Pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione

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Pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione
Commentario Srl in onore di G.B. Portale
Bozze a prof. Paolo Piscitello
Via Petrarca 83
80122 -Napoli
[1] Art. 2471 bis
Pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione
La partecipazione può formare oggetto di pegno, usufrutto e
sequestro. Salvo quanto disposto dal terzo comma dell’articolo che
precede, si applicano le disposizioni dell’art. 2352.
Sommario
Numeri al
margine(Nm)
I. La costituzione.
1-5
II. L’estensione del diritto di usufrutto.
6-7
III. I diritti patrimoniali ed i versamenti.
8-9
IV. L’attribuzione dei diritti amministrativi e dei diritti particolari.
10-17
V. Recesso ed esclusione.
18-20
I. La costituzione.
[1]La norma nulla prevede in ordine alle modalità di costituzione del
diritto di usufrutto. Al riguardo, non sembra condivisibile l’opinione secondo cui
l’assenza di un’ esplicita previsione esclude che la costituzione del vincolo sia
soggetta alla pubblicità nel registro delle imprese (ZAGANELLI/Sandulli e
Santoro, 76); ed invero, le ragioni alla base degli adempimenti pubblicitari
contemplati dalla disciplina della pubblicità del trasferimento delle quote
sussistono anche nell’ipotesi di costituzione di diritti parziari in cui al titolare
degli stessi è consentito di partecipare alle decisioni sociali. La pubblicità degli
atti di trasferimento delle quote ha infatti l’obiettivo di rendere conoscibile ai terzi
l’identità dell’acquirente qualora sia legittimato all’esercizio dei diritti
amministrativi. E’ quindi ragionevole che alla costituzione di usufrutto debba
reputarsi applicabile il regime di efficacia e pubblicità previsto dall’art. 2470
c.c.; di conseguenza, l’usufrutto deve essere costituito per atto pubblico o
scrittura privata autenticata, in modo da consentire il deposito e l’iscrizione nel
registro delle imprese (REVIGLIONO [1998], 288 ss.; TOLA [2004], 159; ed, in
giurisprudenza, Trib. Bologna, 26 ottobre 1995); in modo analogo in Germania si
considera possibile estendere alla costituzione di usufrutto il contenuto precettivo
del § 15 del GmbHG, là dove detta prescrizioni in merito alla forma del
trasferimento delle quote di GmbH (EBBING [2002], 1334; HUECK u.
FASTRICH [2000], 231; ROWEDDER u. BERGMANN [2002], 541; WINTER
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[2000], 876). Resta, peraltro, evidente che per l’usufrutto, diversamente dal
pegno, tali formalità costituiscono meri requisiti di opponibilità e non atti
necessari per la costituzione del vincolo per cui è sufficiente il consenso delle
parti (CENNI [1993], 1161; DE STASIO [2008], 43), D’altro canto, merita di
essere precisato che la pubblicità stabilità dall’art. 2480 c.c. deve essere
adempiuta anche nell’ipotesi in cui il voto sia attribuito al socio, considerando che
il voto non costituisce l’unica forma di partecipazione all’organizzazione
societaria del titolare del diritto frazionario (REVIGLIONO [1998], 302).
[2]Non sembrano inoltre sussistere ostacoli ad estendere alla
costituzione dell’usufrutto la disciplina secondo cui il trasferimento delle quote di
s.r.l. può avvenire con atto sottoscritto con firma digitale. In questa prospettiva,
non sembra condivisibile l’opinione, che circoscrive l’àmbito di applicazione
della forma elettronica non autenticata ai soli atti di mero trasferimento della
titolarità della quota escludendo la costituzione dei diritti di usufrutto e di pegno
(UNIONCAMERE [2008]). Vero è, invece, che le stesse esigenze di
semplificazione alla base della disciplina che ha previsto la forma elettronica con
firma digitale degli atti di trasferimento delle partecipazioni sociali sussistono
nell’ipotesi di usufrutto e ne legittimano l’estensione. Ne consegue che la
costituzione di usufrutto, secondo le regole previste per la forma elettronica, deve
reputarsi ammissibile, purché siano rispettate le medesime condizioni necessarie
per il trasferimento della quota. Per altro verso, non appare dubitabile che
l’usufrutto sulle quote di s.r.l. possa avere la propria fonte nella legge, come si
verifica nell’ipotesi di usufrutto legale (ZANARONE [2010], 743).
[3] E’ stato sostenuto che anche le quote non liberamente trasferibili
possono essere oggetto di usufrutto (CENNI [1993], 1198), poiché la norma in
commento non fa alcuna distinzione a seconda che sussistano o meno vincoli al
trasferimento delle quote (ZANARONE [2010], 721). L’esistenza di un divieto di
circolazione comporta, a mio avviso, la necessità di valutare con cautela se una
siffatta clausola escluda anche la costituzione dell’usufrutto; si tratterà, invero,
nella maggior parte dei casi, di un problema di interpretazione dell’atto
costitutivo, volto a verificare il significato delle pattuizioni contenute in tale
documento (RIVOLTA [1982], 226). Se non sussistono elementi da cui sia
possibile desumere una diversa regolamentazione, in presenza di un divieto
assoluto di circolazione delle quote deve considerarsi inammissibile anche la
costituzione di un diritto di usufrutto (GRAZIANI [1963], 462; RIVOLTA
[1982], 226; e, con riferimento ai limiti di circolazione delle azioni, ASCARELLI
[1953], 307). E’ infatti ragionevole ritenere che i soci, escludendo la circolazione,
abbiano voluto impedire l’inserimento di altri soggetti nelle decisioni sociali, che,
in virtù del rinvio alla disciplina dell’art. 2352 c.c, si verifica altresì nell’ipotesi di
costituzione di usufrutto,
analogamente a quanto avviene nel caso di
trasferimento. Non può inoltre trascurarsi che la concessione della quota in
usufrutto potrebbe costituire uno strumento di elusione della clausola di
intrasferibilità consentendo comunque di attribuire ad un terzo il diritto di
partecipare alle decisioni sociali (TOLA [2004], 161).
[4] Sotto altro profilo, ritengo che debba reputarsi legittima una
clausola con cui si vieti specificamente la costituzione di un diritto di usufrutto
sulle partecipazioni sociali (GATTONI/Marchetti, 433; ZANARONE[2010], 721)
o si subordini la costituzione dell’usufrutto al consenso degli altri soci
(ZANARONE [2010], 722). Appare, infatti, coerente con l’ampio ruolo
concesso all’autonomia statutaria nella nuova disciplina delle s.r.l. attribuire ai
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soci la possibilità di modulare la disciplina della circolazione (rectius dei divieti
di circolazione) in relazione alle esigenze peculiari di un determinata società, che
possono giustificare il divieto di costituzione di usufrutto, ma non quello di
trasferimento delle quote. In tal caso, non sembra, a mio avviso, possibile
riconoscere
ai soci
il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2469 c.c.
(GATTONI/Marchetti, 433, nota 15; GHIONNI [2009], 131); tale disposizione
ha infatti l’obiettivo di consentire il disinvestimento al socio, evitando che resti
prigioniero della società e non può essere estesa alle ipotesi in cui la realizzazione
del valore della quota è comunque possibile, come accade nel caso di mero
divieto di costituzione di diritti parziari (PICCININI/Benazzo-Patriarca, 223).
[5] L’usufrutto può essere costituito anche su una parte della
partecipazione se si ritiene che nella disciplina vigente la quota è da considerarsi
divisibile (ZANARONE [2010], 721) non ostante l’abrogazione della norma che
espressamente statuiva la divisibilità (art. 2482 c.c. vecchio stile), considerando
che il frazionamento non influisce sui meccanismi decisionali della società
improntati nel modello legale tipico a criteri di stampo capitalistico
(PISCITELLO, [2007], 725 s.; GHIONNI [2009], 129, anche per riferimenti;
vedi, tuttavia, SANTONI [2007], 389 ss.).
II. L’estensione del diritto di usufrutto.
[6] L’entità della partecipazione sociale su cui è costituito l’usufrutto
potrà subire delle modifiche nel caso di determinate vicende della società; ed
invero, la partecipazione oggetto dell’usufrutto si incrementerà nell’ipotesi di
aumento gratuito del capitale, così come previsto per le società per azioni
dall’art. 2352, co. 3°, c.c. (ex multis, PINNARO’/Niccolini-Stagno d’Alcontres,
1524; CENNI [1993], 1156; e, con riferimento all’usufrutto di azioni,
CAMPOBASSO [2009], 239).
[7] A conclusione diversa deve pervenirsi per il caso in cui la società
deliberi un aumento di capitale a pagamento in cui deve ritenersi che il diritto
di opzione spetti al socio e, di conseguenza, la quota acquistata in seguito
all’esercizio del diritto di opzione sia acquisita dal nudo proprietario libera
dall’usufrutto (SANTINI [1992], 136 e successivamente, GATTONI/Marchetti,
442), in forza dell’applicazione della regola contenuta nell’art. 2352, co. 2°, prima
parte, c.c. Ad una siffatta soluzione, non può opporsi che l’indivisibilità della
quota delle s.r.l. osta alla creazione di una quota parte della partecipazione libera
all’usufrutto (POLI/Maffei Alberti, 1886). Ed invero, come innanzi chiarito, non
sembra che nel modello legale di s.r.l. risultante dalla riforma le quote siano
indivisibili; piuttosto, deve ritenersi che, in assenza di un’espressa clausola
statutaria, le quote di s.r.l. continuino ad essere divisibili (PISCITELLO, [2007],
725 s.). Pertanto, successivamente alla sottoscrizione dell’aumento di capitale si
verifica una sorta di divisione legale della quota in virtù della quale una parte
della partecipazione è soggetta al diritto parziario ed un’altra è libera da vincoli.
III. I diritti patrimoniali ed i versamenti.
[8] Anche in assenza di un’espressa disciplina non appare dubbio che il
diritto agli utili spetti all’usufruttuario, come peraltro risulta evidente dal
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contenuto precettivo della disciplina civilistica dell’usufrutto (artt. 981 e 984 c.c.).
Tale regola troverà applicazione anche per l’esercizio durante il quale è stato
costituito il diritto sulla quota, con la conseguenza che la ripartizione degli utili
secondo la data di costituzione del diritto frazionario attiene ai rapporti interni tra
le parti (art. 984, co. 2°, c.c.).
[9] L’obbligo di effettuare i versamenti ancora dovuti ricade
sull’usufruttuario in virtù dell’applicazione dell’art. 2352, co. 4°, c.c., salvo il
diritto di restituzione al termine dell’usufrutto. Nell’ipotesi in cui l’usufruttuario
non esegua il versamento, appare plausibile riconoscere al nudo proprietario la
possibilità di effettuarlo in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 1010, co. 3°,
c.c. (RIVOLTA [1982], 233).
IV. L’attribuzione dei diritti amministrativi e dei particolari diritti.
[10] Il diritto di voto in assemblea spetta, salvo convenzione contraria,
all’usufruttuario in virtù del rinvio all’art. 2352 c.c. Se l’esercizio del diritto di
voto da parte dell’usufruttuario arreca pregiudizi al nudo proprietario; tuttavia, ciò
non si rifletterà sulla validità delle decisioni, ma potrà determinare solo azioni
risarcitorie (MAUGERI [2010], 223 ss.; PARTESOTTI [1991], 316 s.; TOLA
[2004], 153; ed, in giurisprudenza, Cass. 26 maggio 2000, n. 6957; Cass., 19
agosto 1996, 7614).
[11] Qualora lo statuto preveda modelli alternativi delle decisioni
sociali richiedendo la consultazione scritta o il consenso prestato per iscritto,
appare ragionevole ritenere che sia legittimato l’usufruttuario, sul presupposto
che l’attribuzione del diritto di voto costituisce lo strumento per assicurare
all’usufruttuario la partecipazione alle decisioni sociali (GATTONI/Marchetti,
435).
[12] Nell’ipotesi di più usufruttuari, sarà necessario nominare un
rappresentante comune per l’esercizio del voto (arg. ex art. 2352, co. 5°, c.c.).
[13]La nuova disciplina della s.r.l. prevede una serie di diritti
amministrativi diversi dal voto: a) diritto dei soci non amministratori di avere
notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare anche tramite
professionisti di propria fiducia i libri sociali e la documentazione relativa
all’amministrazione (art. 2476, co. 2°, c.c.); b) diritto di ciascun socio di
esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (art. 2476
c.c.); c) diritto di chiedere il provvedimento cautelare di revoca
dell’amministratore nell’ipotesi di esercizio dell’azione di responsabilità. Al
riguardo, non sembra revocabile in dubbio che tali diritti spettino sia al socio che
all’usufruttuario, in virtù del rinvio alla disciplina dell’art. 2352, co. 6°, c.c., ove
è prevista l’attribuzione congiunta dei diritti amministrativi diversi dal voto al
socio ed all’usufruttuario (PINNARO’/Niccolini-Stagno d’Alcontres, 1524). E se,
da un lato, non può essere negato che il riconoscimento di tali diritti
all’usufruttuario può avere come conseguenza un’eccessiva ingerenza di costui
nella vita sociale diversamente da quanto avviene nella società per azioni
(GATTONI/Marchetti, 439); per altro verso, appare evidente come proprio le
caratteristiche della nuova s.r.l. richiedano un penetrante esercizio di tali diritti sia
da parte del socio che dell’usufruttuario.
[14] Nella medesima prospettiva, in forza del disposto dell’art. 2352,
co. 6°, c.c. il diritto di impugnativa delle delibere assembleari deve essere
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riconosciuto sia al nudo proprietario che all’usufruttuario (BRIOLINI [2007],
676; e, durante la vigenza della precedente disciplina, RIVOLTA [1998], 598).
Per altro verso, deve ritenersi che l’impugnativa sia comunque preclusa
nell’ipotesi di esercizio favorevole del voto da parte del soggetto legittimato
(ANGELICI [1992], 207 ss.; BRIOLINI [2007], 677).
[15] Il problema della ripartizione dei diritti amministrativi tra nudo
proprietario ed usufruttuario si complica, ove siano previsti particolari diritti a
favore di alcuni dei soci. Se non è dubbio che la delicatezza della questione rende
auspicabile un’espressa regolamentazione della sorte dei particolari diritti in caso
di costituzione di usufrutto (PICCININI/Benazzo-Patriarca, 232); resta, tuttavia,
da precisare a chi devono essere attribuiti i particolari diritti ex 2468, co. 3°, c.c.
nelle ipotesi in cui le disposizioni dell’atto costitutivo non offrano indicazioni al
riguardo. La personalizzazione del rapporto sociale conseguente alla previsione di
particolari diritti è alla base dell’orientamento secondo cui, in caso di costituzione
di usufrutto sulla relativa quota i diritti particolari di cui all’art. 2468, co. 3, c.c.
restano al socio che deve esercitarli in modo tale da non pregiudicare le ragioni
dell’usufruttuario (DACCO’ [2007], 399; POLI/Maffei Alberti, 1891; cfr.,
inoltre, con riferimento al trasferimento di quote, NOTARI [2003], 329 ss.). Vero
è, tuttavia, che l’attribuzione di particolari diritti ad uno dei soci può rispondere
ad una molteplicità di obiettivi ed essere astrattamente compatibile anche con
l’esercizio di tali diritti da parte dell’usufruttuario, perché si preferisce che i
particolari diritti siano esercitati da colui cui è attribuito il voto. Ne consegue che
appare preferibile ritenere, che la sorte dei particolari diritti nell’ipotesi di
usufrutto debba essere valutata caso per caso in relazione alla regolamentazione
contenuta nell’atto costitutivo, per verificare quale sia stata la volontà dei soci. In
una siffatta indagine, assume senza dubbio rilievo la natura dei diritti particolari
attribuiti anche se non appare condivisibile l’opinione (CAGNASSO [2007],
154; POLI/Maffei Alberti, 1893), secondo cui qualora il diritto particolare
riguardi gli utili esso sarebbe in ogni caso trasferito al titolare del diritto parziario;
ed invero, non può escludersi che l’attribuzione di una particolare partecipazione
agli utili trovi la sua giustificazione nelle caratteristiche personali del socio.
[16] Nell’ipotesi in cui l’atto costitutivo della società preveda
l’attribuzione ai singoli soci di poteri di gestione deve ritenersi che tali poteri
spettino all’usufruttuario (PICCININI/Benazzo-Patriarca, 210). In tal caso, infatti,
l’obbligo di amministrare dell’usufruttuario si traduce nel potere-dovere di
partecipare alla gestione della società (PISCITELLO [1995], 231).
L’usufruttuario sarà inoltre soggetto alla responsabilità prevista dall’art. 2476, co.
7°, c.c., qualora intenzionalmente decida o autorizzi il compimento di atti
dannosi per la società, i soci o i terzi (PICCININI/Benazzo-Patriarca, 228).
[17] Questione più complessa è quella della possibilità per l’autonomia
privata di derogare al contenuto dell’art. 2352 c.c. Al riguardo, è stato
affermato che il rinvio alla disciplina dell’usufrutto sulle azioni non renderebbe
possibile alle parti di derogare al contenuto precettivo di tale disposizione. In tale
direzione, deporrebbe sia la natura imperativa delle regole previste dall’art. 2352
c.c. che la mancanza di un’espressa previsione con cui sia affermata la
derogabilità del modello di regolamentazione dei diritti tra socio ed usufruttuario
(SALANITRO [2004], 10 s.). Non sembra tuttavia opportuno enfatizzare
l’assenza di una disposizione con cui si prevede una diversa regolamentazione dei
diritti tra socio ed usufruttuario. In quest’ottica, devono reputarsi -in linea di
principio- ammissibili clausole statutarie con cui si regolano i diritti del nudo
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proprietario e dell’usufruttuario in deroga al disposto dell’art. 2352 c.c.,
stabilendo una diversa ripartizione dei diritti amministrativi diversi dal voto
(GATTONI/Marchetti, 440; POLI/Maffei Alberti, 1896 s.) e tale soluzione
risulta, peraltro, in armonia con i larghi margini assegnati all’autonomia statutaria
dalla nuova disciplina delle s.r.l. Peraltro, l’autonomia privata incontra dei
limiti nella deroga alla disciplina della ripartizione dei diritti sociali tra nudo
proprietario ed usufruttuario sia nella regolamentazione civilistica dell’usufrutto,
che in quella del tipo societario. Sotto il primo profilo, deve reputarsi non valida
una clausola con cui si privi l’usufruttuario del diritto agli utili, atteso che la
percezione dei frutti appare connotato ineliminabile dell’usufrutto (arg. ex art. 984
c.c.); per altro verso, non sembra ammissibile privare il socio di ogni strumento di
controllo ex art. 2476 c.c. (ZANARONE [2010], 753).
V. Recesso ed esclusione.
[18]Ulteriore questione di rilievo che non risulta espressamente regolata
è quella della titolarità del diritto di recesso. L’esistenza di una legittimazione
esclusiva del nudo proprietario è stata sostenuta, considerando che l’attribuzione
dei diritti amministrativi all’usufruttuario non comporta altresì il riconoscimento a
costui del potere di disporre che sarebbe in contrasto con la disciplina civilistica
dell’istituto, là dove impone all’usufruttuario di rispettare la destinazione
economica del bene (ZANARONE [2010], 730); nella stessa direzione, si è
rilevato che la legittimazione del socio appare confermata dall’impossibilità di
qualificare il diritto di recesso come diritto amministrativo diverso dal voto
(GATTONI/Marchetti, 441; MAUGERI [2010], 228). Al riguardo, sembra che
all’esercizio del diritto di recesso siano legittimati congiuntamente socio ed
usufruttuario (con riferimento alle società di persone, PAVONE LA ROSA
[1948], 337; PISCITELLO [1995], 233)
non tanto per le difficoltà di
qualificare il recesso come diritto amministrativo diverso dal voto, ma in forza
della regolamentazione civilistica dell’usufrutto che, se pur con i necessari
adattamenti, deve essere tenuta presente per la ricostruzione dei diritti non
espressamente contemplati dalla disciplina delle società. In tale prospettiva se, da
un lato, il riconoscimento del diritto di recesso al socio appare in contrasto con il
divieto di cambiare la destinazione economica del bene (CATERINA [2009],
173); dall’altro, l’attribuzione all’usufruttuario consentirebbe a questi di
modificare il bene oggetto del proprio diritto oltrepassando i limiti di una mera
gestione conservativa (PISCITELLO [1995], 233 s.). Alla luce di tali rilievi,
appare plausibile ritenere che il diritto di recesso spetti congiuntamente al socio
ed all’usufruttuario, in modo da garantire che un’eventuale uscita dalla società sia
decisa con il concorso della volontà di tutti gli interessati. E tale soluzione appare
altresì avvalorata dalla considerazione che l’esercizio del diritto di recesso non
presuppone alcuna partecipazione ai meccanismi decisionali della società, sicché
l’assenza di accordo tra socio ed usufruttuario non comporta alcun rallentamento
dell’attività sociale. Sotto altro profilo, va rilevato che il recesso non potrà essere
esercitato dal socio nell’ipotesi in cui l’usufruttuario abbia concorso all’attuazione
delle decisioni che legittimano l’esercizio del recesso attraverso l’esercizio del
voto (ANGELICI [1992], 210; PRESTI [1982], 105; ZANARONE [2010], 731).
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[19] La costituzione di un diritto di usufrutto sulla partecipazione
sociale non fa venir meno la possibilità di esclusione del nudo proprietario ai
sensi dell’art. 2473 bis c.c., qualora ricorra una delle ipotesi previste dall’atto
costitutivo. Il ruolo rilevante riconosciuto all’usufruttuario nella partecipazione
alle decisioni relative all’impresa comune comporta, a mio avviso, che
l’esclusione possa essere decisa, oltre che per la condotta del nudo proprietario,
anche per comportamenti del solo titolare del diritto frazionario. L’apparente
gravità delle conseguenze per il nudo proprietario non può invero indurre a
privare i soci di uno strumento quale l’esclusione, che essi stessi hanno scelto di
inserire nell’atto costitutivo con una specifica previsione. E’ peraltro opportuno
che, tenuto conto della delicatezza di tale profilo, gli atti costitutivi provvedano a
regolare espressamente tale ipotesi di esclusione.
[20] Resta evidente che nelle ipotesi di recesso ed esclusione il diritto
di godimento si trasferisce sulla quota di liquidazione spettante al socio escluso
(ANGELICI [1992], 210; ASQUINI [1961], 199) e, pertanto, per la riscossione
della quota di liquidazione è necessario il concorso sia dell’usufruttuario che del
nudo proprietario (RIVOLTA [1961], 235), in analogia con quanto previsto
dall’art. 1000, co. 1°, c.c. per il ritiro di un capitale gravato d’usufrutto.
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Kommentar4,
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Documenti
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Commentario Srl in onore di G.B. Portale
UNIONCAMERE, Circolare 22 settembre 2008, n. 14288, in
www.unioncamere.it;
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