Gruppo di lettura del sabato

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Gruppo di lettura del sabato
Report Incontro del Gruppo di lettura di Sabato 26 marzo
“Madri & figlie”
Un esercizio bibliografico a tema
L’incontro del 26 marzo verteva sulla tematica del rapporto tra madre e figlia, indagato
sotto vari aspetti dai titoli proposti in una succinta bibliografia. Se ne poteva scegliere uno,
o più d’uno, per recensirlo e proporre un confronto tessuto da libri e dalla nostra lettura.
Di seguito, alcune delle recensioni proposte dal gruppo.
Catherine Dunne In viaggio verso casa Guanda
Il libro racconta del ritrovarsi di una figlia e di una madre, la narrazione
intreccia diversi piani temporali e punti di vista: le sensazioni e le emozioni
della figlia nel presente, il racconto degli ultimi giorni di vita della madre e
l’emergere contrappuntistico dei ricordi della figlia e della madre, con
bellissimi passaggi di scrittura. Il libro si apre col ritorno a casa della figlia
per congedarsi dalla madre ormai in coma: suo fratello ha rispettato il volere
della madre di far chiamare la figlia solo all’estremo. Con la madre – che si è trovata a
dover fare da capofamiglia dopo la morte prematura del marito, che le sembra aver
sempre valorizzato di più il fratello – la figlia ha un rapporto conflittuale e irrisolto. Nel
corso del libro il rapporto col fratello – che vive una difficile situazione matrimoniale –
viene riscoperto, così come la comprensione delle dinamiche affettive del rapporto con la
madre porta a uno sbloccarsi delle difficoltà incontrate dalla figlia nel suo rapporto con il
marito. Il dialogo tra la figlia e la madre morente e ormai silenziosa viene riannodato da
un espediente narrativo efficace: la figlia scopre delle lettere in un cassetto, quelle che lei,
nelle ultime settimane di vita, ha scritto per raccontare ai figli la sua vita, i suoi sentimenti
ed emozioni. La figlia, leggendole e confrontandole con i suoi vissuti e quelli del fratello
può infine ricomporre i fili di un rapporto complesso, e capire che la madre a suo modo
l’ha amata e compresa. Attraverso le lettere la madre va incontro alla figlia, si congeda da
lei e le augura di essere felice. La figlia resta con l’amaro in bocca per non esserle stata
vicina abbastanza, ma si riavvicina alla madre e la perdona. Mi ha fatto tanto riflettere
anche come madre, è un libro positivo, racconta come si possano lasciare bene i propri
figli. Lo consiglio davvero: alle donne che, già nella mezza età, si trovano a doversi
congedare dai genitori ormai vecchi e siano madri a loro volta, regala uno sguardo
positivo sul come questo può essere possibile. Mi ha coinvolta moltissimo, fatto piangere e
pensare…
Irène Némirovsky Il ballo Adelphi
Una madre che tratta la figlia in modo terribile, la figlia che si vendica
terribilmente. Colpendo proprio nel punto più importante per la madre,
mandando a monte il ballo che doveva consacrarne l’ambizione di essere
protagonista nel bel mondo. Da leggere e rileggere: in poche pagine racconta
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il dramma di un rapporto madre figlia che si gioca tra il risentimento della figlia verso la
disattenzione della madre e l’ambizione di quest’ultima che strumentalizza ogni slancio
affettivo. Un modo di scrivere unico, folgorante.
Lella Ravasi Bellocchio Di madre in figlia Cortina ed.
E’ la storia di un’analisi. Quella di Carmen, del rapporto con sua madre che
soffre di una “caduta dell’anima”, raccontata dalla sua psicanalista. Non è
un romanzo, intreccia i sogni che rivelano il timore di Carmen di diventare
come sua madre, l’affiorare della mancanza delle carenze percepite rispetto
alla madre, alla produzione poetica della paziente. Al di là
dell’interpretazione dell’analista c’è l’affermazione della possibilità di una
terapia attraverso la scrittura, del disinnescarsi del perturbante che viene
nominato e recuperato. Non è colpa della madre ma grazie alla madre che la figlia riesce a
definirsi. Questo rapporto conflittuale ci aiuta a venir fuori come individui; in una prima
fase ci definiamo in opposizione alla figura materna, e poi veniamo alla necessità di
integrare, di accettare il nostro compito di future madri. L’analisi in questo percorso
accompagna, aiutando a far venire fuori le cose, può essere guida in una parte della vita.
Rosa Matteucci Cuore di mamma Adelphi
Raccontata da un narratore onnisciente, con largo ricorso al discorso
indiretto libero, la storia è semplice, la trama lineare. Luce, di mezz’età,
separata e senza figli, in cerca di un senso per la sua vita, va a trovare la
madre vedova, una vera megera che vive in una casa sporca: tra loro, un
rapporto conflittuale, dai sentimenti ambivalenti. Il senso di colpa per la
degradazione della madre si unisce al desiderio di liberarsi di lei, di poter
vivere una sua vita, per non essere assorbita nella regressione materna. Nel
viaggio, Luce si focalizza sul doverle trovare una badante che la sollevi dalla presenza
invadente. Le sembra di intravedere una via d’uscita nell’incontro con Giancarlo, a sua
volta figura controversa e negativa: ne nasce una specie di commedia degli equivoci, in cui
Giancarlo vorrebbe avere da Luce soldi in prestito per risolvere la sua difficile situazione
finanziaria, e lei scambia i suoi approcci per un corteggiamento. Nel corso di un grottesco
pranzo di Natale in parrocchia, i fili si intrecciano, la madre ha un malore e finisce
all’ospedale, Luce si trova ancor più invischiata nel rapporto soffocante con lei. Ad aprire
uno squarcio di speranza – forse – l’incontro notturno con il fornaio Fiore, che le regala del
pane. Una specie di fiaba nera e grottesca, con forte ricorso all’animalità nella
caratterizzazione dei personaggi, un linguaggio espressionistico.
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Mariapia Veladiano La vita accanto Einaudi
Rebecca nasce brutta da una madre bellissima, che rifiuta persino di
vederla e si chiude in una stanza dove morirà. Non si capisce in cosa
consista, la bruttezza di Rebecca, che non viene descritta: il tema è
volutamente esasperato per raccontare il dolore di non essere amate, del
non incontrare lo sguardo di apprezzamento della madre. Mentre Rebecca
viene progressivamente isolata il padre è impotente ad avvicinarla alla
madre, e incapace di prendersi cura del suo malessere, e le uniche che si
occupino di lei sono la Tata Maddalena, che le fa da madre, e la zia
Erminia, un’artista un po’ problematica che vedendone le mani bellissime la incoraggia a
suonare. E Rebecca scopre così un mondo di musica che la apre al mondo, e suona con le
porte aperte, per raggiungere in qualche modo sua madre. Che si suiciderà, e una volta
morta Rebecca scoprirà le vere ragioni del suo rifiuto e della depressione leggendone il
diario, accorgendosi che, dallo specchio della sua camera, la madre l’ha sempre guardata
passare. La storia di un dolore e della sua possibile guarigione.
Elena Ferrante L’amore molesto Edizioni e/o
Il limite e la caratteristica sono quelli di sembrare un caso clinico, uno
studio. In cui viene analizzato il rapporto di una figlia con la madre,
insieme all’ambiente, alla città dove hanno vissuto. Dopo il suicidio della
madre la figlia torna a Napoli, avviando nel cercare di scoprire le ragioni
della scelta materna un’indagine che arriva a rivelare gli episodi rimossi
della sua infanzia, segnata dalla violenta gelosia del padre e dalla
sottomissione dolente della madre, una donna bellissima. Una scrittura
visiva, che riesce a dare al lettore la sensazione di essere presente.
Paola Calvetti Perché tu mi hai sorriso Bompiani
Una figlia si trova di nuovo a vivere insieme alla madre malata di
sclerosi multipla, per assisterla. Sono i pensieri della figlia a costruire il
racconto, nel cogliere le sfumature del corpo malato della madre, nel
ripercorrere la vita passata. La scoperta del certificato di nascita di una
gemella, scomparsa, la portano a ricostruire in modo differente gli
episodi e i valori del loro rapporto, a ridiscutere anche la vita presente
con il marito e la figlia. Per questo, la soluzione del “giallo” non è il
fulcro del racconto, che per ogni capitolo ha il titolo di una canzone.
Una trama abbastanza lineare, con un linguaggio ricercato e scelto.
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Elisabetta Rasy L’estranea Rizzoli
Più che del rapporto madre figlia, mi sembra che in questo libro si tratti
del rapporto con la malattia, della difficoltà di comprendersi tra sani e
malati, dell’accanimento terapeutico, trascinato attraverso percorsi
medici faticosi, stranianti. C’è un punto in cui la figlia quasi si ribella,
vorrebbe che lasciassero andare la madre ormai terminale, e questo viene
letto come egoismo dai medici. Questo ci fa riflettere su cosa è la vita
quando non può più essere chiamata vita, essere vissuta pienamente.
Carla Cerati La cattiva figlia Sperling & Kupfer
Un libro complesso, che racconta il rapporto tra due persone diverse, la
figlia realizzata nella professione e la madre rimasta vedova che non
vuole più vivere da sola, che le impone la sua presenza, succhiando il
suo tempo. La figlia si trova implicata in un conflitto che tra
esasperazione e sensi di colpa la fa quasi ammalare. L’unico modo per
uscire dall’impasse è ricostruire la vita della madre, per poterla capire e
di nuovo guardare ed amare come persona, scoprendone forza e
debolezze. Un libro che ho sentito molto, che mi ha posto domande su
come non diventare una cattiva madre per la propria, di figlia.
Donatella Di Pietrantonio Mia madre è un fiume Elliot
Una figlia alle prese con la malattia degenerativa della madre, donna
segnata da una vita difficile, quasi anaffettiva, scopre ritessendo il
racconto della vita passata della madre di poterne tener desta
l’attenzione e insieme in qualche modo di poter riannodare i fili del
rapporto tra loro. Rivisitando la vita di Esperina Viola detta Esperia, del
suo padre padrone, delle violenze subite l’io narrante comprende i
perché dei silenzi e dei gesti interrotti e mancati, e l’amore che è sempre
stato tra le righe, primario, quasi animale. Il bel romanzo ricostruisce un
contesto arcaico – quello dell’Abruzzo interno durante la guerra - che
mi ha fatto pensare ad Accabadora. Il linguaggio è splendido, profondo,
introspettivo e poetico. Un libro commovente, che mi ha preso molto.
Una riflessione, per concludere.
In quasi tutti i racconti che abbiamo scelto ci accorgiamo che la riconciliazione con la
figura materna passa spesso attraverso la ricostruzione e la narrazione della sua storia di
vita, e che è quasi sempre postuma. Perché bisogna aspettare? Perché è impossibile
riconciliarsi in vita? Le risposte che ci siamo dati vanno dalla constatazione che spesso è
l’assenza a creare il vuoto che occorre riempire col proprio lavoro di elaborazione, di
rilettura dei rapporti, e che questo sembra essere un lavoro da compiere da sole, dal
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momento che la morte dell’altra azzera la conflittualità quotidiana, rendendo il confronto
più semplice anche se più doloroso. Attraverso l’introspezione, il dialogo interiore però si
riesce a rivedere giudizi sedimentati negli anni, consolidati col passare del tempo, e si può
perdonare e riconciliarsi. Anche se resta il rimpianto che questo non sia avvenuto in vita,
con un vero abbraccio. Così, leggendo le lettere della madre la figlia del racconto della
Dunne arriva a dire “povera mamma” e vorrebbe che lei si svegliasse almeno un’altra
volta: così, in qualche modo, vorrebbe essere assolta. Ma forse questo è un peso che, una
volta cresciuti, bisogna portare da soli.
Il prossimo incontro del Gruppo di lettura è fissato per sabato 30 aprile, il
libro da leggere è “Ogni promessa”, di Andrea Bajani (Einaudi).
Insieme, si può leggere anche – dello stesso autore – “Se consideri le
colpe”, sempre uscito da Einaudi.
Stavolta, è un figlio che va alla ricerca di padri (e madri…)
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