2.15.1 Morando Morandini - COMPAGNIA DEI MEGLIOINSIEME

Transcript

2.15.1 Morando Morandini - COMPAGNIA DEI MEGLIOINSIEME
BREVIARIO PER UNA VECCHIAIA CONSAPEVOLE / CONDIVISIONI /Morando Morandini/ pagina 2.15.1 (versione 1)
“ADESSO CHE LA MARATONA (DELLA MIA VITA) SI STA
PER CONCLUDERE, SENTO DI ARRIVARE STREMATO AL
TRAGUARDO...”
di Morando Morandini (*)
Decano dei critici cinematografici italiani, autore del celebre Dizionario dei film e
delle serie tv che da lui prende il nome, Morando Morandini nasce a Milano nel 1924.
Alla vigilia dei suoi novant’anni (appuntamento per il quale la città di Milano ha
inteso onorarlo con la consegna dell’Ambrogino d’oro) si lascia andare ad un piccolo
sfogo: “Fino a qualche tempo fa l’arrivo dei novant’anni mi pareva un traguardo
autorevole. Ora non me ne frega più di tanto. Se penso a che cosa è stata la mia vita
vedo soltanto due o tre cose fondamentali: il cinema, mia moglie e le mie figlie. E
allora mi viene da chiedermi: chi sei Morando, chi sei veramente? E se prima
facevo fatica a trovare una risposta, ora mi sembra di avercela stampata in fronte:
sono un vecchio egoista che si sorprende nel vedere che la gente gli vuole bene!”
°°°
Nel ripercorrere le tappe salienti della sua vita, professionale e non, Morandini
ricorda che quella per il cinema è stata una passione assai precoce. Da piccolo
tendeva ad identificarsi con Jean Gabin e Gary Cooper, passando lunghe ore in un
cinemino parrocchiale non lontano da Chiasso dove allora viveva la sua famiglia, e
che continuò a frequentare anche quando si trasferì a Como. Fu il fatto di aver
compreso fin da subito che il cinema è una grande macchina del desiderio a spingerlo
ad occuparsene in qualità di critico. Dopo gli esordi nel giornale diretto da Nino
Nutrizio, che si chiamava “la Notte” (un fogliaccio di destra dove però non gli si
impedì mai di esprimere in piena libertà nelle critiche le sue idee, tiene a sottolineare
Morandini) e un rapido passaggio al quotidiano “Stasera”, ci fu l’approdo felice al
“Giorno”. Sua fu l’invenzione di corredare le critiche cinematografiche con le
stellette (il giudizio del critico) e con i pallini (il gradimento del pubblico). Poi
venne la grandiosa idea di editare ogni anno un Dizionario dei film, a partire da
quelli prodotti nel lontano 1902. Nel rievocare con malcelato orgoglio i suoi
successi professionali Morando Morandini non manca di esercitare anche
dell’autoironia circa il mestiere del critico cinematografico: “In fondo noi critici
cinematografici siamo come degli eunuchi, piazzati a guardia di un harem, ma
incapaci di godere realmente delle bellezze che in esso sono contenute!”.
BREVIARIO PER UNA VECCHIAIA CONSAPEVOLE / CONDIVISIONI /Morando Morandini/ pagina 2.15.2 (versione 1)
___________________________________________________________________________________________________________
Riflettendo sul suo personale modo di fare critica cinematografica Morandini se ne
esce con una frase piuttosto forte: “Ho passato tutta la vita a cercare di non farmi
influenzare dalle mie stesse idee e dai miei pregiudizi: bastava al riguardo quanto mi
aveva fatto quel rompicoglioni di mio padre! Era un entusiasta militarista. Era
entrato nella milizia fascista. Ci perseguitava con le sue frasi, i suoi atteggiamenti
viriloidi. Ho dovuto sopportarlo per anni. In compenso ho adorato mia madre. Morì
nel 1942 e per me si aprì un periodo complicato”. Il ricordo della sua adolescenza
non facile porta Morandini a sottolineare un handicap di cui ha sofferto per tutta
la vita e che in vecchiaia ancora lo affligge: la balbuzie. Ne parla con leggerezza.
All’inizio gli pareva un limite insopportabile, come avere una gamba più corta. Poi,
però, si accorse che quel limite andava abbastanza d’accordo con il suo carattere,
che tendeva a farlo stare un po’ in disparte. Si accomodò così nella condizione di
balbuziente felice e solitario. Ancora oggi non sa darsi ragione di quel difetto. Dice:
“Da dove nasce la balbuzie? Emotività, vergogna, paura, rabbia? Chi lo sa! Per
risolverlo ho provato anche a controllare il respiro. Ma invano. Penso sia un modo
per farsi rubare le parole...”. E conclude con la sua proverbiale ironia: “Ogni tanto
penso che in me agisca un piccolo demone malignetto: un guastatore della lingua,
che piccona le sillabe, prosciuga le vocali, svolazza sulle piccole frasi creando
scompiglio...”.
°°°
Dai genitori al figlio Paolo. Morando Morandini non esita a rievocare la grande
ombra della sua vita, pur così piena di soddisfazioni sotto il profilo professionale.
Nel 1980 il figlio Paolo, con un commando di una sedicente “Brigata XVIII
marzo” partecipò all’agguato mortale di Walter Tobagi. Ora vive a Cuba. A
riguardo del figlio Morando Morandini confessa con brutale sincerità che ne avrebbe
fatto volentieri a meno. Tante volte si è interrogato su che cosa aveva fatto per
meritarsi un figlio così, senza riuscire a darsi una risposta plausibile. Sa solo che
allora a causa sua ebbe a soffrire moltissimo. Non l’ha ancora perdonato. Lo stesso
fatto di avvertire il bisogno di perdonarlo lo mette a disagio, anche perché la nozione
di perdono ha troppe implicazioni di natura religiosa, in particolare cristiana, e queste
non fanno parte della sua visione del mondo. Ma da qualche tempo sta pensando di
essere stato poco generoso nei riguardi di una persona che è comunque suo figlio.
Parlando di questo figlio, Morando Morandini è come un fiume in piena: “Ho come
la sensazione di avere avuto a che fare con un uomo profondamente infelice. E mi
viene il dubbio di non avere tenuto conto a sufficienza di tale infelicità. Prima che
accadesse quello che è accaduto Paolo era divorato da un’ossessione di purezza.
BREVIARIO PER UNA VECCHIAIA CONSAPEVOLE / CONDIVISIONI /Morando Morandini/ pagina 2.15.3 (versione 1)
Voleva nella sua faziosità redimere il mondo. Si può essere più infelici di così,
intendo mentalmente? E poi, quando il suo mondo è esploso nella tragedia,
l’infelicità è stata rendersi conto del male fatto, senza riuscire a tirarlo fuori, a dargli
una forma comunicabile....Dai molti scontri avuti con lui credo di non aver mai
captato questo suo malessere di fondo. E di questo mi addoloro.... Anche il legame
più compromesso richiede a volte di essere compreso.... Dunque, non è al perdono
che penso, ma a una forma di compassione nei suoi confronti....”.
°°°
Dopo questo drammatico sfogo Morando Morandini torna a parlare di sé. Confessa
senza falsi pudori che giunto ai novant’anni non si sente felice. Dice di non avere
alcun motivo per sentirsi felice, anche se ha la consapevolezza di avere ricevuto
tanto dalla vita: professionalmente gli è andata molto bene, ha fatto quello che ha
voluto. Ma “Adesso che la maratona si sta per concludere – conclude con
rassegnazione – sento di arrivare stremato al traguardo. In questi ultimi anni c’è
stato un crollo fisiologico. Mi è peggiorata la salute, la memoria. Fatico a muovermi
e la mia vita è sempre più piena di ombre. La vecchiaia non è un carcere
piacevole.... Per questo non temo la morte.... Sento che per me davvero sia
cominciato il conto alla rovescia!”.
(*) Considerazioni tratte da un’intervista rilasciata a Antonio Gnoli (vds.“la Repubblica” del
6.7.2014), nella quale Morando Morandini - morto nel 2015 - ripercorre le tappe più significative
della sua lunga carriera di critico cinematografico e riflette sul tema della vecchiaia.