice
civile e dalle società di fatto; 2) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da altri enti pubblici e
privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica e le società
semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole.”
50
Art. 14, D.P.R. 633/72:“ 1. Per valore normale si intende l'intero importo che il cessionario o il
committente, al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la cessione di beni
o la prestazione di servizi, dovrebbe pagare, in condizioni di libera concorrenza, ad un cedente o
prestatore indipendente per ottenere i beni o servizi in questione nel tempo e nel luogo di tale cessione
o prestazione. 2. Qualora non siano accertabili cessioni di beni o prestazioni di servizi analoghe, per
valore normale si intende: a) per le cessioni di beni, il prezzo di acquisto dei beni o di beni simili o, in
mancanza, il prezzo di costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni; b) per le
prestazioni di servizi, le spese sostenute dal soggetto passivo per l'esecuzione dei servizi medesimi.
3. Per le operazioni indicate nell'articolo 13, comma 3, lettera d), con decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze sono stabiliti appositi criteri per l'individuazione del valore normale”
51
Risoluzione n. 108 del 24 maggio 2000.
30
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Torniamo, dopo questa breve parentesi dedicata all’I.V.A., alla novella
legislativa dell’art. 2, comma 36-quaterdecies del D.L.138/2011.
Occorre
innanzitutto
sottolineare
come
la
Circolare
24/E-201252
stabilisca, correttamente, una deroga all’indeducibilità dei costi tutte
le volte in cui il Testo Unico delle Imposte sui Redditi prevede già una
limitazione alla deducibilità.
Quale classico esempio di deroga, la circolare afferma che la novella
legislativa dell’indeducibilità di cui qui si discute, non trova applicazione
relativamente
alla
concessione
in
godimento
ai
soci
o
familiari
dell’imprenditore degli autoveicoli che, come è noto, rientrano nel regime
di indeducibilità previsto dall’articolo 164, comma 1, del T.U.I.R.53.
52
Circolare n. 24/E-2012, § 4, pag. 10
53
Art. 164, c. 1, T.U.I.R: “Le spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore
indicati del presente articolo, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni, ai fini della
determinazione dei relativi redditi sono deducibili solo se rientranti in una delle fattispecie previste nelle
successive lettere a), b) e b-bis):
a) per l'intero ammontare relativamente: 1) agli aeromobili da turismo, alle navi e imbarcazioni da
diporto, alle autovetture ed autocaravan, di cui alle lettere a) e m) del comma 1 dell'articolo 54 del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ai ciclomotori e motocicli destinati ad essere utilizzati esclusivamente
come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa; 2) ai veicoli adibiti ad uso pubblico;
b) nella misura del 40 per cento relativamente alle autovetture e autocaravan, di cui alle citate lettere
dell'articolo 54 del citato decreto legislativo n. 285 del 1992, ai ciclomotori e motocicli il cui utilizzo è
diverso da quello indicato alla lettera a), numero 1). Tale percentuale è elevata all'80 per cento per i
veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio. ..Omissis.. Non
si tiene conto: della parte del costo di acquisizione che eccede lire 35 milioni (€ 18.076,00) per le
autovetture e gli autocaravan, lire 8 milioni (€ 4.131,66) per i motocicli, lire 4 milioni (€ 2.065,83) per i
ciclomotori; dell'ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di detti veicoli che
eccede i limiti indicati, se i beni medesimi sono utilizzati in locazione finanziaria; dell'ammontare dei costi
di locazione e di noleggio che eccede lire 7 milioni (€ 3.615,20) per le autovetture e gli autocaravan, lire
1,5 milioni (€ 774,69) per i motocicli, lire ottocentomila (€ 413,17) per i ciclomotori. ..Omissis.. Il predetto
limite di 35 milioni di lire per le autovetture è elevato a 50 milioni di lire (€ 25.822,84) per gli autoveicoli
utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio;
b-bis) nella misura del 90 per cento per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte
del periodo d'imposta.”
*** Si ricorda che la riforma del lavoro targata Fornero con l’art. 4, commi 72 e 73 (legge n. 92 del 28
giugno 2012) riduce, con decorrenza 01.01.2013, la deducibilità al 27,5% (in luogo del 40%) e al 70%
(in luogo del 90%), mentre resta invariata quella dell’80% per agenti e rappresentanti di commercio,
promotori finanziari, agenti e sub-agenti assicurativi.***
31
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La stessa regola deve quindi valere anche per gli apparecchi e gli impianti
di telefonia fissa, mobile e di collegamento internet (modem, router, ecc.)54
e, ovviamente, per tutti i fabbricati patrimonio classificati in categoria A
(escluso A10) posseduti da imprese; per questi ultimi, oltretutto, vige già
l’indeducibilità totale di tutti i costi inerenti e l’intassabilità dei relativi
ricavi conseguiti55.
Anche se la norma, per come è scritta, sembrerebbe prevedere la totale
indeducibilità dei costi sostenuti, l’Agenzia delle Entrate, nella
Circolare
n.
24/E
del
15
giugno
2012,
con
una
condivisibile
interpretazione logico-sistematica della norma, considera indeducibili
solo
i
costi
proporzionalmente
riconducibili
all’importo
non
corrisposto all’impresa e tassato dal soggetto utilizzatore.
54
Art. 102, c. 9, T.U.I.R.: “Le quote d'ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio
e le spese di impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature terminali per servizi di comunicazione
elettronica ad uso pubblico di cui alla lettera gg) del comma 1 dell'articolo 1 del codice delle
comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, sono deducibili nella misura
dell'80 per cento. La percentuale di cui al precedente periodo è elevata al 100 per cento per gli oneri
relativi ad impianti di telefonia dei veicoli utilizzati per il trasporto di merci da parte di imprese di
autotrasporto limitatamente ad un solo impianto per ciascun veicolo.”
55
Vengono definiti immobili patrimonio gli immobili non riconducibili alle categorie degli immobili
strumentali e di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa.
Si tratta, dunque, di fabbricati abitativi acquistati dalle imprese a titolo di investimento e non per essere
utilizzati quali beni strumentali per l'attività.
Ai sensi dell'art. 90, c. 1, T.U.I.R, gli immobili patrimonio situati in Italia non concorrono alla formazione
del reddito sulla base dei costi e dei ricavi ad essi afferenti, ma nell'ammontare determinato secondo le
regole proprie dei redditi fondiari di cui alle disposizioni del capo II del titolo I del T.U.I.R., mentre per
quelli situati all’estero si applicano le disposizioni dell’art. 70, c. 2, T.U.I.R. che prevede: “I redditi dei
terreni e dei fabbricati situati all'estero concorrono alla formazione del reddito complessivo
nell'ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo
di imposta o, in caso di difformità dei periodi di imposizione, per il periodo di imposizione estero che scade
nel corso di quello italiano. I redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello Stato estero
concorrono a formare il reddito complessivo per l'ammontare percepito nel periodo di imposta, ridotto del
15 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese.”
*** Si ricorda che la riforma del lavoro targata Fornero con l’art. 4, c. 74 (legge n. 92 del 28 giugno
2012) riduce, con decorrenza 01.01.2013, la deduzione forfetaria sui canoni di locazione al 5% (in
luogo del 15%) modificando, però, solo l’art 37, c. 4-bis del T.U.I.R (redditi fondiari degli immobili
situati in Italia) e non anche l’art. 70, c. 2, dei redditi fondiari per gli immobili situati all’estero***
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La conclusione dell’Agenzia delle Entrate è corretta, in quanto il
corrispettivo riscosso, ancorché inferiore rispetto al valore di mercato,
partecipando
al
reddito
d’impresa,
permette,
per
il
principio
di
correlazione tra costi e ricavi, la detraibilità dei relativi costi sostenuti in
via proporzionale.
E’ la stessa circolare 24/E-2012 a specificare56, inoltre, che, qualora il
concedente sia una società di persone o una s.r.l. trasparente, il maggior
reddito derivante dall’indeducibilità dei costi dovrà essere imputato
esclusivamente ai soci utilizzatori, anche per l’eventuale utilizzo da
parte di loro familiari.
L’unica eccezione a questa regola l’Agenzia delle Entrate la formalizza
nella Circolare 36/E-201257, dove evidenzia che qualora il bene concesso
in godimento sia già soggetto ad un regime di limitazione della
deducibilità dei costi previsto dal T.U.I.R. (ad esempio autovetture),
considerato che rimangono prevalenti ed applicabili le dette limitazioni e
non scatta l’indeducibilità prevista dall’art. 2, comma 36-quaterdecies
(alias 14) del D.L. 138/2011, il maggior reddito, derivante dalla
indeducibilità dei costi relativi al bene concesso in godimento, in questi
casi, è imputato a tutti i soci a prescindere da chi ha efeftivamente
utilizzato il bene.
56
Circolare n. 24/E-2012, § 4, pag. 11
57
Circolare n. 36/E-2012, § 2, pag. 4
33
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La soluzione di imputare ai soli soci utilizzatori il reddito derivante dalla
indeducibilità dei costi (che potrebbe apparire equa nei confronti degli altri
soci, che non si vedono così attribuito e tassato un reddito non percepito
non avendo utilizzato il bene) attribuisce ad un medesimo soggetto, il
socio
se
utilizzatore
in
proprio,
sia
un
maggior
reddito
di
partecipazione pari ai costi non dedotti dalla società, sia un reddito
diverso calcolato con le modalità già esposte al paragrafo precedente.
Il reddito derivante dai costi non dedotti dal concedente, inoltre, come
abbiamo visto, è attribuito al socio anche se l’utilizzatore è un suo
familiare.
La medesima situazione, anche se dovrebbe accadere solo tra soggetti
diversi in quanto la norma non prevede che l’imprenditore individuale
possa vestire i panni anche dell’utilizzatore privato, viene a crearsi
nell’impresa individuale, laddove sono reddito per l’imprenditore (reddito
d’impresa) i costi indeducibili ed è reddito diverso per il familiare (ma
anche per lo stesso imprenditore per l’eventuale uso privato del bene
secondo la circolare 24/E-201258) l’intero corrispettivo o il minor
corrispettivo non corrisposto per l’utilizzo in concessione del bene.
58
Circolare n. 24/E-2012, § 1, pag. 4, lettera c).
34
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E’ evidente che la norma, perlomeno relativamente all’IRPEF per le
imprese individuali, le società di persone e le s.r.l. trasparenti59,
pone in essere un caso di doppia imposizione giuridicamente vietata dal
nostro ordinamento60, che sarebbe, forse, in qualche modo giustificabile
solo se l’indeducibilità fosse esplicitamente considerata dal legislatore
quale sanzione accessoria, ma non è individuata in tal senso dalla legge.
Il divieto legislativo di cui all’art. 163 del T.U.I.R. non risulta, invece,
applicabile nel caso la concedente sia una società di capitali non
trasparente in quanto vengono interessate imposte differenti, giacché il
reddito derivante dalla mancata deducibilità dei costi è soggetto ad IRES,
mentre il reddito del socio o del suo familiare è soggetto all’IRPEF.
Ed anche nel caso di società controllate e collegate, pur se alla
partecipata società di capitali viene imputato un maggior reddito soggetto
anch’esso ad IRES, la stessa poi lo riattribuirà al socio persona fisica che
ha effettivamente utilizzato il bene della società partecipata concedente.
Anche in questo caso, comunque, la doppia imposizione si manifesta,
pur se da un punto di vista economico e non giuridico, e rappresenta
in ogni caso una lesione del principio di capacità contributiva61, in
quanto è l’intera compagine sociale a subire una ingiusta tassazione
dovuta all’indeducibilità dei costi sostenuti dalla società partecipata per
permettere il godimento del bene ad un singolo socio.
59
Il regime di trasparenza fiscale è contemplato dall’art. 116 del T.U.I.R. ed è opzionabile, con obbligo
triennale di mantenimento, dalle società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria (max 10 soci
solo persone fisiche, 20 per le cooperative) con ricavi non superiori alla soglia prevista per l’applicazione
degli studi di settore. La validità dell’opzione è subordinata all’accettazione da parte di tutti i soci.
60
Articolo 163, T.U.I.R - Divieto della doppia imposizione: “La stessa imposta non può essere applicata
più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi.”
61
Vedi sull’argomento Raffaele Rizzardi, Sole 24 Ore del 19.09.2012, pagina 22.
35
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La soluzione, comunque esiste già nell’ordinamento tributario ed è quella
di attribuire al socio utilizzatore (anche nell’ipotesi in cui il bene sia
utilizzato dai suoi familiari) un dividendo in natura che sarà tassato in
base alle normativa vigente quale utile da partecipazione, in dipendenza
della qualificazione o meno della quota posseduta dal socio62.
Per rispondere alle critiche mosse dalla dottrina in relazione alla doppia
imposizione che si crea nelle ditte individuali, nelle società personali e
nelle S.R.L. trasparenti, e per cercare di limitarne la potenziale casistica,
l’Agenzia interviene con la già citata Circolare 36/E del 24 settembre
2012, dove ammette che il fenomeno della doppia imposizione può
effettivamente determinarsi con queste nuove disposizioni.
62
La tassazione degli utili da partecipazione in natura è disciplinata dagli artt. 44, comma 1, lettera e),
dall’art. 67, comma 1, lettere c e c-bis), dall’art. 47, commi 1 e 3 del T.U.I.R. e dall’art. 27, comma 1 del
D.P.R. 600/1973 di seguito riportati nelle attuali versioni:
Art. 44, c. 1, T.U.I.R: “Sono redditi di capitale: ..omissis.. e) gli utili derivanti dalla partecipazione al
capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle società, salvo il disposto
della lettera d) del comma 2 dell'articolo 53; ..omissis..”;
Art. 67, c. 1, lettera c), T.U.I.R.: “..omissis… partecipazioni qualificate…..qualora le partecipazioni, i
diritti o titoli …. rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili
nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al
patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati
o di altre partecipazioni. ...omissis..
Art. 67, c. 1, lettera c-bis), T.U.I.R.: ..omissis.. diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c), …….
azioni e … ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all'articolo 5, escluse le
associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all'articolo 73 ,..omissis..”
Art. 47, c. 1, T.U.I.R.: “Salvi i casi di cui all'articolo 3, comma 3, lettera a), gli utili distribuiti in qualsiasi
forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società o dagli enti indicati nell'articolo 73, anche in
occasione della liquidazione, concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo
limitatamente al 40 (49,72 dal 2008) per cento del loro ammontare. ..omissis..”
Art. 47, c. 3, T.U.I.R.: “Nel caso di distribuzione di utili in natura, il valore imponibile è determinato in
relazione al valore normale degli stessi alla data individuata dalla lettera a) del comma 2 dell'articolo
109.”
Art. 27, c. 1 D.P.R. 600/1973: “Le società e gli enti indicati nelle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo
73 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, operano con obbligo di rivalsa, una ritenuta del 12,50 (20 dal 01.01.2012) per
cento a titolo d’imposta sugli utili in qualunque forma corrisposti, anche nei casi di cui all’articolo 47,
comma 7, del predetto testo unico, a persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni non qualificate
ai sensi della lettera c-bis) del comma 1 dell’articolo 67 del citato testo unico n. 917 del 1986, non relative
all’impresa ai sensi dell’articolo 65 del medesimo testo unico.”
36
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Nel prosieguo della Circolare l’Agenzia delle Entrate formula una
soluzione per eliminare questo fenomeno della doppia imposizione in
quanto, secondo i principi generali del nostro ordinamento, lo stesso
deve essere evitato, ma al di là dei principi generali l’articolo 163 del
T.U.I.R., come abbiamo già avuto modo di vedere, invece, lo vieta
espressamente.
Riprendendo il principio espresso dalla norma, vediamo che l’art. 163T.U.I.R intitolato “Divieto della doppia imposizione” così recita: “La stessa
imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso
presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi”.
Non si capisce perché l’Agenzia, nella suddetta circolare, si limiti a
considerare il fenomeno della doppia imposizione solo quando si verifica
in capo al medesimo soggetto e non, come prescrive la norma, anche
nei confronti di soggetti diversi.
La circolare63, infatti, prevede che il reddito diverso da assoggettare a
tassazione debba essere determinato “confrontando la differenza tra il
valore normale del diritto di godimento del bene e il corrispettivo
“pagato”64,
con
il
reddito
d’impresa
imputato
all’imprenditore
individuale o la quota parte del reddito attribuito al socio per
trasparenza corrispondente all’ammontare dei costi non ammessi in
deduzione. Solo l’eventuale eccedenza tra detta differenza e il predetto
reddito o quota parte di reddito sarà assoggettata a tassazione come
reddito diverso”.
63
Circolare n. 36/E-2012, § 2, pag. 3
64
Avrebbe dovuto scrivere “pattuito” trattandosi di una tassazione per competenza e non per cassa!!
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Il principio è senz’altro corretto e condivisibile, ma deve essere codificato
in una norma di legge per essere veramente operativo, perché l’attuale
formulazione della norma è assolutamente chiara e non pone alcun
dubbio su come si debba calcolare il reddito diverso; l’art 67, c. 1, lettera
h-ter), infatti stabilisce, come abbiamo già visto, che è reddito diverso: “la
differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la
concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari
dell’imprenditore”
a
nulla
rilevando,
quindi,
che
l’impresa
sia
indirettamente tassata con la indeducibilità dei costi relativi; se il
legislatore ha codificato una norma che genera doppia imposizione, è lui
stesso che la deve modificare per rimuovere l’obbrobrio giuridico e ben
poco può fare l’Agenzia delle Entrate65, pur con tutta la sua buona
volontà e il suo sempre più dinamico interventismo pseudo-legislativo.
Oltretutto come dicevamo, l’Agenzia “trova” la soluzione solo per
l’imprenditore (quando utilizza privatamente i beni della sua impresa) e
per il socio di società personali o trasparenti (quando è utilizzatore diretto
dei beni concessi in godimento).
Ma che fine hanno fatto i familiari dell’imprenditore e del socio?
Perché l’Agenzia non considera anche il divieto di doppia imposizione che
si genera tra soggetti diversi per il fatto che l’imprenditore o il socio
sono indirettamente tassati sull’importo dei costi non dedotti e il
familiare paga le imposte sul reddito diverso?
L’imposta è la stessa (IRPEF), il presupposto anche e l’art. 163 del TUIR
vieta la doppia imposizione anche nei confronti di soggetti diversi!
65
E' a tutti nota la storica sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 23031 del
02.11.2007 che ha qualificato le Circolari come atti interni alla Pubblica Amministrazione “che esprimono
esclusivamente un parere dell'amministrazione medesima non vincolante per il contribuente, per gli uffici,
per la stessa autorità che l'ha emanata e per il giudice”. *** VEDI ANCHE NOTA A PAGINA 48 ***
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Al di là di quanto afferma l’Agenzia delle Entrate nella circolare 36/E2012, quindi, questo rivisto sistema di calcolo del reddito diverso ex art.
67, c. 2, lettera h-ter), ancorché non previsto in via legislativa, deve
essere necessariamente esteso anche ai familiari dell’imprenditore e del
socio di società personali o trasparenti per evitare la doppia imposizione
tra soggetti diversi e trattamenti diversificati tra contribuenti che
soggiacciono alla medesima fattispecie reddituale.
Sarebbe sufficiente prevedere a carico della impresa concedente una
specifica certificazione da rilasciare al familiare utilizzatore ai soli
fini dichiarativi.
La Circolare 36/E-201266 è stata l’occasione per l’Agenzia delle Entrate
per affermare un altro principio di non applicabilità della norma, in
relazione all’indeducibilità dei costi sostenuti per i beni concessi in
godimento e riguarda il caso in cui, pur nella naturale promiscuità
dell’utilizzo del bene, il legislatore ha riconosciuto l’integrale deducibilità
dei costi relativi.
Si tratta di quei beni per i quali è lo stesso legislatore a disinteressarsi
dell’eventuale utilizzo del bene stesso nella sfera privata del contribuente.
L’esempio che porta la circolare è quello delle autovetture dei tassisti,
per le quali l’Agenzia delle Entrate ritiene che non siano applicabili le
disposizioni dell’art. 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies del
D.L. 138/2011, nonostante il riconosciuto e autorizzato uso privato che
possono fare dell’autovettura, ancorché destinata ad uso pubblico67.
66
Circolare n. 36/E-2012, § 3, pag. 6
67
L’art. 14, comma 6, del D.Lgs. 19.11.1997, n. 422 dispone che: “ad integrazione dell’articolo 86 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ai veicoli adibiti al servizio di piazza per il trasporto di persone
di cui all’articolo 82, comma 5, lettera b), dello stesso decreto, è consentito l’uso proprio fuori servizio”.
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AMBITO SOGGETTIVO DELLA COMUNICAZIONE
I destinatari di questa nuova disposizione (che sono coobbligati in
solido all’invio telematico della comunicazione68) sono sia le
imprese concedenti i beni in godimento (costituite sia in forma societaria
che in forma di ditta individuale, purché esercenti attività d’impresa), sia
gli utilizzatori di detti beni concessi in godimento che, in quanto
potenziali titolari di redditi diversi69, possono essere unicamente persone
fisiche, società semplici e associazioni professionali70 sia residenti
che non residenti71 nel territorio dello Stato e si identificano in:
1. Soci della società concedente;
2. Soci di società controllate o collegate, ai sensi dell’art. 2359 del
c.c., a cui la consorella concede i beni;
3. socio fiduciante o disponente di società fiduciaria o trust che siano
a loro volta soci della concedente72;
68
D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 36-sexiesdecies (alias 16) ***Provvedimento n. 166485/2012, punto 1.2
69
I redditi diversi sono disciplinati dall’art 67, comma 1 del T.U.I.R.
70
Le società semplici e le associazioni tra artisti e professionisti sono assoggettate alla tassazione dei
redditi diversi di cui all’art. 67, c. 1 del T.U.I.R., se non sono conseguiti nell’esercizio di arti o
professioni, da dichiararsi nel Modello Unico SP, quadro RL, Sezione II.
71
Confronta l’art. 23, comma 1, lettera f) del T.U.I.R.
72
E’ senza dubbio un aspetto da chiarire quello riguardante i soci persone fisiche “schermati” dietro società
fiduciarie. Se il titolare effettivo (il socio fiduciante) utilizza i beni della società partecipata tramite la
fiduciaria, la comunicazione andrebbe effettuata, ma non è chiaro chi dovrebbe provvedervi. La società
concedente, infatti, non conosce l’identità del socio effettivo e la società fiduciaria potrebbe non essere a
conoscenza del fatto che esistano beni concessi in godimento.
Nella risposta ad un quesito durante un incontro con la stampa specializzata, che è stata poi
ufficializzata nella Circolare 25/E-2012 al punto 5.2, l’Agenzia delle Entrate afferma che la società
partecipata concedente deve comunicare come soggetto beneficiario il fiduciante ovvero il disponente
(nei trust), trattandosi nella sostanza di detenzione indiretta di quote. Sarebbe forse opportuno che
venisse, invece, richiesta la comunicazione della società fiduciaria che, a sua volta, tramite apposita
sezione del Mod. 770 Ordinario, comunichi all’Agenzia delle Entrate il fiduciante utilizzatore.
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4. Familiari73 dei soci di cui ai precedenti numeri74;
5. Familiari dell’imprenditore individuale;
6. L’imprenditore individuale stesso75.
Tutti i soggetti sopra elencati si considerano utilizzatori quando
beneficiano dei beni relativi all’impresa nella propria sfera privata
extra aziendale/professionale.
Relativamente ai soggetti concedenti, devono ritenersi potenzialmente
tali tutti i soggetti giuridici residenti esercenti attività di impresa.
Non vi rientrano, pertanto, le società semplici, le associazioni tra
professionisti, le società professionali, gli esercenti arti e professioni e le
associazioni
ed
enti
privati
che
svolgono
esclusivamente
attività
istituzionale.
Per contro sono da includere nell’ambito applicativo della nuova
disposizione, solo se fiscalmente residenti:
1. L’imprenditore individuale;
2. Le imprese coniugali;
3. Le società irregolari e di fatto76;
4. Le società personali (S.N.C e S.AS.);
5. Le società di capitali (S.P.A., S.R.L., S.R.L.S., S.R.L.C.R., S.A.P.A.)77;
73
Per familiari si intendono quelli previsti dall’art. 5, comma 5 T.U.I.R. e cioè: “il coniuge, i parenti entro
il terzo grado e gli affini entro il secondo grado”
74
Soggetti non previsti dalla norma primaria, ma solo dal provvedimento direttoriale n. 166485/2011
75
Soggetto non previsto né dalla norma primaria, né dal provvedimento direttoriale, ma solo dalla Circolare
n. 24/E del 15 giugno 2012
76
Tra cui vanno ricomprese anche le comunioni ereditarie d’azienda.
77
Società per azioni, Società a responsabilità limitata, Società a responsabilità limitata semplificata, Società
a responsabilità limitata a capitale ridotto, Società in accomandita per azioni.
41
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6. Le società cooperative;
7. I consorzi e le società consortili;
8. I gruppi europei di interesse economico (G.E.I.E.)78
9. Le stabili organizzazioni in Italia di società non residenti;
10.Le associazioni e gli enti privati limitatamente ai beni relativi alla
sfera commerciale.
La norma non prevede esoneri di comunicazione legati al tipo di
contabilità
adottato
dall’impresa
e
potrebbe
risultare
piuttosto
complesso indicare i finanziamenti e i versamenti dei soci (magari
effettuati in contanti nella cassa della società nel rispetto dei i limiti di
spendibilità del contante nel tempo79) quando la società è in contabilità
semplificata e ancor più complesso sarà ricostruire i finanziamenti in
essere nel 2011 effettuati in anni precedenti e capitalizzati o ancora non
restituiti, come richiesto dal Provvedimento Direttoriale.
Pur comprendendo le finalità di contrasto all’evasione, l’Agenzia dovrebbe
limitarsi a richiedere (se proprio lo ritiene necessario) la comunicazione
dei finanziamenti, per lo meno per quelli pregressi, solamente alle società
in contabilità ordinaria, visto che il legislatore nel Decreto Legge
138/2011, norma primaria istitutiva della comunicazione dei dati relativi
ai beni concessi in godimento, non ha previsto alcuna segnalazione
indiscriminata e preventiva dei finanziamenti societari, ma solo il loro
utilizzo ai fini della ricostruzione sintetica del reddito del socio.
78
Gruppo Europeo di Interesse Economico.*** In Italia, il regolamento comunitario 2137/85 istitutivo dei
G..E.I.E. è stato assorbito ed integrato dal decreto legislativo n. 240 del 23 luglio 1991 e non è stato istituito
nessun nuovo soggetto a cui fare riferimento. La soluzione proposta dal legislatore è stata quella di
considerarla una società di persone anche se questa scelta è stata spesso criticata a causa della
somiglianza dei G.E.I.E. alle cooperative.
79
Limite attualmente stabilito in € 1.000 a far tempo dal 06.12.2011; l’importo era stato fissato in € 2.500
dal 13.08.2011, precedentemente era stabilito in € 5.000 dal 31.05.2010 e in € 12.500 fino a quella data.
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I BENI OGGETTO DELLA COMUNICAZIONE E I DATI DA INDICARE
Con il Provvedimento direttoriale già citato80, l'Agenzia (andando, come
vedremo, ben oltre il dettato normativo primario), stabilisce quali sono i
beni per i quali deve essere effettuata la comunicazione e i dati da
indicare per ognuno di essi oltre, naturalmente, all’anno di riferimento,
al codice fiscale e ai dati anagrafici dell’impresa, del socio, del
familiare
del
socio
o
dell’imprenditore,
al
codice
fiscale
dell’eventuale intermediario telematico e alla data dell’impegno,
richiedendo, forse a titolo di primo monitoraggio, anche i dati del 2011
ancorché, come abbiamo visto la norma decorra solo da quest’anno (per i
finanziamenti, inoltre, in sede di prima applicazione vengono richiesti
anche quelli ancora in essere nel 2011 ancorché effettuati in anni
precedenti!!)
Il file della comunicazione da inviare è strutturato in tre record:
Il record di testa ti tipo “0” (lunghezza 1800 byte)
contenente
la
tipologia
di
invio
(ordinario,
sostitutivo,
annullamento, comunicazione negativa), il codice fiscale e i
dati identificativi del soggetto obbligato81 (persona fisica o
non
fisica),
l’anno
di
riferimento
e
i
dati
riservati
all’intermediario per l’invio telematico oltre ai caratteri di
controllo.
80
Provvedimento Protocollo n. 166485 del 16 novembre 2011
81
Forse era meglio definirlo “soggetto concedente”, in quanto l’invio telematico del file può essere
eseguito anche dal soggetto utilizzatore in quanto coobbligato all’invio sia dal D.L. n. 138/2011, art. 2,
comma 36-sexiesdecies (alias 16) che dal Provvedimento n. 166485/2012, punto 1.2
43
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Il record di dettaglio di tipo “1” (lunghezza 1800 byte)
contenente il codice fiscale e i dati identificativi del
socio/familiare (persona fisica o non fisica) che utilizza i beni
e finanzia la società, tutti i dati relativi ai beni concessi in
godimento e ai finanziamenti effettuati dal socio (di cui
facciamo poco più avanti l’analisi), oltre ai caratteri di
controllo.
Il record di coda ti tipo “9” (lunghezza 1800 byte) contenente
i medesimi dati del record di testa di cui è l’esatta copia.
I beni da comunicare (siano essi beni-merce, beni strumentali o immobili
patrimonio), purché relativi all’impresa, vengono previsti specificatamente
nei seguenti:
1. le autovetture e gli altri veicoli (da segnalare con le lettere A o B)
di cui indicare il numero di telaio (si poteva prevedere un campo
misto per indicare alternativamente la targa, che per i veicoli
immatricolati è più facilmente reperibile anche dal consulente, o il
telaio ovvero numero di matricola da rendere obbligatorio per i soli
veicoli non targati);
2. le unità da diporto (da segnalare con la lettera C) per le quali va
indicata la lunghezza in metri;
3. gli aeromobili (da segnalare con la lettera D) di cui indicare la
potenza del motore in Kw;
4. gli immobili (da segnalare con la lettera E) dei quali occorre
indicare il comune, la provincia, il foglio e la particella catastale;
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5. gli altri beni (da segnalare con la lettera F) diversi dai precedenti
che però rientrano nella nuova disciplina solo se il loro valore82
(costo di acquisizione o valore normale della concessione in
godimento?) è superiore ai 3.000 euro (si ritiene per singolo bene e
non per il loro intero ammontare) al netto dell’IVA, come confermato
dalla Circolare 24/E-2012.83
La circolare 24/E-201284 esclude dall’ambito oggettivo di applicazione,
oltre agli altri beni di cui al n. 5, anche i beni in possesso di società e di
enti privati di tipo associativo, residenti e non residenti, che svolgono
attività commerciale, concessi in godimento a enti non commerciali soci
che utilizzano gli stessi beni per fini esclusivamente istituzionali.
L’esclusione è condivisibile, ma sembra superflua visto che l’utilizzo
istituzionale, se esclusivo, di un qualunque bene da parte di un ente non
commerciale, non può produrre redditi diversi.
82 Non è molto chiaro a cosa debba essere riferito l’importo di 3.000 euro. Nel Provvedimento
Direttoriale si parla di obbligo che non sussiste quando i beni concessi in godimento siano di valore non
superiore a 3.000 euro, mentre nelle note al tracciato record si dice che il campo “altri beni” va compilato
solo quando l’ammontare dei beni è non inferiore a 3.000 euro; la Circolare 24/E-2012, invece, afferma
che sono esclusi dalla disciplina tutti i beni rientranti nella categoria “altro” del tracciato record che
hanno un valore non superiore a 3.000 euro.
In tutti i casi si parla sempre di “valore” del o dei beni, ma mai si accenna al valore della concessione.
83
Da segnalare che, mentre nel provvedimento direttoriale si afferma che l’obbligo della comunicazione
NON sussiste per gli “altri beni” quando gli stessi siano di importo NON SUPERIORE a 3.000 euro
(quindi se il valore è esattamente pari a 3.000 euro non va indicato!), nelle istruzioni al tracciato record si
legge, invece, che gli “altri beni” DEVONO essere indicati quando l’ammontare degli stessi è NON
INFERIORE a 3.000 euro (quindi se il valore è esattamente pari a 3.000 euro deve essere indicato!). E’
necessario che l’estensore delle istruzioni alla compilazione si renda conto che il contrario di “non
superiore” non è “non inferiore”, ma semplicemente “superiore”, perché comunque in mezzo tra il
superiore e l’inferiore c’è sempre “l’uguale”.
Ora la Circolare 24/E-2012 riprende, correttamente, quanto affermato nel Provvedimento n.
166485/2011.
84
Circolare n. 24/E-2012, $ 2, pag. 6
45
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La comunicazione andrà però inviata se il bene in godimento all’ente non
commerciale viene concesso all’associato anche per uso personale.
L’Agenzia considera, altresì, esclusi dalla norma gli alloggi delle società
cooperative edilizie di abitazione a proprietà indivisa85 concessi ai
propri soci, atteso che lo scopo mutualistico di tali cooperative consiste
proprio nell’assegnare in godimento ai soci le abitazioni a condizioni
migliori di quelle del libero mercato
E’ poco condivisibile la posizione dell’IRDCEC (e anche del Dott.
Gianfranco Ferranti) quando (prima della pubblicazione della Circolare
24/E-2012) sperava in un chiarimento di prassi che affermasse che i
beni di importo non superiore a 3.000 euro, in quanto da non indicare
nella
comunicazione,
non
assumono
rilievo
neanche
ai
fini
dell’indeducibilità dei costi per l’impresa e nella tassazione in capo al
socio/familiare utilizzatore, qualora il corrispettivo pattuito sia inferiore
al valore di mercato.
A mio avviso non rientra fra i poteri dell’Agenzia delle Entrate stabilire
forme di esenzione da tassazione non previste legislativamente e la
nuova lettera h-ter aggiunta all’art. 67, c. 1, del T.U.I.R. non prevede
esoneri da tassazione per valori minimi di alcun importo.
85
Le cooperative edilizie di abitazione a proprietà indivisa, sono formate da persone che vogliono
l’assegnazione in godimento a tempo indeterminato di un appartamento. Quindi i soggetti interessati
diventano soci assegnatari contribuendo al finanziamento della costruzione degli alloggi. La cooperativa
procede alla realizzazione di immobili di civile abitazione che verranno concessi solo in godimento ai soci
assegnatari. I soci assegnatari contribuiscono al finanziamento della costruzione degli alloggi, sia attraverso
il versamento della quota sociale sia attraverso l'integrazione dei fabbisogni finanziari non coperti dai mutui
ottenuti dalla cooperativa attraverso particolari forme di finanziamento la cui determinazione è demandata
all'autonomia statutaria. II socio è inoltre tenuto a versare un canone di godimento, la cui determinazione
viene indicata nei regolamenti della cooperativa.
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L’auspicato chiarimento da parte degli organi competenti giunge con la
Circolare 24/E-2012 ed effettivamente esclude dalla nuova disciplina
normativa tutti i beni di valore non superiore ad € 3.000 se rientranti
nella categoria “altro” del tracciato record della comunicazione, in quanto
esclusi dall’inserimento nella
stessa.
Di
fatto l’Agenzia
estende
l’esclusione dalla comunicazione di questi beni “minori”, prevista dal
Provvedimento Direttoriale, alla inapplicabilità della tassazione del
reddito diverso e della relativa indeducibilità dei costi afferenti.
Ancorché questa presa di posizione vada incontro al contribuente,
riducendo i casi di tassazione del nuovo reddito diverso (e sarebbe stato
auspicabile che fosse contenuta nella norma) non è concepibile che con
una circolare si creino ipotesi di esenzione da tassazione non previste
dalla norma istitutiva della fattispecie reddituale.
Anche se il Direttore dell’Agenzia delle Entrate con il provvedimento di
sua competenza rinuncia al monitoraggio delle situazioni minori, ciò
non significa che ad esse non si applichino le disposizioni del T.U.I.R. e
delle altre norme che prevedono ipotesi di tassazione diretta e/o
indiretta.
Si tratta di una presa di posizione dell’Agenzia delle Entrate illegittima e
disapplicabile in sede contenziosa dal giudice tributario, perché non
prevista dalla norma.
Il
comma
36-sexiesdecies
prevede,
infatti,
l’emissione
di
un
provvedimento direttoriale (atto che non ha valore normativo, ma solo
provvedimentale) al solo scopo di individuare modalità e termini per
l’effettuazione della comunicazione ed è quindi possibile che il Direttore
dell’Agenzia delle Entrate preveda degli esoneri dalla comunicazione86,
ma non anche che, da parte dell’Agenzia delle Entrate con una semplice
86
La comunicazione è strumento di puro monitoraggio, istituita dal legislatore al fine di garantire l’attività
di controllo e non si possono estendere arbitrariamente le sue funzioni fino a farla diventare un documento
presupposto per l’applicazione di un tributo, diretto o indiretto che sia.
47
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Circolare, che è documento di mera prassi87, si creino due nuove
esenzioni (tax expenditures) in relazione sia alla neonata ipotesi
di
reddito diverso di cui alla lettera h-ter) del comma 1, dell’art. 67 del
T.U.I.R., che alla limitazione della indeducibilità di costi prevista dal D.L.
138/2011, art. 2, comma 36-quaterdecies.
Con la Circolare n. 24/E del 15.06.2012 l’Agenzia Entrate individua i
beni relativi all’impresa che, se concessi in godimento a soci o familiari,
devono essere indicati nella comunicazione, in funzione della tipologia
del soggetto giuridico concedente, richiamando l’art. 65 del T.U.I.R.
Ampliando e completando quanto elencato nella circolare possiamo
operare la seguente distinzione:
1. per l’imprenditore
individuale
in
contabilità
ordinaria
si
considerano relativi all’impresa i beni indicati tra le attività,
nell’inventario tenuto a norma dell’art. 2217 del c.c.; si tratta,
quindi, di tutti i beni mobili e immobili classificati sia tra i beni
87
La circolare, per previsione legislativa, è “atto interno alla Pubblica Amministrazione finalizzato
essenzialmente ad indirizzare uniformemente l’azione dei vari uffici od organi”.
E' bene tener presente che, per la gerarchia delle fonti normative di produzione, le Circolari Ministeriali
non possono abrogare norme di legge, né contenere disposizioni contrarie alle norme di legge, né creare
sanzioni non previste da norma di legge o esonerare taluno dall’applicazione di esse.
Le Circolari Ministeriali, in quanto atti interni della Pubblica Amministrazione, sono destinate solo ad
esercitare una funzione direttiva verso gli Uffici dipendenti e, come tali, non possono mai sovrapporsi alla
legge né essere vincolanti per il giudice e per i cittadini (v. Cass. 24.1.1949; Cass. 16.7.1949; Cass.
4.8.1949, n. 2173).
L'efficacia normativa delle Circolari Ministeriali è riconosciuta solo se esse derivano da esplicita delega
legislativa (v. Cass. 20.7.1951, n. 2216; Cass. 18.3.1957; Cass. 6.10.1959; Cass., n. 1111/63; Cass.
14.2.1966) ed, in tal caso, abbisognano dell'imprescindibile elemento della pubblicazione.
La circolare con la quale l'Agenzia delle Entrate interpreti una norma tributaria esprime esclusivamente un
parere dell'amministrazione non vincola il contribuente, non vincola gli uffici gerarchicamente sottordinati,
non vincola la stessa autorità che l’ha emanata e non vincola il giudice tributario (v. Cass. Sezioni Unite
Civili n. 23031 del 02/11/2007)
48
ZAMBON Dott. Rag. GIUSEPPE
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strumentali
che
tra
i
beni-merce,
oltre
ai
beni
immobili
patrimonio88;
2. per l’imprenditore individuale in contabilità semplificata si
considerano relativi all’impresa i beni-merce e i beni strumentali
indicati
nel
libro
ammortizzabili89,
cespiti
nelle
scritture
obbligatorie previste dall’art. 18 del D.P.R. 600/197390 e nell’elenco
delle rimanenze;
3. per
le
società
di
capitali
e
le
società
di
persone
(indipendentemente dal regime contabile adottato) si considerano
relativi all’impresa tutti i beni ed esse appartenenti;
4. per le società di fatto si considerano relativi all’impresa i benimerce e i beni strumentali, compresi quelli iscritti in pubblici
registri a nome dei soci ed utilizzati esclusivamente come
strumentali per l’esercizio dell’impresa;
Si tratta, più in generale, di tutti i beni di cui l’impresa ha
conseguito la disponibilità, siano essi posseduti a titolo di proprietà
o in base ad un altro diritto reale ovvero legittimamente detenuti in
locazione, anche finanziaria, noleggiati o ricevuti in comodato.
88
Si ricorda che con l’art. 2, comma 1 del D.P.R. 695 del 21.12.1996 il legislatore ha stabilito che le
annotazioni da effettuare nel registro dei beni ammortizzabili, di cui all'articolo 16 del D.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, possono essere eseguite anche nel libro degli inventari di cui all'articolo 2217 c.c.
89
Si ricorda che l’art. 13 del D.P.R. 435 del 07.12.2001 ha stabilito che i contribuenti in contabilità
semplificata possono non tenere il registro dei beni ammortizzabili qualora, a seguito di richiesta
dell’Amministrazione finanziaria, forniscano, ordinati in forma sistematica, gli stessi dati previsti
dall’articolo 16 del D.P.R. n. 600 del 1973 e che la fornitura di tali dati è equiparata, a tutti gli effetti, alla
annotazione dei medesimi nel registro dei beni ammortizzabili.
Precedentemente, con l’art. 2, comma 1 del D.P.R. 695 del 21.12.1996 il legislatore aveva stabilito che, per
i soggetti in contabilità semplificata, le annotazioni da effettuare nel registro dei beni ammortizzabili, di cui
all'articolo 16 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, possono essere eseguite anche nel registro degli
acquisti tenuto ai fini dell'IVA.
90
D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 *** Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi (S.O. n. 1 alla G.U. n. 268 del 16.10.1973)
49
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Dovranno essere, inoltre, indicati nella comunicazione:
1. la tipologia di utilizzo del bene, se esclusivo o non esclusivo
ovvero se il soggetto è subentrante ad altro precedente utilizzatore
*** la compilazione di questo campo è obbligatoria;
2. in caso di soggetto subentrante in corso d’anno, nel campo
successivo va indicata la data del subentro *** la compilazione di
questo campo è obbligatoria solo se è compilato come “subentrante”
il campo precedente;
3. le modalità contrattuali di concessione (comodato, caso d’uso, altro)
e, se il contratto non è verbale, gli estremi identificativi dello
stesso e la data di stipula *** la compilazione di questi campi non
è obbligatoria;
4. le date di inizio e fine della concessione *** la compilazione di
questi campi è obbligatoria, per cui in caso di utilizzo per tutto l’anno
occorre indicare le date 0101xxxx e 3112xxxx, senza spazi, barre,
punti o linee;
5. il corrispettivo previsto per la concessione in uso relativo alla
durata della concessione stessa *** la compilazione di questo campo
è obbligatoria, da esporre in euro senza decimali;
6. il valore di mercato (o valore normale) della concessione in uso ***
la compilazione di questi campi è obbligatoria, da esporre in euro
senza decimali;
7. l’ammontare
dei
finanziamenti
e
delle
capitalizzazioni
effettuate dal socio (senza prevedere un importo minimo) *** la
compilazione di questi campi è obbligatoria, da esporre in euro senza
decimali. In caso di assenza indicare il valore zero.
50
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LA COMUNICAZIONE DI FINANZIAMENTI E CAPITALIZZAZIONI:
(polemiche, dubbi, perplessità)
E’ opportuno ora soffermarci sulle perplessità e sulle polemiche che ha
suscitato l’introduzione da parte del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
dell’obbligo, non previsto legislativamente, di comunicare anche
l’ammontare dei finanziamenti e delle capitalizzazioni effettuate dal socio
nei confronti della società.
L’Agenzia delle Entrate rispondendo nel gennaio di quest’anno
alle
domande
poste
durante
gli
incontri
con
la
stampa
specializzata91 ha affermato che “I finanziamenti ed i versamenti92
effettuati o ricevuti dai soci vanno comunicati, per l’intero
ammontare, indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano
strumentali all’acquisizione dei beni poi concessi in godimento ai
soci”93.
Ancora, in una successiva risposta ha ribadito che “I finanziamenti
e i versamenti vanno segnalati per l’intero ammontare”94
91
Videoforum organizzato da Italia Oggi del 18.01.2012 e Telefisco organizzato dal Sole 24 Ore del
25.01.2012
92
Da notare che l’Agenzia nelle risposte fornite durante gli incontri con la stampa specializzata, poi
formalizzate nella Circolare 25/E-2012, ha sempre utilizzato il termine “versamenti” in luogo di
“capitalizzazioni”, termine che viene invece utilizzato dal legislatore nella norma primaria e dal Direttore
dell’Agenzia delle Entrate nel Provvedimento che istituisce la comunicazione.
93
La risposta è stata ripresa e formalizzata nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 25/E del
19.06.2012 al paragrafo 5.3 *** La domanda formulata era: “In ordine alla comunicazione dei
finanziamenti e delle capitalizzazioni, l’obbligo sussiste solo se tali operazioni sono strumentali
all’acquisizione dei beni poi concessi in godimento ai soci o a prescindere da tale circostanza?”
94
La risposta è stata ripresa e formalizzata nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 25/E del
19.06.2012 al paragrafo 5.6 *** La domanda formulata era: “I finanziamenti e i versamenti devono essere
segnalati per l’intero ammontare o solo per la quota parte riferibile all’acquisto di beni concessi in
godimento ai soci?”
51
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Sia l’IRDCEC nella sua circolare95, sia alcuni autori della stampa
specializzata, anche on-line, si sono lamentati con l’Agenzia delle
Entrate, relativamente alla previsione di dover monitorare anche i
versamenti ricevuti dai soci da parte della società, per il mancato
rispetto della normativa nella sua esuberante e, per taluni96, arrogante
richiesta di dati.
Questa prima parte della risposta è senz’altro errata e non può
essere presa in considerazione97 sia, come abbiamo già visto, per
l’inesistente obbligo normativo di comunicazione dei finanziamenti, sia
perché
non
solo
Provvedimento
il
Decreto
Direttoriale
Legge
contiene
138/2011,
la
previsione
ma
di
nemmeno
il
segnalare
i
versamenti ricevuti dai soci a titolo di finanziamento da parte della
società o quali restituzioni dei versamenti da loro effettuati.
Il provvedimento98, infatti, nelle motivazioni a pag. 5 recita “… le
imprese o i soci/familiari sono tenuti a comunicare all’Anagrafe
tributaria i dati dei soggetti, soci o familiari dell’imprenditore, che hanno
ricevuto in godimento i beni dell’impresa, nonché (sono tenuti a comunicare,
n.d.r.)
i finanziamenti e le capitalizzazioni effettuati/ricevuti”, ma
ciò, presumibilmente, solo in relazione al soggetto che effettua la
comunicazione!
95
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96
Dario Deotto in “Le richieste arroganti non vincono l’evasione” sul Sole 24 Ore del lunedì del
10.09.2012, a pagina 21.
97
E' a tutti nota la storica sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 23031 del
02.11.2007 che ha qualificato le Circolari come atti interni alla Pubblica Amministrazione “che esprimono
esclusivamente un parere dell'amministrazione medesima non vincolante per il contribuente, per gli uffici,
per la stessa autorità che l'ha emanata e per il giudice”. *** VEDI ANCHE NOTA A PAGINA 48 ***
98
Provvedimento Protocollo n. 166485 del 16 novembre 2011
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La congiunzione “nonché” si lega al soggetto iniziale (le imprese o i
soci/familiari) e non al complemento oggetto (i dati dei soggetti, soci
o familiari dell’imprenditore,…..) ed essendo una congiunzione di tipo
aggiuntivo e non disgiuntivo, completa l’oggetto dell’azione da compiere,
solo che il redattore del provvedimento ha probabilmente invertito i verbi
scrivendo
“effettuati/ricevuti”
anziché
“ricevuti/effettuati”,
come
logica vorrebbe, seguendo la sequenza dei soggetti potenzialmente
compilanti la comunicazione. Diversamente avrebbe dovuto scrivere
“nonché i finanziamenti e le capitalizzazioni effettuati/ricevuti, dai
medesimi
soci
o
familiari
dell’imprenditore”,
aggiungendo
il
complemento di specificazione mancante.
Se così non fosse, quanto scritto sarebbe incoerente con il punto 1.1
dello stesso Provvedimento direttoriale che individua quale oggetto della
comunicazione, oltre ai beni dati in godimento, “… qualsiasi forma di
finanziamento
o
capitalizzazione
nei
confronti
della
società
concedente”, e non anche verso il socio/familiare.
La seconda parte della medesima risposta (in parte confermata anche
dalla seconda risposta ripresa dalla circolare), ancorché anch'essa
contestata da alcuni autori sulla stampa specializzata e dall’IRDCEC
nella circolare già citata99 in quanto prevede la comunicazione anche dei
versamenti non finalizzati all’acquisto dei beni dati in godimento,
risulta, invece, coerente ad avviso del sottoscritto.
Infatti (posto che in comunicazione non andrebbero inseriti i finanziamenti
e
le
capitalizzazioni!)
finanziamenti
99
e
i
l’Agenzia
versamenti
richiede
“…per
l’indicazione
l’intero
di
tutti
ammontare
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53
i
e
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indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano strumentali
all’acquisizione dei beni poi concessi in godimento ai soci”, in
quanto la norma100 prevede che l’Agenzia debba tenere conto in sede di
controllo “di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione
effettuata nei confronti della società” e se accettiamo il fatto di
comunicare i finanziamenti e, conseguentemente, che il Provvedimento
Direttoriale più volte citato trasformi la comunicazione in una sorta di
“questionario”101, allora la richiesta è da considerarsi legittima.
Ciò vale sia per l'ammontare, che non può essere legato al valore del
bene acquisito e poi concesso in uso, sia per la forma e la finalità, dato
l'utilizzo da parte del legislatore dell'aggettivo indefinito “qualsiasi”.
Una ulteriore polemica, sollevata sempre nella circolare dell’IRDCEC102
e sulla stampa specializzata che l’ha messa in risalto, riguarda l’ipotesi
che la comunicazione dei finanziamenti e dei versamenti debba essere
fatta anche quando il socio finanziatore non abbia ricevuto un bene in
godimento. Il problema è nato in seguito ad una domanda posta durante
Telefisco organizzato dal Sole 24 Ore il 25.01.2012.103
100
D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 36-septiesdecies (alias 17)
101
Vedi il capitolo relativo a “L'OBBLIGO DI COMUNICAZIONE”
102
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103 La domanda, che però non è stata ripresa e, quindi, formalizzata dall’Agenzia delle Entrate nella
Circolare 25/E del 19.06.2012, era così formulata: “Se un socio ha effettuato solo finanziamenti o
versamenti, ma non ha ricevuto alcun bene in godimento, deve segnalare comunque i propri apporti alla
società?”. Per un probabile refuso nella predisposizione delle risposte da parte dei funzionari dell’Agenzia
delle Entrate al suddetto quesito è stata abbinata la stessa risposta già data al Videoforum organizzato da
Italia Oggi la settimana precedente (ma in seguito ad una diversa domanda ***Vedi nota 78***) e cioè: ““I
finanziamenti ed i versamenti effettuati o ricevuti dai soci vanno comunicati, per l’intero ammontare,
indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano strumentali all’acquisizione dei beni poi concessi in
godimento ai soci.” E’ evidente che la risposta è fuori tema e, come tale, non è stata ufficializzata.
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Si ritiene che la comunicazione dei finanziamenti e dei versamenti operati
nei confronti della società da parte del socio che non usufruisce della
concessione in godimento di beni societari, non sia dovuta perché il
provvedimento prevede esplicitamente al punto 1.1 che i dati anagrafici
da
comunicare
soci/familiari
da
“…
parte
che
della
hanno
impresa/società
ricevuto
in
sono
quelli
godimento
i
dei
beni
dell’impresa, NONCHÉ effettuano qualsiasi forma di finanziamento
o capitalizzazione nei confronti della società concedente”.
Come già visto precedentemente la congiunzione “nonché” è di tipo
aggiuntivo104 ed il suo significato è sinonimo di “oltre che”, “e inoltre”,
“e anche”, ed è evidente, a questo punto, che sono solo i finanziamenti e
i versamenti effettuati dagli utilizzatori di beni in godimento che devono
essere indicati.
Oltre tutto il file anagrafico da trasmettere (perlomeno nella sua attuale
formulazione105) è intestato all’utilizzatore e non si può intestare il file a
chi non ha ricevuto beni in godimento in quanto il record di dettaglio del
socio/familiare prevede come primo campo obbligatorio il “tipo di
utilizzo” (e successivamente - sempre obbligatori - i beni ottenuti in
godimento, il periodo della concessione, il corrispettivo e il valore di
mercato) e se non c’è utilizzo non si può nemmeno compilare il file dei
beni goduti, perché il software si blocca e non permette di procedere,
mentre il campo dei finanziamenti (anch’esso obbligatorio, ma può essere
compilato a zero) è l’ultimo nel tracciato record e, quindi, successivo ai
104
Diverso sarebbe stato se fosse stata usata una congiunzione disgiuntiva come “o”, “oppure”, ovvero.
105
Vedi il tracciato record allegato al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 166485
del 16.11.2011
55
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predetti campi obbligatori e non lo si può raggiungere senza la
precedente compilazione degli stessi.
Il socio, in ogni caso, non si può affermare che “utilizza” i versamenti fatti
in società, per cui il primo campo obbligatorio, quello dell’utilizzo, non
può che riferirsi soltanto al bene goduto e vincola alla compilazione di
tutti i campi successivi della comunicazione.
Solo una futura modifica del tracciato record, perciò, potrà
permettere all’Agenzia delle Entrate di richiedere la comunicazione
dei versamenti e delle capitalizzazioni anche ai soci che non hanno
ricevuto alcun bene in godimento nell’esercizio di competenza della
comunicazione.
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COMUNICAZIONE ANNULLATA, COMUNICAZIONE SOSTITUTIVA e
COMUNICAZIONE NEGATIVA
Il Provvedimento Direttoriale106 prevede una procedura di annullamento
del file, che viene consentita entro il termine di 30 giorni dalla data
della ricevuta telematica (normalmente la stessa data dell’invio
telematico), indicando obbligatoriamente nel record di testa il protocollo
telematico del file da annullare.
Viene disciplinata107 anche la trasmissione di un file sostitutivo di uno
precedentemente inviato e relativo allo stesso periodo di riferimento.
Tale invio è possibile solo decorsi 30 giorni dalla data di ricezione del
file da sostituire indicando nel record di testa il protocollo telematico del
file errato. Il file può, quindi, essere sostituito solo a termini ormai
scaduti per poterlo annullare.
Il tracciato record della comunicazione e le istruzioni allo stesso
prevedono, inoltre, la possibilità di invio di una comunicazione
negativa, di cui non si fa cenno nel provvedimento direttoriale.
Non se ne comprende la finalità, visto che, oltretutto, ne è previsto l’invio
senza il record di dettaglio.
106
Provvedimento n. 166485/2011, paragrafo 7.1
107
Provvedimento n. 166485/2011, paragrafo 7.2
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Si ribadisce ancora una volta che la norma108 prevede l’obbligo della
comunicazione dei dati relativi ai beni concessi in godimento e la
medesima precisazione è contenuta nel Provvedimento Direttoriale109 che
disciplina la compilazione e l’invio della comunicazione, salvo poi
prevedere nel tracciato record, allegato al provvedimento stesso, l’invio di
una comunicazione vuota (c.d. negativa), senza alcun dato relativo ad
alcun bene, come se si pretendesse l’invio generalizzato della
comunicazione da parte di tutte le imprese, al solo fine di dichiarare
che non ci sono beni concessi in godimento ai soci e loro familiari o ai
familiari dell’imprenditore o all’imprenditore stesso.
Le note alla compilazione del file prevedono, infatti, che nel caso di
comunicazione per annullamento e di comunicazione negativa, il file
deve essere costituito dai soli record di testa e di coda contenenti i dati
del tipo di invio, del soggetto obbligato e dell’intermediario e privo del
record di dettaglio contenente i dati dell’utilizzatore, dei beni in
godimento e dei finanziamenti.
108
D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 36-sexiesdecies (alias 16)
109
Provvedimento n. 166485/2011, paragrafi 1.1, 1.3 e Motivazioni a pag. 5
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LE SANZIONI PREVISTE
In caso di omessa comunicazione o di trasmissione con dati incompleti o
non veritieri, la sanzione prevista è pari al 30% della differenza tra il
valore di mercato e il corrispettivo annuo dovuto per la concessione
in godimento, ma solo qualora l’impresa concedente deduca comunque i
costi relativi al bene concesso e/o l’utilizzatore socio/familiare non
dichiari quale reddito diverso la differenza tra il corrispettivo dovuto e il
valore di mercato.
Se, viceversa, sia l’impresa concedente che il socio/familiare utilizzatore
si comportano in maniera fiscalmente corretta, si applica solo la sanzione
residuale da 258 al 2.065 euro110.
La medesima sanzione residuale si applica alla mancata o infedele
comunicazione dei finanziamenti e delle capitalizzazioni.
Nessuna sanzione in percentuale dovrebbe, poi, essere comminabile per
la comunicazione relativa al 2011, posto che la novità fiscale della
tassazione del reddito diverso si applica dal 2012 e, di conseguenza, non
vi è importo su cui calcolarla.
Le sanzioni sono dovute in solido tra i soggetti obbligati.
110
Art. 11, c.1, lett. a, D.Lgs 471/97
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IL RICALCOLO DEGLI ACCONTI PER IL 2012
L’ultimo comma di nostro interesse nell’art. 2 del D.L. 138/2011 è il
comma 36-duodevicies (alias 18) il quale, oltre a dettare i termini di
decorrenza della novella legislativa, già esaminati nel paragrafo “L’obbligo
di comunicazione”111, prevede che “Nella determinazione degli acconti
dovuti per il periodo di imposta di prima applicazione si assume,
quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe
determinata applicando le disposizioni di cui ai commi da 36terdecies (alias 13) a 36-septiesdecies (alias 17)”.
E’ stata, di fatto, introdotta nel nostro ordinamento tributario, una
norma che, pur acquisendo efficacia impositiva solo dal periodo di
imposta successivo al 17.09.2011112 (nella quasi totalità dei casi il 2012),
pretende la corresponsione degli acconti per il 2012 calcolati su una
base imponibile rettificata come se le norme fossero già in vigore
nel periodo d’imposta precedente.
La Circolare 24/E-2012113 precisa che la norma si applica sia al
soggetto concedente che al soggetto utilizzatore e, quindi, entrambi
dovranno ricalcolare gli acconti 2012, simulando l’applicazione della
nuova disposizione ai redditi del 2011, sia in termini di minore
detrazione di costi (per il concedente e per il socio che a cui viene attribuito
il maggior reddito), che di tassazione di un ipotetico reddito diverso (per
l’utilizzatore, sia esso imprenditore, socio o familiare di uno dei due).
111
Vedi pagine 12 e 13 della dispensa.
112
Data di entrata in vigore della Legge 148/2011 di conversione del D.L 138/2011
113
Circolare n. 24/E-2012, $ 6, pagina 12
60
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In questo modo si calcolerà l’acconto per il 2012 utilizzando il cosiddetto
metodo storico, mentre chi intenderà utilizzare il metodo previsionale
dovrà tenere conto delle nuove disposizioni, applicabili dal 2012,
modificando la previsione di reddito che avrebbe altrimenti fatto per
calcolare l’acconto.
La prima rata di acconto scadeva il 9 luglio 2012114, ma era praticamente
impossibile ricalcolarla applicando una normativa ancora incerta, al
punto che la circolare esplicativa era stata pubblicata solo alcuni giorni
prima115 e non era riuscita a fare luce su tutti gli aspetti controversi.
Di ciò si rende conto anche l’Agenzia delle Entrate e con la stessa
circolare esplicativa, applicando le disposizioni dello Statuto dei diritti del
Contribuente116,
concede
una
mini-sanatoria
prevedendo
“che
il
contribuente che non ha applicato correttamente le disposizioni in esame in
sede di determinazione del primo acconto, potrà sanare l’eventuale
omesso
versamento
in
sede
di
secondo
acconto,
senza
l’applicazione delle sanzioni per ritardato pagamento…”.
L’importo del primo acconto versato in sanatoria dovrà essere maggiorato
degli interessi del 4% annuo117, previsto per le normali rateazioni delle
imposte da Unico118, come se fosse, appunto, una rata del primo acconto.
114
Data prorogata don D.P.C.M. del 6 giugno 2012 - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 135 del 12
giugno 2012 - rispetto alla data originaria del 16 giugno 2012 (scadenza effettiva il 18 giugno cadendo di
sabato il giorno 16) *** Vedi anche Risoluzione n. 69/E del 21 giugno 2012
115
Circolare n. 24/E del 15 giugno 2012
116
Legge del 27/07/2000, n. 212
117
La percentuale è stata stabilita con l’art. 5 del D.M. 21 maggio 2009
118
Rateazione regolata dall’art. 20 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241
61
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FINE
(Chiuso in Sondrio il 26 settembre 2012)
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