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Agenzia Sociale per la Casa
Diakonia onlus – Caritas Vicentina
Agenzia Sociale per la Casa
TANTI MODI DI “ABITARE”
Il significato della casa
e le esperienze di acquisito
Indagine sugli immigrati residenti
a cura di
M. Cristina Ghiotto
Chiara e Alessandra Zoccante
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Agenzia Sociale per la Casa
PREFAZIONE
L’Agenzia Sociale per la Casa è un’esperienza di servizio, nata dalla convinzione che la ricerca
di soluzioni alloggiative per le persone immigrate ha bisogno di strumenti nuovi. Infatti le
politiche per la casa, che pure sono uno strumento dovuto e irrinunciabile, faticano sempre più
a rispondere alle crescenti esigenze.
La novità dell’iniziativa sta soprattutto nel presupposto: sarebbe miope rinunciare alle capacità e
intelligenze di chi vi accede, alla possibilità di rendere le persone protagoniste nel cercare
soluzione ai loro problemi alloggiativi. Protagoniste, appunto, non solo beneficiarie.
L’Agenzia Sociale Casa ha mirato alto dal punto di vista dell’integrazione. In una provincia
dove quasi tre quarti delle case sono in proprietà, pensare che cinquantamila persone arrivate in
pochi anni dai cinque continenti trovassero spazio nell’asfittico mercato dell’affitto era
auspicabile, ma poco realistico.
Di qui la scelta, forse un po’ azzardata, senza dubbio controcorrente, di creare strumenti e
percorsi di accompagnamento per avvicinare in modo consapevole gli immigrati al mercato
della compravendita. Non è raro, infatti, comprare casa per una rata di mutuo inferiore al canone
di affitto. Ma soprattutto è strategico per la coesione sociale definire un punto di approdo al
percorso migratorio, identificare un territorio, una città, un quartiere, come l’ambiente dove ci si
gioca in modo non provvisorio la vita quotidiana e le relazioni della propria famiglia.
La proposta di valorizzare l’autonomia delle persone si è articolata in occasioni di orientamento,
di informazione e formazione, di ascolto, di attenzione alle scelte economiche, di vita e di
abitazione. Si è riconosciuta e promossa la capacità delle persone di fare scelte responsabili, di
essere adulti. Questo è un gran passo nella strada della reciproca integrazione, ha allargato i
confini del progetto e ha interpellato e coinvolto altri protagonisti del territorio.
Non è questa però la sede per soffermarci sull’iniziativa e il suo cammino, difficoltà e affanni
compresi.
Piuttosto la pubblicazione che presentiamo è l’occasione di far conoscere e apprezzare le
differenze sul significato che i nostri nuovi vicini di casa, i “vicini venuti da lontano”, vivono
per la propria dimora. Invitiamo ad una lettura serena, non compiaciuta né folklorica. Sarà
motivo per qualche nuova domanda e consentirà di capire di più, tanto più in un momento in cui
gli orizzonti sono meno distanti, ma non sembrano far meno paura.
In fondo ad una ricerca così possiamo chiedere proprio di aiutarci ad evitare l'errore del bruco,
convinto che la foglia su cui vive coincida con l'universo.
Don Giovanni Sandonà
direttore Caritas Diocesana Vicentina
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Agenzia Sociale per la Casa
SOMMARIO
INTRODUZIONE .......................................................................................................... 4
LA RICERCA ................................................................................................................. 5
IL PROGETTO “AGENZIA SOCIALE PER LA CASA” ........................................................... 5
IL DISEGNO DELLA RICERCA ........................................................................................... 6
ANALISI D’INSIEME SULLE INTERVISTE RACCOLTE ................................... 8
LE STRUTTURE ABITATIVE (COSTRUZIONI) NEI PAESI D’ORIGINE .................................... 8
IL SIGNIFICATO E VALORE ATTRIBUITO ALLA CASA ...................................................... 10
IL VISSUTO INTERNO ALLE CASE: SPAZI, LUOGHI, ARREDO ........................................... 12
COSTUMI ED USANZE RELATIVE ALLA “NUOVA” CASA ................................................. 13
L’USO “AFFETTIVO” DELLA CASA: DIFFERENZE TRA CONTESTI .................................... 14
L’ESPERIENZA DELL’ACQUISTO DELLA CASA IN ITALIA................................................ 16
Le motivazioni dell’acquisto .................................................................................... 17
La formulazione della decisione .............................................................................. 19
Le difficoltà incontrate............................................................................................. 19
RACCOLTA DELLE STORIE DI VITA .................................................................. 21
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Agenzia Sociale per la Casa
Introduzione
Obiettivo di questo lavoro è di descrivere le tipologie di abitazione ed i modi di
abitare che caratterizzano le esperienze di immigrati che provengono da diversi paesi.
L’analisi prende a riferimento la casa, considerata nella sua accezione più ampia: come
struttura o tipologia di costruzione, come funzionalità ed uso degli spazi, come
arredamento e personalizzazione, come vissuto intimo e familiare.
E’ indubbio che di per sé la sistemazione abitativa rappresenti un bisogno primario
imprescindibile, una necessità fisiologica correlata alla conduzione stessa della vita
quotidiana. Ma la casa, oltre ad essere costituita da spazi finalizzati alle varie
necessità/attività del vivere (mangiare, dormire, ripararsi), è anche il luogo degli affetti,
dell’intimità individuale e familiare, della dimensione relazionale. E’ in sostanza un
archivio di memorie, di speranze e di affetti; ad essa si riconducono le abitudini, le
modalità di incontro, gli scambi comunicativi. Tuttavia queste dimensioni possono
assumere connotazioni differenti tra comunità e comunità, ed ancor più tra persona e
persona.
Ciascuna comunità, ed in essa ciascuna persona, è infatti portatrice di una cultura,
tradizione, sensibilità, ossia di un proprio sistema valoriale di riferimento, che può
differire, in tutto o in parte, da quello di altre comunità. La non conoscenza reciproca di
dette differenze ingenera necessariamente incomprensioni, specie a fronte di una società
che lascia prevalere l’omologazione dei comportamenti e delle abitudini. Molto spesso
infatti il pregiudizio non è determinato dalla specificità in sé di appartenere ad una certa
etnia e/o comunità, bensì dalla percezione che l’altro possieda sistemi
valoriali/comportamentali incompatibili con il proprio.
L’ottica dell’analisi qui seguita è pertanto quella di comprendere l’habitus, ossia
l’insieme delle abitudini incorporate dalle strutture sociali vissute, che determinano gli
stili di comportamento, di comunicazione, di rapporto, esaltandone le specificità ed
ovviando all’omologazione dei diversi background culturali. Queste informazioni
culturali, in senso lato, sono ancor più rilevanti data l’impossibilità per gli immigrati di
riprodurre in toto (nel contesto attuale) gli usi ed i costumi del paese d’origine,
ricercando di volta in volta soluzioni di adattamento assolutamente soggettive.
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Agenzia Sociale per la Casa
La Ricerca
Il progetto “Agenzia Sociale per la Casa”
La ricerca si colloca all’interno del progetto “Agenzia Sociale per la Casa”,
promosso da Diakonia onlus – Caritas Vicentina, con il contributo della Regione Veneto in
partnership con una pluralità di attori sociali del territorio1.
Con questo progetto si è inteso istituire un servizio di accompagnamento sociale a
favore di quanti si accingono ad acquistare un’abitazione: il servizio si articola sia nella
consulenza prettamente tecnica relativa all’abitazione (ricerca dell’immobile, stima del
valore, ecc.), sia nel supporto relativo all’iter formale di acquisto (accensione del mutuo,
stipula del contratto di acquisto, stesura dell’atto notarile, ecc.).
Si può asserire che l’aspetto qualificante di questo progetto è dato dall’accrescimento
del livello di empowerment dell’immigrato e/o della comunità a cui appartiene,
condizione questa che concorre al miglioramento della sua qualità di vita. Empowered è
un soggetto (singolo o collettivo) che dispone di proprie risorse vitali, di un
orientamento attivo verso l’impegno e la realizzazione, che sente di essere in grado di
incidere efficacemente sulle situazioni e di agire il proprio potere intrinseco. Una delle
dimensioni più significative del processo di empowerment consiste nella costituzione,
da parte di un soggetto, di molteplici possibilità di scelta entro cui attingere per
affrontare determinate situazioni. Non va dimenticato infatti che l’utenza a cui ci si
riferisce è dotata spesso di modeste capacità economiche, non possiede sufficienti
capacità (intese come padronanza linguistica, comprensione dei codici comportamentali
locali, differenti sistemi culturali di riferimento, ecc.) per compiere delle scelte in
maniera adeguata. A questo proposito è opportuno sottolineare due aspetti.
Il primo riguarda il significato attribuito alla scelta di acquistare una casa. Questa
esperienza per un immigrato rappresenta l’assunzione di un “progetto di vita” che
assegna al processo migratorio una connotazione di stabilità e permanenza (anche se
non necessariamente per tutto l’arco della propria esistenza): casa vuol dire abitare un
territorio ed affermare di scegliere di stabilirsi in un posto diverso da quello originario.
Questa scelta immigratoria quasi mai assume una dimensione strettamente individuale,
ma si configura come un progetto che un gruppo (la famiglia estesa) ha compiuto su e
con quel soggetto.
Il secondo aspetto riguarda le condizioni di realizzo: l’acquisto infatti viene realizzato
con modalità ed in situazioni che possono differire di molto dalle idee di partenza, basti
pensare alle diverse modalità abitative ed alla differente utilizzazione degli spazi
caratterizzanti i gruppi etnici ed in essi i singoli individui. Tuttavia l’acquisto di una
casa concorre a modificare la concezione “esterna” dell’immigrato: il passaggio dalla
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Coop.Soc.Samarcanda, Cesvitem ong, Apindustria, Associazione Industriali, Associazione Artigiani
Provincia di Vicenza, Associazione L’Isola che non c’è (Cgil-Cisl-Uil); approvazione della Conferenza
dei Sindaci dell’Ulss n.4 e dei Comuni di Vicenza, Chiampo e Bassano del Grappa. E’ anche approvata
dal Consiglio Territoriale per l’Immigrazione e inserita nel piano di zona Ulss n.4.
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condizione di inquilino a quella di proprietario costituisce un punto di “valorizzazione”,
concorrendo ad agevolare gli scambi relazionali con la società ricevente (es. rapporti di
vicinato).
In sintesi, si può affermare che l’attività dell’Agenzia si traduce in un’azione di
accompagnamento, finalizzato a compiere in maniera consapevole la propria scelta di
acquisto: è evidente quindi che un individuo empowered di fronte alle varie situazioni
potrà disporre di un maggiore potere intrinseco di scelta personale, di una maggiore
capacità di autonomia, di azione e di adattamento.
Il disegno della ricerca
In concomitanza all’azione di accompagnamento all’acquisto si è voluto
condurre un’indagine su un gruppo di testimonial, al fine di arricchire la conoscenza ma
anche di trarre utili indicazioni per una più corretta riorganizzazione della rete dei
servizi.
Attraverso un approccio esclusivamente qualitativo, sono state realizzate 8 interviste in
profondità, rivolte ad immigrati provenienti da paesi differenti. Nel dettaglio, con
riferimento al paese di provenienza, sono stati intervistati:
• un immigrato della Macedonia;
• due immigrati del Marocco;
• due immigrati della Costa d’Avorio;
• una immigrata delle Filippine;
• un immigrato del Bangladesh;
• un immigrato del Perù.
Attraverso l’intervista si è inteso esplorare dapprima la struttura abitativa
(costruzione) maggiormente diffusa nel paese d’origine, con particolare riferimento al
significato attribuito alla casa ed all’utilizzo degli spazi; si è poi cercato di comprendere
le eventuali differenze nell’uso della casa riscontrate in Italia; infine si è voluto
enucleare l’esperienza vissuta per l’acquisto di una casa in Italia, cogliendone le criticità
ed i bisogni.
Le interviste sono state realizzate applicando un approccio individuale e semistrutturato. Questa metodologia punta infatti a rilevare delle biografie che consentano lo
studio delle percezioni, degli atteggiamenti e dei significati intrinseci attribuiti dal
soggetto. Le storie di vita non forniscono cioè soltanto informazioni superficiali e
generiche, ma consentono di trarre descrizioni di situazioni complesse. Pertanto le
singole interviste sono state realizzate sulla base di un’unica traccia costituita da
domande aperte. Ciò risponde, da un lato, all’esigenza di conseguire una base minima di
comparabilità delle stesse, dall’altro alla consapevolezza che il procedere per schema di
domande troppo strutturato sottende al rischio di orientare le risposte. E’ proprio per
questi motivi che nella conduzione delle interviste si è lasciato abbastanza libero il
racconto dell’intervistato, riducendo per quanto possibile il rischio di risposte indotte
dalle domande e lasciando più spazio al vissuto soggettivo.
Tutte le interviste sono state registrate e sintetizzate su report strutturati in maniera da
favorire una lettura comparata delle stesse.
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Il presente rapporto di ricerca si articola in due parti: nella prima parte viene
presentata un’analisi d’insieme sui contenuti delle interviste, approfondendo in maniera
trasversale alcuni argomenti specifici. Talvolta l’uso di citazioni in forma originale ed
integrale consente di conservare la singolarità delle voci intervistate.
Nella seconda parte vengono invece collocati i singoli report delle interviste in
profondità. Se infatti l’analisi d’insieme consente di tracciare una panoramica su tutto il
materiale raccolto attorno al tema della casa, i report permettono di approfondirlo,
calandolo nella dimensione singolare della comunità di appartenenza, nonché della
specifica esperienza di vita.
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Agenzia Sociale per la Casa
Analisi d’insieme sulle interviste raccolte
A seguito vengono enucleati alcuni aspetti desunti dal materiale raccolto,
limitandosi ad evidenziare ed esplicitare alcune delle analogie e/o delle variazioni tra le
singole esperienze raccontate. Si precisa che la finalità dell’indagine non era proporre
comparazioni sistematiche e quantitative attraverso incroci di variabili. Per questo è
stato preferito realizzare un numero ridotto di interviste valorizzandone il contenuto alla
luce dell’eterogeneità dei contesti di provenienza delle persone coinvolte. Si dimostra
quindi efficace, proporre alcune valutazioni d’insieme su specifiche aree tematiche,
quali:
• la costruzione abitativa più diffusa e caratterizzante i diversi paesi di provenienza,
• il significato e valore attribuito alla casa,
• il vissuto interno alle case con riferimento specifico all’uso degli spazi, allo loro
funzionalità ed alla specificità degli arredi,
• i costumi e le usanze che caratterizzano l’ingresso in una casa “nuova”,
• l’uso affettivo della casa ponendo particolare enfasi sulle differenze riscontrate nel
contesto italiano,
• il vissuto relativo all’acquisto di una casa in Italia.
Le strutture abitative (costruzioni) nei paesi d’origine
Per quanto concerne le costruzioni si riscontra, in generale, una certa similarità
con le abitazioni italiane: le costruzioni appaiono più o meno sviluppate ed ampie a
seconda se stanno nelle città o nelle periferie, oppure a seconda dello status sociale delle
famiglie. Presso alcune realtà, in particolare il Marocco e il Bangladesh, la separatezza
tra i ricchi e i poveri identificano alcuni quartieri delle città, costituendone addirittura
dei veri e propri ghetti: “Ogni città ha dei quartieri in cui vivono tutti i ricchi, altri
quartieri sono abitati da solo poveri. In altre zone della città vivono quelli senza
casa…” (Tipu).
Fatte salve quindi quelle diversità che dipendono esclusivamente da fattori strutturali
demografico-sociali, ossia una maggiore o minore disponibilità economica o il vivere in
zone urbane o periferiche, sussiste anche una variabilità compositiva, variabilità che
dipende dalla cultura, dalle condizioni ambientali (il clima), dai materiali da costruzione
reperibili. E le differenze si accrescono mano a mano che aumenta la lontananza
geografica tra l’Italia ed il paese di provenienza.
Tra i paesi analizzati quello più prossimo all’Italia è la Macedonia, in cui è riscontrabile
una maggiore diffusione di case singole, dotate di giardini abbastanza grandi e
sviluppate usualmente su due piani, ma quasi del tutto analoghe alle case singole
italiane.
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Pure la casa marocchina mantiene analoghe sembianze, ma si configura più spaziosa e
dotata di un maggior numero di camere da letto, a fronte di un modello di famiglia
allargato (prole molto numerosa). Sul numero di stanze da letto incide poi la non
accettazione della promiscuità tra figli maschi e femmine, tant’è che le camere da letto
hanno proprio “…la funzione di dividere i maschi dalle femmine” (Hassan).
Spostandosi geograficamente a sud-ovest rispetto all’Italia, in Costa d’Avorio, soltanto
le case costruite in città assomigliano a quelle italiane, mentre nei villaggi le strutture
sono molto differenti e rispecchiano le varie tradizioni dei popoli. Caratteristiche della
parte settentrionale della Costa d’Avorio sono, ad esempio, le abitazioni a piante
circolare con tetti conici e fatte usualmente di paglia. Questa casa di per sé non si
struttura in un’unica costruzione, ma si configura come un insieme di monolocali
separati, un insieme cioè di strutture contigue ma distinte: un magazzino per il cibo, altri
locali adibiti a cucina o a camere da letto destinate a figli maschi o femmine, un locale
“centrale” rispetto alle altre micro-costruzioni, ove si mangia e si riunisce la famiglia.
Ciascun locale è costruito separatamente dagli altri, cosicchè l’abitazione risulta una
struttura composita, la cui configurazione è dinamica e mutevole nel tempo, con
ramificazioni che seguono l’evoluzione del nucleo familiare: “…quando la famiglia
cresce, il capo famiglia costruisce un’altra casa (locale) vicino a quella esistente”
(Innocente).
Si sviluppa come struttura composita, similare a quella precedente, anche la casa
tradizionale di alcune zone del Bangladesh: la separatezza tra le varie costruzioni
(stanze) risulta in questo caso funzionale alle attività che in esse vengono svolte, ad
esempio: “…la cucina è di solito separata dal resto della casa in quanto nella nostra
cucina si usano molto le spezie che rendono questo luogo pieno di più diversi
odori…(Tipu). Modalità similari a quelle descritte per la Costa d’Avorio si riscontrano
anche nella costituzione dei nuovi nuclei familiari: in queste aree l’evoluzione del
nucleo avviene per annessione alla famiglia d’origine del marito, sviluppandosi come
modello di famiglia “lunga”: “Quando i figli diventano grandi e si sposano, i figli
maschi ospitano le mogli, mentre le figlie si trasferiscono a casa del marito. Se il marito
vive con i genitori allora la moglie vive con i suoceri, altrimenti hanno una casa
propria magari vicina a quella dei genitori” (Tipu).
Per quanto concerne la composizione del nucleo familiare, come detto, i modelli di
famiglia si configurano usualmente allargati, specie con riferimento alle comunità del
nord Africa e del Bangladesh. In queste culture, oltre a presentarsi elevato il tasso di
natalità, sussistono dei modelli aggregativi per la costituzione dei nuclei: si considera
famiglia una cerchia parentale molto ampia, comprensiva di genitori, di fratelli e sorelle,
moglie e mariti, figli.
I fattori ambientali (in particolare quelli climatici) incidono nettamente sulla
struttura abitativa in alcune specifiche aree geografiche. Un esempio è dato dal Perù
caratterizzato da una accentuata diversificazione geografica interna: nelle Ande si
evidenzia una maggiore essenzialità abitativa dovuta da un lato al clima (usualmente
rigido) e dall’altro al livello di povertà che connota la popolazione. Questi elementi
comportano quindi una differente configurazione delle case: “…le case nelle Ande
hanno il tetto obliquo perché nevica, mentre in pianura i tetti sono piani perché non
piove mai…” (Noemi).
E’ interessante osservare come nel Bangladesh la costruzione delle case appaia correlata
e condizionata all’uso della terra come fonte di sostentamento: “…i campi utilizzati per
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la coltivazione del riso sono stati usati come terreno per costruire le case. Ancora c’è lo
spazio per costruire le case ma questo fa sparire i campi per la coltivazione del riso”
(Tipu). Inoltre il problema abitativo, e più in generale quello di sopravvivenza, è reso
critico da particolari fenomeni congiunturali quali i monsoni, con conseguente
straripamento dei fiumi non opportunamente arginati. Questi fenomeni concorrono ad
elevare il numero di famiglie che rimangono senza abitazione e senza terreni da
coltivare.
Un’ulteriore connotazione trasversale alle diverse culture esaminate è data dalla
scarsa propensione all’abitare da soli: le persone vivono comunemente all’interno della
propria famiglia d’origine o in quella acquisita, dalla quale non si separano. Sono
dunque rare e legate a circostanze ben precise le situazioni di empty nest (nido vuoto),
ossia di coppia genitoriale rimasta sola per l’uscita dei figli e, per converso, di progetti
abitativi individuali.
Più in dettaglio, questo non è uno stile di vita praticato in Macedonia e nelle Filippine,
fatta eccezione per gli studenti costretti a trasferirsi temporaneamente durante il periodo
di studi: ma neanche gli anziani sono lasciati a vivere da soli ed usualmente, quando
rimangono soli, vanno ad abitare con i figli. In queste culture si rivela pertanto la
presenza di modelli di rete familiare che accolgono e si fanno carico dell’anziano.
Analoghe considerazioni sono riscontrabili nella cultura del Bangladesh: tutte le
persone vengono riconosciute fare parte e comporre il proprio nucleo familiare, nucleo
che si presenta notevolmente espanso. “Le persone vivono sempre all’interno di qualche
nucleo familiare… Questo fa parte della cultura. Nessuno è abbandonato” (Tipu).
L’andare a vivere da soli è ancor meno praticato, se non addirittura rifiutato, nei paesi
dell’Africa, ove può diventare una prerogativa soltanto maschile qualora il lavoratore
sia costretto a trasferirsi momentaneamente per motivi di lavoro. Se allora l’emigrazione
lavorativa dalle campagne verso le città porta alcuni lavoratori a dover trasferirsi
temporaneamente, per le donne il vivere da sole rappresenta un costume poco
gradito/accettato, assumendo addirittura connotato di comportamento stigmatizzato:
“Per noi una donna che vive da sola fa pensare male, ci sono tante domande, tanti
pensieri…secondo la nostra tradizione non è una cosa buona…la donna si deve
costruire una famiglia e solo allora può lasciare la sua famiglia d’origine” (Abdel).
Il significato e valore attribuito alla casa
Il valore della casa come luogo fondamentale dell’intimità individuale e
familiare caratterizza trasversalmente tutte le comunità analizzate, assumendo tuttavia
connotati particolarmente intensi a seconda delle culture. Una affermazione per tutte
sintetizza bene detto valore, ossia la casa è riconosciuta come “…il luogo dove si svolge
tutta la vita” (Abdel). E’ il luogo degli affetti e di ritrovo della famiglia, di incontro e
dello stare insieme con gli amici e questo soprattutto in funzione del grande significato
attribuito all’ospitalità.
Ciò detto, gli schemi di riferimento valoriale si possono orientare lungo tre direttrici:
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•
l’importanza della casa intesa come vita domestica con particolare riferimento alla
donna, vista come chiave di volta della famiglia e figura che trascorre in casa la
maggior parte della propria giornata. Questo aspetto, comune a tutte le culture
considerate, appare particolarmente rilevante in Marocco: la casa “è sempre
abitata… la porta è sempre aperta tutto il giorno…” (Hassan). La donna è il perno
della casa stessa “…è dalle sue mani che fa nascere la cultura, la sapienza, la
mentalità”. (Abdel). Ed in particolare la stanza ad essa riservata è la cucina, ove
svolge le faccende domestiche.
Tuttavia sarebbe interessante comprendere se questa dimensione domestica, e la
conseguente esclusione della donna dalla vita lavorativa, sia vissuta come un obbligo
imposto dalla cultura di appartenenza o se rappresenti una scelta indotta da una
profonda consapevolezza del proprio ruolo all’interno della famiglia e della società.
•
il valore intimistico della casa, caratteristica particolarmente accentuata nella cultura
marocchina: “…per noi mussulmani la casa è un luogo pulito dove si fanno
preghiere, dove ci si concentra e si medita”(Abdel). La casa è dunque luogo di
preghiera ed è proprio per questo che il suo interno deve essere “rispettoso” e garante
di un buon clima di raccoglimento spirituale. Qui la preghiera è vissuta come un
momento di profondo raccoglimento e di concentrazione, tant’è che diventa
inopportuno mettersi a pregare in stanze non opportunamente ordinate, ad esempio
“…con di fronte un giocattolo di mia figlia, altrimenti la preghiera non è valida”
(Hassan).
L’aspetto dell’intimità è accentuato anche in Costa d’Avorio dove la particolare
struttura composita delle abitazioni fa si che sia il locale centrale quello ove “…si
sente maggiormente il calore della famiglia ed è un piacere andare lì ed incontrare
il resto dei fratelli o i genitori” (Innocente). Tant’è che possedere una casa
simboleggia il compimento della propria vita, della costituzione del proprio nucleo
familiare: “La casa è un simbolo perché una persona che non ha una casa è una
persona che non è molto importante, non ha una vita completa” (Sanogo).
Annesse a queste dimensioni, la casa assume la valenza di rifugio e conforto per le
comunità del Perù: “La casa è il posto dove si trova sempre un po’ di amore, un
luogo dove ci si incontra. Se la giornata non è andata molto bene, in casa si può
sempre trovare qualcuno che ti ascolta e ti consola” (Noemi).
•
il significato della casa come luogo di rapporti sociali, di cooperazione tra vicinato,
caratteristica espressa dal riconoscere come sia “la casa che fa il villaggio…”
(Innocente). Lo spirito cooperativo in particolare si manifesta nello svolgimento di
alcune funzioni specifiche, tra cui: la pulitura del riso in Costa d’Avorio, la
preparazione di pietanze da conservare per l’inverno o la realizzazione di manufatti
in Macedonia: “le donne che abitano nelle case vicine di solito vanno ad aiutare le
altre donne e si ritrovano tutte in uno stesso giardino”.(Stojce).
Lo stare insieme è un aspetto determinante anche in Marocco, ove però si accentua la
differenza di genere, cosicché uomini e donne si riuniscono in spazi differenti e
separati della casa: “Le donne quando si ritrovano tra di loro usano spazi diversi. Se
sono accompagnate dai loro mariti allora gli uomini vanno da una parte, mentre le
donne da un’altra ” (Abdel).
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Il vissuto interno alle case: spazi, luoghi, arredo
La diversità tra le culture analizzate induce ad un utilizzo eterogeneo degli spazi
abitativi: è interessante distinguere i vari ambienti in relazione agli usi, individuando le
differenze che appaiono abbastanza composite e rispecchiano una certa originalità della
comunità di appartenenza.
Nella cultura macedone la cucina è lo spazio più usato, specie dalle donne che vi
trascorrono la maggior parte della giornata, mentre il salotto è il luogo di incontro e
ricevimento degli ospiti.
Proprio il salotto, o camera degli ospiti, ricopre un’importanza fondamentale per la
cultura marocchina, come espressione dell’alto valore attribuito all’ospitalità ed allo
stare insieme. L’ospitalità è considerata un valore indipendentemente dalle condizioni
economiche della famiglia e quindi dell’ampiezza della abitazione. In virtù del rispetto
riservato agli ospiti, nella casa marocchina è riservato loro uno spazio molto ampio:
“…Per noi è essenziale trattare bene e accogliere qualsiasi persona che arriva nella
nostra casa. L’ospite deve sempre e comunque entrare in casa: deve bere e mangiare
qualche cosa”.(Abdel). Questa apertura all’altro si riscontra anche nell’arredamento: lo
spazio deve presentarsi come accogliente e deve essere adeguato per ricevere “bene” un
ospite. Ecco allora giustificata, ad esempio, la presenza di più divani “…che rispetto a
quelli italiani sono molto più grandi e larghi”. (Hassan)
In Costa d’Avorio, ove la casa si compone come un aggregato di mono-locali, è la
struttura centrale che funge da salotto ed è lì che la famiglia si incontra per parlare o
passare il tempo. In questo caso si coglie la sensazione di un passaggio dagli ambienti
più esterni, che fungono quasi da “filtro”, alla parte centrale più intima della casa,
riservata alla vera vita familiare.
L’arredamento è un’altra variabile distintiva delle diverse culture ed anch’esso
appare più o meno similare a quello italiano a seconda della distanza geografica che
separa i paesi. E’ più facile trovare una sovrapposizione tra l’arredo italiano e quello
macedone, ove gli elementi che lo compongono, oltre ad essere analoghi, hanno anche
le stesse funzioni. Tuttavia l’essenzialità è una costante che connota le diverse
abitazioni esaminate: l’arredo, pur nella sua semplicità, comprende “tutto ciò che serve:
un tavolo, delle sedie, dei letti” (Innocente).
Complessivamente la tendenza che si va riscontrando è di omologazione, nel senso che
sempre più l’arredo si conforma a quello di altri paesi, subendo influenze reciproche.
Questo processo richiama l’idea di una cultura in movimento, quella di cui si è portatori
e quella di cui è portatore un dato soggetto. Ogni persona ha una sua storia, che può
essere in parte quella della cerchia sociale o del gruppo a cui appartiene, ma che è
sempre in divenire. Ciò viene bene espresso in questa affermazione: “…molti oggetti
d’arredo sono acquistati o copiati da altri paesi… la cultura di un luogo cambia e
copia aspetti di altre culture” (Abdel).
Passando comunque ad evidenziare alcune originalità, si riscontra nell’abitudine
marocchina la diffusione di divani ampi e privi di schienale, la cui conformazione
richiama l’atto dell’ospitare e dell’accogliere.
Un’ulteriore elemento peculiare è visibile nella scelta degli oggetti da appendere alle
pareti. In Marocco vi è l’abitudine di appendere alle pareti dei quadri riportanti versetti
del Corano, che svolgono la duplice funzione augurale e di abbellimento della casa.
Sono oggetti sacri, che vengono posti in quei luoghi considerati “adatti”,
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prevalentemente in salotto. Infatti la religione mussulmana vieta o limita la possibilità di
appendere immagini (ad esempio di volti, animali, paesaggi), proprio a fronte del senso
intimistico attribuito alla casa, luogo anche di preghiera e meditativo: “…se in una casa
ci sono tante foto esposte, gli angeli scappano da quella abitazione” (Hassan).
Il credo religioso concorre a differire alcuni oggetti d’arredo all’interno delle case del
Bangladesh: in alcune abitazioni si può trovare la statua della divinità oppure la foto
della Mecca appesa alle pareti domestiche. A tale proposito è denso di significato
l’aspetto di integrazione religiosa sottolineato durante l’intervista, assumendo anche una
valenza di “esortazione”: “Il Bangladesh è un paese laico e rispetta tutte le religioni: le
feste religiose di tutti i credi di solito diventano feste nazionali. Questo modo di fare
crea una grande integrazione tra tutte le culture e le varie tradizioni…Così si crea una
grande integrazione tra le varie persone, la conoscenza dei diversi riti e delle diverse
tradizioni non ci permette di avere paura l’uno dell’altro” (Tipu).
Costumi ed usanze relative alla “nuova” casa
Attraverso le interviste raccolte è possibile scorgere in più punti l’importanza
assunta dalla rete parentale ed amicale, nonché il loro coinvolgimento nella vita
domestica. Anche l’andare ad abitare in una nuova casa rappresenta un evento (una
gioia!) da condividere, sia pur nella diversità delle modalità.
In generale si può asserire come l’ingresso nella nuova abitazione venga salutato con
modalità differenti, specie a seconda dei vari credi religiosi.
E’ consuetudine macedone che quando si costruisce una nuova casa venga indetta una
festa e la partecipazione venga simboleggiata dallo scambio di doni augurali ed utili per
l’ingresso nella nuova casa. La consegna dei doni è vissuta alla stessa stregua di un
rituale bene augurante e di riconoscenza reciproca: “…quando qualcuno porta un
regalo viene detto a tutti, ad alta voce, che quella persona ha portato un regalo in modo
tale che tutti lo sentano…Il giorno dopo la festa si inizia ad arredare la casa” (Stojce).
La tradizione marocchina vuole che, una volta ultimata la casa nuova, la famiglia offra
da mangiare ai propri vicini e parenti, in segno di benedizione delle mura domestiche. Il
rituale si connota anche di spiritualità poiché prima di mangiare viene recitata una
preghiera per invocare la benedizione sulla famiglia.
Il cambiamento di abitazione, o l’ingresso in una nuova casa, rappresenta altresì un
evento raro per la comunità della Costa d’Avorio, riscontrando un forte radicamento alla
propria locazione: “…ogni nucleo ha la propria porzione di terra ed è lì che la famiglia
costruisce la propria casa. Di solito da lì non si sposta” (Innocente). Quando invece
viene costruita una casa, si usa leggere il Corano e un Imam (capo religioso) benedice la
casa e quanti andranno ad abitarci. Il rito augurale si conclude poi con una festa a cui
partecipano la cerchia parentale e gli amici.
Per i cristiani del Perù il rito propiziatorio è rappresentato dalla benedizione della casa
da parte di un sacerdote. Il medesimo rito caratterizza anche l’ingresso in una casa
nuova nelle Filippine: la benedizione viene successivamente accompagnata da una festa
e dall’atto augurale di spargere monetine sul pavimento.
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L’uso “affettivo” della casa: differenze tra contesti
Il confronto tra la cultura della società di accoglienza e quella del paese di
provenienza si configura come un tema piuttosto delicato da affrontare e che rischia di
condurre ad una dicotomia eccessivamente rigida tra il “noi” ed il “voi”, oltre che ad
inevitabili generalizzazioni. Per questo motivo la rilettura che qui viene data non
intende riportare degli “stereotipi”, termine inappropriato per descrivere le diverse
rappresentazioni emerse dalle interviste. Vengono altresì proposte delle osservazioni
“partecipate” sulla società di accoglienza, in cui sono racchiuse le potenzialità di
relazione e di scambio con gli autoctoni ed il loro sistema valoriale di riferimento.
In quest’ottica si propone a seguito un riesame contenutistico di quanto emerso dalle
interviste, nell’intento di cogliere le differenze interne ai due contesti, di metterle in
relazione e di esaltarne le originalità.
I contenuti delle interviste fanno comprendere come le nostre case siano
usualmente tipizzate sull’utenza italiana, ossia adatte ad una certa conformazione di
nucleo familiare ristretto (famiglia mono-nucleare o nuclei di tre soggetti). Al contrario,
la tipologia di nucleo familiare che caratterizza un’utenza immigrata rientra quasi
sempre nei modelli di famiglia allargata, sia per la dimensione della prole sia per la
convivenza di cerchie parentali. Al problema dello spazio adeguato e dimensionato alle
caratteristiche compositive del nucleo familiare, si aggiungono i fattori culturali
concernenti la tipologia dell’abitazione (utilizzo degli spazi), non sempre omogenei
all’interno dei diversi gruppi etnici.
Scendendo nel dettaglio, uno tra gli aspetti dominanti e che differisce dal
contesto italiano è dato dal fatto che nei paesi d’origine la vita si svolge in maniera più
aperta, con minore delimitazione degli spazi ed un uso più sociale degli stessi.
Si rileva ad esempio come la differenza predominante stia nel fatto che in Macedonia
sono molto più diffuse le case singole, a differenza dell’Italia ove prevalgono i
condomini coabitati da più famiglie. Quest’ultimo tipo di costruzione generalmente
riduce lo spazio disponibile, specie quello esterno, prevedendo giardini ristretti o
assenti, con conseguente scarsa socializzazione. L’utilizzo dello spazio esterno, e quindi
la vita all’aperto, è anche caratteristica trasversale delle comunità dell’Africa del nord e
del Bangladesh. “Esiste poi la chiacchierata comune di tutti i villaggi vicini, che si fa
sotto il baobab, presente quasi sempre al centro di ogni villaggio” (Innocente).
Per quanto concerne invece l’utilizzo degli spazi interni, una caratteristica
distintiva molto rilevante riguarda la gestione “comunitaria” degli stessi, le stanze non
appaiono quasi mai vissute individualmente ma predomina lo stare assieme: “…da noi
le persone sono abituate a dormire in più in una stanza, non è come qui in Italia dove
ognuno è abituato ad avere la propria stanza” (Noemi). La medesima condivisione
degli spazi permea anche la comunità del Bangladesh: “…siamo abituati a dormire in
più persone in un letto matrimoniale grande, i bambini per esempio non hanno come
qui il loro lettino: noi dormiamo in tre o quattro nello stesso letto” (Tipu).
Relativamente all’utilizzo delle stanze ed alla loro importanza, si può evidenziare come
la stanza più usata e perciò più importante per gli italiani sia (a detta degli immigrati) la
cucina, mentre le comunità immigrate riconoscono nel salotto il loro luogo centrale di
incontro. Oggi giorno, per motivi di limitatezza degli spazi disponibili, sempre più in
Italia il salotto viene annesso alla cucina: questo assemblaggio non consente però alle
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famiglie di usufruire di quella stanza specifica e più importante, nella quale la famiglia
si raccoglie ed accoglie “…gli ospiti in maniera riservata” (Hassan).
Un’altra singolare osservazione è data dalla differente collocazione degli armadi: in
Italia usualmente la camera da letto è dotata di letto ed armadio; nella casa marocchina,
al contrario, gli armadi non sono collocati all’interno delle camere da letto: ad essi, se vi
è la possibilità, viene riservata una stanza apposita (di soli armadi), cosicché nella
camera resta solo il letto.
La descrizione di questi comportamenti induce alcune riflessioni sui differenti
schemi comportamentali e sui diversi orizzonti di senso. Si pensi ad esempio come, nel
contesto di socializzazione italiana, disporre di una stanza tutta per sé rappresenti una
esaltazione della propria autonomia, una concessione/conquista di spazi liberi: forte è
dunque la dimensione individualistica. Nel contesto culturale di altre comunità
emergono invece impianti funzionali e di senso molto differenti, che oltre a perdere
significato e funzionalità presso la nostra società, possono essere riletti addirittura come
“negativi”. Queste situazioni possono indurre dei rischi di conflitti identitati, specie
entro il gruppo dei pari (i bambini, gli adolescenti, i giovani autoctoni/immigrati):
proprio per questo diventa necessario creare degli spazi di aggregazione interculturale,
finalizzati a costruire riferimenti identitari positivi.
Al contempo, comunque, le differenti concezioni degli spazi hanno indotto negli
intervistati una modificazione delle case originarie, conformandole alle loro abitudini:
ad esempio si è scelto di adibire la stanza più ampia della casa al salotto, oppure di
spostare gli armadi collocandoli esternamente alle camere da letto.
In generale emerge una dialettica tra il mantenere le modalità e le proprie abitudini ed il
cambiare, adattandosi al nuovo contesto. In questo senso non si riscontrano però né
strategie di rigidità, ossia di chiusura e difesa della propria identità in contrapposizione a
quella autoctona, né strategie di assimilazione, ossia di negazione delle proprie origini e
rimozione delle abitudini acquisite. Ci si trova invece di fronte ad una strategia
intermedia, di dialettica tra il mantenimento ed il cambiamento per adeguamento.
Abdel sottolinea infatti come ad un qualche livello si abbia la necessità di trasferire la
peculiarità della propria origine (nel suo caso quella marocchina) anche nella casa
italiana. Laddove possibile, e per quanto possibile, si cerca di utilizzare la casa in Italia
riadattandola alle proprie abitudini: “…devo sentire la mia cultura nella mia abitazione,
devo assaporare il profumo del Marocco e avere le cose che mi ricordano il mio
paese”. Questa trasposizione del modo di abitare caratteristico del proprio paese
nell’abitazione italiana, facilita un adattamento al nuovo contesto ma diviene anche il
modo per tenere vivo il collegamento con la propria origine e mantenere i propri tratti
distintivi e di identificazione.
Abdel propone un’ulteriore osservazione, evidenziando come la differenza tra le case
degli autoctoni e degli immigrati si riscontri di più qualora il processo migratorio sia
datato ed abbia acquisito una certa stabilità nel paese di accoglienza. Pertanto le
comunità immigrate da più tempo radicate sul territorio sono in grado di esprimere
maggiormente le loro tipicità: “ In paesi dove l’immigrazione dai paesi arabi è più
antica, e ci sono comunità più grandi e più vecchie, si vede subito la differenza tra le
case degli immigrati e degli abitanti di quei paesi: sto pensando per esempio alla
Francia o al Belgio. Mentre in Italia dove l’immigrazione è recente, e non c’è una
comunità così forte e strutturata, la differenza tra case di italiani e case di persone che
provengono dal Magreb non si vede”.
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La necessità (vissuto più come obbligo che come vera e propria scelta) di riorientare i
propri comportamenti, adeguandoli agli schemi della società ricevente, viene
manifestata anche dall’intervistato del Bangladesh: “…ci si sente condizionati dal modo
di vivere delle persone italiane"”(Tipu).
In altri casi, la necessità di adattamento al contesto attuale viene vissuta come “rispetto
delle regole”: Sanogo pone infatti l’accento sul fatto che qui “…bisogna avere per forza
la corrente elettrica e l’acqua in casa, avere il riscaldamento e il gas per cucinare,
invece in Costa d’Avorio non è obbligatorio perché non tutti hanno la possibilità di
avere la corrente e l’acqua…”. Sembra dunque che queste modalità abitative vengano
riconosciute soltanto in parte come comfort, ossia come condizioni che permettono una
vivibilità migliore, interpretandole al contempo come obblighi imposti dalla società
ricevente ed ai quali omologarsi.
E’ noto infatti che a fronte di una accentuata richiesta di uniformità ed omologazione
dei comportamenti e delle abitudini, che nega ogni possibilità di esprimere le diversità
agli autoctoni ed ancor di più agli stranieri, le dinamiche attuali della società tendono
sempre meno a imporre modelli di integrazione per “assimilazione”, favorendo
all’opposto la formazione di entità sociali differenziate. Questi fenomeni possono
comportare però il rischio di sviluppare un’etnicizzazione degli immigrati, che poco ha
a che fare con un’effettiva espressione di identità separate e di valorizzazione delle
appartenenze, ma che alle volte rischia di nascondere un processo di inferiorizzazione.
In quest’ottica attribuire agli immigrati una data cultura sulla base delle loro origini può
persino diventare una forma di “nominazione autoritaria”, con separatezza tra il noi e il
voi.
Infine Innocente propone una riflessione più generale sul significato della casa:
la casa è “…il centro della famiglia, è quella che ci riunisce, che serve per vederci
tutti”. Non è quindi un luogo di transito quotidiano come più spesso avviene per le
famiglie italiane: “La casa è sempre aperta, sempre abitata, non come qui in Italia che
si ritorna a casa solo la sera” (Hassan). Viene in questo modo ribadita l’importanza
della casa e ne vengono ulteriormente rafforzate sia la concezione sociale sia quella
strettamente intimistica, per esempio quale luogo anche di preghiera e di meditazione.
Ne discende la constatazione che le case degli italiani siano troppo piene di cose, tali da
distogliere l’attenzione e la concentrazione di chi vi abita.
In maniera trasversale alle comunità esaminate appare maggiore l’attaccamento alla
casa come archivio degli affetti, luogo di conforto, di condivisione, in cui predomina la
dimensione del dialogo. A tale proposito densa di significato si dimostra la seguente
considerazione: “Nelle case italiane vi sono molte cose che sono anche comode ma
quello che qui manca è l’affetto, tutte le case sono belle con molti oggetti ma sono
fredde…” (Noemi). Nella concezione degli immigrati sembra dunque che l’aspetto della
comodità sia messo quasi in secondo piano, rilevando la carenza del vissuto affettivo
legato alla casa, vissuto che rappresenta il vero significato di “abitare una casa”.
L’esperienza dell’acquisto della casa in Italia
Ciascuna esperienza di acquisto della casa in Italia presenta caratteristiche di
unicità, derivate dalla storia originale di ciascuno e dalla sua scelta di vita (motivo
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dell’immigrazione, progetto di immigrazione stanziale o permanente, ecc.). Nel rispetto
di questa univocità, si cercherà di individuare a seguito una matrice comune, lungo la
quale si formula e si realizza l’acquisto della casa, cercando cioè di trarre quei margini
di similarità e trasversalità che consentono di comprendere meglio il bisogno degli
immigrati.
Le motivazioni dell’acquisto
Le motivazioni che soggiacciono all’acquisto della casa sono sostanzialmente
due: l’una dettata specificatamente dal progetto di vita scelto dall’immigrato e l’altra
correlata a fattori contingenti e di contesto.
• La prima è legata ad un fattore di scelta individuale, ossia il passaggio da condizione
di immigrato stanziale (o temporaneo) ad immigrato che si lega permanentemente al
territorio. Il passaggio è usualmente indotto dall’avvenuto ricongiungimento
familiare e/o dalla successiva nascita di prole, nonché dall’acquisita stabilità
lavorativa. Sono questi elementi che inducono a tralasciare mano a mano l’idea di
ritornare nel paese d’origine, sviluppando l’idea di radicamento nel contesto locale:
“La decisione di comperare casa sta a significare che hai voglia di inserirti nella
nuova società, stai bene qui, anche la tua famiglia si trova bene, i tuoi figli hanno la
sicurezza di un futuro migliore. Perché è sempre un disagio per la famiglia che si
deve spostare da una parte ad un’altra. Se abiti in una casa in affitto hai sempre
l’idea di cambiare, di trovare una soluzione migliore: non hai fatto una scelta
definitiva” (Abdel).
• La seconda motivazione concerne l’esosità delle case in affitto e la precarietà
contrattualistica legata ad una condizione di affitto che a scadenza può non essere
rinnovato: “…il rischio che il proprietario della casa non ti rinnovi il contratto…
ogni anno il prezzo dell’affitto si alza” (Abdel). “Io consiglio agli amici immigrati di
comprare casa perché è la soluzione migliore, è difficile ora trovare una casa in
affitto e quando la si trova i prezzi sono alti” (Sanogo).
L’acquisire una casa in affitto, seppure riconosciuta come la prima naturale modalità
di locazione abitativa, viene però percepita come uno spreco di risorse, risorse che
potrebbero essere meglio investite: “…dopo il pagamento di un affitto alla fine alla
famiglia non rimane nulla…se faccio un po’ i conti mi rendo conto di quanti soldi ho
buttato e che potevo usare per pagare un mutuo” (Noemi). Ed ancora: “…abbiamo
capito poi l’importanza di comperare casa per poter investire i nostri soldi”
(Gloria); “…comperando casa almeno hai un canone fisso, un giorno sarà di tua
proprietà e hai la sicurezza di continuare ad abitarci” (Abdel).
D’altra parte però, in una fase iniziale del percorso migratorio la mancanza di risorse
proprie e la mancata stabilità lavorativa non consentono di intraprendere da subito
l’esperienza dell’acquisto della casa.
Se queste sono in generale le motivazioni addotte dalla maggioranza degli immigrati
che divengono proprietari di una casa, a ben guardare lo schema motivazionale di fondo
appare un po’ più complesso.
La scelta di acquistare casa non rappresenta sempre con certezza la decisione definitiva
di permanenza. Da un lato l’acquisto viene compreso come una “necessità”, come la
migliore alternativa possibile (potendo contare su alcune risorse economiche proprie) di
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investimento; dall’altro però può essere vissuto come “obbligo” a restare in Italia:
comperare una casa vuol dire abitare un territorio, ossia mettere radici. Questa scelta
“definitoria” a volte viene espressa con perplessità da alcuni immigrati ed a volte è
addirittura vissuta come “preoccupazione” e vincolo di non poter tornare nel proprio
paese d’origine. Ciascuna esperienza di acquisto di casa dovrà pertanto essere riletta e
ricollocata a seconda del progetto migratorio individuale, connotandone
opportunamente le prospettive e la durata.
In sostanza si possono individuare due tipologie di progetto:
(a) progetto di lunga durata, che prevede il ritorno nel proprio Paese d’origine al
raggiungimento dell’età pensionabile, o comunque dopo un periodo
sufficientemente lungo di immigrazione;
(b) progetto di integrazione stabile e permanenza nella società italiana.
Prima di approfondire i contenuti correlati a questi due progetti, si precisa come non sia
possibile riconoscere delle tendenze generali caratterizzanti le diverse comunità di
appartenenza, dal momento che evidentemente il progetto risulta slegato da logiche
collettive ed è soggetto a scelte che maturano individualmente o entro il nucleo
familiare. Inoltre non tutti gli immigrati hanno già “ripensata” la propria esperienza di
emigrazione-immigrazione, non hanno ancora rielaborato il proprio processo migratorio
e non sono quindi già in grado di formulare delle prospettive personali. Vi sono infatti
situazioni in cui il tempo dedicato ad affrontare i problemi “quotidiani” non lascia
spazio alla valutazione dei progetti futuri, il futuro diviene perciò una prospettiva che
non può essere ancora del tutto percepita o prefigurata con lucidità.
Per offrire una visione d’insieme delle diverse attitudini e orientamenti che portano a
questa delicata scelta di vita vengono riportate le testimonianze più significative,
suddivise nelle due tipologie.
(a) Progetti di lunga durata
L’obiettivo è quello di una lunga permanenza in Italia, almeno fino all’età pensionabile.
Il progetto viene quindi costruito sulla possibilità di tornare nel proprio Paese d’origine
in una condizione di sicurezza economica per sé e per la propria famiglia, concludendo
il percorso lavorativo in Italia. L’acquisto della casa, in questo caso, si prefigura come
strumentale ossia come investimento di risorse temporaneo, che poi si tradurrà in una
vendita dell’immobile al momento del ritorno.
“All’inizio non volevo comperare perché pensavo che se comperavo dovevo restare per
sempre qui, mentre io voglio tornare in Costa d'Avorio. Ma poi mi hanno spiegato che
dopo un po’ di anni posso vendere” (Sanogo), ed ancora: “Se decidiamo di spostarci
possiamo sempre venderla” (Gloria).
(b) Progetti di integrazione
La decisione di “restare” e integrarsi si manifesta maggiormente quando la permanenza
in Italia si presenta consolidata da alcuni anni e nel nucleo famigliare ci sono figli nati
in Italia. Proprio la presenza di figli che si sentono “italiani”, e parlano a stento la lingua
dei genitori, è uno dei fattori che maggiormente incidono sulla scelta di diventare
presenza stabile nella società locale.
“Quando comperi la casa, invece, hai fatto una scelta di fermarti, hai fatto una scelta
stabile, hai un posto fisso e questa tranquillità la percepiscono anche i figli” (Abdel).
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La formulazione della decisione
La decisione viene di solito condivisa con la famiglia quale parte di un “progetto
familiare” ed è formulata anche attraverso il confronto delle esperienze entro la
comunità di appartenenza: l’influenza è forte sia tra gli uomini che tra le donne e si
innesca un processo di “imitazione”.
L’individuazione della banca, il contatto, la scelta delle condizioni più favorevoli per
l’accensione del mutuo rappresentano azioni individuali, che però necessitano di essere
orientate, avvalendosi di persone fidate (ad esempio conosciute nel posto di lavoro
oppure entro la cerchia dei connazionali). Qui può innescarsi una sorta di mobilitazione
delle risorse della propria comunità, attraverso la condivisione dell’esperienza con altri
connazionali. Il racconto di esperienze andate a buon fine innesca un passaparola che
assicura maggiore tranquillità: “…ho visto l’esperienza di un mio amico… ci siamo
rivolti alla stessa banca dove lui aveva fatto il mutuo” (Hassan). “Ho visto la loro
esperienza positiva e soprattutto come è migliorata la loro situazione e mi sono deciso
anch’io di fare questa scelta” (Abdel).
In questo iter assumono rilevanza le figure di “transizione”, che possono essere
rappresentate per l’appunto da autoctoni conosciuti sul luogo di lavoro, dal datore di
lavoro stesso, oppure da altri immigrati che hanno già sperimentato l’iter. “Ho 10 amici
che, visto il mio esempio, hanno comperato e molti altri sono alla ricerca” (Sanogo).
Tuttavia la comunità di appartenenza, ossia la rete dei connazionali, acquista una
rilevanza maggiore o minore a seconda delle geografie di provenienza. E’ infatti visibile
come l’intervistato del Bangladesh non attribuisca alla comunità alcun ruolo di
riferimento: la scelta viene compiuta all’interno dello stretto nucleo familiare. Viene
altresì precisato come nella propria cultura: “…è l’uomo che mantiene la famiglia, è lui
di solito che decide quali sono i passi migliori da fare per il nucleo familiare. La donna
non è obbligata a lavorare: è abituata a pensare che è l’uomo che si preoccupa della
vita della famiglia”. In questo caso a rilevarsi uno schema culturale che associa specifici
ruoli di genere all’interno della coppia, è possibile individuare come il progetto
dell’acquisto di casa risulti slegato da logiche collettive e sia soggetto a scelte intraprese
dal capofamiglia e accettate nel ristretto ambiente familiare, identificandosi come
percorso individuale e non collettivo.
Le difficoltà incontrate
Le complicanze segnalate sono quelle usualmente insite nei percorsi di acquisto
di un bene immobile: ossia la ricerca, la stima congrua del valore dell’immobile, la
valutazione delle condizioni migliori di prestito, ecc. Ma queste criticità si accentuano
qualora l’acquirente sia un immigrato. Si pensi, ad esempio, all’importanza di saper
valutare bene l’adeguatezza degli spazi al tipo di nucleo familiare, in maniera che lo
spazio in metri quadri risponda alle esigenze familiari, o ancora l’importanza assunta
dalla capacità di valutare la rispondenza alla normativa sulla casa (ad esempio
omologazione agli standard di sicurezza abitativa).
A queste difficoltà però si aggiungono da un lato le diffidenze di alcuni proprietari circa
l’effettiva solvibilità degli importi da parte degli immigrati; dall’altra le complicanze
insite nell’ottenimento del mutuo da parte delle banche. La riluttanza di queste ultime è
data dal fatto che l’immigrato non dispone quasi mai di “garanzie” da presentare, quali
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ad esempio quelle derivabili da un pregresso possesso di beni oppure dal supporto di
una cerchia parentale solida dal punto di vista economico e ben radicata nel contesto
locale. L’unico elemento di garanzia è dunque rappresentato dalla stabilità lavorativa e
dallo stipendio percepito: “Ho avuto alcune difficoltà per ottenere il mutuo, perché
dipendeva dalla busta paga e da quello che guadagnavo” (Sanogo).
Da ultimo, ma non per importanza, è da segnalare il problema della lingua sia durante la
fase di ricerca/richiesta di casa che, soprattutto, nella fase di compilazione della
documentazione necessaria e dell’eventuale traduzione della stessa in lingua originaria.
Al riguardo è emblematica l’esperienza riportata da Sojce: “…per la firma (dell’atto
notarile) abbiamo dovuto cercare in poche ore due macedoni come testimoni che
conoscessero bene la lingua italiana”.
Se dunque la carenza linguistica rappresenta un ostacolo di tipo strumentale, più in
generale le difficoltà comunicative si riflettono sulle relazioni: incomprensioni e
conflitti possono infatti trovare origini negli equivoci comunicativi, condizionati
fortemente dalla natura delle interazioni e dalle modalità di attribuzione di senso ai
concetti.
In una visione più ampia, il problema abitativo è reso ancor più critico da alcune
situazioni contestuali: in sintesi dall’effettiva scarsità e dalla disponibilità di alloggi. Il
primo aspetto, quello della scarsità, è ascrivibile ad una reale limitatezza quantitativa,
ossia all’esiguità del numero di case potenzialmente affittabili o vendibili a valori
modesti. Si sottolinea a tale proposito come l’elevata richiesta abitativa da parte di
immigrati abbia in qualche modo abbassato gli standard abitativi: a fronte cioè di una
elevata domanda, alcuni proprietari hanno potuto mettere sul mercato dei locali non
propriamente adibiti ad usi abitativi, trasformandone i connotati. Il secondo aspetto,
quello della disponibilità, è invece ascrivibile alle resistenze autoctone verso lo
straniero: “…non è stato facile convincere il proprietario ad affittarla a persone
straniere…” (Sanogo).
Infine, specie sul versante degli affitti ma anche in fase di acquisto, incide un aspetto
comportamentale non banale, rappresentato cioè dal legame affettivo che il proprietario
può avere rispetto al suo immobile e, conseguentemente, dalla scarsa volontà di darlo ad
“estranei”, a persone che non appartengono alla propria cultura. “Molto spesso quando i
proprietari erano d’accordo di vendere la casa, quando mi vedevano cambiavano idea”
(Sanogo).
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Raccolta delle storie di vita
a cura di
Alessandra Zoccante
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Intervista a Stojce, Macedonia
Qual è la struttura abitativa maggiormente diffusa nel tuo paese?
Non vi è molta differenza dal modo in cui le case sono costruite in Italia: c’è il salotto, le camere, la
cucina…. La sala è fatta a volte con l’angolo cottura o, a volte, la cucina è separata rispetto alla sala.
In Macedonia però sono molto più diffuse le case singole, sviluppate su più piani. I condomini con più
appartamenti sono soprattutto presenti all’interno delle città; nelle campagne invece non vi sono condomini
e sono più diffuse le case singole.
Nelle case singole vi è un giardino abbastanza grande di fuori e le case solitamente sono a due piani.
I tetti delle case in Macedonia sono un po’ più inclinati che non in Italia, comunque non c’è molta differenza
tra i tetti in montagna e in pianura perché nevica molto anche in pianura.
La forma di riscaldamento più diffusa è a corrente: vi sono delle stufe il cui funzionamento è regolato da un
termostato. Le stufe sono dotate anche di un impianto di ventilazione per poter riscaldare tutta la casa.
Come viene vissuta e che cosa rappresenta principalmente la casa?
La casa viene vissuta molto, è anche il posto in cui ci si ritrova con gli amici.
Quali sono le stanze o i luoghi della casa maggiormente usati dalla famiglia? Che cosa si fa solitamente in
questi spazi?
Le donne stanno principalmente in casa: loro puliscono la casa, fanno da mangiare; e passano
principalmente il loro tempo in cucina. Le donne durante il giorno, quando vanno a trovare le amiche,
passano principalmente il tempo in cucina.
Quando ci sono degli ospiti la stanza maggiormente usata è invece il salotto.
Chi passa più tempo in casa (sta maggiormente in casa)?
In casa principalmente vi stanno le donne; i bambini solitamente alla mattina vanno a scuola fino a
mezzogiorno.
Quali stanze o spazi dell’abitazione si usano di più?
La stanza maggiormente usata dalle donne è la cucina. Vi passano molto tempo perché cucinano molto
soprattutto in autunno, quando preparano i piatti e le cose che si conservano per l’inverno. Ma questi cibi si
cucinano in giardino. In particolare fuori si cucina un piatto che si chiama Aiver, che è fatto da peperoni,
pomodori, melanzane e altre verdure macinate. Questo piatto si prepara in settembre per l’inverno e si
conserva all’interno di alcuni vasi. Per cucinare questo piatto si impiegano come minimo quattro o cinque
ore e si utilizza un forno che va a legna, costruito apposta per tale motivo; è alto all’incirca un metro con le
quattro gambe, in mezzo vi è lo spazio per far bruciare la legna; si mescola con un mestolo fatto apposta per
stare lontano dal fuoco mentre si cucina. Quando la verdura inizia a cucinarsi bisogna sempre rigirarla per
evitare che si bruci. Di solito si cucina in un unico giorno e si fanno di solito una decina di vasi di questa
salsa. Le donne che abitano nelle case vicine di solito vanno ad aiutare le altre donne e si ritrovano tutte in
uno stesso giardino.
Le donne quando si ritrovano nelle case passano anche molto tempo a lavorare a maglia oppure
compongono dei centri tavola con i nodi. Quando si ritrovano a lavorare passano molto tempo anche a
chiacchierare.
I bambini durante il giorno di solito stanno molto tempo fuori a giocare.
Gli animali che di solito si tengono sono galline, vitelli, maiali: di solito vivono in una parte dei cortile,
fuori. I cani e i gatti non sono all’interno delle abitazioni: sono fuori liberi.
Quali oggetti nell’arredamento sono maggiormente diffusi e quale significato/utilizzo hanno?
Gli oggetti più diffusi sono simili a quelli usati in Italia: tende per coprire le finestre, oppure tappeti. Le
piastrelle di solito sono usate solo in bagno e non nel resto della casa.
Quando ci si trasferisce in una casa nuova ci sono dei “riti” particolari per augurare fortuna e ogni bene a chi
ci va ad abitare?
Quando ci si trasferisce in una casa nuova si fa una festa. Quando si costruisce una casa nuova, e si sta per
costruire il tetto, i vicini e i parenti portano un regalo alla famiglia: di solito sono vestiti, biancheria, cose
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che servono per la casa. Quando qualcuno porta un regalo viene detto a tutti, ad alta voce, che quella
persona ha portato un regalo in modo tale che tutti lo sentano.
Prima di entrare si fa una festa all’interno della casa non ancora arredata, invitando i parenti, gli amici e i
vicini. Il giorno dopo la festa si inizia ad arredare la casa.
Vi sono appartamenti usati non da famiglie ma da singoli che vivono da soli?
Sì, ci sono soprattutto nelle città dove le persone prendono una casa in affitto. Di solito sono gli studenti.
Ma, per esempio, le persone anziane non vengono mai lasciate da sole e vivono solitamente in casa con
qualche figlio.
Quali differenze hai notato nell’uso della casa tra l’Italia e il tuo paese di origine? (specificare le cose che ti
“mancano” o che dovrebbero esserci, le cose che sono “scomode”, le cose di troppo).
In Italia secondo me ci sono poche case singole, vi sono soprattutto appartamenti all’interno dei condomini e
questo non mi piace, preferisco le case singole.
In Macedonia poi i giardini sono molto più grandi.
Racconta la tua esperienza di “acquisto” di una casa in Italia:
l’idea di acquisto deriva da…?
Io stavo cercando un appartamento in affitto e l’agenzia alla quale mi sono rivolto mi ha detto che c’erano
degli appartamenti in asta dell’ATER. Quando mi sono rivolto all’agenzia immobiliare era il 10 del mese e
quel giorno scadeva il bando dell’ATER. Ho visto l’appartamento, mi è piaciuto e quindi in una giornata ho
preparato tutti i documenti necessari per partecipare al bando.
è stata una decisione presa singolarmente oppure no…?
E’ stata una decisione che ho preso da solo in quanto mia moglie era ancora in Macedonia.
a chi ti sei rivolto inizialmente…?
Mi sono rivolto solo all’agenzia immobiliare.
qual è la difficoltà più grande che hai incontrato…?
Le difficoltà maggiori le ho incontrate con il notaio per via della traduzione dell’atto notarile da fare firmare
a mia moglie in Macedonia. Il notaio ha voluto 800 mila lire per la traduzione dell’atto per poi scoprire, una
volta spedito in ambasciata, che la traduzione del documento era da rifare in quanto non andava bene.
Mia moglie poi è dovuta venire in Italia con visto turistico, per alcuni giorni, in quanto doveva essere
presente alla firma dell’atto notarile. Ma in ambasciata non volevano rilasciarle il visto: dopo molte
peripezie l’ha ottenuto ed è riuscita a venire per cinque giorni.
Per la firma poi abbiamo dovuto cercare in poche ore due macedoni come testimoni che conoscessero bene
la lingua italiana.
chi ti ha aiutato di più…?
L’agenzia immobiliare mi ha aiutato molto nella preparazione dei documenti utili per partecipare al bando.
Rispetto alla ricerca di una banca a cui chiedere il mutuo e rispetto a tutto il resto, mi sono arrangiato.
per quanto tempo hai cercato…?
Praticamente non ho dovuto cercare una casa da acquistare. Invece ho cercato per molto tempo una casa in
affitto.
quante case hai visto prima di acquistarne una…?
Solo quella che ho comprato.
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Intervista a Abdel, Marocco
Qual è la struttura abitativa maggiormente diffusa nel tuo paese?
La struttura è molto simile alla casa italiana, anche se dipende da una casa all’altra. Ad esempio c’è
differenza tra una famiglia povera e una famiglia ricca. Normalmente però lo spazio riservato alla cucina è
proporzionalmente più piccolo rispetto a quello riservato alle camere.
Nella casa c’è di solito una camera importate che è quella per gli ospiti: agli ospiti è infatti riservata una
stanza molto spaziosa.
Anche l’arredamento della camera da letto dipende dalle possibilità economiche della famiglia. Nel caso di
un nucleo familiare con un reddito elevato la loro casa presenta una camera per ogni figlio, una camera per
la moglie e una per il marito. Per una famiglia povera, invece, le cose sono diverse: non hanno molte
possibilità e può capitare che il salone diventi lo spazio dove tutta la famiglia dorme.
Il numero di piani delle case dipende da dove sono situate le case: se sono in città o nei piccoli villaggi. Nei
centri dei grossi insediamenti urbani sono a diversi piani, quattro o cinque in media. Poi ci sono i grandi
edifici a dieci o quindici piani. Anche se nella maggior parte dei casi sono due o tre piani.
I tetti ad esempio sono diversi da qua perché sono più bassi. Solo nelle città grandi del Marocco ci sono i
tetti simili a quelli italiani.
La maggioranza usa la terrazza sopra per stendere la biancheria, per prendere il sole, per molte cose della
vita quotidiana.
È raro che ci siano animali in casa, perché la nostra religione non permette che un animale, ad esempio un
cane, viva in casa. Perché la casa per noi mussulmani è un luogo pulito dove si fanno preghiere, dove ci si
concentra e si medita. Allora, soprattutto il cane che è un animale che sporca dappertutto non può restare in
casa. E’ per questo che tutti gli animali stanno fuori di casa.
Se la casa è spaziosa con un giardino fuori, normalmente gli animali domestici (come le galline) stanno
fuori. Hanno un recinto specifico dove stanno e questo specialmente in campagna.
Come viene vissuta e che cosa rappresenta principalmente la casa?
La casa in Marocco è una cosa fondamentale per noi. È un luogo di incontro dove tutti vengono la sera a
incontrarsi e a dormire.
Per le donne poi è un luogo particolare, dato che fanno le casalinghe e accudiscono anche i bambini. Al
giorno d’oggi c’è un terzo delle donne che hanno un’attività lavorativa ma i due terzi sono ancora a casa:
questo soprattutto nei territori più tradizionali a livello culturale.
Per noi quindi la casa è molto importante perché è il luogo dove si svolge tutta la vita, dove vivono gli adulti
e i bambini.
Il riscaldamento è usato solo nella parte dove ci sono le montagne, dove c’è freddo. Ma non lo usiamo come
qui in Italia. In molte città, nelle parti da poco costruite, usano il riscaldamento che funziona con
l’elettricità, perché il gas non si usa tanto.
Comunque non c’è molto freddo in Marocco e quindi il riscaldamento non si usa molto e dentro la casa per
noi non è importante. La corrente elettrica invece si utilizza come qui, allo stesso modo.
Quali sono le stanze o i luoghi della casa maggiormente usati dalla famiglia? Che cosa si fa solitamente in
questi spazi?
Noi diamo molta importanza agli ospiti: che siano accolti bene e che siano ben seguiti. A noi piace tanto
invitare le persone: questa è una caratteristica degli arabi. E’ per questo che in ogni casa trovi sempre uno
spazio riservato agli ospiti. Questo è un aspetto molto importante per noi e, a differenza delle persone che
vivono in Europa, per noi è essenziale trattare bene e accogliere qualsiasi persona che arriva nella nostra
casa. L’ospite deve sempre e comunque entrare in casa: deve bere, mangiare qualcosa. Anche se arriva al
momento del pranzo deve per forza mangiare. Lo spazio per gli ospiti è molto importante all’interno della
casa. C’è una sala speciale per gli ospiti arredata con i divani tipici arabi, con i tappeti, la vetrina, la
televisione: tutto quello che serve per rendere ospitale la stanza.
Anche nel caso delle famiglie povere, che magari non hanno molte stanze nella casa, comunque durante il
giorno lasciano la stanza libera e pronta per accogliere l’ospite che arriva. Alla sera si trasforma nella
stanza dove dorme la famiglia. Normalmente in Marocco funziona così, poi varia da situazione a situazione.
Chi passa più tempo in casa (sta maggiormente in casa)?
Sicuramente le persone anziane che non possono andare a lavorare rimangono in casa, ma normalmente non
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vi restano tutto il giorno: escono a giocare, a passeggiare e rientrano nelle ore dei pasti.
La donna secondo la nostra tradizione segue l’educazione dei bambini e si occupa della casa: questa è la
donna che preferisce stare a casa, lo fa come una scelta.
La donna per noi è una figura importante perché è lei che fa nascere la famiglia, è dalle sue mani che fa
nascere la cultura, la sapienza, la mentalità.
Quali stanze o spazi dell’abitazione si usano di più?
La cucina che si usa tanto, c’è poi sempre uno spazio di fronte alla cucina. La cucina è uno spazio riservato:
l’ospite non vi può entrare. Per noi la cucina è riservata alla donna: lì lei può fare i suoi lavori, è libera, fa
quello che vuole.
Per mangiare di solito si utilizza un’altra stanza, comunque ci sono anche famiglie che usano la cucina per
ritrovarsi a mangiare. Per questo la cucina è composta di un piccolo spazio sufficiente ai lavori della donna.
Di fronte c’è una stanza piccola dove si tiene la televisione e si vive durante il giorno in modo tale che le
altre stanze e camere non vengano sporcate.
Le donne quando si ritrovano tra di loro usano spazi diversi. Se sono accompagnate dai loro mariti allora
gli uomini vanno da una parte, mentre le donne da un’altra. Dipende molto anche dal modo in cui è fatta la
casa. Se c’è spazio per loro in cucina restano insieme lì, intanto la donna procede con i suoi lavori e le altre
donne restano a chiacchierare con lei. Se ci sono ospiti invece si mangia nella stanza degli ospiti.
Nei paesini di campagna il bagno lo puoi trovare all’esterno, mentre in città è interno alla casa. Nei casi di
una famiglia povera lo trovi dietro alla casa. Ma orami è raro. La maggioranza lo ha dentro. I bagni più
vecchi hanno la turca, mentre quelli più moderni usano il wc.
Quali oggetti nell’arredamento sono maggiormente diffusi e quale significato/utilizzo hanno?
Armadi e altri mobili sono comuni a molte case e sono necessari. Ci sono dei particolari tipi di divani arabi
che non hanno lo schienale, ma dei cuscini per appoggiare la schiena e sono piatti. Ecco questi sono i divani
più usati.
Nell’arredamento ci sono anche dei quadri con frasi del Corano. Questi quadri hanno sia la funzione di
abbellire la casa, ma anche di augurio. Ci sono per esempio scritti dei versetti del Corano che benedicono la
casa. Questi tipi di quadri si mettono in salone, ma dipende: l’importante è non metterli in quei luoghi non
adatti, come per esempio il bagno, perché sono cose sacre. Ultimamente questi quadri sono diventati molto
più belli, raffinati e lavorati: sono molto usati. Si vendono anche qui in Italia.
Comunque al giorno d’oggi ci sono molti più oggetti rispetto al passato. Per esempio attraverso le antenne
paraboliche molti oggetti d’arredamento sono acquistati o copiati da altri paesi, dai paesi europei. Quindi
anche l’arredamento della casa si è molto modernizzato.
L’ultima volta che sono stato in Marocco, ho visto molti oggetti uguali a quelli italiani. Questo vuol dire che
anche la cultura di un luogo cambia e copia aspetti di altre culture. Questo significa che molte volte si
prende il modello di un mobile, o di una parte dell’arredamento, da un’altra cultura e si copia.
Anni fa era diverso, ma al giorno d’oggi tutto è cambiato: una volta la tradizione veniva rispettata e si
manteneva sempre uguale mentre al giorno d’oggi le famiglie viaggiano e conoscono altri modi di vivere e
così anche la tradizione si cambia.
Quando ci si trasferisce in una casa nuova ci sono dei “riti” particolari per augurare fortuna e ogni bene a chi
ci va ad abitare?
Quando si cambia la casa una famiglia può fare un po’ di festa, ma non è niente di particolare. Anche
perché le persone preferiscono spendere quei soldi per migliorare la casa e ultimare le cose che mancano.
Quando è completamente finita offriranno da mangiare. La festa è un modo per benedire le mura
domestiche, per augurare felicità in quell’abitazione.
Prima della festa c’è anche una preghiera particolare, per chiedere una benedizione sulla famiglia, che tutto
vada sempre bene. È una preghiera di benedizione per la casa e per la famiglia. È un’invocazione speciale
che si rivolge a Dio e la recita il capofamiglia o la moglie, quelli che conoscono questa preghiera. Oppure si
chiama l’Himam, o qualche altro amico. Qualsiasi persona può fare questa invocazione: l’importante è che
sia fatta con devozione e concentrazione.
Vi sono appartamenti usati non da famiglie ma da singoli che vivono da soli?
Si, ci sono persone che vivono sole, senza famiglia, sono più uomini.
Le donne che vivono sole sono poche, perché secondo la nostra tradizione, non è una cosa buona. Per noi
una donna che vive sola fa pensare male, ci sono tante domande, tanti pensieri: perché, ma come, dove trova
i soldi per vivere? Per gli uomini è una cosa diversa, mentre le donne non possono farlo.
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L’idea della nostra tradizione è che la donna si deve costituire una famiglia e solo allora può lasciare la sua
famiglia d’origine. Ci sono dei gruppi di donne che vivono insieme, ma sono davvero rare. Nel caso delle
donne si deve sapere il perché sono andate a vivere da sole. Per esempio una donna può aver avuto il
bisogno di trasferirsi dalla campagna per andare in città a lavorare ed è senza famiglia: in questo caso può
trovare un’amica o una collega e andare ad abitare da sola. Altrimenti se vive da sola perché ha problemi
con la famiglia di origine, non è considerata bene. Il 5-6% di donne vivono sole.
Quali differenze hai notato nell’uso della casa tra l’Italia e il tuo paese di origine? (specificare le cose che ti
“mancano” o che dovrebbero esserci, le cose che sono “scomode”, le cose di troppo).
Non usiamo alla stessa maniera la casa perché devo sentire la mia cultura nella mia abitazione, devo
assaporare il profumo del Marocco e avere le cose che mi ricordano il mio paese.
In paesi dove l’immigrazione dai paesi arabi è più antica, e ci sono comunità più grandi e più vecchie, si
vede subito la differenza tra le case degli immigrati e degli abitanti di quei paesi: sto pensando per esempio
alla Francia o al Belgio. Mentre in Italia dove l’immigrazione è recente, e non c’è una comunità così forte e
strutturata, la differenza tra case di italiani e case di persone che provengono dal Magreb non si vede.
Comunque cambia di poco solo per la stanza degli ospiti, o per il tipo di divani o per i tappeti.
Le persone italiane, per esempio, a differenza usano molto la cucina: con il tavolo, le sedie, la vetrinetta,
ecc. Noi, invece, la usiamo poco: noi siamo abituati a stare in una stanza con molto spazio da sedere,
chiacchierare, ci deve essere molto spazio libero. Le modifiche che facciamo alle case sono poche, per
adattarle al nostro stile. Quando abitavo nell’altra casa, che aveva una grande cucina ma poco spazio nel
soggiorno, io ho invertito l’uso delle stanze.
All’interno della camera noi utilizziamo gli armadi. Ma adesso anche qualche persona araba utilizza le
camere lasciando dentro solo il letto e mettendo l’armadio fuori, da un’altra parte. Se una famiglia ha la
possibilità lascia una stanza solo per gli armadi. Questa è una caratteristica delle case in Marocco: dove c’è
un ambiente solo per gli armadi.
Racconta la tua esperienza di “acquisto” di una casa in Italia:
l’idea di acquisto deriva da…?
Hanno inciso molte cose: il costo dell’affitto che è molto caro. Inoltre prima pensavo di ritornare in
Marocco dopo un po’ di anni. Mentre ora ho cambiato idea e sono per inserirmi meglio in questa società,
soprattutto ora che ho figli.
E poi vivere in una casa in affitto non è sicuro perché ogni quattro anni c’è il rischio che il proprietario
della casa non ti rinnovi il contratto. Ogni anno, inoltre, il prezzo dell’affitto si alza.
Comperando casa almeno hai un canone fisso, un giorno sarà di tua proprietà e hai la sicurezza di
continuare ad abitarci.
La decisione di comperare casa sta a significare che hai voglia di inserirti nella nuova società, stai bene qui,
anche la tua famiglia si trova bene, i tuoi figli hanno la sicurezza di un futuro migliore. Perché è sempre un
disagio per la famiglia che si deve spostare da una parte ad un’altra.
Se abiti in una casa in affitto hai sempre l’idea di cambiare, di trovare una soluzione migliore: non hai fatto
una scelta definitiva. Quando comperi la casa, invece, hai fatto una scelta di fermarti, hai fatto una scelta
stabile, hai un posto fisso e questa tranquillità la percepiscono anche i figli.
Anche per i figli è meglio: vivono più tranquilli e sereni.
è stata una decisione presa singolarmente oppure no…?
Molti miei connazionali stanno comperando casa. Io ho preso esempio da un mio amico che ha acquistato
casa. Ho visto la loro esperienza positiva e soprattutto come è migliorata la loro situazione e mi sono deciso
anch’io di fare questa scelta.
Anche tra le donne c’è questa influenza: loro a loro volta parlano con il marito e la famiglia decide di
comperare. Tutto questo nell’ottica dell’interesse della famiglia.
a chi ti sei rivolto inizialmente…?
Mi sono rivolto prima di tutto ad un amico, che sapeva che io stavo cercando una casa e quando ha visto
un’occasione mi ha contattato. Così sono riuscito a comperare casa da un privato.
qual è la difficoltà più grande che hai incontrato…?
Non ho avuto particolari problemi.
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chi ti ha aiutato di più…?
Per primo è stato Dio che mi ha aiutato, poi dove lavoravo prima c’era una persona che era all’interno del
Consiglio direttivo della banca e mi ha aiutato a trovare il mutuo. Gli ho parlato della mia intenzione di
comperare casa e lui mi ha consigliato e aiutato.
Lui per esempio mi ha consigliato di vedere varie banche e di confrontare su quella che mi offriva il prezzo
migliore e il mutuo a migliore condizione. Mi sono rivolto a una banca nel paese dove c’era la casa che
volevo comperare e mi hanno concesso il mutuo.
per quanto tempo hai cercato…?
Per quasi un anno: non è che andavo in cerca tutti i giorni, ma comunque un bel po’ di tempo.
quante case hai visto prima di acquistarne una…?
Ho visto diverse case: solo che nel momento di contrattare il prezzo decidevo di non comperarla.
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Intervista a Hassan, Marocco
Qual è la struttura abitativa maggiormente diffusa nel tuo paese?
In Marocco la stanza più diffusa è il salotto che è il luogo dove si riunisce tutta la famiglia. Anche la cucina
è un locale molto usato. La camera da letto, invece, si usa solo la sera
Di solito il bagno è all’interno della casa. In particolare in Marocco lo fanno sempre sotto la scala, anche
nel caso del secondo piano. Questo perché vogliono sfruttare lo spazio nel migliore modo possibile. A me
personalmente questa soluzione non piace.
Ci sono sempre il salotto, la cucina e altre due camere. La casa marocchina è molto spaziosa perché hanno
molto figli. Ci sono più camere e sfruttano tutto lo spazio a disposizione.
La stanza più grande della casa deve essere sempre il salotto che può da solo occupare anche tutto un piano.
Poi ci sono le camere che possono essere anche molto piccole: la loro funzione è quella di dividere i maschi
dalle femmine.
Qualche gattino viene tenuto in casa, ma in pochi casi. I cani e gli altri animali non vengono mai tenuti in
casa. Le galline sono sempre tenute fuori, un po’ lontane dalla casa, in un piccolo recinto. Solo i gatti al
massimo possono stare dentro.
Il cane non è visto molto bene dai mussulmani se è di colore nero. Se per caso qualcuno tocca un cane nero
si deve lavare e deve pregare. Il cane in Marocco è utilizzato o per la guardia o per la caccia, ma non per
altri motivi come per compagnia.
Come viene vissuta e che cosa rappresenta principalmente la casa?
Il Marocco non è un paese molto industrializzato, la maggior parte delle donne non lavora e allora c’è
spesso una donna a casa che accudisce i figli. La porta di casa è sempre aperta tutto il giorno, se esce è per
fare le spese e poi ritorna. Solo il 30-40% delle donne vanno a lavorare. E’ per questo che la casa è sempre
aperta, sempre abitata, non come qui in Italia che si ritorna a casa solo la sera. Nelle città più grandi è un
po’ diverso perché lì tutti lavorano, ma c’è sempre la donna delle pulizie che guarda i bambini o sistema la
casa.
Quali sono le stanze o i luoghi della casa maggiormente usati dalla famiglia? Che cosa si fa solitamente in
questi spazi?
Certamente il salotto. Il salotto marocchino è formato da divani arabi che rispetto a quelli italiani sono
molto più grandi e larghi. Poi ci sono uno o due tavoli e una vetrina, una libreria e sempre la televisione. Di
solito ci sono i divani sui tre lati, mentre sul quarto lato c’è normalmente una vetrina.
Per terra ci sono sempre e comunque i tappeti. Poi ci sono altri oggetti che fanno parte della tradizione
marocchina come per esempio i vasi.
Chi passa più tempo in casa (sta maggiormente in casa)?
La madre che è sempre a casa perché, per tradizione, la donna si fa quasi tutto a casa da sola. Se non
lavora si occupa lei dei bambini e di mettere tutto in ordine. La moglie fa lei quasi tutto da sola, non viene
aiutata dal marito. Lei passa tutto il giorno a fare i lavori, se la famiglia, poi, ha molti figli il lavoro aumenta
e c’è molto movimento dentro la casa perché uno esce per andare a scuola, l’altro per andare a giocare.
Quali stanze o spazi dell’abitazione si usano di più?
In particolare il salotto è sempre per gli ospiti, sempre.
La cucina è la stanza più usata dalla donna: perché è lì che lei lavora, cucina e prepara da mangiare.
Poi c’è uno spazio in mezzo alla casa, che voi chiamate taverna o ripostiglio, e serve alla donna per pulire,
fare la lavatrice. Questa stanza o la si trova all’ultimo piano o vicino alla cucina. All’ultimo piano serve per
fare asciugare il bucato al sole.
La maggior parte delle case è costruita senza tetto. L’ultimo piano è sempre libero e c’è una specie di
terrazza. È lì che la donna ha lo spazio per fare il bucato o altri lavori. In Marocco c’è sempre bel tempo ed
è possibile sfruttare questo spazio.
Quali oggetti nell’arredamento sono maggiormente diffusi e quale significato/utilizzo hanno?
In Marocco si è molto attenti, per esempio, ai modelli della vetrinetta del salotto: ogni anno è un mobile che
si cambia e si segue la moda. Ogni anno escono modelli nuovi e allora si cambia, e lo si compera nuovo.
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Però se la famiglia non ha possibilità economiche, non si compera nuovo.
Poi ci sono molti tappeti, che fanno parte della tradizione marocchina: questi sono gli oggetti più usati.
Si sono dei quadri che hanno sia le sure del Corano oppure le foto della Mecca a Medina, dove si fa il
pellegrinaggio. Anche questi quadri fanno parte della bellezza dei salotti marocchini.
Per la religione mussulmana non si possono appendere quadri di foto di parenti, di altri animali o di
paesaggi. Sono vietati dalla nostra religione e per questo le persone preferiscono fare quadri con versetti del
Corano. Poi non ci servono tante foto: se in una casa ci sono tante foto esposte, gli angeli scappano da
quella abitazione.
Anche per i giocattoli del bambino è lo stesso discorso: non ci devono essere molti giocattoli e soprattutto
nel luogo dove io prego. Io non posso mettermi a pregare con di fronte un giocattolo di mia figlia, altrimenti
la preghiera non è valida. È come commettere un peccato.
Seguire queste norme è un modo per essere più protetti da Dio, non si commettono peccati, gli angeli ti
proteggono giorno e notte. Per questi motivi in salotto non si sono altri tipi di foto o di quadri.
Quando ci si trasferisce in una casa nuova ci sono dei “riti” particolari per augurare fortuna e ogni bene a chi
ci va ad abitare?
No, non c’è tanta differenza. La nostra tradizione dice che devo ammazzare un animale per festeggiare il
primo giorno nella nuova casa, però, non molti lo fanno. Si fa una festa tra amici, per augurio, si offre da
mangiare a tutti. L’inaugurazione la si può fare anche da soli.
Nel caso di feste religiose o del battesimo è obbligatorio offrire da mangiare e fare una grande festa, mentre
per una casa nuova non è obbligatorio. Non fa parte della religione quando si acquista una nuova casa fare
una festa: puoi offrire una cena per condividere la gioia. Per farti sentire vicino puoi offrire una cena ai tuoi
vicini e amici.
Vi sono appartamenti usati non da famiglie ma da singoli che vivono da soli?
In Marocco ci sono nelle grandi città delle fabbriche e c’è l’emigrazione delle persone dalla campagna verso
la città. Quando arrivano lì, al posto di prendere tutta una casa in affitto, prendono solo una camera: così
due-tre persone convivono insieme anche se non hanno un legame di parentela. Usano insieme la cucina:
ogni fine settimana, poi, ritornano in famiglia per fare una visita. Non è possibile lavorare da solo e
prendere in affitto da solo una camera, così molti trovano questa soluzione: si condividono le spese, si paga
meno. Questi tipi di convivenza sono molto diffusi in Marocco, nelle grandi città. Le famiglie non possono
convivere con queste persone e di solito chi ha queste esigenze coabita insieme.
Quali differenze hai notato nell’uso della casa tra l’Italia e il tuo paese di origine? (specificare le cose che ti
“mancano” o che dovrebbero esserci, le cose che sono “scomode”, le cose di troppo).
L’unica differenza è certamente nel salotto: in Italia il salotto è compreso nella cucina, mentre da noi il
salotto è una stanza a parte. Le famiglie del Marocco hanno una sala specifica per il salotto: serve per
accogliere gli ospiti in maniera più riservata. Tutto il resto della casa è uguale tra Italia e Marocco.
Racconta la tua esperienza di “acquisto” di una casa in Italia:
l’idea di acquisto deriva da…?
Io l’ho comperata perché abitavo in questa casa già dal ’95. Ho visto che il proprietario stava facendo
vedere la casa a delle persone che volevano comperarla.
La casa era in vendita a buon prezzo e poi è tanto difficile trovare una casa in affitto. E c’era anche il
rischio di non trovarla vicino al mio lavoro. Così ho iniziato a trattare con il proprietario, senza andare in
agenzia. Lui ha accettato e l’ho comperata.
è stata una decisione presa singolarmente oppure no…?
Ho deciso con mia moglie: è giusto decidere insieme. Dato che lavoriamo in due, la decisione l’abbiamo
presa insieme. E poi è una situazione più sicura: non hai il pericolo che dopo 4 anni il contratto di affitto
non ti venga rinnovato. È difficile trovare una casa in affitto.
a chi ti sei rivolto inizialmente…?
Sono andato da solo in banca e poi ho visto l’esperienza di un mio amico: ci siamo rivolti alla stessa banca
dove lui aveva fatto il mutuo.
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qual è la difficoltà più grande che hai incontrato…?
Non ho avuto particolari problemi: abitavo già nella casa da 5 anni. Non ho avuto nemmeno il problema di
fare il trasloco. Non ho nemmeno pagato i soldi dell’agenzia.
Vorrei aggiungere che è utile il servizio di informazione e di sostegno che fate per gli immigrati, per
difendere i loro diritti e per tutelarli.
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Intervista a Innocente, 30 anni, Costa d’Avorio, da 9 anni in Italia
Qual è la struttura abitativa maggiormente diffusa nel tuo paese?
Le case costruite nelle città hanno una struttura simile a quelle in Italia, perché sono fatte in modo moderno;
invece le case costruite nel villaggio sono differenti. La loro struttura proviene dalle varie tradizioni dei
diversi popoli.
Il modo di costruire la casa non dipende solo dalle varie tradizioni, ma dipende anche dalle diverse zone
dell’Africa dove è costruita. Nella parte Nord della Costa d’Avorio le case sono costruite in modo rotondo
con il tetto obliquo. I tetti delle case più antiche sono costruiti con del materiale simile alla paglia. Sono
intrecciati in modo tale da non far passare l’acqua e per rendere il tetto resistente alle varie intemperie.
Oggi i tetti sono soprattutto costruiti in alluminio. La struttura delle case nei villaggi è rimasta simile per
molto tempo, mentre nelle città le case sono costruite come qui, anche se hanno solo il minimo
indispensabile. Nella zona Nord della Costa d’Avorio, dove le case sono tonde, di solito si costruiscono delle
abitazioni specifiche, staccate dal resto delle abitazioni per il cibo; tali case sono più strette rispetto alle
abitazioni.
Di solito le abitazioni hanno una superficie di circa venticinque metri quadrati. Ogni famiglia ha il proprio
magazzino per il cibo, non ve ne sono di comuni per tutto il villaggio; il magazzino è più piccolo della casa
centrale che usata come abitazione. A volte vi sono delle abitazioni abbastanza grandi, dove il granaio è
sopra alla cucina, cioè è sopra al luogo in cui si preparano i cibi, in modo tale che il calore che sale dalla
cucina conservi meglio le riserve alimentari.
In queste abitazioni, che sono più grandi e in cui il granaio è sopra al luogo in cui si cucina, questo spazio è
separato rispetto al resto della casa, rispetto al luogo nel quale si dorme.
Se la famiglia è grande, di solito, ci sono più case vicine, a seconda del numero delle persone. Quando la
famiglia cresce, il capo famiglia costruisce un’altra casa vicino a quella esistente. Dentro alla nuova casa
vanno a vivere i figli più grandi, solitamente i maschi dormono separatamente dalle femmine. Tutti i fratelli e
tutte le sorelle dormono insieme.
Nella casa centrale solitamente si mangia ed è il luogo dove si riunisce la famiglia. Se la famiglia è
composta da solo tre o quattro persone, allora è sufficiente una sola casa.
Le case sono solo ad un piano, in altre parti dell'Africa magari ci sono abitazioni a due piani, in Costa
d'Avorio no.
Le persone per chiacchierare, per parlare spesso si incontrano o al centro del villaggio o all'interno delle
loro case. Di solito la famiglia si incontra all'interno della casa centrale e passa il tempo a parlare di quanto
succede. Nella casa centrale si sente maggiormente il calore della famiglia ed è un piacere andare lì ed
incontrare il resto dei fratelli o i genitori.
In tempi antichi si dormiva su un materiale chiamato nat che significa treccia, perché costituito con paglia
intrecciata simile ad una stuoia. Questo tessuto lo si mette sul pavimento e vi si dorme sopra.
Le case in argilla o con la paglia intrecciata sono molto resistenti: resistono per moltissimi anni
Il pavimento è fatto di terra battuta. I muri sono fatti di solito di argilla. Vi sono due tipi di costruzioni:
quelle in mattoni di argilla e quelle in cui i muri sono assi di legno incastrati e messi in modo verticale ed
orizzontale, legati tra loro per fissarli. Si usa poi l'argilla per coprire i buchi ed isolare termicamente la
casa.
Anche le abitazioni fatte in legno sono rotonde come le altre. Quest’ultimo tipo di costruzione è molto bello
perché una volta che l'argilla si è asciugata resta molto liscia. Prima che l'argilla si asciughi è possibile
incidere delle decorazioni sulla stessa: quando piove l'argilla non si scioglie e i disegni rimangono.
Ogni famiglia ha il proprio pozzo vicino alla casa.
Ci sono poi grosse piantagioni di caffè o di cacao, così vicino all'abitazione vi sono degli spazi dove poter
far seccare i semi.
Il riscaldamento non serve e nemmeno l'acqua calda.
Si cucina di solito in uno spazio specifico all'interno della casa, dove spesso di sopra vi è il granaio. In
questo spazio è presente l'argilla, si scopre e si toglie la terra finché non si raggiunge lo strato di argilla; su
di essa si costruisce il focolare nel quale si cucina. Nel focolare vi sono anche tre pietre focaie.
Nella abitazioni più vecchie il bagno non c'è; per i bisogni una volta si utilizzavano i boschi o la savana. Per
la doccia di solito si costruiva una casa apposita. Anche ora si fa la doccia con i secchi: si scalda l'acqua sul
fuoco e poi quando è calda la si getta da sopra la casa (della doccia) per farsì che la persona dentro (alla
casa) si possa lavare.
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Oggi i bagni sono costruiti come qui, con il water. Quasi tutti i villaggi hanno la corrente elettrica in Costa
d'Avorio, soprattutto nel Sud del paese, un po' meno al Nord. Il centro economico della nazione è nel Sud del
paese: la Costa d'Avorio è il primo produttore mondiale di cacao ed il terzo di caffè: entrambe colture del
Sud del paese.
Tutte le famiglie hanno un pollaio che di solito è una costruzione sempre in argilla o in paglia, posta vicino
alla casa principale. Tutti hanno i polli, ma spesso alcune famiglie hanno anche pecore, capre o asini.
Alcune famiglie hanno anche i maiali, ma sono poche perché è un animale che sporca molto. Chi ha questi
animali li tiene all’interno dei recinti ora, una volta invece si tenevano liberi nel villaggio. Le persone di fede
islamica di solito non hanno i maiali in casa. Spesso all'interno dei villaggi, però, si trovano ancora i
montoni e la capre in giro.
Nei villaggi di solito le persone si incontrano all'interno delle famiglie: alcuni amano organizzare degli
incontri nella propria casa ed invitare le altre persone. Esiste poi la chiacchierata comune di tutti i villaggi
vicini, che si fa sotto il baobab, presente quasi sempre al centro di ogni villaggio. Vi sono anche persone di
un villaggio che vanno a trovare gli amici che vivono in altri villaggi, queste visite avvengono quando si
verificano degli eventi speciali, ma non sempre.
Un tempo per comunicare tra un villaggio e l’altro si usavano gli jembé (tamburi): i tamburi parlanti, ma
non sono usati in tutte le regioni della Costa d'Avorio, in particolare nel Sud del paese. Al Nord non hanno
queste tradizioni. Non tutte le regioni hanno le stesse tradizioni, da dove provengo io, nella parte ovest del
paese, abbiamo la tradizione delle maschere: alcuni uomini si travestono con delle maschere in legno e
dell'altro materiale e realizzano delle danze che ricordano le cacce o le guerre.
In ogni villaggio esiste uno stregone che aiuta gli altri a guarire: la sua casa non è diversa da quella degli
altri, solo se è uno stregone importante che riceve molte persone ha una casa più spaziosa per poter
accogliere tutti. Se invece è un piccolo stregone, e non ha molte visite, la sua casa sarà uguale alle altre. Lo
stregone non è mai il capo del villaggio, perché il capo del villaggio è una persona rispettata, soprattutto
una persona saggia che la gente ascolta. E’ una persona considerata nel villaggio. Le persone che godono
della considerazione degli altri e che intendono essere eletti come capi del villaggio si candidano e i notari
scelgono il capo. Il capo del villaggio rimane in carica fino al momento della sua morte.
Nei villaggi più piccoli la scuola non c'è: di solito è presente nei villaggi più grandi, dove si fa scuola anche
per gli altri villaggi intorno.
Come viene vissuta e che cosa rappresenta principalmente la casa?
Per noi la casa è la sede della famiglia: è lì che si trovano tutti e che si ritrova la famiglia durante il giorno.
È la casa che fa il villaggio, la casa è legata alla famiglia.
Quali sono le stanze o i luoghi della casa maggiormente usati dalla famiglia? Che cosa si fa solitamente in
questi spazi?
Tutta la famiglia si ritrova di solito nella casa centrale, oppure le persone si fermano in cucina dopo il
pranzo o la cena. In questi spazi la famiglia si incontra per parlare o per passare il tempo, per raccontare le
leggende della tradizione che raccontavano già i nonni dei nonni.
Di solito vi è una casa per mangiare e per la cucina, una casa dove dormono i genitori, una casa dove
dormono i figli maschi o altri parenti uomini, una casa dove dormono le figlie e altre donne, una casa per la
doccia o il bagno. I bambini vanno a dormire in una casa senza genitori o quando sono grandi o quando con
loro vi è un fratello maggiore o uno zio: non vengono mai lasciati da soli a dormire se sono piccoli.
Chi passa più tempo in casa (sta maggiormente in casa)?
Di solito nei villaggi tutte le famiglie sono contadine e tutti vanno nei campi a lavorare, quindi rientrano in
casa insieme.
Quali stanze o spazi dell’abitazione si usano di più?
All'interno della cucina si cuociono i piatti, mentre il riso viene pulito fuori. E le donne spesso si trovano tra
loro per pulire il riso.
Per pettinare i propri capelli di solito le donne si trovano fuori dalla casa di una di loro. Nei villaggi non ci
sono i parrucchieri, tutte le donne sanno fare le treccine.
Quali oggetti nell’arredamento sono maggiormente diffusi e quale significato/utilizzo hanno?
Le case nei villaggi sono molto semplici: hanno un tavolo, delle sedie, dei letti....fuori, se la casa è di argilla
vi possono essere delle decorazioni. Di solito si disegnano delle maschere, degli animali, delle
persone,....non vi è un disegno tipico che si fa, si va a fantasia.
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Agenzia Sociale per la Casa
Le stoffe tipo tende vengono messe sui muri.
Quando ci si trasferisce in una casa nuova ci sono dei “riti” particolari per augurare fortuna e ogni bene a chi
ci va ad abitare?
Nei villaggi è raro vedere una famiglia che cambia casa. Ogni nucleo ha la propria porzione di terra ed è lì
che la famiglia costruisce la propria casa. Di solito da lì non si sposta.
Se la casa viene abbattuta, verrà ricostruita lì. Quando una casa viene costruita, noi che siamo animasti ,
preghiamo gli dei di portare fortuna ed ogni bene agli abitanti di quella casa. Le preghiere vengono fatte
dalla persona più anziana della famiglia o dal capo del villaggio. Nella benedizione della casa viene buttata
anche dell'acqua. Ma di solito non si fanno feste.
Vi sono appartamenti usati non da famiglie ma da singoli che vivono da soli?
Sono rare le persone che vivono da sole: tutti di solito vivono in una famiglia. In Africa spesso vi sono le
famiglie allargate. Chi vive da solo, di solito è uno straniero che è appena arrivato nel villaggio. È
comunque molto raro vedere una persona che si separa dalla famiglia per vivere da sola.
Quali differenze hai notato nell’uso della casa tra l’Italia e il tuo paese di origine? (specificare le cose che ti
“mancano” o che dovrebbero esserci, le cose che sono “scomode”, le cose di troppo).
Per noi la casa è il centro della famiglia, è quella che ci riunisce, che serve per vederci tutti. Per me le case
degli Italiani sono troppo piene di cose.
È difficile raccontare come sono le case nei vari villaggi perché ogni etnia ha le proprie tradizioni.
Io ho cercato di raccontare il modo più diffuso di vivere e costruire i villaggi. Ma vi sono vari tipi di realtà:
quella che si vive nei villaggi e la vita all'interno delle città. Ormai i villaggi vicini alla capitale sono
diventati della piccole città. I villaggi che si ingrandiscono divengono una "sottoprefettura" (è chiamata così
il tipo di amministrazione diffusa). La "prefettura" è una regione ancora più grande. Dove nasce una
sottoprefettura si fa l'elezione per il sindaco: il villaggio diventato una sottoprefettura, piano piano diventa
una città.
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Intervista a Sanogo Daouda, 40 anni, Costa d’Avorio, da 11 anni in Italia
Qual è la struttura abitativa maggiormente diffusa nel tuo paese?
Vi sono tanti tipi di case nel mio paese, quelle più usate sono quelle di famiglie per esempio le case di 2 o 3
stanze perché ci sono molti bambini. Le case sono a un piano solo, ma ora hanno iniziato a costruire case a
più piani o dei condomini. Ci sono le ville che contano molto. Vi sono case fatte in legno e case fatte in
muratura, ora sono soprattutto in muratura. Nelle campagne sono fatte con la terra e con la paglia nel tetto.
Il tetto è obliquo e rotondo, i pavimenti sono di terra battuta. Ora le case sono moderne, prima nelle case
viveva tutta la famiglia: il marito con la moglie e e i figli che restavano sempre nel villaggio. C’è la casa
centrale ove si riunisce la famiglia e dove si mangia, poi ci sono le case vicino alla casa centrale dove si
dorme. La cucina è in una casa a parte. I pozzi per l’acqua sono all’interno del villaggio e sono vicino alle
case, oppure ci sono quelli pubblici, per tutti che il governo fa per tutti.
Gli animali nel villaggio hanno un recinto dove vivono.
Come viene vissuta e che cosa rappresenta principalmente la casa?
La casa è un simbolo perché una persona che non ha una casa è una persona che non è molto importante,
non ha una vita completa. La casa è una necessità, senza casa non si può dormire e non si può avere
famiglia.
Quali sono le stanze o i luoghi della casa maggiormente usati dalla famiglia? Che cosa si fa solitamente in
questi spazi?
In città ci sono le case con 3 o 4 stanze con camera, soggiorno, cucina e anche bagno. Di solito in queste
case la stanza più usata è il soggiorno. Nel soggiorno le persone parlano e fanno le riunioni di famiglia.
Nei villaggi lo spazio più usato è la casa che è fatta per il pranzo e per la cena e le riunioni di famiglia, cioè
la casa centrale.
Chi passa più tempo in casa (sta maggiormente in casa)?
I bambini vanno a scuola di solito alla mattina e poi sono a casa, mentre i genitori sono al lavoro nei campi.
Quali stanze o spazi dell’abitazione si usano di più?
Usano di più il salotto per giocare o per studiare.
Quali oggetti nell’arredamento sono maggiormente diffusi e quale significato/utilizzo hanno?
Nelle case in città gli oggetti più diffusi sono i divani, le poltrone, gli armadi, le sedie, i tavoli, gli oggetti
religiosi.
Quando ci si trasferisce in una casa nuova ci sono dei “riti” particolari per augurare fortuna e ogni bene a chi
ci va ad abitare?
C’è una cerimonia: vi è la preghiera e si fa un sacrificio, si chiamano e si invitano gli amici. Si legge il
Corano e un imam (capo religioso) prega e benedice la casa e chi c’è dentro. Quando la benedizione è
terminata si porta da mangiare per i presenti. Questo lo si fa sia quando si costruisce una casa ma anche
quando si cambia casa. Finita la benedizione si fa una grande festa.
Quali differenze hai notato nell’uso della casa tra l’Italia e il tuo paese di origine? (specificare le cose che ti
“mancano” o che dovrebbero esserci, le cose che sono “scomode”, le cose di troppo).
C’è comunque una differenza: qui vi sono alcune regole, per esempio, bisogna avere per forza la corrente
elettrica e l’acqua in casa, avere il riscaldamento e il gas per cucinare, invece in Costa d’Avorio non è
obbligatorio perché non tutti hanno la possibilità di avere la corrente elettrica e l’acqua, si usano spesso le
lampade a cherosene o per cucinare si usa il carbone, la legna (o in città le piccole bombole di gas). Nei
villaggi il 15-20% ha la corrente, gli altri vivono così.
Racconta la tua esperienza di “acquisto” di una casa in Italia:
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l’idea di acquisto deriva da…?
Ho molto sofferto in Italia: prima abitavo a Napoli, poi mi sono trasferito qui nel Nord. Quando sono
arrivato ho fatto quasi 5 mesi abitando in un deposito, poi ho incontrato un’associazione di Schio che mi ha
fornito un posto letto in una casa per un anno a Marano Vicentino. Era, però una casa vecchia di 40 o 50
anni, ove si pagava molto di affitto. Poi ho avuto un problema con il proprietario di casa che mi ha chiesto,
pagandomi, di sistemare il giardino. Alla fine ho lavorato molto e lui non ha voluto darmi tutto quello che mi
spettava, obbligandomi ad andare via. Così ho vissuto per tre mesi da alcuni amici. Ho trovato una casa in
affitto a Sarcedo, ma non è stato facile convincere il proprietario ad affittarla a persone straniere. La casa
era abbastanza grande ma era cara. Si pagava 1 milione e 800 mila lire. Allora ho chiamato altri amici. Alla
fine vivevamo in questa casa in 8 o 9 persone e sono nate alcune difficoltà. Era difficile trovare un altro
appartamento in affitto e così ho deciso di comprare casa. All’inizio non volevo comprare perché pensavo
che se compravo dovevo restare per sempre qui, mentre io voglio tornare in Costa d’Avorio. Ma poi mi
hanno spiegato che dopo un po’ di anni posso vendere.
è stata una decisione presa singolarmente oppure no…?
Ho deciso con mia moglie: è stata lei a convincermi.
a chi ti sei rivolto inizialmente…?
Ad un’agenzia immobiliare e all’agenzia sociale per la casa.
qual è la difficoltà più grande che hai incontrato…?
Ho avuto alcune difficoltà per ottenere il mutuo, perché dipendeva dalla busta paga e da quello che si
guadagnava.
chi ti ha aiutato di più…?
L’agenzia immobiliare e l’agenzia sociale per la casa. Molto spesso quando i proprietari erano d’accordo di
vendere la casa, quando mi vedevano cambiavano idea.
per quanto tempo hai cercato…?
Per la casa in affitto 5 anni, per comprare casa 2 anni.
quante case hai visto prima di acquistarne una…?
Quasi trenta.
Io consiglio agli amici immigrati di comprare casa perché è la soluzione migliore, è difficile ora trovare una
casa in affitto e quando la si trova i prezzi sono alti. Ho 10 amici, che visto il mio esempio, hanno comprato
e molti altri sono alla ricerca.
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Intervista a Tipu, Bangladesh
Qual è la struttura abitativa maggiormente diffusa nel tuo paese?
Il problema della casa nel mio paese ancora non si sente. Se anche è un piccolo paese in cui vi sono molte
persone, alcuni effetti del sovraffollamento iniziano a sentirsi nelle campagne dove i campi utilizzati per la
coltivazione del riso sono usati come terreno per costruire le case. Ancora c’è lo spazio per costruire le case
ma questo fa sparire i campi per la coltivazione del riso. In Bangladesh la situazione economica delle
famiglie è molto diversa infatti ci sono sia poveri che extra ricchi. Le persone ricche vivono di solito tutte
nella stessa zona, dove comprano casa solo i ricchi; in questa zona le case costano molto e le persone con un
reddito basso non riescono a comprare una casa. Ogni città ha dei quartieri in cui vivono tutti i ricchi, altri
quartieri sono abitati da solo poveri. In altre zone della città vivono quelli senza casa e questi sono
moltissimi che vivono o nelle stazioni o nelle case abbandonate; in queste zone è presente la criminalità e il
governo sta cercando di spazzare via tutto. Ma il governo non riesce a dare una risposta adeguata a tale
situazione, non riesce a dare una casa alle persone. Ha cercato di costruire tutto un quartiere per le persone
senza casa, per cercare di dare a loro una sistemazione alloggiativa. I senza casa da noi aumentano sempre
perché ci sono molti fiumi che creano spesso delle inondazioni e vi sono anche i monsoni che contribuiscono
ad aumentare il numero di famiglie che rimangono senza un tetto. I fiumi non sono protetti come in Italia
con gli argini e quindi le inondazioni sono molto pericolose e creano moltissimi danni. In questo modo ogni
anno vi sono numerose famiglie che rimangono senza casa. Spesso succede che durante le inondazioni parti
di alcuni terreni siano spazzati via e vengano portati in altri luoghi. Il governo allora deve fare spesso delle
leggi per regolamentare l’uso di questi nuovi terreni creatisi con le alluvioni. Ma il governo non sta facendo
nulla di concreto per aiutare le famiglie rimaste senza casa che sono molto povere che riescono a trovare
solo dei lavori saltuari e a volte molto faticosi: lavori che nessuno vuole più fare.
In Bangladesh ci sono grosse società che comprano i terreni che sono alluvionati, li bonificano e vendono
pezzi di terra dove le persone costruiscono come credono. Altre società oltre a bonificare la terra,
costruiscono dei palazzi grandi, enormi con centinaia di appartamenti che poi vengono venduti. Ora ci sono
moltissime società che fanno così.
Parlando della struttura della casa posso dire che la cucina di solito è separata dal resto della casa in
quanto nella nostra cucina si usano molto le spezie che rendono questo luogo pieno dei più diversi odori e
quindi questa zona va tenuta separata dal resto della casa. Negli appartamenti più recenti, costruiti nelle
città, il bagno è come in Italia, all’interno delle case. Nelle case tradizionali che sono quelle della
campagna, il bagno non è all’interno delle case; questi alloggi sono fatti di solito con il bambù in legno, qui
la cucina e il bagno sono separate anche per uno spazio di 50 metri dal resto della casa.
Anche nelle campagne ora si costruiscono case moderne e non più in bambù. La casa di solito è
rettangolare: c’è l’ingresso dove è posto un lettino per fare una specie di salotto dove ricevere gli ospiti. Poi
ci sono le camere, ma l’entrata per queste di solito si trova di lato, dietro c’è un’altra uscita e qui magari si
fa uno spazio dove la famiglia si trova a mangiare. Dietro alla casa che comunica con l’uscita del retro, si
costruisce un’altra casa per la cucina. Il bagno di solito è costruito ancora più lontano della cucina. Nella
campagna vi è molto spazio per costruire l’abitazione. La famiglia non mangia di solito nella parte anteriore
della casa, ma dietro in questo spazio vicino all’entrata della casa, dove anche una volta terminata la
cottura dei cibi portano le pentole. Quando la famiglia è numerosa più persone dormono insieme: ma gli
uomini dormono insieme separatamente dalle donne. Quando i figli diventano grandi e si sposano i figli
maschi ospitano le mogli, mentre le figlie si trasferiscono a casa del marito. Se il marito vive con i genitori
allora la moglie vive con i suoceri, altrimenti hanno una casa propria magari vicino a quella dei genitori.
Una volta le case di bambù dei ricchi erano anche a due piani: una volta c’erano gli Inglesi da noi che
impiegavano presso di loro degli Indiani che avevano della case molto belle e sfarzose. Adesso non si
costruiscono più le case in legno a due piani perché chi ha soldi ora costruisce le case con i mattoni. Le case
singole sono sempre poche, ma il loro numero sta crescendo. Vi sono di solito dei gruppi di case poste in
modo tale da costituire un quadrato con un cortile centrale comune a tutte le case. Con un ingresso comune
al cortile che è di tutte le case. Il cortile al centro è vuoto ed è il luogo dove si mette ad essiccare il riso.
Ogni casa davanti ha uno spazio libero. Dietro queste case hanno dei laghi artificiali la cui acqua è
utilizzata per lavare. È un lago artificiale comune a tutti. Se le case sono grandi e numerose vi sono due o tre
laghi artificiali comuni: uno dietro casa per le donne, uno per gli uomini ed uno per gli ospiti, entrambi
davanti alla casa. Ma ora vi sono anche persone che comprano dei terreni sui quali costruiscono delle case
singole, non insieme ad altre. La vita nella città è completamente diversa dalla vita in campagna. Nelle case
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in campagna sta iniziando ad esserci la corrente elettrica, ma vi sono ancora tanti posti in cui non c’è la
corrente e in queste case, quando arriva il buio, si usa le lampade a cherosene. In cucina si usa il legno per
la cottura dei cibi. Quando c’è la stagione della pioggia le donne cucinano all’interno della casetta che si
trova dietro alla casa, altrimenti se è bel tempo cucinano fuori all’aperto. Vi è un posto fisso per cucinare.
Nelle case rurali gli uccelli sono chiusi nelle gabbie come in Italia. I cani e i gatti di solito sono liberi, non
hanno nessun proprietario. Le mucche e le pecore sono legate fuori nel cortile. Le galline sono libere nel
cortile durante il giorno, mentre alla sera ritornano nella loro casetta: non so come ma ogni pollo riconosce
alla sera la propria casa.
Come viene vissuta e che cosa rappresenta principalmente la casa?
Una casa vuol dire una famiglia, una famiglia comprende anche i genitori, i fratelli, le sorelle, i figli, i mariti
e le mogli. Può essere fatta di 11 o 12 persone. Per fare un esempio noi siamo in cinque fratelli e sorelle: gli
uomini che vivono in campagna si sposano intorno ai 30 anni, mentre le donne non studiano molto e si sposa
intorno ai 18 anni. Se la ragazza vive in città e studia allora si sposa verso i 20-25 anni. Gli uomini non si
sposano prima dei 30 anni perché prima di allora un uomo non riesce a trovare un’occupazione e non sa
come mantenere una famiglia. A volte quando un uomo non riesce a trovare lavoro si sposa con la figlia di
un uomo ricco che magari lo supporta nella ricerca di un lavoro. Spesso ancora oggi i matrimoni sono
combinati.
Quali sono le stanze o i luoghi della casa maggiormente usati dalla famiglia? Che cosa si fa solitamente in
questi spazi?
Nelle campagne le case sono usate soprattutto per dormire, poi anche per mangiare. Da noi è caldo e non
esiste il riscaldamento, magari chi vive nella città ha il condizionatore. Dato il caldo le persone vivono
principalmente fuori dalla casa dove vi è molto spazio: fuori dalla casa vi sono di solito molti alberi che
fanno ombra e quindi è molto più fresco che stare in casa. Davanti alla casa vi sono alberi da frutta. Quando
vengono i vicini di casa a far visita si mettono fuori a chiacchierare. Quando si offre qualcosa, come è
usanza fare da noi quando si ha un ospite, si entra in casa. Se ci sono ospiti importanti, quali i genitori della
nuora o i parenti della nuora, allora si ricevono con importanza e si accolgono in casa nella parte davanti.
Chi passa più tempo in casa (sta maggiormente in casa)? Quali stanze o spazi dell’abitazione si usano di più?
In casa ci stanno principalmente le donne che si prendono cura dei bambini, che preparano il cibo, che
lavano i vestiti, che si occupano della casa. Le donne non hanno un altro lavoro nelle campagne. Le donne
nelle grandi case si ritrovano con le altre donne vicine per pulire il riso, per fare altri lavori e si ritrovano
anche a parlare.
Quali oggetti nell’arredamento sono maggiormente diffusi e quale significato/utilizzo hanno?
Le famiglie musulmane usano di solito avere una foto della Mecca. Gli Indù usano avere una statua della
loro divinità. Ogni famiglia, a seconda del credo, usa degli oggetti diversi. Il Bangladesh è un paese laico e
rispetta tutte le religioni: le feste religiose di tutti i credi di solito diventano feste nazionali. Questo modo di
fare crea una grande integrazione tra tutte le culture e le varie tradizioni. Tutti fanno festa durante le feste
religiose anche se hanno un diverso credo. Così si crea una grande integrazione tra le varie persone, la
conoscenza dei diversi riti e delle diverse tradizioni non ci permette di avere paura l’uno dell’altro.
Quando ci si trasferisce in una casa nuova ci sono dei “riti” particolari per augurare fortuna e ogni bene a chi
ci va ad abitare?
I musulmani fanno una preghiera particolare, di solito si invita l’immam (capo religioso) della zona. Dopo
la preghiera si fa festa. Anche chi fa parte di altre religioni so che ha delle usanze particolari, ma non le
conosco.
Vi sono appartamenti usati non da famiglie ma da singoli che vivono da soli?
Non vi sono appartamenti in cui le persone vivono da sole e difficilmente sono presenti anche nelle città. Le
persone vivono sempre all’interno di qualche nucleo familiare. I figli non abbandonano mai i genitori; i
signori che non hanno figli hanno comunque fratelli o sorelle con i quali vivere. Questo fa parte della
cultura. Nessuno è abbandonato. È una vergogna per noi che una persone che è ricca non aiuti i propri
familiari e magari li lasci in una situazione di povertà: per vivere in un contesto la persona ricca è
“costretta” a condividere i propri averi con i familiari.
Quali differenze hai notato nell’uso della casa tra l’Italia e il tuo paese di origine? (specificare le cose che ti
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“mancano” o che dovrebbero esserci, le cose che sono “scomode”, le cose di troppo).
Credo che la difficoltà maggiore per una persona straniera qui sia il fatto che non si può vivere come si
vuole nel senso che, per esempio, noi siamo abituati a dormire in più persone in un letto matrimoniale
grande, i bambini per esempio non hanno come qui il loro lettino: noi dormiamo in tre o in quattro nello
stesso letto. I bambini non vengono lasciati da soli. Qui non si può vivere come si vuole, ci si sente
condizionati dal modo di vivere delle persone italiane.
Racconta la tua esperienza di “acquisto” di una casa in Italia:
l’idea di acquisto deriva da…?
L’idea è nata quando mi sono reso conto che per un certo periodo dovevo rimanere qui e che per forza
dovevo trovarmi una casa nella quale vivere: ho pertanto valutato le diverse opportunità. Se pagavo un
affitto non mi rimanevano i soldi, se invece compravo una casa anche se con il mutuo era un investimento, i
soldi mi rimanevano. La proprietà della casa mi dà anche maggiori sicurezze rispetto al rinnovo del
permesso di soggiorno.
è stata una decisione presa singolarmente oppure no…?
Prima ho pensato da solo, poi mi sono confrontato anche con mia moglie, devo specificare che nella mia
cultura, dato che è l’uomo che mantiene la famiglia, è lui di solito che decide quali sono i passi migliori da
fare per il nucleo familiare. La donna non è obbligata a lavorare: è abituata a pensare che è l’uomo che si
preoccupa della vita della famiglia. Se la moglie vuole lavorare va bene, ma è la donna che decide come
usare il proprio stipendio se per la famiglia che ha o se per i suoi genitori e i suoi fratelli che sono rimasti in
patria e che magari non sono economicamente ben messi. Ma il marito non può fare affidamento sui soldi
della moglie: solo il marito è obbligato a pensare alla famiglia.
a chi ti sei rivolto inizialmente…?
Fortunatamente ho un amico notaio ed è stato lui a consigliarmi. Mi sono recato in un’agenzia immobiliare
che mi ha poi indicato delle case in vendita.
qual è la difficoltà più grande che hai incontrato…?
La difficoltà più importante che ho incontrato è stata sul mutuo perché non è stato semplice per me ottenerlo.
Un’altra difficoltà che ho incontrato è stata con il venditore della casa che non voleva venire dal notaio che
avevo scelto io, perché per lui era troppo lontano.
chi ti ha aiutato di più…?
Il mio amico notaio e l’agenzia immobiliare che mi ha aiutato a fare le pratiche.
per quanto tempo hai cercato…?
Ho cercato per circa un anno e mezzo.
quante case hai visto prima di acquistarne una…?
Ho visto tantissime case.
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Intervista a Gloria Nadela, 46 anni, Filippine, da 14 anni in Italia
Qual è la struttura abitativa maggiormente diffusa nel tuo paese?
Le case adesso nelle Filippine sono fatte in muratura, in marmo come le case qui in Europa. Hanno di solito
una cucina, un bagno, una terrazza, un soggiorno e le camere dove dormire come qui.
Le case di campagna, di una volta, erano in legno o in bambù, erano di forma rettangolare con un soggiorno
dove si entrava, poi vi erano le camere e nel retro, un po’ staccata rispetto al resto della casa, vi era la
cucina. Anche il bagno era staccato rispetto al resto della casa. Queste case erano presenti tanti anni fa
nelle campagne, ora le case sono soprattutto in muratura come qui. Ora sono uguali alle case in Italia.
Sono di solito fuori i maiali, le mucche o le galline hanno un loro recinto, mentre i cani e i gatti di solito
sono liberi, mangiano fuori dalla casa ma poi restano anche in casa durante il giorno. Gli asini e le pecore
sono tenuti soprattutto in campagna.
Come viene vissuta e che cosa rappresenta principalmente la casa?
Per noi la casa è il luogo dove vive la famiglia, dove si ritrova. È importante perché è il luogo dove si
riunisce tutta la famiglia.
Quali sono le stanze o i luoghi della casa maggiormente usati dalla famiglia? Che cosa si fa solitamente in
questi spazi?
Tutte le stanze sono usate all’interno della casa nelle Filippine. Nella sala di solito si guarda la TV e si
ricevono gli ospiti, è anche il luogo ove la famiglia si ritrova per parlare. In cucina per la maggior parte del
tempo si preparano i piatti per il pranzo o per la cena, mentre le camere di solito sono usate alla sera per
dormire.
Chi passa più tempo in casa (sta maggiormente in casa)?
Quando la moglie non lavora fuori casa è lei che passa più tempo in casa, perché i figli durante la mattinata
sono a scuola e il marito è al lavoro.
Quali stanze o spazi dell’abitazione si usano di più?
Di solito la donna prepara i pasti e pulisce la casa, si occupa della spesa, di pulire i vestiti e di stirare.
Quando invece lavora si prende una domestica come qui.
Quali oggetti nell’arredamento sono maggiormente diffusi e quale significato/utilizzo hanno?
Non ci sono degli oggetti particolari è come qui, per esempio i tessuti per le tende nelle Filippine sono molto
più belli che qui e costano meno, qui le cose sono molto care.
Quando ci si trasferisce in una casa nuova ci sono dei “riti” particolari per augurare fortuna e ogni bene a chi
ci va ad abitare?
Di solito quando si costruisce una casa nuova si mettono sotto le piastrelle, nel pavimento, delle monetine
per augurare fortuna a chi va lì ad abitare. Poi, quando la casa è finita, si chiama un sacerdote per
benedirla. Di solito si benedicono anche la case non costruite da poco, ma dove una famiglia si trasferisce.
Dopo la benedizione del sacerdote si buttano delle monetine per terra per augurare buona fortuna e poi si fa
una grande festa.
Vi sono appartamenti usati non da famiglie ma da singoli che vivono da soli?
Sì ve ne sono molti soprattutto nelle città e in particolare nella capitale, sono di solito delle persone che
lavorano nella città.
Quali differenze hai notato nell’uso della casa tra l’Italia e il tuo paese di origine? (specificare le cose che ti
“mancano” o che dovrebbero esserci, le cose che sono “scomode”, le cose di troppo).
Le case sono uguali tra l’Italia e le Filippine.
Racconta la tua esperienza di “acquisto” di una casa in Italia:
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l’idea di acquisto deriva da…?
Abbiamo deciso io e mio marito insieme: è da 14 anni che siamo in Italia e per 12 anni abbiamo vissuto in
affitto “buttando” via tantissimi soldi, abbiamo capito poi l’importanza di comprare casa per poter investire
i nostri soldi. Se decidiamo di spostarci possiamo sempre venderla.
è stata una decisione presa singolarmente oppure no…?
Abbiamo deciso insieme io e mio marito, infatti la casa è cointestata.
a chi ti sei rivolto inizialmente…?
Ci siamo rivolti ad un’agenzia immobiliare
qual è la difficoltà più grande che hai incontrato…?
Non abbiamo incontrato nessuna difficoltà
chi ti ha aiutato di più…?
Mio marito lavora presso un notaio ed è stato lui ad aiutarci di più e a consigliarci
per quanto tempo hai cercato…?
Abbiamo cercato per 2 mesi
quante case hai visto prima di acquistarne una…?
Abbiamo visto tre appartamenti
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Intervista a Noemi, Perù, da 10 anni in Italia
Qual è la struttura abitativa maggiormente diffusa nel tuo paese?
La struttura maggiormente diffusa dipende dalla famiglia: se è numerosa la casa è più grande, mentre
quando la famiglia non è numerosa la casa è più piccola. Da noi le persone sono abituate a dormire in più in
una stanza, non è come qui in Italia dove ognuno è abituato ad avere la propria stanza. Si dorme di solito in
tre o quattro in una stanza e vi è un solo bagno all’interno della casa. Vi è la cucina, il salone, la sala da
pranzo e le camere da letto; le abitazioni hanno quindi una struttura simile a quelle italiane. Il bagno è
sempre dentro alla casa non è fuori, ma in alcuni posti del Perù il bagno è esterno come per esempio nelle
Ande. Il bagno di queste case è abbastanza simile a come è fatto in Italia: ha una doccia, un water e un
lavandino, di solito non c’è il bidè, solo chi se lo può permettere economicamente ce l’ha.
La corrente elettrica è diffusa come qui, solo che vi sono alcuni posti in cui le persone sono molto povere e
non se la possono permettere come per esempio chi vive nelle Ande. Qui la gente è poverissima, mentre in
pianura le cose sono diverse. Nelle case in pianura non si usa il riscaldamento, nelle Ande sì, si usa
soprattutto la legna che viene bruciata nei camini. La legna nelle Ande viene usata anche per cucinare,
mentre in pianura, ricordo che per cucinare si usava soprattutto il cherosene, poi si è passati al gas; nelle
Ande invece si usa soprattutto la legna. Le case nelle Ande hanno il tetto obliquo perché nevica, mentre in
pianura i tetti sono piani perché non piove mai, sono di solito tutti bianchi. Spesso nei tetti piani alcune
persone costruiscono la casetta per il cane, oppure alcuni hanno i colombi.
Dentro casa gli animali hanno un posto: ad esempio la gallina e l’anitra sono tenute in casa, generalmente
in cucina. Le pecore di solito hanno un recinto esterno alla casa. I cani hanno la loro cuccia fuori dalla
casa, ma girano liberamente.
Come viene vissuta e che cosa rappresenta principalmente la casa?
La casa è il luogo dove vive la famiglia, da noi la casa è il punto dove la famiglia si ritrova, si incontra. La
casa è il posto dove si trova sempre un po’ di amore, un luogo dove ci si incontra. Se la giornata non è
andata molto bene, in casa si può sempre trovare qualcuno che ti ascolta e ti consola. Molti lavorano fuori
ed è bello ritornare a casa e trovare le persone care. La casa è maggiormente sentita in Perù che non qui.
Quali sono le stanze o i luoghi della casa maggiormente usati dalla famiglia? Che cosa si fa solitamente in
questi spazi?
La cucina è il luogo usato maggiormente all’interno della casa: è lo spazio in cui si cucina, si fa da
mangiare, si chiacchiera. Quasi sempre sono tutti lì perché le donne sono occupate con il cucinare mentre
gli uomini si fermano a parlare. La cucina è un luogo dove sempre ci si incontra, oppure il salone è molto
usato all’interno della casa. Terminata la cena o il pranzo ci si ferma sempre a parlare e chiacchierare in
salone.
Chi passa più tempo in casa (sta maggiormente in casa)? Quali stanze o spazi dell’abitazione si usano di più?
La donna si occupa delle pulizie della casa, lei passa tutto il tempo in casa.
La mamma è la persona della famiglia che sta maggiormente in casa e di solito resta in cucina.
Quali oggetti nell’arredamento sono maggiormente diffusi e quale significato/utilizzo hanno?
Nell’arredamento si usano cose semplici e principali quali le sedie, i tavoli, i divani; vengono usate come qui
anche le tende e i crocefissi qualcuno li ha. Le tende sono usate soprattutto nei saloni o nelle camere ma non
nel bagno per esempio.
Quando ci si trasferisce in una casa nuova ci sono dei “riti” particolari per augurare fortuna e ogni bene a chi
ci va ad abitare?
Prima che qualcuno si trasferisca in una casa nuova noi, che siamo soprattutto cristiani, abbiamo
l’abitudine di far benedire la casa da un sacerdote.
Vi sono appartamenti usati non da famiglie ma da singoli che vivono da soli?
Non vi sono persone che vivono da sole, forse nelle città vi sono alcuni studenti che vivono insieme, ma
raramente perché anche quando hanno finito di studiare i ragazzi ritornano a vivere con i genitori. Quando
una persona si sposa di solito restano ad abitare con i genitori perché economicamente subito la nuova
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coppia non ce la fa ad abitare da sola. Di solito i matrimoni non si progettano come in Italia.
Quali differenze hai notato nell’uso della casa tra l’Italia e il tuo paese di origine? (specificare le cose che ti
“mancano” o che dovrebbero esserci, le cose che sono “scomode”, le cose di troppo).
Nelle case italiane vi sono molte cose che sono anche comode ma quello che qui manca è l’affetto, tutte le
case sono belle con molti oggetti ma sono fredde, non si sente l’affetto. Da noi le persone stanno fino a tardi
insieme a chiacchierare. Le camere da letto sono i luoghi dove si va a dormire, mentre qui molte persone
amano ritirarsi nella propria camera anche durante il giorno e stare da sole. Le case in Perù sono molto più
semplici ed essenziali.
Racconta la tua esperienza di “acquisto” di una casa in Italia:
l’idea di acquisto deriva da…?
È nata prima di tutto dalla constatazione che dopo il pagamento di un affitto alla fine ad una famiglia non
rimane nulla. Sono da dieci anni in Italia e da dieci abito nella stessa casa pagando l’affitto, se faccio un po’
i conti mi rendo conto di quanti soldi ho “buttato” e che potevo usare per pagare un mutuo. Dato poi che
siamo in quattro e la casa è diventata piccola, abbiamo deciso di comprare una casa più spaziosa. È difficile
trovare una casa in affitto perché costano molto.
è stata una decisione presa singolarmente oppure no…?
Con tutti e tre i miei figli che sono qui in Italia con me e stanno lavorando
a chi ti sei rivolto inizialmente…?
All’Agenzia Sociale per la casa: avevo letto l’articolo su un giornale locale
qual è la difficoltà più grande che hai incontrato…?
La mia difficoltà più grande sono i soldi in quanto in questi anni mi sono impegnata economicamente: prima
mantenere i miei figli in Perù e poi per il ricongiungimento familiare
chi ti ha aiutato di più…?
Mi hanno consigliato molto sia il mio datore di lavoro che gli operatori dello sportello dell’Agenzia Sociale
per la casa.
per quanto tempo hai cercato…?
Ho cercato per circa 6 mesi
quante case hai visto prima di acquistarne una…?
Alcune
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