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Sommario: 1. Il quadro generale- 2. Fermat: i suoi teoremi e i suoi metodi -3. Le
dimostrazioni degli enunciati di Fermat – 4. Le ricostruzioni di Paolini - 4.1. Il teorema
sui numeri primi della forma 4n+1 -4.2. Il teorema sui numeri poligonali
1. Il quadro generale
Se nella matematica moderna vi è un nome che può essere collegato alla parola
“segreto”, tale nome è senz’altro quello di Pierre de Fermat (1601-1665). Magistrato
al Parlamento di Tolosa, Fermat passò quasi tutta la propria vita nella città francese. Il
fatto che la matematica e la scienza non rappresentassero per lui una fonte di
guadagno e sostentamento, ma che al contempo le esigenze del suo lavoro non
fossero troppo pressanti, gli permise di sviluppare con la massima calma e col dovuto
tempo di riflessione una serie di risultati e scoperte davvero impressionanti. Fermat
dette contributi fondamentali in tutti i settori della matematica allora noti: teoria delle
tangenti, problemi concernenti i massimi e i minimi delle curve, principi di minimo in
ottica. Fu uno degli inventori dell’analisi ed introdusse, in sostanza in termini moderni,
il concetto di derivata. Insieme a Pascal ideò il calcolo combinatorio e dette contributi
fondamentali al calcolo delle probabilità. Da profondo conoscitore della geometria
sintetica e da raffinato filologo, sviluppò il metodo dei baricentri al di là dei grandi
risultati raggiunti da Archimede e restaurò i Luoghi piani di Apollonio e i Luoghi solidi
di Aristeo. Tuttavia il nome di Fermat è divenuto quasi leggendario tra i matematici e
avvolto da un alone di mistero per ragioni che non sono connesse ai pur grandi
risultati ricordati finora in estrema sintesi: l’interesse principale di Fermat era rivolto
alla teoria dei numeri1 ed è in questo settore che egli ha prodotto una serie di teoremi
e problemi della massima difficoltà tra loro strettamente interrelati. Questo è tanto più
sbalorditivo se si pensa che gli studi sui numeri interi erano, prima dell’ingresso in
scena del Senator Tolosano, a uno stadio che, dopo l’opera di Fermat, apparirà
davvero come “primitivo”. Per una volta, si può dire che un profondo cambiamento
culturale sia iniziato grazie all’opera di un solo individuo. Ma perché parlare di
“segreto”, di “mistero” riguardo a Fermat? Una prima risposta co ncerne un teorema detto “Ultimo Teorema di Fermat”2 -che è divenuto noto anche ai non esperti del
settore: l’affermazione del matematico francese secondo cui l’equazione x n + y n = z n
non ammette soluzioni in interi se n è un intero maggiore di 2. Fermat era solito
scrivere le proprie note ed osservazioni sul margine dell’Aritmetica del matematico
Diofanto, vissuto nel periodo ellenistico, curata da Bachet nel 1621 e conservata nella
biblioteca di Tolosa. Il Diofanto di Bachet annotato da Fermat fu pubblicato postumo
dal figlio di Fermat, Samuel nel 1670. Diofanto all’ottava questione del secondo libro
propone di “dividere un quadrato dato in due quadrati”. E a commento Fermat scrive:
Non è invece possibile dividere un cubo in due cubi, o un biquadrato in due biquadrati,
né, in generale, dividere alcun’altra potenza di grado superiore al secondo in due altre
potenze dello stesso grado: della qual cosa ho scoperto una dimostrazione veramente
mirabile, che non può esser contenuta nella ristrettezza del margine 3 .
Fermat non solo non scrisse la dimostrazione sul margine, ma non la scrisse neppure
in altre sue opere né in lettere e nemmeno ripropose l’enunciato in forma generale,
ma si riferì poi solo all’impossibilità di risolvere in interi le due equazioni x 3 + y 3 = z 3 e
x 4 + y 4 = z 4 . E qui sorge la domanda: quale è il segreto di Fermat? Possedeva
effettivamente la dimostrazione ma non la scrisse? Credeva di possederla, ma poi
accortosi di qualche errore, non ripropose più il problema? Né ebbe mai tale
dimostrazione, né mai credette di possederla, ma scrisse quelle parole come una
2
sibillina sfida per i matematici che le avessero lette? Se così fosse, tale sfida ha
resistito fino agli anni ’90 del XX secolo, quando il matematico inglese Andrew Wiles
ha dimostrato che l’ultimo teorema di Fermat è vero. Tuttavia la dimostrazione di
Wiles non getta alcuna luce su Fermat poiché i metodi usati sono legati ai più recenti
sviluppi della matematica e non possono quindi in alcuna maniera essere attribuiti a
uno studioso vissuto nel XVII secolo. Il mistero quindi rimane. La prova
dell’impossibilità di risolvere in interi l’equazione x n + y n = z n ha rappresentato una di
quelle poche circostanze in cui un problema matematico è divenuto un “caso” anche
fuori degli ambienti matematici probabilmente per l’estrema semplicità dell’enunciato
(comprensibile da un ragazzo di terza media) e l’estrema difficoltà di giungere a una
sua dimostrazione.
Ma i segreti di Fermat non si limitano certo all’equazione x n + y n = z n . Egli ha ideato
un intero corpus di teoremi di cui ha fornito gli enunciati, ma quanto alle dimostrazioni
ha lasciato solo vaghe e sporadiche indicazioni nelle Osservazioni su Diofanto ed in
alcune lettere, limitandosi a fornire la dimostrazione completa di una sola tra le difficili
proposizioni da lui scoperte4 . La differenza tra l’ultimo teorema di Fermat e gli altri
suoi asserti è che questi sono stati poi provati al più tardi all’inizio del XIX secolo, ma i
meto di utilizzati, per quanto elementari5 , non sono quasi mai attribuibili a Fermat6 e
sono piuttosto disparati, mentre il matematico francese si riferiva anche a una certa
uniformità metodologica nel proprio lavoro. Fino a poco tempo fa, quindi, i segreti di
Fermat restavano tali a proposito di quasi tutta la sua produzione e dei suoi metodi.
La questione non riguardava quindi solo il cosiddetto “ultimo teorema”. Certo si
conoscevano dimostrazioni dei teoremi, ma queste prove sembravano trascendere il
bagaglio di conoscenze di un matematico del XVII secolo. Si può facilmente
immaginare come gli studiosi abbiano ed abbiano avuto in passato le opinioni più
diverse riguardo al matematico francese. Lo spettro varia da chi come Eulero,
Legendre e Brassinne riteneva che Fermat possedesse le dimostrazioni dei propri
teoremi a chi, e questo vale soprattutto per i matematici e gli storici della matematica
dell’ultimo secolo, pensa invece con estremo scetticismo al “Principe dei dilettanti”.
André Weil ha un posizione intermedia tra queste due tendenze. Il quadro degli studi
su Fermat - se si esclude il caso generale dell’“ultimo teorema” - ha avuto
recentemente una svolta significativa: una matematico italiano, Sergio Paolini7 , ha
ricostruito (a partire dal 1997) l’intela iatura dell’aritmetica di Fermat ed ha fornito
prove delle proposizioni (di cui come detto, il Senator Tolosano aveva lasciato solo gli
enunciati) attribuibili a Fermat e connotate da una certa uniformità metodologica. Ho
dedicato al lavoro di Paolini parte consistente di una ricerca sulla storia della teoria dei
numeri che ho svolto in Germania 8 come borsista della Fondazione Humboldt nel
periodo 2003-2005. Sono giunto alla conclusione che i segreti di Fermat - almeno per
quel che riguarda parte consistente della sua teoria dei numeri - sono stati svelati.
Certo, in mancanza di un documento direttamente scritto dal matematico francese,
non vi può essere assoluta certezza, ma le ricostruzioni di Paolini ricalcano con tale
precisione i pochi indizi lasciati da Fermat, correlano così bene gli enunciati gli uni agli
altri, sul piano contenutistico e metodologico, che pochi dubbi possono sussistere in
proposito. E almeno si può affermare questo con certezza: è possibile dimostrare i
teoremi di Fermat con i mezzi che egli aveva a disposizione.
Il presente articolo sarà pertanto suddiviso nelle seguenti sezioni: A) le affermazioni
di Fermat e le enunciazioni dei suoi teoremi con i pochi indizzi metodologici che egli ha
lasciato; B) breve storia delle dimostrazioni di questi teoremi e spiegazione del perché
le prove precedenti quelle di Paolini possano difficilmente essere attribuite a Fermat;
C) il lavoro di Paolini.
3
2. Fermat: i suoi teoremi e i suoi metodi
La produzione di Fermat in teoria dei numeri è davvero ingente, tuttavia è possibile
enucleare un insieme di teoremi i quali, per le difficoltà dimostrative che presentano e
per le reciproche interconnessioni, ne rappresentano il cuore concettuale. Lo stesso
Fermat nel 1659 spedì, tramite l’intermediazione di Carcavi, una lettera 9 a Huygens
dal titolo Relation des nouvelles découvertes en la science des nombres in cui fornì un
riassunto dei suoi principali risultati ottenuti in trent’anni e dei suoi metodi. La lettera
fu scoperta solo nel 1879 da Ch. Henry nella biblioteca di Leida tra le carte di
Huygens, per cui chi avesse voluto ricostruire i metodi di Fermat prima di quella data
non avrebbe potuto usufruire di questa lettera. Quanto agli enunciati dei teoremi, la
quasi totalità appare invece anche in altre lettere e nelle Osservazioni su Diofanto.
Fermat ricorda i seguenti asserti come particolarmente significativi:
1) L’area di un triangolo rettangolo i cui lati siano un terna pitagorica non è mai il
quadrato di un intero1 0 .
2) Ogni numero primo della forma 4n+1 è somma di due quadrati.
3) Ogni numero primo della forma 6n+1 è somma di un quadrato e del triplo di un
quadrato.
4) Ogni numero primo della forma 8n+1 e 8 n+3 è somma di un quadrato e del doppio
di un quadrato.
5) Ogni intero è somma di tre triangolari, quattro quadrati, cinque pentagonali, sei
esagonali, ecc. (teorema sui numeri poligonali).
6) Nessun cubo è somma di due cubi in interi o razionali e, più in generale l’equazione
x n + y n = z n non ha soluzioni per x,y,z interi e n intero maggiore di 2 (cosiddetto
“ultimo teorema di Fermat”).
7) L’equazione x 2 − Ny 2 = 1 ha sempre soluzione in interi, essendo N un intero, ma non
un quadrato (cosiddetta “equazione di Pell”).
8) Le equazioni x 2 + 2 = y 3 e x 2 + 4 = y 3 hanno come sole soluzioni intere (5,3) e (2,2,),
(11,5) rispettivamente.
Il punto 8 è menzionato solo nella lettera del 1659, mentre 1-7 rappresentano
appunto il “cuore” dell’aritmetica fermatiana. È necessaria una precisazione: la
missiva a Huygens riguardava specificamente il metodo della discesa indefinita, di cui
parleremo tra breve, quindi Fermat riferì quei teoremi per dimostrare i quali occorreva
la discesa. Così, al punto 5, egli nella lettera parlò solo del fatto che ogni intero è
somma di quattro quadrati e, in merito al 7, si riferì alla impossibilità di risolvere in
interi l’equazione x 3 + y 3 = z 3 . Il che lascia pensare che per le rimanenti asserzioni
relative a 5, Fermat non ricorse alla discesa e che il caso generale dell “ultimo
teorema” non fu dimostrato - se lo fu - per discesa. I punti 3,4 non sono riferiti nella
missiva a Huygens, ma in altre lettere. Tuttavia, in questo caso, si può pensare che il
metodo usato per dimostrare 3 e 4 sia simile a quello necessario per 2. Due parole di
spiegazione per chi vede questi enunciati per la prima volta: le terne pitagoriche sono
4
triple di numeri interi tali che il quadrato del numero maggiore è somma dei quadrati
dei due minori. Per esempio (3,4,5) rappresentano una terna pitagorica poiché
3 2 + 4 2 = 5 2 . Le terne pitagoriche possono essere considerate come le dimensioni di un
triangolo rettangolo. Bene, al punto 1, Fermat sostiene che il semiprodotto (l’area del
triangolo appunto) dei due numeri minori di una terna pitagorica non è mai un
3⋅4
quadrato. Nel nostro esempio, tale semiprodotto è
= 6 e 6 non è un quadrato.
2
Questo teorema è più che altro importante perché rappresenta l’unico caso in cui
Fermat lasciò una dimostrazione esplicita per discesa indefinita. Tale dimostrazione
non è riportata nella lettera a Huygens, ma nelle Osservazioni su Diofanto al punto 45
(pp. 105-107 della traduzione italiana). In relazione a 2, i numeri della forma 4n+1
sono quelli che si ottengono sostituendo progressivamente a n tutti gli interi
0,1,2,3,4,… Abbiamo così la successione 1,5,9,13,… Fermat asserì che i numeri primi
di questa forma sono somma di due quadrati. Infatti 5 = 2 2 + 1 2 , 13 = 3 2 + 2 2 , 17 = 4 2 + 12 ,
ecc. Non tutti i numeri della forma 4n+1 sono somma di due quadrati. Ad esempio 21,
che è composto, non lo è. Nel caso del teorema sui numeri primi della forma 4n+1, la
lettera a Huygens è davvero significativa poiché questo enunciato viene citato da
Fermat in numerose circostanze, ma è solo nella missiva del 1659 che egli afferma di
aver impiegato la discesa indefinita per dimostrarlo. Quanto detto per il punto 2, si
applica mutatis mutandis ai punti 3 e 4. In relazione al punto 5, I numeri poligonali
n 2 ( k + 1) + n(1 − k )
n2 + n
sono quelli scrivibili nella forma
e, ponendo k=0, otteniamo
,
2
2
cioè i numeri triangolari che si ricavano come somme dei successivi interi, cioè sono
gli elementi originati dalla serie 0+1+2+3+4+5+6+…, vale a dire 0,1,3,6,10,15,21,…
Con k=1, si hanno i quadrati n 2 ottenuti come somme dei successivi numeri dispari
3n 2 − n
0+1+3+5+7+9+… Con k=2 abbiamo i numeri pentagonali
come elementi di
2
0+1+4+7+11,…, cioè 0,1,5,12,22,… Fermat giudicava particolarmente significativo il
teorema sui numeri poligonali. Leggiamo infatti nelle Osservazioni su Diofanto:
Noi abbiamo scoperto per primi una proposizione bellissima e assolutamente
generale: ogni numero infatti è o triangolo o composto di due o tre triangoli; quadrato
o composto di due, tre, quattro quadrati; pentagono o composto di due, tre, quattro,
cinque pentagoni, e così di seguito all’infinito, per gli esagoni, gli eptagoni, e
qualsivoglia poligono potendosi tale meravigliosa proposizione enunciare in generale in
ragione del numero degli angoli. Tuttavia non possiamo darne qui la dimostrazione
che si basa su numerosi e astrusissimi misteri dei numeri: abbiamo stabilito infatti di
dedicare a questo argomento un’opera e un intero libro, e di sviluppare in maniera
mirabile questa parte dell’aritmetica oltre i vecchi e noti confini. 1 1
Il libro non è mai stato scritto, così che, anche in questo caso, i segreti di Fermat
possono essere penetrati indirettamente tramite una dimostrazione che possa essere
attribuita potenzialmente al matematico francese. Tuttavia non vi è dubbio
sull’importanza che Fermat annetteva a questo teorema.
Quanto ai punti 6,7,8 sono di per sé abbastanza chiari, almeno a livello di enunciati.
Una volta introdotto questo insieme di teoremi, si pongono due domande: 1) con
quale metodo Fermat sostenne di averli dimostrati; 2) quali sono le loro
interconnessioni.
In relazione al primo punto, se si fa eccezione per la proposizione secondo cui
nessun triangolo pitagorico ha come area il quadrato di un intero, le uniche e scarne
indicazioni sono riferite nella lettera a Huygens. Fermat sostenne, dunque, di aver
usato la discesa infinita o indefinita. Dobbiamo perciò anzitutto chiarire in che cosa
5
consista questo metodo. Il principio che ne è alla base è in linea teorica semplice:
dato un intero n ed un altro intero m minore di n, è ovvio che tra n ed m vi sono n-m1 numeri. Se, negando la verità di un certo teorema T, fossimo costretti ad
ammettere l’esistenza di infiniti numeri tra n ed m, ciò sarebbe assurdo e quindi T
sarebbe dimostrato. Forniamo un esempio semplice tratto da Euclide e non da Fermat
poiché le dimostrazioni per discesa dei teoremi fermatiani sono tutt’altro che semplici.
In Elementi VII, 31 Euclide vuole provare che ogni numero composto ha per divisore
un numero primo. Sia p il numero composto che ammette come divisori p 1 e p 2
entrambi maggiori di 1 e minori da p. p 1 e p 2 devono essere composti, perché in caso
contrario il teorema sarebbe provato. Consideriamo p 1 . Esso avrò due divisori p 1 ' e
p 1 ' ' , entrambi maggiori di 1 e minori di p 1 . p 1 ' e p 1 ' ' devono essere numeri composti
perché se uno di essi fosse primo dividerebbe anche p, contro la nostra ipotesi per
assurdo che p non abbia divisori primi. A p 1 ' può essere applicato lo stesso
ragionamento applicato a p 1 e così via. Ma allora ci troveremmo nella situazione di
dover ammettere tra p ed 1 un’infinità di numeri interi, il che è assurdo. Se ne
conclude che p ha almeno un divisore che è un numero primo. Fermat asserì che la
discesa indefinita può presentarsi in varie forme. Egli si ritiene l’autentico inventore di
questo metodo. Leggiamo infatti all’inizio della lettera a Huygens:
E poiché i metodi ordinari che si trovano nei libri, sono insufficienti a dimostrare
proposizioni tanto difficili, ho trovato infine un metodo del tutto particolare per
ottenere tali prove. Ho chiamato questa procedura dimostrativa discesa infinita o
indefinita […] La prova procede sempre per riduzione all’assurdo.1 2
Le parole di Fermat sono giustificate poiché se è vero che prim a di lui tale metodo fu
usato in rare circostanze, tuttavia si deve al matematico francese la piena
comprensione delle sue potenzialità e un’applicazione estesa.
Quanto alle modalità applicative, Fermat ne enuclea quattro: 1) applicazioni a tesi
negative ordinarie, tra cui ricorda a) il teorema sul triangolo pitagorico, b) la proprietà
che nessun numero della forma 3n-1 è uguale a un quadrato più il triplo di un
quadrato (proposizione quest’ultima che si dimostra molto semplicemente anche per
altra via); 2) applicazioni a tesi affermative “ordinarie”. Qui Fermat ricorda il teorema
che ogni numero primo della forma 4n+1 è somma di due quadrati e si esprime con
queste parole:
Stetti a lungo senza poter applicare il mio metodo alle questioni affermative, poiché il
cammino ed il mezzo per arrivarci sono molto più difficili di quelli di cui mi servo per le
negative. Di modo che quando mi fu necessario dimostrare che ogni numero primo
che sorpassi dell’unità un multiplo di 4 è composto di due quadrati, mi trovai in un
bell’imbroglio. Ma infine una riflessione ripetuta diverse volte mi dette l’ispirazione che
mi mancava e le tesi affermative entrarono nel mio metodo con l’aiuto di qualche
nuovo principio che vi dovetti aggiungere per necessità.
Questo progresso del mio ragionamento nelle tesi affermative è il seguente: se un
numero primo preso a discrezione che sorpassa dell’unità un multiplo di 4 non è
composto di due quadrati, ci sarà un numero primo della stessa natura più piccolo di
quello dato e per conseguenza un terzo numero ancora più piccolo e così discendendo
all’infinito fino al numero 5 che è il più piccolo di tutti quelli di questa natura e che si
direbbe non esser composto di due quadrati, mentre al contrario lo è. Da ciò deve
arguirsi per assurdo che tutti i numeri primi di questa natura sono composti da due
quadrati. 1 3
6
Qui si ha un altro segreto e mistero: quali sono i nuovi principi di cui parla Fermat? le
dimostrazioni per discesa applicate, dopo Fermat, a quelle che il matematico francese
chiamava tesi affermative hanno la seguente variante rispetto alle applicazioni a “tesi
negative”, cioè ad asserti non esistenziali: se si intende dimostrare il teorema T, si
verifica che T è vero per un pacchetto iniziale di valori, si suppone poi, per assurdo, T
falso per un certo numero n, si costruisce un algoritmo tale che, se T è falso per n,
allora è falso anche per un m<n e poi per un l<m e così via. Ma in questo modo la
riduzione giunge proprio a quei valori iniziali per cui invece il teorma è vero. Per questi
valori siamo allora nell’assurda situazione di dover ammettere che il teorema è al
contempo vero e falso. Questa contraddizione deriva dal supporre che il nostro
enunciato sia falso per un valore n, l’ipotesi deve quindi essere rimossa. Il nuovo
principio consiste nella verifica empirica che T vale per un pacchetto iniziale di valori e
che l’infinitito in questo caso entra in gioco indirettamente, e non direttamente come
per le tesi negative “ordinarie”. Se infatti si volesse negare la possibilità di giungere ai
valori iniziali per cui il teorema è vero, dovremmo ammettere l’esistenza di infiniti
numeri tra n e quelli del pacchetto iniziale, ma ciò è assurdo. Io ho chiamato questo
metodo riduzione-discesa. Il nuovo principio è che il ruolo dell’infinito è, in questo
caso, indiretto. Fermat sottolinea che “ci sono infinite questioni di questo tipo”1 4 . Mi
sembra abbastanza evidente che si riferisca ai teoremi riferiti ai punti 3 e 4 di cui
aveva già parlato in una precedente lettera a Pascal (1654). Tuttavia le discesa ha
altre applicazione. In particolare 3) Applicazione a tesi affermative particolarmente
complesse. Qui Fermat si riferisce al teorema dei quattro quadrati e all’equazione di
Pell (punti 5 e 7). Infine egli parla anche di applicazione a tesi negative complesse
citando il caso cubico dell’“ultimo teorema” e le equazioni del punto 8. Fermat enuclea
quindi quattro distinte applicazioni della discesa.
Passando dal livello metodologico a quello contenutistico, è davvero notevole la
connessio ne interna tra i teoremi menzionati nonché le loro correlazioni con i problemi
che all’epoca erano “all’ordine del giorno” in aritmetica. È opportuno cominciare dal
teorema sui numeri primi della forma 4n+1: il sesto libro dell’Aritmetica di Diofanto è
dedicato a vari problemi concernenti i triangoli rettangoli i cui lati siano numeri interi o
razionali. Specificamente, anche all’epoca di Fermat, erano particolarmente studiati i
triangoli pitagorici e ci si chiedeva quali numeri interi potessero esserne ipotenusa ed,
eventualmente, quante volte un numero potesse esserlo. Poiché era stato dimostrato
da tempo che le terne pitagoriche primitive (in cui cioè i tre numeri sono primi tra
loro), da cui poi si possono ricavare facilmente tutte le altre, hanno la forma
( a 2 + b 2 ) 2 = (a 2 − b 2 ) 2 + (2 ab) 2 , con a e b, uno pari e l’altro dispari, a>b, a e b coprimi, il
problema era vedere quali numeri fossero esprimibili come somme di due quadrati
a 2 + b 2 e quante volte lo fossero. Il teorema che tutti i numeri primi della forma 4n+1
sono somma di due quadrati, è il passo decisivo per risolvere questa “classica”
questione, a cui Fermat fornisce risposta nella settima delle Osservazioni su Diofanto
(edizione italiana, pp. 24-27). D’altronde questo teorema è anche, per così dire, il
punto di partenza della teoria delle forme quadratiche binarie, cioè nello studio della
decomposizione degli interi nella forma generale ax 2 + bxy + cy 2 . Il teorema fermatiano
risolve il problema della forma x 2 + y 2 , ottenuta ponendo nell’espressione generale
a=c=1, b=0. Le proposizioni di cui ai punti 3 e 4 rientrano anch’esse nella teoria delle
forme binarie sviluppata dopo Fermat, soprattutto da Lagrange e Gauss, ma di cui il
matematico francese fornì i primi e fondamentali elementi. Inoltre, prestando fede a
quel che scrisse Fermat a Pascal nel 1654, il teorema sui numeri primi della forma
4n+1 è usato come lemma per provare l’asserto sui numeri poligonali. Leggiamo
infatti:
7
Ho trovato della massima importanza la proposizione che ogni numero è composto di
uno, di due o di tre triangoli; di uno, di due, di tre o di quattro quadrati; di uno, di
due, di tre, di quattro o di cinque pentagoni; di uno, di due, di tre, di quattro, di
cinque o di sei esagoni e così all’infinito. Per giungere a provare questo asserto, mi è
stato necessario dimostrare che ogni numero primo che supera di un’unità un multiplo
di 4, come 5, 13, 17, 29, 37 è composto di due quadrati. 1 5
Quando tratteremo della ricostruzione di Paolini vedremo proprio che per dimostrare
che ogni intero è somma di tre triangolari è necessario il teorema sui numeri primi
della forma 4n+1 e che inoltre viene usata anche l’equazione di Pell e il cosiddetto
“piccolo teorema di Fermat” secondo cui, se p è un numero primo e a non è un
multiplo di p, a p−1 ≡ 1(mod . p ) , cioè a p−1 − 1 è divisibile per p. Fermat enunciò questo
teorema in alcune sue lettere. Oltre a ciò Paolini usa il fatto che ogni intero sia somma
di tre triangolari, per provare che ogni intero è somma di quattri quadrati. Così tutta
la produzione di Fermat acquista una coerenza e compattezza interna davvero
notevole, con una serie di teoremi strettamente interconnesi che giustificano l’idea di
Fermat di dedicare un libro a questi temi.
Prima di fornire qualche dettaglio sulle ricostruzioni di Paolini, presenterò un breve
excursus storico relativo alle dimostrazioni dei teoremi fermatiani, di cui appunto il
matematico francese aveva lasciato solo gli enunciati e, come visto, appena qualche
misteriosa e lacunosa traccia su come potesse procedere la dimostrazione.
3. Le dimostrazioni degli enunciati di Fermat
I difficili problemi proposti da Fermat incontrarono per lo più il disinteresse o, nel
migliore dei casi, l’“apprezzamento esterno” degli altri matematici. Ed è probabilmente
per questa mancanza di interesse, nonché per una indubbia idiosincrasia nello scrivere
dimostrazioni dettagliate, che Fermat ha lasciato prova di pochissimi dei suoi asserti in
teoria dei numeri. Le parole di Pascal, in risposta alla summezionata lettera di Fermat,
in cui egli lo invitava a una discussione sui problemi concernenti le forme binarie dei
numeri primi ed i numeri poligonali, sono davvero significative. Leggiamo infatti in una
lettera del 27 ottobre 1654:
Ma signore se ho condiviso con voi questo interesse [per il calcolo delle probabilità],
voi cercate di indurmi a seguirvi in queste vostre invenzioni sui numeri di cui mi avete
fatto la grazia di inviarmi gli enunciati. Vi confesso che le mie capacità sono molto
lontane dal risolvere questi problemi e io non posso che ammirarli. Vi supplico molto
umilmente di occupare la maggior parte del vostro tempo libero a terminarli. Tutti noi
li abbiamo visti sabato scorso e li abbiamo apprezzati in tutti i loro aspetti; non si può
sopportare che cose tanto belle siano tenute ulteriormente nascoste.1 6
E Pascal fu senz’altro uno dei matematici stimato maggiormente da Fermat e con il
quale egli ebbe una collaborazione fruttuosa quanto al calcolo combinatorio e delle
probabilità.
Il quadro descritto ha una notevole eccezione: l’equazione di Pell y 2 − Nx 2 = 1 .
Fermat intrattenne su questa equazione una importante corrispondenza con il
matematico francese Frenicle de Bessy e con gli inglesi Wallis e Brouncker. In
particolare egli sfidò i due inglesi a risolvere l’equazione. La vicenda durò dal 1657 al
1659 e può essere seguita nell’epistolario di Fermat e di Wallis. Inizialmente i due
inglesi risolsero l’equazione in razionali. Ma Fermat rispose che le soluzioni razionali
possono essere ottenute facilmente e che egli richiedeva le soluzioni in soli interi. In
due importanti lettere1 7 datate rispettivamente 17 dicembre 1657 e 20 gennaio 1658
8
Wallis risolse la particolare equazione y 2 − 13 x 2 = 1 , essendo 13 uno dei valori proposti
da Fermat come N. Nel giugno 1658, Fermat tramite una lettera a Digby si congratula
con Wallis e Brouncker per la soluzione proposta. Tuttavia l’anno seguente, nella più
volte menzionata lettera a Huygens, Fermat sostiene che la soluzione degli inglesi è
corretta per il caso particolare, ma non è la soluzione generale, soluzione che può
essere ottenuta tramite la discesa debitamente applicata. Wallis usò un metodo di
riduzione in base al quale, supponendo che l’equazione y 2 − 13 x 2 = 1 abbia soluzioni
(y,x), provò che la soluzione maggiore y, può essere scritta nella forma y = qx + b ,
ottenendo così una nuova equazione le cui eventuali soluzioni sono (x,b), con x>b ed
avente soluzione se e solo se y 2 − 13 x 2 = 1 ha soluzioni. Iterando il processo si
ottengono equazioni con eventuali soluzioni in interi sempre minori, fino a giungere a
un’equazione che ha la soluzione evidente (1,0) e poter risalire fino alla soluzione di
y 2 − 13 x 2 = 1 . Quel che in sostanza chiedeva Fermat era la dimostrazione che questo
metodo è applicabile per ogni N, non solo per casi particolari. La prima dimostrazione
rigorosa del fatto che l’equazione di Pell ha sempre soluzioni fu data da Lagrange, il
quale dette dimostrazioni diverse. Le prime due 1 8 , e specialmente la seconda, più
chiara, sintetica e perspicua della prima, sono basate fondamentalmente
sull’estensione del ragionamento di Wallis grazie ad un sapiente uso della frazioni
continue (algoritmo già noto e usato nel XVI secolo). In una fase del ragionamento
ricorre una argomentazione per discesa indefinita. Le parole di Fermat secondo cui il
suo metodo è usato in maniera del tutto particolare potrebbero allora essere
interpretate nel senso che la discesa indefinita è usata all’interno di una procedura di
riduzione diretta, in cui cioè la struttura generale del ragionamento non è basata su
una riduzione all’assurdo, benché la parte in cui interviene la discesa lo sia.
Quanto
alle
dimostrazioni
relative
alle
forme
quadratiche
binarie
2
2
2
2
2
2
x + y , x + 2 y , x + 3 y assunte dai numeri primi, la prima dimostrazione che ogni
numero primo della forma 4n+1 è somma di due quadrati fu data da Eulero nel
1754/5. Eulero provò anche che ogni numero primo della forma 8n+1 e ogni primo
della forma 8n+3 è scrivibile come x 2 + 2y 2 e che ogni primo della forma 6n+1 è
scrivibile come x 2 + 3 y 2 . In tutte queste dimostrazioni Eulero usa come lemma
fondamentale l’asserto che, se x e y sono primi tra loro, allo ra i divisori delle forma
x 2 + y 2 sono anch’essi somma di due quadrati. I divisori di x 2 + 2y 2 sono a loro volta
esprimibili com somma di un quadrato e del doppio di un quadrato e i divisori di
x 2 + 3 y 2 come so mma di un quadrato e del triplo di un quadrato. Eulero fornisce due
diverse dimostrazioni di questi asserti sulla divisibilità: la prima è decisamente di
“spirito fermatiano” ed usa il metodo che io ho chiamato riduzione-discesa.
Consideriamo il caso della forma x 2 + y 2 . I numeri “piccoli” che sono somma di due
quadrati primi tra loro sono divisibili per numeri somma di due quadrati. Eulero
suppone che esista un numero n, somma di due quadrati primi tra loro e divisibile per
numeri non somma di due quadrati. Costruisce una riduzione la quale implica che
dovrebbe esistere un m<n, somma di due quadrati primi tra loro e divisibile per
numeri che non sono la somma di due quadrati e poi un l<m, fino a giungere ai
“piccoli numeri” che dovrebbero, in base al ragionamento, essere divisibili per numeri
non somma di due quadrati. Ma ciò è falso. Quindi deve essere rimossa l’ipotesi che
esista un n con le caratteristiche supposte. La dimostrazione di questo teorema è
molto lacunosa. In seguito, quando Eulero provò la stessa proprietà per le forma
x 2 + 2y 2 e x 2 + 3 y 2 con argomentazioni più rigorose. Successivamente Eulero
ridimostrò questi teoremi tramite una riduzione diretta e senza ricorrere a un
argomentazione per assurdo 1 9 . Il suo metodo dimostrativo non è applicabile a forme
9
x 2 + By 2 , se B>3. Quanto alla decomponibilità dei numeri primi della forma 4n+1 in
somma di due quadrati, la dimostrazione di Eulero non mi sembra direttamente
attribuibile a Fermat, nonostante sia di “spirito fermatiano”, per due motivi: 1) la
discesa indefinita, nella variante riduzione-discesa, è applicata a un teorema
preparatorio, per quanto importante, cioè al teorema che ogni numero somma di due
quadrati primi tra loro è diviso solo da somme di due quadrati e non direttamente al
teorema sui numeri primi della forma 4n+1; 2) nonostante che il ricorso ai piccoli
numeri sia importante, non appare particolarmente rilevante il ruolo di 5, su cui
invece Fermat, come visto, pose l’attenzio ne.
Il teorema dei quattro quadrati fu dimostrato per la prima volta nel 1770 da
Lagrange e nel 1773 Eulero fornì una dimostrazione più semplice ed elegante di quella
lagrangiana2 0 . Eulero usa una riduzione diretta e non la discesa indefinita e così
Lagrange, sebbene le due procedure siano piuttosto diverse nel dettaglio. Ovviamente
le riduzioni dirette erano nel bagaglio metodologico di Fermat, tuttavia egli sostenne
di aver usato la discesa per dimostrare il teorema dei quattro quadrati. Quindi non mi
sembra che le prove di Lagrange ed Eulero siano direttamente attribuibili a Fermat.
Quanto al caso cubico dell’“ultimo teorema di Fermat”, la prima dimostrazione nota
risale ad Eulero 2 1 . Egli impiega la discesa indefinita, ma in una fase del ragionamento
decompone il binomio a 2 + 3b 2 in ( a + b − 3 )(a − b − 3 ) , usa cioè la radice quadrata di un
numero negativo. Benché prima dell’epoca di Fermat i numeri immaginari fossero stati
usati per risolvere le equazioni di terzo grado, tuttavia Eulero fa un uso degli
immaginari che sembra trascendere la mentalità di un matematico vissuto nel XVII
secolo.
Il teorema che ogni intero è somma di tre triangolari è di gran lunga il più difficile e
profondo tra i teoremi proposti da Fermat (escludendo il caso generale dell’“ultimo”).
La dimostrazione è dovuta a Gauss, che nelle Disquisitiones arithmeticae2 2 provò
l’asserto equivalente che ogni numero della forma 8n+3 è somma di tre quadrati
dispari. La tecnica usata da Gauss, per quanto elementare, rientra nella
complicatissima teoria generale delle forme quadratiche ternarie, di cui non vi era
traccia prima di Gauss. Non si può quindi in nessun modo attribuire la prova gaussiana
a Fermat.
Nel 1815 Cauchy, basandosi sui risultati di Gauss, dimostrò il teorema generale sui
numeri poligonali2 3 . Ma, è bene sottolinearlo di nuovo, la proposizione fondamentale
per il teorema sui numeri poligonale è che ogni intero è somma di tre triangolari.
Dal quadro presentato, si capisce che i teoremi di Fermat sono stati dimostrati nel
corso degli anni con una molteplicità di tecniche e soprattutto senza tener conto che,
nella mente di Fermat, essi erano strettamente interrelati. Ovviamente questa non è
affatto una critica ai grandi matematici che hanno dimostrato questi teoremi poiché il
loro scopo (se si fa una parziale eccezione per Eulero) non era tanto una ricostruzione
matematico-filologica di Fermat, quanto una dimostrazione dei suoi teoremi e una
generalizzazione, anche oltre quanto Fermat aveva lasciato.
Scopo di Paolini è invece proprio una ricostruzione matematico -filologica di Fermat e
vedremo come egli abbia perseguito e ottenuto questo scopo.
4. Le ricostruzioni di Paolini
Il lavoro di Paolini consultabile sul sito http://fermat.graficaedesign.biz/ non co ncerne
solo la ricostruzione di parte cospicua dell’aritmetica fermatiana, ma vi sono affrontati
anche altri problemi di teoria dei numeri. Tuttavia le sezioni concernenti direttamente
Fermat sono le più estese ed interessanti ed è di queste che ci occuperemo. Paolini
ridimostra i seguenti teoremi:
10
1) l’area di un triangolo rettangolo in numeri non può mai essere il quadrato di un
intero.
2) Forme quadratiche binarie dei numeri primi: ogni primo della forma 4n+1 è somma
di due quadrati; ogni primo della forma 8n+1 e 8n+3 è somma di un quadrato e
del doppio di un quadrato; ogni primo della forma 6n+1 è somma di un quadrato e
del triplo di un quadrato.
3) Teorema sui numeri poligonali: ogni intero è somma di tre triangolari; ogni intero è
somma di quattro quadrati.
4) L’equazione z 3 = x 3 + y 3 non ha soluzioni in interi.
Con 1) il lettore viene introdotto al metodo della discesa indefinita e alla mentalità di
Fermat. Il 4) è importante perché l’impossibilità di risolvere in interi l’equazione
z 3 = x 3 + y 3 viene dimostrata tramite la discesa indefinita e senza ricorrere agli interi
complessi, come aveva fatto Eulero. Il nucleo centrale del lavoro di Paolini concerne
però i punti 2) e 3).
4.1. Il teorema sui numeri primi della forma 4n+1
Riguardo ai numeri primi della forma 4n+1, Paolini fornisce due dimostrazioni. Qui mi
riferirò alla seconda perché essa è estendibile anche alle altre forme di cui aveva
parlato Fermat. Per capire realmente il significato di quanto andiamo esponendo è
necessario entrare in dettagli tecnici, altrimenti la trattazione rimane troppo vaga: in
merito al teorema sui numeri primi della forma 4n+1, si è visto che Fermat aveva
lasciato due segreti da svelare: 1) la proposizione veniva dimostrata tramite discesa
indefinita applicata usando nuovi principi; 2) il ruolo di 5 è fondamentale. La
ricostruzione di Paolini risponde ad entrambi i desiderata. Premetto, senza
dimostrazione, ma aggiungendo alcune spiegazioni ove questo mi sembri necessario, i
teoremi preparatori e le definizioni che Paolini usa, sottolineando che tutti i simboli
indicano numeri interi:
1) Teorema 1: se p è un numero primo della forma 4n+1, allora l’equazione k p = x 2 + 1
ha sempre soluzione.
m
, la si
x
il massimo g i tale
2) Definizione: se l’equazione km = x 2 + 1 ha soluzioni, si consideri la frazione
sviluppi in frazione continua e se ne invertano le ridotte. Sia g n
f
che g i2 < m . È possibile che esista una ridotta n tale che m = g n2 + (xg n − mf n ) 2 . Se
gn
m
tale ridotta esiste, allora la frazione
è definita frazione risolvente di m nel senso
x
che m è somma di due quadrati. 2 4
m
è una frazione risolvente di m, allora è risolvente
x
m
m
anche la frazione
. Questa frazione viene definita complementare di
.
m−x
x
3) Teorema 2: se km = x 2 + 1 e se
11
x2 + 1
in
kx
i suoi quozienti incompleti. Allora i quozienti
4) Teorema 3: dato un intero m tale che km = x 2 + 1 , con k<x<m, si sviluppi
frazione continua e siano q 0 , q1 ,...,q n
incompleti della frazione
(x + k )2 + 1
x2 + 1
sono uguali a quelli di
, ad eccezione del
k( x + k )
kx
primo che è q 0 + 1 e dell’ultimo.
5) Teorema 4: nelle stesse ipotesi precedenti, si supponga che km = x 2 + 1 e che
m x2 + 1
=
sia risolvente di m. Inoltre sia km' = ( x + k ) 2 + 1 [così che m ' = m + 2 x + k ],
x
kx
(x + k )2 + 1
allora la frazione
è risolvente di m ' .
k( x + k )
Ovviamente nei teoremi 2-4 si suppone che le frazioni siano sviluppate in frazioni
continue. Il teorema 3 è usato per dimostrare il 4.
I teoremi 1-4 sono dimostrati da Paolini perché la sua idea è provare che se m è un
numero primo della forma 4n+1, allora esiste una frazione risolvente associata ad m,
così che m stesso è somma di due quadrati. La dimostrazione procede in questo
modo: sia p=4n+1 un numero primo. Si consideri l’equazione k p = x 2 + 1 , sempre
risolubile in base al teorema 1. Se k=1 non c’è niente da dimostrare poiché p sarà la
somma dei due quadrati x 2 e 1. Se k=2, in una dimostrazione per assurdo è
necessario supporre che nessuna delle due frazioni complementari associate a p sia
risolvente, altrimenti p sarebbe somma di due quadrati. Se k=2 è possibile sottrarre k
x
progressivamente da x, mantenendo la condizione k < n 2 5 . In questo modo otteniamo
2
26
2
numeri m che soddisfano all’identità
2 m = ( x − 2l ) + 1 . In base al teorema 4 nessuna
m
m
delle frazioni
è risolvente di m e, per il teorema 2 neppure le frazioni
x − 2l
m − ( x − 2l )
lo sono. Sottraendo progressivamente k=2 da x, si giunge a un x n +1 = 3 , per il quale si
xn+1
32 + 1 5
. La frazione
=
è associata a 5 ( 2 ⋅ 5 = 3 2 + 1) ed è risolvente di 5
2
2⋅3 3
5
1 3
perché le sue ridotte sono 1,2,
ed invertendole abbiamo 1, , . Applicando la
3
2 5
2
2
definizione si ha 5 = (3 ⋅ 2 − 1 ⋅ 5) + 2 , essendo 2 il maggiore dei g i tali che g i2 < 5 . In
base al teorema 4 tutte le frazioni che compongono la riduzione descritta sono
risolventi dei rispettivi m. In particolare sono risolventi le frazioni associate a p=4n+1
primo, numero che pertanto risulta somma di due quadrati.
Se k è un numero pari maggiore di 2, è possibile provare che nelle due identità
x
y
complementari k p = x 2 + 1 e k ' p = y 2 + 1 vale k < o k ' < . Supponendo valida la prima
2
2
ipotesi (ma il ragionamento è identico se si verifica la seconda), si può, come nel caso
x − nk
k=2, sottrarre progressivamente k da x fino a giungere a k < x − nk , ma k >
.
2
Posto x − nk = x n , si ha l’identità km1 = x n2 + 1 , da cui si ottiene la complementare
y
k 1m1 = y n2 + 1 , per la quale si può dimostrare che vale A) 1 ≤ k1 ≤ n , B) x n > y n , C) k 1 < k .
2
ha k >
12
y
, la riduzione può proseguire
2
poiché le due equazioni k p = x 2 + 1 e k 1m1 = y n2 + 1 hanno le stesso proprietà formali.
Occorre rilevare che:
y2 + 1
1) se in k 1m1 = y n2 + 1 si ha k 1 = 1 , la frazione n
è risolvente di m 1 che quindi risulta
yn
L’insieme di queste condizioni assicura che, se
k1 <
somma di due quadrati. Pertanto, per il teorema 2, la complementare di
cioè
y 2n + 1
,
yn
x n2 + 1
, è risolvente di m 1 e quindi, grazie al teorema 4, si conclude che la
xn
frazione
2
p x +1
=
è risolvente di p che dunque è somma di due quadrati.
x
x
yn
5
, ne segue m 1 = 5, y n = 2 . In questo caso si ha l’equazione 1 ⋅ 5 = 2 2 + 1 e
è
2
2
risolvente di 5. Applicando il teorema 4, si conclude di nuovo che p ha come
associata una frazione risolvente e che, quindi, è somma di due quadrati.
y
3) Se k1 < n la discesa continua. Ma questa discesa non può essere infinita, così che
2
si raggiunge il caso 1) o il caso 2) oppure un y*=3. Ma se y*=3, allora si ha
l’identità 2 ⋅ 5 = 3 2 + 1 . Di nuovo si ha una frazione risolvente per 5 e tramite i
teoremi 2 e 4 si conclude che anche le due frazioni associate a p sono
complementari e, quindi p=4n+1 primo è somma di due quadrati.
2) Se k1 =
Se in k p = x 2 + 1 , k è dispari, la procedura è analoga a quella mostrata in precedenza.
In conclusione ogni numero primo della forma 4n+1 è somma di due quadrati.
Perché la dimostrazione esposta svela i segreti di Fermat? 1) Prima di tutto la discesa
è applicata usando un nuovo principio: come visto, supponendo falso che ogni primo
della forma 4n+1 sia somma di due quadrati e, quindi, abbia una frazione risolvente
associata, si innesca un riduzione che da p porta a un valore k=1 oppure a un m n = 5 .
In ambo i casi si hanno frazioni associate che sono risolventi cioè, il numero relativo a
k=1 in km = x i2 + 1 e m n = 5 non dovrebbero essere somma di due quadrati in base alle
ipotesi, ma invece lo sono. Da questo assurdo si conclude che, allora p è somma di
due quadrati. Se si volesse continuare a negare di raggiungere m n = 5 , allora
dovremmo ammettere infiniti interi tra p e 5, il che è insensato. In questo genere di
dimostrazioni, l’infinito entra in gioco solo in modo indiretto e non in maniera organica
ed essenziale come nelle ordinarie dimostrazioni per discesa indefinita (ho chiamato
questa applicazione riduzione-discesa). Questo sembra essere uno dei nuovi principi di
cui parla Fermat e nella ricostruzione di Paolini tutti i singoli passaggi sono ben chiari
e dettagliati. Il secondo principio può essere che a una discesa, quella che porta da p
a k=1 o a 5, è sempre associata una ascesa che da 5 consente di raggiungere p. È per
sottolineare la presenza di questa ascesa che Paolini conclude i suoi ragionamenti
asserendo che grazie ai teoremi 2 e 4 da k=1 o m n = 5 si risale a p e si conclude che
anche p è somma di due quadrati, piuttosto che sottolineare la contraddizione di dover
ammettere che 5 sia e non sia al contempo somma di due quadrati. Appare verosimile
che il principio della ascesa associata alla discesa sia un altro di quelli a cui si riferisce
Fermat; 2) il numero 5 svolge un ruolo essenziale, proprio come sosteneva Fermat:
infatti la riduzione, se non si ferma a un k=1, procede fino a 5, che come scrive il
13
matematico francese, non dovrebbe essere in base alle ipotesi somma di due
quadrati, ma invece lo è. Quindi le ipotesi - in particolare che esista un p primo della
forma 4n+1 che non sia somma di due quadrati - sono assurde e devono essere
rimosse. Paolini fornisce così una dimostrazione che segue alla lettera le indicazioni
del matematico francese. Per questo si può parlare di dimostrazione matematico filologica.
Le prove concernenti la decomponibilità in forme quadratiche binarie dei prim i della
forme 8n+1 e 8n+3 e della forma 6n+1 seguono la falsariga di quella appena
descritta, quindi non le esamineremo. È opportuno sottolineare che le prove di Paolini
sono estendibili anche ad altre forme quadratiche binarie x 2 + By 2 , con B > 3 , mentre
col metodo di Eulero questi problemi sono inaffrontabili se B > 3 . I metodi e gli
strumenti usati sono tutti alla portata di un matematico vissuto nel XVII secolo, quindi
ritengo queste dimostrazioni plaus ibilmente attribuibili a Fermat2 7 .
4.2. Il teorema sui numeri poligonali
Riguardo al teorema sui numeri poligonali, e soprattutto per la dimostrazione che ogni
intero è somma di tre triangolari, ci sono due problemi molto seri in relazione a una
possibile ricostruzione dell’eventuale metodo fermatiano: 1) Fermat lascia, come visto
una sola indicazione nella lettera a Pascal del 1654, e cioè che in una fase della
dimostrazione il teorema sulla decomponibilità in due quadrati dei numeri primi della
forma 4n+1 deve giocare un ruolo importante; 2) la dimostrazione del teorema sui tre
triangolari è molto difficile. Già sulla possibilità che Fermat avesse la prova che ogni
intero è somma di quattro quadrati, si parla di mistero, ma quanto ai tre triangolari
scrive André Weil, studioso che non può certo essere annoverato fra i detrattori di
Fermat:
Quanto ai “triangoli” e alle somme di tre quadrati, il mistero è ancora più profondo.
Affermare che ogni intero è somma di tre “triangoli”equivale a dire che ogni intero
della forma 8n+3 è una somma di tre quadrati. (…) per quanto riguarda “somme di
tre triangoli”, finché non verrà presentata una dimostrazione che possa essere
attribuita in modo plausibile a Fermat, il mistero dovrà rimanere tale.2 8
Lo scetticismo concerne proprio la possibilità che Fermat avesse una dimostrazione
che ogni intero della forma 8n+3 è somma di tre quadrati2 9 . C’è inoltre da tener
presente che Fermat sostiene di aver provato tramite discesa indefinita che ogni intero
è somma di quattro quadrati, ma che niente dice sul metodo usato quanto ai tre
triangolari. Sembra quindi che egli non abbia usato la discesa per questo teorema.
Come si vede, i problemi per ricostruire una dimostrazione plausibilmente attribuibile
a Fermat sono molti. Paolini li ha superati fornendo una prova del teorema dei tre
triangolari e una del teorema dei quattro quadrati3 0 . Da quest’ultima è poi possibile
dedurre le altre concernenti i numeri poligonali, anche se queste non sono sviluppate
nello scritto di Paolini, il cui lavoro è interessante per molteplici aspetti: 1) quanto ai
tre triangolari, viene appunto “presentata una dimostrazione che possa essere
attribuita in modo plausibile a Fermat”, per usare le parole di Weil; 2) la
dimostrazione dei quattro quadrati dipende direttamente dal fatto che ogni intero sia
somma di tre triangolari; 3) i metodi usati non solo sono attribuibili a Fermat, ma
sfruttano i pochi “suggerimenti” lasciati dal matematico francese nelle lettere. Quindi
la ricostruzione di cui presenteremo le linee essenziali sono rilevanti per l’esegesi di
Fermat.
A. Il teorema dei tre triangolari
14
la argomentazione di Paolini è divisa in tre momenti:
1) Per ogni numero della forma 8n+3, esiste un’infinità di suoi multipli della forma
(8m + 1)(8 n + 3) che è so mma di tre quadrati.
2) Per ogni numero della forma 8n+3, esiste un’infinitità di suoi multipli della forma
A2 (8n + 3) che è somma di tre quadrati, dove A è un numero dispari.
3) Per ogni numero della forma 8n+3 esiste almeno un quadrato della forma 5 2 r tale
che 5 2 r (8n + 3) è somma di tre quadrati.
Da quest’ultima proposizione si deduce poi senza eccessiva difficoltà che 8n+3 stesso
è somma di tre quadrati e, quindi, n è somma di tre triangolari.
Quanto alla prima proposizione, essa si suddivide in due enunciati: a) provare che per
ogni intero della forma 8 n+3, esiste un quadrato dispari z 2 , tale che
1)
(8m + 1)(8n + 3) = x 2 + y 2 + z 2
b) provare che i multipli di 8n+3 somma di tre quadrati e della forma 1) sono infiniti.
La prima parte dell’asserto è di gran lunga la più difficile. Seguiamo solo la fase
preliminare dell’argomentazione di Paolini per vedere quale ruolo svolga il teorema sui
numeri primi della forma 4n+1.
Affinché l’equazione 1) abbia soluzione, i tre numeri x,y,z devono essere dispari,
essendo il primo membro della 1) della forma 8n+3. Tale equazione può dunque
essere scritta
(8m + 1)(8n + 3) − z 2 = 2 d
2)
dove d è un numero della forma 4n+1. Indicando con ∆ un numero triangolare, si ha
che z 2 = 8 ∆ + 1 , la 2) può perciò essere scritta come
32 mn + 12 m + 4(n − ∆ ) + 1 = d
vale a dire
( 4(n − ∆ ) + 1) + 4m(8n + 3) = 4 r'+1
infine, ponendo 4 (n − ∆) + 1 = 4 r + 1 e
dell’equazione, la successione
4 (8 n + 3) = R , si ottiene, dal primo membro
4 r + 1 + mR
Si indichi con S questa successione che ha come primo elemento 4r+1 e come ragione
R. Se fosse possibile dimostrare che in S, per ogni r vi è almeno un elemento somma
di due quadrati, la parte a) del teorema 1) sarebbe provata perché ciò equivarrebbe a
dire che d, e quindi 2d, è somma di due quadrati, ma allora, dalla 2) seguirebbe
appunto che (8m + 1)(8 n + 3) è somma di tre quadrati. Paolini riduce quindi il problema
allo studio di S. Questa successione è formata da numeri della forma 4n+1, se si
dimostrasse che esiste almeno un termine della successione che è prodotto di soli
numeri primi della forma 4n+1, eventualmente moltiplicati per dei quadrati, il teorema
sarebbe dimostrato poiché ogni numero primo della forma 4n+1 è somma di due
15
quadrati e il prodotto di più numeri somma di due quadrati è somma di due quadrati.
Lo studio della successione S acquista quindi senso se conosciamo già il teorema sui
primi della forma 4n+1. Ecco perché Fermat si riferì a questa proposizione come a un
asserto fondamentale per il teorema sui numeri poligonali: essa rappresenta un
lemma centrale per provare la 1). Tramite una serie di argomentazioni elementari, ma
logicamente complesse e raffinate Paolini prova poi che effettivamente esiste un
elemento di S che è somma di due quadrati. Sottolineiamo che la celebre
dimostrazione di Dirichlet che ogni successione aritmetica ha almeno un elemento che
è un numero primo, potrebbe essere applicata ad S; il problema è che Dirichlet usa
procedure non elementari e che non possono essere affatto attribuite a Fermat.
Questa è la ragione per cui Paolini ridimostra l’asserto.
È poi più semplice provare la 1) b), cioè che in S vi è un’infinità di elementi che
sono somma di due quadrati.
Quanto al teorema 2), esso asserisce che vi è un’infinità di multipli di 8n+3 della
forma A2 (8n + 3) che è somma di tre quadrati, dove A è un numero dispari. Anche qui
seguiamo l’impostazione del ragionamento di Paolini: dato un numero della forma
8n+3, lo si moltiplichi successivamente per i quadrati dispari. Si sottraggano da ogni
prodotto ottenuto in questo modo i successivi quadrati dispari, ottenendo una tabella
a infinite righe e colonne T(k,l) che ha la seguente struttura:
(8n + 3) − 1
,
2
3 2 (8n + 3) − 1
,
2
5 2 (8 n + 3) − 1
,
2
...,
(8n + 3) − 3 2
,
2
3 2 (8 n + 3) − 3 2
,
2
5 2 (8 n + 3) − 3 2
,
2
...,
(8n + 3) − 5 2
,
2
3 2 (8 n + 3) − 5 2
,
2
5 2 (8n + 3) − 5 2
,
2
...,
...
...
...
...
Le colonne di T(k,l) sono sottosuccessioni di successioni che indichiamo
rispettivamente con S1 , S 2 ,...,S n ,...
Così, per esempio, se 8n+3=11, e z=1, la successione S, denotata in questo caso da
S1 poiché appunto z=1, è data da 5 + 44 m , che ha come primi elementi positivi 5, 49,
93, 137, 181,… ; la sottosuccessione che costituisce le colonne di T(k,l) è data da
5 + 44 ∆ e i suoi primi elementi positivi sono 5, 49, 137, 269, 445,… Dato un numero
della forma 8n+3, gli elementi di T(k,l) sono in generale dati da
(8 ∆ i + 1)(8n + 3) − (8 ∆ j + 1)
, dove ∆ i e ∆ j sono triangolari qualsiasi. Questa scrittura si
2
giustifica tenendo conto del fatto che tutti i quadrati dispari sono della forma 8∆ + 1 .
(8 m * +1)(8n + 3) − (8∆ a + 1)
Siano
, gli infiniti elementi delle S1 , S 2 ,...,S n ,... relative ad 8n+3
2
che sono somma di due quadrati. In generale m* non è un triangolare. Il teorema da
dimostrare si traduce allora nell’equazione
(8m * +1)(8 n + 3) − (8 ∆ a + 1) = (8∆ i + 1)(8 n + 3) − (8∆ j + 1)
1)
Affinché il teorema sia vero questa equazione, in cui m*, 8n+3 e ∆ a sono dati e ∆ i e
∆ j sono le incognite deve avere un’infinità di soluzioni. Il significato dell’equazione è,
detto in parole, il seguente: non essendo m* un triangolare, il membro di sinistra, che
16
è somma di due quadrati, apparterrà a una S l , ma non apparterrà alla
sottosuccessione di S l che compare in T(k,l). Ci si chiede se tale valore appartiene a
una successione di S j che invece compare in T(k,l). Vediamo un esempio:
89 ⋅ 19 − 39 2
= 85 , qui m*=11, 85 appartiene a S 20 , ma non a T(k,l) poiché m* non è un
2
triangolare e, quindi ovviamente 8m * +1 = 89 non è un quadrato. Tuttavia è anche
9 2 ⋅ 19 − 37 2
= 85 . Scritto in questo modo 85 appartiene a S19 e a T(k,l), con m * = 10 .
2
Per dimostrare che l’equazione 1) ammette un’infinità di soluzioni, Paolini dimostra
che: 1) esistono m* di una particolare forma tali che l’equazione 1) abbia infinite
soluzioni. Queste soluzioni potrebbero però dar luogo a somme di due quadrati
negativi; 2) se un m* è compreso tra due particolari triangolari consecutivi, allora la
1) ammette soluzioni positive in T(k,l); 3) esistono infiniti m* di cui al punto 2).
È molto importante sottolineare che, quanto al punto 3), il fatto che l’equazione di
Pell sia risolubile svolge un ruolo essenziale 3 1 . Questo per una plausibile attribuzione
della dimostrazione di Paolini a Fermat è davvero significativo poiché nello stesso
periodo in cui Fermat inviò a Pascal la lettera ricordata, scrisse anche numerose
lettere concernenti l’equazioni di Pell, che dovrebbe essere definita a ragione
“equazione di Fermat”.
Per dimostrare la terza parte dell’enunciato, cioè che per ogni numero della forma
8n+3 esiste almeno un quadrato della forma 5 2 r tale che 5 2 r (8n + 3) è somma di tre
quadrati, Paolini studia la presenza di un m* tra particolari successioni di intervalli i
cui estremi sono dati da due triangolari consecutivi. Nello specifico interessano le
successioni di intervalli il cui estremo superiore o inferiore è un triangolare ∆ tale che
8∆ + 1 = 5 2r . I primi ∆ sono 3, 78, 1953, … Indicata con S 5 la successione di intervalli
tali che l’estremo superiore sia uno dei ∆ e l’estremo inferiore il triangolare ∆ '
immediatamente minore di ∆ , risulta che i primi elementi di S 5 sono gli intervalli
(1,3), (66,78), (1891,1953),… Indicando poi con S 5' la successione di intervalli il cui
estremo inferiore è uno dei ∆ e il cui estremo superiore è il triangolare ∆1
immediatamente maggiore di ∆ , si ha che gli elementi iniziali di S 5' sono gli intervalli
(3,6), (78,91), (1953, 2016),… Secondo un ragionamento del tutto analogo a quello
usato per il teorema precedente, si può provare appunto che la proposizione si riduce
a far vedere che un m* cade in S 5 o in S 5' . Per mostrare poi che in effetti esiste un m*
con tale caratteristica, è necessario provare che la successione dei ∆ tali che
8∆ + 1 = 5 2r contiene multipli di tutti i numeri primi escluso 5. Si verifica facilmente che
∆ = 3(1 + 5 2 + 5 4... + 5 2 (r −1) ) e applicando il piccolo teorema di Fermat, Paolini mostra che i
numeri appartenenti a tale successione hanno come fattore ogni numero primo ad
eccezione 5. A questo punto, si è in grado di provare che un m* cade in S 5 o in S 5' . Se
il muliplo di 8n+3 che interessa considerare è anche un multiplo di 5, un semplice
ragionamento assicura comunque la verità dell’asserto.
L’uso del piccolo teorema di Fermat in questa terza parte della prova, ci sembra un
ulteriore indizio della plausibile attribuzione al matematico francese della
argomentazione che abbiamo esposto per sommi capi.
Giunti a dimostrare che, per ogni 8n+3, si ha che 5 2 r (8n + 3) = x 2 + y 2 + z 2 , Paolini
mostra che è possibile ridurre il valore r fino a 0 in modo che ogni gradino della
riduzione sia somma di tre quadrati, così che in conclusione 8n+3 stesso è somma di
tre quadrati.
17
Siamo quindi in presenza di una dimostrazione elementare che ha motivi di
interesse matematici, storici e metodologici. Soprattutto si ha uno studio molto
approfondito di certe successioni senza ricorrere direttamente ad equazioni o a
congruenze. Sembra cioè che esista un sostrato basilare in teoria dei numeri, riguardo
al quale devono essere studiate direttamente le proprietà delle successioni. Quanto
alla ricostituzione del pensiero di Fermat abbiamo visto che: 1) i metodi impiegati
sono elementari e attribuibili a un matematico vissuto nel XVII secolo; 2) sono
presenti specifiche proposizioni ideate da Fermat. In particolare: a) teorema sui
numeri primi della forma 4n+1; b) equazione di Pell; c) piccolo teorema di Fermat.
Vedremo nel prossimo paragrafo che vi è un quarto elemento molto importante: il
teorema dei tre triangolari serve per dimostrare quello dei quattro quadrati.
B. Il teorema dei quattro quadrati
Per comprendere le linee generali della dimostrazione fornita da Paolini a proposito dei
quattro quadrati, occorre anzitutto introdurre il concetto di distinto di un triangolare:
n( n + 1)
dal momento che ogni triangolare è della forma
, viene definito n+1 il distinto
2
n( n + 1) n + 1
positivo del triangolare e –n il distinto negativo. La notazione
≈
deve esser
2
−n
n +1
n( n + 1)
letta come: “il triangolare
è associato alla coppia di distinti
”.
−n
2
Riportiamo, per comodità, i primi triangolari con scritti sotto i rispettivi distinti:
0
1
3
6
10
15
21
28
36
45
55
1 2
3
4
5
6
7
8
9 10 11
0 − 1 − 2 − 3 − 4 − 5 − 6 − 7 − 8 − 9 − 10
A ogni numero può essere associato uno “spettro di distinti” costituito da tanti
elementi quanti sono i triangolari che, sommati, formano quel numero. Per esempio, 7
4
2
è somma dei due triangolari 6 e 1. A 6 sono associati i distinti
, a 1 i distinti
,
−3
−1
4
2
4
2
così che si può scrivere 7≈
, leggendo “7 è associato a
”. Tuttavia 7 è
− 3 −1
− 3 −1
3
2
somma anche dei tre triangolari 3,3,1; i distinti di 3 sono
, quelli di 1 sono
;
−2
−1
3
3 2
quindi si può anche scrivere 7 ≈
.
− 2 − 2 -1
Poiché ogni intero è somma di tre triangolari (ed è questo il punto fondamentale che
lega il teorema dei tre triangolari a quello dei quattro quadrati) lo è anche di quattro.
Paolini considera allora ogni intero decomposto nella somma di quattro triangolari con
associati i rispettivi distinti. Occorre inoltre ricordare che un doppio triangolare
sommato al suo distinto positivo è uguale al quadrato di tale distinto, infatti, se t+1
indica il distinto positivo, si ha: t (t + 1) + (t + 1) = (t + 1) 2 ; d’altronde un doppio triangolare
sommato al suo distinto negativo è uguale al quadrato di tale distinto perché
t (t + 1) − t = t 2 . Pertanto, dato un numero intero dispari 2n+1, si consideri il numero
2 (n − k ) , con k<n, si decomponga n − k in quattro triangolari e si considerino i distinti
associati a tali triangolari; se esiste una somma algebrica dei distinti di tali triangolari,
ottenuta scegliendo un distinto da ciascuna colonna, tale che il suo valore sia 2k+1,
18
allora avremo decomposto 2n+1 in somma di quattro quadrati; infatti,
2 (n − k ) + 2k + 1 = 2 n + 1 e ogni doppio triangolare sommato algebricamente a un suo
distinto è uguale, come si è visto, al quadrato di quel distinto.
Se il numero dato è pari, sia 2n, il ragionamento è del tutto analogo: si considera
2 (n − k ) e, in questo caso, una somma algebrica dei distinti uguale a +2k.
Paolini dimostra prima il teorema dei quattro quadrati per i numeri dispari. Sono
necessarie due proposizioni preparatorie che comunque valgono sia per i numeri pari
che per quelli dispari e che suonano:
1. Sia un intero positivo n associato a quattro coppie di distinti; la somma algebrica di
quattro di essi sia + k oppure − k . Allora il numero n+k (risp. n − k ) che è associato
a quattro coppie di altri distinti, la somma algebrica dei quali è − k (risp. +k).
Esempio: 71 può essere decomposto nella somma di quattro triangolari come
28+21+21+1. I distinti di 28 sono (8,−7 ) , quelli di 21 (7 ,−6 ) , quelli di 1 ( 2,−1) .
Pertanto
71 ≈
8
7
7
2
− 7 − 6 − 6 −1
Consideriamo la somma algebrica di distinti tratti ognuno da una colonna
k = 8 − 6 + 7 + 2 = 11 . Allora 82 ha una somma algebrica dei distinti uguale a − 11 .
Consideriamo infatti − 11 scritto come − 11 = −8 + 6 − 7 − 2 . In questo caso si hanno le
coppie di distinti (9,−8), (6 ,−5 ), (8,−7 ), (3,−2 ) associate ai triangolari 36, 15, 28, 3, la cui
somma fa 82, come prescrive il teorema.
a +1 b +1 c +1 d +1
, esiste almeno una somma
− a −b −c
−d
algebrica di quattro di essi, ognuno tratto da una colonna, che è un numero dispari
negativo.
2. Date le colonne di distinti
A questo punto Paolini dimostra il teorema dei quattro quadrati per i numeri dispari
2n+1. La prova si articola in due parti: se n è un triangolare, si dimostra abbastanza
facilmente che, essendo, 2 (n − k ) + 2k + 1 = 2 n + 1 , esiste un n − k la cui somma algebrica
è 2k+1, così che 2n+1 è somma di quattro quadrati. Se n non è un triangolare, Paolini
prova con un metodo che ha molti punti di contatto con la discesa indefinita che, se
per nessun k, n − k avesse una somma algebrica di quattro distinti scelti secondo il
criterio più volte esposto, uguale a 2k+1, allora si dovrebbe ammettere che n non
possiede alcuna somma algebrica dei distinti uguale a un numero dispari negativo, ma
questo è assurdo in base al teorema 2.
Si dimostra poi con un semplice ragionamento algebrico che anche i numeri pari
sono somma di quattro quadrati.
La dimostrazione di cui si sono esposte le generalità è importante poiché: 1)
connette il teorema dei quattro quadrati a quello dei tre triangolari; 2) è elementare e
ricorre a conoscenze sicuramente alla portata di un matematico vissuto nel XVII
secolo.
Forniamo un esempio di decomposizione di un numero nella somma di quattro
quadrati in base al metodo dei distinti: si voglia decomporre 167 nella somma di
quattro quadrati. Abbiamo che 167 = 2 ⋅ 83 + 1 . Quindi, in questo caso, k=0. Per cui, se,
decomponendo 83 in quattro triangolari, si ottiene una somma algebrica dei distinti
19
uguale a +1, avremo decomposto 167 in quattro quadrati. Poiché 83=55+21+6+1,
11
7 4 2
risulta che 83 ≈
e 11-6-3-1=+1, così che 167 = 11 2 + 6 2 + 3 2 + 12 .
− 10 − 6 - 3 − 1
Si ha 167 = ( 2 ⋅ 55 + 11) + (2 ⋅ 21 − 6) + ( 2 ⋅ 6 − 3) + (2 ⋅ 1 − 1) . Questa scrittura mette in luce
come ogni triangolare sommato algebricamente a un suo distinto dia luogo al
quadrato di quel distinto.
Ma 83 è scrivibile come somma di quattro triangolari anche in questo modo:
10 9 2 2
83=45+36+1+1, con 83 ≈
e − 9 + 9 + 2 − 1 = +1 , quindi 167 = 9 2 + 9 2 + 2 2 + 1 2 ,
− 9 − 8 -1 − 1
con 167 = ( 2 ⋅ 45 − 9) + (2 ⋅ 36 + 9) + ( 2 ⋅1 + 2) + (2 ⋅ 1 − 1) .
Può accadere che un numero sia decomponibile in più modi in somma di quattro
quadrati; così, per esempio 167 = 2 ⋅ 85 − 3 , allora k=+2 e − 2k + 1 = −3 , per cui, se
decomponendo 85 in somma di quattro triangolari si trova una somma algebrica dei
distinti uguale a –3, avremo, di nuovo, decomposto 167 in quattro quadrati. Ora
10 8 4
4
85=45+28+6+6,
quindi
85 ≈
e
10 − 7 − 3 − 3 = −3 ,
per
− 9 − 7 -3 − 3
cui: 167 = 10 2 + 7 2 + 3 2 + 3 2 , con 167 = ( 2 ⋅ 45 + 10 ) + ( 2 ⋅ 28 − 7 ) + ( 2 ⋅ 6 − 3) + (2 ⋅ 6 − 3) .
C. La decomposizione di un numero in cinque pentagonali
La tecnica di Paolini consente, mutatis mutandis, di provare anche il teorema per gli
altri numeri poligonali. Riportiamo qui solo un esempio relativo alla decomposizione di
un numero in cinque pentagonali e di uno in sei esagonali.
3n 2 − n
Ricordiamo che il pentagonale del numero n è della forma
. Indicheremo con
2
P(n) tale numero pentagonale. Allo scopo di eseguire la decomposizione voluta,
occorre ricordare che il triplo di un triangolare sommato al suo distinto positivo o al
doppio del suo distinto negativo è uguale al pentagonale di tale distinto. Infatti sia
3t (t + 1)
il triplo triangolare che consideriamo. Sommiamolo al suo distinto positivo t+1
2
3t 2 + 5t + 2
e otteniamo
. Applicando la formula generale dei pentagonali per n=t+1, si
2
ottiene lo stesso valore. Analogamente si ragiona nel caso del distinto negativo.
Per scomporre un numero nella somma di cinque pentagonali occorre quindi
dividere per 3 quel numero, decomporre la parte intera del quoziente in cinque
triangolari raddoppiando il valore del distinto negativo e trovare una somma algebrica
dei distinti, tratti ognuno da una colonna diversa, che sia uguale al resto della
divisione. Trovata la scomposizione, si divide per due il distinto negativo che entra
nella somma algebrica, si calcolano i pentagonali dei distinti così ottenuti, e si è
decomposto il numero dato in cinque pentagonali.
Esempio: si voglia decomporre 272 in cinque pentagonali. 272 = 3 ⋅ 91 − 1 . Il numero 91
può essere scritto come somma dei cinque triangolari 55,10,10,10,6. Ricordando che
deve essere moltiplicato per 2 il distinto negativo, si ha:
91 ≈
11
5 5
5 4
− 20 − 8 − 8 − 8 − 6
20
Occorre trovare una somma algebrica dei distinti uguale a –1, ed effettivamente
− 20 + 5 + 5 + 5 + 4 = −1 . Quindi 272=P(10)+P(5)+P(5)+P(5)+P(4)=145+35+35+35+22,
con 145 = (3 ⋅ 55 − 20) ; 35 = (3 ⋅10 + 5) ; 22 = (3 ⋅ 6 + 4 ) .
Sono possibili altre decomposizioni, così, per esempio, 272 = 3 ⋅ 89 + 5 , e
89=45+21+21+1+1 . Si ha, quindi
10
7
7
2 2
89 ≈
− 18 − 12 − 12 − 2 − 2
Risulta
così
10 − 12 + 7 + 2 − 2 = +5 .
272=P(10)+P(6)+P(7)+P(2)+P(1)=145+51+70+5+1,
con
51 = (3 ⋅ 21 − 12) ; 70 = (3 ⋅ 21 + 7) ; 5 = (3 ⋅ 1 + 2) ; 1 = (3 ⋅ 1 − 2) .
Dunque
145 = (3 ⋅ 55 − 20) ;
Gli stessi principi che hanno consentito la decomposizione di un intero in quattro
quadrati e cinque pentagonali, permettono anche la scomposizione negli altri
pentagonali. Occorrerà solo tener presente che se il numero degli angoli è n, il distinto
negativo deve essere moltiplicato per n − 3 e il triangolare per n − 2 . Così, per esempio,
nel caso degli esagonali si ha che il quadruplo di un triangolare sommato al suo
distinto positivo o al triplo del suo distinto negativo è uguale all’esagonale di quel
distinto. Facciamo, in conclusione, proprio un esempio di decomposizione di un intero
in somma di sei esagonali.
Ricordiamo che ogni esagonale è della forma 2n 2 − n e indichiamo con E(n)
l’esagonale di n. Si voglia decomporre 301 in sei esagonali. Si ha che 301 = 4 ⋅ 75 + 1 . Il
numero 75 può essere scritto come somma di sei triangolari in questo modo:
75=36+10+10+10+6+3. Consideriamo lo spettro di distinti associati a 75 tenendo
presente che i distinti negativi devono essere moltiplicati per 3. Allora
75 ≈
9
5
5
5
4
3
.
− 24 − 12 − 12 − 12 − 9 − 6
Esiste una somma algebrica di sei distinti, tratti ognuno da una colonna uguale a +1,
infatti
9+5 -12-9+5+3=+1. Qui, ovviamente, quando si considera l’esagonale
associato al distinto negativo, occorre dividere per 3 tale distinto. Quindi
301=E(9)+E(5)+E(5)+E(4)+E(3)+E(3)=153+45+45+28+15+15, con 153 = ( 4 ⋅ 36 + 9) ;
45 = ( 4 ⋅ 10 + 5) ; 28 = 4 ⋅ 10 − 12 ; 15 = 4 ⋅ 6 − 9 ; 15 = 4 ⋅ 3 + 3 .
Concludiamo rilevando le profonde inteconnessione dell’aritmetica fermatiana, i cui
segreti sono stati in buona parte svelati. In questo disvelamento il lavoro di Paolini
svolge un ruolo importante: il teorema che ogni primo della forma 4n+1 è somma di
due quadrati risolve la vecchia questione di capire quali numeri possano essere
ipotenusa di triangoli pitagorici e quante volte lo siano. Inoltre esso è, per così dire, il
punto iniziale della complessa teoria della forme quadratiche binarie. Per di più, come
scrive Fermat, costituisce un lemma per la prova che ogni intero è somma di tre
triangolari. L’enunciato può esser dimostrato seguendo le poche indicazioni lasciate
dal matematico francese. Quanto al teorema dei tre triangolari, anch’esso può esser
provato secondo gli scarsi e quasi sibillini indizi lasciati da Fermat. Oltre che la
proposizione sui primi della forma 4n+1 nella dimostrazione vengono usati anche il
piccolo teorema di Fermat e l’equazione di Pell, due enunciati cioè ideati dal
matematico francese. La discesa non è usata. Il tutto rende la dimostrazione di Paolini
non solo coerente con gli indizi che ci ha lasciato Fermat, ma profondamente calata
nell’aritmetica fermatiana. Per i quattro quadrati, è usato il teorema di decomponibilità
di ogni intero in tre triangolari ed un metodo simile alla discesa, coerentemente con
21
quanto scrive Fermat. Inoltre il caso cubico dell’“ultimo teorema di Fermat” è
dimostrabile tramite discesa e senza ricorrere agli interi complessi. Questo il mirabile
edificio della teoria dei numeri di Fermat.
Paolo Bussotti
Dottore di ricerca in stoia della scienza
Ricercatore fondazione Humboldt 2003 2005
[email protected]
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23
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Einaudi, Torino, 1993 (traduzione italiana).
1
Le opere di Fermat sono state pubblicate tra il 1891 e il 1922. Per le indicazioni si veda la bibliografia. In italiano sono disponibili
le Osservazioni si Diofanto (Fermat, 1959). Quanto alla letteratura, fornisco qui solo le indicazioni concernenti opere generali sulla
teoria dei numeri di Fermat: un testo fondamentale è Weil, 1984, 1993. Un volume dedicato a tutta la matematica di Fermat, ove la
teoria dei numeri è trattata in dettaglio è Mahoney, 1973, 1994. Parte consistente di Giorello-Sinigaglia, 2001 è dedicata alla teoria
dei numeri. Così come la prima parte di Bussotti, 2006. Quanto agli articoli, ricordo: Henry, 1879; Genocchi, 1883; Bussey, 1918;
Vacca, 1927-28; Hofmann, 1944a, Hofmann, 1944b, Hofmann, 1960-62; Cassinet, 1980. Questo elenco non ha alcuna pretesa di
esaustività. In Bussotti, 2006 si trovano indicazioni più dettagliate.
2
Il nome dipende dal fatto che questo teorema è stato l’ultimo in ordine di tempo ad essere stato dimostrato. La letteratura ad esso
relativa è semplicemente sterminata così come numerose sono i tentativi di dimostrazione. Ricordo qui solo l’ottima trattazione
storica e matematica presente in Edwards, 1977 e due volumi di carattere divulgativo apparsi anche in traduzione italiana dopo la
dimostrazione di Wiles: 1) Singh, 1997; 2) Aczel, 1998.
3
Fermat, 1959, p. 18.
4
Chiariremo nel corso dell’articolo quali siano queste proposizioni e di quale Fermat abbia lasciato dimostrazione.
5
La parola “elementare” è estremamente ambigua e non semplice da definire. Noi riteniamo elementari quei metodi che non fanno
uso della matematica del continuo e che non impiegano concetti dell’analisi matematica, quale quello di integrale o derivata. Tanto
meno sono elementari i metodi della moderna teoria analitica dei numeri ove si usano nozioni ancor più astratte e calate in spazi di
tipo particolare.
6
Anche in questo caso si comprenderà l’affermazione nel prosieguo dell’articolo.
7
Il lavoro di Paolini è consultabile su Internet al sito http://fermat.graficaedesign.biz/. Una prima versione di parte di questo lavoro si
può consultare nelle sezioni scritte da Paolini in Bussotti-Paolini, 1997. Le parti scritte da me sono un commento storicometodologico ai contributi di Paolini. Così come la parte finale di Bussotti, 2000 è dedicata a una delle ricostruzioni di Paolini.
8
Il frutto di questa ricerca può esser consultato in Bussotti, 2006. Il testo si conclude con una traduzione in inglese di alcuni dei
risultati di Paolini.
9
La lettera è consultabile in Fermat, Oeuvres, II, pp. 431-436.
10
Alla storia dei metodi dimostrativi usati per provare questo teorema è dedicato Goldstein, 1995.
11
Fermat, 1959, p. 45.
12
Fermat, II, pp. 431.
13
In Fermat, Oeuvres, II, p. 432. Ho ripreso la traduzione in italiano da Bell, 1966, pp. 69-70.
14
Fermat, Oeuvres, II, p. 433.
15
Ibidem, pp. 312-313.
16
17
Ibidem, p. 310.
Wallis, 1693, pp. 789-797 e 802-807.
18
La prima dimostrazione si trova in Lagrange 1766-69, la seconda in Lagrange, 1769, ove egli affronta il problema più generale di
risolvere in interi tutte le equazioni indeterminate di secondo grado a due incognite.
19
In quel che segue x e y sono sempre da ritenersi primi l’un l’altro. Eulero in 1752/3 dimostra per riduzione-discesa che ogni
divisore di x 2 + y 2 è a sua volta somma di due quadrati. La dimostrazione, anche se fondamentalmente corretta, è piuttosto
imprecisa. Molti passaggi importanti sono trascurati o dati per scontati. In 1754/5 dimostra che ogni primo della forma 4n+1 divide
2
x +y
2
2
x + 2y
e che, quindi, è a sua volta somma di due quadrati. In 1756/7 dimostra per riduzione discesa che i divisori della forma
2
sono della stessa forma. La prova è molto più perspicua di quella presentata quattro anni prima per la forma x 2 + y 2 . In
1760/1 dimostra per riduzione-discesa che i divisori di x 2 + 3y 2 sono della stessa forma. Prova anche che ogni primo della forma
6n+1 divide x 2 + 3y 2 e quindi ha la forma x 2 + 3y 2 . In 1773a fornisce nuove dimostrazioni tramite una riduzione diretta del fatto
che i divisori della forma x 2 + By 2 , B=1,2,3 hanno a loro volta la forma x 2 + By 2 . In 1773b dimostra che ogni numero primo
della forma 8n+1 divide x 2 + 2y 2 e quindi è scrivibile come x 2 + 2y 2 . Il ragionamento è estendibile anche ai primi della forma
8n+3, per quanto Eulero sembri molto prudente sull’argomento. In 1773b ci sono anche nuove dimostrazioni riguardo alle forme
2
2
2
2
x + y e x + 3y . Ho affrontato l’analisi logico-matematica di tutte queste dimostrazioni in Bussotti, 2006, capitolo dedicato a
Eulero.
20
Si veda Lagrange, 1770 e Eulero, 1773a.
24
21
Eulero, 1770, capitolo 15, paragrafo 243. Anche per il teorema die quattro quadrati e il caso cubico dell’ultimo teorema di Fermat,
si possono consultare le parti di Bussotti, 2006 concernenti Eulero e Lagrange e dedicate a qusti argomenti.
22
Gauss, 1801, art. 293.
23
Cauchy, 1815.
19
24
Data una frazione qualsiasi, per esempio
, è possibile svilupparla in frazione continua nel modo seguente: 19:7=2, resto 5;
7
19
1
7:5=1, resto 2; 5:2 =2, resto 1; 2:1=2 resto 0 Risulta così
= 2+
. I valori 2,1,2,2 si chiamano quozienti incompleti. Le
1
7
1+
1
2+
2
1
1
8
1
19
19
frazioni 2, 2 + = 3 , 2 +
= e 2+
=
sono le ridotte di
. Si può dimostrare facilmente che, se m ed n sono
1
7
1
3
7
1
1
+
1+
1
2
2+
2
m
due interi, lo sviluppo in frazione continua di
termina sempre con il resto 0. Le frazioni continue hanno numerose interessanti
n
proprietà ed erano note all’epoca di Fermat. Riguardo alla definizione di Paolini, si consideri, per esempio, l’identità 5 ⋅ 34 = 132 + 1 ,
34
5 8 13 34
con x=13 e m=34. La frazione associata a 34 è
, le cui ridotte sono 2,3, , , ,
. Invertendo le ridotte si ha
13
2 3 5 13
1 1 2 3 5 13
, , , , ,
. Il più grande g i , tale che gi2 < 34 è 5, così che f n = 2 . Si ha 34 = 5 2 + (13 ⋅ 5 − 34 ⋅ 2) 2 = 5 2 + 3 2 . Se ne
2 3 5 8 13 34
34
conclude che
è risolvente di 34. Quest’ultimo esempio è tratto da Bussotti, 2006, capitolo su Fermat, nota 40.
13
25
La successione degli xn è data da x − k = x1 , x − 2k = x2 ,…, x − nk = x n . Per esempio in 2 ⋅ 41 = 92 + 1 , con x=9, k=2, si ha
x1 = x − k = 9 − 2 = 7 ; x2 = x − 2k = 9 − 4 = 5 ; x3 = x − 3k = 9 − 6 = 3 .
26
Riprendendo l’esempio di
2
2
2 ⋅ 41 = 92 + 1 , si ottengono le identità
2
2
2
2
2 ⋅ 25 = (9 − 2) + 1 = 7 + 1 , con m=25, l=1;
2
2
2
2 ⋅ 13 = ( 7 − 2) + 1 = (9 − 2 ⋅ 2) + 1 = 5 + 1 , con m=13, l=2; 2 ⋅ 5 = (5 − 2) + 1 = (7 − 2 ⋅ 2) + 1 = (9 − 2 ⋅ 3) + 1 = 3 + 1 , con m=5,
l=3.
27
Quanto alla prima dimostrazione di Paolini concernente i numeri primi della forma 4n+1, essa è consultabile in Problemi
fermatiani, capitolo primo, paragrafo intitolato L’applicazione del metodo alle tesi affermative, pp. 5-12. La dimostrazione che ho
riferito, insieme a quelle relative ai numeri primi delle forme 8n+1, 8n+3 e 6n+1 sono al capitolo primo, paragrafo intitolato La
scomposizione di un numero primo in somma di due quadrati, pp. 12-18. Alle pagine 49-77 di Bussotti, 2006, analizzo la
dimostrazione di Paolini sui primi della forma 4n+1 fornendo molti più dettagli matematici di quanto sia stato possibile fare qui e
studiandone anche l’aspetto logico. Mostro poi che tutti i mezzi usati da Paolini - in particolare le frazioni continue - erano
perfettamente noti a Fermat.
28
Weil, 1984, 1993, p. 95.
29
Se ogni intero della forma 8n+3 è somma di tre quadrati, lo è di tre quadrati dispari, come è banale provare. Dall’identità
2
2
2
8n + 3 = (2 x + 1) + (2 y + 1) + ( 2z + 1) , si verifica immediatamente che n risulta somma di tre triangolari.
30
Il lavoro di Paolini è consultabile sul sito http://fermat.graficaedesign.biz/, il teorema sui numeri triangolari è alle pagine 25-39;
quello dei quattro quadrati alle pagine 40-48. Ho dedicato a un’analisi approfondita della dimostrazione di Paolini relativa al teorema
dei tre triangolari, Bussotti, 2006, pp. 114-149 e per i quattro quadrati, pp. 149-171.
31
Sulle questioni 2) e 3), si veda Bussotti 2006, pp. 137-142 e specificamente sul ruolo dell’equazione di Pell nella dimostrazione di
Paolini la nota 120.